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I DITTONGHI
Il dittongo è l’unione di due vocali che si pronunciano con un’unica emissione di voce e che perciò fanno
parte della stessa sillaba. I dittonghi del latino sono questi:
Poi ce n’è sono altri tre che però non elenco perché sono molto rari (-ei, -ui, -yi).
ATTENZIONE! Ae e Oe possono anche non formare un dittongo e appartenere a due sillabe diverse.
In questo caso comunque è segnalato dalla dieresi (ä, ö ) e le due vocali si pronunciano separatamente.
Poëta (si pronuncia letteralmente “poeta”) = il poeta; aër (si pronuncia letteralmente aer)= l’aria
I CASI
I casi della declinazione sono 6. Nella seguente tabelle sono evidenziate le funzioni logiche fondamentali di
ciascun caso, mentre sono indicate tra parentesi quelle meno frequenti.
IN LATINO IN ITALIANO
Presente Presente
Imperfetto Imperfetto
INDICATIVO Futuro semplice Futuro semplice
Nel tempo del perfetto sono elencati tre modi in cui può essere espresso il perfetto ma generalmente si
utilizza solo il passato remoto.
IL VERBO ESSERE
il verbo sul è anomalo, cioè , come il corrispondente verbo italiano “essere”, possiede un coniugazione
propria. Il verbo “sum” significa “io sono” mentre la forma dell’infinito è “esse”, essere. Ecco la
coniugazione dell’indicativo presente e imperfetto e dell’imperativo presente.
In latino, come in italiano, tende a non esprimere il pronome personale davanti al verbo, tranne nelle frasi
in cui si vuole mettere in rilievo il soggetto o evidenziare una contrapposizione.
Tutti i nomi, sia maschili che femminili, della I declinazione si declinano nello stesso modo.
Alcune desinenze sono comuni a più casi, ma non esiste una regola per distinguerli: solo il contesto può
farti capire di che caso e di che numero si tratta e, quando il senso non ti è subito chiaro, devi procedere
per tentativi.
1. Prima di tutto devi trovare il predicato: facilissimo il predicato è dat (ricordi? Finisce con –t);
2. subito dopo devi cercare il soggetto (nominativo): pure in questo caso è facilissimo perché “natura”
è l’unica parola che ha le desinenze del nominativo!
3. Osserva i complementi che ti sono rimasti. Inizia con il complemento di cui sai qual è il caso certo,
in questo caso “spinas” perché sai che ha la desinenza dell’accusativo plurale (complemento
oggetto plurale);
4. Infine, con la traduzione che hai eseguito fino ad esso aiutati a capire quale caso è più giusto per
“rosae”.
Procediamo per tentativi. La desinenza –ae può essere:
Nominativo plurale -> PERFETTO QUESTO CASO PUOI IMMEDIATAMENTE ESCLUDERLO
perché IN QUESTA FRASE C’È Già IL NOMINTAIVO è “natura”!
Genitivo singolare (proviamo a tradurre tutta la frase e vedere se ha senso usare questo
caso) -> La natura dà della rosa le spine: QUESTA FRASE NON HA ASSOLUTAMENTE SENSO
QUINDI ESLUDI ANCHE QUESTO CASO
Dativo singolare (proviamo a tradurre tutta la frase e vedere se ha senso usare questo caso)
-> La natura dà alla rosa le spine. OTTIMO QUESTO è IL CASO GIUSTO QUINDI IL CASO
CORRETTO è IL DATIVO SINGOLARE!
La desinenza ci dice che potrebbe anche essere vocativo plurale ma generalmente il
vocativo si trova in un discorso (in una versione) o tra due virgole, quindi pure questo caso
è da escludere.
Ecco un’altra frase:
Rosae spinae acutae sunt = Le spine della rosa sono pungenti (sunt acutae è predicato nominale)
1. Cercare il verbo: in questo caso è “sunt” (ricorda: generalmente il verbo essere è accompagnato da
un nome che si chiama nome del predicato) quindi il predicato è “acutae sunt” tutto insieme.
2. Cercare il nominativo (come faccio a capire qual è tra “rosae” e “spinae”?)
Semplice! Ricorda questa piccola regola: di solito il genitivo è espresso prima del nome a cui è
riferito quindi in questo caso il nominativo plurale è “spinae” e il genitivo singolare è “rosae”.
Quindi la traduzione della frase è così: Le spine della rosa sono pungenti.
1. Cercare il verbo. In questa frase il verbo non finisce con –t perché è un discorso diretto! Nei discorsi
diretti si utilizza la 2^ persona singolare. Quindi il verbo alla 2^ persona singolare finisce con
-s. Infatti qui il verbo è “odoratae estis” (anche in questa frase c’è il verbo essere quindi il nome che
precede è il nome del predicato).
2. Cercare il nominativo. Semplicissimo! Prima ho detto che generalmente il vocativo precede la
virgola o è tra due virgole. In questa frase “rosae” è proprio il vocativo che si traduce con “o rose”
(una volta presa dimestichezza la “o” si omette).
3. Infine rimane “quam” che è un avverbio e significa “quanto”.
La traduzione quindi è così: O rose, quanto siete profumate!
REGOLE DA RICORDARE E CHE HO ESPRESSO DURANTE LA SPIEGAZIONE
1. Il predicato finisce
sempre con la 2. Il caso vocativo è espresso
desinenza –t, tranne generalmente a inizio
nei discorsi diretti frase, con la virgola dopo o
in mezzo a due virgole
4. Il verbo essere ha
il più delle volte il
nome del
predicato
3. Il genitivo è
sempre espresso
prima del nome
a cui si riferisce