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Lezione 1 (1 Marzo)

L’etica della comunicazione ci pone delle domande molto concrete della nostra vita
e della nostra quotidianità.

Domande della vita


Es. Per che cosa vale vivere? Amore, denaro, successo, affermazione di se ecc

Etica (dal greco etos) = il posto ideale in cui vivere, la norma di vita
Modo di stare nella comunità

Della comunicazione = etica del comportamento, modalità attraveso la quale noi


modifichiamo le nostre scelte e i nostri sentimenti, modo di cercare uno spazio nel
mondo IN RELAZIONE con gli altri

Lezione 2A (4 Marzo)

La MORALE si esprime attraverso interrogativi


Domanda di base della morale:
• È giusto o sbagliato?
• È buono o cattivo?
• È bene o male?

Accanto alla morale abbiamo la LEGGE, che civilmente stipula delle regole che
disciplinano la comune convivenza, e che più che interrogare la nostra coscienza ci
chiede di verificare la conformità del nostro agire e dei nostri atti:
• È legale o illegale?
• È permesso o vietato?
• È legittimo o illegittimo?

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• La morale si esprimere attraverso imperativi e comandi, se facciamo qualcosa che
va contro la morale riceviamo il biasimo degli altri e la disapprovazione. La morale
quindi ci chiede la COERENZA nel n9stro agire e nelle nostre scelte
• La legge si esprime tramite il diritto codificato, se si va contro porta a sanzioni e a
pene. La legge quindi ci chiede la CONFORMITÀ

La condanna morale (es. “repubblica dei giusti” vs “dittatura della maggioranza”)

Ciascuno di noi si guarda in giro nel cammino della vita, incrocia tante situazioni e
vede tanti fatti, di quelli che muovono la sua curiosità o il suo sdegno, esprime un
giudizio
Qual è il filtro attraverso il quale andiamo ad esprimere la nostra approvazione o
disapprovazione?
- Fine: che cosa voglio ottenere
- Mezzi: cosa uso per raggiungere il mio fine
- Conseguenze del mio atto
- Alterntive praticabili

Gli altri che osservano giudicano me e le mie azioni:


- Gli effetti del mio intervento
- La coerenza valoriale (= quel che faccio, lo faccio a fin di bene o per la
mia convenienza?)

Ma quando si pone il problema?


Quando la condanna morale diventa più condizionante rispetto all'azione legale

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L’Etica = costumi e abitudini di una determinata comunità, enunciazione di principi
e doveri

Morale= usanze e abitudini, applicazione pratica di quei doveri negli ambiti di


azione umana (quotidianità) e nei contesti professionali (deontologia = dovere
professionale che determinate categorie sono dovute a rispettare es. Medico,
avvocato, giudice ecc, per ragioni connesse al rilievo che il loro agire ha sulla
comunità
Nella contemporaneità il termine “etica” acquisisce un alone di ambiguità, perché
da un lato mantiene il senso di morale applicata riferito alla dimensione pratica
dell’agire umano qualificandosi come morale sfrondata da speculazione filosofica e
calata nel reale ambito di azione, dall’altro lato l’etica assume un ruolo di teoria
della morale ( diventa metaetica, come un faro che cerca di illuminare la varianza
della morale

Lezione 2B (4 Marzo)

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Lezione 3 (8 Marzo)
Interazione sociale: esistono tanti altri modelli rispetto a quello che per noi sembra un
modello unico - > modello dominante, ma non è l’unico.
Oggi fra noi esistono altre realtà che segnalano, individuano, sviluppano e realizzano
modalità d’INTERAZIONE SOCIALE differenti da quelle che ci sono consuete, basate appunto
sull’avere cura, sul riguardo, sulla solidarietà ecc.. Quindi in una logica non necessariamente
competitiva, ma collaborativa.
PERÒ non è che la competizione di per se neghi la possibilità di mantenere una forma di
RISPETTO ne confronti degli altri, ma bisogna saper valutare fin dove siamo disponibili a
spingerci per far valere il nostro genio, la nostra percezione, per realizzare le nostre
aspettative e i nostri sogni. E qual è invece il nostro punto di limite secondo i nostri ideali
riteniamo di NON poter andare. Questo confine è il RISPETTO: quindi uno può anche

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“abbracciare” una logica competitiva, ma non a qualsiasi costo; cioè per imporre me stesso
non è accettabile che io sia disponibile a fare qualsiasi cosa, ci dev’essere sempre la massima
CORRETTEZZA nei nostri comportamenti

Correttezza significa rispetto per gli altri e per gli egual diritti che
pretendiamo per noi stessi. E se vogliamo far valere le nostre virtù, attitudini, la nostra
qualità, lo possiamo fare senza negare agli altri, con inganni o sotterfugi, con forme scorrette
che andrebbero ad avere l’uguale diritto di chi ha in realtà lo stesso diritto di proporsi e di
competere proprio come me.

L’etica ci fornisce la chiave d’avvio ad un percorso coerente con i valori che professiamo
Ma cosa ci chiede l’etica??? Ci chiede di fissare e definire i valori che per noi sono importanti,
e poi di comportarci di conseguenza, cioè coerentemente ai valori che professiamo

Molto spesso succede invece che professiamo determinati valori, ma poi nell’agire non
siamo rispettosi di quegli stessi valori perché compiamo azioni e atti che sono incoerenti con
i valori che a parole segnaliamo come positivi e appropriati e quindi meritevoli di essere
guida del nostro percorso.

FILO DI CONNESSIONE VALORIALE: cioè, cosa conta davvero nella vita? Fermo restando che
la vita ci consegna una sola certezza dal giorno in cui nasciamo, che prima ho poi finirà e
quindi prima o poi finiremo. La nostra esistenza non è infinita, e questa è l’unica certezza che
la vita ci da: che dovremmo morire. Non sappiamo dove, come, quando e perché, ma
sappiamo che accadrà. Noi quindi abbiamo la consapevolezza di essere ESSERI FINITI; e che
la nostra brama di successo, di fama, di prestigio, di denaro e di possedimenti, finirà con noi.

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VALORE E COMPORTAMENTI: mettere in connessione le nostre opzioni valoriali con i nostri
comportamenti, perché se non c’è questa linea di coerenza, rischiamo di enunciare grandi
propositi, magnifici ideali, ci mostriamo come persone attente e rispettose, ma poi alla prova
dei fatti facciamo il contrario perché accantoniamo le enunciazioni e ci facciamo solleticare
dalla brama dell’affermazione di noi stessi, del denaro, del successo e cosi via.
Quindi bisogna che l’etica trovi corrispondenza valoriale nelle azioni che compaiono, quindi
nella COMUNICAZIONE.
La comunicazione è una relazione. Cioè comunicare significa porsi in relazione con gli altri
➔ mettersi in comune; e di conseguenza deve esserci una coerente modalità d’espressione
fra il costrutto valoriale e la pratica del nostro agire.

Dalle slide:
ATTO COMUNICATIVO
• Inizia dal processo di codifica (intenzionalità) → significa che io ho un pensiero in
testa, lo voglio rendere esplicito e vesto questo pensiero di parole adeguate a due poli

a) L’adesione a quello che realmente voglio dire


b) La capacità di comprensione del mio interlocutore
Quindi quando manifesto un pensiero e lo traduco in scritto o a parole, faccio conto
un operazione di codifica linguistica, perché il pensiero si può generare anche da un
sentimento, un sentimento che avverto e poi vesto di parole per trasferire a chi mi
ascolta quel sentimento che ho provato e pensato.
• Poi abbiamo il processo di decodifica (ambiguità) → il mio messaggio, ossia ciò che io
sto dicendo in questo momento, arriva a voi, ma ciò che sto dicendo so che non
arriverà a tutti nella stessa maniera, perché ciascuno filtra le parole in modo diverso,
ognuno le interpreta in base alle sue conoscenze, all’interesse che nutre per la
materia in trattazione, in base alla sensazione che io, in quanto parlante, suscito
nell’altro (es. Simpatia o antipatia).
Tutto ciò influenza il nostro processo di decodifica della comunicazione, alla quale si
aggiunge l’ambiguità che può creare incomprensione e far percepire il messaggio in
senso erroneo.
• E il contesto (aspettative) → è l’aspetto fondamentale dell’atto comunicativo. Il
contesto condiziona tantissimo il meccanismo di condivisione del messaggio

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FATTORI DI COMUNICAZIONE
• Emittente (produce il messaggio) → io parlante
• Messaggio → informazione trasmessa, il contenuto
• Ricevete → riceve ed interpreta il messaggio
Normalmente in un dialogo chi è emittente, una volta che ha pronunciato il suo enunciato, si
tace e ascolta le considerazioni, commenti e reazioni dell’altro.
La cosa importantissima da sottolineare è che il ricevente INTERPRETA il messaggio:
interpretazione significa rilettura del messaggio che ho appena ascoltato o letto, e
l’interpretazione è inevitabilmente gravata da rischi di fraintendimenti, incomprensione e di
attribuzione al messaggio di significati non perfettamente coincidenti con quelli che
l’emittente aveva in mente nel momento in cui ha codificato il suo pensiero.
Ogni messaggio è traduzione di un pensiero che parte, di base, dalla nostra testa e diventa
suono, o scritto, a seconda dei casi, rivolto agli altri. Un interlocutore rende più facile il
processo di codifica; molti interlocutori, chiaramente, lo complicano, perché ogni uno ha una
sensibilità diversa, per cui l’emittente dovrà cercar di far meglio se non ha la possibilità di
calibrare tanti messaggi quanti sono i singoli interlocutori.
Bisogna allora arrivare al punto mediano che possibilmente sia accettabile e comprensibile
nei termini di significato, per tutti.

COMPETENZE COMUNICATIVE
• Linguistica e Grammaticale → formulare frasi, produrre e interpretare segni verbali
• Sociolinguistica → sapere parlare o tacere, riconoscere le situazioni e i ruoli
• Paralinguistica (enfasi, pronuncia, risate, esclamazione) → sottolineare ciò che uno
dice per evidenziare qualcosa o per richiamare l’attenzione di qualcuno
• Cinesica → controllo sui segni gestuali: espressioni, movimento del volto, del corpo,
delle mani, posture
• Prossemica → atteggiamenti spaziali e distanze interpersonali, contatti: spesso queste
sono rivelatrice delle intenzioni di qualcuno
• Pragmatica → utilizzo di segni e codici

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ASPETTI DEL PROCESSO DI COMUNICAZIONE
• Verbali → appropiatezza linguistica nella produzione del messaggio, ossia il messaggio
deve essere il più preciso e comprensibile possibile
• Intonazionali → enfasi, sottolineature, inflessioni
• Cinesici e cinestetici → gestualità e atteggiamenti corporei

LEZIONE 4A (11 MARZO)


La MORALE orienta l’agire umano indicando principi e valori ai quali conferisce
significato verbale
L’ETICA nella sua dimensione pratica traduce principi e valori in regole di
comportamento sulla base del dovere (deontologie) = qualunque individuo è
chiamato ad agire nella considerazione del rispetto dell’altro, dei pari diritti e della
pari dignità di ogni altro individuo e essere vivente.

L’etica nella sua dimensione metaetica, osserva, studia, analizza valori e principi
morali inquadrandoli storicamente e culturalmente

La dimensione morale permea le nostre vite


➔ Il senso di colpa è un sentimento morale, il BENE e il MALE sono concetti morale.
A volte il senso di colpa può essere più difficile da superare rispetto ad una
condanna o sanzione legale
Ogni giorno affrontiamo scelte e orientiamo le nostre azioni sulla base della nostra
bussola valoriale.
Le decisioni dipendono dagli obiettivi ce ci siamo prefissati, dai nostri scopi e dalle
nostre aspettative. Ma non è affatto scontato che tali decisioni portino a compiere
azioni rette probe e oneste, potrebbero anche rispondere a istinti egoistici, alle
brame di potere, invidie o rivalità.

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In ogni caso al fondo dei nostri comportamenti sta il desiderio della felicità che
ognuno realizza in coerenza con la propria personalità.
Per qualcuno la felicità coincide con l’amore per altri con la propria ricchezza, per
taluno felicità è viaggiare, o vivere in un mondo giusto o assistere alla rovina dei
propri nemici

KANT esprime un monito “bisogna rendersi degni della felicità”


Ossia ricorre alla figura della ‘volontà buona’, cioè quell’impulso che ci porta ad
agire senza considerare ciò che capiterà a noi se facciamo una determinata cosa che
consideriamo giusta, quindi senza valutare il nostro interesse ma comprendendo
che quella cosa è una cosa Buona da fare, la cosa giusta da compiere.
(Es. Se noi vediamo una persona in difficoltà o in pericolo, non sto lì a valutare se ci
conviene o no dargli una mano, quella persona va aiutata e punto. È il mio DOVERE
PURO)
Il dovere puro conduce alla libera costrizione, ossia mi costringo a fare ciò che
avverto giusto fare, non me l’ha imposto nessuno, sono io che liberamente sulla
base della mia morale decido e faccio ciò che pure potrebbe portarmi dei danni, ma
lo faccio perché sento di doverlo fare.
L’imperativo categorico è ciò che, secondo Kant, genera nella mente e nella
coscienza del soggetto la volontà buona, e la conduce al dovere puro, che si qualifica
come l’autentica espressione della legge morale

Nel rispetto del dovere in quanto tale, l’uomo realizza le condizioni che lo rendono
degno della felicità. Allora la felicità è colei che cala le radici nella valutazione della
nostra capacità di mettere da parte impulsi, istinti e desideri, per onorare il senso di
giustizia.

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LEZIONE 4B (11 Marzo)
Noi, uomini o donne, quale perimetro di azione andiamo a considerare per noi stessi? E per
la nostra vita?
• ORIZZONTE IMMANENTE: per chi non crede in una prospettiva nell’aldilà, considera
che tutto si consumi qui ed ora nella materialità e nella concretezza del nostro agire, al
quale si accompagna una convinzione che non ci sia un paradiso/inferno. Orizzonte
dell’immanenza = tutto è qui ed ora. Tipo di considerazione della nostra vita che può
indurre alla ricerca di un pieno e immediato godimento, c’è solo la vita materiale

• ORIZZONTALE DELLA TRASCENDENZA: contempla l’idea di un aldilà, e di una vita


oltre la vita, e questo ha come conseguenza il fatto che induce gli individui a una
sopportazione delle eventuali ingiustizie e dei torti, perché si cela nell’animo di questi
individui l’attesa per il riscatto e per la vita eterna

Però non è necessariamente che chi si colloca nell’orizzonte dell’immanenza non possa
imporsi anche l’obiettivo di ricercare la giustizia in terra.
Individuiamo nell’etica del fine i filosofi dell’antica Grecia come Socrate, Platone e Aristotele
che individuano nel BENE il fine dell’azione etica, quindi l’uomo deve impegnarsi nella ri erca
e nella realizzazione del bene per sé e per la comunità.
Nell’etica e nei filosofi cristiani ( San Crispino e San Tommaso) individuano in DIO il fine verso
il quale si deve orientare il pensiero e le opere degli uomini.
Per Grozio è la GIUSTIZIA invece il fine nobile nel quale ci si debba rendere servitori.
Abbiamo poi Eghel che individua nello STATO il fine della nostra azione.

Chi invece aderisce all’etica del movente, sono gli Edonisti che individuano nel piacere lo
scopo dell’azione cui tende l’essere umano.
Hobbes individua il movente dell’azione nella ricerca della sicurezza, ossia la ricerca di norme
per far sì di rendere più sicura la vita degli umani sulla terra.
Kannt vede nella felicità il fine dell’azione umana
Mills: l’utile e il tornaconto sono il significato della vita dell’uomo
Per Eraclito “non si può scendere due volte lo stesso fiume”, per lui l’essenza della vita
umana è il DIVENIRE, il continuo cambiamento, il “tutto scorre”

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Per Parmenide “L’essere è e non può essere”, dichiara, in contrapposizione ad Eraclito la
PERMANENZA come chiave di lettura dell’essere (dobbiamo leggere questo messaggio
focalizzandoci sui grandi temi della vita)
Rousseau “l’uomo nasce libero, ma ovunque è in catene”: trae spunto dalle disuguaglianze
della società, ma anche dall’ignoranza, dall’incapacità di comprendere l’essenza del vero
male, di ricercare con saggezza la gratificazione ai propri bisogni.

LEZIONE 5A (15 MARZO)

DINAMICA COMUNICATIVA: parte dall’esigenza di un soggetto (emittente) di


trasmettere un messaggio/informazione ad un altro soggetto (ricevente)
- L’emittente codifica il proprio pensiero per renderlo esplicito e
comprensibile per gli altri, ovviamente il ricevente deve conoscere il
codice nel quale è trasformato il pensiero, altrimenti non può
comprenderlo (es. Parlare la stessa lingua)
- Il messaggio è condizionato da una serie di fattori, per esempio di tipo
fisico o ambientale (rumore o termine sconosciuto), quindi la
l’emittente dovrebbe tener conto del livello di conoscenza del suo
pubblico e costruire la frase in modo da essere comprensibile alle
persone.
- Il canale (ossia il trasportatore del messaggio) può essere un mezzo
fisico (es computer, telefono, onda sonora della voce)
- Ci può essere poi un impedimento fisico tra l’emittente e il ricevente
(una parola o un gesto) che potrebbe costringere l’emittente a trovare
un nuovo codice per comunicare le sue intenzioni

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PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA (Scuola di Palo Alto, Watzlawick)
È caratterizzata dai così detti assiomi
1. Non si può non comunicare (anche in silenzio si comunica: lo
sguardo, la posizione del corpo, della bocca, i tic, i vestiti ecc)
2. Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e uno di relazione (la
comunicazione si adegua in base al rapporto che abbiamo con
l’interlocutore es. Come mi relaziono, il tono di voce, come mi
comporto io ecc)
3. La comunicazione è un processo circolare
4. Gli esseri umani comunicano con il linguaggio verbale e con quello
analogico (si parla con l’espressione vocale o scritta, ma anche
attraverso i segni e la gestualità)
5. Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari
(simmetrici quando ci interlocutori sono nello stesso piano e quindi
possono comunicare senza forme di ossequio, complementari
quando invece siamo in piano diversi es. Alunno e professore, capo
dipendente)

COMUNICARE = trasmettere informazioni, mettere in comune qualche cosa che è


nella mia testa e che sento il bisogno di riferire anche agli altri
I fattori che condizionano il messaggio:
• Identità dei comunicanti (personale, sociale, professionale, valoriale e
segreta)
• Relazione tra i comunicanti (quale ruolo ciascuno ha nell’ambito della
relazione, elementi di status e socioculturale)
• Contenuto (da un punto di vista di fatto o dal punto di vista emotivo)
• Linguaggio (stile, registro)
• Coerenza fra codice verbale e analogico (congruenze e contraddizioni)
• Canale di trasmissione (contatto diretto / contatto mediato)
• Contesto (dato dalla casualità, dalla intenzionalità o il tempo)
• Obiettivi (condivisione di contenuti, definizione della relazione)
• Strategie (attenzione a se stesso, interlocutore e relazione)

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Regole di cooperazione conversazionale:
➢ Quantità : essere adeguati ed esaurienti
➢ Qualità : essere veritieri, affermare ciò che è comprovato
➢ Pertinenza: stare in tema
➢ Modalità : sintesi, evidenza, chiarezza: operatori modali e regole di cortesia
➢ Chiarezza : essere diretti, precisi, evitare giri di parole
➢ Semplicità : definire e limitare le priorità e l’ordine espositivo, usare un
linguaggio adeguato e comprensibile
➢ Capacità persuasiva
➢ Capacità di ascoltare

LEZIONE 5B (15 MARZO)


Approfondimento: GOFFMAN
Idea che ciascuno individuo reciti una parte sul grande palcoscenico della vita, come
una sorte di commedia d’arte nel quale è presente una sostanziale libertà
nell’espressione del proprio personaggio, purché si arrivi al compimento di quello
che è il disegno dell’autore
Ciascuno di noi rappresenta un segno che va letto e interpretato.

Concetto di se :
▪ Il linguaggio del corpo che deve, o dovrebbe, adeguarsi a quelle che sono le
aspettative sociali che gli altri individui attendono
▪ Gli altri si aspettano da noi che facciamo le cose che il contesto ci dice di fare,
esigono da noi una uniformità alle norme sociali
▪ Ci sono aspettative generate dalle convenzioni e dai contesti ci si presenta “in
un certo modo”, questo certo modo si acquisisce vivendo, praticando fin da
bambini con l’insegnamento dei genitori.
▪ Il corpo “parla” e dice cose giusto o sbagliato, esso si manifesta attraverso gli
atteggiamenti che assumiamo.

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Regola di condotta è una guida per l’azione, che viene indicata non perché sia
piacevole, conveniente o efficace, ma perché ritenuta appropriata e giusta.
Chi è integrato nella società coglie senza grossa difficoltà il segnale di un’infrazione
commessa. Questa mette a livello soggettivo una inquietudine, un timore o una sia,
mentre a livello sociale può essere sancita da una sanzione sociale (che vanno dalla
presa di distanza fino all’isolamento sociale)
C’è una tendenza naturale nell’individuo ad adeguarsi al modello socioculturale
approvato dalla società in cui vivo e voglio essere ben visto, seguirò quindi le regole
sociali, che non sono solo quelle contenute nella legge, ma anche quelle
propriamente riconducibili alle modalità e forme che la comunità adotta.
Ciò che segue la regola, non genera sconvolgimento o tensione nell’individuo,
perché egli è talmente immerso e cosciente di queste regole che non la vive più
come una imposizione o un obbligo, ma come una normalità.

Rituali sono atti convenzionali che servono a sottolineare le regole proprie di un


gruppo, non sono solo manifestazioni verbali, ma anche atteggiamenti ed
espressioni del corpo
- “la vita come un palcoscenico “ si adatta perfettamente ad un
momento tipico della vita quotidiana : un pasto al ristorante. Il
cameriere avrà con i clienti un atteggiamento di cortesia e cercherà di
essere sempre corretto nonostante il possibile comportamento poco
cordiale del cliente. Una volta tornato in cucina però (visto come il
retroscena del palco) sfogherà il suo disagio parlando male del cliente
con i suoi colleghi.

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LEZIONE 6A (18 MARZO)
L’atto filosofico per eccellenza è la riflessione sull’agire
La riflessione interrompe lo svolgimento di altri atti e determina una presa di
distanza da ciò che stiamo facendo consentendo di comprendere il senso e orientare
i nostri comportamenti futuri.
L’etica è la riflessione sull’agire che risulta essere l’agire proprio della filosofia
Perché la filosofia è l’induzione alla ricerca e alla riscoperta di quegli elementi di
conoscenza sulla base dei quali noi orientiamo i nostri comportamenti
Le domande proprie dell’etica riguardano il senso del nostro agire:
o Che cosa sto facendo?
o Come lo sto facendo?
o Spinto da quale motivazione?
o Per quale scopo?
L’etica antica: ricerca fondamentalmente una definizione dell’agire (cosa faccio e
come)
La tradizione ebraico – cristiana: pone al centro della riflessione il concetto di
dovere (l’uomo che nasce gravato dal peccato originale, si trova in una condizione di
continua messa a prova nel respingere le tentazioni del maligno e abbracciare e
accogliere le richieste della divinità, che attraverso i comandamenti mi indica la retta
via da seguire)
Nel nostro mondo (mondo secolarizzato) il problema dell’agire si propone in ordine
alle motivazioni (in assenza di istanze superiori l’individuo si pone delle domande es.
perché faccio una certa cosa?)

Nel mondo contemporaneo un elemento particolarmente condizionante è costituito


dallo sviluppo della tecnica che risolve nella efficacia della prestazione la sua validità.
Lo scopo della tecnica è rendere il mondo più comodo: gli strumenti tecnologici
facilitano la vita e ci fanno sentire ovunque come a casa.
Le procedure della tecnica elaborate per servire l’uomo hanno però travalicato il
proprio orizzonte finendo per rendere l’uomo e il mondo stesso funzionali a tali
procedure = crea dipendenza nell’uomo e le nostre vite vengono condizionate.

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In particolare lo strapotere della tecnica ha esteso le possibilità di azione dell’uomo
pone domo in condizione di creare o distruggere la vita attraverso l’impiego di
tecnologie e l’ausilio di saperi specialisti (genetica, biomedicina ecc)

Il concetto chiave dell’etica della comunicazione è RESPONSABILITÀ.


Le conseguenze delle applicazioni tecniche sono tendenzialmente prevedibili ma il
controllo degli effetti diretti non garantisce il dominio sugli imprevisti e sugli effetti
collaterali. L’etica deve pertanto ripensare se stessa e lo fa attraverso le etiche
applicate per verificare la validità dei principi generali all’atto della concreta messa
in pratica.

Per quanto riguarda la responsabilità si ha:


1. La responsabilità a posteriori per qualcosa che è avvenuto (es accusare
qualcuno per qualcosa che ha fatto
2. Responsabilità a priori per i prevedibili effetti ( es accusare qualcuno per la
sua imprudenza, perché avrebbe già dovuto capire prima a cosa stesse
andando incontro).
Le scelte liberamente compiute e valutate nelle loro implicazioni sono sottoposte al
giudizio etico (sulla base di precetti morali e valoriali) e vengono vagliate dalla
coscienza individuale
Nel mondo dominato dai mezzi di comunicazione di massa si riscontra una
pericolosa disattenzione per le regole, uno scarso rispetto per l’ascoltatore
considerato alla stregua di un bersaglio (target) e si registra un martellamento
informativo.
Emerge quindi un bisogno di etica. L’etica della comunicazione individua e definisce
nozioni morali e principi di comportamento che operano nell’agire comunicativo.
L’obiettivo è dare fondamento filosofico a tali ‘buoni’ principi di condotta
comunicativa e motivare l’adozione di coerenti comportamenti a fronte di una
situazione di diffusa irresponsabilità.

Comunicare: non è solo trasmissione di informazioni e idee ma generazione di un


ambito condiviso di relazione fra interlocutori

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La creazione di uno spazio comune di I ferventi fa sì che la comunicazione implichi
simultaneità di atti. Superamento del modello standard di attivazione del flusso
comunicativo.
Fare buona comunicazione in senso tecnico ha significato essenzialmente sfondare
dal messaggio e chiarire il significato, eliminando disturbi e rallentamenti
ottimizzando il processo secondo criteri di efficacia ed efficienza.
In termini di efficacia la comunicazione pubblicitaria si è imposta un modello :
definizione dell’obbiettivo, segmentazione del pubblico e definizione del target,
definizione della strategia, creazione di un messaggio accattivante e utilizzo di
testimonial con funzione persuasiva.
Nella dimensione etica però assume un diverso significato: la comunicazione non
può ridursi al requisito di efficacia. La probità dell’agire comunicativo richiede un
costante riferimento valoriale, la necessità di definire le proprie scelte in coerenza
con principi morali approvati e condivisi, e l’assunzione della responsabilità di ciò
che consegue ai propri atti.
Consapevolezza, responsabilità e condivisione sono tratti caratteristici della
comunicazione etica
Nel passaggio dal modello informativo e quello comunicativo muta il ruolo del
destinatario:
1. MODELLO INFORMATIVO: l’iniziativa è sempre dell’emittente, il feedback è
successivo e conseguente all’impulso prodotto
2. MODELLO COMUNICATIVO: informazione continua e simultanea, feedback
‘preventivo’, coinvolgimento cooperativo e partecipativo.

L’etica della comunicazione coinvolge e riguarda non solo gli addetti ai lavori, ma
tutti coloro che sono coinvolti nei processi comunicativi.

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LEZIONE 6B (18 MARZO)
Karl Otto Apel e Jurgen Habermas hanno contribuito alla definizione di una teoria
generale della comunicazione e della razionalità che è risultata cardine del dibattito
etico – politico contemporaneo, che consisteva sul bisogno di rendere gli individui
più partecipi e consapevoli del loro ruolo sociale e, quindi, contribuendo in questa
maniera a ridefinire il perimetro del dibattito etico – politico.
Alla base della teoria generale della comunicazione e della razionalità ci sono le
quattro pretese universali di validità, ossia quattro regole che certificano la
disponibilità nei dialogante di relazionarsi l’un l’altro in maniera corretta:
1. Il senso = quello che diciamo deve essere comprensibile, il messaggio deve
essere diretto
2. La verità = ciò che dico deve essere comprovato e comprovabile, devo essere
in grado di comprovarne la realtà.
3. La veridicità = ogni dialogante deve essere sincero e convinto delle proprie
asserzioni
4. La giustezza = ogni dialogante deve rispettare le regole della situazione
argomentativa e adeguarvisi (es ascoltare le tesi altrui o ritirare le proprie
qualora si siano dimostrate infondate). Deve instaurare, in pratica, un
rapporto sincero e basato sul rispetto reciproco.

Se tutte le pretese sono soddisfatte si determina una “situazione discorsiva ideale”


ossia un modello di società giusta incentrata sull’uguaglianza dei dialoganti.
Laddove venga a mancare anche una sola delle 4 pretese di validità, la possibilità di
un’intesa tra i dialoganti viene compromessa.
L’etica della comunicazione altresí stante queste altre sue caratteristiche risulta:
➢ COGNITIVISTICA → perché ha una sua base di razionalità, cioè non affonda le
radici nel terreno delle supposizioni, ma sulla valutazione e sulla analisi
razionale del mondo, dove tutto può essere sostenuto se documentato e
tutto può essere eventualmente riveduto e ricorretto laddove la verità fosse
confessata da nuove acquisizioni.

➢ DEONTOLOGICA → perché basata sul rispetto di doveri e in quanto tali


ineludibili

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➢ FORMALISTICA → perché non ci sono dei concetti che trascendono il dialogo
e il confronto, anzi, tutto si definisce nel dialogo e nel confronto. Quindi l’etica
della comunicazione non ci dice ciò che è giusto fare, ma ci dice come è
necessario definire la modalità della nostra interazione sociale, come si deve
disciplinare la nostra relazione sociale affinché gli uomini tutti con pari diritto
di espressione possano fra di loro confrontarsi, discutere, dibattere e definire
insieme le condizioni e le scelte da compiere per gestire nella maniera più
razionale possibile la comunità della quale sono parte. Però, appunto, l’etica
della comunicazione traccia solo il perimetro delle modalità di relazione, non
entra nel merito dei contenuti: dice cosa fare non cosa fare meglio, non cosa
dire, non cosa sostenere. Tutto si forma, si definisce e si decide attraverso il
dialogo e il confronto.

➢ UNIVERSALISTICA → perché vale per tutti gli esseri razionali ed è importante


per tutti i dialoganti

Fra i problemi dell’etica della comunicazione c’è il dare giustificazione al concreto


agire comunicativo sulla base dei presupposti motivazionali degli individui. Quindi
significa, in sostanza, la necessità di rendere coerente l’impegno che viene richiesto
a ciascun membro della comunità in considerazione di quelle che sono le spinte e gli
impulsi che ciascun individuo nutre e avverte.

PRINCIPIO DI UNIVERSALIZZAZIONE : la validità delle norme viene verificata sulla


base delle possibilità di una applicazione universale: le conseguenze ed effetti
collaterali devono essere accettabili per tutti gli interessati. Ogni norma valida deve
suscitare il consenso di tutti gli interessati.
Questo significa che gli effetti di ciò che facciamo devono essere attentamente
considerati con la premura di soppesare quelli che possono essere ricadute negative
per qualcuno. Quindi la legittimità di fare, è condizionata da questo, ciò che faccio lo
posso fare liberamente purché non vada a violare i diritti che pretendo per me e allo
stesso tempo devo riconoscere per gli altri.

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Adriano Fabbris definisce alcuni paradigmi per andare a verificare qual è la molla
che ci motiva all’azione (capitolo 3 – modelli della comunicazione)
Qual è l’impulso motivazionale??
▪ Paradigma della natura
▪ Paradigma del dialogo
▪ Paradigma retorico del riferimento all’audience
▪ Paradigma dell’utilità

Andiamo a vederli nello specifico :


1. PARADIGMA DELLA NATURA :
- Inclinazione naturale dell’uomo: fa riferimento ad un uomo incline alla
ricerca del bene per sé e per gli altri (secondo Platone e Aristotele)
- Viceversa, un uomo teso alla realizzazione del bene proprio, del
piacere, dell’utile individuale (Gorgia)
- Uomo propenso ad appagare i propri desideri e le proprie brame
(morale ebraico – cristiana)
- Assecondare la natura buona dell’uomo (Rousseau)
- Contrastare la natura malvagia dell’uomo (Hobbes)
- La considerazione di una natura umana benigna riflessa di un mondo
ideale che si ritrova nella gerarchia dei valori umani
- Il bene secondo la giustizia, un bene della comunità che favorisce la
felicità e la salvezza dell’anima

2. PARADIGMA DEL DIALOGO: nel dialogo l’interlocuzione e lo scambio


comunicativo si realizzano nella maniera più adeguata.

I presupposti sono:
- Atteggiamento flessibile degli interlocutori
- Disponibilità a riconoscere la ragioni dell’altro
- Capacità di mettersi in gioco
- Disponibilità all’ascolto e a mutare le proprie idee
Il paradigma del dialogo trova una sua piena attuazione nella relazione che
idealmente unisce gli uomini fra loro della prospettiva religiosa che
corrobora il rapporto con Dio.

- 20 -
3. PARADIGMA RETORICO DEL RIFERIMENTO ALL’AUDIENCE
Indica nel messaggio confezionato a misura dell’interlocutore, tenendo in
considerazione le conoscenze e gli interessi dell’interlocutore, e che per
questo risulta di forte impatto perché si conforma a quelle che io intendo le
esigenze di colui con il quale io intrattengo il mio rapporto.
La necessità e quella di salvaguardare il diritto di chi ascolta valutando le
capacità di comprensione del destinatario.

4. PARADIGMA RETORICO DEL L’UTILITÀ


Fondato sulla considerazione che tutti gli uomini sono indotti ad agire spinti
dal perseguimento dell’utile e che proprio la ricerca dell’utile è l’impulso di
base dell’azione.
L’utilitarismo pone al fondamento della propria modalità espressiva la
realizzazione della felicità individuale, però non di quella sociale o collettiva.

In sintesi : i modelli dell’etica della comunicazione presuppongono


- Fedeltà a sé, ossia alla propria natura
- Disponibilità nel dialogo a rinunciare alla identità (= al proprio punto di
partenza) per ricercare l’intesa con l’altro
- Intenzione di adeguarsi a ciò che l’interlocutore si aspetta da noi (o
conformarsi)
- Inclinazione a perseguire pulsione all'utile individuale

PRINCIPIO DELLA COMUNITÀ DELLA COMUNICAZIONE


La sintesi e la proposta che Fabris sostiene è quella dell’etica “nella” comunicazione
più che “della”. Quindi un’etica incardinata all’interno dello spazio di confronto che
implica l’individuazione di un ambito comune fra tutti gli interlocutori, fondato su
criteri e principi che hanno validità universali, e quindi tornando alle 4 pretese
universali di validità che certificano la volontà dei dialoganti di non soggiornare gli
interlocutori ma di ricercare insieme una soluzione condivisa ai problemi che la
comunità deve e vuole affrontare.

- 21 -
KARL OTTO APEL

Afferma che ogni parlante è membro di una comunità illimitata della comunicazione
e non può aggirare i principi che operano nell’esercizio del comunicare, né i criteri
morali che lo regolano:
- Giustizia: ogni uno ha il diritto di partecipare allo scambio e al
confronto sociale
- Solidarietà: perché nel novero comunitario i nodi della rete
garantiscono la tenuta e il supporto a tutti i membri
- Corresponsabilità: perché nel momento in cui c’è condivisione e si
muovono azioni condivise sulla base della razionale valutazione in sede
biologica, ecco che la responsabilità non è più di uno ma di tutti
Questi criteri si annunciano ogni qual volta che gli interlocutori riescono ad
argomentare in forme condivisibili da tutti.

- 22 -
JURGEN HABERMAS

Infine con Jurgen Habermas andiamo a caratterizzare l’agire comunicativa


sulla base dell’aspirazione a una volontà d’intesa fra gli interlocutori.
Il luogo in cui si può realizzare quell’intesa e il linguaggio, che diventa
metafora dello scambio sociale entro il quale tutti i cittadini hanno
possibilità di espressione e possono ambire insieme a determinare
l’intesa che soddisfi il più possibile le aspettative e i bisogni di tutti quanti
i membri di quel nucleo sociale.
L’etica del discorso indica i principi di un accordo razionale.
Il linguaggio laddove diviene strumento di intesa e di legame costituisce
un nesso di congiunzione con gli altri → questo è occasione di intesa e, in
qualche modo, se l’impulso è quello di ricerca di soluzioni condivise, le
divisioni e il fraintendimento possono essere superate.
Postilla: corretto modello di riferimento all’interlocutore
- Attenzione al destinatario e al rapporto che si instaura
- Definizione di un messaggio a misura dell’interlocutore sulla
base di una decodifica anticipatoria, ad esempio prevedendo i
suoi sentimenti i comprenderli nel messaggio.

- 23 -
- Accogliere le esigenze dell’interlocutore coinvolgendolo e
ricercando una intesa
- Disponibilità di mettersi in gioco e considerare le aspettative
dell’altro
- La volontà di chiarificare e condividere le proprie
argomentazioni ; su questa si misura la reale disponibilità a
costruire insieme, e non invece a condizionare l’altro in
funzione della realizzazione dei propri particolari interessi.

LEZIONE 7B (22 MARZO)


COMUNICAZIONE INTERCULTURALE
- DIVERSITÀ : ciò che non conosciamo ci inquieta, è l’incognita,
l’ignoto, quindi colui che può costruire un pericolo, poiché gli
esseri viventi tendono a diffidare da ciò che non si conosce.
Questo oggi vale peri flussi migratori da altri paesi (da popoli
che non hanno una riconosciuta affinità), mentre un tempo la
stessa differenza era rivolta anche a chi proveniva da altre
regioni, quando c’era minor interscambio (usi, costumi, dialetti
molto differenti ecc).

- MEDIAZIONE : serve per superare la discriminazione. Per


rendere le persone consapevoli che la diversità può essere, si
concettuale/culturale, ma non è necessariamente un male,
può essere un modo per trovare punti d’incontro sulla base
della comune appartenenza: non ad una razza, non ad una
etnia ma ad un genere, il genere umano. L’umanità dovrebbe
includere il concetto di solidale incontro con gli altri, propri
simili, ma anche tutti gli esseri viventi.

- 24 -
- MODELLO TEORICI E STRATEGIE PRATICHE PER MINIMIZZARE
I POTENZIALI CONFLITTI: per favore la mediazione

- DIFFERENTI SISTEMI DI CREDENZE, COMPORTAMENTI E


CODICI DI COMUNICAZIONE: chi non riconosce negli altri un
comportamento conosciuto, vede nell’altro un potenziale
rischio.

DALL’ASSIMILIAZIONE ALL’INTEGRAZIONE
Assimilazione dello straniero – ospite tenuto ad adeguarsi a leggi, usanze
e comportamenti → approccio inefficiente per 2 motivi:
1. Non si può far rinnegare la propria identità, è disumano. Si devono
trovare forme di integrazione e rispetto reciproco
2. La tendenza assimilazionista cela un atteggiamento pregiudiziale e
implica l’attribuzione valoriale di subalternità, generando
meccanismi di autodifesa e chiusura. Che portano ad una radicalità
di chi viene respinto che genererà un “muro contro muro”

Il mancato riconoscimento delle differenze si traduce ed è percepito


come mancanza di rispetto.
Il preconcetto di fondo risiede sulla considerazione che “sono loro che
vengono da noi perché qui si sta meglio”. Atteggiamento miope e che non
tiene conto della storia: tutti siamo stati migranti, tutti abbiamo patito e
sofferto. Il mondo è uno e ogni individuo ha diritto di occuparlo e viverlo
potendo ricercare liberamente l’appagamento dei propri desideri, nel
rispetto del diritto altrui, senza prevaricazioni ed atti ostili.

- 25 -
Ma il MULTICULTURALISMO (compresenza di persone di culture ed etnie
diverse) è un tratto caratterizzante delle società contemporanee. Occorre
trovare una forma di integrazione reale, non di Assimilazione, che lasci
spazio alle espressioni culturali, invece di cercare di reprimere il legittimo
desiderio di ciascuno di dare voce al proprio sentimento qualunque sia il
suo indirizzo.
Non si può non accettare questa necessaria condizione (non come male,
ma come una ricchezza dal poter imparare dagli altri). Avviene uno
scambio a tutto tondo : si impara, si insegna, si intessono i fili della
familiarità e del rispetto e accettazione dell’altro.
Si sta quindi affermando una TENDENZA INTEGRAZIONISTA nella
prospettiva di una interazione con l’altro. Ciò presuppone :
- Reciprocità
- Comprensione
- Disponibilità alla messa in discussione di se nel confronto
- Spirito aperto alla diversità e alla tolleranza rispetto a stili di
vita diversi
- Accettazione di punti di vista differenti
-

➢ PRINCIPIO DI INTEGRAZIONE: “con” la società, non “nella” società.

➢ PRINCIPIO DI RECIPROCITÀ: gli immigrati hanno il dovere di


comprendere e rispettare i valori culturali della società di
accoglienza e quest’ultima ha il dovere di comprendere i valori
culturali degli immigrati.
Obbiettivo: pervenire a una società in cui tutti i cittadini abbiano gli stessi
diritti e doveri e condividano i valori di una società democratica, aperta e
pluralista.

- 26 -
LIMITI ATTUALI sono costituiti:
- Dalla Assimilazione fra tematiche dell’integrazione e della
sicurezza
- Dalla prevalenza degli stereotipi
- Dalla scarsa capacità di ascolto
- Dall’associazione fra diversità e devianza: dalla carente
conoscenza e talvolta dalla scarsa curiosità per le altre culture
- Dalla scarsa propensione a rimettere in discussione la propria
identità culturale.

LEZIONE 8A e 8B (25 MARZO)


L’etica e la comunicazione in medicina
Tema: il “prendersi cura” come elemento caratterizzante della comunità
etica, all’interno della quale gli individui sono disposti a sostenersi a
vicenda.
FOCUS SULLA CURA: la cura implica l’idea di curare e di curarsi, ma anche
prendersi cura, avere cura. Che cosa significa? Prendersi cura significa
instaurare un rapporto con l’altro, un rapporto che al di là della
contingente condizione di squilibrio tra medico (one – up, cioè lui che ne
sa di più ed è quello che risolve il problema) e paziente (one – down).
Prendersi cura significa non lucrare sulla condizione di squilibrio, ma
cercare di riequilibrare questa condizione, quindi di avere cura nel senso
più ampio, più pieno. Questo significa avere premura e riguardo nei
confronti dell’altro.
Si può interpretare questo modello come il paradigma di una relazione
virtuosa che si dovrebbe intraprendere anche si in ambito medico non è
sempre applicabile

- 27 -
- Dalla fase della cura si passa alla fase della terapia e alla
prescrizione che secondo il giudizio del medico può lenire il
dolore del paziente
- Il punto di approdo è quello della guarigione, in virtù del
trattamento tratto da studi medici scientifici, ma anche dalla
premura e dall’attenzione del medico a livello umano.

PAUL RICOEUR a questo proposito afferma che:

• Fra malato e medico vi è un patto di cura basato sulla fiducia, e non


quindi sulla considerazione delle competenze scientifiche

• Tale patto rappresenta il nocciolo etico, cioè il nocciolo della


relazione, la cui iniziale asimmetria (squilibrio) viene colmata
attraverso un percorso di reciproco riconoscimento. Il malato,
quindi, non deve sentirsi colpevole della sua malattia, e il medico
deve fare di tutto per metterlo al proprio agio e cercare con lui, e
per lui, i giusti rimedi per la sua malattia. Il primo rimedio è la
comprensione.

• Il lamento è l’espressione attraverso il quale il malato formula la


propria domanda al medico, in forma di “richiesta” e di “appello”,
connessa alla “promessa” da parte sua di fare ciò che la prescrizione
medica prevede

- 28 -
• L’ accoglienza è la risposta che il medico riserva al malato seguita
dalla formulazione di una diagnosi e dalla prescrizione di una terapia
che si accompagna alla promessa di assistenza a “braccia aperte”

• La struttura del rapporto medico – malato è dunque di natura


essenzialmente comunicativa (infatti, sempre se ci sia un rapporto di
disagio o di accoglienza, dipende tutto dalla comunicazione e da
come il medico si approccia al paziente)

COSA SUCCEDE NELLA REALTÀ


Però nella realtà le cose non vanno sempre come dovrebbero. Infatti si
genera un conflitto : mentre il malato coltiva l’aspettativa di una pienezza
di cura (quindi ad una assistenza “umana” oltre che medica), il medico
però non sempre presta autentico ascolto dei bisogni del paziente, si
comporta in modo arrogante. Di conseguenza il malato avverte la
sensazione che non ci sia sufficiente tempo per lui e non si sente
adeguatamente assistito.

NELL’ERA DELLA TECNICA


Un’altra questione che ha concorso negli anni e negli ultimi decenni a
rendere ancora più distaccato il rapporto medico – malato è stato
l’avvento delle tecnologie.
Il crescente rilievo delle tecnologie hanno indotto ad approcci che
tendono sempre di più a svalutare la figura del medico e dei suoi rapporti
con i pazienti. Questo si traduce nella difficoltà a stabilire un legame
argomentativo, condizione di una efficace comunicazione ulteriormente
inficiata dall’abuso medico del linguaggio tecnico (difficile da
comprendere per i non medici → atteggiamento snob e presuntuoso.

- 29 -
IN CHE COSA CONSISTE LA BUONA COMUNICAZIONE IN QUESTO
AMBITO?
È così che la buona comunicazione spesso si riduce a una formale
trasmissione di informazioni, senza adeguato riguardo all’empatia con la
quale vengono trasmesse, tanto meno alla necessità di creare, sempre
attraverso l’empatia, reali spazi di condivisione.
Dalla capacità di comunicare in maniera empatica spesso discende la
possibilità di una buona valutazione e quindi di una appropriata diagnosi.
Il buon esito della terapia è quindi condizionato dalla fiducia che il
paziente nutre nei confronti del medico.
L’incontro clinico fra persone si qualifica comunque come nucleo vitale
della medicina. Ci deve essere un incontro in cui la comunicazione ne è il
fattore essenziale.
Le linee di ricerca sulla comunicazione in medicina non riguardano, però,
solamente la relazione fra medico e paziente, ma anche le dinamiche di
natura intramedica ed extra medica.

Andiamo a vedere nello specifico di che cosa si tratta:

LA COMUNICAZIONE INTRAMEDICA
La comunicazione intramedica è riferita agli ambiti propri della medicina,
ossia alle relazioni interne e alle strutture sanitarie di cura e di ricerca.
Lo studio di questa riguarda, dunque, le modalità di interlocuzione e di
dialogo fra medici e operatori sanitari, condotte secondo gli stili
istituzionali peculiari del settore della ricerca scientifica : pubblicazioni,
conferenze, lezioni e testi didattici.
Che cosa significa? Che aldilà del rapporto rapporto clinico con il paziente,
i medici sviluppano anche altri compiti e altre competenze, come l’attività
di ricerca e di sperimentazione.

- 30 -
LA COMUNICAZIONE EXTRAMEDICA
La comunicazione extramedica, invece, è il rapporto fra medicina e
società, che si sviluppa per la divulgazione scientifica delle relazioni fra
strutture sanitarie e il pubblico, dei mass media.
Ricerca, prevenzione, educazione alla salute, procedure di accesso ai
servizi → sono i nuclei privilegiati quando si fa questo tipo di
comunicazione.

TEMI DI DIBATTITO DELLA COMUNICAZIONE MEDICA


Dal punto di vista etico ci sono alcuni temi dibattuti:
1. Il primo riguarda la VERIDICITÀ della comunicazione medica: il
medico deve essere sempre sincero quando deve comunicare la
diagnosi al paziente. Sono questioni etiche molto delicate, e non
tutti i medici hanno la sensibilità ideale per quel tipo di situazioni

2. Poi c’è il tema della AMBIGUITÀ DEL RAPPORTO FRA MEDICO E


MALATO, uniti da un legame prevalentemente interpersonale, non
scientificamente fondato, contraddetto dalla frequente percezione
di un medico distaccato

3. In fine, il tema DELL’OBBLIGO DEL CONSENSO INFORMATO.


Che cos’è il consenso informato? È una legge imposta dal
parlamento che permette a chi deve essere sottoposto ad un
trattamento sanitario invasivo di sapere tutti i dettagli di questo:
che cosa gli verrà somministrato, perché lo fanno, gli eventuali
effetti collaterali ecc.

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LEZIONE 9A e 9B (29 MARZO)
Lezione di approfondimento su padre Alex Zanotelli, i vertiginosi squilibri
sociali e il bisogno di impegnarsi per un mondo più equo.

LEZIONE 10A (1 APRILE)


Tema: la presa in cura dei cittadini da parte delle istituzioni pubbliche che
li dovrebbero rappresentare. In particolare, il tema è la gestione dei beni
comuni.
(Premessa) a cosa servono le tasse? Servono per garantire i servizi e le
cose necessarie a corretto sviluppo della comunità.
Ciascuno di noi è chiamato a contribuire, attraverso le tasse, al
mantenimento dei beni pubblici, in proporzione al suo reddito.

I BENI COMUNI sono tutti ciò che è di proprietà pubblica, cioè ciò che
appartiene ad apparati dello Stato che operano per il bene dei cittadini,
oppure di utilità pubblica.

I BENI COMUNI IMMATERIALI. Non per forza tutti i beni comuni devono
essere ricondotti a qualcosa di materiale, infatti esistono dei beni che
sono fondamentali, anche se sono intangibili, ossia i beni immateriali. Es:
- La pace → consente a ciascuno di noi di trovare la propria
felicità e di coltivare i propri interessi.
- La sicurezza → se non ci si sente al sicuro non si vive bene.
- La salute → senza di essa manca la vita nella sua integrità.
- La cultura → comportamenti, usi e costumi.

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LEZIONE 10B (1 APRILE)
LE PROPRIETÀ COLLETTIVE. Esistono delle proprietà collettive delle quali
si fa un uso condiviso civile. Ne rientrano
- I beni demaniali
- I terreni
- Le spiagge
- I boschi / le foreste
- Gli enti di gestione
- I consorzi
- L’acqua
- L’aria, anche se non la paghiamo.

STEFANO RODOTÀ si è occupato di questo argomento attraverso la


dichiarazione per i diritti di internet, un codice di tutela dei diritti e dei
doveri riferiti ad internet.

Anche in questo caso sarebbe bene che lo Stato, vista l’importanza e il


rilievo di questo mezzo, garantisse a tutti, anche a chi appartiene ad un
ceto più povero, la stessa possibilità di usufruirne (vedi il Digital Divide di
sociologia).
Quello che ci serve è un recupero di senso della comunità e di
appartenenza non gli uni contro gli altri, ma insieme, aldilà delle
preferenze politiche, delle scelte di vita, dei sentimenti ecc. Ognuno ha la
libertà di perseguire la propria felicità e di accedere almeno ai servizi
minimi indispensabili.

Per questo c’è bisogno di uno Stato capace di sapersi prendere cura
anche dei più deboli

- 33 -
L’ECONOMIA DEL BENE COMUNE, quindi, si basa sull’impegno di tutti noi
e sulla disponibilità di tutti noi di fare e dare qualcosa per gli altri.
Siamo partiti a parlare dalle tasse per capire aldilà delle strutture, i servizi
non si possono pretendere se nessuno ne sostiene gli oneri.
Quello che ci appare una grande lontananza tra noi cittadini e chi ci
governa, in realtà non è altro che “un gioco d’ombre”: chi ci governa oggi,
un domani ritornerà a fare il cittadino, e viceversa.
Serve perciò forte e determinata lucidità e coscienza civica, con uno
sguardo attento ai bisogni di tutti.

LEZIONE 11A (4 APRILE)


Approfondimento sul caso Seveso

LEZIONE 11B (4 APRILE)


COMUNICAZIONE AMBIENTALE : mira a orientare i comportamenti dei
cittadini verso azioni che favoriscano uno sviluppo sostenibile per
l’ambiente.

Le istituzioni pubbliche, le imprese e i mass media si impegnano a


diffondere una corretta informazione ambientale.
Serve quindi molto dialogo e una grande opera di sensibilizzazione e di
segnalazione di quelli che sono i rischi e i pericoli di quelli che si vanno a
correre se non si attribuisce l’importanza che merita il tema
dell’ambiente.
Negli anni 70 emerge la consapevolezza che le risorse naturali vanno
tutelate. Un punto si svolta si ebbe nella Conferenza di Stoccolma nel

- 34 -
1972: si comincia davvero a dare sostanza a forme di educazione
ambientale concepite al fine di diffondere questo senso di
consapevolezza che la tutela dell’ambiente è dovere di ciascuno di noi.
➔ In ITALIA il momento drammatico è il dramma di Seveso nel 1976,
qualche anno dopo ci fu la “Direttiva Seveso” quindi una iniziativa di
legge che recepisce i rischi connessi alle produzioni industriali, e cerca
di fornire le direttive necessarie per evitare che drammi come quelli di
Seveso di possano ripetere:
- Censimento degli stabilimenti a rischio
- Definizione dei piani di emergenza
- Controllo sull’urbanizzazione dei siti
- Obbligo per le imprese di comunicare i rischi
- Predisporre campagna informative

Tutto ciò per minimizzare i danni in caso di incidenti

Quindi c’è la necessità di salvaguardare salute e ambiente anche


attraverso adeguate strategie comunicative e appropriate campagne di
informazione orientate secondo principi di responsabilità, verità e
trasparenza
Dagli anni 80 c’è una intensificazione delle attività di comunicazione in
funzione anche della preservazione delle risorse naturali, con particolare
riguardo alla loro non infinita disponibilità

AMBITI SENSIBILI per i quali bisogna avere maggiormente attenzione :


1. Energia (quanta ne sprechiamo e quanto ci costa)
2. Rifiuti
3. Gestione del territorio (foreste disboscate per fini di guadagno e
profitto, senza tener conto delle conseguenze)
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4. Biodiversità

ATTORI DELLA COMUNICAZIONE


- Ministeri
- Regioni
- Province
- Parchi
- Aree marine
- Comunità montane

Negli anni 2000 nasce la legge 150 che estende e formalizza l’impegno a
tutte le pubbliche amministrazioni per la tutela dell’ambiente.

In tutto ciò però c’è il rischio che l’inflazionarsi dei messaggi si traduca in
un rumore di fondo indecifrabile.
Rischio di strumentalizzazioni e superficialità : comunicazioni finalizzate
alla promozioni di interessi di parte e non adeguatamente supportati da
elementi scientifici. → Pericolo di allarmismi ingiustificati

Il manifesto della comunicazione pubblica in campo ambientale del 2007


invita a comunicare con trasparenza alla comunità qualsiasi intervento
determini un impatto sull’ambiente. Nessuna opera può essere realizzata
senza il coinvolgimento della popolazione

Questo porta la partecipazione attiva dei cittadini alla gestione delle


risorse ambientali e al controllo sugli insediamenti produttivi e i
comportamenti che possono recare danno all’ambiente

- 36 -
LEZIONE 12A (8 MARZO)
SCOPO DELL’INFORMAZIONE. A che cosa serve l’informazione?
Serve a darci conto a ciò che accade attorno a noi, e di fornirci attraverso
le notizie, elementi sulla base dei quali ciascuno può trarre delle
valutazioni; e considerare se ciò che sta accadendo è coerente con le
nostre visioni del mondo, compatibili con i nostri pensieri oppure se
invece confligge con queste idealità e si allontana dal mondo ideale che
ognuno di noi pensa
L’informazione ruota intorno all’asse della verità sostanziale dei fatti.
E qual è la verità sostanziale dei fatti? È ciò che possiamo considerare
vero e attendibile perché comprovato da una serie di elementi che
supportano ciò che il giornalista o altri forniscono.

LA SELEZIONE DEI FATTI DI DAVID ALTHEIDE


• “che cos’è notizia?” ciò che i giornalisti decidono di pubblicare.
La notizia diventa ciò che va nel giornale. I giornali raccontano un
pezzetto selezionato che è una piccola porzione della vita e di ciò che
accade.
Esistono vari modi di fare il giornalista:
- Il giornalista testimone: che è quello che normalmente vive
direttamente in prima persona la notizia o l’avvenimento
- Il giornalista mediatore: è il giornalista che ha una ricca e vasta
rete di fonti
- Il giornalista missionario: colui che interpreta il proprio ruolo
di giornalista come l’espressione di una vocazione civica.

- 37 -
LE TECNOLOGIE E LE CRISI COGNITIVE
La radio dà la notizia, la TV mostra la notizia, il giornale spiega la notizia (il
giornale ha la possibilità di articolare e commentare, mentre in TV hanno
solo pochi minuti per dire la notizia).

LEZIONE 12B (8 APRILE)


COMPLETEZZA E PARZIALITÀ come potrà mai essere completa una
informazione se dietro c’è un mondo da raccontare?
Giornalismo: pratica volta alla comprensione del mondo e
all’interpretazione della realtà. Quindi il grande e onesto giornalista è
colui che si sforza di raccontare i fatti come li ha intesi e interpretati
anche se vanno contro le sue convinzioni e infangano i suoi valori.

• DIRITTO DI CRONACA: quello che reclamano i giornalisti


• DIRITTO DI INFORMAZIONE: quello che rivendicano i lettori
Il fine dell’informazione da un punto di vista etico è da considerare in
ordine al rilievo sociale del fatto (fine sociale, verità, obiettività e
valutazione critica. Mentre dal punto di vista del diritto ci sono una serie
di prescrizioni e raccomandazioni che vincolano l’azione dei giornalisti e
che ritroviamo in parte negli articoli della costituzione. Ad esempio:
- Articolo 21 della costituzione → tutti hanno diritto di
manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo
scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può
essere soggetta ad autorizzazioni o censure
- Dichiarazione di autodisciplina della stampa → dove fa
riferimento alla informazione come un diritto inalienabile, al
fatto di attenersi alla verità dei fatti, alla fedele e imparzialità
nella divulgazione delle notizie.

- 38 -
- Ordinamento della professione giornalistica → diritto di
cronaca. Libertà di informazione e di critica
- Vari protocolli d’intesa nati nel 1900

LEZIONE 13A (12 APRILE)


Presentazione slide sulla televisione (e carosello come uno de fenomeni
più importanti)

LEZIONE 13B (12 APRILE)


La TV dei nonni → bene raro, prezioso, concesso a pochi
La TV di oggi → bene sovrabbondante, oggetto presente in tutte le case
Un tempo la televisione aveva un funzione educativa (es. Programma
“non è mai troppo tardi”), oggi la televisione è generalista organizzata in
filoni di interesse che abbraccia un pubblico di nicchia che lo gratifica
nella sua declinazione.

Passaggio dalla paleotelevisione (cioè la televisione che abbiamo


conosciuto fino alla metà della anni 70 e caratterizzata da un
paternalismo, fatti per creare una conoscenza e una cultura di base che
non c’era) alla neotelevisione (il cui elemento caratterizzante è l’aspetto
commerciale)
L’effetto che la televisione contemporanea genera è quello del villaggio
globale, che essendo tutto interconnesso, tutto appare vicino e a portata
di mano; il mondo sembra più piccolo e facilmente dominabile.
Da questa evoluzione si genera una nostalgia per la tv di un tempo che
aveva.

- 39 -
➢ ETICA DELL’INFORMAZIONE: che fissa e stabilisce i paletti
invalicabili che certificano l’onestà dell’operatore che fornisce
informazioni

➢ INFORMAZIONE ETICA: concepisce lo spettatore come soggetto


debole, ovvero come se fosse un minore al quale è meglio celare la
verità (es. I regimi celano argomenti di cronaca nera per evitare
panico nella popolazione) → si decide per l’interesse pubblico cosa
è meglio sapere e cosa no

La tv attuale si dibatte su due modelli:


1. PROPENSIONE PEDAGOGICA
2. DERIVA COMMERCIALE, dove molto spesso le scelte della
programmazione sono condizionate dagli interessi degli sponsor, i
quali garantiscono la possibilità di fare televisione.

- 40 -
Per riassumere paleotelevisione Vs neotelevisione….

PALEOTELEVISIONE
Obbiettivo: educare
Logica del palinsesto: evento (TV festiva)
Linguaggio: mutuato da altri media
Strategia di genere: adesione ai canoni
Strategia di affabulazione: distinzione fra spettacolo e realtà (il tempo del
racconto della narrazione non coincide con quella della fruizione)
Strategia promozionale: assente

NEOTELEVISIONE
Obbiettivo: intrattenere (l’intrattenimento tende a inglobare tutto:
informazione, cultura ecc)
Logica del palinsesto: flusso (andamento ciclico, fatto di microeventi
narrativi, quotidiani, senza censure)
Linguaggio: originale (televisivo)
Strategia di genere: rottura
Strategia di affabulazione: spettacolo come proiezione della realtà (il
tempo del racconto e il tempo della fruizione si identificano)
Strategia promozionale: improntata ai principi del marketing

- 41 -
LEZIONE 14A (15 APRILE)
LA RETE:
- Rapida, immediata: trasforma le categorie di spazio e tempo,
ossia attraverso la rete, riusciamo a proiettarci in luoghi
distanti e in un tempo straordinariamente ridotto. Però ci sono
delle controindicazioni, come ad esempio il fatto che non c’è
tempo per riflettere e rielaborare: l’impulso prevale sulla
riflessione e induce al superamento di barriere e filtri. E questo
può provocare fraintendimenti, equivoci ecc.

- Ipertestuale: nel web si genera un ambito reticolare di


collegamento e connessione fra i vari nodi sicché lo spazio
risulta composto da altri spazi tendenzialmente infiniti
secondo la logica degli ipertesti. L’effetto complessivo (in parte
illusorio) è di contemporaneità e compresenza. Le barriere
dell’ambito quotidiano si dilatano e si infrangono,
proiettandoci negli ambiti virtuali delle connessioni. Il rischio è
quello della dispersione (di senso e di identità)

- Interattiva: l’interattività è uno dei caratteri peculiari della


comunicazione in rete. L’utente può dialogare in tempo reale e
fornire un feedback immediato (interagendo con l’amico nei
social o addirittura con il capo del governo). Problema: stiamo
insieme (virtualmente), ma soli (perché isolati ciascuno nel
proprio spazio reale)

- Ipermediale / multiforme: il messaggio è ricco,


sovrabbondante, ridondante e accattivante: testo, audio,
video, immagine, effetti grafici. Tutto viene consumato
velocemente. La comunicazione è impressionistica più che
cognitiva. Qui si corre al rischio della superficialità.
- 42 -
- Archiviabile: la rete come una enorme banca dati. I dati e le
informazioni sono rintracciabili. Rischio: verifica delle fonti e
dell’attendibilità dei dati che ci vengono proposti. Altro
problema: con chi parlo?

- Puntiforme / diffusa: la struttura puntiforme rende la rete


potenzialmente disponibile ovunque. Chiunque accede alla
rete è in grado di intervenire. Sensazione di poter dire o fare
qualsiasi cosa e che tutto sia a portata di mano ovunque ci si
trova, senza limitazioni. Rischio: perdita del senso di realtà.
Problema: digital divide, squilibrio nelle opportunità.

- Economica: basso costo di accesso e distribuzione. I giornali


online possono massimizzare il pubblico senza costi di
riproduzione. Rischio: proliferazione di notizie non verificate.
Più in generale, assenza di controllo è libertà e insieme
pericolo.

LEZIONE 14B (15 APRILE)


Presentazione di due film
Letto la dichiarazione dei diritti su internet

LEZIONE 15 IN PRESENZA

- 43 -
LEZIONE 16A (22 APRILE)
LA PUBBLICITÀ COME MEZZO DI PRODUZIONE DEI BENI GENERATI
Entriamo quindi nell’ottica del mercato
Mercato = punto di incontro in cui si dovrebbero soddisfare i bisogni degli
individui.
La pubblicità mira a influenzare pensieri e comportamenti
Il termine “pubblicità” deriva dalla etimologia latina pubblicare, ossia far
conoscere.
La pubblicità molto spesso genera illusioni, facendo i credere che il
possesso e l’esibizione di un certo oggetto possa giovare alla nostra
immagine e quindi migliorare la nostra identità sociale. Il gioco della
pubblicità è infatti quello di creare un legame fra ciò che mostriamo e ciò
che implicitamente siamo in ragione della nostra maniera di esibirci
(oggetti, auto, capo alla moda ecc)

Esistono diverse forme pubblicitarie:


• PUBBLICITÀ COMMERCIALE: quella volta a orientare la propensione
all’acquisto.

• PUBBLICITÀ SOCIALE: ha come scopo la sensibilizzazione, rendendo


le persone consapevoli di fatti rilevanti che caratterizzano il mondo,
sollecitando un interesse e un nostro attivo coinvolgimento.

• PUBBLICITÀ ISTITUZIONALE: pubblicità che indica ai cittadini la


disponibilità di un servizio e ne propaganda le finalità e le modalità
di accesso. Questa pubblicità è normalmente messa a servizio da
stato, regioni, comuni.

• PROPAGANDA POLITICA: è la forma di promozione di partiti e


candidati che cercano il consenso e il sostegno del voto dei cittadini.
- 44 -
La storia della pubblicità è una storia antica, non nasce nella
contemporaneità. Essa esiste sin dai tempi dell’antica Roma (insegne
delle botteghe) nel Medioevo (insegne artistiche) nel Quattrocento
(manifesti pubblicitari) nel Seicento (annunci sulle gazzette) nel
Settecento (réclame sui giornali) e nell’Ottocento (affissioni, litografie,
prime agenzie).
Poi abbiamo il Novecento con la nascita del cinema, della radio, la tv e
internet.

LEZIONE 16B (22 APRILE)


PUBBLICITÀ FRA STRATEGIA ED ETICA
Efficace → ciò che raggiunge il proprio scopo
Efficiente → ciò che minimizza il dispendio di risorse per raggiungere lo
scopo
In termini etici ciò che viene valorizzato è il principio di utilità,
considerato secondo le aspettative, l’ottica e I bisogni della collettività,
dei gruppi o del singolo individuo.
È chiaro che l’effetto della pubblicità sia quello di generare aspettative
che crea appetiti nel pubblico, e di illuderlo della possibilità di migliorare
la propria condizione di vita in funzione del possesso di determinati
oggetti, che come tali possiamo considerare status simbol

La pubblicità distorce la percezione della realtà e genera aspettative nel


pubblico in relazione a un miglioramento della propria condizione di vita

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Fino agli anni 80 la pubblicità svolge una funzione informativa: il pubblico
acquista in risposta ad un bisogno. → Questo dovuto anche al boom
economico di quegli anni.
Dagli anni 80 iniziano le strategie basate sulla seduzione e tentazione
generando una aspettativa sulla base della quale il brand diventa
l’elemento catalizzante = io valgo non per come sono, ma per come
appaio.
Approccio psicologico: i consumatori sono stimolati da falsi bisogni.
L’interesse transita dalla considerazione del bene in sé al valore simbolico
e di status incardinato nell’oggetto.

Manipolazione, persuasione, strategie occulte vengono elaborate dagli


esperti pubblicitari.
La promozione televisiva del prodotto da commercializzare genera una
sovrapposizione fra immagine, verità e realtà: forte potere persuasivo
delle Tv, dove le immagini di cose reali corrispondono alla realtà.
La televisione inscena lo spettacolo del desiderio. Nello spot la
mancanza viene colmata dall’eroe (testimonial) del prodotto
pubblicizzato. Molto spesso usando anche la tecnica della seduzione
basata sull’uso di metafore e immagini evocative.

Con internet si passa dalla pubblicità one to many (= messaggio buono


per tutti) al messaggio one to one (= messaggio personalizzato che tiene
conto dei tuoi gusti e delle tue propensioni).

Alla fine possiamo dire che la pubblicità ha in parte un valore legato alla
promozione di una informazione, ma dall’altra è di fatto una esortazione
al consumo perché è la vetrina principale della produzione

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SEMINARIO 1
STORIA DEL PENSIERO ETICO con Nicola Alessandrini.
Presentazione: ETICA E MORALE
La morale si intreccia all’etica e per moltissimi secoli resta al suo fianco in
modo del tutto sinonimico.
ETICA viene dal greco etos
MORALE viene dal latino mos moris
Ma entrambi significano la stessa cosa: usi, costumi, abitudini →
ragionamento su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
Tuttavia da Hegel in poi, questi due termini prendono due direttive
differenti, anche se nettamente intrecciate
1) Etica viene legata al discorso pubblico, alla vita collettiva di un
popolo
2) La morale si lega sempre di più sulla soggettività e
sull’interiorità umana

Premessa: LA FORMA PIÙ PURA DI PENSIERO


Due considerazioni preliminari sull’etica: l’etica si configura come la
forma più pura di pensiero, inoltre, pur essendo una disciplina attinente
all’ampia cornice della filosofia, l’etica non è astratta perché ci pone
costantemente di fronte a problemi concreti e quotidiani

Capitolo 1: ETICA COME SCIENZA


La storia dell’etica inizia in Grecia, ad Atene con Socrate. La filosofia
antica è una sorta di grande esercizio spirituale, potremmo definirla come
una consulenza filosofica permanente.

- 47 -
I filosofi greci nell’antichità si interrogavano soprattutto su che cosa fosse
la virtù. E la virtù è qualche cosa che affonda le sue radici nella nostra vita
quotidiana: è chiedersi come devo vivere per condurre una vita buona.
Socrate dice che la vita buona è una vita condotta secondo virtù. Ma che
cos’è la virtù? Socrate a questa domanda risponde: la virtù consiste nel
soddisfare la propria essenza. (es essenza dell’occhio è vedere bene,
essenza del cavallo è correre veloce). Ma qual è l’essenza dell’uomo??
L’essenza dell’uomo consiste nel soddisfare la caratteristica più propria
dell’uomo, cioè quella caratteristica che distingue l’uomo dagli altri essere
viventi → l’anima.
Ma per Socrate l’anima consiste nella nostra ragione, la nostra capacità di
pensare, la nostra conoscenza.
Quindi la virtù dell’uomo consisterà nell’alimentare la nostra conoscenza
La virtù si potrà poi trasmettere, la possiamo imparare e insegnare.
Quindi possiamo dire che la virtù è scienza.

IL BENE CONSISTE NELLA CONOSCENZA (= affermazione nodale di


Socrate).
Quindi il male non sarà altro che ignoranza del bene.

Capitolo 2: IL SEGRETO DELLA FELICITÀ


Che cos’è la felicità? Per i Greci la felicità è una vera e propria fioritura.
Una edaumonia, è più della felicità, è una vera felicità, qualche cosa che
da un senso di compiutezza alla nostra esistenza.
È qual è il rapporto tra la felicità e la morale? Per ARISTOTELE sono
assolutamente compatibili: noi possiamo condurre una vita etica ed
essere felici ed appagati.
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ARISTOTELE si chiede cosa sia il bene. Per lui il bene è ciò per cui una cosa
tende. Il bene supremo è ciò per cui TUTTO tende.
Per questo motivo l’etica di Aristotele viene considerata un ETICA
TELEOLOGICA, quindi un’etica che da una grandissima importanza ai fini e
agli scopi.
Ma in che cosa consiste il bene supremo per l’uomo? Per Aristotele il
bene supremo è la felicità.
In che cosa consiste la felicità per l’uomo? Aristotele ci dice che consiste
nello sviluppo della caratteristica propria dell’uomo. A rendere unico
l’uomo e l’anima, in particolar modo l’anima razionale.
Quindi saremo felici se riusciremo a sviluppare quanto più possibile la
nostra conoscenza e la nostra ragione.

Aristotele ci dice che è proprio grazie alla ragione che noi possiamo
controllare le nostre passioni ed essere quindi virtuosi → tanto più noi
abbiamo sviluppato la ragione, tanto meglio riusciremo a controllare le
nostre passioni e a praticare quelle che Aristotele definisce le virtù =
le virtù del giusto mezzo

ATTRAVERSO LA RAGIONE NOI RIUSCIAMO A CONTROLLARE I NOSTRI


ISTINTI VIRTUOSI, come il coraggio.
In questo risiede la felicità secondo Aristotele: nella giusta misura che ci
permette di vivere in modo virtuoso.

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Capitolo 3: LIBERA VOLONTÀ
La libertà fu una delle grandi rivoluzioni in ambito morale del medioevo.
Negli studi di filosofia medievale si parla spesso di ottimismo cristiano,
ovvero una sensazione positiva nei confronti del mondo che è legata a
dio, il quale creò “ogni cosa nel mondo è buona”.
Ma come possiamo spiegare il male nel mondo? Questa è proprio la
domanda che tenta di rispondere AGOSTINO, dove dice che il male altro
non è che desertium meliorum :
per Agostino fare il male non significa essere malvagi, fare il male significa
scegliere fra due beni quello inferiore. → È la nostra volontà di scelta che
ci porta a scegliere il bene inferiore.
Per Agostino esiste una sorte di libertà minore che consiste proprio nel
poter scegliere tra due beni quello che ci interessa di più, e che non
sempre coincide con quello superiore.
Però c’è anche quella che Agostino definisce libertà maggiore cioè una
libertà più grande, superiore, più profonda che consiste invece nel
comprendere l’ordine gerarchico delle cose che ci circondano per aderire
al bene.

Come possiamo essere liberi se si già quello che dobbiamo scegliere?


Tramite il concetto di volontà, concetto fondamentale per la libertà,
perché gli dà spessore nella capacità di scegliere tra il bene il male.
La volontà consiste proprio nell’azione della scelta: è quella libertà più
intima che non ci può togliere nessuno

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Capitolo 4: ETICA E POLITICA
Qual è il rapporto tra l’etica e la politica? Per ARISTOTELE l’oggetto della
politica è esattamente quello dell’etica: ossia il bene umano.
Anche per PLATONE il bene umano è identico a tanto per il singolo
quanto per la città, cambia solo di proporzioni.
Eppure nel rinascimento inizia una frizione tra etica e politica: la apolitica
non viene più concepita come una scienza pratica e convergente con
L’etica.
Ma perché questo avviene proprio durante il rinascimento? Perché nel
rinascimento ci furono grandi stravolgimenti: inizia a consolidarsi lo stato
moderno e si impone la riforma protestante. → L’etica tende ad
interiorizzarsi e a diventare individuale, mentre la apolitica si esteriorizza
diventando vera potenza e si slega dall’etica.

Capitolo 5: SCHIAVI DELLE PASSIONI


Il legame tra passioni ed etica è uno degli aspetti più caratterizzanti della
filosofia nell’età moderna, ed è proprio grazie alla spaccatura tra soggetto
e oggetto, mente e corpo che le passioni possono essere approfondite.
Una delle riflessioni più audaci in questa direzione la possiamo trovare in
DAVID HUME, filosofo scozzese del 1700.
Hume scrive il “trattato sulla natura umana” nel quale stravolgerà per
sempre il corso della filosofia morale. Esso scrive “ogniqualvolta leggo un
trattato di morale, mi trovo sempre difronte alla stessa scena: i vari
filosofi iniziano a descrivere il mondo, ma ad un certo punto si passa dalla
descrizione alla prescrizione. Passaggio dal È al DEVI.
In altri termini siamo noi a dare significato al mondo, siamo noi a creare
leggi morali.

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Le nostre scelte nella vita quotidiana non dispongono di certezze, se per
agire dovessimo preoccuparci ogni volta di avere una conoscenza assoluta
e una chiarezza cristallina finiremo per rimanere immobilizzati.
Quindi HUME ci dice che noi possiamo contare sulle passioni, non sono
cece e inaffidabili. Passioni, desideri e istinti fanno parte della natura
umana.
Tuttavia un mondo governato dalle passioni potrebbe risultare
pericoloso, ed è forse per questo che Hume introduce una sorta di
correttivo nel proprio sistema morale: quello della simpatia.
La simpatia è una sorte di sensibilità piuttosto che di ragione, una forma
naturale di benevolenza per la costruzione etica della società.

Capitolo 6: UTILE O DOVERE?


Il fondamento della morale è costituito dall’utilità o dal principio della
massima felicità. Le azioni moralmente corrette procurano felicità o
piacere, mentre quelle moralmente scorrette procurano infelicità o
dolore.
Il fondatore dell’utilitarismo è JEREMY BENTHAM (Inghilterra, 7/800).
Preoccupato dall’urgenza di fornire una base razionale alla valutazione
delle nostre scelte morali, BENTHAM stabilisce la regola del calcolo della
felicità: è convinto che si possano misurare e confrontare fra loro le
diverse quantità di felicità o di dolore provocate da una azione. È infatti
convinto che i piaceri differiscono per quantità e per durata. Un forte
problema della concezione di Bentham è che non presta attenzione alla
qualità.
Per perfezionare la teoria dell’utilitarismo dobbiamo arrivare alla seconda
metà del 1800 con Jhon Stuart Mill che apporta delle modifiche
importanti alla teoria di Bentham. Non gradendo infatti la conclusione un
po affrettata, Mill tenta di modificare L’utilitarismo per sviare l’attacco

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dei critici. Mill oltre alla quantità e alla durata introduce anche la qualità,
è così possibile individuare la propria gerarchia tra:
1) Piaceri inferiori
2) Piaceri superiori
Mill inoltre precisa che per il parametro utilitaristico per valutare la
moralità di una azione non è la felicità personale, ma quella di tutti gli
interessati o, quantomeno, del maggior numero.
Per rendere valida la teoria dell’utilitarismo occorre che chi agisce si
comporti come uno spettatore disinteressato, valutando la propria
condotta in modo imparziale.

KANT parte da un presupposto fondamentale: se la morale deve essere


possibile per tutti gli esseri umani, noi dobbiamo trovare un principio
universale che valga per tutti ovunque e in ogni tempo. Non potrà quindi
basarsi né sulle passioni né sulla convenienza.
Ecco perché KANT fonda la propria morale sul dovere. Parliamo quindi di
una morale deontologica: non è più il bene a stabilire quale debba essere
la morale, ma sarà la morale a stabilire quale deve essere il bene.
Legge morale: legge formale e quindi universalizzabile.
Per Kant, quindi, un’azione è morale solo se compiuta nel rispetto della
legge morale per senso del dovere.

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Capitolo 7: AL DI LA DEL BENE E DEL MALE
NIETZSCHE spetta il merito di avere visto nei Greci anche il lato più oscuro
e inquietante.
Per Nietzsche la veridicità ha saputo guardare la vita dritto negli occhi
anche nel suo volto più crudele e spietato, e sono riusciti a cogliere
questo aspetto della vita stendendovi sopra un velo di armonia e bellezza
attraverso l’arte.
L’arte per Nietzsche vede la verità, ma al contempo la maschera per
renderla sopportabile. Opera appunto una trasfigurazione estetica.
Nietzsche vuole fare il disincanto con cui i greci guardano il mondo e
traspone questo disincanto anche in termini morali. Lui dice che la morale
non è fondata su valori eterni. La morale per Nietzsche è fondata sul
bisogno di acquisire potenza.
Il principio della morale deve essere l’egoismo : è l’aspetto più naturale e
più autentico della morale, solo che la mentalità comune non lo vuole
riconoscere. L’egoismo / l’egocentrismo costituisce il naturale elemento
dell’individuo libero e pensante
Nietzsche ci riconsegna una immagine autentica e naturale dell’uomo.

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LEZIONE 17 (26 APRILE)
La parola è il nostro strumento di comunicazione principale. La parola è
ciò che accende o spegne e relazione le nostre relazioni umane. Le parole
sono importanti, e a volte sono pronunciate senza la consapevolezza che
esse rimangono nel tempo: bisogna imparare a pesare quello che
diciamo.
I nostri ragionamenti sono fatti di parole e riflettiamo su ciò che
dobbiamo e non dobbiamo fare, esiste infatti un linguaggio interiore con
il quale noi pensiamo e riflettiamo.
Termine ricordare : vuol dire riportare al cuore, cuore inteso come
metafora del sentimento. Quindi ricordare è restituire il senso
dell’emozione, rivivere quel momento, coltivando la memoria. *Chi non
ha memoria non ha futuro”.
Pregiudizio: un giudizio dato prima a priori, dato senza considerazione dei
fatti e senza nessun tipo di analisi. L’impedimento creato al pregiudizio
dipende dal rapporto che abbiamo con gli altri.
Normale : che rispetta una norma, che è conforme ad uno standard e a
un modello predefinito. La normalità aderisce alla aspettativa.
Naturale : la naturalità implica la conformità alla natura, quindi ad un
regno che ci trascende in quanto uomini. Questo porta a considerare
qualcuno innaturale in base ai comportamenti che la natura
prevalentemente segnala. Il richiamo della natura quindi sta per definire
un limite oltre al quale non si deve andare. Naturalità = purezza.

Sentire o ascoltare: cose diverse, anche se possono apparire sinonimi.


Ascoltare significare prestare attenzione agli altri, provare ad
immedesimarsi nell’animo dell’altro per capire.
Vedere, guardare, osservare : vedo anche per sbaglio, vedo e mi
soffermo, ma ancora di più abbiamo osservare che certifica la nostra

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intenzionalità : quando io osservo voglio andare dentro alla situazione e
indagare.
Benevolenza o ostilità : benevolenza abbiamo il bene, si guarda, si ascolta
e si porge la mano per andare incontro all’altro, mostriamo la nostra
disponibilità. Ostilità è il suo contrario.
Sincerità, ambiguità, doppiezza: ambiguità è un po mescolare le carte e ci
teniamo qualcosa per noi, doppiezza è ipocrisia, manifestiamo un
sentimento ma in realtà proviamo l’opposto.
Violenza e non violenza : (violenza verbale, anche solo con un gesto,
fisica). La non violenza è una etichetta di chi rifiuta in qualsiasi circostanza
di compiere qualsiasi atto che comprenda violenza. Chi è che non violento
accetta e subisce il male piuttosto che farne.
Strategici, disinteressato e spassionato
Solidale e indifferente
Onestà e slealtà
Vero o falso (termini etici) dal punto di vista dell’informazione sta a chi
scrive e dice cosa dire. La verità deve essere ulteriormente definita
perché dal punto di vista etico e giornalistico è tale fino a prova contraria.
Immanenza e trascendenza
Libertà e responsabilità
Vittorie e sconfitta
Libertà e oppressione
Essere e divenire
Essenza apparenza
Noto ignoto
Normale anormale

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Volto e maschera: maschera è una parola di origine etrusca e significa
persona. Nella sensibilità del popolo etrusco c’era già la consapevolezza
del calco del proprio volto: gli individui indossano atteggiamenti e
caratteristiche in base alla scena che stanno interpretando, indossiamo
panni in base a quelli che ci sembrano più adeguati in base alla situazione
che stiamo affrontando.
Virtuale e reale: molto forte in questi anni questo contrasto. Il virtuale
diventa un potenziamento del reale, non il suo opposto. Attraverso
meccanismi del web il virtuale diventare reale (es. Acquistare biglietto per
lo spettacolo). Differenza tra noi e macchine? Gli individui apprendono in
base alla esperienza, la macchina ancora no.

LEZIONE 18A (29 APRILE)


LE RELAZIONI PUBBLICHE E LA COMUNICAZIONE D’IMPRESA.
Dietro al prodotto c’è un mondo di relazioni, e ci sono quindi meccanismi
che sono riconducibili ai legami sociali nelle loro diverse inclinazioni, in
questo caso legami il cui fondamento è l’interesse (dell’impresa a
vendere, del consumatore ad acquistare prodotti validi alle sue
aspettative)
Che cos’è che qualifica la buona impresa? La reputazione, cioè la
considerazione che i consumatori hanno. (la reputazione può essere sia
positiva che negativa)
Dalla reputazione discende la licenza a operare, cioè l’accettazione del
consesso comunitario (sia da parte dei clienti e sia da parte dei
competitor).

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Come si costruisce una buona immagine di se? E quindi in che misura le
relazioni pubbliche favoriscono un processo di accreditamento (cioè il
processo che porta a definire una buona immagine all’impresa e induce i
suoi impiegati a valutare con rispetto l’operato)? Le relazioni pubbliche
sono uno strumento fondamentale: relazione pubblica significa accettare
il dialogo e il confronto e rendere il più possibile trasparente le mie
modalità operative, le scelte che faccio, i prodotti che utilizzo.
Due figure molto importanti:
1) STAKEHOLDER : tutti coloro che sono portatori di interesse
2) OPINION LEADER : sono quei personaggi che in ogni comunità
godono di credito, sono stimati, benvoluti e apprezzati per le loro
qualità e per la loro capacità di dare testimonianza dei fatti in
maniera onesta e corretta, senza coltivare finalità diverse. Quindi
persone affidabili e attendibili il cui parere conta molto in quanto
documentato.

A riguardo dei modelli relazionali, è bene ricordare i modelli di Gruning.


Gruning è uno studioso di dinamiche comunicative che ha messo uno
strumento utile ed efficace.
I modelli di Gruning prevedono una forma di comunicazione che può
essere ad una via a due vie, simmetrici o asimmetrici.
Esistono 4 tipologie di modelli relazionali:
1) Propaganda: prende in considerazione Burnum, ossia il possessore
di un circo in America molto famoso. Il circo Burnum attraeva il suo
pubblico facendo intendere cose inverosimili, che però se bene
raccontate vanno a stuzzicare la nostra fantasia. → Modello ad una
via: perché il padrone della comunicazione è Burnum stesso, cioè è
lui che esorta, incuriosisce e cerca di stimolare la curiosità. A lui non
interessa avere la stima del pubblico, a lui interessa avere solo
incuriosito il pubblico, quindi una vera e propria propaganda. È

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asimmetrico perché lui si sente superiore, non si sente allo stesso
livello del pubblico.

2) Informazione pubblica: si prende in considerazione Lee, che era


l’addetto alla comunicazione di una prestigiosa impresa americana,
la quale avverte il bisogno di rendere noto ai cittadini il risultato che
ho conseguito, quindi le cose fatte, le cose realizzate ecc. In questo
caso il modello è ad una via, perché c’è la considerazione del mio
pubblico senza però avere nessun tipo di risposta; in questo caso c’è
la simmetria perché Lee tratta rispettosamente il pubblico e lo
ritiene degno di essere informato

3) Persuasione: si prende in considerazione Bernays, colui che arriva e


suona per convincerti a comprare qualcosa. Esso si pone in ascolto,
per cercare di cogliere un punto sensibile nell’altro: in questa
maniera avrò le carte giuste per condizionare la sua scelta. Questo è
sicuramente un modello a due vie perché io agisco solo in relazione
a ciò che ho sentito, è asimmetrico perché chi conduce il gioco è
Bernays

4) Concertazione: si prende in considerazione Grunig. Questo è un


modello a due vie e simmetrico, perché si fonda sul dialogo e sul
confronto, dove ciascuno esprime le proprie convinzioni e si cerca
una intesa tra le diverse esigenze e le diverse disponibilità: trovare
un punto di incontro.

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LEZIONE 18B (29 APRILE)
Qual è il primo passo da compiere quando dobbiamo sostenere l’opera di
inserimento di una azienda in un contesto territoriale e sociale in cui
quella azienda non è nota o non operativa?
1- RICERCA: che ci porta a conoscere le tradizioni, i bisogni, le
opportunità, modelli comportamentali, le gerarchie sociali.
Costruirsi un quadro dettagliato della situazione per cogliere le
potenzialità.
2- PROGRAMMAZIONE: per far sì che quando l’impresa sia attiva non
incontri resistenze o diffidenze, ma che sia accolto con favore e
considerato come un arricchimento del territorio.
3- COMUNICAZIONE
4- VALUTAZIONE

Quindi la prima attività da svolgere è quella di un attento sguardo


all’orizzonte, quindi bisogna che rientri perfettamente a fuoco la realtà
così come si presenta, cercando di comprenderne le dinamiche, le
relazioni e i flussi da tutti i punti vi vista: funzionale, sociale, delle prassi e
delle abitudini.
Tramite lo scenario andremo quindi a focalizzare i nostri obiettivi in
corrispondenza anche al target (pubblico a cui puntiamo). In base a tutto
questo si definiscono le strategie d’azione e anche gli strumenti più
adeguati (cosa e più opportuno e cosa no). Per fare tutto questo va anche
fatta la valutazione del budget, quanto devo investire in rapporto a
quanto ho a disposizione.

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LEZIONE 20A (6 MAGGIO)
ETICA E POLITICA (pt. 2)
Prendiamo i considerazione 3 aspetti importanti:
1) Messa in discussione della forma partito: la forma partito è il luogo
in cui i cittadini hanno titolo per discutere e dibattere per trovare un
accordo e una intesa. (partito esprime solo una parte delle idee e
dei modi di pensare) quindi attorno al partito si incontrano quelle
persone che avvertono sintonia nei valori e nei pensieri. A partire
dagli anni 80 i partiti vengono svuotati delle loro funzioni e regalati a
un ruolo meramente formale di avallo a decisione assunte altrove,
mentre le assemblee di base risultano funzionali alla necessità di
legittimazione delle élite.

2) Partiti e rappresentanza: si produce un deficit di democrazia.


L’organizzazione assolve compiti rituali, la partecipazione è solo
formale e i militanti non incidono sulle scelte. A questo evidente
guasto si risponde contestando la forma partito. Il problema però
non è la struttura ma il suo malfunzionamento, perché anziché
allargare la base della partecipazione e rendere più ampio il
dibattito, si preferisce forzare il passaggio a un modello
organizzativo che fa leva su strutture leggere, ossia poche occasioni
di incontro, pochi dibattiti in maniera che il vertice abbia il più
possibile le mani libere per muoversi senza dover sottostare a
passaggi di presentazione o discussione.
Il passaggio chiave lo abbiamo nel referendum del 1933 in cui si
propone il modello di elezione maggioritario uninominale: con
questo modello il presunto rapporto diretto con il candidato
produce effetti deleteri quali un sostanziale ritorno al notabilato e
l’appannamento del respiro ideale della proposta politica. Ci si
riduce così all’elencazione delle cose da fare, appiattendosi in una
dimensione pragramatica. Il ruolo di compensazione e mediazione
svolto dai partiti si perde e nel tempo viene surrogato dall’attività

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dei comitati civici che appaiono talvolta la somma di egoismi
individuali.

3) La governabilità: in coerenza con questa deriva si afferma la


retorica craxiana e il mito della governabilità, cioè di un “governo
del fare” sfrondata da “inutili” sovrastrutture ideologiche tutto teso
a realizzare progetti e obiettivi improntati allo sviluppo economico.

LEZIONE 21 (10 MAGGIO)


BUROCRAZIA E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
La burocrazia è tra le strutture sociali più difficili da distruggere (Max
Weber).
- Comunità: nucleo sociale. Quindi l’aggregazione di individui
che decidono di stringere una alleanza per limitare e ridurre i
conflitti e le eventuali violenze che si esercitano per fare valere
la propria podestà. Ciascuno quindi decide di limitare la
propria libertà per avere pace sociale.

- Politica: luogo del confronto e delle scelte dove ciascuno dice


le idee per la propria società ideale. Quindi ci si confronta, si
ragiona e si cerca di trarre delle conclusioni.

- Stato: fulcro della sovranità e apparato organizzativo.


Sovranità = nulla sopra allo stato, lo stato è impero. Apparato
organizzativo = necessario per definire ruoli e incarichi per he
le cose si svolgano nella maniera prevista.
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Lo stato in democrazia designa il luogo della sovranità popolare. Le
imprescindibili condizioni sono 3:
1) Un territorio
2) Un popolo
3) Un apparato amministrativo

La definizione vale anche per le monarchie se fondate su principi


costituzionali e dotate di un parlamento eletto a suffragio universale.
Negli stati retti in forma non democratica (dittature o tirannie) la
sovranità popolare non trova espressione.

Lo stato come apparato. Max Weber considera la burocrazia un


fenomeno tipico dell’epoca moderna. Il processo di razionalizzazione
della società impone una trasformazione radicale dei metodi di
produzione e dei rapporti sociali.
Le “procedure” sistematiche sostituiscono lo spontaneismo. Le regole
vanno applicate metodicamente in modo imparziale e impersonale.
Quali effetti produce la burocrazia:
- aumento di produttività e disincanto del mondo
- Il processo di razionalizzazione si estende e caratterizza anche
la vita sociale
- si attenua e svanisce la poetica del vivere, atteggiamenti e
modelli contemplativo orientati a creatività e bellezza lasciano
spazio a pratiche valutazioni di efficacia ed efficienza in
considerazione dei fini perseguiti.
Weber sottolinea i pericoli di tale processo e gli effetti sugli esseri umani,
piegati ad una logica produttiva e organizzati per conseguire finalità
specifiche.

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Il funzionamento delle operazioni è governato da un sistema di regole
codificate. Lo scopo è assicurare l’uniformità dello svolgimento di ogni
compito in maniera impersonale. Il funzionario adempie al proprio ruolo
nel rispetto delle disposizioni in modo imparziale e distaccato eliminando
l’arbitrio nelle decisioni e garantendo all’organizzazione la capacità di
controllo su una moltitudine di invidui.
È fra il 700 e l’800, con la rivoluzione industriale, che la Burocrazia si
afferma come insostituibile ganglio dell’apparato statale.
Oggi molte organizzazioni moderne hanno natura burocratica.
La parola burocrazia significa “potere dei funzionari”. Il termine
inizialmente è riferito al potere dei funzionari statali, ma si estende in
seguito alle grandi organizzazioni: oltre che enti pubblici pure aziende e
organizzazioni.
L’iter burocratico indica la serie di passaggi da un ufficio all’altro,
accompagnata dall’espletamento di specifiche formalità a cui è
normalmente soggetta una pratica.

Alcune importanti riforme sono state realizzate in Italia nel corso degli
ultimi 25 anni:
- Legge bassanini: semplificazione, riorganizzazione,
decentramento, sussidiarietà
- Legge su informazione e comunicazione: portavoce, Urp, uffici
stampa
- Decreti brunetta: innovazione, valutazione, incentivi.

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LEZIONE 22A (13 MAGGIO)
ONU AGENDA 2030
L’agenda ONU 2030 definisce le imprescindibili azioni da svolgere in
ambito sociale, ambientale e produttivo affinché i drammatici rischi a cui
il nostro mondo è esposto non causino una irrimediabile catastrofe.
17 obbiettivi di sviluppo sostenibile dell’agenda 2030:
1- Sconfiggere la povertà: porre fine ad ogni forma di povertà nel
mondo.

2- Sconfiggere la fame: porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza


alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura
sostenibile.

3- Salute e benessere: assicurare la salute e il benessere per tutti e per


tutte le età.

4- Istruzione di qualità: assicurare una istruzione di qualità, equa ed


esclusiva, e promuovere opportunità di apprendimento permanente
per tutti.

5- Parità di genere: raggiungere l’uguaglianza di genere e


l’empowerment (maggiore forza, autostima e consapevolezza) di
tutte le donne e le ragazze.

6- Acqua pulita e servizi igienico – sanitari: garantire a tutti la


disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture
igienico – sanitarie.

7- Energia pulita e accessibile: assicurare a tutti l’accesso a sistemi di


energia economici, affidabili, sostenibili e moderni.

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8- Lavoro dignitoso e crescita economica: incentivare una crescita
economica duratura, inclusa e sostenibile, un’occupazione piena e
produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti.

9- Imprese, innovazioni e infrastrutture: costruire una infrastruttura


resiliente e promuovere l’innovazione ad una industrializzazione
equa, responsabile e sostenibile.

10- Ridurre le disuguaglianze: ridurre l’ineguaglianza all’interno e


fra le nazioni.

11- Città e comunità sostenibili: rendere le città e gli insediamenti


umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili.

12- Consumo e produzione responsabili: garantire modelli


sostenibili di produzione e di consumo.

13- Lotta contro al cambiamento climatico: adottare misure


urgenti per combattere il cambiamento climatico e le sue
conseguenze.

14- Vita sott’acqua: conservare e utilizzare in modo durevole gli


oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile.

15- La vita sulla terra: proteggere, ripristinare e favorire un uso


sostenibile dell’ecosistema terrestre, gestire sostenibilmente le
foreste, contrastare la desertificazione, arrestare e far retrocedere il
degrado del terreno, e fermare la perdita di diversità biologica.

16- Pace, giustizia e istituzioni solide: promuovere società


pacifiche e più inclusive per uno sviluppo sostenibile: offrire
l’accesso alla giustizia per tutti e creare organismi efficienti,
responsabili e inclusivi a tutti i livelli.

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17- Partnership per gli obiettivi: rafforzare i mezzi di attuazione e
rinnovare il partenariato mondiale per lo sviluppo sostenibile.

LEZIONE 23 (18 MAGGIO)


Nulla di che

LEZIONE 24 (20 MAGGIO)


LIBERTÀ E RESPONSABILITÀ
La libertà è un diritto che deve essere riconosciuto a tutti. Ma l’esercizio
della libertà va sempre temperato nella preventiva responsabile
considerazione degli effetti del nostro agire. La legge ha il dovere di
intervenire quando un certo atto genera danno a qualcuno o comprime la
libertà di un altro individuo. Ma, prima ancora della legge, è l’individuo
che ha il dovere di valutare attentamente le conseguenze che sortita no a
seguito delle sue scelte e, in considerazione di ciò, è tenuto a orientare i
propri passi.

Libertà è il nostro bene più prezioso, così prezioso che alcuni hanno
deciso di mettere a repentaglio la propria vita per tutelare la libertà altrui.
La libertà e un concetto apparentemente semplice ma in realtà è molto
difficile da definire. Talvolta si ricorre alla metafora (es di un campo) =
ciascuno è libero dentro ai propri confini → ma in realtà non è così: la
Libertà per essere tale deve essere sconfinata e l’unico limite deve essere
l’individuo stesso.

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Bisogna avere la consapevolezza che se non c’è adesione alla regola e al
vincolo, quindi se non c’è un senso di appartenenza alla comunità che mi
impone quelle regole, io alla fine farò quello che mi pare.

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