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Varesi avva la voce vibrante, sonora e pastosa de Ronconi.

Lo stesso modo
amplio e bello di porgere e di fraseggiare, lo stesso fuoco sacro, la stessa
passione, lo stesso impeto nella interpretazione del dramma. Potrebbe dirsi
anzi che questo impeto avesse tal volta nel Varesi mani estazioni ancora piu
drammatiche. Nel "Rigoletto" -scritto per lui- il Varesi raggiunse tale potenza
descrittiva di disegno e di colore che il ricordo di quel suo quadro scenico è
rimasto, sino ad oggi, insuperato. Egli é che in "Rigoletto" il Varesi
possedeva il vantaggio di quel famoso "phisique du rôle" che riuscivagli
invence d'imbarazzo nela interpretazione dele artre parti. Basso, tarchiato,
un po' sbilenco, il Varesi doveva compensare a furia d'ingegno questi suoi
svantaggi sici, mentre il Ronconi bello nel volto e nella persona non dodeva
che presentansi sulla scena per rendere tutta la signorolità del personaggio.

Così, mentre il Varesi soverchiava il Ronconi nel "Rigoletto" e anche nel


"Macbeth", il Ronconi si lasciava indietroa messa strada il Varesi nella "María
di Rohan", nei "Puritani", nella "Beatrice di Tenda", nella "Lucía", nella
"Borgia", nella "Parisina" e in tutte le altre opere di Belline, del Donizetti, e
anche del Rossini, in quelle specialmente dove la superiorità dell'uomo e del
cantante aveva modo d'imporsi.

L'antico repertorio Verdiano, invero, con quel non so che di violento, di


febrile, e quasi di aspro e selvaggio, si attagliava assai bene al
temperamento morale ed artístico del Varesi, che vi si buttava dentro con
tutta la foga di quela sua natura spontaneamente calda e appassionata, con
la quale infondeva tanta genialità alle sue creazioni sulla scena.

Ricordiamo ancora il Varesi nell "Rigoletto", circa nel 1864, al modesto teatro
di Santa Radegonda, quando, esausto di voce e di forze, riusciva tuttavia a
provocare scatti d'entusiasmo di cui oggi non si a più l'idea. Nella popolare
cabaletta "Si, vendetta, tremenda vendetta" aveva l'abilità di ottenere un
crescendo stupendo che transportava la platea sino al parossismo.

Rimasto come anichilito sul limitare, sotto la maledizione profetica del


vecchio Monterone che va al patibolo, egli si scuoteva d'improvviso, e
ggendo gli occhi terribili sul ritratto del Duca apesso a la parete cominciava
con voce sorda e cupa le prime battute, quindi sviluppava ed ampliava il
suono avanzando sempre, sino a che, giunto sulla bocca d'opera, radrizzava
minacciosa la deforme persona, accompagnando l'attegiamento imponente
con una esplosione formidabile di voce. Era un e etto terrorizzante, di cui
molti hanno tentato e tentanto in vano l'imitazione.

Invece del sublime essi otengono il grottesco.

Questa smania della imitazione dei grandi modelli dà quasi sempre risultati
deplorevoli. Il sublime lo si può umanamente ottenere, ma non lo s'imita.
Imitandolo si commetton parecchie colpe: la primaè quella di vilipendere il
modello, dandone: -a coloro che non poterolo vederlo- una spressione falsa
e go a; la seconda è di ottenere la caricatura in luogo della copia.

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Varesi tiene la voz vibrante, sonora y melosa de Ronconi. La misma forma
amplia y hermosa de presentar y de frasear, el mismo fuego sagrado, la
misma pasión, el mismo ímpetu en la interpretación del drama. De hecho,
podría decirse que este ímpetu tuvo a veces manifestaciones aún más
dramáticas en Varesi. En el "Rigoletto" -escrito para él- Varesi alcanzó tal
poder descriptivo de diseño y color que el recuerdo de aquella pintura
escénica suya ha permanecido insuperable hasta el día de hoy. Es que en
"Rigoletto" Varesi poseía la ventaja de ese famoso "physique du rôle" que en
cambio lo embarazaba en la interpretación de las otras partes. Bajo, fornido,
un poco torcido, Varesi tuvo que compensar sus desventajas físicas a fuerza
de ingenio, mientras que Ronconi, guapo de rostro y de persona, sólo tuvo
que aparecer en escena para transmitir toda la caballerosidad del personaje.

Así, mientras Varesi superó a Ronconi en "Rigoletto" y también en


"Macbeth", Ronconi superó a Varesi en su "María di Rohan", en "Puritani",
en "Beatrice di Tenda", en "Lucía", en el "Borgia ", en la "Parisina" y en
todas las demás óperas de Belline, Donizetti, y también de Rossini,
especialmente en aquellas donde la superioridad del hombre y del cantante
supo imponerse.

En efecto, el antiguo repertorio de Verdi, con su violento, febril, casi duro y


salvaje no sé qué, se adaptaba muy bien al temperamento moral y artístico
de Varesi, que se lanzaba a él con todo el ardor de su espontáneamente
cálida y la naturaleza apasionada, con la que infundió tanta genialidad a sus
creaciones escénicas.

Todavía recordamos a Varesi en "Rigoletto", hacia 1864, en el modesto


teatro de Santa Radegonda, cuando, agotado de voz y de fuerza, logró sin
embargo despertar estallidos de entusiasmo de los que hoy ya no tenemos
idea. En la popular cabaletta "Si, vendetta, tremenda venganza" tuvo la
habilidad de obtener un estupendo crescendo que transportaba al público al
punto del paroxismo.

Quedado como aniquilado en el borde, bajo la maldición profética del viejo


Monterone que va a la horca, se estremeció de pronto, y jando sus terribles
ojos en el retrato del Duque colgado en la pared, comenzó los primeros
compases de una voz apagada y lúgubre, luego desarrolló y ampli có el
sonido, siempre avanzando, hasta que, habiendo llegado a la boca de la
obra, enderezó amenazadoramente al deforme, acompañando la imponente
actitud con una formidable explosión de voz. Fue un efecto aterrador, que
muchos han tratado y tratado en vano de imitar.

En lugar de lo sublime obtienen lo grotesco.

Este frenesí por imitar a los grandes modelos casi siempre da resultados
deplorables. Lo sublime se puede lograr humanamente, pero no se puede
imitar. Imitándolo se cometen muchos delitos: el primero es el de vilipendiar
el modelo, dando: -a quienes no pueden verlo- una expresión falsa y torpe;
el segundo es obtener la caricatura en lugar de la copia.
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