edizione 2021/2022
La seccheria
di Primus Thomas
Scuola Interregionale
di tecnologia per tecnici Cartari
Istituto Salesiano «San Zeno» - Via Don Minzoni, 50 - 37138 Verona
www.sanzeno.org - scuolacartaria@sanzeno.org
INDICE
1. INTRODUZIONE
4. TIPOLOGIA DI SECCHERIA
4.1 Seccheria UNO-RUN
4.2 Seccheria CONTIRUN
4.2.1 Casse stabilizzatrici aspiranti
6. TEORIA DELL’ESSICCAMENTO
6.1 Trasferimento del calore
6.2 Problematiche legate ad una cattiva distribuzione della temperatura
Se prendiamo del vapore d’acqua saturo secco e ad esso si sottrae calore, a pressione costante,
il vapore comincerà a trasformarsi in liquido e la temperatura resterà costante finché tutto il
vapore non si sarà trasformato in liquido (condensa).
In questo punto vedremo come si trasforma il vapore e quali sono le principali funzioni di una
caldaia.
Si definisce generatore di vapore un insieme di organi che servono a produrre calore e a
trasferirlo al fluido che deve essere riscaldato e vaporizzato.
I primi utilizzi del vapore d’acqua risalgono all’epoca delle motrici a vapore, dove mediante
il suo specifico impiego, esso consentì di trasformare l’energia termica in energia meccanica,
dando così inizio al moderno processo industriale.
Tuttora, il vapore negli impianti di notevole potenza, viene utilizzato per ottenere energia
meccanica da impiegare nelle turbine a vapore atte alla produzione di energia elettrica.
Negli impianti di piccole dimensioni, il vapore d’acqua è utilizzato semplicemente come
valido veicolo di calore necessario nei processi industriali.
È bene precisare alcune definizioni che sono utili ad inquadrare le dimensioni e le prestazioni
dei singoli generatori:
• Producibilità o potenza: è la quantità di vapore prodotta in un’ora. Si misura in Kg/h. È
utile precisare lo stato fisico del vapore (Pressione e Temperatura). In tal caso, noto il
contenuto termico del Kg di vapore prodotto, può essere espressa per convenzione in una
unità di Potenza (W o K cal/h);
• Producibilità specifica o potenza specifica: è il rapporto tra i Kg di vapore prodotti in
un’ora e la superficie di riscaldamento. Rappresentata in Kg di vapore che si ottengono in
un’ora per ogni metro quadrato di superficie riscaldata, si misura in Kg/m2 h;
Facendo le dovute considerazioni e tenendo presente che esistono varie tipologie di generatori
di vapore, classificabili per tipologia di combustibile utilizzato, pressioni di esercizio, volume
d’acqua contenuta nel generatore, il percorso che i fumi fanno rispetto ai corpi contenenti
l’acqua, tipologia della camera di combustione, circolazione dell’acqua all’interno del
generatore; giunto il momento di scegliere quale tipologia di generatore impiegare, tenendo
presente le necessità degli impianti utilizzatori, i dati a cui si dovrà fare riferimento saranno:
• Produzione oraria di vapore
• Pressione: solitamente viene scelta superiore a quella strettamente necessaria al corretto
funzionamento degli impianti di utilizzazione;
• Temperatura del vapore (in caso di vapore saturo);
• Potenza: anche in questo caso è indispensabile conoscere la potenza richiesta dagli
impianti utilizzatori.
Molto spesso in abbinamento al generatore di vapore viene abbinata una turbina a vapore, che
corredata delle opportune apparecchiature elettromeccaniche è in grado ti trasformare
l’energia termica in energia elettrica.
Questo abbinamento nasce dalla necessità, che le industrie nel cui processo hanno necessità
di grandi quantità di calore allo stesso tempo il fabbisogno elettrico è elevato.
2. 4 LA COGENERAZIONE
Fig. 1
Fig. 3
In figura è riportato il disegno costruttivo di due cilindri essiccatori, uno in acciaio ed uno in
ghisa. È evidente che rispetto alla testata del cilindro in ghisa, quella del cilindro in acciaio,
grazie alla saldabilità del materiale e alle migliori caratteristiche meccaniche, ha dimensioni
minori ed è posizionata più all’estremità.
Dal punto di vista della geometria, utilizzando un cilindro in acciaio e non in ghisa si ha
generalmente un aumento di circa 130 mm per lato di tavola utile, quindi 260 mm di
differenza di tavola, semplicemente per il diverso disegno costruttivo. Tutto ciò significa che,
oltre a poter utilizzare un formato più largo, si ha una minore dispersione termica attraverso
le pareti del cilindro, con un generale aumento di efficienza.
Inoltre, dato il diverso tipo di disegno e di tecnica costruttiva, nel caso del cilindro in acciaio
il mantello mantiene uno spessore costante fino alla testata, il che determina l’andamento
della temperatura, con un uniforme distribuzione del calore nel mantello fino alle estremità
del cilindro (come rappresentato nelle figure successive).
Dagli essiccatori di una continua è necessario allontanare, quanto più possibile, condensa e
gas non condensabili. Qui di seguito vengono elencate una serie di considerazioni su cui
basare la corretta scelta del sistema a sifone in relazione alle caratteristiche della macchina,
in modo da:
• ottenere la più elevata temperatura sul mantello dell’essiccatore, così da ottenere
l’asciugamento massimo;
• ridurre al minimo la differenza di temperatura superficiale tra un lato e l’altro del cilindro
per ottenere un profilo umido il più regolare possibile;
• avere un sistema di estrazione condensa affidabile, che prevenga allagamenti del cilindro;
• assicurare una buona affidabilità meccanica, garantendo un risparmio sui costi di
manutenzione;
• semplificare la gestione dell’impianto vapore;
• ridurre al minimo la quantità di condensa presente all’interno del cilindro per contenere
l’assorbimento di potenza dei motori nella fase di formazione dell’anello liquido.
Alcuni di questi fattori sono in conflitto tra loro e le soluzioni più pratiche sono dunque frutto
di compromessi tra i vari problemi che si presentano. Un’attenta analisi delle possibili
alternative e dei loro limiti pratici permette una scelta più consapevole ed evita gravi e costosi
errori. Ogni tipo di sifone ha precise esigenze direttamente collegate all’impianto vapore in
termini di pressione differenziale e di gestione del vapore di trascinamento della condensa
(scaricato assieme a quest’ultima e definito convenzionalmente come vapore di “Blow-thru”).
Le prestazioni del sifone sono dunque anche legate all’impianto vapore e, per una scelta
consapevole del tipo di sifone, è essenziale una comprensione sia del comportamento della
condensa che dell’impianto vapore.
L’azione principale esercitata sulla condensa nell’essiccatore è quella della forza centrifuga.
Un fluido in movimento tende a proseguire il moto secondo una traiettoria rettilinea ma, in
un cilindro essiccatore, la rotazione del mantello tende a deviare la condensa da tale traiettoria
e ad imporle un moto circolare. È ovvio che con l’aumentare della velocità di rotazione anche
tale azione sarà più pronunciata.
Sono definiti sifoni rotanti perché la loro struttura è solidale con la struttura
del cilindro essiccatore, e ruota in sintonia con essa.
I loro principali vantaggi sono l’elevata affidabilità dal punto di vista
meccanico e la ridotta distanza tra la scarpa del sifone ed il mantello (1,5 -
3 mm), così da ridurre lo strato di condensa presente all’interno del cilindro
ai valori minimi, il campo di impiego del sifone rotante convenzionale è
estremamente esteso fino ad arrivare ai 1000 m/min.
Il sifone a tazza rotante è progettato per cilindri dove la condensa si deposita sul fondo,
formato una pozza d’acqua. Il sifone a tazza accumula la condensa durante il passaggio
attraverso la pozza vicino al fondo del cilindro essiccatore. Durante la rotazione, la tazza
solleva meccanicamente la condensa fino al tubo centrale e, tramite il tubo orizzontale, la
scarica al di fuori del cilindro essiccatore. Il loro impiego è limitato in un campo di velocità
da 0 a 200 m/min.
Nella figura in alto è rappresentata una sezione di seccheria con tre gruppi (batterie)
“unicircuito” nella parte iniziale, all’uscita della zona presse. Questa configurazione è
chiamata UNO-RUN in genere usata per macchine veloci che producono carte leggere.
L’apporto di questa tecnologia ha dato grande vantaggio nella stabilità del foglio nella
seccheria, permettendo elevate velocità di produzione ma creando come conseguenza altri
problemi.
Sbandieramento e perdita del foglio sugli essiccatori inferiori sono la conseguenza dei nip
convergenti e divergenti, come mostrato nella prossima figura.
Per il passaggio della punta (coda) del foglio il cilindro è provvisto di una zona aspirante in
corrispondenza del bordo lato servizio. Durante la conduzione della punta tutta la potenza
aspirante interessa solo la zona forata situata in corrispondenza del bordo: e ciò grazie alla
chiusura di una valvola a farfalla montata nel tubo aspirante, elevando in tal modo il grado di
vuoto di detta zona. Questo dispositivo garantisce un trasporto sicuro della punta del foglio
attraverso la sezione di seccheria Contirun, rendendo del tutto superflua una guida a funi.
Una valida alternativa ai cilindri forati, con cassetto aspirante interno, sono un certo tipo di
casse stabilizzatrici, le quali vengono installate nella batterie di seccheria dotate di rulli forati
nella fila inferiore.
Questo tipo di cassa ha diversi dispositivi per consentire il corretto passaggio della carta
mantenendo costante il supporto della stessa per migliorarne la stabilità dimensionale durante
la fase di essiccamento.
1 - Settore di stacco carta dal cilindro ad
alto livello di vuoto
2 - Settore di stabilizzazione a lame d’aria
laterali
3 - Settore di aspirazione dal rullo forato a
basso livello di vuoto
4 - Settore di stabilizzazione a lame d’aria
laterali
Il corretto funzionamento della cassa è
determinato dalla permeabilità della tela
essiccatrice che deve essere valutata nella
fase di progetto.
In questo capitolo andremo ad analizzare i tipi di impianti vapore più comunemente usati
nell’industria cartaria.
Gli impianti vapore a cascata vengono utilizzati quando la pressione del vapore e la
temperatura desiderate cambiano gradualmente nel corso del processo. Sono ideali per sistemi
che richiedono una temperatura progressivamente inferiore.
Il vapore proveniente dalla caldaia entra nella sezione del processo che richiede più calore.
Una parte del vapore si condensa, rilasciando il suo calore latente. Quando il vapore e la
condensa lasciano la sezione di processo, si trovano ad una pressione più bassa. La condensa
viene separata dal vapore soffiato e restituita alla caldaia. Il vapore soffiato alimenta la
sezione successiva del processo a una pressione e temperatura inferiori.
Questa tipologia di impianto permette di recuperare tutto il vapore attraversante utilizzato
dagli essiccatori, ed il vapore nascente delle condense.
Gli impianti a vapore con termocompressore forniscono una pressione di vapore costante
durante l’intero processo. Sono ideali in applicazioni che necessitano una temperatura
costante o flessibilità di temperatura in diverse sezioni di processo.
Il vapore proveniente dalla caldaia entra in una sezione di processo. Una parte del vapore si
condensa, rilasciando il suo calore latente. Quando il vapore e la condensa lasciano la sezione
di processo, si trovano ad una pressione più bassa. La condensa viene separata dal vapore
soffiato e restituita alla caldaia. Un termocompressore recupera quindi il vapore soffiato e lo
Rispetto all’impianto in cascata questo ha bisogno di una linea ad alta pressione per
alimentare il termocompressore.
Il termocompressore è un dispositivo che impiega un fluido ad alta pressione per trascinare
un fluido a pressione inferiore e scaricare la miscela a pressione intermedia. Esso può essere
utilizzato per qualsiasi tipo di fluido. Nel nostro caso il fluido preso in considerazione è il
vapore. Il gruppo principale, ad alta pressione, è alimentato dalla linea del vapore saturo
proveniente dalla caldaia. Tra la linea del vapore saturo e il collettore dei cilindri essiccatori
è presente una valvola PCV che serve a regolare la pressione d’esercizio del gruppo.
La condensa e il vapore attraversante del primo gruppo vengono inviati ad un primo barilotto
separatore di condense. Il vapore nascente e il vapore attraversante del primo barilotto invece
di alimentare un altro gruppo di cilindri a pressione minore, vengono inviati ad un
termocompressore.
Questi aspira il vapore dal barilotto per poi ricomprimerlo alla pressione d’esercizio dei
cilindri e reimmetterlo nel collettore di alimentazione.
Ingresso/aspirazione
vapore di attraversamento Valvola e attuatore
e vapore nascente di regolazione
Scarico miscela
Ingresso vapore
Alta pressione
L’essiccamento mediante evaporazione è lo stadio finale della rimozione d’acqua dal nastro
di carta, (passando prima dalla formazione e drenaggio sulla tavola piana, vuoto e pressatura
nella zona presse).
È bene porre un caposaldo in termini di risparmio energetico, dato l’alto costo della rimozione
d’acqua mediante evaporazione, è fondamentale che l’umidità del nastro di carta in uscita
dalla zona presse sia il più basso possibile (viceversa, un elevato grado di secco, ottimali
sarebbero valori intorno al 50%), visto che ogni 1% di secco guadagnato in uscita dalla zona
presse corrisponde ad un risparmio del 5% in consumo di vapore.
È necessario che il nastro di carta venga riscaldato gradualmente in seccheria e non che passi
dalla temperatura ambiente, generalmente di 18-20°C, a temperature troppo elevate.
Temperature eccessive all’inizio della seccheria possono portare a spelature e spolveri
(slegamento del contesto fibroso con facile perdita di fibre o di materiali di carica).
Le temperature eccessive provocano anche un surriscaldamento localizzato che può causare
bolle e arricciamenti del foglio con conseguente perdita di qualità e finitura superficiale. La
tendenza che ha la carta ad arricciarsi non é causata solamente dall’azione di asciugamento
ma anche dal doppio viso e dall’orientamento delle fibre.
Un altro problema é rappresentato dalla formazione di grinze che si vengono a creare nel
momento in cui il profilo di grammatura trasversale non è costante. Venendo a contatto con i
cilindri essiccatori, le zone a differente contenuto d’umidità provocano un disuguale carico di
pressione.
Migliore è l’uniformità della grammatura e dell’umidità in senso trasversale, minore è la
probabilità che si formino grinze.
Eccessivi sbalzi di temperatura sulle carte collate possono anche far diminuire o annullare la
collatura. Disidratare troppo velocemente la carta significa pure indebolirne le sue
caratteristiche meccaniche, renderla vitrea e fragile in modo irreversibile. Si avrà una buona
regolazione, quando la curva delle temperature dei vari cilindri assume l’aspetto di una
parabola.
Le tele di seccheria hanno il compito di mantenere il foglio di carta a stretto contatto con la
superficie del cilindro essiccatore allo scopo di favorirne il trasferimento del calore e la
successiva rimozione dell’acqua contenuta nella carta.
In origine le tele di seccheria erano costituite da lana e cotone ed erano virtualmente
impermeabili. Il processo di evaporazione dell’acqua nell’aria umida della seccheria si
rivelava alquanto difficile. In effetti l’acqua aveva libero sfogo di evaporare soltanto nella
zona di trasferimento tra i cilindri inferiori e quelli superiori. La tensione di vapore necessaria
all’evaporazione risultava essere maggiore comportando un maggiore consumo di energia e
velocità di fabbricazione più basse.
All’inizio degli anni ‘60 vennero introdotte tele di tipo sintetico a più alta permeabilità che
hanno permesso di migliorare la ventilazione permettendo all’aria un maggiore movimento
all’interno delle seccherie. L’impiego di questi manufatti ha immediatamente incrementato
l’efficienza di evaporazione e ridotto il consumo specifico di vapore permettendo all’acqua
di evaporare dal nastro di carta in ogni tratto della seccheria compresa la superficie dei
cilindri.
È opportuno far notare che la chiusura dei volumi vuoti delle tele e la conseguente
diminuzione della permeabilità non fa altro che riportare le condizioni di lavoro più vicine
all’impiego delle tele in lana piuttosto che a quelle sintetiche.
Nel processo di asciugamento della carta le tele di seccheria costituiscono un componente del
processo stesso e, quindi, una delle variabili da monitorare nell’ottica del risparmio energetico
e della ottimizzazione dell’efficienza della macchina continua. L’esperienza maturata ha
dimostrato che il lavaggio metodico delle tele di seccheria durante le fermate programmate di
lungo periodo, può effettivamente consentire di mantenere la migliore efficienza e ridurre i
problemi di qualità dovuti al rilascio di depositi nella seccheria.
7.1.1 Contaminanti
La qualità e la quantità dei contaminanti dipendono dal tipo di carta prodotta, dall’assetto
della macchina continua e dal tipo di tele utilizzate. Tutti i composti di tipo idrofobo, quali
peci, lattici, oli e grassi, sono attratti dalla superficie delle tele.
L’impiego sempre maggiore di fibre secondarie fa sì che si riscontrino sempre più
contaminanti di tipo stickies, hot melts e plastiche. L’identificazione della composizione
media dei contaminanti costituenti il deposito di una particolare tela di seccheria favorisce
l’individuazione del più efficace agente di lavaggio così come la determinazione della
migliore tecnologia di impiego.
Il tipo di prodotto, la frequenza necessaria alla rimozione dei contaminanti dipende dalla
natura degli stessi, dalla loro quantità e dall’effettivo giro tela. Manufatti monofilamento si
presentano più facili da lavare e da risciacquare che non quelli multifilamento. La fase di
risciacquo va intesa come parte integrante del ciclo di lavaggio di una tela di seccheria.
Le soluzioni di lavaggio, in condizioni di deposizione severe, penetrano lo strato di deposito
che viene rimosso dalle tele solamente durante la fase di successivo risciacquo a bassa
pressione
Il risciacquo da eseguire a valle dell’applicazione dell’effettivo agente chimico, rappresenta
una fase chiave del processo di pulizia delle tele di seccheria. Durante questa fase si
rimuovono definitivamente tutti i residui della soluzione di lavaggio dalle tele, dalle giunzioni
e dagli essiccatori.
A freddo le soluzioni di lavaggio sono totalmente inattive nei riguardi dei materiali costituenti
l’intera seccheria. Piccole porzioni residue non perfettamente rimosse, una volta ripristinate
le temperature di esercizio, possono aumentare di concentrazione e provocare fenomeni di
attacco chimico localizzato tanto sulle tele che sulle parti metalliche. Viceversa, porzioni di
soluzione di lavaggio contenente residui di contaminanti, se non opportunamente rimossi,
possono a freddo risolidificare all’interno delle maglie delle tele stesse e riprodurre depositi
potenzialmente meno accessibili di quanto non lo fossero precedentemente.
Il contenuto energetico delle fumane espulse dalla cappa chiusa è molto elevato, i recuperatori
aria-acqua sono in grado di sfruttare al meglio il recupero di calore.
Una grossa parte dell’energia contenuta nelle fumane è dovuta all’elevato grado di umidità
contenuta in esse è quindi necessario far raggiungere al processo di scambio la temperatura
di condensazione dell’acqua dispersa nel flusso.
LEGENDA
1. Impianto vapore cascata
2. Impianto vapore con termocompressore
3. Impianto del vuoto
4. Cappa chiusa coibentata
5. Estrazione fumane
6. Recuperatore per soffiaggio tele
essiccatrici
7. Impianto soffiaggio aria calda per tele
8. Recuperatore per riscaldamento sala
macchina
9. Impianto di ventilazione per
riscaldamento sala
10. Chiusura sottomacchina
11. Cappa ad alta efficienza per monolucido
13. Condizionamento cilindri lisci
supercalandra
14. Soffiaggio aria fredda per presse
elastiche
Nel grafico è possibile osservare come il valore della temperatura dei cilindri essiccatori
presenta un andamento molto regolare; si nota nella 1a, 2a e 3a batteria l’andamento
caratteristico della configurazione a giro unico, o batterie a slalom (dente di sega) così anche
nel post seccheria si nota il cilindro 9 con temperatura bassa anche dovuto alla pressione
bassa.
I valori di temperatura dei mantelli nelle batterie variano mediamente da 46°C (cil. n° 3) a
124°C (cil n°44). Anomalo il cilindro 28 con una temperatura più alta di tutti gli altri cilindri
alimentati con ugual pressione.
Il delta termico vapore / essiccatori varia dai 21°C ai 30°C, da considerarsi buono.
Le temperature delle tele nei vari gruppi superiori ed inferiori non mostrano nulla di
irregolare.
Si raggiunge un massimo di 92 °C. Non si segnalano raffreddamenti significativi nel
sottomacchina.
Il valore di temperatura delle tele se oltrepassasse i 110/120°C e accompagnato da un alto
tasso di umidità potrebbe generare problemi di idrolisi.
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