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Recupero del calore contenuto nei fumi dei bruciatori (flue gas) e nei gas prodotti (cracked gas)

(HHP = High Horse Power)


per compressori
TRANSFER-LINE: PRIMO SCAMBIATORE DI CALORE (GENERA VAPORE AD ALTA PRESSIONE)

I gas di processo che escono dalla sezione radiante della fornace di cracking entrano nel tubo interno ad una T di 800
- 900 °C e vengono raffredati istantaneamente a 350-400 °C dall’acqua (vapore a bassa T) che scorre tra il tubo
esterno e quello interno e che viene istantaneamente convertita in vapore surriscaldato a presssioni fino a 140 bar.
SPRY TOWER (SCRUBBER): secondo scambiatore di calore
purifica anche i gas di processo dagli idrocarburi a più alto peso molecolare e dal particolato
FASI DEL PROCESSO DI STEAM CRACKING SUCCESSIVE AL RAFFREDDAMENTO

❑ 4° fase lavaggio con monoetanolammina (MEA) per estrarre i gas acidi (CO2 e HS)
❑ 5° fase: disidratazione per passaggio su setacci molecolari; è importante per salvaguardare i
compressori dai danni per abrasione provocati dalla formazione di ghiaccio alle basse temperature
❑ 6° fase: condensazione dei gas per compressione a 40 bar.
❑ 7° fase: distillazione criogenica: elevando gradualmente la temperatura si separano le frazioni con pm
crescenti:
✔ Demetanizzazione (-95 °C) separa il metano (gas) e H2 da ≥ C2
✔ Deetanizzazione separa i ≥ C3 dai C2 che vengono idrogenati a freddo con catalizzatori a base di Pd,
per convertire l’acetilene ad etilene. L’idrogenazione è selettiva per l’etilene grazie alle basse temperature.
L’acetilene darebbe problemi di cross-linking in fase di polimerizzazione dell’etilene.
✔ Depropanizzazione separa i ≥ C4 dai C3 che vengono idrogenati come sopra per eliminare il propino.
✔ Debutanizzazione: separa i C4 (buteni e butadiene) dai C5. Questi ultimi vengono riuniti alla frazione
aromatica (benzina di pirolisi)
MECCANISMO DELLA CATTURA DELLA CO2 IN UNA SOLUZIONE DI MONOETANOLAMMINA
Steam cracking (continua dalla lezione precedente)

Il tipo di materia prima influenza la composizione dei prodotti e la complessità degli impianti di
steam cracking.
L’etilene è il prodotto più pregiato del processo e lo sviluppo di moderni cracker ha portato negli
ultimi tre decenni la sua resa dal 16 al 31% (partendo dalla benzina – vedi tabella successiva).
In generale maggiore è il peso del feedstock, minore sarà la resa in etilene e maggiore quella dei
coprodotti.
Di conseguenza anche il costo degli impianti aumenta perché per produrre le stesse quantità di
etilene servono maggiori volumi di materia prima e sezioni dell’impianto più complesse dedicate al
frazionamento dei prodotti.
Gli impianti dell’Arabia Saudita sono estremamente semplici poiché utilizzano lean gas rucchi di
etano come feedstock.
(C5-C9)
Steam cracking dell’etano
(meccanismo)

Per non favorire questi


maccanismi di terminazione si
lavora in condizioni diluite (di
bassa P parziale)
Steam cracking dell’propano
(meccanismo)

Con frazioni a catena più lunga si osserva scissione con formazioni di radicali a catena corta
Separazione dei prodotti del processo di steam cracking

1 A debutaniser which separates the C4 hydrocarbons from the C1 - C3 hydrocarbons


2 A depropaniser which separates out the C3 hydrocarbons
3 A deethaniser which separates out the C2 hydrocarbons
4 A demethaniser which separates out the methane
5 A C3 splitter which separates propene from propane
6 A C2 splitter which separates ethene from ethane
CATALYTIC
CRACKING
È un processo attraverso il quale, alcani a catena lunga vengono convertiti in alcani ramificati più
corti adatti alla formulazione di combustibili (benzine) grazie all’intervento di un catalizzatore
Le materie prime sono AGO (Atmosferic Gas Oil) e VGO (Vacuum Gas Oil) e l’obiettivo è:
a) rompere idrocarburi a catena lunga in prodotti che rientrano nel range delle benzine
b) elevare il numero di ottano delle benzine prodotte.
c) produrre alcuni tipi di olefine (soprattutto buteni e propilene).
Il catalizzatore acido, alla T di circa 500 °C, produce carbocationi anziché radicali.
Nei carbocationi, la differenza di energia tra i terziari (più stabili), i secondari e i primari (meno stabili)
è molto maggiore rispetto a quella tra i corrispondenti radicali, perciò, una volta generato il
carbocatione, questo subisce riarrangiamenti verso le strutture più stabili, e non ulteriori
frammentazioni, che porterebbero a carbocationi di dimensioni più piccole e quindi con energia
ancora maggiore.
(A) I carbocationi si riarrangiano attraverso migrazione di protoni per
raggiungere la forma più stabile passando da primari, a secondari a terziari
(A). In alcuni casi passano da una forma ad un’altra con lo stesso livello di
sostituzione che però permette una stabilizzazione per risonanza (B).
In alcuni casi la migrazione può interessare anche gruppi alchilici (C).

(B)

(C)
Il cracking catalitico ha avuto un grade impulso durante la II guerra mondiale, per la produzione di combustibili ad
alte prestazioni per gli aerei. A quell’epoca i catalizzatori erano rappresentati da allumino-silicati amorfi ma a
partire dagli anni ‘60 sono stati sviluppati nuovi catalizzatori, le zeoliti (il nome deriva dal greco Zêo=bollire e
lithos=pietra, perché quando posta a contatto con acqua sviluppa calore), alluminosilicati sintetici altamente
cristallini formati da unità strutturali di base
(primary building units – PBU) tetraedriche
di SiO4 e AlO4 che si riuniscono per dare
diversi tipi di strutture secondarie (SBU) e
quindi il reticolo cristallino. La carica negativa
dovuta alla presenza di centri AlO4 è
controbilanciata da cationi metallici che
possono essere sostituiti attraverso tecniche
di scambio ionico per stabilizzare e aumentare
l’acidità del catalizzatore.
Il framework cristallino presenta cavità e canali con dimensioni e orientamenti diversi che caratterizzano i vari
tipi di zeoliti, conferiscono un’enorme area superficiale (500 e 700 m2 g-1) e condizionano la selettività del
catalizzatore (shape selectivity)
Products Tipica composizione dei prodotti del cracking
Flue quenchin
gas catalitico del Atmosferic Gas Oil (AGO)
g

Vengono utilizzati reattori a letto fluido con rigeneratori


del catalizzatore. Il tempo di permanenza nel reattore a
500 °C è di 1-3 secondi. Il catalizzatore finemente
disperso e mantenuto in forma di letto fluido da una
corrente di vapore viene rimosso in continuo ed inviato
da una corrente di aria e vapore ad un rigeneratore a 650
°C nel quale avviene la combustione completa del
deposito di carbone. Come per lo steam-cracking, i gas
prodotti in uscita dal reattore vengono raffreddati
Fluidized bed reactor for catalytic velocemente (quenching) per evitare decomposizione.
cracking
CATALITIC
REFORMING
Lo scopo originario era quello di convertire benzine pesanti (heavy naphtha, bp 90-160 °C) con basso n. di
ottani (<55), ricche in idrocarburi lineari e cicloalcani e povere in aromatici (<15%) in benzine da reforming
per la formulazione (blending) di combustibili con più ottani grazie alla conversione degli alcani lineari in
alcani ramificati e dei cicloalcani in composti aromatici (Benzene, Toluene, Xileni = BTX).

A causa delle riduzioni imposte per motivi ambientali al contenuto in aromatici dei carburanti, il reforming
catalitico ha perso un po’ del suo peso per la produzione di combustibili ma è diventato il processo di base
per la produzione di composti aromatici da utilizzare nell’industria chimica.
Riveste anche una notevole importanza la coproduzione di H2 che viene impiegato in altri processi di
raffineria come l’idroconversione (hydrocracking e hydrotreating) o in altre idrogenazioni per la produzione
di composti chimici.
Nel processo avvengono le seguenti reazioni:

❑ Isomerizzazioni -trasformano gli alcani lineari in alcani ramificati e i nafteni pentaciclici in


esaciclici (es. metilciclopentano in cicloesano)

❑ Deidrogenazioni – deidrociclizzazione alcani lineari in nafteni


– aromatizzazione da nafteni esaciclici (cicloesano, metil- e dimetilcicloesani) a
composti aromatici (BTX)

❑ Idrogenolisi (hydrocracking) - che si cerca di minimizzare lavorando a P relativamente basse


(25-35 bar).
Si usano catalizzatori bifunzionali formati da un supporto come allumina trattata con HCl che coi suoi centri
acidi promuove le isomerizzazioni e metalli come Pt e/o Re che favoriscono la deidrogenazione.
L’aromatizzazione è più veloce della deidrociclizzazione e ciò favorisce l’arricchimento in aromatici della miscela
dei prodotti, sottraendo gli alcani ciclici e lineari alle reazioni di idrogenolisi
Il reforming catalitico ha luogo alla T di 400 -500 °C (le deidrogenazioni sono reazioni fortemente
endotermiche) in due tipologie di impianti:

a) reformer catalitici semi rigenerativi (SR): ogni anno circa, i tre reattori a letto fisso che
lavorano in serie, vengono rigenerati (senza rimozione del catalizzatore dal reattore) facendo
passare aria ad alta temperatura per ossidare il carbone che si deposita sul catalizzatore.
L’attività catalitica decresce nel tempo (< concentrazione di aromatici nella benzina da
reforming e H2 meno puro). Per mantenere la qualità del prodotto costante durante l’esercizio
dell’impianto, viene aumentata gradualmente la T, fino ad un limite massimo oltre il quale si
interviene con la rigenerazione dei reattori
R-1, R-2, R-3:
reattori a letto fisso
Una variante del reformer semirigenerativo che permette di non avere soste dell’impianto è il reformer

a rigenerazione ciclica nel quale un reattore di scorta viene inserito nella linea del processo per

consentire la rigenerazione uno alla volta dei reattori che hanno perso efficienza. Il processo diventa

continuo con T di esercizio e composizione dei prodotti più costanti ma l’impianto risulta più complicato

per la presenza di una rete di condutture che consentono lo switching dei reattori
b) REFORMER CATALITICO A RIGENERAZIONE CONTINUA (CCR): processo in continuo a

bassa pressione (4 a-10 atm) caratterizzato da un’alta efficienza del catalizzatore. Si tratta di una

serie di reattori a letto mobile impilati nei quali il catalizzatore si muove per gravità e viene rimosso

in continuo dal reattore più basso per essere inviato al rigeneratore dal quale, dopo la

rigenerazione, viene reimmesso nella prima sezione del reattore (R-1, più alto).
Rese tipiche dei reforming catalitici condotti con le due tipologie di impianto

I BTX vengono estratti dalla benzina di reforming con miscele di diversi tipi di solventi come
N-metilpirrolidone/ glicole etienico, glicole dietilenico/acqua, sulfolano. Quest’ultimo è particolarmente
efficace , e si ottiene una miscela di BTX con contenuto in non aromatici <1%. Il solvente viene quindi
recuperato e gli aromatici vengono separati per distillazione.
(sulfolano)
Confronto tra composizione in BTX del prodotto di reforming rispetto alle richieste del mercato (USA)

(Il toluene può essere convertito in benzene per idrodelachilazione utilizzando l’idrogeno prodotto nell’impianto)

Confronto tra la composizione della frazione C8 del prodotto di reforming rispetto alle richieste del mercato USA

(Anche l’etilbenzene può essere idrodealchilato a benzene con zeolite ZSM-5 come catalizzatore. Altri
catalizzatori possono convertire l’etilbenzene in xileni per transalchilazione)
OLIGOMERIZZAZIONE E ALCHILAZIONE

Metodologie che utilizzano olefine come materia prima per la produzione di benzine ad alto n. di
ottano) composte da alcani ramificati con n. di C generalmente compreso tra 8 e 12.
Entrambi i processi sfruttano una catalisi acida di tipo Friedl-Crafts con acidi forti come H2SO4 o
meglio ancora HF con il quale si può lavorare a T maggiori (50 anziché 0-10 °C) perché non da
problemi di ossidazione (catalisi omogenea). Più recentemente sono state utilizzate anche zeoliti
e resine a scambio ionico acide che possono essere rigenerate e riutilizzate (catalisi eterogenea)

Nel processo più vecchio, l’OLIGOMERIZZAZIONE, olefine a basso peso molecolare come
propilene o butene reagiscono tra loro dando dimeri, trimeri e tetrameri secondo lo schema
riportato di seguito. Non si formano polimeri a causa della bassa reattività delle specie intermedie
(per ottenere il polipropilene serve infatti il catalizzatore Ziegler-Natta).
OLIGOMERIZZAZIONE
(meccanismo)

idrogenazione
L’ALCHILAZIONE è un processo più moderno che invece di sfruttare una sola olefina come materia
prima (il propilene è prezioso per la produzione del polimero), impiega un’olefina, generalmente
isobutene e un isoalcano, generalmente isobutano che vengono fatti reagire sotto l’azione degli
stessi catalizzatori acidi utilizzati nell’oligomerizzazione.
La prima fase catalizzata dall’acido è la stessa dell’oligomerizzazione con la reazione tra due olefine
che produce il carbocatione iso-ottile. Poi interviene un fenomeno non catalizzato per cui il
carbocatione iso-ottile reagisce velocemente con un alcano che ha un H terziario come l’isobutano
strappando questo protone e trasformandosi nell’alcano ramificato neutro (Isoottano o
2,2,4-trimetilpentano) e generando il carbocatione isobutilico. Quest’ultimo reagisce con l’olefina
reiterando il ciclo.
Sicuramente le differenze cinetiche tra le reazioni possibili fanno si che in parte il catione ottile reagisca
anche con l’olefina portando al carbocatione C12. La reattività di questo dovrebbe essere ancora più
bassa ma una parte potrebbe reagire con l’olefina per dare il carbocatione e quindi l’alcano C16.
I prodotti finali sono già alcani, non c’è bisogno di idrogenarli
iniziazione ALCHILAZIONE
(meccanismo)

propagazione
Schema impianto di alchilazione

❑ Gli idrocarburi liquidi alla P di 30 bar vengono immessi nel reattore insieme all’acido.
❑ Si usa un rapporto elevato isobutano/ isobutene
❑ Dopo il reattore c’è un separatore che permette di recuperare l’acido per riutilizzarlo
❑ L’isobutano in eccesso viene riciclato dopo la separazione dei prodotti alchilati
PROCESSI DI IDROCONVERSIONE: HYDROTREATING e HYDROCRACKING

L’evoluzione della legislazione ambientale in vari paesi ha reso difficilmente commerciabili


residui e oli pesanti aventi elevata viscosità ed elevati livelli di contaminanti (frazioni ad
alto tenore di polinucleari aromatici, asfalteni, zolfo, azoto, metalli). Ciò ha creato le
premesse per lo sviluppo di processi di idroconversione, atti a trasformare tali residui in
prodotti più pregiati o comunque meno pericolosi per l’ambiente.

I principali obiettivi dei processi di upgrading dei residui sono:


• il pretrattamento degli idrocarburi destinati ad altre unità di conversione,
• l’incremento della quantità dei prodotti ottenuti dalla fase di distillazione,
• la produzione di carburanti a basso contenuto di zolfo.

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