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XXVII corso di Tecnologia per Tecnici Cartari

edizione 2021/2022

La seccheria

di Primus Thomas

Scuola Interregionale
di tecnologia per tecnici Cartari
Istituto Salesiano «San Zeno» - Via Don Minzoni, 50 - 37138 Verona
www.sanzeno.org - scuolacartaria@sanzeno.org
INDICE
1. INTRODUZIONE

2. PRODUZIONE DEL VAPORE


2.1 Vapore saturo e vapore surriscaldato
2.2 La condensazione
2.3 Generatori di vapore, la caldaia
2.3.1 Elementi costitutivi di un generatore di vapore
2.3.2 Elementi caratteristici dei generatori di vapore
2.3.3 Centrali termoelettriche
2.4 La Cogenerazione
2.5 Distribuzione del vapore

3. IL CILINDRO ESSICCATORE E I SUOI COMPONENTI


3.1 Il cilindro essiccatore
3.2 Estrazione della condensa
3.3 Tipi di sifone
3.3.1 Sifone fisso con sistema cantilever
3.3.2 Sifoni rotanti tradizionale
3.3.3 Sifoni a tazza rotante
3.4 Giunti rotanti
3.5 Barre di turbolenza

4. TIPOLOGIA DI SECCHERIA
4.1 Seccheria UNO-RUN
4.2 Seccheria CONTIRUN
4.2.1 Casse stabilizzatrici aspiranti

5. TIPI DI IMPIANTI VAPORE


5.1 Impianto a cascata
5.2 Impianto con termocompressore

6. TEORIA DELL’ESSICCAMENTO
6.1 Trasferimento del calore
6.2 Problematiche legate ad una cattiva distribuzione della temperatura

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7. TELE ESSICCATRICI
7.1 Lavaggio delle tele
7.1.1 Contaminanti
7.1.2 Lavaggio chimico
7.1.3 Pulizia meccanica

8. CAPPA CHIUSA COIBENTATA


8.1 Cappa chiusa coibentata
8.2 Recuperatori di calore aria-acqua
8.3 Recuperatori di calore aria-aria

9. ESEMPIO DI CONTROLLO ED ANALISI SULL’EFFICIENZA


DELLA SECCHERIA

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1. INTRODUZIONE
La seccheria è la porzione di macchina posta in uscita della zona presse; essa ha il compito di
eliminare l’acqua legata alla fibra, mediante evaporazione, disidratando il tessuto fibroso di
cellulosa (nastro di carta), portandolo da un grado di secco del 50 % all’uscita delle presse ad
un 5% all’arrotolatore. di umido
L’essiccamento operato nella seccheria della macchina da carta risulta essere il processo più
energivoro per una cartiera. È quindi essenziale investire per ottimizzare i consumi della
sezione di seccheria, che costituiscono un costo vivo rilevante per ogni cartiera.
In questa sezione della macchina continua il calore viene veicolato attraverso il vapore ed
irradiato dai cilindri essiccatori che a loro volta lo trasmettono al nastro di carta.
Negli ultimi anni le aziende hanno focalizzato il loro impegno nell’applicazione di tecnologie
volte a migliorarne l’efficienza e ridurre i consumi.
Pertanto l’obiettivo della progettazione di questo componente della macchina continua si può
riassumere nei seguenti punti:
1. ottenere la massima evaporazione utilizzando l’attrezzatura minima ed indispensabile
per raggiungere gli obiettivi prefissati, possibilmente cercando di migliorare la qualità
del prodotto;
2. mantenere stabili le caratteristiche dimensionali e meccaniche del foglio, in senso
longitudinale e trasversale rispetto alla direzione di macchina;
3. aumentarne l’efficienza.

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2. PRODUZIONE DEL VAPORE

2.1 VAPORE SATURO E VAPORE SURRISCALDATO

Il passaggio di un liquido allo stato aeriforme è definito vaporizzazione. Quando tale


fenomeno avviene spontaneamente e avviene solamente sulla superficie libera del liquido,
siamo di fronte al fenomeno dell’evaporazione; se essa avviene per somministrazione di
diretta di calore parliamo di ebollizione.
Esistono due tipi di vapore, Vapore Saturo e Vapore Surriscaldato.
Per vapore saturo s’intende quel vapore che si trova ancora in presenza del liquido che lo ha
generato; il vapore saturo è a sua volta suddiviso in vapore saturo secco e vapore saturo
umido. Rispettivamente si dice secco se non ha in sospensione particelle d’acqua, umido se
ne ha.
Quando tutto il liquido si è trasformato in vapore, se ad esso si continua a fornire calore, il
vapore comincia ad aumentare la propria temperatura, in queste condizioni prende il nome di
vapore surriscaldato. Esso possiede, a parità di pressione un volume maggiore rispetto al
vapore saturo ed una temperatura maggiore rispetto al vapore di ebollizione.
Ogni liquido ha una propria temperatura d’ebollizione che varia al variare della pressione, la
conoscenza di uno di questi parametri è data dalla rilevazione dell’altro.
Quindi per esaminare lo stato del vapore possiamo prendere in considerazione le due unità
menzionate qui sopra: pressione e temperatura.
Si definisce entalpia o contenuto termico del vapore (KJ/Kg), la quantità di calore (KJ)
necessaria per portare a pressione costante l’unità di massa del liquido (1 Kg) dalla
temperatura di riferimento di 0ºC alle condizioni di vapore saturo umido, vapore saturo secco
o vapore surriscaldato.

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2.2 CONDENSAZIONE

Se prendiamo del vapore d’acqua saturo secco e ad esso si sottrae calore, a pressione costante,
il vapore comincerà a trasformarsi in liquido e la temperatura resterà costante finché tutto il
vapore non si sarà trasformato in liquido (condensa).

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La temperatura di condensazione è uguale a quella di ebollizione se la pressione è la stessa;
inoltre il calore che la massa unitaria di vapore saturo restituisce nella condensazione, calore
di condensazione, è uguale a quello necessario per la vaporizzazione, calore di vaporizzazione
alla stessa pressione.

2.3 GENERATORI DI CALORE, LA CALDAIA

In questo punto vedremo come si trasforma il vapore e quali sono le principali funzioni di una
caldaia.
Si definisce generatore di vapore un insieme di organi che servono a produrre calore e a
trasferirlo al fluido che deve essere riscaldato e vaporizzato.
I primi utilizzi del vapore d’acqua risalgono all’epoca delle motrici a vapore, dove mediante
il suo specifico impiego, esso consentì di trasformare l’energia termica in energia meccanica,
dando così inizio al moderno processo industriale.
Tuttora, il vapore negli impianti di notevole potenza, viene utilizzato per ottenere energia
meccanica da impiegare nelle turbine a vapore atte alla produzione di energia elettrica.
Negli impianti di piccole dimensioni, il vapore d’acqua è utilizzato semplicemente come
valido veicolo di calore necessario nei processi industriali.

2.3.1 Elementi costitutivi di un generatore di vapore

Il generatore di vapore è costituito dai seguenti elementi:


• Corpo cilindrico: costituisce la caldaia propriamente detta ed è un recipiente metallico,
generalmente in acciaio riempito d’acqua fino ad un certo livello (camera d’aria) al di sopra
del quale si raccoglie il vapore (camera di vapore);
• Surriscaldatore e risurriscaldatore: sono apparecchi di scambio, costituiti da dei fasci di
tubi facenti capo a dei collettori, e sono destinati surriscaldare il vapore, trasformandolo da
vapore saturo a vapore surriscaldato;
• Economizzatore: il circuito acqua-vapore ha inizio dall’economizzatore. Trova
collocazione nella parte finale del condotto verticale dei fumi ed utilizza parte del calore
posseduto dai fumi per riscaldare l’acqua di alimentazione della caldaia, migliorando così
il rendimento dell’impianto;
• Naso: è una particolare conformazione che posseggono alcuni tubi all’interno della camera
di combustione;

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• Bruciatori: sono collocati su una parte della caldaia, a partire da circa 1/3 della sua altezza.
È la zona più calda della camera di combustione;
• R.A.V. (Riscaldatore a Vapore): viene inserito a monte del circuito aria al fine di evitare
condensazioni acide nella parte terminale dei preriscaldatori d’aria, dovute ad una
temperatura dei fumi troppo bassa.

2.3.2 Elementi tecnici caratteristici dei generatori di vapore

È bene precisare alcune definizioni che sono utili ad inquadrare le dimensioni e le prestazioni
dei singoli generatori:
• Producibilità o potenza: è la quantità di vapore prodotta in un’ora. Si misura in Kg/h. È
utile precisare lo stato fisico del vapore (Pressione e Temperatura). In tal caso, noto il
contenuto termico del Kg di vapore prodotto, può essere espressa per convenzione in una
unità di Potenza (W o K cal/h);
• Producibilità specifica o potenza specifica: è il rapporto tra i Kg di vapore prodotti in
un’ora e la superficie di riscaldamento. Rappresentata in Kg di vapore che si ottengono in
un’ora per ogni metro quadrato di superficie riscaldata, si misura in Kg/m2 h;

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• Pressione di Bollo: è la Pressione effettiva massima alla quale il generatore può funzionare
regolarmente. L’unità di misura è il Bar. Il valore della pressione di bollo è rilevabile dal
libretto matricolare dell’apparecchio e dall’apposito bollo esistente al centro della targa;
• Pressione di esercizio: è la pressione, inferiore o al limite uguale a quella di bollo alla
quale in pratica viene fatto funzionare il generatore;
• Superficie di riscaldamento: è l’area della superficie lambita da un lato dai fumi e
dall’altro dall’acqua; si misura dalla parte esposta ai fumi;
• Carico termico volumetrico della camera di combustione: è il rapporto fra la quantità di
calore sviluppata dalla combustione nell’unità di tempo ed il volume della camera di
combustione. Si misura in W/m3 o in Kcal/m3 h;
• Carico termico superficiale della camera di combustione: è il rapporto fra la quantità di
calore sviluppato nella camera di combustione nell’unità di tempo e la superficie di
riscaldamento della camera di combustione; si misura in W/m2 o Kcal/m2;
• Rendimento del generatore: è il rapporto tra il calore trasmesso al fluido e il calore
sviluppato dalla combustione;
• Indice di vaporizzazione: è il rapporto tra la massa di vapore prodotto e la massa di
combustibile bruciato nello stesso tempo. Rappresenta i Kg di vapore che si ottengono
dalla combustione di 1 Kg di combustibile.

Facendo le dovute considerazioni e tenendo presente che esistono varie tipologie di generatori
di vapore, classificabili per tipologia di combustibile utilizzato, pressioni di esercizio, volume
d’acqua contenuta nel generatore, il percorso che i fumi fanno rispetto ai corpi contenenti
l’acqua, tipologia della camera di combustione, circolazione dell’acqua all’interno del
generatore; giunto il momento di scegliere quale tipologia di generatore impiegare, tenendo
presente le necessità degli impianti utilizzatori, i dati a cui si dovrà fare riferimento saranno:
• Produzione oraria di vapore
• Pressione: solitamente viene scelta superiore a quella strettamente necessaria al corretto
funzionamento degli impianti di utilizzazione;
• Temperatura del vapore (in caso di vapore saturo);
• Potenza: anche in questo caso è indispensabile conoscere la potenza richiesta dagli
impianti utilizzatori.

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2.3.3 Centrali termoelettriche

Molto spesso in abbinamento al generatore di vapore viene abbinata una turbina a vapore, che
corredata delle opportune apparecchiature elettromeccaniche è in grado ti trasformare
l’energia termica in energia elettrica.
Questo abbinamento nasce dalla necessità, che le industrie nel cui processo hanno necessità
di grandi quantità di calore allo stesso tempo il fabbisogno elettrico è elevato.

2. 4 LA COGENERAZIONE

Per cogenerazione si intende la produzione combinata di energia elettrica ed energia termica.


Un normale ciclo termodinamico destinato a convertire calore in elettricità, deve
necessariamente scaricare una parte del calore introdotto nel ciclo. Lo sviluppo di questa
tipologia nasce dal settore militare, dove le prime turbogas venivano impiegate come supporto
alle basi dislocate in territori isolati e privi di collegamenti energetici primari.
La cogenerazione si pone quindi l’obiettivo di soddisfare le esigenze energetiche, di un
qualsiasi insediamento industriale o civile a cui sia rivolto, con maggiore efficienza e minori
costi.
Per definizione l’industria cartaria è definita “energivora”, dalla metà dei primi anni ‘90
questa tecnologia ha trovato largo impiego.
Gli impianti di cogenerazione posso essere suddivisi in tre categorie:
1. Ciclo Convenzionale (caldaia e turbina a vapore);
2. Ciclo Combinato (turbogas, caldaia e turbina a vapore);
3. Ciclo semplice (turbogas/caldaia a recupero) o rigenenrativo.
I vantaggi che comporta la cogenerazione sono di rilievo ed hanno svariate implicazioni
positive direttamente sull’azienda che le attua; in modo particolare si evidenza un notevole
risparmio energetico, la resa è migliore rispetto ad un impianto termoelettrico tradizionale; i
benefici indiretti che ne derivano dal risparmio energetico vanno a favore dell’ambiente.
Gran parte degli impianti di cogenerazione si basano sul gas naturale, che tra i combustibili è
quello più pulito; utilizza turbine a gas, dove si realizza la miglior combustione; questo
binomio garantisce minori emissioni di gas serra e NOx (Ossidi di Azoto).
Ogni sistema ha un proprio rendimento (Ro) che è dato dal rapporto tra l’Energia Prodotta e
l’Energia Fornita. Analizzando le tecnologie impiegabili per la realizzazione concreta dei
cicli termodinamici, si nota che la resa per la produzione di calore utile sia maggiore di quello
per la produzione di energia elettrica utile (92% contro 45% se l’energia fornita è pari in
entrambi i casi al 100% Fig. 1 e 2).

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L’energia termica è peraltro una forma di energia ampiamente richiesta sia in campo
industriale che civile, da cui la possibilità di utilizzare lo scarto di un ciclo di potenza come
calore utile per il riscaldamento o per processi industriali.
Si ottiene così una sostanziale riduzione, a parità di servizio reso all’utenza termica, dei
consumi di energia primaria.
Il concetto di cogenerazione rimane però vincolato alle seguenti condizioni:
• Compatibilità tra calore reso disponibile dal ciclo a quello richiesto dall’utenza;
• Favorevole ubicazione del ciclo di potenza rispetto alle utenze di calore, causa il costo e
le difficoltà tecniche connesse al trasporto del calore;
• Contemporaneità delle richieste di calore e di elettricità.

Fig. 1

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Fig. 2

Fig. 3

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Fig. 4

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2.5 DISTRIBUZIONE DEL VAPORE

La linea di distribuzione del vapore e la linea di recupero delle condense costituiscono,


assieme al generatore di vapore, gli apparecchi utilizzatori, l’impianto termico completo. È
molto importante che il calore contenuto nel vapore prodotto dal generatore raggiunga gli
impianti utilizzatori con le minori perdite possibili e che il calore residuo contenuto nelle
condense venga recuperato e riutilizzato.
Il primo punto è raggiungibile con un corretto tracciamento delle tubazioni di distribuzione,
con un adeguato isolamento termico, con una corretta scelta delle pressioni di alimentazione
per i vari impianti asserviti (solitamente la minima, compatibile con la temperatura richiesta,
a cui corrisponde il massimo calore vaporizzato detto anche calore latente) e con un adeguato
drenaggio (asportazione del liquido che si raccoglie sul fondo delle tubazioni e delle gocce
d’acqua che il vapore trasporta con sé).

Il secondo punto è ottenibile riducendo le condense in caldaia alla massima temperatura


possibile, effettuando un efficiente deareazione e, possibilmente, utilizzandone il vapore
nascente per alimentare utenze a bassa pressione o fasi di preriscaldamento.
È importante ricordare che in un impianto conta il rendimento termico complessivo, non solo
quello del generatore. Ad esempio, anche se il generatore raggiunge il 95%, la distribuzione
del vapore ha un rendimento del 80% e gli apparecchi utilizzatori un rendimento del 80%, il
rendimento complessivo è dato dal prodotto dei tre valori: 0,95 x 0,80 x 0,80 = 0,608; le
eventuali perdite sulla linea di ritorno delle condense peggiorano ulteriormente la resa.

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3. IL CILINDRO ESSICCATORE
E I SUOI COMPONENTI

3.1 CILINDRI ESSICCATORI

La seccheria è composta da un insieme di cilindri essiccatori, raggruppati in più sezioni dette


batterie, con la relativa struttura portante.
Ogni gruppo di cilindri (batteria) ha il proprio azionamento, i cilindri di ogni batteria sono
collegati tra di loro meccanicamente mediante ingranaggi e rinvii (racchiusi all’interno della
struttura portante) che ne trasmetto il moto; i motori che azionano il movimento dei gruppi di
cilindri sono posti sul lato “comando” opposto al lato di conduzione. I cilindri essiccatori
sono posti su due file, sfalsati rispetto al loro centro, in modo che il nastro di carta, durante il
suo passaggio all’interno della seccheria, venga a contatto in modo alternato, prima con un
lato e poi con l’altro (lato feltro o lato tela) con il cilindro essiccatore inferiore e poi con quello
superiore.
Durante la fase di asciugamento, il foglio di carta è soggetto ad una contrazione
(restringimento), e quindi si rende necessario che tra una batteria e quella successiva ci sia un
“tiro” dato da un leggero incremento si velocità (scorrimento solitamente nella misura
compresa tra + 0,10% e + 0,30%); questa variazione permette di controllare l’entità
dell’accorciamento in senso longitudinale ed evitare la possibilità di rotture o grinze.
Altro elemento che contribuisce alla stabilità del foglio all’interno della seccheria sono le tele
essiccatrici; queste, grazie alla tensione cui vengono sottoposte, evitano per quanto possibile
il restringimento del foglio in senso trasversale; altro compito delle tele essiccatrici è quello
di garantire un contatto adeguato del nastro di carta al mantello del cilindro essiccatore.

Il cilindro essiccatore convenzionale è costituito essenzialmente da tre parti prodotte in


fusione di ghisa: due testate, che hanno una conformazione bombata, verso l’interno, per
attenuare al meglio la pressione all’interno del cilindro e da un mantello dello spessore
variabile tra 20 e 30 mm. Quest’ultimo è costruito in un unico pezzo, tornite entrambe le facce
(interna ed esterna) quella esterna viene anche rettificata, talvolta rivestita con del cromo (per
ridurre al minimo la porosità del mantello), in altri casi anche con teflon (limitatamente ai
primi cilindri della seccheria e in macchine molto veloci che producono carte di bassa
grammatura). I cilindri essiccatori hanno tipicamente un diametro di 150 e 180 cm.

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Questi tre corpi vengono assemblati ed imbullonati sulla testa; le due tesate sono dotate di
perni ai quali vengono montati dei cuscinetti; il perno di “lato comando” è dotato di foro
passante, con dimensioni adeguate al passaggio dell’alimentazione dell’essiccatore attraverso
il vapore e fatti in modo che ci passi anche il tubo per il recupero della condensa.
Nelle macchine continue più moderne l’estrazione viene fatta dalla testata opposta a quella di
ingresso del vapore, questa soluzione rappresenterebbe quella ottimale in virtù del fatto che
eviterebbe sacche morte e accumulo di incondensabili.
La pressione di esercizio dei cilindri essiccatori varia in funzione del risultato che si vuole
ottenere, o per meglio dire, in funzione del tipo di supporto che stiamo producendo; per la
produzione di carte bianche si lavora intorno ai 3,5 Bar; per altri tipi, come il fluting, carte da
imballo, cartoncini multistrato si passa ad una pressione di 5 Bar.
Ai fini della sicurezza e della normativa vigente gli essiccatori sono considerati a tutti gli
effetti come “recipienti in pressione”, come tali sono ispezionati e classificati in base alla
pressione di esercizio a cui verranno sottoposti. Nella tesata opposta all’ingresso del vapore,
è presente un foro d’ispezione (passo d’uomo) utilizzato di norma per i controlli e per le
eventuali operazioni di manutenzione.

In alternativa al cilindro essiccatore tradizionale di ghisa, la tecnologia mette a disposizione


cilindri essiccatori in acciaio; composti anch’essi dalle due spalle e dal mantello. Le
differenze iniziano già ad evidenziarsi in fase di realizzazione, non trattandosi più di pezzi
unici ricavati dalla fusione, ma di lamiere calandrate e saldate, il processo produttivo risulta
meno impegnativo e meno oneroso. Dall’utilizzo dell’acciaio, anziché la ghisa, ne derivano
altri vantaggi:
• lo spessore della parete è del 40% ridotta rispetto a quella in ghisa;
• aumento della temperatura superficiale di 5 OC;
• aumento della capacità evaporativa del 10%.

Essendo le spalle perpendicolari al mantello ed essendo prive di bombatura, rispetto a quelle


in ghisa, la superficie di contatto del foglio di carta può essere estesa maggiormente verso
l’esterno. In termini pratici, se ci dovessimo trovare di fronte alla costruzione di una nuova
macchina continua, noto il formato massimo in uscita dalla cassa d’afflusso, in seccheria
potremmo ridurre al minimo l’ingombro nel senso trasversale; diversamente se ci trovassimo
di fronte ad un revamping della seccheria con la sostituzione dei cilindri essiccatori,
mantenendo l’incastellatura originale, ed installando essiccatori nuovi di pari larghezza
rispetto a quelli vecchi, qualora ci fosse la possibilità di allargare il formato utile in uscita
della cassa d’afflusso potremmo di conseguenza aumentare, di poco, la capacità produttiva

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della nostra continua, e avere maggiore flessibilità sui formati evasibili dalla continua da
sottoporre poi al taglio in bobina.

In figura è riportato il disegno costruttivo di due cilindri essiccatori, uno in acciaio ed uno in
ghisa. È evidente che rispetto alla testata del cilindro in ghisa, quella del cilindro in acciaio,
grazie alla saldabilità del materiale e alle migliori caratteristiche meccaniche, ha dimensioni
minori ed è posizionata più all’estremità.
Dal punto di vista della geometria, utilizzando un cilindro in acciaio e non in ghisa si ha
generalmente un aumento di circa 130 mm per lato di tavola utile, quindi 260 mm di
differenza di tavola, semplicemente per il diverso disegno costruttivo. Tutto ciò significa che,
oltre a poter utilizzare un formato più largo, si ha una minore dispersione termica attraverso
le pareti del cilindro, con un generale aumento di efficienza.
Inoltre, dato il diverso tipo di disegno e di tecnica costruttiva, nel caso del cilindro in acciaio
il mantello mantiene uno spessore costante fino alla testata, il che determina l’andamento
della temperatura, con un uniforme distribuzione del calore nel mantello fino alle estremità
del cilindro (come rappresentato nelle figure successive).

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Andamento delle temperature sul mantello del cilindro essiccatore in acciaio.

Andamento delle temperature nello spessore del cilindro essiccatore in acciaio.

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Le Figure successive mostrano che invece nel cilindro in ghisa, che come detto ha la testata
leggermente più rientrata e presenta una variazione di spessore nei lati estremi del mantello,
l’andamento della temperatura è tale da non permettere di ottenere un processo di asciugatura
uniforme del foglio.

Andamento delle temperature sul mantello del cilindro essiccatore in ghisa.

Andamento delle temperature nello spessore del cilindro essiccatore in ghisa

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3.2 ESTRAZIONE DELLA CONDENSA

Dagli essiccatori di una continua è necessario allontanare, quanto più possibile, condensa e
gas non condensabili. Qui di seguito vengono elencate una serie di considerazioni su cui
basare la corretta scelta del sistema a sifone in relazione alle caratteristiche della macchina,
in modo da:
• ottenere la più elevata temperatura sul mantello dell’essiccatore, così da ottenere
l’asciugamento massimo;
• ridurre al minimo la differenza di temperatura superficiale tra un lato e l’altro del cilindro
per ottenere un profilo umido il più regolare possibile;
• avere un sistema di estrazione condensa affidabile, che prevenga allagamenti del cilindro;
• assicurare una buona affidabilità meccanica, garantendo un risparmio sui costi di
manutenzione;
• semplificare la gestione dell’impianto vapore;
• ridurre al minimo la quantità di condensa presente all’interno del cilindro per contenere
l’assorbimento di potenza dei motori nella fase di formazione dell’anello liquido.

Alcuni di questi fattori sono in conflitto tra loro e le soluzioni più pratiche sono dunque frutto
di compromessi tra i vari problemi che si presentano. Un’attenta analisi delle possibili
alternative e dei loro limiti pratici permette una scelta più consapevole ed evita gravi e costosi
errori. Ogni tipo di sifone ha precise esigenze direttamente collegate all’impianto vapore in
termini di pressione differenziale e di gestione del vapore di trascinamento della condensa
(scaricato assieme a quest’ultima e definito convenzionalmente come vapore di “Blow-thru”).
Le prestazioni del sifone sono dunque anche legate all’impianto vapore e, per una scelta
consapevole del tipo di sifone, è essenziale una comprensione sia del comportamento della
condensa che dell’impianto vapore.
L’azione principale esercitata sulla condensa nell’essiccatore è quella della forza centrifuga.
Un fluido in movimento tende a proseguire il moto secondo una traiettoria rettilinea ma, in
un cilindro essiccatore, la rotazione del mantello tende a deviare la condensa da tale traiettoria
e ad imporle un moto circolare. È ovvio che con l’aumentare della velocità di rotazione anche
tale azione sarà più pronunciata.

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L’immagine successiva mostra il comportamento della condensa residua in un essiccatore con
il variare della velocità di esercizio.
Con velocità inferiori ai 100 m/min la condensa
si raccoglie in una pozza sul fondo del cilindro;
tra i 100 e i 300m/min la condensa risale sulla
parete del cilindro, ricadendo poi sul fondo.
Questo comportamento, viene definito “a
cascata” e comporta un forte assorbimento di
energia sul comando del cilindro. Con velocità
indicativamente superiori ai 300 m/min e
l’utilizzo di un sifone sufficientemente vicino al
mantello, la condensa forma un anello liquido,
vale a dire uno strato relativamente uniforme
sulla superficie interna del mantello.
Oltre i 300 m/min., con il crescere della
velocità, lo strato di condensa viene spinto
sempre con più forza contro il mantello del
cilindro assumendo una posizione statica che ne
aumenta la capacità isolante e riduce così il
trasferimento termico. L’effetto isolante aumenta
con il crescere dello spessore della condensa e la
riduzione del fattore di scambio è sicuramente tra i problemi più seri di una seccheria.
Alla velocità di 550 m/min e oltre, la condensa viene trattenuta contro il mantello dalla forza
centrifuga, la quale è di almeno 10 volte maggiore di quella di gravità. Tende quindi a fluire
verso il punto di drenaggio, vale a dire verso la scarpetta del sifone formando in
corrispondenza di essa un particolare “avvallamento” e dunque un minor spessore. A causa
dell’effetto isolante della condensa, quindi, la temperatura del mantello diminuirà con
l’aumentare della distanza dalla scarpetta. Per essiccatori a tavola larga tale effetto può essere
mitigato usando un sistema a sifoni multipli, mentre in essiccatori a tavola più stretta sarà
sufficiente un’attenta scelta del sifone all’interno del cilindro.

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3.2 TIPOLOGIA DI SIFONI

3.3.1 Sifone fisso con sistema cantilenever

È definito sifone fisso, in quanto il suo


corpo è unito in modo solidale alla
struttura esterna della macchina;
assolve al suo compito rimanendo
fermo rispetto all’essiccatore che è in
rotazione.
Questo tipo di sifone fisso, grazie alla
sua struttura, costituita da un tubo
orizzontale di grosso diametro e da un
rinforzo terminale, garantisce stabilità
alle vibrazioni e resistenza alle forze
di impatto scaturite dal passaggio
della condensa in prossimità della
scarpetta.
Il sifone a sbalzo funziona costantemente a basse pressioni di differenziale, senza limitazioni
di velocità. Ciò lo rende particolarmente adatto ad applicazioni che vanno dalle basse velocità
alle più alte velocità (max 2000 mpm). La distanza minima ed ottimale del sifone dal mantello
è contenuta tra 1,5 e 3 mm e per mantenere una corretta estrazione delle condense è necessaria
una pressione differenziale di 0,15-0,35 bar nonché valori di vapore di blow-thru tra il 10% e
il 15%. I sifoni fissi per alte velocità richiedono un impianto vapore in grado di regolare la
pressione differenziale e di gestire il vapore di blow-thru.

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3.3.2 Sifoni rotanti tradizionali

Sono definiti sifoni rotanti perché la loro struttura è solidale con la struttura
del cilindro essiccatore, e ruota in sintonia con essa.
I loro principali vantaggi sono l’elevata affidabilità dal punto di vista
meccanico e la ridotta distanza tra la scarpa del sifone ed il mantello (1,5 -
3 mm), così da ridurre lo strato di condensa presente all’interno del cilindro
ai valori minimi, il campo di impiego del sifone rotante convenzionale è
estremamente esteso fino ad arrivare ai 1000 m/min.

3.3.3 Sifoni a tazza rotante

Il sifone a tazza rotante è progettato per cilindri dove la condensa si deposita sul fondo,
formato una pozza d’acqua. Il sifone a tazza accumula la condensa durante il passaggio
attraverso la pozza vicino al fondo del cilindro essiccatore. Durante la rotazione, la tazza
solleva meccanicamente la condensa fino al tubo centrale e, tramite il tubo orizzontale, la
scarica al di fuori del cilindro essiccatore. Il loro impiego è limitato in un campo di velocità
da 0 a 200 m/min.

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L’immagine mostra il particolare di un tipo sifone.

3.4 GIUNTI ROTANTI

In parallelo ai sifoni fissi nascono i giunti rotanti.


Il sifone è totalmente supportato dall’esterno tramite il giunto rotante con sistema cantilever.
Non vi sono pertanto parti di usura all’interno del cilindro che possano richiedere periodica
ispezione e, in caso di manutenzione del giunto, non è necessario entrare nel cilindro per
riposizionare il sifone.
Il giunto rotante a sua volta è supportato esternamente mediante una campana, rigidamente
collegata alla struttura della macchina (carter cuscinetto o carter copertura ingranaggi di
trasmissione). Il giunto meccanico è dotato di tenute meccaniche di tipo “bilanciato”.
I materiali utilizzati sono grafite, istallata sulla parete rotante (albero) e una lega metallica,
chiamata contro faccia, istallata sul corpo del giunto. Nella contro faccia, sono posizionate
delle molle in acciaio inox, esterne alla camera di passaggio di vapore, che assicurano il
contatto tra le due superfici in assenza di pressione o in caso di cilindri sotto vuoto.
La stessa contro faccia ha un profilo particolare che le consente di bilanciare il suo carico
specifico sulla grafite utilizzando la pressione del vapore in alimentazione.

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I vantaggi di una tenuta di tipo bilanciato sono:
• lunga durata;
• può essere utilizzata in funzionamento a secco per brevi periodi senza usure anomale della
parte in grafite;
• essendo ispezionabile dall’esterno è possibile tenere sotto controllo il suo stato di usura e
pianificare gli interventi di manutenzione.
• in funzione dell’alta qualità della lega metallica utilizzata per la costruzione della contro
faccia, delle sue caratteristiche anticorrosive, non sono richiesti interventi importanti
durante la manutenzione prevedendo un rapporto 1:3 di sostituzione rispetto alle grafiti.

3.5 BARRE DI TURBOLENZA

Con il crescere della velocità, diminuisce progressivamente la turbolenza dello strato di


condensa e parallelamente aumenta la resistenza allo scambio termico.
L’utilizzo delle barre di turbolenza, serve a reintrodurre la turbolenza negli strati di condensa
laminare (materializzatasi in un anello liquido aderente al mantello interno dell’essiccatore)
e a determinare quindi, in modo significativo, un aumento del fattore di scambio termico, la
capacità essiccante e la sua uniformità, la riduzione dei costi energetici e mantenimento di un
corretto profilo di umidità.

Primus Thomas – La seccheria - 24


(Esempio delle barre di turbolenza installate all’interno di un cilindro essiccatore)

Primus Thomas – La seccheria - 25


4. TIPOLOGIE DI SECCHERIA

Considerando la disposizione dei cilindri essiccatori e la tipologia di cilindro installato


possiamo individuare due configurazioni tipiche della seccheria:
1. Seccheria UNO-RUN;
2. Seccheria CONTIRUN.

4.1 SECCHERIA UNO RUN

Nella figura in alto è rappresentata una sezione di seccheria con tre gruppi (batterie)
“unicircuito” nella parte iniziale, all’uscita della zona presse. Questa configurazione è
chiamata UNO-RUN in genere usata per macchine veloci che producono carte leggere.
L’apporto di questa tecnologia ha dato grande vantaggio nella stabilità del foglio nella
seccheria, permettendo elevate velocità di produzione ma creando come conseguenza altri
problemi.
Sbandieramento e perdita del foglio sugli essiccatori inferiori sono la conseguenza dei nip
convergenti e divergenti, come mostrato nella prossima figura.

Primus Thomas – La seccheria - 26


Per ovviare ai problemi generati dalla nuova configurazione furono introdotte le prime casse
di ventilazione, o “blow boxes” furono sviluppate per tenere il foglio in contatto con la tela
“unicircuito”. Oggigiorno le “blow boxes” tengono il foglio in contatto con la tela lungo
l’intera sezione “unicircuito”.
Lo strato limite di aria trascinato dalla superficie della tela viene contrastato da un getto d’aria
al nip divergente; tale disposizione evita che il foglio segua il cilindro essiccatore superiore
all’uscita del nip. Un secondo getto si oppone allo strato d’aria trascinato dalla superficie
dell’essiccatore inferiore, creando una zona in depressione attraverso l’intera distanza tra i
cilindri essiccatori.

Primus Thomas – La seccheria - 27


In questo modo il foglio viene tenuto in contatto costantemente con la tela essiccatrice,
risultando stabile nel passaggio.
Un problema che è divenuto sempre più evidente su vecchie macchine continue ad alta
velocità: gli essiccatori inferiori sono spesso trascinati alla stessa velocità di rotazione dei
superiori.
Poiché la tela sugli essiccatori inferiori si trova tra la superficie dell’essiccatore ed il foglio di
carta, il diametro reale incontrato dal foglio stesso in questa posizione é maggiore che non
negli essiccatori superiori.
Perciò, il foglio subisce un notevole stiro mentre è sugli essiccatori inferiori, diventando
quindi instabile mentre viaggia intorno agli essiccatori superiori.
È necessaria in questi casi una seconda “blow-box”, per stabilizzare il foglio. In questa
posizione, una “blow-box” non é generalmente necessaria finché la velocità non supera i 1100
m/min. Tuttavia, la velocità alla quale iniziano i problemi in questa posizione dipende dal tipo
e grammatura della carta e dalla configurazione della macchina.

4.2 LA SECCHERIA CONTIRUN

La CONTIRUN rappresenta l’introduzione di un nuovo modo di conduzione del foglio in


seccheria assicurandone la stabilità alle alte velocità.
L’elemento che rappresenta l’innovazione è l’adozione di cilindri aspiranti, posti solitamente
nella fila inferiore. Il foglio di carta è perfettamente aderente alle tele essiccartici, durante
tutto il tempo necessario al suo passaggio in seccheria, in questo modo viene ostacolato

Primus Thomas – La seccheria - 28


attivamente il suo ritiro. Grazie appunto al ridotto ed uniforme ritiro trasversale vengono
migliorati sia la qualità e sia il profilo trasversale della carta.
Come anticipato il nuovo elemento introdotto nella moderna seccheria è il cilindro aspirante
a basso vuoto. Esso è costituito da un mantello rotante, da due fondi cavi fissati con viti alle
testate del mantello e poggianti ai lati servizio e trasmissione su cuscinetti.
Il mantello è forato secondo una tipologia di foratura caratterizzata da una ridotta superficie
aperta, con fori svasati all’esterno.
All’interno del cilindro è montato un tubo aspirante fisso. La camera d’aspirazione tra
mantello e tubo aspirante è realizzata con l’impiego di semplici liste di guarnizione disposte
sia in direzione radiale e sia longitudinale. Esse lambiscono la superficie interna del mantello
rotante e perciò non sono soggette a consumo. Nel tubo di aspirazione sono ricavate delle
feritoie attraverso cui l’aria aspirata passa dalla camera d’aspirazione al tubo aspirante e
quindi al sistema d’aspirazione.
L’aspirazione è applicata al lato servizio o ad ambo i lati a seconda della larghezza della
macchina.

Per il passaggio della punta (coda) del foglio il cilindro è provvisto di una zona aspirante in
corrispondenza del bordo lato servizio. Durante la conduzione della punta tutta la potenza
aspirante interessa solo la zona forata situata in corrispondenza del bordo: e ciò grazie alla
chiusura di una valvola a farfalla montata nel tubo aspirante, elevando in tal modo il grado di
vuoto di detta zona. Questo dispositivo garantisce un trasporto sicuro della punta del foglio
attraverso la sezione di seccheria Contirun, rendendo del tutto superflua una guida a funi.

Primus Thomas – La seccheria - 29


4.2.1 Casse stabilizzatrici aspiranti

Una valida alternativa ai cilindri forati, con cassetto aspirante interno, sono un certo tipo di
casse stabilizzatrici, le quali vengono installate nella batterie di seccheria dotate di rulli forati
nella fila inferiore.
Questo tipo di cassa ha diversi dispositivi per consentire il corretto passaggio della carta
mantenendo costante il supporto della stessa per migliorarne la stabilità dimensionale durante
la fase di essiccamento.
1 - Settore di stacco carta dal cilindro ad
alto livello di vuoto
2 - Settore di stabilizzazione a lame d’aria
laterali
3 - Settore di aspirazione dal rullo forato a
basso livello di vuoto
4 - Settore di stabilizzazione a lame d’aria
laterali
Il corretto funzionamento della cassa è
determinato dalla permeabilità della tela
essiccatrice che deve essere valutata nella
fase di progetto.

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5. TIPI DI IMPIANTI VAPORE

In questo capitolo andremo ad analizzare i tipi di impianti vapore più comunemente usati
nell’industria cartaria.

5.1 IMPIANTO A CASCATA

Gli impianti vapore a cascata vengono utilizzati quando la pressione del vapore e la
temperatura desiderate cambiano gradualmente nel corso del processo. Sono ideali per sistemi
che richiedono una temperatura progressivamente inferiore.
Il vapore proveniente dalla caldaia entra nella sezione del processo che richiede più calore.
Una parte del vapore si condensa, rilasciando il suo calore latente. Quando il vapore e la
condensa lasciano la sezione di processo, si trovano ad una pressione più bassa. La condensa
viene separata dal vapore soffiato e restituita alla caldaia. Il vapore soffiato alimenta la
sezione successiva del processo a una pressione e temperatura inferiori.
Questa tipologia di impianto permette di recuperare tutto il vapore attraversante utilizzato
dagli essiccatori, ed il vapore nascente delle condense.

Primus Thomas – La seccheria - 31


Ogni gruppo può scaricare direttamente il vapore di blow-thru al condensatore (o
all’atmosfera se necessario) nel caso in cui il gruppo successivo in cascata non fosse in grado
di accettarlo.
Questo accorgimento permette di mantenere un flusso costante di vapore di blow-thru anche
in presenza della rottura carta.
Ridurre e non controllare le portate del vapore di blow-thru ad elevate velocità comporterebbe
il rischio di allagamento dei cilindri.
I misuratori di portata sono un metodo di controllo del vapore di blow-thru alternativo ai
controlli di pressione differenziale. Ciò permette di mettere in relazione la misura con
eventuali rotture carta e con variazioni di carico dovute a un cambio di grammatura o
produzioni sulla stessa macchina.
In presenza di rotture carta e a velocità di macchina ridotte, il carico condensante diminuisce
e a parità di pressione di alimentazione e di pressione differenziale si avrà un aumento della
portata di vapore di blow-thru in tutti i sifoni. L’inserimento dei misuratori di portata permette
di mantenere il valore del blow-thru costante a parità di pressione, indipendentemente dalla
portata di condensa e ciò consente, in fase di rottura carta e a velocità elevate, una diminuzione
della quantità del vapore attraversante ed il continuo drenaggio dei cilindri.

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Quando la pressione del vapore diminuisce il misuratore di portata rileva la diminuzione di
portata massima di vapore di blow-thru ed interagisce sulla velocità di flusso del vapore nel
sifone rotante.
Questi fenomeni sono causati dalla diminuzione di densità del vapore in relazione alla
pressione. Il misuratore di portata permette, in pressioni di esercizio variabili, un miglior
controllo del funzionamento del sifone evitando sia le eccessive quantità di blow-thru che gli
incrementi di velocità nelle tubazioni che potrebbero causare problemi di erosione.
Questo tipo di impianto può essere utilizzato con qualsiasi tipo di sifone fisso e con la maggior
parte dei sifoni rotanti.

5.2 IMPIANTI VAPORE CON TERMOCOMPRESSORE

Gli impianti a vapore con termocompressore forniscono una pressione di vapore costante
durante l’intero processo. Sono ideali in applicazioni che necessitano una temperatura
costante o flessibilità di temperatura in diverse sezioni di processo.
Il vapore proveniente dalla caldaia entra in una sezione di processo. Una parte del vapore si
condensa, rilasciando il suo calore latente. Quando il vapore e la condensa lasciano la sezione
di processo, si trovano ad una pressione più bassa. La condensa viene separata dal vapore
soffiato e restituita alla caldaia. Un termocompressore recupera quindi il vapore soffiato e lo

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mescola con il vapore con forza motrice a pressione più elevata per riportarlo al condotto di
arrivo

È un impianto che permette come il precedente il recupero del vapore attraversante.

Rispetto all’impianto in cascata questo ha bisogno di una linea ad alta pressione per
alimentare il termocompressore.
Il termocompressore è un dispositivo che impiega un fluido ad alta pressione per trascinare
un fluido a pressione inferiore e scaricare la miscela a pressione intermedia. Esso può essere
utilizzato per qualsiasi tipo di fluido. Nel nostro caso il fluido preso in considerazione è il
vapore. Il gruppo principale, ad alta pressione, è alimentato dalla linea del vapore saturo
proveniente dalla caldaia. Tra la linea del vapore saturo e il collettore dei cilindri essiccatori
è presente una valvola PCV che serve a regolare la pressione d’esercizio del gruppo.
La condensa e il vapore attraversante del primo gruppo vengono inviati ad un primo barilotto
separatore di condense. Il vapore nascente e il vapore attraversante del primo barilotto invece
di alimentare un altro gruppo di cilindri a pressione minore, vengono inviati ad un
termocompressore.
Questi aspira il vapore dal barilotto per poi ricomprimerlo alla pressione d’esercizio dei
cilindri e reimmetterlo nel collettore di alimentazione.

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Primus Thomas – La seccheria - 36
Il termocompressore lavora come un tubo venturi; il vapore che serve per alimentarlo,
arrivando ad elevata velocià e pressione, crea una depressione che permette di aspirare il
vapore attraversante ed espellerlo alla pressione desiderata.

Ingresso/aspirazione
vapore di attraversamento Valvola e attuatore
e vapore nascente di regolazione

Scarico miscela

Ingresso vapore
Alta pressione

Oltre al gruppo principale di


cilindri essiccatori, ci può essere
un gruppo secondario di cilindri
essiccatori, ciascuno alimentato da
una linea del vapore saturo. Questi
possono lavorare ad una
temperatura ed a una pressione inferiore a
quella del gruppo principale, regolando
opportunamente le due valvole PCV di
regolazione dei cilindri.
Il vantaggio che offre questo tipo di
impianto è che i gruppi non devono essere
necessariamente a pressione decrescente ma
si possono alimentare tutti alla pressione che
serve all’operatore.
Come svantaggi questo impianto, a
differenza dell’impianto a cascata, ha
bisogno di una linea di distribuzione del vapore ad alta pressione, che in base anche alla
predisposizione di centrale termica non tutti possono avere.

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6. TEORIA DELL’ESSICAMENTO
Durante l’essiccamento si possono generalmente distinguere due stadi:
• Essiccamento ad incremento costante: durante il quale il foglio è completamente bagnato
ed il passaggio d’acqua attraverso lo spessore del foglio che si sta essiccando è più agevole
della evaporazione dalla superficie.
• Essiccamento ad incremento decrescente: durante il quale l’aumento di secco si riduce
nel tempo. Durante tale intervallo il movimento d’acqua nello spessore nel foglio diventa
sempre più difficile e limita quindi la quantità d’evaporazione. Naturalmente più spesso è
il foglio, più peggiorano le cose.

L’essiccamento mediante evaporazione è lo stadio finale della rimozione d’acqua dal nastro
di carta, (passando prima dalla formazione e drenaggio sulla tavola piana, vuoto e pressatura
nella zona presse).
È bene porre un caposaldo in termini di risparmio energetico, dato l’alto costo della rimozione
d’acqua mediante evaporazione, è fondamentale che l’umidità del nastro di carta in uscita
dalla zona presse sia il più basso possibile (viceversa, un elevato grado di secco, ottimali
sarebbero valori intorno al 50%), visto che ogni 1% di secco guadagnato in uscita dalla zona
presse corrisponde ad un risparmio del 5% in consumo di vapore.

EFFETTO DELL’ESTRAZIONE DELL’ACQUA ALLE PRESSE SUL CONSUMO


DI VAPORE
Consumo di vapore
Umidità dopo le presse Secco dopo le presse
Kg Vai / Kg Carta
58,9% 41,1% 0,91
59,8% 40,2% 0,94
60,3% 39,7% 0,965
62,0% 38,0% 1,07
65,7% 34,3% 1,22

Possiamo quindi riassumere in 4 fasi l’asciugamento del foglio:


1. L’umidità passa allo stato gassoso. Durante questa fase gioca un ruolo importante la
conduzione termica del calore dal vapore interno al cilindro, fino al foglio di carta.

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Giocano a sfavore l’anello liquido interno al cilindro e l’aria tra il mantello di ghisa e il
foglio di carta. La pressione data dalle tele essiccatrici e il liscio della carta favoriscono il
contatto tra i due elementi
2. La variazione di stato avviene se il calore viene trasportato all’interno della struttura del
foglio. La conducibilità termica varia al variare del contenuto d’acqua.
3. L’evaporato deve attraversare il foglio per raggiungere la superficie. Gioca un ruolo
importante la porosità della carta sia come struttura sia come capillarità della singola fibra
4. L’evaporato deve essere asportato dall’aria che sfiora la superficie.
L’aria deve essere calda e più secca possibile, in ogni caso la temperatura non deve mai
scendere sotto il punto di rugiada (UR 100%). Questa operazione è compito della cappa di
circolazione forzata dell’aria, che migliora l’efficienza e diminuisce lo spreco termico
verso l’esterno.

6.1 Trasferimento del calore

Nel disegno viene esplicato il profilo di caduta di


temperatura in un cilindro essiccatore feltrato.
1. Strato di condensa lato vapore
2. Mantello del cilindro essiccatore
3. Strato di aria
4. Foglio di carta
5. Strato di aria
6. Tela essiccatrice

La temperatura T0 è la temperatura di condensazione


del vapore all’interno del cilindro, la temperatura T6
è la temperatura a cui avviene l’evaporazione
dell’acqua contenuta nella carta.

Primus Thomas – La seccheria - 39


La temperatura della carta è la variabile che si riferisce al processo di trasferimento del calore
e dell’evaporazione.
Il calore è trasferito, per convezione, dal vapore attraverso la struttura dell’essiccatore
al nastro di carta.
Incrementando il trasferimento di calore aumenta la temperatura del foglio, però nel
momento in cui la carta lascia l’essiccatore aumenta l’evaporazione e quindi un efficiente
sistema ridurrà la temperatura della carta nel passaggio tra i cilindri, perché in questo modo
aumenta il trasferimento del calore.
Con un numero fisso di cilindri le uniche variabili che possono essere direttamente
controllate sono la temperatura del vapore saturo e il coefficiente di trasferimento
complessivo.
Incrementando la pressione all’interno dei cilindri aumenta la temperatura, ci sono comunque
delle limitazioni massime oltre il quale risulterebbe dannoso superarle, specialmente nella
prima parte della seccheria; per cui la pressione di partenza viene mantenuta molto bassa e
viene gradualmente aumentata mentre la carta attraversa la seccheria.
Non è inusuale vedere pressioni al di sotto di quella atmosferica nella prima parte della
seccheria. Alte pressioni possono provocare spolveri; le fibre che sporgono dalla superficie
del foglio si staccano e vanno ad aderire al cilindro essiccatore. Come conseguenze di questo
fenomeno si avrà la superficie del foglio ruvida e problemi dal punto di vista della
macchinabilità come un non uniforme distacco del foglio dagli essiccatori; inoltre sui cilindri
si formeranno delle fasce di fibra che influirà sullo scambio termico. Esistono simili
limitazioni alla pressione massima che si possono applicare anche nei cilindri finali della
seccheria.
Il coefficiente di trasferimento del calore totale è una misura della resistenza al
trasferimento del calore. È possibile aumentare questo coefficiente in molte macchine
aumentando così l’efficienza dell’asciugamento.
Le resistenze che formano questo coefficiente sono:
• lo spessore dello strato di condensa che si viene a formare all’interno degli essiccatori;
• lo spessore della struttura del cilindro essiccatore;
• incrostazioni e fibre che si depositano sulla superficie esterna dell’essiccatore; per questo
le superfici degli essiccatori devono essere tenute pulite tramite raschie mantenute sempre
in buona efficienza).
• lo strato sottile d’aria che si forma tra il foglio e il mantello dell’essiccatore forma un vero
e proprio strato isolante, ostacolando il trasferimento del calore. Lo scopo della tela
essiccatrice è quello di comprimere il foglio contro la superficie dell’essiccatore per
ridurre al minimo la resistenza prodotta dallo strato d’aria. Lo spessore di questo film
risulta essere maggiore nella prima parte della seccheria dove il foglio è più impermeabile

Primus Thomas – La seccheria - 40


all’aria mentre nella parte finale dove il foglio è più permeabile, lo strato d’aria può essere
forzato a passare attraverso il foglio ottenendo come risultato un migliore contatto con i
cilindri;
• numerose proprietà del foglio influiscono sulla resistenza al trasferimento del calore come
il contenuto di acqua, lo spessore, la ruvidità della superficie, la porosità. L’asciugamento
varia significativamente da un tipo all’altro di carta e questo è una delle ragioni principali
per capire come tutte le seccherie sono configurate diversamente in modo da raggiungere
il massimo livello di efficienza in base alle singole esigenze;
• i non condensabili presenti all’interno del cilindro riducono il trasferimento di calore, ci
possono essere, nel vapore, aria e gas non condensabili che possono ridurre drasticamente
questo fenomeno se gli è permesso di accumularsi. Per prevenire questo problema è
necessario attuare un giusto trattamento del vapore e una giusta depurazione dei gas non
condensabili.

6.2 Problematiche legate ad una cattiva distribuzione di temperatura

È necessario che il nastro di carta venga riscaldato gradualmente in seccheria e non che passi
dalla temperatura ambiente, generalmente di 18-20°C, a temperature troppo elevate.
Temperature eccessive all’inizio della seccheria possono portare a spelature e spolveri
(slegamento del contesto fibroso con facile perdita di fibre o di materiali di carica).
Le temperature eccessive provocano anche un surriscaldamento localizzato che può causare
bolle e arricciamenti del foglio con conseguente perdita di qualità e finitura superficiale. La
tendenza che ha la carta ad arricciarsi non é causata solamente dall’azione di asciugamento
ma anche dal doppio viso e dall’orientamento delle fibre.
Un altro problema é rappresentato dalla formazione di grinze che si vengono a creare nel
momento in cui il profilo di grammatura trasversale non è costante. Venendo a contatto con i
cilindri essiccatori, le zone a differente contenuto d’umidità provocano un disuguale carico di
pressione.
Migliore è l’uniformità della grammatura e dell’umidità in senso trasversale, minore è la
probabilità che si formino grinze.
Eccessivi sbalzi di temperatura sulle carte collate possono anche far diminuire o annullare la
collatura. Disidratare troppo velocemente la carta significa pure indebolirne le sue
caratteristiche meccaniche, renderla vitrea e fragile in modo irreversibile. Si avrà una buona
regolazione, quando la curva delle temperature dei vari cilindri assume l’aspetto di una
parabola.

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7. TELE ESSICCATRICI

Le tele di seccheria hanno il compito di mantenere il foglio di carta a stretto contatto con la
superficie del cilindro essiccatore allo scopo di favorirne il trasferimento del calore e la
successiva rimozione dell’acqua contenuta nella carta.
In origine le tele di seccheria erano costituite da lana e cotone ed erano virtualmente
impermeabili. Il processo di evaporazione dell’acqua nell’aria umida della seccheria si
rivelava alquanto difficile. In effetti l’acqua aveva libero sfogo di evaporare soltanto nella
zona di trasferimento tra i cilindri inferiori e quelli superiori. La tensione di vapore necessaria
all’evaporazione risultava essere maggiore comportando un maggiore consumo di energia e
velocità di fabbricazione più basse.
All’inizio degli anni ‘60 vennero introdotte tele di tipo sintetico a più alta permeabilità che
hanno permesso di migliorare la ventilazione permettendo all’aria un maggiore movimento
all’interno delle seccherie. L’impiego di questi manufatti ha immediatamente incrementato
l’efficienza di evaporazione e ridotto il consumo specifico di vapore permettendo all’acqua
di evaporare dal nastro di carta in ogni tratto della seccheria compresa la superficie dei
cilindri.
È opportuno far notare che la chiusura dei volumi vuoti delle tele e la conseguente
diminuzione della permeabilità non fa altro che riportare le condizioni di lavoro più vicine
all’impiego delle tele in lana piuttosto che a quelle sintetiche.
Nel processo di asciugamento della carta le tele di seccheria costituiscono un componente del
processo stesso e, quindi, una delle variabili da monitorare nell’ottica del risparmio energetico
e della ottimizzazione dell’efficienza della macchina continua. L’esperienza maturata ha
dimostrato che il lavaggio metodico delle tele di seccheria durante le fermate programmate di
lungo periodo, può effettivamente consentire di mantenere la migliore efficienza e ridurre i
problemi di qualità dovuti al rilascio di depositi nella seccheria.

Primus Thomas – La seccheria - 42


7.1 LAVAGGIO DELLE TELE

L’impiego delle moderne tele di seccheria, ha fatto sì che la tecnologia di lavaggio in


macchina delle stesse abbia assunto il ruolo di vera e propria scienza.
In passato le tele di seccheria giravano umide e avevano una vita media relativamente breve.
Le moderne tele di seccheria mono e multifilamento hanno una maggiore resistenza ai
fenomeni di idrolisi e resistono molto più a lungo delle precedenti. I progressivi aumenti dei
valori pH di esercizio, delle temperature e delle umidità continuano a giocare un ruolo
negativo nei confronti dei componenti polimerici costituenti le tele stesse.
Come tutti sanno, le tele di seccheria contribuiscono all’asciugamento della carta
promuovendo il trasferimento del calore e la successiva evaporazione dell’acqua contenuta
dal nastro di carta; ne consegue che quanto più alta è la permeabilità delle tele e vicina alle
condizioni di tela nuova, tanto più sarà favorito il trasferimento del calore e tanto meno sarà
possibile che materiale contaminante vada ad aderire al nastro di carta.
Con il progressivo sporcamento, contaminanti e fibre vanno a riempire gli spazi vuoti delle
tele riducendone la permeabilità. Il processo di evaporazione viene progressivamente
ostacolato producendo fenomeni di incostante evaporazione in senso trasversale fino alla
completa occlusione del manufatto. L’aumento della temperatura della carta determinato
dalla chiusura delle tele amplifica il processo di fusione dei contaminanti organici presenti
sulla superficie della carta andando ad aumentarne il fenomeno di deposizione sulle tele
stesse. L’accumulo di contaminanti, oltre che ostacolare l’evaporazione dell’acqua, può
produrre fenomeni di picking, marcature della carta, distacco di depositi e rotture della carta.
Le prime batterie essiccatrici, pur essendo caratterizzate da temperature di esercizio più basse,
vengono ad essere maggiormente interessate al fenomeno di sporcamento proprio a causa
della maggiore quantità di acqua contenuta nel nastro di carta e della più bassa consistenza e
compattezza della carta stessa.

7.1.1 Contaminanti

La qualità e la quantità dei contaminanti dipendono dal tipo di carta prodotta, dall’assetto
della macchina continua e dal tipo di tele utilizzate. Tutti i composti di tipo idrofobo, quali
peci, lattici, oli e grassi, sono attratti dalla superficie delle tele.
L’impiego sempre maggiore di fibre secondarie fa sì che si riscontrino sempre più
contaminanti di tipo stickies, hot melts e plastiche. L’identificazione della composizione
media dei contaminanti costituenti il deposito di una particolare tela di seccheria favorisce
l’individuazione del più efficace agente di lavaggio così come la determinazione della
migliore tecnologia di impiego.

Primus Thomas – La seccheria - 43


7.1.2 Lavaggio chimico

Il tipo di prodotto, la frequenza necessaria alla rimozione dei contaminanti dipende dalla
natura degli stessi, dalla loro quantità e dall’effettivo giro tela. Manufatti monofilamento si
presentano più facili da lavare e da risciacquare che non quelli multifilamento. La fase di
risciacquo va intesa come parte integrante del ciclo di lavaggio di una tela di seccheria.
Le soluzioni di lavaggio, in condizioni di deposizione severe, penetrano lo strato di deposito
che viene rimosso dalle tele solamente durante la fase di successivo risciacquo a bassa
pressione
Il risciacquo da eseguire a valle dell’applicazione dell’effettivo agente chimico, rappresenta
una fase chiave del processo di pulizia delle tele di seccheria. Durante questa fase si
rimuovono definitivamente tutti i residui della soluzione di lavaggio dalle tele, dalle giunzioni
e dagli essiccatori.
A freddo le soluzioni di lavaggio sono totalmente inattive nei riguardi dei materiali costituenti
l’intera seccheria. Piccole porzioni residue non perfettamente rimosse, una volta ripristinate
le temperature di esercizio, possono aumentare di concentrazione e provocare fenomeni di
attacco chimico localizzato tanto sulle tele che sulle parti metalliche. Viceversa, porzioni di
soluzione di lavaggio contenente residui di contaminanti, se non opportunamente rimossi,
possono a freddo risolidificare all’interno delle maglie delle tele stesse e riprodurre depositi
potenzialmente meno accessibili di quanto non lo fossero precedentemente.

7.1.3 Pulizia meccanica

Un’alternativa al lavaggio chimico, è la sola azione meccanica, spazzole o aria compressa, o


l’azione combinata aria-acqua.
Il soffiaggio in continuo delle tele con aria compressa risulta essere efficace nella rimozione
di fini e fibre dalla superficie delle tele, così come con l’impiego delle spazzole oscillanti o
rotanti. Queste ultime hanno l’ulteriore vantaggio di poter rimuovere anche depositi di
dimensioni maggiori più intimamente aderenti alla superficie delle tele stesse. Entrambi i
sistemi risultano però scarsamente efficaci nella rimozione di contaminanti che si vengono a
trovare all’interno delle maglie delle tele a bassa permeabilità e nei confronti di tutti quei
contaminanti che fondono a caldo diventando appiccicosi quali stickies, hot melts e peci. In
alcuni casi l’impiego in continuo delle spazzole potrebbe essere controproducente in quanto
queste andrebbero a sporcarsi di contaminanti così come rulli e tele.
Spruzzi ad alta pressione con acqua calda possono risultare efficaci se usati su entrambi i lati
delle tele, anche se comportano la limitazione del ribagnamento delle tele durante le fasi di

Primus Thomas – La seccheria - 44


produzione e la scarsa superficie trattabile a ogni rivoluzione delle tele. In tutti i casi i sistemi
di tipo meccanico, siano essi impiegati in continuo che in discontinuo, non consentono di
pulire rulli, cilindri e raschie della seccheria.

Primus Thomas – La seccheria - 45


8. CAPPA CHIUSA COIBENTATA CON
RECUPERATORI DI CALORE DELLE FUMANE
Questo tipo di impianto é il più moderno e il più valido energeticamente.
Inizialmente applicata alle continue più grandi installate in paesi freddi, in seguito installate
su ogni tipo di macchina, si è rivelata la migliore soluzione per l’ottimizzazione dei consumi
di vapore e il risanamento ambientale.
La seccheria della macchina viene integralmente racchiusa da una cappa coibentata con
materiale isolante ad elevato spessore ed elevata densità.
Le pannellature laterali e del tetto sono normalmente costruite in lamiera d’alluminio per
evitare ruggine e ridurre i pesi.
Il lato conduttore della cappa è dotato di porte coibentate sollevabili automaticamente
normalmente fino all’altezza di circa 2 m con finestre di ispezione.
Il lato trasmissione è dotato di porte scorrevoli coibentate di altezza tale da assicurare una
facile manutenzione della parte meccanica.
Le fumane estratte sono caratterizzate da un elevato contenuto termico e da una portata
notevolmente ridotta rispetto ad una corrispondente cappa aperta.
È quindi economicamente molto vantaggioso installare recuperatori di calore dalle fumane
estratte per:
- preriscaldare fino a 50-60°C l’aria di soffiaggio alle tele essiccatrici;
- preriscaldare fino a 30-40°C l’aria per il riscaldamento della sala macchine;
- produrre, con il calore residuo delle fumane, acqua calda ad uso tecnologico.

8.1 CAPPA CHIUSA COIBENTATA

Le cappe chiuse coibentate rappresentano la sintesi dove le esigenze di risparmio energetico,


insonorizzazione e funzionalità per la manutenzione e durata sono preponderanti.
La loro costruzione deve essere accuratamente studiata, in base alla macchina sulla quale la
cappa verrà installata e alle indicazioni del cliente e del costruttore della macchina, in modo
da ottenere una perfetta integrazione.
La struttura della cappa deve essere ottimizzata per l’integrazione di tutti gli impianti di
ventilazione.
Sul piano macchina, non devono esserci impedimenti, in modo da lasciare totalmente libero
l’accesso alla macchina continua quando le porte sono sollevate.

Primus Thomas – La seccheria - 46


La struttura delle nuove cappe è composta prevalentemente da profili tubolari riscaldati, al
fine di prevenire fenomeni di condensazione, dovuti a ponti termici con l’esterno della
seccheria.
Pannellatura e struttura devono soddisfare il concetto di modularità, che consenta
l’inserimento di accessi per le passerelle, di aperture per l’estrazione di componenti, di
pannelli mobili per consentire agli operatori la massima libertà di azione durate le operazioni
di controllo e manutenzione.
A favore della durabilità e conservazione dell’intera struttura, scongiurando fenomeni di
corrosione, è preferibile l’impiego di materiali quali, acciaio inossidabile e alluminino.
Gli impianti di estrazione dell’aria umida, di immissione dell’aria calda per stabilizzatori e
pocket ventilation, di estrazione aria per stabilizzatori e rulli forati sono oggi perfettamente
integrati nella struttura della cappa, riducendo così il numero di componenti necessari e
ottimizzando gli spazi interni.
È necessario studiare accuratamente, ed in modo preventivo i flussi d’aria per consentire alla
carta di asciugarsi sempre nelle migliori condizioni.

8.2 RECUPERATORI DI CALORE ARIA-ACQUA

Il recuperatore di calore aria-acqua nasce dall’esigenza di poter sfruttare con la massima


efficienza l’energia contenuta nelle fumane espulse in atmosfera dalla macchina continua.
Le fumane espulse si caratterizzano da un elevato contenuto energetico ma che allo stesso
tempo contengono fibre e polveri di carta.
Lo scambiatore presenta quindi una conformazione studiata specificamente per l’applicazione
sulle fumane di espulsione della macchina continua.
Lo scambiatore di calore è costituito da piastre in acciaio inossidabile nelle quali è stato
ricavato un circuito idraulico dove circola acqua. Le piastre consentono di avere una
superficie liscia dove le fibre di carta non riescono ad aderire permettendo inoltre un facile ed
efficiente lavaggio e pulizia. Le piastre vengono assemblate in pacchi di scambio con la
conformazione adeguata al raggiungimento della necessaria capacità termica e dimensionale.
I pacchi di scambio vengono quindi inseriti in un’intelaiatura portante realizzata interamente
in acciaio inossidabile. Il tutto viene rivestito con lamiere e pannelli coibentati utilizzando
acciaio inossidabile anche per le finiture esterne.

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Lo scambiatore viene inserito sul circuito di espulsione delle fumane e viene dotato a seconda
dei casi di:
• sistema di lavaggio automatico
• separatore di gocce
• silenziatore
• camino di espulsione
• struttura di sostegno con scale e passerelle
• portelli di accesso per controllo e pulizia
• prese campione per controllo da parte degli organi di controllo

Il contenuto energetico delle fumane espulse dalla cappa chiusa è molto elevato, i recuperatori
aria-acqua sono in grado di sfruttare al meglio il recupero di calore.
Una grossa parte dell’energia contenuta nelle fumane è dovuta all’elevato grado di umidità
contenuta in esse è quindi necessario far raggiungere al processo di scambio la temperatura
di condensazione dell’acqua dispersa nel flusso.

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Il grafico dimostra i flussi di energia in ingresso e in uscita dal processo di produzione con i

possibili recuperi effettuati con l’impianto aerotermico e l’impianto di vapore.


L’energia termica recuperata dalle fumane permette di ottenere acqua calda per i seguenti
impieghi:
• riscaldamento aria di ricambio per l’impianto di ventilazione della sala della macchina
continua;
• riscaldamento superfici soggette a condensazione superficiale (controsoffitto zona
umida);
• riscaldamento acqua di reintegro per il ciclo primario delle acque di stabilimento;
• riscaldamento acqua per diluizione dell’impasto di carta per aumentarne l’efficienza;
• riscaldamento acqua per le acque di pulizia sottotela.

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8.3 Recuperatori di calore aria-aria

I recuperatori di calore aria-aria rappresentano la soluzione di base per il


recupero di calore dalle fumane espulse.
La fumana viene fatta passare all’interno di tubi a sezione circolare e cede
la sua energia termica a dell’aria fatta passare all’esterno.
L’aria riscaldata all’esterno dei tubi viene utilizzata per essere inviata alla
pocket ventilation o al riscaldamento del controsoffitto della sala macchina.

LEGENDA
1. Impianto vapore cascata
2. Impianto vapore con termocompressore
3. Impianto del vuoto
4. Cappa chiusa coibentata
5. Estrazione fumane
6. Recuperatore per soffiaggio tele
essiccatrici
7. Impianto soffiaggio aria calda per tele
8. Recuperatore per riscaldamento sala
macchina
9. Impianto di ventilazione per
riscaldamento sala
10. Chiusura sottomacchina
11. Cappa ad alta efficienza per monolucido
13. Condizionamento cilindri lisci
supercalandra
14. Soffiaggio aria fredda per presse
elastiche

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9. ESEMPIO DI ANALISI DEL RENDIMENTO
DI UNA SECCHERIA

Nel grafico è possibile osservare come il valore della temperatura dei cilindri essiccatori
presenta un andamento molto regolare; si nota nella 1a, 2a e 3a batteria l’andamento
caratteristico della configurazione a giro unico, o batterie a slalom (dente di sega) così anche
nel post seccheria si nota il cilindro 9 con temperatura bassa anche dovuto alla pressione
bassa.
I valori di temperatura dei mantelli nelle batterie variano mediamente da 46°C (cil. n° 3) a
124°C (cil n°44). Anomalo il cilindro 28 con una temperatura più alta di tutti gli altri cilindri
alimentati con ugual pressione.
Il delta termico vapore / essiccatori varia dai 21°C ai 30°C, da considerarsi buono.

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Il foglio esce a 37° dalla zona presse e resta a 40° fino al cilindro n° 5 per poi salire fino al
cilindro 22 fino a 96° per poi riscendere a 86°in seccheria. In post seccheria sale da 41° fino
a 77°
La differenza di temperatura tra mantello degli essiccatori e foglio è sostanzialmente intorno
ai 20°- 25°C. Maggiori differenze possono indicare un cattivo stato superficiale dei mantelli
(ossidazioni, sporco, condensa, ecc.).

Le temperature delle tele nei vari gruppi superiori ed inferiori non mostrano nulla di
irregolare.
Si raggiunge un massimo di 92 °C. Non si segnalano raffreddamenti significativi nel
sottomacchina.
Il valore di temperatura delle tele se oltrepassasse i 110/120°C e accompagnato da un alto
tasso di umidità potrebbe generare problemi di idrolisi.

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Il diagramma mostra la temperatura dell’aria nelle sacche ed il punto di rugiada (temperatura
alla quale un quantitativo di aria, con un dato carico di vapore, inizia a condensare).
Quanto maggiore sarà la distanza tra le due curve, tanto maggiore sarà la capacità di
assorbimento d’umidità da parte dell’aria.
I dati rilevati mostrano punti critici in corrispondenza delle sacche 15-17-19-22-23-24-25-26
con la temperatura dell’aria e il punto di rugiada coincidente.
È opportuno ricordare che un avvicinamento tra il valore di temperatura della sacca e il punto
di rugiada, provoca una condensazione nella sacca stessa, con conseguente "rewetting" del
foglio.

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Questo diagramma mostra l’umidità relativa e specifica; l’umidità relativa è la saturazione
espressa in %, in diretto rapporto con temperatura e contenuto umido nelle sacche, l’umidità
specifica è l’effettivo contenuto di vapore nelle sacche, espresso in gr. di H2O x kg di aria
secca.
Un’elevata saturazione presente nelle sacche è da imputarsi ad una bassa temperatura
dell’aria, ricordiamo che un tenore di umidità relativa troppo elevato tende ad influire
negativamente ostacolando l’evaporazione.
Si segnala la presenza di zone e punte di umidità relativa pari all’80% nelle sacche in
corrispondenza dei cilindri n° 13-15-17-19 e dal 22 al 26 dove l’umidità è al 100%.
Quando il valore oltrepassasse l’80/85% e questa umidità non viene eliminata dalle sacche,
ristagnando, provocherebbe un riassorbimento di umidità da parte del foglio.
La zona con maggior valore di presenza di umidità specifica (superiore ai 500 gr H2O/Kg/aria
secca) si trova nelle sacche in corrispondenza dei cil. n°22-23-24-25-26-28-30-32-34.

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Il dato del potenziale di evaporazione deriva dalla differenza tra la pressione del vapore
all’interno del foglio e la pressione parziale del vapore nella sacca; la pressione del vapore
all’interno del foglio dipende dalla sua temperatura, la pressione parziale del vapore nell’aria
è proporzionale al quantitativo di umidità.
La pressione parziale del vapore nell’aria deve essere di entità più bassa possibile, al fine di
permettere la massima evaporazione al foglio di carta.
Teoricamente, con elevate temperature del foglio e basse umidità in sacca, possiamo trovare
differenze nella pressione di vapore (potenziale di evaporazione) pari a circa 50 KPa o meglio,
la nostra esperienza indica come normale potenziale di evaporazione valori superiori a 25KPa
per macchine con questa velocità e tipo di produzione.

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BIBLIOGRAFIA

• Materiale vario Lario Energy - Ing. Riccardo Spinelli - CAPPE CHIUSE COIBENTATE
E RECUPERATORI DI CALORE
• Materiale vario STC - Ing. Roberto Fabbri
• Materiale vario KADANT - SIFONI E GIUNTI ROTANTI
• Materiale vario DE IULIIS MACCHINE - CILINDRI ESSICCATORI IN ACCIAIO
• Materiale didattico fornito dal Prof. Paolo Zaninelli
• Materiale vario fornito dall’azienda
• Studio del rendimento della sezione essiccante - Feltri Marone

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