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Misure Meccaniche e Termiche

Prof. Giovanni Moschioni - Politecnico di Milano - Dipartimento di Meccanica

6 Misura delle pressioni


6.1 Generalità
Si consideri una colonna di un fluido di cui si vuole misurare la pressione sul fondo. Per far questo
si ricorre alla legge di Stevino: la pressione è uguale al prodotto della densità del fluido,
dell’accelerazione di gravità e dell’altezza della colonna di liquido, a cui è sommata la pressione
all’interfaccia.

= ∙ ∙ + (70)

• ρ: densità del fluido [kg/m ];


• z: quota [m];
• P: pressione misurata, dipende dalla quota e non dalla larghezza della colonna;
• P : pressione al pelo libero della colonna di fluido.
Questa legge è lineare per tutti i fluidi incomprimibili, tuttavia, nel caso dei gas, non si ha una così
buona approssimazione.
Dall’equazione di Stevino (70) si può ricavare l’espressione della pressione sul fondo della colonna,
di altezza z, prendendo come riferimento per la quota l’interfaccia:

= ∙ ∙ + (71)

Nell’equazione (117) si tiene in considerazione anche la pressione atmosferica, ottenendo così una
pressione assoluta. Solitamente, dal punto di vista ingegneristico, si deve tener conto della pres-
sione relativa che il contenitore del fluido subisce rispetto alla pressione atmosferica. Si calcolano
così le pressioni relative: = ∙ ∙ .

6.1.1 Manometro a “U”

Dato un recipiente di cui si vuole misurare la pressione interna, si deve realizzare un sistema che
dia un’indicazione proporzionale alla stessa. La modalità più semplice per ottenere tale misurazio-
ne è usare un tubo a “U” aperto ad un’estremità e riempito con acqua, come in Figura 6-1.
Quando il sistema è fermo, la pressione è controbilanciata dalla pressione dell’acqua: dato che
l’area all’interfaccia è la stessa, è sufficiente misurare la pressione dell’acqua all’interfaccia per
conoscere anche . Per trovare , si considera il punto dalla parte opposta del tubo con la sua
stessa quota: in questi due punti la pressione è la stessa, perché sono allo stesso livello di z.
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= = + ∙ ∙ (72)

Figura 6-1 Rappresentazione dell’andamento lineare della pressione lungo l’asse z

Nota la quota z, si può calcolare il valore di e quindi .


Per misurare la variazione di spostamento relativo del pelo libero dell’acqua, è possibile graduare
il tubo a “U” con delle tacche a passo regolare oppure utilizzare un galleggiante, che sia ragione-
volmente leggero per non avere effetto di carico, misurandone la variazione di quota, come si può
notare dalla Figura 6-2, con un qualsiasi strumento per misurare lo spostamento (laser, LVDT,
etc.).

Figura 6-2 Misurazione di tramite un galleggiante

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Tornando all’esempio dell'autocarro, si può applicare anche in questo caso il sistema del manome-
tro a “U”: è sufficiente collegare il tubo con una valvola fuori dal recipiente, riempire d’acqua il tu-
bo e misurare z.
Questo sistema funziona anche per pressioni negative, cioè, se , il fluido verrebbe aspi-
rato verso l’interno e si abbasserebbe la colonna d’acqua.
L'accuratezza del sistema dipende da due fattori:
• dalla densità del fluido,
• dalla misurazione di z, cioè quanto sia elevata la risoluzione dello strumento.
Per una misura ottimale, i due fluidi dovrebbero essere immiscibili tra loro oppure dovrebbero es-
sere gli stessi, ad esempio acqua e acqua. Pur avendo due fluidi immiscibili, come olio e acqua,
all’interfaccia si potrebbero avere delle emulsioni difficili da controllare.
Si evita di misurare la pressione atmosferica, perché interessa tecnicamente la pressione relativa e
costituirebbe un’incertezza in più. La si trascura, quindi, non perché è piccola ma perché si va quasi
sempre a semplificare quando parliamo di equilibrio di forze.
Il livello del fluido sui due rami del manometro differisce di un Δz minimo, perciò è difficile control-
lare sulle scala graduata del tubo il valore effettivo di questa misura (Figura 6-3) e si riscontra così
un problema di risoluzione.

Figura 6-3 Differenza tra le due quote minore della risoluzione dello strumento

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Si risolve questo problema realizzando un tubo a “U” con un ramo inclinato (Figura 6-4): in questo
modo z viene proiettata lungo l'ipotenusa. Δz non varia, ma si amplifica la risoluzione ottenendo
una scala graduata con una lettura migliore.

Figura 6-4 Rappresentazione del tubo inclinato per una migliore lettura

6.2 Tubo di Bourdon


Il tubo di Bourdon (Def. 63) è un manometro a molla in cui le molle sono dei tubi metallici che
convertono una variazione di pressione in una rotazione parziale del sistema per misurare il ΔP. La
sezione trasversale del tubo è riconducibile ad un’ellisse ed è sufficientemente piccola da consen-
tire una buona deformazione (Figura 6-5).

Figura 6-5 Rappresentazione del tubo di Bourdon

Questo è fatto con una spirale che potrebbe avere eventualmente anche più giri. Secondo leggi empi-
riche, al crescere della pressione interna questo tubo tende a raddrizzarsi visto che la pressione ester-
na è quella atmosferica. La pressione del fluido di misura agisce sulla molla, producendo un movimen-
to nella sua parte terminale, che è bloccata. Tale movimento corrisponde alla misura della pressione.
Per misurare lo spostamento dell'ago, si può usare una scala lineare, dove ∝ !, oppure una scala
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rotatoria, avente ∝ ", considerando x e β rispettivamente lo spostamento lineare e l'angolo di ro-
tazione. La punta del tubo è collegata ad una levetta che si muove solidalmente ad essa ed è unita ad
una cremagliera (Def. 28) che fa ruotare l’indicatore (Figura 6-6).

Questo strumento può essere a sua volta collegato a un LVDT o a un trasduttore di spostamento resi-
stivo per ottenere una misura elettrica della variazione di pressione.

Figura 6-6 Meccanismo di funzionamento del tubo di Bourdon

Vantaggi:
• È molto resistente: è usato a elevate pressioni, comprese tra 0-10 atm, e temperature.
• La precisione è dovuta al materiale e alla qualità di costruzione dello strumento: la parte
sensibile è in metallo, solitamente in acciaio o alluminio.
• Il gancio è riempito con lo stesso liquido di cui si vuole misurare la pressione e questo ren-
de molto affidabile la misura.
Svantaggi:
• La precisione della misura è scarsa per la portata di misura molto ampia (bassa sensibilità).
• Necessita di un'alta qualità di lavorazione, per cui il costo è estremamente elevato per le
applicazioni in cui è impiegato. Per questo motivo, se è possibile, si preferisce utilizzare
strumenti elettronici più economici.

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6.3 Trasduttore a membrana


Sono una famiglia di manometri di interesse notevole, soprattutto in tempi recenti. Questo stru-
mento è basato sulla deformazione di una membrana, in materiale polimerico o metallico.
La membrana è una superficie capace di deformarsi in funzione della pressione interna del reci-
piente.

Figura 6-7 Contenitore con membrana

Il sistema (Figura 6-7) è costituito da un contenitore avente al suo interno una pressione . Sul
suo perimetro è presente un’apertura chiusa da una membrana vincolata a un supporto. La mem-
brana si deforma in base alle pressioni che risente:
• se # , subisce una deformazione verso l’esterno;
• se , viceversa, subisce una deformazione verso l'interno.
Per misurare queste deformazioni, si posizionano quattro estensimetri sulla membrana: due al
centro di essa e due sulla circonferenza, simmetrici gli uni rispetto agli altri.
Si analizza il caso in cui la pressione interna sia maggiore di quella atmosferica.
Gli estensimetri posti al centro sentiranno una deformazione di natura circonferenziale, quelli sulla
circonferenza invece ne sentiranno una radiale.
Le deformazioni circonferenziali sono sempre positive (nulle ai vincoli della membrana), invece
quelle radiali sono negative vicino ai vincoli per poi diventare positive verso il centro (Figura 6-8).

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Figura 6-8 Rappresentazione delle deformazioni della membrana

Il risultato complessivo è che la deformazione della membrana non è semplice come ci si aspette-
rebbe, ma vicino ai vincoli la membrana si deforma verso il centro del serbatoio per poi deformarsi
verso l’esterno.

Collegando gli estensimetri al ponte di Wheatstone, si riesce a ottenere una misura elettrica della
deformazione.
Per compensare le deformazioni dovute alle eventuali variazioni di temperatura, si posizionano gli
estensimetri radiali su lati opposti del ponte (2 e 4) e lo stesso si fa per quelli circonferenziali (1 e
3) (Figura 6-9).

Figura 6-9 Disposizione estensimetri sulla membrana e sul ponte di Wheatstone

Per ridurre al minimo le deformazioni trasversali si ricorre all’utilizzo di piazzole.

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Infine, il materiale con cui è fatto l’estensimetro è metallico, quindi conduce molto bene il calore.
Questo significa che, anche se all’interno del contenitore c’è fluido, le differenze di temperatura
tra ambiente interno ed esterno sono del tutto trascurabili.
Osservazione: Per aumentare la sensibilità dello strumento, si ricorre a membrane piuttosto sottili
che hanno alte capacità di deformazione.

6.4 Taratura membrana - Calibratore di pressione


Per tarare la membrana si deve imporre una pressione nota. Questo, però, non è così semplice: è
difficile realizzare un’area su cui applicare una forza nota con una precisione molto elevata a costi
accessibili.
Bisogna, quindi, trovare un riferimento di pressione, ossia una grandezza da utilizzare e confronta-
re col trasduttore: si usa la forza di gravità e un peso campione di massa costante e nota.

Figura 6-10 Sistema per avere un campione di pressione

All’inizio della taratura (Figura 6-10) il manometro rileva una misura che non ha grande importan-
za: è la condizione iniziale.

L’esperimento consta dei seguenti passaggi:


• Si apre la valvola per far entrare l’olio che riempie il serbatoio.
• Si prosegue ad immettere olio fino a quando il sistema pistone-massa inizia a sollevarsi:
questo avviene per effetto della forza distribuita impressa dall’olio sulla faccia inferiore del
pistone.
• Si chiude la valvola e si raggiunge una situazione di equilibrio, come quello mostrato in Fi-
gura 6-11.
• Si fa variare progressivamente la pressione dell’olio aprendo la valvola.
• Si riportano i dati rilevati dal manometro e si trova la retta interpolante.
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Per questo motivo, il calibratore di pressione è un sistema di taratura statica.

Figura 6-11 Equilibrio delle pressioni all'interfaccia

Persiste però il problema della realizzazione dell’area, in questo caso l’interfaccia tra il pistone e
l’olio, che non si riesce a realizzare in modo preciso. L’area quindi rappresenta un fattore di incer-
tezza nella taratura.
Osservazioni: Questo sistema ha dei buoni riferimenti di livello e la capacità di mantenere stabile
la pressione durante la misura.
Problemi:
• Attrito nel condotto: potrebbe succedere che la forza della pressione dell’olio sia maggiore
del peso del pistone-massa, ma di avere una situazione di equilibrio. Questo è causato
dell’attrito che frena la forza. Si può risolvere questo problema mettendo il piattello in ro-
tazione, cosicché non ci sia contiguità statica tra pistone e contenitore.
• Si deve avere una tenuta perfetta per non far passare olio, altrimenti non si ha più la giusta
misura di pressione.
• L’interfaccia tra pistone e olio e il manometro devono avere la stessa altezza, perché la
pressione della colonna dell’olio dipende dalla quota, anche se la misura non varierebbe
molto.

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7 Misura delle portate


I fluidi considerati in questa trattazione sono incomprimibili, essendo quelli maggiormente impie-
gati nelle applicazioni ingegneristiche. Questa è un’assunzione: la comprimibilità dei fluidi dipende
dal campo di pressione. Infatti, a pressioni elevatissime i fluidi, anche se poco, si comprimono. I
fluidi incomprimibili sono espressi da una grandezza H, detta trinomio di Bernoulli.

%= + +
& ()
' *+

,= : peso specifico
v: velocità del fluido
Il primo e il terzo termine del trinomio sono di natura potenziale, invece il secondo termine è di
natura cinetica. Si enuncia il teorema di Bernoulli:

% = ' + *+ + = /0123425
& ()
(73)

Questo teorema afferma che la somma delle tre componenti che costituiscono il carico totale della
corrente è costante. Quindi, se si considerano due sezioni diverse di un medesimo condotto, il va-
lore del trinomio H rimane costante. A parità di quota, all'aumentare della velocità del fluido di-
minuisce la pressione. Il teorema di Bernoulli è il principio su cui si fonda il volo degli aerei: l’aria
che entra in contatto con l'ala aumenta la sua velocità e sale verso l’alto. Così, la pressione è dimi-
nuita nella zona sovrastante l’ala, mentre nell'area sottostante non c'è stata nessuna variazione di
velocità e pressione. La differenza delle pressioni permette all'aereo di volare. Questo principio è
importante anche per la portanza (Def. 32) degli aerei.

Un'altra importante relazione per le misure di portata è l'equazione di continuità:


6 = 7 ∙ 8 = /0123425 9: ⁄1< (74)

• Q: portata
• A: sezione trasversale del condotto
L'equazione di continuità vale in condizioni di massa costante. La portata Q (Def. 29) di un tubo è
facilmente equiparabile con la massa del fluido che scorre al suo interno, perché non si ha accu-
mulo di massa, essendo il fluido incomprimibile. Questa semplice equazione implica una verità fisi-
ca non indifferente. Un fluido è comprimibile se è possibile che le sue molecole possano essere

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compattate in un volume più piccolo, con una conseguente variazione di pressione. Ciò non è pos-
sibile per un fluido incomprimibile, pertanto, la portata Q all’interno di un condotto rimane co-
stante per tutta la lunghezza del condotto stesso. La portata d'acqua in uscita è pari a quella in in-
gresso.
Il teorema di Bernoulli e l’equazione di continuità valgono simultaneamente e ci sono delle inte-
ressanti osservazioni dal punto di vista energetico. A parità di quota in un condotto, essendo la
portata costante, la velocità varia in funzione della sezione. Al crescere della sezione, la velocità
diminuisce con rispettivo aumento della pressione. La velocità si può considerare come un termine
energetico che si esaurisce e si accumula in un termine elastico che è la pressione.

7.1 Tubo di Venturi - Venturimetro

Figura 7-1 Rappresentazione del tubo di Venturi

Il tubo di Venturi restringe dolcemente la sua sezione originaria e, al termine di questa diminuzio-
ne, ritorna alla condizione iniziale (Figura 7-1). I fluidi che solitamente scorrono all'interno dei ven-
turimetri sono acqua, olio diatermico e gasolio. Ci sono, quindi, due velocità: una è quella in in-
gresso e l'altra è quella in uscita. Tuttavia, la velocità d'uscita non partecipa alla misura. Questo
concetto è la formulazione idraulica (Def. 31) dell'equazione di continuità: la portata nella
ne 8 è uguale a quella in 8* . La quota all'interno del condotto non varia, quindi = *.

Dall’equazione di continuità e dal teorema di Bernoulli, si ha il seguente sistema:


@ ∙ 8 = @* ∙ 8*
?&A
(75)

+ + = + +
(A ) &) () )
' *+ ' *+ *

da cui si ottiene la relazione

8 *
B = ∙D B 1F ∙ 7 *
*
2 8* * (76)

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Questa equazione evidenzia che la differenza di pressione è uguale ad un valore costante che mol-
tiplica il quadrato della velocità nella sezione 8 . Si stabilisce un legame quadratico tra la differen-
za di pressione e la velocità.

∆ =H∙7 * (77)

k è la sensibilità del venturimetro: è in funzione della densità del fluido e delle sezioni, di cui è ne-
cessaria una misura precisa. Il valore della sensibilità cresce all'aumentare del rapporto tra le aree.
Essendo la dimensione della sezione 8 definita dal sistema, si cerca di avere 8* piccolo, però ciò
causa perdite di carico, cioè perdite di energia. Quindi, la presenza di questo strumento all’interno
del condotto non è completamente trascurabile: questo si definisce effetto di carico, di inserzione
o di discrezione. La densità di un fluido classico è nota essendo ampliamente documentata in let-
teratura. Inoltre, la densità varia in funzione della temperatura, ma tra 0° C e 100° C la variazione è
irrilevante.

Da questa relazione, il problema di misurare la velocità di un fluido si riduce a misurare la differen-


za di pressione tra le due diverse sezioni, non due pressioni da valutare distintamente. Per misu-
rarla si collega un manometro a membrana tra due prese di pressione, in corrispondenza delle se-
zioni di cui si vuole conoscere la differenza di pressione (Figura 7-2 Rappresentazione del ventu-
rimetro col manometro).

Figura 7-2 Rappresentazione del venturimetro col manometro

Si misura una variazione di pressione, che è proporzionale alla variazione di tensione.


I@ = J ∙ I 5 I = H∙7 *

I@ ∝ 7 *
(78)

K∙7
I@ = % *

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Dall’ultima relazione si nota che il limite di questo strumento è che la velocità e la grandezza misu-
rata sono legate da una funzione parabolica, perciò è necessario svolgere qualche calcolo o avere
scale graduate non linearmente per misurare la velocità del fluido.
Se le velocità e le portate da misurare sono piccole, si ha una ΔV letta molto piccola. Disegnando
un grafico avente sulle ascisse 7 e sulle ordinate ΔV, si nota che per un certo campo di tensione ci
sono delle grandi difficoltà nel correlare a ciascuna ΔV la sua 7 . Quindi, questo strumento è utile
per misurare velocità sostenute dei fluidi, quando si ha una corrispondenza biunivoca più netta e
quasi lineare tra le grandezze coinvolte. Si può tarare il venturimetro in funzione della velocità da
misurare. Si tratta di una taratura fluida, che non è analizzata in questo corso.

7.2 Anemometri
Gli anemometri sono misuratori della velocità dei gas.

7.2.1 Tubo di Pitot


I tubi di Pitot (Def. 48) sono usati per misurare la velocità di un fluido, solitamente dell’aria. Il tubo
di Pitot (Figura 7-3) è un condotto piuttosto sottile avente un becco di metallo per raccordare le
superfici e due prese di pressione che si collegano con un manometro a membrana, grazie a due
tubi vuoti. La membrana si deforma a seconda delle pressioni e *. Il tubo di Pitot è immerso
in un flusso d'aria di cui si vuole conoscere la velocità 7 .

Figura 7-3 Rappresentazione del tubo di Pitot

Questo strumento si fonda sul fatto che la pressione all’ingresso del condotto sia uguale alla
pressione esterna * e, perciò, anche 7 è uguale a 7* . Pertanto, la qualità dello strumento è de-
terminata dalla capacità del tubo di non perturbare il moto del flusso affinché non determini pro-

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blemi di rilevazione della pressione e si possa misurare la velocità 7* . All'ingresso del condotto, l'a-
ria ha una certa velocità 7* , percorre il tubo e si ferma al termine del tubo stesso, che è un punto
di ristagno (Def. 33). Quando l’aria arriva in questo punto, urta contro l’aria già presente e pressu-
rizzata all'interno del condotto, perciò si ferma: 7 = 0. Essendo costanti per il teorema di Ber-
noulli H e la variazione di quota z, tutta la velocità iniziale 7 si traduce in una sola pressione .
Quest'unica pressione si dice pressione dinamica, poiché la seconda presa d'aria, detta presa stati-
ca, risente solo di questo carico dinamico. Quindi, è come se la membrana si sostituisse alla pare-
te.

%= + +
&) () )
' *+
all'ingresso e all'esterno del tubo

%= + + = +
&A (A ) &A
' *+ '
alla fine del tubo

B = * 7* *
M
*

I = H ∙ 7* *
Analogamente la neve, portata dal vento contro il tronco di un albero, si accumula alla base di es-
so. Questo è un punto di ristagno e, quindi, il moto relativo della neve è nullo.
Il manometro a membrana misura una variazione di pressione (Figura 7-4), a prescindere dai valori
di e *, e questo è un vantaggio.

Il tubo di Pitot è molto piccolo, quindi non ha l'effetto d'ala e perturba molto poco il flusso.
Per questo motivo, è trascurabile la perdita di accuratezza che si avrebbe posizionando la seconda
presa d'aria il più lontano possibile dal becco di raccordo per avere meno turbolenza (Def. 34) pos-
sibile. Se il becco fosse mal costruito e la seconda presa d’aria posizionata scorrettamente, l’aria
comporterebbe un carico dinamico dato da 7 *
, oltre alla pressione *. Invece, nel punto in cui è
giustamente collocata la presa statica l’aria fluisce e, pertanto, si annovera solo la pressione *.

Il tubo di Pitot è uno strumento molto affidabile, anche quando il becco è costruito con il massimo
grado di inclinazione, pari a 10°, e si commettono errori molto piccoli. Spesso per una misurazione
più precisa non si ha una sola presa d’aria per * , bensì più prese d’aria che confluiscono nello
stesso tubo che le collega alla camera della membrana. Si compie una misura puntuale, quindi, per
poter utilizzare questo strumento, bisogna aver ragione di credere che la misura sia ben rappre-
sentativa del fenomeno.
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Figura 7-4 Manometro a membrana che misura la variazione di pressione

Figura 7-5 Applicazione di un tubo di Pitot per misurare la velocità delle monoposto di F1

Il tubo di Pitot ha numerose applicazioni: è impiegato sul naso degli aerei per conoscerne la veloci-
tà; è inserito negli impianti di condizionamento; è efficace per misurare la velocità di un’auto
(Figura 7-5), se in una posizione significativa.

È poco sensato misurare la velocità delle auto con un tubo di Pitot: sarebbe molto più semplice
utilizzare la velocità di rotazione delle ruote, ma così non ci sarebbero necessariamente le condi-
zioni atte alla corretta misurazione. In condizioni di quotidianità, l’aderenza è quasi sempre garan-
tita: se l’auto si trovasse sulla neve e le ruote girassero a vuoto, oltre al contagiri aumenterebbe
anche la lettura sul tachimetro. La lettura sarebbe scorretta, ma con logica si può sopperire al pro-
blema. Nel caso di auto da corsa, l’aderenza non è garantita e le ruote ruotano diversamente, per-
tanto si usa un tubo di Pitot per misurare la velocità d'impatto dell'aria sul veicolo, misura che

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consente di conoscerne la velocità. Il tubo di Pitot si posiziona in un punto in cui si distaccano le
grandi turbolenze e in cui il flusso dell’aria è laminare.

Criticità:
• Si deve verificare che il tubo di Pitot sia perfettamente allineato con il flusso del fluido, ma
ciò è possibile solo per i gas.
• Con un moto turbolento si ottiene una misura eccessivamente puntuale e non ben rappre-
sentativa del fenomeno.

7.2.2 Anemometro a ventolino


L’anemometro a ventolino (Def. 41) è una turbina idraulica che ha una velocità angolare propor-
zionale alla portata d'aria che la investe ed è costituito da una ventola con delle pale.
Questo strumento misura la velocità dell’aria che è una media su tutta la superficie, al contrario
del tubo di Pitot. Si costruiscono le pale, tralasciando di studiarne la forma, affinché la velocità an-
golare sia definita con una legge nota in funzione della velocità del flusso. Si misura la velocità del
flusso misurando la velocità angolare.

N ∝ 7OPQ RS

Si considera un ventolino costituito da una sola pala metallica, per semplicità, e si definisce un suo
verso di rotazione. Per avere un sistema di misura, all'anemometro si collega un trasduttore a cor-
renti parassite oppure, a volte, un trasduttore ottico, che rileva una tensione che varia nel tempo.
Le onde quadre non nulle indicano il passaggio della paletta in corrispondenza del trasduttore.
Pertanto, si può misurare la velocità angolare ω proporzionale al flusso d’aria incidente sulle palet-
te di una ventola utilizzando un proximitor (Figura 7-6). Si stabilisce che, ogni volta che la tensione
supera una determinata soglia, si ha un giro della paletta. Calcolando il tempo trascorso tra due
passaggi della paletta, si ottiene un tempo τ per ciascuno dei quali corrisponde un giro della palet-
ta. Si tara poi il sistema in maniera tale da sapere quale sia la velocità angolare corrispondente ad
ogni giro della paletta. Perciò, è sufficiente contare il numero di giri delle palette per conoscere la
velocità del flusso d'aria.

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Figura 7-6 Combinazione di ventolino e proximitor per misurare la portata

7.2.2.1 Esempio applicativo e problematiche della misurazione


Pur essendo uno strumento che misura la velocità di un fluido, l'anemometro a ventolino è mag-
giormente utilizzato come misuratore di portata. Questo strumento è ampiamente impiegato negli
impianti di condizionamento. Si vuole misurare la portata d’aria uscente da una generica griglia di
condizionamento, con l'alettatura che diminuisce la sezione effettiva di fuoriuscita dell’aria. Aven-
do note le richieste progettuali, quali il numero di ricambi orari ed il volume della stanza, si può ot-
tenere la portata oraria desiderata.
Il fluido è convogliato nell'ambiente esterno grazie ad un sistema di tubature che termina in un
plenum (Def. 35), un raccordo metallico, come mostrato in Figura 7-7.

Figura 7-7 Struttura della porzione terminale di un impianto di condizionamento

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La quantità di energia immessa nell’ambiente per riscaldarlo o raffreddarlo è direttamente pro-
porzionale alla differenza tra la temperatura dell’aria e quella dell’ambiente. Si assume implicita-
mente che l’impianto di condizionamento sia a regime, cioè che la velocità dell'aria sia costante, a
meno di turbolenze locali. Si suppone che il ventolino sia di dimensioni tali da coprire una discreta
percentuale di superficie della griglia, circa due o tre alette.
La misurazione di portata di un tale impianto non può essere effettuata con un tubo di Pitot, poi-
ché si tratta di una misura puntuale e, quindi, non potrebbe essere rappresentativa del fenomeno.
Con un tubo di Pitot si potrebbe misurare la portata di ogni aletta, ma ciò sarebbe molto complica-
to nella realtà perché l’aria esce disordinatamente dalle bocchette e, perciò, bisognerebbe posi-
zionare il tubo in vari punti e orientarlo secondo le singole direzioni. Inoltre, è troppo bassa la ve-
locità dell’aria per poter utilizzare questo strumento, infatti solitamente l’aria che fuoriesce da un
impianto di condizionamento d’ufficio è tra 1 e 2 :/1. Questa velocità è sufficientemente bassa
da poter considerare l'aria incomprimibile. La sensibilità di uno strumento del genere non è eleva-
tissima, sicuramente inferiore di quella di un tubo di Pitot.

Si posiziona il ventolino di fronte all'alettatura e lo si sposta progressivamente a velocità costante.


Il risultato di queste misurazioni sono tante velocità di cui si fa una media e la si moltiplica per l'a-
rea totale, non l'area della singola misurazione. Il ventolino, infatti, effettua una misurazione me-
dia dell’aria. Facendo una media a velocità costante oppure fatta per punti avendo cura che i punti
siano tra loro equidistanti, ambedue facilmente eseguibili, si ha una velocità media che si associa
alle piccole singole aree e una misura della portata.

7̅ =
(A U() U⋯U(W
(79)

Per l’equazione di continuità,

6 = 7̅ ∙ 8 XYX (80)

8 XYX è la superficie totale della griglia da esce il fluido, a cui non sono sottratte le aree occupate
dalle alette. La griglia presenta delle alette che diminuiscono la sezione utile netta, ma il ventolino
non è un misuratore puro di velocità, ma un misuratore di velocità in cui il fenomeno da studiare
dipende dall’energia cinetica che fa girare l’elica. Quando si misura con il ventolino, l’energia che
movimenta le palette è proporzionale a tutta l’aria che le mette in movimento e permette all’elica
di ruotare. A parità di velocità, se il passaggio tra le alette è grande, maggiori sono la portata d’aria

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e l’energia cinetica, perché la massa d'aria spostata è maggiore e, quindi, la velocità di rotazione
dell'elica aumenta. Si considerano già gli effetti derivanti dalla presenza delle alette, infatti Pertan-
to, si misura la portata grazie alla misura della velocità di rotazione dell'elica, che dipende dall'e-
nergia dell’aria, data dalle molecole di fluido che urtano le palette e che è in funzione della forza F
esercitata dall’aria.

[= ∙6∙7 = ∙ 8 ∙ 7* (81)

La forza esercitata dall'aria è una sorta di energia cinetica, che è una grandezza estensiva (Def. 36):
la massa è moltiplicata per il quadrato di una velocità.
L’anemometro non ha difetti di per sé legati alla temperatura, ma in relazione a ciò che viene mi-
surato. Quindi, non è un problema intrinseco allo strumento.
L’anemometro misura solo l’aria che giunge sulla sua linea d’asse. Pertanto, è un dovere di chi
compie la misura conoscere lo strumento ed essere in grado di ottenere la misura corretta, even-
tualmente raddrizzando l’asse del ventolino rispetto alla direzione dell’aria.
Un'altra soluzione potrebbe essere di aumentare le dimensioni dell’anemometro, in modo da far
confluire un flusso d’aria maggiore. Tuttavia, è necessario che il ventolino non sia più grande di
tutta la griglia in quanto si genererebbero delle aree morte, su cui influirebbe non solo il fenome-
no ma anche l’ambiente esterno, compromettendo così la correttezza della misura. Al contrario,
se il ventolino fosse delle dimensioni di una bocchetta, si avrebbero gli stessi problemi del tubo di
Pitot. Infatti, in questo caso, il problema non è legato al suo principio di misura, ma alle sue piccole
dimensioni.
Inoltre, quando si avvicina il ventolino alla griglia, si genera un effetto di carico poiché il ventolino
stesso perturba il flusso dell’aria che esce dal bocchettone. Risulta di nuovo fondamentale la scelta
di come effettuare la misurazione da parte del progettista per ridurre al minimo questo problema.
Risulta molto ingegnoso muovere il ventolino, a velocità costante e a serpentina lungo la griglia in
modo da coprire tutta la superficie della griglia e poter studiare il flusso nella sua totalità come
mostrato in Figura 7-8.

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Figura 7-8 Andamento dell’anemometro per coprire tutta la superficie utile

7.2.3 Anemometro a filo caldo

La temperatura è una grandezza utile per ottenere una misura di portata tramite il fenomeno dello
scambio di calore e quindi di interazione tra resistenza e temperatura stessa.

L’anemometro a filo caldo è uno strumento di misura costituito da una struttura di supporto (
Figura 7-9) sulle cui punte è posto un filo di traverso con una resistenza che viene scaldato. Il ma-
teriale con cui è generalmente prodotto il filo è il tungsteno, detto anche wolframio, generalmen-
te utilizzato anche per il filo ad incandescenza delle comuni lampadine. La resistenza è investita da
un flusso d’aria che è in grado di asportare calore dal filo, se questo si trova ad una temperatura
sufficientemente inferiore. È possibile legare l’asportazione di calore, proporzionale alla tempera-
tura8 del fluido, alla velocità del flusso grazie alla legge di King9 (82).

\ ∝J ∙7 (82)

K e n sono delle costanti che dipendono dal fluido e dalla resistenza. K assume valori intorno a 100
e n varia tra 0,7 e 0,9. L’anemometro a filo caldo è molto piccolo (3-4 mm) per diminuire l’effetto
di carico, ma questo lo rende uno strumento estremamente fragile (Sezione del filo 2-3 µm, bas-
sissima invasività) e che può essere usato in aria, ma non in acqua. Per compensare questa fragilità

8
Se la temperatura del fluido è costante, dipende poco linearmente dalla velocità del fluido.
9
La legge di King non viene approfondita, ma solo utilizzata per mostrare che il legame non è lineare.

99
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esistono delle griglie di protezione che purtroppo però interagiscono col flusso del fluido alteran-
dolo.

Figura 7-9 Struttura anemometro a filo caldo e legge di King

Il principio di funzionamento di questo strumento si basa dunque sul fatto che al crescere della ve-
locità del fluido decresce la temperatura del filo a causa del forte scambio termico che si genera.
\∝ ∝] (83)

Si è così determinato il legame tra velocità e resistenza.


Dal punto di vista progettuale risulta comodo alzare il più possibile la temperatura del filo per ge-
nerare una maggior asportazione di calore; inoltre viene ridotta al minimo l’incertezza relativa alle
variazioni di temperatura del filo: aumentare la temperatura implica aumentare la sensibilità. Au-
mentare la temperatura migliora lo strumento, ma lo rende anche più fragile.

∆\ \O B \_
∆\% = =
(84)
\_ \_

Non si può misurare la variazione di temperatura con l’utilizzo di termometri perché si introdur-
rebbe una seconda misurazione. Si dovrebbe, inoltre, valutare quanto lo strumento di misura in-
fluenzerebbe sul flusso e quindi quanto effetto di carico si genererebbe sul sistema. Il filo si com-
porta come un termometro indiretto che, una volta inserito su un lato del ponte di Wheatstone,
costituisce la resistenza. Ci sono due modalità per trovare il legame tra la temperatura e la resisti-
vità.

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7.2.3.1 Anemometro a filo caldo a temperatura costante
Il primo metodo consiste nell’effettuare una misura per azzeramento, ossia valutare quanto sforzo
sia necessario erogare per mantenere la resistenza/temperatura costante sfruttando una resisten-
za variabile di compensazione inserita sul lato adiacente del ponte (Figura 7-10).

Figura 7-10 Disposizione su ponte di Wheatstone di filo caldo e resistenza

Il resistore di compensazione non è altro che un reostato (non sarebbe corretto definirlo un po-
tenziometro) la cui variazione è associata allo sforzo applicato per far tornare il sistema alle condi-
zioni iniziali.
La misurazione avviene secondo i seguenti passaggi:
• Si bilancia il ponte a temperatura ambiente.
• Si fa circolare una tensione `_ fino a quando il ponte si sbilancia fino a raggiungere una
temperatura T di esercizio, che è la temperatura che si vuole tenere costante per tutta la
misurazione.
• Si accende il flusso a temperatura costante e si lavora con la resistenza per mantenere co-
stante la tensione letta sul voltmetro.
Tale sforzo è proporzionale alla temperatura, che a sua volta è proporzionale alla velocità.
7.2.3.2 Anemometro a filo caldo a corrente costante
In questo secondo caso si effettua una misura per deflessione: gli anemometri a filo caldo sono
alimentati a corrente costante. È così possibile legare direttamente, tramite la prima legge di Ohm,

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la variazione di resistenza, cioè di quanto si è dovuto spostare il reostato ∆R sul ponte di
Wheatstone con il ∆V generato sulla diagonale di quest’ultimo.
Uno dei maggiori vantaggi riguardanti questo strumento risulta nel fatto che non abbiamo definito
nessuna condizione, se non quella che il fluido sia aria, e non deve preoccupare la comprimibilità
del fluido e nemmeno la direzione con la quale arriva il filetto d’aria: l’unico elemento che deve
essere guardato è solo come si raffredda il filo. Lo strumento non è quindi in grado di distinguere
da che direzione proviene il flusso e di questa risulta importante solo la proiezione che influisce
notevolmente sull’effetto di raffreddamento. Inoltre, tale limitazione potrebbe risultare un pro-
blema se il flusso d’aria si fermasse poiché la corrente, essendo costante, andrebbe a riscaldare il
filo fino a farlo bruciare a causa delle alte temperature.
Una volta caratterizzato lo strumento, in entrambi i metodi, si può tarare in modo da avere una
tabella che mostri il legame che non è lineare, ma è molto simile ad un andamento esponenziale.
Questo strumento viene generalmente utilizzato per flussi d’aria, ma soprattutto è da evitare con
gas infiammabili ed esplosivi come metano in quanto genera spesso delle scintille.
Vantaggi: Si effettuano misure puntuali e precise anche a velocità basse.
Svantaggi: Lo strumento è fragile e delicato. Il suo costo è superiore rispetto a quello degli altri mi-
suratori di portata.

7.3 Trasduttore di portata elettromagnetico


In questi tipi di trasduttori si sfrutta il fatto che l’intensità elettrica è direttamente proporzionale al
campo magnetico, come si evince dalla seguente equazione (85):
` =a∙b∙7 (85)

• 7: velocità
• a: campo magnetico
• b: dimensione caratteristica
• `: variazione di tensione
Si suppone di avere un tubo a sezione circolare alle cui estremità si avvolge una calamita (Figura
7-11). Il tubo viene investito da un flusso di acqua a velocità v costante: si genera quindi un campo
magnetico che produce a sua volta la variazione di tensione E rilevata dal trasduttore. Questa è di-
rettamente proporzionale al diametro interno del tubo, l.

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Figura 7-11 Struttura di un misuratore di portata elettromagnetico

Si è così trovato immediatamente il legame lineare che permette di trasdurre un fenomeno mec-
canico in uno elettrico, così che è sufficiente l’utilizzo di un voltmetro per poter misurare la ∆V,
ovvero l’indicazione (la corrente può essere sia in continua che in alternata).
Definita la configurazione rimane solo da tarare lo strumento in modo da legare la velocità alla ∆V.

Limiti
• Questo strumento necessita di un fluido conduttivo come l’acqua. L’olio non può essere
utilizzato.
• Il tubo deve necessariamente essere isolante: se il tubo non isola i due elettrodi, che devo-
no essere in contatto con l’acqua, generano un cortocircuito tra i due in quanto è come se
fossero in contatto elettrico. Conviene quindi fabbricare direttamente un tubo in materiale
isolante sullo strumento stesso (insieme alle bobine, gli elettrodi ed il display) con due
flange che possono essere usate per collegarlo direttamente con il resto del sistema.
• Non è possibile usarlo con i gas poiché non conducono.
• Non si devono avere magneti vicino all’induttore magnetico perché potrebbero disturbare
la misurazione.

Note
• Non avendo né effetti di carico né resistenze, non si hanno perturbazioni del flusso.
• All'aumentare della dimensione caratteristica cresce anche la tensione E.

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7.4 Trasduttore di portata ad ultrasuoni


Gli strumenti di misura di questo tipo si dividono in due classi:
• Trasduttori ultrasonici a tempo di volo: viene introdotto all’interno del tubo un altoparlan-
te che emette ultrasuoni, inudibili all’orecchio umano, e si posiziona ad una distanza nota
un ricevitore come un microfono (Figura 7-12). Da questa configurazione si misura il tempo
necessario per far sì che gli ultrasuoni passino dall’emettitore al ricevitore (campo di misu-
re dell’ordine di 2-3 m). Come riferimento si utilizza una misura da fermo, ovvero con il li-
quido in condizione statica, dalla quale si ricava la velocità degli ultrasuoni nel fluido utiliz-
zato (cambia da fluido a fluido). Nota la velocità con cui si muovono gli ultrasuoni nel flui-
do, si valuta la differenza di tempo di arrivo nella prova dinamica con quella statica: il fluido
muovendosi aiuta le onde ultrasonore o scorrere che quindi raggiungono prima il ricevito-
re. Si è così ottenuto il legame di linearità e proporzionalità tra velocità del fluido ed il ∆t.
• Trasduttori ultrasonici a effetto doppler (Def. 44) (Figura 7-13): qualsiasi onda genera
l’effetto doppler. Questo consiste nel cambiamento apparente rispetto al valore originario
della frequenza percepita da un osservatore raggiunto da un’onda emessa da una sorgente
in movimento rispetto all’osservatore stesso. Come per lo strumento precedente si ha un
emettitore (a frequenza fissa ad almeno 300-400 Hz) ed un ricevitore. La variazione di fre-
quenza che si genera è proporzionale alla velocità (85) e dunque se il fluido si trova in con-
dizioni statiche la frequenza raggiunge il ricevitore inalterata. Questo strumento, grazie alle
caratteristiche intrinseche degli ultrasuoni, funziona anche se si applicano l’emettitore ed il
ricevitore esternamente alla superficie del tubo. Gli ultrasuoni presentano infatti un’onda
molto corta che rimane intrappolata nel tubo propagandosi all’interno di questo effettuan-
do un percorso molto particolare (si propaga anche a monte della corrente). Questo tipo di
sistema minimizza l’invasività e permette innanzitutto di eliminare l’effetto di carico (mi-
nimo) e di poterlo applicare ad un circuito esistente senza doverlo modificare o aprire.
Questo tipo di sistemi risulta poco preciso nel caso in cui il fluido sia pieno di bolle, ma di-
pende comunque principalmente dalla densità del fluido e dalla sua temperatura.

∆e~
*(
P
(86)

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Figura 7-12 Sistema emettitore ricevitore

Figura 7-13 Trasduttore ad ultrasuoni con effetto doppler

7.5 Misuratori di portata Vortex


Questi strumenti, mostrati in Figura 7-14, si avvalgono delle leggi del moto dei fluidi, secondo le
quali se un sistema meccanico viene investito da una vena fluida si hanno distacchi di vortici, detti
vortici di Von Karman (Def. 45), che si creano a causa di mancanza di pressione. La frequenza alla
quale si distaccano questi fluidi è ricavabile facilmente dal numero di Strouhal (Def. 46) (87) che è
generalmente 0.25 per un cilindro immerso in aria. La frequenza di distacco è costante in quanto
tutti i termini all’interno dell’equazione sono costanti, ma nel momento in cui la velocità varia an-
che la frequenza cambia ed è possibile sentire dei “fischi”.

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Figura 7-14 Strumento di portata Vortex

g2 =
O∙h
(
(87)

e = 1/\: frequenza della forza


È importante notare che misurata la frequenza f il numero St dipende dalla forma dell’ostacolo ed
è costante.

[ =J∙7
(88)

Per ottenere la situazione appena descritta è sufficiente inserire nel tubo un cilindretto che inizia a
flettersi vibrando in seguito alla generazione di vortici. Si misura la vibrazione (con un proximitor
mostrato in Figura 7-15) e quindi la frequenza dalla quale si ottiene la velocità mediante una rela-
zione lineare e stabile. Si osservano le onde ottenute: se la curva è nel quadrante positivo, allora
sul grafico dell'onda quadra si ha un segnale pari a 1; se invece sono in quello negativo, allora il se-
gnale è nullo. Tale segnale in uscita si definisce trigger, generato da un determinato evento (Def.
47) (Figura 7-16). Ora si misura il tempo t che intercorre fra due curve entrambe positive o negati-
ve, riuscendo così a ricavare i periodi e le frequenze.

Figura 7-15 Inserimento proximitor sul sistema di misura e Output in frequenza

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La forma dell’ostacolo è progettata in modo da amplificare le vibrazioni rendendole più robuste.

Figura 7-16 Segnale in uscita dopo un evento trigger

Vantaggi: Sono estremamente robusti, poco costosi e fanno delle misurazioni indirette. Inoltre,
non si è a contatto con l’acqua e sono facilmente gestibili.
Svantaggi: Si possono avere turbolenze che influiscano sul cilindretto inserito nel tubo che posso-
no causare una misurazione poco accurata e delle perdite di carico.

7.6 Conclusioni
Il tubo di Pitot ed il venturimetro (Def. 49) sono correlati ai trasduttori di pressione in quanto que-
sti ultimi vengono sfruttati all’interno dei primi per effettuare una misurazione di portata. La scelta
dello strumento è fondamentale e dipende dal tipo di fluido interessato oltre che dall’effetto di ca-
rico che si vuole generare: in questi trasduttori, a differenza di altri come gli estensimetri sui di-
namometri che alteravano in maniera quasi impercettibile la massa del sistema, l’effetto di carico
è notevole ed estremamente rilevante sulla misura: per studiare il flusso bisogna entrarci dentro.
Uno strumento come il venturimetro può sembrare privo di effetto di carico, ma in realtà, obbli-
gando il fluido ad attraversare un restringimento, ostacola il flusso stesso.
Il trasduttore ad ultrasuoni è sicuramente uno dei migliori ma anche uno dei più costosi: essendo
applicato all’esterno del tubo, genera un effetto di carico limitato all’effetto degli ultrasuoni che è
pressoché irrilevante. Anche il trasduttore elettromagnetico di portata è uno strumento molto
buono, anche se presenta delle problematiche di installazione in quanto deve essere legato al si-
stema stesso.
Un altro punto a favore di questi strumenti è che l’unica ipotesi imposta è quella legata al fatto
che il regime del moto deve essere completamente sviluppato: se si misura vicino ad una curva

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l’indicazione può risultare ricca di segnali non dando una valutazione rappresentativa del fenome-
no. Questo capita perché si genera un accumulo di velocità a livello della curva generato dal fatto
che una molecola di fluido possiede intrinsecamente una certa inerzia che non le permette di
cambiare direzione istantaneamente. In conclusione, si generano delle variazioni di pressione lun-
go la sezione che può portare a generare dei ricircoli del fluido, le perdite di carico (Def. 50).
Il campo di misura è quindi spesso limitato a dei domini, definiti all’interno delle tubazioni che
vengono generalmente indicati come multipli della grandezza rappresentativa del sistema (diame-
tro per un tubo), entro il quale il flusso si è stabilizzato.

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8 Convertitore Analogico Digitale


8.1 Acquisizione del segnale
Campioni significativi: campioni estratti da una popolazione di dati che rappresentano la popola-
zione media.
In questa dispenda sono stati introdotti solo trasduttori che trasducono un fenomeno meccanico
in un fenomeno elettrico. Sarà ora necessario acquisire e immagazzinare queste informazioni elet-
triche in formato leggibile e analizzabile.

Si dovranno avere abbastanza cifre da rappresentare correttamente il fenomeno ma non troppe


per non appesantire eccessivamente la misura. Da un fenomeno continuo nel tempo si effettuerà
quindi un troncamento per avere un valore finito e quindi rappresentabile. Qualunque sia il nume-
ro di decimali scelto, si avrà sempre in un problema di risoluzione che è intrinsecamente insupera-
bile.

8.2 Convertitore analogico-digitale (ADC)


8.2.1 Principio di funzionamento e costruzione
Il funzionamento dell’ADC si basa su uno strumento elettronico chiamato comparatore. Il compa-
ratore è dotato di due morsetti (in realtà sono 4 poiché ogni morsetto ha due poli) e restituisce un
segnale che potrà essere 1 o 0.

Figura 8-1 Rappresentazione base ADC

Il comparatore confronta 2 tensioni in ingresso: V, rappresenta la tensione in uscita dallo strumen-


to di misura, mentre E0 è imposto da un generatore di tensione che dovrà essere molto preciso per

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non effettuare una comparazione errata. Tipicamente fornirà valori di tensione compresi tra -10 V
e +10 V.
Per ogni confronto il dato di misura avrà un bit in più.
Il comparatore restituisce:
• 1 se V>E0
• 0 se V<E0

8.2.1.1 Esempio funzionamento

V input=6.5 V
Numero bit=4
Valore E0 5 5+2.5 5+1.25 5+0.625
Risultato confronto 1 0 0 1
Valore assegnato 5 7.5 6.25 5.625
Tabella 7 Esempio di come funziona il comparatore

Il risultato del confronto andrà poi a rappresentare il dato in output.

In questo caso il risultato della conversione sarà 1001. Che fornirà un valore di
5 ∗ 1 + 7.5 ∗ 0 + 1.25 ∗ 0 + 0.625 ∗ 1 = 5.625

8.2.2 Risoluzione

Se sono disponibili n bit, la conversione potrà fornire come risultato una combinazione i 4 “casel-
le” con due possibilità per ogni casella.

n: numero di bit a disposizione del comparatore


Numero di livelli (risoluzione di campo): indica quanti livelli sono disponibili
2 (89)

I livelli sono i possibili intervalli dentro coi può ricadere il risultato a seguito di un confronto

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Figura 8-2 Esempi livelli possibili

Range: max (E0) – min(E0)


La risoluzione in tensione si definisce invece come
Range
RIS =
2v
(90)

La risoluzione in tensione è detta anche LSB (Def. 91), ovvero ultimo bit significativo.
RIS: indica quanto sono ampi i livelli disponibili.

Nota
Esistono ADC che ricevono in input una corrente, ma queste viene convertita in tensione attraver-
so una resistenza nota e poi viene convertita in formato digitale.

8.2.3 Problematica della velocità di acquisizione del segnale

Per evitare che durante la misurazione il valore misurato cambi e per massimizzare l’accuratezza
della misura, si mantiene la tensione costante aggiungendo un condensatore (strumento che con-
serva la tensione).

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Figura 8-3 Rappresentazione del circuito con inserimento di interruttore e condensatore

Il sistema funziona nel seguente modo: quando bisogna fare il campionamento (Def. 57), si chiude
l’interruttore. A questo punto il condensatore si carica. Infine, si riapre l’interruttore e si utilizza
immagazzinata dal condensatore.
Il condensatore riceve la tensione ai suoi capi, questa però non rimane esattamente costante dal
momento che l’interruttore si riapre, ma col tempo si scarica (solo in un condensatore ideale la
tensione rimane perfettamente costante).

Figura 8-4 Carica e scarica del condensatore nel tempo

Si deve quindi scegliere un condensatore che abbia una capacità tale per cui, nel tempo di conver-
sione (Def. 53) del segnale, si scarichi di un valore minore della risoluzione dello strumento (in
questo modo l’influenza della dispersione di tensione sulla misura è nulla).
Svantaggi:
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• Tempo di carica: per evitare un tempo di carica molto lungo, sono stati introdotti degli ac-
corgimenti elettronici che permettono di avere un tempo di carica breve e uno di scarica
molto lungo
• Tempo di scarica: fatta la conversione, teoricamente, bisognerebbe aspettare che il con-
densatore si scarichi totalmente prima di realizzare una seconda conversione. Questo ri-
chiederebbe un’attesa eccessiva, motivo per il quale si introduce un altro sistema con in-
terruttore collegato a terra (Def. 55): quando la conversione è terminata, l’interruttore del
collegamento a terra si chiude, il condensatore viene portato a potenziale zero e quindi si
scarica totalmente. A questo punto si può ripartire con altre conversioni.

Figura 8-5 Messa a terra per scaricare velocemente il condensatore

La componente più importante del convertitore è il generatore di tensione E0.


Infatti, se si volesse erogare una tensione di 10V, ma il generatore ne emettesse 10,5/11V, i calcoli
eseguiti su quella misura risulterebbero falsati.
Le caratteristiche più importanti del generatore devono essere le due seguenti:
• Accuratezza assoluta: deve essere preciso secondo il ragionamento sopra citato;
• Sufficientemente veloce: la tensione non si genera istantaneamente, c’è un tempo di asse-
stamento che deve essere il più piccolo possibile per non perdere tempo durante la fase di
conversione.

Supponendo invece di dover effettuare una misurazione che ha una variazione di misura inferiore
alla risoluzione del convertitore che si sta usando, non si deve cambiare lo strumento, ma ci si può

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dotare di un amplificatore (Def. 56). Questa componente permette di amplificare il segnare (signi-
ficherebbe migliorare la risoluzione dello strumento, sacrificando però il fondoscala (Def. 86)).

Per lo stesso motivo del generatore di tensione, anche l’amplificatore deve eseguire una moltipli-
cazione sufficientemente accurata da non falsificare i calcoli. Generatore e amplificatore devono
essere quindi molto accurati.
Facendo un esempio con un amplificatore che decuplica il segnale, immaginando un’entrata di
0,565V e un fondoscala di 10V, i passaggi da effettuare sono i seguenti:
0,565V => x 10 (amplificatore) => 5,65V => 5,625V (convertitore) => :10 (avvenuta la conversione,
bisogna dividere per il valore dell’amplificatore) => 0,5625V
Supponendo invece di avere un’entrata di 1,1V :
1,1 => x10 => 11,00 => conv => 10,00 (fondoscala superato) => :10 => 1
Come si nota dai passaggi, il segnale è arrivato a saturazione, quindi la misura letta risulta errata.

V Temperatura reale

Temperatura letta

t
Figura 8-6 Saturazione del segnare (tratto orizzontale)

8.3 Aliasing e risoluzione temporale


Per effettuare una misurazione che rappresenti correttamente il fenomeno, occorre utilizzare una
frequenza di campionamento corretta (Def. 58).
La frequenza di campionamento da utilizzare varia in base alla misura da effettuare.

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Secondo il teorema di Shannon, la frequenza di campionamento (di sampling), deve essere almeno
il doppio della frequenza del segnale:
[w x 2[w + (91)

Qualora non si rispettasse questo vincolo si potrebbero ottenere misurazioni errate o non rappre-
sentative del fenomeno analizzato.

Figura 8-7 Esempio di misurazione con frequenza di campionamento inferiore a 2Fsig

Dato che la frequenza del segnale non è nota, si potrebbe pensare di aumentare la frequenza di
misura, fino a quando non si stabilizza. Questa soluzione però risulta inefficace nel momento in qui
il fenomeno varia: non si raggiungerebbe mai una stabilizzazione della frequenza.

Definiamo:
yz{|
*
Frequenza di Nyquist:

Per ovviare a questo problema e ottenere una misurazione corretta, si ricorre all’utilizzo del filtro
passa basso (o filtro anti-aliasing). Grazie a questo strumento, si possono eliminare le frequenze
troppo alte. L’effetto del filtro è quello di attenuare l’ampiezza del segnale, la cui frequenza è
maggiore di quella di taglio (ossia quella impostata sul filtro). Più la frequenza in entrata è alta, più
l’uscita si annulla.
Aliasing: creazione di frequenze diverse da quelle reali a seguito di un campionamento.

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Il filtro ha una sua curva di risposta in frequenza che è la seguente:

Figura 8-8 Curva di risposta in frequenza del FPB

Quando il segnale ha una frequenza bassa (nell’ordine di poche decine di Hz), la sua ampiezza non
viene influenzata dal filtro perchè è troppo bassa. In questo caso output e input coincidono:
}
=1
~
(92)

Figura 8-9 Mancata reiezione completa del segnale da parte del FPB

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Figura 8-10 All’aumentare della frequenza oltre ft l’abbattimento diventa quasi totale

Questa operazione serve per applicare il teorema di Shannon: tagliando a una certa frequenza, si
sa che si può campionare da quella frequenza in su senza errore.
Quindi dopo il filtro si manda il segnale nel convertitore ottenendo così una misura corretta.
C’è un solo rischio riguardo all’impiego del filtro passa basso: usando una frequenza di taglio (Def.
60) inappropriata, si potrebbero eliminare delle frequenze importanti. Questo però non succede in
quanto prima di eseguire una misurazione si ha già un’idea dell’ordine della frequenza di taglio.
Convenzionalmente si prende come frequenza di taglio del filtro la frequenza per la quale si ha cir-
ca il 70% del segnale (Figura 8-8 Curva di risposta in frequenza del FPB):

Per il filtro Butterworth:


} √2
=
(93)
~ 2

Per sicurezza, si deve moltiplicare la frequenza di taglio per 2,56 (più conservativo di Shannon):
[w = 2,56[w + (94)

Nota:
La tensione persa dal condensatore nel tempo di conversione deve essere inferiore alla risoluzione
della conversione.

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8.3.1 Utilizzo amplificatore

Per sfruttare tutto il range, e quindi tutta la risoluzione disponibile si può ricorrere a un amplifica-
tore nello stadio di ingresso. Questo deve essere molto preciso per non alterare il dato.

Figura 8-11 Circuito completo con amplificatore

Se l’amplificatore fornisce un segnale 10 volte maggiore, la risoluzione sarà 10 volte minore.


Nota
È opportuno verificare che il segnale amplificato non superi il fondo scala per non incorrere in sa-
turazione.

Segnale in ingresso
V
FS

V t
Segnale in uscita
FS

Figura 8-12 Segnale in caso di saturazione


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