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LEZIONE 13 15 novembre

Componenti negativi (consideriamo le componenti negativi riguardo il principio di inerenza per


impostazione tradizionale)
Principio di inerenza: è un principio senza norma è evocata in alcuni articoli, ad esempio, l’articolo
61 T.U. ci dice che gli interessi passivi inerenti all’esercizio di impresa sono deducibili.
L’inerenza è una relazione funzionale che lega il sostenimento del costo all’attività di impresa
Un costo per essere dedotto deve essere funzionale, strumentale alla produzione del reddito. Ne
deriva che è indeducibile il costo che costituisce una forma di impiego di reddito già prodotto.

Esempio
Un macellaio acquista un orologio prezioso non sostiene un costo inerente alla produzione del
reddito; tuttavia, se un importatore di carni bovine il quale al raggiungimento di determinati
obbiettivi regala rolex allora il costo è inerente.

L’inerenza è molto importante per gli enti di vigilanza. Per molto tempo la giurisprudenza ha
creduto possibile identificare difetti di inerenza attraverso un’analisi quantitativa, negli ultimi
tempi la corte di cassazione si è spostata su un’analisi qualitativa.

SOLO COMPON. NEG.


Principio previa imputazione conto economico, art 109 comma 4: i componenti negativi possono
essere dedotti solo se sono stati imputati a conto economico perché non c’è motivo di mettere in
deduzione un costo se non imputato a conto economico, se rileva a fini fiscali deve rilevare anche
a fini civilistici. I componenti positivi e le rimanenze sono tassabili anche se non imputate a conto
economico perché potresti sfuggire alla tassazione.

Esempio
la remunerazione dell’amministratore, che è anche redattore di bilancio, è legata ai risultati di
conto economico l’amministratore per ottenere un risultato positivo potrà aumentare le fonti di
ricavo o diminuire le fonti di costo. Quando questo soggetto dismette i panni di redattore del
bilancio e diventa dichiaratore di redditi, le imposte sono un costo nella prospettiva del bilancio
bisognerà ridurre la base imponibile aumentando o i costi o riducendo i ricavi.

Di qui la regola per la quale il componente negativo di reddito è deducibile solo se previamente
imputato a conto economico

Questa regola riconosce 3 deroghe:


1. ci sono delle disposizioni del testo unico che espressamente impongono o consentono il
rinvio della deducibilità di un costo. (es compenso dell’amministratore può essere rinviato
al periodo di imposta successivo quando c’è la manifestazione finanziaria, anche se il
compenso è stato inserito nel ce. del periodo precedente)
2. ci sono delle disposizioni del testo unico che consentono la deduzione del costo anche se il
costo non è stato imputato a conto economico cioè i compensi che spettano sottoforma di
partecipazione agli utili che vengono riconosciuti a determinate categorie di soggetti. La
misura del compenso è legata al risultato di esercizio cioè l’utile. Non serve la previa
imputazione al ce perché sono dei costi determinati dopo che l’utile è stato determinato.

3. È costituita da componenti negativi che risultano da elementi certi e precisi possono


essere dedotti anche se non imputati a conto economico purché risultino da elementi certi
e precisi.

Es. (possono verificarsi in cui l ‘attività di accertamento sia basata sui costi neri cioè costo
non imputato a ce l’autorità nota che una partita di merci non viene imputata al ce e si
accorge che non genera reddito e nemmeno sta nelle rimanenze, quindi, viene venduto a
nero questo costo è deducibile poiché risulta da elementi certi e precisi questo è l’UNICO
CASO).

RICAVI COMP. POS


Art 85.
Sono considerati ricavi i corrispettivi che derivano dalla cessione di beni merci (ricavo tipico) il
ricavo è costituito da un valore puntuale, il corrispettivo.

1 comma Lettera a
Sono ricavi i corrispettivi che derivano dalla cessione di beni e prestazione di servizi alla cui
produzione e scambio è diretta l’attività di impresa.

Lettera b
Sono sempre ricavi i corrispettivi che derivano dalla cessione di materie prime e sussidiarie di semi
lavorati e altri beni mobili esclusi beni strumentali che sono acquistati o prodotti per essere
impiegati nella produzione.
Es (azienda che vende banchi di scuola, quando vende i banchi ci troviamo nella lettera a, quando
vende tavole o legno ci troviamo nella lettera b).

Dalla c alla e
Vengono individuate attività finanziarie cui cessione generano ricavi la caratteristica è che sono
iscritte nell’attivo circolante (cioè impiego temporaneo) se saranno iscritte nell’attivo
immobilizzato ci troveremo difronte a una plusvalenza. (la vendita di beni strumentali genera
plusvalenze)

Lettera f
ALTRA TIPOLOGA DI RICAVO Indennità a titolo di risarcimento anche in forma di assicurativa per la
perdita o il danneggiamento dei beni merci.
Lettera h
I contributi in conto esercizio sono erogati da enti pubblici a favore delle imprese per sostenere le
imprese che operano in condizioni di squilibrio economico, caso classico aziende di trasporto
pubblico locale hanno quindi natura di ricavo poiché vengono inseriti a conto esercizio perché
servono alle imprese ad operare in minima condizione di equilibrio.

2 comma art 85
Autoconsumo: genera ancora ricavo l’assegnazione di bene merce e servizi al socio o la
destinazione a finalità estranee all’esercizio di impresa.
(assenza corrispettivo quindi ricavo= valore normale art 9 comma 3)
Per gli imprenditori individuali genera ricavo la destinazione al consumo personale o familiare.

Es
Imprenditore individuale di generi alimentari, autoconsumo.

Plusvalenze patrimoniali
art 86
Per affrontare la disciplina delle plusvalenze patrimoniali si può procedere analizzando
parallelamente la disciplina delle plusvalenze e quella dei ricavi
3 punti da considerare:
1. individuazione dei beni che generano ricavi e plusvalenze: beni merce generano ricavi,
generano plusvalenze tutti i beni relativi all’impresa ad eccezione dei beni merce e quini
beni strumentali e quelli meramente patrimoniali.
2. misurazione del componente di reddito positivo: il ricavo è un valore puntuale la
plusvalenza è un valore differenziale cioè la differenza tra prezzo di vendita e il valore
fiscalmente riconosciuto. Quindi differenza tra corrispettivo e valore fiscalmente
riconosciuto cioè il residuo da ammortizzare che si sostanzia: costo storico – fondo
ammortamento.
Plusvalenza= P(vendita) – Valore fiscalmente riconosciuto
Valore fiscalmente riconosciuto= residuo da ammortizzare
Residuo da ammortizzare= costo storico – fondo ammortamento
Plusvalenza= P(v) – (costo storico – fondo ammortamento)
3. l’imputazione a periodo: il ricavo concorre a formare il reddito nell’esercizio di
competenza, se la competenza fosse segnata dalla cessione di un bene mobile la
competenza sarebbe la spedizione. Se il bene fosse immobile la competenza avverrebbe
alla stipulazione dell’atto.
Se il bene plusvalente è posseduto almeno di un triennio la plusvalenza può essere
rateizzata in un massimo di 5 anni in quote costanti.
Lezione 14  16 Novembre

Il giudizio di inerenza è un giudizio di natura qualitativa e non quantitativa. Ciò che rileva è
l’esistenza di una correlazione tra il sostenimento di un costo e attività di impresa senza che
questa sia condizionata dalla dimensione quantitativa dell’onere sostenuto.
Ieri nell’ultima parte abbiamo introdotto il tema delle plusvalenze patrimoniali. Il riferimento è
all’articolo 86. Un buon modo per affrontare la disciplina delle plusvalenze patrimoniali è costituito
da un confronto con la disciplina dei ricavi, confronto che deve essere portato avanti lungo tre
direzioni:
- I beni che generano ricavi e plusvalenze: I ricavi sono generati da beni merce, le
plusvalenze da tutti i beni relativi all’impresa tranne che dai beni merce (strumentali e
meramente patrimoniali)
- Misurazione della componente reddituale : il ricavo è un valore puntuale, coincide con il
corrispettivo, l’indennità o in certi casi con il valore normale. La plusvalenza è un valore
differenziale e pari alla differenza tra il corrispettivo e il valore fiscalmente riconosciuto,
ovvero il residuo non ancora ammortizzato, vale a dire il costo storico- il fondo
ammortamento).
- Il momento di imputazione a periodo: i ricavi concorrono a formare il reddito nell’esercizio
di competenza. Le plusvalenze lo stesso con una rilevante eccezione: se il bene è posseduto
da almeno un triennio, le plusvalenze possono essere rateizzate in un massimo di 5 anni a
rate costanti.
Esempio: come gestiamo, laddove il contribuente ha ravvisato una plusvalenza e intende
rateizzarla? Con il meccanismo delle variazioni in aumento e in diminuzione. La plusvalenza
pari a 1 milione di euro, la tassiamo in 5 anni, sono 5 quote da 200 000 euro. Nell’anno in
cui la plusvalenza è stata realizzata è imputata a conto economico, quando andiamo a fare
la dichiarazione dei redditi dobbiamo operare una variazione pari a 1 milione e
contestualmente una variazione in aumento di 200 000 euro. In ciascuno degli anni
successivi la plusvalenza non sarà imputata a C.E e inseriremo una variazione in aumento di
200 000 euro.
Tornando all’articolo 86, le plusvalenze dei beni relativi all’impresa, diversi da quelli indicati
dall’articolo 85 primo comma, concorrono a formare il reddito quando: (3 ipotesi)
a) Plusvalenze realizzate mediante cessioni a titolo oneroso
b) Plusvalenze realizzate mediante risarcimento anche in forma assicurativa per la perdita
o danneggiamento dei beni
c) Se i beni vengono assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all’esercizio
dell’impresa.
Esame: quali sono le 3 ipotesi suscettibili di generare plusvalenze patrimoniali? (risposta i 3
casi su)

Come deve essere quantificata la plusvalenza?


Caso a: plusvalenza= corrispettivo- valore fiscalmente riconosciuto
Caso b: plusvalenza= indennità- valore fiscalmente riconosciuto
Caso c: plusvalenza= valore normale- valore fiscalmente riconosciuto

Questo tema non deve essere confuso con il componente reddituale disciplinato dall’articolo 87
(PARTECIPAZIONI ESENTI). Questo caso facciamo riferimento al principio della PARTECIPATION
EXEPTION o PECS (regime di esenzione delle plusvalenze realizzate a fronte delle cessioni di
partecipazioni immobilizzate).
Noi affrontando il tema della doppia imposizione degli utili societari, abbiamo detto che esistono
diverse soluzioni utilizzabili per prevenire o eliminare le doppie imposizioni: una di queste
soluzioni è il regime della trasparenza. Il regime alternativo è il regime di esclusione dei dividendi
da imposizione. Se noi lo escludiamo in modo integrale, questo comporterà la tassazione della
società e detassazione del socio. Vedremo che l’articolo 89 conosce un regime di detassazione
PARZIALE, vale a dire tasso la società e detasso il socio in misura parziale (tasso il 5% e detasso il
95 %, in quanto provente escluso e non esente.
Una correlazione con questo discorso c’è: se la società ha prodotto dividendi e li distribuisce, non
c’è problema (articolo 89). Se non li distribuisce, questi utili vengono accantonati a riserva e i soci
decidono di vendere la società con in pancia i dividendi non distribuiti. In una ipotesi di questo
tipo, cosa accadrà al valore delle partecipazioni? Il socio, per vendere, chiederà un prezzo più alto
perché nella determinazione del prezzo, dovrò considerare anche l’ammontare delle riserve
disponibili. Quindi la redditività della società si riflette anche sul valore delle quote di
partecipazione. Si può assumere che c’è doppia imposizione sia nel momento in cui distribuisco
dividendi e pretendo di tassare i dividendi, sia nell’ipotesi in cui realizzo plusvalenze mediante la
vendita delle quote di partecipazione, realizzano plusvalenze tassabili.
A questo punto possiamo avere una obiezione: nella generalità dei casi, la plusvalenza è
condizionata da tante altre variabili, prima tra tutte la VARIABILITA DELLE CONDIZIONI DEL
MERCATO (domanda, offerta). Dobbiamo individuare la vera ragione che ha spinto il legislatore nel
2001 a introdurre nel nostro sistema il regime della PECS. La ragione che giustifica il regime della
pecs è molto meno nobile: in altri paesi questo regime caratterizza il sistema fiscale impositivo, si è
avvertita l’esigenza di adeguare il nostro sistema impositivo a regimi che son previsti in altri stati e
che rischiano laddove gli stessi non fossero previsti nel nostro paese, il fenomeno di concorrenza
fiscale “dannosa”. (esigenza di dotare il nostro sistema di un regime che caratterizza molti degli
altri ordinamenti fiscali vigenti nel resto dell’Europa)

In cosa consiste il regime di detassazione delle plusvalenze? Quando si realizza una plusvalenza a
fronte di una cessione della quota di partecipazione, la plusvalenza vene tassata in misura pari del
5% e viene detassata per la restante parte. Perché si produca questo effetto, devono ricorrere
delle condizioni. Sono 4:
- 2 riguardano il socio
- 2 la società partecipata.
Con riferimento alle condizioni che riguardano il socio,
1 condizione: è necessario il possesso ininterrotto della partecipazione per almeno 12 mesi
2 condizione: classificazione della partecipazione tra le immobilizzazioni finanziarie. (non
può essere iscritto nell’attivo circolante)

Condizioni che riguardano la partecipata:


1 condizione: non deve risiedere in un paradiso fiscale
2 condizione: deve svolgere una effettiva attività commerciale (ai sensi dell’articolo 55 TU)

Le condizioni devono essere sodisfatte simultaneamente. La mancanza di una sola delle 4


condizioni impedisce la fruizione di questo regime.
Esempio: se io posseggo la partecipazione da 9 mesi e la cedo, non posso beneficiare di questo
regime. Se la partecipazione l’ho iscritta nell’attivo circolante perché e destinata ad una attività di
trading, non beneficio del regime, perché deve essere un investimento. Se le 4 condizioni sono
verificate, e realizzo una plusvalenza di 1 milione di euro, verrà tassata al 5% e detassata per il 95%
in quanto provento ESENTE, mentre il dividendo è un provento ESCLUSO.
Quando faccio la dichiarazione dei redditi, avendo realizzato una plusvalenza di 2 milioni di euro, a
C:E tra i componenti positivi avrò una variazione in diminuzione per 1 900 000 euro.
(Le partecipazioni non si ammortizzano, quindi la plusvalenza si determina: plusvalenza – costo di
acquisto; se costo è maggiore, avremo minusvalenza)
Se invece anziché realizzare una plusvalenza dovesse emergere una minusvalenza, con le 4
condizioni verificate, essa sarà INTEGRALMENTE INDEDUCIBILE in regime PECS. Il regime in questo
caso sarà asimmetrico perché:
se fosse simmetrico, in caso di plusvalenza , tasso il 5 e detasso il 95
minusvalenza, deduco il 5% e 95% e indeducibile.
Il sistema è asimmetrico, la minusvalenza realizzata in regime di pecs è totalmente indeducibile.
Se una sola delle 4 condizioni non è soddisfatta (non posso applicare la pecs) in caso di plusvalenza
è tassabile per intero, in quanto componente positivo.
Nel caso della minusvalenza, se una delle 4 non è soddisfatta, la minusvalenza sarà tutta
deducibile, in quanto componente negativo.

Precisazione sul secondo requisito riguardante la partecipante: classificazione nella categoria delle
immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso, quindi è
essenziale che ciò accada all’inizio del periodo di possesso.

I DIVIDENDI ESCLUSI
Sono disciplinati dall’articolo 89 secondo comma: i dividendi sono esclusi da imposizione in misura
pari al 95% e tassato al 5% in quanto escluso (qui non ci sono tutte e condizioni previste per le
plusvalenze). Qualsiasi dividendo sconta questo principio di imposizione.
C’è un passaggio: gli utili distribuiti non concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui sono
percepiti e non concorrono in quanto esclusi dalla formazione del reddito in misura pari al 95%. In
riferimento alla percezione, si fa riferimento alla cassa: quando vengono percepiti, quello segna il
momento in cui concorrono alla formazione del reddito ma non in misura intera, 95%.

Es: la società partecipata ha deliberato la distribuzione del dividendo nel 2021, se questa società
fosse tassata per trasparenza quando concorreremo a formare il reddito della controllante?
Regola art. 5 “ a prescindere dalla percezione” quindi 2021. In questo caso, per quelli non tassati
per trasparenza, concorreranno a formare il reddito quando saranno materialmente incassati: se
incassati nel 2022, li tasseremo nel 2022 nella misura del 5%.

LE SOPRAVVENIENZE
La sopravvenienza è un evento sopravvenuto che modifica gli effetti reddituali di una operazione
contabilizzata in un precedente esercizio. Se la variazione è di segno positivo, avremo una
sopravvenienza positiva, e viceversa.
Le sopravvenienze attiva sono regolate dall’articolo 88 TU
Le sopravvenienze passive sono regolate dall’articolo 108 TU

Si conoscono 2 forme di sopravvenienze Attive: PROPRIE (o tipiche) e IMPROPRIE (o assimilate)

PROPRIE (1 comma art 88):


1 caso: il conseguimento di un componente positivo di reddito in misura superiore a quello che ha
concorso a formare il reddito in un precedente esercizio.
Esempio: vendo una partita di merce, stabilisco il prezzo e vendo il bene mobile a novembre 2021
(emerge un ricavo). Questo ricavo (100 mila euro) sarà tassato nel 2021. Poi mi accorgo di aver
fatto un pessimo affare, contatto il cliente in forza del rapporto che lega i due operatori, e dico che
il prezzo è di 120 mila euro. Si arriva ad un accordo nel novembre 2022, i 20 mila euro non li
qualifico come ricavo, bensì come sopravvenienze attiva (componente positivo di reddito).

2 caso: conseguimento di proventi a fronte di costi che hanno concorso a formare il reddito nel
precedente esercizio.
Esempio: ho un impianto che vale 80 000. L’impianto è assicurato contro il furto e incendio,
interviene un incendio il 30 novembre e distrugge l’impianto. Se la compagnia risarcisce i ricavi il
31 dicembre, con una indennità pari a 85 mila euro, i 5 mila euro saranno plusvalenze, perché
sono la differenza tra indennità e valore fiscalmente riconosciuto. Può accadere che alla fine
dell’anno la compagnia non abbia risarcito il danno e quindi in questo caso bisogna rilevare la
perdita del bene strumentale, ovvero 80 000. L’anno dopo la compagnia risarcisce il danno
pagando l’indennità di 85 mila euro. L’anno dopo quel componente positivo di reddito dovrà
essere qualificato come sopravvenienza attiva propria

3 caso: la sopravvenuta insussistenza di passività iscritte in bilancio in un precedente esercizio.


Esempio: passività (debiti v/fornitori) sono riuscito a non pagarlo e matura la prescrizione. A quel
punto il debito non ha più ragione di essere considerato tale. Quello sarà sopravvenienza attiva e
la base imponibile aumenterà.
Queste sono tutte sopravveniente attive proprie.

SOPRAVVENIENZE ATTIVE IMPROPRIE O ASSIMILATE (terzo comma articolo 88 TU lettera a)

1 caso: le indennità conseguite a titolo di risarcimento anche in forma assicurativa per danni
diversi da quelli che abbiamo considerato nella disciplina dei ricavi e plusvalenze (perdita o
danneggiamento dei beni merce e strumentali).
Es: risarcimenti dovuti a fronte di atti di concorrenza sleale.

2 caso: proventi in denaro o natura conseguiti a titolo di contributo diversi da quelli che generano
ricavi (contributi in c/ esercizio). Es: i contributi in c/ capitale generano sopravvenienze attive
improprie o assimilate.
Questi proventi concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui sono incassati (principio di
cassa) oppure può scegliere il contribuente nell’esercizio stesso o nei successivi ma non oltre il
quarto. Ci da un’alternativa (5 anni a rate costanti).

5 comma articolo 88: in presenza di contratti di locazione finanziaria, la cessione del diritto di
riscatto genera una sopravvenienza attiva

LEZIONE 15

I beni meramente patrimoniali: beni immobili che non sono beni merce e strumentale. Ad esempio
un terreno agricolo per una società che produce cavi elettrici;
come concorrono alla formazione del reddito? Applicando le regole previste per i redditi fondiari:
il reddito che deriva dagli immobili viene determinato sulla base delle rendite catastali. (reddito
medio).
Esempio: la rendita catastale rivalutata sia pari a 1000 euro. Il terreno è stato coltivato con erba
medica e sono stati realizzati proventi per 10 mila euro e costi per 5 mila euro. A CE della società,
tra i proventi NON ci saranno la rendita catastale rivalutata, ci saranno i 10 mila, e ci saranno i 10
mila della coltivazione del fondo. Redattore del bilancio consulta l’articolo 90: in base alla rendita
catastale per la base imponibile.
dobbiamo sterilizzare i proventi imputati a CE e costi, perché sono entrambi condensati nella
rendita. Il reddito medio ordinario è pari a 1000, i proventi effettivi e costi effettivi non assumono
rilevanza, perché si ipotizza che questi siano già stati tenuti in considerazione nella rendita
catastale. Quei proventi e costi a CE non devono assumere rilievo, e come faccio? Sterilizzo con
variazioni. Proventi di 10 mila, faccio variazione in diminuzione di 10 mila, e i costi non assumono
rilevanza, faccio una variazione di 5 mila euro
ESAME: proventi immobiliari: proventi che derivano da immobili che non costituiscono
rispettivamente nè beni merce né strumentali. Concorrono alla formazione del reddito in base
alle rendite catastali. Non assumono rilevanza i proventi e costi imputati a CE.

SPESE PER PRESTAZIONI DI LAVORO (ARTICOLO 95)


Spese che sostiene per gestire i rapporti di lavoro dipendente sono tutti deducibili (costi della
retribuzione, i contributi assistenziali e assicurativi che paga il datore, deducibili in sede di
determinazione del reddito di impresa)

Articolo 95: assume una certa rilevanza il compenso degli amministratori, questi sono deducibili in
base al criterio di cassa, quando sono corrisposti e percepiti dall’amministratore

INTERESSI PASSIVI
Imprese italiane: fondo proprio e capitale di terzi= prevalenza del ricorso al capitale di terzi
rispetto al capitale proprio. SOTTOCAPITALIZZAZIONE
Se io volessi agire sulla leva fiscale, si discute se gli oneri fiscali sono meno deducibili per non
ricorrere al capitale di credito. Oppure potrei immaginare delle misure di incentivazione alla
capitalizzazione propria riconoscendo alle imprese che capitalizzano riconoscendo loro dei premi.
(esempio: premio gli accantonamenti a riserva). Riconosco all’impresa un PREMIO.
Interessi passivi: disciplina che, alla riforma del 2001, il legislatore aveva previsto 3 distinte
limitazioni alla deducibilità degli interessi passivi. Nel 2008 ha razionalizzato la materia, riscrivendo
l’articolo 96 prevedendo una sola limitazione: (ci riferiamo a soggetti ordinari, non per le banche)
- gli interessi passivi sono deducibili fino a concorrenza degli interessi attivi (1 comma
articolo 96).
esempio: società che paga 100 mila IP, e percepisce int. Attivi per 1000 euro. Applicando
questa regola, sono deducibili per 1000 euro. E il resto? I restanti sono deducibili, ma nei
limiti del 30% del risultato operativo lordo rettificato, ossia valore della produzione- costo
della produzione. Questo risultato deve essere rettificato, non si deve tenere conto di
ammortamenti e canoni di leasing (che si trovano nei costi della produzione).
Valore della produzione- costo produzione + ammortamenti+ canoni di leasing
Esempio: IP 100 mila, IA 1000 euro e risulto lordo rettificato è pari a 200 mila euro. Quanta parte è
rilevante? Solo il 30% = 60 mila. Sono deducili in eccedenza per 60 mila. Dei 100 mila, con prima
limitazione abbiamo deducibilità per 1000 euro, eccedenza è deducibile per 60 mila, ne avanzano
39 sono indeducibili e facciamo variazione in diminuzione del reddito imponibile rispetto a quello
civilistico. Questi interessi si riportano nell’anno successivo, a condizione che ci siano int. Attivi e
30% risultato operativo lordo siano capienti. Si riporteranno sempre in avanti le eccedenze
indeducibili fino a quando c’è adeguata capienza senza limiti di tempo.
Può anche accadere che gli IP siano inferiori al platond (massimo di interessi deducibili= 30% ROL)
di deducibilità.
Esempio: IP sono 50 mila, IA 1000, restante parte (49) sono deducili per 60 mila, i 40 mila sono
tutti deducibili, e residua 11 mila in capienza non utilizzata, questa capienza può essere utilizzata
negli anni successivi, ha senso riportarla.
Se c’è condizione di eccedenza, te la puoi riportare senza limiti di tempo (situazione improbabile in
Italia) aumentando la capacità di dedurre negli anni successivi.

Domanda: interessi passivi hanno limiti? Si, articolo 96 TU.

Articolo 96, comma 12: queste disposizioni non si applicano agli intermediari finanziari, alle
imprese di assicurazione e alle società capogruppo di gruppi assicurativi. (IMPORTANTE)

ONERI FISCALI CONTRIBUTIVI (articolo 99)

- imposte sul reddito non sono deducibili, sono costi


- non sono deducibili le imposte per le quali è previsa la rivalsa (strumento che consente di
traslare il peso economico del tributo verso un terzo: addebito ad un altro soggetto. Es:
IVA).
- Imposte e tasse sono deducibili nell’esercizio in cui avviene il pagamento (principio di
cassa) es: IMU che è deducibile dal 2021 per intero nel periodo di imposta in cui è pagata.

Oneri di utilità sociale è un catalogo disciplinato dall’articolo 100: questi oneri sono ammessi in
deduzione anche se non sono costi per la produzione del reddito. Es: il versamento ad una ONLUS
a titolo di beneficienza.

MINUSVALENZE (articolo 101)

Le minusvalenze determinate dagli stessi criteri delle plusvalenze, sono deducibili nel caso della:
- cessione a titolo oneroso
- conseguimento di indennità a titolo di risarcimento anche in forma di assicurazione per la
perdita e il danneggiamento dei beni che producono plusvalenze.
Le Minusvalenze non saranno deducibili in caso di:
- Non inerenti all’attività produttiva come la categoria dell’autoconsumo
- Quelle meramente iscritte in bilancio per l’annotazione di una diversa valutazione del
valore reale di un bene a prescindere da una sua reale cessione.

SOPRAVVENIENZE PASSIVE (articolo 101, 4 comma)

Mentre le sopravvenienze Attive sono tipiche che atipiche quelle passive sono soltanto TIPICHE.
- Il mancato conseguimento di proventi che hanno concorso a formare il reddito nei
precedenti esercizi
- Sostenimento di costi a fronte di oneri che hanno concorso a formare il reddito nei
precedenti esercizi
- La sopravvenuta insussistenza di una attività iscritta in bilancio in precedenti esercizi
PERDITE DI BENI
Le perdite di beni relativi all’impresa diversi dai beni merce sono deducibili se risultano da
elementi certi e precisi. Es: ho un macchinario che è stato depositato in riva a un canale, il canale
esonda e se lo porta via, macchinario perduto. Non è assicurato l’evento. Che tipo di componente
negativo si genera? È un bene strumentale, quindi perdita del bene, risulta da elemento certi e
precisi. La perdita del bene è commisurata con il valore residuo del bene (valore fiscalmente
riconosciuto).

PERDITE SU CREDITI

La perdita di un credito è deducibile se la stessa risulta da elementi certi e precisi e in ogni caso se
il debitore è assoggettato a procedure concorsuali. Nel 2021 il credito è perso, ma se nel 2024
chiusa la procedura concorsuale, il 20% viene recuperato, e sorge una sopravvenienza attiva.
La deduzione avviene quando il credito è di modico importo (5000 euro per le imprese di grandi
dimensioni, 2500 per le piccole e medie imprese) ed è scaduto da più di 6 mesi. Se questi due
requisiti vengono soddisfatti, la perdita può essere deducibile a priori dalla certezza e precisione.

23 Novembre 2022  LEZIONE 16

AMMORTAMENTI
In sede di redazione di bilancio di esercizio.
Il principio contabile ci dice che per stimare la quota di ammortamento bisogna stimare una
molteplicità di variabili.
In ambito tributario gli ammortamenti vengono disciplinati: il legislatore tributario fissa una misura
massima entro la quale la quota può essere dedotta; quindi, se ho una quota maggiore la quota
sarà indeducibile.
La normativa è regolata nell’art 102 testo unico  BENI MATERIALI

2 comma art 102: ci dice che la deduzione delle quote di ammortamento dei costi dei beni
strumentali è ammessa in misura non superiore da quella che risulta applicando al costo dei beni
dei coefficienti.

 Quindi la quota di AMMORTAMENTO DEDUCIBILE DEL COSTO DEI BENI STRUMENTALI viene
quantificata: applicando al costo un coefficiente.
Se io a CE ho applicato una quota pari a 40mila euro, la differenza 20mla euro è un costo
indeducibile e dovrà essere recuperata a transazione operando una variazione in aumento del
risultato fiscale rispetto al risultato civilistico.
Il costo è tutto deducibile, solo che se ho una quota di ammortamento in bilancio pari al 50%,
significa che per ammortizzare quel bene serviranno 2 anni.

Se il coefficiente di ammortamento (fiscale) è pari al 25% per ammortizzare quel bene


occorreranno 4 anni e ciò significa che nei primi due anni sarà necessario operare una variazione in
aumento pari al 25 % che era deducibile; nel 3 e 4 anno accadrà che il processo di ammortamento
procede in ambito fiscale ma non in ambito civilistico, quindi occorrerà fare una variazione in
diminuzione.

ES: Ipotizziamo che il bene da ammortizzare sia pari a 100 mila euro.
La quota di ammortamento imputata a CE sarà pari a:
1 anno: 50mila euro
2 anno: 50mila euro.
La quota di ammortamento applicando i coefficienti fiscali sarà pari a 25 mila euro, quindi:
1 anno: 25 mila
2 anno: 25 mila
3 anno: 25 mila
4 anno: 25 mila
 Questo disallineamento tra il dato fiscale e civilistico lo accordiamo:
1 anno: ho una quota di costo che non è deducibile, la quota di ammortamento è pari a 25mila
euro, in quanto a CE ne ho amputati 50, quindi devo riprendere 25mila euro operando una
variazione in aumento del risultato fiscale rispetto al risultato civilistico.
2 anno: = alla fine del 2 anno dal punto di vista civilistico il costo del bene sarà 0, integralmente
ammortizzato; invece, in ambito fiscale il processo di ammortamento andrà avanti in quanto mi
mancano da ammortizzare ancora 50 mila, quindi, farò una variazione in diminuzione del risultato
fiscale rispetto a quello civilistico per 25 mila euro al 3 anno e 25mila euro al 4 anno.
Al 4 anno, avrò ammortizzato anche livello civilistico.

NELLA PRATICA: per evitare queste riprese delle quote di ammortamento, i piani di
ammortamento utilizzati in sede di redazione del bilancio, vengono predisposti tenendo conto die
coefficienti di ammortamento previsti dal decreto ministeriale deputato a fissare i coefficienti di
ammortamento.
La regola è: quanto al:
CE: residua possibilità di realizzazione economica
Dichiarazione dei redditi: coefficienti fissati con l’apposito decreto.

Come si deducono le quote di ammortamento in ambito fiscale?


La quota di ammortamento fiscalmente deducibile, si determina applicando al costo dei beni gli
appositi coefficienti.

DETERMINAZIONE DEI COEFFFICIENTI DELLE QUOTE DI AMMORTAMENTO:


I coefficienti sono fissati con apposito decreto ministeriale tenendo conto della divisione dei vari
beni in categorie omogenee di beni (es. impianti e macchinari, veicoli, ecc) e in ciascuna categorie
e si tiene conto del normale periodo di deperimento e consumo dei vari settori produttivi.

Chi stabilisce i vari coefficienti? L’ APPOSITO DECRETO MINISTERIALE, DOVE I BENI STRUMENTALI
SONO DISTINTI IN CATEGORIE OMOGENEE E POI IL COEFFICIENTE DI AMMORTAMENTO È
DETERMINATO CONSIDERANDO IL NORMALE PERIODO DI DEPERIMENTO E CONSUMO DEI VARI
SETTORI PRODUTTIVI.
Es: un automezzo utilizzato in miniera ha un processo di deperimento e consumo analogo ad un
automezzo di una società che gestisce il supermercato?? NO! Quindi bisogna tenere conto del
periodo di deperimento e consumo nei diversi settori.

La quota di ammortamento si determina? APPLICANDO AL COSTO DEL BENE IL COEFFICIENTE DI


AMMORTAMENTO.

Nel 1 anno il coefficiente di ammortamento deve essere dimezzato, perché è stato acquisito in
corso l’anno e la quota deve essere proporzionata al periodo di possesso; quindi, se io ho
posseduto il bene 10 mesi la quota di ammortamento sarà pari a 10/12  secondo quello che ci
dicono i principi contabili.
Il legislatore tributario dice:
1 anno coefficiente: dimezzato.  perché si deve tenere conto che il bene è stato acquistato in
corso anno.  questa situazione avvantaggia chi lo ha acquistato il 30 dicembre e non chi lo
acquista il 2 gennaio.
ALTRA REGOLA:
I beni in cui valore è inferiore al vecchio milione di lire 516,46 euro sono deducibili per intero al
periodo di imposta in cui sono stati acquistati.
Sono tutti soggetti ad ammortamento questi beni? NO, perché si deducono interamente nell’anno
in cui il costo è sostenuto.

SPESE DI MANUTENZIONE E RIPARAZIONE, AMMODERNAMENTO E TRASFORMAZIONE


Ci troviamo in presenza di un’alternativa che nella pratica è bene nota: io posso avere delle spese
di natura:
-ordinaria: secondo i principi contabili, le devo spesare nell’anno, il costo va imputato per intero al
CE nell’anno di sostenimento del costo.
-straordinaria: secondo i principi contabili, devono essere portate in aumento del costo del bene
in cui si riferiscono.
Dire che la spesa deve essere capitalizzata non significa escludere la deduzione del costo? NO,
semplicemente quel costo viene prodotto/smaltito in più anni.

 LIMITE (6 comma art 102): per tutte le spese di manutenzione e riparazione,


ammodernamento e trasformazione se non sono state capitalizzate possono essere dedotte nei
limiti del 5% del costo di tutti i beni ammortizzati. E l’eccedenza si deduce nei 5 anni successivi in
quote costanti.
(Capitalizzare una spesa: significa portare la spesa al costo bene bene a cui si riferisce)

ES:
1.000.000 = stock beni ammortizzati
200.000 = società sostiene nell’anno spese di manutenzione e riparazione, ammodernamento e
trasformazione
 queste spese sono deducibili tutte quante? NO! Sono deducibili nel 1 anno.
1) 1 anno: 5% di 1000.000 50mila (spesa imputata a CE)  quindi farò una variazione in
aumento per 150.
2) 2,3,4,5,6 anno io potrò dedurre la restante parte dei 150 mila euro in quote costanti:
2. 30 mila
3. 30 mila
4.30 mila
5.30 mila
6.30 anno
Quindi dovrò fare una variazione in diminuzione per 30 mila l’anno.

 Art 103 si occupa dell’ammortamento dei BENI IMMATERIALI


- 3 comma: si riferisce al valore dell’avviamento  le quote di ammortamento del valore di
avviamento iscritte in bilancio (solo a titolo derivato), sono deducibili nei limiti di 1/18 (18
anni).
ES: ho acquistato un’azienda e mi è stato riconosciuto un valore di avviamento (che potrò
scrivere in bilancio), ci vorranno 18 anni per dedurre questo valore di avviamento.

-Civilisticamente l’avviamento può essere dedotto in 5 anni.


-Fiscalmente dura 18 anni.

 La volontà del legislatore di ridurre un certo componente negativo di reddito, così da


aumentare la base imponibile.

Civilisticamente: la quota di ammortamento sarà pari al 20%;


Fiscale: la quota di ammortamento sarà pari al 5,5% periodico (in quanto deve durare 18 anni)
 Quindi nei primi 5 anni bisognerà fare una variazione in aumento per la differenza di:
20% – 5,5 %;
Per gli anni successivi, quindi dal 6 al 18, la quota di ammortamento non verrà amputata a CE e
quindi faremo una variazione in diminuzione del 5,5% periodico.

- 1 comma: Le quote di ammortamento relative al costo dei marchi di impresa sono


deducibili in misura non superiore ad 1/18esimo del costo.  Quindi ci vorranno 18 anni
per dedurre il costo di acquisto del marchio.

Può ancora accadere, sempre restando nei beni immateriali/intangibili, sempre il 1 comma,
fa riferimento alle opere di ingegno, brevetti industriali, processi e formule e informazioni
relative ad esperienze acquisite in campo industriale, questi costi sono deducibili in
misura non superiore al 50%.  Quindi il costo di acquisto di un brevetto industriale si
deduce in 2 anni.

ACCANTONAMENTI
Tecnica contabile che consente di tener conto di perdite o debiti di natura determinata di
esistenza certa o probabile dei quali alla data di chiusura dell’esercizio sono indeterminati o con
l’ammontare o con la data di sopravvenienza.

Il legislatore tributario posto davanti a incertezze (esistenza debito, consistenza e la data di


sopravvenienza):
- sceglie un approccio prudenziale, ossia: pone svariati limiti alla deducibilità degli
accantonamenti (guarda i singoli tipi di accantonamento);
- immagina un divieto di carattere generale, ossia: tutti gli accantonamenti che non sono
espressamente regolati dal testo unico sono indeducibili.
In poche parole, io a CE sono posso fare tutti gli accantonamenti, ma se l’accantonamento
non è espressamente regolato nel testo unico questo sarà indeducibile.

 Abbiamo diversi tipi di accantonamenti:


1) Accantonamento a fondo TFR: 1 comma art 105
È deducibile nei limiti delle quote maturate nell’esercizio  questa apparente disponibilità
da parte del legislatore, perché l’unico elemento di incertezza è la data di sopravvenienza.
L’incertezza può riguardare: (esistenza debito, consistenza e la data di sopravvenienza) ….
E noi sappiamo che: c’è certezza nell’esistenza del debito, c’è certezza nell’ammontare,
l’unico elemento di incertezza riguarda la data di sopravvenienza (quando effettivamente si
interromperà il rapporto di lavoro).  questo giustifica la deducibilità piena.

2) Accantonamento fondo svalutazione crediti: art 106


In bilancio faccio tutti gli accantonamenti che voglio, ma fiscalmente potrò dedurre
l’accantonamento nei limiti dello 0,5% del valore nominale dei crediti iscritti in bilancio.
Es: ho 1 milione di crediti, potrò dedurre al massimo 5mila euro.
Questo accantonamento posso dedurre finche il fondo non abbia raggiunto il 5% del valore
nominale o costo di acquisizione dei crediti iscritti in bilancio.
Es: fondo 1milione, ma se il fondo è già pari a 50 mila euro e faccio un accantonamento,
questo accantonamento lo posso dedurre? NO!!  Doppio è il limite per la deduzione
dell’accontamento del fondo svalutazione die crediti.
(((L’accantonamento in sé è deducibile limiti dello 0,5% del valore nominale o del costo di
acquisizione dei crediti e l’accantonamento è possibile a condizione che il fondo, appostato
nel passivo, non abbia raggiunto il 5% del valore dei crediti iscritti valore nominale o costo
di acquisizione dei crediti iscritti in bilancio, doppio limite!!!)))

3) Accantonamento per le società che hanno navi o aeromobili:


L’accantonamento che è effettuato per far fronte a queste revisioni, ogni anno posso
accantonare e dedurre una quota non superiore al 5% per il valore di ciascuna nave o
aeromobile.

 4 comma, articolo 107: regola che chiude il sistema


Non sono ammesse in deduzioni (non sono deducibili) accantonamenti diversi da quelli
espressamente regolati.

Riepilogo:
L’art 2424 bis cc definisce gli accantonamenti per quanto riguarda le passività potenziali. Le
passività potenziali che possono essere caratterizzate da diversi livelli di aleatorietà:
- l’esistenza stessa della passività,
- consistenza
- il tempo di sopravvenuta.
A fronte di una così ampia variabilità, il legislatore tributario reagisce con una doppia limitazione, o
meglio, ci sono delle limitazioni specifiche con riferimento a singole tipologie di accantonamento:
1) Accantonamento a fondo TFR  1 comma art 105
2) Accantonamento rischi su crediti  1 comma art 106
3) Accantonamento fondo per fare fronte alla manutenzione navi e aeromobili  1 comma
art 107
+ Norma che chiude il sistema: 4 comma art. 107  gli accantonamenti che non sono
espressamente regolati non sono deducibili!!!!

SPESE RELATIVE A PIU’ ESERCIZI – ART 108


Spese di rappresentanza
Per un lungo tempo si è posta una questione su queste spese, e sulla categoria affine ossia sulle
spese di pubblicità.
Le spese di pubblicità in passato erano deducibili, quelle di rappresentanza erano deducibili ma
con limiti molto stringenti.
Quindi si sono poste una serie di questioni tra queste due spese.
- Spese di pubblicità: servono a reclamizzare il prodotto
- Spese di rappresentanza: servono ad accreditare l’immagine dell’impresa (reputazione
impresa)
Problema: Si correva il rischio di classificarle come spese di pubblicità in quanto interamente
deducibili.
Ma questo problema si è in parte risolto con la riscrittura dell’Art 108 2 comma:
con il riconoscimento di dedurre le spese di rappresentanza entro dei limiti che sono fissati in
ragione del volume dei ricavi dell’impresa.

Es: per le imprese che producono ricavi fino a 10milioni di euro, possono essere dedotte spese di
rappresentanza nei limiti dell’1,5% del volume dei ricavi.  quindi 150mila euro.
In ogni caso, oggi, le spese di rappresentanza sono deducibili quando la spesa sostenuta non
supera 50 euro per ciascun bene acquistato e concesso in omaggio ai clienti (o comunque ai
soggetti che si interfacciano con l’impresa), quella spesa sarà integralmente deducibile a
prescindere dai limiti appena descritti.
es: agenda costa 20 euro, sarà deducibile.

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