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SAPONI DURI

(di Angelo Angelini - Kemi Hathor n° 53 - 1991)


I saponi duri vengono fabbricati con l'impiego della soda caustica, ovvero usando, idrato di sodio al posto
di idrato potassico che entra nella composizione dei saponi molli. L'impiego degli alcali caustici risale fino
alla più alta antichità egizia ove , secondo le ricette egizie, esisteva un natron rosso , un natron puro ed un
natron delle oasi.
Nel deserto di Tahaiat, ad ovest del Nilo, nella vallata dei laghi di natron si ha formazione di carbonato
sodico dovuta alla reazione del sale marino sul carbonato di calcio, reazione favorita dalla forte
efflorescenza del carbonato di sodio, la quale fa si che questo sale, una volta prodotto, si rechi alla
superficie, mentre il cloruro di calcio, deliquescente, si infiltra nel suolo.
Le piccole sorgenti naturali, disciolgono le efflorescenze, si concentrano spontaneamente, assumendo una
colorazione rosso- violetta ( da cui il natron rosso egizio) per mezzo di organizzazioni animali e vegetali.
Dopo i calori estivi si raccolgono le incrostazioni saline, formate da carbonato di sodio, cloruro di sodio,
solfato di sodio, che nei secoli scorsi venivano spedite ad Alessandria d'Egitto in masse biancastre che
hanno la ricchezza del 31% di carbonato sodico.
Questa è la soda conosciuta dagli antichi e di cui gli Egizi parlano nel Papiro di Ebers.
Oltre a questo Natron, nell'alta antichità egizia esisteva il natron dei laghi del Fezzan e dei laghi d'Egitto,
nel Fayum che si trova in masse compatte saccaroidi granulari, di colore bianco giallastro, misto a cloruro
di sodio e a solfato di sodio. E questo è il natron puro del Papiro di Ebers.
Esisteva poi un terzo tipo di soda che proveniva dall' incenerimento delle piante marine o delle piante dei
laghi salati, che crescono nelle acque o sui litorali. Infatti le alghe marine, a differenze delle piante terrestri
sono molto ricche di sodio.
Generalmente per ottenere la soda dalle piante marine, dopo la falciatura, si fanno essiccare sul terreno, si
bruciano poi all'aria libera in fosse cilindriche le cui dimensioni variano con la quantità di alghe o secondo
il fabbisogno del momento, il cui diametro comunque è un terzo dell'altezza.
Si alimenta continuamente la combustione avendo cura di bruciare completamente ogni parte. Il calore è
sufficiente per far fondere le ceneri e per produrre al fondo della fossa una massa dura, compatta, semi
fusa che si spacca e si raccoglie.
Le piante marine che hanno il più alto contenuto di soda sono la salsola clarofolia la salsola soda, la
salsola kali, la salsola brachiata , l'Halimocnemum caspicum, la kochia sedoides.
Trattando il prodotto dell'incenerimento delle piante marine con acqua si ottiene un liquido più o meno
colorato, di sapore acre, piccante anche in piccolissime quantità che è noto con il nome di sapore alcalino.
Detta liscivia, evaporata a secchezza, calcinata e ripresa di nuovo con acqua, filtrata ed evaporata e
calcinata nuovamente dà la soda naturale. Per ottenere la soda caustica si tratta una soluzione di carbonato
di sodio bollente con acqua di calce, ossia con acqua che tiene in sospensione della calce estinta ed
avviene una doppia decomposizione.
La calce si unisce all'acido carbonico per formare un carbonato insolubile e nella soluzione rimane la soda
caustica.
Per ottenere una buona caustificazione è necessario provocare il contatto intimo della calce e della soda,
per cui è necessaria una continua mescolazione.
E' intuitivo che l'impiego di soda che abbia subito un processo naturale di formazione, quale può essere il
natron dei laghi, contiene in sè le forze creative e di trasformazione che a seguito dei processi alchimici
naturali, rimangono inalterate nel prodotto.
Sono energie cosmiche, quali le solari e le lunari che mutano nel tempo e nel susseguirsi dei mesi; sono le
energie ctonie che provocano i lenti mutamenti e che dipendono dal geomagnetismo terrestre; sono le
energie ambientali che dipendono dal rivoluire dei pianeti e dal lento roteare dei cieli.
E così pure sono i sali che si ottengono dalle alghe, ricchi di oligoelementi che hanno subito gli influssi
siderali nel lento costituirsi in seno alla pianta.
Tutto questo dona al prodotto una potenzialità intrinseca, che se non è messa in luce dalla strumentazione
chimica, troppo povera al confronto, viene messa in luce dai risultati terapeutici che offre il prodotto
stesso, perchè portatore di influssi sottili ma potenti, che sono i veri responsabili degli arcana che sono
nascosti nel suo seno.
Ben lo seppero gli Egizi che impiegarono il natron in varie ricette per l'ottenimento di saponi da usarsi per
spalmature lungo i vari Meridiani del corpo e per sanare malattie cutanee, anche di una certa gravità.
Al natron associarono la calamina, ovvero ossido di zinco, tuttora impiegato nella galenica ospedaliera,
che con esso prepara pomate e saponi per la cura delle dermatosi anche più riluttanti e più fastidiose.
Nei saponi duri, a differenza che nei saponi molli, la glicerina che deriva dalla saponificazione dei grassi,
come l'acqua, viene eliminata.
La fabbricazione di questi saponi richiede una serie di operazioni successive, il cui numero varia secondo
la natura del sapone che si vuole ottenere, ma però alcune operazioni sono comuni alla fabbricazione di
tutte le specie.
Le diverse operazioni generali sono: Impasto- separazione- cottura fine o liquidazione.
Impasto
E' una operazione che deve avvenire lentamente poiché bisogna ottenere un miscuglio intimo, una
emulsione dei grassi nella lisciva, e se l'operazione avviene lentamente, l'esito finale è sicuro.
Si tenga presente che i saponi sono insolubili nelle liscive concentrate, sono solubili nelle liscive deboli e
ancor più solubili in acqua calda. Quindi l'acqua che si forma dalla prima combinazione dei grassi con la
lisciva comincia a sciogliere il sapone e quando viene agitata forma una emulsione fine.
Ai grassi si devono fornire liscive caustiche, per gradi, di non forte concentrazione, in modo che il sapone
non si sciolga nella lisciva bollente, nè riunirsi in grani troppo grossi e troppo duri. Si deve agitare
continuamente per favorire il contatto tra le varie fasi.
Se durante l'operazione di impasto la massa fosse troppo liquida, vuol dire che vi è dell'alcali in eccesso.
In questo caso si aggiunge gradatamente della materia grassa.
Separazione
Le liscive deboli che hanno servito all'impasto non possono completare la saponificazione, quindi vanno
eliminate perché esaurite ed anche perché contengono tanta acqua. Per effettuare questa operazione si
aggiungono liscive concentrate, addizionate di sale, con il che il sapone si raccoglie alla superficie. Tanto
più le liscive sono concentrate tanto più avviene la separazione. Versando liscive concentrate ed agitando,
il sapone si separa in alto e sul fondo rimangono le liscive.
Cottura
Dopo aver separato le liscive salate, si completa la saponificazione con liscive concentrate, con aggiunta di
sale per impedire che il sapone si sciolga.
Si riscalda per un'ora onde ottenere l'ebollizione, si manifesta una schiuma abbondante che cessa dopo
alcune ore, mentre il sapone si presenta in grani grossi. Si arresta allora il riscaldamento, si lascia riposare
la massa per alcune ore, si spilla la usciva e si esegue la liquidazione.
Liquidazione o fine
Si aumenta il fuoco per ben riscaldare la massa che d'ora in avanti non bolle più. Nell'interno della massa
si compie un lavoro particolare: la pasta di sapone chiarifica rapidamente, si spoglia poco a poco delle
parti colorate che precipitano sul fondo.
Questa operazione si può attivare mediante piccole aggiunte di lisciva. Si riconosce che una pasta è
purificata quando il liquido che si porta alla superficie in seguito all'agitazione in senso verticale, invece di
essere chiaro e fluido, comincia ad assumere una tinta nerastra e vischiosa.
Dopo di che il sapone viene colato in recipienti adatti in cui si solidifica. Queste sono le operazioni che si
eseguono in genere, per ottenere un sapone duro.
Come esempio, portiamo due saponificazioni, la prima con olio di cocco e olio di palma (rapporto 20: 80)
e la seconda con sugna di maiale.
Sapone di cocco-palma
Impasto
In una caldaia si versano 1. 12 di lisciva a 12-15 Bè e si riscalda. Si aggiungono a varie riprese Kg 20 di
una miscela cocco-palma, agitando in modo da avere una pasta omogenea. Si mantiene la pasta ad ebolli-
zione moderata e se si nota separazione di olio, si aggiungono Kg. 2.500 di acqua.
Dopo alcune ore di ebollizione si aggiungono 1. 1 di usciva a 20 Bè, mantenendo una dolce ebollizione e
si ripete questa operazione per circa 10 volte in modo da aggiungere 10 litri in totale.
Se si dovesse aggiungere la lisciva tutta in una volta sola, la pasta si separa in grani duri di alcali.
In seguito si aggiungono l. 2 di lisciva a 25 Bè, si agita energicamente per un 1/4 d'ora, si ferma il calore e
si lascia riposare la pasta per 5-6 ore.
Separazione
Si aggiunge lisciva a 20 Bè circa nella quale si scioglie il 5-6% di sale marino. Dopo un'energica
agitazione il sapone si presenta in piccoli grani. Dopo alcune ore di riposo si spilla la lisciva, in ragione di
circa 20 litri, alla densità di 15-16 Bè.
Cottura
Si versano nella caldaia circa 10 litri di lisciva a 28- 30 Bè, e si riscalda per 1 ora circa onde ottenere
l'ebollizione. Si manifesta una schiuma abbondante la quale cessa dopo un po' di ore. Il sapone si presenta
in grossi grani, i quali si riducono in scaglie dure e polverulenti quando vengono compressi tra le dita. Si
aggiunge ancora un po' di Usciva a 28-30 è, si arresta la cottura, si lascia riposare la massa per alcune ore e
si spilla la lisciva.
Liquidazione
Si versano 10 litri di lisciva a 5-6 Bè, si agita e si bollire dolcemente. I grani duri del sapone divengono
flosci e si prosegue aggiungendo a piccole porzioni di 500 cc. per volta Usciva a 2-3 Bè in modo da
aggiungere un totale di 1.9.
Si riconosce che la liquidazione è terminata quando appaiono alla superficie delle parti nere. Si ferma il
riscaldamento, si copre la caldaia per ritardarne il raffreddamento così l'alcali si riduce al fondo.
Dopo 1 giorno e mezzo di riposo si leva la schiuma e si cola nei telai, agitando durante il raffreddamento.
A questo punto si possono aggiungere altre sostanze per modificare le qualità del sapone, come estratti di
erbe, idroliti od altro.
Sapone con sugna di maiale
Si ottiene un sapone molto morbido e di pregio.
Impasto
Si mettono in caldaia Kg. 10 di sugna e si fondono a dolce calore. Quando la massa è fusa si aggiungono
1.7 di lisciva a 10 Bè e si fa bollire moderatamente, agitando sempre. Il liquido assume un aspetto lattigi-
noso. Si prosegue nell'ebollizione e quando il liquido assume un aspetto gelatinoso si aggiungono 1. 2,500
di lisciva a 18 Bè che fa scomparire le parti oleose. Se necessario si aggiungono 500 cc. di lisciva a 20 Bè.
Si lascia bollire alquanto e la durata dell'impasto è di circa 8 ore. Separazione Si aggiungono 1. 7 di
Usciva a 15 Bè in cui si sciolgono 350 grammi di sale marino. La pasta si separa gradatamente e si
raccoglie alla superficie in grani. Si lascia in riposo per alcune ore, poi si spilla la lisciva.
Cottura
Si aggiungono 1. 8 di lisciva a 22 Bè. Si fa una cottura lenta ad ebollizione per circa 8 ore, aggiungendo
ogni ora lisciva a 25 Bè. Dopo sei ore il sapone assume consistenza.
Liquidazione
Si toglie la lisciva precedente, se ne aggiunge della nuova a 3 Bè con cloruro sodico. Si porta ad
ebollizione costante e si attiva una buona mescolazione.
Quando il sapone ha consistenza si cessa il riscaldamento e si lascia riposare per 10 ore.
Si aggiungono le sostanze che occorrono e dopo averlo colato nei telai, dopo 8-10 giorni assume la
consistenza voluta per essere tagliato.
Esiste anche un metodo celere, che dà però dei saponi alcalini.
Se si vuole ottenere un sapone di sugna con un po' di palmisto (rapporto 90 : 10) si può ottenere con una
sola operazione.
Si mettono in caldaia circa 1. 9 di usciva a 12 Bè. A parte si fondono i grassi e quando la lisciva bolle si
versano in caldaia, rimescolando attivamente.
Quando si raggiunge di nuovo l'ebollizione si versano ancora in caldaia 1. 3,500 di usciva a 12 Bè e si fa
bollire fmo a pasta uniforme. In tal modo l'impasto è finito.
Si preparano 1. 5 di lisciva della densità di 20 Bè. Se ne aggiungono dapprima 1. 2, si agita, si fa bollire,
poi si aggiungono L1 per volta curando di agitare bene e far bollire prima di aggiungere altra lisciva.
Questa aggiunta dovrebbe durare 4 ore, dopo di che si termina la cottura con 1 l. di lisciva a 25 Bè.
Quando la lisciva inferiore raggiunge la densità di 19 Bè, il sapone è cotto.
Per separare bene il sapone dalla usciva si gettano in caldaia gr, 50 di sal marino e si prosegue il
riscaldamento fmo a quando prendendo un campione di sapone fra le dita, si riduce in scaglie secche.
Si lascia in riposo per 12 ore, si versa nei telai avendo cura di non scendere troppo rasente alle liscive
inferiori.
***
Questi sistemi di lavorazione, che fanno già parte della storia, furono largamente impiegati nel corso dei
millenni per l'ottenimento di saponi che fungessero da supporto e da veicolatori di altri prodotti
incorporabili in essi al termine del processo, in modo da rendere il sapone stesso un composto dalle
caratteristiche altamente terapeutiche , ed usabile come medicamento sia per uso esterno che per uso
interno.
Mi auguro che queste ricette, ampiamente collaudate, non rimangano fini a se stesse, relegate in un
articolo di rivista e ritenute come reperti storici o come semplici curiosità . Esse posseggono tuttora una
loro vitalità intrinseca e tutto il loro potere solo se vengono impiegati i materiali che sono stati illustrati in
questo e negli articoli precedenti. Mi rendo conto che la reperibilità delle materie prime, riferita sopratutto
alla loro genuità, non è di facile soluzione. Comunque mi consta che il natron di Tripoli e il natron
proveniente dalla contea di Bihar, in Ungheria, fra le città di Debreczen e Gr. Varadino, dei laghi bianchi,
costituiscono delle curiosità mineralogiche tuttora reperibili, come pura la soda di Narbona o la soda di
Aigues Mortes in Francia. Rimangono poi sempre le alghe come ultima risorsa , specie la salicornia
arenaria o la salicornia erbacea colle quali si ottenevano le sode di Narbona , o l'atripex portulacoides e la
trylochin maritmun che fecero la soda di Aigues Mortes.
Per gli olii il discorso è più semplice in quanto l'olio di cocco, come quello di palmisto esistono in
commercio, per non parlare dell'olio di ricino od altri, mentre per la sugna di maiale bisogna conoscere un
contadino di altri tempi che allevi personalmente qualche suino in modo impeccabile. E questo non è
impossibile.
Ricordiamoci che in qualsiasi processo infiammatorio il sapone a base di sugna, che rispetti i canoni di
fabbricazione come sono stati illustrati sopra e composto con le materie prime adatte, ha rappresentato
nella storia dell'uomo, un rimedio molto efficace e talvolta portentoso. Spalmato sui punti dolenti del
corpo, dopo una lieve umidificazione per renderlo più facilmente impiegabile, è servito per combattere
efficacemente problemi inerenti al derma. Meglio ancora se passato sopra i Mo superficiali per aiutare
l'organo interno, responsabile delle eruzioni cutanee e delle affezioni esteriori, per indurlo a tornare alla
sua normalità fisiologica.
Il Papiro di Ebers è molto ricco di questi suggerimenti, ove, assieme alla sugna di maiale, veniva pure
impiegato il grasso d'oca, o il grasso d'asina, unitamente ad una varietà di estratti vegetali, scelti in modo
particolare secondo la funzionalità dell'organo in questione

kemi athor angelo Angelini

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