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Canto VI Paradiso

Adesso viene messo in mezzo l’impero, ma il riferimento a Firenze rimane uguale. Lo


sguardo diventa sempre più ampio però la specula di Dante è sempre cittadina
strettamente legata alla società comunale dalla quale era stato cacciato via, in virtù
di questo era sempre il punto di riferimento come causa principe della corruzione
che sta condannando. Questo sesto canto, rispetto a tutte le cantiche, ha una
caratteristica particolare perché è affidato ad un unico personaggio, evidentemente
nella concezione di Dante ha un ruolo particolare: l’imperatore Giustiniano che
racconta la storia dell’impero attraverso il suo simbolo ossia l’aquila imperiale.
Quindi il soggetto non è mai l’imperato ma l’aquila perché nella concezione di Dante
l’imperatore è strumento nelle mani dell’aquila imperiale, protagonista del Canto.
L’aquila imperiale continua ad essere il filo rosso che conduce la storia dell’impero
da Enea in poi, simbolo che si è servito dei suoi vari portatori.
La storia dell’impero vien descritta partendo dalla nascita di Roma e in questo iter
unico si arriva a Carlo Magno (800 D.C.) come fosse un unicum senza il passaggio tra
mondo repubblicano, Impero Romano, impero bizantino, longobardi e Carlo Magno.
Visto tutto sotto un’unica specula perché il concetto di impero viene poggiato in un
contesto di utopia regressiva perché la direzioni dei paesi dell’occidente era gli stati
nazionali laddove invece dante auspica il ritorno all’impero.
Parafrasi:
Dopo che Costantino rivolse l’aquila contro il corso del cielo (il corso del cielo va da
Oriente verso Occidente, mentre Costantino sposta la sede da Roma a Bisanzio
andando contro natura perché il movimento naturale del Sole è da est verso ovest.)
che aveva invece riportato in occidente colui che dietro aveva sposato Lavinia (Enea)
Per 100 e 100 anni in più l’aquila stette nella parte estrema dell’Europa vicino a quei
monti (della Troade) dai quali era venuto fuori la prima volta. (parla di 200 e più anni
ma si parla di 297 anni.)
E sotto l’ombra delle penne sacre governò il mondo passando di mano in mano (gli
imperatori sono strumenti dell’aquila) e così cambiando arrivò fino alla mia.
Fui Cesare e sono Giustiniano (gioco tra passato e presente, è stato imperatore e ora
riveste i panni della sua persona), il quale per l’amore che io sento nei confronti di
Dio ho tolto dalle leggi ciò che era superfluo e eccessivo (autore del Corpus Iuris
Civilis)
E prima che io mi dedicassi a questa attività giuridica, credevo che in Cristo ci fosse
soltanto una natura divina e non di più (Giustiniano dice di essere stato un Eretico,
ha aderito alla eresia monofisita che riteneva che in Cristo ci fosse solo la natura
divina e non umana) e mi accontentavo di questa credenza.
E tuttavia il Papa Agapito, mi indirizzò verso una fede sincera con le sue parole.
Io gli credetti e ciò che lui aveva affermato lo vedo adesso chiaramente come tu vedi
che all’interno di ogni contraddizione, esiste una tesi falsa e una antitesi vera
(riferimento ai sillogismi aristotelici in cui veniva posta una questio all’interno dei
dibattiti tra i vari studenti della scolastica, dove uno diceva una tesi e uno un’altra e
bisogna capire chi avesse ragione. Dal v15 al v.19 ritorna il termine fede ad indicare
la attenzione particolare ad un elemento fondante delle necessità del viver virtuoso)
Dopo che sono diventato ortodosso, Dio volle ispirarmi la grazia di dedicarmi a
quest’altro lavoro (corpus iuris civili) e mi dedicai completamente ad esso.
Raccomandai la gestione militare dell’impero al mio Belisario, a cui il favore di Dio fu
così favorevole che io lo interpetrai come un segnale divino del fatto che io potessi
dedicarmi ad altro.
(si fa riferimento a quello che si era detto nel canto precedente ossia Dante aveva
chiesto chi lui fosse ma fino ad ora Giustiano ha esaurito la sua riposta ma ritiene
necessario continuare a raccontare qualcosa per capire il suo ruolo):
Adesso finisce la domanda che prima mi hai posto, ma ciò che ti ho detto mi
costringe ad aggiungere qualcosa affinché tu possa vedere con quanta ragione
(ironico, antifrastico) si muovono contro l’impero sia coloro che se ne appropriano
(ghibellini) e coloro che si oppongono (guelfi).
Considera quanta virtù ha reso il vessillo pieno di riverenza; e ha cominciato dal
momento in cui Pallante morì per dargli il regno (la morte di Pallante, alleato di
enea, era necessaria a dargli spazio)
Tu sai che l’aquila ad Alba Longa fece la sua dimora per 300 anni ed oltre, fino al
momento in cui i 3 e i 3 (Curiazi e Orazi) combatterono sempre per l’aquila.
E sai anche che in virtù dell’aquila imperiale le sabine pagarono delle colpe e
provocarono dolore a Lucrezia nel periodo della monarchia (fu stuprata da Tarquinio
il superbo e per questo motivo iniziò il periodo repubblicano), vincendo tutti i popoli
che stavano intorno a Roma.
Sai anche che cosa ha fatto portata dai romani illustri che andarono contro Brenno e
Pirro (prime conquiste del territorio italico perché Brenno era capo dei Galli e Pirro
dei Tarantini) e andò contro altre monarchie e repubbliche.
Per cui Marco Torquato e Quinzio Cincinnato, chiamato dal ciuffo di capelli ricci non
curati, e poi i Deci e i Fabi che ebbero la fama che io adesso ammiro volentieri.
L’aquila imperiale atterrò l’orgoglio degli arabi (riferimento alle guerre puniche dove
per arabi si intendono le terre d’africa) che passarono dietro ad Annibale attraverso
le Alpi, da cui discendi tu O Po.
Sotto l’impero trionfarono da giovani Scipione e Pompeo e presso quel colle (colle di
Fiesole) sotto il quale sei nato tu Dante, esso parve amaro (perché ci fu una battaglia
tra i due).
Poi, nel momento del passaggio tra il periodo della repubblica e dell’impero
attraverso la figura di Cesare, per volere di Roma fu cesare a tenere queste insegne.
E quello che lui ha fatto da Varo fino al Reno, Isara, Era e Senna (i 5 fiumi che
indicano i perimetri dell’azione bellica di Cesare) e ogni valle del Rodano è pieno di
questi eventi.
Quello che poi ha fatto l’aquila nel momento in cui Cesare è uscito da Ravenna e ha
saltato il Rubicone (chi superava il Rubicone con le armi in pugno diventava nemico
di Roma e inizia la guerra civile tra Cesare e Pompeo) di una tale velocità che non si
potrebbe descrivere a parole né tanto meno scrivendo.
(da qui le terzine sono relative alla guerra civile tra Cesare e Pompeo):

In realtà rivolse le sue truppe contro la Spagna, poi andò a Durazzo e di lì in Tessaglia
a Farsalo, al punto che ne risentì il dolore delle perdite anche il Nilo.
Arrivò attraverso il porto di Antandro e il fiume Simoenta da cui si era mosso e rivive
addirittura il luogo dove si trova la tomba di Ettore; e ciò fu a danno di Tolomeo che
ne ricavò del male.
Poi scese come una folgore a Iuba, dove si volse verso occidente perché doveva
inseguire le truppe di Pompeo.
Di ciò che ha fatto col portatore seguente ne piangono le pene dell’inferno Bruto e
Cassio e le città di Modena e Perugia dove vennero fatte delle battaglie intestine ne
ricavano dolore.
Ne piange ancora Cleopatra, la quale volendo fuggire di fronte l’aquila di Ottaviano
fu morsa dal serpente velenoso e ne ricavò la morte istantanea e atroce.
Con Ottaviano arrivò fino al Mar Rosso e si arrivò ad un atto di pace tale che
addirittura venne chiuso il tempio di Giano (tempio della guerra, Giano bifronte. Da
un lato la guerra dall’altro la pace).
Ma ciò che l’insegna imperiale mi induce a dire è che era stato fatto fino a questo
momento e che poi sarebbe stato fatto in futuro, diventa attraverso il regno mortale
che è sottoposto all’aquila imperiale
Ha una importanza irrilevante se lo si paragona con quello che è avvenuto con
Tiberio, qualora si guardino le azioni avvenute sotto Tiberio con occhio cristallino e
un animo sgombro da passioni. (l'imperatore per eccellenza fu Ottaviano Augusto e
non Tiberio. Perché Dante pone gerarchicamente in modo inverso rispetto alla
nostra ottica moderna questi personaggi? Perché sotto Tiberio avviene la vicenda di
Cristo, dunque sotto la prospettiva cristiana Tiberio ha un'importanza maggiore
rispetto agli imperatori precedenti)
Infatti, la viva giustizia che mi ispira, gli ha concesso nelle mani di Tiberio di far giusta
punizione (vendetta)di fronte alla sua ira (peccato originale che ha portato alla
morte di Cristo).
Allora adesso meravigliati del fatto che ti sto per dire: perché poi con Tito si fa
vendetta della vendetta del peccato antico (ci sono stati tutta una serie di eventi che
hanno portato alla grandezza di Cristo: il primo è stato quello del peccato originale,
il secondo evento è stato quello della venuta di cristo in terra per salvare l'umanità
dal peccato originale, il terzo elemento è stato quello dell'uccisione di cristo da
parte degli ebrei, quindi di conseguenza la distruzione della città di Gerusalemme
che fu fatta appunto ad opera di Dio. Il concetto di vendetta ribadisco è un concetto
che riguarda la giusta punizione che è avvenuta proprio per sanare questo peccato
che era prima dell'umanità, poi dell’uccisione di cristo attraverso la distruzione di
Gerusalemme fatta appunto da Tito.)
Quando il Re Desiderio si oppose alla Chiesa la insegna dell’impero attraverso le sue
ali portò carlo magno in maniera tale che egli si poté sostituire ai Longobardi e
portare la cristianità nell’Italia (prospettiva singolare perché il tema di Carlo Magno
e dei Longobardi lo ritroveremo nell’Adelchi di Manzoni, dove per quest’ultimo non
c’è differenza tra Carlo Magno e i Longobardi perché sono entrambi invasori
dell'Italia).
Adesso tu puoi giudicare coloro i guelfi e i ghibellini e i loro sbagli, che sono il motivo
di tutti i vostri mali. I guelfi si sono opposti ai gigli gialli ossia lo stendardo degli
Angioini di Francia, i ghibellini si sono alleati dei francesi per portarli all’interno
dell’Italia. Sicché è addirittura difficile capire chi dei due ha peccato di più.
i ghibellini facciano la loro attività sotto un’insegna diversa rispetto a quella
dell’aquila imperiale perché colui che divide la giustizia dall’aquila imperiale otterà
esiti negativi:
e certamente non potrà mai essere abbattuta da Carlo 2’ D’Angiò alleato con i guelfi,
ma abbia paura degli artigli dell’aquila che hanno strappato il pelo ad un leone
certamente più feroce di lui.
Molte volte già figli hanno pianto per colpa del padre e non si creda che Dio possa
cambiare i suoi obiettivi in virtù degli angioini. (riferimento al principio in base a
quale le colpe dei padri ricade sui figli, venne poi rimodulato nel medioevo e dante
se ne fa una voce)
Ci troviamo nl 2’ cielo, di Mercurio, dove si trovano le anime beate che hanno avuto
anche ambizioni terrene:
La stella di mercurio è corredata di spiriti beati che sono stati attivi durante la loro
vita terrena affinché potessero ottenere onore e fame, e quando i desideri
dell'ambizione terrena si allontanano dal bene divino conviene tuttavia che i raggi
del bene divino poggino qui con una minore forza (vuol dire che coloro che hanno
speso la loro virtù in un ambiente immanente godono di una beatitudine meno
intensa rispetto alle altre anime).
Ma nel mettere in rapporto i premi che abbiamo avuto con il merito sta la parte
della nostra beatitudine perché non li vediamo né maggiori né minori
Quindi la giustizia divina addolcisce in noi l'affetto in maniera tale che non ci si può
mai muovere verso il male
Questo cielo è caratterizzato da diverse voci, tante anime presenti che stanno
sedute nei diversi scambi della nostra vita
Descrive un personaggio, Romeo di Villanova, un trovatore che aveva dato tutto per
il suo signore e aveva ricevuto in cambio del male. Si fa riferimento alle pratiche
delle corte medievali dove i cortigiani ruotavano verso il signore cercando di
ottenere luce oscurando gli altri cortigiani. Questo Romeo di Villanova fu mal
compensato perché gli altri cortigiani parlano male di lui al signore, il quale credette
a loro. Versi con pathos perché Dante scorge il suo destino di esule ad elemosinare
di che cosa vivere:
Dentro questo cielo risplende la luce di Romeo (paronomasia) la cui opera grande e
bella fu mal gradita.
Ma i provenzali che agiranno contro di lui certamente non ottennero dei vantaggi
perché poi subirono le conseguenze da parte degli angioini che se la presero con
Berengario; tuttavia, va sulla cattiva strada colui che trasforma in danno le buone
azioni degli altri.
Raimondo Beringhiere aveva avuto quattro figlie e tutte erano state fatte rese regine
da Romeo che era una persona umile è peregrina.
Dopodiché contro di lui vennero mosse delle parole orribili e quindi il signore chiese
ragione a questa persona giusta, il quale aveva dato 12 rispetto al 10 che aveva
trovato cioè che aveva cresciuto il patrimonio di Berengario. Una volta che fu messo
in cattiva luce da parte dei cortigiani che belinghieri credette a questi cortigiani,
costretto ad andare via se ne andò esule povero e anziano
e se il mondo la malinconia ed amarezza che egli ebbe nel mendicare la sua vita a
tozzo a tozzo, lo loda adesso e lo loda ancora di più.

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