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PROVERBI: LA SAGGEZZA
DELLE PAROLE
È troppo semplice, sebbene quasi tradizionale, definire il libro dei
Proverbi come un compendio di etica, in questo caso della moralità
israelita. Giudizio che si è rafforzato per il tono ottimistico che risuona
frequentemente nell’opera e per il quale la sapienza, intesa come giustizia, prospera mentre la follia, l’empietà, si autodistrugge. A questo è
dovuta la popolarità del libro nella cultura occidentale, sia per la vividezza del suo linguaggio, sia perché portatore di verità sempre
opportune. Il libro viene citato liberamente, molte volte anche in maniera
inesatta, e ha goduto di un’autorevolezza maggiore rispetto a molti
altri libri della Sacra Scrittura. Ciò nonostante, raramente nell’uso
popolare se ne riconosce la vera e propria acutezza.
Il libro è permeato da un codice morale, ma il suo vero intento è
quello di formare la persona, forgiare il carattere, mostrare ciò che è
realmente la vita e indicare come meglio affrontarla. L’approccio preferito è quello di andare alla ricerca di paragoni ed analogie tra la
situazione umana e tutto il resto (animali e il resto della creazione).
Il libro non vuole imporre alcunché, tenta piuttosto di persuadere il
lettore, di stimolarlo a una condotta di vita (sebbene si debba ammettere che lo stile dei capp. 1-9 è più dogmatico che il resto dell’opera).
Forse nessun altro libro della Bibbia si presenta così ordinato: le sue
parti principali sono segnate da titoli:
1.1 “Proverbi di Salomone” (questo funge da titolo all’intero corpo
dei trentuno capitoli così come dei capp. 1-9);
10.1 “Proverbi di Salomone” (ma i capp. 10—22 si differenziano
abbastanza nello stile dai capp. 1—9);
22,17 “Le sentenze del savio” (si tratta di un testo emendato; se ne
riparlerà);
24,23 anche queste [appartengono] al savio;
25.1 “I proverbi di Salomone” (opera degli uomini del re Ezechia);
30.1 “I detti di Agur”;
30 L'albero della vita
31,1, “I detti di Lemuel”;
31,10-31 non presenta titolo, ma si tratta di un poema acrostico sulla
donna ideale.
E quasi impossibile discutere questo libro senza fame un commento.
Dato però che ciò qui è impossibile, appare più opportuno cercare di
comunicare il senso delle varie raccolte che lo compongono.
La visione di Proverbi 1-9
L’introduzione maestosa al libro (1,1-6) trascina il lettore verso
la meta dell’insegnamento della sapienza. Del libro viene data la
chiave interpretativa, tutto quello che segue serve a fornire una
guida (o una “direzione”, tahbulòt, 1,5) e un ammaestramento alla
virtù (1,3). Naturalmente l’autore di questi versetti non faceva alcuna distinzione tra il secolare e il religioso com e si fa adesso.
L’ammaestramento, cosiddetto “secolare” che viene dato nel corso
dei trentuno capitoli concerne la pratica di una sapienza che è
essenzialmente religiosa. La terminologia di 1,1-6 è travolgente:
l’apprendimento, la comprensione, la rettitudine, l’accortezza, la
conoscenza e così via. Tutto si coniuga perfettamente al fine di
spiegare esattamente le ricchezze della sapienza. Queste non sono
poi nemmeno astratte: non di virtù meramente intellettuali si tratta,
poiché esse sono strettamente legate agli aspetti pratici della condotta umana.
Il v. 7, dove il timor di Dio viene considerato come principio della
Sapienza, funge da epigrafe dopo il prologo (vv. 1-6). La posizione
di tale versetto (riecheggiato in 9,10; 15,33; Gb 28,28; Sal 111,10) è
rilevante.
È il settimo versetto, quello che segue l’introduzione, e viene ripetuto in 9,10, alla fine della prima raccolta. Il timor del Signore viene
citato anche in 31,30 come una specie di inclusione al libro. L’idea
stessa viene ripresa frequentemente nella Bibbia con varie sfumature
(il timore sacro davanti alla divinità, l’adorazione, l’osservanza della
Legge)1. È l’equivalente della religione e della pietà biblica e, nel contesto dei Proverbi, del comportamento morale corretto. Per Gerhard
1 Cf. J. B e c k e r , Gottesfurcht im Alten Testament (AnBib 25), Istituto Biblic…
von Rad tale versetto “contiene in nuce tutta la teoria israelita della
conoscenza”2. È certamente degno di nota come un rimando a Dio stia
alla base di tutto il movimento sapienziale.
Nel contesto del libro (l’espressione) “figlio mio” sta ad indicare il
lettore disposto ad aderire alla dottrina della Sapienza. L’insegnamento
dei genitori (paterno e materno) assumerebbe quindi una funzione
metaforica in riferimento ai maestri di Sapienza. Se i vv. 8-19 s’intendono come l’ammaestramento del padre, in esso si può vedere un
avvertimento contro il pericolo della seduzione di profferte peccaminose.
L’ammaestramento della madre si può forse vedere nei vv. 20-33 nel
discorso della Signora Sapienza3. Questa suscita grande impressione,
parla pubblicamente e in modo impetuoso come un profeta biblico che
minaccia rovina e distruzione a coloro che non raccolgono il suo messaggio4. Al lettore vengono lasciate due vie, fra cui scegliere: la via
della stoltezza e quella dell’obbedienza alla Sapienza (vv. 32-33).
11 cap. 2 è una straordinaria composizione letteraria5. Nel testo in
lingua ebraica è una lunga proposizione: un poema sistemato in ordine
alfabetico composto da 22 versetti, quante sono le lettere dell’alfabeto
ebraico. Le prime tre strofe (vv. 1-4; 5-8; 9-11) iniziano con la prima
lettera, 'aleph, e contengono un messaggio “se-allora”. Le strofe della
seconda parte (vv. 12-15, 16-19, 20-22) iniziano tutte con lamed, la
lettera centrale dell’alfabeto, mettendo in risalto come la Sapienza
“salva” (vv. 12,16) coloro che la seguono. Viene anche annunciato il
programma che si seguirà nei capitoli successivi.
Il timor del Signore, la conoscenza di Dio e la Sapienza vengono
strettamente abbinate (vv. 5-6). Uno dei molti paradossi presenti nel
libro è che anche se la Sapienza è da perseguire mediante sforzi individuali, essa è essenzialmente un dono di Dio (2,6). Il contrasto tra bene
e male (vv. 20-22) è una reminiscenza del Sal 1.
Il cap. 3 comincia con 6 ammonizioni accompagnate da proposizioni contenenti la motivazione (vv. 1-12). Vengono toccate le tipiche
preoccupazioni della Sapienza: la necessità di “ascoltare”, la pro2 G e r h a r d von R ad, Wisdom in Israel, Abingdon, Nashville 1972, 67.
C f. C a r o le R. F o n ta in e , Proverbs, in HBC 503.
* Su Prv 1,20-33 inteso come una forma di minaccia, si veda R o la n d E. M urphy,
Wisdom 's Song: Proverbs 1,20-33, in CBQ 49 (1 9 8 6 ) 4 5 6 -6 0 .
5 L'analisi condotta da P. S k e h a n su questo libro si trova nel suo Studies in
Israelite Poetry and Wisdom (CBQMS 1 ), Catholic Biblical Association, Washington
1971, 1-45, spec. 9-10 per il cap. 2.
32 L’albero della nta
messa della “vita”, e una “fede nel Signore” che debellerà il pericolo
di credersi “saggio ai propri occhi” (cf. 26,12). Infine il maestro anticipa con una mossa audace un’obiezione (vv. 11-12; cf. Eb 12,5-6):
se la promessa di una vita piena e prosperosa non si realizza, la si
dovrebbe considerare, paradossalmente, come un segno del favore di
Dio, poiché il Signore ammonisce coloro che sono oggetto dell’amore divino.
I vv. 13-18 sono costruiti su un’inclusione, con la ripetizione del termine “felice” (un detto ’asre, o beatitudine). Il simbolismo tradizionale
viene adottato in un elogio alla Sapienza che è preziosa più dell’oro
e dell’argento, colei che accorda sia vita che pace, “albero della vita”
appunto (cf. 11,30). Il riconoscim ento del ruolo della Sapienza
nell’attività creatrice del Signore viene introdotto quasi all’improvviso
(v. 19), sebbene questo sia un tema ricorrente (Sai 104,24; 147,5; Prv
8,22-31). Ne viene desunta un’immagine molto semplice: nessuno edifica la casa senza ricorrere alla Sapienza (Prv 24,3-4); così pure è
sempre la Sapienza al lavoro nell’atto della creazione, soprattutto in quella
dell’acqua così benefica per gli abitanti della Palestina (v. 20). Il capitolo termina così come era iniziato, cioè con una serie di ammonizioni
nei vv. 25ss.
II cap. 4 contiene una descrizione toccante del ricordo dell’istruzione dei genitori (vv. 1-5). Il maestro continua con una intensità (cf.
anche 7,1-4) che richiama una delle esortazioni del Deuteronomio:
acquista la Sapienza! La metafora del diadema e della corona richiama
1,9 e 3,3. “Via” e “vita” sono termini chiave che racchiudono in inclusione i vv. 10-27; la via della sapienza è il sentiero del giusto (v. 18)
che porta alla vita; mentre non si deve seguire la strada delTempio (v.
14). Il motivo delle due “vie” sviluppa il testo di l,32-336.
Il tema della “donna straniera” contenuto in 2,16 viene ripreso nei
capp. 5 -7 . L’insistenza su questo suscita qualche perplessità.
Ammesso che la condotta sessuale costituisca una materia legittima
per l’insegnamento della sapienza (22,14; 23,27-28), perché viene trattata in modo così dettagliato?7
Forse ha qualcosa a che fare con l’antitesi Signora Sapienza-Donna Follia (esplicitamente sviluppata nel cap. 9). Alla ricerca dellaSapienza
personificata in una donna viene opposta la sua controparte e
cioè la seduzione della Follia, anch’essa presentata come una donna. E
notorio l’impiego nella Bibbia del linguaggio figurato per esprimere la
fedeltà o l’infedeltà a Dio (Osea). Viene confermata più volte la triste
storia di “fornicazione” d’Israele con altri dèi, i Baal e le Asherah. Si è
suggerito che la “straniera” sia una devota del culto canaaneo della fertilità che attraeva tanti ebrei8. Identificazione difficile da stabilire. La
donna potrebbe essere semplicemente un’altra israelita e l’avvertimento riferirsi rigorosamente alla fedeltà coniugale. Allo stesso tempo, ci
potrebbe essere qui un altro livello di significato che suggerisce la
fedeltà religiosa e la ricerca del timor di Dio. La figura della Signora
Sapienza sembra aver fornito il modello per quello di Donna Follia
(9,13-18). In ogni caso è da notare come l’insegnamento si mantiene
su una linea unilaterale. Il giovane viene ammonito contro l’azione
seduttrice della donna, ma non viene mai fatta menzione della sua
responsabilità; non lo si porta mai a riflettere sul suo desiderio sessuale
o sull'asservimento alla sua passione sessuale.
L’ammonimento di 5,1-14 è abbastanza schietto: i piedi della “straniera” vanno verso la Morte/Sheol (v. 5), e all’infelice resta solo la
recriminazione (vv. 12-14). Al giovane viene data una precisa raccomandazione, quella di essere fedele alla propria sposa («Bevi l’acqua
della tua cisterna», v. 15), il cui amore sarà fonte di vita per lui (vv. 18-
19). Il tema dell’adulterio viene interrotto in 6,1-19 per dare dei consigli su altri argomenti: il farsi garante per il prossimo (vv. 1-5), la
diligenza (vv. 6-11), un giudizio sul malfattore (vv. 12-14). Segue un detto
numerico sulle cose che il Signore aborrisce (vv. 16-19). L’ammonimento pressante contro le parole adulataci dell’adultera viene comunque
ripreso di nuovo in 6,20-35. Il giovane viene posto di fronte agli
esiti negativi che può attendersi (se non osserva i precetti dati), come
le domande sull’impossibile dei vv. 27-28, e la follia dell’adulterio che
va incontro alla punizione fisica (vv. 32-35).
Nel cap. 7 viene vividamente narrata dal saggio la seduzione di un
giovane uomo. La donna parla a lungo con parole melliflue (vv. 14-
20). Di tutta la scena colpisce l’enfasi proprio sul parlare, come se la
seduzione prima ancora di essere sessuale si attuasse sul piano verbale
(in 7,5 e 6,24 si trova l’espressione “dolci parole”). La parola ha il potere di persuadere, persino di sedurre, e ciò viene messo in luce
tanto quanto la stessa compiacenza sessuale9.
Nei capp. 8-9 l’autore torna sull’esplicita personificazione della
Sapienza che s’incarna in una donna (cf. 1,20-33). La struttura del cap.
8 è stata variamente interpretata, ma il suo significato generale è chiaro10. La Sapienza viene presentata alla maniera di un profeta che
chiede di essere ascoltato, ponendo particolare enfasi sulla veridicità del
suo messaggio, sulle sue influenze regali («Grazie a me i re regnano»),
sul benessere e sulla gloria che lei reca a coloro che l’amano. In un
passo davvero sublime (vv. 22-31) ella descrive poi la sua origine divina quale principio della creazione divina. Essa è stata vicina non solo
a
Dio (come “architetto” o “prediletta”, v. 30) ma anche agli esseri
umani, trovando piacere nello stare con loro. Il suo discorso si conclude con un altro appello affinché le si presti attenzione (l’invito
“ascoltate” ricorre tre volte nei vv. 32-34), e con la sbalorditiva promessa di
vita opposta alla morte (vv. 35-36). Il senso del cap. 8 dei Proverbi
viene chiarito successivamente nel cap. 9 dove si parla della personificazione della Sapienza (cap. 9). Qui la Signora Sapienza si misura con
la Signora Follia (i detti dei vv. 7-12 separano queste due figure).
Entrambe inoltrano l’invito a un banchetto a cui prende parte la vita
(in quello della Sapienza, v. 6) mentre la morte è presente in quello
della Follia, i cui invitati finiranno nello Sheol (v. 18).
E facile notare come i capp. 1-9 si distinguano dal resto del libro sia
per quanto riguarda la forma (lunghi poemi) sia per il contenuto (tono
esortativo e forte enfasi sulla rettitudine e sulla cattiveria). Tranne che
in poche massime (come nel cap. 3 e in 6,1-19), l’intento in essi è
infatti quello di convincere il lettore a intraprendere il sentiero della
Sapienza/giustizia.
Poiché questa sezione del libro si differenzia notevolmente dai capi9 Vedi J.-N. A l e t t i , Séduction et parole en Proverbes i-tx, in VT 27
(1977) 129-44.
10 Skehan scopre sette unità di cinque linee (con 8,11 che è una glossa basata su
3,15), introdotte dall’enfatico ‘ani (“io”) nei vv. 12 e 17, le origini della Sapienza nei
vv. 22-31 (con 'ani nel v. 27), e la conclusione “adesso quindi" (w e'atta) nel v. 32; cf.
S k eh a n , Studies, 14. M. Gilbert descrive 8,1-3 com e un’introduzione e ritiene che
tutti “gli autori” distinguano quattro sezioni: 8,4-11.12-21.22-31 (un'unità). 32-36 (la
finale). Egli considera queste sezioni come una raccolta che fornisce al pubblico le
motivazioni necessarie per ascoltare l’insegnamento della Sapienza (contenuto nei
capp. 10—31 ). Cf. Le discours de la sagesse en Proverbes 8, in La sagesse de VAncien
Testament (BETL 51; a cura di M. G ilb e r t), Leuven University Press, Leuven 1979, toli successivi, sono sorte varie ipotesi circa
rambientazione e la data
del materiale in essa contenuto. Sebbene tali sforzi si siano rivelati di
una scoraggiante ambiguità, essi hanno comunque il non piccolo valore
di stimolare l’immaginazione del lettore. Due tesi possono essere considerate tipiche. La prima appartiene a Bernhard LangM, il quale
propende per l’influenza esercitata dalla letteratura sapienziale egiziana (vedi
Appendice). In Prv 1-9 egli vede dieci discorsi sapienziali che un maestro rivolge ad un allievo (“Figlio mio”). Essi costituivano un testo su
cui gli allievi continuavano il loro tirocinio per diventare funzionari di
cone (come succedeva pure in Egitto), nonostante il loro insegnamento
fosse meno rivolto verso una certa classe, forse per effetto delTinfluenza del carattere tribale del popolo di Israele. Questa influenza egiziana
si addice a una datazione remota del materiale, riconducibile perfino al
periodo di Salomone. Otto Plòger12, invece, è molto più cauto sull’attribuzione ad una scuola dei capitoli in questione. Questi suggerisce
che si tratta di una specie di manuale o guida destinati ad un pubblico più
vasto che quello di studenti. La datazione viene lasciata del tutto aperta.
In un periodo che abbraccia circa 7 secoli (dal 900 al 200 a.C.) viene
vista la compilazione delle ammonizioni e delle sentenze (si veda lo
stile dei capp. 1-9 per le prime e dei capp. lOss per le seconde).
Generalmente si è dell’opinione che i capp. 1-9 risalgano al periodo
successivo all’esilio, ma è ovvio che ci sia molta incertezza al riguardo.
Messi a confronto con i capp. lOss, i capp. 1-9 rivelano una concentrazione sulla Sapienza, proprio ciò che Gerhard von Rad ha definito
“sapienza teologica”13, ma ciò, ovviamente, ci dice poco sulla datazione.
202-218, spec. 218.
Riflessioni conclusive
1 ) STRUTTURA. Si tratta di una raccolta un po’ casuale dell’antica
Sapienza israelitica? Visto unicamente da un punto di vista strutturale,
il libro sembra molto di più di ciò. P. Skehan ha ritenuto che Fautore
abbia disposto le colonne portanti del testo seguendo il disegno di una
casa (che è stata chiamata “la casa della Sapienza” in 9,1 ), modellata
sul tempio di Salomone34. Si sia o meno disposti ad accogliere tutti i
dettagli architettonici di una tale ricostruzione, Tosservazione di
Skehan, comunque, riguardo al valore numerico dei nomi (e del termine hkmym, o “saggio”) nei titoli merita un’attenta considerazione.
In primo luogo 1,1 ha tre nomi, slmh, dwd, y sr ’l, il cui corrispondente numerico è 375, 14 e 541, per un totale di 930. Vedremo come
tale accenno nel titolo del libro viene avvalorato dal numero complessivo dei righi del libro, ovvero 930. Il titolo di 10,1, poi ha slmht
l’equivalente di 375, e questo è il numero dei singoli capoversi dei
proverbi in questa raccolta salomonica (10,1-22,16). In terzo luogo, la
collezione di “Ezechia” (i capp. 25-29) ha 140 capoversi o detti. Nel
titolo di 25,1 Ezechia è la parola che mette in funzione il tutto. Il valore numerico delle sue consonanti, può equivalere a 130 (così la
computazione a partire dal TM), 136, 140 o 146. La scelta corretta, tenendo conto dell’intero libro, e 140 (yhzqyh). Ancora, il termine
hkmym (il
titolo di 22,17 e 24,33) o “saggio" ha come valore numerico 118 e
questo è il numero dei capoversi di 22,17-24,32 e 30,7-33. In ultimo,
si può aggiungere a tutto questo il resto dei detti: 16 (per quelli di
Lemuel e di Agur) e 22 (il poema acrostico sulla donna di 31,1 Oss) per
un totale di 38, e 259 righi nei capp. 1-9.
Ne risulta: 259 righi per i capp. 1-9; 375 per 10,1-22,16; 118 per
i detti del hkmym di 22,17-24,32 e 30,7-33; 140 per i capp. 25-29;
38 per Lemuel e Agur ed il poema acrostico. La somma totale è 930
righi in tutto il libro, come si era accennato in 1,1. Di tale conteggio
non fanno parte le glosse che creano una certa armonizzazione in
1,16; 8,11; 24,33-34, sulle quali si sono interrogati molti studiosi
per varie ragioni35. Si deve dire, comunque, che un tale risultato non
può essere frutto di coincidenze. E ciò conduce a una conclusione
34 Cf. S k eh a n , Studies, cit., 27-45, con dettagli numerici indicati spec, alle pp. 43-45.
3:1 Si possono fare delle obiezioni contro questo calcolo numerico applicato al libro
dei Proverbi. Ci si chiede ad esempio se l'eliminazione di 1,16 e di 8,1 1 sia dettata dal
desiderio di arrivare a un certo numero (nei capp. 1-9 il numero dei versi arriva a 259).
°roverbi: la saggezza delle parole 49
del tutto plausibile: la redazione finale del libro si deve alla mano di
una sola persona.
2) TEOLOGIA. Il cap. 8 ha un posto d’onore nella storia della teologia, inquanto è servito come origine nella controversia ariana della
chiesa primitiva. La personificazione della Sapienza è molto importante, come vedremo nel cap. 9 di questo nostro studio. M a i teologi
raramente hanno considerato il libro nella sua interezza come una
fonte teologica36. Non è il tipo di opera che trova commentatori tranne che per il grande riformatore Melantone, che scrisse ben due com
mentari sul libro! Generalmente, il libro viene considerato come una
specie di fonte per una guida morale e in questo senso si può annoverare dietro alla stessa Torah. Il suo contributo non è poca cosa, e si
può facilmente immaginare l’importanza delle raccolte come strumento di formazione morale tra gli israeliti. L’estensione dei proverbi, con
un contenuto che m ira alla persuasione p iu tto sto che
all’imposizione, ne deve aver fatto un’avvincente fonte per l’affermazione dell’ethos di gruppo.
Quest’approccio al libro che sa di utilitarismo non è comunque
ancora quello adeguato. Lo appiattisce infatti, attribuendogli il carattere di manuale di morale. Ci si dovrebbe attenere alla miscela
misteriosa dei capp. 1-9, ai modi in cui quest’introduzione al libro (una continuazione del program m a posto in 1,1-6) m odella una visione
Su questi due versetti in passato i commentatori, a buon diritto, hanno aperto una questione in modo indipendente l'uno dall’altro. Due
importanti manoscritti della l x x non
presentano 1,16, che è una ripresa di Is 59,7. Nel cap. 8 il discorso in prima persona
viene interrotto da una proposizione in terza persona e precisamente 8,11, che riprende
Prv 3,15. Il caso di 24,33-34 si presenta più delicato. Questi versetti ripetono Prv 6,10-
11, che sono indirizzati al pigro in seconda persona. Nel contesto di 24,30-32, in cui un
“io” si riferisce al podere del pigro, il rivolgersi in seconda persona è quantomeno strano e probabilmente si tratta di un prestito da 6J 0-11.
Non vi è alcuna intenzionale
deviazione dal testo al solo scopo di giungere ai numeri prefissati. Può darsi che altri
versetti diversi da questi possano essere riconosciuti come inserzioni. La solidità di
una tale argomentazione proviene da un’analisi complessiva del modo in cui l’equivalente numerico dei nomi nei titoli ha indicato la
dimensione del libro (930 versi) e
rimprobabilità di una mera coincidenza. Al momento non c’è modo di determinare
quando è venuta in uso un’equazione di tal maniera tra lettere e numeri. Ma innegabilmente i saggi tradiscono una certa attenzione per le
lettere dell'alfabeto (acrostici e
poemi di 22-23 linee).
36 Cf. R o la n d E. M u rp h y , Proverbs and Theological Exegesis, in The Hermeneutical Quest (J.L. Mays Festschrift), a cura di D.G. M
ille r ; Pickwick, Allison Park
1986, 87-95. Vedi anche la trattazione della teologia al cap. 8.
50 L albero della vita
teologica. La visione teologica può essere enunciata chiaramente: il
libro ha la pretesa di offrire al lettore “la vita” o la “salvezza”.
Quando i salmisti pregano per essere “salvati”, essi aspirano ad una
restituzione della vita piena nell’immediato presente. Così essa è
anche intesa nei Proverbi. La Sapienza personificata ha un kerygma:
annuncia la “sicurezza” (1,33) e la “vita” (8,35). L’insegnamento del
saggio è “fonte di vita” (13,14); ciò è riferito anche al “timore di Dio”
(14,27), che è anche principio di sapienza. La fonte e l’albero della
vita sono simboli frequenti: 10,11; 16,22; 3,18; 11,30; 13,12. “Vita”
concretamente significa onori e ricchezze (22,4), un buon nome (10,7;
22,1) e una lunga vita (3,16; 28,16). Il kerygma dei saggi si trova
anche in altri libri. Amos esortava Israele a cercare il bene e non il
male “affinché possiate vivere” (Am 5,14). In Is 55,1-3 Israele viene
invitato da Dio ad un banchetto: «Ascoltatemi e avrete la vita». La predicazione deuteronomica offriva ad Israele la scelta tra la vita e la
morte (Dt 30,15-20; cf. Sir 15-17). La messa in guardia qui è d ’obbligo. La vita è molto di più che i beni semplicemente materiali; questi
sono considerati sacramentali, segni cioè della benedizione di Dio (Prv
10,22).
Per molti lettori il concetto di vita si schiude sempre a nuovi significati (persino all’interno dell’Antico Testamento; cf. Sap 1,15;
2,23-3,3; ecc.). Ma la prospettiva di Proverbi è la vita nell’immediato
presente.
L’offerta della vita è un dono, poiché la Sapienza stessa è un dono di
Dio (Prv 2,16). Paradossalmente, comunque, la Sapienza non si può
conseguire senza lo sforzo umano. Viene anche rivendicato il bisogno
di disciplina e di obbedienza agli insegnamenti. La Sapienza si rivela
almeno con due facce in questo libro: essa chiama (nei capp. 1-9), ma
gli uomini devono rispondere (capp. 10-31)37.
Si potrebbe muovere qualche obiezione a questa interpretazione di
Proverbi in quanto il suo insegnamento ottimistico è in conflitto con il
libro di Giobbe e di Qoelet. Conflitto che non si può negare: la sofferenza del giusto non viene trattata adeguatamente in Proverbi (vedi
Pr\> 3,11-12), e Qoelet prende una dura posizione contro la tradizione
sapienziale, in quanto questa non fornisce le risposte agli interrogativi
37 C f. R o la n d E. M u r p h y , The faces o f Wisdom in the Book o f Proverbs, in
Mèìanges bibliques et orientaux en I'honneur de M. Mathias Delcor (AOAT 212. a
cura di A. C a q u o t ed altri), Neukirchener, Neukirchen-Vluyn 1985, 337-45.
Proverbi: la saggezza delle parole 51
che egli pone. Ma che esista una certa tensione tra le varie parti della
Bibbia (la descrizione della conquista in Giosuè paragonata al cap. I
dei Giudici) o airintem o di un singolo libro (Qoelet) non è niente di
nuovo.
Sarebbe un errore sottovalutare ciò che hanno conseguito i saggi la
cui eredità è raccolta in Proverbi. Si potrebbe dire che essi partecipano
della debolezza del Deuteronomio (sul problema della retribuzione),
ma anche della forza di molti salmi (per esempio. Sai 16.11 ; 23, 6).
MURPHY, Roland E.. L’ALBERO DELLA VITA: Una esplorazione della letteratura sapienziale biblica. Editrice Queriniana.
1993,-2000 Editrice Queriniana, Brescia (Italia) P. 29.
La Sapienza
Proprio perché proviene da Dio e da Dio soltanto, in qualche passo biblico la “sapienza”
è personificata e posta accanto a Dio stesso. Essa è generata prima del creato e predica
nelle piazze invitando tutti al suo ricco banchetto:
LA SAPIENZA PERSONIFICATA
“Il Signore mi ebbe con sé al principio dei suoi atti, prima di fare alcuna
delle sue opere più antiche. Fui stabilita fin dall'eternità, dal principio,
prima che la terra fosse . . . io ero presso di lui come un artefice . . .
Ora, figlioli, ascoltatemi; beati quelli che osservano le mie vie!”.
Pr 8:22-31,
passim
Le personificazioni sono usare anche per altre realtà astratte. La follia è pure personificata,
sempre in Proverbi:
Personificazione della Follia
“La follia è una donna turbolenta, sciocca, che non sa nulla.
Siede alla porta di casa,
sopra una sedia, nei luoghi elevati della città, per chiamare quelli che
passano per la via, che vanno diritti per la loro strada, dicendo: ‘Chi
è sciocco venga qua!’. E a chi è privo di senno dice: ‘Le acque
rubate sono dolci, il pane mangiato di nascosto è delizioso’. Ma egli
non sa che là sono i defunti, che i suoi convitati giacciono in fondo al
soggiorno dei morti”. – Pr 9:13-18.
TNM, continuando a prendere lucciole per lanterne, anziché: “La follia è una donna
turbolenta”, traduce: “La donna stupida è tumultuosa” (Pr 9:13). Eppure, al v. 18 si dice:
“Quelli chiamati da lei sono nei bassi luoghi dello Sceol” (TNM) ovvero: quelli che la Follia
(personificata in donna) ha attirato, vanno incontro alla morte. Sostenere, viceversa, che
“quelli chiamati da lei” (dalla presunta “donna stupida”) finiscano per morire pare esagerato
e senza senso. E poi che senso ha dire, nello strano italiano che TNM adotta, che “la donna
4
stupida è tumultuosa” (TNM)? Una donna stupida non è necessariamente tumultuosa; una
donna tumultuosa potrebbe essere anche molto intelligente. Comunque, la parola ebraica
ִ )סילּותְ ּכkesylùt), presente nel passo, significa “follia”.
Qui la Follia personificata è messa in contrasto con la sapienza personificata. Tutte e due
danno un banchetto e invitano le persone, ma con esiti ben diversi.
Sapienza personificata Follia personificata
“La Sapienza ha costruito la sua
casa … ha ucciso animali, ha
procurato il vino, ha già preparato
la sua tavola. Ha mandato le sue
serve a fare gli inviti … Agli
ignoranti la sapienza dice:
«Venite e mangiate il mio pane,
bevete il mio vino … se volete
vivere felici … prendete la via
dell’intelligenza»”. – Pr 9:1-6,
TILC.
“La Follia è una donna irrequieta,
sciocca e ignorante. Essa siede
sulla porta della sua casa … per
invitare i passanti. «Venite a me
… l’acqua proibita è sempre più
dolce e il pane preso di nascosto
è il più gustoso» … Le sue vittime
non sanno che là c’è la morte”. –
Pr 9:13-18, TILC
La “sapienza” non è altro che un’attività divina. Viene personificata perché si imprima
meglio nella mente degli uditori o dei lettori. Lo stesso concetto ebraico lo ritroviamo in
Sapienza 9:1-11, che – sebbene sia un libro non appartenente al canone delle Scritture (e
quindi non ispirato) - fa pur sempre parte del pensiero ebraico. Qui Salomone chiede la
sapienza:
“Dio dei padri e Signore di misericordia, che tutto hai creato con la tua parola, che con la tua sapienza hai formato l'uomo,
perché domini sulle creature fatte da te, e governi il mondo con santità e giustizia e pronunzi giudizi con animo retto,
dammi la sapienza, che siede in trono accanto a te e non mi escludere dal numero dei tuoi figli, perché io sono tuo
servo e figlio della tua ancella, uomo debole e di vita breve, incapace di comprendere la giustizia e le leggi. Se anche uno
fosse il più perfetto tra gli uomini, mancandogli la tua sapienza, sarebbe stimato un nulla. Tu mi hai prescelto come re del
tuo popolo e giudice dei tuoi figli e delle tue figlie; mi hai detto di costruirti un tempio sul tuo santo monte, un altare nella
città della tua dimora, un'imitazione della tenda santa che ti eri preparata fin da principio. Con te è la sapienza che
conosce le tue opere, che era presente quando creavi il mondo; essa conosce che cosa è gradito ai tuoi occhi e ciò che
è conforme ai tuoi decreti. Inviala dai cieli santi, mandala dal tuo trono glorioso, perché mi assista e mi affianchi nella mia
fatica e io sappia ciò che ti è gradito. Essa infatti tutto conosce e tutto comprende, e mi guiderà prudentemente nelle mie
azioni e mi proteggerà con la sua gloria”. - CEI.
In Pr 8:22-31 la Sapienza personificata giustifica la sua pretesa a istruire le persone
rivelando la propria origine. Generata prima di tutte le creature, fu testimone di tutte le opere
divine. Sebbene 8:22 venga tradotto con: “Il Signore mi ebbe con sé al principio dei suoi
atti”, il testo ebraico non dice così. Ma dice letteralmente: “Mi possedette [come la] prima”,
ִ ֵ י ר ִאׁשית
)נָנָ קqanàny reshìyt), la prima delle sue azioni. Si noti la sostanziale differenza tra la
creazione dell’universo e il possedimento divino della sapienza:
Gn
1:1
“In principio [ֵ )אׁשית ְִרּבbereshìt)] Dio creò [ )ָא ָרּבbarà)] i
cieli e la terra” (TNM).
“In principio”: è temporale.
“Creò”: prima non esisteva.
Pr
8:22
ֵ ]ר ִאׁשיתprincipio come)] qanàny ( ]קָ נָנִיpossedette Mi“
(reshìt)] della sua via” (traduzione dall’ebraico).
“Principio”: inizia così.
“Mi possedette”: non creata.
TNM confonde le acque, traducendo: “Mi produsse come il principio della sua via”, dando
così l’idea che la sapienza sarebbe stata creata. Ma il verbo ebraico qanàh significa
5
“possedere”. È lo stesso verbo che incontriamo in Is 1:3: “Il bue conosce il suo possessore
ֵ]הּו
)נ ֹקqonèhu), “colui che lo possiede]”. Di certo il bovaro non è produttore né tanto meno
creatore del bue.
Come se non bastasse, TNM fa un’altra forzatura quando traduce, sempre in Pr 8:22: “La
prima delle sue imprese di molto tempo fa”, dando di nuovo l’impressione che la sapienza
sia stata un’“impresa” come quelle della creazione. La Scrittura smentisce nuovamente
questa interpretazione. Il testo ebraico, infatti, ha:
ִ ֶק דֶ ם מ ֵ ְפ ָעלָיו מָאז
qèdem mifalàyu meàs
prima delle sue imprese, da sempre
Traducendo bene, secondo il testo ebraico, letteralmente, abbiamo: “Yhvh mi possedette
principio di sua via, prima delle sue imprese, da sempre”. Che, messo in buon italiano,
suona: “Mi possedete [come] principio, da sempre, prima [di compiere] le sue imprese”.
Ovvero: prima che Dio iniziasse a creare, Dio già possedeva la sapienza. La sapienza divina
è, ovviamente, connaturata a Dio, non creata.
Personificazioni
del principio creatore
l. La signora Sapienza,
·forza vitale creatrice di Dio (Prv 8)
A partire dal IV secolo a.C. 'il principio' posto creativamente da JHWH e governante il cosmo viene condensato
in figure. Sono anzitutto la personificata signora Sapienza
(bokhma) e poi la Torah con essa identificata ad assumere
la forma di potenza creatrice di JHWH esistente prima della creazione, ad indurre JHWH a creare, ad assisterlo durante l'opera della
creazione e a scendere infine sulla terra
per indurre in maniera creativa sapienziale gli uomini a vivere in maniera conforme alla creazione. La signora Sapienza personificata
diventa per la prima volta riconoscibile come sintesi della teologia della creazione nella redazione del
libro dei Proverbi, che ha posto Prv 1-9 e Prv 3 1, l 0-3 1 come cornice teologica attorno al libro. Le affermazioni sulla
signora Sapienza di Prv 1-9 e la poesia sulla donna saggia
di Prv 31, l 0-3 1 vanno posti tra loro in relazione quando li
si interpreta: la donna sapiente di Prv 31 è una concretizza zione paradigmatica di una vita conforme alla sapienza,
cioè conforme alla creazione, a cui Prv 1-9 chiama62•
1.1 CONTESTO E STRUTTURA DI PRV 8,1-36
All'interno della prima parte del libro dei Proverbi (Prv
1-9)63 sono Prv 8,1-36 e Prv 1,20-33 a rivestire una posizione eminente, in quanto presentano dei discorsi alla prima
persona singolare della personificata (signora) Sapienza.
Ambedue i discorsi sono tenuti in scenari simili:
«La Sapienza grida per le strade,
nelle piazze fa udire la sua voce;
dall'alto delle mura essa chiama,
pronunzia i suoi detti alle porte della città» (Prv 1 ,20s.).
«La Sapienza forse non chiama
e la prudenza non fa udire la voce?
In cima alle alture, lungo la via,
nei cro.eicchi delle strade essa si è posta,
presso le porte, all'ingresso della città,
sulle soglie degli usci essa esclama» (Prv 8,1-3).
Mentre i due brani interni illustrano la relazione della Sapienza con il 'mondo-prima-della-creazione' (B) e con l'evento della creazione (B'), i
due brani esterni descrivono il
suo rapporto con JHWH prima della creazione (A) e rispettivamente con JHWH, con il mondo e con gli uomini (A').
I quattro brani hanno ognuno un loro proprio profilo
linguistico e teologico.
l. Nel primo brano (A: v. 22s.) la Sapienza si presenta
come estrinsecazione originaria della vita dello stesso
JHWH. Da un lato essa è creata da JHWH, ma dall'altro
lato non è semplicemente come una delle altre opere della
creazione. Essa è formata «prima del tempo del mondo» e
«da sempre», cioè essa ha qualità divine simili a quelle che
il Sa/ 93 attribuisce all'essere-re di JHWH (c/. sopra). Essa
è il «principio della sua via» in ordine alla creazione; con la
sua creazione comincia l'esistenza di JHWH come creatore.
Essa è «il principio prima del principio» e, come tale, l'estrapolazione della stessa potenza creatrice di JHWH.
2. Il secondo brano (B: vv. 24-26) definisce il rapporto
della Sapienza precreaturale con il 'mondo-prima-dellacreazione' , che viene descritto nel già caratterizzato 'stilenon-ancora'. Sullo sfondo
c'è qui un edificio tripartito del
mondo (v. 24: inferi/oceano originario; v. 25 : monti come
sostegni del cielo e come fondamenta! colonne della terra; v.
26: il disco terrestre con i suoi due campi del suolo coltiva
·to e non coltivato), di fronte al cui non-essere-ancora la Sapienza annuncia la propria nascita. Essa è preesistente rispetto all'edificio del
mondo. Nei confronti di JHWH essa
è la figlia da lui generata. n testo adopera sì soltanto formulazioni passive («lo fui generata»), però dal contesto risulta
che solo JHWH può essere il soggetto della generazione.
Poiché questo brano e quello successivo adoperano, per
parlare delle opere vere e proprie della creazione, verbi desunti dal campo della tecnica edile (con in parte connota
:zioni giuridiche, cf più avanti), la metaforica della generazione e della nascita adoperata per parlare della Sapienza
ne sottolinea la posizione particolare: essa è il lato creatore
;dello stesso JHWH.
. 3. Il terzo brano (B': vv. 27-30) descrive l'evento della
;creazione del mondo. Mentre il secondo brano guardava
«dal basso verso l'alto per arrivare al centro», il terzo brano
çomincia due volte dall'alto e guarda ogni volta verso il
basso, prima di fermarsi sul disco terrestre. «In questo modo esso congiunge ogni volta tra di loro 'due piani del mon
do': il cielo (27 a) è collegato con il limite inferiore dello
spazio vitale umano (27b). Le nubi poste in alto (28a) , cioè
il confine tra la sfera umana e la sfera celeste, sono menzionate nel testo assieme alla massima profondità, alle fonti
dell'oceano originario (28b) . Poi i flutti d'acqua pericolosi
per la terra sono separati dallo spazio vitale umano (29a.b),
e a conclusione viene dato a tale spazio un fondamento e
vengono stabilite le sue basi (29c)»67• La creazione è pertanto qui descritta come «processo della separazione degli spazi vitali e del
contemporaneo loro reciproco collegamento»68. Non è però questa l'affermazione principale. L'affermazione principale ricorre nella prima e
nelle ultime righe
del brano, dove la Sapienza annuncia di essere stata presente all'evento della creazione, e precisamente accanto allo
stesso creatore. Dovunque egli era all'opera, in cielo o negli
inferi, ai margini del disco terrestre o vicino alle sue fondamenta, là essa era «con lui o accanto a lui».
4. n quarto brano (A': vv. 30b-31), che viene messo in risalto dalla sua artistica struttura chiastica ('delizia - mi rallegravo - mi rallegravo -
delizie') come il punto culminante
di questa parte, precisa il modo della presenza della Sapienza presso la creazione e nella creazione. Che il quarto brano
intenda proclamare la presenza della Sapienza non meglio
illustrata nel terzo brano risulta dalla ripresa dell' espressione chiave «io ero presente» (v. 30a e 30b) . Riprendendo costellazioni di
immagini e di miti egiziani e siriani69 la presenza della Sapienza è descritta come il sorridere, lo scherzar
e il danzare di una giovane donna felice di vivere, che delizia, ispira e erotizza il Dio creatore al punto che la sua opera diventa una vera
opera d'arte. Questa signora Sapienza
felice di vivere e meravigliosamente bella è in certo qual
modo l'idea plastica della creazione, che affascina JHWH e
lo fa diventare creatore, con lo scopo di riprodurre la sua
forma nell'opera d'arte del cosmo. n brano è perciò coerente quando poi conclude con una constatazione quasi paradossale, dicendo che la
signora Sapienza vuole continuare
adesso il suo gioco incantatore, dopo che il mondo è stato
creato, tra i figli degli uomini e con i figli degli uomini, affinché essi possano imparare a conoscere, per mezzo suo e
.con lei, il mistero della creazione e possano così vivere in
modo conforme alla creazione. Questa è in ogni caso la
conclusione che la quarta parte conclusiva del discorso didattico trae.
Nella quarta parte, costituita da 8,32-36, la Sapienza alterha esortazioni ad ascoltare, rivolte ai destinatari, e le beatitudini motivate e tipiche
della dottrina della vita:
32 Ora, figli, ascoltatemi,
beati quelli che seguono le mie vie.
3 3 Ascoltate l'esortazione e siate saggi,
non trascuratela.
34 Beato l'uomo che mi ascolta,
vegliando ogni giorno alle mie porte,
per custodire attentamente la soglia.
3 5 Infatti, chi trova me trova la vita,
e ottiene il favore di JHWH;
36 ma chi pecca contro di me, danneggia se stesso;
quanti mi odiano amano la morte.
La Sapienza, avendo presenziato alla creazione e avendo
i-spirato il creatore, conosce il mistero della creazione. Chi
91
vuole capire la creazione può andare a scuola da lei. Chi,
frequentandola, vuole imparare a vivere in maniera conforme alla creazione deve tener aperti gli occhi e il cuore, al fine di scorgerla e di
essere trasformato dall'incontro con lei,
in maniera simile a come un innamorato aspetta e vigila incessantemente davanti alla casa dell'amata per vederla e
non perdere la sua vista, quando ella esce di casa.
1.3 LA T6RAH,
PIANO ARCHITETTONICO DELLA CREAZIONE
Circa duecento anni dopo Prv 8, la teologia della creazione ivi delineata viene portata avanti in maniera significativa
nel libro di Gesù Sirach. Possiamo leggere come una riformulazione e come una continuazione di Prv 8 soprattutto
Sir 24. Come in Prv 8,1-3, in Sir 24,1-2 viene anzitutto costruito lo scenario per il discorso pubblico, che la sapienza
personificata tiene in 24,3-22. In questo discorso alla prima
persona singolare la sapienza descrive (in modo analogo a
Prv 8) la propria origine da Dio 'in principio' (24,3s.), la
propria presenza universale al momento della/nella creazione (24,5s.) e infine la propria ascesa a Sion (24,7-12), nonché la propria attività
creatrice fruttuosa svolta da Sion
(24,13 -17). Come in Prv 8, così anche in Sir 24,19-22 ella
conclude il suo discorso con un invito a percepire e ad accogliere la vita in lei presente:
19 Avvicinatevi a me, voi che mi desiderate,
e saziatevi dei miei prodotti. [. . . ]
22 Chi mi obbedisce non si vergognerà,
e chi compie le mie opere non peccherà.
Se questa prima parte di Sir 24 rimane ancora sul piano
enunciativo di Prv 8 (anche se l'origine della sapienza non è
più descritta con la metaforica della nascita e la sapienza
non agisce più come una donna giovane e giocherellona), la
seconda parte pone chiaramente nuovi accenti rispetto a
.Prv 8: Sir 24,23-34 identifica la sapienza con il libro della
Torah e precisa che la ricerca della sapienza consiste nello
studio della Tòrah. La Torah di Israele, che è «uscita dalla
bocca dell'Altissimo» (24,3) e che egli ha così «creato pri
·ma dei secoli, fin dal principio» (24,9) , è il progetto che ha
guidato JHWH nella creazione. Chi capisce la Tòrah, capi
.sce il mondo. Perciò la giusta interpretazione della T orah
·çontribuisce al mantenimento della creazione, e una vita
1conforme alla Torah è di conseguenza una vita conforme alla creazione .
. . Questa idea proposta in Prv 8 e in Sir 24, seconda la quale la sapienza è 'il principio' della creazione (Prv 8,22; Sir
�4,9), condusse poi a una rilettura di Gen 1,1. Comune a
.questi tre passi è il fatto che essi adoperano, nella loro teologia della creazione, il termine 'principio' (réshi'th). Se non
.l�giamo l'indicazione di Gen 1,1 beréshfth in senso tempo
.rale, 'all'inizio', bensì intendiamo la preposizione be nel sen
•o di 'per mezzo di, con', possiamo stabilire una sottile allu
·4.k>ne a Prv 8,22 e Sir 24,9: «Per mezzo del principio = per
·�ezzo della sapienza e della Torah, Dio creò il cielo e la
terra». E in effetti così il Targùm Neo/t'ti e il cosiddetto
·targùm in frammenti parafrasano la prima proposizione di
:.Gen l.
Alberto Mello
Le quattro colonne
della sapienza
Edizioni Qiqajon
Comunità di Bose.
in copertina: Emanuele Luzzati, Rabbi Loew, tecnica mista e collage su carta
(1995), Collezione privata
© 2017 Edizioni Qiqajon
Comunità di Bose
13887 Magnano (Bi)
SOTTO IL CIELO
IL LIBRO DEI PROVERBI
…
È troppo semplice, sebbene quasi tradizionale, definire il libro dei
Proverbi come un compendio di etica, in questo caso della moralità
israelita. Giudizio che si è rafforzato per il tono ottimistico che risuona
frequentemente nell’opera e per il quale la sapienza, intesa come giustizia, prospera mentre la follia, l’empietà, si autodistrugge. A questo è
dovuta la popolarità del libro nella cultura occidentale, sia per la vividezza del suo linguaggio, sia perché portatore di verità sempre
opportune. Il libro viene citato liberamente, molte volte anche in maniera
inesatta, e ha goduto di un’autorevolezza maggiore rispetto a molti
altri libri della Sacra Scrittura. Ciò nonostante, raramente nell’uso
popolare se ne riconosce la vera e propria acutezza.
Il libro è permeato da un codice morale, ma il suo vero intento è
quello di formare la persona, forgiare il carattere, mostrare ciò che è
realmente la vita e indicare come meglio affrontarla. L’approccio preferito è quello di andare alla ricerca di paragoni ed analogie tra la
situazione umana e tutto il resto (animali e il resto della creazione).
Il libro non vuole imporre alcunché, tenta piuttosto di persuadere il
lettore, di stimolarlo a una condotta di vita (sebbene si debba ammettere che lo stile dei capp. 1-9 è più dogmatico che il resto dell’opera).
Forse nessun altro libro della Bibbia si presenta così ordinato: le sue
parti principali sono segnate da titoli:
1.1 “Proverbi di Salomone” (questo funge da titolo all’intero corpo
dei trentuno capitoli così come dei capp. 1-9);
Riflessioni conclusive
1 ) STRUTTURA. Si tratta di una raccolta un po’ casuale dell’antica
Sapienza israelitica? Visto unicamente da un punto di vista strutturale,
il libro sembra molto di più di ciò. P. Skehan ha ritenuto che Fautore
abbia disposto le colonne portanti del testo seguendo il disegno di una
casa (che è stata chiamata “la casa della Sapienza” in 9,1 ), modellata
sul tempio di Salomone34. Si sia o meno disposti ad accogliere tutti i
dettagli architettonici di una tale ricostruzione, Tosservazione di
Skehan, comunque, riguardo al valore numerico dei nomi (e del termine hkmym, o “saggio”) nei titoli merita un’attenta considerazione.
In primo luogo 1,1 ha tre nomi, slmh, dwd, y sr ’l, il cui corrispondente numerico è 375, 14 e 541, per un totale di 930. Vedremo come
tale accenno nel titolo del libro viene avvalorato dal numero complessivo dei righi del libro, ovvero 930. Il titolo di 10,1, poi ha slmht
l’equivalente di 375, e questo è il numero dei singoli capoversi dei
proverbi in questa raccolta salomonica (10,1-22,16). In terzo luogo, la
collezione di “Ezechia” (i capp. 25-29) ha 140 capoversi o detti. Nel
titolo di 25,1 Ezechia è la parola che mette in funzione il tutto. Il valore numerico delle sue consonanti, può equivalere a 130 (così la
computazione a partire dal TM), 136, 140 o 146. La scelta corretta, tenendo conto dell’intero libro, e 140 (yhzqyh). Ancora, il termine
hkmym (il
titolo di 22,17 e 24,33) o “saggio" ha come valore numerico 118 e
questo è il numero dei capoversi di 22,17-24,32 e 30,7-33. In ultimo,
si può aggiungere a tutto questo il resto dei detti: 16 (per quelli di
Lemuel e di Agur) e 22 (il poema acrostico sulla donna di 31,1 Oss) per
un totale di 38, e 259 righi nei capp. 1-9.
Ne risulta: 259 righi per i capp. 1-9; 375 per 10,1-22,16; 118 per
i detti del hkmym di 22,17-24,32 e 30,7-33; 140 per i capp. 25-29;
38 per Lemuel e Agur ed il poema acrostico. La somma totale è 930
righi in tutto il libro, come si era accennato in 1,1. Di tale conteggio
non fanno parte le glosse che creano una certa armonizzazione in
1,16; 8,11; 24,33-34, sulle quali si sono interrogati molti studiosi
per varie ragioni35. Si deve dire, comunque, che un tale risultato non
può essere frutto di coincidenze. E ciò conduce a una conclusione
del tutto plausibile: la redazione finale del libro si deve alla mano di
una sola persona.
2) TEOLOGIA. Il cap. 8 ha un posto d’onore nella storia della teologia, inquanto è servito come origine nella controversia ariana della
chiesa primitiva. La personificazione della Sapienza è molto importante, come vedremo nel cap. 9 di questo nostro studio. M a i teologi
raramente hanno considerato il libro nella sua interezza come una
fonte teologica36. Non è il tipo di opera che trova commentatori tranne che per il grande riformatore Melantone, che scrisse ben due com
mentari sul libro! Generalmente, il libro viene considerato come una
specie di fonte per una guida morale e in questo senso si può annoverare dietro alla stessa Torah. Il suo contributo non è poca cosa, e si
può facilmente immaginare l’importanza delle raccolte come strumento di formazione morale tra gli israeliti. L’estensione dei proverbi, con
un contenuto che m ira alla persuasione p iu tto sto che
all’imposizione, ne deve aver fatto un’avvincente fonte per l’affermazione dell’ethos di gruppo.
Quest’approccio al libro che sa di utilitarismo non è comunque
ancora quello adeguato. Lo appiattisce infatti, attribuendogli il carattere di manuale di morale. Ci si dovrebbe attenere alla miscela
misteriosa dei capp. 1-9, ai modi in cui quest’introduzione al libro (una continuazione del program m a posto in 1,1-6) m odella una visione
teologica. La visione teologica può essere enunciata chiaramente: il
libro ha la pretesa di offrire al lettore “la vita” o la “salvezza”.
Quando i salmisti pregano per essere “salvati”, essi aspirano ad una
restituzione della vita piena nell’immediato presente. Così essa è
anche intesa nei Proverbi. La Sapienza personificata ha un kerygma:
annuncia la “sicurezza” (1,33) e la “vita” (8,35). L’insegnamento del
saggio è “fonte di vita” (13,14); ciò è riferito anche al “timore di Dio”
(14,27), che è anche principio di sapienza. La fonte e l’albero della
vita sono simboli frequenti: 10,11; 16,22; 3,18; 11,30; 13,12. “Vita”
concretamente significa onori e ricchezze (22,4), un buon nome (10,7;
22,1) e una lunga vita (3,16; 28,16). Il kerygma dei saggi si trova
anche in altri libri. Amos esortava Israele a cercare il bene e non il
male “affinché possiate vivere” (Am 5,14). In Is 55,1-3 Israele viene
invitato da Dio ad un banchetto: «Ascoltatemi e avrete la vita». La predicazione deuteronomica offriva ad Israele la scelta tra la vita e la
morte (Dt 30,15-20; cf. Sir 15-17). La messa in guardia qui è d ’obbligo. La vita è molto di più che i beni semplicemente materiali; questi
sono considerati sacramentali, segni cioè della benedizione di Dio (Prv
10,22).
Per molti lettori il concetto di vita si schiude sempre a nuovi significati (persino all’interno dell’Antico Testamento; cf. Sap 1,15;
2,23-3,3; ecc.). Ma la prospettiva di Proverbi è la vita nell’immediato
presente.
L’offerta della vita è un dono, poiché la Sapienza stessa è un dono di
Dio (Prv 2,16). Paradossalmente, comunque, la Sapienza non si può
conseguire senza lo sforzo umano. Viene anche rivendicato il bisogno
di disciplina e di obbedienza agli insegnamenti. La Sapienza si rivela
almeno con due facce in questo libro: essa chiama (nei capp. 1-9), ma
gli uomini devono rispondere (capp. 10-31)37.
Si potrebbe muovere qualche obiezione a questa interpretazione di
Proverbi in quanto il suo insegnamento ottimistico è in conflitto con il
libro di Giobbe e di Qoelet. Conflitto che non si può negare: la sofferenza del giusto non viene trattata adeguatamente in Proverbi (vedi
Pr\> 3,11-12), e Qoelet prende una dura posizione contro la tradizione
sapienziale, in quanto questa non fornisce le risposte agli interrogativi
37 C f. R o la n d E. M u r p h y , The faces o f Wisdom in the Book o f Proverbs, in
Mèìanges bibliques et orientaux en I'honneur de M. Mathias Delcor (AOAT 212. a
cura di A. C a q u o t ed altri), Neukirchener, Neukirchen-Vluyn 1985, 337-45.
Proverbi: la saggezza delle parole 51
che egli pone. Ma che esista una certa tensione tra le varie parti della
Bibbia (la descrizione della conquista in Giosuè paragonata al cap. I
dei Giudici) o airintem o di un singolo libro (Qoelet) non è niente di
nuovo.
Sarebbe un errore sottovalutare ciò che hanno conseguito i saggi la
cui eredità è raccolta in Proverbi. Si potrebbe dire che essi partecipano
della debolezza del Deuteronomio (sul problema della retribuzione),
ma anche della forza di molti salmi (per esempio. Sai 16.11 ; 23, 6).
…
SIGNORA SAPIENZA
Per motivi che a questo punto potranno apparire chiari (dalla visione femminista della sapienza personificata), sarebbe meglio parlare
forse di Donna Sapienza. Al cap. 9 ci interessava mettere ogni cosa in
chiaro, vale a dire esporre concisamente i dati biblici riguardanti la
Sapienza nella forma più obiettiva possibile, e penso di essere riuscito
a raggiungere questo obiettivo. Ho cercato anche di differenziare fra i
vari testi esam inati. Così la Sapienza di Prv 8 differisce dalla
Sapienza di Sir 24, nonostante alcuni punti di somiglianza. Il Siracide
identifica chiaramente la Sapienza con la Legge, mentre il testo dei
Proverbi che riguarda la Sapienza lascia aperta la sua identità e va
considerato alla luce della “donna straniera”, che funge da contrasto.
Dubito che si possa delineare un ritratto coerente della Sapienza nel
suo viaggio attraverso questi libri. Da un punto di vista ermeneutico
ho segnalato come i livelli più antichi dell’identità della Sapienza (ad
es., in Prv rispetto a Sir) conservino la loro validità. Non c’è bisogno
di combinarli insieme confondendoli, né lo stadio finale nello sviluppo della Sapienza è l’unica prospettiva valida. Personalmente ho cercato
(Murphy, 1994) di trarre da questi testi alcune conclusioni su
Dio, ma - a dire il vero — penso di non esserci molto riuscito. Un saggio scritto nel 1995 ha deliberatamente escluso la discussione teologica
(Murphy 1995, 233).
E stato scritto molto sullo sfondo della personificazione della
Donna Sapienza (vedi alle pp. 176-178, sopra), ma regna l’incertezza.
M. V. Fox (1995) ha mostrato in maniera definitiva che il parallelo
282 L'albero della vita
della Sapienza con l’egiziana Ma‘at non regge, né è valida l’associazione tra il presunto ordine del mondo nella sapienza israelitica e
Ma‘at.
Judith Hadley (1995, 234-243) ha passato in rassegna varie identificazioni della Sapienza con una qualche divinità. L’autrice ha analizzato i
dati di Prv 8 e Gb 28 per «esaminare se questa personificazione
della Signora Sapienza si riferisca o meno a una persona reale (una
divinità o una ipostasi), oppure se si tratti di un semplice espediente
letterario» (p. 234). L’autrice sembra essere favorevole a questa
seconda ipotesi, poiché esprime l’opinione che «la chiara apoteosi
della Signora Sapienza nella letteratura biblica non è una legittimazione del culto di una divinità “attuale”, ma piuttosto una compensazione
letteraria per lo sradicamento di questa divinità» (p. 236). La
sua dissertazione sul culto di Asherah è annunciata come «di prossima pubblicazione». Le scoperte di dipinti e iscrizioni a Kuntillet
Ajrud e Khirbet el-Qom hanno suscitato molte discussioni negli ultimi decenni, in particolare l’interpretazione di quello che sembra essere
un riferimento alla Ashera di yhwh. O. Keel e C. Uehlinger (1992,
237-282) si dicono fermamente convinti che queste scoperte non
hanno prodotto alcun argomento definitivo contro la tesi di uno jahvismo monoteistico in questo periodo (press’a poco nel see. vili) e che
di fatto esse militano contro l’esistenza di una paredros o consorte del
Signore (p. 282). Non diversa dalla “compensazione letteraria” di J. Hadley è l’ipotesi di J. Blenkinsopp (1995, 43-44; cf. anche 1991, 457-
473), secondo
cui la Donna Sapienza sarebbe stata creata come reazione alla “donna
straniera”: «Una linea più promettente di indagine, credo, inizia con il
presupposto che la Donna Sapienza di Prv 1-9 sia stata concepita
come contrapposizione all’influenza deleteria della Donna Straniera
la quale perciò costituisce la persona simbolica primaria in questi
capitoli. La Donna Straniera rappresenta culti stranieri, in particolare
quei culti caratterizzati da una forte componente sessuale» (1995,43).
Dietro a questo simbolo ci sono i culti della dea, in particolare i culti
di Asherah. Come abbiamo già segnalato, non c’è alcun motivo per
negare livelli di significato di queste figure in Prv 1-9, ma non c’è
alcuna prova chiara che mostri la direzione dell’influsso, in che modo
cioè una ha condizionato lo sviluppo dell’altra. Certamente, lo sviluppo della figura della Sapienza nei libri più recenti dipende dalla figura
della Donna Sapienza e non dalla “Donna Straniera”. La figura della
donna che è una “straniera” è tuttora oggetto di grande dibattito, ma
Supplemento 283
lo studio di C. Maier (1995) si dimostrerà fondamentale per la soluzione del problema. L’autrice analizza i testi pertinenti e situa questa
donna sullo sfondo postesilico al quale essa appartiene.
..
Proverbi 8
Proverbi 8 è il testo fondamentale per lo studio della Signora
Sapienza, poiché essa parla a lungo in prima persona (come fa pure,
ma più brevemente in 1,22-23 e 9,4-6). In ciascuno di questi esempi,
essa viene introdotta in modo simile; cf. 8.13 con 1,20-21 e 9,3. Il suo
appello è pubblico e universale (anche agli stolti e ai semplici). Per
prima cosa rivendica l’onestà e l'integrità del suo messaggio: in netto
contrasto con colei che parla in modo mellifluo, la donna “straniera" di
Prv 2,16; 5,3; 6,4; 7.21; la Sapienza offre 'émet e sedeq, verità e giustizia (8,7-8). Questa affermazione implicitamente dice di più che
semplice onestà; queste parole sono associate al Signore che è veritiero
( ’émunà) e giusto (saddìq) - tale è la via della Sapienza e della virtù.
Non sorprende che il suo insegnamento non abbia prezzo (8.10-11);
una dichiarazione che viene ripetuta molte volte nella letteratura
sapienziale (Prv 2,4; 3,14-16; Gb 28J 5-29; Sap 7,8; 8,5); 8,11, invero.
La Signora Sapienza 1 7 5
ripete 3,15 ed è palesemente una glossa perché non è nello stile
dell'appello in prima persona che la Signora Sapienza sta indirizzando.
In 8,12-16 essa continua la descrizione delle elevate qualità che lei
trasmette (il testo ebraico pone Taccento s u lf “io” o ego in tutti i
numerosi versetti successivi): prudenza, conoscenza e avversione a
qualsiasi cosa cattiva. Proprio le qualità di consiglio, fortezza e intelligenza rendono la Sapienza il fondamento del governo regale (queste
qualità sono divine secondo Gb 12,13 e per Is 11,2 sono doni dello spirito del Signore alla figura messianica). Non solo i regnanti, ma
chiunque l'amerà (vv. 17-21) avrà l'opportunità di arricchirsi. Poi viene il
celebre brano sulle sue origini: 8,22-31.
Il Signore generò la Sapienza come primogenita (fckgenerò"= "creò"
secondo la l x x ; altri intendono "acquistò", come se la Sapienza provenisse da un’altra area e fosse quindi utilizzata poi dal Signore)4.
L’enfasi sulle origini divine continua nei vv. 24-25 ("generata’',
“nata"). L’origine della Sapienza prima della creazione viene affermata in circa mezza dozzina di modi (8.23-29). Ciò permette al poeta di
dare una descrizione del cosmo, superiore e inferiore, che conduce ad
un’affermazione del posto proprio della Sapienza nella creazione:
A llora ero con lui co m e ’m w n.
e mi d ilettavo giorno per giorno,
giocan d o davanti a lui tutto il tem po,
giocan d o sulla superfìcie della sua terra,
e la m ia delizia (era) con il gen ere um ano (8,30-31 )
Questa traduzione letterale rispetta il mistero di Vmvrc, il cui significato, come abbiamo visto, è incerto (“l'artefice”? Allora la Sapienza
avrebbe un ruolo nell’attività creativa; “la prediletta”? Allora il ruolo
della Sapienza sarebbe quello di un bambino che sta semplicemente
giocando). In ogni caso, si dovrebbe prestare la dovuta attenzione alla
significativa ripetizione di “dilettarsi/delizia” e di “giocando”. La l x x
interpretò la delizia del v. 30c come delizia del Signore, ma il testo
dice semplicemente che è la Sapienza ad essere piena di delizia, e il v.
31 mostra come tale delizia viene associata all’umanità (oltre che a
Dio). La delizia viene ulteriormente qualificata con il riferimento al
“giocare” in presenza di Dio sulla faccia della sua terra. Possiamo
Sapienza, che in qualche modo è connessa con la sua associazione con
il genere umano. Il brano rimane misterioso.
La conclusione del discorso (8,32-36) è molto chiara e diretta. Inviti
a prestare ascolto (per tre volte in 32-34) e beatitudini sono diretti a
coloro che consacreranno se stessi al conseguimento della Sapienza.
Ma il v. 35 è sorprendente:
Chi trova me, ha trovato la vita e ottiene il favore del Signore.
È la ben nota associazione tra la vita e la Sapienza, ma resa in modo
molto personale (“chi trova me”). C’è qui una interessante sovrapposizione con Prv 18,22:
Chi ha trovato una moglie ha trovato una fortuna,
e riceve il favore del Signore.
Il “trovare” (cioè, ottenere) una buona moglie viene visto come un
grande dono nei Proverbi (18,22; 31,10) - così è anche il “trovare'’ la Signora Sapienza (8,35; cf. 3,13; 8,17). È una questione di vita o di
morte (8,36).
Questo straordinario discorso della Signora Sapienza sembra avere
un proposito deliberato all’interno del libro; se Prv 1-9 rappresenta
r “introduzione” alle successive collezioni di singole massime, questa
figura potente e stimolante assorbe tutta la Sapienza pratica d’Israele
dentro l’orbita della sua attività. E tuttavia ciò non può esaurire il
senso di una persona che, originata da Dio prima della creazione, è
causa di gioia e di diletto sulla terra, ed è coinvolta con gli esseri
umani. Le funzioni della Sapienza sono molteplici; sono estese quanto
la vita stessa, in armonia con le sue eterne origini dalla fonte di tutta la
vita. Come vedremo, questo personaggio “aperto”, come è la Signora
Sapienza, permise ai saggi posteriori di fare ulteriori aggiunte e di conseguire così una formidabile descrizione di lei stessa e delle sue
attività. E persino quando è specificamente identificata alla Torah da
Sirach e da Baruch, non è totalmente delimitata - essa sembra trascendere persino i più nobili limiti.
La questione dell’identità della Sapienza in Prv 8 ha rappresentato
una sfida particolarmente allettante per gli storici delle religioni, e la
questione rimane tuttora irrisolta. B. Lang ha soppesato attentamente i
Lo Signora Sapienza 177
vari tentativi di catturare le origini elusive di questa figura5. Egli ha
rifiutato la tesi dell’influenza cananea/assira che è stata proposta sulla
base del testo incerto di Ahiqar (vedi Appendice). In Ahiqar non è presente alcun discorso pronunciato da una dea della Sapienza, né la
Signora Sapienza ha tratti di una dea assira. Una tesi più solida è quella che vede una relazione tra la Sapienza e la ma'cit egiziana (si ricordi
che la “giustizia” astratta o ma'at era anche personificata come dea).
La descrizione di ma*at sembra aver influenzato la presentazione della
Sapienza in Prv 1-9 (vedi Appendice), sebbene questa influenza sia
meno evidente in Prv 8. Lang stesso giungeva alla conclusione che la
figura era una personificazione della scuola sapienziale: «una ricostruzione didattica finalizzata a lasciare un’impressione sullo studente»6.
Ma quando Lang tornò sull’argomento nella traduzione inglese e nella
revisione del suo studio, sostenne che Israele aveva un passato politeistico in cui veniva onorata una dea della Sapienza come la «patrona
dell’educazione e dell’istruzione dello scriba»7. Egli ha poi ipotizzato
che questa venne intesa come una semplice personificazione di genere
poetico, rappresentante «l'insegnamento sapienziale con le sue ingiunzioni morali»8. Così essa venne ricevuta nel canone biblico.
Teorizzazione certo ingegnosa ma altamente incerta.
Gerhard von Rad ha ritenuto che, soprattutto in Prv 8,22-29, «è
stato preso chiaramente in prestito lo stile di una specifica proclamazione divina egiziana, e che nei vv. 30ss l'idea egiziana di una divinità
innamorata della verità personificata (ma*at) in qualche modo si è
introdotta, seppur non senza modifiche interne, nel nostro poema
didattico... Ma cosa prova tutto ciò? Solamente che idee che avevano
di esse, per poter progredire nel suo pensiero all’interno dei suoi propri
ambiti»9. Von Rad vedeva la Signora Sapienza come una personificazione delfordine del mondo che egli considerava come centrale nel
pensiero sapienziale. Comunque, «la caratteristica più interessante
della nuova impostazione è che questo ordine del mondo si rivolge,
come una persona, agli uomini corteggiandoli e incoraggiandoli con
un discorso diretto. Ciò che qui è oggettivato, quindi, non è un attributo di Dio, ma un attributo del mondo, e cioè quel misterioso attributo,
in virtù del quale essa si rivolge agli uomini per mettere ordine nelle
loro vite»10. Se si ammette la centralità dell’ordine nel pensiero sapienziale, così come fanno tanti studiosi, allora la conclusione di von Rad
è
logica. La sapienza personificata è per lui ‘T autorivelazione della
creazione” (il titolo che egli dà alla trattazione di questo argomento nel
cap. 9 del suo Sapienza in Israele).
Comunque, le stesse origini e l'autorità della Sapienza suggeriscono
qualcosa di più che la personificazione di un ordine della creazione. La
Sapienza è in qualche modo identificata con il Signore. Il richiamo
della Signora Sapienza è la voce del Signore; lei è la rivelazione di
Dio, e non semplicemente l’autorivelazione della creazione. Lei è la
chiamata divina emessa nella e attraverso la creazione, che risuona
attraverso il vasto reame del mondo creato, e udita a livello delf esperienza umana. Questo è il compito che sembra esserle assegnato in Prv
8,31. La descrizione anteriore di von Rad della Signora Sapienza era
più accurata:
Non è meno corretto dire che la Sapienza è la forma in cui la volontà
di Jahweh ed il suo farsi compagno dell’uomo (cioè, la sua opera salvifica) accostano l’uomo. La Sapienza è l’essenza di ciò di cui l’uomo
ha
bisogno per una vita giusta, e che Dio gli concede. Inoltre, la cosa più
importante è che la Sapienza non si rivolge all’uomo sotto forma di un
soggetto "neutro”, insegnamento, guida, salvezza o cose simili, ma di
una persona, un "io” che lancia un invito. Così la Sapienza è davvero la
forma in cui Jahweh si fa presente e in cui desidera farsi cercare
dalfuom o. «Chi trova me, trova la vita» (Prv 8,35). Solo Jahweh può
parlare in questo modo. E tuttavia, la Sapienza non è Jahweh stesso; è
qualcosa di separato da lui: infatti, designa se stessa come creatura di
9 Vo n R a d , Wisdom in IsraeL c it.. 153.
10 V o n R a d , Wisdom in Israelyc it., 156.
La Signora Sapienza 179
Jahweh, quantunque la primogenita tra tutte le creature (P rv 8,22) e si
identifica con i pensieri che Dio nutriva in sé nel creare il mondo (Prv
3,19)".
Non si deve scegliere tra Dio e la creazione nella Signora Sapienza,
come fa von Rad. In definitiva, la rivelazione della creazione è la rivelazione di Dio. Dio parla attraverso la Sapienza/creazione, che è rivolta
agli uomini e parla con gli accenti di Dio. Questa è la nota fondamentale di Prv 8. P. 178
Roland E. Murphy
L’ALBERO DELLA VITA
Una esplorazione
della letteratura sapienziale biblica
seconda edizione aumentata
Editrice Queriniana
Titolo originale
The Tree of Life.
An Exploration o f Biblical Wisdom Literature
(The Anchor Bible Reference Library)
© 1990 by Doubleday (a division of Bantam Doubleday
Dell Publishing Group, Inc.), New York (U.S.A.)
© 1996 per il Supplemento
by William B. Eerdmans Publishing Company,
Grand Rapids, Michigan (U.S.A.)
© 1993, 20002 (aum.) by Editrice Queriniana, Brescia
via Ferri, 75 - 25123 Brescia (Italia)
tel. 030 2306925 - fax 030 2306932
internet: www.queriniana.it
e-mail: direzione@queriniana.i
La scienza vale più delle perle: era già stato detto precedentemente nel capitolo 3:
Beato l’uomo che ha trovato la sapienza e il mortale che ha acquistato la prudenza
perché il suo possesso è preferibile a quello dell’argento, il suo provento a quello
dell’oro. Essa è più preziosa delle perle e neppure l’oggetto più caro la uguaglia. (Pr
3,13-15)
Forse ci viene in mente qualcun altro che ha detto che il Regno dei cieli è come una perla preziosa
per la quale si può vendere tutto il resto.3
E dice ancora:
Io, la Sapienza, possiedo la prudenza e ho la scienza e la riflessione. Temere il Signore è
odiare il male. (Pr 8,12)
Questa volta pone l’accento sull’aspetto negativo, su quello che viene rifiutato a motivo del timore
del Signore:
Io detesto la superbia e l’arroganza, la cattiva condotta e la bocca perversa. A me
appartiene il consiglio e il buon senso. Io sono l’intelligenza, a me appartiene la
potenza. (Pr 8,13-14)
È vero che il termine “buon senso” mi faceva pensare, perché l’uso che ne facciamo abitualmente è
quasi svalutativo, perché si tende a considerare il buon senso come qualcosa di un po’ piatto; ora
forse, cercando di recuperare il suo senso primo, un suo valore, un suo significato più positivo
potremmo definirlo come un’acquisizione paziente, fatta con molti confronti e molti dialoghi (già,
perché la parola dialogo può venire anche buona...). La sapienza, il tema sapienziale apre la strada
al motivo del dialogo, della riflessione comune. È vero che il testo, così come ci arriva, è molto
formale: questo è giusto, questo è sbagliato, questo è saggio e questo è stolto e così via, ma questo è
il frutto, è il risultato di tutta una lunga storia in cui il motivo del confronto, il motivo del guardarsi
in faccia, del parlare, così presente d’altra parte anche nella tradizione di Israele e rabbinica,
qualcosa del genere ci sarà, ma adesso non saprei dire con maggior precisione.
Per mio mezzo regnano i re. (Pr 8,15)
È uno degli aspetti che viene fuori spesso, è una sapienza che sembra avere a che fare soprattutto
con gente di corte, gente che si trova ad avere incarichi di un certo rilievo e anche questo ha dei
paralleli in testi sapienziali non ebraici, che ho evocato, non commentato, non presentato.
Per mezzo mio i capi comandano e i grandi governano con giustizia. (Pr 8,16)
Qui non vengono fuori i problemi delle ingiustizie, del fatto che l’autorità può essere fuorviante e
prepotente; vengono fuori altrove. Si parte da una certa situazione di fatto che si assume per quello
che è. Questo fa pensare - non so se si possa dire teologicamente parlando - al canone con la sua
varietà, proprio perché ci sono voci diverse, apparentemente anche contraddittorie, per lo meno una
che corregge l’altra all’interno. L’abbiamo detto altre volte a proposito di certe affermazioni di
Qoèlet. Qoèlet appassiona, i Proverbi un po’ meno da questo lato, perché sembra che tutto sia,
come dire, messo sul piano di una saggezza ben riconoscibile e in cui le cose stanno tutte
abbastanza a posto. Ma dicevamo già prima che è una forma, un aspetto di saggezza che arriva a un
certo punto e che ha la sua crisi a suo tempo.
Proseguendo qui dice: “Io amo coloro che mi amano” (Pr 8,17). La sapienza dice questo e qui si
potrebbero fare anche dei paralleli neotestamentari, perché questo motivo di una risposta, di una
corrispondenza, di un essere insieme, di un essere in sintonia potrebbe essere facilmente
commentato, addirittura i paralleli della Bibbia di Gerusalemme richiamano dei passi di Matteo e di
Giovanni. “E quelli che mi cercano, mi troveranno” (Pr 8,17), e questo è un motivo che sappiamo
bene quanto è diventato propriamente evangelico.
Presso di me c’è ricchezza e onore e sicuro benessere ed equità, il mio frutto vale più
dell’oro, dell’oro fino, il mio provento più dell’argento scelto. Io cammino sulla via
della giustizia e per i sentieri dell’equità [queste sono parole chiave della tradizione
d’Israele] per dotare di beni quanti mi amano e riempire i loro forzieri. (Pr 8,18-21)
Questo lo accenno soltanto per sviluppi da fare un’altra volta , se si potrà: la ricchezza è vista bene,
non è vista così male, purché sia giusta, purché non sia una ricchezza acquisita male. D’altra parte
la preoccupazione dei poveri c’è. Molte volte ritorna questo motivo della necessità di essere
disponibili, di essere attenti a chi si trova in necessità. E poi comincia la parte più caratteristica che
è quella della sapienza che si presenta come la prima realtà della creazione che è accanto a Dio da
sempre. Si capisce che questo sarà uno di quei testi che diventeranno di notevole peso nello
sviluppo di una teologia, di una cristologia:
Il Signore mi ha creato all’inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, fin d’allora.
Dall’eternità sono stata costituita, fin dal principio, dagli inizi della terra. Quando non
esistevano gli abissi, io fui generata, quando ancora non vi erano le sorgenti cariche
d’acqua; prima che fossero fissate le basi dei monti, prima delle colline, io sono stata
generata. Quando ancora non aveva fatto la terra e i campi, né le prime zolle del mondo;
quando egli fissava i cieli, io ero là; quando tracciava un cerchio sull’abisso, [...] quando
stabiliva al mare i suoi limiti, sicché le acque non ne oltrepassassero la spiaggia; quando
disponeva le fondamenta della terra, allora io ero con lui come architetto ed ero la sua
delizia ogni giorno, dilettandomi davanti a lui in ogni istante; dilettandomi sul globo
terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo. (Pr 8,22-31)
Un’osservazione proprio molto rapida che sarebbe interessante sviluppare più analiticamente, più
minuziosamente: c’è proprio una corrispondenza qui. La sapienza è la delizia di Dio e nello stesso
tempo la sapienza ha la sua delizia tra gli uomini. La sapienza si diletta davanti a Dio e si diletta nel
mondo. Questo singolare collegamento, che ha qualche cosa anche di fortemente - come posso dire
9
– estetico, è visto su un piano non di produttività: in questo momento c’è proprio questa specie di
gioco, di felicità per una bellezza, per qualcosa di avvincente, di affascinante, di amabile.
Subito dopo dice:
Ora, figli, ascoltatemi: beati quelli che seguono le mie vie! Ascoltate l’esortazione e
siate saggi, non trascuratela! Beato l’uomo che mi ascolta, vegliando ogni giorno alle
mie porte, per custodire attentamente la soglia. Infatti, chi trova me trova la vita, e
ottiene favore dal Signore; ma chi pecca contro di me, danneggia se stesso, quanti mi
odiano amano la morte. (Pr 8,32-36).
Mi è venuto proprio da pensare “Ascolta, Israele” (cfr. Dt 6,4) anche se non è “Ascolta, Israele”, ma
qui è “Ascolta la sapienza”: detto proprio in questo certo modo, mettendo bene in guardia. Lo
ricordiamo tutti, il Deuteronomio:oltre ad avere l’ “Ascolta Israele” verso la fine ha l’indicazione
“scegli la vita” (cfr. Dt 30,19). C’è la vita e la morte. In un contesto alquanto diverso, però c’è
questa specie di convergenza per altra via e senza dirlo, con una serie di accostamenti che per un
orecchio attento, un orecchio abbastanza attento, affiorano presto. È in qualche modo un punto
culminante questo e a me veniva da pensare allora - ma non sono stato in grado di rifletterci molto –
che certamente sarebbe improprio porre la questione nei termini di grazia e libero arbitrio, ma qui fa
molto pensare al libero arbitrio. Questo passaggio dei Proverbi, all’interno di un discorso così
congegnato con tutta una serie di riferimenti molteplici, che vogliono aiutare a fare chiarezza, trova
qui il suo vertice: “potete restare indifferenti a uno splendore di questo genere?” Sembra proprio
che dica così. Si arriva alla fonte, questa fonte in Dio di una sapienza che è immersa in lui e viene
da lui ed effonde splendore, effonde bellezza, effonde attrattiva. Certo non dice: “Quando sarò
elevato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32), ma vuole essere una dichiarazione invitante: “che
cosa aspettate a venire?” Altrimenti a questo punto bisogna proprio non che uno non capisca nulla,
possiamo proprio dire così, visto che siamo sul piano dell’intelligenza, della comprensione. Finisco
subito. Dico una cosa soltanto, un suggerimento breve in rapporto al Nuovo Testamento. Non è che
adesso vada a vedere tutti i passi sulla sapienza citati nel NT, però due o tre, un paio, forse uno solo.
Prima vi voglio dare un riferimento ebraico. Nella tradizione di Israele il libro dei Proverbi è anche
molto vivo, molto presente. C’è nella tradizione un detto che ha come autore Rabbi Achibà, uno dei
massimi rabbini, muore martire nel II secolo, al tempo della rovina che i romani portarono, negli
anni 135 circa. Egli affermava:
Caro a Dio è l’uomo, che fu creato a sua somiglianza, ma egli ebbe una speciale
predilezione poiché gli fu reso noto il fatto di essere stato creato a immagine di Dio,
secondo quanto è detto: “Poiché a immagine di Dio fece l’uomo” (Gen 1,27).
Cari a Dio sono i figli di Israele, i quali furono chiamati figli di Dio. Una speciale prova
di predilezione Dio diede loro rendendo noto che furono chiamati figli di Dio secondo
quanto è detto: “Figli voi siete di Dio, del Signore vostro Dio” (Dt 14,1).
Cari a Dio sono i figli di Israele ai quali fu dato un dono delizioso, cioè la Torah, ma
Dio aggiunse una speciale dimostrazione di affetto rendendo loro noto che fu loro dato
quell’oggetto col quale fu creato il mondo, cioè la sapienza. Secondo quanto è detto,
poiché vi diede un buon insegnamento: “non abbandonate la mia voce” (Pr 4,2).
IL MASHAL ( = PROVERBIO)
Quali forme assume la sapienza popolare per esprimersi e diffondersi ?
Possono essere diverse : il discorso parenetico (precetti morali spiccioli) come nel già citato
testamento di Tobi, la favola o l'apologo (si pensi al repertorio di Esopo o di Fedro). Ma la
forma ordinaria, più comune, efficace ed universale è costituita dal proverbio. Essi
costituiscono la sapienza del genere umano.
"Fra i tesori della sapienza sono le massime istruttive" (Sir 1,22).
10 In compagnia della sapienza.doc
24
- "Il mashal è la forma o genere letterario esclusivamente sapienziale" (Alonso). Quello che è
l'oracolo nella letteratura profetica, lo è il proverbio nel genere sapienziale. Conviene
fermarsi un istante ed approfondire la nozione di "mashal".
Il libro classico al riguardo è quello di O. EISSFELDT, Der Maschal im Alten Testament,
BZAW 24 (1913)
Il termine "mashal" ha un significato multiplo, che deborda il senso di proverbio. E'
interessante rilevare che la stessa parola oltre che sostantivo può anche essere verbo ed allora
significa "dominare" : il proverbio è un modo di "dominare - controllare - governare" la vita.
Il termine si applicava inizialmente a detti popolari brevi, caustici, incisivi : "come Nimrod,
valente cacciatore davanti al Signore" (Gn 10, 9) ; "Come dice il proverbio antico : Dagli
empi esce l'empietà e la mia mano non sarà contro di te" (1Sm 24,14) ; Ez 16,44 : "Ecco ogni
esperto di proverbi dovrà citare questo proverbio a tuo riguardo : Quale la madre, tale la
figlia" ecc ...
"Con il passar del tempo al detto popolare succede la sentenza più stilizzata secondo le norme
del parallelismo. In questo nuovo ambiente, quello dei saggi, il mashal amplia il suo campo ;
non riguarda più detti o brevi sentenze, ma anche aforismi, enigmi, poemetti numerici di
carattere profano e religioso" (Alonso).
"Il libro dei Proverbi è il più tipico delle letteratura sapienziale di Israele" (BJ) "Il più
rappresentativo dei sapienziali biblici.
In esso si incontrano le testimonianze più antiche e più raffinate dello stile letterario
sapienziale, che assomigliano abbastanza ad esemplari di altre letterature, per es. quella
dell'Egitto" (Vilchez).
In quest'opera si coglie la evoluzione del genere didattico nelle sue forme (da quelle più
semplici a quelle più elaborate) e nei suoi contenuti (dai temi di sapienza popolare o borghese
agli argomenti più profondi ed impegnativi. "Contiene senza dubbio l'essenza della sapienza
israelitica con il suo duplice volto : quello della sapienza popolare anche se stilizzata dai
saggi e quello della sapienza di scuola"(Vilchez).
- La tradizione testuale di Pr ci ha trasmesso una forma ebraica che presenta molte difficoltà
di comprensione ; alcuni termini risultano quasi intraducibili e spesso manca un contesto che
orienti a capire il loro significato. La versione greca si differenzia notevolmente dal TM e
presenta notevoli aggiunte (circa 130 stichi).
La maggioranza delle varianti sembra intenzionale, quasi frutto - come si sostiene
comunemente - di una interpretazione di tendenza haggadica.
Esse si trovano soprattutto nel manoscritto B.
"C'è da domandarsi se i LXX siano una specie di targum del TM oppure se sia legittimo
pensare a una duplice Vorlage ebraica : una confluita nel TM e un'altra nella versione dei
LXX. La Chiesa cattolica ha accolto e conservato sia il testo ebraico che il testo greco"
(Bonora).
TITOLO DEL LIBRO
"Proverbi di Salomone, figlio di Davide, re di Israele",
Abbiamo già visto che il termine ebraico "mashal" ha un ampio ventaglio di significati che
vanno dal semplice detto popolare alla sentenza raffinata, alla parabola e alla allegoria.
L'attribuzione salomonica è un indizio della tradizione creata dall'Illuminismo salomonico e
del prestigio di cui godeva il figlio di Davide nella corrente sapienziale. Del resto due
collezioni sono ricondotte esplicitamente a Salomone (10,1-22,16 e cc 25-29) ; secondo gli
studiosi rappresentano il polo di attrazione delle altre collezioni.
Il libro dei Pr concentra in effetti il prodotto del filone didattico di Israele, come il libro di Is
condensa la profezia e il Salterio colleziona la poesia religiosa destinata alla preghiera.
Una catena di autori anonimi ha coniato e collezionato i proverbi biblici ; non sapremo mai
chi sono, ma poco importa, perché ciò che resta è il prodotto finito e quello si può consumare,
perché di solito eccellente.
COMPOSIZIONE DELL’OPERA
I proverbi non sono un'opera unitaria, un poema didattico con sviluppo concettuale,
un trattato di buona condotta che obbedisca ad un piano regolatore. La struttura di superficie
è data da sottotitoli che compaiono nel testo biblico stesso e che aprono le diverse sezioni.
Il libro è eterogeneo e si presenta come una "collezione di collezioni " (TOB). La
maggioranza degli autori propone una suddivisione in nove raccolte o parti. Le passeremo in
rassegna, accennando anche al loro contenuto e all'epoca di composizione,
^ Prima Collezione (cc 1-9)
si apre con il titolo e propone il programma e lo scopo dell'intero libro. E' un'opera rivolta
primariamente all'insegnamento : vedere i cinque infiniti finali dei primi versi.
"Il tema o argomento principale è l'invito che il padre fa al figlio ad acquisire la sapienza,
cioè il buon senso e la prudenza della vita e a fuggire dai pericoli che accecano : le cattive
compagnie e in particolare quella della 'donna straniera'. Predominano i consigli ...
Sono degni di rilievo i discorsi della sapienza personificata, che parla della sua propria
origine e si raccomanda da sé (1,22-32 e 8,4-56) ; timidamente alza la voce 'Donna stoltezza'
(9,16-18) ...
La forma letteraria è unica nella letteratura israelitica fino a questo momento ... lo spirito che
si respira è profondamente religioso e jahvista. Tutti questi elementi sono decisivi per la
datazione tardiva della collezione" (Vilchez). Siamo in epoca postesilica.
Caratteristico di questa sezione è l'uso dell’appellativo "beni" = figlio mio ; secondo qualche
commentatore (Whybray) articola la collezione in dieci grandi paragrafi.
Per la fuga dai cattivi compagni cf 1,8-19 ; 4,10-19 ; 6,12-15
Per la messa in guardia contro la donna straniera si consulti : 2,16-22 ; 5,1-23 ; 6,20-35 ; c 7
Questa prima parte può essere vista come una grande introduzione generale all'opera intera,
composta forse dallo stesso redattore finale ed editore del libro, "molto probabilmente verso
la metà del secolo terzo aC" (Vilchez).
Il carattere recente di queste prima parte è documentato dalla evoluzione delle forme
letterarie sapienziali e dal maturare dei temi, specie quello della i-postatizzazione di Hokmah.
^ Seconda collezione (10,1-22,16)
porta come titolo "Proverbi di Salomone". E' una raccolta eterogenea di sentenze, una
antologia di brevi massime riunite senza un criterio coerente. Fin dal primo verso si avverte
che siamo passati ad un altro mondo letterario ; dai componimenti della prima parte al verso
corto di due emistichi. "Ogni proverbio sta a se, come unità indipendente, slegato dagli altri e
senza contesto, cosa che rende più difficile l'interpretazione. E’ possibile distinguere alcuni
piccolo raggruppamenti di proverbi collegati da parole-richiamo o dal tema omogeneo"
(Bonora).
Complessivamente abbiamo e che fare con 376 sentenze, che concernono per lo più la vita
morale : "ve ne sono di ingegnose ed acute, però in buona parte ci risultano convenzionali e
monotone" (Alonso).
Sono per lo più delle massime, i consigli sono rari. Le materia è eterogenea e si estende alla
vita intera nelle sue varie circostanze ed aspetti. Predomina il pragmatico e il profano sul
religioso.
"I temi trattati sono i più vari, numerosi come i fatti e le situazioni della vita quotidiana.
Domina sempre il desiderio di cogliere nel mondo un ordine e di elaborare di conseguenza,
norme di comportamento per il saggio che vuole vivere in sintonia con il cosmo e con
l'umanità. Sovrana fonte di sapienza è sempre la riflessione sull'esperienza" (Bonora).
Dato il carattere isolato delle massime, è difficile trattenere la attenzione in una lettura
cursiva e continuata del testo ; aiuta di più spigolare qua e là e assaporare una ad una le
singole massime. Questa prima raccolte salomonica è uno dei pilastri del libro intero ; sopra
la sua relativamente alta datazione esiste convergenza di pareri.
^ Terza collezione (22,17-24,22)
porta come titolo "proverbi dei saggi = massime dei maestri".
Questo terzo libro potrebbe essere del V-IV secolo aC date le sue caratteristiche tipicamente
"scolastiche". E' una collezione di 30 proverbi, "corrispondente - come dice Garbini - a un
mese lunare".
"In rapporto alla seconda sezione lo stile cambia notevolmente ; ai distici seguono strofe di 4
versi ; predomina l'uso della seconda persona come è proprio dei consigli. Ciò che non
cambia è la nota di varietà ed eterogeneità nel contenuto" (Alonso).
"E’ uno stile che sembra riflettere da vicino la relazione tra maestro e alunno. Questa raccolta
ha tutte le caratteristiche di un manuale scolastico su svariati argomenti.
Particolarmente grazioso e raffinato è il quadretto sull'ubriacone (23,29-35) descritto con
pathos e fine ironia. L'arte poetica è più elevata che nel libro II ; notevole è l'uso di squisite
metafore" (Bonora).
Gli autori hanno intravisto una parentela tra 22,17-23,11 con l'opera della sapienza egizia che
porta come titolo "Istruzione o insegnamento di Amenemope" (1000-600 aC). Il parere
dominante è che Pr sia posteriore ad Amenemope e che dipenda letterariamente da essa,
benché non in modo servile.
^ Quarta collezione (24,23-34)
"Anche queste sono parole dei saggi". Seconda breve collezione di massime di maestri, molto
simile alla precedente. Spicca il ritratto del pigro in 24,30-34.
^ Quinta collezione (cc 25-29)
Secondo la soprascritta, della cui attendibilità non vi è ragione di dubitare, "Anche questi
sono proverbi di Salomone, trascritti dagli uomini di Ezechia re di Giuda".
E' la seconda collezione salomonica e la parentela con la prima è evidente. La sapienza di
Israele si arricchisce con l’apporto probabile dei fuggitivi di Samaria. La collezione è databile
dunque verso il 700 aC.
Comprende 128 sentenze tra le più felici di tutta l'opera. Osserva Vilchez : "Leggere Pr 25-27
è una delizia. In questi capitoli si incontrano i proverbi più puri in forma e contenuto. Vi
trabocca la sapienza popolare in una forma perfetta. Sono bellissimi i proverbi che utilizzano
fenomeni atmosferici delle natura come termini di paragone. Predominano i distici con
parallelismo antitetico".
Circa i contenuti possiamo rilevare l'interesse per la persona del re data l'origine delle
collezione alla corte di Ezechia.
"La prima parte (cc 25-27) contiene la più antica presentazione sapienziale della dottrina
della retribuzione, intesa nel senso che ad ogni atto segue una conseguenza proporzionata per
connessione quasi automatica, in obbedienza a leggi universali poste da Jahvè (tale teoria è chiamata dai tedeschi Tat-Ergehen-
Zusammenhang). Si tratta di una constatazione derivata
dall'esperienza, non di un Vergeltungsdogma, cioè di una teoria generale della retribuzione
elevata a dogma.
Leggiamo ad es Prv 26,27 : 'Chi scava una fossa vi cadrà dentro, e chi rotola una pietra, gli
ricadrà addosso'.
L'uomo è punito dalle sue stesse azioni, le quali riversano su di lui il male che egli vuole fare
agli altri" (Bonora).
I cc 28-29 (seconda parte della collezione) sembrano "aver di mira anzitutto studenti che
aspirano a cariche pubbliche" (Lemaire). Infatti più accentuato è l'interesse per la condotta
sociale, pubblica, e rilevante è l'enfasi religiosa : sono frequenti le allusioni al Signore, si
inculca la osservanza della Legge e si contrappongono i malvagi ai giusti. Chi è saggio
edifica la società, incrementa il benessere e la prosperità della comunità intera.
^ Sesta collezione (30,1-l4)
Gli ultimi due cc dei libro dei Pr sono costituiti da massime varie. "Probabilmente vanno
attribuiti ad un redattore di epoca postesilica, che li ha aggiunti come appendici al resto del
libro, attingendo anche a materiale preesilico. Contengono quattro appendici" (Bonora).
La prima (30,1-14) contiene i "detti di Agur figlio di Iakè, da Massa". "Abbiamo qui una
breve raccolta di detti d'uno straniero, di uno di quei figli d’Oriente la cui saggezza gode
molta stima ... può darsi che Agur sia un personaggio immaginario, ma l'averlo messo in
scena testimonia che la sapienza trascende i confini del popolo eletto ; essa è universale e
bisogna accogliere la verità ovunque si trovi"(BCC).
Questa prima appendice è definita da D. Cox "un dialogo tra uno scettico e un credente ...
l'intera sezione è dominata da una certa nota di indipendenza e di astrazione intellettuale che
fa pensare ai tratti più di un manuale di esercizi (textbook exercise) di 'prò e contro' che un
reale sforzo di affrontare un problema".
In ogni modo non deve sfuggire quella essenziale e magnifica preghiera contenuta in 30,7-9.
Come è piena di equilibrio, di buon senso !
^ Settima collezione (30,15-33)
non porta titolo. E’ una litania di proverbi numerici del tipo x + 1.
Per questo si distingue dal resto. Sono pensieri di autentica ispirazione letteraria. "L'ambiente
originario sembra essere il deserto per la serie di animali che appaiono in così pochi versetti"
(Vilchez).
"Proverbi numerici, molto sofisticati, idonei ad esprimere lo stupore di fronte ai misteri della
vita e la curiosità del poeta pensatore" (Bonora).
^ Ottava collezione (31,1-9)
questa terza appendice è un’altra collezione di pensieri di un sapiente non israelita ; "parole di
Lemuel, re di Massa, che sua madre gli insegnò",
"Riflette la tipica saggezza di un amministratore o di un responsabile della comunità. E' una
istruzione attribuita alla madre per conferire ai consigli un carattere familiare. Chi è
responsabile della comunità deve giudicare in modo obiettivo e non lasciarsi fuorviare da
nulla : sono portati due esempi di tentazioni - il sesso e il vino - che possono far perdere la
lucidità e l'equilibrio necessari in chi ha una responsabilità sociale" (Bonora).
^ Nona collezione (31,10-31
è il celebre poemetto sulla "donna forte - la femme de caractère''. E’ l'elogio della donna
virtuosa, utile per capire la concezione ebraica della femminilità. E’ un "superbo poema,
senz'altro il miglior poema alfabetico dell'AT" (Pfeiffer).
Si tratta di un carme alfabetico ; ognuno dei 22 versetti del poema comincia con una delle 22
lettere dell’alfabeto ebraico. La serie alfabetica ha un valore beneaugurante (Garbini). Tutto
l’alfabeto è necessario per tessere le lodi della donna ideale, quasi a dire che non ci sono
parole sufficienti per cantare l’elogio della sua persona.
La collocazione però di questo componimento al termine del libro dei Pr suggerisce di vedere
in esso qualcosa di più di un testo riguardante la figura della donna. In realtà questo ritratto di
donna perfetta "personifica la sapienza, sia quella secolare sia quella religiosa. Con questo
ritratto vivo e incarnato della sapienza il redattore finale ha costruito un parallelo ai cc 1-9.
Nei primi cc ricorreva di continuo l'invito a cercare la sapienza ; dopo il lungo percorso
attraverso tutto il libro, ecco la immagine viva della vera sapienza nella figura di una donna
eccellente" (Bonora).
SIGNIFICATO DELL'OPERA
Non esiste una dottrina del libro dei Proverbi. Il compendio delle singole sezioni
mostra la molteplicità e variabilità dei temi. La sua composizione si deve a una catena
anonima di saggi che pazientemente hanno raccolto come pietre preziose le sentenze che si
ripetevano in mezzo al popolo e nelle scuole e alle quali hanno dato loro stessi un apporto.
"Il libro dei Pr e soprattutto lo spirito che lo ha visto nascere hanno prestato un servizio
inestimabile : quello di colmare il distacco tra la sfera sacra e quella profana del mondo. I
sapienti proclamano, senza erigere cattedra di dottori, il sacro e il religioso della natura e la
naturalezza del religioso. La sapienza che costituisce l'uomo che lo guida e lo conduce, si
scopre che è un dono di Dio. Per questo ha senso parlare di umanesimo credente dei saggi
dell'Antico Oriente e di Israele in particolare. Ieri come oggi è vero che 'l'abbondanza dei
saggi è la salvezza del mondo' (Sap 6,24)" (Vilchez)
- G. BERNINI, Proverbi (NVB) Roma 1978
- D. COX, Proverbs, Wilmington 1982.
…
2.2.2 – Delimitação e divisão do texto, buscando encontrar a coesão interna
O cap.8 do livro dos Provérbios possui uma coesão interna formada pela metáfora
da sabedoria mulher que se auto-revela, chamando para um encontro com ela e oferecendo
seus ensinamentos e dons. Há uma evolução desta figura, chegando a ser apresentada como
imagem de Deus nos v.30-31. A estrutura deste capítulo é formada por quatro unidades ao
mesmo tempo distintas e entrelaçadas:
1ª unidade: convite e exortação da sabedoria (v.1-11)
2ª unidade: a sabedoria se revela e mostra os seus dons (v.12-21)
3ª unidade: a sabedoria é parceira de Deus na criação (v.22-31)
4ª unidade: exortação da sabedoria e convite à decisão (v.32-36)
1ª unidade: convite e exortação da sabedoria (v.1-11)
A primeira unidade tem uma estrutura concêntrica, formada pela repetição de
hm'k.x' hokmah no v.1 e no v.11. A repetição da palavra justiça qd,eece zedek, nos v.8 e
9, faz o enlace da primeira unidade (v.1-11) com a segunda (v.12-21), pois a palavra justiça
está repetida nos v.15, 16 e 20 da segunda unidade. Outro enlace entre a primeira e a
segunda unidades encontramos no termo “veredas” tAbytin. netibot que está no v.2 (na
casa das veredas coloca-se a sabedoria) e se enlaça com a expressão “na senda de justiça”
hq'd'c.-xr;aoB. be-’orah zedakah que inicia o v.20, fechando-o com outra expressão
semelhante: “veredas de direito” jP'v.mi tAbytin. netibot mixpat.
casa das sendas (v.2)
sendas de justiça (v.20a)
sendas de direito (v.20b)
Estas expressões, carregadas de sentido simbólico, tanto social como religioso,
formam um elo, entre a primeira e a segunda unidade, ao mesmo tempo em que tecem o
campo semântico de todo o capítulo 8. É interessante ainda observar a repetição de termos
que têm o sentido de “sendas” ou “veredas”:
a) xr;ao ’orah tem o sentido de “vereda”, “caminho” ou “senda”, também pode ser
usada para indicar o comportamento das mulheres ou sua maneira de ser.184
b) tAbytin> netibot tem o sentido de “caminho, “vereda”, “senda”185, e também de
“procedimento” ou “conduta”, sobretudo nos textos sapienciais.186
Relacionando o v.2, onde a sabedoria se coloca na “casa das veredas” hb'C'nI
tAbytin> tyBe bet netibot nizabah com o v.20a “na vereda de justiça ando” $Leh;a]
hq'd'c.-r;aoB. be’orah-zedaqah ’ahalek e com o v.20b: “no meio da vereda da justiça”
jP'v.mi tAbytin> %AtB. be-tok netibot mixpat, encontramos um aspecto
significativo do campo semântico do texto, que apresenta a religião da Sabedoria,
relacionando-a com a justiça, aspecto importante no comportamento ético da casa. Também
pode indicar o comportamento das mulheres, suas relações de cumplicidade que fazem
parte de uma cultura subterrânea, vivida nas contradições, encontros e confrontos do dia-adia.
2ª unidade: a sabedoria se revela e mostra os seus dons (v.12-21)
A segunda unidade, ao mesmo tempo em que está enlaçada com a primeira, tem sua
estrutura própria definida e iniciada com o pronome pessoal ynIa] ’ani que a caracteriza,
pois este poema é todo elaborado em primeira pessoa. Podemos dividir estes dez versos em
duas estrofes de cinco versos cada uma: os v.12-16 exaltam os dons da sabedoria: “temor
de Javé”, “conselho”, “bom senso”, “poder”, “justiça”187, ao mesmo tempo em que a
apresenta condenando o “orgulho, a arrogância e as perversidades”. Os v.17-21 insistem na
relação pessoal com a sabedoria e mostram as conseqüências desta relação em riquezas e
glórias. A teologia subjacente a estes versos está muito próxima à teologia da retribuição,
bastante desenvolvida por Eclesiástico 4,11-19.
3ª unidade: a sabedoria é parceira de Deus na criação (v.22-31)
A terceira unidade é formada por um poema cósmico em que a hokmah se apresenta
ao lado de Javé, na obra artesã da criação (v.22-31). Esta unidade pode ser dividida em
duas estrofes iguais. A primeira estrofe é formada pelos v.22-26 e se caracteriza pela
repetição da expressão “desde”, formado pela preposição inicial -m m-, repetida 8 vezes,
com algumas variações entre os v.22-26. É interessante observar que esta expressão
“desde” introduz a criação de elementos da natureza, como: “terra”, “abismos”,
“mananciais de água”, “montanhas” e “colinas” voltando ao elemento “terra”, no v.26. Esta
repetição forma uma estrutura circular nesta sub-unidade (v.22-26). A preposição “quando”
-b b- introduz a segunda estrofe (v.27-31), com a criação do “céu e do círculo sobre a face
do abismo” (v.27), “as nuvens em cima e as fontes do abismo” (v.28) o “mar e os
fundamentos da terra” (v.29). A repetição de “abismo” no final do v.29 forma um paralelo e
mantém o ritmo da poesia, fechando novamente a estrofe com a palavra “terra”, e
introduzindo a frase principal de todo o capítulo: “e era junto dele artífice” (v.30). O verso
seguinte (v.31) é uma continuidade da frase iniciada no v.30 wyn"p'l. tq,x,f;m.
mesaheqet le-panan “dançava diante dele” (v.30) e “dançava no universo” lbeteB.
tq,x,f;m. mesaheqet be-tebel (v.31). A forma verbal tq,x,,f;m. mesaheqet pode ser
também traduzida por “alegrava”, e sua repetição mostra o ambiente de intensa e
integradora alegria com que é concluída a apresentação do trabalho artesanal da criação. A
forma como se encerra o terceiro poema é coerente com o campo semântico desta unidade,
pois a execução de uma obra artística gera profunda alegria, por mais simples que esta seja.
E aqui não se trata de uma obra qualquer, pois a obra criadora da hokmah artesã (v.30) é o
“universo” lbete tebel (v.31). A opção que fizemos ao traduzir mesaheqet por dançava
parece ser ainda mais coerente com todo o campo semântico do texto. Ao mesmo tempo em
que a expressão “dançava” mostra o ambiente de alegria gerado pela ação criadora e
artística da sabedoria, deixa ver também um ambiente litúrgico, de gozo e de prazer, onde o
corpo está totalmente integrado. Aqui, o texto é quase um ícone.
4ª unidade: exortação da sabedoria e convite à decisão (32-36
Esta unidade inicia-se com o termo hT'[;w. ve-‘atah “e agora”. Depois de tudo o
que já foi apresentado, o texto pede uma definição. Talvez nem fizesse falta. Ouvintes e
leitores já estão seduzidos pela sabedoria e querem escutá-la. Mas nosso texto retoma o tom
exortativo da primeira unidade, iniciando uma instrução com o termo “e agora”, com a
finalidade de motivar seus ouvintes a escutar a sabedoria. Nos v.32-34 encontramos uma
dupla promessa da felicidade: “feliz quem escuta o chamado da sabedoria e feliz quem
guarda o seu caminho”. Este fecho é, então, uma volta ao começo e mostra a coerência do
texto. Motivando seus ouvintes com estas bem-aventuranças, o texto os desafia a fazer uma
escolha entre a vida e a morte: quem encontra a sabedoria, encontra a vida e quem a odeia
ama a morte (v.35-36). Desta maneira o capítulo 8 se fecha, formando uma inclusão,
elaborada a partir do gênero literário instrução.
2.2.3 – Estrutura de Provérbios 8,1-36
Uma das maneiras de apropriar-nos de um texto é perceber a forma como foi tecido,
isto é, como foram organizados os diferentes conteúdos que o compõem. Neste item, busco
apresentar minha própria visão da estrutura de Provérbios 8, apresentando também a visão
que um conhecido estudioso tem da organização deste texto.
A – convite e exortação da sabedoria (v.1-11)
1 – a sabedoria é apresentada como uma profetisa, que grita em lugares públicos (v.1-3).
2 – em primeira pessoa ela mostra a importância e o valor dos seus ensinamentos (v.4-11).
B – a sabedoria se revela e mostra os seus dons (v.12-21)
1 – exaltação dos dons da sabedoria (dons messiânicos confira Is 11) (v.12-16).
2 – mostra as conseqüências da relação pessoal com a sabedoria (v.17-21).
B’ – a sabedoria é parceira de Deus na criação (v.22-31).
1 – a sabedoria existe desde antes da criação (v.22-25).
2 – a sabedoria é artífice da criação, junto de Javé (v.26-31)
A’ – exortação da sabedoria e convite à decisão (v.32-26)
1 – promete felicidade para quem a escuta (v.32-34).
2 – desafia a escolher entre vida e morte (v.35-36).
Encontro uma estrutura concêntrica na elaboração de Pr 8,1-36, formada pelo
gênero da instrução com suas motivações e exortações. Este gênero aparece no início (8,1-
11) e no final do cap.8 (v.32-36), formando a inclusão para os dois poemas revelatórios da
sabedoria (v.12-21 e v.22-31). Estes dois poemas, ao mesmo tempo em que recolhem a
tradição sapiencial de Israel, apresentam também a nova situação em que se encontram as
famílias de Judá, no final do império persa, e as circunstâncias que lhes permitem expressar
com mais liberdade suas experiências religiosas ligadas à vida da casa e da comunidade.
Em seguida, quero demonstrar que há outras possibilidades de fazer uma divisão
literária do cap.8 de Provérbios. Entre estas possibilidades, escolho o trabalho realizado por
Roland Murphy. 188 A estrutura literária de Pr 8, por ele apresentada, é a seguinte:
I – Introdução para o discurso público da sabedoria (v.1-3)
A - Pergunta, chamando a atenção de todos para o discurso da sabedoria (v.1)
B - Descrição dos lugares públicos que ela ocupa (v.2-3)
II – O discurso da sabedoria (v.4-36)
A - Convite para escutar (v.4-5)
B - Razões para escutar, apresentando uma descrição dos muitos motivos
que a sabedoria tem para recomendar-se (v.6-31)
1. A retidão e o valor dos seus ensinamentos (v.6-11)
2. Suas qualidades (v.12-16)
3. Suas relações com seus seguidores (v.17-21)
4. Sua origem eterna junto de Deus (v.22-31)
C - Conclusão
1. Repetição do convite (v.32-33)
2. Promessa de vida, ameaça de morte (v.34-36).
Para Roland Murphy, Pr 8 tem duas partes, uma formada pela apresentação da
sabedoria (v.1-3) e a outra pelos seus discursos (v.4-36). Esse autor não vê uma estrutura
concêntrica nesta perícope.189 No entanto, prefiro a primeira estrutura, apresentada em
forma concêntrica, pois a última instrução não faria falta ao texto. Já está bem remarcada a
importância e o valor da sabedoria. As motivações iniciais já seriam suficientes para que
leitores e ouvintes a buscassem, não fosse a necessidade de criar uma inclusão para o
conteúdo principal de Pr 8, que é a apresentação da sabedoria, com todos os seus dons
importantes para a vida de seus seguidores e suas seguidoras, assim como sua presença
junto de Javé, desde antes da criação do universo. Repete-se, então, uma instrução no final
do capítulo, criando uma inclusão que aponta para os dois poemas, nos quais a sabedoria se
revela.
22
Esse capítulo, como também o seguinte, é para Shedd muito importante, posto que seria a segunda parte
do livro. Para ele, o livro pode ser considerado como “um método para verdadeira piedade: 1) A piedade é
ensinada à juventude (1.1-7.27); 2) Piedade torna-se possível pela verdadeira sabedoria (8.1-9.18); 3) A
piedade em contraste com a impiedade (10.1-31.31)” (SHEDD, p. 922).
23 Assim faz, por exemplo, Shedd. Sua nota a Provérbios 1,20, para exemplificar, diz “A sabedoria
personificada que aqui fala é Cristo (cf. Pv 8.22-31; Jo 14.6), que promete o seu Espírito (23)” (SHEDD, p.
913).
JÚLIO CÉSAR TAVARES DIAS
INTERAÇÕES – CULTURA E COMUNIDADE, BELO HORIZONTE, BRASIL, V.9 N.15, P. 168-180, JAN./JUN.2014
ISSN 1983-2478
177
Assim, apesar de haver semelhanças o Logos grego não se aproxima da verdade
do evangelho: a preexistência e a encarnação do Verbo, em outras palavras, a
divindade de Jesus (LADD, 2003, p. 359, 360). O que leva a que atualmente a
tendência seja "interpretar o termo à luz de seu contexto veterotestamentário"
(LADD, 2003, p. 357).
No AT a palavra de Deus é portadora da salvação e da nova vida (Salmo
107,20; Ex 37) e aparece tendo uma existência semi-hipostática, de forma que
age para cumprir os propósitos divinos (Is 55,10-11). Pelo "disse Deus" foram
criados o mundo e o que nele há (Gn 1,3). A palavra de Deus está na Lei (Salmo
119) e na boca dos profetas (Jr 1,4; 2,1). Assim a palavra de Deus no AT pode
muito bem ser comparada ao Logos joanino. Na Sabedoria de Salomão (9,1-2)
sabedoria e palavra de Deus são postos lado a lado, e no Eclesiástico (24,3) a
sabedoria procede da boca do Santíssimo.
Mas, a sabedoria não é apresentada como ser divino em nenhum texto da
literatura sapiencial. A sabedoria em Pv 8 reconhece ter tido um início (v. 22-
24), ela nasceu de Deus. Contra-argumenta-se que não podemos identificar
Cristo ou o Espírito Santo com a sabedoria, pois, sendo pessoas da Trindade
Santíssima, são eternos como Deus Pai. Paulo, no entanto, afirma ser Cristo “a
sabedoria de Deus” (1 Co 1,23), e a imagem de Cristo como “sol nascente do
oriente” no Cântico de Zacarias (Lc 2) é também uma imagem comumente
usada para se referir à sabedoria.
A sabedoria compara seus benefícios com os do ouro e da riqueza (v. 17 e
18), numa clara confrontação ao materialismo e à avareza. Nos versos de 22 a 31
podemos ler como que a “infância” da sabedoria, pois “qual menina formosa,
brinca diante do criador para inspirá-lo a criar o mundo” (SILVA, 2008, p. 75)24.
Mas nos versos seguintes a sabedoria já é uma mulher madura, é representada
como uma mãe de imensa prole: “Agora, pois, filhos25, ouvi-me, porque bemaventurados serão os que guardarem os meus caminhos” (v.
32). Assim,
Provérbios reconhece o valor da mulher reconhecendo seu papel de mãe como
uma transmissora de sabedoria: “Filho meu, guarda o mandamento de teu pai e
não deixes a lei de tua mãe” (Pv 6,20, grifo nosso). Se "o recurso literário da
personificação [...] é comum na literatura de sabedoria" (nota da BM, p. 793),
lembremos que era rara essa referência ao papel da mãe na literatura sapiencial
(nota da BM, p. 783). Em Pv 9 a sabedoria, como também a loucura, é representada como uma
anfitriã. “Encontramos resumidos aqui os ensinamentos dos oito primeiros
capítulos” (nota da Bíblia Anotada Expandida, p. 614). A sabedoria e a loucura,
cada qual da sua casa26 lança o seu convite. A sabedoria preparou um imenso
banquete27 (representação de suas virtudes) e destina-o aos insensatos e
simples28 (v. 4), pois são esses que mais necessitam dela. O verso primeiro desse
capítulo, bem como o contraste que se faz entre a sabedoria e a loucura, faz com
que lembremos Pv 14,1: “Toda a mulher sábia edifica a sua casa, mas a tola
derriba-a com as suas mãos”.
Enquanto a sabedoria envia suas criadas para convidar as pessoas, a
mulher-loucura simplesmente assenta-se a frente de sua casa limitando-se a
convidar os transeuntes que por ali passam. A sabedoria envia suas criadas a
clamarem às encruzilhadas, veredas, junto às portas, na entrada da cidade, à
beira do caminho (Pv 8,2-4). Essa descrição pode simbolizar que “O convite da
Sabedoria vem ao nosso encontro em qualquer situação de nossa vida diária”
(SHEDD, p. 922). Semelhantemente é uma nota da King James (p. 157): “Uma
das mais evidentes demonstrações da graça de Deus está no fato de que ele
mesmo providencia – de todas as formas – para que sua mensagem de salvação
(evangelização) chegue a todos os povos, culturas e indivíduos em todo o mundo”.
Da mesma forma que a sabedoria, edificou a sua casa na altura da cidade,
“A insensatez falsifica os atos da sabedoria a fim de parecer sábia” (nota da
BEG, p. 738). Atender o convite de uma dessas mulheres traz as suas
26 Em
Pv 8 a sabedoria apareceu como arquiteto do universo, então a casa que ela aqui edifica pode referirse ao mundo. O número sete nos dá a
ideia de perfeição: “No Oriente, sete é o número completo e tem,
geralmente, o sentido de “muitos”” (SHEDD, p. 920). Para Shedd (p. 924), “Talvez as sete colunas são os
sete conceitos que formam a sabedoria (...). São a instrução, o Conselho, o Ensino (para espalhar a
Sabedoria); o Entendimento, a Inteligência e o Conhecimento (para receber a Sabedoria); a Prudência
(para aplicar a Sabedoria)”. Já uma nota da KING JAMES (p. 158) lembra que “As grandes edificações
pagãs, como o magnífico templo de Afrodite e o palácio do rei assírio Senaqueribe, costumavam ser
sustentados por sete imponentes colunas. Mas a sabedoria que vem do Senhor revela suas sete colunas nos
sete dias da criação (8.27)”.
27 “O convite divino sempre se expressou nos termos de um grande, delicioso e alegre banquete entre
amigos de verdade (Is 55.1,2). Somente em Cristo, entretanto, O Evangelho (a Salvação), esse banquete
eterno tem seu custo total e substância plenamente compreendidos (Jo 6.51-58)” (nota da KING JAMES, p.
158).
28 Esse convite repete o de Pv 1,20-22. “O termo original hebraico peti 'simples' comunica a ideia de uma
pessoa “ingênua, inexperiente, que é facilmente enganada”, ou seja, 'incauta' ”. “Néscio” ou “insensato” –
em hebraico, kesil – tem o sentido de alguém vagaroso na compreensão das coisas e da vida, mas inclui
também a ideia de ser “ímpio, pagão ou ateu” (Sl 49.13; Ec 7.25). (KING JAMES, p. 157, nota a Pv 8,5).
JÚLIO CÉSAR TAVARES DIAS
INTERAÇÕES – CULTURA E COMUNIDADE, BELO HORIZONTE, BRASIL, V.9 N.15, P. 168-180, JAN./JUN.2014
ISSN 1983-2478
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consequências. Atender o convite da sabedoria gera longevidade (v. 11),
enquanto atender ao convite da loucura gera a morte (sheol29, v. 18).
4 CONSIDERAÇÕES FINAIS
A sabedoria é tema principal em Provérbios como em toda literatura
sapiencial. Ela está disponível a todos, enquanto verdade demonstrada pela
personificação da sabedoria presente nesse livro, que lança seu clamor para que
os homens a aprendam. A sabedoria apresentada como uma mulher tem suas
raízes numa tradição egípcia. O mais importante é saber que a sabedoria
pertence a Deus e é seu dom a quem o teme: “O temor do Senhor é o princípio
da sabedoria”. O fato de Deus outorgar a sabedoria ao gênero humano é sinal de
sua grande bondade.
REFERÊNCIA…
Interações: Cultura e Comunidade
interacoes.pucminas@gmail.com
Pontifícia Universidade Católica de Minas Gerais - Brasil
TAVARES DIAS, JÚLIO CÉSAR
“A SABEDORIA EDIFICA SUA CASA” – SABEDORIA NO LIVRO DE PROVÉRBIOS
Interações: Cultura e Comunidade, vol. 9, núm. 15, enero-junio, 2014, pp. 168-180
Pontifícia Universidade Católica de Minas Gerais
Uberlândia Minas Gerais, Brasil
Disponível em: http://www.redalyc.org/articulo.oa?id=313031807010
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ARTIGOS
INTERAÇÕES – CULTURA E COMUNIDADE, BELO HORIZONTE, BRASIL, V.9 N.15, P.168-180, JAN./JUN.2014
“A SABEDORIA EDIFICA SUA CASA” –
SABEDORIA NO LIVRO DE PROVÉRBIOS1
“WISDOM HATH BUILDED HER HOUSE” –
WISDOM IN BOOK OF PROVERBS
JÚLIO CÉSAR TAVARES DIAS ∗
INTERAÇÕES – CULTURA E COMUNIDADE, BELO HORIZONTE, BRASIL, V.9 N.15, P.168-180, JAN./JUN.2014
ISSN 1983-247