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LUCIANO DE MAJO

La passione di un cronista

Pubblicazione edita da Finegil spa divisione operativa di Livorno e distribuita gratuitamente in occasione del 1 anniversario della morte di Luciano De Majo 2

LA PASSIONE DEL CRONISTA


di Roberto Bernab

Guarda che quel ragazzo bravo, serio e preparato. E ha una grande passione. Se hai loccasione provalo. Me lo disse un cronista di lungo corso, oggi in altro impegnato. Decisi di chiamarlo e di parlarci. E Luciano mi piacque subito. Mi colp come conoscesse Livorno in profondit, quasi come quei vecchi capocronisti che le hanno viste tutte. Aveva in mano storia, personaggi, retroscena. Ma dentro di me lasci il segno soprattutto la volont di mettersi in gioco pur di tentare di fare il giornalista al Tirreno, nello storico giornale della sua citt, anche se fosse dovuto passare da dei contratti a tempo, rinunciando a un lavoro a tempo indeterminato che aveva. Mi trovai a ripensare cos a quella scuola caotica e feconda che fu il Tirreno di fine anni 70-inizio anni 80, dove passione per il giornalismo e passione civile si fondevano e che da allora si sono trasmesse nelle generazioni successive.
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Cos, Luciano approd al Tirreno. E tutti abbiamo imparato presto a conoscerne le qualit: intanto lattaccamento senza risparmio al lavoro; poi la grande voglia di capire, di conoscere ogni dettaglio; e ancora la grande rete di relazioni che si era costruito in citt nelle sue tante vite e avventure; la memoria straordinaria di ogni fatto che gli consentiva un facile lavoro di rilettura critica degli avvenimenti. Ma Luciano lo abbiamo amato per molto altro: per la generosit, per laltruismo, per il rigore morale, per la fiducia nella vita, per la ricerca di dare un senso allavventura giornalistica attraverso lamore per laltro. E quella era la cifra professionale del suo lavoro: non solo lattenzione verso le storie dei pi deboli, locchio su quella societ marginale che rischia spesso di star fuori dal focus delle cronache. era soprattutto il suo modo di raccontare i fatti, la sua attenzione a dire tutto ma mai una parola di pi che potesse ferire senza necessit. La vita dentro un giornale, che ti porta via quasi tutta la giornata, fatta anche di episodi che segnano il ritratto di una persona e te la fanno amare. c un episodio che fotografa Luciano, ed
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legato ai suoi ultimi mesi di lavoro: la morte di Italo Piccini, lo storico console dei portuali. Sapevamo che stava male e a Luciano era stato commissionato il coccodrillo pronto per essere pubblicato a qualunque ora. Quella notte, alle 2, quando arriva la notizia che Piccini morto tutti corriamo in redazione. Ma Luciano non risponde al cellulare, poi finalmente si sveglia e si precipita al giornale. Arriva stravolto, singhiozzante. non trovo pi il pezzo, dice tra le lacrime. Il suo era il pi importante e il tempo utile per riuscire a stampare il giornale stava scadendo. Scrisse in 10 minuti uno dei suoi articoli pi belli: puntuale, preciso, ricco di aneddoti e di spunti di riflessione. Non ho mai saputo se in verit quel coccodrillo non lavesse mai scritto perch non se la sentiva o se davvero non lavesse trovato. So che ci dette unaltra testimonianza di come non c bisogno di usare la corazza del cinismo per fare il giornalista.

E POI CI TROVEREMO COME LE


STAR A BERE DEL WHISKY TUTTI ALLO STESSO ROXY BAR
di Mauro Zucchelli A dispetto della pancetta nei jeans e delle gote rimpiattate dietro la barba, Luciano era un asceta. Aveva imparato a far dimagrire lio per andare a raffigurare il noi, come insegna il mestiere di ogni cronista. Figurarsi se una forte affermazione identitaria era un problema per lui: n definirla n manifestarla. Che avesse il cuore rosso lo sapevano anche le panche della cattedrale. Beninteso: rosso: non rosa tenue o color pastello. Proprio rosso. Non lo cancellava e neppure lo nascondeva, ma ne faceva lo spunto per guardare un po pi in l. Leggendo la lettera di don Milani allamico comunista Pipetta, non avrebbe sentito remore a entrare in consonanza con il prete disobbediente: gi, perch non cera da affermare la supremazia di una ideologia, semmai la liberazione, la dignit di
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ciascuna persona. Devessere per questo che si messo a fare il mestiere di raccontare storie, guai, problemi, speranze. In nome di quella curiosit che lo portava a tu per tu con il mondo, qualunque mondo. Far capire, cio aiutare a capire, significa prima di tutto capire: senza sconti n per i potenti del Palazzo n per gli umoracci della piazza. Significa prima di tutto ascoltare: le ragioni, i torti, le storie. Lultimo pezzo di strada in questa nostra Livorno, Luciano lha fatto in una cassa di legno accompagnata da 1500 persone: 1500 mondi, luno differente dallaltro. E non per modo di dire: cera lamministratore delegato della grande multinazionale e il ragazzo dei centri sociali, il vecchio partigiano e il giovane scout di parrocchia, il militante comunista e il consigliere del Pdl, il sindaco e il clochard, lobiettore di coscienza e il comandante militare, il noglobal e luomo daffari. Luciano stato questo: una straordinaria capacit sulla base di una identit tanto forte quanto inclusiva di creare ponti fra mondi. la parte migliore di noi e del nostro dna di Livorno citt aperta e senza ghetto: anche se non mancano avvisaglie che questepoca possa finire, qui nella
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Livorno di Luciano, al contrario di quel che avviene in tante altre citt, vale ancora una geografia molto orizzontale della gerarchia sociale. Certo, c chi sta in alto e chi sta in basso, ma limprenditore a nove zeri e loperaio in tuta blu potrebbero trovarsi spalla a spalla al bancone dello stesso bar.

SOMMARIO

DALLA PARTE DEGLI ULTIMI Quattro bimbi morti carbonizzati nella baracca......13 (11 agosto 2007) MICROFISICA DEL POTERE Una societ daffari col nome della loggia...............17 (6 giugno 2007) Gli indagati a cena col commissario udc.................20 (12 giugno 2007) E Matteoli avvert gli indagati..............................24 (17 dicembre 2008) Allombra della Quercia il mal di pancia dei portuali........... ........................30 (5 luglio 2003) MEMORIA: LA SINISTRA, LA FABBRICA, LA CITTA Quello che resta di un partito che ha fatto storia...................................................36 (21 gennaio 2011) I 42 giorni che sconvolsero il cantiere.....................39 (13 dicembre 2009)
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Quando il cantiere era la fabbrica della citt..........................................45 (3 febbraio 2011) DIRITTI E SALUTE Esami oncologici, cento risposte sbagliate...............49 (27 agosto 2008) Cantiere Orlando, una lunga scia di tumori............51 (31 ottobre 2008) IN TRINCEA CON I PACIFISTI Sommergibili per Saddam incrociatori per Stalin..................... ............................. 54 (7 novembre 2010) IN RAGIONE DELLAMBIENTE Assediati da inquinanti di raffineria e centrali................................................ 57 (3 aprile 2010) LO SPORT E PASSIONE Basket Livorno, un funerale annunciato.......................................... 61 (17 giugno 2009)

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Che notte quella notte............................................65 (19 gennaio 2005) LA GENTE DEL REMO Barontini, la magia.................................................70 (18 giugno 2010) Il Venezia dice addio alla storica cantina.................72 (6 novembre 2010) IL ROSSO E LA NERA Due colpi a bruciapelo per leredit.........................75 (9 aprile 2008) Massacrato con quindici coltellate...........................78 (30 maggio 2008) LE PERSONE, LE STORIE Oriano Niccolai, gli ottantanni del creativo rosso............................. 83 (17 maggio 2010) morto il patriarca del porto................................. 89 (20 marzo 2010) DEDICATO A TE Con il cuore spalancato ascoltava il mondo............ 96 (21 febbraio 2011)

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DALLA PARTE DEGLI ULTIMI


Quattro bimbi morti carbonizzati nella baracca
11 agosto 2007
I resti di quella baracca completamente distrutta dalle fiamme, nascondevano una terribile verit: i corpi carbonizzati di quattro bambini. E questa la scena che si sono trovati di fronte i vigili del fuoco, intervenuti poco dopo la mezzanotte in via Pian di Rota (fuori dallabitato, allestrema periferia nord della citt) per spengere quello che, in un primo momento, sembrava solo un incendio di sterpaglie. E invece il rogo aveva anche stroncato quattro giovanissime vite. I piccoli, sorpresi nel sonno dalle fiamme e soffocati dal fumo, non hanno avuto nemmeno il tempo di tentare la fuga. I genitori, invece, potrebbero avercela fatta a mettersi in salvo. I primi soccorritori, infatti, hanno raccontato di aver visto un uomo e una donna allontanarsi di corsa dalla baracca, per poi sparire nel nulla. Pu
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darsi che fossero il padre e la madre, fuggiti in preda al panico per quanto stava accadendo. A meno che non si ipotizzi che quelle due persone stessero fuggendo dopo aver appiccato il fuoco. Unipotesi, questultima, poco accreditabile, anche perch non spiegherebbe che cosa ci facessero da soli quei quattro bambini nella baracca fatta di legno e di materiale di risulta, che aveva una parete addossata proprio al terrapieno in muratura del ponte di via Pian di Rota (che dallex mobilificio Pini porta fino al Cisternino) che passa sopra la Variante Aurelia. Di certo c che in quella baracca viveva una famiglia, probabilmente di nomadi. Basta guardarsi intorno per rendersene conto: a poca distanza dal luogo dellincendio, infatti, ci sono dei cespugli su cui erano stati stesi ad asciugare magliette, mutande e altri indumenti di bambini, e un po pi spostata c una carrozzina. A chiedere lintervento dei vigili del fuoco, stato probabilmente unautomobilista di passaggio in via Pian di Rota, che ha visto le fiamme spuntare da sotto il ponte della Variante fino al livello della strada. Erano esattamente le
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23.57. Tutto lasciava pensare ad un incendio di sterpaglie lungo la strada. Al loro arrivo, invece, i vigili del fuoco si sono resi conto che le fiamme avevano avvolto anche una piccola struttura di legno. Lintervento di spegnimento e la successiva bonifica dellarea hanno richiesto circa unora. Una volta che lincendio era stato domato - intorno alle 1 - i pompieri hanno ispezionato, com prassi in questi casi, la baracca devastata dalle fiamme e hanno fatto la macabra scoperta: sotto le macerie ancora fumanti cerano quattro piccoli corpi carbonizzati, difficilmente riconoscibili. Sono state subito allertate la questura e la centrale operativa del 118. Pochi minuti dopo sono arrivate sul posto le ambulanze della Svs Pubblica Assistenza e le volanti della polizia. I primi atti dellindagine sono stati coordinati dal dirigente della divisione anticrimine della questura Paolo Rossi. Successivamente sono arrivati il sostituto procuratore Antonio Giaconi e il questore Vincenzo Roca, oltre ai medici legali. Impossibile stabilire let delle vittime, e
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anche il sesso dei bambini. Solo lautopsia potr farlo. Per ora c spazio solo per le ipotesi: uno dei bambini avrebbe avuto 10-12 anni, altri due erano di et compresa tra i 5 e i 7 anni, lultimo sarebbe stato ancora pi piccolo. Lincendio sarebbe scaturito allinterno della piccola struttura, questo almeno ci che emerso dalle prime verifiche compiute dai vigili del fuoco. Una circostanza, questa, che avvalora lipotesi della causa accidentale dellincendio, anche se per il momento non viene esclusa la possibilit che il rogo possa avere origine dolosa. (con Alessandro Guarducci e Mauro Zucchelli)

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MICROFISICA DEL POTERE


Una societ daffari col nome della loggia
6 giugno 2007
Sulla stessa cassetta delle lettere ci sono tutte e due le etichette: Gou e Solidariet e lavoro srl. Ma nessuno di quelli che frequentano abitualmente limmobile conosce che cosa siano, n sa dire quali attivit svolgano. Via Salvatore Orlando 3. E un palazzo che ospita un gran numero di societ di spedizione, quello dove la squadra mobile di Potenza si presentata cercando (e trovando) un tempio massonico. I poliziotti inviati dal pubblico ministero Henry John Woodcock hanno fatto tutto quello che dovevano. Hanno scattato foto e acquisito documentazione. Anche quella che, con ogni probabilit, metter nelle mani del magistrato la lista dei fratelli che la frequentano. Non una loggia affiliata al Grande Oriente di Palazzo Giustiniani, n a Piazza del Ges. E una nuova famiglia massonica, nata a Livorno, in procinto di cercare rapporti con altre famiglie che hanno
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sede negli Stati Uniti dAmerica. La scissione. Si chiama Grande Oriente universale, Gou la sigla, ed nata da una sorta di scissione da una famiglia massonica precedente denominata Glut, ovvero Gran loggia unita tradizionale, istituita a Livorno il 20 settembre 2004, Gran maestro lingegner Luigi Piazza e Gran maestro aggiunto Mauro Lazzeri, un tempo numero due della massoneria toscana di Palazzo Giustiniani. Dellattivit di questa obbedienza massonica si ritrova traccia anche nel libro Livorno fra squadra e compasso, scritto da Carlo Adorni e stampato nel maggio 2006. Ne facevano parte diverse logge toscane: la Giosu Carducci di Pietrasanta, la Giordano Bruno di Arezzo, la La Fenice di Lucca e due logge livornesi. Si tratta della Liburnia e della Solidariet e lavoro. Nomi uguali. Per curiosa coincidenza, in citt nasce il 29 giugno del 2005 una societ a responsabilit limitata con lo stesso nome della loggia aderente alla Glut. Solidariet e lavoro srl una societ immobiliare la cui attivit acquisto, vendita, costruzione, ristrutturazione,
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amministrazione, gestione di immobili civici sia rustici che urbani, industriali, commerciali. E questa la societ che acquista lappartamento di via Salvatore Orlando da Giampiero Del Gamba e lo affitta alla famiglia massonica livornese. Il capitale sociale, di 10.400 euro, suddiviso in quote uguali fra limprenditore immobiliare Roberto Mei, gli imprenditori nel settore dellinformatica Marcello Bottoni (candidato alle ultime comunali nella lista civica Amare Livorno e alle regionali per lUdc) e Massimo Poggiolini (anchegli dirigente Udc), Massimo Magnacca, il commercialista Enrico Meucci, il gi citato Luigi Piazza, ingegnere e Gran maestro dellobbedienza massonica Glut, lavvocato del foro di Pisa (ma con uno studio anche a Livorno) Mario Maggiolo, che fra laltro assiste alcuni degli indagati da Woodcock, e la Del Rio immobiliare, srl con sede a Aulla. Presidente del consiglio damministrazione della societ il 52enne livornese Enrico Meucci, commercialista e revisore dei conti del Comune (votato dal consiglio comunale lo scorso dicembre, su indicazione dei gruppi dellopposizione di
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centrodestra), vicepresidente Cristina Del Rio, 29 anni di La Spezia, mentre laltro consigliere il cinquantenne Massimo Poggiolini, fiorentino di nascita ma residente a Livorno. Coabitazione. La societ in questione ha acquistato limmobile per poi affittarlo allobbedienza massonica guidata da Piazza. E adesso che il divorzio fra Piazza e Lazzeri, i due che guidavano la Gran loggia unita tradizionale, sancito, lappartamento occupato dallultima creatura della massoneria livornese, il Grande Oriente universale finito al centro dellindagine portata avanti dalla Procura della Repubblica di Potenza.

Gli indagati a cena col commissario Udc


12 giugno 2007
Eccoli, gli uomini eccellenti dellUdc protagonisti dellindagine del pm di Potenza Henry John Woodcock. Sono tutti seduti attorno allo stesso tavolo. La domenica pi lunga di questi ultimi mesi, almeno per loro, sta per
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andarsene. La mezzanotte, ormai, pi vicina delle undici di sera. E loro consumano la cena al ristorante La vela, il ristorante dellhotel Rex, affacciato sul lungomare di Antignano. Anzi, hanno ormai finito di mangiare. Ma la notizia che non sono soli: con loro c anche il senatore Luca Marconi, il commissario ad acta spedito a Livorno dal segretario dellUdc Lorenzo Cesa. E con loro che Marconi conclude la serata, dopo aver tenuto una riunione con lo stato maggiore del partito. A cena con gli indagati, insomma. Alla vista del fotografo, qualcuno come Di Francesco, fino a qualche giorno fa segretario provinciale del partito, invoca la privacy e cerca di non farsi immortalare dalla macchina fotografica. Altri, come Pierino Del Gamba, democristiano di lunghissimo corso, fra i pi intercettati al telefono dalla Procura della Repubblica di Potenza, preferiscono tacere senza neppure voltarsi. Altri ancora, come Mauro Lazzeri, che dallUdc stato radiato per la sua sbandierata appartenenza massonica, ma che comunque partecipa al convivio con il dirigente inviato da
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Roma, ha qualcosa da ridire su come i giornali, il nostro in particolare, hanno dato conto dellindagine. Chi rimane praticamente impassibile Paolo Togni, che dellUdc consigliere nazionale. Fino a poco pi di un anno fa stato capo di gabinetto del ministro di An Altero Matteoli. Ci sono anche due esponenti piombinesi dellUdc: Sergio Bagnoli, che in passato stato anche consigliere provinciale (allepoca sotto le insegne del Ccd: lUdc ancora non cera) e consigliere comunale a Piombino, e Domenico Natale. Poi Nedo Poli, segretario regionale del partito e pure lui senatore, proveniente dalla Lucchesia, approdato a Palazzo Madama nelle elezioni politiche di un anno fa. Tutti quanti si sono ritrovati a Livorno per parlare della delicata situazione nella quale molti di loro sono stati catapultati dopo le perquisizioni ordinate da Woodcock laltra settimana. Marconi ha deciso di trascorrere con loro la serata dopo che, nelle ore precedenti, aveva cominciato a prendere contatto con la realt dellUdc livornese. Un partito tuttaltro
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che statico, come dimostrano i risultati delle ultime elezioni, nelle quali lo Scudocrociato ha fatto un balzo felino, raddoppiando i voti che aveva ottenuto nelle consultazioni precedenti, ma che adesso chiede una svolta decisa nella gestione politica. Ci che sembra nascondersi dietro questindagine, insomma, uno scontro verticale, che gi si era palesato nei mesi scorsi, quando da una parte lo stato maggiore dellUdc e dallaltra il consigliere comunale Salvatore Capuozzo (eletto nelle file della lista civica Amare Livorno, ma fedele al partito di Casini e Cesa) hanno cominciato a combattere una guerra guerreggiata senza esclusione di colpi. Ma lasse Di FrancescoDel Gamba stato messo sotto accusa, proprio in questi giorni, anche dal capogruppo Udc di Rosignano Evaldo Camilli, che si lamentato per il trattamento che riceveva dai vertici del partito. Con molti dei quadri intermedi in rivolta, che chiedono il congresso immediato per operare un ricambio radicale del gruppo dirigente, Marconi avr da lavorare parecchio prima di poter informare la direzione nazionale dellUdc di
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quanto sta accadendo a Livorno. Ha cominciato andando a cena con gli indagati, nessuno escluso. Nemmeno quel Lazzeri che, da qualche giorno, non pi un uomo dellUdc, essendo incorso nel provvedimento di radiazione del partito.

E Matteoli avvert gli indagati


17 dicembre 2008
Fu unestate calda, caldissima, sconvolgente. Cinque anni fa: era lestate del 2003, quando i palazzi del potere distribuiti in tutta la provincia di Livorno tremarono a lungo davanti allo scandalo di Elbopoli, tornato ieri a risuonare nellaula del tribunale di Genova, dove davanti al collegio giudicante della prima sezione penale (presidente Dagnino, giudici a latere Lepri e Panicucci) si celebra il processo a carico di nove imputati, fra cui personaggi davvero eccellenti: un giudice, due prefetti, un sindaco, tecnici comunali, professionisti e imprenditori edili. Requisitoria pi lunga. Il pubblico ministero Paola Calleri ieri ha annunciato che non ce la
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far a formulare le sue richieste di pena per il 23 dicembre. Arriveranno, con ogni probabilit, il 13 gennaio, quando cio il processo ricomincer dopo la pausa per le festivit. Quella riunione urgente. Il magistrato che, in tandem col procuratore aggiunto Mario Morisani, ha portato avanti lindagine, ha richiamato alcuni momenti essenziali di ci che accadde fra luglio e agosto di cinque anni fa. In particolare, la riunione che gli imputati del processo tennero nella sede elbana della prefettura. Era il 9 agosto del 2003 quando il prefetto Vincenzo Gallitto promosse un incontro al quale presero parte Giuseppe Pesce, che nel frattempo non era pi suo vice ma era stato nominato prefetto di Isernia, lallora capo dei gip del tribunale Germano Lamberti e lingegnere grossetano Uberto Coppetelli, professionista di fiducia del gruppo Giusti, che stava costruendo il Centro servizi di Procchio con la Edilmare e che avrebbe dovuto realizzare anche il residence Le palme a Cavo, nel Comune di Rio Marina, attraverso la societ Filgiust.
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A dar conto di quella riunione (Non era un incontro casuale perch Coppetelli era stato convocato dal giorno precedente e ne inform Giusti e Filippi, ha spiegato il pm) sono alcune intercettazioni ambientali improprie, ovvero spezzoni di conversazioni che sono finite nel fascicolo dindagine quando Gallitto attivava il suo telefono cellulare nel tentativo, peraltro vano, di contattare il suo autista. Li avvert Matteoli. E da quegli scambi di parole, ha argomentato il magistrato inquirente, che si ricava che ormai il gruppo a conoscenza dellindagine giudiziaria che li riguarda. Saranno poi Giusti e Filippi - ha detto ancora il pm - in una lunghissima conversazione notturna, a spiegare che la notizia dellindagine era stata rivelata dal ministro Pisanu, attraverso il ministro Matteoli. Quello stesso Matteoli, oggi superministro dei trasporti e delle infrastrutture, mai privo di rilevanti incarichi di governo ogni volta che Berlusconi vince le elezioni, che imputato di favoreggiamento davanti al tribunale di Livorno, con processo sospeso per effetto di un
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pronunciamento della Corte costituzionale nellattesa di capire se davvero il lodo Consolo, mutuato essenzialmente dal lodo Alfano, possa essere uno scudo di protezione non solo per le alte cariche dello Stato, ma anche per i ministri che incappino in una disavventura giudiziaria. Gallitto e Ronchieri. Comunque, che fra Gallitto e Matteoli vi sia stato un contatto telefonico l8 agosto del 2003, lo prova una telefonata che dalla prefettura raggiunse il ministero dellambiente. Gallitto parl con Ezio Ronchieri, plenipotenziario di An a Massa Carrara e uomo di punta della segreteria di Matteoli. In sostanza, da quella telefonata si capisce che era stato Matteoli a farsi vivo con Gallitto chiedendo di incontrarlo. Sono a disposizione - diceva il prefetto al telefono con Ronchieri - ma il ministro ha detto che meglio se ci vediamo direttamente a casa sua. Matteoli per era a Roma e dal suo segretario part il suggerimento, rivolto a Gallitto, di ricontattare il ministro tramite la batteria, sistema in uso ai ministeri. In quella conversazione - ha detto il
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pubblico ministero - probabilmente Gallitto seppe dellesistenza dellindagine, con tanto di presenza di intercettazioni telefoniche. E senza perder tempo mise la gi citata riunione per lindomani. Si riunirono per depistare. Lamberti, secondo quanto ripercorso dal pubblico ministero nel suo intervento di ieri, fece notare che chi aveva informato il ministro dellindagine aveva comunque violato un segreto dufficio e che, se davvero qualcuno aveva messo sotto controllo i telefoni di due prefetti aveva avuto del fegato. Sempre lo stesso giudice rassicur tutti sul fatto che nessun gip (in quel momento ce nerano due in servizio, e uno era lui) aveva firmato autorizzazioni a intercettare le persone che facevano parte del gruppo. A confermare la collusione fra Lamberti e gli altri - ha aggiunto il pubblico ministero - c il fatto che, pur in presenza di una grave violazione del segreto, lui resta in quella riunione e, insieme agli altri, cerca di capire quale sia il modo migliore per depistare le indagini, anche se nessuno sa con precisione
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se al centro della vicenda giudiziaria ci sia il mancato sequestro dellecomostro di Procchio o il progetto di Cavo. Lordine di distruggere. Chiarissimi i suggerimenti che, secondo il pubblico ministero, da quella riunione partirono allindirizzo di Coppetelli: distruggere i preliminari dacquisto degli appartamenti (che il giudice e i due prefetti avevano firmato con la Filgiust di Giusti e Filippi) e far sparire dalla memoria dei computer determinati documenti. Coppetelli, almeno per la seconda parte dellaccordo, non ebbe difficolt a rispettarlo: ben cinque dei sei pc del suo studio vennero sostituiti a tempo di record. Spariti nel nulla quelli vecchi. Ne stato trovato soltanto uno, a casa di una persona, ha fatto notare il pubblico ministero, che ha ribadito come, a suo avviso, la vicenda confermi che il comportamento di Lamberti sia non solo censurabile, ma configuri il reato di corruzione in atti giudiziari. Prima Coppetelli gli aveva promesso un appartamento a Cavo pi grande di quello che aveva opzionato con unaggiunta di
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prezzo minima rispetto al valore dellinvestimento - ha detto il magistrato - poi, sfumata questopportunit, fu Gallitto a chiedere ai costruttori un appartamento a Procchio da destinare al giudice, come dimostra una telefonata nella quale, concludendo, Lamberti ringrazia il prefetto per la gentilezza e laffetto mostrati.

Allombra della Quercia il mal di pancia dei portuali


5 luglio 2003

Deve averne sofferto di caldo Vladimiro Mannocci, dirigente della Compagnia portuali, entrato nella sala riunioni del quartier generale diessino di via Fagiuoli con tanto di giacca e cravatta, per uscirne cinque ore dopo. E come lui decine di altri dirigenti della Quercia, che non hanno esitato a sfidare le temperature tropicali di questestate appena iniziata, pur di discutere senza rete dellAutorit Portuale e del suo commissariamento. E stata la notte pi lunga,
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almeno di questi ultimi tempi. Altro che scetticismi sui blocchi ai treni carichi di armi in vista della guerra in Iraq, altro che divisioni referendum sullarticolo 18... I Ds hanno discusso quasi fino alle 3 del mattino, in unafosa serata di luglio che solo le raffiche del libeccio, ogni tanto, hanno reso pi accettabile. La direzione alla fine partorisce un documento che ribadisce tutti i rischi connessi alla decisione del ministro di sciogliere il nodo gordiano dellAuthority alla maniera di Alessandro Magno, con un colpo di spada ben assestato. Ventidue righe cui affidato il gravoso compito di sintetizzare una serata delle pi delicate vissute dai Ds in questi ultimi tempi. Lavvio. Poco dopo le 21 la federazione di via Fagiuoli inizia a riempirsi. Uno dopo laltro, arrivano i big. Ci sono tutti: segretario della federazione e dellUnione comunale, sindaci di Livorno e di Rosignano, presidente della Provincia, alcuni assessori, il deputato e il consigliere regionale, il presidente della Spil, il segretario della Cgil, diversi dirigenti della
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Compagnia portuali fra cui il presidente e lex console, il direttore generale della Cna, il presidente della Legacoop provinciale e quelli di Arci e Uisp. Manca solo il presidente uscente dellAuthority Nereo Marcucci. Che per da tempo non si vede alle riunioni della direzione. Notte da marciapiede. La direzione riservata, spiegano al cronista alcuni dirigenti, invitandolo ad uscire. Non resta che trascorrere qualche ora sul marciapiede, col favore del caldo che costringe ad aprire le porte e diffonde allesterno qualche passo di un dibattito che si allarga anche fuori dai locali del partito, quando qualche membro della direzione esce per la classica sigaretta. A domanda di prassi (come va?) fanno eco risposte di prassi: Dibattito sereno e unitario, seguita a volte da qualche sorriso ironico. Mal di pancia. Non un mistero che una riunione del genere faccia affiorare mal di pancia diffusi, per come andata a finire la vicenda dellAutorit portuale. Normale che il segretario
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della federazione Alessandro Cosimi insista sullinaccettabilit del metodo di nomina adottato dal governo, altrettanto normale che sia proprio la comunit portuale quella pi in subbuglio, nel maggiore partito della citt. Accade cos che sia Roberto che Italo Piccini intervengano e non manchino di segnalare, anche con toni decisi, le gravi responsabilit del governo ma anche i limiti fatti segnare dal territorio, sia dal partito che dalle istituzioni. Ed difficile capire se sulla graticola siano pi i vertici di via Fagiuoli o gli amministratori. Nei giorni scorsi anche il segretario della sezione porto Sergio Casarosa aveva promosso una riunione per discutere del tema. E pure lui non ha mancato di presentarsi alla tribuna degli oratori. Che fare? La difficolt dei Ds a rapportarsi con il tessuto economico-produttivo della citt, ecco un altro elemento risuonato in diversi passaggi carpiti, qua e l, nella lunga lista degli interventi. In molti hanno inteso mettere in guardia il maggior partito della citt dal condurre
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una battaglia contro Lenzi. Il nemico da battere , insomma, il commissariamento, non una persona. Limperativo superarlo al pi presto, ma come? Inconfondibile la voce del consigliere regionale Virgilio Simonti quando dice di avvertire lesigenza di una riunione che veda coinvolti i gruppi dirigenti nazionali, regionali e locali dei Ds. E lunico modo, forse, per trovare la difficilissima quadratura del cerchio: un nome unico su cui concentrare la spinta di tutta la citt, Camera di Commercio compresa, e anche dellintero partito, dalla segreteria nazionale alla sezione porto di Livorno. Per i portuali questo nome c gi ed quello di Franco Mariani. Chiusura senza strappi. Alla fine tocca ancora a Cosimi tirare le somme. Diverse sono le interruzioni delle conclusioni, che il segretario della federazione, pi che subire, sembra auspicare, a conferma del bisogno di unit che trasuda ben oltre le porte-finestre della sede Ds. Una chiusura allinsegna del vietato sbagliare, almeno di qui in avanti. Nella speranza che
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allorizzonte possa spuntare una soluzione in grado di andare oltre un presente ingarbugliato

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LA SINISTRA, LA FABBRICA, LA CITTA Quel che resta dun partito che ha fatto storia
21 gennaio 2011

MEMORIA:

Li hanno amati e odiati, temuti e rispettati. Di loro, dei comunisti, colpiva e faceva paura, fra gli avversari, la grande organizzazione, la capacit di mobilitare migliaia di persone. Oggi ricorre il novantesimo anniversario della nascita del Partito comunista, avvenuta proprio in citt, al teatro San Marco, dove si riun il manipolo che promosse la scissione dal Partito socialista che stava tenendo il suo congresso al teatro Goldoni. E oggi quali tracce restano della presenza del Pci in una Livorno che ha dato ai comunisti percentuali di consenso altissime nel corso degli anni? L'archivio. Le carte che ripercorrono la storia del Pci livornese sono, sostanzialmente, in salvo. Ed l'Istituto storico della Resistenza e della societ contemporanea che le sta mettendo in
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ordine. Ha ottenuto, a questo scopo, anche un finanziamento della Fondazione Monte dei Paschi di Siena per portare avanti l'opera di catalogazione dei documenti, degli atti, del materiale filmato raccolto. Un patrimonio di valore assoluto, che presto sar sistemato. Luoghi e oggetti. Qua e l, qualche insegna del vecchio Pci in citt campeggia ancora. Prendete Borgo Cappuccini: sulla facciata della sede di Rifondazione comunista la scritta la solita degli anni passati, "Pci Borgo". Perfino Virz, nel suo ultimo film, ha voluto rendere omaggio al vecchio Partito comunista, piazzando una sezione proprio sotto la casa della famiglia protagonista, a dimostrazione di quanto sia stata radicata la presenza comunista fra i livornesi. Da Borgo Cappuccini a Shangai: il circolo del Pd qui custodisce gelosamente ancora il busto in gesso di Palmiro Togliatti. E poco distante, a Fiorentina, ecco comparire sul muro, sempre nella sede del Pd, un ritratto di Oberdan Chiesa, il giovane partigiano ucciso sulla spiaggia di Rosignano, vera icona della storia comunista livornese.
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Guttuso addio. Non c' pi, invece, il quadro di Renato Guttuso che raffigurava le Acciaierie di Piombino. Ne rimasta una copia fotografica nella sede Pd di via Donnini. L'originale, infatti, ha preso il volo nel 1993, quando il neonato Pds, alle prese con problemi economici, decise di venderlo, pur a malincuore. Ci ricavammo 35 milioni di lire dell'epoca racconta Marco Susini, segretario del Pds di quegli anni - che servirono per coprire un po' di debiti. Ci pensammo a lungo, poi insieme al tesoriere Emanuele Cocchella facemmo la scelta di venderlo, insieme ad un altro quadro. Le foto in casa. Dove la memoria del Pci ancora viva e vegeta sono le case dei vecchi militanti, o quelle dei loro figli. Numerose sono le abitazioni nelle quali si trovano, appese al muro o appoggiate su uno scaffale, fotografie di Enrico Berlinguer, l'ultimo dei grandi leader comunisti. Questione di affetto verso un personaggio politico capace di destare ammirazione anche fra gli avversari, ma anche la volont di rimarcare, come diceva Gaber, il
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senso di appartenenza a una razza che voleva veramente cambiare la vita. E cos, accanto alle foto di Berlinguer, ecco che non di rado spuntano anche vecchi puntali delle bandiere: falce e martello che venivano messe in cima alle aste in occasione delle manifestazioni ufficiali. Materiale buono, anche questo, per chi non vuole dimenticare.

I 42 giorni che sconvolsero il Cantiere


21 gennaio 2011

Quando rientrarono in fabbrica, dopo 42 giorni di sciopero, lo fecero cantando a squarciagola Bandiera rossa. Non perch la bandiera rossa avesse davvero trionfato, come recita il vecchio inno comunista, ma perch la prova di forza cui avevano dato vita i lavoratori del Cantiere Orlando (allepoca si chiamava Ansaldo) aveva mostrato una capacit di tenuta incredibile: dei 1175 che avevano scioperato il primo giorno, il 17 marzo del 1956, 1135 avevano resistito nellastenersi dal lavoro fino al 27 aprile, ultimo giorno di lotta.
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Il diario. Esiste un diario, dello sciopero pi lungo che la storia della citt ricordi. Un diario diventato un libro, I 42 giorni del Cantiere, scritto da Mario Pagliai, che di quegli avvenimenti fu diretto protagonista. Assunto dal Cantiere nel 1937 come fuochista del reparto montaggio, vi lavor fino al 1974. E nel 1981 realizz il sogno di veder pubblicato il libro che raccontava la lotta di 25 anni prima. Oggi di questo libro, andato ormai esaurito, stata effettuata una ristampa a cura della Erasmo edizioni, che comprende oltre alla prefazione originale di Nelusco Giachini, una presentazione curata dal presidente dellAnpi Vittorio Cioni e una riflessione fuorisacco sul ruolo del Cantiere in citt di Mauro Nocchi, storico dirigente del Pci e dellArci. Lo sciopero. Lanno degli avvenimenti il 1956. Un anno indimenticabile, per la storia del mondo: linvasione sovietica in Ungheria, il ventesimo congresso del Pcus con la denuncia delle purghe staliniane da parte di Kruscev, ma
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anche, in Italia, una sostanziale limitazione delle libert democratiche sancite dalla Costituzione. A scatenare lo sciopero nella primavera del 1956 una serie di provvedimenti disciplinari presi dalla direzione del Cantiere Ansaldo, che sospende lintera Commissione interna (compresi coloro che quel giorno non erano al lavoro) e licenzia un operaio, Paolo Sarti, figlio di Urano Sarti detto Pappa, poeta operaio e direttore del Martello, giornale di fabbrica del Cantiere. Qualche giorno dopo, i licenziati diventeranno due: oltre a Sarti, anche Augusto Baldacci. Colpevoli entrambi, secondo i vertici dello stabilimento, di aver protestato durante unagitazione indetta per leccidio di Barletta: il 14 marzo la polizia aveva sparato su un corteo di lavoratori e disoccupati, uccidendo due braccianti e ferendone sette. La fortezza rossa. In quegli anni, il Cantiere navale ha oltre 1500 dipendenti ed la fabbrica simbolo della citt. Lo scalo Morosini stato appena ricostruito dopo le distruzioni della guerra grazie anche a una sottoscrizione popolare, la produzione di grandi navi ricominciata. Alle
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elezioni per la Commissione interna del 1955, la Cgil ottiene l84 per cento fra gli operai. E fra gli impiegati Cisl e Uil devono costituire una lista unica per ottenere il 54 per cento in due. 42 giorni. Nel libro appena ristampato (operazione di valore storico e culturale indiscutibile, non avrebbe guastato una migliore cura nella correzione degli errori di battitura) c la cronaca puntuale di ci che avvenne in quei tumultuosi 42 giorni. C il racconto delle cariche della polizia che disperdono i cortei spontanei dei lavoratori e dei loro familiari, c il resoconto minuzioso delle iniziative cui quegli operai sanno dare vita per creare un circuito di solidariet incredibile. Ed questo laspetto davvero straordinario che emerge dalla lettura del diario di Mario Pagliai. Perch se il giudizio politico su quello sciopero, proclamato a tamburo battente con lobiettivo di far ritirare i due licenziamenti, e sui suoi risultati, non mai stato cos tenero neppure da parte dei rappresentanti delle forze della sinistra (Sarti e Baldacci furono, s, assunti, ma da unimpresa
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privata e non dal Cantiere, e solo grazie allintervento di monsignor Andrea Pangrazio, allepoca vescovo coadiutore), non vi sono dubbi sulla capacit mostrata da quei lavoratori e dai loro gruppi dirigenti di coinvolgere in quella lotta tutta la citt e gran parte dei lavoratori della Toscana. Lascia o raddoppia? Ogni giorno si registrano assemblee di quartiere e riunioni di caseggiato alle quali partecipano delegati dalla Commissione interna del Cantiere. Il gioved sera, poi, le assemblee per sensibilizzare la popolazione diventano ancora pi numerose: gli operai vanno a presiederle nei bar, nei circoli, negli spazi comuni dove la gente si riunisce per assistere allo spettacolo televisivo Lascia o raddoppia? condotto da Mike Bongiorno. Durante larco dello sciopero, una sottoscrizione popolare frutta una raccolta di circa 8 milioni di lire, che vengono distribuiti alle famiglie degli scioperanti insieme a 180 quintali di derrate alimentari anchesse donate dai livornesi e non solo. Tantissime sono, infatti, anche le iniziative
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che vengono svolte fuori citt. I lavoratori del Cantiere vanno a parlare della loro lotta a Siena, Poggibonsi, Arezzo, Cortona, Montevarchi, Grosseto, Ribolla, Pisa, Pontedera e in tantissimi altri centri toscani. Si spingono fino nel napoletano, al Cantiere navale di Castellammare di Stabia e allIlva di Bagnoli. Da Togliatti. Una delegazione di operai motociclisti l11 aprile 1956 arriva a Roma dopo una serie di soste per ricevere solidariet e carburante lungo il tragitto. Il giorno seguente lincontro con il sottosegretario al lavoro Delle Fave e quello con il segretario del Pci Palmiro Togliatti, il quale dice ai lavoratori che potranno vincere la loro battaglia solo rimanendo uniti, avendo piena consapevolezza della loro lotta e col sostegno dellopinione pubblica. Vittoria piena, per la verit, come detto, non c stata. Ma la nuova edizione del libro sullo sciopero, la presenza in quelle pagine di decine di nomi di operai, impiegati e sindacalisti che condussero quello scontro cos aspro per quasi due mesi, sostenendo un braccio di ferro oggi impensabile,
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un fatto di assoluto rilievo per la salvaguardia della memoria degli avvenimenti che hanno caratterizzato la citt dal dopoguerra a oggi.

Quando il Cantiere era la fabbrica della citt


3 febbraio 2011

Di indissolubile c'era il rapporto fra la fabbrica e la citt, la gente comune. Anche perch bastava la parola: Cantiere. Improvvisamente si percepiva che non c'era famiglia livornese che non avesse incrociato la sua storia con quella dello stabilimento-simbolo della citt. Dagli Orlando, siciliani garibaldini, che di fatto dettero il via all'industria cittadina col loro sbarco a Livorno, agli anni del fascismo nei quali i sovversivi erano controllati ma pur sempre tollerati in fabbrica, per garantire la presenza di operai qualificati, in grado di costruire navi efficienti, al dopoguerra denso di battaglie per l'occupazione, fino all'esperienza cooperativa durata cinque anni dopo la decisione dello Stato di ritirarsi da Livorno. La storia del Cantiere
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Orlando tante storie insieme, un intrecciarsi di fatti, di luoghi, di persone e di idee. L'aspetto pi suggestivo, quello che ancora oggi capace di colpire la fantasia e l'immaginazione, si tocca forse nei modelli delle navi realizzate agli inizi del '900. C'era di tutto: ferry-boat come il "Villa", che imbarcava il treno per collegare Sicilia e Calabria, oppure yacht di super-lusso come il "Flying Cloud" costruito per il duca di Westminster, una dimora galleggiante sontuosa per gli anni '20. Ma attenzione alle produzioni militari, che se da un lato rappresentarono il nerbo dell'attivit del Cantiere Orlando all'inizio della sua avventura proprio per dotare il neonato Stato unitario di una flotta adeguata, tornarono in auge nel periodo fra le due guerre. Ne aveva un disperato bisogno l'Italia fascista smaniosa di conquistarsi un posto al sole, eppure nessuno ha mai dimenticato l'epopea del "Tashkent", incrociatore veloce che il Cantiere realizz per la Marina militare sovietica. La leggenda narra che gli operai livornesi ci misero l'anima nel costruirlo. E in effetti l'unit arriv alla velocit di 44 nodi in prova.
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Il muro che divideva la fabbrica dalla piazza Mazzini, in realt, era solo immaginario. Perch dopo le distruzioni belliche, i livornesi promossero addirittura una sottoscrizione perch lo scalo Morosini, lo scivolo gigante su cui prendevano corpo le grandi navi, fosse ricostruito non dopo, ma insieme alle loro case. Cemento per lo scalo Morosini, scrissero i giornali dell'epoca. E fu festa grande quando, alla fine, la decisione presa fu proprio quella: il "Morosini" rinacque per essere poi abbandonato negli anni '60, quando la propriet della fabbrica, ormai ampiamente nelle mani delle partecipazioni statali, ne decise un drastico ridimensionamento della capacit produttiva. L'accordo raggiunto a Roma - era il 1962 - port alla creazione della Cmf di Guasticce, dove venne dirottata parte della manodopera del Cantiere. Non azzardato dire che il resto storia di oggi, o quasi: la decisione di Fincantieri di disfarsi della fabbrica a met degli anni '90, la nascita di una cooperativa che non aveva precedenti nel settore delle produzioni e delle riparazioni navali, la cui avventura terminata
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con una grave crisi sulla cui genesi e responsabilit la citt non si mai interrogata in modo approfondito. Oggi, dove una volta sorgeva il Cantiere di San Rocco, campeggia l'insegna di Azimut Benetti. Non pi gasiere o traghetti, ma yacht di lusso. I tanti "Flying Cloud" del terzo millennio.

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DIRITTI E SALUTE
Esami oncologici, cento risposte sbagliate
27 agosto 2008

Asl e Procura della Repubblica indagano su una serie di risposte sbagliate mandate a un centinaio di pazienti che si erano sottoposti allesame per la prevenzione del tumore del colon retto, al Corat, il Centro oncologico che ha sede allospedale. Ad accorgersi dellinghippo sarebbe stata proprio lAzienda sanitaria che, durante i normali controlli di qualit al proprio interno, ha visto che in diversi casi lesito dellesame sulla presenza di sangue occulto nelle feci era opposto a quello scritto nella risposta. Per prima cosa, sono stati informati i diretti interessati, che attraverso una lettera sono stati invitati a presentarsi nuovamente per ripetere lesame. Anche perch, a quanto dato sapere pur nel muro di silenzio che arriva dallAzienda sanitaria, gli errori compiuti erano tutti dello stesso genere: casi di positivit, e quindi di presenza di sangue, che imponevano lesecuzione
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di ulteriori accertamenti, sono stati trasformati in casi negativi, dove non ci sarebbe stato niente su cui indagare ancora. Quindi, i pazienti che credevano di potersene stare con il cuore in pace ad aspettare il controllo successivo, hanno dovuto sottoporsi ad altri esami per capire a quali cause era dovuta la presenza di sangue. Subito dopo, lAsl ha aperto unindagine interna e ha provveduto a sporgere denuncia alla Procura della Repubblica sul caso. E la magistratura livornese ha cominciato i propri accertamenti su quelli che, al momento, sembrano presentarsi come errori del sistema che gestisce gli esami e lelaborazione delle risposte ad essi relative. Le indagini, ovviamente, si dirigono verso lattivit del Centro di prevenzione oncologica e alla ricostruzione del percorso compiuto dai pazienti raggiunti dalla convocazione dellAsl per lo screening antitumori. E mirano ad accertare quello che successo per quei cento casi in cui lerrore stato accertato. Un errore tuttaltro che irrilevante: fra il negativo e il positivo del responso di un
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esame come quello a cui ogni anno migliaia di livornesi si sottopongono c una differenza netta, fatta di apprensione e di angoscia. Senza vie di mezzo. E cos successo in questi casi, nei quali cento pazienti si sono trovati nelle condizioni di dover rifare tutto da capo, sperando in una diagnosi definitiva confortante.

Cantiere Orlando, una lunga scia di tumori


31 ottobre 2008

Da una telefonata allaltra, i nomi dei lavoratori del Cantiere Orlando esposti allamianto e morti per mesotelioma aumentano. Basta chiamare qualche vecchio operaio (vecchio di esperienza, perch al massimo hanno 64-65 anni) per allungare la lista e accrescere linquietudine. La sentenza del giudice del lavoro che riconosce un risarcimento di 1 milione e 200mila euro alla famiglia di Alesio Ielencovich, impiegato deceduto tre anni fa a 67 anni, ha suscitato grande clamore fra coloro che sono stati i dipendenti della fabbrica-simbolo della citt.
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Lelenco delle malattie, secondo quanto accertato nella perizia ordinata dal giudice del lavoro durante il procedimento che si appena concluso (almeno in primo grado), arrivato a quota 37: 37 persone, tutti operai o impiegati del Cantiere, che hanno contratto il mesotelioma per aver respirato la fibra killer. Ci sono, fra questi, i nomi di gente che, nel suo piccolo, ha fatto anche un po di storia del Cantiere. Come Leonetto Taddei, storico presidente del Circolo ricreativo dellOrlando, stroncato da un tumore alla vescica, o come Franco Lulli, fiero militante socialista, ucciso dal mesotelioma a 54 anni. Oppure quelli di altri lavoratori che se ne sono andati in silenzio, come in silenzio hanno vissuto. Chi conosce la storia di Carmelo Garofalo, morto di recente, o quella di Franco Cal, che alla sua lunga milizia in Cantiere univa la passione per il calcio? Nessuno avr sentito il nome di Piero Guerri, pure lui operaio dellOfficina navale, il reparto coordinato da Ielencovich, oppure quello di Gilberto Sargenti e di Carlo Tramonti, lui grande appassionato di

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ciclismo, che fece in tempo, insieme a molti altri, anche a vivere la parabola della cooperativa. Edo Giusti, pensando ai compagni scomparsi, rievoca il tempo in cui fu sostituita la copertura del capannone dellOfficina navale. Proprio Ielencovich - ricorda - mi incaric di fare una relazione su coloro che furono esposti allamianto, in quei giorni. I lavori andarono avanti mentre noi continuavamo a lavorare. Io preparai lelenco, ricavandolo dai turni di quella settimana. In tutto, le persone esposte sono state 75: quella lista fu consegnata ai vertici dello stabilimento. Che fine abbia fatto, ovviamente non lo sappiamo.

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IN TRINCEA CON I PACIFISTI


Sommergibili per Saddam, incrociatori per Stalin
7 novembre 2010

Chiamarla economia di guerra forse troppo, ma il rapporto fra Livorno e l'industria bellica si dispiegato in maniera imponente nel corso del 900. Oggi c' la Wass, fiore all'occhiello di Finmeccanica, il silurificio di via del Levante, entrato in rapporti strettissimi anche con le istituzioni cittadine, dato che partecipa al capitale sociale della Fondazione Lem, sia pure con poche migliaia di euro, sufficienti ad avere un posto nel consiglio d'amministrazione. Ma insieme a questo stabilimento la presenza delle strutture bellico-militari in citt si tocca con mano quando si pensa all'insediamento della Brigata paracadutisti Folgore o dell'Accademia Navale. E in passato l'incidenza dell'industria bellica sulla composizione del Pil cittadino stata ancora maggiore: finita con un inglorioso fallimento la Cosmos, azienda di Salviano che costruiva maiali, mini-sommergibili venduti in
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tutto il mondo, talvolta anche in barba a politiche di embargo che l'Italia stava portando avanti. Dalla famiglia Pucciarini la Cosmos venne venduta a imprenditori cileni, al termine di un'operazione nella quale ebbe un ruolo anche l'Iraq di Saddam Hussein, abituale cliente. Un'azienda, la Cosmos, circondata da un alone di mistero, le cui vicende non si sono ancora chiuse, essendo in corso un processo per bancarotta davanti al tribunale di Livorno. All'interno dell'Accademia Navale per lunghi anni c' stata la presenza importante dell'Istituto di guerra marittima, altro luogo di formazione a scopi bellici. E volendo andare ancora pi a ritroso, numerose sono state le produzioni militari del Cantiere Navale Orlando, che negli anni del fascismo produsse navi per la Marina italiana e perfino un incrociatore per l'Urss di Stalin, il Tashkent. Era il dicembre 1989, il muro di Berlino era caduto da un mese e nella tradizionale conferenza di fine anno l'allora sindaco Roberto Benvenuti pose il problema del senso della presenza di Camp Darby: in via di dissolvimento il patto di
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Varsavia, perch ancora una base militare straniera a occupare ettari di territorio? Un anno dopo, il nostro porto sarebbe stato teatro di movimentazione di carri armati targati "Us Army" buoni per essere usati nella prima guerra del Golfo. Mai stati una novit i traffici di armamenti per le nostre banchine, ed livornese l'agente marittimo che ha l'esclusiva dei traffici navali per Camp Darby: il vicepresidente di Asamar Enrico Bonistalli.

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IN RAGIONE DELLAMBIENTE
Assediati da inquinanti di raffineria e centrali
3 aprile 2010

Milioni di tonnellate di anidride carbonica, migliaia di tonnellate di ossidi di zolfo e ossidi di azoto, quasi 200 tonnellate di polveri. E quasi un bombardamento, quello che la nostra aria subisce ogni anno per la presenza di impianti industriali che producono sostanze inquinanti. I maggiori responsabili sono la centrale Enel di via Salvatore Orlando e i due stabilimenti di Stagno: la raffineria Eni e la centrale Enipower. Termovalorizzatore leggero. Neanche paragonabile a questi il volume di emissioni che arriva dal termovalorizzatore del Picchianti, che bruciando rifiuti (la potenzialit di 54mila tonnellate allanno) manda in aria anidride carbonica in misura inferiore a 20 volte rispetto alla centrale Enel e polveri neppure paragonabili a quelle sputate dalle ciminiere degli altri
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stabilimenti: in questo caso il rapporto fra linceneritore e la raffineria quasi di 1 a 200. Altre due centrali? E questo il contesto nel quale stanno venendo a maturazione progetti di altri insediamenti di questo genere. Non tanto il maxi-inceneritore di area vasta, proiettato in un tempo medio-lungo (la cui realizzazione comporterebbe comunque lo spegnimento di altri termovalorizzatori pi piccoli, fra cui il nostro attuale), quanto le due centrali a biomasse, una della societ Porto energia e laltra della ex Carbochimica, che dovrebbero essere costruite in zona portuale, e che aggiungerebbero le loro emissioni a quelle di altri camini gi esistenti (solo per le polveri si parla di 150 tonnellate allanno fra le due centrali). I dati pubblicati nella tabella di questa stessa pagina dicono gi molto. Si ricavano, per quanto riguarda Eni, Enel e Enipower, dallinventario delle emissioni industriali che ogni anno viene pubblicato sul sito dellAgenzia nazionale per la protezione dellambiente e del territorio: queste cifre sono aggiornate al 2006 e vengono fornite
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allApat direttamente dalle aziende, sottoposte ovviamente ai controlli effettuati dallArpat. Aggiornati al 2009, invece, sono i numeri che riguardano il termovalorizzatore del Picchianti, e che Aamps ha pubblicato nella sua dichiarazione ambientale presentata in sede di richiesta di registrazione Emas, fiore allocchiello della gestione ambientale dellazienda che gestisce il ciclo dei rifiuti in citt. Ma le cifre della tabella non esauriscono la massa di inquinanti che finiscono in aria ogni anno. La raffineria Eni di Stagno, tanto per fare un esempio, getta in atmosfera anche 296 chili allanno di idrocarburi policiclici aromatici e 27,9 tonnellate di cloro, ma anche 991 chili di nichel, 688 di zinco e 8 di selenio, oltre a 1317 tonnellate di altri composti organici volatili. Minore limpatto della centrale Enel per ci che riguarda nichel e selenio: rispettivamente 310 chili e 11 chili allanno. E lo stesso discorso vale, pi o meno, per Enipower, che limita le sue emissioni, a parte le sostanze macroinquinanti, a 78 chili di nichel, 52 tonnellate di cloro, 6,3 tonnellate di fluoro.
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Occhio al traffico. Logico che il bombardamento subito dalla nostra atmosfera da questi stabilimenti finisca per avere una ripercussione sullaria che respiriamo. Ma a influire in modo determinante sulla qualit della nostra aria sono anche le emissioni dei motori dei nostri veicoli: lo prova il fatto che gli sforamenti dei limiti di legge per la concentrazioni di pm10 sono giunti, negli ultimi tre anni, 107 volte dalla centralina di rilevamento del viale Carducci zona urbana caratterizzata da traffico intenso - e appena 18 volte da quella di via Gobetti, molto pi vicina allarea industriale.

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LO SPORT E PASSIONE
Basket Livorno, un funerale annunciato
17 giugno 2009

Quando Vasco Suggi, uomo di basket di lungo corso, chiude a chiave la porta della sede di via Pera del Basket Livorno, sono quasi le nove della sera e tutto si compiuto. Lassemblea dei soci ha deciso e non c nessuna sorpresa: la squadra non parteciper al campionato. Lavventura di Livorno nel mondo del basket di vertice finisce qui. Senza la cessione del titolo, senza che la societ abbia un tesoretto di 600mila euro per ripianare almeno parte dei debiti. Toccher, dunque, agli attuali soci far fronte allesposizione fin qui maturata. Pi dignitoso finire cos - sentenzia Fabio Del Nista, presidente dellAsa, uomo scelto dal sindaco per seguire le vicende della societ di pallacanestro - lamministrazione era contraria alla vendita del titolo sportivo e cos la societ ha deciso. Un titolo sportivo che la citt - e quindi lamministrazione comunale - si era ritrovata fra
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le mani cinque anni fa. Giugno 2004, la famiglia Falsini, proprietaria del gruppo Mabo, lasci le quote in mano al sindaco. Le acquist la Livorno sport, societ controllata dal Comune, a 1 euro. In cinque anni - ancora Del Nista a parlare siamo riusciti a far scendere la partecipazione del Comune dal 95 al 5 per cento, allargando la base societaria a diversi imprenditori. Ma la societ che fa capo a Valterio Castelli, patron del gruppo Td, che detiene il 75 per cento delle quote del Basket Livorno, da tempo ha deciso di tirare i remi in barca. Castelli non cera neppure ieri, in assemblea, ma era rappresentato da un suo emissario. Impossibile, dunque, continuare. A meno di un miracolo, cio dellarrivo di un imprenditore che rileva la societ ed disposto a proseguire lattivit sportiva, il basket livornese al capolinea. Entro l11 luglio si riunir lassemblea straordinaria dei soci davanti a un notaio, passaggio necessario per deliberare la messa in liquidazione. Poi, la decisione di rinuncia alla partecipazione al campionato di Legadue sar ufficialmente comunicata alla Federazione e alla Lega stessa.
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Quella che si chiude una fase tutta particolare del basket livornese. Iniziata nel 2000, quando la cessione del titolo sportivo, anche a quellepoca ormai vicinissima, fu sventata con lentrata in pista della famiglia Falsini. I DAlesio, che nel 1997 avevano riportato Livorno in A dopo aver rilevato il Don Bosco, avevano manifestato la volont di passare la mano. E in mancanza di unaltra struttura societaria degna di questo nome, ecco che la citt individu questa soluzione, che conteneva in s i rischi venuti a sintesi in questi giorni: non pi una societ che andava alla ricerca di sponsorizzazioni, ma lo sponsor che dimprovviso si faceva societ. Ed fisiologico che il ciclo di una sponsorizzazione duri due, tre anni al massimo, quando non si in presenza di famiglie radicate su un territorio come Benetton o Scavolini. E accaduto, dunque, che Livorno si trovata a dover ricominciare da capo ogni anno. Sempre allanno zero, sempre a doversi inventare un budget, sempre a dover fare i miracoli per allestire una squadra e condurre a termine la stagione. E le cose sono andate bene per diverse stagioni: sono arrivati, nei vari anni,
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giocatori come Nicholas, Shumpert, Anagonye, Troutman, Recker, Anderson, che poi hanno avuto contratti importanti in societ di ben altro livello. E sono stati lanciati allenatori come De Raffaele, Moretti, DellAgnello. Certo, il giorno dellannuncio della fine sono molte le domande che vengono in mente. La prima riguarda il futuro del palasport: il PalaLivorno, gioiello da ottomila posti, terzo impianto dItalia, servir solo per concerti o mostre canine, da qui in avanti? O non poteva essere la gestione un punto di partenza per iniziare una nuova vita per il basket? E la seconda chiama in causa, com ovvio che sia, linfinita platea degli imprenditori livornesi. Daccordo, la crisi si fa sentire per tutti. Ma anche due, tre, quattro anni fa non stato possibile trovare un gruppo di soci in grado di assicurare a questa societ spalle sufficientemente solide per poter almeno abbozzare una programmazione. Per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti, cantava De Andr diversi anni fa. Riascoltiamolo tutti insieme, non fa male
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Che notte quella notte


19 gennaio 2005

Che notte quella notte! Capitava di tutto, lungo le rampe di scale del Meazza che portavano dalla tribuna stampa alla zona riservata alle autorit. Vedevi il sindaco di Livorno, Alessandro Cosimi, che sbucava da una porticina e ridacchiava, quasi incredulo per il risultato della partita: Oddio come ci sono rimasti male, sibilava. Ed insieme a lui il presidente del Livorno Spinelli che era perfino capace di lamentarsi: Eh, queste partite vanno vinte, quando ci ricapita unoccasione cos.... Era la notte di sabato 11 settembre 2004, una data che rimarr scolpita nella mente di molti appassionati livornesi di pallone. Il Livorno non tornava in serie A, non esattamente: ce lo stavano accompagnando pi di diecimila sostenitori. Autostrada amaranto. Trecento chilometri di sciarpe e bandiere del Livorno. Dalla Spezia a Parma, e poi lungo il nastro di asfalto che corre
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infinito nel cuore della Padania: lEmilia ci passa sotto le ruote dellauto in poche decine di minuti. Poi Lodi, la barriera di Milano e la tangenziale. E la fotocopia della serata della promozione: solo che linvasione di Piacenza era stata pi silenziosa, per esplodere al 90, quando le radioline avevano comunicato la matematica certezza della serie A. Stavolta no: la serie A c gi e va festeggiata a dovere. Niente di meglio che avere di fronte quelli con lo scudetto sul petto e con un presidente che pi presidente non si pu: Berlusconi. Silvio consentici... Da un paio di settimane i club amaranto lavevano deciso: a San Siro organizzeremo una coreografia speciale. Avevano preso spunto dallaccoglienza che il Cavaliere aveva riservato ai coniugi Blair in Sardegna, presentandosi con una improbabile bandana bianca sulla testa. E siccome il genio, insegnano le zingarate toscane di Monicelli, fantasia, ingegno e rapidit di esecuzione, ecco migliaia di bandane con scritto Silvio, stiamo arrivando pronte a partire, accompagnate da altrettanti
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tifosi. E la promessa della Livorno irriverente e ironica al mondo del pallone: nella notte del debutto, a Milano, bandana bianca la trionfer. File ai cancelli. Lapertura dei cancelli (ma a Milano li chiamano gate, proprio come a Malpensa: volete mettere?) fissata due ore prima dellinizio della partita. Ore 18,30, non un minuto prima. Ma gi i gruppi imbandierati e imbandanati stavano sfilando, uno dietro laltro, dai piazzali dove si erano accomodati i pullman. Alle 18,45 dallesterno dello stadio si sente il primo coro: Berlusconi pezzo di.... Vai, i nostri son gi entrati, commenta un ragazzo. Le code proseguono. Ordinate, senza intoppi. Luci a San Siro. Ma questi livornesi non finiscono mai?, si chiede un addetto allingresso della sala stampa. I cortei amaranto in effetti continuano ad arrivare a frotte. Sistemano striscioni mordaci, nei quali si consiglia un bel taglio di capelli a Galliani e si ironizza sul rapporto fra Berlusconi e la falce e martello (Ti d noia, eh?, sta scritto su uno striscione che
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riproduce quel simbolo). La partita se ne va in un baleno. Ad ogni sussulto del divino Seedorf, Cristianone Lucarelli raddrizza i conti. E farebbe girare anche lago della bussola in direzione di Livorno, se il gol del 3-2 non fosse annullato per una segnalazione sbagliata del collaboratore dellarbitro. Mix zone. Si chiama cos il luogo dove i comuni mortali che non lavorano per le pay-tv possono intervistare gli addetti ai lavori. E un lungo corridoio dove giocatori e allenatori passano e si fermano due, tre, anche quattro volte a parlare con i cronisti che chiedono di loro. Ecco passare Maldini, Nesta, Protti, un sorridentissimo Lucarelli, Colomba, Ancelotti. Poi Shevchenko, fermato al volo da Franco Ferretti, un tempo voce radiofonica, oggi volto di Granducato tv. Sheva, grida il buon Ferretti. E lucraino, incredibile ma vero, si ferma e si concede alle domande. Prova speciale. Poi tutti a casa, finalmente. I pullman intasano la Cisa. E in molti, per aggirare
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laffollamento, preferiscono arrivare a Livorno via Genova, affrontando unautostrada infame come quella tutta curve che passa da Serravalle Scrivia. I pi esperti la chiamano prova speciale, quasi fosse un rally. Ma quella notte di speciale aveva davvero tutto.

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LA GENTE DEL REMO


Barontini, la magia
18 giugno 2010

Altro che mondiali. Eccole qui le notti magiche di Livorno. Luci in Fortezza, i fossi si accendono e si illuminano. C la Coppa Barontini e la citt, improvvisamente, riscopre se stessa e la voglia di stare insieme a parlare, ad aspettare che la barca del proprio rione passi, a capire chi vincer questa classicissima del remo. Se la Risiatori , per la fatica che impone, una sorta di Parigi-Roubaix e la nobilt del Palio Marinaro richiama il Giro delle Fiandre, restando in tema di paragone ciclistico la Coppa Barontini un po la Milano-Sanremo delle competizioni remiere, visto il suo altissimo contenuto di spettacolo. Una cronometro di 3200 metri attraverso il suggestivo circuito dei fossi medicei, per una volta liberati dalle imbarcazioni, che per gli atleti in gara una sorta di inferno: scatti e controscatti, rallentamenti e ripartenze una dietro laltra. Ma per i timonieri
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ancora peggio: tocca a loro scegliere le traiettorie migliori, pennellare le curve in modo da far risparmiare energie alla ciurma e arrivare al serrate finale col serbatoio non del tutto vuoto. Ed quello il momento pi atteso: quando la barca spunta dal ponte buio che scorre sotto la piazza della Repubblica, i vogatori stremati sanno che larrivo vicino ma che per raggiungerlo serve lo sforzo pi forte. Forte come lapplauso della gente assiepato sulle spallette del Pontino, gremite e festanti. E lapoteosi della Barontini, di una magia che si ripete ormai da 43 anni. Nata nel 1966 per volere della sezione del Pci del rione San Marco Pontino, nel 1983 la gara ha indossato il suo vestito migliore con la scelta della notturna. Una mossa vincente, che ha cambiato il volto delle gare remiere. Cos come vincente gli organizzatori si augurano che sia lultima novit della Barontini, che andr in scena domani sera: un maxischermo installato sul prato della Fortezza su cui gli spettatori potranno leggere, in tempo reale, i verdetti del cronometro, che
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assegnano la vittoria alluna o allaltra barca scatenando il boato delle migliaia di persone sparse lungo i fossi, su tutto il percorso.

Il venezia, dice addio alla storica cantina


18 giugno 2010

Ma che strano effetto che fa vedere la cantina del Venezia col tetto scoperchiato, quasi ci fosse passato un ciclone. Macch: niente di tutto questo. Nello spicchio fra l'erta dei Risicatori e il ponte di Santa Trinita, alla Tura, come veniva chiamato un tempo, la sezione nautica rossobianca - la pi celebre e titolata della citt sta ormai ultimando il suo trasloco. Questione di giorni, poi il complesso di capannoni e piccoli edifici che costituisce la cantina veneziana andr gi, sotto i colpi delle ruspe, per consentire i lavori del Piano di riqualificazione del Luogo Pio. Intanto, in queste ore, sono state tolte alcune parti delle coperture in eternit, operazione da compiere con tutte le cautele del caso.

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Ci che cambier, nel giro di poco tempo, non sar solo il colpo d'occhio sulla Venezia. Scomparir un luogo storico, il luogo che dal 1967 la tana, il rifugio, il ritrovo dei veneziani doc. Fu l, il giorno di Befana del 1967, che il Venezia ritorn, dopo che c'era stato negli anni difficili dell'anteguerra, quando la cantina veneziana, fitta di anarchici, comunisti e sovversivi d'ogni risma, non piaceva per niente ai maggiorenti del regime fascista, che facevano di tutto per danneggiarla, favorendo l'ascesa del"fedele" rione di San Giovanni. Nel dopoguerra il Venezia si trasfer sugli scali Finocchietti. Poi, sul finire degli anni'60, quando ormai le gare remiere erano ricominciate e riscuotevano grande seguito fra la gente, decise di costruire la sede in fondo al viale Caprera. Da quei capannoni, che poi sono stati migliorati con la creazione (anni 1974-75) delle prime vasche per gli allenamenti invernali, sono passati personaggi straordinari. Che hanno fatto la storia del Venezia e del Palio Marinaro. I nomi sono tutti scolpiti nella mente dei veneziani che in questi giorni stanno facendo il
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trasloco nella cantina vicina, quella che fino allo scorso anno era di Shangai e Sorgenti. Vedi Gigi Suardi, il condottiero indiscusso della sezione nautica rossobianca di oggi, impegnatissimo nel sistemare la nuova sede, e non puoi non ricordare personaggi del calibro di Canzio Vivaldi, detto Pecchio, autentico padre della ripresa del Palio Marinaro nel 1951, di Vincenzo "Cencio" Volpi, uomini di mare e di rione. Oppure di Italo Piccini, che del suo quartiere rimasto fieramente innamorato fino a quando ha avuto un filo di fiato. Veder andare gi quelle costruzioni sar un colpo duro, per i veneziani doc. Gente tosta, abituata alle battaglie pi difficili, ma gi impegnata a costruire le imprese del futuro.

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IL ROSSO E LA NERA
Due colpi a bruciapelo per leredit
9 aprile 2008

Glielaveva giurata. Tanto ti ammazzo, gli aveva detto in unaula di tribunale, durante una delle udienze per la delicata e controversa questione delleredit del padre. E per questo, probabilmente, che Salvatore Inghilleri, 69 anni, ha sparato due cartucce al fratello Vito, ammazzandolo sulla soglia di casa. Luomo ucciso era uno degli imprenditori pi conosciuti della citt di Livorno, capace di creare unaffermata impresa di insegne luminose e di cartellonistica. Lassassino viveva a pochi metri di distanza da lui, in una casa di campagna alla periferia livornese. Salvatore si consegnato alla polizia dopo essere sfuggito alla caccia alluomo durante le ore notturne, nonostante fosse a piedi, privo di mezzi e totalmente disarmato. Ieri mattina, verso le 7,30, ha fatto ritorno a casa e i familiari hanno chiamato le forze dellordine. Era in stato
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confusionale, probabilmente sotto leffetto dei medicinali che lui, affetto da problemi psichici, aveva portato con s dopo aver freddato il fratello con una doppietta a canne mozze, un fucile da caccia che aveva a casa insieme ad altre armi, alcune delle quali (un paio di pistole) probabilmente non denunciate. Larma del delitto stata trovata vicino a casa, poche ore dopo lomicidio. Nel pomeriggio, poi, Salvatore Inghilleri ha deciso di non rispondere alle domande del pubblico ministero Carmen Santoro che sta coordinando lindagine per la Procura della Repubblica. E stato portato, dunque, nel carcere delle Sughere, dove ha trascorso la notte. Nel giro di un paio di giorni, il giudice per le indagini preliminari dovr decidere sulla richiesta di custodia cautelare in carcere che la Procura far partire quasi sicuramente questa mattina. Al momento, Inghilleri ufficialmente indagato e lipotesi di reato quella di omicidio volontario premeditato, con laggravante del vincolo di parentela della persona uccisa.

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Domani, invece, sar affidato lincarico per lesecuzione dellautopsia: la salma si trova adesso allistituto di medicina legale di Pisa. E l verr effettuata lautopsia: gli inquirenti, infatti, vogliono che siano compiuti accertamenti particolari, anche di carattere radiografico per chiarire fino in fondo la dinamica della sparatoria. Dubbi sul movente del delitto vengono espressi dallavvocato Marco Vitalizi, che assiste lindagato. Anche perch, spiega lo stesso legale, il contenzioso tra fratelli si era concluso con un accordo sancito davanti al giudice lo scorso 22 gennaio: non si era dovuti arrivare neppure alla sentenza e la questione era stata chiusa con soddisfazione da parte di tutti. Secondo Vitalizi, insomma, le radici di questo omicidio affondano in anni di rapporti non idilliaci fra Salvatore Inghilleri e il fratello Vito: Quella delleredit pu essere stata la causa scatenante, il casus belli, ma non di pi. Ci sono versioni contrastanti sulle personalit e i comportamenti, fra i parenti e gli amici della vittima. C gente che dice che si tratta di una
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morte annunciata, c chi sostiene che la ragione fosse da una parte e chi dallaltra. Dice Vita Inghilleri, la sorella dei due, che vive a Altopascio: Vito sempre stato una brava persona. Salvatore? Risponder di ci che ha fatto davanti a Dio. Ma anche lui mio fratello. (con Lara Loreti)

Massacrato con quindici coltellate


30 maggio 2008

Alle otto della sera ci pensa il temporale a cancellare ogni traccia del delitto. Lacqua e il vento spazzano la piazzola di via Fontana, la stradicciola sterrata che unisce via Pannocchia a via Ademollo, proprio davanti allingresso del complesso sportivo dei Salesiani. E l, fra la stazione e il quartiere di Colline, che stato trovato morto Fabrizio Fioriti, un rappresentante di prodotti farmaceutici di 49 anni, ucciso con quindici coltellate. E successo fra le quattro e le cinque del pomeriggio di ieri.

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Tutto inizia quando il 118 allerta la Misericordia di Montenero, chiedendole di andare in via Fontana per soccorrere una persona in preda a un malore. E questa la prima segnalazione che arriva: sono le 16,45. Ma quando lambulanza con medico a bordo arriva, la scena che i volontari hanno davanti totalmente differente: luomo giaceva a terra, sdraiato sulla schiena. C poco da fare, a quel punto, se non constatare il decesso delluomo e coprire pietosamente il cadavere con il classico lenzuolo bianco, che nel giro di pochi minuti si tinto di rosso, tanto il sangue nel quale il corpo era immerso. Lhanno massacrato con una quindicina di coltellate alladdome, uccidendolo nellauto dove si trovava, la sua Renault Megane verde bottiglia. Poi rotolato a terra, quando il figlio Matteo, che lo ha trovato accasciato sul volante, ha aperto la portiera. Arrivano i carabinieri e due pattuglie della polizia. Nel giro di pochi minuti, sul posto c anche la dirigente della squadra mobile della questura Angela Marvulli, che si mette subito in contatto con la Procura: poco dopo, arriver
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anche Carmen Santoro, sostituto procuratore, pronta ad assistere a tutte le operazioni della scientifica. A trovare il corpo di Fabrizio stato il figlio Matteo, 24 anni, giunto in via Fontana al volante della sua Kia Picanto nera. Anche quellauto, come la Megane della vittima, stata portata via e messa sotto sequestro. Matteo aveva un appuntamento con il padre, ma lha trovato ormai morto. Quando arriva la polizia, lui in lacrime, sconvolto. Non riesce neanche a capire che cosa successo. Piange, senza potersi fermare. Anche la sorella Beatrice disperata. Le sirene delle auto della polizia ottengono leffetto di far uscire di casa quelli che abitano nella zona. C chi si lamenta perch quelle strade, quando cala loscurit, diventano terra di nessuno. Ma questo delitto non avvenuto di sera. E stato consumato alla luce del sole, senza che nessuno possa spiegare perch. Prima ancora di cercare un movente, gli inquirenti passano al setaccio la scena del delitto: il medico legale Alessandro Bassi Luciani effettua un primo esame sul cadavere, mentre la polizia compie le prime verifiche. Per farlo chiude lintera via Pannocchia
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al traffico e, soprattutto, ai curiosi. Le ragazzine che fanno sport nella palestra dei Salesiani vengono fatte passare da unaltra uscita. I poliziotti cominciano a cercare la possibile arma del delitto. Guardano dappertutto: sotto le auto parcheggiate, ai bordi dei marciapiedi, anche al di l del muro, nel complesso dei Salesiani. Intanto, gli abitanti delle case che si affacciano sulla via Fontana, vengono ascoltati uno dopo laltro. Qualcuno avrebbe potuto aver visto qualcosa, essersi accorto di qualche movimento strano. Particolari piccoli, ma comunque utili per far decollare le indagini nel modo giusto. I figli della vittima vengono portati in questura, dove inizia una serie di interrogatori che coinvolgono tutti i parenti. C bisogno di capire, di scavare prima di tutto nella vita di questuomo di 49 anni ammazzato cos, senza una ragione. La polizia cerca anche nei suoi archivi, ma senza trovare granch. Fioriti era incensurato: una vita normale, un lavoro di rappresentante farmaceutico, un matrimonio alle spalle (dal quale ha avuto i due figli Matteo e Beatrice) e uno che gli ha dato unaltra bimba
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nata 5 anni fa. A un certo punto, prende corpo e si sgonfia immediatamente una possibile pista, secondo la quale Fabrizio Fioriti avrebbe avuto un litigio col fidanzato della figlia. Escono i primi lanci dellAnsa, che per i fatti si incaricano di smentire: il giovane, infatti, sarebbe, s, irreperibile, ma non per una fuga, visto che si trova allestero per lavoro. Le verifiche e gli interrogatori della polizia continuano incessanti. E vanno avanti fino a notte fonda: i parenti vengono tenuti in stanze separate, come accade in questi casi, e poi ascoltati.

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LE PERSONE, LE STORIE
Gli ottantanni del creativo rosso
17 maggio 2010

Una volta l'inconfondibile eleganza del suo scrivere prese forma in un cartello che affisse al muro, dietro la sua scrivania. In questa stanza si prega di non rompere con il "quant'altro" di moda. Era la fine degli anni'80 e l'espressione quant'altro riempiva i documenti politici con frequenza eccessiva per il suo spirito, sempre saggiamente critico e mai adagiato sulle tendenze in atto e sulle maggioranze che si componevano e si scomponevano alla velocit della luce. E' un personaggio straordinario, Oriano Niccolai. Domani compie ottant'anni e lui la prende con la filosofia che gli propria. S - dice - sono sessant'anni che ho vent'anni, e sorride. Far festa assieme alla sua Marna, moglie e compagna di una vita, ai figli Gianni e Gianna e ai cinque nipoti che questi gli hanno dato.

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Non solo grafico. Oriano Niccolai stato una colonna della sinistra, non solo livornese. Dirigente del Pci e della sua organizzazione giovanile fin dagli anni '50, definirlo semplicemente "grafico" forse la pi grande delle ingiustizie che gli si possa fare. Perch vero che dalla sua mano e dal suo ingegno sono nate le parole d'ordine del vecchio Partito comunista e, successivamente, dei partiti che hanno preso corpo dalla sua trasformazione, ma a ben vedere il suo impegno politico si accompagnato a una professionalit indiscussa. Niccolai, nella sua lunga vita lavorativa, stato, s, anche grafico, ma ha fatto il giornalista mai iscritto all'Ordine (Non ho nessuna patente, neanche quella di guida, ironizza lui), il comunicatore. E' stato, per la federazione livornese del Pci quello che oggi si definirebbe "il creativo". Ci che nella comunicazione politica di oggi si chiama "headline" a quell'epoca veniva chiamata "parola d'ordine", ma la sostanza la stessa. La sola differenza si ritrova, casomai, nei super-ingaggi che gli esperti delle agenzie di comunicazione oggi chiedono, rispetto allo
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stipendio di funzionario di partito che nel Pci veniva calcolato sulla base di quello dei metalmeccanici di quinto livello. Una scuola di vita. Gli ottant'anni di Oriano Niccolai sono, cos, l'occasione per raccontare alcuni degli episodi da lui vissuti, che si intrecciano anche con la storia politica del paese. Originario della Maremma, l'infanzia trascorsa ad ascoltare le storie del bandito Righini per il quale qualcuno della sua famiglia aveva fatto il tifo, Niccolai studi a Livorno dai Salesiani prima di incontrare il Pci. Ed qui che cominciano i racconti del "Nido delle aquile", il bugigattolo dove aveva sede la Federazione giovanile comunista guidata da Nelusco Giachini. Non era soltanto una scuola di politica - racconta Oriano - ma anche di cultura. Con Nelusco e con Bino Raugi si discuteva di tutto: non c'era possibilit che non avessero letto Proust e che si fossero lasciati sfuggire le critiche cinematografiche degli ultimi film. Ma questa era la grandezza del Pci: essere il partito delle masse lavoratrici e dei pi grandi intellettuali.
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Amico degli intellettuali. E tanti sono stati gli intellettuali con cui Oriano Niccolai ha avuto modo di collaborare, o che almeno ha conosciuto. Gente del calibro di Nanni Loy e di Renato Guttuso, oppure uno scrittore come Gianni Rodari che si dice gli abbia dedicato una delle sue storie per ragazzi, disegnando a sua immagine e somiglianza il personaggio di Giovannino Perdigiorno. Lui, Oriano, ricorda e sorride. E sorride ancora di pi quando pensa alle isole. S, perch alla fine degli anni'60 il Pci lo manda in Sardegna e all'inizio dei'70 in Sicilia. In Sardegna girai gran parte dell'isola a dorso di mulo - racconta - con una cinepresa, realizzando un documentario sull'isola per conto del partito. E' l che inizi anche il mio rapporto con Enrico Berlinguer. Una volta, dopo una riunione al Comitato regionale sardo, terminata in piena notte, mi disse che non aveva sonno e mi invit a fare due passi con lui. Percorremmo due o tre volte la via Roma, la strada pi bella di Cagliari, coi portici a due passi dal mare. Io parlavo e avevo l'impressione che lui pensasse ad altro. Arrivai a chiedergli se lo annoiavo o no e lui mi
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chiese di andare avanti. L'indomani, nella riunione successiva che facemmo, ebbi la conferma che aveva seguito tutto e che, senza prendere appunti, ricordava perfettamente ci che gli avevo detto. Pi intensa, e anche pi difficile, l'avventura in Sicilia. Dove le federazioni del Pci di Livorno e Pisa erano gemellate con quella di Caltanisetta. A Palermo, dove a guidare il Pci siciliano c' il giovane Achille Occhetto, Oriano Niccolai conosce personaggi come Emanuele Macaluso e come Pio La Torre. Conoscevo anche Rosario Di Salvo, l'autista che fu ucciso insieme a Pio. Per molto tempo - ricorda Niccolai - port in giro anche me per la Sicilia. Era una persona straordinaria. L'attivit di Oriano Niccolai si ricorda anche per l'allestimento delle grandi feste de l'Unit. Sia a Livorno, sia in altre citt. Ha curato la propaganda per iniziative nazionali: il Festival nazionale che si svolse all'ippodromo "Caprilli" nel 1969, con la presenza dell'allora segretario del partito Luigi Longo, e la Festa nazionale di Tirrenia, datata

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1982, realizzata in collaborazione con i "cugini" pisani. I manifesti in mostra. Accanto alle feste, la produzione di Oriano Niccolai si trova nei manifesti realizzati per la federazione del Pci. Un patrimonio che adesso stato passato all'Istituto storico della Resistenza che lo sta catalogando e che sta pensando ad allestire una mostra con questi materiali. Sono contento che questa roba sia stata salvata, dice Niccolai, che dopo tanti anni la passione per la politica non l'ha ancora persa. Quando rivendica di aver passato una vita nel Pci, cita una frase di Alessandro Natta: In una riunione sulla campagna referendaria sull'aborto, disse che dovevamo guardarsi dalla vischiosit delle ideologie. Il Pd? Una speranza Pur con tutti i mal di pancia del caso, oggi Oriano Niccolai ha deciso di stare col Partito democratico. Stenta a nascere - dice - ma vedo che ci sono alcuni giovani che possono fare qualcosa di buono. E' uno strumento da adeguare, ma senza un partito vero
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non ci sar possibilit di creare alternative alla destra che governa e al berlusconismo.

E morto il patriarca del porto


20 marzo 2010

Ventisei anni interi passati al comando della Compagnia portuali, i migliori. Gli anni del rilancio, del boom, dellaffermazione pi forte. Italo Piccini stato il leader indiscusso di una famiglia, di unimpresa, di un clan. E stato tutto questo e altro ancora. E stato un leader economico e politico, un condottiero capace di creare consenso e di gestirlo. Luomo della Venezia. Era un uomo del popolo, Italo Piccini. Nato il 4 novembre, anniversario della vittoria della Grande guerra, nel 1927. Vissuto e cresciuto nella Venezia povera e solidale fra le due guerre. Ed quello il mondo dal quale diceva di aver tratto gli insegnamenti pi importanti. E quello lambiente nel quale sono maturati gli aneddoti
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della sua giovinezza, che ha raccontato pi e pi volte durante la sua vita di politico, di organizzatore, di imprenditore. Allievo di Jacoponi. E stato un allievo di Vasco Jacoponi. Ed a lui che subentrato, nel 1963, alla guida della Compagnia lavoratori portuali. Dellazienda di via San Giovanni ha tenuto il timone per un quarto di secolo, fino a quel 1989, grande e terribile, che per la vecchia gloriosa Clp signific lirruzione traumatica dei decreti Prandini e il commissariamento. Anche dopo quel periodo, per, Italo Piccini ha saputo continuare a rimanere ai vertici della sua compagnia che nel frattempo ha conosciuto le trasformazioni alla quale andata incontro. A lui, al suo intuito, alla sua voglia di misurarsi con le innovazioni che levoluzione del lavoro e delle regole sulle banchine imponevano, si deve la nascita della Cilp, la prima vera e propria cooperativa impresa, come fu chiamata al momento della sua nascita, dei portuali, che divenne il braccio attraverso il quale la

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Compagnia partecipava ai vari terminal privati del porto. Dialogo coi nemici. Piccini in porto ha avuto amici e nemici. Tanti amici, quelli con cui ha lavorato, quelli con i quali ha costruito alleanze, e anche tanti nemici. Eppure chi ha conosciuto da vicino il console sostiene che la sua grandezza stata proprio quella di non aver mai sancito inimicizie per sempre. Italo Piccini si scontrato, a pi riprese, con tanti personaggi, anche molto importanti, senza mai rompere personalmente con gli interlocutori con cui aveva a che fare. Anche nei momenti in cui i conflitti si facevano pi intensi - conflitti di carattere economico ma anche politico - la capacit di lasciare uno spiraglio al confronto, al dialogo, allaccordo in extremis era fra le sue doti maggiori. Di lui, e degli altri grandi del porto, si diceva che fossero soliti sancire le intese pi importanti con una stretta di mano. Bastava quella per suggellare alleanze in grado di portare lavoro e sviluppo al porto di Livorno.

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La politica. Italo Piccini era anche un condottiero politico. Non solo perch seppe dirigere unazienda tutta particolare come la Compagnia portuali, ma perch la sua attivit di uomo dimpresa si sempre intrecciata con lappartenenza politica al vecchio Partito comunista e, successivamente, alle forza politiche che sono nate dalle trasformazioni del Pci, per finire con lattuale Partito democratico. Nelle file del Pci Italo entra in consiglio comunale con le elezioni del 22 novembre 1964. E console della Compagnia da un annetto, lui ottiene 1.718 preferenze, superato soltanto dal sindaco Badaloni, dal segretario del partito e i pi alti dirigenti, in unepoca nella quale la battaglia personale per le preferenze era gravemente proibita, allinterno del Pci. Sui banchi del consiglio comunale Italo Piccini rimarr fino al 1980, ottenendo per due volte la riconferma. Ma non solo quella la sede nella quale porta avanti le sue battaglie politiche, sempre pronto a discutere prima di tutto nelle stanze del suo partito, scontrandosi talvolta con le posizioni di chi, in qualche modo, teme che la Compagnia
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possa diventare un potere perfino troppo forte in citt. Container e cultura. Ma sono gli anni nei quali la Clp fa segnare i progressi pi vorticosi, gli anni in cui il console mette a frutto i risultati di quella che, probabilmente, la sua intuizione pi importante, quella del container. Grazie a questa, il porto di Livorno diventa fra i pi significativi dellintero bacino del Mediterraneo. Lo dicono le statistiche storiche: se nel 1966, allinizio della gestione Piccini, i teus movimentati dal porto sono 12mila, nel 1979 sono 300mila. E nel 1986, il nostro scalo fa segnare il record nel Mediterraneo, con 580mila teus, entrando nel gotha dei porti, superando di slancio Marsiglia e facendo concorrenza ai giganti del nord di Rotterdam e Amburgo. Appena tre anni dopo, le cose per la Compagnia portuali sarebbero cambiate traumaticamente, con lapprovazione dei decreti Prandini e larrivo del commissario. Anche in quelloccasione Italo Piccini e il suo gruppo dirigente non mancano di dare vita a una prova di forza straordinaria, con i
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portuali che sfilano per le vie della citt come un mare interminabile di folla. Ma comunque unera che si chiude. Lera della vecchia Compagnia, quella che sulle banchine muoveva merci e lavoratori e che sapeva costruire anche cultura. E del 1967, infatti, lapertura della biblioteca dei portuali. Al palazzo di via San Giovanni, linaugurazione avviene alla presenza del senatore Franco Antonicelli, al quale poi i portuali intitoleranno una fondazione. La biblioteca diviene un punto di riferimento per i giovani di tutta la citt. Un luogo di aggregazione oltre che di consultazione, la vera biblioteca nella quale i ragazzi di Livorno vanno a studiare e a trascorrere i loro pomeriggi. Da un Piccini allaltro. Nel 1989 dei decreti Prandini Italo Piccini si fa da parte e lascia la poltrona di grande timoniere della Compagnia, ma il suo consenso fra i lavoratori resta sempre alto, tanto da guadagnarsi sempre la conferma nel consiglio damministrazione. Al suo posto, alla guida della Clp, poi diventata Cpl, si insedia suo figlio Roberto, con il quale il confronto delle
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idee sar sempre vivo e reale, mai scontato. Fino allultima grande scelta, quella sul socio per la Darsena Toscana, il pi grande terminal del nostro porto. Roberto Piccini sosteneva gli spagnoli di Dragados, Italo puntava sul gruppo Contship. E lui a vincere la contesa, alla maniera solita dei portuali. Assemblee affollatissime nella mitica sala Montecitorio del palazzo del portuale, confronti, scontri. Poi la decisione. E la stretta di mano finale che chiude la porta a ogni strascico polemico: c da guardare avanti, la Compagnia portuale prima di tutto. Italo lo sta pensando anche adesso.

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DEDICATO A TE
Con il cuore spalancato ascoltava il mondo
di Mauro Zucchelli
Hanno tanto guardato il mondo - scrutandolo, scandagliandolo, svelandolo - gli occhi del mio fratello Luciano: quel mondo che non somiglia a lui. Lultima volta che li ho visti, quegli occhi erano spenti: cos, almeno, apparivano nel letto di oncologia ieri mattina. I capelli e la barba incredibilmente pi scuri del solito, il viso pi scavato di sempre senza le gotone rassicuranti. Era lui e non era lui: lultima trasfigurazione lha cos rassomigliato a un viso palestinese. A lui, uomo con radici ostinate e contrarie, sarebbe piaciuta questidea bislacca di sentirsi senza terra n patria. Invece no: sembrava il Cristo morto del Mantegna. Un gescristo icona di tanti povericristi che ha raccontato giorno dopo giorno: crocifisso dal tumore - il male che riassume in s tutti i mali - come se nellultimo spizzico di esistenza non gli fosse bastato pi scrivere delle rabbie e delle sofferenze dalla parte dei diseredati, come se avesse voluto condividerle nella carne e nelle ossa. Laveva gi fatto da genitore: aveva saltato monti e attraversato mari per adottare, insieme alla moglie Valeria, prima Alessandro e poi Teresina. Se il rapporto con laltra met del mappamondo era sempre stato stretto a doppio nodo fin
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dagli anni delle responsabilit al Centro per la Pace, adesso non laveva pi tenuto al di l delluscio: laveva fatto entrare in casa e ne aveva fatto la cifra dellesistenza. Coerenza e leggerezza. Il risultato stato un mix fatto di tre ingredienti: 1) prima di tutto a s stessi che bisogna chiedere rigore e dirittura morale, diceva, perch cos facile mettersi su un panchetto a far la predica agli altri; 2) per dividere a met con gli altri i guai e le speranze non c che da tenere aperta la porta, cio le orecchie, e ascoltare cosa hanno da dire (e forse qualcosa di pi: il gusto e la curiosit, anche dispettosa e ironica, di farlo); 3) non bisogna tirarsela tanto in lungo con laria di fare i guru, aveva quasi teorizzato linsostenibile leggerezza della testimonianza. Da cronista, da uomo, da genitore. Con leggerezza proprio perch con la schiena dritta. Imitava proprio bene la cadenza di DAlema quando ricordava quella volta che, sotto il sole a palla della festa dellUnit, il lder maximo aveva pensato di metterlo a cuccia dicendogli che lui era gi un big della sinistra quando lei, caro signor giornalista, portava ancora i pantaloni corti. Qualche ruvidezza e i toni sopra le righe, forse li avrebbe accettati da un chisschi: da un potente, no. Tempo un nanosecondo, gli rispose che caro signor segretario, i pantaloni li avevo lunghini e comunque ero corrispondente del giornale di cui lei era direttore. La lunga gavetta. Ma dietro questaneddoto c anche un altro tassello del puzzle di Luciano (che ha fatto tappa
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anche al Cantiere nellera della coop): una gavetta che lha portato, nella carta stampata, al Telegrafo, allUnit (nelledizione toscana di Mattina) e poi al Tirreno; nelle agenzie di stampa allAgi; nel web a fondare il quotidiano on-line Greenreport con la Eco; nelle emittenti radiofoniche a Radio Flash e alla lunghissima striscia di appassionate radiocronache di basket che ne avevano fatto un punto di riferimento per il popolo della palla a spicchi. Anche qui casca a fagiolo un altro aneddoto che racconta come la verve umana gli facesse bucare limiti e barriere: durante un viaggio negli States, il suo pellegrinaggio di baskettaro incrocia un match dei Los Angeles Lakers. Fine partita, Kobe Bryant si avvicina al pubblico: Luciano lo aggancia per dargli i saluti di Livorno e di un comune amico. Finir che il divo del basket Nba se lo porta a cena con Shaquille ONeal e il resto dei giganti giallo-viola... Bisognerebbe raccontare qui il suo mestiere di cronista: ricordare di quando, in una notte di mezzestate di quattro anni fa, scopr il rogo che si era portato via quattro bambini rom; di quando, nel giugno 2007, in una inchiesta sulla massoneria deviata scopr in un ristorante gli indagati a cena con il commissario che avrebbe dovuto castigarli; di quando nellestate 2008 si tuff nello scandalo Asl degli esami oncologici con la risposta falsata... Brillanti exploit professionali ma Luciano non ha mai rincorso lo scoop in nome della bramosia individualistica di
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far carriera: nella quotidianit del faccia a faccia con le rogne del mondo che si misura lonest intellettuale, la curiosit di incontrare laltro, la voglia di capire e magari di lottare. Colpa del fatto che, direbbe il Poeta, non si era sentito assolto: anzi, semmai coinvolto. Perch, dopo lultimo giro di nera a notte fonda, se ha il coraggio di girare al largo dalla fasulla retorica del giornalista cinico e nottambulo, lora giusta per chiedersi cosa sar / che ti spinge a picchiare il tuo re / che ti porta a cercare il giusto / dove giustizia non c. Anche nelle piccole cose: come quando, poco pi che ragazzo, entr in consiglio alla circoscrizione 4, dal 95 al 99 con i Progressisti. Per dirne una: ci sono ragazzini che devono la loro passione per il basket al fatto che Luciano era andato a spaccarsi la schiena per creare il campo di gioco alla Valle Benedetta (e quello a Nugola). Alla Valle lhanno ribattezzato il Pala-DeMajo: segno che c qualche bimbetto che non ne dimenticher la generosit, anche se non che un fazzoletto assediato dai cespugli. Fra Pci e Cantiere. Difficile credere che sia solo un capriccio del destino se le ultime volte in cui la firma di Luciano finita su queste pagine stato per parlare della memoria del suo Cantiere e per analizzare cosera rimasto della speranza comunista nata a Livorno 90 anni fa. Le ragioni del suo essere comunista - del comunismo di Enrico Berlinguer - Luciano lo raccontava specchiandosi nei versi di Gaber: Qualcuno era comunista perch

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pensava di poter essere vivo e felice solo se lo erano anche gli altri. E poi: Qualcuno era comunista perch con accanto questo slancio ognuno era come pi di se stesso, era come due persone in una: da una parte la personale fatica quotidiana e dallaltra il senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare il volo per cambiare veramente la vita. Ma non era solo nel suo recinto che cercava le risposte: non devesser un caso nemmeno se lultima cosa che abbiamo seguito insieme stato il funerale di Ablondi. Se c una strada. Lui che addormentava Alessandro cantandogli la ballata dellanarchico Caserio al posto della ninna nanna, non so se avesse un posticino per Ivano Fossati in mezzo al guazzabuglio di cantautori che amava. Avessi ancora un po di fiato, glielo canterei io - oggi - che se c una strada sotto il mare / prima o poi ci trover / se non c strada dentro al cuore degli altri / prima o poi si traccer. 21 febbraio 2011

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Finito di stampare nel mese di febbraio 2012 presso la Tipografia e Casa Editrice Debatte Otello srl - Livorno

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