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CAPITOLO I

Sistemi finanziari e modelli di intermediazione

Un sistema finanziario è una complessa infrastruttura che svolge una serie di attività essenziali ai
fini del funzionamento dell'economia. Sono l'insieme di strumenti, intermediari, attività, mercati ed
autorità che operano in campo finanziario.

1 Le funzioni dei sistemi finanziari

• Funzione allocativa – consiste nei processi di trasferimento di risorse dai soggetti in surplus
a quelli in deficit, per fare ciò è necessario l'incontro tra domanda e offerta di finanziamenti
attaverso dei dispositivi quali attività finanziarie, mercati, intermediari finanziari ecc.
• Distribuzione e trasferimento dei rischi – i sistemi finanziari hanno un importante ruolo
nella gestione del rischio a cui sono sottoposti gli agenti economici tramite determinati
strumenti contrattuali (ad esempio le assicurazioni e i derivati) oppure tramite tecniche
gestionali adatte a limitare i rischi quali la cartolarizzazione o la securitization.
• Creazione di strumenti di pagamento alternativi alla moneta legale – una particolare
funzione loro assegnata è la c.d. Funzione monetaria che consente loro di definire l'offerta
complessiva di moneta nel sistema economico.
• Trasmissione degli impulsi di politica monetaria al sistema economico – la funzione
monetaria conferita ai sistemi finanziari conferisce loro un ruolo fondamentale nella
trasmissione all'economia reale delle decisioni prese dalle autorità competenti in politica
monetaria riguardo le variazioni dell'offerta di moneta.
• Produzione di informazioni sui prezzi delle attività e variabili finanziarie – tali informazioni
sono fondamentali per il corretto funzionamento dei sistemi finanziari e per permettere agli
operatori di agire con un minor gradodi incertezza
• Messa a punto di meccanismi per ridurre le imperfezioni nella distribuzione di informazioni
e ridurre i collegati problemi di incentivo - un'asimmetria informativa si manifesta quando
si ha una diseguaglianza tra le informazioni in possesso dei vari soggetti coinvolti nello
scambio. In questo caso i sistemi finanziari hanno il compito di ridurre tali imperfezioni ai
fini di un loro corretto funzionamento in quanto potrebbero portare gli agenti economici a
prendere decisioni scorrete (ad es sottostimando i rischi) o nel peggiore dei casi addirittura
ad astenersi dagli scambi.
Le asimmetri informative si presentano principalmente in caso di:
• Adverse selection – si manifesta generalmente prima della conclusione di un contratto
finanziario e porta a facilitare il finanziamento di soggetti in deficit con maggiore
probabilità di incorrere in eventi avversi come l'insolvenza. Quindi, la mancata disponibilià
di informazioni idonee potrebbe portare gli agenti ad effettuare delle selezioni avverse
rispetto ai propri interessi.
• Moral hazard – si presenta dopo la conclusione di un contratto e consiste nella messa in atto
di comportamenti opportunistici da parte di uno dei soggetti in causa atti a danneggiare la
controparte.
L'ossevazione e il sanzionamento di tali comportamenti riduce i costi dovuti al moral hazard e
all''adverse selection ma al contempo aumenta i costi del contratto per quanto riguarda il
monitoraggio e il rinforzo.

La teoria individua negli intermediari finanziari dei soggetti idonei alla riduzione dei costi connessi
allo scambio di informazioni. Oltre a loro anche molti altri soggetti si occupano di riduzione delle
asimmetrie informative come ad esempio gli analisti finanziari e le agenzie di rating. In ogni caso è
fondamentale la progettazione di dispositivi contrattuali idonei volti a ridurre gli incentivi al moral
hazard e all'adverse selction come ad esempio la richiesta di garanzie nei contratti di credito o i
sistemi di franchigia nelle assicurazioni.
Due dei principali fenomenti originati dalle asimmetrie informative sono l'insider trading (cioè
l'utilizzo in maniera opportunistica di informazioni riservate in proprio possesso) e il free riding
(rinuncia alla raccolta e all'elaborazione delle informazioni oltre al monitoraggio degli investimenti
così da non doverne sopportare i costi).

2 Architettura dei sistemi finanziari

L'efficacia e l'efficienza dei sistemi finanziari è legata alla loro struttura. Per analizzarla occorre
valutarne le diverse componenti quali intermediari finanziari, mercati finanziari, attività finanziarie,
norme a autorità vigilanti.
I mercati e gli intermediari finanziari svolgono la funzione di creazione di rapporti tra gli agenti
economici e la ricerca delle condizioni di equilibrio tra queste due componenti è uno dei temi
fondamentali dello studio della struttura dei sistemi finanziari. Per risolvere il problema della
ricerca di equilibrio occorre fare uno studio comparato delle due diverse strutture di collegamento
tra le unità in surplus e le unità in deficit.
• Studio dei circuiti intermediati – "luoghi" in cuigli intermediari creditizi (come le banche)
trasferiscono le risorse tra unità in deficit e in surplus tramite la creazione di rapporti
• Studio dei circuiti diretti – meccanismi di mercato in cui l'organizzazione di mercato e
l'intervento di intermediari finanziari sono condizioni necessarie per il convoglio delle
risorse finanziarie offerte a quelle domandate.
In ogni caso i soggetti non sono obbligati ad usufruire dei servizi offerti dagli intermediari
finanziari e quindi sopportarne i relativi costi ma in ogni caso dovrebbero comunque sostenere i
costi di contrattazione privata e probabilmente con una minore sicurezza che il contratto vada a
buon fine vista la mancata specializzazione dei singoli soggetti rispetto agli intermediari finanziari.

i) Classificazione degli intermediari finanziari

Gli intermediati finanziari sono degli operatori professionali attivi nel circuito di finanziamento
indiretto, producono e offrono strumenti e servizi finanziari per le unità in surplus e quelle in deficit
e la loro redditività dipende dal rendimento delle attività finanziarie. Possono essere così
classificati:
• Banche – raccolgono fondi da soggetti in surplus con contratti di deposito (con funzione
monetaria e d'investimento) e l'emissione di titoli di debito. Possono specializzarsi per
prodotti, segmenti di clientela, durata temporale e così via. Possono inoltre offrire servizi di
intermediazione mobiliare, consulenza, gestione di fondi pensione ecc.
• Intermediari creditizi non bancari – sono intermediari specializzati in una particolare attività
creditizia (come ad esempio il leasing) ma che al contrario delle banche si finanziano non
con la raccolta di depositi presso il pubblico ma con passività contratte presso le banche
oppure l'emissione di titoli di debito quali le obbligazioni. Ne sono un classico esempio gli
istituti di credito al consumo, le società di leasing e quelle di factoring.
• Società veicolo per la cartolarizzazione – Si tratta di intermediari che acquistano pacchetti di
prestiti bancari o strumenti finanziari di debito finanziandosi con l'emissione di titoli
obbligazionari. Il rendimento e il rimborso delle loro obbligazioni dipende dalle
performance del portafoglio di attività acquisite.
• Società di gestione del risparmio – le loro attività consiste nella promozione e la gestione di
fondi comuni di investimento, di sicav e fondi pensionistici ed inoltre possono esercitare la
gestione individuale di patrimoni finanziari.
• Società di intermediazione mobiliare (SIM) – sono intermediarii finanziari specializzati in
attività di investimento sui mercati finanziari e la negoziazione di strumenti finanziari e
consulenza in materia di investimenti finanziari. La distribuzione dei servizi avviene tramite
accordi con altri intermediari come ad esempio le banche oppure tramite dei promotori
finanziari.
• Compagnie di assicurazione – sono degli intermediari finanziari attivi nella gestione del
rischio dietro il pagamento di un relativo premio. Offrono servizi riguardanti il ramo vita e il
ramo danni e i premi raccolti vengono reinvestiti in attività reali e finanziarie. La
distribuzione di servizi può avvenire in proprio così come altri intermediari.

ii) Fattispecie di contratti finanziari

L'allocazione finanziaria tra soggetti economici da vita ad attività finanziarie che sotto il profilo
contrattuale formalizzano le condizioni economiche e giuridiche dello scambio finanziario. La
principale caratteristica dei contratti finanziari è quella della doppia natura di attività e passività che
compaiono contemporaneamente negli stati patrimoniali dei soggetti coinvolti nello scambio (es.
Un contratto di mutuo crea una passività nell'impresa che lo contrae e un'avvità nella banca che lo
concede) . I contratti finanziari si possono raggruppare in tre macrocategorie:
• Contratti di credito – consistono nel trasferimento monetario da un'unità in surplus ad una in
deficit contro la restituzione della somma concessa unità al pagamento di un prezzo e cioè il
tasso di interesse. Ne fanno dunque parte prestiti bancari, obbligazioni, leasing ecc.
• Contratti di partecipazione al capitale di rischio – il trasferimento dalle unità in surplus è
accompagnato dall''acquisizione di diritti patrimoniali (es diritto ad una quota dei dividendi
in fase di distribuzione) e amministrativi (come il diiritto di voto in assemblea) verso il
soggetto in deficit ossia una società di capitali. In sostanza, l'unità in surplus diventa socio
nel capitale di rischio ma si espone ad un rischio maggiore nella remunerazione del capitale,
che non è detto che avvenga in qunto essa è strettamente legata alle performance
dell'impresa.
• Contratti di assicurazione – le unità in surplus versano periodicamente il c.d. Premio nei
confronti dell'intermediario assicurativo il quale di contro offre il risarcimento in caso di
danni subiti dai soggetti ssicurati. E' anche possibile che l'evento che obbliga l'assicuratore
al pagamento non avvenga mai e che quindi la compagnia assicurativa non debba mai
risarcire alcunchè.
Per concludere, i derivati finanziari sono un caso particolare in quanto possono essere sia catalogati
come strumenti di debito/credito che strumenti assicurativi, quindi per quanto riguarda loro,
effettuare una precisa collocazione è difficile.

iii) I principali mercati finanziari

Il mercato è il luogo in cui avvengono gli scambi finanziari con la negoziazione di strumenti
finanziari e valute straniere.
Avendo ad oggetto la regolamentazione del mercato, essi si possono così classificare:
• Mercati regolamentati – come ad esempio la borsa valori il cui funzionamento avviene nel
rispetto delle regole stabilite dall'autorità di vigilanza.
• Mercati over the counter OTC – sono dei mercati caratterizzati dalla mancanza di
regolamentazione. Se pur caratterizzati da asimmetria informativa, negli ultimi anni si sono
moltiplicati sopratutto per quanto riguarda i derivati finanziari per via della sofisticazione e
personalizzazione di questi prodotti.
Avendo invece ad oggetto la novità degli strumenti finanziari scambiati avremo:
• Mercati primari – sono i mercati in cui si scambiano strumenti di nuova emissione il cui
collocamento presso gli investitori consente alle unità in deficit che li emettono di reperire
fondi aai fini di investimento.
• Mercati secondari – mercati in cui avviene lo scambio di strumenti finanziari gia in
circolazione consentendo una rapida smobilizzazione egli investimenti fatti permettondo di
liquidarli prima della loro scadenzza contrattuale.
In base alla durata degli strumenti finanziari avremo :
• Mercati monetari – sono mercati in cui avviene la negoziazione o l'emissione di strumenti
con durata inferiore o uguale i 12 mesi e quindi strumenti finanziari a breve termine.
• Mercati dei capitali – mercati in cui avviene la negoziazione e l'emissione di strumenti con
durata superiore ai 12 mesi, quindi vengono trattati strumenti finanziari a medio lungo
termine come possono essere le oobbligazioni.
I mercati possono essere inoltre differenziati in base allo strumento finanziario oggetto dello
scambio e potremo avere quindi mercati delle azioni, delle obbligazioni, di titoli di stato, di derivati
e di valute straniere.

iv) La regolamentazione e le autorità di vigilanza

La produzione di regole riguardanti i sistemi finanziari e il loro rispetto soono di competenza delle
autorità di vigilanza. La regolamentazione dei siistemi finanziari ha lo scopo di prevenire eventuali
fallimenti nel sistema. Per questo motivo i mercati e gli intermediari finanziari sono sottoposti a
diversi vincoli regolamentari di varia natura con lo scopo di preservarne e migliorarne l'efficacia e
la trasparenza.
Le regole imposte condizionano la struttura e il funzionamento dei sistemi finanziari, ma oltre a ciò
sono condizionati anche dal comportamento degli intermediari finanziari e degli operatori
economici.
Negli ultimi decenni si è potuto assistere ad una armonizzazione dei sistemi finanziari del pianeta
per via del processo di internazionalizzazione e globalizzazione rendendone le regole più
omogenee.

3 L'evoluzione dei modelli di intermediazione

Come visto prima, il risparmio dalle unità in surplus a quelle in deficit può avvenire su due circuiti
incentrati sugli intermediari e sui mercati.
• Qundo l'orientamento prevalente è verso i mercati, il finanziamento delle unità in deficit
avviene tramite l'emissione e il collocamento di strumenti finanziari (obbligazioni, azioni,
titoli di stato ecc.). In questo caso gli intermediari finanziari offrono servizi di collegamento
riconducibili all'investment banking. Questo modello di intermediazione è prevalente nei
paesi anglosassoni
• Quando invece l'orientamento prevale verso gli intermediari finanziari, il finanziamento di
investimenti e consumi avviene tramite l'asset transformation per cui in questo campo
prevalgono le banche. L'attività creditizia può essere specializzata operativamente (leasing,
factoring, credito fondiario ecc.) o dal punto di vista temporale (credito a breve o a medio-
lungo termine). In Italia, Germania e Francia e comunque nei paesi dell'Europa continentale
prevale questo circuito di allocazione nche per via del tessuto produttivo composto per
buona parte da piccole e medie imprese.
In sostanza, nei paesi europei si ha una più marcata incidenza delle passività bancarie sul totale
delle attività finanziarie detenute dalle famiglie (depositi) e dei prestiti bancari sulle passività
finanziarie detenute dalle imprese. Nei paesi anglosassoni non avviene così in quanto le famiglie
tendono maggiormente ad investire in titoli finanziari e le imprese ricorrono maggiormente al
finanziamento con l'emissione di azioni ed obbligazioni.

4 Il perchè degli intermediari finanziari

I soggetti economici ricorrono agli intermadiari finanziari perchè così facendo hanno la possibilità
di ridurre i costi e i rischi insiti in questo tipo di scambi. Questo perchè in condizioni di incertezza
informativa vi sono forti costi di transazione che rendono impossibile lo scambio come avverrebbe
in un mercato perfetto per via della complessità e onerosità del processo di investimento nello
scambio diretto di fondi, in cui il rischio di prezzo e di liquidità è posto direttamente in capo
all'investitore.
Gli intermediari finanziari, vista la loro specializzazione e la loro possibilità di accesso alle
economie di scala, riescono a rendere meno gravosi rischi e costi fisiologici dell'investimento.
I costi e i rischi dell'intermediazione si possono così classificare:
• Costi informativi e di transazione – i costi informativi sono costi che si rilevano in fase di
selezione e monitoraggio degli investimenti ossia quando si raccolgono le informazioni e le
si elaborano in modo da poter dare un giudizio all'investimento che si desidera fare. Sono in
definitiva oneri in termini di tempo e risorse dedicte all'aquisizione di informazioni
necessarie alle decisioni finanziarie. I costi di transazione sono i costi contrattuali e di
negoziazione associati all'esecuzione delle scelte di cui prima.
• Rischio di prezzo – è la variabilità del valore delle attività finanziarie in portafoglio, cioè
l'esposizione dell'investitore a oscillazioni di prezzo degli strumenti finanziari acquisiti per
effetto di fattori di mercato (es rialzo dei tassi di interesse) o riguardanti specificamente gli
emittenti (es rischio di insolvenza).
• Rischio di liquidità – consiste nell'incertezza circa il prezzo a cui è possibile monetizzare
l'attività rispetto al valore teorico di mercato, il rischio è quello di dover riconoscere al
compraore uno sconto se si vuole dismettere l'attività.
Gli intermediari finanziari si fanno carico di questi rischi in quanto i soggetti che partecipano allo
scambio di attività non riuscirebbero a gestire il processo di investimento oppure non vorrebbero
accollarsi i rischi in questo insiti. Questo vale sopratutto per i piccoli risparmiatori, i quali non
dispongono di adeguate conoscenze e le cui esigenze in termini temporali dell'investimento non
combaciano con le esigenze temporali di quelle dei prenditori di fondi.
L'esistenza degli intermediari finanziari è giustificata dal fatto di minimizzare i costi rispetto agli
oneri che i soggetti vrebbero in caso di contrattazione diretta.
Gli intermediari asset broker minimizzano i costi informativi e di transazione, quelli asset
transformer lavorano sui rischi di prezzo e liquidità.

L'interpretazione teorica degli intermediari finanziari.

Gli intermediari finanziari asset broker (ad esempio le SIM) sono specializzati nell'offerta di
prodotti relativi l'attività sui mercati finanziari, nella produzione di servizi di portafoglio (che cioè
agevolano l'investimento) e nei servizi di mediazione per l'esecuzione delle scelte di investimento
(come ad esempio la raccolta e l'esecuzione di ordini di negoziazione). Il ricorso a questi servizi è
conveniente perchè gli asset broker, facendo uso delle economie di scala, riducono i costi unitari di
transazione cioè i costi funzionali alle esecuzioni delle decisioni di investimento. Inoltre gli asset
broker consentono un'adeguata diversificazione di portafoglio però non operano per ridurre i rischi
e quindi i costi di prezzo e liquidità ma si limitano ad agevolare le scelte di investimento dei
soggetti agendo come soggetti mandatari. I costi e i rischi di liquidità e prezzo rimangono dunque in
capo all'investitore.

Gli asset transformer (di cui fanno parte le banche) intervengono nello scambio di fondi ponendosi
tra unità in deficit e in surplus raccogliendo risorse per poi convogliarle verso chi ne ha bisogno.
Operando in questo modo si ha una trasformazione qualitativa del rischio delle attività generate,
conciliando le preferenze di investimento dei soggetti e accollndosi i rischi finanziari del processo
di investimento.
Il processo di intermediazione degli asset transformer consiste principalmente nella raccolta di fondi
presso soggetti in avanzo creando così delle proprie passività (dette secondary securities) da
impiegare poi nell'erogazione di credito oppure da investire in altre attività come titoli e
partecipazioni. Queste ultime, che andranno a costiituire le passività di soggtti terzi prendono il
nome di primary securities in quanto sono attività investite dall'intermediario in crediti e titoli in
attivo nel passivo dei prenditori di fondi.
La differenza di rendimento tra primary securities e secondary securities definisce il costo del
processo di intermediazione e quindi la remunerazione dell'asset transformer.

Intermediari creditizi bancari e non bancari

• Intermediari creditizi non bancari – questo tipo di intermediari si finanzia principalmente


attraverso il proprio capitale di rischio oppure emettendo obbligazioni e contraendo debito
bancario in quanto è loro espressamente vietata la raccolta di di denaro presso i
risparmiatori. In questo caso la parte principale di secondary securities è composta da titoli.
Attuano una trasformazione di rischio parziale in quanto riescono soltanto a mitigare il
rischio di prezzo in capo agli investitori ma non lo annullano per via delle possibilità di
oscillazione del prezzo delle obbligazioni. Inoltre non annullano il rischio di liquidità. Per
questo tipo di soggetti si ha la c.d doppia intermediazione banca----> intermediario
finanziario non creditizio -------> cliente.
• Intermediari creditizi bancari – la loro caratteristica principale è quella di poter raccogliere
presso il pubblico il risparmio sotto forma di deposito o altra forma e impiegarlo poi nella
concessione di credito, possono inoltre porre in essere ogni altra attività finanziaria. Le
tipiche attività bancarie hanno due caratteristiche fondamentali:
1. Sono richiamabili a vista in ogni momento dal depositario e sono rimbosate al valore
nominale
2. Hanno natura monetaria e sono quindi accettabili come mezzo di pagamento
3. Queste caratteristiche annullano il rischio di prezzo in capo al depositante in quanto
non vi è incertezza circa il prezzo di rimborso (che è sempre il valore nominale) e
annullano anche il rischio di liquidità in quanto il risparmiatore sa con certezza
quanto riavrà entro un dato lasso di tempo. A imprese e risparmiatori conviene
usufruire dei servizi offerti dalle banche per via dei minori costi sostenibili in virtù
del loro ricorso alle economie di scala rispetto ai costi sostenibili col "fai da te".
Una questione che può sorgere riguarda la fiducia dei depositanti presso le banche riguardo la loro
tempestiva capacità di rimborso. Essa è assicurata principalmente per tre motivi:
• Diversificazione del portafoglio degli impieghi – la diversificazione delle attività comporta
la riduzione della rischiosità di insolvenza che possa coinvolgere gli investitori.
• Contratto di debito e impegno di capitale proprio – la raccolt del risparmio si caratterizza
come contratto di debito, questo siignifica che i risparmiatori sono dei creditori della banca
con privilegio di rimborso rispetto ai partecipanti al capitale di rischio. Inoltre questi ultimi
sono incentivati ad una minore assunzione di rischio in quanto un rischio molto alto
potrebbe avere delle ripercussioni negative sulla redditività della banca e quindi sui loro
dividendi. Oltre a questo, essendo i contratti di deposito dei contratti di debito standard, cioè
contratti il cui risultato in favore del risparmiatore prescinde dal risultato economico della
banca, si vengono a ridurre per l'investitore/risparmiatore i costi di monitoring verso le
attività della banca e dovranno attivarsi solo in caso di mancato accredito degli interessi.
• Presenza di schemi di assicurazione dei depositi e di un prestatore di ultima istanza – per gli
intermediari creditizi bancari vi è la presenza di una safety net solitamente pubblica (si tratta
di schemi di assicurazione dei depositi) e di un prestatore di ultima istanza, quasi sempre la
banca centrale, i quali intervengono in favore delle banche in difficoltà con delle iniezioni di
capitale.

Le banche sono gli unici intermediari finanziari a poter offrire tutti i i possibili servizi e prodotti
finanziari.

CAPITOLO II
La funzione allocativa e monetaria del sistema finanziario

1 Ruoli e centralità del sistema finanziario.

Il sistema finanziario ha il fondamentale ruolo di allocare capitale e rischi del sistema economico
per cui il suo corretto funzionamento è indispensabile per il raggiungimento di obiettivi
mcroeconomici primari quali stabilità e crescita.
Esso assume centralità non appena si abbandona l'ipotesi dell'esistenza di un mercato perfetto che
riesce ad allocare in maniera ottimale le risorse senza il sostenimento di costi. Nella realtà tale
ipotesi non è fattibile ed essendo i mercati incopleti comportano una serie di rischi e di costi. Il
sistema finanziario dunque alloca nel miglior modo possibile le risorse soddisfando i bisogni
finanziari sintetizzabili nel trasferire il potere d'acquisto nel tempo e tra soggetti, a titolo
temporaneo o definitivo. Si compone di:
• Strumenti – ossia contratti (che prendono il nome di attività) che esplicitano accordi tra le
parti regolando il trasferimento monetario. I contratti finanziari hanno i seguenti caratteri:
1. Ne esistono di diversi tipi, di credito, partecipativi e assicurativi.
2. Sono caratterizzati dallo sfasamento temporale tra prestazione e controprestazione.
3. Hanno un certo grado di incertezza, funzione delle condizioni del contratto. Ad
esempio, un contratto che prevede un maggiore arco temporale comporta anche un
maggior rischio.
4. Vi è la presenza di una remunerazione rappresentata dal tasso di interesse, il quale a
sua volta è anche indice della rischiosità dell'investimento.
5. L'informazione ricopre un ruolo importante sia di input (in quanto necessaria per
elaborare i processi decisionali) che di output (in quanto verifica le condizioni a cui
avviene lo scambio).
6. Sono basate su un rapporto di tipo monetario.
• Operatori e mercati – hanno il compito di creare rapporti tra i soggetti economici così da
facilitare il trasferimento del potere d'acquisto. Gli operatori detengono e negoziano contratti
finanziari e prestano servizi a supporto degli scambi. I mercati sono l'insieme degli scambi
di contratti finanziari che avvengono secondo delle regole stabilite (es la borsa valori).
• Regole – il sistema finanziario è uno dei più regolamentati per via della centralità che ha
assunto nelle moderne economie di mercato.
Le principali funzioni del sistema finanziario sono:
• Funzione monetaria – offre mezzi di pagamento di beni e servizi ed eroga servizi di
pagamento necessari per la circolazione della moneta. Tale funzione è sempre più
innovativa, basi pensare solo al sistema bancomat che permette il trasferimento del denaro in
maniera più sicura, rapida e geograficamente ampia.
• Funzione allocativa (e di intermediazione) – il sistema collega e quindi crea rapporti tra gli
operatori economici consentendo la movimentazione di risorse monetarie dalle unità in
surplus a quelle in deficit. L'incontro tra domanda e offerta avviene con la stipula di contratti
che prevedono prestazioni monetarie distanti tra loro nel tempo. I contratti sono
caratterizzati dalla doppia natura di attività e passività negli stati patrimoniali dei soggetti
partecipanti.
• Funzione di diversificazione e suddivizione dei rischi – l'operatore si espone ad un rischio
quando si ha una deviazione sfavorevole che cambi il risultato effettivo da quello atteso, per
cui devono gestire il rischio analizzandolo e approntando sistemi per ridurlo. I diversi
operatori a proposito lavoreranno in maniera differente, ad esempio una banca avrà sistemi
differenti rispetto ad una compagnia assicurativa.
• Produzione e diffusione di informazioni riguardanti i prezzi di attività e variabili finanziarie.
• Funzione di trasmissione della politica monetaria pianificata dall'autorità competente.
• Funzione di riduzione delle asimmetrie informative – questo consente agli operatori di agire
in modo consapevole e con meno incertezza permettendo il corretto funzionamento del
sistema.

2 La funzione allocativa e di intermediazione.

La capacità allocativa di un sistema finanziario è collegata alla funzione di intermediazione che


consiste nel facilitare il trasferimento di risorse monetarie creando rapporti tra gli operatori.
Per capacità allocativa si intente quindi l'efficacia nel canalizzare risorse scarse verso impieghi
finanziari alternativi dopo un processo di valutazione e selezione delle opzioni più convenienti (cioè
quelle che offrono un maggior rendimento a parità di rischio oppure che offrono un minor rischio a
parità di rendimento). Per rendere fattibile l'allocazione, il sistema finanziario deve conciliare la
domanda e l'offerta di risorse e quindi le esigenze dei soggetti. Per poter studiare nel migliore dei
modi la funzione di intermediazione e quindi quella allocativa occorre individuare gli operatori
economici. Una unità istituzionale è un soggetto con autonomia decisionale per quel che riguarda il
suo patrimonio, risorse finanziarie e reddito e come usarlo negli investimenti, risparmio e debito.
Queste unità vengono classificate per gruppi omogenei e avremo così famiglie, imprese finanziarie
e non e istituzioni pubbliche.

i) I saldi finanziari dei settori economici.

I saldi finanziari per soggetti o settori in diversi periodi di tempo possono essere così rappresentati:
Y= reddito prodotto nell'esercizio C=consumi S=risparmio (può essere positivo o negativo)
I=investimenti SF=saldo finanziario AF=ammontare delle attività finanziarie detenute
PF=passività finanziarie
Yn-Cn=Sn

Sn-In=SFn

il saldo finanziario misura il risparmio che il soggetto trasferisce o riceve da altri settori, quindi

SFn=Δ AFn-Δ PFn

il saldo finanziario misura la variazione di crediti netti o debiti netti nei confronti degli altri soggetti
o settori

S+Δ PFn=In+Δ Afn

esprime l'identità tra le risorse cosniderate come fonti e quelle considerate come impieghi

Sfn=0

si ha con la somma delle sommatorie di soggetti con saldi positivi e quella dei soggetti con saldi
negativi. In un'economia chiusa dunque si ha che

Sn=In

In un'economia chiusa il disavanzo della pubblica amministrazione determina l'accumulazione di


attività finanziarie nel settore privato e il disavanzo del privato determina l'accumulazione di attività
nel settore pubblico. In una economia aperta invece, al saldo finanziario dei settori nazionali
corrisponde un credito o un debito nei confronti del resto del mondo. E' difficile che un sistema
economico trovi equilibrio da se ed infatti lo sbilanciamento dei saldi finanziari trova contropartita
nelle operazioni finanziarie della bilancia dei pagamenti ossia i movimenti internazionali di
capitale.
Il saldo finanziario è la intesi del comportamento di ogni operatore e permette di distinguere tra
unità in deficit e unità in surplus, le prime sono contraddistinte da un risparmio superiore ad
investimenti e consumo (accumulano attività finanziarie), viceversa le seconde sono contraddistinte
da consumi e investimenti superiori al risparmio (accumulano passività finanziarie).
Le unità istituzionali di cui si è parlato prima si contraddistinguono per i seguenti saldi:
• Imprese non finanziarie – sono tipicamente dei prenditori di fondi. Il loro risparmio è
costituito dalla quota di di reddito non distribuito e risulta insufficiente a coprire il
fabbisogno finanziario che deriva dalla spesa per investimenti in attività reali. SF=S-I=(Δ
AFn-Δ Afn)<0
• Imprese finanziarie – sono convenzionalmente in una situazione di equilibrio, anche se in
realtà ciò non corrisponde a realtà. SF=S-I=(Δ AFn-Δ Pfn)=0
• Pubblica amministrazione – offrono alla collettività dei servizi non vendibili che
rappresentano la spesa pubblica (G) finanziata da tasse e imposte (T). SF=S-I=(Δ AFn-Δ
Pfn)<0
• Famiglie i istituzioni senza scopo di lucro – a livello macroeconimo sono dei prestatori di
fondi. Non bisogna guardare alla singola unità ma all'aggregato. SF=S-I=(Δ AFn-Δ Pfn)>0

La distribuzione dei saldi e la loro entità tra gli operatori economici dipende da vari fattori:
• Modello di distribuzione dei redditi – il saldo finanziario dipende dall'andamento di prezzi-
salari-profitti. Se i lavoratori hanno salari sufficienti per i consumi le imprese tratterranno i
ricavi per i consumi e gli investimenti con saldi tendenti a 0 per le due categorie. Se i salari
fossero superiori, le famiglie avrebbero saldi positivi e le imprese saldi negativi.
• Finanza pubblica – se le tasse sono basse, imprese e famiglie avrebbero saldi maggiori e lo
stato saldi negativi maggiori, viceversa, con tasse tasse alte imprese e famiglie avrebbero
saldi positivi minori (o negativi maggiori) e lo stato un saldo negativo minore.
Siccome ogni paese ha un proprio modello di sviluppo la distribuzione, l'intensità e la struttura dei
saldi finanziari varia da paese a paese.
Il settore estero in un paese può avere saldi differenti a seconda che esso abbia investito o
risparmiato nel paese. Se un paese produce più di quello che ha bisogno, il saldo estero sarà
negativo e la bilancia delle partite correnti positiva, al contrario se consuma più di quello che
produce il saldo estero sarà positivo e la bilancia delle partite correnti sarà negativa.
Sn=Sf+Si+Spa --------------> In=If+Ii+Ipa
Il risparmio e l'investimento nazionale è dato dalla somma di investimento o risparmio di famiglie,
imprese e pubblica amministrazione.
Il saldo finanziario estero è dato dalle entrate per le esportazioni (M) ed uscite per le importazioni
(X).
SFE=M-X
in termini complessivi, la situaizone di equilibrio è:
(SN-IN)+(M-X)=SFN+SFE=0 e cioè SN=SFE
SFN>0 -------> SN<0
in questo caso l'economia finanzia autonomamente i propri investimenti interni e ha un eccesso di
risorse le quali vengono usate all'estero. L'economia accumula e quindi acquista passività
finanziarie estere.
SFN<0 --------> SN>0
in questo caso invece l'economia presenta un deficit di risorse e gli investimenti internivengono
finanziati dall'estero emettendo passività finanziarie.

ii) I circuiti ed i canali di trasferimento di fondi

Esistono due criteri di analisi per identificare il trasferimento di potere d'acquisto tra soggetti
economici. Il primo fa riferimento alle interrelazioni di bilancio tra i soggetti e distingue tra:
• Canale di finanziamento diretto – le unità in surplus hanno in bilancio come attività le
passività finanziarie emesse dalle unità in deficit.
• Canale di finanziamento intermediato – tra gli operatori si inserisce un altro soggetto che
crea con le parti distinti rapporti.
Il secondo criterio di analisi approfondisce il primo introducendo la presenza di istituzioni
finanziarie che assicurano la conclusione degli scambi finanziari e distingue tra:
• Circuiti autonomi – fanno riferimento ai canali diretti e l'incontro tra domanda e offerta di
risorse avviene senza intermediari (ad esempio dei genitori che prestano denaro al figlio per
l'acquisto di una macchina). E' un'ipotesi abbastanza rara per via dei costi elevati e della
scarsità delle conoscenze degli operatori.
• Circuiti intermediati – Tra i soggetti si frappone un terzo soggetto. Riguarda sia il circuito di
finanziamento intermediato che quello diretto.
Il canale di finanziamento diretto può essere sia un circuito autonomo che intermediato: gli
strumenti finanziari emessi dalle unità in deficit sono delle primary securities che compaiono nel
bilancio dell'investitore nelle attività facendolo diventare azionista o creditore. L'incontro tra
domanda e offerta può realizzarsi autonomamente e più che altro avviene in mercati aperti
organizzati oppure tramite intermediari finanziari.
La presenza di mercati organizzati consente il risolvimento di diverse problematiche dovute alla
ricerca autonoma:
• concentrando le esigenze di finanziamento e investimento degli operatori
• grazie alla presenza di operatori specializzati
• standardizzando i contratti per facilitarne la circolazione
I mercati aperti hanno le seguenti funzioni:
• collegare le unità in surplus con le unità in deficit, rappresentano uno dei canali per
trasmettere nel tempo e nello spazio i fondi
• trasformare e gestire i rischi tramite la negoziazione di derivati
• informare attraverso la determinazione dei prezzi e del loro rendimento e quindi della
rischiosità delle attività
• liquidare gli investimenti tramite la cessione
• ridurre i costi di transazione
I mercati finanziari aperti sono l'insieme di strutture, regole e procedure funzionali allo scambio di
attività finanziarie. Nel mercato primario affluisce la domanda delle unità in deficit che offrendo
passività soddisfano il proprio fabbisogno finanziario. Nel mercato secondario invece c'è l'insieme
di titoli e attività emesse facilitandone lo scambio e quindi il grado di liquidità, permettendo alle
unità in surplus di rivedere i propri investimenti, attirando potenziali investitori sostituendo così i
mercati aperti.
Nei mercati organizzati gli scambi vengono facilitati da istituzioni finanziarie che svolgono attività
di intermediazione mobiliare caratterizzata da:
• servizi di assistenza all'emissione dei titoli
• servizi di corporate finance (strategia industriale, consulenza finanziaria ecc.)
• servizi di negoziazione sui mercati secondari
• attività di gestione del risparmio
Nel canale di finanziamento indiretto o intermediato, il trasferimento di risorse avviene tramite
intermediari che interpongono il proprio bilancio (quindi i propri debiti e crediti) tra le unità in
deficit e quelle in surplus. I contratti con le unità in deficit e in surplus sono diversi per consistenza
temporale, monetaria e di contenuti, per questo motivo si dice che gli intermediari finanziari
svolgono un'attività di trasformazione per conciliare le esigenze dei soggetti. La principale categoria
di intermediari è quella degli intermediari creditizi, i quali si suddivinodono in:
• Intermediari creditizi bancari – sono abilitati allo svolgimento dell'attività bancaria, cioè alla
raccolta del risparmio presso il pubblico
• Intermediari creditizi non bancari – non raccolgono il risparmio presso il pubblico e si
finanziano col debito bancario, emettendo obbligazioni oppure col capitale proprio.
Poi ci sono gli intermediari di partecipazione e investimento, i quali acquistano azioni di imprese
non finanziarie con l'obiettivo di capital gain con la compravendita di titoli.
Gli intermediari assicurativi gestiscono e proteggono dal rischio tramite contratti di assicurazione.
La classificazione degli intermediati in realtà è comunque più complessa e spesso svolgono più
attività comntemporaneamente (ad esempio le banche possono svolgere tutte le attività).

iii) Le determinanti della funzione di intermediazione

Gli intermediari finanziari, grazie alle economie di scala e di scopo (specializzazione) riducono i
costi dei contratti, che con il fai da te dei singoli operatori sarebbero più alti. Non essendo in un
mercato perfetto, dove esigenze di datori e prenditori coincidono, le imprese hanno un fabbisogno
finanziario di medio lungo termine e di grossi importi mentre le famiglie per lo più hanno esigenze
di breve termine ed inoltre possono offrire cifre modeste rispetto a quelle domandate dalle imprse.
Per questo motivo gli intermediari conciliano queste esigenze offrendo ai prenditori di fondi delle
proprie passività congeniali alle loro esigenze in termini di importo e scadenze e offrendo ai datori
di fondi opzioni a loro desiderabili in termini di rischio, rendimento e liquidità.
Gli intermediari finanziari creditizi operano una trasformazione quntitativa dei contratti finanziari
che si articola in:
• trasformazione delle scadenze – la durata dell'attivo degli intermediari finanziari è superiore
a quella del passivo
• trasformazione degli importi – a fronte di importi di ammontare contenuto si erogano prestiti
di ammontare maggiore
• riduzione del rischio sfruttando le economie di scala
Oltre a trasformare le attività finanziarie, gli intermediari finanziari hanno la capacità di ridurre le
asimmetrie informative che si pongono come ostacolo al funzionamento del sistema finanziario.

3 La funzione monetaria

La funzione monetaria può essere vista sotto due profili:


Profilo macroeconomico – riguarda il processo di creazione dell'ammontare complessivo di moneta
a disposizione del pubblico.
Profilo microeconomico – riguarda le modalità con cui il sistema finanziario mette a disposizione
servizi di pagamento.
Funzioni della moneta dal punto di vista microeconomico:
• Mezzo di regolamento degli scambi – libera gli acquirenti da ogni obbligo verso il
venditore. La moneta è dunque l'insieme di mezzi che svolgono tale funzione. La moneta
merce ha un valore nominale pari a quello intrinseco, oggi con la moneta segno il valore
intrinseco è diverso da quello nominale.
• Unità di conto – misura una realtà psicologica e cioè il valore intrinseco dei beni all'interno
di un contesto sociale.
• Scorta di liquidità – viene cioè trattenuta e disposta come cuscinetto di sicurezza. Non è una
funzione propria della moneta ma una sua funzione secondaria e accessoria. La funzione di
riserva di valore è solo nominale in quanto solo questo rimane invariato nel tempo.

i) Evoluzione della moneta

Dalla moneta merce si passò alla moneta segno sino ad arrivare alla moneta a corso legale, ossia
una moneta la cui accettazione è imposta per legge e che quindi non può essere rifiutata dal
creditore.
La moneta scritturale è quell'insieme di strumenti di pagamento alternativi alla moneta legale la cui
diffusione dipende dai minori rischi associati (es il furto) e dalla facilità di utilizzo.
Uno strumento di pagamento è ogni sostituto temporaneo della moneta legale come ad esempio un
diritto di credito.
Le procedure di pagamento sono dei sistemi di trasferimento di proprietà della moneta (ad esempio
un bonifico).

ii)Il sistema dei pagamenti

Un sistema di pagamenti è quella varietà di elementi funzionali assicurare l'efficienza dei


trasferimenti di fondi tra operatori. A seconda del mezzo di scambio utilizzato ci sarnno differenze
nel processo di perfezionamento del pagamento:
• Con la moneta legale il pagamento coinvolge solo gli utenti finali, il mezzo di scambio
coincide con lo strumento di pagamento e il trasferimento determina la definitività del
pagamento.
• Con la moneta scritturale la complessità è maggiore in quanto vengono coinvolti altri
soggetti e il processo di perfezionamento si articola in due fasi:
1. Attivazione del pagamento da parte del cliente (transaction process)
2. Gestione del pagamento attraverso l'instaurazione di rapporti tra le banche e di queste
con la banca centrale per il trasferimento dall'ordinante al beneficiario.

Per far si che il sistema dei pagamenti funzioni correttamente le relazioni interbancarie sono
fondamentali, per questo motivo gli emittenti devono avvalersi di circuiti di collegamento fondati
su intese ed accordi così da realizzare il passaggio della moneta tra gli agenti economici. Per questo
motivo i circuiti interbancari richiedono dei vincoli comportamentali per gli aderenti per quanto
riguarda lo scambio di informazioni realtive ai pagamenti.

Il regolamento delle ragioni di debito e di credito delle banche coinvolte nel pagamento si può
cconfigurare secondo tre modalità:
• Schema bilaterale con C/C di corrispondenza – è una modalità semplice in quanto non
standard. Non ci sono delle modalità di regolamento fissate e ciò avviene di volta in volta
che si deve effettuare un regolamento di conti. E' inefficiente perchè vi è un alto numero di
banche che operano sul mercato e se venisse adottato sarebbe molto confusionario. Il suo
funzionamento è molto semplice: l'istituto bancario riceverà o dovra effettuare un
pagamento a seconda che abbia accumulato un debito o un credito presso un altro istituto.
Con la c.d. Stanza di compensazione interviene un terzo soggetto col ruolo di agente di
regolamento che faciliterà il tutto.
• Schema multilaterale di regolamento netto – ogni banca deve regolare a fine giornata il
saldo tra pagamenti ricevuti e inviati ai partecipanti al circuito. Si articola in tre fasi:
1. comunicazione al sistema delle operazioni della giornata
2. calcolo delle posizioni nette
3. regolamento
• Schema multilaterale di regolamento lordo – in questo caso il regolamento di ogni
operazione è immediato. Col crescendo del numero di banche facenti parte del sistema e dei
periodi di compensazione vi è un rischio di liquidità e di insolvenza. L'origine del rischio di
liquidità è connessa col ritardo tra la comunicazione del pagamento al beneficiario e la sua
definitività (seattlement lap). Il pagamento viene effettuato solo se il pagante dispone della
liquidità necessaria presso i conti dell'agente di regolamento (cioè la banca centrale)
altrimenti viene aperta una procedura. Nei sistemi con credito infragiornaliero la banca
centrale conferisce alle banche partecipanti la liquidità necessaria per effettuare i pagamenti
sino ad allora avvenuti per poi regolare i conti a fine giornata.
• Schema di regolamento ibrido – ha lo scopo di superare le problematiche di liquidità
salvaguardando i vantaggi del sistema di compensazione lordo, ad esempio prevedendo in
corso di giornata più momenti di regolamento su base netta oppure nei sistemi lordi,
l'inserimento di specifici algoritmi così da permettere l'ottimizzazione dei pagamenti.
CAPITOLO III
LA GESTIONE DELLA POLITICA MONETARIA E DEL CAMBIO

La funzione essenziale svolta da una banca centrale è la gestione della politica monetaria e del
cambio, della definizione di moneta, la sua emissione e il successivo controllo.

Emissione di moneta e controllo monetario

La moneta (M) è costituita dal circolante ( C ) e dai depositi bancari (D):


M=C+D
Dove C viene emesso dalla banca centrale e D dalle banche, in ogni caso comunque la banca
centrale riesce a controllare sia la moneta da lei emessa sia i depositi attraverso il moltiplicatore
monetario. Le banche a fronte dei depositi hanno delle riserve bancarie (R) presso la banca centrale,
possono essere costituite obbligatoriamente oppure no e servono per gestire pagamenti o far fronte
alla necessità di liquidità.
La base monetaria è data dalle passività della banca centrale ossia circolante ( C ) e riserve ( R )
BM=C+R
Il moltiplicatore monetario (m) è dato dal rapporto tra moneta e base monetaria
m= (C+D)/(C+R)=(c+1)/(c+r) ottenuto dividendo moltiplicatore e denominatore per il totale dei
depositi (r è il tasso di riserva obbligatoria)
M è un multiplo di m in quanto M=m*BM con m>1 ed r<1.

La banca centrale controlla sia la moneta che i tassi di interesse, il tasso che controlla in modo
diretto è il tasso overnight ossia il tasso sulla scadenza più breve possibile sui prestiti interbancari
della durata di un giorno. I tassi di interesse su scadenze più lunghe sono dati dalla media del tasso a
breve e quelli previsti per il futuro.
Ad esempio, poniamo che si voglia trovare il tasso su due anni (T), t1 è il tasso a breve mentre t2 è il
tasso previsto:
T = (t1+t2)/2
In questo modo la banca centrale esercita l’influenza sulla curva di rendimento dei tassi di interesse
contribuendo a determinare i tassi a lungo termine determinando quelli a brevissimo termine.
In definitiva la banca centrale controlla:
 quantità di moneta in circolazione
 tassi di interesse
queste due non sono variabili indipendenti, il tasso di interesse dipende dalla quantità di moneta in
circolo per cui non si possono avere obiettivi monetari o di tasso slegati.

1 Gestione della politica monetaria

In questo ambito la banca centrale decide come utilizzare i propri strumenti per conseguire obiettivi
macroeconomici. Ci sono due livelli di gestione della politica monetaria:
 livello strategico – riguarda la definizione degli obiettivi finali di politica monetaria e degli
obiettivi intermedi
 livello operativo – riguarda la definizione di obiettivi operativi e la gestione di strumenti di
politica monetaria per attuare quanto stabilito a livello strategico
gli obiettivi finali della banca centrale sono:
 stabilità dei prezzi – la banca centrale si pone come obiettivo quello di mantenere il tasso di
variazione dei prezzi su livelli contenuti evitando dunque che l’inflazione si attesti su livelli
alti. In questo modo si evitano i costi relativi all’inflazione, come ad esempio la riduzione
del potere d’acquisto dei salari sul lungo periodo
 stabilizzazione delle fluttuazioni cicliche dell’economia – l’attività economica di un paese
può subire variazioni misurabili attraverso le variazioni percentuali del PIL
Questi due obiettivi non sono indipendenti, ad esempio una politica monetaria espansiva ha effetti
positivi sul PIL nel breve periodo ma comporta l’aumento del tasso di inflazione. Per questo la
banca centrale deve fissare le proprie particolarità. In Europa l’obiettivo di stabilità dei prezzi
prevale su quello di stabilità come previsto nello statuto della BCE.
Gli obiettivi e gli indicatori intermedi di politica monetaria sono variabili che la banca centrale è in
grado di controllare solo indirettamente ma che hanno comunque una relazione stabile con la
politica monetaria. Un tipico obiettivo intermedio è il tasso di crescita della moneta che la banca
centrale controlla tramite il moltiplicatore monetario. Questa variabile a sua volta influenza il tasso
di inflazione e la crescita economica. Un altro esempio ci è dato dal volume di credito disponibile
per l’economia o il livello generale dei tassi di interesse, in questo ultimo caso la banca controlla
direttamente solo i tassi overnight e indirettamente i tassi di interesse a medio-lungo termine, che
sono poi quelli rilevanti per le decisioni di investimento di imprese e famiglie e quindi sulla crescita
economica. Se in passato si faceva largo ricorso all’utilizzo di obiettivi intermedi in politica
monetaria, ora il loro utilizzo è diminuito.
Le decisioni di politica monetaria vengono prese ogni mese dal Governing Council della BCE ossia
il comitato esecutivo al quale si aggiungono i governatori delle banche centrali dei paesi membri.

i)La gestione operativa della politica monetaria

La gestione della politica monetaria avviene tramite la fissazione di un livello obiettivo per quanto
riguarda i tassi di interesse del mercato monetario. La banca centrale determina il tasso di interesse
interbancario overnight attraverso il controllo dell’offerta di riserve depositate presso la banca
centrale che le banche possono prestarsi overnight.
Le banche hanno l’obbligo di versare la cosiddetta riserva obbligatoria (ROB) la quale viene fissata
dalla banca centrale sul totale dei depositi. Questa quota di riserva obbligatoria deve essere
mediamente mantenuta nell’arco di un periodo di mantenimento che di solito è un mese, durante il
quale le banche possono avere sia quote minori che maggiori di riserva rispetto a quella fissata dalla
banca centrale.
Quando una banca si aspetta un tasso overnight futuro del giorno seguente inferiore a quello
odierno potrà avere un profitto atteso pari a it-E(it+1) nel caso in cui prestasse i propri fondi sul
mercato interbancario, riducendo le sue riserve depositate presso la banca centrale. Per compensare,
il giorno dopo si indebiterà ad un tasso inferiore così da riportare la media di ROB a quella fissata.
Se invece il tasso di interesse atteso per il giorno dopo è superiore le banche si indebiteranno oggi
aumentando la riserva e quindi un aumento di domanda di riserve.

Ad un aumento del tasso overnight atteso corrisponde una riduzione di riserve domandate, ad una
diminuzione del tasso atteso corrisponde un aumento di riserve domandate.
Profitto=it-E(it+1)
Se it=E(it+1) non avverranno operazioni di arbitraggio
Se it>E(it+1) le operazioni di arbitraggio inducono le banche a diminuire la domanda di riserve
Se it<E(it+1) le operazioni di arbitraggio sono tese ad aumentare la domanda di riserve
La domanda di riserve è funzione del tasso overnight corrente.
Aumentando l’offerta di riserve la banca centrale riduce il tasso di interesse attuando una politica
monetaria espansiva mentre diminuendo l’offerta di riserve la banca centrale aumenta il tasso
overnight attuando una politica restrittiva.
Siccome la banca centrale ha il controllo dell’offerta di riserve e tramite questo riesce a fissare il
tasso overnight obiettivo. Essendo l’obiettivo della banca centrale un obiettivo di tasso essa perde il
controllo della base monetaria perché si impegna ad offrire al mercato tutte le riserve richieste in
modo che il mercato trovi il tasso di interesse di equilibrio. La moneta presente nel sistema è un
multiplo della base monetaria tramite il moltiplicatore m e ciò provoca una sostanziale endogeneità
della moneta. La banca centrale comunque è in grado di determinare la quantità di moneta ma
sceglie di vincolarla all'obiettivo del tasso di interesse.

ii)La politica del cambio

La banca centrale è responsabile nella gestione della politica del cambio e anche qui si distingue tra
livello strategico e livello operativo.
 Livello strategico: si riferisce alla volontà della banca centrale di perseguire un obiettivo di
cambio:
i) la banca centrale può scegliere di lasciar fluttuare il valore della moneta, lasciando
al mercato il compito di deciderne il valore rispetto alle altre (cambio flessibile).
ii) Può decidere di controllarne il valore in modo che non si allontani troppo
dall'obiettivo fissato. Può anche decidere di ancorare il suo valore a quello di
un'altra valuta, in questo caso si parla di cambio fisso.
 Livello operativo – la banca centrale per perseguire un obiettivo di cambio può:
i) se intende sostenere il valore della valuta deve intervenire sul mercato comprando la
propria valuta contro quella estera. Per farlo deve avere scorte sufficienti di valuta
estera.
ii) Se vuole sottovalutare il valore della moneta deve semplicemente vendere valuta sul
mercato, con una capacità presso che illimitata in quanto può immettere sulla piazza
la propria valuta a piacimento portandola ad accumulare riserve ufficiali e cioè
crediti nei confronti di altri paesi. Questa è negli ultimi anni una delle strategie
perseguite dalla Cina.

2 La supervisione e la gestione dei sistemi di pagamento

Le banche centrali vigilano sui sistemi di regolamento individuando due aree di intervento:
 regolamentazione – stabiliscono le regole dei sistemi di regolamento
 liquidità – la banca centrale inietta liquidità al sistema bancario con prestiti a brevissimo
termine per ridurre il costo di funzionamento dei sistemi di regolamento
Le banche disegnano le regole dei sistemi di pagamento così da ridurre il c.d. Rischio di
regolamento. La prima fase ha colpito i multilateral net seattlement, sistemi in cui il regolamento
avviene al netto a fine giornata dando vita al seattlement lag che comporta un rischio di
regolamento ossia un rischio di liquidità (mancata regolamentazione nei tempi previsti) e di credito
(insolvenza) che potrebbe contagiare anche le altre banche. Col rapporto Lamfalussy vengono
forniti i criteri per ridurre il rischio di regolamento, come ad esempio l'avere dei criteri d'accesso al
sistema chiari e oggettii ed essere in grado di assicurare il regolamento di fine giornata anche in
caso di insolvenza del partecipante con la posizione debitoria netta più alta.
Con l'introduzione dei sistemi di real time gross seattlement (che in Europa prende il nome di
sistema TARGET, gestito dalle banche centrali europee) il seattlement lag viene eliminato in quanto
si ha il regolamento immediato dei pagamenti. Questo sistema comporta però un costo di liquidità
in quanto ogni banca deve avere scorte liquide sufficienti per garantire l'immediato regolamento e
ciò significherebbe la detenzione di fondi liquidi in eccesso presso la banca centrale i quali hanno
tassi di remunerazione inferiori ai tassi di mercato. Per questo motivo il SEBC ha approntato tre
soluzioni per minimizzare il costo di liquidità:
 prestiti infragiornalieri da restituire alla banca centrale a fine giornata
 mobilizzazioni infragiornaliere della riserva obbligatoria
 code di attesa che consentono di gestire i pagamenti in caso di temporanea mancanza di
liquidità

3 Il prestito di ultima istanza e la vigilanza prudenziale sul sistema finanziario

Un compito fondamentale della banca centrale è quello di fornire il prestito di ultima istanza alle
banche a corto di liquidità, il che può avvenire quando non riescono a reperirla nel mercato
infrabancario (perchè anche li manca liquidità o perchè non gli viene elargita). Così facendo la
banca centrale evita una crisi di fiducia verso il sistema bancario che si potrebbe tradurre in una
grossa crisi di liquidità con successiva insolvenza della banca.
L'origine di tale problema è da ricercare nel rischio di liquidità a cui è soggetta la banca per via
della trasformazione delle scadenze.
La stabilità del sistema bancario non dipende solo dal prestito di ultima istanza ma da tutta una serie
di strumenti che prende il nome di Safety Net e cioè:
 assicurazione dei depositi
 coefficienti patrimoniali
 attività di supervisione da parte della banca centrale e cioè ispezioni, controlli, richiami
formali e informali
Comunque la BCE è l'organo responsabile della stabilità del settore bancario e finanziario e si
assicura che non si verifichino le condizioni (illiquidità e insolvenza che possono coinvolgere uno o
più istituti) che possano portare ad una crisi.

4 L'assetto operativo della BCE

Con assetto operativo della BCE si intende l'insieme delle modalità di attuazione della politica
monetaria e dello strumentario a sua disposizione. Livello strategico e livello operativo sono due
cose complementari, col primo si stabilisce il livello del tasso di interesse a breve necessario per
mantenere la stabilità dei prezzi nel medio periodo mentre col secondo si stabilisce attraverso quali
modalità raggiungere e mantenere tale obiettivo.
Nell'eurosistema le cose funzionano nel seguente modo: la BCE segnala ai mercati il livello dei
tassi obiettivo fissando i propri tassi operativi e attraverso le operazioni di politica monetaria
fornisce liquidità (base monetaria) al sistema bancario.
Per orientare i tassi di interesse a breve termine il consiglio direttivo della BCE dispone di tre
strumenti:
 operazioni di mercato aperto
 operazioni attivabili su iniziativa delle controparti
 riserva obbligatoria
i)Le operazioni di mercato aperto

Tali operazioni si definiscono di finanziamento se forniscono liquidità al sistema bancario, si


definiscono invece di assorbimento se son dirette a diminuire la liquidità di sistema.
I soggetti ammessi alle operazioni di mercato aperto sono le istituzioni creditizie assoggettate alla
riserva obbligatoria che operano nell'eurozona, esse devono rispettare i requisiti di solidità
finanziaria e i criteri operativi stabiliti dalle banche centrali nazionali così da poter condurre
efficaciemente le operazioni di politica monetaria.
Le operazioni dirette a immettere liquidità nel sistema bancario sono basate sulla compravendita di
attività sottostanti che le controparti devono trasferire all'eurosistema.

Procedure per l'effettuazione delle operazioni di mercato aperto

Esistono due procedure


 L'asta (standard e veloce)
 Operazioni sulla base di procedure bilaterali
L'asta standard – ad essa sono ammesse le controparti idonee e può essere a tasso fisso (deciso dalla
BCE) o a tasso variabile (in questo caso le controparti comunicano tasso e quantità di propria
preferenza alla banca centrale nazionale). Solitamente la BCE offre in asta una quantità non
modificabile di liquidità ma a volte può decidere di soddisfare l'intera domanda del sistema qualora
questa superasse l'offerta.
Le aste vengono svolte a periodi fissati come da calendario della BCE.
Nell'asta a tasso fisso, se la domanda di liquidità è superiore all'offerta, i soggetti verranno
soddisfatti pro quota; nell'asta a tasso variabile diretta a immettere liquidità le offerte vengono
ordinate in modo decrescente rispetto al tasso (dal più alto al più basso) sino ad esaurimento della
liquidità. Se invece l'asta deve assorbire liquidità, le offerte vengono ordinate in modo crescente
(dal più basso al più alto) fino a quando non si esaurisce l'ammontare da assorbire.
L'asta veloce – la BCE vi ricorre solo per operazioni di regolazione puntuale o di fine tuning.
Le operazioni sulla base di procedure bilaterali – sono tutte quelle procedure diverse dall'asta, ad
esempio:
operazioni dove le controparti sono contattate dall'eurosistema (es operazioni temporanee)
operazioni relizzate nei mercati regolamentati (come la borsa) o tramite operatori di mercato
Tali operazioni sono condotte dalle banche centrali nazionali (a volte anche dalla BCE) in
controparte di banche operanti nel proprio stato che soddisfino i criteri generali fissati (ad esempio
affidabilità operativa e operatività sul mercato monetario).
A seconda della veste contrattuale adottata, possono essere:
 Operazioni temporanee – la BCE offre alle banche la possibilità di avere finanziamenti o
impiegare liquidità in eccesso per un lasso di tempo che va dalla settimana all'anno con
obbligo di restituzione alla scadenza don una operazione di segno opposto
 Operazioni definitive – sono poco utilizzate, in questo caso la BCE vende o acquista titoli
senza obbligo di restituzione

Gli schemi operativi che configurano le operazioni di mercato aperto sono:


 Operazioni di rifinanziamento principale (ORP) – sono le operazioni di mercato aperto più
importanti e frequenti. Soddisfano il fabbisogno di liquidità del sistema bancario in vista
dell'assolvimento dell'obbligo di riserva obbligatoria contribuendo a regolare i tassi a breve.
Sono operazioni temporanee pronti contro termine di finanziamento oppure erogazioni di
credito garantito. La cadenza è settimanale e dal 2004 hanno durata settimanale. Vengono
realizzate dalle BCN con asta standard con tasso fissato dalla BCE.
 Operazioni di finanziamento a più lungo termine – sono offerte mensili di durata trimestrale
di quantità aggiuntiva di base monetaria, sono condotte dalle BCN con asta standard e non
sono dirette ad influenzare direttamente il tasso di interesse.
 Operazioni di regolamento puntuale (fine tuning) – avvengono in caso di fluttuazioni
inattese del livello di liquidità, per mitigarne gli effetti discorsivi sui tassi di interesse a
breve. Non avvengono in date fissate da un calendario e possono essere temporanee o
definitive, vengono svolte dalle BCN e occasionalmente dalla BCE.
 Operazioni di tipo strutturale – sono finalizzate a modificare in maniera incisiva
l’ammontare di base monetaria detenuta dal sistema bancario, non hanno una cadenza pre-
ordinata e finora la BCE non vi è ancora ricorsa.

ii)Operazioni attivabili su iniziativa delle controparti

Danno sistemazione a posizioni di carenza o eccesso di liquidità che possono determinarsi in modo
imprevisto nel corso di una giornata operativa. Sono previsti due tipi di operazione:
rifinanziamento marginale - sono operazioni di brevissima durata con le quali le banche possono
ottenere liquidità a fronte di un corrispondente ammontare di attività idonee presso l’eurosistema.
Deposito presso la banca centrale – le banche possono a breve impiegare della base monetaria in
eccesso temporaneamente per importi senza limiti.

iii)La riserva obbligatoria

L’obbligo di riserva sui depositi serve per stabilizzare i tassi di interesse del mercato monetario. Vi
sono assoggettate le banche dei paesi dell’Unione Europea e le filiali europee di banche extra-UE.
La riserva viene depositata su un conto acceso presso la BCN di competenza nel suo passivo di
bilancio alla voce di depositi e di titoli di debito.
Alla riserva obbligatoria è riconosciuta una remunerazione pari alla media, calcolata sul periodo di
mantenimento, dei “tassi marginali di aggiudicazione” nelle operazioni di rifinanziamento
principali, ponderati in base al numero dei corrispondenti giorni di calendario.
Viene determinata applicando la percentuale di ROB sull’ammontare dei depositi deducendo poi
una franchigia di 100000 €.
Le banche possono mobilizzare la riserva per far fronte al fabbisogno di liquidità a patto che la
media del periodo di mantenimento sia pari alla percentuale di ROB fissata.
CAPITOLO IV
I MODELLI ORGANIZZATIVI DELL'INTERMEDIAZIONE
BANCARIO-FINANZIARIA

1 I fattori e le variabili cruciali nella scelta del modello organizzativo

Nell'impresa, l'assetto organizzativo scelto dipende dalle decisione assunte relativamente a:


modalità di divisione del lavoro
meccanismi di coordinamento, comunicazione e controllo
La configurazione organizzativa scelta quindi dipenderà da questi e da altri fattori come:
• ambiente operativo
• età e dimensioni dell'impresa
• sistema tecnico che speriment i vincoli economico-normativi da rispettare
(regolamentazione)
Anche in un'impresa particolare come la banca questi fattori sono importanti:
• Ambiente – è un fattore fondamentale per la progettazione organizzativa, i fenomeni che lo
hanno reso più dinamico fanno prevalere le imprese più dinamiche. Inoltre, la complessità
ambientale rende necessario un decentramento organizzativo ma anche la diversificazione,
favorendo di fatto le banche più grandi che adottano un modello organizzativo divisionale.
• Età e dimensioni – se pur vi sono grosse banche che operano da decine (se non centinaia) di
anni, le quali hanno proceduto ad una formalizzazione dei comportamenti, questi non
rimangono per forza di cose immutabili. Tali banche infatti devono essere comunque oggetto
di continue revisioni a causa del dinamismo ambientale. Inoltre le banche più piccole sono
strutturalmente più dinamiche e ricettive ai cambiamenti. Inoltre, essendo il sistema tecnico
più evoluto e tecnologico, si è potuto assistere alla nascita del fenomeno di virtual banking.
• Regolamentazione – la regolamentazione nel settore bancario è molto stringente per via del
pubblico interesse dell'attività. Quanto più il settore è regolamentato, minore è la
discrezionalità degli operatori e più alto è il numero di apparati di controllo.

2 Modelli organizzativi dell'attività bancaria

La competizione tra banche negli ultimi decenni le ha spinte ad un accrescimento dimensionale


tramite fusioni ed acquisizioni andando a ricercare l'integrazione tra retail ed investement banking,
una maggiore presenza internazionale, migliorare l'adeguatezza patrimoniale, penetrare in nuovi
mercati e così via. Per arrivare a ciò, la banca deve adottare un modello organizzativo che si
configuri:
• nella banca universale
• nelle diverse configurazioni di gruppo bancario

i)La banca universale

Quello della banca universale è un modello organizzativo adottato in Italia a partire dall'emanazione
del Testo Unico Bancario del 1993, l'elemento che contraddistingue questo modello organizzativo è
la varietà e la completezza dell'offerta: opera sia con scadenze a breve che a lungo termine, fa
attività di private e investement banking oltre che attività di corporate finance. In definitiva si
confronta con tutti i segmenti della clientela e conduce attività tipiche della banche commerciali, di
investimento e private banking. Si tratta dunque di un intermediario:
• multibusiness
• multiprodotto
• multicliente
il principale pregio di tale modello è quello di poter gestire l'elevata diversificazione con minori
costi operativi e più efficientemente rispetto al gruppo creditizio.
I vantaggi associati alla diversificazione operativa sono:
• operare in diverse aree sfruttando le economie di diversificazione sia globali che di prodotto
• per via della vasta gamma di prodotto che è possibile offrire alla clientela si viene a creare
un rapporto con questa più intenso e fiduciario
• gli introiti delle diverse attività, non essendo correlati, hanno un effetto stabilizzante sui
profitti realizzati dall'intermediario
Questi vantaggi presuppongono l'adozione di una struttura multidivisionale che pare abbia minori
costi rispetto a quella del gruppo in quanto più efficiente e meno esposta ai rischi dovuti ai
comportamenti opportunistici dei manager, tipiche delle società controllate facenti parte di un
gruppo. Inoltre, la presenza di divisioni riduce la burocraticizzazione e la vischiosità nella
circolazione delle informazioni avendo così minori costi di coordinamento rispetto al gruppo. Le
divisioni, in quanto facenti parte di un unico intermediario, lavorano in maniera sinergica non
essendo dotate di propria autonomia.

ii)La banca universale, modelli puri e modelli esistenti

Finora si è preso ad esempio il modello di banca universale a struttura multidivisionale ma non


sempre nella realtà viene adottata questa configurazione: infatti, per via dei limiti normativi (ad
esempio, divieto in Italia per le banche di fare anche attività assicurativa) o per via di altri motivi
(ad esempio salvaguardia del marchio), una banca può essere spinta ad esternalizzare le attività
mantenedo società specializzate esterne come se fossero delle proprie divisioni, avvicinandosi in
questo modo alla configurazione di gruppo bancario. Ciò è accaduto in Germania dove si ha una
sorta di focalizzazione della banca universale non cimentandosi in tutti i settori di investement e
commercial banking. Inoltre gli intermediari finanziari di grosse dimensioni operano spesso tramite
società specializzate anche in aree dove potrebbero operare direttamente.
Altra caratteristica della banca universale è il suo operare con le imprese non finanziarie potendo
assumere in esse partecipazioni di capitale.
Sotto il profilo di diversificazione questo da modo alla banca di offrire un'assistenza finanziaria
globale riducendo così le asimmetrie informative rispetto ad un operatore specializzato e
aumentando dunque l'efficienza allocativa.
Sotto il profilo dell'assunzione di partecipazioni di capitale di imprese non finanziarie questo è
importante nella riduzione delle asimmetrie informative e nella gestione dei rischi. Le
partecipazioni possono essere di minoranza o di controllo ma è più frequente la prima opzione in
quanto lo scopo princilae dell'intermediario è quello di essere oltre che azionista anche offerente
globale di servizi finanziari delle imprese ritenute più interessanti.

La banca mista è una banca con una distinzione meno netta tra banca e industria per cui si avranno
partecipazioni di rilievo delle imprese industriali nelle imprese bancarie. In questo tipo di banche si
ha per questo motivo una concentrazione dei rischi e dei finanziamenti molto accentuata che spesso
porta all'insorgere di diverse patologie per entrambe le tipologie di impresa. Quindi le banche
universali, a differenza delle banche miste, investono nelle imprese non bancaria avendo così
maggiore flessibilità operativa.
La banca universale, oltre ai vantaggi, presenta anche una serie di svantaggi il cui principale è il
conflitto di interesse tra banca e clientela per via delle diverse attività e aree di business in cui
opera. Per fare un esempio, una banca in qualità di creditrice potrebbe essere in possesso di
informazioni non rinvenibili nella documentazione pubblica obbligatoria e potrebbe quindi
servirsene nel caso in cui operasse nel settore dell'investement banking scaricando sui risparmiatori
titoli poco promettenti e mantenedo per se quelli più appetibili. Per limitare questo conflitto di
interesse si deve:
• adottare dei meccanismi di controllo e governo efficienti
• adottare regole di governance che contemplino un più intensivo uso di amministratori
dipendenti
• inserimento di normative di vigilanza in materia di antitrust e insider trading

Uno svantaggio tipico delle banche legato alla grossa diversificazione è l'assunzione di un grado di
rischio più elevato assumendo ad esempio ruoli di merchant e investement banking che sono più
rischiosi del banking tradizionale.
L'elemento cardine della gestione della diversificazione è quindi la capacità di governo di tale
processo. La decisione di una banca di dotarsi del modello di banca universale invece di quello di
gruppo discende da sclete strategiche del management che dipendono da diversi fattori come quello
ambientale e dimensionale.

iii)Il modello di gruppo bancario

Se da un lato vi è l'esigenza della clientela di avvalersi di una vasta gamma di prodotti, dall'altro le
grandi banche devono rivolgersi a svariati target di clientela e quindi adottare strutture organizzative
idonee.
La soluzione alternativa alla banca universale e quella del gruppo bancario, il quale consente di
raggiungere tutti i target di mercato e di affrontare la concorrenza. All'interno del gruppo sono
coinvolti tutti i tipi di intermediario finanziario (investement, merchant, corporate, assicurazioni,
sim ecc. ) legati da rapporti partecipativi ma che possiedono comunque una loro autonomia
enfatizzando in questo modo la specializzazione e le proprie caratteristiche peculiari: la direzione
unitaria è attuata da una società capogruppo che può essere lei stessa a sua volta un intermediario
finanziario oppure una semplice società finanziaria.
Uno dei principali motivi di nascita dei gruppi sono i vincoli imposti dalle autorità di vigilanza. Ad
esempio se alle banche di credito viene impedita l'attività di investement banking, questa per
aggirare il divieto e accappararsi le relative quote di mercato potrebbe eseguire un'acquisizione.
Un altro motivo è quello che riguarda il fenomeno di concentrazione che nell'ultimo periodo ha
riguardato tutti i sistemi finanziari più evoluti, tramite le operazioni di merger & acquisition: se le
prime spingono verso la creazione di una banca universale (fusioni), le seconde hanno l'intenzione
di creare un gruppo bancario così da inserirsi effcaciemente in nuovi segmenti di mercato senza
dover affrontare costi di avviamento.
L'individuazione di vantaggi assolouti dovuti alla scelta del modello di gruppo bancario è
complicata in quanto più che alla configurazione organizzativa essi discendono dalla situazione di
partenza del gruppo. In ogni caso sono individuabili alcuni vantaggi specifici come ad esempio lo
sfruttamento delle economie di specializzazione dovute all'acquisizione di entità gia inserite nel
mercato. Altri vantaggi sono quello della diversificazione dei canali di distribuzione dei servizi
finanziari e la riduzione del conflitto di interessi tra intermediario e clientela.

Il capogruppo può essere una holding pura quando non svolge anche attività operativa ma si limita
alle attività di coordinamento e gestione strategica, è invece una holding mista quando non c'è
separazione tra gestione operativa e strategica.
All'interno del gruppo la holding esprime un disegno strategico unitario perseguendo le
interrelazioni tra le diverse attività. In un gruppo fare questo non è tanto agevole per cui si
presuppone una continua capacità da parte del capogruppo di controllo strategico e decisionale.
Oltre a questo difetto c'è anche quello legato all'elevata burocrazia, la quale è direttamente
proporzionale al numero di società facenti parte del gruppo e quindi vi è anche un'elevata
vischiosità nella circolazione delle informazioni provocando così asimmetrie informative.

Quanto più è grande un gruppo più è difficile la sua gestione, per cui si può valutare l'opportunità di
fondare una o più subholding, ossia dei sottogruppi facenti capo alla holding principale, radunandoli
ad esempio per affinità operativa oppure secondo altri criteri.

iv)I principali assetti organizzativi dei gruppi bancari

I principali assetti organizzativi dei gruppi bancari sono:


Modello funzionale – è adatto a contesti di ridotta complessità ambientale e gestionale. E'
caratterizzato da un pronunciato livello di autonomia delle società controllate concessa dal
capogruppo. Tale modello viene utilizzato quando si opera in mercati poco competitivi in cui si
allarga la propria fetta di mercato tramite integrazione orizzontale con processi di acquisizione, in
cui la società acquisita mantiene la propria autonomia. Il controllo direzionale è blando e ciò causa
dei comportamenti opportunistici e ostruzionistci delle società acuisite e del relativo management
da cui consegue una scars efficienza nel raggiungimento degli obiettivi di gruppo.
Modello divisionale – è il principale metoo organizzativo adottato dalle grandi imprese diversificate
in quanto è più efficiente ed efficacie in ambienti complessi. Il funzionamento a grandi linee è
questo: ogni area strategica d'affari è gestita è gestita operativamente da una specifica divisione, la
quale è responsabile dei risultati economici conseguiti. I comportamenti opportunistici tendono a
ridursi per via della maggiore gerarchizzazione e dei continui controlli da parte dei responsabili
divisionali e della società capogruppo. La divisionalizzazione può essere fatta per prodotto,
segmento di clientela e area geografica.
Modello federale – è un modello che consente di beneficiare di economie di scala e al tempo stesso
di preservare il valore rappresentato dal rapporto di clientela ottenuto nel mercato geografico di
appartenenza delle singole società, le quali spesso sono banche locali. In Italia questo modello è
molto in voga sopratutto tra le banche cooperative. E' un modello caratterizzato da un capogruppo
con elevata capacità di indirizzo strategico, a valle di cui ci sono le banche federate, le società
prodotto e quelle strumentali distinguendo così tra organismi di produzione, distribuzione e
supporto.

3 Le banche specializzate – caratteri distintivi e peculiarità

In tutti i sistemi finanziari evoluti sono presenti banche che hanno fatto scelte di specializzazione
operativa, la quale può riferirsi alla clientela, al prodotto o all'area geografica combinati in diversi
modi. I motivi della scelta di specializzazione sono da ricercarsi innanzitutto nell'apparato
normativo: ad esempio in Italia fino ai primi anni '90 la specializzazione era adottata dalle banche in
quantoprevista dalla legge di specializzazione bancaria degli anni '30. Altri motivi posso essere la
volontà di sfruttare tecniche di eccellenza oppure focalizzarsi su un particolare segmento di
mercato.
4 Il modello organizzativo del network

Il network è una modalità organizzativa con cui gli intermediari finanziari di piccole dimensioni e
locali possono difendere la loro posizione competitiva. Si tratta di una serie di accordi e relazioni tra
intermediari bancari organizzati attorno ad una organizzazione centrale che consente loro di
migliorare la loro funzione produttiva e distributiva, creando sinergie che permettono di superare i
propri limiti dimensionali ed economici.
Affinchè il network funzioni correttamente, le banche aderenti:
devono avere una sostanziale omogeneità dimensionale
non devono sovrapporsi territorialmente
Come detto, il network ruota attorno ad un organo centrale con funzioni coordinative simili a quelle
di una holding capogruppo ma dalla quale si differenzia in quanto non assume partecipazioni negli
aderenti alla rete.
I progetti più comuni sviluppati da un network sono:
• gestione dei sistemi informatici
• iniziative in ambito di sistema dei pagamenti
• innovazione del portafoglio prodotti
• fornitura di servizi di consulenza gestionale e manageriale
• formazione del personale
• acquisizione di partecipazioni in società operative in settori complementari
Tra i vari pregi del modello a rete troviamo:
• autonomia dei partecipanti
• valorizzazione dei punti di forza dei partecipanti
• valutazione di adozione di politiche make or buy
• ripartizione dei rischi
Gli esempi più duraturi di sistemi a network sono quelli delle banche di credito mutualistico.

CAPITOLO V
GLI INTERMEDIARI FINANZIARI: OPERATIVITA', PECULIARITA'
E INDICATORI GESTIONALI

1 Le banche e la definizione di attività bancaria

Secondo il testo unico bancario, l'attività bancaria è costituita dalla raccolta del risparmio presso il
pubblico e l'esercizio del credito. La banca è l'unico intermediario finanziario che può esercitare
contemporanemante le due attività e sono condizione necessaria per poter essere una banca. La
banca svolge dunque due operazioni principali:
• operazioni di raccolta
• operazioni di impiego
oltre a queste due attività tipiche possono svolgere molte altrea attività, finanziarie e non, come ad
esempio la gestione portafogli titoli, negoziare strumenti finanziari, offrire strumenti di pagamento
ecc ecc, tuttavia vi sono alcuni divieti, ad esempio la gestione collettiva del risparmio (tipica delle
SGR) e l'attività assicurativa (tipica delle compagnie assicurative) non possono essere svolte dalle
banche in quanto sono riservate in maniera specifica ad altri soggetti, comunque si può aggirare
questo vincolo adottando il modello organizzativo di gruppo bancario e svolgere l'attività in
maniera indiretta.
Affinchè un'impresa possa svolgere l'attività bancaria deve avere l'autorizzazione della Banca
d'Italia, la quale la concede se sussistono le seguenti condizioni:
• esercizio dell'attività sotto forma di società per azioni o società cooperativa a responsabilità
limitata
• una sede legale e amministrativa deve essere sistuata in Italia
• l'impresa deve presentare il programma di attività, lo statuto e l'atto costitutivo
• gli azionisti con partecipazioni rilevanti devono possedere il requisito di onorabilità, gli
amministratori devono possedere i requisiti di onorabilità, indipendenza e professionalità
• dopo la verifica di queste condizioni segue l'iscrizione ad un apposito albo tenuto dalla
Banca d'Italia.

i)Le funzioni di una banca

Funzione monetaria – grazie alle banche i soggetti possono utilizzare un'ampia gamma di strumenti
di pagamento facilitando così la circolazione di risorse finanziarie. La moneta bancaria è quella
accettata dal pubblico come mezzo di pagamento in virtù della fiducia riposta nel sistema bancario.
Le passività bancarie (depositi in c/c della clientela) diventano quindi mezzi di pagamento. La
funzione monetaria delle banche non è imposta per legge ma discende dal rapporto fiduciario
creatosi tra sistema bancario e clientela.
Funzione creditizia – si tratta dell'attività di prestito delle risorse raccolte presso i risparmiatori. Tale
attività ha forti ripercussioni sull'economia, la cui efficienza porta all'investimento su progetti
migliori e quindi ad un maggiore sviluppo sviluppo economico.
Funzione di offerta di servizi – le banche offrono ai clienti molteplici servizi tra cui servizi di
gestione dei pagamenti, servizi di investimento e gestione del risparmio per conto della clientela,
servizi di consulenza a imprese e privati.

ii)Le diverse accezioni del termine banking

Ad oggi, per via dei cambiamenti normativi e ambientali esistono diversi significati del termine
banking, ossia di fare banca, ed è possibile distinguerli su diversi piani:
a) piano giuridico-istituzionale:
• banche costituite come SpA con l'obiettivo di distribuire utili tra gli azionisti
• banche popolari e banche di credito cooperativo create in forma di società cooperativa a
responsabilità limitata che oltre ad obiettivi di profitto hanno anche obiettivi mutualistici,
destinando parte dell'utile a questi scopi.
b) in base al target di clientela:
• banche retail o banche commerciali – attraverso una rete distributiva capillare offrono
prodotti e servizi standard (es c/c, mutui, credito al consumo) a basso valore aggiunto ad una
clientela composta da famiglie e piccole e medie imprese
• investement bank o corporate bank – la loro clientela è fatta di grandi imprese e offre loro
servizi specializzati in campo di intermediazione mobiliare e di finanza straordinaria
d'impresa. Ad esempio, l'attività di investement banking comprende il reperimento di fondi
sul mercato di capitali con collocamento di azioni e obbligazioni, consulenza in materia di
acquisizioni e fusioni, attività di intermediazione sul mercato secondario come il
brokeraggio e il realing
• prIvate banking – si rivolgono a clienti privati con ingenti disponibilità finanziarie offrendo
loro servizi personalizzati come la gestione del patrimonio, consulenza in materia
assicurativa e servizi legati all'attività esercitata dal cliente.
c)in base ai canali distributivi – le banche operano principlamente attraverso
• sportelli bancari – forma tradizionale di canale distributivo che però comporta elevati costi
gestionali e di personale. Consente un contatto diretto col cliente così che possa essere
seguito meglio. Nel privilegiare questo canale distributivo si devono fare accurate analisti
costi-benefici e della clientela seguita
• promotori finanziari – sono persone che offrono a domicilio strumenti finanziari e prodotti
bancari. Vengono utilizzati da banche specializzate in servizzzi di intermediazione mobiliare
e gestione del risparmio. Consentono di sviluppare una stretta relazione col cliente ma
offrono meno servizi rispetto allo sportello. Si rivolgono a privati e non a imprese
• internet – consente di interagire con chiunque e in qualsiasi momento effettuando
numerosissime operazioni col c/c online. Consente un'accessibilità continua ai servizi
bancari e minori costi operativi rispetto allo sportello
Le banche solitamente non usano un solo canale distributivo ma più di uno.

iii)La struttura del bilancio bancario

Dal bilancio è possibile attingere a molte informazioni sull'andamento dell'impresa sia per gli azioni
sti che per gli stakeholders. Le banche, in materia di bilancio, sottostanno d una legislazione
speciale e inoltre dal 2005 sono soggette agli IAS (international accounting standards) ispirati al
principio di comparabilità e trasparenza delle informazioni poste a bilancio.
Il bilancio IAS si compone di:
• stato patrimoniale
• conto economico
• prospetto della redditività complessiva (evidenzia le voci che hanno creato reddito)
• rendiconto finanziario (riguarda la liquidità generata e assorbita)
• nota integrativa

Lo stato patrimoniale
evidenzia la composizzione del patrimonio della banca, è redatto a sezioni contrapposte, una per
l'attivo e una per il passivo e il patrimonio netto. Nell'attivo ci sono tutti gli investimenti e le risorse
finanziarie disponibili alla chiusura dell'esercizio mentre nel passivo trovano spazio i mezzi propri e
le fonti di finanziamento dell'attività.
Le voci attive vengono inserite secondo un ordine decrescente di liquidità (es prima la cassa e poi le
attività materiali) a seconda del tempo che occorre per trasformarle in liquidità. Le poste del passivo
vengono inserite in ordine decrescente a seconda dell'esigibilità partendo da quelle che vengono
prima a scadenza (es debiti vs altre banche) a quelle destinate a rimanere nell'impresa per tutta la
sua durata (capitale sociale).
Gli IAS hanno introdotto numerose novità in tema di rilevazione e valutazione delle poste in
bilancio:
• introduzione del fair value – le poste di bilancio devono essere messe a valori di mercato nel
caso abbiano precise quotazioni, altrimenti verranno valutate secondo specifiche tecniche di
valutazione
• la classificazione (viene effettuata secondo criteri scelti dalle banche) di attivo e passivo
deve avvenire in funzione della specifica destinazione, si individuano dunque :
• attività e passività finalizzate alla negoziazione
• attività detenute fino alla scadenza o disponibili per la vendita
• gli accantonamenti ai fondi rischi e oneri non possono essere generici ma resi necessari da
una stima attendibile di esborso legata ad un preciso evento
• gli strumenti derivati devono essere rilevati nello stato patrimoniale indipendentemente dalla
loro finalità di utilizzo (speculazione o copertura)

Il conto economico
Evidenzia le componenti positive (ricavi) e negative (costi) della gestione. Ha forma scalare e al suo
interno vengono calcolati i risultati intermedi delle diverse aree di business così da evidenziare il
loro contributo alla redditività. I risultati intermedi sono i seguenti:
• Margine di interesse – è dato dalla differenza tra interessi attivi e passivi per la banca nei
confronti della clientela e altri operatori. Evidenzia il risultato dell'intermediazione creditizia
ossia la principale attività di una banca
• Commissioni nette – è la differenza tra commissioni attive e passive per la banca ossia dei
proventi e degli oneri legati ai servizi forniti e usati (ad esempio sono attive le commissioni
di pagamento e passive le commissioni ad altre banche)
• Margine di intermediazione – evidenzia il risultato realizzato grazie all'attività di servizio e
trading condotta dalla banca sui mercati (es attività di negoziazione, operazioni di cessione e
riacquisto ecc.)
• Risultato netto della gestione finanziaria – oltre a considerare i costi operativi sostenuti è
condizionato anche dalle rettifiche di valore legate al deterioramento dei crediti e attività
finanziarie
• Costi operativi – include le voci di costo negative dell'attività tipica della banca come le
spese amministrative e per il personale
• Risultato netto d'esercizio – è il risultato netto complessivo delle diverse aree di gestione nel
corso dell'esercizio dopo l'applicazione delle imposte

La nota integrativa
Contiene informazioni sugli aspetti critici dell'attività bancaria ed è articolata nelle seguenti parti:
A politiche contabili
B informazioni sullo stato patrimoniale
C informazioni sul conto economico
D redditività complessiva
E informazioni su rischi e politiche di copertura
Finformazioni sul patrimonio
G operazioni di aggregazione tra imprese e rami di imprese
H operazioni con parti correlate
I accordi di pagamento basati su propri strumenti patrimoniali
L informativa di settore
inoltre spiega in dettaglio la composizione di alcune voci di bilancio

iv)I principali indicatori di bilancio

Le informazioni di bilancio rendono possibile il calcolo di alcuni indici utili ai fini della valutazione
del livello di efficienza del livello produttivo, della redditività della gestione e dell'esposizione al
rischio da parte della banca. Tali indici si possono classificare in quattro macrocategorie che sono:
INDICI DI STRUTTURA
forniscono elementi sull'incidenza di alcune aree di business nella gestione della banca e riguradano
sia voci dell'attivo patrimoniale che del passivo. Nell'attivo si hanno:
• crediti totali/totale attivo
• crediti vs banche/totale crediti
• attività finanziarie di negoziazione/totale attivo
• attività disponibili per la vendita/totale attivo
• attività detenute fino alla scadenza/totale attivo
• partecipazioni/totale attivo
tramite questi indici è possibile capire come la banca utilizza le risorse finanziarie raccolte, ad
esempio analizzare la percentuale di attività finanziarie detenute alla scadenza e le attività
finanziarie alla ventida ci consente di valutare se la banca persegue una strategia orientata al trading
o al mantenimento di portafogli finanziari stabili nel tempo.
Dal lato del passivo si hanno indici che informano sulle scelte della banca in termini di reperimento
di risorse finanziarie:
• totale debiti/totale passivo
• debiti vs bance/ totale debiti
• titoli in circolazione / totale passivo
• capitale proprio/totale passivo
tramite questi indici è possibile valutare il peso percentuale dei vari finanziatiori e cioè azionisti,
clienti, banche e così via.

INDICI DI REDDITIVITA'
forniscono informazioni circa l'equilibrio reddituale della banca e cioè la capacità dell'intermediario
di conseguire risulati economici capaci di remunerare i fattori produttivi impiegati, misurano
l'efficienza reddituale e gestionale della banca. Essi sono:

a) ROA (return on assets)


misura la redditiva degli investimenti e cioè quanto hanno reso tutte le attività considerate. Più è
elevato il ROA migliore è la capacità della banca di generare reddito dalle sue attività.
ROA= utile d'esercizio/totale attivo

b) ROE (return on equity)


misura la redditività del capitale di rischio e quindi la capacità della banca di remunerare il capitale
di rischio e di conseguenza gli azionisti.
ROE= utile netto/capitale proprio

inoltre il ROE può essere così scomposto:


ROE=(utile netto/totale attivo)*(totale attivo/capitale proprio)
il primo addendo è composto dal ROA mentre il secondo è il cosiddetto leverage o leva finanziaria,
il quale misura l'indebitamento della banca. Quindi, la capacità di remunerazione del capitale
proprio dipende dall'attivo ma anche da come la banca ricorre all'indebitamento presso terzi per
finanziarsi. Un aumento dell'indebitamento farebbe si aumentare il ROE ma allo stesso tempo
aumenterebbe il rischio di insolvenza della banca stessa.

c)Margine di interesse/margine di intermediazione


permette di valutare la redditività della banca distinguendola dalla componente tradizionale e quella
di intermediazione connessa al trading.
d)Cost income ratio
Costi operativi/margine di intermediazione
misura la capacità della banca di generare ricavi in grado di coprire i costi tipici dell'attività
bancaria. Più questo indice è basso e più la banca è efficiente.

e)Indicatori RAPM (risk adjusted performance measure)


Sono indicatori che forniscono una misura della performance relativa ad una singola operazione
finanziaria (come un investimento su uno strumento finanziario o un prestito concesso), ad un intero
portafoglio o ad una business unit aziendale. Ogni operazione ha dei fattori di rischio che
potrebbero generare perdite inattese, il sistema include anche i fattori di rischio e le perdite inattese
così da verificare l'opportunità e la convenienza di portare a termine l'operazione finanziaria. Tali
indici sono:

• RORAC (return on risk adjusted capital) – R1/CaRt dove R1 è il risultato netto atteso del
progetto di investimento e CaRt è il capitale netto impiegato nel progetto nel tempo t.
Questo indice è usato per valutare diversi progetti e valutarne la convenienza.

• RAROC (risk adjusted return on capital) – Rt/CaRc è uguale al RORAC ma Rt viene


aggiustato in base alle perdite attese stimate

• RARORAC (risk adjusted return on risk adjusted capital) – in questo indice la rettifica
riguarda i rischi associati e viene fatta sia al nominatore che al denominatore così da tenere
conto delle perdite inattese.

INDICI DI PRODUTTIVITA'
Forniscono una misura dell'efficienza del personale, degli sportelli e dei canali di distribuzione:
• margine di intermediazione/n° dipentendi
• costi operativi/n° dipendenti
• impieghi vs clientela/n° dipendenti

INDICI DI RISCHIOSITA'
forniscono dati utili a valutare il rischio di esposizione della banca e quindi indirettamente misura la
capacità di far fronte agli impieghi verso terzi finanziatori, ad esempio:
crediti deteriorati/totale crediti vs clienti misura il livello di esposizione della banca al rischio di
insolvenza del debitore
rettifiche di valore su crediti/cassa e disponibilità liquide evidenzia la capacità della banca di far
fronte al deterioramento dei crediti con le disponibilità di cassa.

2 Gli altri intermediari finanziari

Oltre alle banche operano nel sistema finanziario altri soggetti che si occupano di concessione di
finanziamenti, intermediazione, cambi, fornitura di servizi di pagamento ecc. Che però non possono
svolgere contemporaneamente la raccolta del risparmio presso il pubblico e la concessione del
credito, funzioni concesse solo alle banche. Questi intermediari finanziari sono:
• società di leasing
• societò di factoring e forfaiting
• società di credito al consumo
Queste sono attività disciplinate dal testo unico bancario e devono essere iscritte ad un albo tenuto
dalla banca d'Italia, devono inoltre rispondere a dei requisiti ben precisi:
svolgere l'attività sotto forma di SpA
versare il capitale sociale stabilito dalla Banca d'Italia
esercitare l'attività per loro previste
i partecipanti al capitale di rischio con quote di rilievo devono possedere il requisito di onorabilità,
mentre amministratori, funzionari e chi svolge funzioni di controllo deve possedere i requisiti di
onorabilità, indipendenza e professionalità.

Le società di leasing
Si occupano di locazione finanziaria (appunto il leasing) ossia un contratto che tramite il pagamento
di un canone consente di avere la disponibilità di un bene strumentale che potrà essere riscattato
dietro il pagamento di un ulteriore importo determinato in precedenza. Il leasing è una valida
alternativa al finanziamento per gli investimenti in capitale fisso, l'obiettivo diretto è la finalità di
finanziamento. La società di leasing si fa carico dell'intera spesa iniziale di acquisto del bene mentre
il locatario ha l'obbligo di pagare i canoni periodici concordati. Vi sono poi altre tipologie oltre a
quella tradizionale come il sale and lease back e il leasing operativo.

Le società di factoring e forfaiting


Queste attività possono essere esercitate da società appositamente costituite o da una banca. La
società offre ai clienti servizi riguardanti i crediti commerciali:
gestione della fase di incasso di crediti commerciali
valutazione dell'affidabilità dei clienti
assistenza legale in caso di problemi in fase di recupero crediti
concessione di garanzie circa il buon esito dei crediti
anticipo dei crediti prima della scadenza
Il factoring è un contratto che prevedere la cessione di crediti commerciali presenti e/o futuri ad un
factor smobilizzandoli e realizzandoli immediatamente. Alla scadenza il debitore pagherà
direttamente alla società di factoring. La cessione può essere pro soluto (l'intermediario si assume il
rischio di insolvenza) o pro solvendo (l'intermediario non si assume il rischio di insolvenza).
Il forfaiting è un'operazione di sconto dei titoli cambiari derivanti da esportazioni di beni
strumentali a pagamento dilazionato, in questo caso la cessione è pro soluto.

Le società di credito al consumo


Conducono attività consistenti nella cessione di prestiti a persone fisiche; di questi prestiti ne
esistono diverse categorie:
Prestito finalizzato – consiste nel permettere la dilazione di pagamento di beni e servizi che
soddisfino esigenze personali (e non dell'impresa)
Cessione del quinto dello stipendio – il lavoratore (cedente) cede alla società di credito al consumo
(cessionario) 1/5 del proprio stipendio ottenendo così un prestito non finalizzato con un periodo di
tempo per la restituzione che varia tra i due e i dieci anni
Carte di credito – la carta rilasciata consiste nel mettere a disposizione del cliente una cifra mensile
che varia a seconda dell'affidabilità del cliente. La cifra utilizzata verrà poi addebbitata nel c/c
compresa di commissioni e interessi in un momento successivo
Credito rotativo – si tratta di un finanziamento simile al fido da utilizzare per finalità proprie.
L'operazione si possa su di una carta di credito che aggiorna la somma ancora disponibile. Il cliente
in questo modo fa degli acquisti per se e poi restituisce il credito concessogli in forma rateale con
l'aggiunta degli interessi
Nelle operazioni di credito al consumo il TAEG (tasso annuo effettivo globale) è un indicatore che
fornisce un'informazione sisntetica del costo totale del credito a carico del consumatore in quanto al
suo interno sono comprese anche le spese di istruttoria che sono a carico del cliente.
i)La struttura del bilancio delle società di leasing, di factoring e di credito al consumo

Il bilancio di queste società deve essere conforme alle norme IAS/IFRS e alle istruzione della Banca
d'Italia, la sua struttura ricalca quella del bilancio bancario. Di seguito verranno espsote le voci più
significanti dei vari bilanci in relazione alla loro area di business.

Il bilancio delle società di leasing


Stato Patrimoniale
• Crediti – sono generati da operazioni di locazione finanziaria a favore dei clienti, il loro
importo può risentire nel tempo di variazioni significative in funzione dell'andamento della
congiuntura economica in quanto tiene conto dei crediti deteriorati
• Attività materiali – risultano costituite dai beni strumentali funzionali all'esercizio
dell'attività sia da beni provenienti da operazioni di leasing per i quali non è stato effettuato
il riscatto finale o perchè vi è stata la risoluzione anticipata del contratto per insolvenza
• Debiti (a breve, medio e lungo termine) e titoli in circolazione – costituiscono la principale
fonte di finanziamento
Conto Economico
• Interessi attivi – in cui confluiscono i canoni di leasing
• Interessi passivi – riguardano gli interessi passiviriconosciuti ai finanziatori
• Margine di interesse – sintetizza la capacità dell'impresa di fronteggiare i rischi di leasing.
Ad esempio, la scorretta valutazione del canone o l'insorgenza non preventivata di
minusvalenze sui beni hanno effetti negativi su tale margine
• Rettifiche di valore per deterioramento delle attività finanziarie – sono più consistenti in
presenza di una congiuntura economica negativa e hanno incidenza negativa sul risultato
della gestione operativa.

Il bilancio delle società di credito al consumo


Stato patrimoniale
• Crediti – vi confluiscono sia crediti per operazioni di factoring ordinarie, sia crediti per
operazioni di factoring verso la clientela riguardanti crediti acquistati pro solvendo in cui i
debitori sono stati inadempienti e che quindi sono stati riaddebbitati ai clienti cedenti
• Debiti – sono contratti principalmente con le banche e sono la principale fonte di
finanziamento
• Titoli in circolazione – titoli obbligazionari che consentono alla società di finanziarsi
Conto economico
• Interessi attivi e commissioni attive – derivano dalla gestione e dallo smobilizzo anticipato
di crediti
• Interessi passivi – derivano dall'indebitamento verso terzi
• Perdite su crediti – sono legate all'insolvenza dei debitori
• Margine di interesse e di intermediazione – sono i risulati intermedi più significativi per
valutare l'andamento della società. Un grosso margine di interesse rappresenta un'attività
orientata all'acquisizione e anticipazione di crediti commerciali da imprese, un più grosso
margine di intermediazione significa una prevalente attività di servizio presso la clientela.

Il bilancio delle società di credito al consumo


E' caratterizzato in stato patrimoniale dalla prevalenza delle voci crediti su cui si basa l'attività e sui
debiti per finanziarli. Per quanto riguarda il conto economico, il margine di interesse è il paramentro
più significativo in quanto vi confluiscono interessi attivi derivati dall'attività svolta. Con una
congiuntura economica sfavorevole può essere rilevante anche la voce rettifiche di valore per
deterioramento derivanti dal peggioramento del merito creditizio delle famiglie finanziate, il che
deteriora la qualità del credito erogata dall'intermediario.

ii)Gli indicatori di efficienza e performance

Per le società trattate è utile considerare i seguenti indici:


• Margine di intermediazione/totale attivo è un indice che evidenzia la redditività sia
dell'attività tipica che quella legata alla fornitura di servizi ai clienti

3 Le imprese di assicurazione e la definizione di attività assicurativa

L'impresa di assicurazione esercita l'attività di assicurazione e per derivazione quella di


investimento.
L'attività assicurativa consiste nello svolgimento sistematico, professionale e organizzato ell'attività
di assunzione, gestione e liquidazione di contratti di assicurazione in qualità di assicuratore.
La società assicura i clienti contro dei rischi da loro sopportati e possono condurre questa attività
solo le società assicurative perchè solo a loro è possibile farlo secondo il TUB.
L'assicurazione dunque:
• è un contratto tra due soggetti: assicurato e assicuratore
• l'assicurato può subire un danno da sinistro e il contratto può essere stipulato solo se vi è una
correlazione tra assicurato, danno e sinistro. Si distingue tra:
1. assicurazioni per i danni ai beni
2. assicurazione di responsabilità civile
3. assicurazione per i danni alle persone
• l'assicurazione può riguardare eventi attinenti la vita della persona assicurata e si parla in
questo caso di assicurazioni vita, in questo caso l'assicuratore pagherà una rendita o un
capitale al beneficiario (che può essere l'assicurato stesso o qualcun altro)
• la finalità che spinge l'assicurato ad assicurarsi è quella do coprirsi dagli effetti negativi di
un sinistro e non può prevedere un danno superiore al sinistro e di conseguenza un guadagno
per l'assicurato
• l'assicuratore è spinto ad assicurare per creare valore aziendale a vantaggio dei soci ma ci
sono anche delle società di mutua assicurazione con scopi mutualistici per i soci
• l'assicurato paga all'assicuratore il premio di assicurazione, ossia il corrispettivo per i
servizzi assicurativi di cui usufruisce e può essere unico o periodico
• il servizio assicurativo si sostanzia per l'assicuratore di due elementi:
• l'impegno ad erogare la prestazione prevista dal contratto
• la sua erogazione
il premio è il corrispettivo per i servizi prestati dall'assicuratore all'assicurato ed è legato al valore
della prestazione che l'assicurato si attende di dover effettuare (premio puro) considerato il rischio
che avvenga il danno. Se p è la probabilità che l'evento sfavorevole avvenda e D il valore atteso
della prestazione allora il premio puro sarà uguale a p*D. Il premio si incassa alla stipula del
contratto, la prestazione invece avviene in un momento successivo e ciò causa l'inversione del ciclo
monetario dell'assicuratore, inoltre il premio puro deve essere calcolato come il valore attuale della
prestazione attesa e cioè p*D*vt dove v è il fattore di sconto e t il tempo che ci si attende
intercorrere tra sottoscrizione e liquidazione
Il premio richiesto dall'assicuratore, oltre al premio puro comprende anche:
Risk margin – la remunerazione aggiuntiva al premio puro che l'assicuratore richiede all'assicurato
per l'aleatorietà della prestazione
Caricamenti di spesa – servono all'assicuratore per far fronte ai costi legati alla gestione
Margine di profitto – si tratta dell'eventuale guadagno ulteriore rispetto alla remunerazione offerta
dal risk margin che l'assicuratore è in grado di trarre dal contratto

La somma delle componenti del premio è detta premio tariffa ed è il ricavo dell'assicuratore, il
premio pagato dall'assicurato può comprendere le tasse sul premio.
La maggior parte dei prodotti assicurativi vita ha finalità previdenziali o di investimento nei quali la
componente assicurativa può avere una componente rilevante, modesta o assente ma è in ogni caso
secondaria a quella di investimento. Tali prodotti sono detti assicurazione vita rivalutabili e
assicurazioni linked.

i)La gestione dell'impresa di assicurazione e le condizioni di equilibrio dell'attività


assicurativa

Fermo restando che in una società assicurativa l'assicurazione danni è un'attività che deve essere
separata dall'attività di assicurazione vita, la gestione dell'attività assicurativa può essere
raggruppata nelle seguenti macroaree:
A) Attività assicurativa – è il core business dell'impresa ed esso si suddivide in:
• attività assuntiva – l'impresa definisce la propria offerta di prodotti e le modalità di
fissazione dei premi, stipula contratti assicurativi, incassa i premi e remunera gli
intermediari che hanno contribuito alla stipula del contratto. Da essa provengono i ricavi dai
premi e determinati costi
• attività di liquidazione – parte dalla denuncia del sinistro e si conclude con la liquidazione
del danno all'assicurato. In termini economici comporta il sostenimento di costi per sinistri
pari alle somme liquidate e dei costi per la liquidazione.
Sempre per quanto riguarda l'attività di investimento, in essa si viene a creare un fenomeno tipico
delle assicurazioni ossia l'inversione del ciclo monetario dell'assicuratore. Questo deriva dal fatto
che i premi sono incassati in via anticipata rispetto alla possibile corresponsione del servizio,
mentre nelle normali imprese avviene il contrario, prima avvengono le uscite monetarie e solo dopo
i ricavi. Le imprese di assicurazione quindi godono di un surplus di liquidità impiegabile sul
mercato finanziario. Se le normali imprese sono prenditrici di fondi, quelle assicurative invece sono
prenditrici di fondi.

L'attività di investimento e risk management sono derivanti da quella assicurativa ma non per
questo sono secondarie ma anzi possono benissimo essere catalogate come attività primarie nella
creazione di valore.

B) Attività di investimento – gli investimenti dell'impresa assicurativa vengono realizzati con i


premi raccolti ed è la conseguenza dell'inversione del ciclo monetario. Tale attività è caratterizzata
diversamente a seconda del prodotto assicurativo trattato, nelle assicurazioni vita sono legate
direttamente al prodotto mentre nelle assicurazioni danni non sono legate direttamente. Le attività di
investimento degli operatori assicurativi non sono differenti a quelle degli altri operatori, anche se
sono rivolte quasi esclusivamente all'acquisto di obbligazioni private e pubbliche.

C)Attività di risk management – tale attivitàper le assicurazioni è fondamentale e primaria nel


processo di creazione di valore. In particolar modo è importante la gestione dei rischi assicurativi e
dei rischi finanziari (principalmente di mercato). La gestione dei rischi assicurativi assunti avviene
attraverso il rispetto delle condizioni di equilibrio gestionale, inoltre le assicurazioni possono
negoziare strumenti derivati con finalità di copertura e ricorrere al mercato delle assicurazioni
indirette come ad esempio la riassicurazione.

D)Attività di supporto - a supporto delle tre attività primarie succitate ci sono delle attività che
permettono all'assicurazione di funzionare correttamente, questo è il caso dell'attività di general
management oppure di bilancio, di controllo, di gestione informatica ecc. Queste attività è possibile
trovarle in tutte le imprese e solo un'attività è peculiare dell'impresa di assicurazione ossia la
funzione attuariale, che consiste nel fare calcoli probabilistici per stabilire premi, risorse tecniche e i
requisiti minimi patrimoniali.

Perchè l'attività assicurativa possa essere esercitata in maniera durevole in condizioni di equilibrio
gestionale occorre rispettarne le condizioni, che sono:
Condizione di diversificazione – condizione che obbliga l'assicuratore a stipulare un numero di
contratti assicurativi abbastanza elevato su rischi omogenei e indipendenti.
Condizione di tariffazione – condizione per la quale l'assicuratore deve far pagare un premio uguale
o superiore alla somma del premio puro, risk margin e dei caricamenti.
Condizione di riservazione – condizione che impone all'assicurazione di disporre in ogni momento
di sufficienti riserve tecniche generate dagli accantonamenti a fronte di futuri sinistri e future spese
di gestione.
Condizione di solvibilità – condizione che impone all'impresa di assicurazione di disporre di risorse
patrimoniali sufficienti per evitare l'insolvenza anche in condizioni in cui la sinistrosità si rivelasse
particolarmente accentuata.

ii)Il bilancio delle imprese di assicurazione

Il bilancio delle imprese di assicurazione è specifico a causa delle peculiarità gestionali e ad essso
non si applicano gli IAS, i quali vengono applicati solo ai grandi gruppi assicurativi in fase di
redazione di bilancio consolidato. Anche in questo caso il bilancio è composto da tre documenti
fondamentali ossia lo stato patrimoniale, il conto economico e la nota integrativa.

Lo stato patrimoniale
L'attivo è quasi interamente costituito da investimenti finanziari (azioni, obbligazioni e altro) fatti
con i premi incassati e le risorse patrimoniali.
Il passivo è in larga parte costituito dagli accantonamenti necessari a far fronte agli impegni sui
contratti assicurativi e dal patrimonio netto. Gli investimenti finanziari che eccedono le riserve
tecniche sono detti investimenti liberi mentre gli altri sono detti investimenti a copertura delle
riserve tecniche. Nel ramo danno vi sono due principali riserve tecniche:
• Riserva sinistri – serve a fronteggiare i sinistri gia verificati ma non ancora liquidati
• Riserva premi – serve a fronteggiare possibili rischi futuri non ancora manifestatisi ma che
potrebbero manifestarsi.
Nel ramo vita le principali riserve invece sono:
• Riserva matematica – esprime il valore degli impegni dell'assicurazione nei confronti degli
assicurati, al netto dei premi non ancora ricevuti dall'assicurato, è del tutto assimilabile alla
riserva premi.
• Riserva per somme da pagare – rappresenta il valore delle somme dovute ma non ancora
pagate. E' poco rilevante in quanto tali somme sono liquidate velocemente e senza
aleatorietà nella stima dell'importo da pagare.
Conto economico
Determina l'utile o la perdita dell'esercizio come differenza tra ricavi e costi. I ricavi tipici
dell'impresa di assicurazione sono i premi e gli utili da investimenti, i costi tipici sono invece
rappresentati da oneri per sinistri e spese di gestione suddivisibili in costi di gestione e altre spese di
gestione. La situazione, per quanto riguarda la determinazione di costi e ricavi, è diversa in quanto
si deve soddisfare il principio di competenza economica, che richiede di considerare in conto
economico le variazioni da un esercizio all'altro delle riserve tecniche. Inoltre il conto economico è
diverso a seconda che si tratti di assicurazioni vita o danni.
Il conto economico di una compagnia assicurativa si compone di tre prospetti in forma scalare:
• Conto tecnico del ramo danni – il risultato deriva dalla differenza tra premi di competenza,
oneri per sinistri, spese di gestione e quota degli utili da investimenti attribuita al conto
tecnico e cioè quella degli investimenti e cioè quella degli nvestimenti liberi. I premi di
competenza sono determinati dai premi contabilizzati meno la variazione della riserva
premi.
• Conto tecnico del ramo vita – è simile a quello precedente ma si differenzia in due casi: 1)
non vengono calcolati i premi di competenza ma vengono presentati come voci separate che
sono i premi contabilizzati e la variazione delle riserve matematiche 2) l'utile da
investimento viene attribuito al conto tecnico e solo la parte riferita agli investimenti liberi
viene girata al conto non tecnico.
• Conto non tecnico – è la somma algebrica dei due conti precedenti, la quota degli utili da
investimenti liberi rappresenta la voce principale assieme alle imposte di esercizio.

iii)I principali indicatori di bilancio

Gli indici di bilancio delle imprese assicurative sono peculiari alla loro attività, ne esistono quattro
macrocategorie:

Indici patrimoniali, di struttura e solvibilità


• Grado di copertura delle riserve tecniche = investimenti/riserve tecniche nette
• Leva finanziaria assicurativa (a)= riserve tecniche nette/patrimonio netto
• Leva finanziaria assicurativa (b)= riserve tecniche nette/(patrimonio netto+passività
subordinate)
• Indice di solvibilità (a) = margine di solvibilità disponibile/margine di solvibilità richiesto
• Indice di solvibilità (b)=fondi propri ammissibili alla copertura del requisito patrimoniale di
solvibilità/requisito patrimoniale di solvibilità richiesto
• Incidenza degli investimenti = investimenti/totale attivo
Tali indici servono ad evidenziare la capacità dell'azienda di fronteggiare gli impegni nei confronti
degli assicurati (espressi dal totale delle riserve tecniche), per quanto riguarda il grado di copertura
delle riserve tecniche, questo indice dovrebbe essere maggiore di 1 affinchè le riserve siano
adeguatamente coperte, inoltre maggiore è tale indice e meglio è per la societ. Per quanto riguarda
la leva finanziaria assicurativa invece, esso pone attenzione sulla disponibilità di mezzi patrimoniali
per fronteggiare gli impegni nel caso in cui si verifichino condizioni di particolare sinistrosità.

Indici di redditività
Particolarmente importante è il ROE ossia la redditività del capitale proprio che ci mostra la
capacità dell'impresa di remunerare il capitale proprio, è dato da utile netto /patrimonio netto.

Indici tecnici del ramo danni


• Margine tecnico=risultato tecnico/premi di competenza esprime la redditivitàdel ramo
rispetto ai premi di competenza, è ottenibile dalla somma del margine tecnico finanziario e
del margine tecnico assicurativo. Margine tecnico finanziario=quota di utile da investimenti
del conto tecnico/ premi di competenza; margine tecnico assicurativo=margine tecnico-
margine tecnico finanziario.
• Cover ratio=risultato tecnico/premi contabilizzati esprime quanto permangono i
premi presso l'impresa. Se questo indice è alto, permette all'impresa di godere dei risultati
dell'impresa per più tempo ma può anche significare lentezza nella liquidazione dei sinistri.
• Combined ratio= claim ratio+indice costi di acquisizione+indice spese amministrative e
generali esprime l'incidenza dei costi della gestione assicurativa sui premi.

Indicatori tecnici del ramo vita


Per via della forte componente di risparmio dei premi del ramo vita, i margini di questo ramo della
società sono solitamente inferiori e si utilizzano indice pressochè identici a quelli del ramo danni.
Discorso differente invece deve essere fatto per il cover ratio, più alto in questo settore e che qui
perde capacità segnaletica dovuta alla marginalità degli oneri per sinistri, che veri e propri sinistri
non sono (es. la morte dell'assicurato) in quanto sono per la maggior parte determinate dalle
erogazioni fatte agli assicurati sotto forma di capitale o di rendite. Quindi in questo caso si
utilizzano i seguenti indicatori:
• Indice di raccolta netta = (premi contabilizzati-somme pagate)/premi contabilizzati
• Indice di variazione delle riserve tecniche = variazione delle riserve tecniche / riserve
tecniche.

CAPITOLO VI
LA REGOLAMENTAZIONE DEGLI INTERMEDIARI E DEI
MERCATI FINANZIARI

1 Perchè l'intermediazione deve essere regolamentata?

Un eventuale malfunzionamento dei mercati o degli intermediari finanziari comporterebbe


l'interruzione dei servizi finanziari e ciò avrebbe un grosso impatto sull'intero sistema economico. Il
fallimento del mercato può portare al blocco delle transazioni e all'impossibilità di allocare le
risorse finanziarie. Il fallimento di un intermediario finanziario comporta invece la perdita o la
riduzione di credito e la perdita dei depositi e la possibilità dicontagio ad altri intermediari
finanziari mina la fiducia del pubblico verso la moneta bancaria portando alla cosiddetta corsa agli
sportelli.
La regolamentazione e la vigilanza degli intermediari finanziari serve proprio a evitare questo,
perseguendo la stabilità degli operatori a tutela dei risparmiatori e del corretto funzionamento del
sistema dei pagamenti.
La stabilità degli operatori viene perseguita sia a livello micro che macro, decidendo il contesto
strutturale e le regole prudenziali per una corretta gestione che vertono sulla valutazione del profilo
di rischio delle attività esercitabili e sul capitale minimo da detenere a fronte dei rischi sostenuti.
La potenziale instabilità degli intermediari finanziari è il principale motivo di una loro disciplina e
al contempo definisce un obiettivo intermedio delle autorità di regolamentazione che sarebbe la
ricerca di una stabilita sia a livello micro che a livello strutturale, in modo che la fiducia del
pubblico presso gli intermediari finanziari e la moneta bancaria venga tutelata.
Sotto il profilo economico occorre analizzare:
• le cause della potenziale fragilita degli intermediari finanziari
• la natura pubblica della regolamentazione e della vigilanza

i)L'instabilità degli intermediari

Le ragioni che possono portare al dissesto di un intermediario finanziario sono principalmente due:
• l'attività di asset transformer e l'elevato livello di leverage
• l'opacità del profilo di rischio in un contesto di asimmetrie informativa
L'attività di trasformazione dimensionale, di rischio e delle scadenze e l'elevato leverage determina
una situazione di solvibilità condizionata al mancato esercizio collettivo del prelievo dei depositi.
Per via della riserva frazionaria e della qualità dell'attivo (che è illiquido perchè impegnato in
prestiti difficilmente negoziabili) le banche non potrebbero far fronte ad una richiesta collettiva di
liquidità trovandosene così a corto. Per questo motivo si deve ricercare l'equilibrio finanziario e
mantenerlo constantmente.
Per arrivare ad una richiesta collettiva di prelievi i risparmiatori dovranno porsi dei dubbi circa la
solvibilità degli intermediari finanziari, è possibile spiegare cosa porta a questa situazione
illustrando il processo di crisi.
Le banche fanno fronte alle esigenze di liquidità dei risparmiatori attingendo alle riserve di liquidità
o ricorrendo al prestito interbancario. Fino a che si verifica la condizione di solvibilità dealla banca,
dei semplici prelievi straordinari causerebbero solamente carenze di liquidità momentanee
facilmente risolvibili attingendo alle riserve o ricorrendo ai prestiti interbancari.
Per via delle asimmetrie informative tra banca e depositanti circa la qualità dell'attivo bancario, i
depositanti potrebbero avere problemi a ricondurre le difficoltà di rimborso di una banca ad una
momentanea carenza di liquidità risolvibile piuttosto che ad una situazione di effettiva insolvenza.
Se si diffondono dei rumor sulle difficoltà di un intermediario finanziario, con la regola di rimborso
first comed firts served, i risparmiatori non motivati da esigenze di liquidità richiederebbero i loro
soldi mettendosi in cosa agli sportelli per trasferire la loro disponibilità presso altri intermediarinon
colpiti dai rumor. Questo porterebbe l'intermediario finanziario a dismettere a sconto anche attività
difficilmente liquidabili compromettendo così la propria liquidità e solvibilità, inoltre le voci di
difficoltà ridurrebbero la loro capacità di finanziarsi presso il mercato interbancario.
Così, una volta assorbite le riserve di liquidità primaria la banca si troverebbe in una situazion di
illiquidità non sanabile senza interventi esterni. Questo processo colpisce il singolo intermediario
ma può anche diffondersi nel sistema creando una situazione di crisi sistemica. Il contagio avviene
attraverso due canali:
rapporti interbancari – gli intermediari finanziari sono legati da relazioni di debito e credito molto
fitte che fanno si che il dissesto di un operatore coinvolga anche le sue controparti
comportamento dei depositanti al dettaglio – in periodo di recessione la corsa agli sportelli presso
alcune banche potrebbe influenzare anche in clienti di altre banche. Se si insinua tra il pubblico la
sfiducia circa la convertibilità in moneta dei depositi si innesca una corsa generale agli sportelli che
interesserebbe l'intero sistema bancario richiedendo interventi esterni.
Bisogna puntualizzare che anche semplici episodi di illiquidità possono essere scambiati per episodi
di insolvenza per via delle asimmetrie informative tra banca e clientela, inoltre il processo di crisi
può avviarsi a prescindere o meno dalla veridicità dei rumor.

ii)La na tura pubblica della regolamentazione e della vigilanza

La possibilità di crisi ostringe i depositanti ad un costante monitoring atto a controllare la solvibilità


dell'intermediario finanziario e la qualità del suo attivo patrimoniale. Tale attività è però costosa,
difficile e soggetta al rischio di asimmetrie informative.
Le potenziali imperfezioni della disciplina di mercato e l'incapacità di monitoring dei depositanti
retail giustificano l'intervento di soggetti esterni pubblici che sono le autorità di regolamentazione e
vigilanza. Inoltre la natura pubblica di tali soggetti è richiesta per via dell'interesse pubblico
collettivo riguardo alla fiducia nel sistema finanziario e bancario che è uno dei cardini fondamentali
dell'economia. Inoltre la natura pubblica di tali organismi è necessaria anche per la richiesta di
informazioni aggiuntive rispetto a quelle di mercato, così da migliorare il quadro conoscitivo
riguardo la banca e valutare correttamente il grado di liquidità e solvibilità per poter mettere in atto
eventuali interventi di sostegno non condizionati da una cattiva informazione di mercato.

2 Il safety net

Nonostante la vigilanza possono comunque avvenire dissesti e crisi, da qui l'esigenza di completare
l'impianto regolamentare con ulteriori presidi istituzionali e operativi volti a gestire situazioni di
crisi e gestirne i costi. Questo sistema prende il nome di Safety Net e si compone di:
• un prestatore di ultima istanza
• uno schema di assicurazione dei depositi
tale rete è un'esclusiva delle banche: in Italia i depositi sono assicurati dal Fondo interbancario di
tutela dei depositi, il prestatore di ultima istanza è la BCE mentre la'ttività di vigilanza è affidata
alla Banca d'Italia.

i)Il prestatore di ultima istanza

E' normalmente rappresentato dalla banca centrale, ha la funzione di regolarizzare la liquidità del
sistema bancario e di supplire eventuali malfunzionamenti del mercato monetario assorbendo shock
di liquidità. La banca interviene nei mercati monetari con operazione di regolazione della liquidità
aggregata (in particolar modo con operazioni di mercato aperto) che generalmente non hanno la
finalità di prestatore di ultima istanza in senso stretto ma possono diventarlo in situazioni
eccezionali con la banca centrale che offre volumi elevatissimi se non illimitati di liquidità per
assorbire lo shock e ristabilire condizioni di normale operatività.
Le operazioni di prestatore di ultima istanza in senso stretto si hanno quando la banca centrale
fornisce liquidità come credito a brevissimo termine ai singoli intermediari finanziari che non sono
in grado di far fronte al proprio fabbisogno finanziario ricorrendo ad altre fonti come il prestito
interbancario; questo tipo di operazioni sono bilaterali. Le operazioni di rifinanziamento in questo
caso sono garantite da attività stanziabili (come i titoli di stato) e vengono concessi a saggi
penalizzanti (marginal lending rate) determinati dalla banca centrale. La funzione di prestatore di
ultima istanza genera delle criticità le cui modalità di risoluzione condizionano l'assetto istituzionale
degli istituti centrali determinando:
difficoltà per il prestatore di ultima istanza, in un contesto di asimmetria informativa, di distinguere
tra intermediari finanziari illiquidi e insolventi. Le azioni di rifinanziamento sono rivolte agli
intermediari finanziari in temporaneo deficit di liquidità e teoricamente il rifinanziamento degli
intermediari insolveti dovrebbe esulare dalle competenze del prestatore di ultima istanza, rientrando
nel novero degli interventi di salvataggio con interventi di garanzia e iniezione di capitale che sono
compito delle autorità di governo. Il prestatore di ultima istanza ha fondamentalmente uno
strumento per distinguere tra intermediari illiquidi e insolventi ossia la concessione del credito a
tassi penalizzanti per evitare che tali fondi siano utilizzati per finanziare la spesa corrente
rieducando in questo modo il management alla corretta gestione della banca
l'opportunità di concentrare in un'unica autorità (come ad esempio la banca centrale) le competenze
monetarie e di vigilanza consentendo così al prestatore di ultima istanza di adempiere meglio alle
sue funzioni, disponendo di un quadro informativo completo. Attualmente in Europa le due funzioni
sono separate ed infatti questo ha avuto ripercussioni causando difficoltà nella gestione della crisi
non permettendo di approntare delle soluzioni definitive

ii)Gli schemi di assicurazione dei depositi

Tali schemi sono intesi a preservare la fiducia dei depositanti tutelando i risparmiatori in ipotesi di
dissesto di un intermediario finanziario che la vigilanza non è riuscita a prevenire. In caso di
fallimento di una banca, l'attivo patrimoniale è minore rispetto al passivo determinando così una
perdita, gli schemi di assicurazione intervengono a copertura di questa perdita rimborsando i
depositanti e non inducendoli ad una corsa agli sportelli prevenendo un contagio sistematico.
Per analizzare uno schema assicurativo bisogna individuare il soggetto garante, le garanziep restate
e gli effetti che questa copertura produce sul comportamento dell'intermediario. L'insieme di questi
fattori determina il grado di efficienza dell'assicuazione dei depositi.

Sotto il profilo isitituzionale, gli schemi assicurativi hanno la natura di fondo consortile a matrice
pubblica con partecipazione obbligatoria, la contribuzione è funzione crescente del profilo di rischio
dell'intermediario così da determinare il premio relativamente al suo rischio di insolvenza. La
capacità degli schemi assicurativi di far fronte ad eventuali situazioni di dissesto degli assicurati è
funzione di due fattori:
• la circostanza che tali meccanismi sono strutturati per risolvere l'insolvenza di singole
banche e non anche crisi sistemiche
• la dimensione degli intermediari e il loro grado di concentrazione del mercato bancario: se ci
sono banche con rilevanti quote di mercato o comunque molto concentrate (ad esempio
facenti parte di un unico vasto gruppo), questi diventano dei soggetti troppo grandi e
importani per fallire compromettendo l'efficacia del sistema assicurativo non essendo gli
intermediari residui in grado di sostenerne i costi di salvataggio tramite schemi assicurativi,
inoltre il dissesto dei grandi coinvolgerebbe anche i piccoli per via delle fitte
interconnessioni
Tali situazioni possono quindi giustificare interventi di natura pubblica a tutela dei depositanti se
non veri e propri interventi dello stato atti a preservare la stabilità del sistema bancario, in questo
caso si parla di garanzia di secondo livello in quanto subordinata agli schemi assicurativi considerati
di primo livello.

Sotto il profilo comportamentale, la copertura assicurativa può indurre a comportamenti


opportunistici e di moral hazard da parte del management di una banca, ossia dei comportmenti
rischiosi influenzati dall'appartenenza al fondo di garanzia al fine di trarne dei profitti. Tali
situazioni si possono avere ad esempio in caso di contribuzioni al fondo con importo prefissato che
coprono interamente il deposito in caso di dissesto: questo spinge il management ad alzare il profilo
di rischio dell'attivo al fine di cogliere opportunità di profitto elevate nel caso in cui gli investimenti
andassero a buon fine, traslando in capo all'assicuratore il costo di possibili risultati negativi.
Per evitare questi comportamenti si può agire in due modi:
coordinando l'organizzazione degli schemi assicurativi con la regolamentazione pruenziale (ad
esempio limitanto le attivitò esercitabili dalla banca e determinando il capitale minimo in funzione
del profilo di rischio dell'attivo dello stato patrimoniale)
introducendo limitazioni all'estensione della copertura assicurativa, correggendo la contribuzione in
funzione del rischio
3 Obiettivi e archetipi operativi della regolamentazione

Se ad oggi tutti sono d'accordo sul fatto che bisogna definire regole per gli intermediari finanziari,
altrettando non si può dire sul livello di dettaglio e pervasività che la norma deve avere per
raggiungere gli obiettivi preposti. E' opinione di molti studiosi che la regolamentazione oltre certi
limiti possa essere dannosa arrivando alla c.d. Regolatory failure, con costi che supererebbero i
benefici; ad esempio quando l'eventuale attività sanzionatoria del mercato viene sostituita da quella
meno efficiente delle autorità. Un'eccessiva regolamentazione può inoltre ridurre l'iniziativa
imprenditoriale diminuendo così la concorrenzialità del mercato, si può quindi dire che la
regolamentazione deve essere adeguata e non assoluta.

A questo punto occorre chiedersi quali siano gli obiettivi specifici della regolamentazione, tenendo
presente che lo scopo principale è l'equilibrio del sistema finanziario e del correlato interesse
pubblico sul suo buon finanziamento: le finalità essenziali dunque sono stabilità, efficienza e
trasparenza; tali obiettivi devono essere perseguiti sia a livello microeconomico che
macroeconomico.
Stabilità – l'azione regolamentare è volta ad assicurare condizioni di liquidità e solvibilità dei
singoli per evitare che un eventuale dissesto coinvolga l'intero sistema. In ottica macroeconomica la
stabilità viene perseguita creando meccanismi di prevenzione idonei a fronteggiare le possibili crisi
e che assorbano le difficoltà del singolo evitando effetti negativi per il sistema
Efficienza – può essere intesa da un duplice punto di vista, ossia l'efficienza allocativa e tecnico
operativa. Per la prima tipologia si intende la capacità degli intermediari di finanziare iniziative
imprenditoriali e progetti di investimento con rendimenti più alti, al netto del grado di rischio
complessivo loro collegato, mediante una selezione dei soggetti e la corretta valutazione del loro
merito creditizio. Per efficienza tecnico operativa invece si intende la capacità gestionale di offrire
prodotti e servizi al minor costo possibile o massimizzando il livello di produzione a parità di costo
cercando una migliore combinazione dei fattori produttivi. L'efficienza è maggiore se si ha
maggiore competitività nel mercato, ma questo significherebbe ridurne la stabilità che si realizza
ponendo dei vincoli all'entrata di nuovi soggetti nel mercato. Vi è quindi un trade off tra efficienza e
stabilità e ciò porta alla regolamentazione del grado di concorrenza all'interno del sistema
finanziario. In ogni caso queste forme di controllo devono prevedere adeguate forme di concorrenza
che evitino la tendenza verso il monopolio e l'oligopolio
Trasparenza – la trasparenza delle informazioni e la correttezza di comportamento degli operatori
finanziari è un aspetto riconducibile al principio di equità nella distribuzione delle risorse.
L'informazione p una risorsa in mano agli operatori e deve esserne garantita una corretta
ripartizione tra i contraenti della contrattazione:
dal punto di vista macroeconomico la trasparenza è correlata all'efficienza informativa (cioè la
capacità del prezzo degli strumenti finanziari di incorporare le informazioni disponibili)
dal punto di vista microeconomico bisogna distinguere tra trasparenza e correttezza degli operatori:
la trasparenza riguarda la messa a disposizione di informazioni compiute e comprensibili riguardo i
contratti e la propria figura da parte degli operatori, la correttezza invece si riferisce invece alle
regole di condotta a cui gli intermediari di devono attenere per perseguire gli interessi degli
investitori

Se la dottrina è d'accordo su quelli che devono essere le tre finalità della regolamentazione,
altrettanto non si può dire che vi sia sostanziale accordo sull'assetto strutturale che essa deve avere
per poterli perseguire. In linea generale vi sono due linee di pensiero secondo le quali la
regolamentazione può basarsi su un modello accentrato o su uno decentrato.
• Modello accentrato – in questo caso, ad una singola autorità viene attribuito il compito di
regolamentare e vigilare sul sistema finanziario per quanto riguarda attività svolte,
intermediari presenti sul mercato e finalità della regolamentazione. L'accentramento del
potere garantisce maggior efficacia nel perseguimento degli obiettivi in quanto l'autorità ha
una visione unitaria dell'intermediario nel suo complesso, consentendo di realizzare
economie di scala e di scopo evitando doppi controlli. La presenza di un regolatore unico da
maggior chiarezza nell'individuazione delle responsabilità di controllo, di contro però il
single regulator può comportare appesantimento burocratico e situazioni di potenziale
conflitto tra le diverse finalità da perseguire
• Modello decentrato – prevede la presenza di più autorità a cui vengono attribuite le
competenze in base agli intermediari, alle attività o agli obiettivi loro assegnati. Il modello
in questione presenta vantaggi come l marcata specializzazione delle autorità di vigilanza
che agevola la definzione dell'impianto normativo e semplifica l'esercizio dei controlli. Oggi
come oggi, l'efficacia della vigilanza istituzionale si scontra con il venire meno della riserva
d'attività, ossia il fatto che oggi un solo soggetto può svolgere una moltitudine di attività di
intermediazione, dando luogo all'applicazione di regole non uniformi per le stesse
operazioni svolte da soggetti con natura differente, creando così fenomeni di arbitraggio
regolamentare e quindi situazioni di minor protezione degli utenti, generando effetti
distorsivi sul mercato sulla concorrenza. Inoltre, la presenza di grossi gruppi bancari
potrebbe portare ad influenzare gli apparati di vigilanza fino ad arrivare all'estrema ipotesi di
collusione, in cui le autorità sono espressione di tali gruppi. Per risolvere questi problemi si
potrebbe ricorrere alla vigilanza per attività, dove a ciascuna attività di intermediazione
corrisponde un'autorità regolamentar, a prescindere da chi la esercita. Comunque
l'applicazione nelle singole realtà nazionali da luogo a modelli ibridi in quanto non esiste un
modello ideale di regolamentazione decentrata.

Per quanto riguarda gli strumenti di cui si servono le autorità di vigilanza, si può dire che
ovviamente il loro fine è la ricerca della stabilità e dell'ifficienza e sono classificabili in base:
• alle finalità della norma di vigilanza
• alla cronologia temporale (ex ante o ex post)
• all'attività svolta dalle autorità di controllo

4 Autorità e processo di regolamentazione nazionale e sovranazionale

L'attività finanziaria di recente è stata caratterizzata da dei mutamenti che hanno coinvolto gli
intermediari finanziari cambiandone il ruolo in funzione della loro diversificazione operativa.
Questo ha contribuito ad innalzare il livello di rischio dell'attività finanziaria e da qui l'esigenza di
avere un quadro normativo efficacie in grado di accogliere i frequenti cambiamenti che assicuri
tutela ai risparmiatori, cioè i soggetti più deboli colpiti dall'assimetria informativa.
Per questo motivo, in quasi tutti i paesi moderni vi sono più livelli per quanto riguarda la
definizione di norme sull'attività finanziaria. Solitamente il primo livello è di competenza degli
organi legislativi (es il parlamento) il cui compito è quello di dare delle linee guida che verranno
poi recepite dai livelli sottostanti, ossia degli organismi tecnici specializzati che traducono in regole
operative le linee guida di cui sopra.

L'ordinamento italiano si basa su quattro testi principali:


• Testo unico bancario del 1993
• Testo unicodella finanza del 1998
• Codice delle assicurazioni private del 2005
• Normativa sulle pensioni complementari
Tali testi hanno la natura di leggi quadro che fissano dei principi la cui attuazione è compito di
organismi sottostanti che emanano le relative regole operative. Tali autorità, a cui spetta anche il
compito di vigilanza, sono cinque e fanno parte di un modello normativo e di vigilanza ibrido, essi
sono:
Banca d'Italia – a essa compete la stabilità e il buon funzionamento del sistema finanziario, che
viene perseguiro assicurando una sana e prudente gestione da parte degli intermediari. Si parla di
gestione sana quando essa persegue fini di redditività. Oltre alla vigilanza, la Banca d'Italia, in
quanto faente parte del SEBC ha anche compiti di politica monetaria.
Consob (commissione nazionale per le società e la borsa) – si assicura del corretto funzionamento
dei mercati mobiliari assicurando trasparenza e completezza delle informazioni da parte di tutti i
soggetti che emettono strumenti finanziari e li collocano presso il pubblico
AGCM (autorità garante della concorrenza e del mercato) – ha il compito di salvaguardare un
adeguato livello di concorrenza del sistema finanziario che si traduca in condizioni di prezzo e
qualità più favorevoli per gli utenti.
Isvap (istituto di vigilanza delle assicurazioni private e di interesse collettivo) – sovrintende alla
vigilanza nel settore assicurativo.
Covip (commissione di vigilanza sui fondi pensione) – ha fondamentalmente la funzione di
autorizzare l'attività dei fondi pensione e di garantirne la correttezza nella gestione.

CAPITOLO VII
PROFILI DI VIGILANZA: L'ESPERIENZA ITALIANA

1 Le autorità di vigilanza e regolamentari in Italia

In Italia tra le autorità regolamentari e di vigilanza occorre distinguere tra organi politici (i quali
definiscono i principi della normativa di vigilanza) e organi tecnici a cui viene affidata la vigilanza.
Del primo gruppo fanno parte il CICR (comitato interministeriale per il credito e il risparmio) e il
ministero dell'economia e delle finanze, del secondo gruppo invece fanno parte Banca d'Italia,
Consob, AGCM, Isvap e Covip. Data la presenza di più soggetti, non è semplice ripartire le
competenze, sopratutto quando dispongono di poteri di intervento per una categoria di soggetti o di
un'attività finanziaria. Per questo motivo i poteri regolamentari sui profili organizzativi degli
intermediari disciplinati dal TUF, rilevanti sul piano di stabilità e di tutela dei risparmiatori, sono
attribuiti a certi soggetti (Consob e Banca d'Italia) mentre sotto il profilo della vigilanza vi è una
corretta ripartizione delle competenze.
Tra questi soggetti vi è la tendenza alla collaborazione informativa oltre al coordinamento delle
attività, che se pur diverse spesso sono intecciate tra loro. La legge lascia libere le autorità di
coordinare le proprie azionie allo stesso tempo vieta che si pongano tra loro il segreto di ufficio. Le
dimensioni dei gruppo e il loro carattere internazionale richiedono cooperazione tra le autorità di
controllo, queste attività diventano col passare del tempo sempre più stabili e continuative.
Le autorità regolamentari e di vigilanza operanti in italia sono le seguenti:
• Il comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR) – ha funzioni di alta
vigilanza in materia di credito e tutela del risparmio, le sue delibere riguardano la
regolamentazione dell'attività bancaria e degli altri intermediari finanziari e la trasparenza
delle condizioni contrattuali dele operazioni. E' composto e' presieduto dal ministro
dell'economia e della finanza ed è inoltre composto dai ministri dell'agricoltura e dello
sviluppo economico. Oltre a loro partecipa senza diritto di voto il governatore della Banca
d'Italia e possono essere invitati a soli scopi consultivi altri ministi.
• Il ministero dell'economia e delle finanze – ha competenze autonome, in prevalenza
normative: ad esempio definisce i requisiti di onorabilità dei partecipanti al capitale sociale
di una banca e i requisiti di onorabilità, autonomia e professionalità degli amministratori,
determina i requisiti degli intermediari finanziari per l'iscrizione ai relativi albi, individua
nuove categorie di strumenti finanziari etc.
• La Banca d'Italia – ha il compito di assicurare la stabilità monetaria e finanziaria. Dal punto
di vista della vigilanza persegue la sana e prudente gestione degli intermediari, la stabilità
complessiva, l'efficienza e la competitività del sistema finanziario, inoltre si occupa di
assicurare l'osservanza delle disposizioni di legge da parte dei soggetti vigilati. Svolge
funzioni dirette al perseguimento di questi obiettivi in base ai poteri dategli
dall'ordinamento. Vigila sulle banche, sulle società di gestione del risparmio, sulle società di
investimento a capitale variabile, sulle SIM e IMEL e su tutti gli intermediari iscritti a
elenco nell'articolo 106 del Testo Unico Bancario. La Banca d'Italia dispone di autonoma
capacità normativa ed è impegnata a livello internazionale nella formulazione delle regole di
condotta e di coordinamento della vigilanza comune internazionale. Svolge inolte compiti di
supervisione dei mercati finanziari assicurandone stabilità e trasparenza . Ha competenze
condivise con la Consob per quanto riguarda la vigilanza dei mercati rilevanti per la politica
monetaria (es mercati all'ingrosso di titoli di stato) e sui servizi necessari per portare a buon
fine le transazioni originate sui mercati.
• La commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) – svolge attività di tutela
degli investimenti e persegue inoltre l'efficacia, la trasparenza e lo sviluppo del mercato
mobiliare italiano. Le sue funzioni riguardano i prodotti oggetto degli investimenti e i loro
emittenti, degli intermediari che se ne occupano e dei mercati dove vengono realizzati gli
scambi. Il controllo sui prodotti finanziari si realizza garantendo agli investitori tutte le
informazioni necessarie per il compimento consapevole dell'investimento, il controllo sugli
intermediari avviene emanando che proteggano l'investitore da comportamenti scorretti
dell'intermediario, il controllo sui mercati avviene assicurando l'efficienza delle
contrattazioni così da negoziare in maniera agevole i prodotti.
• L'autorità garante per la concorrenza e il mercato (AGCM) – le compete il controllo e la
disciplina dei comportamenti che mettono in pericolo la competitività. Controlla l'accesso al
mercato e la parità concorrenziale degli operatori così da assicurare migliori prezzi e
migliore qualità dei prodotti ai consumatori.
• L'istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP) – ha
funzioni di vigilanza sul settore assicurativo garantendo la sana e prudente gestione delle
imprese di assicurazione, la trasparenza e la correttezza nei comportamenti degli
intermediari finanziari di competenza puntando alla stabilitò, all'efficienza, alla
competitività e al buon funzionamento del sistema assicurativo. Ha il compito di tutelare i
consumatori di prodotti assicurativi avendo in particolare cura la disciplina delle
informazioni.
• La commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) – è chiamata a garantire e
assicurare la trasparenza e la correttezza nella gestione e sull'amministrazione dei fondi
pensione.

2 La vigilanza sulle banche e sugli intermediari finanziari non bancari

La banca d'Italia esercita poteri di vigilanza nei confronti delle banche, avendo riguarda alla sana e
prudente gestione, alla stabilità e alla competitività del sistema finanziario e all'osservanza della
normativa in materia creditizia e finanziaria. Inoltre esercita controlli analoghi sugli altri
intermediari finanziari.
L'azione delle autorità di vigilanza è caratterizzata da tre tratti, si può quindi dire che hanno un
approccio:
• Consolidato – volto a cogliere i rischi complessivi degli intermediari finanziari
indipendentemente dalla struttura organizzativa scelta.
• Incentrato sui rischi – finalizzatoa valutare i rischi rilevanti attraverso l'applicazione di
controlli uniformi agli intermediari finanziari che operano nello stesso settore anche se
iscritti ad albi diversi.
• Proporzionale – gradua i controlli in proporzione alla dimensione, alla rilevanza sistemica e
alle problematiche degli intermediari finanziari vigilati.

i)Gli interventi di vigilanza strutturale

La definizione della struttura del sistema creditizio realizzata tramite i controlli all'entrata e
all'espansione del mercato (controllo dell'entrata di nuove banche o di apertura di nuovi sportelli nel
territorio) ha condizionato l'operatività degli intermediari bancari influenzandone le scelte
strategiche e quindi le performance secondo quello che è il paradigma struttura-condotta-
performance. Il recepimento delle direttive europee riguardanti la liberalizzazione del settore ha
ridotto di fatto l'influenza sulla gestione delle banche da parte delle autorità di controllo limitandola
ad aspetti di natura prudenziale: alla Banca d'Italia spettano compiti di verifica che le scelte delle
banche non possano minare il corretto funzionamento del sistema finanziario. Gli unici interventi di
natura strutturale che rimangono sono:
• La definizione di attività bancaria e le condizioni per il suo esercizio – l'attività bancaria
consiste nella raccolta del risparmio e nella concessione del credito, in aggiunta a questa
attività può essere svolta ogni altra attività finanziaria salvo riserve di legge. L'accesso di
nuovi soggetti nel mercato influenza la concorrenza e alla Banca d'Italia spetta il
procedimento autorizzativo finalizzato unicamente alla verifica dell'esistenza di condizioni
atte a garantire la sana e prudente gestione della banca.
• Controllo degli aspetti proprietari e organizzativi degli intermediari – la gestione della banca
deve assicurare piena indipendenza (in particolar modo per l'esercizio della funzione
allocativa) per evitare il conflitto diinteressi tra banca e azionisti. Per questo motivo le
autorità di vigilanza emanano disposizioni che possano garantire autonomia di giudizio e
una sana e prudente gestione dell'intermediario bancario regolamentando l'assunzione di
partecipazioni nel capitale delle banche e disciplinando le partecipazioni che le banche
possono assumere. La Banca d'Italia autorizza preventivamente le assunzioni di capitale che
comportano il controllo o comunque una notevole influenza sulla banca, cioè quelle
superiori al 10% del capitale sociale. Quando la quota è maggiore del 20, 30 o 50% tali
soggetti devono anche possedere il requisito di onorabilità.
Le scelte della banca riguardo all'acquisto di titoli sono vincolate per giustificae un
diversificazione el portafoglio titoli così da ridurre il rischio. La banca può comunque
scegliere la struttura organizzativa più congeniale a se stessa e l'azione dell'autorità di
vigilanza è limitata alla definizione di gruppo bancario (es come deve essere e stabilendo le
norme per il suo funzionamento).
• Le modifiche dello statuto e le operazioni straordinarie sul capitale – la Banca d'Italia ha il
compito di accertarsi che le scelte della banca riportate nello statuto non contrastino col
principio di sana e prudente gestione, potendo chiederne la modifica o la rimozionedi alcune
parti ad esso non conformi. Considerazioni simili si fanno anche per operazioni straordinarie
di modifica del capitale.
• Lo svolgimento dell'attività bancaria fuori sede o all'esterno dei confini nazionali – le
banche possono svolgere la propria attività al di fuori della propria sede utilizzando propri
dipendenti, promotori finanziari o altri intermediari finanziari (es le SIM), però resta
comunque di competenza della banca la valutazione del merito creditizio del cliente. Le
banche italiane inoltre possono liberamente aprire proprie sedi nei paesi UE ma comunque
la Banca d'Italia può sospendere tale operazione per motivi di adeguatezza delle strutture
organizzative o per la situazione finanziaria,economica e patrimoniale della banca o del
gruppo.

ii)Gli interventi di vigilanza prudenziale

Il pilastro della normativa prudenziale è dato dal patrimonio di vigilanza, esso è il primo presidio
contro i rischi insiti nell'attività bancaria ed è dato dalla somma algebrica dei componenti di
bilancio individuati dall'autorità di vigilanza. Un'adeguata patrimonializzazione permette lo
svolgimento dell'attività imprenditoriale con ampi margini di autonomia e permette di conservare
stabilità. Ciò comunque non è sufficiente , l'accordo di Basilea 2 (2004) ha infatti inserito l'adozione
di nuove pratiche di gestione del rischio, più solide, che si fondano su tre pilastri che sono:
• Requisito patrimoniale minimo per fronteggiare i rischi dell'attività bancaria.
• Le banche devono dotarsi di un strategia e di un processo di controllo dell'adeguatezza
patrimoniale affidando all'autorità la verifica dell'affidabilità e la coerenza dei risualtati e di
adottare misure correttive.
• Obblighi di informativa al pubblico riferiti all'adeguatezza patrimoniale, all'esposizione ai
rischi e alle caratteristiche generali dei sistemi di gestione e di controllo implementati dalle
banche.
La recente crisi finanziaria ha portato alla riforma dell'accordo precedente portando all'accordo di
Basilea 3, nel quale viene rivisitato il concetto di di patrimonio di vigilanza (con l'obiettivo di
migliorarlo qualitativamente) adottato dalle autorità di vigilanza e ampliando il numero di rischi
considerati dalle disposizioni regolamentari di tali autorità.

La definizione di patrimonio di vigilanza


Il patrimonio di vigilanza è costituito dalla somma del patrimonio di base (che viene ammesso al
calcolo senza limitazioni) e dal patrimonio supplementare mmesso nel limite massimo del
patrimonio di base. Dalla somma dei due elementi vengono dedotte le partecipazioni, gli strumenti
innovativi e non di capitale, gli strumenti ibridi di patrimoializzazione, le partecipazioni in società
assicurative e altri elementi. Di recente sono stati introdotti alcuni filtri prudenziali da applicare ai
dati di bilancio per salvaguardare la qualità del patrimonio di vigilanza e ridurre l volatilità indotta
dall'applicazione dei nuovi principi IAS (ad esempio la deduzione integraale dal patrimonio di base
delle minusvalenze da valutazione con fair value).

I coefficienti di rischiosità
Le banche devono rispettare un requisito patrimoniale minimo a presidio dei rischi operativi e di
immobilizzazione finanziari: esso è dato dalla somma dei requisiti patrimoniali a fronte del rischio
di solvibilità, di mercato, di immobilizzazioni e partecipazioni assunte per il recupero crediti.
Il rischio di solvibilità è il primo rischio tipico per le banche, è riferito alla possibilità che la
controparte del rapporto creditizio non assolva ai suoi obblighi di restituire quanto ricevuto più gli
interessi. L'accordo di Basilea 1 ha posto le basi per il calcolo del requisito patrimonio riguardante il
rischio di credito, con Basilea 2 tale metodo è stato rivisto introducendo due nuove metodiche di
calcolo del coefficiente di solvibilità, che sono:
• metodo standard – applica coefficienti di ponderazione in base a parametri stabiliti da
soggetti esterni come ad esempio le agenzie esterne di valutazione del merito al credito
• metodo basato su rating interni (IRB) – con cui le banche sviluppano in maniera autonoma
una procedura di valutazione e misurazione del rischio creditizio standard e la possibilità di
insolvenza di un soggetto attribuendogli un rating
Rischio di mercato – i requisiti patrimoniali in questo caso si calcolano in base a metodologie di
calcolo standardizzate oppure sulla base di modelli di calcolo interni. La normaativa della banca
d'Italia riguardo il modello di calcolo dei requisiti patrimoniali riguardanti il rischio di mercato
riguarda i seguenti punti:
• il rischio di posizione – comporta la possibilità di subire perdite per via dell'andamento dei
mercati
• rischio di regolamento – si manifesta quando la controparte non adempie all'obbligo
• rischio di concentrazione – rischio a cui possono incorrere le banche per via delle posizioni
relative al portafoglio di negoziazione ai fini di vigilanza se superano il limite individuale di
fido
• rischio di cambio – deriva da possibili perdite per effetto dei cambi
• rischio di posizione su merci – deriva dalle posizioni su merci connesse ad attività e
passività in bilancio e fuori bilancio
Rischio operativo – nell'ambito dell'accordo di Basilea 2 ha acquisito molta importanza la sua
misurazione e monitoraggio, si trtta del rischio di subire perdite derivanti dall'inadeguatezza o dal
malfunzionamento di procedure, risorse umane e sistemi interni oppure da eventi esogeni. La banca
d'Italia prevede tre metodi di calcolo del rischio operativo, caratterizzati ognuno da una crescente
complessità.

I limiti alla concentrazione dei rischi


Siccome l'insolvenza di un cliente, a maggior ragione se l'affidamento è di grandi dimensioni, può
avere degli effetti destabilizzanti sull'istituto vi sono delle regole in materia di concentrazione dei
rischi che puntano a salvaguardare la stabilità dell'intermediario bancario limitando la concessione
di finanziamenti rilevanti. L'obiettivo di tali norme non è limitare l'autonomia imprenditoriale bensì:
limitare la potenziale perdita massima che la banca potrebbe subire in caso di insolvenza di un
singolo cliente
mantenere un soddisfacente grado di frazionamento di rischio creditizio del portafoglio prestiti
Tali limiti sono funzione del patrimonio di vigilanza e oltre alle prestazioni creditizie sono incluse
nel computo anche partecipazioni, azioni e obbligazioni a titolo di investimento, operazioni fuori
bilancio ecc.
La normativa definisce il grado di rischio ossia qualunque posizione nei confronti della clientela di
importo pari o superiore al 10% del patrimonio di vigilanza, che richiedono anche specifiche norme
per il monitoraggio. E' di fondamentale importanza cogliere i legami esistenti tra i clienti in quanto
questi rischi verranno considerati in maniera unitaria. Viene perciò fissato un limite individuale, in
base al quale le banche devono contenere queste posizioni di rischio nel limite del 25% del
patrimonio di vigilanza. Questo limite in ogni caso non fa venir meno l'esigenza che le baanche
procedano con cautela nella concessione di finanziamenti valutando il merito creditizio e
l'andamento economico dei clienti. La banca d'Italia comunque si riserva di fissare limiti più
stringenti di quelli previsti in via generale se all'istituto mancano adeguate stutture di controllo e
selezione della clientela.

L'assunzione di partecipazioni
Il CICR nel 2002 ha rivisto la normativa in materia di partecipazioni da parte delle banche in
imprese non finanziarie per allinearsi alla normativa europea.
La nuova normativa pone molta attenzione al conflitto di interessi che può esserci nell'investimento
delle banche in imprese non finanziarie prevedendo cautele organizzative e di governance per
prevenire tali conflitti e limitarne i rischi correlati così da salvaguardare la stabilità degli
intermediari. Queste norme prevedono due regole generali:
• l'ammontare complessivo delle partecipazioni detenute non deve eccedere l'ammontare del
patrimonio di vigilana sia a livello di singolo intermediario bancario che di gruppo
• per le partecipazioni in soggetti di natura finanziaria è previsto l'intervento autorizzativo
della banca d'Italia nel caso in cui la partecipazione suoeri il 10% del patrimonio di
vigilanza o che comporti il controllo o un'influenza notevole e l'impresa risieda in un paese
extra UE e al c.d. "gruppo dei dieci" ossia una lista di paesi depositata presso la banca
d'Italia.
L'assunzione di partecipazioni in imprese non finanziarie sottostanno a due limiti che si
applicano alle sole partecipazioni qualificate (cioè pari ad almeno il 10% del capitale della
partecipata o che consentano di esercitare il controllo o una notevole influenza). C'è poi un
limite di concentrazione che consente agli intermediari di partecipare al capitale di una
impresa o gruppo nel limite del 25% del proprio patrimonio di vigilanza, mentre il limite
complessivo secondo il quale il complesso delle partecipazioni non deve superare il 60% del
patrimonio di vigilanza. Rientrano in questo ambito di applicazione anche le partecipazioni
assunte per il recupero crediti e gli investimenti che comportano l'assunzione di rischi di
equity anche in via ndiretta, che possono essere assunti tramite soggetti interposti tra banca e
impresa oggetto dell'investimento finale.

Il sistema dei controlli interni


Una sana e pudente gestione e l'assicurazione di stabilità e competitività del sistema finanziario non
può essere solo di competenza delle autorità di vigilanza ma deve essere anche di competenza degli
intermediari stessi i quali devono adottare un adeguato sistema di controllo interno che consenta una
corretta percezione dei rischi e un'adeguata allocazione del capitale, in modo da avere efficaci
combinazioni di rischio e rendimento delle attività.
Tale sistema di controllo è da intendersi come l'insieme di regole, procedure e strutture
organizzative che assicurino il rispetto della strategia aziendale e il conseguimento dell'efficacia dei
processi aziendali, la salvaguardia dei suoi asset, l'affidabilità del sistema informativo e il rispetto
delle normative interne. Questi controlli coinvolgono tutti gli organismi e i livelli dell'intermediario
e sono parte dell'attività quotidiana della banca. Ve ne sono di diversi tipi:
• controlli in linea – assicurano il corretto svolgimento dele operazioni e sono effettuati dalle
stesse strutture produttive
• controlli sulla gestione dei rischi – misurano il rischio in modo in modo che vi sia coerenza
delle funzioni e aree operative con gli obiettivi di rischio
• attività di revisione interna – individua le anomalie di procedure e operazioni. Viene
solitamente svolta da da società esterne
Vi possono poi essere degli audit interni finalizzati alla verifica della coerenza delle operazioni
dell'intermediario con i suoi obiettivi.

iii)La vigilanza conoscitiva

La fissazione di regole precise non è garanzia del loro rispetto, per questo il TUB conferisce alla
Banca d'Italia il compito di monitorare l'attività delle banche tramite le cd segnalazioni periodiche.
Si tratta di un flusso informativo che la banca trasmette all'autorità di vigilanza per poter percepire
situazioni di difficoltà e approntare misure correttive adeguate. La vigilanza informativa ha dunque
un ruolo fondamentale nella supervisione tanto che negli ultimi anni si è assistito ad un
rafforzamento delle segnalazioni periodiche. Il nucleo centrale di queste segnalazioni è dato dalla
matrice dei conti, ossia una serie di informazioni di natura contabile ritenute rilevanti nell'ambito di
una sana e prudente gestione. La banca d'Italia fornisce poi un flusso di ritorno elaborato sulla base
delle informazioni ricevute.
La vigilanza ispettiva competa la vigilanza informativa e consiste nella verifica dell'attendibilità dei
dati segnalati e ad esaminare gli aspetti organizzativi, la professionalità del management e la sua
correttezza comportamentale.
Le ispezioni accertano una sana e prudente gestione, la quale si riflette su tutti gli aspetti operativi
della banca , inoltre la banca d'Italia può effettuare tali controlli ispettivi pressp le sedi delle banche
e nelle sue filiali.

iv)La vigilanza protettiva

Le crisi bancarie sono differenti da quelle delle normali imprese per due motivi:
• il venir meno della fiducia tra banca e depositanti può non essere riconducibile a gravi e
non risolvibili squilibri di natura economico-patrimoniale ma anche per il comportamento
fraudolento dei manager
• la velocità con cui la crisi di un intermediario si propaga nel sistema determinando la corsa
agli sportelli, diffondendosi ad altri intermediari
per questi motivi le autorità prestano particolare attenzione alla prevenzione delle crisi bancarie
attraverso gli early warning system, ossia dei sistemi di controllo il cui scopo è quello di individuare
in anticipo il verificarsi di difficoltà gestionali degli intermediari finanziari e trovare soluzioni
idonee al problema. Tali sistemi vengono attivati sia a livello interno che a livello di autorità di
vigilanza, ad esempio la banca d'Italia utilizza una metodologia di controllo denominata PATROL,
cioè che pone attenzione su adeguatezza patrimoniale, qualità dell'attivo, redditività, organizzazione
e liquidità.
Le situazioni di difficoltà portano le autorità di vigilanza ad intervenire in maniera tempestiva e
oltre al credito di ultima istanza vi sono anche gli interventi correttivi della struttura organizzativa
oppure la predisposizione di piani di risanamento aziendale. Altre operazioni idonee allo scopo
possono essere operazioni di cartolarizzazione o la creazione di una bad bank in cui far confluire gli
asset problematici.
In caso vi siano gravi irregolarità gestionali si procede con l'amministrazione straordinaria della
banca ossia la sostituzione dei dirigenti della banca con commissari straordinari nominati dalla
banca d'Italia che cercheranno di riportare la banca alla normalità.
Nel caso in cui non sia possibile ricondurre la banca alla normalità con l'amministrazione
straordinaria si procederà con la liquidazione coatta amministrativa a cui segue la revoca
dell'autorizzazione di esercitare l'attività bancaria . Per questa procedura i relativi organi (es
commissari liquidatori) sono nominati dalla banca d'Italia.

CAPITOLO IIX
I MERCATI

1 Natura dei mercati e il loro efficiente funzionamento

Il trasferimento delle risorse finanziarie dai soggetti in avanzo a quelli in disavano può avvenire
tramite intermediazione diretta oppure tramite l'intermediazione indiretta, nella quale interviene un
terzo soggetto, ossia un intermediario finanziario solitamente rappresentato da una banca.
L'intermediazione diretta richiede la perfetta coincidenza tra necessità del prenditore e del datore di
fondi, ciò avviene solo raramente e per lo più tramite strumenti finanziari altamente standardizzati
nelle caratteristiche tecniche (es titoli di debito, azioni, derivati).
I mercati in ogni caso necessitano per funzionare degli intermediari finanziari, il cui compito
principale è agevolare l'emissione e la negoziazione dei titoli nei mercati primari e secondari: il
primo mercato svolge una funzione di finanziamento mentre il secondo ha la funzione di facilitare
gli investimenti e i disinvestimenti accelerando la liquidabilità dei titoli.
Nel mercato primario primario le principali tecniche di emissione sono:
• aste per i titoli di stato
• consorzi di intermediari finanziari appositamente costituiti per il collocamento dei titoli di
debito
• operazioni di aumento di capitale sociale per le azioni
Nel mercato secondario si può distinguere tra mercati regolamentati (in cui vi sono modalità di
negoziazione standard) e mercati non regolamentati. Nell'analisi della struttura e dell'organizzazione
dei mercati secondari si prende a riferimento il cd mercato perfetto, valutando il mercato preso in
esame in base al suo grado di efficienza. Il mercato è perfetto quando i soggetti operano in regime
di omogeneità informativa (tutti hanno le stesse conoscenze e conoscono le intenzioni operative
altrui), per cui nel parlare di perfezione l'informazione gioca un ruolo fondamentale. Ovviamente
nella realtà ciò è impossibile per via delle asimmetrie informative tra operatori, per cui un mercato
in base al grado di efficienza valutativa (ossia quando i prezzi di uno strumento finanziario
riflettono il suo valore intrinseco dato dalla redditività di lungo periodo) e di efficienza informativa
(che si ha quando i prezzi di uno strumento finanziario riflettono tutte le informazioni disponibili su
di esso). In definitiva un mercato è perfettamente efficiente quando un operatore è impossibilitato a
conseguire profitti superiori rispetto agli altri in quanto ciò richiederebbe un surplus di informzioni.
E' possibile distinguere tre diverse forme di efficienza informativa nei mercati:
efficienza in forma debole – un mercato è efficiente in forma debole quano le informazioni sui
prezzi degli strumenti finanziari e del volume degli scambi nel mercato non consentono
all'operatore di migliorare la propria capacità previsiva sull'andamento dei prezzi degli strumenti
finanziari
efficienza in forma semi forte – si ha quando le informazioni sulle quali gli operatori fondano le
proprie aspettative sono di dominio pubblico
efficienza in forma forte – si ha quando gli investitori formulano le proprie aspettative sui prezzi
degli strumenti finanziari tenendo conto di tutte le informazioni disponibili, comprese quelle degli
insiders. Il set di informazioni a disposizione di ogni soggetto è il più ampio possibile. Questo è il
livello di efficienza informativa massimo di un mercato e non permette ad un operatore di
avvantaggiarsi rispetto ad un altro.

2 I requisiti e le condizioni di efficiente organizzazione dei mercati

Il perseguimento delle condizioni di efficienza valutativa e informativa richiede una efficiente


configurazione organizzativa dei mercati e perchè ciò avvenga occorre il concorso di due elementi:
• necessità di riscontro nei mercati dei requisiti di efficiente funzionamento organizzativo di
un mercato
• necessità che il mercato abbia una forma organizzativa che massimizzi il suo efficiente
funzionamento
I requisiti di efficiente funzionamento organizzativo di un mercato sono tre:
spessore – riscontrabile in mercati in cui si hanno ordini di acquisto e vendita di strumenti finanziri
a prezzi prossimi a quelli riscontrabili in un dato momento. Il mercato di spessore è un mercato in
cui gli investimenti conoscono immediatamente le condizioni di domanda e offerta consentendogli
di operare prontamente
ampiezza – concetto dato ad un mercato in cui gli ordini di acquisto e vendita sono di importo
consistente, il mercato in questo modo agisce come stabilizzatore dei prezzi alle variazioni degli
stessi che sono date da variazioni di domanda e offerta
elasticità – proprietà con la quale al mercato stesso è data capacità di generare nuovi ordini al
manifestarsi di fluttuazioni di prezzo. Un mercato è elastico quando è capace di attirare molti nuovi
ordini al presentarsi di temporanei squilibri di domanda e offerta
Le strutture organizzative dei mercati invece vengono classificate in base alla qualità dei prezzi
praticati, alle modalità di diffusione delle informazioni, al livello di trasparenza delle negoziazioni,
ai costi di informazione e transazione e alla tipologia di intermediari che vi operano. In base a
queste variabili si identificano quattro strutture organizzative di mercato, le quali verranno esposte
di seguito.

i)Il mercato a ricerca autonoma

E' la forma organizzativa elementare in quanto sono gli investitori che ricercano la controparte del
contratto sopportandone quindi i costi informativi e di transazione relativi allo scambio degli
strumenti finanziari. A causa dell'assenza di intermediari è molto probabile che lo scambio avvenga
a condizioni di prezzo non ottimale in quanto la ricerca della controparte è limitata dai costi, il
prezzo a cui avviene lo scmbio non è il migliore disponibile sul mercato. Sempre a causa della
mancanza di intermediari, nel mercato vi è uno scarso volume di transazioni non rendendo
conveniente agli intermediari l'offerta di servizi connessi agli scambi.

ii)Il mercato di broker

In questo mercato intervengono degli intermediari detti broker che, dietro pagamento di una
commissione, ricercano delle contropartite per i propri clienti. I broker sono intermediari puri in
quanto hanno il solo scopo di agevolare l'incontro tra domanda e offerta di fondi. Siccome i broker
vengono pagati solo a transazione conclusa è per loro conveniente operare in mercati con un grosso
volume di transazioni, così da aver maggiori probabilità di portare a termine la transazione. Il
mercato di broker ha convenienza ad essere attivato quando gli intermediari sanno di poter contare
su adeguati flussi di ordini e quando risulta conveniente predisporre strutture e modalità operative
che consentono di contattare in tempi brevi il maggior numero possibile di potenziali controparti.
Da questa struttura del mercato trae giovamento la qualità dei prezzi che è senz'altro superiore a
quella del mercato a ricerca autonoma, questo perchè il broker esplora un bacino di controparti
maggiore e ha quindi maggiori probabilità di spuntare un prezzo che si avvicini a quello perfetto.
Per quanto riguarda l'efficienza nel funzionamento del mercato, occorre valutare il tempo
intercorrente tra la trasmissione dell'ordine al broker e il momento di esecuzione del contratto:
maggiore è questo periodo di tempo e maggiore è il rischio che i prezzi possano cambiare
diventando incompatibili con l'ordine del cliente.
In definitiva, un mercato di broker è un mercato organizzato in cui chi vuole acquistare o vendere
strumenti finanziari può contare sull'aiuto dei broker nella ricerca delle controparti, essi però non
sono in grado di garantire l'esecuzione egli ordini e di indicare ex ante il prezzo al quale gli ordini
verranno eseguiti.

iii)Il mercato di dealer


Il dealer è un intermediario finanziario che si pone in contropartita di chi intende acquistare o
vendere strumenti finanziari, sollevando il cliente dall'incertezza dell'esecuzione dell'ordine. Il
dealer opera indicando due prezzi, uno più basso al quale intende acquistare e uno più alto al quale
intende vendere ai clienti. La differenza tra questi due prezzi è detta spread denaro lettera e
presenta la remunerazione per l'attività di intermediazione ed è il ricavo tipico del dealer. Più è alto
il rischio associato (es futura negoziabilità del titolo) ad uno strumento finanziario e più sarà alto lo
spread. In un mercato di dealer ve ne sono una moltitudine in concorrenza tra di loro e il cliente
potrà così rivolgersi al dealer con i prezzi secondo lui migliori a fronte di quanto offerto. Tale
mercato ha dunque una una qualità dei prezzi migliore rispetto alle due forme di mercato su esposte.
Accanto ai dealer spesso vi è la figura del market maker che ha il compito di garantire
continuativamente la negoziabilità dei titoli, il che lo obbligaa a non interrompere mai la sua
attività.

iv)Il mercato ad asta

Questo mercato concentra tutti gli ordini degli investitori, fissando il prezzo che sarà espressione
dell'intera domanda e offerta del mercato.
Vi sono due tecniche d'asta:
• asta a chiamata – vengono chiamati uno alla volta i titoli da negoziare permettendo la
fissazione di un solo prezzo. Tale prezzo è quando di più vicino al prezzo perfetto in quanto
soddisfa quanta più domanda e offerta possibili. Questo tipo di asta, malgrado l'alta qualità
dei prezzi, ha due difetti dovuti all'istantaneità dell'asta: non soddisfa gli ordini che arrivano
in via continuativa e vi è difficoltà nel creare interazione tra i partecipanti e gli operatori che
non possono reagire con tempestività alle informazioni provenienti dal processo di
formazione dei prezzi
• asta continua – rimuove i difetti dell'asta a chiamata in quanto si svolge continuativament in
tutto l'arco della seduta di borsa e porta alla formazione del prezzo ad ogni incrocio di
domanda e offerta. E' adatta all'utilizzo di supporti telemati in quanto aiutano nella continua
formazione del prezzo.
Essendo un'evoluzione del mercato di broker, il mercato ad asta non assicura lo scambio dei titoli in
quanto non è detto che domanda e offerta combacino.

3 L'evoluzione dell'assetto organizzativo dei mercati di strumenti finanziari

Inizialmente i mercati prevedevano la concentrazione degli operatori in luoghi fisici e ciò portò alla
nascita delle Borse valori (pubbliche o private a seconda dei paesi) in modo da agevolare l'incontro
tra domanda e offerta e questo modello ha mantenuto per lungo tempo una netta predominanza. Per
via della mancanza di mezzi tecnologici con cui trasferire velocemente prezzi e informazioni non ci
potevano essere alternative di mercato, al di fuori di essi gli scambi avvenivano col tramite di
operatori specializzati nei cd mercati over the counter.
In relazione alle forme organizzative adottate i mercati possono essere classificati come:
mercati order driven – il prezzo scaturisce dal fluire di ordini di compratori e venditori
mercati quote driven – il prezzo è quello proposto dagli intermediari ed eventualmente accettato da
compratori e venditori.
Lo sviluppo della tecnologia ha portato verso modalità di contrattazione non più basate
sull'incontro fisico dei soggetti ma sull'incontro telematico, con l'obiettivo di creare un processo di
price discovery il più efficiente possibile, così che accanto ai mercati ufficiali si sono creati i cd
mercati alternativi.
Il concetto di mercato che attualmente ha la maggior applicazione è quello privatistico inteso come
impresa che offre servizi di negoziazione, con la possiblità a chiunque di diventare portatore di
capitale di rischio del mercato. In Italia il legislatore ha scelto la forma di SpA per chi gestisce e
organizza un mercato e deve agire come una qualsiasi impresa secondo la logica del profitto.

i)Il mercato regolamentato e i mercati alternativi

Con la coesistenza di mercati ufficiali e no si è resa necessaria una precisa definizione di mercato
dove è possibile negoziare strumenti finanziari, definendo quali sono i mercati regolamentati e
quelli a loro alternativi così da avere maggior trasparenza ed efficienza nelle modalità di formazione
dei prezzi e nelle procedure di post trading (composte dalle attività di clearing, settlement e
custody).
• Mercato regolamentato – sistema multilaterale amministrato dal gestore di mercato, facilita
l'incontro di domanda e offerta di strumenti finanziari dando luogo a contratti di
negoziazione ammessi. In poche parole è un mercato autorizzato dall'autorità di vigilanza,
multilaterale, caratterizzato da regole e sistemi di negoziazione non discrezionali, che deve
dar luogo a contratti giuridicamente vincolanti aventi ad oggetto lo scambio di strumenti
finanziari.
• Sistema multilaterale di negoziazione (MFT) – è gestito da un'impresa di investimento o un
gestore di mercato che consente l'incontro di interessi multipli di domanda e offerta
finalizzati alla realizzazione di un contratto, in base a regole definite dagli organizzatori.
• Internalizzatori sistematici – piattaforme di negoziazione gestite da intermediari abilitati che
compensano ordini di acquisto e vendita ricevuti. A loro è consentito di internalizzare gli
ordini in contropartita diretta senza indirizzarli ad altri mercati dove gli strumenti sono
negoziati. Anche per questi intermediari le autorità hanno stabilito dei requisiti per
l'esercizio dell'attività e l'obbligo di pubblicazione dei prezzi più altri doveri di natura
operativa.

L'articolazione su tre livelli dei mercati costituisce l'organizzazione dei mercati secondari in
maniera che siano concorrenti, consentendo agli investitori di scegliere quello a loro più congeniale.
Con l'aumento del livello di concorrenza dei mercati e di un più efficiente processo di price
discovery si assiste ad una frammentazione delle negoziazioni (ossia quando uno strumento
finanziario viene negoziato in più mercati) che porta ad una minore significatività dei prezzi e che
mina il concetto di efficienza dei mercati.

ii)L'attività di post trading

L'attività di post trading è data dall'insieme di procedure che assicurano il buon funzionamento dei
mercati. Le attività principali sono il clearing e il settlement e altro non sono che un completamento
dell'attività di negoziazione, la quale si conclude con il riconosccimento e l'assolvimento degli
obblighi contrattuali assunti.
Dal momento che le attività di post trading assicurano l'assolvimento degli obblighi assunti alla
stipula del contratto, essi sono fondamentali per il buon funzionamento di un mercato dal momento
che un mercato funzionante attrae un maggior volume di scambi.
Il rischio principale di un contratto è l'inadempimento che può portare a rischi differenti a seconda
di come esso si configura . Vi sono:
• rischio di liquidità – si ha quanto la controparte è momentaneamente indampiente ma sarà in
grado di adempiere in futuro. In questo caso la controparte adempiente si accolla i rischi di
inadempimento collegati
• rischio di credito – si ha quando l'inadempiente non è certo di poter disporre dei mezzi per
poter adempiere
• rischio di capitale – si ha quando l'adempiente adempie senza riceve la controprestazione
pattuita
• rischio di mercato – si ha quando il contratto deve essere sostituito a condizionidi prezzo
differenti ed in questo caso è possibile sia un guadagno che una perdita a seconda del
cambiamento in negativo o in positivo dei prezzi
Nei contratti finanziari vi è lo scambio di denaro a fronte di strumenti finanziari, le parti quindi
assumono contemporanemante la duplice veste di creditore/debitore.
Dal momento che il regolamento delle obbligazioni assunte con contratt finanziari avviene per lo
più attraverso sistemi di compensazione di debito/credito, un eventuale inadempimento potrebbe
diffondersi al mercato finanziario e quindi agli altri operatori; si parla in questo caso di rischio
sistemico che potrebbe portare ad una sorta di effetto domino per via del collegamento dei sistemi
di compensazione.
Per questo motivo vi sono diversi interventi per favorire la riduzione dei rischi di regolamento e
liquidazione assunti dalle cd clearing house, la quale agisce come controparte interponendosi tra le
parti di un contratto.
Oltre al clearing e al settlement, le attività di post trading sono completate da dalla custody ossia
l'attività di custodia degli strumenti finanziari oggetto di negoaziazione. Questa facilita lo scambio
di titoli, in particolar modo se accompagnata alla dematerializzazione. Con la custody e la
dematerializzazione lo scambio dei titoli avviene semplicemente attraverso forme di scritturazione
contabile.

4 I mercati secondari attivi in Italia

Per poter fare una classificazione dei mercati secondari attivi in Italia occorre riferirsi alla disciplina
comunitaria e al TUF che l'ha recepita nel 2007. secondo questa disciplina, per favorire la crescita
del sistema finanziario europeo occorre promuovere la competizione tra mercati (regolamentati e
non), in questo modo però sorge il problema della frammentazione degli scambi che rende non
pienamente informativi i prezzi e i volumi di scambio generali degli strumenti finanziari. Prima di
tale normativa la Borsa assorbiva l'intero volume di negoziazioni, dando efficienza alle
informazioni fornite dai prezzi motivo per cui la trasparenza negli scambi era maggiore.
Per quanto riguarda i mercati regolamentati, vi sono due società di gestione ossia Borsa Italiana Spa
(che gestisce mercati al dettaglio in cui sono negoaziate varie tipologie di strumenti finanziari) e
MTS Spa (che gestisce tre mercati all'ingrosso in cui viene negoziato un solo strumento specifico).

i)I mercati regolamentati

Borsa Italiana Spa gestisce sei mercati accessibili agli investitori al dettaglio, in cui sono quotati
titoli azionari, di debito, derivati, fondi comuni. I mercati sono i seguenti
• MTA (mercato azionario telematico) – vengono negoaziati titoli italiani ed esteri per lo più
secondo la modalità orden driven con sedute ad asta di apertura, continua e di chiusura.
L'ammissione alle quotazioni si basa su requisiti formali e sostanziali. È l'unico mercato
italiano coerente con la definizione di borsa.
• MOT (mercato telematico delle obbligazioni) – è dedicato alla negoziazione al dettaglio di
titoli di stato e obbligazioni private. Il MOT si divide in due comparti: EuroMOT (in cui si
trattano titoli di stato esteri) e DomesticMOT (in cui si trattanotitoli di stato italiani e
obbligazioni italiane).
• IDEM (mercato degli strumenti derivati) – è il mercato regolamentato italiano per gli
strumenti derivati standard.
• SEDEX (mercato telematico dei securisated derivates) – vi si negoziano securised
derivatives e covered warrant in modalità order driven.
• EFT Plus (mercato telematico degli OICR aperti) ed ETC – vi si regolano exchange traded
fund (ETF), exchange traded commodities (ETC) ed exchange traded notes (ETN) in
modalità order driven.
• MIV (mercato telematico degli investement vehicles) – è diviso in quattro comparti dove si
negoziano le seguenti tipologie di strumenti finanziari: fondi chiusi, azioni di investement
companies, azioni di real estate investement companies, strumenti finanziari di special
investement vehicles e real estate investement companies.

MTS Spa è l'unica società autorizzata a gestire mercati all'ingrosso di titoli di debito. Gestisce in
tutto tre mercati.
• MTS (mercato telematico all'ingrosso dei titoli di stato) – mercato quote driven dove sono
negoziati titoli di stato esteri e italiani ad iniziativa degli operatori principali (ossia le
banche) che si impegnanoa quotare in conto proprio importi minimi di 2,5-5 milioni di euro.
• Mercato bond division per la negoziazione via internet all'ingrosso di titoli di stato – sono
ammessi gli intermediari autorizzati ma anche imprese (con un patrimonio netto minimo di
1 milione di euro), la Banca d'Italia, il ministero dell'economia, la BCE e le banche centrali
facenti partedel SEBC.
• Mercato all'ingrosso delle obbligazioni non governative e dei titoli emessi da organismi
internazionali partecipati da stati.

ii)I mercati non regolamentati

I mercati non regolamentati sono definiti come sistemi multilaterali di negoziazione (SMN) che
verranno poi riconosciuti come internalizzatori sistematici o non sistematici. I SMN attivi fanno
capo a 5 intermediari finanziari autorizzati alla gestione, come ad esempio Borsa Italiana Spa che ha
istituito tre SMN:
• MAC (mercato alternativo dei capitali) – sistema di scambi di titoli azionari riservato a
investitori professionali, ha requisiti di accesso seplificati e opera con banche appartenenti
alle realtà territoriali dell'impresa quotata.
• AIM Italia (alternative investement market Italia) – mercato aperto a investitori al dettaglio
e PMI, i requisiti di accesso sono semplificati.
• ExtraMOT – mercato in cui sono ammessi alla negoziazione titoli obbligazionari ammessi in
mercati regolamentati UE.
CAPITOLO IX
STRUMENTI FINANZIARI E ALTRE ATTIVITA' DI INVESTIMENTO

1 Elementi morfologici degli strumenti di debito

I titoli di debito (obbligazionari) rappresentano un credito del possessore nei confronti


dell'emittente, quest'ultimo si impegna a corrispondere periodicamente gli interessi e in uno o più
periodi il capitale che gli è stato prestato. Possono emettere titoli di debito le SpA, le SapA, le
società cooperative e le Srl; le SpA non possono emettere obbligazioni per un importo superiore al
doppio del loro patrimonio netto a meno che la società non sia quotata in un mercato regolmentato e
che quindi le obbligazioni siano quotate.
Il regolamento di emissione del prestito è il documento nel quale sono riportate le informazioni
riguardanti le caratteristiche del prestito: se queste sono date e immodificabili si parlerà di prestito
ad elementi fissi, se invece tali elementi sono rideterminabili si parlerà di prestito ad elementi
variabili (prezzo di rimborso, tasso di interesse, prezzo e tasso).
Le caratteristiche comuni a tutti i prestiti sono le seguenti:
 tasso nominale – misura la redditività del titolo mostrando gli interessi che verranno erogati
in termini percentuali sul valore nominale del titolo. Il rapposto tra tasso e prezzo di
rimborso da luogo al rendimento immediato. Il tasso può essere fisso o variabile: la
variabilità del tasso è pura se illimitata, si parla invece di variabilità limitata se il tasso può
variare entro valori definiti ex-ante. Se il titolo non produce alcun flusso cedolare si parla di
prestiti a tasso 0 o zero coupon bond, nei quali la redditività del titolo è data dalla differenza
tra prezzo di rimborso e prezzo di emissione.
 Modalità di estinzione – è possibili distinguere tra modalità ordinarie e straordinarie di
rimborso. Le modalità ordinarie prevedono il rimborso ad epoche predeterminate dal
regolamento del prestito (rimborso in un'unica soluzione o progressiva), quasi tutti i bond
vengono rimborsati in un'unica soluzione. Il rimborso progressivo è poco utilizzato e
consiste nel rimborso progressivo del capitale che può essere a sorteggio o senza estrazione.
Le modalità straordinarie sono alternative a quelle ordinarie e sono rappresentate dal
rimborso anticipato e mediante acquisto sul mercato.
 Durata – la durata di un prestito obbligazionario viene così distinta:
1. durata massima – va dal momento di emissione sino alla scadenza finale del prestito. È
la tipologia di durata più importante.
2. Durata minima – va dal momento di emissione sino a quello di primo rimborso.
3. Durata media – tiene conto delle quot di prestito rimborsate progressivamente e
ponderate per l'epoca di maturazione.
Queste due ultime tipologie di scadenze riguardano i prestiti a rimborso progressivo del
capitale.
Il piano di ammortamento è l'esplicitazione di come avverranno i pagamenti da parte
dell'emittente. Il pagamento è la rata (R) composta da una quota capitale (QC) e una quota
interessi (QI). Ci sono tre tiplogie di piano di ammortamento: a rata costante, a rata
crescente e a rata descrescente. Nei titoli zero coupon bond le tre tiplogie di scadenze
coincidono.
 Prezzo di rimborso – normalmente i prestiti obbligazionari vengono rimborsati al valore
nominale (alla pari). Il prezzo di emissione può essere fissato alla pari o sotto la pari, in
quest'ultimo caso la differenza tra prezzo di rimborso e di emissione da luogo allo scarto di
emissione. In alcuni casi invece il prezzo di rimborso può essere fissato sopra la pari per cui
la differenza tra prezzo di rimborso e di emissione da luogo al premio di emissione.
Caratteristiche dei soli prestiti ad elementi variabili:
 parametri di riferimento per la variabilità del tasso nominale e del prezzo di rimborso –
queste variabili possono mutare al mutamento di parametri esterni, i quali devono essere
idonei ad esprimere le variazioni intervenute nei mercati rappresentati (es l'euribor per il
tasso di interesse).
 Altre variabili ad hoc – possono caratterizzare vari aspetti dei prestiti ad elementi variabili,
come ad esempio il regolamento dei prestiti, se ad esempio i parametri di riferimento del
tasso hanno performance particolarmente elevate, l'emittente dovrà corrispondere un
interesse maggiore, può però depotenziare tale effetto prevedendo clausole ad hoc.

2 I titoli di stato

I tilo di stato sono un ristretto numero di titoli che si è affermato per via dell'idoneità a soddisfare le
esigenze degli investitori e agevolare la gestione del debito pubblico. Di seguito verranno illustrate
le tipologie di titoli di stato presenti in Italia.
 BOT (buoni ordinari del tesoro) – sono titoli al portatore di 3, 6 o 1 mesi espressi in giorni,
vengono emessi sotto la pari e rimborsati alla pari e vengono emessi secondo il metodo di
asta competitiva (in cui ne viene determinato il prezzo di emissione). Sono titoli privi di
cedola per cui il rendimento è pari alla differenza tra prezzo di rimborso e prezzo di
emissione rapportato alla durata.
 CTZ (certificati del tesoro a tasso zero) – titoli a durata biennale emessi sotto la pari con asta
marginale e rimborsati alla pari.
 BTP (buoni del tesoro poliennali) – sono i più diffusi. Si tratta di titoli emessi alla pari o
sotto la pari rimborsati in un'unica soluzione alla scadenza aventi un tasso nominale fisso
pagabile semestralmente. L'emissione avviene con asta nominale e il rimborso è pari al
valore nominale. Possono avere una scadenza di 3, 5, 10, 15 e 30 anni.
 CCT (certificati di credito a tasso variabile) – hanno durata settennale e sono emessi con
asta marginale d un prezzo prossimo la pari. La cedola è a cadenza semestrale a tasso
variabile dipendente da parametri di variabilità di natura finanziaria (come l'euribor).
 BTP €i (buoni del tesoro poliennali indicizzati all'inflazione europea) – si tratta di titoli ad
indicizzazione reale indicizzati all'inflazione europea con scadenza a 5, 10, 15 e 30 anni
emessi sotto la pari. Gli interessi cedolari sono semestrali e si determinano moltiplicando la
misura della cedola (riferita al valore nominale del titolo) per il coefficiente di
indicizzazione (rapporto tra valore indice dell'inflazione Eurostat a ciascuna epoca di
rilascio cedola e l'indice osservato all'emissione). Alla scadenza, il prezzo di rimborso è pari
al valore nominale moltiplicato per il coefficient di indicizzazione osservato alla scadenza.
Questo titolo protegge l'investitore dagli effetti negativi dell'inflazione.

3 Gli strumenti di debito di emittenti privati

In Italia il mercato obbligazionario è stato in passato ostacolato dalla preferenza degli investitori per
i titoli di stato (per via dei oloro tassi di interesse più elevati) così che le imprese preferivano
finanziarsi presso le banche. Dagli anni '90 in poi la situazione è cambiata anche se pochi titoli
obbligazionari sono stati quotati sui mercati regolamentati.
i)Gli strumenti a breve termine

Quelli più utilizzati sono le cambiali finanziarie, le polizze di credito e le accettazioni bancarie. Di
seguito ne verranno mostrate le caratteristiche.
 Cambiali finanziarie – emesse da società che rispettino i requisiti di legge e purchè il totale
di tali strumenti più altre eventuali obbligazioni non superi il doppio del patrimonio netto.
Hanno la forma di pagamento cambiario e vengono emesse sotto la pari e rimborsate al
valore nominale. Hanno una scadenza variabile tra i 3 e i 12 mesi e il taglio non deve essere
inferiore a 50000 €.
 Polizze di credito commerciale – strumenti finanziari usati da imprese non finanziarie che
riconoscono un debito della società e un impegno a pagare una determinata somma ad
un'impresa terza che solitamente è un intermediario finanziario. E' accompagnata da una
fidejussione che obbliga la banca a versare tale somma al creditore. In pratica è un credito
assistito da garanzia bancaria con durata da 1 a 3 mesi.
 Accettazioni bancarie – hanno la forma di cambiale tratta con cui l'impresa ordina alla banca
di pagare una data somma ad una data scadenza, con l'impresa che in tale data versa i fondi
necessari alla banca. Quest'ultima assume l'obbligo di pagamento azzerando dunque il
rischio di insolvenza consentendo la circolazione del titolo sul mercato monetario in quanto
accompagnata dalla clausola senza garanzia che impedisce l'azioned i regresso in caso di
insolvenza del debitore principale. Hanno durata trimestrale e sono oggi in disuso.

ii)I prestiti obbligazionari di medio-lungo termine di emittenti privati

Vi possono essere varie tipologie di titoli obbligazionari che le imprese private possono utilizzare.
Di seguito quelli più frequenti.
 Obbligazioni ordinarie – il rendimento periodico è dato da un tasso fisso o variabile legato
ad un parametro finanziario, valutario o reale. Il rimborso avviene secondo modalità
ordinarie.
 Obbligazioni convertibili – hanno le caratteristiche di obbligazioni ordinarie e offrono la
possibilità di trasformare l'investimnto obbligazionario in investimento azionario sexondo le
modalità indicate dall'emittente nel regolamento del prestito. Non possono essere emesso
sotto la pari e solitamente hanno rendimenti inferiori ai titoli ordinari. Le obbligazioni
convertibili devono essere offerte in prelazione ai soci in misura del loro investimento nel
capitale sociale (dicasi diritto di opzione che se non esercitato può essere negoziato sul
mercato secondario). I titoli possono essere totalmente o parzialmente convertibili. Possono
essere emessi con metodo diretto (il possessore riceve azioni dalla stessa società che emette
le zioni) o com metodo indiretto (il possessore riceve azioni da una società terza). Elementi
caratteristici di questi titoli sono:
1. rapporto di conversione – n° di azioni di compendio ottenibili dalla conversione di
ciascuna obbligazione
2. tempi di esercizio – tempo indicato dall'emittente in cui si può esercitare la conversione,
può essere continuo o meno.
 Obbligazioni con warrant – obbligazioni che dispongono di un diritto accessorio detto
warrant che conferisce al possessore la possibilità di acquisire una o più azioni al prezzo
prefissato o ad un prezzo di cui vengono indicate le modalità di calcolo. A differenza delle
convertibili, l'esercizio del diritto di warrant mantiene in vita anche il rapporto
obbligazionario, però richiedono un ulteriore esborso di denaro per acquistare le azioni.
 Obbligazioni drop lock – titoli di debito a rendimento variabile che dipende dall'andamento
di un parametro sottostante (finanziario, valutario o reale), il regolamento del prestito però
garantisce una soglia minima per il parametro sottostante che trasforma le obbligazioni in
normali titoli a tasso fisso nel caso in cui le prestazioni del sottostante siano sfavorevoli.
 Obbligazioni subordinate – obbligazioni a rimborso postergato che per questo motivo hanno
rendimenti maggiori cioè per via della loro vicinanza alle azioni. Vengono classificate in
TIER 3, TIER 2 e TIER 1 in base alla vicinanza con i titoli azionari. Sono considerati
strumenti finanziari ibridi.
 Obbligazioni strutturate – strumenti finanziari ibridi tra obbligazioni e derivati dato
dall'accostamento tra le due tipologie di strumenti. La componente obbligazionaria assicura
la restituzione del capitale e un eventuale flusso cedolare mentre la componente derivata
assicura un eventuale extrarendimento dato dall'andamento di un parametro sottostante che
può essere finanziario, reale o monetario con quotazione ufficiale. In alcuni casi può essere
previsto un rendimento minimo garantito.

4 Le azioni ordinarie

Le azioni sono titoli he rappresentano la partecipazione al capitale di rischio di una società, ognuno
dei titoli ha un valore nominale uguale anche se può capitare che vi siano azioni prive di valore
nominale.
La redditività del titolo dipende dagli utili conseguiti e distribuiti in un esercizio, motivo per cui la
remunerazione non è certa. Il socio diviene partecipe della gestione societaria con il diritto di voto
(uno ad azione), prende parte alle assemblee dove può proporre ordini del giorno sulla conduzione
societaria. I diritti dell'azionista sono dunque diritti amministrativi e diritti patrimoniali, hanno
inoltre il diritto di prelazione sull'emissione di nuove azioni e il diritto di opzione è cedibile a terzi.
Le azioni non hanno scadenza ne valore di rimborso, il quale è previsto solo con lo scioglimento o
la liquidazione della società. Chi vuole liquidare o o fare un investimento in azioni può farlo con la
negoziazione delle azioni sul mercato secondario.
Non tutte le azioni sono uguali, infatti alla società è consentito emettere azioni speciali differenti
dalle ordinarie per i contenuti patrimoniali e amministrativi. È importante però che le azioni
ordinarie non rappresentino meno del 50% del capitale sociale. Per quanto riguard i diritti
amministrativi le società possono emettere:
 azioni senza diritto di voto
 azioni a diritto di voto limitato
 azioni a diritto di voto condizionato a date condizioni patrimoniali
Per quanto invece riguarda i diritti patrimoniali abbiamo:
 azioni remunerate a quota fissa
 azioni remunerate sulla base dei risultati conseguiti in un dato ramo aziendale
 azioni remunerate sulla base di un privilegio
Un'altra tiplogia di azioni speciali sono le azioni postergate rispetto ad eventuali perdite subite o
quelle con rimborso diverso in caso di recesso o liquidazione.

Le azioni ordinarie
I possessori partecipano alla gestione della società tramite il diritto di voto e la possibilità di
partecipare alle assemblee ordinarie e straordinarie. Tali azioni sono nominative e la loro
remunerazione dipende dai dividendi ossia dalla quota di utile distribuibile per ciascuna azione. La
distribuzione di dividendi per le azioni ordinarie è subordinato alla remunerazione delle azioni
speciali così come il rimborso in caso di liquidazione.
Le azioni privilegiate
 Azioni di risparmio – titoli al portatore la cui emissione è possibile solo per le società
quotate. Sono prive di diritto di voto ma in compenso goono di particolari privilegi di natura
patrimoniale stabiliti nell'atto costitutivo (es maggiore quota di dividenti). Hanno il diritto di
opzione sull'emissione di altri titoli di risparmio o per la differenza di azioni ordinarie. In
caso di diminuzione del capitale sociale, le azioni di risparmio verranno coinvolte solo dopo
le altre azioni ed inoltre in caso di scioglimento hanno diritto di prelazione per il rimborso
sino all'intero valore nominale.
 Azioni privilegiate – possono essere emesse anche da società non quotate, sono nominatie e
a fronte di privilegi di natura patrimoniale sono private di alcuni diritti amministrativi come
il diritto di voto nelle assemblee ordinarie.

5 Gli strumenti derivati

Sono strumenti finanziari il cui valore dipende dall'andamento del prezzo di uno strumento
finanziario o attività reale sottostante. I derivati possono essere:
 simmetrici – quando acquirente e venditore si obbligano all'effettuazione di una prestazione
alla scadenza (future, forward e swap)
 asimmetrici – quando l'obbligo dieffettuare una prestazione ricade solo sul venditore
(warrant e covered warrant)
I primi non prevedono scambi monetari alla stipula mentre nei secondi l'aquirente versa un premio
che viene subito incassato dal venditore.
I derivati possono essere classificati anche in base al mercato in cui vengono negoziati; nei mercati
regolamentati si scambiano derivati con caratteristihe standard (futures e options) mentre nei
mercati over the counter si scambiano derivati con caratteristiche contrattuali stabilite in sede di
contrattazione.

I forward e i financial futures


Si tratta di derivati in cui il venditore e il compratore si impregnano a scambiarsi una determinata
quantità di strumento finanziario o di merce sottostante ad un determinato prezzo prefissato.
L'acquirente assume una posizione lunga mentre il venditore una posizione corta. La differenza tra
le due tipologie di titoli di derivati è che i forward vengono scambiati nei mercati OTC mentre i
futures vengono scambiati nei mercati regolamentati. Il payoff è il valore che assume il derivato il
giorno della scadenza e coincie con il suo valore intrinseco: esso è pari alla differenza tra prezzo
dell'attività sottostante alla scadenza e prezzo concordato dalle controparti. Per cui avremo che:
 payoff della posizione lunga= St-K
 payoff della posizione corta= K – St
dove St è il prezzo del sottostante alla scadenza mentre K è il prezzo di consegna predeterminato
La conclusione del contratto può avvenire con la consegna del bene sottostante a fronte del
pagamento pattuito (cd delivery) oppure con regolamento differenziale dove viene scambiata solo la
differenza tra prezzo pattuito e prezzo di consegna.
I futures possono essere chiusi anche prima della scadenza, negoziando un futures con la medesima
attvitià sottostante assumento la posizione inversa quella assunta precedentemente. I futures, inoltre,
a differenza dei forward si avvalgono della clearing house, ossia un organo che diventa controparte
in caso di insolvenza minimizzandone così il rischio.
In pratica essa diventa venditrice nei confronti dell’acquirente e acquirente nei confronti del
venditore. La garanzia del buon fine delle transazioni è raggiunta con due strumenti:
selezione dei soggetti ammessi alla negoziazione dei derivati, solo chi aderisce alla clearing house
può negoziare derivati e vi può aderire soltanto se si hanno dei requisiti predeterminati
raccolta e gestione dei margini di garanzia con l’apertura di un conto deposito presso la clearing
house, nella quale transitano le somme versate e ritirate in base al sistema di marginazione. I
soggetti che negoziano derivati sono obbligati a depositare:
 a titolo di margine iniziale – somma proporzionale al controvalore del contratto al
momento della stipula
 a titolo di margine di variazione – calcolato al termine di ogni giornata, è uguale alla
differenza tra prezzo sottostante attuale e prezzo stabilito. Viene versato solamente
dalla parte che ha subito un destino avverso
 a titolo di margine aggiuntivo – richiesto a tutte e due le parti se la rischiosità del
future aumenti improvvisamente.
Se alla scadenza una parte è inadempiente, la clearing house utilizza le somme raccolte per
adempiere l’obbligazione. Una eventuale inadempienza potrebbe coinvolgere altri soggetti e di
conseguenza l’intero sistema finanziario portando ad una serie di fallimenti a catena.

Gli swaps
Sono derivati dove le parti si accordano per scambiarsi nel futuro flussi monetari periodici che sono
funzione di un parametro sottostante e un capitale nozionale. Si tratta di uno strumento simmetrico
dove le parti si impegnano ad effettuare alle date pattuite dei versamenti (in realtà però ci si scambia
solo la differenza delle due prestazioni). Il capitale nozionale non si scambia ma si utilizza come
base di calcolo dei versamenti. Il parametro sottostante è un tasso di interesse detto IRS (interest
rate swap) o un tasso di cambio (currency swap) o beni reali e titoli azionari.
Il derivato swap sul tasso IRS consiste in una serie di contratti forward in cui l’acquirente consegna
alla controparte una somma raccolta applicando un tasso fisso al capitale nozionale, allo stesso
tempo il venditore si impegna a versare una somma calcolata su un tasso di interesse variabile
applicato al capitale nozionale. Operativamente parlando lo swap è utilizzato per modificare la
natura di attività e passività finanziarie o per copertura di rischi come quello di liquidità o di credito.

Le options
Sono derivati in cui il compratore paga un premio acquistando la facoltà di decidere il seguito da
dare all’operazione mentre il venditore si impegna a soddisfare la volontà del compratore a seguito
dell’incasso del premio. Esistono due tipologie di options:
 opzioni call – rappresenta il diritto di acquistare l’attività sottostante contro il
pagamento di uno strike price fissato alla stipula del contratto. Il possessore della call
potrà esercitare la facoltà di acquistare o meno l’attività sottostante e lo farà
solamente se il prezzo di mercato risulta più alto dello strike price, in caso contrario
abbandonerà l’opzione rinunciando al diritto di acquisto
 opzioni put – diritto a vendere l’attività sottostante incassando uno strike price
determinato alla stipula. L’acquirente eserciterà il diritto se il prezzo di mercato
risulta inferiore allo strike price, se è maggiore vi rinuncia.

Nelle operazioni quindi vi sono quattro tipologie di soggetti:


 acquirente della call (posizione lunga) – ha il diritto di acquistare il sottostante ad un
prezzo prefissato
 venditore della call (posizione corta) – ha l’obbligo di consegnare il sottostante se il
compratore decide di acquistare, incassa lo strike price
 acquirente della put (posizione lunga) – ha il diritto di vendere il sottostante ad un
prezzo prefissato
 venditore della put (posizione corta) – ha l’obbligo di acquistare dalla controparte il
sottostante allo strike price se il compratore decide di avvalersi del suo diritto.
Nelle cd opzioni europee il diritto si esercita solo alla scadenza del contratto, nelle opzioni
americane si ha la possibilità di esercitare il proprio diritto in ogni momento.
Le options si definiscono in the money quando al compratore risulta conveniente esercitare il
proprio diritto, sono at the money quando per il possessore è indifferente esercitare il proprio diritto
e sono out the money quando per il compratore è sconveniente esercitare il proprio diritto.
Il payoff delle options viene così calcolato:
 payoff della call in posizione lunga= max (0;St-K)
 payoff della call in posizione corta= -max (0;St-K)
 payoff della put in posizione lunga= max (0;K-St)
 payoff della put in posizione corta= -max (0; K-St)
dove K=strike price; St= prezzo di mercato alla scadenza

6 Gli strumenti di gestione del risparmio

L’offerta di servizi di gestione del risparmio si esplica in questo modo:


 vendita di fondi comuni (che il legislatore chiama OICR ossia organismi di
investimento collettivo del risparmio)
 gestione di portafogli su base individuale
 la consulenza in materia di investimenti

i)I fondi comuni di investimento e le SICAV

Il TUF definisce OICR i fondi comuni di investimento e le SICAV.


Un fondo comune è un patrimonio autonomo raccolto con emissione di quote tra gli investitori, col
fine di essere investito; viene gestito a monte negli interessi degli stessi ma anche autonomamente
da loro. I fondi comuni sono gestiti dalle società di gestione del risparmio ossia le SGR.
Un SICAV è una società di investimento a capitale variabile: si tratta di una SpA il cui oggetto
sociale è l’investimento collettivo del patrimonio raccolto con l’offerta al pubblico delle azioni.
Riferendosi agli OICR è possibili distinguerne le seguenti caratteristiche:
il patrimonio è l’attività oggetto di investimento da parte del fondo il cui ammontare varia a seconda
della loro redditività e valore di mercato. Non è necessario che l’OICR sia investito in prevalenza in
strumenti finanziari. Il patrimonio deve essere autonomo, cioè distinto da quello dei partecipanti,
dalla SGR e dagli altri fondi da essa gestiti; questa regola di separazione patrimoniale salvaguardia
gli investitori in caso di insolvenza del gestore o di altri partecipanti (i loro creditori infatti non
possono rivalersi sul fondo se non in misura della loro quota).
Con la sottoscrizione gli aderenti acquistano delle quote di partecipazione al fondo proporzionate al
conferimento che da loro diritto di beneficiare della rivalutazione del patrimonio e obbliga loro ad
assumere il rischio di pauperizzazione dello stesso. Le quote hanno tutte lo stesso valore e i
medesimi diritti e possono essere emesse in titoli singoli o inserite in certificati cumulativi.
La gestione del patrimonio è effettuata da una SGR per conto degli aderenti in base ad una politica
di investimento, una volta sottoscritte le quote infatti gli investitori accettano la politica di
investimento della SGR senza che questa abbia bisogno di ulteriori consensi, escludendo così la
partecipazione alla gestione, giustificata dall’alta specializzazione nel campo della gestione
patrimoniale della SGR.
I fondi comuni, non avendo personalità giuridica. Sono dei contratti mentre le SICAV essendo
dotate di personalità giuridica hanno invece forma statutaria.
Sia SICAV che fondi comuni sono disciplinati da appositi documenti: i fondi dal regolamento di
gestione mentre le SICAV dallo statuto. Questi vengono adottati dai loro documenti istitutivi e
soggetti all’approvazione della Banca d’Italia che valuta la loro compatibilità con la normativa.
Hanno un contenuto minimo tipico (es denominazione, modalità di partecipazione, modalità di
emissione delle quote ecc.). in tale documenti inoltre la SGR deve indicare la banca depositaria,
insieme questi due soggetti sono gli attori principali del servizio di gestione.
Oltre a questo, regolamento e statuto definiscono le regole in materia di beni, strumenti finanziari e
altri valori suscettibili di investimento dell’attivo, indicano le domalità di gestione e di distribuzione
della redditività.

Gli OICR aperti e chiusi


L’ordinamento italiano riconosce le seguenti categorie di fondi comuni:
 Fondi comuni aperti – ai partecipanti è consentito di sottoscrivere in ogni momento
le quote con il versamento del relativo importo o, per i fondi ad apporto privato, con
il conferimento di strumenti finanziari presenti nella composizione dell’indice di
riferimento. Il sottoscrittore può chiedere in ogni momento il rimborso della quota
(almeno una volta alla settimana), motivo per cui il patrimonio varia in ragione dei
rimborsi fatti. Ad ogni rimborso comunque l’investitore può sottoscrivere quote di
nuova emissione. Questo richiede che il fondo sia investito in attività facilmente
liquidabili
 Fondi comuni chiusi – le quote possono essere sottoscritte solo a date prefissate ad
importi massimi predeterminati. Le quote in questo caso non possono essere
rimborsate prima della scadenza (nei fondi semichiusi non prima di una nuova
emissione quote o un disinvestimento). Questo fatto porta il patrimonio ad essere
fisso o semifisso. L’aumento dei mezzi finanziari si effettua con l’emissione di nuove
quote con una procedura del tutto simile a quella per gli aumenti di capitale di una
SpA. I sottoscrittori possono in ogni caso negoziare sul mercato secondario le
proprie quote.
Funzione del fondo chiuso è quella di consentire agli investitori di accedere a forme
di investimento di difficile approccio come ad esempio beni immobili, diritti reali su
beni immobili, strumenti finanziari non quotati e tutti quei beni con valore
determinabile con certezza almeno ogni semestre, in ogni caso i fondi chiusi possono
investire anche in strumenti tipici trattati dai fondi aperti.

La differenza tra fondi aperti e fondi chiusi appena descritti si riflette nel calcolo del valore netto
degli attivi (NAV, net asset value). Per i primi il NAV viene calcolato giornalmente o
settimanalmente mentre per i fondi chiusi viene calcolato a cadenza trimestrale o semestrale per via
della mancanza di prezzi di riferimento ufficiali degli strumenti in cui investono tali fondi. Il calcolo
del NAV avviene tramite l’inventario dei beni detenuti in portafoglio.

Gli OICR aperti armonizzati e non armonizzati


 OICR armonizzati – si tratta di fondi le cui regole sulla gestione coincidono con
quella comunitaria così da consentire il collocamento su tutto il territorio UE in
modo veloce e trasparente
 OICR non armonizzati – sono per differenza tutti gli altri OICR, particolarmente
importanti sono gli OICR aperti non armonizzati, i quali devono investire il proprio
patrimonio in strumenti finanziari non quotati, quotati, derivati e conti bancari con
delle quote prefissate. Devono inoltre rispettare delle regole in materia di
investimenti poco liquidi (es metalli preziosi) e in materia di concessione di prestiti.

I fondi di fondi
Si tratta di OICR aperti non armonizzati il cui oggetto è costituito per la maggior parte da quote di
altri OICR il cui patrimonio si investito in misura inferiore in altri OICR (30% per gli OICR aperti
non armonizzati)

Exchange traded funds (ETF)


Si tratta di fondi aperti indicizzati quotati su mercati regolamentati che replicano l’andamento di un
indice azionario quotato o un paniere titoli investendo negli strumenti finanziari che lo
compongono. Gli ETF vengono solitamente rimborsati in natura, la sottoscrizione avviene in
mercati primari destinati a grandi investitori istituzionali che assumono la veste di market makers
sui mercati secondari. La SGR definisce parti di patrimonio (creation units) da destinare al mercato
primario per essere poi suddivise in quote inferiori e ammesse a quotazioni di un mercato
regolamentato. Questo è l’unico modo di collocamento tra gli investitori retail. Il vantaggio degli
ETF è quello di essere molto diversificati e trasparenti ed inoltre sono adatti sia a investimenti di
medio-lungo termine che ad investimenti di breve termine (infatti possono essere venduti o
acquistati ogni giorno).

I fondi riservati
La partecipazione a tali fondi è riservata a investitori qualificati (es banche) per cui non possono
essere collocati presso soggetti differenti. Hanno ampia autonomia regolamentare in fatto di
strumenti oggetto dell’investimento. Sono esentati dal regime di pubblicità e dal rispetto di norme
prudenziali previste per gli OICR aperti.

I fondi speculativi (hedge funds)


Sono fondi il cui scopo è massimizzare I rendimenti ricorrendo a tecniche di copertura (hedging). Si
differenziano dai fondi comuni per via della leva finanziaria, la localizzazione in paradisi fiscali e il
regime di commissioni a favore del gestore. Sono fondi di tipo statutario chiusi destinati ad un
numero limitato di operatori professionali o con alta disponibilità finanziaria. La loro disciplina è
sottratta a quella dei normali OICR, soprattutto per quanto concerne l’uso di derivati e della leva
finanziaria.
La normativa definisce come speculativi i fondi che investono in beni diversi da quelli previsti per i
fondi aperti e chiusi in deroga alla normativa prudenziale della Banca d’Italia. Il numero massimo
di partecipanti è 200 con un valore minimo della partecipazione di 500.000 € , questo di fatto li
riserva ad una ristretta cerchia di partecipanti. Il calcolo del NAV in questo caso è mensile.

Le SICAV
Sono SpA il cui oggetto è l’investimento in strumenti finanziari o altri beni del capitale raccolto
mediante collocamento delle azioni. Caratteristica principale delle SICAV è la variabilità del
capitale, coincidente col patrimonio in gestione. L’autonomia patrimoniale della SICAV è da
intendersi come autonomia del capitale della società dal patrimonio dei singoli partecipanti.
Analogamente ad una SpA, i partecipanti dispongono di diritti patrimoniali e amministrativi, col
diritto di voto possono influenzare le scelte societarie.
Non disponendo di un capitale nominale fisso, il valore delle azioni è dato dal rapporto tra
patrimonio netto e numero di azioni in circolazione. Importante è il fatto che per le azioni
nominative, ad ogni partecipante spetti un solo voto a testa indipendentemente dal numero di azioni.
Le SICAV non possono gestire patrimoni immobiliari o attività per le quali è richiesta la forma di
OICR chiuso.
I fondi immobiliari
Sono OICR dediti all’investimento in beni immobili e correlati (es diritti reali immobiliari). Sono
dei fondi chiusi gestiti da una SGR, la loro durata è lunga fino ad un massimo di 50 anni anche se
generalmente la durata media è di circa 10-15 anni.
A differenza degli altri fondi, quelli immobiliari sono operativamente paragonabili a società
immobiliari in quanto devono anche gestire i loro immobili. È prevista l’assemblea obbligatoria dei
soci che può anche deliberare il cambio di SGR.
La valorizzazione della quota si fa in base al NAV.

I fondi pensione
Hanno la funzione di raccogliere i contributi dei lavoratori per investirli in strumenti finanziari per
poi erogare una rendita vitalizia ai partecipanti. Vi possono aderire tutti i lavoratori tramite le
associazioni di categoria, i datori di lavoro o i sindacati. Questo tipo di fondi prende il nome di
fondi negoziali.
Tali fondi sono istituiti secondo il regime contributivo, in cui la pensione è funzione del rendimento
netto del fondo. Nei fondi negoziali la contribuzione è a carico dei datori lavoro, quando è a carico
dei lavoratori si parla di fondi pensione aperti; questo tipo di fondi è stato ideato per permettere a
tutti i lavoratori di accedere a forme pensionistiche integrative e/o alternative.

CAPITOLO X
I RISCHI NELL'ATTIVITà DI INTERMEDIAZIONE FINANZIARIA

1 Il rischio di credito

Il rischio di credito è il rischio di deterioramento inatteso del merito creditizio del debitore che porta
il creditore a subire una riduzione inattesa del proprio credito.
VM =Σ[ FC /(1+rf +rp )]
dove VM=valore di mercato, FC=flussi di cassa (rata), rf=tasso risk free, rp=risk price

Il deterioramento del merito creditizio fa aumentare il premio al rischio facendo diminuire il valore
di mercato del prestito. Più è alto lo spread tra premio al rischio e tasso risk free e maggiore è la vita
residua del prestito maggiore sarà anche la riduzione del valore di mercato.
Siccome il rischio di credito è inatteso e quindi non computato nel premio (dove vengono computati
solo i peggioramenti probabili che potrà avere il credito) esso si presenta in casi dove la valutazione
del merito creditizio del soggetto debitore è erronea.
Le società di rating (es S&P, Fitch ecc) sono specializzate nel misurare il merito creditizio
valutando l'affidabilità di aziende, debitori specifici e stati, il voto da loro espresso permette di
permette di computare il premio al rischio da richiedere al soggetto debitore.
Per tenere conto degli effetti di una modifica del merito creditzio di un debitore ma anche di un
erogatore di fondi, si stima la perdita attesa (expected loss, EL) la quale è composta da tre
granzezze.
EL=EAD*PD*LGDR
• Exposure at defaul EAD – ammontare delle somme erogate al netto dei rimborsi effettuati.
• Probably of default PD – probabilità che il debitore sia inadempiente in un dato arco di
tempo che solitamente è un anno.
• Loss given default rate LGDR – quota parte delle somme erogate che l'intermediario
finanziario si attende di non incassare in caso di inadempienza.
Stimando questa perdita il creditore si cautela da possibili negatività sul proprio credito operando
degli accantonamenti adeguati. Se la perdita invece è inattesa il creditore dovrà tutelarsi con la
costituzione di adeguate riserve patrimoniali.
Un importante metodo per ridurre la probabilità di manifestarsi di perdite inattese è la
diversificazione del portafoglio di investimenti (cd teoria di portafoglio). Secondo questa teoria il
rischio è composto da due elementi:
• rischio specifico – riguarda l singola attività di investimento
• rischio sistematico – rischio legato alle oscillazioni di mercato e che dunque influenzano il
sistema nel suo complesso e di conseguenza tutti gli strumenti finanziari.
La diversificazione permette di ridurre quasi totalmente il rischio specifico (maggiore è la
diversificazione e maggiore sarà tale riduzione), il rischio di credito di un portafoglio non è uguale
alla somma dei rischi degli strumenti finanziari che lo compongono perchè tra di essi vi è una
correlazione che può essere positiva o negativa. Tale correlazione è detta coefficiente di
correlazione ed è il rapporto tra la loro covarianza e il prodotto delle loro deviazioni standard. È
opportuno monitorare questa variabile perchè un suo aumento significa un aumento del rischio di
portafoglio.
La misurazione del rischio di credito è particolarmente complicata per via di svariati fattori come ad
esempio la mancanza di dati storici completi o il fatto che la manifestazione di rischi con
rendimenti positivi che rendimenti negativi non sia simmetrica e così via.
Sempre parlando di rischio di credito, occorre considerare l'orizzonte temporale di riferimento
durante il quale si valta l'insolvenza, un altro concetto molto importante è nell'ambito della
misurazione del rischio di credito è l'intervallo di confidenza con cui vengono stimati i tassi di
perdita. Ad esempio, un intervallo di confidenza del 99% significa stimare in via prudenziale
perdite potenziali da consentire una copertura delle perdite effettive che dovrebbero rivelarsi
inferiori alla perdita effettiva nel 99% dei casi.

2 Il rischio di mercato

E' il rischio associato alle oscillazioni dei prezzi di mercato di attività e strumenti finanziari. Indica
la possibilità di ottenere perdite di valore su strumenti finanziari a seguito di variazioni inattese de
variabili di mercato come il tasso di cambio o il tasso di interesse. Al giorno d'oggi è molto
importante per via:
del processo di securitization degli strumenti finanziari, che consiste nella trasformazione di
strumenti finanziari illiquidi in strumenti finanziari liquidi negoziabili nei mercati secondari (es
securitization dei mutui subprime)
diffusione consistente degli strumenti derivati
Di seguito verranno illustrate le componenti del rischio di mercato.

Rischio di tasso d'interesse


E' generato dalle variazioni di tasso d'interesse e può causare perdite di valore dell'attivo
finanziaziario. Aumenta al diminuire del tasso di mercato, il quale si riflette nel prezzo di queste
attività: siamo in presenza del cd rischio di prezzo ossia l'effetto sul prezzo dell'attivo finanziario di
variazioni inattese del tasso di interesse. Il rischio di reinvestimento è dato dal fatto che la durata
delle attività deve essere coerente con la durata del passivo così che i fattori di mercato non
generino perdite dovute ai gap temporali.

Rischio di cambio
E' il rischio di subire perdite dovute al corso avverso di divise estere nelle posizioni tenute da un
intermediario finanziario o altri operatori economici impegnati nel commercio estero. Viene gestito
con l'analisi dei gap cumulati e periodali: se il gap è negativo si trae vantaggio dal deprezzamento di
mercato e viceversa.

Rischio di liquidità
Deriva dall'incapacità di far fronte ai deflussi di cassa attesi e inattesi, si tratta quindi del funding
liquidity risk ossia il rischio di far fronte a dei costi per reperire liquidità sul mercato, questo perchè
gli intermediari finanziari mantengono solitamente poca liquidità in portafoglio dal momento che
non matura tasso d'interesse, detenendo liquidità solo per i deflussi futuri attesi. In caso di necessità
di liquidità ci si può rivolgere al mercato aumentando le proprie passività a breve termine,
rivolgendosi al mercato interbancario oppure smobilizzando attività presenti in portafoglio.
Si parla di market liquidity risk quando lo smobilizzo di queste attività ne comporta una sensibile
diminuzione di prezzo.
Per monitorare la liquidità degli intermediari finanziari ci si affida a 3 metodi:
• modello basato sugli stock – misura il volume delle attività finanziarie prontamente
liquidabili in caso di necessità osservando indicatori come il cash capital position (che
mostra la capacità di resistere a tensioni di liquidità dovute alla volatilità inattesa delle
fonti). Questo metodo usa variabili di stock che portano ad una analisi statica.
• Modelli dinamici – confrontano flussi di cassa futuri in entrata e in uscita verificando i flussi
netti per ogni fascia temporale raggruppandoli in fase di scadenza. I flussi positivi indicano
la quantità di liquidità disponibile.
• Modelli ibridi – integrano le due precedenti metodologie illustrate.

3 Il rischio operativo

E' il rischio di subire perdite dovute all'inadeguatezza o al malfunzionamento di procedure a seguito


dell'operare delle risorse umane. Può essere determinato ad esempio da frodi o errori umani.
E un cd rischio puro, evitabile adottando idonee procedure di controllo e rispettando la normativa.
E' un rischio non assicurabile in quanto è determinato solo da chi mette in atto il comportamento
errato.

CAPITOLO XI
IL RENDIMENTO DELLE ATTIVITA' DI INVESTIMENTO

1 I principi di valutazione degli investimenti in strumenti finanziari


Per valutare uno strumento finanziario bisogna innanzitutto conoscerne la tipologia in quanto si
utilizzano metodologie diverse a seconda dei titoli oggetto dell'analisi.
Il valore di un investimento dipende dai flussi di cassa che ci si aspetta in futuro, i quali possono
avere la natura di guadagni in conto capitale (capital gains) e guadagni in conto interesse. Una volta
chiari i flussi di cassa li si attualizza in funzione di un tasso di sconto opportuno. Il problema
principale è la stima dei flussi in quanto non è possibile conoscerli ex ante con certezza, titoli di
debito a parte.
Una volta stimati flussi, tempi, tasso di sconto ecc si stima il tasso rendimento dell'attività che ne
esprime la redditività.
Il tasso di rendimento non è da confondere col tasso di interesse, in quanto anche se collegati, il
tasso di interesse non incorpora le variabili per determinare i flussi netti come ad esempio l'impatto
fiscale.

2 Il rendimento dei titoli di debito

Il rendimento di strumenti di debito di mercato monetario


Si tratta di strumenti a breve termine non superiori ai 12 mesi, come ad esempio i BOT. Sono titoli
zero coupon in quanto emessi sotto la pari e la cui redditività dipende dal prezzo di rimborso.
Il rendimento semplice lordo è dunque:

Se si vuole tenere conto dell'impatto fiscale si calcola il rendimento semplice netto:

E' poi possibile per i titoli con durata inferiore all'anno, calcolare il rendimento composto di una
serie di investimenti sino a coprire il periodo di tempo di un anno:

Il rendimento degli strumenti di debito di medio lungo periodo


Tali strumenti sono caratterizzati dal fatto di produrre dei flussi di cassa periodici detti cedole in
conto interesse, oltre alla restituzione del capitale alla scadenza. I più diffusi attualmente sono i
BOT a cedola semestrale con scadenza a 3, 5, 10, 15 e 30 anni. La cedola non è da confondere con
il tasso nominale annuo in base al quale si calcolano gli interessi periodici cedolari, mentre la
cedola rappresenta l'ammontare che si riceve periodicamente: un titolo a cedole semestrali con tasso
annuo del 10% ad esempio renderà all'incirca il 5% ogni sei mesi.
Il rendimento immediato è dato dal rapporto tra ammontare della cedola e corso secco di un titolo di
debito:
Il rendimento effettivo invece è maggiormente utilizzato in quanto ci mostra il tasso effettivo di
rendimento e permette il confronto con altri strumenti. In termini matematici è quel tasso che
permette di eguagliare l'esborso iniziale con la sommatoria delle cedole. Si tratta di un tasso interno
di rendimento e siccome la soluzione dell'equazione sarebbe di grado superiore al primo per motivi
di semplicità si trova il tasso di rendimentio effettivo procedendo per tentativi.

3 Il rendimento dei titoli azionari

Anche per le azioni la valutazione dell'investimento dipende dai cash flow anche se in questo caso
essi non sono stimabili con certezza. Il rendimento dipende dunque dagli utili percepiti sommati al
guadagno o alla perdita in conto capitale alla endita delle azioni.

Il modello di valutazione uniperiodale


Presuppone che l'investitore acquisti l'azione, la mantenga per una unità di tempo, incassi il
dividendo e poi la rivenda.
L'investitore acquista il titolo se il rendimento è almeno uguale o maggiore al prezzo di acquisto
ossia P0.

Dividend discount model


Parte dal modello precedente, ne utilizza la stessa logica ma tiene conto di periodi di tempo oltre
l'unità presupponendo che l'investitore non venda il titolo ma lo mantenga per sempre.
Se pur porta molti vantaggi tale metodo ha diverse debolezze come ad esempio la difficoltà a
stimare i dividendi di periodi di tempo molto lontani.
Modello di Gordon.
Si basa sulla crescita costante nel tempo dei dividendi. Il tasso di rendimento atteso deve essere
sempre maggiore del tasso di crescita dei dividenti altrimenti il modello non funziona, diverse
ricerche hanno comunque mostrato che tale ipotesi è vera per la maggior parte delle società.

Modello price-earnings
Secondo questo modello, il tasso di crescita dei dividendi dipende dal ROE in maniera proporionale
al payout (π ) ossia la quota di utile che non viene distribuita tra i soci ma reinvestita nella società.
Rappresenta il tempo necessario perchè gli utili incassati compensi l'esborso iniziale di acquisto.

4 La diversificazione e il rendimento di un portafoglio

Solitamente gli investitori impiegano il proprio capitale non in un solo strumento finanziario ma in
un portafoglio di strumenti dando così luogo all'attività di diversificazione.
Avendo a disposizione diverse attività finanziarie è possibile costruire un numero infinito di
portafogli caratterizzati ognuno da una diversa combinazione di rischio-rendimento. L'insieme di
portafogli che hanno i rendimenti più elevati a parità di rischio costruiscono la frontiera efficiente.

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