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Questione di sguardi. Du Bois e Fanon


di Sandro Mezzadra
Pubblicato in M. Mellino (a cura di), Fanon postcoloniale. I Dannati della terra oggi, Verona,
ombre corte, 2013.
1. Un dialogo a distanza
In un libro famoso, da cui ho ripreso il titolo per questo intervento, John Berger scrive che la
convenzione della prospettiva, che propria dellarte europea e che fece la sua comparsa agli inizi
del Rinascimento, fa dellocchio che osserva il centro di ogni cosa
1
. La sovranit dello sguardo e il
primato del vedere segnano in effetti la cultura occidentale moderna ben al di l delle sue
espressioni artistiche, ne organizzano la concettualit filosofica e politica. Influenzano in
profondit, in particolare, le modalit con cui dallinterno di quella cultura viene immaginato e
costruito il soggetto. Si pu allora partire da qui per mettere in scena un dialogo a distanza tra
W.E.B. Du Bois e Frantz Fanon. La riflessione e la militanza politica di entrambi si distendono
sullo sfondo di esperienze la schiavit, il colonialismo caratterizzate da processi di produzione
di soggettivit che si definiscono come anomali nei confronti di quelli che la modernit ha posto
come i propri standard. Du Bois e Fanon, seguendo percorsi diversi quanto a collocazione
geografica, formazione culturale ed esperienza biografica, hanno dato un contributo essenziale al
complessivo ripensamento della modernit a partire da quelle esperienze, di cui hanno negato ogni
carattere marginale o eccezionale. E hanno saldamente impiantato la loro ricerca di una
prospettiva di liberazione nella materialit dei movimenti e delle lotte di quei soggetti la cui
posizione anomala, negli Stati Uniti della segregazione razziale come nelle insorgenze anti-
coloniali, resisteva a ogni lineare comprensione allinterno degli schemi concettuali del pensiero
democratico (la cittadinanza) o socialista (la classe operaia).
In pagine suggestive, densamente autobiografiche, tanto Du Bois quanto Fanon hanno posto
allorigine della propria esperienza intellettuale e politica un processo di formazione della
soggettivit in cui la sovranit dello sguardo si rovescia nel primato dellesser guardati. un vero e
proprio gioco di sguardi, infatti, quello magistralmente descritto da Du Bois allinizio di Souls of
Black Folk (1903) attorno alla domanda che non viene mai posta agli afro-americani e che tuttavia
organizza il loro rapporto con il resto del mondo: how does it feel to be a problem?, come ci si

1
J. Berger, Questione di sguardi. Sette inviti al vedere fra storia dellarte e quotidianit (1972), trad. it. Milano, Il
Saggiatore, 2007, p. 18.
2
sente a essere un problema?. Quel che ne deriva, e che viene qui descritto con la celebre immagine
della doppia coscienza, una sensazione davvero particolare, la formazione di una soggettivit
costretta a guardarsi sempre attraverso gli occhi degli altri
2
. Gi gli sguardi bianchi, i soli veri,
mi dissezionano, faceva eco a Du Bois Fanon mezzo secolo pi tardi. La scoperta del problema
nero passa anche per lui attraverso il momento in cui gli fu dato di affrontare lo sguardo bianco.
Toh, un negro! Una inconsueta pesantezza ci oppresse, annota Fanon, e si tradusse
immediatamente in unalterazione fisica del rapporto con il proprio corpo: nel mondo bianco,
luomo di colore incontra difficolt nellelaborazione del suo schema corporale. La conoscenza del
corpo unattivit unicamente negatrice. una conoscenza in terza persona. Tuttintorno al corpo
regna una atmosfera di sicura incertezza
3
.
bene chiarire preliminarmente un punto. Per quanto evidenti possano apparire in Fanon gli echi
del discorso di Du Bois, dubbio che egli conoscesse direttamente gli scritti di questultimo.
Limmagine della doppia coscienza era del resto circolata ampiamente nella cultura afro-americana,
e Fanon la aveva probabilmente recepita attraverso la mediazione di Richard Wright, che si era
trasferito a Parigi allindomani della seconda guerra mondiale e la aveva rielaborata aggiungendovi
tonalit esistenzialistiche e psicoanalitiche
4
. Non si tratta dunque, in questo intervento, di ricostruire
linfluenza diretta di Du Bois su Fanon, ma appunto come si diceva pocanzi di mettere in scena
un dialogo a distanza tra i due intellettuali e militanti neri, nella prospettiva della costruzione di un
archivio tattico (I. Chambers) anti-coloniale che possa contribuire alla comprensione critica e alla
trasformazione del nostro presente postcoloniale. E se nelle prime battute del dialogo tra Du Bois e
Fanon a venire in primo piano una specifica patologia nel processo di costituzione della
soggettivit nera, bloccato e come congelato dallimpossibilit di un riconoscimento (per accennare
a un tema hegeliano ben presente in entrambi), sar opportuno soffermarsi nelle pagine che seguono
sulle modalit di restituzione dello sguardo che nei movimenti e nelle lotte dei neri contro la
schiavit, contro la segregazione, contro il colonialismo si determinano. in fondo il tema gi

2
W.E.B. Du Bois, Le anime del popolo nero (1903), trad. it. a cura di P. Boi, Firenze, Le Lettere, 2007, pp. 7 e 9.
3
F. Fanon, Pelle nera maschere bianche. Il Nero e lAltro (1952), trad. it. Milano, Tropea, 1996, pp. 102 e 98.
4
Cfr. M. Renault, Frantz Fanon. De lanticolonialisme la critique postcoloniale, Paris, ditions Amsterdam, 2011,
pp. 46-49. La letteratura su Du Bois e Fanon non abbondantissima: un contributo importante quello di R. Posnock,
Hoe It Feels to Be a Problem: Du Bois, Fanon, and the Impossible Lifge of the Black Intellectual, in Critical
Inquiry, XXIII (1997), 2, pp. 323-349, in buona parte ripreso in Id., Color & Culture. Black Writers and the Making of
the Modern Intellectual, Cambridge, MA London, Harvard University Press, 1998. Si vedano comunque: T. Owens
Moore, A Fanonian Perspective on Double Consciousness, in Journal of Black Studies, XXXV (2005), 6, pp. 751-
762; M. Black, Fanon and Duboisian Double Consciousness, in Human Architecture. Journal of the Sociology of Self-
Knowledge, V (2007), pp. 393-404; M. Stone-Richards, Race, Marxism, and Colonial Experience, in S. Zamir (ed.),
The Cambridge Companion to W. E. B. Du Bois, Cambridge, Cambridge University Press, 2008, pp. 145-160 e R.
Rabaka, Africana Critical Theory. Reconstructing the Black Radical Tradition, from W.E.B. Du Bois and C.L.R. James
to Frantz Fanon and Amilcar Cabral, Lanham Plymouth, Lexington Books, 2009.
3
annunciato da Du Bois quando, discutendo la doppia coscienza, diceva del nero che era s nato
con un velo ma anche dotato di una seconda vista in questo mondo americano
5
.

2. Spazi
Lattraversamento dellAtlantico (e del Mediterraneo) unesperienza decisiva, tanto dal punto di
vista biografico quanto dal punto di vista della riflessione teorica, per Du Bois e Fanon. Il primo
ricorda lo stato in trance in cui per la prima volta, nel 1892, si imbarc per percorrere a ritroso
(diretto in Germania) la rotta seguita dalle navi negriere nel middle passage
6
. Molte volte, nel corso
della sua lunga vita, Du Bois avrebbe ripetuto quellattraversamento: il viaggio spesso lungo
percorsi azzardati, come quello che nel 1937 lo condusse in Giappone da Berlino, attraverso
lUnione sovietica e la Cina fu per lui unessenziale fonte di conoscenza. E lultimo viaggio, nel
1961, lo port ad Accra, nel Ghana da poco indipendente, dove mor due anni pi tardi dopo aver
perso la cittadinanza statunitense. Fanon, per parte sua, lasci una prima volta la Martinica nel
1943, per unirsi allesercito della Francia libera e combattere il fascismo. Leffetto di
radicalizzazione che lesperienza della guerra ebbe su di lui unesperienza generazionale ben
rappresentata ad esempio in uno splendido film di Ousmane Sembne, Camp de Thiaroye (1987)
fu indelebile: aveva combattuto, era stato ferito e decorato, ma la cosa pi importante era stata la
scoperta che non solo la Francia di Vichy ma la civilizzazione francese nel suo insieme era
razzista
7
. Nel 1947 Fanon sarebbe tornato in Francia, per trasferirsi nel 1951 attraversando un
altro mare in Algeria. Quel che accadde l noto ai lettori e alle lettrici di questo libro: basti
ricordare, per segnalare qualche assonanza con la biografia di Du Bois, che rinunci alla
cittadinanza francese e che nel 1959 divenne il rappresentante permanente del FLN ad Accra. Ma se
Du Bois visse per novantacinque anni, Fanon si spense molto giovane, nel 1961, senza avere avuto
lopportunit di incontrarlo nella capitale del Ghana.
A queste biografie inscritte nel segno dellattraversamento e della mobilit spaziale corrisponde
tanto in Du Bois quanto in Fanon una straordinaria immaginazione geografica, una tensione
fortissima a inventare nuovi spazi per lazione politica. Fin dalla fine dellOttocento Du Bois fu
condotto dalla ricostruzione delle cartografie della tratta atlantica a collocare in uno spazio globale
le lotte degli afro-americani. Globale nel senso che riguardava la relazione tra le razze pi chiare

5
W.E.B. Du Bois, Le anime del popolo nero, cit., p. 9.
6
W.E.B. Du Bois, Darkwater. Voices from Within the Veil (1920), in The Oxford W.E.B. Du Bois Reader, ed. by E.J.
Sundquist, New York - Oxford, Oxford University Press, 1996, p. 491.
7
N.C. Gibson, Fanon. The Postcolonial Imagination, Cambridge, Polity Press, 2003, p. 4.
4
con quelle pi scure in Asia e in Africa, in America e nelle isole in mezzo al mare gli era da
subito apparsa quella linea del colore in cui vedeva il problema del ventesimo secolo
8
. Il pan-
africanismo, il movimento che si impegn a costruire fin dalla sua partecipazione al Congresso di
Londra del 1900, era per lui la risposta, necessariamente transnazionale e transcontinentale, a questa
dimensione globale del razzismo: la lotta contro la segregazione e per i diritti civili negli Stati Uniti
non poteva per Du Bois che coniugarsi, in una inedita combinazione di scale geografiche, con le
lotte contro il colonialismo. Il giorno delle razze di colore sta sorgendo, scriveva del resto Du
Bois nel 1906, in un saggio scritto su richiesta di Max Weber per unimportante rivista tedesca di
scienze sociali. E aggiungeva: una follia fermare questo sviluppo, grande saggezza promuovere
ci che questalba promette in termini di luce e speranza per il futuro
9
. un filo rosso che
accompagna lintera riflessione di Du Bois, e che progressivamente viene a occupare uno spazio
centrale nella sua stessa militanza politica.
LAfrica a cui Du Bois dedic una serie di studi pionieristici tra il 1915 e il 1946
10
divenne per
lui progressivamente un oggetto di forte investimento non soltanto politico ma anche culturale,
affettivo e identitario. Egli era tuttavia ben consapevole di quanto questo investimento fosse
nutrito dallimmaginazione: la lacerazione determinata dalla storia della tratta e della schiavit
impediva di viverlo come recupero di una autenticit perduta. LAfrica, scrive Du Bois in un
capitolo di Dusk of Dawn (1940) dedicato al concetto di razza, certo la terra dei miei padri.
Eppure n mio padre n il padre di mio padre hanno mai visto lAfrica o saputo che significasse,
n si sono mai interessati troppo a essa. Ma il vincolo di Du Bois con lAfrica non meno forte
per il fatto di essere sostenuto dallimmaginazione e radicato in una decisione politica. Il fatto ,
tuttavia, che i confini di quello spazio continentale si fanno mobili ed elusivi, prefigurando ulteriori
allargamenti di scala e in fondo anticipando quellemergere del Terzo Mondo come soggetto
politico di cui I dannati della terra di Fanon sar il manifesto. La vera essenza del vincolo che
stringe Du Bois allAfrica non altro infatti, nelle sue stesse parole, che leredit sociale della

8
W.E.B. Du Bois, Le anime del popolo nero, cit., p. 18.
9
W.E.B. Du Bois, La questione negra negli Stati uniti (1906), trad. it. in Id., Sulla linea del colore. Razza e democrazia
negli Stati Uniti e nel mondo, a c. di S. Mezzadra, Bologna, Il Mulino, 2010, p. 227. Per una ricostruzione del
contributo di Du Bois al pan-africanismo e per ulteriori indicazioni bibliografiche, cfr. S. Mezzadra, Introduzione, ivi,
pp. 73-80. Ma si veda anche il saggio dello stesso Du Bois, Il movimento panafricano (1945), ivi.
10
Si vedano almeno W.E.B. Du Bois, The Negro (1915), Mineola, NY, Dover Publications, 2001; Id., Black Folk Then
and Now. An Essay in the History and Sociology of the Negro Race (1939), New York, Octagon Books, 1970; Id., The
World and Africa (1946), An enlarged edition, with new writings on Africa by W.E.B. Du Bois, 1955-1961, New York,
International Publishers, 1992.
5
schiavit: la discriminazione e loltraggio. E questa eredit lega tra loro non solo i figli dellAfrica,
ma si estende allAsia gialla e ai Mari del Sud
11
.
La diversa esperienza di Fanon non impedisce di riscontrare nei suoi scritti singolari risonanze con
il percorso di Du Bois. Prima del 1939, leggiamo in un saggio del 1955, Antillesi e africani,
lantillese si riteneva felice, o almeno credeva di esserlo. La sua identit razziale si definiva
attraverso un movimento di attrazione verso il colono e di repulsione verso lafricano, rispetto a cui
dava per scontata tanto una superiorit quanto una fondamentale differenza: lantillese non era
un negro, era un antillese, cio un quasi-metropolitano. Lantillese era un nero, ma il negro era in
Africa
12
. Furono lintervento di Aim Csaire la sua originaria apologia della ngritude e la
disfatta della Francia a cambiare le cose. La scoperta del razzismo francese, il rifiuto del fascismo e
del colonialismo coincisero con lapertura di uno nuovo campo di esperienza politica, con la
scoperta da parte dellantillese di essere figlio di schiavi sradicati, di essere anche lui un negro
13
.
Scrive Fanon: in Martinica, la prima esperienza metafisica, o se si preferisce ontologica, coincise
con la prima esperienza politica. Comte faceva del proletario un filosofo sistematico, mentre il
proletario martinicano, quanto a lui, un negro sistematizzato
14
.
Pur assunta la radicalit della critica rivolta da Fanon alla ngritude ne I dannati della terra, dove
daltro canto la tensione a fondare linsorgere della soggettivit anti-coloniale in Africa conduce a una
dura polemica con la cultura e con lesperienza nera negli Stati Uniti
15
, difficile non vedere in
questesperienza metafisica e politica uno degli antefatti del percorso che avrebbe condotto
Fanon a identificarsi totalmente con una nazione (quella algerina) di cui non comprendeva la lingua
e non condivideva la cultura. Daltro canto, proprio ne I dannati della terra, leggiamo che
politicizzare aprire la mente, risvegliare la mente, mettere al mondo lattivit mentale. , come
diceva Csaire: inventare anime
16
. Questa invenzione deve certo radicarsi per Fanon allinterno
di precise coordinate spaziali per nutrire un efficace processo di soggettivazione. Nelle condizioni
della lotta anti-coloniale queste coordinate sono per lui quelle della nazione. Ma contro ogni
assolutismo etnico, contro ogni tribalismo, il nazionalismo proposto da Fanon deve essere

11
W.E.B. Du Bois, Il concetto di razza, trad. it. in Id., Sulla linea del colore, cit., pp. 310-311.
12
F. Fanon, Antillesi e africani (1955), in Id., Scritti politici. Per la rivoluzione africana, a c. di M. Mellino, Roma,
DeriveApprodi, 2006, pp. 35-37.
13
Ivi, p. 41.
14
Ivi, p. 39.
15
Cfr. F. Fanon, I dannati della terra (1961), ed. it. a c. di L. Ellena, Torino, Comunit, 2000, pp. 147-148.
16
Ivi, pp. 131 s.
6
continuamente reso esplicito, arricchito e approfondito, deve aprirsi e trasformarsi molto
rapidamente in coscienza politica e sociale, in umanesimo
17
. La stessa Algeria certo teatro di una
specifica guerra di liberazione. Ma la scoperta della necessaria interdipendenza dei movimenti di
liberazione conduce Fanon ad assumerla come simbolo di una nuova geografia mondiale in
formazione: sembra esistere, tra i colonizzati, una specie di comunicazione illuminante e sacra, che
eleva ogni paese liberato, per un certo periodo di tempo, al rango di territorio-guida
18
.
il Terzo Mondo il soggetto e insieme lo spazio alla cui costruzione politica Fanon lavora negli
anni febbrili della guerra di Algeria, in cui brucia le sue formidabili energie intellettuali. Il Terzo
Mondo, si legge nella celebre conclusione de I dannati della terra, oggi di fronte allEuropa come
una massa colossale il cui intento deve essere quello di cercare di risolvere i problemi ai quali
questEuropa non ha saputo dare soluzioni
19
. fortissima la carica utopica di queste pagine di
Fanon: le lotte di liberazione allinterno del Terzo Mondo possono aprire per lui una nuova epoca
nella storia dellumanit, offrendo in fondo alla stessa Europa loccasione di procedere a una radicale
critica della propria storia e dunque alla sua dissoluzione come tale. Lungi dallessere segnato dalla
miseria e dalla privazione, il Terzo Mondo qui concetto di uno spazio politico di soggettivazione,
in cui la storia sembra concentrarsi ed essere sul punto di esplodere al suo punto pi alto: il
colonizzato, luomo sottosviluppato sono oggi animali politici nel senso pi planetario del
termine
20
. Con una prosa pi sobria, Du Bois aveva sostenuto allindomani della seconda guerra
mondiale, in Color and Democracy (1945), che proprio nel mondo coloniale si sarebbero combattute
le battaglie politiche decisive dellimmediato futuro. E aveva singolarmente anticipato alcuni degli
aspetti pi noti della descrizione fanoniana della condizione coloniale definendo le colonie gli slum
del mondo: lintero gruppo dei bianchi forma qui una casta separata, vive in aree segregate, salutari
e protette. Raramente i bianchi parlano la lingua indigena o hanno contatti con le masse al di l delle
occasioni ufficiali. Al di sotto di questo gruppo di signori bianchi vivono i milioni di nativi
21
.

3. Strappi

17
Ivi, p. 137.
18
F. Fanon, La guerra dAlgeria e la liberazione degli uomini (1958), in Id., Scritti politici. Per la rivoluzione africana,
cit., p. 144.
19
F. Fanon, I dannati della terra, cit., p. 229.
20
Ivi, p. 41.
21
W.E.B. Du Bois, Color and Democracy: Colonies and Peace, New York, Harcourt, Brace and Company, 1945, p. 22.
7
Nelle pieghe della civilt europea sono nato e morir, imprigionato, condizionato, depresso,
esaltato e ispirato. Interamente una sua parte, e tuttavia, cosa molto pi significativa, uno dei suoi
scarti
22
. Sono parole scritte da Du Bois ventanni prima della presa di congedo dallEuropa che
inaugura il crescendo retorico della conclusione de I dannati della terra: lasciamo questEuropa
che non la finisce di parlare delluomo pur massacrandolo dovunque lo incontra, a tutti gli angoli
delle sue stesse strade, a tutti gli angoli del mondo
23
. La diversit di stile, formazione ed
esperienza tra i due intellettuali neri emerge qui con chiarezza. Ma non sfuggano neppure le
assonanze. Du Bois, nel libro da cui tratta la citazione (Dusk of Dawn), svolge in particolare una
dura critica della democrazia, che coinvolge nel suo complesso la civilt europea: collocata
allinterno dello spazio globale disegnato dal colonialismo e dalle lotte anti-coloniali, la
democrazia che il mondo bianco tenta di difendere non esiste. stata splendidamente immaginata e
discussa, ma non realizzata
24
. E a proposito del massacro delluomo, in una pagina straordinaria
del 1946, che avrebbe trovato uneco quasi letterale nel Discorso sul colonialismo di Csaire, Du
Bois individua nel nazismo una sorta di nemesi storica del colonialismo moderno. Il giudizio che ne
consegue sulla civilt europea prossimo ormai al punto di una definitiva rottura: si pu dire
che non vi sia nessuna atrocit nazista campi di concentramento, mutilazioni ed eccidi di massa,
profanazione di donne e orrendi oltraggi allinfanzia che la civilt cristiana dellEuropa non abbia
praticato contro i popoli di colore in ogni parte del mondo nel nome di una Razza superiore nata per
dominare il mondo
25
.
Definendosi nel 1940 uno scarto dellEuropa, one of its rejected parts, Du Bois tracciava un
bilancio di unesperienza gi protrattasi per oltre mezzo secolo, inaugurata dalla scoperta di quella
che ho in precedenza definito lanomalia del processo di costituzione della soggettivit nera rispetto
agli standard della modernit occidentale. Oltre ai confini orizzontali di status e di classe che
organizzano lesperienza sociale degli europei e degli statunitensi bianchi, scriveva in un testo
giovanile rimasto a lungo inedito, lafro-americano nasce in un mondo separato da un netto spacco
verticale, che lo scinde in un emisfero bianco e in uno nero
26
. A lungo, in particolare negli anni in
cui fu direttore della rivista della NAACP (National Association for the Advancement of Colored

22
W.E.B. Du Bois, Dusk of Dawn. An Essay Toward An Autobiography of a Race Concept (1940), New Brunswick -
London, Transaction Publishers, 2002, p. 3.
23
F. Fanon, I dannati della terra, cit., p. 227.
24
W.E.B. Du Bois, Dusk of Dawn, cit., p. 169.
25
W.E.B. Du Bois, The World and Africa, cit., p. 23. Per quel che riguarda Csaire, si veda il suo Discorso sul
colonialismo (1950), ed. it. a cura di M. Mellino, Verona, ombre corte, 2010, p. 49. Anche in questo caso non attestata
la conoscenza da parte di Csaire del testo di Du Bois.
26
W.E.B. Du Bois, The Afro-American (ca. 1894), in The Journal of Transnational American Studies, II (2010), 1
(http://escholarship.org/uc/item/2pm9g4q2). Su questo testo si veda, nel medesimo numero della rivista, lampia
presentazione di N.D. Chandler, Of Horizon: An Introduction to The Afro-American by W.E.B. Du Bois, Circa 1894
(http:// escholarship.org/uc/item/8q64g6kw).
8
People), The Crisis (1910-1934), Du Bois si sforz di piegare i concetti di cittadinanza e
democrazia, di allargarli fino a deformarli per consentire loro di contenere ed esprimere
politicamente le lotte e i movimenti degli afro-americani. una vicenda che non si pu qui
ricostruire nel dettaglio, di straordinario interesse storico e teorico, che si concluse tuttavia con la
constatazione di un sostanziale scacco
27
.
Il confronto con Marx e con il marxismo che ne risult, particolarmente intenso con lavvio della
crisi del 29, permise daltro canto a Du Bois di fare esperienza di quel che Fanon avrebbe scritto ne
I dannati della terra: le analisi marxiste devono sempre essere ampliate ogni volta che si affronta
il problema coloniale
28
. La scoperta del salario della bianchezza, nel grande libro del 1935,
Black Reconstruction, avrebbe confermato sul terreno dellanalisi materialistica del mercato del
lavoro nel Sud degli Stati Uniti dopo lemancipazione e la sconfitta della Ricostruzione
lanomalia del processo di costituzione della soggettivit nera. I lavoratori bianchi, scrive Du Bois,
mentre ricevevano un basso salario, erano in parte compensati da una sorta di salario pubblico e
psicologico. Venivano loro riservati deferenza e titoli di cortesia proprio perch erano bianchi,
erano liberamente ammessi, con i bianchi di tutte le classi, alle funzioni pubbliche, ai parchi
pubblici, alle migliori scuole. La polizia era reclutata tra le loro fila, e i tribunali, che dipendevano
dai loro voti, li trattavano con tale indulgenza da incoraggiarli quasi allillegalit
29
. In colonia,
avrebbe chiosato Fanon, si ricchi perch bianchi, si bianchi perch ricchi
30
.
Lidea di un salario pubblico e psicologico corrisposto ai bianchi sulla base della linea del colore,
di uno scambio extra-economico ed extra-giuridico che stabilisce e altera le condizioni dello
scambio tra forza lavoro e salario, rappresenta uno dei contributi fondamentali di Du Bois allo
sviluppo di quello che Cedric J. Robinson ha chiamato black marxism
31
. Ma Black Reconstruction
un libro straordinariamente importante anche per unaltra ragione. Fanon poteva ancora scrivere che
storicamente il negro, tuffato nellinessenzialit della servit, stato liberato dal padrone. Non ha
sostenuto una lotta per la libert
32
. Nel 1935 Du Bois, sfidando il senso comune storiografico e la
stessa storiografia marxista ortodossa, aveva gi posto al centro della sua analisi della guerra civile

27
Rimando in proposito a S. Mezzadra, Introduzione a W.E.B. Du Bois, Sulla linea del colore, cit., in specie pp. 43-53.
28
F. Fanon, I dannati della terra, cit., p. 7.
29
W.E.B. Du Bois, Black Reconstruction in America 1860-1880 (1935), New York, The Free Press, 1998, p. 700. Per
un ampliamento storiografico della tesi di Du Bois, si veda D.R. Roediger, The Wages of Whiteness. Race and the
Making of American Working Class (1991), revised edition London New York, Verso, 1999 (in specie, su Du Bois,
pp. 11-13).
30
F. Fanon, I dannati della terra, cit., p. 7.
31
Cfr. C.J. Robinson, Black Marxism. The Making of the Black Radical Tradition (1983), Chapel Hill London, The
University of North Carolina Press, 2000 (su Du Bois, si veda in particolare il capitolo 9, Historiography and the Black
Radical Tradition).
32
F. Fanon, Pelle nera maschere bianche, cit., p. 190.
9
la soggettivit e linsorgenza degli schiavi. Lintensificazione delle fughe dalle piantagioni, il
rallentamento dei ritmi di lavoro e il sabotaggio, la richiesta di arruolamento in massa nellesercito
dellUnione avevano configurato ai suoi occhi un vero e proprio sciopero generale che avrebbe
deciso le sorti della guerra ponendo allordine del giorno labolizione della schiavit
33
. Due cose
meritano di essere segnalate a questo proposito: in primo luogo la politicizzazione da parte di Du
Bois di comportamenti sociali come la fuga e la resistenza alla disciplina del lavoro di piantagione,
destinata a trovare pi di una eco in Fanon
34
; in secondo luogo la mobilitazione di un concetto come
quello di sciopero generale per interpretare le lotte degli schiavi. Fuori da ogni storicismo, nel
senso oggi attribuito a questo concetto da una critica postcoloniale nutrita dalla lezione
benjaminiana
35
, Du Bois attribuisce agli schiavi unautonoma soggettivit politica, capace di
anticipare storicamente le forme di lotta del movimento operaio. Coniugando questo spiazzamento
delle coordinate temporali della modernit con la sua peculiare immaginazione geografica,
avrebbe concluso nel 1946 la sua minuziosa ricognizione delle rivolte che hanno puntualmente
accompagnato e contestato la storia della tratta e della schiavit nelle Indie occidentali e nelle
Americhe scrivendo: le rivolte degli schiavi rappresentano linizio della lotta rivoluzionaria per
lemancipazione delle masse lavoratrici nel mondo moderno. La loro importanza e la loro
estensione sono state minimizzate a causa della propaganda favorevole alla schiavit, e per paura
che la conoscenza delle rivolte di schiavi potesse danneggiare il sistema
36
.
Diversa, e tuttavia non meno potente, la via lungo la quale Fanon giunge a pensare i processi di
soggettivazione allinterno della lotta anti-coloniale ingaggiando un vero e proprio corpo a corpo
con le immagini della soggettivit prevalenti nel suo tempo. Decisivo, oltre al confronto con la
fenomenologia e lesistenzialismo, ovviamente per lui il lavoro psichiatrico, e in particolare
lesperienza allospedale di Blida-Joinville
37
. Viene in mente, leggendo la lettera con cui Fanon
rassegna le dimissioni dalla sua carica di caporeparto (non ho risparmiato sforzi, n entusiasmo,
vi scrive
38
), unosservazione di Foucault, nel corso di un colloquio con Duccio Trombadori: vi sono
esperienze che finiscono per strappare il soggetto a se stesso
39
. Qualcosa di simile deve essere
accaduto a Fanon: anche in questo caso per riprendere le sue osservazioni a proposito della

33
Cfr. W.E.B. Du Bois, Black Reconstruction, cit., pp. 55-83.
34
Si veda ad esempio il passo seguente: la pigrizia del colonizzato il sabotaggio cosciente della macchina coloniale;
, sul piano biologico, un sistema dauto-protezione notevole e, in ogni caso, un ritardo sicuro inflitto al sequestro
delloccupante sul paese complessivo (F. Fanon, I dannati della terra, cit., p. 213).
35
Si veda in particolare D. Chakrabarty, Provincializzare lEuropa (2000), trad. it. Roma, Meltemi, 2004.
36
W.E.B. Du Bois, The World and Africa, cit., p. 60.
37
Si veda ora, a questo proposito, R. Beneduce, La tormenta onirica. Fanon e le radici di unetnopsichiatria critica,
introduzione a F. Fanon, Decolonizzare la follia. Scritti sulla psichiatria coloniale, Verona, ombre corte, 2011.
38
F.Fanon, Lettera al ministro residente (1956), in Id., Scritti politici. Per la rivoluzione africana, cit., p. 63.
39
D. Trombadori, Colloqui con Foucault, Roma, Castelvecchi, 1999, p. 32.
10
Martinica unesperienza ontologica e politica al tempo stesso, che gli ha consentito di
riannodare i fili delle sue riflessioni degli anni precedenti e di cominciare a pensare tanto i processi
di assoggettamento quanto linsorgenza (la soggettivazione) nella situazione coloniale a partire
dalla loro elementare fisicit. Scartando radicalmente rispetto a ogni immagine del soggetto
costruita attorno al primato della coscienza, Fanon pare ritornare al racconto originario della
filosofia politica moderna a quella narrazione del contratto sociale di cui tuttavia sospende la
temporalit progressiva per reintrodurci alla scena dello stato di natura. Qui circolano in
abbondanza energie soggettive, contrazioni muscolari, pulsioni e sforzi (nel senso che aveva per i
filosofi del Seicento il termine conatus), ma non si d una soggettivit costituita al di fuori della
violenza atmosferica, a fior di pelle, che fa di quello coloniale un mondo a scomparti, un
mondo scisso in due dalla dominazione
40
.
Negi stessi scritti psichiatrici di Fanon si possono del resto ritrovare riferimenti diretti al tema del
contratto sociale. Analizzando nel 1955 le condotte di confessione in Nord-Africa, osserva ad
esempio che sarebbe necessario chiedersi se lautoctono musulmano abbia mai contratto un
impegno nei confronti del gruppo sociale che ormai lo tiene in suo potere. Si sente forse legato da
un contratto sociale?. In gioco, qui, immediatamente il rapporto tra sapere (psichiatrico), verit e
soggettivit: la verit del criminale non pu essere ritrovata dal perito
41
. Luniversale della
scienza non ha qui applicazione, solo una scelta di parte (come quella che Fanon compier
abbandonando il suo lavoro di medico e aderendo al Fronte di Liberazione Nazionale) pu produrre
nuova verit dallinterno di un processo anchesso necessariamente parziale di soggettivazione.
La violenza, possiamo dire soltanto sfiorando un tema su cui sarebbe necessario diffondersi con ben
altra ampiezza, un pharmakon imposto da questa disfatta delluniversale (della modernit
europea) in colonia a cui corrispondono dispositivi di produzione della soggettivit interamente
attraversati dalla violenza della dominazione. Lanomalia (nel senso che si proposto a proposito di
Du Bois) si scontra con lanomalia, e se la scena coloniale quella dello stato di natura la pagina di
Fanon acquista un respiro hobbesiano: il colonizzato scopre che la sua vita, il suo respiro, i battiti
del suo cuore sono gli stessi di quelli del colono. Scopre che una pelle di colono non vale pi di una
pelle di indigeno. facile immaginare come questa scoperta introduce una scossa essenziale nel
mondo. Tutto lardire nuovo e rivoluzionario del colonizzato deriva da l
42
.

40
F. Fanon, I dannati della terra, cit., pp. 151, 32 e 5.
41
F. Fanon (in collaborazione con R. Lacaton), Condotte di confessione in Nord-Africa (1955), in Id., Decolonizzare la
follia, cit., p. 125. Sullimportanza di questo testo, cfr. M. Renault, Frantz Fanon, cit., pp. 179-181.
42
F. Fanon, I dannati della terra, cit., p. 11.
11
Prende avvio da qui, da questa scoperta elementare delluguaglianza, la tabula rasa della
decolonizzazione, che per Fanon coincide (forse meglio, considerato il carattere di manifesto de I
dannati della terra: deve coincidere) con una radicale trasformazione antropologica - con la
sostituzione duna specie di uomini con unaltra specie di uomini. Senza transizioni, c
sostituzione totale, completa, assoluta
43
. Dentro la materialit della lotta di liberazione, a Fanon
questo sembrava possibile. Lanno V della rivoluzione algerina aveva cominciato due anni prima a
descrivere la fisicit di questo processo di liberazione, in cui insieme al colonialismo francese stava
morendo anche la vecchia Algeria. Abbiamo il dovere, scriveva Fanon, di comprendere un
precipitarsi nella guerra che per molti versi ricorda un piacere morboso. Intendiamo mostrare in
questo primo lavoro che sulla terra algerina nata una nuova societ. Gli uomini e le donne
dAlgeria, oggi, non somigliano n a quelli del 1930, n a quelli del 1954, n a quelli del 1957
44

Sappiamo come andata a finire. Ma senza smettere di leggere le pagine di Fanon calandole nel
contesto da cui hanno avuto origine, senza sciogliere in metafora la sua teoria della violenza
rivoluzionaria, possiamo cogliervi la traccia di una teoria della produzione di soggettivit dei suoi
tempi sincopati, delle fratture che la attraversano e della rottura che pu aprirla alla trasformazione
che continua a interpellarci.
Il soggetto politico, in Fanon, sempre colto in questo momento di apertura, nello strappo (per
riprendere la suggestione foucaultiana) che lo costituisce come in procinto di divenire altro da s. In
diverse condizioni e a partire da tuttaltri presupposti, la riflessione sulle rivolte degli schiavi, sui
movimenti degli afro-americani e sulle lotte anti-coloniali aveva condotto Du Bois a lavorare
dallinterno di concetti politici classici (democrazia, cittadinanza, lavoro) per metterne radicalmente
in discussione lo statuto. Anche i nomi che Fanon utilizza per nominare il soggetto politico
dellinsorgenza anti-coloniale (nazione, popolo) figurano a pieno titolo nella tavola concettuale
della modernit. Ma nazione e popolo sono per lui pura energia (e, occorre ripeterlo, pura fisicit
intessuta di conatus) politica. Parlando del compito del poeta rivoluzionario (determinare
chiaramente il popolo della sua creazione), Fanon scrive che nulla sarebbe pi errato che tentare di
raggiungere il popolo in un passato in cui non pi. Occorre piuttosto seguirlo in quel
movimento ribaltato che esso ha appena abbozzato e a partir dal quale, improvvisamente, tutto sar
rimesso in discussione. in quel luogo di squilibrio occulto in cui sta il popolo che dobbiamo
portarci, poich non dubitiamone, l che si accende la sua anima e sillumina la sua percezione e il

43
Ivi, p. 3.
44
F. Fanon, Scritti politici. Lanno V della rivoluzione algerina (1959), a c. di M. Mellino, Roma, DeriveApprodi,
2007, p. 34.
12
suo respiro
45
. Al di l dei molteplici echi (giacobini e/o populisti) che si possono legittimamente
sentire risuonare nel testo di Fanon, il popolo di cui parla ci viene presentato sempre, per dir cos, in
sezione: e quel che ne vediamo configura, assai pi che un soggetto, un processo aperto di
soggettivazione.

4. The Human Next Time
La guerra attuale ha reso chiaro che non possiamo pi considerare lEuropa occidentale e
lAmerica del Nord come il mondo per cui esiste la civilt, n la cultura europea come norma per
tutti i popoli. Le parole con cui si apre nel 1945 Color and Democracy esplicitano la posta in palio
nella stessa riflessione di Du Bois sulla democrazia, divenuta sempre pi critica negli anni
precedenti come gi si avuto modo di vedere. Se la democrazia ha un futuro, questo dipende dalla
sua capacit di corrispondere alle rivendicazioni e alle aspirazioni della grande maggioranza degli
abitanti della terra, che capita siano di colore. Non questione che possa essere risolta sul piano
delle procedure e delle istituzioni: a venire in primo piano, per Du Bois, immediatamente
labolizione della povert
46
. Ma sullo sfondo, ancor pi radicalmente, quella che emerge la crisi
di una figura dellumano interamente ritagliata sullesperienza storica europea e occidentale,
materialmente incardinata nellazione dei dispositivi di dominazione e sfruttamento che hanno
consentito a quella esperienza di pensarsi come universale, di farsi mondo. Sporgendo il suo
sguardo oltre la linea del colore, quel che Du Bois intravede negli slum del mondo unaltra
umanit, piagata dal dolore, dalla fame e dalla malattia e tuttavia sul punto di insorgere: per quanto
la gente venga umiliata e offesa, non la si pu opprimere su larga scala e per sempre. La rivolta
certamente ne seguir
47
.
un grande compito quello che vi aspetta, aveva scritto nel 1830 David Walker, in uno dei testi
fondatori del pensiero politico afro-americano: dovete provare agli americani e al mondo che voi
siete UOMINI e non bestie, come siamo stati rappresentati e trattati da milioni di persone
48
.
Uomini e donne, come avrebbe ricordato la ex schiava fuggiasca Sojourner Truth intervenendo nel

45
F. Fanon, I dannati della terra, cit., p. 156. Ha richiamato lattenzione su questo passo, nel quadro di una interessante
comparazione tra Fanon e un altro intellettuale nero, N. Srivstava, The Travels of the Organic Intellectual. The Black
Colonized Intellectual in George Padmore and Frantz Fanon, in Ead. B. Bhattacharya, The Postcolonial Gramsci,
New York Routledge, 2012, pp. 55-79, in specie pp. 74 s.
46
W.E.B. Du Bois, Color and Democracy, cit., p. V.
47
Ivi, p. 97.
48
D. Walker, Appello ai cittadini di colore del mondo, ma in particolare ed espressamente a quelli degli Stati Uniti
dAmerica (1830), trad. it. in La libert a ogni costo. Scritti abolizionisti afro-americani, a c. di R. Laudani, Torino, La
Rosa, 2008, p. 49.
13
1851 alla Convenzione per i diritti delle donne ad Akron, Ohio, e domandando: non sono forse una
donna, aint I a woman?
49
. Da unesperienza iscritta nel segno della negazione razzista dellumanit
sarebbe continuamente emerso, nella storia dei movimenti afro-americani, un urlo tanto elementare
quanto radicale: We are Human. Non stupisce ascoltare oggi la ripetizione di quellurlo dallinterno
delle lotte dei migranti in Arizona e in Alabama, cos come a Rosarno e nei centri di detenzione
italiani. Lumano ha un significato affatto peculiare per chi fa quotidiana esperienza della sua
negazione. solo tendendo a mente questa peculiarit che si pu intendere la radicalit con cui
allinterno del pensiero politico afro-americano sono stati declinati il paradigma e il linguaggio dei
diritti umani. Anche da questo punto di vista Du Bois occupa una posizione molto importante.
Allindomani della fine della seconda guerra mondiale e della fondazione delle Nazioni Unite, non
si limit a intervenire con grande originalit sul tema dei diritti umani; promosse anche, nel 1946, la
presentazione alla Commissione sui diritti umani delle Nazioni Unite di un dossier che puntava a
una formale condanna del governo degli Stati uniti per il trattamento riservato agli afro-americani,
insistendo sulla rilevanza globale (dunque attinente ai diritti umani), e non meramente interna
(relativa cio ai diritti civili), del problema
50
. Ventanni pi tardi, negli ultimi, straordinari mesi
della sua vita, Malcolm X avrebbe ripetuto il percorso di Du Bois.
Ma non v qui anche, possiamo conclusivamente domandarci, unindicazione su come leggere
lenfasi di Fanon, dopo secoli in cui lEuropa ha soffocato la quasi totalit dellumanit, sulla
necessit di inventare luomo totale (totale prima di tutto proprio nel senso di riferirsi allumanit
nel suo complesso e non a una sua porzione)
51
? Non risuona anche nella sua esperienza e nella
sua scrittura, segnate dal linguaggio zoologico del razzismo coloniale
52
, quellurlo, We are
Human? Assenza di riconoscimento, riduzione a cosa, svuotamento dellaltro di ogni sostanza
umana: sono temi che attraversano lintera produzione di Fanon, da Pelle nera maschere bianche
agli scritti psichiatrici, e che rappresentano aspetti fondamentali della sua teoria del razzismo. La
disfatta delluniversale nel mondo coloniale, di cui si detto, al tempo stesso catastrofe

49
Cfr. W.E.B. Du Bois, The Gift of Black Folk. The Negroes in the Making of America (1924), New York, Washington
Square Press, 1970., pp. 143 s.
50
Cfr. W.E.B. Du Bois, Diritti umani per tutte le minoranze (1945), in Id., Sulla linea del colore, cit. Si veda POI
lintroduzione al dossier presentato alla Commissione per i diritti umani dellONU (e discusso il 23 ottobre del 1947):
An Appeal to the World (1946), in W.E.B. Du Bois Speaks. Speeches and Adresses 1890-1963, 2 voll., ed. by Ph.S.
Foner, New York Sydney London, Pathfinder Press, 1970, vol. II. Sulla vicenda di questo dossier e sulle tensioni
che ne derivarono tra Du Bois, la direzione della NAACP ed Eleanor Roosevelt cfr. C. Anderson, Eyes off the Prize.
The United Nations and the African American Struggle for Human Rights, 1944-1955, Cambridge New York,
Cambridge University Press, 2003, pp. 93-112. Pi in generale, sul rapporto tra abolizionismo, anti-razzismo e diritti
umani, si tenga presente il secondo capitolo (Declaration of Rights) di P. Gilroy, Darker Than Blue. On the Moral
Economies of Black Atlantic Culture, Cambridge, Mass. London, Harvard University Press, 2010.
51
F. Fanon, I dannati della terra, cit., p. 228.
52
Ivi, p. 9. Scrive qui Fanon: il colonizzato ride di cuore ogni volta che si scopre animale nelle parole dellaltro.
Poich sa di non essere un animale. E proprio nel momento stesso in cui scopre la sua umanit, comincia ad affilare le
armi per farla trionfare.
14
dellumano: i Dannati della terra si pu leggere anche come cronaca di questa catastrofe. Del tutto
fisicamente, ancora una volta, Fanon sembra averla vissuta e interiorizzata, fino a farne cifra
espressiva del suo stesso pensiero. Voglio brutale la mia voce, scrive nella Lettera a un francese
(1956), non la voglio bella, non pura, non di tutte le dimensioni. La voglio lacerata da parte a
parte, non voglio si diverta, perch parlo delluomo e del suo rifiuto, del suo marcio quotidiano,
della sua spaventosa rinuncia
53
.
La lacerazione da cui Fanon vuole attraversata la sua voce anticipa in fondo la sua teoria della
violenza. Da una parte riflette il rifiuto dellumano che definisce il razzismo, dallaltra apre lo
spazio soggettivo (appunto la voce) che consente di lottare contro di esso. Il razzismo, afferma
Fanon in un altro suo testo particolarmente importante del 1956, non una costante della mente
umana
54
: un sistema storico di dominazione che pu essere materialmente distrutto. E se ci che
lo definisce appunto la negazione delluomo, la distruzione del razzismo, che Fanon riteneva
fosse cominciata con le insurrezioni anti-coloniali, crea le condizioni della sua possibilit.
Lacerazione e violenza, non troppo paradossalmente, aprono a una nuova relazionalit. Il brano
della lettera che si appena riportato, del resto, prosegue con queste parole rivolte al francese:
voglio che tu racconti
55
. Non mi pare di vedere qui, e dunque neppure nel riferimento alluomo
totale in chiusura de I dannati della terra, una particolare ingenuit di Fanon. C certo lazzardo
di una scommessa sul successo lotte anti-coloniali, ma lazzardo costitutivo di ogni azione politica
rivoluzionaria. Che poi lazzardo e la scommessa si giochino sullinvenzione di un umano a-
venire in fondo uno degli aspetti pi affascinanti e attuali del pensiero di Fanon: se hanno un
senso i dibattiti contemporanei sulla biopolitica, di questo che dobbiamo tornare a parlare
dallinterno delle lotte che segnano il nostro presente. La prossima volta lumano, si potrebbe
chiosare (scherzando ma non troppo) per rendere omaggio a un altro grande intellettuale nero,
James Baldwin
56
.

53
F. Fanon, Lettera a un francese (1956), in Id., Scritti politici. Per la rivoluzione africana, cit., p. 60.
54
F. Fanon, Razzismo e cultura (1956), ivi, p. 53.
55
F. Fanon, Lettera a un francese, cit., p. 60.
56
Il riferimento ovviamente a J. Baldwin, La prossima volta, il fuoco (1963), trad. it. Milano, Feltrinelli, 1965.

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