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Riassunto:

Primo Levi venne fatto prigioniero in Italia nel dicembre del 1943, dove prima venne portato nel campo di
concentramento di Auschwitz e successivamente in quello di Buna. Dopo un lungo viaggio Levi arriva in
campo, viene spogliato di tutti i suoi averi, i suoi capelli vengono rasati, per essere riconosciuto i nazisti
tatuano sul suo braccio il numero 174 517. Da quel momento venne obbligato a svolgere dei lavori forzati
molto faticosi. Mentre trasportava delle traversine si ferisce ad un piede e viene ricoverato in Ka - Be che è
l'infermeria del campo. Quando viene dimesso viene assegnato ad un'altra baracca nella quale incontra il
suo migliore amico, Alberto, ma non riesce a dividere con lui la stessa cuccetta. Durante la giornata
lavorativa fa amicizia con Resnyk, il suo nuovo compagno di cuccetta, è un uomo moto generoso; infatti,
egli lo aiuta spesso nel lavoro. Dopo un breve periodo Levi viene scelto per andare a far parte del
kommando chimico, ma prima deve sostenere un esame. A Primo viene affidato l'incarico di aiuto
trasportatore: il suo compito è quello di aiutare Jean a trasportare la zuppa fino alla sua baracca.
Nell'Ottobre del 1944, a causa dell'arrivo di altri prigionieri, iniziano le selezioni. Levi, fortunatamente riesce
a salvarsi siccome supera l'esame di chimica e viene scelto per andare a lavorare nel laboratorio. Intanto i
russi si stanno avvicinando e molti prigionieri sperano nell'ormai prossima liberazione. Una notte, un
prigioniero accusato di sabotaggio in quanto aveva fatto saltare in aria un crematorio di Birkenau, vene
impiccato. I russi stanno bombardando il campo. Primo è malato ed è ricoverato in Ka - Be insieme ad altri
prigionieri. Il campo viene evacuato, Alberto fugge via, gli ufficiali e le guardie delle SS fuggono. Primo
riesce a sopravvivere con i suoi compagni fino all’arrivo dei russi, i quali provvedono alla liberazione dei
prigionieri rimasti.

Personaggi:
I sommersi: Questo gruppo comprende la maggioranza delle persone, ossia i più deboli, quelli per cui
l’unico scopo era quello di obbedire agli ordini dei superiori, cioè persone a cui è stato tolto tutto,
sentimenti ed emozioni.

I salvati: sono coloro che lottano non solo per sopravvivere ma anche per mantenere la loro dignità,
attraverso astuzia, furto e tradimento, sono anche quelle persone che riesco a raggiungere le cariche più
“alte” all’interno del Lager.

Primo Levi: è il protagonista di questo romanzo, nato a Torino il 31 luglio 1919 è stato uno scrittore e
chimico. Prima di essere fatto prigioniero si era laureato in chimica. Nel 1943 venne catturato e deportato
nella BUNA, il campo di sterminio nel quale gli venne cambiato il nome nel numero 174517 tatuatogli sul
braccio destro. Nei primi tempi passati nel campo di prigionia riesce a conservare le energie, riuscendo
quindi a svolgere abbastanza facilmente le mansioni a lui assegnate, ma col passare del tempo le forze lo
abbandonano a causa della pessima alimentazione che non gli consente di recuperare le energie.

Alberto: era il migliore amico di Primo, un giovane venticinquenne italiano, intelligente e istintivo che,
appena entrato nel lager, ha dimostrato una grande capacità di adattamento e di gestione dei rapporti con
tutti.

Resnyk: all’inizio del racconto era il compagno di letto di Primo. È di origine polacca che ha vissuto
vent’anni a Parigi e parla molto bene il francese. Ha trent’anni ed è molto forte e robusto.
Commento:
Il libro è stato scritto da Primo Levi proprio per far conosce a tutti una delle esperienze più atroci che possa
capitare ad un uomo, infatti, l’autore descrive la sua esperienza nel campo, ma fa anche capire come il lager
sia un luogo di non ritorno, non per forza dal punto di vista della morte, ma anche mentale siccome
un’esperienza del genere ti segna a vita; all’interno del quale le persone vengono trattate come animali e
privati della loro libertà e dignità. L’autore ci rende partecipe delle sue esperienze, facendoci
immedesimare in quelli che ormai sono vecchi ricordi. In questo libro ci spiega come i prigionieri vengono
maltrattati, per esempio a ogni minimo errore venivano bastonati, malnutriti, siccome le razioni di cibo
consistevano in un pezzo di pane e zuppa, ma soprattutto gli viene tatuato un numero sul braccio, il quale
serviva a identificare ogni prigioniero, proprio come fosse il suo nome. Tutte queste cose ci fanno capire
come queste povere persone erano costrette a vivere pur non avendo fatto nulla di male, anzi l’unico
“errore” è stato quello di appartenere ad una “razza inferiore” rispetto a quella “ariana”.

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