Per alcuni autori questi gruppi rappresentano gradazioni lungo un continuum, per altri autori sono entità
diagnostiche distinte.
Ciò che sembra accomunare i soggetti isterici e istrionici è una sovrapposizione nelle caratteristiche
apparenti del comportamento, come emotività labile e superficiale, ricerca di attenzione, disturbi della
funzione sessuale, dipendenza, impotenza e auto-drammatizzazione.
DSM-5:
Un pattern pervasivo di emotività eccessiva e di ricerca di attenzione che compare entro la prima età
adulta ed è presente in una varietà di contesti, come indicato da 5 (o più) dei seguenti elementi:
Hanno in comune un’emotività florida, che ci aiuta a contraddistinguere subito il disturbo; anche a livello di
alto funzionamento questi pazienti impattano nella relazione con il cuore in mano: il coinvolgimento
emotivo è subito molto forte, l’alleanza terapeutica si instaura subito, tuttavia la percezione è che in
qualche modo sia superficiale. Questo non è vero, nel senso che il paziente ad alto funzionamento è
assolutamente capace di sentimenti profondi e duraturi ma l’aspetto di labilità e superficialità si trova
comunque nella velocità con cui instaura delle relazioni. Mentre la persona non isterico-istrionica ha
bisogno di un certo margine di tempo per legarsi all’altro, il paziente isterico ad alto funzionamento vuole
subito bene. Nell’altra variante il problema è legato anche a repentini spostamenti pulsionali: è innamorato
di una persona un giorno e il mese successivo il grande amore della sua vita può essere un’altra persona.
Troviamo aspetti di dipendenza in maniera abbastanza trasversale: facciamo diagnosi differenziale con il
disturbo dipendente di personalità, da cui lo discriminiamo grazie alla forte emotività che cogliamo
immediatamente.
Le differenze tra disturbo isterico e istrionico sono ben spiegate da Gabbard, quindi dobbiamo avere grande
dimestichezza nel distinguerle:
Aspetto del trauma di queste pazienti: tipicamente c’è stato un arresto nella fase pre-edipica nel
momento in cui la bambina (è più frequente nelle donne, ma nel caso del bambino invertiamo i ruoli)
dovrebbe identificarsi con sua madre superando il conflitto edipico e spostando il suo amore verso gli
uomini del mondo, si innamora edipicamente del padre che non è completamente raggiungibile per cui
si identifica e porta con sé dentro la mamma come modello per aprirsi al mondo, pur mantenendo una
quota di amore pulsionale sul modello paterno, quindi vi è una rimozione ben riuscita e sana.
Comprendere la rimozione ci permette di capire molto bene questa forma di sofferenza che ruota tutta
attorno a questo processo: nell’Edipo l’amore per il padre (o l’amore per la madre nel caso maschile)
viene rimosso e spostato nell’inconscio dinamico dove viene tenuto parzialmente svincolato dalla
pulsione che lo aveva generato, così la pulsione è libera di aprirsi alla realtà esterna e di cambiare
l’oggetto che diventa un ragazzo o una ragazza, pur mantenendo la meta, ovvero lo scarico pulsionale
libidico. In questo caso il processo di rimozione parzialmente fallisce ed è molto interessante, perché
questa quota pulsionale rimane troppo ancorata alla sua rappresentazione, il che spiega perché
nell’eloquio lo stile è così impressionistico ma manca di dettagli, dal momento che l’aspetto simbolico
non è completamente libero ma è ancora impastato nella pulsione, per cui nell’eloquio avremo una
comunicazione molto intensa ma molto lacunosa di dettagli concreti perché l’aspetto cognitivo è
intaccato. La bambina non viene facilitata nell’identificazione con sua madre, la cui figura è deludente,
cattiva o completamente impotente e manchevole di attenzioni e premure (es: una paziente da
bambina si addormentava sempre nel lettone accanto al padre e la madre con il piumone la faceva
cadere dal letto dicendo “vai via di qua, sporcacciona” proiettandole già un’intenzione sessualizzata che
a 4-5 anni non poteva avere rispetto al padre): la madre è competitiva, incoerente e minacciosa e non
permette un’identificazione a fronte di un padre seduttivo e molto potente che riusciva a tenere a bada
la madre “cattiva”, ma raramente nella letteratura arriva a un abuso fisico vero e proprio e allora ci
aspettiamo un funzionamento estremamente basso, più spesso ci aspettiamo un comportamento
sessuale che potrebbe essere caratterizzato da carezze erotiche in parti erogene, ma non tali da essere
esplicite (tipico nei racconti delle pazienti è “mi dava le sculacciate sul sederino”, che possono
richiamare un aspetto erotico e sessuale ma non in maniera franca e non arrivano a essere significate
come abuso). Il padre si presenta come unico principe e uomo della sua vita, che la proteggerà sempre
ma ovviamente è una promessa destinata a fallire, perché non può essere il suo compagno o il suo
partner sessuale né darle le attenzioni che un uomo può darle. D’altro canto, lei rimane bloccata nel
suo sviluppo emotivo perché non vuole essere come la madre, quindi rimane la piccolina del papà; ecco
perché nella storia di queste pazienti c’è una costellazione di eventi che porta a incistare la posizione di
cocca di papà in quanto figlia più piccola, graziosa e civettuola che il padre vezzeggia e alla quale si
rivolge per le attenzioni sessuali e relazionali che dalla moglie non ha più ma che cerca nello sguardo
adorante della bambina innamorata, pur fermandosi. La costellazione tipica è rappresentata da una
madre isterico-istrionica, borderline o psicotica e incapace di mentalizzare i bisogni della figlia, e padre
narcisista (“guardami e ammirami perché sono meraviglioso, poi però non ci sono e non ti conduco per
mano”: se il padre fosse emotivamente evoluto farebbe fronte a una madre così manchevole e
deludente, ma il padre si ferma e lì si ferma anche lo sviluppo evolutivo della ragazzina). Quando il
padre viene a mancare, prototipicamente ci aspettiamo un peggioramento: le pazienti adulte vengono
immediatamente in terapia quando il padre muore a causa di un crollo totale, perché rimangono
sguarnite di una figura con cui comunque l’investimento libidico era pulsante e vibrante, quindi è come
se fosse morto il loro compagno; se muore da bambina, incista ancora di più quell’aspetto di
idealizzazione, perché in adolescenza ed età adulta il padre un po’ delude per cui la quota di
investimento va altrove, se invece il padre rimane perfetto e non si ha avuto modo di vedere nessun
fallimento si ha una cronicizzazione. Ci immaginiamo un Edipo precoce e non completamente concluso
che non arriva a compimento e si incista lì; in questa attesa la paziente isterico-istrionica costruisce
tutto il suo desiderio: sono pazienti fatte di desiderio ed è questo il motivo per cui in letteratura
troviamo che spesso la sofferenza isterico-istrionica erotizza l’assenza, infatti abbiamo l’erotizzazione
dell’assenza che possiamo trovare nel funzionamento sia a basso sia ad alto livello. Anche l’arco
narrativo sarà costituito da una narrazione degli eventi verso un’attesa infinita, che arriverà e poi non
arriva mai, come la promessa di questo padre che non arriva mai, per cui l’erotizzazione dell’assenza è
massima anche a livello sessuale, motivo per cui ritroviamo anorgasmia, dal momento che l’orgasmo in
queste pazienti è un arrivo e un compimento che non è nella struttura della paziente per la quale
l’eccitazione massima è l’assenza. Un altro motivo, il più complesso, per cui ci aspettiamo anorgasmia è
che nel funzionamento più alto possiamo trovare capacità orgasmica nella masturbazione ma non con il
compagno, o magari con la masturbazione davanti al compagno ma non con un abbandono al
compagno perché è una dinamica di dipendenza (questa è la parte più complessa del disturbo isterico-
istrionico che però differenzia dal disturbo dipendente), che in realtà è massimamente temuta, perché
in un certo senso la paziente isterico-istrionica è stata fregata in un arrivo che non arrivava mai e,
mentre la paziente dipendente ha avuto il suo mantenimento (“se ti prendi cura di me io ci sono per
te”, quindi ben vengano dipendenza, orgasmo e simbiosi), nella paziente isterico-istrionica si arriva a
una simbiosi a livello simbolico e relazionale ma a livello fisico l’intrusione fa paura e non può
dipendere completamente da qualcuno perché la persona a cui per prima si è affidata nei termini di
dipendenza l’ha tradita, e questa persona è la madre. Anche per questo motivo c’è il rifiuto della
matrice che è il corpo, quindi ben venga l’idea di un corpo libidico, desiderante e astratto che richiama
l’idea di quello che era il padre, ma un corpo vero che gode del rapporto sessuale, del cibo e che si
sente presente in un legame con la madre non riesce a essere accettato da una paziente istrionica a
basso funzionamento, che fa molta fatica a negoziare con questa cosa. Può quindi essere contro-
dipendente. Per sedurre si presenta al contrario, molto dipendente e bisognosa, avremo meccanismi di
difesa a volte volutamente regressivi a servizio dell’Io per sedurre, per cui palesano dipendenza che
però in realtà non c’è. La paziente stessa pensa di essere dipendente, infatti vediamo degli amori folli
lunghi anni: per esempio una paziente è stata per anni l’amante di un uomo, sposato e con figli,
desiderato follemente e aspettato, il quale dopo anni si decide a lasciare moglie e figli per coronare il
loro sogno d’amore, per cui questa donna viene in terapia con un senso di colpa terribile perché si è
accorta di non amarlo più e di aver distrutto la sua vita, perché non riusciva a tollerare una relazione
piena di dipendenza positiva e adulta con lui. I terapeuti spesso si innamorano delle pazienti isterico-
istrioniche e non di quelle dipendenti, nonostante entrambe si offrano e diano tutto, perché il
messaggio è ambiguo di fondo, aggancia e manda in crisi lo psichismo altrui dal momento che
l’innamoramento folle e quasi disfunzionale e non regolato che avviene in terapia si aggancia a quei
messaggi infantili profondi che la persona non è riuscita a risolvere. È nella storia di ciascuno di noi
l’aver avuto una mamma che pensa “vieni qui amore mio, però che palle”, quindi il messaggio ambiguo
di fondo “ti voglio ma non ti voglio, ti voglio se non ci sei ma quando ci sei non ti voglio” aggancia
tantissimo insieme a tutte le manovre seduttive e idealizzanti, pertanto sono pazienti estremamente
erotiche ed eccitanti. Gestire il transfert erotico con queste pazienti è un bel problema, per cui c’è
molta letteratura a riguardo. Le relazioni a distanza sono quelle che permettono un godimento estremo
in questa forma di sofferenza: eppure la cosa triste è che a noi viene da sorridere anche per scaricare la
quota emotiva e spesso anche in terapia i terapeuti ridono del funzionamento di queste pazienti, ma
siamo esortati a entrare nel nucleo di sofferenza e frustrazione profonda e a non lasciarci irretire
dall’aspetto difensivo e terapeutico in cui se ridi scarichi l’eccitazione e prendi le distanze. Dobbiamo
fare attenzione, perché per prima cosa se prendiamo le distanze iper-erotizziamo il rapporto con la
paziente e poi non entriamo davvero in relazione: bisogna entrare in relazione consapevoli di che tipo
di relazione siamo invitati a vivere, monitorare molto bene quanto succede e sollecitare la paziente a
trovare le parole giuste e dettagliate che non ha per descrivere il desiderio che prova. Moana Pozzi è
morta per suicidio con l’intento di lasciare un’eterna assenza: noi seduciamo gli altri nel modo in cui
saremmo sedotti, per cui se ci piace qualcuno cerchiamo di capire come ci seduce perché ci sta dicendo
come la seduzione funziona con lui. Se, essendo probabilmente isterica perché funzionava bene, si era
capita e realizzata, coraggiosa, nella sua mente il massimo desiderio era l’assenza, allora si è resa
eternamente assente e desiderabile, che è quello che avrebbe voluto facessero gli altri con lei, perché il
suo corpo non è mai stato trovato, così lei è morta immaginando di essere un oggetto eternamente
desiderato perché incompiuto, non si è risolta ma è rimasta un desiderio vivo, e il suo corpo libidico che
coincideva con il suo corpo reale non è mai morto. Un’altra cosa bella della sua storia è l’aspetto
materno, che è il nucleo emblematico profondo di questa forma di sofferenza: l’evoluzione profonda di
queste pazienti avviene quando dicono al terapeuta maschio “che dice se provo ad andare in terapia
con una donna?” perché sono entrate a contatto con il nucleo profondo, non sono più in competizione
e non seducono più l’altra donna, ma si mettono in una posizione di potenziale dipendenza con una
donna. Questo è lo scoglio estremo e massimamente risolutivo in questa forma di sofferenza: queste
donne sono terrorizzate dalla figura femminile ed eccitate dal potere maschile, che vedono come
minaccioso ma molto eccitante e vanno in quella direzione sfiorandolo senza mai raggiungerlo, mentre
il femminile le ha tradite e umiliate. Dall’altra parte in Moana Pozzi vediamo questo ritorno al mare,
che è archetipicamente materno (liquido amniotico) come l’esito di un funzionamento che tentava di
risolversi in qualche modo come ritorno a una grande madre che è il mare. Loro non pensano di avere
potere, ma pensano che avvicinandosi al potere otterranno qualcosa di buono dalla vita, se invece si
avvicinano al potere femminile saranno schiacciate e non viste, quindi si avvicinano e si mettono
all’ombra del potere maschile perché lì ottengono qualcosa di buono. Il funzionamento super-egoico è
così forte nell’isteria-istrionismo ad alto livello perché, come anche il disturbo antisociale, è una forma
di sofferenza molto legata al genere (ricettività, abbandono, dolcezza sono femminili; potere, forza,
protezione sono maschili): l’introietto paterno è fortissimo, ne ha fatto una scorpacciata, e se questa
figura maschile era abbastanza funzionante verrà ipertrofizzata al suo interno come introietto e
compiaciuta, per cui la norma è molto amata nelle pazienti ad alto funzionamento perché rappresenta
il padre, quindi anche l’aspetto ossessivo di regola, correttezza e valori è molto erotizzato nelle pazienti
il cui padre è stato sufficientemente buono (citando Winnicott). Prototipicamente la madre tentenna
ma non è completamente svalutante e deludente e il padre è il narcisista meraviglioso, generoso,
accudente, protettivo e un po’ seduttivo: questa è la storia familiare migliore di questa forma di
sofferenza, che diventa una persona con delle caratteristiche anche ossessive, normative, performanti e
molto affettive. Non ci aspettiamo grandi problemi, se non quelli di natura relazionale da overflow
emotivo: ci aspettiamo una persona ad alto funzionamento, sostanzialmente regolata, che però quando
si innamora non capisce più niente; di solito l’innamoramento scatta, soprattutto nelle pazienti a basso
funzionamento, nell’intrusione in coppie già esistenti o nella rottura della propria coppia, per andare a
incidere, ferire e rompere il legame forte che è vissuto come non castrante (perché troppo maschile)
ma escludente. Abbiamo la coppia mamma-papà in cui la mamma ha detto “no, tu non sei me, vai fuori,
sei una sporcacciona, non guardare il papà”; il papà ha detto “sì, io ti amerei ma non posso, però se
potessi tu sì che saresti stata la donna che mi avrebbe potuto fare felice, ma finché sei piccolina io ti
posso amare, e non ti metterai mica a fare la donna adulta, sennò tua mamma dove la mettiamo?”: da
qui risulta l’odio per la coppia standard che le ha levato l’amore del padre perché non è riuscita ad
amare la madre. Nell’alto funzionamento ci aspettiamo un matrimonio che magari non ha più passione,
ma la paziente dice “io resto per dovere, perché ho dei bambini piccoli, perché ho fatto una promessa
ma faccio fatica ad andarci a letto, non lo desidero più, mi sono innamorata del collega x o dell’amico y
ma me lo tengo per me e non lo agisco”. A basso funzionamento si trovano con dei disastri relazionali
per cui chiedono dei consigli, ad alto funzionamento si rendono conto che sono loro ma non riescono a
uscirne. Il genitore omologo deve essere necessariamente ostile oppure assente: la letteratura ci porta
entrambi i casi, ma il disturbo prototipico avviene per via di un genitore ostile e sfidante, mentre con gli
alti funzionamenti può essere anche assente. Una figura omologa inesistente è sì descritta in letteratura
e non favorirà l’identificazione, ma si può avere con delle figure sostitutive, se invece è ostile e cattiva
tutte le donne saranno viste come coloro che impediscono il connubio con il padre.
MITO: il mito di Psiche ci parla della propensione dell’animo umano a raggiungere l’irraggiungibile e a non
conoscerlo attraverso i canali sensoriali, ma ci parla anche tanto della sofferenza isterico-istrionica
attraverso tanti elementi, e ci dà dei segni della possibile risoluzione.
Psiche significa anima, l’unica cosa impalpabile; era molto bella, ammirata da tutti, ma aveva un clima
familiare ostile a causa di madre e sorelle molto invidiose. Ritroviamo l’eco della favola di Cenerentola. Si
innamora di lei Eros guardandola dall’alto e chiede a Zefiro di trasportarla in una caverna segreta per
amarla lì, non le fa mancare nulla ma non si fa mai vedere e non le permette di avere accesso alla sua vera
identità. Psiche è innamoratissima di lui e (su suggerimento delle sorelle che ogni tanto torna a trovare [eco
de La Bella e la Bestia]) decide di tradire la promessa perché non resiste più, prende una lampada a olio
nella notte per illuminargli il viso, perché vuole fermare il suo amore con i sensi. Una goccia cade in maniera
metaforica sul viso di Eros (che è il desiderio), lui si sveglia e lei lo perde per sempre: il desiderio la
abbandona perché lei lo ha voluto fermare.
In questo caso la madre è rappresentata dal mito come una grande madre, Afrodite, madre di Eros, gelosa
dell’amore fra i due, che dichiara guerra eterna a Psiche (“me la pagherai”), per cui lei va da Afrodite e la
prega di intercedere per lei e ridarle il suo amore, e lei dice “proprio a me lo vieni a chiedere?”, così la
incastra e frega in modo molto sadico: è l’unico mito in cui Afrodite risulta francamente sadica e ostile e
incarna la madre cattiva. Accetta infatti a restituirle Eros ma a patto che superi 4 prove:
1° prova: deve contare quanti cereali ci sono in un granaio prima di sera. Chiede aiuto a una formica che la
aiuta e alla fine la ringrazia perché è stata gentile con lei, siccome nessuno mai le parla. Prova risolta.
2° prova: deve fare un vello d’oro con la lana di alcune pecore cannibaliche. Mentre le spia, una canna le
consiglia di aspettare che si addormentino la notte, altrimenti non sopravvivrebbe.
3° prova: deve andare sulla cima di una montagna con un’ampolla, riempirla d’acqua e tornare giù con
l’ampolla piena, ma è impossibile non rovesciare l’acqua perché le pareti della montagna sono scoscese. Le
viene in soccorso un’aquila (chiaro segno di Zeus che è a sua volta simbolo fallico di potere) che le porta
l’ampolla.
4° prova: deve andare nel regno dell’oltretomba di Persefone, la quale ha uno scrigno dove ci sono i segreti
dell’eterna bellezza, che deve farsi dare e consegnarglielo. Andare nell’oltretomba e scendere negli abissi è
un aspetto di grande sfida che rappresenta la fase depressiva e implica una rinascita. Psiche non trova
l’accesso agli Inferi finché una torre le dice che c’è un paese nel Peloponneso da cui accedervi, dove però
c’è Cerbero che va preso con dolcezza e non con arroganza, e le consiglia di cucinare delle focacce al miele
con cui addormentarlo. Raggiunge quindi Persefone, altra faccia di Afrodite, che incarna il ruolo della
madre oscura, che si complimenta con lei per aver superato la prova, le dà il cofanetto, Psiche lo prende e
lo apre, perché non resiste lei stessa ad avere il segreto dell’eterna bellezza e desiderabilità. La madre
oscura e minacciosa, che non perdona, vi aveva messo del veleno per cui Psiche sviene e cade in un sonno
simile alla morte (lavoro duro di introspezione depressiva). Quando si risveglia va lo stesso da Afrodite e
dice di aver sbagliato, di essere consapevole che non rivedrà mai più Eros, ma vuole ringraziarla per averle
dato questa possibilità. È con questo gesto che lei supera davvero la prova, per cui si riconcilia con la madre
che le dice che la vera prova era avvicinarsi a lei senza paura e senza pretesa, guardando i suoi stessi limiti,
senza essere ostile con lei nonostante quello che le ha fatto. Così Psiche fa il salto dimensionale, diventa
una dea e compagna di Eros, a significare gli sviluppi evolutivi della psiche, dal momento che lei per prima
accede al piano superiore.
Ci sono tanti elementi di trattamento: ritroviamo l’aspetto fallico a cui lei si rivolge continuamente, perché
non chiede mai aiuto ad Afrodite per superare le prove ma le vengono sempre in soccorso elementi
prettamente maschili e risolutivi, che lei saggiamente riesce a superare attraverso le sue capacità
relazionali. È parzialmente efficace nel suo funzionamento, ma le manca un pezzo, ovvero il confronto con
la madre presentandosi con i suoi stessi limiti. Il senso del trattamento è riconoscere la parte materna in sé:
questo è il nucleo e l’esito positivo del trattamento di questa forma di sofferenza – quanto di materno è
stato preso nonostante sia stata tanto odiata la madre.