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CHIMICA, MINERALOGIA E MORFOLOGIA DELLE BALL-CLAY UCRAINE IN 2023

RELAZIONE ALLE LORO PROPRIETÀ TECNOLOGICHE NELLA PRODUZIONE DI


PIASTRELLE E GRANDI LASTRE DI GRES PORCELLANATO
Note e considerazioni a cura di Claudio Cataldi

1. Introduzione e quadro storico di riferimento.

Prima di tutto è necessario ricordare che le importazioni in Italia di argille tipo Ball Clay provenienti dal
grande bacino di sedimentazione fluviale-lacustre di Donetzk (regione del Donbass/Ucraina) sono
iniziate verso la fine del 1992.
Queste argille (che per comodità chiameremo BC-U) devono il loro continuo e crescente successo
commerciale, durato quasi 30 anni, alle loro proprietà tecnologiche che sono nettamente superiori a
quelle di tutte le altre Ball Clay, fino ad allora disponibili e conosciute ma provenienti da altre parti
d’Europa come Germania, Francia, Inghilterra etc. (le chiameremo BC-E).
La composizione mineralogica e chimica ed ancor più la particolare dimensione e forma delle particelle
sono alla base di questo comportamento superiore tecnologico delle BC-U, anche se questo legame
non è stato ancora ben studiato e compreso.
Una mancanza che secondo me giustifica e rende conto della grave difficoltà incontrata per la
sostituzione delle BC-U quando la guerra fra Russia ed Ucraina è iniziata rendendo praticamente
impossibile il loro approvvigionamento.
Al momento della interruzione delle forniture arrivavano in Italia dal Donbass circa 2,5 Milioni di
tonnellate di queste BC-U per la produzione di piastrelle e grandi lastre ed altrettanto importava la
Spagna. Anche altri paesi, come la Turchia ad esempio, pur avendo giacimenti nazionali importanti
di Ball Clay facevano uso di queste argille, anche se in quantità più limitate, per migliorarne le
caratteristiche tecniche.

Fig.1 - Il bacino del Donbass: D-1,2,3,4


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2. Caratteristiche tecniche uniche e superiori delle BC-U

Vediamo brevemente quali sono queste particolari caratteristiche tecnologiche delle BC-U che le hanno
rese veramente uniche poiché presentano insieme molti aspetti positivi:
2.1. Si fluidificano bene al mulino ed in vasca mantengono una buona reologia nel tempo.
2.2. Hanno una plasticità elevata che garantisce alla massa atomizzata un ottimo comportamento sia in
pressatura che in essiccazione. Una caratteristica notevole che si mantiene sia per i formati
normali che per le grandi lastre, di qualsiasi spessore, prodotte con le più diverse tecniche di
formatura, sia con presse idrauliche tradizionali e sia con compattazione su nastro tipo Continua.
2.3. Sinterizzano senza difficoltà mantenendo una buona stabilità dimensionale adattandosi sia a cicli
termici molto rapidi (piastrelle e lastre sottili) che a cotture relativamente più lente (spessorati).
2.4. Hanno un contenuto di ossidi di ferro piuttosto basso, generalmente inferiore ad 1-1,5% e
pertanto cuociono chiaro o quasi bianco.
2.5. Presentano un ritiro di cottura normale o contenuto.
2.6. Non hanno particolare tendenza allo sviluppo del “cuore nero” perché il contenuto di sostanze
organiche non è eccessivo.
2.7. Sono sempre state di qualità costante (in particolare quelle dei produttori/importatori principali e
più affidabili) anche se rispetto agli inizi degli anni ’90 vi è stato nel tempo una riduzione della
quantità di Al2O3 dal 28-29% al 23-24% circa.
Siti di estrazione di grandi dimensioni con macchine e tecniche di miscelazione molto efficaci
(derivate direttamente dalla grande industria estrattiva del carbone in Russia) hanno garantito nel
tempo alle BC-U una grande stabilità di composizione chimico/fisica e di caratteristiche
tecnologiche ad un costo conveniente.
2.8. Ultimo aspetto, ma non meno importante, il trasporto e la logistica dall’Ucraina verso l’Europa
sono diventati nel tempo sempre più efficienti e non ci sono mai state interruzioni od
inconvenienti nelle forniture, ovviamente fino all’inizio della guerra.

Fig. 2 – Scavatore a ruota: ogni cucchiaio sono circa 12 m3

Fig. 3 - stoccaggio e stratificazione con nastro su rotaia

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3. Le difficoltà di sostituzione.

Avendo contemporaneamente tutti questi aspetti positivi le BC-U rappresentavano così una soluzione
efficace e semplice a quasi tutti i nuovi problemi tecnologici delle moderne fabbriche di Gres
Porcellanato. E’ stato quasi inevitabile che tecnici/ceramisti/tecnologi/impiantisti si siano sempre più
appiattiti ed affidati ciecamente a queste argille ed infatti quasi i2/3 di tutta l’argilla usata in Italia
proveniva dal Donbass.
Ma non solo questo, infatti le loro ottime proprietà permettevano anche di usare in parte anche altre
argille tipo BC-E (dalla Sardegna o dal Piemonte e dall’estero dal Westerwald principalmente)
correggendone e migliorando le loro caratteristiche.
Ed è così che i tecnici ceramisti sono diventati tutti piuttosto bravi a formulare gli impasti da gres
porcellanato: bastava usare circa 30% di BC-U eventualmente assieme a 5-10% di altre argille di qualità
inferiore di altra provenienza, circa 35-40% di albite dalla Turchia ed infine un 15-20% fra sabbie
quarzoso-feldspatiche ed apliti nazionali.
Certamente i limiti di oscillazioni erano ampi ma si trattava quasi di una formulazione Standard che ha
trovato rapida diffusione consolidandosi ovunque.
Tutto questo è durato per molto , troppo tempo, facendo perdere ai tecnici la memoria di come si
formula una massa di ceramica per gres porcellanato e soprattutto come la si ri-formula correttamente
nell’esigenza improvvisa di sostituire un componente fondamentale, particolare ed unico, con tali e
tante caratteristiche positive, da un giorno all’altro.
Vi sono state infatti fabbriche cadute nel panico vero e proprio, che hanno dovuto perfino rinunciare
temporaneamente a produrre per l’impossibilità di mantenere le elevate caratteristiche del materiale
precedente. Per alcuni è stato un periodo di transizione lungo e tribolato con svariate formule di
cambio impasto, con tutto quanto comporta sia come spese di perdita produttiva che come ricerca di
nuove regolazioni di macchine ed impianti.
Una situazione che per alcune ceramiche si protrae ancora oggi con problemi residui anche gravi:
cuore nero eccessivo, colore di cottura scuro, anomalie dimensionali (calibro incostante ed irregolare,
difetti di ortogonalità) sia di pressatura che di cottura, piroplasticità evidente, rallentamento dei cicli di
cottura e peggioramento delle prestazioni produttive sia come rese di scelta e sia come produttività.
Tutto questo è, a mio modo di vedere, una conferma dal fatto che non esistono in altra parte del
mondo giacimenti di argilla di questo tipo, di tale potenza e con tutte queste caratteristiche tecniche e
tecnologiche assieme e la inevitabile conseguenza è che la sostituzione delle BC-U obbliga a rimetter in
discussione “tutta” la formulazione di impasto di una massa ceramica da Gres Porcellanato e come non
sia possibile semplicemente sostituire la BC-U con un’altra argilla.

4. Il Gres Porcellanato e le sue origini.

Per cominciare occorre definire che tipo di prodotto ceramico è il Gres Porcellanato e perché è
diventato il materiale ceramico così largamente usato e con una così grande varietà di superfici, colori e
dimensioni tale per cui ci risulta difficile ricordare che ha avuto origini molto lontane.
Mi riferisco al cosiddetto “Gres Ceramico” degli :anni ’60: erano piastrelline di piccolo formato (5x5,
10x10, 7.5x15, …max. 20x20) completamente sinterizzate ma non smaltate, bianche o colorate a tutta
massa (ma ne esisteva anche una versione povera a base di argille rosse illitico-cloritiche autogreificanti
locali: il famoso “gres rosso”) destinate a particolari applicazioni industriali (ospedali, officine
meccaniche, caseifici…) oppure per applicazioni esterne (balconi, terrazzi , altri rivestimenti esterni)
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dove l’antigelività e la resistenza chimica e meccanica erano un requisito assolutamente necessario.
Le formulazioni di massa di questi materiali erano largamente a base di argille tipo BC-E, molto
caolinitiche, refrattarie ma cuocenti bianco e di varia provenienza (principalmente UK, Germania e
Francia) ma che giungevano la completa sinterizzazione grazie a trattamenti termici molto lunghi ed alti
in forni a tunnel.
Questi prodotti, quasi dimenticati nel tempo, rappresentavano una piccola e particolare fascia di
mercato, mai sparita ma nemmeno mai sviluppata, almeno fino alla metà degli anni ’80, quando, grazie
anche alle nuove tecnologie disponibili, è ripresa con vigore la produzione di piastrelle a supporto
bianco.
5. Le nuove tecnologie degli anni ‘70

Nel corso di questi anni, specialmente in Italia, si sono sviluppate varie nuove tecnologie di produzione
che hanno permesso alle fabbriche, che velocemente le adottarono, di ottenere grandi vantaggi sia
economici e sia produttivi.
Queste sono state le 3 innovazioni tecnologiche principali

5.1. Forni monostrato a rulli per la cottura rapida al posto della cottura lenta in forni a Tunnel
5.2. Macinazione ad umido ed atomizzazione del supporto al posto della macinazione a secco
5.3. Presse idrauliche sempre più potenti e veloci al posto delle presse a frizione

Ogni una di queste innovazioni ha portato grandi vantaggi, ma allo stesso tempo, come succede
sempre in questi casi, ha obbligato i tecnici a risolvere nuovi problemi, obbligandoli a rivedere
profondamente le formulazioni della massa ceramica in uso precedentemente.
Le nuove macchine ponevano problemi nuovi che i tecnici ceramisti ed i tecnologi hanno dovuto
affrontare e risolvere con grande impegno.
E’ stato necessario rivedere profondamente le caratteristiche tecniche della massa ceramica testando,
selezionando e scegliendo fra le diverse argille, i fondenti, gli inerti e gli additivi di macinazione
disponibili, con un continuo lavoro di ricerca, quelli che meglio si adattavano a queste nuove tecniche
di produzione. Ovviamente è sottinteso ma serve ricordarlo che un altrettanto profondo lavoro di
ricerca è stato fatto per quanto riguarda le Fritte, gli Engobbi e gli Smalti ceramici usati.
6. Le nuove necessità della massa atomizzata

Ogni una delle 3 grandi innovazioni appena citate ha portato con sé nuove necessità tecniche molto
precise che così si possono riassumere:
6.1 Forni a rulli monostrato e cottura rapida
Esplosioni in ingresso forno: per la difficoltà ad eliminare velocemente l’acqua assorbita dalle
piastrelle sia in pressatura/essiccazione che durante la smaltatura
Cuore nero: per la difficoltà a bruciare velocemente ma completamente tutte le sostanze organiche
prima della sinterizzazione della massa e della fusione degli smalti
Disomogeneità di calibro: dovute sia a difetti di pressatura ma soprattutto alla disomogeneità del
trattamento termico fra le file vicino alle pareti e quelle centrali del forno e conseguente necessità
di modificare tipo e caratteristiche dei bruciatori (bruciatori ad alta velocità, bruciatori di parete…)
Rotture di raffreddamento: dovute alla velocità del trattamento termico, alla dimensione dei grani
di quarzo ed alla quantità di quarzo
Difetti di planarità: dovuti alla formulazione inadatta alla monocottura rapida e/o al non corretto
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accoppiamento dilatometrico fra supporto/engobbio/smalto
Movimenti ritardati di planarità: dovuti sia ai fattori del punto precedente che alla gestione del
raffreddamento diretto che alla scelta della quantità e dimensione delle particelle di quarzo.

Tutti questi non erano certo problemi nuovi o mai affrontati, ma erano certamente molto meno
frequenti e molto meno gravi nel caso della precedente tecnologia ceramica, che usava forni a Tunnel e
con ciclo termico lento.

6.2 Macinazione ad umido ed atomizzazione


Problemi di movimentazione: cattivo scorrimento sui nastri dei componenti umidi (in particolare le
argille) e difficoltà di dosaggio
Difficoltà di reologia: problemi di viscosità, limiti di scorrimento e tixotropia diventano ora valori
critici da tenere sotto controllo sia durante la macinazione, sia per avere una setacciatura efficace
della barbottina, ed infine per una reologia stabile anche in vasca di stoccaggio
Studio e scelta di nuovi deflocculanti: per ottimizzare i fattori del punto precedente e ridurre la
quantità di acqua da evaporare durante la produzione della polvere atomizzata

Ovviamente questi erano problemi mai affrontati con la precedente macinazione a secco

6.3 Presse idrauliche potenti e veloci


Queste nuove presse hanno permesso di produrre formati sempre più grandi, in linea con i ritmi
velocissimi imposti dai nuovi forni a rulli per la cottura rapida.
Pressare velocemente però richiede che la polvere atomizzata sia molto scorrevole, non come
quella macinata a secco, ma soprattutto che sia ottimale la sua distribuzione dimensionale
limitando molto sia la frazione più fine, sotto i 100 micron circa, che quella più grossa, sopra i 500
micron circa, per non avere problemi di caricamento dello stampo (destra/sinistra – avanti/dietro).
E’ diventato indispensabile lasciare riposare la polvere atomizzata almeno 24 ore e prelevarla
possibilmente da più silos per avere una umidità più costante di pressatura ed un buon caricamento
degli stampi.
Ultimo dei fattori ma forse il più importante: è stato necessario migliorare significativamente la
plasticità delle composizioni di massa ceramica per contenere entro valori accettabili l’espansione
elastica di pressatura.

7. Anni ’70-’80-’90: dalla monocottura al Gres Porcellanato

Negli anni ‘70 ed ’80 (ma la situazione sarà progressivamente e rapidamente diversa come vedremo
dalla metà anni ’80 in avanti) queste nuove tecnologie e la continua ricerca avevano permesso ai tecnici
di produrre in maniera molto più efficaci, moderna e redditizia (rispetto alla tecnologia precedente di
macinazione a secco/bagnatura/granulazione/pressatura meccanica a frizione/cottura lenta in tunnel)
sia prodotti da rivestimento a supporto poroso, che piastrelle da pavimento a supporto del tutto o
parzialmente sinterizzato.

Le argille prevalentemente usate in questi anni in Italia, ma anche in molti altri paesi come Spagna,
Brasile, India, Nord Africa, Est Europa ecc. erano le argille rosse locali ed economiche, sia carbonatiche
che auto-greificanti non carbonatiche.

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Sono sati gli anni della Monocottura Rossa che tutti ben ricordiamo.
Fra la metà degli anni ’80 ed inizio anni ’90 però la Monocottura ha iniziato a schiarirsi di colore, per
vari motivi come vedremo dopo, diventando sempre più chiara con sempre maggiore contributo di
argille tipo Ball Clay a contenuto di ossidi di Fe medio/basso (in parte anche nazionali es. Sardegna e
Piemonte oppure di importazione da Germania e Francia).
Questa nuova Monocottura Chiara è rapidamente diventata di fatto il nuovo tipo di supporto standard
prodotto in tutto il comprensorio delle Ceramiche in Italia.
Io credo che il motivo principale di questo spostamento, progressivo ma abbastanza rapido e
generalizzato, dal supporto rosso a quello chiaro siano stati nell’ordine:

7.1 Migliore controllo del difetto di “Cuore Nero”


Questo difetto è certamente molto legato alla quantità di sostanze organiche delle argille, anche
quelle bianche, ma è esasperato e moltiplicato dalla presenza dell’ossido di ferro, dal suo effetto
fondente e dalla sua facilità ad andare in riduzione creando fasi a bassissima viscosità che sono
causa sia del cuore nero che di altri numerosi problemi (sovracottura, piroplasticità, rigidità del
cotto, difficoltà di taglio …).
Passando infatti da formulazioni con solo argille rosse locali (8-10 %Fe2O3) prima ad un mix di
Argille Rosse locali + Ball Clay chiare e poi definitivamente ad impasti con solo argille chiare (2-4
%Fe2O3) più refrattarie il difetto si è progressivamente ridotto, anche se non scomparso.

7.2 Aumento della Tmax di cottura e del tempo di permanenza a Tmax.


La particolare fusibilità delle argille rosse imponeva cotture da 1050 °C e fino a 1120 °C circa e con
permanenza a Tmax molto breve, per evitare sovracottura, permettendo di produrre nelle classi di
assorbimento d’acqua 0-3 % oppure 3-6 %
Passando alla monocottura chiara invece si poteva produrre con Tmax 1150 °C -1170 °C circa nella
classe di assorbimento 3-6 % oppure Tmax di 1180 °C -1200 °C nella classe di assorbimento d’acqua
inferiore 0-3 % che assicurava anche proprietà antigelive.
La sovracottura e la permanenza a Tmax non erano più un problema, a tutto vantaggio della
omogeneità di cottura nella sezione del forno. Il tempo di cottura, sia per gli impasti rossi che per
quelli chiari oscillavano fra i 45’ ed i 90’ in dipendenza dei formati e degli spessori.

7.3 Minore ritiro di cottura.


Il valore di ritiro della monocottura rossa antigeliva ad assorbimento più basso aveva valori tipici
compresi fra 8 e 9,5 % mentre quello della corrispondente monocottura chiara era quasi sempre
inferiore. I motivi sono sia strutturali, congeniti al tipo di argille ed alla relativa formulazione di
massa , ma anche probabilmente legati alla minore tendenza alla formazione del cuore nero che
permette una maggiore pressione specifica di formatura ed una inferiore tendenza alla
sovracottura.

7.4 Studio ed utilizzo di fritte nuove, a comportamento eutettico, per engobbi e smalti.
Queste nuove fritte, meno fusibili e più adatte alla maggiore Tmax di cottura, sono state
certamente la migliore risorsa per lo sviluppo di superfici smaltate sia lucide che matt o
satinate con migliori caratteristiche e di solito anche più economiche e senza piombo, spesso invece
usato nella monocottura rossa. Queste nuove fritte sono chiamate “eutettiche” perché hanno
valori di Tg (temperatura di transizione vetrosa) e di Tr (temperatura di rammollimento) piuttosto
vicine fra loro ma spostate verso temperature quasi sempre sopra i 900-950 °C .
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Però la loro caratteristica più particolare è che quando raggiungono la temperatura di
rammollimento non fondono ma iniziano una violenta cristallizzazione che ne impedisce la fusione
completa. Gli smalti restano così permeabili ai gas sviluppati dal supporto fino a temperature
molto alte (anche 1150-1170 °C) quando poi finalmente fondono velocemente del tutto.
Questo comportamento lascia così più tempo per la eliminazione dal supporto delle sostanze
organiche e di altri gas, permettendo così, oltre a smalti molto compatti e con migliore resistenza
all’abrasione, anche di velocizzare ulteriormente i cicli di cottura.
Si possono ottenere smalti con ottime caratteristiche e con superfici lucide, matt o satinate, sia
trasparenti che opachi, scegliendo opportunamente il tipo di cristalli di queste fritte che sono da
considerarsi dei veri e propri sistemi vetro-ceramici.

Nota sulla formulazione delle fritte.


Per la verità queste fritte così chiamate “eutettiche” non sono del tutto nuove, ed erano usate
anche precedentemente, ma sono state perfezionate ed hanno trovato il loro impiego ottimale
nella monocottura bianca/gres porcellanato.
Sono fritte a base di ossidi di Si-Al-Ca-Mg (ma anche Na -Zn-Ba-Sr-Zr) che durante la cottura
possono cristallizzare in vari sistemi: Anortite, Diopside, Ghanite, Celsiana, Slawsonite … ed altri
ancora secondo il sistema cristallino di base scelto..
Nella monocottura rossa/gres Rosso l’evoluzione di acqua di costituzione delle argille, combustione
di sostanze organiche, decomposizione dei carbonati e di cloruri, solfuri e solfati non cambiano
certo di temperatura caratteristica e quindi prendono posto sempre nella stessa zona del forno, ma
la temperatura max di cottura della massa di Monocottura rossa è decisamente più bassa.
Come logica conseguenza si riduce la finestra a disposizione (temperatura e tempo) fra la
temperatura a cui iniziano le reazioni che comportano sviluppo di qualsiasi tipo di gas e la
temperatura max di sinterizzazione della massa: circa 1050-1100°C per la mono rossa e circa 1190-
1220°C per il gres porcellanato.
Per avere una buona superficie di smalto a 1100 si usavano fritte sempre tipo eutettiche ma un
poco diverse, perché più difficili da mantenere stabili e più costose.
Erano fritte a base di K-Ca-Zn-Mg B (Pb-Ba) dove K-Pb-Zn sono certo fondenti eutettici più costosi
non potendo usare troppo Na che comporterebbe un crollo della temperatura di transizione e di
quella di rammollimento.
Insomma sono fritte tipo quelle della monoporosa, più costose e più difficili da produrre, con Tg e
Tr rigorosamente comprese fra 900 e 1000°C (se Tr<900°C = superficie di smalto stesa, morbida ma
con crateri e spillature; se Tr> 1000°C = superfici dure non stese, non lucide ma senza spillature).

7.5 Riduzione drastica dei difetti di planarità.


Tipicamente nella monocottura rossa/gres rosso l’eccessiva fusibilità delle argille rosse si associava
a molti difetti di planarità.
Erano sufficienti pochi gradi di temperatura in più o in meno per passare dalla sinterizzazione giusta
alla piena “sovra-cottura” espansione con deformazioni violente da “piroplasticità” (es. effetto
rullo) oppure alla “sotto-cottura” ,con deformazioni ancora più difficili da controllare, (tipo tutti i
lati concavi/oppure tutti i lati convessi/due lati concavi e due convessi, cioè la famosa
sella/deformazione a cappello da prete… e con piastrelle che passavano da un difetto all’altro
secondo le manovre effettuate, ma senza mai diventare perfettamente planari) .
La causa principale era dovuta all’effetto di memoria degli sforzi di elasticità immagazzinati nei vari
strati di supporto/engobbio/smalto ,a Coefficienti Dilatometrici non bene accoppiati ed ai
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conseguenti tentativi di risoluzione (errati) da parte dei tecnici con regolazioni troppo sbilanciate in
cottura o troppo aggressive in raffreddamento. Un’altra conseguenza spesso associata a queste
errate manovre di coefficienti e regolazioni di forno erano (e sono tuttora) i movimenti ritardati, le
tensioni residue e le difficoltà di taglio.

Nel corso degli anni ’90 poi molte aziende ceramiche si sono spostate, per tutti i motivi
precedentemente esposti ma anche per evidenti vantaggi commerciali, verso un mix di materie prime e
di argille con sempre meno Fe2O3 (circa 1% ed anche meno) e siamo passati gradualmente ma
velocemente dalla monocottura chiara a piastrelle sempre più chiare/bianche ed anche completamente
sinterizzate le cui due categorie principali erano e sono tuttora:
A - Gres Porcellanato Tecnico , levigato o naturale.
non smaltato ma colorato in massa oppure decorato con Sali solubili
B – Gres Porcellanato Smaltato.
smaltato con smalti di vario tipo, con graniglie e/o granulati ad alto spessore per prodotti di alto
valore tecnico ed estetico, sia levigati e lucidi che naturali e matt/satinati
Il Gres Porcellanato Bianco (smaltato o no) era ormai diventato lo Standard di produzione per tutti i
migliori prodotti la cui qualità era considerata, riconosciuta, percepita e venduta, come superiore a
quella della precedente monocottura sia rossa che chiara.
Anche le dimensioni delle piastrelle sono progressivamente cresciute raggiungendo limiti (circa da
80x80cm in poi) che hanno imposto la soluzione di ben altri problemi legati alla omogeneità di
formatura, di cottura ed alla visibilità delle deformazioni finali.
Per risolvere questi nuovi problemi si è dovuto ricorrere alla comprensione profonda delle basi
scientifiche dei comportamenti elastici delle lastre e delle bilamine.

Daglia anni ’90 agli anni 20XX: le Argille Ucraine e le grandi lastre

Quanto esposto finora è, per grandi linee, l’inquadramento storico del percorso di sviluppo fatto da
molte aziende in Italia e, con le dovute differenze, anche in Spagna ed in generale anche nel resto del
mondo, cioè ovunque sia stata implementata la tecnologia impiantistica e produttiva italiana (ad es.
Turchia, Cina, India, Brasile, Nord Africa, Medio Oriente, Indonesia etc.).
Il GRES PORCELLANATO, ora possiamo chiamarlo col suo nome, è un materiale ceramico che possiede
molte proprietà tecniche di eccellenza come una bassa porosità aperta (quasi sempre <0,1% di
assorbimento d’acqua) , grande resistenza meccanica, buona resistenza all’abrasione, buona resistenza
chimica, resistenza al gelo. Oltre a tutto ciò però questo materiale ha raggiunto grandissime proprietà
estetiche grazie al grande sviluppo di fritte, smalti e graniglie di fritte e naturalmente anche alle nuove
tecniche di smaltatura e decorazione ed ai trattamenti di finitura e funzionalizzazione dopo cottura.
Queste notevoli caratteristiche tecniche ed estetiche assieme alla possibilità di produrre formati
veramente grandi (cioè lastre di 60x120 … 120x120 … 120x260 … 160x320) ha permesso al gres
porcellanato di competere sui mercati tipici delle pietre ornamentali: rivestimenti esterni, grandi
pavimenti, superfici d’arredamento tipo tavoli o altro.
Non è quindi una sorpresa il fatto che produzione di Gres Porcellanato sia stata sempre in continua
grande crescita, sostenuta certo dal suo fortissimo contenuto tecnico ed estetico.
L’aspetto meno intuitivo di tutta questa storia, perché troppo specifico di tecnici, tecnologi e chimici
ceramisti, è invece, a mio parere, come insieme a tutto questo processo di evoluzione sia cambiato
poco a poco il modo di formulare le composizioni di massa.

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Ho cercato di evidenziare nella tabella a seguire un parametro apparentemente poco appariscente ma
piuttosto importante da questo punto di vista, cioè la quantità di argilla usata nella formulazioni di
massa con riferimento ai diversi tipi di prodotto ceramico, tipo di formatura e dimensioni relative.

Come si vede la percentuale di materie plastiche (cioè di argille) diminuisce progressivamente a mano a
mano che cambiano:
A) la tecnica di formatura: manuale  automatica discontinua  continua
B) la velocità di formatura: lenta e manuale  veloce ed automatica
C) le dimensioni: piccole medie grandi

L’evoluzione tecnica ed estetica fino ad ora descritta ha portato inevitabilmente con sé un cambio
(obbligatorio perché imposto dall’insieme di macchine utilizzate) del modo di formulare una massa di
supporto da gres porcellanato.
La % di argilla è calata progressivamente fino al valore minimo attuale di 30-40% circa sul totale della
formulazione di massa.
Questa diminuzione ha messo i tecnici davanti al problema, relativamente nuovo, di come formare,
essiccare, smaltare, traslare e cuocere piastrelle/lastre sempre più grandi che però hanno formulazioni
di massa con una quantità preponderante di materiali non plastici.
Da sottolineare anche che gli spessori tipici non sono aumentati affatto, anzi semmai la tendenza è alla
diminuzione, a parte materiali specificatamente spessorati e destinati ad usi speciali.
Quando si osserva in questa ottica il ruolo del materiale plastico (argille principalmente)usato negli
impasti è cambiato profondamente.
Il ruolo principale delle argille nel gres porcellanato moderno non è più solamente quello strutturale
che si manifesta in cottura, ma soprattutto quello di assicurare una efficace e veloce compattazione
assieme ad una resistenza meccanica alta delle piastrelle o lastre crude/essiccate/smaltate.
Storicamente le argille tipo BC-E sono state usate principalmente per la produzione di sanitario e di
stoviglieria e poi, negli ultimi decenni, come abbiamo visto, sempre di più anche per la produzione di
piastrelle. Ma effettivamente che cosa è una Ball Clay? Ecco qui una definizione tipica.
Si definisce Ball-Clay “un’argilla a granulometria fine, altamente plastica, principalmente caolinitica,, di
origine sedimentaria, che cuoce bianco o quasi bianco in cottura ossidante”.
Una argilla Ball Clay adatta al gres porcellanato moderno deve però allo stesso tempo soddisfare questi
altri importanti requisiti:
1- elevata plasticità
2- facile dispersione in acqua
3- buone caratteristiche reologiche della barbottina sia nel mulino che allo scarico che sui setacci
4- stabilità della reologia della barbottina col tempo nelle vasche di stoccaggio
5- buona fluidità e scorrevolezza della polvere atomizzata nel trasporto e durante la pressatura
6- non eccessiva refrattarietà di cottura
7 quantità di ossidi cromofori più bassa possibile
8- contenuto di sostanze organiche basso o moderato
Questi requisiti sono stati nel tempo applicati alle argille a disposizione in modo sempre più restrittivo
tanto che progressivamente i tecnici ceramisti hanno abbandonato le BC-E rivolgendosi sempre più alle

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BC-U per la formulazione dei loro impasti da gres porcellanato.
Le argille del grandissimo bacino di sedimentazione fluviale-lacustre di DONETZK (Ukraina) sono
diventate così di fatto uno Standard perché possiedono “tutte” queste qualità contemporaneamente
ed al massimo livello.

8. Le proprietà tecnologiche delle BC-U

Il comportamento delle argille ucraine tipo BC-U durante il processo di produzione delle piastrelle di
Gres Porcellanato possiamo confrontarlo con quello di altre ball clay, le BC-E ad esempio, con
riferimento ai loro parametri principali sia analitici che tecnici:
A) reologia della barbottina
B) superficie specifica e plasticità
C) granulometria, composizione chimica e mineralogica
D) essiccazione
E) cottura
Vediamo nel dettaglio i primi tre punti.

A) reologia della barbottina


La dispersione in acqua, la macinazione e lo stoccaggio della sospensione di impasto sono le prime
lavorazioni ma hanno un ruolo molto importante par la buona riuscita di tutto il processo successivo.
Lo studio reologico di queste argille ci fornisce una buona spiegazione del loro ottimo comportamento.
Nella fase di miscelazione e dispersione in acqua (corrispondente grosso modo alla prima camera di un
mulino continuo) sia le BC-E che le BC-U si comportano bene, e raramente ci sono problemi, ammesso
che la prefrantumazione sia stata fatta correttamente e l’umidità della fornitura non sia troppo alta.
Anche nelle successive fasi di macinazione/delaminazione (corrispondenti circa alla seconda e terza
camera del mulino) e poi allo scarico/setacciatura le BC-U si comportano bene, soprattutto
considerando la buona risposta ai normali additivi di fluidificazione.
Questo ultimo dettaglio non è di poco conto perché quando si usano ball clay tipo BC-E di altra
provenienza (Westerwald, Devon, Provins, Şilè …) le cose possono anche cambiare e non poco.
Con le BC-E infatti spesso si deve ricorrere a fluidificanti di tipo diverso, a volte più costoso, per la
presenza di un minerale chiamato “smectite” (altrimenti chiamato dai tecnici “bentonite”).
La smectite può essere a volte già presente naturalmente oppure, più spesso, aggiunta alle BC-E
appositamente per recuperare quella plasticità di cui spesso sono carenti ma che è indispensabile nelle
successive fasi di pressatura ed essiccazione.
Lo studio delle proprietà reologiche delle barbottine di BC-U sono di particolare interesse perché
permette di capire bene il loro ottimo comportamento relativamente a Tixotropia e Viscosità.
TIXOTROPIA Quando la sospensione è lasciata a riposo per un certo tempo (ad esempio come
durante lo stoccaggio in vasca senza o con poca/insufficiente agitazione) si può verificare un
aumento anche consistente di viscosità (la barbottina “gela”) .
In effetti anche le BC-U mostrano un picco di viscosità che aumenta con il tempo di riposo, ma
questo aumento è moderato e pertanto la tixotropia non è elevata.
VISCOSITA’ Anche in questo caso le BC-U presentano viscosità medio-bassa e non danno
particolari problemi, sia con bassi sforzi di taglio (macinazione, setacciatura, stoccaggio in vasca)
che con alti sforzi di taglio (pompaggio, spruzzatura negli ugelli dell’atomizzatore) .
Sforzo di taglio = shear stress = velocità di agitazione

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B) Superficie specifica e plasticità/
Qui però si rivela il comportamento veramente eccellente delle argille BC-U le quali presentano una
notevole “plasticità”, che però risulta essere del tutto diversa , rispetto a quella di tutte le Ball Clay di
altra provenienza in termini di:
1)- superficie specifica (valore rappresentato in parte dall’Indice di blu di metilene MBI)
I valori di MBI di queste argille sono compresi fra 12,5 e 14,5 meq/100 g (milliequivalenti per 100
grammi) che è un poco maggiore di quello di altre BC-E (tipicamente circa 10 meq/100 g) ma che
comunque è un range molto più basso di quello di materiali superplastici normalmente usati per
migliorare la plasticità (tipo smectiti o bentoniti) che possono arrivare fino a 25-35 meq/100 g.
2)- capacità di trattenere acqua (valore rappresentato dal limite di plasticità e dal limite di liquidità
di Atterberg e dall’Indice di Pfefferkon) Da questi indici si evidenzia che le BC-U non hanno valori
molto diversi di limite di plasticità di Atterberg e di indice di Pfefferkon, ma si hanno un valore
decisamente più alto per il limite di liquidità di Atterberg.
Questo vuol dire che le BC-U non richiedono più acqua delle BC-E per iniziare a comportarsi in modo
plastico, però il loro range di plasticità (cioè la quantità di acqua che possiamo aggiungere continuando
ad avere un comportamento “plastico” prima di arrivare ad avere un comportamento “liquido) è molto
più alto(44%) rispetto alle BC-E (24%) ed è molto prossimo a quello di vere smectiti/bentoniti (40-60%).

C) granulometria, composizione chimica e mineralogica


Granulometria- Le BC-U hanno una granulometria molto fine, in media sono molto più fini delle BC-E
ed infatti contengono una altissima % di particelle inferiori a 2 micron.
Ma vi è un altro parametro ancora più caratteristico che è la loro frazione colloidale. Le BC-U hanno in
media il 48% < 0,2 micron che risulta molto più alto di quello delle BC-E (22 %) e più alto anche di quello
delle smectiti (45 %).
Contrariamente però a quanto ci si potrebbe aspettare da questi due valori di granulometria, la loro
superficie specifica SSA non è così alta (in media circa 29 m2/g) rispetto al valore medio delle BC-E
(circa 23 m2/g) ma certo è molto inferiore a quello delle smectiti (tipicamente anche 35-55 m2/g).

Composizione Chimica-
La composizione chimica media delle BC-U, espressa come % in peso degli 8 ossidi principali (SiO2-TiO2-
Al2O3-Fe2O3-MgO-CaO-Na2O-K2O) non evidenzia particolari differenze con quella media delle BC-E.
Se proprio si vuole rimarcare qualche differenza le BC-U sembrano avere valori leggermente più alti di
Al2O3, di CaO+MgO, e di K2O+Na2O (specialmente K2O)ma hanno anche quantità inferiori di Fe2O3 ed
una minore perdita di calcinazione.
Tutte queste differenze sono però poco evidenti e poco marcate.
La caratteristica più rilevante delle BC-U è invece il rapporto piuttosto basso di Fe2O3/Al2O3 ed al tempo
stesso una quantità veramente bassa di sostanze organiche (di solito circa 0,1%) rispetto alle BC-E che
possono arrivare fino a valori di 0,4 %.
Tutte queste differenze analitiche però sono abbastanza contenute e non giustificherebbero, da sole, la
grande differenza di comportamento tecnologico a favore delle BC-U.

Composizione Mineralogica
A) spettri di Bulk (XRD su polvere tal quale, disorientata)
Sugli spettri di diffrazione di raggi X della polvere tal quale gli XRD delle argille BC-U mostrano solo i
riflessi molto intensi dei piani reticolari di Kaolnite e Quarzo e poi una larga zona diffusa attribuibile a
materiali con struttura micacea (mica-illite) ma nulla di più.
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Altri riflessi osservabili, ma molto deboli, sono quelli dei plagioclasi e del K-feldspato.
Non rilevabili, ma ipotizzabili in base all’analisi chimica, i picchi di diffrazione dei minerali associabili agli
ossidi di titanio (rutile/anatasio) ed agli oxohidrossidi di Fe.
Anche in questo caso il quadro mineralogico delle BC-U è abbastanza simile a quello delle BC-E , queste
ultime però a volte possono contenere smectite, specialmente quelle ad altissima plasticità.
Le BC-U sono un poco meno ricche di Kaolinite e Quarzo, ma il contenuto di materiali micacei è
decisamente più abbondante. In ogni modo tutte queste differenze, che pure esistono, non sono
molto marcate e, da sole, non giustificano le particolari e vincenti proprietà tecnologiche delle BC-U.
B) spettri della frazioni fini <2μm - molto fini <1 μm - colloidali <0,2 μm (sedimentate su vetrino)
Quando si analizzano però gli spettri XRD dei campioni di sospensioni di BC-U sedimentati su vetrino
per isolare la frazione fine, quella finissima e quella colloidale (questa tecnica si usa per eliminare i
picchi di diffrazione del quarzo, di plagioclasi e feldspati, lasciando in evidenza solo quelli dei minerali
argillosi e colloidali), il quadro delle specie mineralogiche cambia di molto.

Fig. 4 – Gli spettri XRD di 5 argille dal DONBASS

Gli spettri delle BC-U sedimentati presentano infatti delle sorprese che sono tutte relative alle frazioni
fini (< 2 micron) molto fini (<0,1 micron) e colloidali (<0,2 micron).
Quello che sugli spettri di polvere tal quale si identificava come “banda di diffrazione dei componenti
micacei” adesso si chiarisce molto bene nei suoi veri componenti che sono:

1) Kaolinite (K) 2) Interlaminati Illite/smectite (I/Sm)

E qui si scopre la vera caratteristica che rende le argille BC-U così diverse da tutte le altre e soprattutto
così performanti nella produzione di Gres Porcellanato con le moderne tecniche ed impianti, nei
formati più diversi ed in tutti gli spessori.
1) prima componente fondamentale la Kaolinite
Non solo le BC-U hanno una kaolinite molto fine (inferiore ad 1 micron) ma è anche una kaolinite con
cristalli molto difettosi e malamente cristallizzata.
Gli indici di difettosità reticolare, calcolati secondo vari metodi, sono tutti molto alti:
Indice di STOCH 1,6 – 1,9
Indice di HINKLEY 0,4 – 0,7
Indice di AGFI 0,7 – 1,1
Per contro invece nelle BC-E questi indici sono tutti molto inferiori (ad es. Hinkley circa 1,2) e quindi
molto più vicini a quelli dei caolini veri propri con cristalli grandi, poco difettosi e ben cristallizzati.
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2) seconda componente fondamentale: interlaminati Illite/Smectite
Ancora più particolare, ed unica per le sue caratteristiche ed implicazioni tecnologiche, sono gli
interlaminati o interstratificati Illite/Smectite.
In pratica si tratta di Illite che contiene al suo interno della smectite.
Occorre a questo punto spiegare bene questo fondamentale concetto per poter comprendere tutte le
sue implicazioni tecnologiche.
Senza entrare nei dettagli delle varie strutture cristalline è sufficiente pensare che sia la Illite che la
Smectite sono minerali formati da tre strati a base di SiO2/Al2O3/SiO2 cioè uno strato di tetraedri di SiO2,
poi uno strato di ottaedri di Al2O3 ed un altro strato di tetraedri di SiO2 uguale al primo (struttura TOT)
mentre la Kaolinite ne ha solamente due (struttura TO).

Fig. 5 – struttura TO della Kaolinite – non espandibile – bassa plasticità

Fig. 6 – struttura TOT della Illite (sfere viola = ioni K+) – poco espandibile – bassa plasticità

Fig. 7 – struttura TOT della Smectite (sfere azzurre = ioni Na+ e ioni Ca2+)
molto espandibile - alta/altissima plasticità

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Ci sono però alcune fondamentali differenze fra le due strutture TOT dei due minerali.
Lo strato di ioni K+ presente nella Illite lega molto saldamente le unità TOT fra loro ed infatti questo
minerale risulta poco plastico e non espandibile, però è piuttosto fusibile per via della grande quantità
di ioni potassio.
La Smectite, al contrario, è un minerale molto plastico perché gli strati sono molto debolmente legati
fra loro ed una grande quantità di acqua può facilmente entrare ed uscire allontanando o avvicinando
le unità singole unità TOT
Ritornando ad osservare gli spettri delle frazioni <2 μm e quelli <0,2 μm delle BC-U di Fig.4 si vede una
grande quantità di Illite ma anche una grande quantità di minerali così detti “Interstratificati” del tipo
Illite/Smectite (che hanno entrambi struttura TOT).
In pratica nell’Eocene in questa regione della Ucraina, durante la formazione del grande deposito
fluvio-lacustre del Donbass, si sono verificate condizioni particolarissime per cui si formavano
“contemporaneamente” sia kaolinite che Illite ed anche Illite+smactite.
Le figure a seguire forse rendono più chiaro questo punto, in realtà piuttosto tecnico ma molto
importante per la spiegazione delle proprietà di queste argille.

Fig. 8 – La formazione degli interstrati Illite/Smectite con sequenze TOT casuali

Fig. 9 – Immagine SEM di interstrati I/Sm di una argilla ucraina.

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La sequenza casuale di alcuni piani cristallini TOT di Illite (fusibile ma poco plastica) seguiti da alcuni
piani TOT di Smectite (molto plastica) assieme alla presenza di kaolinite molto fine ma con cristalli
molto difettosi e disordinati sono il vero segreto delle proprietà tecnologiche delle argille BC-U.
La quantità di Smectite presente negli strati misti di queste argille varia dal 15 al 30% , cioè una
quantità veramente notevole.
Riassumendo abbiamo queste caratteristiche principali:
1) poco quarzo (dal 2 al 5%) pochi feldspati e plagioclasi (un altro 2-3%)
2) molta illite e strati misti I/Sm (dal 40 al 50%) e molta Kaolinite fine e difettosa (dal 40 al 50%).
3) molta frazione colloidale (circa 40-50%) composta quasi esclusivamente da strati misti I/Sm
4) buona quantità di kaolinite molto fine difettosa e mal cristallizzata
5) scarso/moderato contenuto di ioni cromofori (Fe) e di sostanze organiche

9. Associazioni fra proprietà tecnologiche e struttura mineralogica

La buona reologia e l’elevata plasticità sono legate agli strati misti I/Sm , la facile sinterizzazione è
dovuta al grande contenuto di Illite ed alla difettosità della kaolinite che, anche non formando troppa
mullite in cottura, contribuisce molto efficacemente alla resistenza alla deformazione piroplastica ed
infine, come se questo non bastasse, le sostanze organiche sono intorno allo 0,1% (cioè non tanto) ed il
contenuto totale di ossidi di Ferro è quasi sempre inferiore ad 1% pertanto queste argille cuociono
chiaro quasi bianco ed hanno poca tendenza alla formazione del cuore nero.
Ed ancora non basta, la granulometria molto fine della kaolinite ed il suo basso indice di cristallinità,
assieme alla presenza di strati misti I/Sm sono la spiegazione della bassa espansione di post-pressatura,
una caratteristica che facilità la formatura di pezzi molto grandi e di lastre, a spessori sottili o spesse,
senza particolari problemi. Anche in essiccazione non ci sono guai rilevanti poiché il ritiro di
essiccazione, data la facilità di compattazione, è molto contenuto.
Le eccezionali proprietà tecnologiche delle BC-U sono quindi dovute contemporaneamente ad una
particolare composizione mineralogica e ad una dimensione molto fine delle particelle, anche se la loro
composizione chimica non si discosta molto da quella di Ball Clay sia europee che di altra provenienza.
Questa descrizione, certamente fin troppo tecnica, è stata necessaria per poter comprendere in modo
esauriente e definitivo la combinazione di fattori veramente particolare ed unica che ha contribuito
all’uso sempre più massiccio di queste argille e le ha rese così difficili da sostituire.
La inevitabile conclusione è che non può essere sufficiente, a mio modesto parere, affrontare la
sostituzione delle Ball-Clay ucraine in una massa da Gres porcellanato semplicemente cambiando con
argille di altra provenienza a parità di percentuale utilizzata nella ricetta di impasto.
E nemmeno è sufficiente aggiungere smectite (bentonite) per recuperare la plasticità persa, perché
rimane ancora da sistemare tutti gli altri parametri tecnologici e pertanto occorre sapere “riformulare
completamente tutta la massa”.
Il percorso è multi-fattoriale, dipende da numerosi parametri intrecciati fra loro, ed è piuttosto
complesso, ma dipende dall’abilità ed esperienza del chimico ceramista nello scegliere accuratamente
fra i materiali alternativi disponibili quelli giusti, riformulando la composizione chimica, quella
mineralogica e ricostruendo tutte le proprietà tecnologiche, per recuperare l’equilibrio perduto.
E’ necessario poi sottolineare a questo punto come, senza una profonda ed efficace collaborazione fra
tutte le funzioni aziendali (chimico ceramista, responsabili di tecnologia, responsabili di produzione e
proprietà … cioè tutta la catena decisionale), il buon risultato finale non è per nulla scontato

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10. I possibili materiali alternativi

Vediamo brevemente quali materiali fino ad ora sono venuti disponibili e quanto ancora si debba
ricercare una soluzione ottimale.
L’improvvisa mancanza delle BC-U dal Donbass ha precipitato molti produttori e tecnici nel caos,
forzandoli ad una ricerca affannosa, come abbiamo visto, non solo di materiali alternativi ed equivalenti
(penso che siano inesistenti altri giacimenti con caratteristiche simili), ma semplicemente delle quantità
necessarie, ancor prima di rimettere mano alle ricette di massa del loro Gres Porcellanato.
In queste condizioni i primi mesi dopo la fine delle scorte sono stati molto stressanti ma, poco alla
volta, un nuovo equilibrio, non definitivo certamente, inizia a vedersi.

Turchia : sono arrivate in buona quantità e con quotazioni equilibrate le argille di Istanbul (bacino di
Şilè) che però sono di qualità decisamente inferiore, contengono molte sostanze organiche carboniose
ed il loro contenuto di Fe2O3 è piuttosto alto (circa 2,5 – 3,5%).
Queste Ball Clay sono decisamente caolinitiche e sinterizzano abbastanza bene ma hanno poca
plasticità e devono essere integrate con smectite (bentonite che la Turchia possiede in quantità).
La plasticità si recupera ma la reologia peggiora di molto costringendo ad abbassare le densità oltre che
a cambiare fluidificanti. Non trascurabile il fatto di dover prestare molta attenzione al contenuto assai
variabile di Sali solubili che alterano profondamente sia la reologia che la sinterizzazione della massa.
Inizialmente e per cause di forza maggiore sono state usate anche in percentuali prevalenti (fin oltre il
20%) ma è facile intuire che si sono dovuti affrontare molti problemi.
Il loro utilizzo è stato via via ridotto e limitato a percentuali minori anche a causa di una certa
incostanza di analisi chimica globale, obbligando gli utenti finali a fare miscelazioni fra varie forniture.
Possiamo dire che se per i feldspati i produttori turchi sono molto affidabili e molto professionali, nel
caso delle argille sia la morfologia dei giacimenti, i loro metodi estrattivi e soprattutto i metodi di
controllo e miscelazione dei lotti non sono certamente paragonabili agli standard cui eravamo abituati
con le BC-U provenienti dalla Ucraina.

Germania : sono arrivate le argille del Westerwald, anche queste però troppo scure, poco plastiche ed
in più anche troppo refrattarie.
Sono argille del tutto caolinitiche, con scarsa illite abbastanza quarzo e sostanze organiche.
Anche in questo caso è necessaria l’integrazione con smectite per ritrovare la plasticità con i problemi
già descritti.
Il comportamento di cottura troppo refrattario obbliga ad aumentare la quantità di fondenti oppure a
rallentare i cicli del trattamento termico.
Le difficoltà maggiori con questi materiali non sono però queste, ma sono state la scarsità di forniture
(quantità), il costo elevato, e la logistica piuttosto difficile.

Portogallo : Le argille portoghesi che sono arrivate (costose) non sono le migliori che ci si poteva
attendere da questi giacimenti, forse perché la parte migliore della non eccessiva capacità estrattiva è
stata velocemente presa dalla Spagna.
Queste argille somigliano forse un poco di più alle BC-U per la presenza di Illite e per la mancanza di
sostanze organiche, ma il colore di cottura è troppo rosso e la refrattarietà e la plasticità sono i loro
punti deboli. Poco altro è giunto da questo paese.
Logistica non difficilissima e qualità abbastanza costante.

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Italia : anche in Italia ci sono Ball Clay principalmente in Piemonte ed in Sardegna ma le forniture sono
state difficili e sempre con gli stessi problemi di refrattarietà eccessiva, colore troppo scuro oltre che di
una certa incostanza di analisi chimica e logistica complicata.

India : qui il discorso diventa troppo lungo e difficile poiché il paese è enorme e vi sono giacimenti di
tutti i tipi che soddisfano le esigenze dei produttori locali.
La qualità varia moltissimo da giacimento a giacimento ed i metodi di escavazione, omogeneizzazione
trattamento sono quasi manuali in molti casi, mentre la logistica rimane un’incognita.
I materiali che sono arrivati, ancora troppo cari, sono di qualità troppo varia e sconsigliano un
approccio diretto degli acquisti.
Potenzialità elevate che si dovrebbero sviluppare nel corso del prossimo anno, preferibilmente
intermediate da una o più ditte importatrici italiane che siano da interfaccia con i gestori locali delle
cave e che organizzino una logistica affidabile.

Brasile : anche questo paese è enorme e vi sono Ball Clay di vario tipo che sono state proposte,
inizialmente ad un costo veramente eccessivo salvo poi fare una correzione recentemente.
La produzione di ceramica brasiliana si divide in tre grandi regioni: Stato di Santa Caterina al Sud, Stato
di San Paolo al Sud-Est e Stati del Nord-Est.
Nello Stato di San Paolo, storicamente dedicato alla monocottura rossa, si usano principalmente le
argille chiare provenienti dagli altri due distretti per la produzione di Gres Porcellanato.
Le argille del Nord-Est (una indicazione geografica troppo generica che non rende conto della vastità
del territorio e della difficoltà logistica di un distretto dove le aziende ceramiche, sempre all’interno del
distretto NE, possono distare fra loro migliaia di chilometri) sono del tutto caolinitiche e molto
refrattarie e la plasticità varia da normale a superplastica in funzione della quantità di smectite
presente. Presenza spesso di abbondanti sostanze organiche.
Le argille plastiche del Sud nello Stato di Santa Caterina che sono state proposte ed anche fornite ad
alcune aziende italiane, sono invece molto più interessanti, ma ritengo siano di difficile utilizzo.
Si tratta di argille sì molto plastiche ma la cui composizione chimica è veramente troppo diversa sia
dalle BC-U che dalle BC-E essendo ricchissime di plagioclasi, caolinite e smectite.
L’abbondante presenza di Calcio sarebbe positiva per stimolazione alla cristallizzazione di anortite
nell’impasto, a patto di usarne una quantità preponderante (però la massa diventa molto refrattaria ed
inoltre il costo sarebbe proibitivo), mentre se usate in bassa quantità sfruttandone solo la plasticità il
loro CaO passa tutto in fase vetrosa e fa da fondente energico compromettendo la piroplasticità.
Il colore di cottura è piuttosto rosato ma non sarebbe questo il problema maggiore che rimane la
necessità di rifare completamente la formulazione di massa del Gres porcellanato.
La logistica ed i metodi estrattivi non sono troppo problematici ma questo non è il problema principale.

Altri Paesi : Al momento le possibilità di forniture di BC, oltre a quanto già citato, riguardano la Georgia
(concretamente) e pochi altri paesi anche se si stanno organizzando (Romania, Bosnia …) non
escludendo un ritorno di un piccolo flusso di argille dalla Ucraina, ma non so se dal bacino del Donbass
o da altre regioni con caratteristiche diverse.

11. Considerazioni finali


La situazione relativa alla sostituzione delle BC-U ad oltre un anno dall’inizio della guerra è ancora
abbastanza confusa e fluida.

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Ogni azienda produttrice, anche in funzione delle scelte fatte dai vari tecnici, dal tipo di impianti
presenti, dal mix di prodotti su cui si basa principalmente la rispettiva forza commerciale, ha tentato
disperatamente di trovare il migliore compromesso, certo a volte senza riuscirci del tutto.
Ritengo che, nei lunghi anni in cui le BC-U sono state una facile soluzione a tutti i problemi, molti
chimici e ceramisti e tecnologi si siano come intorpiditi, quasi dimenticando come si progetta
correttamente un impasto e come si procede alla sua riformulazione, cambiando tutto ma facendo in
modo che le sue caratteristiche rimangano invariate o quasi.
Il discorso si potrebbe estendere anche al Feldspato turco, infatti anch’esso viene usato in quantità
molto alta ed è diventato uno comodo Standard. Qui però la situazione è molto diversa ma varrebbe la
pena di studiarla bene in anticipo preparando eventuali strategie alternative, anche ovviamente solo
parziali e/o teoriche per non essere impreparati.

In linea generale si può affermare che :

A) non esiste una ricetta di impasto di Gres Porcellanato diciamo “Standard” simile per tutti
a base di Argille BC-U , feldspato turco e poco altro ed ancora per diverso tempo ogni
azienda farà da sé.
B) il problema della plasticità è stato risolto introducendo una certa quantità, variabile dal 3
al 6% di Smectite, che però ha causato un netto peggioramento della reologia.
Di conseguenza gli additivisti hanno lavorato molto per tentare di recuperare il giusto
equilibrio fra plasticità/viscosità/densità/tixotropia
C) a seguito delle caratteristiche decisamente più refrattarie delle BC-E è stato necessario
usare una maggiore percentuale di fondenti, principalmente feldspati.
D) il “cuore nero” è peggiorato di molto e per far fronte a questo i cicli di cottura si sono
spesso per necessità allungati.
E) il colore di cottura della massa si è scurito molto, inizialmente compromettendo la
possibilità di ottenere toni di colorazione al di fuori di quello base.
F) la “piroplasticità” è aumentata molto come logica conseguenza della maggiore quantità
di feldspato, necessaria per fare sinterizzare correttamente ed in tempi decenti le BC-E che
sono decisamente più caolinitiche.

All’inizio, dopo l’interruzione delle forniture dalla Ucraina, il problema principale da risolvere è stata la
plasticità, poi la reologia, ma un poco alla volta questi aspetti sono stati messi sotto controllo.
Adesso l’attenzione è rivolta al colore di cottura, la velocità di sinterizzazione e la piroplasticità.
Sono questi i tre punti sui quali si sta lavorando maggiormente, almeno nel comprensorio di Sassuolo.
La soluzione non è per nulla facile e si può trovare solo, a mio modo di vedere, riformulando
completamente la ricetta di impasto. La semplice sostituzione di un’argilla con un’altra non credo sia
cosa fattibile, specie in considerazione delle particolari caratteristiche, praticamente uniche, delle BC-U.

Claudio Cataldi 10/09/2023

Nota importante: Le caratterizzazioni tecniche che trovate in questa mia relazione sono
principalmente tratte da lavori scientifici pubblicati sulle riviste specializzate dal Prof. Michele Dondi e
dal suo staff del CNR-ISTEC di Faenza a partire dai primi anni 2000. Altri lavori di autori internazionali
sono stati integrati nel testo, assieme a considerazioni derivate dalla mia personale esperienza.
Purtroppo la mia tendenza alla confusione mi impedisce di aggiungere qui un elenco completo.
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