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IUS VARIANDI – LEZIONE DA REMOTO

Tema strategico nello studio della trasparenza bancaria è quello delle modifiche unilaterali dei contratti, non solo alla
luce di un quadro normativo in evoluzione, ma anche della giurisprudenza di merito e delle numerose decisioni
dell’ABF che sono intervenute in materia

La discplina dello ius variandi la ritroviamo all’art. 118 tub, in un articolato molto lungo composto da molti commi, che
è il risultato di un complesso iter normativo che nel corso degli anni ha modificato in più battute quello che era il testo
originario e che ci consegna l’attuale versione

Definizione e individuazione dei confini concettuali dello ius variandi → che cos’è lo ius variandi? Quando parliamo di
ius variandi a cosa facciamo riferimento? → sul piano tecnico facciamo riferimento ad un diritto potestativo di una
delle parti contraenti (banca) di modificare la sfera giuridica della controparte, che si trova in una situazione di
soggezione → in particolare di modificare il rapporto contrattuale indipendentemente dall’accettazione del cliente

Con l’esercizio di questo potere, in altri termini, la banca può apportare una variazione al contratto mediante una
manifestazione unilaterale di volontà

Gli effetti della modificazione unilaterale sono tuttavia condizionati all’esercizio del potere di recesso riconosciuto in
capo al cliente → cliente che subisce la modifica unilaterale da parte della banca può, quale unica alternativa, recedere
dal rapporto

Prima considerazione → la modificazione non riguarda l’atto negoziale in sé, quanto il rapporto tra le parti contraenti
→ il che significa che la modificazione non consiste mai in una nuova determinazione del contenuto del contratto,
bensì in una sua specificazione, ovvero nel suo adattamento ad un fatto sopravvenuto

Un dato pacifico nell’attuale è che la procedura di cui all’art. 118 tub non possa essere utilizzata per introdurre nuove
clausole, bensì esclusivamente per apportare variazioni a quelle già previste

Più volte l’arbitro bancario e finanziario è intervenuto a specificare questo profilo → decisione n. 1151 del 1 giugno
2011 → “potere di modifica unilaterale del contratto riconosciuto all’intermediario dall’art. 118 tub, in quanto
eccezionale alla regola generale dell’immodificabilità del contratto senza il consenso delle parti, deve intendersi
limitato alle possibilità di modificare clasuole e condizioni sia di carattere economico sia di natura normativa già
esistenti e non può spingersi sino al punto di introdurre clausole e condizioni del tutto nuove, tali da incidere in
maniera sostanziale sull’equilibrio contrattuale, modificandone addirittura parzialmente la natura”

Questa massima consolidata sia da parte dell’ABF che dalla giurisprudenza ci consegna la dimensione del fenomeno →
fenomeno che si pone come eccezionale rispetto alle regole di diritto comune in materia contrattuale → contratto ha
forza di legge e non può essere sciolto se non per muto dissenso o nei casi previsti dalla legge

Lo ius variandi è un caso previsto dalla legge ma previsto come eccezione rispetto alla regola generale

Lo stesso ministero dello sviluppo economico con la nota 21 febbraio 2007 n. 5574 ha definito l’ambito di operatività
dell’art. 118 tub → in particolare stabilisce letteralmente che “le modifiche disciplinate dal nuovo art. 118 tub
riguardano soltanto le fattispecie di variazione previste dal contratto e non possono comportare l’introduzione di
clausole ex novo” → si tratta di una nota molto importante che è poi confluita nel paragrafo 2 della sezione quarta
delle nuove disposizioni in materia di trasparenza emanate dalla Banca d’Italia Fatta questa precisazione dobbiamo
domandarci quale è la ratio che giustifica l’attribuzione della banca di un potere così incisivo di modifica del rapporto
contrattuale → prof crede che la ratio che può giustificare l’attribuzione di siffatto potere vada colta nell’esigenza di
conservare nel corso del tempo l’equilibrio tra le prestazioni contrattuali che è stato voluto dalle parti contraenti →
attraverso l’esercizio del potere di modifica unilaterale delle condizioni normative ed economiche la banca è messa
nelle condizioni di neutralizzare le oscillazioni che vanno ad incidere negativamente sull’equilibrio economico-
normativo originario

Alla luce di questo possiamo negare che ci si trovi di fronte ad ius variandi laddove la modificazione del contratto non
sia rimessa alla volontà di una delle parti contraenti, ma avvenga automaticamente al verificarsi di una circostanza
sopravvenuta (es. clausola di indicizzazione dei corrispettivi pecuniaria o alla clausola che li determina in riferimento
ad un tasso di mercato o ad un indice di borosa o con riferimento ai contratti bancari al mutuo a tasso variabile → in
queste circostanze ci troviamo di fronte ad una clausola che prevede un tasso di interesse indicizzato e
conseguentemente la variazione del tasso non comporta necessariamente una modifica ai sensi dell’art. 118 tub)

Lettura del 1 comma dell’art. 118 tub → “1. Nei contratti a tempo indeterminato può essere convenuta, con clausola
approvata specificamente dal cliente, la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni
previste dal contratto qualora sussista un giustificato motivo. Negli altri contratti di durata la facoltà di modifica
unilaterale può essere convenuta esclusivamente per le clausole non aventi ad oggetto i tassi di interesse, sempre che
sussista un giustificato motivo.”

In primo luogo, questa formulazione è il risultato di un intervento del legislatore con il d. lgs 13 agosto 2010 n. 141 → è
una norma che nella sua lettura va a delimitare quelli che sono i presupposti di esercizio del potere di modifica
unilaterale.

3 condizioni che devono essere rispettate:

1) Clausola deve essere approvata specificatamente per iscritto


2) Deve ricorrere un giustificato motivo sia nell’ambito della modifica di contratti di durata a tempo
determinato che a tempo indeterminato
3) La non modifica del tasso di interesse pattuito nel caso di contratto a tempo determinato (D.lgs. 2011)

Per fare u esempio, stipulato un contratto di mutuo la banca non potrà esercitare lo ius variandi per modificare il tasso
di interesse originario tra le parti. Diverso è ad esempio l’apertura di credito a revoca, perché con il ricorrere dei
presupposti potrà anche modificare i tassi di interesse.

Il presupposto più importante è quello del giustificato motivo. Questo va riempito di significato. Nella formulazione
originaria del 118 non si faceva riferimento al giustificato motivo per cui in tutti i contratti di durata la banca poteva
modificare tutto senza addurre alcun giustificato motivo. Con il decreto competitività di Bersani il 118 viene modificato
anche sotto questo aspetto e si subordina all’allegazione del giustificato motivo, l’applicazione dell’articolo. Se assenza
di giustificato motivo e sono, le modifiche, sfavorevoli, le variazioni sono inefficaci.

La modifica unilaterale delle condizioni economiche e normative non può essere arbitraria della banca. Per coglierne i
presupposti è sufficiente tornare alla ratio dell’istituto: cioè che garantisce alla banca di conservare l’equilibrio tra le
prestazioni che offre. Quindi c’è un giustificato motivo ogni volta che c’è un evento idoneo ad alterare l’originario
sinallagma contrattuale: ad esempio quando c’è un aumento dei costi industriali o quando si modificano i tassi di
interesse dei beni di primaria importanza. Oppure anche nel factum principis, come la variazione di un imposta
sostitutiva del mercato di mutuo.

Da qui lo ius variandi, così interpretato costituisce un controllo del rischio con cui si può regolare il rapporto negoziale
e non l’atto, per cambiamenti economici non prevedibili ex ante senza dover obbligare ad una rinegoziazione o ad un
recesso delle parti. Così il potere di modifica è un fenomeno di conservazione del contratto funzionale alla efficienza
del mercato. In presenza di eventi come quelli ricordati sarebbe complesso rinegoziare centinaia di migliaia di rapporti
negoziali.

Il tema ci porta ad affermare che non possa essere usato per asservire a profitti o interessi o marginalità dovuta a
incapacità di raggiungere target aziendali. Non sono però mancati negli anni numerosi tentativi di molti intermediari
bancari di usare lo ius variandi a logiche diverse da quelle che ne giustificano interesse. L’ABF però è stata molto severa
a riguardo, punendo le banche.

Risulta intuitivo che sul piano operativo il giustificato motivo si lega alle modalità di allegazione dello stesso da parte
della banca e il cliente deve sempre essere informato dalla banca del giustificato motivo e il cliente deve capire la
congruità della variazione con la motivazione che ne sta alla base. Il giustificato motivo deve essere individuato in
eventi di comprovabile effettto sul rapporto bancario in corso di modifica, in particolare due sono glie eventi che il
ministero dello sviluppo economico va ad afferire:

• I primi sono gli eventi relativi alla sfera del cliente, di quello specifico cliente interessato dalla proposta di
modifica unilaterale

• I secondi invece sono quelli che consistono in variazioni di condizioni economiche generali che possono
riflettersi in un aumento dei costi relativi degli intermediari, ad esempio variazioni dei tassi di interesse o inflazione
Partiamo dalla prima categoria, cioè eventi di comprovabile effetto sul rapporto bancario afferenti la sfera del cliente,
ma qui il tema si lega a quello del merito creditizio dello stesso cliente, perché in linea di principio l’esercizio dello ius
variandi può legittimamente essere esercitato in seguito a eventi relativi al mutamento del grado di affidabilità di quel
determinato cliente, grado di affidabilità che se peggiorato può mettere in pericolo l’equilibrio del rapporto
sinallagmatico. In sintesi il cambiamento del merito creditizio costituisce un elemento oggettivo imprevedibile che
impone una ridefinizione dei termini dell’accordo.

La seconda categoria di eventi è quella che viene ad assumere maggior rilievo perché si tratta di eventi che consistono
in variazioni che hanno ricadute generali, su tutta la clientela. Su questo si è sviluppato un diritto vivente molto
corposo che muove nella direzione di non ritenere sufficiente un mero riferimento a variazioni generalizzate per le
condizioni economico-finanziarie per integrare il giustificato motivo idoneo a dar luogo a modifiche seriali del
rapporto , in più occasione giudici di merito e i collegi dell’abf hanno stigmatizzato i vari tentavi di alcuni intermediari
bancari di invocare come giustificato motivo dello ius variandi formule estremamente sintetiche e generiche e questo
perché nell’opinare della giurisprudenza pratica e teorica si ritiene necessario che il giustificato motivo sia sorretto da
una congruità, in altri termini il cliente deve essere messo nelle condizioni di poter valutare concretamente la
congruità della variazione apportata dall’intermediario bancario al rapporto rispetto al giustificato motivo che ne è alla
base, se questa è generica il cliente non è nelle condizioni di poter fare questa valutazione.

Da questo punto di vista i precedenti sono davvero numerosi e si muovono tutti nella stessa direzione, ricordo una
decisione dell’abf la 399/2013 che se ritenete potete anche scaricarvi sul sito web dell’arbitro in cui è insufficiente
giustificare ai sensi del 118 le modificazioni contrattuali laddove si faccia un mero richiamo al maggior rischio associato
al mantenimento delle linee di credito in relazione alle aggravate tensioni sul mercato che hanno aggravato in modo
significativo l’equilibrio contrattuale sino ad ora raggiunto, il problema che il richiamo a queste non meglio specificate
tensioni non fornisce alcun elemento utile al cliente per fare le sue valutazioni.

È stato chiarito dall’abf stessa con la decisione 2944/2012 che il giustificato motivo non deve essere lo scopo che la
modifica mira a raggiungere. Del tutto inutili sono anche i richiami gli effetti della crisi finanziaria o un imprecisato
rimando alla variazione del contesto economico, questo perché il cliente deve essere messo nelle condizioni di fare le
sue valutazioni su motivazioni non generiche ma concrete della congruità della variazione.

In un caso del collegio di Milano la variazione veniva giustificata sulla base di un incremento delle spese postali, che è
un argomento di supporto, l'aumento delle spese postali potrebbe giustificare un incremento conseguente dei costi
delle relazioni contrattuali, ma la banca non aveva specificato quale fosse effettivamente questa variazione delle spese
postali e come si traducesse sul piano dell'impatto economico, facendo un richiamo molto vago ed aumentando di 1.5
euro l'invio di ogni documento da parte del cliente.

L'esercizio dello Ius Variandi prevede una particolare procedura riguardo alle modalità di comunicazione alla clientela,
che troviamo definita al secondo comma dell'art.118 TUB: "Qualunque modifica unilaterale delle condizioni
contrattuali deve essere comunicata espressamente al cliente secondo modalità contenenti in modo evidenziato la
formula: ‘Proposta di modifica unilaterale del contratto’, con preavviso minimo di due mesi, in forma scritta o mediante
altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente. Nei rapporti al portatore la comunicazione è effettuata
secondo le modalità stabilite dal CICR. La modifica si intende approvata ove il cliente non receda, senza spese, dal
contratto entro la data prevista per la sua applicazione (termine di 60 giorni dal ricevimento della comunicazione). In
tal caso, in sede di liquidazione del rapporto, il cliente ha diritto all’applicazione delle condizioni precedentemente
praticate." (particolare regime per le modifiche unilaterali nei rapporti con il portatore, il tema è legato alla difficile
applicabilità delle comunicazioni personalizzate nei rapporti con il portatore in quanto è difficile l'identificabilità della
persona del cliente --> le modifiche unilaterali sono comunicate con strumenti personali facilmente accessibili presso le
dipendenze dell'intermediario e sul suo sito internet). Il secondo comma è apprezzabile alla luce dell'evoluzione
normativa che lo ha caratterizzato, nella prospettiva secondo cui qualunque modifica unilaterale deve essere
comunicata al cliente, e questa è una novità introdotta nel 2006, perché prima del 2006 ci si limitava di demandare al
CICR di stabilire le modalità ed i termini di comunicazione e le modalità delle varie azioni sfavorevoli alla clientela.

La delibera del CICR 4 marzo del 2003 aveva individuato due tipologie di variazioni: specifiche (riguardavano un
determinato rapporto in relazione alle quali era previsto un obbligo della banca di comunicare le variazioni sfavorevoli
apportate al contratto), generalizzate (concernenti una molteplicità di rapporti in cui la banca poteva effettuare la
comunicazione in forma del tutto impersonale mediante appositi avvisi in Gazzetta Ufficiale e nei locali della banca
aperti al pubblico .--> le variazioni andavano comunque comunicate individualmente alla clientela alla prima occasione
utile, quindi nell'ambito delle operazioni periodiche, quindi se il cliente non aveva sfogliato la gazzetta ufficiale o non si
era recato in banca e non aveva notato i cartelli esposti, si trovava comunque una modifica del rapporto consolidata in
un termine che era assai più breve perché nella prima versione era di 15 giorni come termine di efficacia delle
modifiche proposte; oggi il 118 comma 2 non consente più una comunicazione impersonale alla clientela anche
nell'ambito delle variazioni generalizzate, giacché il legislatore richiede e pretende, a pena di inefficacia della
variazione proposta, che la variazione avvenga sempre in maniera personale con la formula ricordata).

Sul piano civilistico l'atto con cui si esercita il diritto potestativo di modifica unilaterale del contratto è atto ricettizio,
cioè un atto che produce effetto nel momento in cui perviene a conoscenza della persona cui è destinato ai sensi e per
gli effetti dell'art.1334 del codice civile, conoscenza che in base all'art.1335 è da presumersi nel momento in cui tale
atto è giunto all'indirizzo del destinatario o nella sua sfera di dominio o di controllo.

Essendo atto recettizio si pone il problema dell'onere della prova qualora il cliente contesti la variazione apportata ed
in particolare neghi di aver mai ricevuto la comunicazione contenente la proposta di modifica unilaterale del contratto,
che nella prassi, al di fuori delle comunicazioni elettroniche, avviene sempre con l'utilizzo di posta ordinaria e non con
raccomandata con avviso di ricevimento proprio per contenere i costi postali connessi a comunicazioni generalizzate a
tutta la clientela di un istituto di credito --> essendo atto recettizio, spetterà alla banca l'onere di provare di aver
assolto, secondo le modalità prescritte, l'obbligo di comunicazione previsto dall'art.118 e quindi non solo di mostrare
l'invio ma anche l'avvenuta ricezione della comunicazione da parte della clientela. Questo aspetto non è di poco conto
perché nel rilevante contenzioso bancario degli ultimi anni la questione è stata oggetto di attente valutazioni da parte
degli arbitri e della giurisprudenza, al punto che è intervenuto anche il collegio di coordinamento dell'arbitro bancario
e finanziario, quindi un collegio che possiamo assimilare alle Sezioni Unite della giurisprudenza di Cassazione e che
interviene nel momento in cui ci sono delle decisioni degli arbitri che contrastano l'una con l'altra, ed afferma il
seguente principio di diritto: è senz'altro soddisfatto l'onere probatorio laddove la banca dia la prova di aver inviato la
comunicazione mediante lettera raccomandata depositando la relativa ricevuta rilasciata dall'ufficio postale di
spedizione (non avviene quasi mai), laddove invece la medesima comunicazione sia stata inviata mediante posta
ordinaria (caso più frequente nella prassi), la ricezione potrà considerarsi provata soltanto in virtù del prudente
apprezzamento da parte del Collegio di tutti gli elementi di conoscenza dei fatti che gli atti della controversia offrono --
> in sintesi, devono esserci degli indizi precisi gravi e concordanti che dimostrino in realtà che la contestazione del
cliente è una contestazione strumentale e che invece la documentazione e le comunicazioni per iscritto sono state
inviate e dallo stesso ricevute.

Il termine di efficacia è stabilito in 60 giorni, nella prima versione era addirittura di 15 giorni, quindi si fornisce al cliente
uno strumento in più per valutare la congruità della modifica e la possibilità di recedere dal contratto per non
accettazione e di rivolgersi ad altri intermediari bancari; il dies a quo decorre dal giorno del ricevimento (in quanto si
tratta di atto recettizio) e se in quei 60 giorni il cliente non dovesse esercitare il diritto di recesso, avendo diritto ad una
liquidazione del rapporto secondo le condizioni economiche precedentemente stabilite, la modifica diventerà efficace
ed il rapporto sarà stato riadeguato ai nuovi eventi e sopravvenienze che l'avevano reso non più coerente con la
stipulazione originaria dell'atto.

Degna di nota è anche la disciplina del comma 2 bis dell’art.118: si tratta di una modifica introdotta modifica introdotta
da una novella del 13 maggio 2011 n. 70 “decreto sviluppo”, convertito poi in legge il 12 luglio del 2016. Comma 2 bis:
“se il cliente non è un consumatore né una microimpresa nei contratti di durata diversi da quelli a tempo
indeterminato di cui al comma 1 del presente articolo, possono essere inserite clausole espressamente approvate dal
cliente che prevedano la possibilità di modificare i tassi di interesse al verificarsi di specifici eventi e condizioni
predeterminate nel contratto”. Dunque, il comma due bis innova profondamente la disciplina prevedendo che in
presenza di un cliente non retail le parti possono convenire pattiziamente di non applicare la disciplina dell'articolo
118: in sostanza la norma consente di modificare le clausole contrattuali, in particolare i tassi di interesse, anche in
assenza di giustificato motivo nell'ambito di contratti a tempo determinato. Pensiamo al contratto di mutuo: a tal fine
pare necessario e sufficiente che sussista un apposito accordo negoziale per individuare specificamente gli eventi e le
condizioni da cui può conseguire la variazione.

Quarto e ultimo comma art.: si riferisce ad un'ipotesi particolare di variazione generalizzata, quindi destinata
potenzialmente a tutti i clienti della banca conseguente a decisioni di politica monetaria. “Le variazioni dei tassi di
interesse adottate in previsione o in conseguenza di decisioni di politica monetaria riguardano contestualmente sia i
tassi debitori che quelli creditori e si applicano con modalità tali da non recare pregiudizio alla clientela”. Quindi la
disposizione disciplina unicamente le variazioni di tasso che siano direttamente conseguenti a decisioni di politica
monetaria facendo ritenere che la stessa decisione di politica monetaria rappresenti effettivamente un giustificato
motivo previsto dal legislatore, cioè un giustificato motivo ex lege. Anche qui rimane il tema della congruità nel senso
che la misura della variazione in concreto proposta sarà elemento necessario per valutare la ricorrenza o meno al
giustificato motivo pur previsto ex lege:
- Esempio: un innalzamento del costo del denaro dello 0,25% non potrebbe in alcun modo giustificare un aumento
dello 0,75% del tasso proprio perché manca l'elemento della causa e dell'effetto richiamato.

Decisioni di politica monetaria= coincidono con quelle assunte dalla banca centrale europea per l'assolvimento dei
compiti attribuiti dal sistema europeo delle banche centrali nell'ambito del suo fondamentale obiettivo di
mantenimento della stabilità dei prezzi. Queste decisioni si sostanziano nella fissazione dei tassi di riferimento. È
discussa la rilevanza delle decisioni assunte dalle altre banche centrali che non fanno parte del sistema europeo come
la Federal Reserve o la Bank of Japan. Qui la dottrina è divisa perché:
- secondo alcuni commentatori tali decisioni ben potrebbero rappresentare un giustificato motivo per la variazione del
tasso in relazione ai rapporti regolati in valuta straniera, cioè quelli interessati direttamente dalla decisione politica
monetaria di una banca diversa rispetto alla banca centrale europea.
- Altri invece per converso ritengono che tali decisioni non possono in nessun modo considerarsi rilevanti ai fini della
politica monetaria adottata nell'ambito dell'ordinamento giuridico italiano.

Ultimo inciso su questo comma riguarda l’applicazione di modalità tali da “non recare pregiudizio al cliente”:
riguardano contestualmente sia i tassi debitori che quelli creditori, ma il significato della disposizione è piuttosto
evidente se diciamo che il singolo rapporto contrattuale varia per effetto di decisioni di politica monetaria questa
variazione deve essere speculare nell'ambito dello stesso rapporto contrattuale tra il tasso-dare e il tassoavere.
Dunque se se un rapporto contrattuale bancario prevede sia interessi attivi che interessi passivi , una variazione dei
primi dovrà necessariamente determinare una simmetrica variazione di secondi, venendo diversamente meno
l'equilibrio sinallagmatico voluto dalle parti. Si vuole assicurare che le concrete modalità di applicazione di tassi variati
rispettino concretamente quella simmetria di effetti che si è voluto introdurre attraverso il quarto comma: a tal fine
sarà pertanto necessario innalzare o abbassare sia i tassi creditori che debitori misura identica utilizzando un criterio
assoluto e non relativo:
- esempio : se gli interessi attivi sono aumentati dal 5% al 10% ,quelli passivi devono essere aumentati del 5% a quello
che sia il tasso precedentemente applicato e non invece dal 3% al 6% sul presupposto che l'aumento sarebbe in tal
modo proporzionale.

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