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Atti Impuri-Pasolini

Letteratura Italiana
Alma Mater Studiorum – Università di Bologna
8 pag.

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5 ottobre 21
Iniziamo a vedere alcuni elementi specifici delle opere della prima produzione di Pasolini in
prosa. In prosa perché si tratta di 2 opere che per Pasolini dovevano costituire un romanzo
fatto sotto forma di una confessione. È l’idea che Pasolini aveva in quel momento e che
non abbandonerà per il resto della sua attività di scrittore e lo farà anche a un livello
pubblico, cioè di non nascondere niente di quello che lo riguarda ma rivolgersi sempre ai
suoi interlocutori cercando di dire loro quella che è la sua idea, percezione e condizione in
quel momento.
Queste due opere, per diverse ragioni, Pasolini non le ha volute pubblicare. Usciranno nel
1982, Pasolini è già morto da 7 anni, ma costituirono qualcosa di inaspettato, nessuno si
immaginava che Pasolini avesse scritto così tante cose sulla sua esperienza friulana,
soprattutto in quegli anni in cui Pasolini comincia ad avere un ruolo pubblico. Il ruolo
pubblico indica fondamentalmente 2 attività: 1- quella dell’insegnamento, che diventa
sempre più un insegnamento ufficiale; 2-l’impegno politico col partito comunista italiano,
cioè col partito che rappresenta la sinistra, una forza politica che allora non era al governo,
perché dopo la guerra il governo diventa un governo di centro-destra, un governo
moderato.
La prima cosa interessante è il fatto che Pasolini non è uno sconosciuto in questi anni, la
sua dimensione intellettuale, la sua preparazione culturale che è molto ampia, e lui porta
questa esperienza intellettuale verso quello che è il suo rapporto col mondo friulano e la
cultura contadina friulana.
Il problema nasce quando questo impegno di tipo intellettuale diventa un’altra cosa che
acquista caratteristiche molto private e che sono in quel momento inesprimibili
pubblicamente, ma neanche lontanamente confessare a qualcu1no. E allora Pasolini inizia
questo esperimento di diario proprio perché ha bisogno fi chi8arire con sé stesso questi
elementi di questa esperienza privata.

Il diario lui lo intitola ATTI IMPURI, espressione che viene dalla religione cattolica, che ha a
che fare con la sfera della sessualità e della vita erotica. Questo diario ha a che fare col
bisogno di Pasolini di commettere questi atti impuri, di fare un salto da quella che poteva
essere semplicemente una passione intellettuale verso una passione realmente consumata
e fisica.
Non si può parlare di omosessualità in una situazione molto arretrata culturalmente come
quella di allora, nel mondo contadino non esiste il nome, non esiste quella che può essere
la percezione e la coscienza di questo termine, non esiste la possibilità di parlarne, di farne
un’analisi.
Pasolini vorrebbe farne un’analisi con il suo diario, e che poi trasforma quando invece
questo diario diventa un romanzo, o per lo meno, un racconto lungo, con un titolo diverso,
AMADO MIO, e che potrebbe essere addirittura più obiettivo di Atti impuri e potrebbe
essere pronto già per la pubblicazione, ma anche in questo secondo caso Pasolini non lo fa.

Perché? I motivi non sono comprensibili fino in fondo ma ci sono 2 fatti importanti:
1-iscirizione alla cellula, cioè organismo locale, del partito comunista. Anche a Casarsa
esiste un piccolo nucleo di militanti del partito comunista e Pasolini si iscrive a questa
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cellula. In quanto intellettuale ed unico di questo gruppo di azionisti ad avere una cultura
solida che comprende anche molti testi connessi col pensiero marxista, è chiaro che questa
militanza nel partito comunista non può essere un fenomeno che non diventa subito
visibile. Pasolini comincia a scrivere nei giornali locali una serie di articoli che hanno un
valore politico molto esplicito in difesa dei diritti di un mondo umile e modesto che non ha
gli strumenti intellettuali per potersi difendere e allora dà lui stesso i suoi strumenti
intellettuali a questo mondo per difenderlo.
Nel ’46 ufficialmente Pasolini comincia ad essere l’intellettuale di punta del partito
comunista di area friulana, di Casarsa (precisamente San Giovanni di Casarsa).
Quindi Pasolini inizia a fare attività politica, la sua attività politica consiste anche in fatti
molto espliciti, come ad esempio frequentare quelle che allora erano le prime feste del
partito, tenere comizi in pubblico, scrivere dei manifesti che vengono poi attaccati sui muri
dove ci si dichiara dalla parte del mondo contadino e si reclamano i diritti di questo
mondo.

2-c’è un’organizzazione molto specifica sul territorio, non esiste sollo questo momento
pubblico, c’è proprio un tessuto molto ben studiato che deve in qualche modo far sentire
la presenza del partito in questi territori. I due centri più interessanti sono Udine e
Pordenone. Poi ci sono tanti altri piccoli paesi della zona dove, comunque, avviene questo
tipo di attività.
La cosa per noi interessante è che quando arriviamo all’ottobre del ’49, alle soglie degli
anni Cinquanta, in particolare appunto nell’ottobre del ’49 scoppia lo scandalo che
costringe Pasolini ad abbandonare il Friuli, scandalo che lo porta ad essere espulso dal
partito in maniera molto violenta e anche dall’attività scolastica.

ATTI IMPURI
Il diario che noi leggiamo risale a 2 anni prima, cioè il diario è scritto tra la primavera del
’46 e l’autunno del ’47. Sono due anni fondamentali per Pasolini, sono due anni in cui ha
già pubblicato molte poesie, è già molto conosciuto, non può nascondere alcuni fatti
privati della sua vita perché tutti sanno chi è e tutti chiacchierano sulla sua presunta
perversione sessuale. E lui lo sa che se ne parla e deve fare in modo di tenere sotto
controllo la situazione il più possibile.
Il diario inizia il 30 maggio del ’46, è diviso in 8 parti che sono più o meno 8 capitoli. Il diario
non ha una forma esplicita, non è stato rimaneggiato troppo da Pasolini. Non sappiamo se
realmente questa forma con la quale noi oggi lo leggiamo è la forma che lui avrebbe voluto
dargli.
Pur iniziando nel ’46, dentro queste pagine Pasolini ci racconta all’indietro quello che è
successo negli anni prima, nel ’45, nel’43 (importante perché ha il primo rapporto esplicito
con un ragazzo friulano, capitolo terzo), racconta le fasi di un innamoramento vero e
proprio verso un giovane che lui chiama con una serie di nomi, o T o Nisiuti. L’edizione che
noi leggiamo è stata un po’ rimessa a posto, ma nell’edizione filologicamente più credibile
vediamo questa oscillazione del nome che a seconda delle pagine può avere il nome T o il
nome Nisiuti.

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Il problema con cui Pasolini inizia il diario è che il 30 maggio del ’46, quel giorno o quei
giorni gli ricordano quello che è successo un anno prima, dobbiamo dunque presuppore
nella primavera-estate del ‘45. Un anno prima lui ha pensato seriamente di uccidersi
perché Nisiuti, il ragazzo di cui lui era innamorato, gli ha parlato del fatto che ha confessato
quello che è successo tra loro due in famiglia, Nisiuti è stato spinto in qualche modo dalla
propria coscienza a confessare quello che è successo. E Pasolini dice che in quel momento,
quando Nisiuti gli racconta di aver confessato tutto, probabilmente lo ha confessato anche
in Chiesa, Pasolini capisce che quello è per lui un momento di non ritorno, un momento
dopo il quale le cose non potranno più essere come prima. Dal punto di vista pubblico
tutto si verrà a sapere in fretta. Pasolini capisce che il ragazzo ha fatto questo gesto di
confessione per liberarsi di lui, cioè il ragazzo vive in una condizione di sottomissione
dentro al quale c’è anche una forma di amore, qualcosa che lo lega a Pasolini, magari una
forte ammirazione ecc., ma in realtà quella confessione ha rotto per sempre il legame che
c’è fra loro.

Leggiamo questo primo passaggio su quello che succede.


L’idea che Nisiuti abbia confessato lo fa vedere ormai lontano, in un luogo irriconoscibile,
lo mostra sotto un’altra luce. Il diario finirà poi con un tono che è esattamente il contrario
di quello che si legge all’inizio, cioè termina con un’esaltazione di Nisiuti.
Pasolini esprime un dramma intimo che riguarda 2 cose contemporaneamente: 1-il fatto
che Nisiuti ha confessato probabilmente perché spinto dal desiderio di tagliare il legame o
da un senso di colpa troppo forte; 2- Pasolini si sente ormai perduto, accusa Nisiuti di
averlo ormai letteralmente rovinato.
Il “Dio falso”, espressione molto forte di Pasolini contro la Chiesa, in questo momento lui
considera Dio un falso.
Il diario si apre in un momento drammatico del ’46 (anno in cui diventa ufficialmente un
uomo del partito comunista ricordiamo), Pasolini da una parte sta diventando sempre più
famoso e dall’altra si sente perduto.
Subito dopo Pasolini scrive che si isola e sente forte il desiderio di morire, poi entra in una
baracca di legno che si trova in campagna e dice che è uno dei luoghi dove era nato
l’amore tra lui e Nisiuti, lì dentro compì gesti folli di cui ora potrebbe sorridere.
Viene descritta una scena che ricorda la scena in cui Cristo, prima di essere denunciato e
arrestato dai romani, prega nell’orto; Nisiuti è stato nell’orto di famiglia a piangere
disperatamente per quello che è successo, per ciò che la sua confessione ha provocato.
Pasolini, che nel diario si chiama col nome Paolo, lo vede e decide di prenderlo
sottobraccio e di portarlo in paese.
È una scena molto drammatica dal punto di vista emotivo. In questo momento Paolo
rappresenta il male, non nasconde che Nisiuti sente in lui il male in questo momento e che
lui stesso ha la coscienza, la consapevolezza del male. Tanto è vero che la scena che è
avvenuta un anno prima, nel maggio del ’45, un anno in cui c’è ancora la guerra in alcune
parti d’Italia, ma Pasolini non fa alcun accenno a quello che c’è intorno a lui in quel
momento se non ad un bombardamento.
È una scena di pentimento, di dolore, in cui viene fuori questa consapevolezza molto forte
in Pasolini del male. Che lo porterà a dire di sé stesso di vedersi come un mostro. Questa
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parola, mostro, è negativa, dispregiativa molto forte che Pasolini userà molto spesso in
questo periodo. Lui si vede nei panni di un mostro. Quando Nisiuti era suo studente e
aveva 16 anni, e lo vede chino a fare i compiti, lui pensa al suo amore come un mostro
indivisibile. Questa cosa è importante perché Pasolini in questo periodo deciderà d scrivere
a due amici, un uomo e una donna, di scrivere delle lettere dove vuole essere sincero e
parlerà di sé stesso proprio come se fosse un mostro. Dice di avere la consapevolezza di
essere 2 persone in contemporanea, da una parte il poeta conosciuto ecc., l’altra parte è
invece indicibile e mostruosa.

Nella pagina seguente, datata 2 giugno del ‘46, pochi giorni dopo, Pasolini descrive una
festa. Il tema delle feste di campagna, che avvenivano in questi paesi, è un tema
fondamentale, perché sono i luoghi in cui Pasolini molto spesso aveva l’occasione di
incontrare ragazzi che avevano così l’occasione di ballare, divertirsi e ubriacarsi. Una festa
che lo porterà alla rovina.
Dunque, la pagina del 2 giugno è una pagina di festa. Pasolini confessa la sua
consapevolezza di non poter più far parte di quel mondo, cioè il mondo degli adolescenti, il
desiderio domenicale di inserirsi nel mondo della vita. Invece in questo lui comincia
proprio a far parte di quel mondo, pubblicamente comincia a inserirsi in quel mondo.
C’è il tema leopardiano della Sera del dì di festa.
Pasolini scrive di esser pieno di energie che lo portano a soffrire su un’isola deserta,
intorno a lui c’è il vuoto. Poi però aggiunge questa considerazione: dice che così vestito a
festa sarà “l’innocente traditore di sé stesso”, cioè anche se ha la consapevolezza di non
essere più come gli altri lui partecipa uguale a questa vita, a quel mondo. Si veste per
uscire, dice che andrà alla festa.

Un paio di pagine dopo, la data è quella del 3 giugno, dobbiamo pensare che sia il giorno
successivo, Pasolini ci dice che un anno fa, sempre in quel famoso anno che dovrebbe
essere il ’45 e precisamente la primavera-estate del ’45, un anno fa Nisiuti si era ammalato.
Pasolini dà la colpa di questa sua malattia a sé stesso, dice che è stato lui a farlo ammalare
e Dio è come se lo stesse assolvendo dal suo peccato. Quindi c’è una coscienza cattolica
perché in fondo Pasolini si è formato in un ambiente cattolico.
Pasolini non sta analizzando una condizione di consapevolezza definitiva e felice, non dice
“ah finalmente ho capito chi sono e sono contento di averlo capito”, ma dice di incarnare
un principio di colpevolezza, e sente che la morte di Nisiuti potrebbe essere la salvezza per
Nisiuti stesso, cioè se lui muore è Dio che lo salva perché Dio lo sottrae a lui, al peccato che
lui gli insegna.
Il suo immenso amore per Nisiuti nacque nei primi mesi del ’45, mentre Pasolini stesso era
quasi impazzito per colpa di Gianni (Gianni è un altro ragazzo che se ne è andato dal paese
con la famiglia e lui se ne era innamorato). Era il periodo più tremendo della guerra, i primi
mesi del ’45, è il periodo in cui i nazisti e i fascisti stanno praticando un’azione di vendetta
a tappeto contro i partigiani.
Pasolini ha un fratello più grande, Guido, che nel ’45 entra nella brigata partigiana
chiamata brigata Garibaldi. Questi ragazzi che sono in brigata cercano di attaccare il

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nemico in situazioni in cui il nemico non se lo aspetta, tendono delle imboscate quando si
trovano in luoghi sperduti e sanno che dovrà passare una pattuglia di fascisti ecc.
Durante questo inizio del ’45 il fratello di Pasolini, non dà notizie di sé perché appunto è
scappato con i suoi compagni di brigata sulle montagne, arriva ogni tanto qualche sua
lettera. L’ultima lettera del fratello a Pasolini arriva un po’ prima dell’inizio di febbraio
quando il fratello e i compagni della brigata Garibaldi vengono tutti uccisi il 12 febbraio del
1945. Perché vengono uccisi? Non è un fatto semplice da capire perché vengono uccisi da
un’altra brigata (slovena) di partigiani per ragioni politiche e di contrasti interni.
La notizia di questa morte non arriva subito a casa di Pasolini, ma arriva a Casarsa, cioè
dove Pasolini sta con la madre, subito dopo la fine ufficiale della guerra, dunque parecchie
settimane dopo quello che è successo. Per una strana concomitanza, mentre Pasolini vive
questo momento di amore per Nisiuti, nello stesso momento, pur se lui non lo sa, avviene
la morte del fratello Guido e la cosa che colpisce è che, essendo arrivata la notizia tardi,
non ce ne sia traccia in questo diario. Chiaramente ci sarebbe stata la traccia della morte
del fratello se lui avesse avuto la notizia in quei giorni.
Pasolini e la madre si trasferiscono in un piccolo borgo tra i campi, che lui chiama Viluta,
non sono più a Casarsa, e in quel borgo tra i campi lui si trova in una condizione disumana
perché da una parte c’è la solitudine e dall’altra la paura di morire, per via della guerra.
L’unica persona che in questo momento Pasolini ha come interlocutrice è una ragazza che
si chiama Dina, in realtà Pina è il nome vero, che è di origine slovena e lo aiuta nella scuola,
è molto brava a suonare il violino ed è innamorata di lui. Lei vive a pochi metri dal casolare
in cui Pasolini vive con la madre e la scena che Pasolini descrive è una scena abbastanza
conturbante ancora oggi se pensiamo a quando è successa e se pensiamo alla condizione
in cui è avvenuta questa scena. È sera, i pochi abitanti di questo paesino si incontrano la
sera vicino al fuoco per farsi compagnia, Pasolini è lì e sulle ginocchia ha Gianni, il ragazzino
di cui è innamorato e sta parlando e scherzando con lui quando arriva Dina.
Pasolini è nella parte bassa della casa che sta giocando con Gianni ed altri contadini, Dina è
entrata ed è andata nella parte di sopra per parlare con la madre di Pasolini e lui immagina
perfettamente ciò che lei poteva sentire in quel momento e poi sente il violino, Dina sona
la Ciaccona di Bach.
Dina lo stava chiamando. Quando Pasolini comincerà a fare i suoi primi film questo pezzo
di Bach verrà utilizzato più volte. La Ciaccona ha un valore fondamentale per Pasolini, è
connesso a un momento della sua vita in Friuli che corrisponde a quando Dina lo chiamava
suonando il violino. Vuol dire che Dina ha capito benissimo quello che sta succedendo e
Dina lo chiama perché in realtà lo vuole sottrarre ai rischi che Pasolini sta per affrontare.
Dina lo chiama innanzitutto perché è innamorata di lui ama anche perché vorrebbe
aiutarlo a non infilarsi in una strada che sa essere molto pericolosa.
Infatti, poi Pasolini scrive che Dina stessa gli confessa poi di averlo chiamato con quel pezzo
al violino, e lui dice di giustificarsi con la sua ingenuità e dall’altra parte tiene segreto
qualcosa di sé. Ma lui sa che Dina ha capito perfettamente, perciò lui sta recitando davanti
a Dina una parte costruita volontariamente per nascondere la verità. Lei capiva che le
scuse erano false e non riusciva a capacitarsene.

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Per caso non voluto, noi questa pagina l’abbiamo letta solo nell’82, quando è uscita una
versione di questo libro un po’ rimaneggiata ma abbastanza fedele all’originale. Ma se noi
risaliamo al 1945/46, noi dobbiamo dire che questo è realmente il primo libro della
letteratura italiana ed uno dei primi libri della letteratura europea dove un autore fa
un’analisi di questo tipo intorno a quella che è la sua consapevolezza e soprattutto intorno
a quella che è la consapevolezza delle persone che lo circondano in un momento come
questo.
(c’è Agostino di Moravia, ma a parte questo libro non esiste altro libro che parla di questo.
L’unico altro libro è Ernesto di Umberto Saba).
Dal punto di vista storico questo testo ha un valore fondamentale. Ma ha un valore
fondamentale anche dal punto di vista dell’opera di Pasolini, perché benché venga
conosciuto tardi, noi troviamo in questo testo già dei nuclei molto espliciti di quello che
Pasolini farà negli anni successivi.
Ad esempio, l’analisi del rapporto tra lui e Dina è un’analisi molto raffinata, molto
intelligente e parchè è proprio il modo con cui lei ha la consapevolezza di volerlo aiutare e
lui, per sottrarsi a quello che lui fa, finge di essere un'altra persona da quello che è.
Pasolini ci dice che i tentativi di Dina, sono per lui inutili. Dice che è un errore quello di non
ascoltarla, perché dal punto di vista morale questo suo non risponderle e non tenerla in
considerazione fa parte della dimensione mostruosa che lui sta riconoscendo in sé stesso.
Lui si comportava con lei come se fosse un personaggio teatrale che conosce già il suo
futuro. Mentre lei, anche subito dopo l’inizio dell’amore di Pasolini per Nisiuti, continuava
ad aver bisogno delle spiegazioni di Pasolini.
Dina è in questo momento, assieme alla madre, una delle figure femminili più importanti
per Pasolini.

Nelle pagine successive Pasolini ci racconta qualcosa riguardo alla sua famiglia, cioè
riguardo suo padre e sua madre. In famiglia c’è un’aria religiosa anche se lui scrive che non
ha condiviso un’educazione realmente cattolica. Il padre è un ufficiale in realtà indifferente
alla religione seppur ogni domenica lo porta a messa.
Sua madre è troppo ingenua, la sua fantasia le ha suggerito un’infinità di dubbi.
In famiglia c’è un’atmosfera spirituale molto precisa, non del tutto cattolica, insomma non
di un cattolicesimo convinto. Pasolini scrive che lui ha creduto in Dio fino ai 15 anni circa. Il
vero culto che lui prova è per la Madonna, per la madre di Cristo.
Questo ci riporta alle poesie friulane.
Nel 1963/64 Pasolini deciderà di fare un film sulla vita di Cristo, il Vangelo secondo Matteo.
Pasolini in questa pagina aggiunge un’altra cosa: a Reggio Emilia (dove lui vie in età
infantile prima di stabilirsi a Bologna) compì i primi atti contro il suo pudore, cioè allude
alla masturbazione. Il senso del peccato viene superato attraverso le preghiere. C’è grande
somiglianza con la descrizione del purgatorio di Dante.

La presenza di una religione cattolica vera e propria c’è in Pasolini fino a 15 anni, che è una
presenza assorbita non convinta fino in fondo. La religione cattolica lui la sente in famiglia
ma intorno a questa età è avvenuto un cambiamento, non ricorda come quella fede si è

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dissolta in lui, è forse l’unico avvenimento della sua vita che gli sia scomparso senza
lasciare traccia.
Pasolini ce ne parla proprio con grande chiarezza. A Bologna, a 15 anni e mezzo, fa la sua
ultima confessione e comunione senza esserne più convinto.

Per spiegare ciò che è successo tra il ’45 e il ’46 Pasolini ha costantemente bisogno di fare
riferimento a eventi passati, alla sua formazione di adolescente.
Pasolini scrive che ebbe una fase successiva, in cui Pasolini si trova in questi anni, lui la
chiama la fase della sua consapevolezza mistica. Abbandona la religione cattolica, pur non
escludendo che ci siano stati dei ritorni momentanei a questa religione (d’altronde i paesi
di campagna sono intrisi di religione), ma la cosa importante è che la fase successiva a
questa, cioè la fase in cui Pasolini colloca i suoi 20 anni è la fase mistica. Mistica vuole
indicare un fenomeno legato alle rivelazioni che hanno a che fare con la religione in cui un
soggetto si colloca in una condizione di solitudine con la divinità data dall’impossibilità di
comunicare con gli altri.
Il mistico è colui che è solo, in una condizione di solitudine totale, o voluta da lui o da altri,
e in questa situazione di solitudine Pasolini scopre la possibilità di concepire l’altro. Altro lo
scrive con la A maiuscola. Cosa vuol dire la possibilità di concepire l’altro? Vuol dire
mettersi in rapporto con qualcuno di totalmente diverso da noi, qualcuno che è lontano da
noi, totalmente diverso.
Quindi Pasolini scopre la possibilità di mettersi in rapporto con un’altra realtà, e questa
possibilità diventa per Pasolini anche l’azione politica. L’azione politica diventa azione che
lo porta ad essere in rapporto con un altro, ad aiutare in maniera disinteressata qualcuno
che è diverso da lui. Ed è anche questo il motivo per cui Pasolini entra ufficialmente nel
partito comunista.

Però c’è un altro problema, che non è Nisiuti, che non è Dina, che non è la sua famiglia (il
padre è quasi azzerato in questo momento, non ha un ruolo importante; la madre è presa
da una crisi sconvolgente per via della notizia della morte di Guido).
Lui non si trova in una città, ma in un posto piccolo in cui tutti si conoscono, tutti hanno dei
rapporti. Il problema è come poter gestire quello che lui scopre in rapporto a questa
collettività. Lui sa che non può essere accettato né capito. Dal punto di vista politico si, ok.
Dal punto di vista privato, come può condurre quello che è il suo amore per Nisiuti se non
nascondendolo? Nascondendolo fino a un certo punto però, sappiamo, perché è Nisiuti
stesso a rivelarlo.

Pasolini risale a due anni indietro, al 1943, data importante. Il capitolo secondo e terzo
sono dedicati a questo momento.
Il ’43 è l’anno in cui ufficialmente Pasolini può dire di scoprire il rapporto sessuale, non
volendolo lui, non lo cerca lui, ma è un ragazzo completamente diverso da Nisiuti, (che
viene dopo, nel ’45), è un ragazzo molto volgare, molto materiale, un contadino, che
modo gli tende una specie di imboscata e lui per la prima volta nel ’43 compie un atto
esplicitamente omosessuale. La cosa strana è che lo compie in una condizione che non ha
niente di quello che succederà dopo.
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In mezzo a questo racconto c’è un episodio importante. C’è la guerra, ci sono i
bombardamenti, i tedeschi bombardavano le stazioni ferroviarie principalmente, viene più
volte bombardata la stazione di uno di questi paesi e Pasolini per distrarsi da questo clima
così pesante e rischioso, da una parte insegna ai ragazzi le poesie più importanti che ha
letto e poi decide di mettere in scena un vero e proprio spettacolo teatrale, cioè decide di
scrivere una piccola sceneggiatura, e poi di insegnare ai ragazzi a recitare all’interno di
questo spettacolo. Questa è la prima opera di tipo pubblico con la quale Pasolini esprime il
suo rapporto con il mondo dei contadini che lo circonda. Lui chiama questa opera favola, si
intitola “I fanciulli e gli elfi”, la favola rappresenta una situazione molto particolare. E nel
mettere in scena la favola Pasolini coinvolge tutti i ragazzi del luogo, tra cui anche il famoso
Nisiuti. I ragazzi sono gli elfi che vivono col loro padre orco in mezzo alla selva, rapinando,
all’occasione sono anche cannibali.
Gli elfi si lasciano sedurre da tre ragazzi che scappano nel bosco.
Ci sono due figure adulte, l’orco e lo zio dei ragazzi, che rappresentano rispettivamente il
male e il bene che si contendono il dominio sugli elfi e i ragazzi. Pasolini ha deciso di
recitare sulla scena la figura dell’orco, è la figura che lui sceglie con la quale lui stesso
recitare. L’orco è la forza del male che tenta di tenere soggiogati gli elfi ma anche di
corrompere i 3 ragazzi. Quando l’orco torna, lo zio die ragazzi tenta di combattere contro
l’orco.
Questo piccolo testo ha un valore simbolico molto esplicito: Pasolini rappresenta sé stesso
come fonte del male, come origine del male, un male che fa ricorso a forze negative che
però non gli obbediscono più. I buoni e in convertiti vincono.
Pasolini dice che per 5 o 6 mesi, intanto la guerra finisce, siamo più o meno nell’estate del
’45, lui e i ragazzi preparano lo spettacolo.
Non è uno spettacolo semplice perché deve insegnare ai ragazzi a recitare, a cantare in
coro (Dina lo aiuta). Pasolini recitava l’orco.
La favola è il tentativo di utilizzare un’espressione artistica per rendere pubblico ciò che
Pasolini sta vivendo. Nel momento in cui decide di costruire un testo per il pubblico di quei
luoghi Pasolini decida anche di assumere il ruolo della forza del male con un aspetto che è
deformato (la pancia, la barba diabolica e in testa un copricapo particolare).
Questo spettacolo è per Pasolini il mood con cui rendere pubblica al situazione che lui
sente di star vivendo, cioè la situazione di mostruosità, che passando attraverso uno
spettacolo non è condannabile perché passa per finzione, ma per Pasolini contiene una
forma di confessione.

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