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Al centro del fiore delle emozioni ci sono quelle con un arosual più alto e
mano a mano diminuisce lungo il petalo(una forma di rabbia molto elevata
è detta ira, mentre la più lieve è l’irritazione). Le emozioni al di fuori dei
petali sono date dalla combinazione di due emozioni.
L’emozioni possono essere controllate da un tipo di valutazione cognitiva,
ad esempio se sento un emozione troppo forte che sta arrivando, ma sono
in un contesto non adeguato per esprimerla, posso prendere le distanze
momentaneamente (controllo cognitivo) da quell’emozione per ridurla. È
ciò che accade anche quando facciamo determinate scelte a prescindere
dall’emozione che quella scelta ci suscita.
Quando si parla di regolazione d’emozione si usa il termine re-appraisal
ovvero riconsiderazione cognitiva. Ciò vuol dire che per modificare o
attenuare la propria esperienza emozionale cambiamo il significato dello
stimolo che ha scatenato quell’emozione. In questo modo riusciamo a ri-
regolare le nostre emozioni. Basta cambiare ad esempio contesto per
mutare la nostra valutazione cognitiva riguardo ad uno stimolo. È il
processo che ci consente di regolare le esperienze emotive ed è
fondamentale per il benessere individuale in quanto esprime il grado di
adattività degli individui , che attivamente sono in grado, più o meno
efficacemente , di sintonizzare le proprie aspettative e azioni con quelle
degli altri individui ( se devo lavorare con una persona , devo andare a
lavoro con l’umore che lei si aspetterebbe normalmente , altrimenti se ad
esempio sono arrabbiata, il mio stato emotivo non facilita la
collaborazione.). Quando proviamo una determinata emozione in un
determinato contesto , quest’emozione può creare instabilità quindi
cerchiamo di modulare l’esperienza emotiva per renderla coerente al
contesto in cui ci troviamo.
Nello studio di risonanza magnetica funzionale è stata utilizzata
l’immagine di una donna che piange per vedere quali sono le attivazioni
neuronali di una persona ,implicate nei processi di regolazione
dell’emozione. Nella prima fase di questo esperimento si presenta la foto
dicendo ai soggetti che si trattava di una donna in lacrime ad un funerale. I
soggetti mostrarono attivazione nel sistema limbico , soprattutto
nell’amigdala: area deputata all’elaborazione dell’emozioni ed è attiva
soprattutto dinnanzi ad un’emozione negativa. Successivamente agli stessi
partecipanti veniva richiesto di ricordare lo stimolo immaginando che si
trattasse di una donna in lacrime di gioia ad un matrimonio. In questo caso
si era ‘’spenta’’ l’attivazione dell’amigdala e si attivarono molte aree della
corteccia frontale e prefrontale che sono deputate alla valutazione
cognitiva. Questo cambiamento di attivazione neuronale era dovuto
dunque ad una riconsiderazione dello stimolo emozionale mediante
rivalutazione cognitiva. Passiamo quindi da una valutazione emotiva
supportata dall’amigdala (aree emotive) ad una valutazione cognitiva che
attiva aree diverse(aree cognitive).
In un altro esperimento si è voluto testare cosa accade durante la
regolazione dell’emozioni e dopo questa fase. Sempre in uno studio di
risonanza magnetica funzionale è stato chiesto a 20 donne di guardare
delle immagini emotive. In seguito si è deciso di misurare le attivazioni
neuronali solo di un gruppo di donne. Ogni volta che veniva presentata
l’immagine essa veniva preceduta da istruzioni, si creano così due
condizioni sperimentali diverse: in una condizione veniva chiesto ai
soggetti di vivere l’emozione così come veniva, mentre altre istruzione
imponevano ad altri soggetti di provare a prendere le distanze
dall’immagine, quindi implicitamente di compiere una regolazione delle
proprie emozioni. Ciò che si è visto è che l’attivazione dell’amigdala era
più alta nel cervello dei soggetti a cui era stato detto di vivere l’emozione ,
mentre in quello degli individui a cui era stato detto di provare a prendere
le distanze vi era un abbassamento di attivazione dell’amigdala seppur
entrambi i due gruppi di soggetti avessero visto la stessa immagine . Tra la
presentazione di un’immagine e l’altra vi erano 10 secondi di pausa.
Invece quando i soggetti erano in questa situazione di pausa si è rilevato
che nel cervello di coloro che dovevano prendere le distanze l’amigdala il
livello di attivazione dell’amigdala piano piano saliva fino a raggiungere il
livello di attivazione dell’amigdala del cervello dei soggetti che potevano
vivere l’emozione a pieno quando avevano di fronte l’immagine. Questo
dato ci conferma che riusciamo a controllare l’attivazione dell’amigdala e
quindi la nostra attivazione emotiva se ci concentriamo a farlo, ma nel
momento in cui ‘’molliamo’’ questa valutazione cognitiva, il livello di
attivazione dell’amigdala ritorna alto. Questo vuol dire che comunque
l’emozione prima o poi deve essere elaborata dal cervello, non la possiamo
spegnere del tutto.
Il meccanismo che interviene nella regolazione delle emozioni è lo stesso
meccanismo della psicoterapia e di alcuni principi della psicologia
contemplativa. Infatti la psicoterapia e alcune forme di
meditazione( entrambi strumenti di cura) sembrano prevedere una
regolazione dell’emozioni basata su un nuovo modo di affrontare e
valutare quello che ci accade. Il fatto che anche attraverso la meditazione è
possibile regolare le proprie emozioni è stato oggetto di uno studio di
risonanza magnetica. Questa tecnica è stata utilizzata per vedere
l’eventuale aumento di una determinata area cerebrale, perché più un’area
è grande a livello di volume migliore è il suo funzionamento. L’indagine è
stata fatta su 18 soggetti che hanno ricevuto un training di mindfullness
ossia una forma specifica di meditazione. Questo training consisteva in
una meditazione di gruppo di 8 settimane, ogni settimana più o meno
facevano 2,5 di meditazione di gruppo, mentre durante la sesta settimana
dedicavano un’intera giornata alla meditazione. Inoltre ricevevano una
registrazione vocale con degli esercizi da fare tutti i giorni a casa per 45
minuti. A questi soggetti è stato testato il volume del loro cervello per
vedere se la massa cerebrale si modificasse in questo periodo di 8
settimane di training. Contemporaneamente è stato testato anche un gruppo
di controllo che non ha fatto nulla durante queste 8 settimane. Al termine
di questo studio si è visto che dopo 8 settimane di training ci sono state
diverse aree che hanno mostrato un volume maggiore come l’ippocampo
sinistro: area responsabile nei processi di memoria e attiva nei compiti di
regolazione dell’emozioni, un’ altra area in cui si è verificato un aumento è
quella chiamata giunzione temporo-parietale , questa volta destra,
coinvolta in diversi compiti della cognizione come la compassione e
l’empatia, ma anche della percezione del sé .
Il primo cognitivismo non ha considerato rilevante il tema delle emozioni
in quanto l’analogia mente-computer non era così affermata.
La tradizione filosofica ci portava verso una considerazione dell’essere
umano come solamente un agente razionale, perciò considerare l’emozioni
in un contesto tale risultava disturbante in quante come si faceva ad essere
razionali ed emotivi, anche se le emozioni sono una delle scorciatoie che il
nostro cervello utilizza per semplificare il mondo esterno.
È un argomento che ha sempre interessato chiunque si sia occupato della
natura umana come filosofi , letterati, artisti teologi. La prospettiva della
psicologia è quella di affrontarlo in termini empirici e sperimentali,
raccogliendo dati che vanno a confermare o confutare teorie formulate
sull’emozioni.
Le principali teorie dell’esperienze emotive sono tre :
1. La teoria periferica di James-Lange
2. La teoria centrale di Cannon-Bard
3. La teoria bifattoriale Schachter e Singer
LA TEORIA PERIFERICA O DEL FEEDBACK DELL’EMOZIONI DI
JAMES E LANGE
Prospettiva secondo cui la percezione di uno stimolo causa un’attivazione
fisiologica automatica che porta all’esperienza di una specifica emozione ,
quindi l’emozione deriva da un feedback corporeo che poi viene
interpretato cognitivamente.
Tale teoria è detta periferica perché assegna un ruolo primario, in questo
processo , alle reazioni viscerali ossia alle reazioni del sistema nervoso
autonomo che sono periferiche rispetto a quelle del sistema nervoso
centrale.
Questo approccio è stato in parte criticato perché se è vero che si ha
un’attivazione periferica da cui consegue la valutazione cognitiva , è
chiaro che dovremmo poter identificare uno specifico pattern di
attivazione periferica per ogni tipo di emozione cioè ad ogni emozione
dovrebbe corrispondere una distinta e specifica configurazione di
attivazione neurofisiologia periferica. Cannon e Bard hanno provato a
verificare ciò e hanno visto che in realtà non c’è sempre questa relazione
tra reazione fisiologica specifica ed emozione specifica e le stesse
modificazioni viscerali periferiche si presentano in stati emotivi differenti
in base all’interpretazione del contesto oppure che possono verificarsi
anche quando non stanno provando particolari emozioni, perciò da un
punto di vista empirico è stata criticata tale teoria.
Oggi alcune teorie ritengono importanti le informazioni che arrivano dalla
periferia del corpo per valutare l’intensità di un’emozione. Un esempio di
ciò è data dal feedback facciale: l’idea è che l’ espressioni facciali siano in
grado di fornire informazioni propriocettive, motorie, cutanee e vascolari
che influenzano il processo emotivo.
Esperimento: soggetti guardano i cartoni animati, altri invece devono
mettere una matita tra i denti in modo tale che i muscoli siano contratti
come quando stiamo ridendo. Successivamente devono entrambi i gruppi
compilare un questionario; mediamente troviamo punteggi più alti nel
secondo gruppo , ciò fa pensare che il feedback che arriva dal fatto di
avere la bocca in una determinata posizione sia uno degli ingredienti che
cognitivamente valutiamo per renderci conto di quanto è stato intenso il
divertimento che ho provato, quindi l’esperienza emotiva in sè. Altri
esempi possono essere il ridere tanto o il forte senso di nausea in caso di
disgusto.
Tutto ciò mostra che l’attivazione periferica sia uno degli elementi che
usiamo per valutare l’esperienza emotiva è confermato.
Quindi ci sono teorie che enfatizzano di più il ruolo di un’attivazione
fisiologica , altri che spingono su una valutazione cognitiva prima di avere
una reazione e altri che cercano di mettere insieme questi due aspetti.
EMOZIONI E COGNITIVISMO
In epoca cognitivista le emozioni sono state poco considerate , hanno
assunto maggior rilevanza nel corso del tempo.
Ci sono due aspetti importanti : la curva di prestazione e lo stato di
attivazione in cui ci sono una serie di studi che hanno dimostrato come ci
sia un rapporto tra la prestazione di un soggetto in un compito e lo stato di
attivazione cioè l’arosual : per livelli di attivazione bassi o medi aumenta
l’efficacia della prestazione del soggetto(rapporto direttamente
proporzionale) , mentre per livelli più alti di attivazione si ha una
prestazione che è meno efficace(rapporto inversamente proporzionale) ,
perciò si ha il grafico della U rovesciata (manuale).
Un altro ambito parecchio studiato in epoca cognitivista è quello del
priming degli stati emotivi, priming significa attivazione. Qualsiasi stimolo
presentato ad un soggetto provoca automaticamente uno stato di
attivazione a livello cognitivo che è automatico , soprattutto se lo stimolo è
negativo(priming semantico nell’ambito delle conoscenze se si pensa al
concetto di cane si attivano i nodi semantici legati al concetto di cane,
mentre i concetti sempre più lontani da esso non ricevono attivazione ).
Quanto si è visto è che degli stimoli emotivi presentati anche a livello sub-
liminale cioè il soggetto non è consapevole dell’informazione presentata in
quanto è presentata per un tempo brevissimo provocano l’attivazione
fisiologica periferica e quindi una reazione fisiologica periferica. Se noi
presentiamo un’immagine disgustosa in modo sub-liminale, ovvero il
soggetto non è consapevole di quanto ha visto, vediamo che a livello
periferico del corpo ha reazioni fisiologiche tipiche del disgusto , ma meno
intense di quando il soggetto è consapevole dello stimolo in quanto
permane.
Dagli anni 90 l’emozioni hanno assunto una maggiore rilevanza anche
perché si è saputo di più sull’emozioni e sui disturbi dell’emozioni. Ad
esempio Damasio sottolinea come parlare di emozioni e sottolineare come
esse facciano parte dell’attività mentale è un sistema per superare l’errore
di Cartesio cioè il dualismo fra mente e corpo. Damiano propone una
concezione unitaria dell’organismo secondo cui occorre prevedere la
‘’mentalizzazione del copro ‘’ e la ‘’somatizzazione della mente’’ quindi
l’emozioni sono
Le emozioni per le decisioni non sono affatto un problema , ma sono un
punto di partenza principale, una sorta di euristica affettiva cioè scorciatoie
del pensiero che derivano dall’emozioni e che servono per semplificare il
problema arrivando più velocemente ad una decisione. Dal punto di vista
neuropsicologico è famoso il caso di Phineas Gage che a seguito di lesioni
alle regioni ventromediali dei lobi frontali dovute ad una sbarra metallica
infilata nel cranio, non è morto e quando si è rimesso aveva capacità
intellettive e linguistiche intatte, ma era incapace di regolare il proprio
comportamento e prendere decisioni adeguate. Quindi una disregolazione
di tipo emotivo che ha comportato un’incapacità di prendere decisioni,
infatti sono lesionate aree frontali , basali e anche più anteriori coinvolte
negli aspetti emotivi e decisionali.
Damiaso nel 1995 descrive un caso chiamato caso Elliot in cui il soggetto
ha subito l’asportazione di un tumore nelle cortecce prefrontali, le abilità
cognitive rimasero intatte, ma non riusciva più a prendere decisioni e a
provare emozioni, si limitava solo a descrivere i pro e i contro delle prime.
L’idea è che le decisioni si possono prendere se siamo in grado di ordinare
le preferenze che è determinato in larga parte da valutazione di tipo
emotivo. Quindi le emozioni introducono elementi di valutazione che
consentono di prendere decisioni perciò esse hanno una natura
intrinsecamente emotiva.
Come prova di ciò ci sono pazienti che hanno lesioni nelle aree prefrontali
e come deficit principale : non provano emozioni. A quest’ultimi sono stati
somministrati una serie di compiti e si è visto che molto spesso non erano
in grado di uscire dal dilemma decisionale in quanto non provavano
emozioni e di conseguenza non potevano usare questa scorciatoia.
EMPATIA
Noi esseri umani siamo capaci di empatizzare con gli altri. L’empatia è la
capacità di condividere emozioni altrui anche in assenza di una diretta
stimolazione emotiva su di noi. Empatizziamo sulle nostre emozioni di
base, ma anche sulle più complesse come la vergogna o la colpa.
L’empatia è necessaria per mettere in atto comportamenti prosociali come
l’altruismo. Quindi per empatia s’intende una risposa emotiva di tipo
vicaria(provo ciò che prova l’altro) semplicemente osservando o
immaginando le emozioni di un’altra persona. Si parla anche di approccio
isomorfico ossia ci immedesimiamo nell’altro, anche se riusciamo a capire
che non stiamo provando noi l’emozione. Nell’empatia è coinvolto il
sistema mirror , nato dalla scoperta di neuroni specchio i quali si attivano
sia quando un individuo compie un’azione o quando osserva qualcuno
compiere la stessa azione. Sono stati chiamati neuroni specchio perché
contribuiscono a creare una rappresentazione interna dell’azione o
dell’emozione altrui attraverso un processo di simulazione in questo modo
favoriscono una comprensione diretta ed implicita del significato delle
azioni altrui. Pertanto ci permettono di sentire in modo immediato le
emozioni degli altri senza ragionamenti, quindi senza una valutazione di
tipo cognitivo che , se c’è, subentra in un secondo momento. Sono stati
fatti degli studi sui neuroni specchio, ad esempio è stata testata la capacità
di provare disgusto e di saperlo riconoscere nell’altra persona. In questo
studio di risonanza magnetica si facevano vedere alle persone dei filmati in
cui era mostrata una persona a cui si facevano odorare diverse sostanze e
dalla sua mimica facciale si capiva l’emozione, in seguito gli stessi odori
venivano fatti sentire alla persona sotto scansione e si è osservato come si
era attivato lo stesso circuito neuronale (tra cui l’insula e il cingolato
anteriore) mentre la persona osservava il filmato e odorava le diverse
sostanze. È chiaro quindi il collegamento tra osservare una persona che
prova un’emozione e provarla in prima persona.
Quando parliamo di empatia, un tipo di esperienza emotiva che è stata
indagata è la percezione del dolore, sia propria che altrui. Quando io
percepisco dolore i nostri recettori sensoriali mandano questo messaggio al
nostro cervello dove c’è un’ elaborazione del dolore e in seguito
quest’ultimo manda il comando di allontanare, ad esempio la mano, dalla
fonte dolorosa. Invece se osservo un’altra persona provare dolore, il dolore
altrui viene rappresentato nel mio cervello e la stessa informazione di
dolore viene inviata al mio cervello, che mi fa provare , a livello minore, la
stessa esperienza emotiva negativa che sta percependo l’altra persona.
Questo meccanismo di comprensione del dolore altrui avviene attraverso il
sistema dei neuroni specchio. L’empatia dal punto di vista del dolore e i
relativi correlati neuronali che si attivano durante l’esperienza citata sopra
è stata indagata , in particolar modo, dal gruppo di Daniel Singer che ha
creato diverse situazioni sperimentali. Ad una di esse parteciparono 16
coppie , le donne di queste coppie erano sottoposte a scansioni fMRI , nel
mentre ricevevano stimoli dolorosi sulla mano, oppure una seconda
situazione sperimentale , differente dalla prima, prevedeva che le donne ,
sempre sottoposte a scansione fMRI non ricevessero alcun stimolo
doloroso, ma si limitassero ad osservare il loro partner ricevere stimoli
dolorosi. Ciò che si è osservato è come il circuito deputato all’elaborazione
del dolore composto dall’insula e dalla corteccia cingolata si attivava sia in
prima persona che in terza persona(aree rosse: si attivavano quando le
donne percepivano il dolore, aree verde: si attivavano quando osservavano
il partner provare dolore) , infatti ci sono delle aree, dette di
sovrapposizione, tra una condizione e l’altra. Inoltre si è visto come
quanto più fossero empatiche queste persone quanto più aumentava
l’attivazione nell’insula e nella corteccia cingolata.
Il dolore può essere anche psicologico e non solo fisico. Esso equivale al
dolore fisico, per lo meno a livello di attivazione neuronale. In un
esperimento di risonanza magnetica funzionale è utilizzato un compito
particolare chiamato cyberg ball: si fa osservare al soggetto che partecipa
le interazioni tra diversi agenti o player. Essi sono i protagonisti di un
filmato in cui devono giocare a calcio tra loro. Ad un certo punto c’è una
manipolazione della situazione sperimentale: solo due giocatori si
scambiano la palla e il terzo è escluso dal gruppo. Mentre il soggetto
guardava il filmato, gli sperimentatori , gli chiedevano d’immaginarsi di
essere uno dei due player che si scambiavano la palla , ma di essere anche
amico del player escluso. Da questo esperimento si è visto come le stesse
aree che si attivavano durante un dolore fisico, l’insula e la corteccia
dorsolaterale, si attivavano quando il soggetto vedeva il proprio amico
escluso dal gruppo. Le attivazioni di queste aree erano maggiori se ad
essere escluso era un amico invece che un estraneo.
L’empatia dipende spesso dal contesto. Daniel Singer per dimostrare ciò
ha compiuto un esperimento in cui i soggetti giocavano al gioco
dell’ultimato.
Spiegazione gioco:
questo gioco è utilizzato ,in generale , per comprendere come prendiamo
alcuni tipi di decisioni in ambito economico. In questo gioco c’è un
proponente che deve fare una proposta. Egli ha 1 euro e deve dividerlo con
un’altra persona a lui sconosciuta. Alla fine del gioco la somma che ha , gli
verrà realmente data. Il proponete ha due scelte: può fare un tipo di
proposta fair ossia giusta che prevede la divisione equa del denaro, oppure
può decidere di fare una proposta unfair ossia non corretta quindi non
distribuire equamente la somma: 90 centesimi al proponente e 10 al
ricevente. Il ricevente che riceve una delle due proposte ha la possibilità di
decidere se accettare la scelta del proponente o declinarla. Se il ricevente
accetta l’offerta iniziale fatta dal proponente, che può essere fair o unfair,
entrambi si divideranno la somma nel modo previsto dalla proposta, nel
caso in cui dovesse rifiutare tutti e due andranno a zero. A questo punto
analizziamo la situazione: se ragioniamo secondo una teoria di approccio
standard o economico ci aspettiamo che il componente offra una somma
minima e il ricevente dovrebbe sempre accettare perché anche quando la
divisione non è equa , qualcosa guadagnerebbe comunque. In realtà i dati
comportamentali mostrano come il proponente solitamente fa proposte fair
e che le somme basse, quindi le proposte di tipo unfair vengano rifiutate.
Questo rifiuto viene giustificato da una motivazione di tipo emotiva, cioè
lo fanno come reazione alla loro rabbia in quanto o provano un senso
d’ingiustizia o per mantenere la propria reputazione sociale perché
accettando somme di denaro più svantaggiose possono risultare persone
che sono state economicamente ‘maltrattate’. Quindi nel gioco
dell’ultimato se accettiamo abbiamo una motivazione cognitiva: ’meglio
10 centesimi che zero’, nel caso di rifiuto la motivazione è di tipo emotivo.
Dal punto di vista delle neuroimmagini si è visto che quando si ricevono
proposte unfair si attivavano nel ricevente le aree del dolore ossia delle due
insule , destra e sinistra , e del cingolato anteriore. L’attivazione dell’insula
era maggiore quando si rifiuta un’offerta unfair per una motivazione
emotiva ed era minore quella dell’area dorsolaterale prefrontale, mentre si
verificava il contrario quando si accettavano offerte unfair in quanto era
un’area deputata maggiormente ai processi cognitivi, quindi più cognitiva.
Ripresa della spiegazione dell’esperimento:
dopodiché gli stessi soggetti dell’esperimento di Daniel Singer venivano
sottoposti a fMRI ed erano registrati mentre ricevevano stimoli dolorosi a
causa degli elettrodi nelle loro mani e visionavano i videofilmati dei
proponenti con cui avevano interagito prima che ricevevano gli stessi loro
stimoli dolorosi. Quello che si è visto è che quando osservavano i filmati
dei proponenti che con loro erano stati gentili, si attivavano le aree del
dolore , quindi provavano empatia nei loro confronti, mentre quando
vedevano il filmato di proponenti che non erano stati particolarmente
gentili con loro, soprattutto nelle risonanze del cervello di uomini, si
attivava un’area diversa ossia l’area del nucleo accumbes: nota area che si
attiva quando ricevo un premio o una gratificazione, quindi si sentivano
gratificati nel vedere soffrire gli altri. Ciò ha portato a pensare che
provassero una sorta di senso di vendetta verso i proponenti che non erano
stati gentili con loro. Questo permette di capire come l’empatia possa
essere contestualizzata. Le risposte empatiche perciò , oltre che avere
differenze individuali ed essere modificate sulla base del rapporto che ho
con l’altra persona (nel caso dell’amico o estraneo), possono essere anche
modulate dall’esperienza pregressa che ho fatto con quella persona.