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Bisanzio e la

Prima Crociata

di Wojciech Jaskot
In seguito alla presa del potere da parte dei selgiuchidi a Bagdad, i turchi colpirono più volte i
possedimenti anatolici dell’Impero Bizantino. Il momento di un contrattacco, che avrebbe dovuto
porre fine alle incursioni turche, si stava avvicinando e con Romano IV Diogene l’Impero aveva
ormai radunato le sue forze.1
Nel 1071 Romano IV Diogene raccolse un esercito molto numeroso, forse anche di quarantamila
uomini, per riprendere le roccaforti imperiali dell’Anatolia nord-orientale dalle quali i nemici
lanciavano le loro incursioni. Una di quelle roccaforti era Manzikert a nord del Lago Van che subito
si arrese ai bizantini.
Tuttavia, una serie di errori cominciò a lastricare la strada verso il disastro: l’esercito di Romano, in
larga parte composto dai mercenari, si abbandonò alle razzie contro la popolazione dell’area e la
guardia dell’Imperatore, formata in gran numero dai contingenti tedeschi, venne allontana per
questo motivo.
Alp Arslan, il sultano turco, quando venne a conoscenza della portata della spedizione nemica,
decise di passare al contrattacco. Così il sultano abbandonò i suoi piani di un attacco ai danni del
Califfato Fatimide, che lo avrebbe portato a governare su una regione fertile e ricca (grazie anche
alla tassa jizya pagata dai numerosi cristiani). Le forze turche risposero al richiamo del loro sultano
e marciarono verso Manzikert.
L’esercito di Romano invece si sparse per coprire il maggior numero possibile di località – un
reparto considerevole era al comando del mercenario normanno Roussel di Bailleul e un altro, sotto
il comando dell’armeno Giuseppe Tarcaniote, venne inviato per rinforzare Roussel. La guardia
germanica stava nelle retrovie mentre una forza di cavalleria di Niceforo Basilakes venne sconfitta
in un imboscata dai turchi pochi giorni prima della battaglia. Quindi, quando Alp Arslan attaccò
finalmente le forze di Romano, questi sicuramente disponeva di meno di quarantamila uomini. In
più, Roussel e Andronico Ducas, che comandava la retroguardia, si ritirarono dal campo senza
combattere. I bizantini vennero quindi facilmente sopraffatti e l’Imperatore stesso venne catturato.
Alp Arslan non umiliò l’Imperatore ma entrò in trattative con lui. Dopo una settimana liberò
Romano dietro il pagamento di un riscatto, la cessione di un’area dell’Anatolia orientale e di una
promessa di amicizia. In questo modo il sultano voleva aumentare il prestigio selgiuchide ai danni
dei fatimidi.2 Ma i patti non vennero rispettati in quanto Michele VII venne proclamato l’Imperatore
in assenza di Romano e appena questi rientrò a Costantinopoli venne brutalmente accecato e morì
poco dopo. Così ai selgiuchidi venne offerto un nuovo casus belli contro l’Impero che venne
nuovamente invaso e quasi tutta l’Anatolia cadde sotto i loro eserciti. Nel frattempo i normanni
conquistavano Bari, i principi slavi si rivoltavano contro la corte di Costantinopoli e le aggressio ni
degli Ungari aggravarono la situazione. 3
Né Alp Arslan, né il suo successore Malikshah si spinsero nel territorio bizantino. I suoi sudditi però
migrarono senza difficoltà in quelle zone. Il cugino del sultano turco, Suleiman ibn Kutulmish ebbe
il compito di conquistare la regione per il sultano. Dal 1073 la presenza turca crebbe a dismisura,
tant’è che Suleiman teorizzò di crearvi un regolare sultanato che potesse governare sotto la
sovranità di Malikshah ma numerosi signorotti turchi, come Danishmend, desideravano soltanto
mettere le mani su una roccaforte dalla quale governare come dei capi briganti. Le “forze
d’invasione” vere e proprie erano composte dai nomadi turcomanni che si spostavano con le loro
famiglie verso le praterie degli altipiani.
Durante il caos Roussel di Bailleul, che serviva ora Michele VII, dovette seguire Isacco Commeno,
nipote del precedente imperatore, in una spedizione per salvare ciò che restava dell’Impero in

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Anatolia. Ma Roussel tradì di nuovo attaccando alle spalle i greci. In questo modo divenne chiaro il
fatto che il vile normanno stesse cercando di creare un proprio principato nella regione.
L’Imperatore fu quindi costretto a chiedere l’aiuto dei turchi – Suleiman sconfisse Roussel che si
rifugiò a Amasea e in seguito si arrese solo dinnanzi alle truppe bizantine guidate dal futuro
Imperatore Alessio.4
In seguito alle lotte tra i nobili bizantini emerse come vincitore Alessio Comneno, nel 1081, e guidò
la difesa di un impero internamente esausto e circondato dai nemici. Per prima cosa Alessio affrontò
il pericolo normanno in quanto l’obiettivo di Roberto il Guiscardo era la presa Costantinopoli.
Alessio riuscì a raccogliere un esercito di mercenari grazie all’impegno di numerosi e importanti
arredi ecclesiastici e aprì le trattative con il papa Gregorio VII, l’imperatore Enrico IV e Venezia. I
veneziani sconfissero sul mare i nemici, ma sulla terraferma Durazzo cadde. L’anno seguente una
ribellione in Italia costrinse Roberto a ritirarsi, lasciando il comando della spedizione a suo figlio
Boemondo, e i veneziani riconquistarono Durazzo. Il Guiscardo sconfisse i ribelli facilmente ma
perì durante un’epidemia. A Venezia e al suo Doge vennero concessi grandi onori e privilegi.
Nel 1090 i Peceneghi si spinsero fino a Costantinopoli e strinsero un alleanza con Tsacha, emiro di
Smirne. In questa situazione di crisi Alessio ricorse all’aiuto di un altro bellicoso popolo nomade – i
Cumani che assieme alle forze bizantine massacrarono i Peceneghi nella battaglia del Monte
Levunion nel 1091.

Il sultanato turco di ar-Rum in Anatolia nel frattempo veniva scosso da una serie di lotte intestine e
l’Imperatore poteva così cominciare a pianificare un’offensiva; una spedizione militare occidentale
stava però per infrangere i sogni di riconquista bizantini: gli equilibri sia in Anatolia che nel
Levante non sarebbero più rimasti uguali.

Si stava infatti preparando una Crociata: mentre Alessio stava aspettando semplicemente l'invio di
gruppi mercenari.5
Quando Alessio salì sul trono bizantino fu tanto disperato da chiedere aiuto alle corti dei sovrani
dell’Europa occidentale e al Papa. Gregorio VII in particolare già dal 1074 teorizzava la creazione
di un esercito cristiano da impiegare contro i turchi. Inoltre l’Europa aveva sostenuto grandi attacchi
da parte dei pagani (musulmani, vichinghi e ungari) nel IX e X secolo, quindi l’intero continente
pullulava di cavalieri, fanti addestrati e vassalli aggressivi. La Chiesa tentava di ridurre la violenza
ma senza grande successo. Il pontefice non progettò la spedizione in forma di una guerra santa –
anzi, la considerava un atto di pietà.
Ma solo nel 1095, il 27 novembre, al Concilio di Clermont il papa Urbano II annunciò la Prima
Crociata. Incitò i cavalieri a intraprendere una guerra di liberazione, in quanto i cristiani orientali
venivano oppressi e umiliati dai governi musulmani che controllavano i luoghi sacri della
cristianità. Dalla guerra contro i turchi di Gregorio VII si passò alla guerra per liberare
Gerusalemme – Bisanzio in quest’ottica non rappresentava più una meta, ma solo un passaggio
verso un fine più grande. La data di partenza per questo pellegrinaggio armato venne fissata al 15
agosto del 1096.6
Il pontefice chiarì fin da subito che la spedizione era sotto il controllo della Chiesa perciò designò
come comandane della crociata il suo legato, Ademaro di Monteil, il vescovo di Le Puy.
Il primo dei grandi signori che chiese di partecipare alla Crociata fu il conte Raimondo di Tolosa –
il 1° dicembre i suoi messaggeri annunciarono la sua partecipazione al papa che si trovava ancora a

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Clermont. Visto che era il primo nobile a prendere la croce, pretendeva il comando sulla spedizione
ma la sua proposta venne rifiutata.

Successivamente aderì al pellegrinaggio Ugo di Vermandois, fratello del re di Francia, mentre i


legati papali strinsero accordi con Genova che doveva fornire galee e navi da trasporto. Ben presto
altre personalità della nobiltà presero la croce: Roberto II di Fiandra, Roberto duca di Normandia,
Stefano conte di Blois, Goffredo di Buglione duca della Bassa Lorena, suoi fratelli Eustachio conte
di Boulogne e Baldovino e i loro rispettivi seguiti.
In Italia l’entusiasmo era altrettanto grande. Numerosi cittadini di Bologna si stavano preparando
per prendere la croce mentre tra i normanni del meridione fu Boemondo, principe di Taranto, a farsi
crociato assieme ai suoi parenti e amici.
Tra i predicatori più accesi della Crociata emerse un monaco di nome Pietro, chiamato ‘Eremita’.
Pietro predicò con successo nelle zone francesi e tedesche, tant’è che già a Colonia il suo seguito
contava quindicimila persone. Per Bisanzio si presentava un problema: verso i confini imperiali
premevano interi eserciti sui quali Alessio non poteva esercitare alcuna autorità. Il timore dei
bizantini era grande, tant’è che la stessa principessa Anna Comnena scrisse «tutto l’Occidente e
tutte le tribù barbare che si trovavano oltre l’Adriatico e fino alle colonne d’Ercole stavano
muovendo tutti insieme attraverso l’Europa verso l’Asia, portando con sé intere famiglie».
L’Imperatore cominciò con calma i preparativi per accogliere e nutrire i crociati giunti sulle sue
terre. Sapeva che i pellegrini potevano comparire su due fronti principali: sulla frontiera
settentrionale di Belgrado e attraversando l’Adriatico in direzione di Durazzo. Alessio ricevette
informazioni sulla Crociata dall’Italia e immaginò che gli eserciti occidentali avrebbero
principalmente attraversato l’Adriatico ad agosto per cui inviò rifornimenti a Durazzo.

Enorme fu la sua sorpresa quando seppe che dei crociati erano entrati nel territorio di Belgrado alla
fine di maggio.7
Questa forza era composta dai seguaci di Gualtiero Sans-Avoir che si staccò dalla ‘Crociata
Popolare’ di Pietro. Il comandante di Belgrado fu colto di sorpresa e chiese subito istruzioni al
governatore della provincia bulgara, Nicetas, residente a Nis. Questi spedì un messaggero a
Costantinopoli per chiarire le cose. Le messi non erano ancora state raccolte per cui la guarnigione
di Belgrado non aveva nulla da spartire con i crociati affamati così Gualtiero cominciò il saccheggio
intorno alla città – i bizantini furono costretti a fermarlo. Gualtiero allora avanzò verso Nis e venne
rifornito di viveri. L’Imperatore esortò Nicetas a far proseguire Gualtiero sotto scorta e verso la fine
del mese egli giunse a Costantinopoli, poco dopo arrivò Pietro l’Eremita con i suoi seguaci che
cercarono di guadare il fiume Sava vicino a Belgrado e Nicetas cercò di obbligarli ad attraversare
un solo guado che era controllato dalle sue truppe. Nicetas si rese conto che nel caso di problemi
non sarebbe stato in grado di fermare un’orda simile e si ritirò a Nis.
L’esercito di Pietro guadò il fiume con forza, incendiò Belgrado e dopo sette giorni giunse a Nis
chiedendo viveri. Il governatore non disponeva di forze sufficienti da poter scortare i crociati di
Pietro fino a Costantinopoli, così Pietro venne sollecitato a consegnare dei ostaggi per avanzare.
Sfortunatamente la mattina seguente alcuni tedeschi incendiarono dei mulini. Nicetas inviò le sue
truppe per attaccare la retroguardia dei crociati. Pietro, saputo della cosa, tentò di incontrare Nicetas
e frenare i suoi uomini che tentarono di assalire la città. Il governatore bizantino li respinse con
facilità e molti vennero catturati o uccisi.

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I resti della ‘Crociata Popolare’ proseguirono verso Sofia e da lì verso Costantinopoli - il 1° agosto
Pietro venne accolto da Alessio a corte. L’Imperatore giudicò la spedizione inadatta per affrontare i
turchi. In più i pellegrini, riuniti ora con gli uomini di Gualtiero Sans-Avoir, cominciarono a
mostrarsi indisciplinati e l’8 agosto la ‘Crociata Popolare’ venne trasportata al di là del Bosforo.
Appena sbarcati, i pellegrini saccheggiarono case e chiese lungo la costa del Mar di Marmara fino a
Nicomedia. Qui, i tedeschi e gli italiani litigarono, abbandonarono Pietro e scelsero come loro capo
un certo Rainaldo. Le due parti dell’esercito si diressero verso occidente lungo la costa meridionale
del golfo di Nicomedia fino a un campo fortificato chiamato in greco Kibotos. Pietro avrebbe voluto
seguire il consiglio di Alessio e aspettare l’arrivo dei principali contingenti crociati ma ormai la sua
voce contava poco – i tedeschi, gli italiani e i francesi gareggiavano tra di loro nel saccheggiare la
campagna, colpendo prevalentemente i cristiani greci. L’esercito così disorganizzato, venne quindi
intercettato e trucidato dai selgiuchidi vicino a Nicea. I turchi poi raggiunsero Kibotos dove
compirono un massacro. I pochi sopravvissuti si rifugiarono in un castello abbandonato finché
nell’oscurità un greco attraversò su una barca il Bosforo e raccontò tutto all’Imperatore. La flotta
salpò immediatamente, salvando pochi membri rimanenti della ‘Crociata Popolare’. 8

Per quanto riguarda i principi occidentali, nessuno di loro partì prima della fine di agosto. Il primo
a lasciare la sua dimora fu Ugo di Vermandois che ai primi di ottobre arrivò a Bari e il nipote di
Boemondo, Guglielmo, salpò attraverso l’Adriatico con lui. Saputo della partenza di Guglielmo e di
Ugo dai messaggeri normanni, Giovanni Comneno poté avvisare l’Imperatore e preparare
l’accoglienza a Durazzo. Ma una tempesta distrusse alcune navi e Ugo stesso venne trovato sulla
spiaggia a poche miglia a nord di Durazzo – i bizantini lo portarono in città e lo riequipaggiarono.
Venne poi scortato a Costantinopoli e accolto a corte. Alessio ricordava ancora le imprese di
Roussel di Bailleul quindi decise di chiedere a Ugo un solenne giuramento, in stile occidentale, che
l’Imperatore Bizantino verrà riconosciuto come il sovrano di tutti i territori conquistati dai crociati.
Ugo, sommerso di doni, accettò ma Goffredo di Buglione si dimostrò più ostico, tant’è che quando
arrivò a Costantinopoli pensò che Ugo fosse un prigioniero e non si sbagliava di molto in quanto la
libertà di movimento del conte di Vermadois era molto limitata. Quando Goffredo si fermò a
Selymbria, sul Mar di Marmara, i suoi uomini razziarono per otto giorni la campagna circostante.
Goffredo si giustificò affermando che si trattava solo di una rappresaglia per l’imprigionamento di
Ugo. Alessio riuscì con i suoi messaggeri a persuadere Goffredo a continuare pacificamente il
viaggio – Quando Goffredo giunse a Costantinopoli si sistemò fuori dalla città, vicino al Corno
d’Oro. Goffredo rifiutò un incontro con Alessio e nemmeno Ugo riuscì a convincerlo di cedere, così
il duca della Bassa Lorena decise di aspettare gli altri capi della crociata prima di prestare un
qualsiasi giuramento. L’astio tra l’Imperatore e il duca crebbe al punto tale che Goffredo giunse
persino ad attaccare la città il giovedì della Settimana Santa. Quando le truppe bizantine si
schierarono fuori dai cancelli i crociati si ritirarono e il giorno seguente Ugo venne inviato a
patteggiare con Goffredo. Soltanto un ennesimo intervento delle truppe bizantine indusse Goffredo
a prestare giuramento e a trasferirsi al di là del Bosforo.

Poco dopo giunse Boemondo di Taranto, assieme a suo nipote Tancredi. Le truppe normanne erano
meno numerose di quelle di Goffredo, ma equipaggiate e addestrate meglio. I normanni sbarcarono
in Epiro e seguirono una strada voluta da Boemondo, che conosceva bene la zona in ricordo della
guerra combattuta quindici anni fa, in questo modo evitando il controllo bizantino. Solo quando

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Boemondo raggiunse la famosa via Egnatia venne accompagnato da una scorta di mercenari
peceneghi che finirono per attaccare uno dei seguaci di Boemondo, il conte di Rossignuolo, per
sollecitarlo a non fermarsi durante la marcia. Tancredi respinse i peceneghi e alcuni finirono
prigionieri ma il signore di Taranto decise di liberarli in quanto voleva mostrarsi corretto verso
l’Imperatore per i propri fini. Quando finalmente Boemondo giunse a Costantinopoli, ad Alessio
sembrava il più pericoloso dei crociati.
Boemondo parlamentò con Alessio alla presenza degli altri capi. Senza esitazione prestò il
giuramento e si propose come il domestikos dell’Oriente – Alessio rimase stupito, continuò a
donargli molto denaro ma rimase vago sulla proposta e promise di inviare le proprie truppe per
accompagnare i crociati, di rimborsare le loro spese e di assicurare il vettovagliamento e le
comunicazioni.
A questo punto l’esercito di Boemondo venne trasportato in Anatolia, unendosi a quello di
Goffredo. Tancredi invece attraversò la città di notte per evitare il giuramento. Lo stesso giorno
giunse Raimondo da Tolosa e il vescovo Ademaro. Le schiere di Raimondo attraversarono l’Istria e
la Dalmazia scontrandosi con le tribù slave e facendo fatica a procurarsi le provviste. Quando
giunsero presso Durazzo, vennero accolti cordialmente e una scorta di peceneghi li seguì fino a
Costantinopoli. I peceneghi e gli uomini di Raimondo si scontrarono più volte lungo la strada e in
una di queste scaramucce il vescovo di Le Puy venne ferito e dovette fermarsi a Tessalonica. In
Tracia Raimondo ricevette dei messaggi dall’Imperatore che lo spingeva ad affrettarsi verso la
capitale. All’incontro con l’Imperatore, Raimondo cercò di assicurarsi la posizione di capo della
crociata ma tutto fu vano. Intuì il pericolo che rappresentava Boemondo e chiese a Alessio di
guidare la spedizione ma l’Imperatore rifiutò. Alla fine il conte di Tolosa cedette ma solo di fronte a
un accordo personale con l’Imperatore. In seguito al trasporto delle truppe normanne in Anatolia, le
relazioni tra Raimondo e Alessio migliorarono e le forze di Tolosa vennero trasportare solo dopo
l’arrivo del vescovo di Le Puy.

A questo punto mancava soltanto il quarto esercito crociato di Roberto II, duca di Normandia
nonché figlio maggiore di Guglielmo il Conquistatore, di suo cognato Stefano, conte di Blois, e di
Roberto di Fiandra. Il nobile di Fiandra seguiva le orme paterne, in quanto Roberto senior si era
recato in passato in pellegrinaggio a Gerusalemme e per un certo periodo prestò servizio agli ordini
dell’Imperatore.
Roberto fu il primo a giungere a Costantinopoli, quasi nello stesso giorno di Boemondo. Roberto II
di Normandia e Stefano giunsero in un secondo momento.

Quando l’ultimo esercito crociato oltrepassò il Mar di Marmara, l’assedio di Nicea da parte degli
altri capi della spedizione era già iniziato. 9
A questo punto apparve chiaro a tutti i crociati che per raggiungere Gerusalemme era necessario
rendere sicure le comunicazioni in Asia Minore e quindi collaborare strettamente con i bizantini. 10
Tra i comandanti bizantini che dovettero accompagnare i crociati spicca Tatikios. Suo padre venne
descritto come un ‘saraceno’ catturato da Giovanni Comneno, padre di Alessio. Tatikios viene
generalmente considerato il primo turco a ottenere un alto comando nell’esercito bizantino –
secondo alcune fonti egli aveva il naso troncato, una ferita spesso inflitta agli schiavi. Tatikios si
distinse nelle campagne contro i normanni e i peceneghi nei Balcani e contro i selgiuchidi in
Anatolia. In qualità di comandante del contingente bizantino che accompagnava i crociati attraverso
l’Anatolia, svolse ruolo di rappresentante di Alessio e come tale ricevette la resa di varie città nel
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nome del Basileus bizantino.11
Il primo obiettivo delle forze cristiane era la conquista della capitale selgiuchide, Nicea, sul lago
Ascanio. Il momento di attaccare fu opportuno poiché Kilig Arslan si trovava lontano a combattere
contro i turchi Danishmendidi.
La guarnigione turca era poco numerosa e in attesa dei rinforzi del sultano – ma quando i primi
guerrieri selgiuchidi giunsero, furono facilmente sconfitti da Raimondo. Manuele Butumites seguì
le istruzioni di Alessio e cercò di parlamentare con la guarnigione nemica ma venne ignorato.
Quando il sultano si presentò nei pressi della città decise di passare subito all’attacco e si scontrò
con Raimondo e il vescovo di Le Puy. Roberto di Fiandra accorse in aiuto e il sultano venne
costretto a ritirarsi. Nicea si arrese solo quando sul lago comparvero le navi bizantine di Butumites.
I crociati provarono disappunto per non aver conquistato la città con le loro mani ma la vittoria
contribuì ad alzare il loro morale.
La settimana seguente l’esercito avanzò a Dorileo, assieme a un piccolo distaccamento di Tatikios
mentre numerosi bizantini rimasero a prendersi cura dei feriti a Nicea e a ripararne le fortificazioni.
A questo punto si decise di dividere le forze in due parti per facilitare il problema dei rifornimenti.
Il primo gruppo era formato dai normanni assieme alle truppe di Fiandra e di Blois, e i bizantini
come guide. Il secondo comprendeva le truppe di Tolosa, Lorena e Vermandois. A capo del primo
c’era Boemondo, che ordinò la marcia verso Dorileo, mentre del secondo Raimondo.
I crociati finirono per cadere nell’imboscata turca non lontano dalla città. Boemondo inviò subito
dei messaggeri per chiedere aiuto a Raimondo e si preparò a resistere. Quando i due eserciti si
unirono, la disfatta dei turchi fu completa.
L’esercito riposò a Dorileo per due giorni e Tatikios consigliò di proseguire verso il sud ai piedi
delle montagne, evitando di attraversare il deserto. Giunti a Iconio, i soldati si riposarono nella
fertile valle di Meram.. Presso Eraclea i principi e i bizantini di nuovo discussero sulla strada da
seguire – l’obiettivo era Antiochia, ma si poteva giungere alla città passando per le montagne della
Cilicia o seguendo una strada più diretta, che passava nei pressi di Cesarea. Tatikios propose la
seconda opzione ma Tancredi e il fratello di Goffredo, Baldovino, avanzarono in Cilicia. I crociati
arrivarono a Cesarea a fine settembre – poco dopo occuparono Comana e Tatikios selezionò come
amministratore bizantino della città un cavaliere provenzale, mostrando così che la collaborazione
tra i franchi e i bizantini era possibile.
Poco dopo giunse alla spedizioni la voce che i turchi abbandonarono l’Antiochia. Raimondo mandò
un grande gruppo di cavalieri per raggiungere la città ma lungo la strada questi vennero a sapere che
la città non solo non era stata abbandonata, ma stava per ricevere dei rinforzi. Quando i cavalieri
tornarono dal loro conte, Boemondo era tornato da un infruttuoso inseguimento dei Danishmendidi
e si insospettì di Raimondo che forse sperava di conquistare la città autonomamente.
I crociati attraversarono le montagne dell’Antitauro durante ottobre dove i passi erano
particolarmente pericolosi nella stagione delle piogge e le perdite furono numerose. I crociati
raggiunsero la piana di Antiochia intorno al 15 ottobre.
Nel frattempo Alessio conseguì con successo una serie di vittorie sui Selgiuchidi e Danishmendidi,
e occupò Smirne. Poco dopo caddero Efeso, Lidia, Sardi, Filadelfia e Laodicea. Alessio progettava
una spedizione in Frigia e di ristabilire le comunicazioni con le regioni siriane per poter continuare
a sostenere la Crociata.12
Invece in Cilicia, Baldovino finiva per formare il primo stato crociato autonomo nel Medio Oriente
– la Contea di Edessa.13

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Il governatore di Antiochia, Yaghi-Siyan, temeva gli invasori in quanto numerosi abitanti della città
erano cristiani, quindi possibili nemici. Decise di cercare degli alleati, a rispondere furono atabeg
Kerbogha di Mosul e Ridwan di Aleppo.
Il primo crociato a giungere davanti alle mura di Antiochia, alla testa dell’avanguardia dell’esercito,
fu Boemondo. I pellegrini rimasero a bocca aperta di fronte alle dimensioni della città.
Yaghi-Siyan si aspettò subito un attacco da parte dei cristiani, ma nel loro accampamento solo
Raimondo voleva attaccare. I suoi compagni preferivano aspettare i rinforzi di Tancredi o bizantini.
Boemondo non voleva che Raimondo attaccasse la città e preferiva ritardare un attacco congiunto
dei crociati: sapeva che solo se la città si fosse arresa a lui personalmente avrebbe potuto sperare di
farla propria.
La fortuna sorrise a Boemondo che trovò ben presto degli intermediari grazie ai quali poter
comunicare col nemico: i cristiani della città conoscevano bene le brecce nelle difese e lo
informavano di tutto ciò che accadeva in Antiochia. Yaghi-Siyan si mise in contatto con la
guarnigione a Harenc e la esortò a colpire la retroguardia dei crociati, ma i turchi vennero sterminati
in un’imboscata di Boemondo e l’assedio proseguì.
Ma intorno al Natale del 1097 le riserve di cibo erano quasi esaurite e le campagne circostanti erano
completamente spogliate. Boemondo e Roberto di Fiandra decisero di viaggiare lungo la valle
dell’Oronte verso Hama, per cercare le provviste nei villaggi.

L’assedio venne affidato a Raimondo e il vescovo Le Puy - Goffredo non poté partecipare perché
ammalato. Yaghi-Siyan appena ne venne a sapere tentò una sortita notturna ma la prontezza di
Raimondo salvò la situazione e i turchi vennero respinti.
Lontani da Antiochia, Boemondo e Roberto di Fiandra si imbatterono nell’esercito di Duqaq di
Damasco che volle aiutare Yaghi-Siyan. Le perdite di Duqaq nello scontro che seguì furono tali che
si ritirò dalla zona, ma i crociati finirono per tornare a mani vuote nell’accampamento.

La situazione stava peggiorando, tant’è che un uomo su sette stava morendo di fame. Vennero
inviati uomini nelle montagne del Tauro a chiedere aiuto agli armeni, che aiutarono come meglio
poterono ma non era abbastanza. Un aiuto migliore giunse da Cipro, dove si trovava il patriarca
Simeone di Gerusalemme, ben lieto di aiutare altri cristiani. Tuttavia gli aiuti si dimostrarono
insufficienti e molti disertarono – tra questi persino Pietro l’Eremita che venne ricondotto indietro
da Tancredi.
In questa situazione molto difficile, Ademaro scrisse una lettera presentandosi come il patriarca di
Gerusalemme per chiedere sostegno alla crociata dai regni occidentali ma non si sa quali esiti abbia
avuto quest’azione.

All’inizio di febbraio Tatikios abbandonò l’esercito inaspettatamente. C’erano molte spiegazioni


sulla sua partenza ma a Costantinopoli egli raccontò di come Boemondo lo abbia avvertito di una
congiura contro di lui da parte degli altri capi crociati. Tatikios a questo punto annunciò che sarebbe
tornato nell’Impero per organizzare un sistema di vettovagliamento migliore e s’imbarcò quindi per
Cipro. Poco dopo la partenza, Boemondo diffuse la voce che Tatikios fuggì per paura del prossimo
attacco dei turchi. Allora molti crociati si trovarono d’accordo che di fronte alla fuga del
rappresentante dell’Imperatore il giuramento verso di lui non era più valido e Antiochia dovrà
rimanere nelle mani dei crociati.

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Nel frattempo Ridwan di Aleppo giunse in aiuto a Yaghi-Siyan; durante la battaglia, i turchi di
Antiochia condussero un sortita ma i crociati finirono per battere ambedue le forze.

I principi occidentali pensarono che oramai potevano sperare di prendere la città per fame ma
dovevano sbrigarsi in quanto seppero che l’atabeg Kerbogha di Mosul stava radunando le sue
immense forze.

In primavera, i crociati ricevettero un’ambasceria egiziana. Alessio aveva raccomandato loro di


prendere contatti con i fatimidi, grandi rivali dei turchi. Gli ambasciatori del visir egiziano al-Afdal
rimasero per alcune settimane con i crociati e quando lasciarono l’accampamento lo fecero carichi
di doni, provenienti dai bottini di guerra, ma senza aver stretto alcun patto.
Nel frattempo Kerbogha stava avanzando con il suo esercito e Yaghi-Siyan continuava a resistere. I
crociati non volevano rimanere schiacciati tra l’armata turca e le mura di Antiochia, così inviarono
dei messaggeri a Alessio per chiedere aiuto. Ciò non andava bene a Boemondo, perché nel caso
dell’arrivo dell’Imperatore la città verrebbe consegnata a lui mentre Raimondo continuava a
pressarlo per far scegliere a Ademaro, in quanto rappresentava il papato, il futuro signore della città.
Si giunse a un compromesso: se Boemondo fosse riuscito a entrare in città prima dell’arrivo dei
bizantini, essa sarebbe stata sua.

Kerbogha perse tre settimane di tempo nel futile assedio di Edessa, che abbandonò e riprese la
marcia verso Antiochia. Per Stefano di Blois la vittoria non pareva possibile, egli non voleva finire
massacrato con i suoi compagni e così decise di tornare a nord, verso l’Anatolia. Ma il normanno
era riuscito a corrompere in segreto un capitano della città, un armeno musulmano di nome Firuz.
Poco dopo Boemondo chiamò in colloquio i principi più importanti e espose loro il suo piano del
quale faceva parte Firuz.
Al tramonto l’esercito crociato partì verso l’oriente ma nel cuore della notte vennero dati ordini ai
crociati di tornare indietro vicino alle mura occidentali e nord-occidentali. Poco prima dell’alba le
truppe di Boemondo, aiutate da Firuz, si piazzarono vicino a una delle torri e grazie a una scala
salirono su e così permisero ai loro compagni di seguirli. Intanto uno dei cavalieri scese per
informare Boemondo che poteva entrare in città. Yaghi-Siyan fuggì precipitosamente ma venne
ucciso dai contadini armeni. I crociati finirono per saccheggiare anche le abitazioni dei greci e
armeni e si impadronirono dei tesori e delle armi dei turchi. 14
Quando l’entusiasmo venne meno, gli europei scoprirono che non si trovavano in una situazione
migliore in quanto i viveri in città scarseggiavano.
Quando Kerbogha si presentò alle porte della città i crociati riposero tutte le loro speranze verso
l’Impero e Alessio, verso la metà di giugno, raggiunse Filomelio ed era in marcia verso la Siria. Ma
comparve nell’accampamento Stefano di Blois che avvertì Alessio dell’immenso esercito turco e
dell’esercito crociato ormai pronto a cedere. L’Imperatore decise che era troppo pericoloso correre
il rischio di uno scontro – se i crociati fossero davvero morti, i selgiuchidi sarebbero passati al
contrattacco e per i bizantini sarebbe difficile organizzare la difesa in questa zona.
Questa decisione contribuì in futuro a dare forza alla propaganda diffusa soprattutto dai crociati
normanni che i bizantini non erano dei veri alleati della cristianità e che non si poteva fidare di loro.
Le strade di Bisanzio e dei crociati si separarono definitivamente.
Nonostante la mancanza di supporto da parte dell’Impero, i crociati sconfissero Kerbogha 15 e
Boemondo abbandonò la spedizione per consolidare il suo stato, il Principato d’Antiochia.
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Il resto dei crociati riuscì a raggiungere il loro obiettivo, Gerusalemme, il 7 giugno del 1099.
L’assedio ai danni dei fatimidi iniziò il giorno stesso e si concluse con un massacro della maggior
parte degli abitanti il 14 luglio. La Prima Crociata si concluse con successo.16
Come sovrano di Gerusalemme venne scelto Goffredo di Buglione e poco dopo nuovi stati crociati
cominciarono a fiorire nel Levante. La creazione di stati indipendenti da parte dei conquistatori era
un rischio costante e fino ad un certo punto accettabile dai bizantini, ma mai Alessio avrebbe
accettato la presenza normanna a Antiochia.
Un contrattacco dei Danishmendidi diretto contro gli stati crociati permise ai bizantini di riprendere
le fortezze cilice di Tarso, Adana e Mamistra e la flotta conquistò Laodicea e altre città costiere fino
a Tripoli. Boemondo sapeva che non poteva combattere su due fronti con l’Impero e con i turchi,
così lasciò a Tancredi il comando di Antiochia e tornò in occidente da dove diresse una spedizione,
nel 1107, contro i bizantini ma venne sconfitto e formalmente accettò la sovranità di Alessio.
Quando Boemondo morì, Tancredi presto dichiarò che non riconosceva nell’Imperatore il suo
signore e Alessio si dedicò completamente alla lotta contro i turchi. 17
Bisanzio godrà della massima autorità su questi stati crociati durante il regno di Manuele I
Comneno quando Rainaldo di Antiochia divenne suo vassallo e il sovrano di Gerusalemme,
Baldovino III, si pose sotto la protezione dell’Imperatore. 18

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BIBLIOGRAFIA

Steven Runciman, Storia delle Crociate vol.1, Biblioteca Universale Rizzoli, 2000.
1
Parte prima I luoghi della cristianità, Capitolo quarto Verso il disastro: 53-55
4
Parte prima I luoghi della cristianità, Capitolo quinto Confusione in Oriente: 57-60
7
Parte seconda La predicazione della crociata, Capitolo terzo Il bando: 96-103
8
Parte terza In cammino verso la guerra, Capitolo primo La crociata popolare: 108-118
9
Parte terza In cammino verso la guerra, Capitolo terzo I principi e l’imperatore: 127-148
10 & 12
Parte quarta La guerra contro i turchi, Capitolo primo La campagna in Asia minore: 154-168
13
Parte quarta La guerra contro i turchi, Capitolo secondo Interludio armeno: 182-183
14
Parte quarta La guerra contro i turchi, Capitolo terzo Davanti alle mura di Antiochia: 185-202
15
Parte quarta La guerra contro i turchi, Capitolo quarto Il possesso di Antiochia: 203-207, 212-
213, 223-225.
16
Parte quinta La terra promessa, Capitolo primo Verso Gerusalemme: 240, 246-247

Edward N. Luttwak, La grande strategia dell’Impero bizantino, Biblioteca Universale Rizzoli, 2012.
2
Capitolo 9 I musulmani arabi e turchi: 253-259

Georg Ostrogorsky, Storia dell’Impero Bizantino, Einaudi, 2005.


3
Capitolo quinto Il dominio dell’aristocrazia burocratica della capitale (1025-81): 313-315
5 & 17 & 18
Capitolo sesto Il dominio dell’aristocrazia militare (1081-1204): 326-331, 333-334, 350

Thomas F. Madden, Le Crociate: Una storia nuova, Lindau, 2005.


6
L’appello Papa Gregorio VII, Il Concilio di Clermont, La prima crociata: 22-35

David Nicolle, Lotta per la Terra Santa, RBA, 2012.


11
Comandati avversari, I condottieri bizantini: 17

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