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L’Eneide si basa sui valori fondanti della civiltà romana: il rispetto e il culto per gli dei, l’amore per

la patria e
il senso del dovere e gli ideali. L’autore incentra il poema sulla valorizzazione dello spirito nazionale
Romano.

L’AUTORE
Publio Virgilio Marone nacque nel 70 a. C ad Andes nei pressi di Mantova, da una famiglia di piccoli
proprietari terrieri. Studiò a Roma presso il retore Epidio e a Napoli,
dove frequentò la scuola del filosofo epicureo Sirone: Tra il 42 e il 39 a.C. compose le Bucoliche, dieci
componimenti poetici in esametri di argomento pastorale; successivamente, tra il 37 e il 30 a.e., portò a
termine le Georgiche, un poema didascalico sempre in esametri, in cui si esaltano i valori del mondo
contadino. Dopo la composizione delle Bucoliche entrò a fare parte del circolo di Mecenate, un patrizio
romano che proteggeva poeti e artisti, promotore di una politica culturale finalizzata a creare consenso
intorno alla figura dell'imperatore Augusto. Proprio Ottaviano incaricò Virgilio di comporre un poema che
celebrasse Roma e il suo principato; il poeta vi lavorò dal 29 a.e. fino alla morte, avvenuta nel 19 a.e. a
Brindisi, al rientro da un viaggio in Grecia. L'Eneide restò incompiuta e per questo Virgilio avrebbe voluto
che fosse bruciata, ma venne pubblicata dopo la sua morte per volere di Augusto.

Le caratteristiche dell'opera
La struttura e i temi
Il poema di Virgilio è composto da 12 libri in esametri (in totale circa 10.000) ed è strutturato secondo il
modello dei poemi omerici: la prima parte, costituita dai libri I-VI, è ispirata allo schema dell'Odissea e narra
i viaggi di Enea da Troia fino alle coste italiche; la seconda parte, formata dai libri VII-Xli, è ispirata invece
all'Iliade e in essa si racconta la guerra tra Troiani e Latini per la conquista del Lazio. Anche la narrazione
dell'Eneide, come quella dei due poemi omerici, inizia in medias res, con il racconto di una tempesta che fa
naufragare Enea e i compagni a Cartagine, dove sono accolti dalla regina fenicia Didone. Presso la sua corte
è proprio Enea, l'eroe protagonista a narrare in un lungo flashback la fuga da Troia dopo la caduta della
città e le peripezie che I hanno portato in Africa. Abbiamo quindi due narratori: il primo, esterno e
onnisciente, presenta i fatti in terza persona; il secondo, interno, coincide con Enea. Il suo racconto
permette al lettore di immedesimarsi maggiormente nelle vicende narrate. I nuclei tematici più importanti
del poema sono:
• la natura encomiastica dell'opera, che intende celebrare la grandezza di Roma e raccontare le sue origini
mitologiche (che ne giustificano la potenza anche nel presente) attraverso l'esaltazione della gens iulia
(chiamata così dal nome del figlio e eroe, Iulo o Ascanio)
• la necessità ineluttabile fel fato che costringe Enea ad attuare i piani voluti dal destino, anche a costo di
enormi sofferenze, come la morte in guerra di vittime innocenti o il suicidio di Didone, che Enea abbandona
per seguire la sua missione: dare origine a una nuova stirpe, la gens lulia, che dominerà il mondo in virtù
della sua discendenza divina
• il carattere drammatico e antieroico di Enea, la cui pietas ("scrupolo religioso", "abnegazione") lo
differenzia molto dai protagonisti dell'Iliade e dell'Odissea. Egli non segue le sue aspirazioni personali, non
viene esaltato per le gesta guerriere o per l'ardore di conoscenza, ma perché è devoto agli dei e porta a
termine con grandi sacrifici il compito assegnatogli dal fato.

La trama
Libri 1-111 Enea, valoroso principe troiano, ha dovuto lasciare la sua città (► T2, p. 222), dopo la decennale
guerra con gli Achei. Dopo sei anni di peregrinazioni sta per raggiungere l'Italia, ma la dea Giunone, avversa
ai Troiani, scatena una terribile tempesta che fa approdare a stento le navi sulle coste dell'Africa
settentrionale. Qui i naufraghi vengono benevolmente accolti dalla regina Didone che, fuggita da Tiro dopo
la morte del marito Sicheo, sta fortificando la città di Cartagine. Enea, presso la sua reggia, rievoca gli
episodi dell'inganno del cavallo che ha causato la caduta di Troia e quello della sua fuga insieme al padre
Anchise e al figlio Ascanio. L'ombra di Ettore, apparsa in sogno all'eroe, gli comunica che il destino gli ha
affidato una missione: portare in salvo i Penati, le divinità protettrici della famiglia e della stirpe, e fondare
una nuova città in Ausonia, sul suolo italico, da dove proviene Dardano, capostipite troiano.
Dopo aver abbandonato la patria, Enea e i compagni approdano prima in Tracia, poi sull'isola di Delo e
successivamente nelle isole Strofadi, dove vengono attaccati dalle Arpie, creature mostruose con il corpo di
uccello e il volto di donna. Giunti in Epiro, riprendendo la navigazione fuggendo le insidie di Scilla e Cariddi
ed evitando l'attacco di Polifemo. Arrivano poi lungo coste della Sicilia, dove Anchise muore.
Dopo si scatena la tempesta che fa approdare Enea sulle coste di Cartagine.
Libro IV Grazie all'intervento di Venere Didone si innamora dell'eroe, che trascorre un breve periodo felice
con la regina cartaginese. Giove, però, manda Mercurio da Enea per ricordargli la missione che lo aspetta·
l'eroe obbedisce al volere divino e abbandona Didone (► T3 p 22B) che per il dolore si suicidia.

Libri V•VI Enea sbarca in Sicilia compie i riti funebri per Anchise e fonda la città di Acesta, dove lascia tutti
coloro che non intendono o non possono più seguirlo. Nonostante la perdita di Palinuro timoniere della
nave, che muore in mare presso il promontorio che prenderà poi il suo nome, Enea sbarca a Cuma. Da lì
accompagnato dalla Sibilla, profetessa del dio Apollo, scende nell'Averno, l’oltretomba romano e incontra il
padre Anchise, che gli predice la fondazione di Roma e il destino; della città (► TS, p. 239). Gli mostra poi
quelli che saranno i grandi protagonisti della storia romana e i suoi discendenti: i re albani, Romolo, Cesare,
Pompeo, fino a Marcello, nipote di Augusto.
Libri VII-Xli Dopo il viaggio nell'oltretomba Enea e i compagni approdano finalmente alle foci del Tevere,
dove il re Latino li accoglie favorevolmente. Giunone interviene però a creare discordia: la moglie di Latino,
Amata, non vuole che la figlia Lavinia si unisca a uno straniero, in quanto già promessa sposa al re dei
Rutuli, Turno. li Lazio intero si schiera in guerra: Turno raccoglie diverse popolazioni locali per impedire il
matrimonio tra Enea e Lavinia e il conseguente stanziamento dei Troiani. Gli esiti degli scontri sono alterni.
Enea perde due dei suoi, Eurialo e Niso, penetrati spontaneamente nel campo nemico per un'esplorazione
notturna (► T6, p. 245), e l'alleato Pallante, figlio del re Evandro, mentre tra gli Italici muore la vergine
guerriera Camilla, figlia del re dei Volsci. Turno, allora, si offre di combattere con Enea: il vincitore sposerà
Lavinia. L'Eneide si chiude con l'eroe che scaglia il colpo mortale al re dei Rutuli(► T7, p. 250).

I personaggi
L'eroe protagonista Enea, principe troiano, è figlio della dea Venere e di Anchise. Durante la guerra di Troia,
viene salvato dalla madre e da Apollo nello scontro con Diomede (Iliade, libro V) e da Nettuno nel duello
con Achille (Iliade, libro XX), proprio perché destinato dal fato a fondare una nuova città, che rappresenterà
la continuazione di Troia. La dea Giunone, moglie di Giove, gli è avversa perché troiano (► Tl, p. 218) e
perché progenitore dei Romani che distruggeranno Cartagine, città da lei protetta. Enea obbedisce a una
volontà superiore e si sacrifica per il bene comune: abbandona la propria città in fiamme perché così gli
viene ordinato dagli dei e dal fato; allo stesso modo abbandona anche la donna che ama, Didone, perché
Giove gli ordina di riprendere il viaggio e portare a compimento la sua missione; uccide Turno non per
vendetta personale, ma per mantenere fede al giuramento fatto a Evandro. L'epiteto che lo
contraddistingue è pius: la pietas è una virtù fondamentale per la cultura romana e fornisce un modello di
comportamento ideale per il cittadino, che si basa in sintesi sul senso del dovere e sul sacrificio del singolo
per la collettività. Questo imperativo morale comprende sia il rispetto e la devozione verso gli dei e verso il
fato (superiore agli dei stessi), sia la fedeltà alla famiglia (e quindi alla stirpe) e alla patria. Enea è
coraggioso, ma soprattutto affronta ogni sventura in nome di un ideale superiore; la sua forza sta nella
moderazione e nella clemenza verso i vinti: qualità grazie alle quali i Romani erano riusciti a conquistare il
mondo e a governarlo saldamente. Molto diverso dagli eroi omerici, Enea racchiude in sé le virtù del
cittadino romano a cui si ispira la politica di restaurazione promossa dal principato augusteo: l'etica del
sacrificio, l'umiltà, la tenacia nelle avversità, la lealtà, la giustizia, la devozione verso le divinità. Egli non
combatte per la gloria, come gli eroi omerici, anzi vive la guerra come una dolorosa necessità; non viaggia
per spirito di avventura, come Odissea, ma sopporta le difficoltà della navigazione per fondare una nuova
patria
I personaggi maschili
• Ascanio è figlio di Enea e di Creusa; da lui, chiamato anche Iulo, discende la gens lulia. Dopo aver regnato
per trent'anni su Lavinia, fonda Alba Longa, su cui governeranno per trecento anni i suoi discendenti, fino
alla nascita di Romolo e Remo, dall'unione di Rea Silvia -figlia del re della città, Numitore con il dio Marte.
• Anchise è il principe troiano del quale si innamora la dea Venere, generando Enea. Muore durante il
viaggio in Sicilia; Enea lo incontra nell'oltretomba, dove li padre gli predice il futuro glorioso di Roma
•Turno è il re dei Rutuli e l'avversario di Enea, da cui verrà ucciso. A lui era stata pro-messa in sposa Lavinia,
figlia del re Latino e della regina Amata; anche per questo motivo dichiara guerra a Enea.

I personaggi femminili
■ Creusa, moglie troiana di Enea, scompare durante la fuga da Troia.
■ Didone è la regina di Cartagine, figlia del re di Tiro e moglie di Sicheo, ucciso dal fratello Pigmalione per
impadronirsi del trono. Rimasta vedova fugge in Africa, dove fonda Cartagine. Si innamora, ricambiata, di
Enea, ma quando l'eroe troiano la abbandona si uccide per la disperazione.
■ Lavinia, figlia del re Latino e della regina Amata, è promessa sposa d.i Turno, che è innamorato di lei.
Latino offre però la mano della figlia a Enea, perché un oracolo aveva profetizzato che la fanciulla sarebbe
andata sposa a un principe straniero. Dopo la vittoria di Enea su Turno e le nozze con Lavinia, i due fondano
una nuova città Lavinio.

Gli aspetti formali e stilistici


Lo stile
L'Eneide è un poema epico in esametri, caratterizzato da uno stile alto e solenne, che rende l'opera
esemplare. Pur conservando molti aspetti tipici dei poemi omerici, come gli epiteti, i patronimici, lo stile
formulare, l'opera è frutto di un attento lavoro di scrittura e di revisione formale, che la rende
profondamente diversa dai precedenti omerici. Non si trova quindi nell'Eneide l'immediatezza tipica
dell’iliade e dell'Odissea, opere nate per essere recitate in pubblico. Sono comunque frequenti le
similitudini, spesso tratte dal mondo naturale: quante nelle selve al primo freddo d'autunno/cadono scosse
le foglie, o quanti dall'alto mare/uccelli s'addensano in terra, se la fredda stagione/ li mette in fuga
oltremare e li spinge nelle regioni assolate (► T4, p. 234), descrizione della folla di anime che si appresta a
salire sulla barca di Caronte. L'Eneide è quindi un'opera destinata alla lettura, a cui il poeta lavorò,
perfezionandola e abbellendola, fino alla morte improvvisa. Il poema è dunque incompiuto, come di-
mostrano una cinquantina di versi solamente abbozzati e le numerose incongruenze tematiche

Il narratore
Il narratore è onnisciente e, contrariamente all'epica omerica, partecipa emotiva-mente alle vicende
narrate, commentandole e lasciando così emergere il proprio punto di vista; ciò avviene attraverso l'uso di
apostrofi (O patria, o Ilio, dimora degli dei, e gloriose in guerra/mura dei Dardanidi!), domande retoriche (E
ancora esitiamo ad estendere la potenza col valore,/o il timore c'impedisce di stanziarci in terra
d'Ausonia?), esclamazioni e attraverso il ricorso al discorso indiretto libero. La narrazione dell'Eneide è
quindi più empatica e coinvolgente. I personaggi del poema, inoltre, esprimono spes-so stati d'animo ed
emozioni soggettive e constrastanti, a cominciare da Enea, che è anche narratore di secondo grado nel
lungo racconto delle proprie peripezie presentato attraverso un flashback

LA FUGA DA TROIA
Durante il banchetto in suo onore, Enea pregato dalla regina Didone, reprimendo il dolore che lo
angoscia, comincia a narrare la caduta della sua città. I Troiani, esultanti per la fine di una guerra
durata dieci anni, si riversano fuori dalle mura intorno al cavallo di legno abbandonato dai Greci in
fuga.
l mattino seguente i Troiani festeggiano attorno al cavallo, ma Laocoonte, sacerdote di Apollo, ordina la
distruzione del simulacro, sostenendo che è sicuramente un inganno. Il sacerdote non viene creduto. I
Troiani vengono persuasi dal falso prigioniero greco Sinone e dall’uccisione, da parte di due serpenti marini,
di Laocoonte e dei suoi figli, e portano il cavallo in città. Durante la notte Sinone fa uscire i guerrieri dal
cavallo e inizia la strage.
Enea intanto vede in sogno l’ombra di Ettore, che lo invita ad abbandonare la città. L’eroe si sveglia e, prese
le armi, insieme ad altri guerrieri combatte l’ultima battaglia. Assiste alla morte di Priamo, ucciso dal figlio
di Achille. Appare Venere, che rivela all’eroe che gli dei sono scesi in campo contro Troia, dunque la città
sarà distrutta; invita allora il figlio a seguire il proprio destino, e a mettere in salvo il padre Anchise, il figlio
Ascanio e i Penati. Enea riesce a portare in salvo Anchise ed Ascanio, ma non la moglie Creusa, la quale
scompare durante la fuga.
Enea torna indietro per cercarla, ma appare l’ombra della donna che lo convince a rassegnarsi al dolore e
ad accettare il volere degli dei: deve intraprendere un lungo viaggio per fondare una nuova patria in Italia.

L’ADDIO A DIDONE
La regina si dimostra molto generosa e disponibile nei confronti dell’eroe troiano e dei suoi compagni,
accogliendoli nella sua reggia e comportandosi così come una protettrice. Per opera di Cupido, nasce tra
Enea e Didone un profondo sentimento d’amore. All’inizio, la regina si dimostra timida ed insicura di fronte
a questa nuova situazione. Tuttavia ella, dopo essersi confidata con sua sorella Anna, riesce a superare il
sentimento di fedeltà e di affetto per il primo marito Sicheo ed a rivelare apertamente la sua nuova
relazione.
Durante una partita di caccia, scoppia un terribile temporale e, sia Enea che Didone, si rifugiano nella stessa
grotta. Qui essi celebrano il loro amore. Quando però tutto sembra andare per il meglio, ecco che Giove,
per volere del Fato, manda in apparizione ad Enea Mercurio. Il messaggero degli dei ricorda all’eroe troiano
che la città da fondare non è in Africa, bensì nel Lazio, in Italia; lo sollecita quindi ad organizzare la partenza.

VERSO L’ADE
Approdato a Cuma, Enea consulta la Sibilla nell’antro presso il tempio di Apollo e la prega di guidarlo negli
Inferi. La Sibilla accetta, ma l’eroe deve prima procurasi il ramo d’oro da offrire in dono a Proserpina e dare
sepoltura a un compagno morto durante la sua assenza dalle navi. Dunque, Enea porta alla Sibilla il ramo
d’oro, trovato nel bosco grazie all’aiuto di Venere, e celebra i funerali di Miseno. Giunta la notte, e
compiuto il sacrificio propiziatorio alle divinità infernali, inizia il viaggio verso gli Inferi, e l’eroe varca, con la
Sibilla, la soglia dell’Averno. Essi attraversano il vestibolo, pieno di mostri e simulacri di mali e malattie, e
arrivano alla riva del fiume Acheronte, dove appare Caronte, il traghettatore infernale. Tra la folla degli
insepolti Enea incontra Palinuro, che lo prega di dargli sepoltura affinché possa entrare nel regno dei morti.
Traghettato da Caronte, Enea giunge nell’Antinferno, dove la Sibilla neutralizza, con una focaccia soporifera,
Cerbero, il cane mostruoso che fa da guardia. Enea intravede i Campi del Pianto e le anime delle eroine
morte per amore, tra le quali Didone, che sdegnata si allontana in silenzio. Nei Campi degli eroi Enea
incontra Deifobo, figlio di Priamo. Proseguendo il cammino, Enea e la Sibilla giungono ad un bivio,
lasciandosi alle spalle il Tartaro, dove sono puniti gli empi, e arrivano alla città di Dite. Enea affigge alla
porta il ramo d’oro, e prosegue verso i Campi Elisi, dove risiedono i beati. Qui l’eroe incontra Anchise, il
quale gli mostra le anime che si reincarneranno nei suoi discendenti. Segue un elenco dei futuri eroi
romani, tra i quali spicca la figura di Marcello. Infine, Enea e la Sibilla varcano la porta d’avorio e ritornano
alla luce.

L’INCONTRO CON ANCHISE


durante l'incontro con il padre Anchise vengono esaltate due virtù di Enea: la pietas ( exspectata pietas ) e
la durizia ( capacità di resistere a situazioni avverse fisicamente e psicologicamente ). Enea si
commuove profondamente e dimostra tutta la sua umanità e il suo affetto e rispetto per il padre. Egli cerca
invano di abbracciare l'ombra del padre per tre volte ( ter conatus ibi collo dare bracchia circum,ter frustra
comprensa manus effugit imago ), egli è quindi immemore di ciò che la sibilla gli aveva detto
precedentemente quando aveva cercato di attaccare con la spada della anime.

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