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IL RACCONTO
COME TEOLOGIA
STUDIO NARRATIVO
DEL TERZO VANGELO
E DEL LIBRO
DEGLI ATTI DEGLI APOSTOLI
ISBN 978-88-10-22138-9
1 Tra i numerosi studi sulla parabola, ben pochi sono specificamente narrativi; si
vedano tuttavia due articoli che non se ne discostano molto: V. Fusco, «Narrazione e dia-
logo nella parabola del figlio prodigo (Le 15,11-32»>, in G. GALLI (ed.), Interpretazione e
invenzione. La parabola del figlio prodigo tra interpretazioni scientifiche e invenzioni arti-
stiche, Atti dell'VIII Colloquio sull'interpretazione (1986), Genova 1987; e P. GRELOT, «Le
père et ses deux fils: Luc XV 41-32. Essai d'analyse structurale», in KB 84(1977). Il letto-
re vi troverà in allegato una griglia con l'aiuto della quale potrà egli stesso cimentarsi nel-
l'analisi. Il lettore più preparato potrà consultare J,-L. SKA, «Our Fathers Have Told Us»,
in Subsidia biblica 13(1990), o anche H. GROSSER, Narrativa. Manuale/Antologia, Milano
1983.
182 Capitolo 6
Un esempio: Le 24
donne ... , che dicono di aver visto degli angeli che affermano che egli è
vivo (vv.22-23)
--
4 Questo punto è stato messo in evidenza per la prima volta da 1. DUPONT, «Les disci-
ples d'Emmaus», in ID., Études sur les évangiles synoptiques, 2 voll., Louvain 1985, Il,1153-
1181.
184 Capitolo 6
Gesù inizia così: «Un uomo aveva due figli» (v. 11). Questa
prima frase indica già una composizione in due parti, centrate sul-
l'uno o l'altro dei figli:
- vv. 12-24: il minore,
- vv. 25-32: il maggiore.
Una tale divisione non dice ancora quali tipi di legame il raccon-
to svilupperà, ma è utile, prima di intraprendere l'analisi, leggere il
passo prestando attenzione alle relazioni e alla loro direzione - del
padre con ciascuno dei figli, ma anche tra i figli. Infatti la tecnica nar-
rativa e retorica dominante è qui la stessa che abbiamo già incontra-
to nei capitoli precedenti, la synkrisis. In effetti, Luca non la utilizza
soltanto per gli attori del racconto primario (Gesù e Giovanni Bat-
tista, Gesù e Paolo, ecc.), ma anche per quelli di molte parabole, allo
scopo di metterli in opposizione - come il sacerdote e illevita in rap-
porto al samaritano (cf. Lc 10,30-35), il ricco in rapporto al povero
(cf. Lc 16,19-31), il fariseo in rapporto al pubblicano (cf. Lc 18,9-14),
i due servi in rapporto a un terzo (cf. Lc 18,13-26) - o, al contrario,
allo scopo di mostrare la somiglianza delle loro reazioni e dei loro
comportamenti - come quelli del pastore e della donna, in Lc 15,4-
lO. Così facendo, invita il suo lettore a individuare i tratti paralleli e
Che cosa si può già dedurre dal parallelismo tra le scene? Le due
serie iniziano con dei fatti raccontati alla terza persona, ma finisco-
no facendo parlare gli attori, allo scopo di farci conoscere i loro sen-
timenti e soprattutto la loro interpretazione dei fatti; e nelle sezioni
interpretative (cf. vv. 20-24; vv. 29-32) l'ultima parola spetta ogni volta
al padre, segno che è la sua versione dei fatti che si impone. Anche
se ci sono tre protagonisti, il padre e i due figli, il punto di vista che
serve da riferimento è senza alcun dubbio quello del padre:
vv.23b-24a v.32
6 Sulla funzione narrativa dei nomi propri in Luca, si veda la mia analisi di Le 19,1-
lO in ALETTI, L'arte di raccontare, c. I.
7 In Le 12,16; 16,1.19.
188 Capitolo 6
cose, a livello delle relazioni tra padre e figlio. Non cominciando con
l'appellativo «un uomo ricco», Luca obbliga il lettore ad andare spe-
ditamente fino alla relazione sulla quale deve vertere la sua medita-
zione e il suo discernimento.
Ma veniamo all'essenziale. I tre attori principali sono chiamati
rispettivamente padre,8 figli (maggiore e minore) e fratello. Non c'è
bisogno di molta sagacia per comprendere che saranno queste rela-
zioni a costituire un problema. A livello narrativo è del resto racco-
mandato di considerare attentamente come questi appellativi venga-
no usati dalle diverse istanze, narratore e attori: 9
«Ho causato dolore a mio padre, che forse mi crede morto», «Ho
preferito il mio comodo all'amore di mio padre», ecc.
Se il giovane fosse davvero pentito del suo atteggiamento di
indipendenza e della sua indifferenza verso i sentimenti paterni, il
monologo - e la sua ripresa nella scena dell'incontro - avrebbe
dovuto iniziare in modo diverso:
Rientrato in se stesso, si disse: «Ho dimenticato mio padre, la sua tene-
rezza, la sua bontà e la sua generosità. Sì, mi alzerò, andrò da lui e gli
dirò: "Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te ... "».
- -
12 Il verbo greco utilizzato dal figlio, douleuein, connota, a seconda dei contesti, il ser-
vizio o la schiavitù. Qui il narratore gioca evidentemente su questa duplice connotazione.
200 Capitolo 6
13 I commentatori non mancano di rimandare a dei testi biblici in cui si ritrovano gli
elementi della sequenza dei vv. 22-23; si vedano, tra gli altri, 2Cr 28,15 (rivestire, mettere
dei sandali, dare da mangiare e bere) e Dn 10,3 (dove l'assenza di cibo e di profumo indi-
ca la penitenza e il dolore).
Il racconto come teologia... 203
14 È molto utile distinguere, a livello metodologico, chi (narratore, quale attore) dice
che cosa, e in che punto del racconto (inizio e/o fine), perché l'effetto di significato non è
mai lo stesso.
204 Capitolo 6
rallegrarsi di ritrovare colui senza il quale egli stesso non sarebbe più
fratello; il padre infatti gli ha restituito suo fratello!
Se la motivazione finale ci informa che, per questo uomo, la gioia
più grande, il colmo della paternità è di vedere dei figli che si ricono-
scano fratelli, quelle che precedono arricchiscono già la rivelazione
che egli fa del suo essere padre. Dice infatti al figlio maggiore: «Tutto
ciò che è mio è tuo». Il suo essere padre consiste nel condividere
tutto con i propri figli, nel non custodire nulla gelosamente. Anche
qui salta agli occhi l'assenza di calcolo. Se l'immagine che il figlio
maggiore si fa di lui è quella di un uomo tirchio o poco riconoscente
- «non mi hai dato mai un capretto}} -la ragione sta nel fatto che egli
stesso non ha voluto o osato vivere di questa liberalità, ha avuto
paura di suo padre, paura di chiedere... Ma il padre gli indica ora che
questa immagine non ha più ragion d'essere e che devono rallegrar-
si, fare festa insieme. Rispettando le paure e le concezioni che il figlio
ha della giustizia, il padre si mostra ancora infinitamente padre; la
sua pazienza si è così esercitata per entrambi i figli, per quello che era
stato per lungo tempo assente e per quello che era rimasto sempre
presente, ma non per questo lo aveva conosciuto meglio.
per questo al di fuori della nostra portata. Quanto ai due figli, che
ragionano secondo gli stessi principi a livello della retribuzione,
anche se a partire da comportamenti diametralmente opposti, essi
rappresentano ciascuno una parte della nostra umanità, gli infedeli e
i fedeli, i giusti e i peccatori. La tecnica del narratore consiste pro-
prio nel portare le persone fedeli e obbedienti a conformarsi alle vie
di Dio, a rallegrarsi del fatto che i peccatori siano stati perdonati e
reintegrati nella loro dignità di figli. Non dimentichiamo infatti che
il padre esce ed esorta il figlio maggiore a unirsi a quelli che fanno
festa (cf. v. 28): la parabola si rivolge a coloro che sono fedeli. Questa
tipologia degli attori si basa evidentemente sulle analisi narrative
che ho fatto, ma anche sul finale delle due parabole precedenti (cf.
vv. 7.10) e soprattutto sui primi due versetti del capitolo, dove i fari-
sei e gli scribi mormorano nel vedere Gesù che accoglie i peccatori
e mangia con loro.
Ho detto che qui il padre rappresenta Dio soltanto. Ma il con-
fronto con le due parabole precedenti non indica forse il contrario?
Gesù infatti fa là appello a due esperienze umane, quella del pasto-
re e quella della casalinga: «Chi di voi, se ha cento pecore... » (v. 4) e
«Quale donna, se ha dieci dramme ... ». Perché non dovrebbe essere
lo stesso con il padre della parabola? Lungi da me l'affermare che
questo attore non ha dei tratti che si incontrano in molti genitori, a
cominciare dalla pazienza e dalla misericordia. Ma il racconto non
vuole fornire programmi o strategie educative; la sua presentazione
del padre, con le sue reazioni e le sue parole, procede per eccesso,
proprio per sconvolgere le nostre idee sulla giustizia e la retribuzio-
ne, messe sulle labbra del figlio maggiore. Il racconto infatti termina
con l'interpretazione del padre, non con l'accordo o l'entrata del
figlio maggiore nella sala del banchetto. Si sarà notata in proposito
la rottura del parallelismo tra le due parti:
v.24 v.32
(il padre): «Questo mio figlio era (il padre): «Questo tuo fratello era
morto ed è tornato in vita, era perdu- morto ed è tornato in vita, era perdu-
to ed è stato ritrovato». to ed è stato ritrovato».
E cominciarono a far festa.
Il racconto come teologia... 207
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15 Il verbo greco esprime lo sconvolgimento che viene dal più profondo dell'essere -le
viscere -, che è al tempo stesso compassione, pietà, tenerezza, e apre a ogni indigenza.
208 Capitolo 6
16 Per le stesse ragioni (il contesto del diritto familiare) non bisogna enfatizzare l'as-
senza di figlie.
Il racconto come teologia... 209
Le 5,27-32 Le 15,1-2.7
re: è vietato frequentarli, avere a che fare con loro, associarsi a loro
nei processi, eccY È su questo sfondo biblico che si può comprende-
re che cosa abbia di provocante, o addirittura di scioccante, non la
risposta di Gesù: «Sono venuto a chiamare i peccatori a convertirsi»,
ma il suo modo di procedere: invece di rimproverarli, di biasimarli,
come Giona a Ninive o Giovanni Battista sulla riva del Giordano,
mangia e fa festa con loro.
I parallelismi della tavola sollevano un problema sulla situazio-
ne retorica degli ascoltatori e, di conseguenza, sulla strategia del rac-
conto. Il lettore infatti non può non constatare che da Lc 5 a Lc 15 le
élite del popolo d'Israele non sembrano aver fatto alcun progresso
nella comprensione della missione di Gesù. Il narratore vuole forse
far comprendere che ciò deriva dalla loro cecità e dalla loro cattiva
volontà? O che la missione di Gesù è talmente inaudita che rimane
al di fuori della portata di tutti i nostri schemi sulla retribuzione?
Il racconto risponde positivamente alle due domande, perché,
da una parte, Gesù stigmatizza la resistenza delle élite, che, a diffe-
renza dei peccatori, non hanno riconosciuto la giustizia di Dio:
È venuto Giovanni il Battista che non mangia pane e non beve vino, e
voi dite: «Ha perso la testa». È venuto il Figlio dell'uomo che mangia e
beve, e voi dite: «Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani
e dei peccatori» (Lc 7,33-34).
I7 I testi sono abbastanza numerosi. Cf. ad es. Es 23,1; Sal 1,1; 26,5; Pr 4,14.
212 Capitolo 6
Lc15 Le 19,1-10
21 Tale fu invece la situazione dei samaritani, secondo gli stessi libri biblici.
216 Capitolo 6
zione che questa fedeltà di un amore che non può che arrivare
all'estremo. Solo meditando continuamente questa parabola è possi-
bile entrare nella logica paradossale del «bisogna»/«bisognava»,
nella logica e nella coerenza - due parole così spesso legate alla con-
cettualizzazione! - paradossale delle vie di Dio. Forse non è stato
mai detto in modo così appropriato e in modo così pudico come, in
Gesù, Dio racconti la sua avventura di Padre, perché, ascoltandolo,
le nostre orecchie si aprano e noi possiamo comprendere perché il
racconto lucano sia coestensivo alla testimonianza.
CONCLUSIONE
QUALE TIPO DI RACCONTO IN LUCA?
Le 15,21-24a Lc 15,29-32
interpretazioni del figlio interpretazione del figlio
minore e del padre maggiore e del padre
2 Dal termine greco climax, scala; si tratta ogni volta di una salita o di una progres-
sione continua verso il dialogo figlio-padre.
Quale tipo di racconto in Luca? 221
dalla cultura in seno alla quale essa opera; il suo tenore veridiziona-
le dà nondimeno a essa una portata e un interesse sempre attuali.
Esiste pertanto una retorica del racconto - il dittico lucano ne è la
prova irrefutabile. È evidente che queste affermazioni hanno di mira
coloro che rifiuterebbero di chiamare retorica ilil raccontilo di Luca:
è proprio a partire dalla loro articolazione narrativa - e solo a parti-
re da essa - che bisogna percepirne la forza persuasiva.
3 Cf. Le 10,30-35; 11,5-8; 14,16-24; 16,1-8; 16,19-31; 18,10-14; 19,12- 27. Come ho fatto
nel capitolo 6, si comincerà con l'analizzare le parabole per se stesse, prima di rileggerle
nel loro contesto.
4 Questi principi valgono evidentemente anche per gli altri vangeli.
Quale tipo di racconto in Luca? 223
tenza infrangibile, tanto più che la maggior parte degli episodi luca-
ni sono composti secondo i modelli narrativi, e ciò, fin dagli annunci
a Zaccaria e a Maria; 2) il lettore trarrà sempre vantaggio dal chie-
dersi chi (del narratore e degli attori) dice che cosa e su chi, perché
l'effetto di significato deriva proprio da questo; 3) infine, la parabo-
la del padre e dei due figli (cf. c. 6) ha dimostrato che, per interpre-
tare correttamente un episodio, è importante vedere se esso insiste
sul racconto degli eventi o sulla loro valutazione, da parte degli atto-
ri stessi e/o del narratore.
Un racconto teologico
INTRODUZIONE ....................................................................» 7
NARRAZIONE E TEOLOGIA ......................................................» 7
LUCA: UN NARRATORE DEGNO DI QUESTO NOME? ..................» 8
QUALE METODO? » 11
IL DITTICO LUCANO » 12
L'ITINERARIO PROPOSTO » 13
IL TESTO DEGLI ATTI DEGLI APOSTOLI » 14
CAPITOLO 1
UNA TEORIA DELLA TESTIMONIANZA » 17
CONDIZIONI E COMPONENTI DELLA TESTIMONIANZA » 18
QUALI TESTIMONI E QUALE TESTIMONIANZA? » 22
TESTIMONIANZA E SPIRITO SANTO » 26
CONCLUSIONE » 32
CAPITOLO 2
QUALE POSTO PER DIO
NEL RACCONTO LUCANO? » 35
VOCI CELESTI, VISIONI E APPARIZIONI » 36
L'INIZIATIVA DIVINA E SUA INTERPRETAZIONE » 40
LE TEOFONIE DI CONFERMA » 41
QUANDO IL CIELO NON PARLA? » 46
LA FUNZIONE DEGLI INTERVENTI CELESTI » 50
242 Indice
LE SCELTE DI DIO p. 51
L'INIZIATIVA DIVINA E IL SUO RICONOSCIMENTO » 54
LA PROCLAMAZIONE DELLE VIE DIVINE » 61
RACCONTO E PIANO DIVINO DI SALVEZZA » 68
CAPITOLO 3
GESÙ E I DISCEPOLI.
LE RAGIONI DI UN PARALLELISMO » 71
IL PARALLELISMO, TECNICA DOMINANTE IN LUCA/ATTI.......... » 72
I PARALLELISMI TRA PIETRO E PAOLO » 75
IL PARALLELISMO TRA PIETRO, GLI APOSTOLI E GESÙ .. » 79
IL PARALLELISMO TRA GESÙ E PAOLO » 82
ESTENSIONE DELLA SYNKRISIS:
LA FUNZIONE DI AT 27,9-28,11 » 85
LA FUNZIONE DEL PARALLELISMO: IMITARE PAOLO? » 90
IL FINALE DEL LIBRO DEGLI ATTI......................... » 92
SYNKRISIS E TIPOLOGIA » 97
CONCLUSIONE » 102
CAPITOLO 4
IL VANGELO E L'IMPLICAZIONE
DEI SUOI ARALDI.
UNA CERTA IDEA DI TESTIMONIANZA » 105
GESÙ, ARALDO E OGGETTO DEL VANGELO » 106
LA PARADOSSALE TESTIMONIANZA DI PAOLO IN AT 22 » 117
CONCLUSIONE .. » 143
CAPITOLO 5
IL VANGELO E I SUOI DESTINATARI.
ISRAELE E LE NAZIONI IN LUCA/ATTI » 145
IL RACCONTO EVANGELICO (LUCA) » 146
GLI ATTI DEGLI APOSTOLI » 163
CAPITOLO 6
IL RACCONTO COME TEOLOGIA.
IL PADRE E I DUE FIGLI: Le 15,11-32 » 181
LA COMPOSIZIONE DEL PASSO » 182
GLI ATTORI E LE LORO RELAZIONI.......................................... » 187
Indice 243
CONCLUSIONE
QUALE TIPO DI RACCONTO IN LUCA? » 219
BIBLIOGRAFIA » 231