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. A seguito della sua forzata sottomissione come strategia di sopravvivenza, per il bambino la rabbia soffocata si strutturerà nella
sua personalità, capace di emergere solo occasionalmente e nella forma conosciuta da lui: quella demoniaca. Lo schizoide si trova
come seduto su di un vulcano che minaccia una eruzione distruttiva. La sua difesa da questo pericolo è la rigidità e l’immobilità,
utile anche per fronteggiare il terrore sepolto nel suo inconscio e generata, insieme alla rabbia, dall’esperienza del rifiuto materno.
Nella vita adulta, lo schizoide agisce la sua rabbia distruttiva con le persone che dipendono da lui, invertendo in questo modo la
situazione che originò quando era un bambino inerme e dipendente.
Una esplosione di rabbia schizoide, come una devastante eruzione vulcanica, non è regolabile, non si scarica per gradi, o tutto o
nulla.
Aprire anche solo una fessura alla porta delle emozioni rischia di liberare il demone imprigionato. L’Io, negando l’esistenza
del suo diavolo interno, maschera il suo aspetto esterno con una espressione di dolcezza e bontà, come se il maligno che è in lui
si presentasse sempre mascherato da angelico agli occhi altrui. I tratti sospetti sono il corpo estremamente rigido ed il sorriso
fisso stereotipato.
L’elemento distruttivo di questa struttura caratteriale è la disonestà. L’apparente disponibilità cela i suoi veri sentimenti. Il ritiro
schizoide nella autodifesa proietta in modo "paranoide" sull’altro la responsabilità della sua tristezza, facendo richieste impossibili
da soddisfare e accusandolo di malafede:
“io ti ascolto e a te non interessa nulla di me”, “io ti voglio bene ma tu mi odi”.
La mancanza di contatto con il corpo aliena il senso della realtà ed i sentimenti rimossi si trasformano in una forza che nega ogni
speranza. Quando la collera si impossessa del paranoide, egli sembra assumere le fattezze del demonio, preda delle sensazioni
racchiuse nell’esperienza del suo corpo. Aggrappato alla sua tattica infantile reitera il tentativo di sopravvivere alle profonde
delusioni dell’infanzia.
La componente mostruosa
La componente mostruosa, al contrario di quella demoniaca, non cela alcun demone dietro una facciata, ma nega le emozioni
umane in un essere umano. Un esempio di forma mostruosa in un essere umano è il corpo rigido in un atteggiamento
statuario. E’ mostruoso in questa situazione osservare che esiste l’anima di un bambino confuso in un blocco granitico.
Un bambino che per difendersi dal dolore ha costruito intorno a se una corazza protettiva, nell’illusione di poter ricevere, in
questo modo, amore e comprensione. Il sacrificio dei suoi sentimenti in cambio di un riconoscimento, di un’approvazione.
Purtroppo la vita reale è diversa, nessuno può amare una statua, ma il mostro sente il contrario, continua ad arroccarsi dentro la
sua statua, amplificando l’illusione che per essere accettato, considerato e amato, dovrà solo indurirla ancora, perfezionarla
ulteriormente.
Ne consegue uno stato di frustrazione e disperazione.
“A un seminario clinico nel mio studio fu presentato un giovane di aspetto notevolmente vicino alle raffigurazioni del
mostro di Frankenstein. Stessa camminata rigida, meccanica, spalle quadrate, occhi infossati e inespressivi,
espressione del mostro del cinema. La somiglianza era così impressionante che dopo averlo visto, era difficile
dissociare il paziente da questa immagine. La cosa sorprendente era che questo giovane era esattamente l’opposto
di quello che il suo aspetto suggeriva. Era sensibile, intelligente, artista. Un’analisi più approfondita della sua
personalità rivelò che il suo aspetto era una specie di travestimento e di maschera per nascondere e proteggere una
viva sensibilità. La mostruosità in forma umana è il corpo abbandonato che assume questa forma per vendicare di
essere stato rinnegato. (Alexander Lowen, Il tradimento del corpo, Edizioni mediterranee, Roma, 1997, cap. VIII° -
pag. 152).
Un corpo privo di emozioni è mostruoso. Le differenze di espressione tra un “mostro” e l’altro ricalcano le differenti esperienze
vissute. Ad esempio, chi ha un corpo che funziona come quello di un super-eroe dei fumetti, è stato condizionato nella sua
infanzia a “difendersi” con quella modalità.
Riflettendo su una personale introspezione, per un lungo periodo della vita mi sono in parte sentito vicino a questa modalità
difensiva. Un modello ispirato al super-eroe buono e utile anche per il prossimo, ma implacabile con i “cattivi”, ha rappresentato
per me un rassicurante compagno di viaggio durante un lungo processo di crescita.
Il demone ed il mostro
Mentre il demone presenta un aspetto angelico che lo nasconde, il mostro ha un aspetto esterno che evidenzia tutti i suoi
sentimenti negativi. Nel mostro questa corazza difensiva esterna protegge la sua interiorità autentica; in altre parole il mostro
ha un grande cuore. All’interno di ogni mostro si trova racchiuso un bambino innocente.
Allo stesso modo in cui il bambino smarrito si nasconde dentro il mostro, il demonio si traveste da angelo per non farsi
riconoscere.
Mostro e demone hanno in comune una personalità dissociata. L’unità della personalità si presenta scissa, generando gli opposti di
bene e male, della mente razionale e del corpo animale.
Il mostro, dall’esterno soffoca il suo desiderio profondo; il demone, all’interno, sabota la vita del suo angelo.
La persona sana non è vittima delle illusioni, non si sente ne angelo ne diavolo; ne mostro, ne bambino spaventato.
Il percorso terapeutico aiuta l’individuo a trovare in se il coraggio e l'energia, esistenti e sopite, per provare a
risolvere i suoi problemi esistenziali attraverso l’integrazione delle unità scisse della sua personalità.
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Dott. Cosimo Aruta, psicologo, psicoterapeuta, analista bioenergetico CBT, supervisore, mediatore familiare. Studio M.F. Via San Vincenzo 3
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