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Regolamenti condominiali imposti dal costruttore

Autore: Rezzonico Silvio ~ Tucci Giovanni


In: Diritto civile e commerciale

Esistono due tipi di regolamento condominiali possibili: quello contrattuale, approvato da tutti i
condomini, con cui si possono stabilire ripartizioni delle spese diverse da quelle stabilite dal codice civile,
e quello assembleare, approvato a maggioranza dei condomini e dei millesimi, che può solo regolare gli
aspetti minori della vita condominiale.

Ora affronteremo un grosso problema, relativo sempre al regolamento, che deriva dalle leggi stesse.

Regolamento meccanismo dell’approvazione.

E’ chiaro che è sarebbe difficile mettere d’accordo tutti i proprietari di uno stabile sul testo di un
regolamento, senza che qualcuno di loro si ribelli. In questa condizione, approvare un regolamento
contrattuale sarebbe davvero impossibile: per esempio qualsiasi spartizione delle spese troverebbe
qualcuno maldisposto all’approvazione, perché si ritiene più danneggiato degli altri.

Inevitabilmente, perciò, la strada c quasi sempre imboccata per l’approvazione del regolamento
contrattuale è stata un’altra. Lo scrive cioè, da solo, il costruttore dell’edificio. Poi, via via che vende gli
appartamenti, costringe chi l’acquirente ad approvare a scatola chiusa il regolamento che ha stilato. Chi
in seguito acquisterà un appartamento da uno dei precedenti proprietari, sarà costretto ad accettare a sua
volta il regolamento contrattuale già esistente.

Questo meccanismo dà un evidente strapotere alla ditta edile che costruisce il palazzo o il complesso.
Capita quindi spesso che quest’ultima ne approfitti. C’è quindi da chiedersi: esistono margini, per i
condomini, di ribellarsi a queste imposizioni?

Clausola illecite.

A questo proposito bisogna distinguere. Esistono clausole che sono evidentemente in contrasto con il
codice civile, o meglio con quegli articoli che nel codice che sono definiti come “inderogabili”, a cui non si
può fare eccezione.. Molto sfruttata è quella che impone a tutti di riconoscere come amministratore
condominiale una persona indicata dal costruttore stesso. Tale nomina è illegittima, perché è in diretto
contrasto con l’articolo 1129 del codice civile che impone che l’amministratore sia nominato
dall’assemblea. Un’altra clausola abbastanza comune è quella che permette al costruttore (che, non lo
dimentichiamo, è anche lui condomino finché non ha venduto tutti gli appartamenti), di rinunciare all’uso
delle cose comuni senza perciò contribuire alle spese della loro manutenzione. Anch’essa è in contrasto

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con un’altra norma obbligatoria, l’articolo 1118 del codice civile.

Clausole vessatorie

Altre clausole che sono evidentemente sbilanciate a favore dell’impresa edile, non sono però in diretto
contrasto con le norme sul condominio del codice. Per esempio quella, molto pesante, in cui i condomini
danno mandato al costruttore di redigere il regolamento condominiale, con facoltà di definire in seguito le
parti, gli impianti e i servizi comuni. Oppure quella in cui si riserva al costruttore la facoltà di
sopraelevare senza indennizzo da versare agli altri proprietari. O quella in cui
gli si dà la proprietà dei sottotetti. O quella, comunissima, che consente al costruttore stesso di non
versare la sua quota di spese condominiali per gli appartamenti ancora invenduti. O infine quella che
impone l’accettazione del regolamento senza per questo allegarlo al rogito d’acquisto o comunque
consentire ai condomini di prenderne visione.

Sin dal varo, però, della legge n. 52 del 1996 sono state introdotte nella legislazione italiane norme
europee contro le clausole vessatorie nei contratti, attualmente riunite nel cosiddetto “codice del
consumo” (decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, articoli dal 33 al 38).

Tali articoli considerano “abusive o vessatorie”, e quindi nulle, certe clausole contrattuali che
avvantaggiano in modo evidente il professionista nei rispetti del consumatore. Con “professionista” si
intende qualsiasi la persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che nel quadro della sua attività
imprenditoriale o professionale, utilizza un contratto. Quindi anche l’impresa edile. Con “consumatore” si
intende anche, , a tutti gli effetti, il condominio come ha chiarito la Cassazione, in una sentenza
abbastanza recente (la n. 10086 del 2001).

Il fatto che patti contrattuali del genere


siano sbilanciati a favore del professionista-ditta edile, può facilmente ricavarsi dal dettato dell'articolo
34, primo comma che così dice: "La vessatorietà di una clausola é valutata tenendo conto della natura del
bene o del servizio oggetto del contratto e facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della
sua conclusione e alle altre clausole del contratto medesimo o di un altro collegato o da cui dipende." E'
ovvio che le circostanze esistenti al momento dell'accettazione di un regolamento contrattuale sono di
forte pressione psicologica sul soggetto che è costretto ad accettarlo: in caso contrario non potrebbe
acquistare l’appartamento.

Questa ipotesi è rafforzata da quanto dispone il quarto comma dello stesso articolo: "Nel contratto
concluso mediante sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme
determinati rapporti contrattuali, incombe sul professionista l'onere di provare che le clausole, o gli
elementi di clausola, malgrado siano dal medesimo unilateralmente predisposti, siano stati oggetto di
specifica trattativa con il consumatore". Ebbene è evidente che parlare di trattative al momento
dell'accettazione del regolamento è da escludersi praticamente sempre.

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Quindi e clausole a favore del costruttore che abbiamo elencato sono quasi sempre da considerarsi nulle,
come mai scritte, pur restando valido il resto del contratto.

Alcuni esempi

Riportiamo a questo proposito alcuni esempi di clausole vessatorie, elencati nell’articolo 33 del codice del
consumo:

1)

Quella che prevede “un impegno definitivo del consumatore mentre l'esecuzione della prestazione del
professionista è subordinata ad una condizione il cui adempimento dipende unicamente dalla sua volontà”.
Quindi il costruttore non può scrivere il regolamento dopo la vendita e stabilire quali siano parti comuni e
quali non lo siano.

2)

Quella che “prevedere l'estensione dell'adesione del consumatore a clausole che non ha avuto la
possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto”. Quindi il regolamento contrattuale deve
essere allegato al rogito.

3)

Quella che sancisce “a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni,
deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria, limitazioni all'adduzione di prove, inversioni o
modificazioni dell'onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi”. La si può
richiamare per contrastare l’esonero delle spese del costruttore, insieme al citato primo comma
dell’articolo 34.

Ricordiamo infine che le clausole potenzialmente vessatorie possono essere considerate comunque valide
qualora si dimostri che, in seguito a una trattativa, si possa dimostrare che il consumatore abbia ricevuto
in cambio vantaggi pari o superiori rispetto a quelli persi. E’ prevedibile che, durante una causa promossa
dal condominio, i legali della ditta edile tentino di dimostrare che una compensazione c’è stata (per
esempio, con l’abbattimento del prezzo a cui l’immobile è stato venduto). Tale tesi è però abbastanza
fragile, soprattutto perché l’esistenza di una trattativa per l’abbassamento del prezzo va
inoppugnabilmente dimostrata.

Silvio Rezzonico

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Giovanni Tucci

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