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MPC
Materiali e Progettazione di elementi Costruttivi

Ceramiche,
cotto e gres
di Andrea Boeri
Aggiornamento ed editing:
Fabio Conato e Valentina Frighi

Dispense del corso

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Definizione
I prodotti ceramici sono ottenuti da materie prime argillose (l’argilla e essenzialmente un idrosilicato
di allumina) con eventuali aggiunte di altri componenti per ottenere determinate proprietà. Questi
prodotti con la cottura ad elevata temperatura acquistano consistenza, resistenza meccanica e le
altre caratteristiche desiderate. Possono essere a massa porosa oppure a massa compatta (cioè
non porosa ma vetrificata); possono inoltre essere ricoperti con uno strato sottile di materiale vetroso
trasparente (vetrina) o opaco (smalto).
Classificazione
I criteri di classificazione dei materiali ceramici possono essere molteplici, in relazione alle caratteristiche
da evidenziare. E’ possibile per esempio classificare il materiale in poroso o compatto, in base al
colore dell’impasto, alla presenza o meno di rivestimento ed all’impiego previsto per il prodotto finale.

Evidenziando la materia prima, i prodotti ceramici si possono schematicamente classificare come


segue:
- in argilla pesante, a corpo colorato di un certo spessore. Impiegano per lo più argille locali di basso
costo, che vengono lavorate allo stato plastico oppure a secco, con eventuale miscela di più argille
e aggiunta di inerti, tollerando una limitata incostanza di composizione. II prodotto in genere non è
smaltato ed è relativamente povero.
• Porosi: laterizi (mattoni pieni, forati, blocchi da solaio, tavelloni, ecc.); rivestimenti (mattoni a vista,
listelli); pavimenti (piastrelle in cotto trafilate o pressate); coperture (tegole, coppi); terracotta
(decorative, artistiche, vasi, ecc.).
• Compatti: rivestimenti greificati (mattoni in klinker); pavimenti greificati (piastrelle antigelive,
monocotto antigelivo); gres igienico salato o smaltato (tubi e rivestimenti per fognature).
- in argilla semi fine a corpo più o meno colorato, di medio spessore, Impiegano argille colorate,
spesso locali, che vengono lavorate a secco o ad umido, con limitate correzioni. Il prodotto in genere
è smaltato ed acquista valore per il tipo di finitura e di decorazione.
• A corpo poroso: faenze (vasellame artistico); stoviglie da fuoco; maiolica (piastrelle da rivestimento);
monocotto poroso (pavimenti per interni) fireclay ingobbiato e smaltato (sanitari).
• A corpo compatto: monocotto antigelivo (piastrelle per esterni); gres ceramico (vasellame,
piastrelle per esterni, antiacido).
- in ceramica fine a corpo bianco, relativamente sottile. Impiegano argille ed altre materie prime
praticamente prive di ferro, selezionate e pre-lavorate, relativamente costose; la composizione
dell’impasto è ben definita e costante; la lavorazione è fatta a umido per ottenere una miscela più
intima ed uniforme dei componenti che devono tra loro reagire in cottura. Si tratta di prodotti di qualità
ad elevato valore.
• Porosi: terraglia calcarea tenera (domestico, artistico, piastrelle); terraglia forte (domestico,
piastrelle).
• Compatti: porcellana vetrosa vitreous china (domestico, sanitari); porcellana tenera e dura
(domestico, artistico); porcellana elettrica (isolatori, basette, ecc.).

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- refrattari a corpo colorato poroso. Impiegano argille refrattarie selezionate ed altre materie prime
spesso pre-calcinate, esattamente granulate e proporzionate, con legante argilloso o chimico; la
lavorazione in genere è a secco, con formatura della pressa. Alcuni tipi di prodotti per la loro forma
vengono però lavorati a plastico o ad umido e trafilati oppure colati in stampi di gesso.
- ceramica tecnica: comprende materiali diversi espressamente studiati per impieghi industriali
specifici; le caratteristiche ed il sistema di lavorazione variano moltissimo da un prodotto all’altro (es.
steatite per usi elettrici).
Requisiti
Si deve fare una prima importante distinzione tra materiale ceramico compatto (ceramica, gres,
klinker) e poroso (cotto), in quanto, sebbene i requisiti richiesti alle due tipologie di prodotti ceramici
siano essenzialmente gli stessi, le loro prestazioni non raggiungono valori equivalenti.
Data la natura porosa del cotto, le sue caratteristiche si avvicinano più a quelle del laterizio che
a quelle dei composti ceramici, non essendo completamente equiparabile a questi per la diversa
struttura; costituiscono invece requisito peculiare l’aspetto morfologico del prodotto, caratterizzato
dalla colorazione naturale, e la capacita di conservare ed arricchire tale aspetto nel tempo. Sono
comunque richieste tutte le caratteristiche comportamentali previste dalla normativa europea riportata
in seguito.
II materiale ceramico a struttura compatta dove essere caratterizzato invece essenzialmente dalla
facilità di gestione, presentando caratteristiche comportamentali che rendano preferenziale la sua
utilizzazione in molte situazioni. Requisiti essenziali sono l’elevata resistenza all’usura, la durezza
misurata nella scala Mohs, la resistenza meccanica, lo scarso assorbimento d’acqua, la resistenza ai
prodotti chimici ed al gelo, la facile e totale lavabilità.
Descrizione
La produzione di piastrelle comunemente presenti sui mercato si divide secondo alcune denominazioni
tipologiche, che si riassumono in:
• Terraglia a pasta bianca, utilizzata soprattutto per pareti interne. La qualità dipende soprattutto dai
rivestimento di smalto.
• Maiolica, il cui biscotto rosato sempre smaltato ha buona resistenza meccanica nonostante l’alta
porosità. E’ adatta soprattutto per rivestimenti interni con formato preferibilmente intorno ai 15x15
cm.
• Cotto, prodotto base dei materiali ceramici, fra tutti i tipi di piastrelle è il più delicato non
contenendo quegli additivi che conferiscono maggiore robustezza. Materiale di passaggio dal
laterizio al cottoforte (e a differenza di questo non smaltato) viene usato prevalentemente per
pavimentazioni interne. Ha formati abbastanza grandi e spessori notevoli: usuali i formati quadrato
e rettangolare di centimetri 30x30, 25x25, 40x40, 20x40, 40x60. Gli spessori normali sono intorno
ai 2,3 centimetri.
• Cottoforte, un tipo di piastrelle intermedio tra la maiolica e il gres rosso. Sempre smaltato, è poroso
ma con una sufficiente resistenza meccanica che lo rende adatto a pavimenti e rivestimenti interni.
Le dimensioni normali vanno da 20x20 centimetri fino a 60x60, con spessori varabili.
• Gres rosso, alle alte caratteristiche meccaniche e alla resistenza al gelo, aggiunge il fatto di
essere un prodotto greificato (vetrificato), caratteristica che lo rende completamente in assorbente
e quindi ne permette l’utilizzazione senza smaltatura in rivestimenti e pavimenti industriali ed
esterni (zone di passaggio intense, portici, terrazze, balconi, celle frigorifere). Il formato tipico è
di 7,5x15 centimetri, ma si usa spesso anche di 10x20 e 40x40. Con il nome gres o gres rosso
vengono talvolta commercializzati tipi di piastrelle non greificate e quindi privi delle caratteristiche
descritte. Si può fare una verifica misurando l’assorbimento d’acqua, che per il gres rosso deve
essere inferiore al 3-4% mentre per i materiali non greificati (quindi meno compatti) è superiore.
• Gres porcellanato, prodotto quasi completamente vetrificato e con alte caratteristiche meccaniche,
non smaltato, spesso colorato, impiegato in pavimenti di qualsiasi tipo. I formati usuali di 5x10

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e l0xl0 centimetri diventano maggiori (20x30) in piastrelle con superficie e supporto di aspetto
granulare che vengono commercializzate col nome di “graniti ceramici” o “porfido ceramico”.
• Klinker, detto anche litoceramica; un prodotto ad altissima resistenza meccanica in grado di
sopportare senza rottura il gelo, gli urti più violenti e l’azione corrosiva di quasi tutti gli acidi. Può
essere smaltato o non smaltato o semplicemente vetrinato, con diversi formati di cui i più comuni
sono i 12x22, 20x20, 30x30 centimetri.
Materiali e principi costitutivi
Le materie prime costituenti i materiali ceramici sono essenzialmente:
I materiali argillosi plastici, che debitamente trattati con acqua danno una pasta plastica, cioè
facilmente forgiabile. Essi costituiscono la materia prima fondamentale per l’industria ceramica e
comprendono la gamma vastissima degli idro silicati di allumina, molto diffusi nella crosta terrestre.
Di interesse ceramico sono:
- i caolini, di origine primaria, derivanti dall’alterazione delle rocce feldspatiche, con poche impurità.
Vengono pretrattati per eliminare le impurità derivanti dalla roccia madre (quarzo e feldspati). Vengono
usati per terraglie, porcellane, gres d’impasto.
- le argille, di origine secondaria, contengono molte impurità (sostanze organiche, carbonati, sali
minerali, ecc.) acquisite durante il trasferimento e la sedimentazione. Comprendono:
• argille ferruginose calcaree (terra da mattoni), motto diffuse, cuociono dal giallo paglierino al
rosso; usate per laterizi, terrecotte comuni, vasi da fiori;
• argille ferruginose poco calcaree, diffuse, cuociono dal giallo al rosso; usate per cottoforte,
monocotto gelivo;
• argille ferruginose greificanti (vetrificabile), ossia un’argilla che diventa compatta prima di fondere
e deformarsi. Dislivello occorrente fra temperatura di greificazione e fusione: 100-150°C . Se il
dislivello di vetrificazione è insufficiente, si aggiungono argilla refrattaria o sabbia silicea. Non
calcaree, abbastanza diffuse; cuociono rosso e con la temperatura tendono a chiudere i pori.
Usate per semi gres, gres rosso, monocotto, klinker (mattone semivetrificato); sono indicate
per le piastrelle di gres di alcune argille rosse e grigie che si trovano in Italia in diverse località
(modenese, Abruzzo, ecc.);
• argille ferruginose plastiche, abbastanza diffuse, cuociono dal rosa al rosso. Usate per faenze,
stoviglieria da fuoco. Per le faenze ordinarie da cucina si preferiscono le argille che cuociono
rosso. Si trovano in tutta L’Italia, sia in forma di depositi recenti dei fiumi (argille di fiume), sia in
depositi antichi (argille di cava).
• argille refrattarie, ad elevato punto di fusione, per il basso contenuto di ferro e di alcali e l’elevato
contenuto di allumina; cuociono giallo più o meno intenso. Usate per refrattari; eccellente refrattario
nazionale è quello della Sardegna.
• argille bianche, a contenuto di ferro molto basso, con buona plasticità e fluidità; utilizzate per
impasti ceramici di terraglia, porcellana, gres d’impasto.
Materiali non plastici, utilizzati per conferire particolari caratteristiche al prodotto ceramico:
• silice (SiO2), diffusissima in natura sotto forma di quarzo, quarziti, sabbie silicee, ecc.. Negli
impasti ceramici serve come dimagrante (corregge l’eccessiva plasticità), riduce i ritiri, aumenta il
coefficiente di dilatazione, aumenta la bianchezza e la resistenza del prodotto;
• feldspati (silico alluminati potassici o sodici), si trovano raramente alto stato puro in natura.
Nell’impasto ceramico fungono da fondenti e facilitano le combinazioni silice-allumina.
• carbonati: calcare (carbonato di calcio) e dolomite (carbonato doppio di calcio e magnesio), molto
diffusi in natura. Sono usati nelle terraglie tenere come fondenti (più energici dei feldspati, ma
danno un prodotto meno resistente).
• altre materie prime, come bauxite, cianite, magnesite, cromite, ossido di zirconio, carburo di silicio,
grafite, ecc., sono usate per le ceramiche tecniche per l’industria (refrattari, abrasivi, ecc.).

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Criteri di produzione
La produzione del prodotto ceramico è qualificata dal tipo delle materie utilizzate:
Argille colorate: a seconda del grado di umidità vengono lavorate a secco o allo stato plastico. Il
materiale di solito subisce una pre-frantumazione in cava ed un successivo periodo di stagionatura.
La linea di lavorazione, adottata per piastrelle in maiolica e gres rosso, prevede frantumazione,
setacciature successive, impastatrice, omogeneizzazione e si conclude con pressatura delle piastrelle.
Argille bianche per impasti ceramici: sono in genere selezionate e pretrattate all’origine e vengono
fornite in pezzatura media con bassa umidità (5-6%), oppure macinate in sacchi. E’ sufficiente trattarie
in scioglitrici nella preparazione di impasti a umido.
Materie prime dure: quelle di elevata qualità vengono pre-lavorate all’origine e fornite in sacchi
già macinate e ventilate (quarzo, feldspato, calcare), mentre quelle più correnti (dolomite, calcare,
quarzite, ecc.) subiscono una pre-macinazione in cava e devono essere macinate in fabbrica.
Forma e dimensioni
Sono disponibili in commercio piastrelle ceramiche in vari formati regolari (quadrate o rettangolari). Il
cotto presenta una maggiore varietà morfologica, essendo modellato anche in forme più complesse
(es. a losanghe, con inserimento di rosette o tozzetti fatti a mano, ecc.) e fra loro componibili con la
ricostituzione della forma geometrica regolare (cornici e decorazioni con pezzi morfologicamente vari).
Proprietà caratteristiche
Le caratteristiche prestazionali dei principali tipi ceramici si possono riassumere come segue:
Ceramica: utilizzata in edilizia soprattutto in piastrelle per pavimenti e rivestimenti, ha un campo di
applicazione vastissimo.
Offre, rispetto ad altre soluzioni di finitura delle superfici (es. intonaco), maggiori garanzie di durabilità
e fruibilità. Le superfici ceramiche, infatti, oltre a mantenere le originarie caratteristiche in maniera
durevole, garantiscono un buon grado di inalterabilità, sono facilmente lavabili e non risentono in
maniera negativa dell’umidità ambientale.
I requisiti prestazionali di lavabilità ed inalterabilità le rendono particolarmente adatte ad ambienti
di moderata lavorazione (settore produttivo) e, all’interno del settore residenziale, agli ambienti con
elevata presenza di vapore acqueo (bagni, cucine).
I materiali smaltati o vetrinati possono essere ottenuti in due cotture oppure in un’unica cottura,
cuocendo cioè il prodotto smaltato su crudo. Con l’avvento della monocottura rapida è avvenuta una
radicale trasformazione degli impasti argillosi e degli smalti; la materia prima, fino a pochi anni fa,
era costituita dall’argilla naturale solo depurata e con aggiunte di altre sostanze in dosi fisse, mentre
adesso si realizzano miscele adattabili di volta in volta, in modo da ottenere precisi requisiti finali. Ciò
consente di fabbricare piastrelle da destinare a un uso specifico non più rigidamente limitato dalle
proprietà iniziali delle argille.
Le tipologie degli impasti impiegati nella monocottura smaltata sono sostanzialmente due quelli
che conferiscono al supporto un colore chiaro, variabile tra il bianco, il grigio e il giallo, e quelli che
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mantengono una tonalità rosso-bruna, da chiara a scura. Nei primi intervengono argille caolinitiche di
colore bianco, importate in massima parte dell’Europa centrale, a cui sono aggiunti feldspati in funzione
di fondenti; la mancanza di ossidi di ferro, sia come impurità che come aggiunta per migliorare la
fusibilità dell’argilla, consente di ottenere una pasta chiara, mentre quando si utilizzano argille illitiche,
come quelle provenienti dal basso appennino reggiano e modenese, il risultato è una pasta rossa,
ferrigna, di colore più o meno scuro secondo ii contenuto, naturale o artificiale, di carbonato di calcio,
che agisce, oltre che da fondente, anche come schiarente.
Tanto con supporti in pasta bianca quanto con impasti di colore rosso è possibile ottenere tutta la
gamma dei prodotti compatti e porosi. Ciò dipende, in primo luogo, dalla pressione di formatura e,
quindi, dalla costipazione iniziale dell’argilla, ma soprattutto dalla temperatura o dalla percentuale di
sostanze fondenti. La compattezza della pasta e la sua perdita di porosità dipendono infatti da quella
parziale fusione diffusa nella massa del supporto, che avviene, alla cottura, nel cosiddetto intervallo
di greificazione, durante il quale i minerali originari si combinano, per l’alta temperatura, in una nuova
struttura che conferisce alle piastrelle una maggiore durezza e un’elevata resistenza alle sollecitazioni
meccaniche, limitando il numero dei pori e quindi l’assorbimento d’acqua.
Se la porosità diminuisce al crescere della temperatura e la resistenza meccanica aumenta con il
diminuire della porosità, una greificazione molto spinta può portare, per contro, a forti deformazioni
dimensionali nella piastrella.
Con la monocottura smaltata a pasta compatta di tipo bianco o rosso si possono avere valori di
resistenza superiori a 40 N/mmq e soprattutto una porosità inferiore al 3 %, che consente l’impiego
del prodotto come pavimento e come rivestimento per esterni in grado di resistere al gelo e ai cicli
gelo-disgelo.
La monocottura porosa offre una gamma di prodotti altrettanto vasta e adatta a diversi tipi d’impiego,
purché non eccessivamente gravosi e, soprattutto, in ambienti interni in considerazione della maggiore
porosità. Il prodotto è caratterizzato da un assorbimento compreso tra il 3 e 6%. Il suo comportamento
sotto l’azione di sostanze chimiche è in generale buono, anche se sovente lo smalto non sopporta
le soluzioni concentrate di acidi e basi forti, mentre le macchie persistenti devono essere tolte
rapidamente con detersivi. Alla categoria appartengono anche i prodotti in pasta rossa mediamente
porosi (tra il 6 e il 10%) e quelli molto porosi (oltre il 10%), impiegati esclusivamente per interni: i primi
nella pavimentazione e nei rivestimenti di particolari ambienti delle abitazioni civili, i secondi solo nei
rivestimenti.
Smalto: la copertura vetrosa della piastrella è indispensabile tanto per determinare sulla superficie
ceramica gli effetti che conferiscono pregio estetico al prodotto quanto per riparare il supporto
dall’azione diretta delle sollecitazioni. La composizione dello smalto è molto varia, anche se alla
base rimangono i tre gruppi, formati da vetrificanti (come la silice), da fondenti (come la soda), e
da stabilizzanti (come il carbonato di calcio). Dall’alterazione dei rapporti tra questi tre componenti
fondamentali e dall’aggiunta di altre sostanze si ottiene la gamma di effetti lucidi, semilucidi e opachi.
Non mancano le tonalità del cotto, nella gamma dal rosso scuro antichizzato sino a quelli più chiari o
addirittura bianchi, con sfumature simili a quelle dei materiali tradizionali.
Oltre che per particolari effetti estetici, le diverse proporzioni tra le sostanze di base e le eventuali
aggiunte di minerali naturali o artificiali vengono effettuate per ottenere determinate caratteristiche di
durezza, con maggiore fusibilità che consente un migliore aggrappaggio al supporto, una resistenza
superiore al cavillo, all’abrasione, alle macchie e sostanze chimiche. L’inserimento e la diffusione nello
smalto di sostanze dure in miscela tra loro rendono meno scalfibile la superficie, con conseguente
minore alterazione dell’aspetto della piastrella e maggiore facilita di pulizia; con mescole particolari a
base di corindone è possibile raggiungere una durezza superficiale pari a 9 della Scala Mohs.
Lo spessore dello smalto si mantiene, di solito, su valori usuali (inferiori al millimetro) in quanto, con
la monocottura tradizionale, la crosta di superficie dove permettere il passaggio dei gas che sono
prodotti dal supporto durante la fase di cottura; se non si usano smalti cristallini di elevate qualità,
con uno spessore maggiore aumenta il rischio che eventuali micro bolle rimangano imprigionate nello

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smalto e che un’inevitabile leggera abrasione apra queste minuscole cavità, facendo penetrare la
sporcizia, con offuscamento dei colori, e rendendo impossibile la pulizia a fondo della piastrella.
Gres: sono argille speciali polverizzate, impastate, modellate e cotte in forni a temperature elevate,
ove avviene anche la vetrificazione delle superfici.
I rivestimenti in gres, rispetto a quelli in ceramica smaltata tradizionale, offrono, per la struttura
compatta e vetrificata, maggiore resistenza e durabilità. Sono principalmente indicati negli ambienti
ove tali requisiti assumano importanza preponderante. La resistenza chimica (attacco acido) li rende
inoltre particolarmente indicati per depositi, locali di lavorazione, (edilizia industriale ed artigianale) e
di servizio (garage, locali accessori nell’edilizia residenziale).
Il gres è inoltre utilizzato, impastato con quarzo e feldspati e cotto a temperature superiore a 1200°C,
per la preparazione di “graniti ceramici”, costituiti da un unico impasto omogeneo e compatto a tutto
spessore, senza trattamento della superficie.
Prodotti naturali e levigati, hanno caratteristiche di inassorbenza, durezza, antigelività, resistenza
agli urti, all’abrasione ed all’attacco chimico. Sono utilizzati soprattutto come pavimentazioni in locali
soggetti a forte movimento (spazi pubblici, supermercati, ecc.).
Cotto: utilizzato dall’antichità nelle tradizioni locali, dalle pavimentazioni alle coperture, rappresenta
nelle sue varie forme, uno degli elementi costitutivi tipici dell’ambiente architettonico. Possiede in
generale requisiti di resistenza meccanica ed al fuoco, buone proprietà di isolamento termico ed
acustico, tenuta all’ acqua ed infine una propria e ben riconoscibile colorazione. In generale resiste
all’esposizione agli agenti atmosferici (tegole e mattoni faccia a vista) senza presentare particolari
segni di degrado, più delicato ed alterabile della ceramica tradizionale, resistendo meno all’attacco
chimico: si può macchiare con relativa facilita e necessita di trattamenti superficiali particolari (anche
se è ormai abitualmente pretrattato). L’utilizzazione edilizia delle pavimentazioni in cotto si ha in gran
parte nel settore residenziale, dove è indicata per tutti gli ambienti, anche se abitualmente nei bagni e
nelle cucine si preferisce la ceramica smaltata, per la maggiore inalterabilità e lavabilità.
Nelle pavimentazioni in cotto per esterno si deve porre particolare attenzione alla posa in opera, in
quanto si devono evitare vuoti ed interstizi dove ristagni l’acqua di infiltrazione. Data la natura porosa
del cotto, l’acqua stagnante può determinarne la saturazione dei pori, creando le condizioni per la
rottura del materiale in caso di temperature sotto lo zero.
Klinker: si tratta di un materiale duro, resistente, antiacido e antigelivo, legato all’uso del laterizio
come rivestimento faccia a vista, sviluppatosi in Germania grazie all’abbondanza di ottima argilla e di
combustibile fossile, che dall’aggressione e dall’inquinamento atmosferico trae la sua ragion d’essere.
La forma più originale e appropriata è il listello da rivestimento esterno. Ottenuto per estrusione di
una miscela di argille pure e pregiate, resistentissime al fuoco e sottoposte ad una cottura superiore
ai 1250°C fino alla vetrificazione, nella forma a listello con la parte interna a coda di rondine, è stato
impiegato come sostitutivo del mattone pieno, con la conseguenza di venire confuso con esso. Nella
veste colorata e smaltata è stato confuso con la normale piastrella ceramica.
A causa del largo impiego come pavimentazione, è stato trasferito dall’esterno all’interno dell’abitazione,
ove si caratterizza per l’aspetto rude e rustico, la superficie non perfettamente levigata e la colorazione
non omogenea. Sia come rivestimento che come pavimento (es. metropolitana di Marsiglia) resiste nel
tempo, all’inquinamento atmosferico, è inattaccabile dai raggi ultravioletti del sole e resistente ai fuoco.
Lasciato grezzo, vetrinato o smaltato, può essere utilizzato come rivestimento di facciata e come
pavimentazione nell’arredo urbano, negli spazi pubblici e negli shopping center, con spessore
maggiorato per resistere al calpestio più intenso, trova impiego nell’edilizia industriale e nella versione
antisdrucciolo serve come rivestimento per piscine con una serie completa di pezzi speciali per
sfioratori.
Non dove essere confuso con il laterizio; il “plus” più importante del klinker sta nelle argille particolari
che lo compongono, che sono prive di calcari, ossidi di ferro e ossido di calcio, componenti che
ne abbasserebbero ii punto di fusione, inoltre l’alta temperatura di cottura produce un materiale del
tutto speciale, caratterizzato da una massa unica ben vetrificata, compatta e con pochi pori di forma

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allungata.
II klinker rispetto al mattone ha maggiore resistenza a compressione, maggiore ingelività dovuta
alla minore porosità, maggiore resistenza all’usura e possibilità di molteplici formati, dall’elemento
tridimensionale al listello alla piastrella da pavimento e rivestimento, entrata nell’uso comune con il
nome di litoceramica.
Da rilevare sono anche le differenze fra il klinker e gli altri materiali ceramici, in particolare il gres
che ha prestazioni simili. Mentre il primo, ottenuto per estrusione a umido, cioè mediante trafilatura
sottovuoto, presenta una massa completamente omogenea, il secondo, ottenuto mediante pressatura,
non ha un impasto così omogeneo per cui potrebbero verificarsi stratificazioni e quindi crepe nel senso
longitudinale.
Dal punto di vista chimico-fisico si caratterizza per la composizione caolinica delle argille, per l’alto
peso specifico (da 2 a 2,2 g/cmc), per il basso assorbimento d’acqua (inferiore all’l% in peso), per
l’elevata resistenza alla flessione (oltre 300 kg/cmq) e per l’elevata resistenza all’usura (la durezza
della superficie varia da 6 a 7 gradi della Scala di Mohs).
Le possibilità cromatiche sono ampliate dall’aggiunta di ossidi alle argille rosse e bianche che portano
a variazioni di tonalità. Comunque le colorazioni naturali sono 1’avana, l’avorio e ii grigio per quelle
bianche e rosso intenso e testa di moro per quelle rossastre.
Campi di utilizzazione
II materiale ceramico nelle sue varie forme viene utilizzato, come pavimentazione e rivestimento, in
ogni condizione ambientale e climatica. Se per gli interni ad uso abitativo il cotto presenta particolari
caratteristiche cromatiche e di “calore” ambientale, per gli esterni si rivela certamente meno durevole.
Al contrario i rivestimenti ceramici| e specificamente le pavimentazioni in gres e klinker sono indicate
per le capacità di resistenza agli agenti chimici e fisici e per le doti di durevolezza ed inalterabilità. Tali
caratteristiche li rendono particolarmente adatti all’impiego nel settore produttivo, ove sono necessari
rivestimenti che offrano garanzie di resistenza all’attacco chimico e di facile pulizia. Attualmente, negli
ambienti aperti al pubblico e soggetti a forte usura (es. supermarket), è molto utilizzata anche la
litoceramica.
Fornitura e deposito in cantiere
Il materiale, una volta terminato ii ciclo produttivo, viene immagazzinato in pallet contenenti confezioni
di piastrelle imballate con cartone o plastica. Trasportato al cantiere di utilizzazione con mezzi stradali
o ferroviari, è conservato nella confezione originale, che viene di norma aperta solo prima della posa
in opera, in modo da svolgere fino a quel momento una funzione protettiva contro urti ed abrasioni.
E’ preferibile conservare il materiale in ambiente chiuso, evitando l’azione del gelo e delle intemperie.
Tecniche di preparazione
Macinazione a umido: il prodotto macinato viene insilato e dopo una sosta di qualche giorno prelevato
per essere impastato con acqua, additivi e materie prime dure pre-macinate fino all’ottenimento
della plasticità ottimale necessaria per la fase di trafilazione. Questa fase amalgama e toglie l’aria
dall’impasto che viene spinto con pressioni elevate, in una bocca sagomata come il pezzo che si
vuole ottenere. Il risultato è un filone continuo di argilla plastica che viene tagliata nelle lunghezze
desiderate da una apposita macchina detta “taglierina”. A questo punto il pezzo, già ottenuto nella
forma e nella lunghezza volute, ha una consistenza tale da permettere il trasporto in verticale sulla
linea di smaltatura. Su tale linea, prima che il materiale venga essiccato, vengono applicati gli smalti
precedentemente preparati, i pezzi smaltati vengono successivamente caricati automaticamente sui
carrelli del forno ed introdotti negli essiccatoi.
La formazione dei prodotti impastati a umido può avvenire anche per cola in stampi in gesso, come
per i sanitari e per gli oggetti domestici complessi oppure per essiccatura e pressatura a secco della
polvere a bassa umidità ottenuta, come per le piastrelle. Pur partendo da polveri argillose molto fini,
di origine naturale o associate a fondenti e inerti silicei, si possono ottenere diverse granulometrie

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utilizzando gli impianti di atomizzazione oppure la classica macinazione a secco e anche meccanismi
che consentono la bagnatura delle polveri in modo da ottenere una leggera rigranulazione.
In ogni caso, la tessitura dell’argilla o della miscelazione dove essere omogenea per favorire,
durante la formatura, il caricamento negli stampi e l’operazione di pressatura.
Questa viene compiuta con presse idrauliche di elevata potenza, cosi da ottenere un prodotto
sinterizzato ad alta pressione anche con formati di grande dimensione e limitato spessore; ii prodotto
crudo, ma già di consistenza maneggiabile, che esce dagli stampi viene inviato agli impianti di
essiccamento, dove la piastrella perde l’umidità residua ed è pronta per entrare nel ciclo di smaltatura.
Essiccamento: l’essiccamento di un manufatto ceramico, fase delicatissima che serve a togliere
circa il 25% di acqua contenuta nell’impasto, avviene in due fasi; dapprima viene eliminata l’acqua
esistente tra le particelle che serve a dare plasticità all’impasto, dando luogo ad un ritiro (durante il
quale le sollecitazioni fisiche che si creano non devono vincere la resistenza del pezzo); viene poi
eliminata l’acqua contenuta nei pori, senza ulteriore ritiro e con la formazione di una certa porosità
interna. Per evitare la formazione di tensioni, che possono danneggiare il prodotto fino a provocare
rotture, l’essiccamento dove avvenire in modo uniforme per tutta la massa del pezzo e l’evaporazione
dell’acqua dove essere lenta durante la fase di ritiro, mentre può essere accelerata a ritiro terminato.
E’ pratica corrente iniziare l’essiccamento in ambiente molto umido, riscaldando il pezzo praticamente
senza perdita di acqua, per poi diminuire gradualmente l’umidità aumentando la temperature.
Tecniche di realizzazione
Cottura e finitura del prodotto: il ciclo termina con la cottura durante la quale le argille del supporto
greificano in maniera più o meno spinta e lo smalto (se presente) fonde in parte e si ancora alla
superficie della piastrella, che assume i caratteri definitivi di durezza e di resistenza, variabili secondo la
composizione dell’impasto, le sostanze che intervengono nella miscela di rivestimento e la temperatura
di esercizio del forno Tutti i prodotti non rivestiti con smalto o vetrina, come i laterizi, le terrecotte, le
piastrelle di gres, i refrattari e la ceramica tecnica, subiscono una sola cottura, dopo la quale sono
scelti e imballati. I materiali smaltati o vetrinati possono essere ottenuti in due cotture (biscotto e
vernice) oppure in un’unica cottura (monocottura), cuocendo cioè il prodotto smaltato su crudo. La
doppia cottura comporta lavorazioni più facili e controllabili, può dare un prodotto di qualità migliore
e con una maggiore ricchezza di colori e decori; infatti la prime cottura fa subire al biscotto tutte le
trasformazioni chimiche e fisiche che lo riguardano e gli dà la necessaria consistenza; il decoro e lo
smalto sono quindi applicati su un supporto resistente e praticamente inerte. La monocottura è invece
più complessa e delicata in quanto lo smalto è applicato a un pezzo crudo e nella cottura si vengono
a sommare le difficoltà e le esigenze del supporto e dello smalto trattati contemporaneamente. Ne
risultano una limitazione degli effetti e dei colori impiegabili, una necessità di un maggiore controllo
della produzione e talvolta un certo decadimento della qualità; per contro le lavorazioni sono minori e
più economiche. La monocottura è ormai entrata nella pratica industriale nella produzione dei sanitari,
del gres vetrinato, della porcellana elettrica e si sta diffondendo anche nel settore delle piastrelle da
pavimento. Per la stoviglieria da tavola, le piastrelle decorate e l’artistico si preferisce invece la doppia
cottura.
La decorazione del prodotto ceramico può essere realizzata in diversi modi (a mano, per serigrafia, a
tampone, con filettatrice, con decalcomania, ecc.) e può essere applicata sopra smalto o sotto smalto.
Nel primo caso occorre un’ulteriore cottura a 900-950°C, dopo quella dello smalto, per fissare il decoro,
che risulta più brillante e vario, ma poco resistente all’abrasione (se il decoro comporta delle finiture in
oro, è necessaria un’ulteriore cottura a 750°C circa). Il decoro sotto smalto è invece applicato prima
dello smalto e viene cotto assieme ad esso: lo smalto protegge così il decoro dall’usura.
All’uscita dagli essiccatoi i carrelli vengono introdotti nei forni, dove, avanzando a treno, permettono
al materiale di assorbire, secondo gradienti termici prestabiliti, la quantità di calore necessaria alle
varie trasformazioni chimiche dell’argilla. Infatti avvengono decomposizioni di carbonati, formazioni di
silicati e di silico-alluminati e la fusione dei composti ad alto contenuto di ferro e di calcio.
Contemporaneamente ai fenomeni di vetrificazione della massa si modificano vari requisiti. Aumentano

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per esempio: conducibilità termica, resistenza all’attacco chimico, resistenza all’abrasione, durezza e
resistenza meccanica. La fase successiva alla cottura è la scelta e classificazione dove i pezzi doppi,
scaricati con delle pinze su una linea di scelta, vengono separati, liberati dai listelli di collegamento,
scelti per qualità, impilati, imballati e quindi pallettizzati. Dopo questa fase è necessario immergere
in acqua il pallet completo di materiale per un determinato periodo di tempo. Infatti il materiale cotto,
contenendo grandi quantità di CaO, può manifestare fenomeni di scagliature superficiali. II fenomeno
è dovuto al rigonfiamento dell’ossido di calcio a contatto con l’umidità esterna. Lo stivaggio del pallet
nell’apposita zona di magazzino all’aperto chiude il ciclo di lavorazione. Il ciclo completo di produzione
delle monocotture, che negli anni sessanta durava da 15 a 20 ore, attualmente, grazie ai forni rapidi
in cui le piastrelle scorrono su rulli, si mantiene al di sotto dei 60 minuti, con limitazione dei consumi
energetici e delle emissioni inquinanti.
Cotto: il ciclo produttivo dei manufatti in cotto non presenta differenze rilevanti. Prende il via dalla cava,
dove l’argilla viene prelevata e stoccata a stagionare in appositi capannoni, che servono da riparo e da
magazzino anche durante ii periodo invernale, quando l’estrazione della materia prima è resa difficile
se non impossibile dalle condizioni atmosferiche. Successivamente, l’argilla viene macinata in diverse
granulometrie a seconda delle necessità, e comunque sempre con grani angolosi e non rotondi, in
modo da consentire la necessaria compattezza dell’agglomerato d’impasto, in seguito la miscela viene
immessa nell’impastatrice e quindi nella trafilatrice, che iniziano a formare i pezzi omogeneizzando le
caratteristiche della miscela. Nella fase successiva vengono formati i pezzi, attraverso la trafilatrice. Una
filiera forma i diversi profili secondo la sezione desiderata, con un classico procedimento di estrusione.
Con l’aggiunta di opportuni ingredienti si può eliminare la comparsa di efflorescenze di solfato sodico,
le caratteristiche macchie bianche che compaiono nella fase successiva alla posa. I prodotti vengono
poi essiccati e successivamente lavorati a crudo, soprattutto i pezzi speciali come gli scalini. Una volta
impilati nei carrelli di trasporto-cottura i pezzi entrano nel forno dove vengono cotti. La cottura è il vero
cuore del processo di produzione. Infatti è in questa fase che il cotto assume quelle caratteristiche
meccaniche e chimiche che lo rendono inalterabile agli agenti atmosferici, all’abrasione superficiale e
che gli conferiscono il caratteristico colore. La temperatura di cottura in questi forni raggiunge valori che
oscillano tra i 900 e i 1.000 gradi, in funzione dell’impasto e del prodotto che si vuole ottenere. L’ultima
fase, successiva alla cottura, è la bagnatura che, al pari delle altre, è estremamente importante. Con
l’immersione in un bagno d’acqua per un determinato periodo di tempo l’ossido di calcio si trasforma
a contatto con l’acqua in idrossido di calcio. Se non fosse bagnato l’idrossido infatti assorbirebbe
lentamente l’anidride carbonica dell’aria, trasformandosi in carbonato di calcio, con un conseguente
aumento di volume e danneggiamento delta massa ceramica.
Rapporti con altri materiali ed elementi tecnici

Posa in opera del cotto


La posa deve essere effettuata su un lotto di malta cementizia tirata e battuta sulla quale, dopo
un’ulteriore strato, vengono posate le piastrelle, con una fuga di circa cinque millimetri. Alcuni giorni
dopo, suite piastrelle viene applicato uno strato di boiacca. II procedimento serve per turare le fughe
e per pulire la superficie della piastrella. La posa della boiacca è seguita da un periodo di riposo della
durata di circa dieci giorni. Nel caso che il pavimento debba anche essere levigato la boiacca non andrà
rimossa subito, ma solo in seguito con la levigatrice. Se invece il pavimento è fatto a mano il fondo
deve essere molto liquido in modo da consentire uno sbordamento di malta tra due piastrelle adiacenti
che deve essere pulito di volta in volta. E’ poi necessario eseguire alcune operazioni successive, con
un trattamento manuale o meccanizzato eseguito da personale specializzato.
Posa in opera degli altri materiali ceramici
Per eseguire correttamente un pavimento in ceramica, le piastrelle vanno fissate a un supporto
orizzontale esistente, che si comporti in maniera rigida e non sia soggetto a variazioni dimensionali.
Per questo, tra le pareti e la caldana, su cui appoggeranno le piastrelle e da realizzare al di sopra

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del solaio, occorre lasciare un giunto di dilatazione, riempito con polistirolo o altro materiale elastico,
che verrà coperto dal battiscopa al momento della finitura; spesso è consigliabile isolare anche
il letto di posa dalla struttura orizzontale con una guaina bituminosa, un telo di nylon o semplice
sabbia per rendere il pavimento “galleggiante” e non vincolato alle oscillazioni dell’edificio e ai ritiri
dei materiali leganti impiegati nelle costruzioni. Il massetto deve essere composto con sabbia ben
lavata di granulometria adatta (fino a tre millimetri), priva d’impurità e miscelata con cemento Portland
o pozzolanica in un impasto abbastanza magro (rapporto legante/inerte 1:4) per evitare ritiri non
controllabili e forti deformazioni.
L’acqua dove essere dosata nella quantità minima necessaria per rendere la malta plastica e
lavorabile, favorendo queste proprietà anche con un tenore di calce fino al 20%, ma solo per lavori
all’interno, mentre per esterni occorre una malta di solo cemento più grassa di quanto richiesto
normalmente, soprattutto se si tratta di rivestimenti per passi carrabili. L’altezza del lotto di posa varia
tra 4 e 6 centimetri secondo lo spessore della piastrella da utilizzare, ma può raggiungere anche 10-
12 centimetri per situazioni in cui vengono applicati carichi gravosi; la malta deve essere non solo
livellata, ma anche ben pressata e vibrata, in modo da non lasciare vuoti o discontinuità nella massa.
Nella posa con malta, le piastrelle vanno bagnate fino a saturazione, lasciandole immerse in acqua
per un periodo di tempo proporzionale alla loro porosità, così da evitare l’asciugamento precoce del
legante, limitando le sue proprietà adesive. Anche il piano di posa va mantenuto umido prima di essere
cosparso uniformemente di cemento puro fino all’assorbimento del velo d’acqua superficiale residuo
(spessore massimo 1 millimetro); le piastrelle vanno sistemate con delicatezza e precisione su questo
piano spolverato, togliendole contemporaneamente da diverse confezioni, così da ovviare a eventuali
variazioni di tonalità. La posa procede partendo da un lato scelto come riferimento, solitamente
quello opposto all’ingresso principale del locale, e le piastrelle vengono battute con un attrezzo di
legno oppure livellate con uno speciale vibratore fino all’affioramento delta boiacca di cemento tra gli
interstizi. L’assestamento è l’operazione più delicata della posa, quindi è necessario sollevare qualche
elemento per verificare la perfetta aderenza della malta su tutta la faccia inferiore della piastrella, che
non deve risultare bagnata da acqua mista a cemento, bensì ricoperta da una pellicola uniforme.
Dopo la posa, l’intero pavimento deve essere bagnato per almeno un giorno, fino a quando il legante
non ha completato la presa e l’indurimento, e solo allora si procede al riempimento delle fughe con
cemento e inerte finissimo o con prodotti sigillanti premiscelati, stesi mediante rastrelli a doppia
gomma, completando l’intervento con le usuali operazioni di spatolatura e di pulizia mediante spazzola
meccanica.
I collanti utilizzati nello strato legante delle piastrelle da pavimento sono, per lo più, composti da
cemento e inerti fini, addizionati con resine sintetiche o lattici in percentuale più o mono elevata; se il
tenore è limitato, questo sostanze servono solo per migliorare la plasticità dell’impasto e aumentare
ii tempo aperto (tempo di formazione delta pellicola che impedisce l’adesione della piastrella) e il
tempo di aggiustabilità (tempo a disposizione per rettificare la posizione della piastrella); se l’additivo
è presente in elevate quantità ha funzione di legante e assicura una migliore resistenza con una buona
impermeabilità ed elasticità. Accanto a questi collanti, sono presenti in commercio anche adesivi
che induriscono per reazione chimica e sono formati da uno o due componenti; gli altri adesivi
maggiormente impiegati sono quelli a base di resine in dispersione acquosa, che secondo i tipi, si
comportano in maniera altamente flessibile o mediamente flessibile. I collanti si stendono su supporto
con la cazzuola dentata dopo averli miscelati con la giusta quantità d’acqua, oppure direttamente
se in forma di paste pronte; le piastrelle vengono appoggiate sullo strato legante e sottoposte alla
vibratura meccanica fino al completo assestamento, mentre le operazioni di finitura sono simili a
quelle del fissaggio con malta. La posa a giunto chiuso, con elementi accostati strettamente tra loro, è
consigliabile solo per piastrelle molto stabili e a dimensioni calibrate; con materiali di planarità perfetta
e spigoli dritti e retti il pavimento assume aspetto monolitico, ma le case produttrici consigliano, in
genere, di lasciare tra le piastrelle una certa distanza (posa a giunto aperto), in modo che eventuali
ritiri, tensioni, cedimenti o assestamenti non influiscano sull’aderenza e sulla stabilità dei singoli pezzi.

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In ogni condizione, le fughe dovrebbero avere almeno una larghezza di 2 millimetri e variare, secondo
i formati, da 2 a 10 millimetri, così da evitare i rischi tipici della posa a giunto unito, che causa a volte la
scagliatura dei bordi delle piastrelle, il loro distacco o addirittura il sollevamento dell’intero pavimento.
Per superfici molto ampie, soprattutto se esposte all’umidità, alle intemperie e all’insolazione diretta,
vanno previsti, ad intervalli regolari, giunti di dilatazione riempiti con un elemento comprimibile e con
un sigillante adeguato per garantirne l’impermeabilità; la larghezza del giunto di solito è pari ad almeno
4 volte l’ampiezza dei movimenti previsti e negli ambienti interni va posto ad intervalli di 6-10 metri in
ogni direzione, da ridurre a 3-5 metri nel caso di terrazze e strutture all’aperto.
Criteri di misurazione
La fornitura e la misurazione di qualsiasi tipo di materiale ceramico in piastrelle vengono effettuate
in base ai mq di materiale effettivo. Per gli altri elementi (es. sanitari, vasellame, ecc.) la valutazione
avviene a corpo.
Patologie
I materiali ceramici con impasto compatto, come gres e klinker, non devono presentare patologie
specifiche dovute all’impiego in condizioni sfavorevoli. Come considerato hanno proprio in questa
assenza di controindicazioni prestazionali specifiche il loro maggiore pregio.
Il cotto al contrario, essendo caratterizzato da una maggiore porosità, va soggetto più facilmente
alle conseguenze prodotte dagli attacchi meccanici e chimici. La situazione può essere resa più
critica dall’esposizione agli agenti atmosferici: si può infatti imbibire e, per le variazioni volumetriche
collegate al cambio di stato dell’acqua durante la trasformazione in ghiaccio, screpolare in maniera
prima superficiale quindi più profonda, offrendo maggiori possibilità di penetrazione agli agenti chimici
presenti nell’atmosfera urbana. Viene attaccato chimicamente dalle anidridi solforica, solforosa,
carbonica e dai vari residui carboniosi incombusti, con risultati dapprima di annerimento, quindi di
sgretolamento e corrosione. In tali situazioni può essere difeso mediante operazioni di pulizia, e, se
necessario, consolidamento ed impermeabilizzazione, di tipo analogo a quelle previste per i materiali
lapidei di natura sedimentaria calcarea, alla cui scheda si rimanda per la trattazione specifica.
Norme e specifiche di prestazione

Requisiti secondo le normative europee


La normativa europea relativa al prodotti ceramici è state compilata dagli organismi nazionali di
normalizzazione di Germania, Austria, Belgio, Danimarca, Spagna, Finlandia, Francia, Grecia, Irlanda,
Italia, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Gran Bretagna, Svezia, Svizzera, che hanno operato sotto il
nome di CEN (Comitè European de Normalisation). Specifica le misure, le tolleranze delle dimensioni,
le caratteristiche meccaniche-fisiche e chimiche, la qualità e la forma delle mattonelle. Di seguito se
ne riporta un estratto, senza carattere di completezza:
EN 87 – Definizione, classificazione, caratteristiche.
Prevede due tipi di mattonelle: a spacco o mattonella singola trafilata.
Le superfici di dette mattonelle possono essere lisce, a profilo ondulato, decorate o finite in altro modo,
inoltre possono essere completamente, o solo in parte, smaltate, lucide, opache o non smaltate.
EN 98 – Dimensioni e qualità di superficie
La singola mattonella deve presentare variazione minore del 1,5% dalla misura lavorata in lunghezza
e larghezza, minore del 10% in spessore, minore dell’1% in rettilineità dei lati, minore del 1,5% in
ortogonalità; deve inoltre soddisfare altre condizioni riguardanti la planarità superficiale e l’aspetto.
EN 99 – Assorbimento d’acqua
La percentuale media di assorbimento di acqua ponderale deve essere pari al 3-6%.
EN 100 – Resistenza a flessione
La resistenza a flessione media in N/mm2 deve essere maggiore di 10, la minima individuale maggiore
di 9.

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EN 101 – Durezza secondo la scala Mohs
Deve essere minimo 5.
EN 103 – Determinazione dilatazione termica lineare
Il coefficiente di dilatazione termica lineare da 1°C ambiente a 1000°C dove essere minore di 10 x
10-6 K-1.
EN 104 Determinazione resistenza sbalzi termici (richiesta se dichiarata dal produttore)
EN 105 Determinazione resistenza all’incrinamento
Le mattonelle smaltate devono garantirla se dichiarata dal produttore.
EN 122 Determinazione resistenza all’attacco chimico
Le mattonelle smaltate devono garantire determinate resistenze alle macchie (da 1 a 3, min. 2), agli
attacchi chimici ad eccezione di sostanze contenenti acido fluoridrico e suoi componenti, ed all’attacco
acido e basico, richiesto se dichiarato dal produttore.
EN 154 Determinazione resistenza all’abrasione
Deve corrispondere alla classe (da 1 a 4), dichiarata dal produttore.
EN 202 Determinazione resistenza al gelo (richiesta se dichiarata dal produttore).

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