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Regno Plantae

Tassonomia.
Comprende 3 sottoregni:
1.sottoregno Glaucobiotina
• divisione Glaucophyta
2.sottoregno Rhodobiotina (alghe rosse)
• divisione Cyanidiophyta
• divisione Rhodophyta
3.sottoregno Phytobiotina (alghe verdi di tutti i tipi e le piante terrestri)
• divisione Chlorophyta
• divisione Charophyta
Sottoregno Glaucobiotina – divisione Glaucophyta.
• Comprendono circa 13 specie
• vivono in acqua dolce
• sono unicellulari
• possono essere flagellate o coccoidi (no flagelli, vedi imm.)
• i plastidi: sono detti cianelle, sono strutturalmente simili ai cianobat-
teri da cui derivano e tra le 2 membrane possiedono un residuo di
peptidoglicano. La presenza di questo strato, è una prova a sostegno
che questi plastidi derivano da un processo di endosimbiosi primaria
• i plastidi possiedono clorofilla a e ficobiline come pigmenti accesso-
ri. Questi pigmenti formano i ficobilisomi sulla superficie esterna dei
tilacoidi
• la sostanza di riserva è l’amido ed è sparso nel citoplasma.
Sottoregno Rhodobiotina – divisione Cyanidiophyta.
• Sono organismi unicellulari
• vivono in ambienti estremi (sorgenti termali, ecc.)
• il loro apparato del Golgi si continua con il reticolo endoplasmatico
• possono divenire organismi eterotrofi
Il genere tipo è Cyanidium.
Sottoregno Rhodobiotina – divisione Rhodophyta.
• Comprendono dalle 4000 alle 6000 specie suddivise in 680 generi
• per la maggior parte vivono in acque marine calde, ed in piccola parte vivono in acque dolci
• per la maggior parte sono pluricellulari ed il loro tallo è complesso
• vivono ancorate al substrato anche ad oltre 200 m di profondità
• i plastidi: sono strutturalmente simili a quelli delle Glaucophyta ma mancano dello strato di peptido-
glicano, possiedono clorofilla a & ficobiline come pigmenti accessori. Questi pigmenti, assorbono la
luce blu-verde e verde del mare
• in qualsiasi stadio del loro ciclo vitale, mancano di flagelli
• come sostanza di riserva possiedono granuli di amido
• alcune alghe hanno la parete esterna calcificata e sono dette alghe rosse coralline (compongono il
coralligeno del mediterraneo)
• nelle alghe rosse pluricellulari più evolute,le cellule sono connesse tra di loro da pit-connections
• si riproducono asessualmente tramite la formazione di mitospore
• il ciclo vitale, è aplodiplonte e prevede 3 generazioni: gametofito, carposporofito, tetrasporofito.
Carposporofito e tetrasporofito, rappresentano le 2 generazioni dello sporofito.
Da un punto di vita evolutivo, alcune alghe rosse pluricellulari, risalgono a circa 1,6 miliardi di anni fa
(quelle unicellulari risalgono ad ancora prima).
Pit-connections.
Come vediamo dall’immagine, nella porzione centrale della parete
che separa 2 cellule, vi è un corpo di natura proteica; la cui funzione
è quella di separare le cellule e di regolare il traffico tra di esse (è
permeabile ad alcune sostanze). Questo corpo sarebbe la pit-connec-
tions.
Le pit-connections sono costituite da un nucleo centrale, da una ca-
lotta interna e da una esterna.
Attualmente queste pit-connections, sono esclusive delle alghe rosse
più evolute.
Inquadramento tassonomico.
La divisione Rhodophyta, prevede 3 sottodivisioni:
1.sottodivisione Rhodellophytina
• classe Rhodellophyceae (unicellulari no riproduzione sessuale)
2.sottodivisione Metarhodophytina
• classe Compsogonophyceae (ciclo vitale digenetico (2 generazioni))
3.sottodivisione Eurhodophytina (presenza di pit-connections in almeno 1 stadio del ciclo vitale).
Classe Bangiophyceae.
• Costituite da cellule uninucleate
• il gametofito è grande, mentre lo sporofito è filamentoso con pit-connections
• possiedono 1-3 plastidi di forma stellata e situati in posizione assiale
• possono essere uni o pluricellulari
• il tallo si sviluppa mediante divisioni cellulari intercalari
• mancano di plasmodesmi
• tutte le cellule possono dividersi
• il ciclo vitale è digenetico (2 generazioni) con formazione di concospore.
Classe Florideophyceae.
• Le cellule sono plurinucleate (la cellula apicale è uninucleata)
• i plastidi sono numerosi, hanno forma discoidale e sono situati in posizione periferica
• sono organismi pluricellulari con tallo tricale (dopo la divisione, le cellule rimangono unite da pla-
smodesmi)
• si accrescono mediante una cellula apicale
• provvisti di plasmodesmi e presenza di pit-connections
• si riproducono per via sessuale
• il ciclo vitale è trigenetico e prevede: gametofito, carposporofito, tetrasporofito.
Ciclo vitale trigenetico isomorfo:
Presenza di 3 generazioni (1 gametofito e 2 sporofiti). Il gametofito ed il tetrasporofito, sono morfologica-
mente uguali (per questo è detto isomorfo).
• Le meiospore (n) dette tetraspore, si accrescono mitoticamente e formano i gametofiti (maschile e
femminile) morfologicamente simili tra loro
• I gametofiti maschile e femminile, formeranno i rispettivi gametangi. Nello specifico:
➢ Gametangi maschili: tramite mitosi, formano dei gameti detti spermazi (privi di flagelli e quindi privi
motilità autonoma).
➢ Gametangi femminili: sono detti carpogoni. Una delle cellule apicali del carpogonio, ha all’interno un
nucleo che fungerà da gamete femminile.
• La cellula apicale del carpogonio, produce un’estroflessione verso l’esterno detta tricogino.
Il tricogino, aumenta la superficie del carpogonio e quindi aumenta le probabilità di cattura degli spermazi
trasportati dalla corrente.
• Più spermazi vengono catturati dal tricogino ed il primo che riesce a penetrare all’interno ed a rag-
giungere il nucleo che funge da gamete femminile, avvierà la fecondazione e formerà lo zigote (2n)
• dopo la fecondazione, il nucleo 2n migra verso una zona interna e successivamente viene ricoperto e
quindi protetto dalle cellule del carpogonio
• lo zigote, dopo la migrazione, prolifera e forma il carposporofito
Il carposporofito è una struttura pluricellulare ed è protetta dal gametofito femminile.
• Il carposporofito, genera delle spore diploidi dette carpospore
• dopo essersi depositate sul substrato adatto, le carpospore, germinano e proliferando mitoticamente,
formano il tetrasporofito diploide (morfologicamente identico ai gametofiti)
• il tetrasporofito, una volta giunto a maturità, differenzierà i tetrasporangi
• nei tetrasporangi si ha la meiosi con formazione delle tetraspore aploidi. In questo modo il ciclo ri-
parte da capo.
In alcune specie, il tetrasporofito è morfologicamente diverso dai gametofi-
ti. In questo caso, il ciclo vitale trigenetico è detto eteromorfo.
Ex: in Nemalion, come vediamo dall’immagine, il tetrasporofito è molto
piccolo e quindi morfologicamente diverso dai gametofiti; i quali sono fila-
mentosi e grandi.
Le Florideophyceae, in alcuni casi possono tornare ad avere un ciclo dige-
netico, eliminando la generazione del carposporofito.
Ex: Batrachospermum, un’alga rossa di acqua dolce, alcune volte perde la
generazione del carposporofito ed assume un ciclo vitale digenetico.
Bisogna dire che i veri gametangi e sporangi, sono tipici delle piante terrestri. Tali strutture infatti, sono cir-
condate da almeno 1 strato di cellule sterili. Nel caso delle alghe, lo strato di cellule sterili è assenti ed è più
opportuno parlare di gametocisti e sporocisti.
Sottoregno Phytobiotina.
Alghe verdi.
Caratteri generali.
• Comprendono 17000 specie
• per la maggior parte vivono in ambiente acquatico (marino o dolce) ed in piccola parte vivono in
ambiente terrestre (superficie nevose, tronchi d’albero suolo)
• possono contrarre rapporti simbiotici: licheni, con protozoi d’acqua dolce, spugne e celenterati
• possono essere unicellulari, coloniali o pluricellulari (possono raggiungere grandi dimensioni). Esi-
stono anche alghe verdi sinciziali (grandi cellule singole e plurinucleate)
• i loro plastidi, possiedono: clorofilla a & b e carotenoidi come pigmenti accessori. I plastidi deriva-
no da un processo di endosimbiosi primaria
• il materiale di riserva è l’amido ed è accumulato nei plastidi
• in alcune specie, la parete cellulare è costituita da cellulosa, emicellulosa e sostanze pectiche
• gli anterozoidi (gameti maschili), sono generalmente mobili (flagellati) e la modalità di organizza-
zione dei loro flagelli, è uguale a quella riscontrata negli anterozoidi delle piante terrestri
• in 2 generi di alghe verdi, viene prodotto fitocromo (pigmento vegetale, attivato dalla luce, che re-
gola lo sviluppo delle piante)
Da un punto di vista tassonomico, le alghe verdi sono considerate come i precursori delle piante superiori (le
piante superiori si sono evolute dalle alghe verdi). Per tale motivo, le alghe verdi e le piante terrestri, sono
inserite nel sottoregno Phytobiotina.
Nel sottoregno Phytobiotina, si riconoscono 2 linee evolutive principali: Chlorophyta, Charophyta. Queste
linee evolutive sono sister l’una dell’altra (derivano dallo stesso antenato comune più recente).
Diciamo inoltre, che le Charophyta, hanno originato le piante terrestri (pertanto anche le alghe verdi terre-
stri, sono considerate delle Charophyta).
Divisione Chlorophyta.

• Le cellule, possiedono dai 2 ai 4 flagelli


posti anteriormente
• come vediamo dall’immagine, la radice fla-
gellare (è la parte di citoscheletro che anco-
ra il flagello alla cellula) è doppia ed a forma di croce
• l’enzima celluloso-sintasi (responsabile della cellulosa per la parete cellulare) ha un’organizzazione
lineare
• la sintesi della parete che separa le cellule figlie, avviene mediante il ficoplasto.
Nelle Chlorophyta, durante la divisione cellulare, il fuso mitotico viene completamente smantellato e suc-
cessivamente si forma il ficoplasto. Quest’ultimo, come vediamo dall’immagine, è costituito da una serie di
microtubuli disposti parallelamente rispetto al piano equatoriale.
Tali microtubuli convoglieranno le vescicole che formeranno la lamella mediana e la parete primaria delle
cellule figlie.
La forma della radice flagellare, l’organizzazione della celluloso-sintasi ed il ficoplasto, sono elementi che
permettono di distinguere, da un punto di vista citologico, le Chlorophyta dalle Charophyta.
Tassonomia.
Si riconoscono 4 classi:
1. classe Prasinophyceae (5 ordini): comprendono alghe unicellulari planctoniche marine
2. classe Trebouxiophyceae (4 ordini): comprendono alghe unicellulari d’acqua dolce
3. classe Ulvophyceae (6 ordini)
4. classe Chlorophyceae (5 ordini)
Classe Ulvophyceae.
• Sono principalmente marine e solo poche specie sono d’acqua dolce
• sono pluricellulari filamentose, laminari o cenocitiche
• il loro ciclo vitale può essere aplodiplonte isomorfo o diplonte (sporofito come unica generazione).
Le alghe con ciclo diplonte, generalmente sono sinciziali e d’acqua dolce e per tale motivo sono det-
te sifonacee
• il tallo è appiattito (spesso 1 o 2 cellule) e molto lungo. Le cellule che lo compongono, sono uninu-
cleate e provviste di 1 solo cloroplasto
Questo è il cladogramma che riporta i
6 ordini della classe Ulvophyceae e la
loro rispettiva relazione evolutiva.
Come possiamo vedere, le alghe con
ciclo diplonte (sono sister group l’una
dell’altra), e le alghe sifonacee, sono
situate su 2 linee evolutive distinte.

Ciclo vitale aplodiplonte isomorfo:

• le meiospore aploidi germinano e formano il gametofito maschile (-) e femminile (+)


• i gametofiti generano gametangi, i quali a loro volta generano isogameti con polarità sessuale oppo-
sta
• i gameti, interagendo tra loro mediante i flagelli, si riconoscono (riconoscono la reciproca compati-
bilità), si fondono (gamia) e generano lo zigote diploide
• lo zigote germina mitoticamente e forma lo sporofito diploide
• lo sporofito genera gli sporangi e quest’ultimi, tramite meiosi generano le meiospore. In questo
modo il ciclo riparte da capo.
Classe Chlorophyceae.
• Vivono principalmente in acqua dolce, alcune vivono in ambiente terrestre (sulla neve, suolo o tron-
chi d’albero)
• possono essere unicellulari, pluricellulari ed anche coloniali. Le specie unicellulari possono essere
provviste o meno di flagelli. Le specie coloniali possono essere mobili (flagellate) o immobili (prive
di flagelli). Le specie pluricellulari, possono essere filamentose o pseudoparenchimatose
• il loro ciclo vitale è aplonte (gametofito come unica generazione e zigote come unica generazione
diploide).
Chlamydomonas: è unicellulare biflagellata con ciclo vitale aplonte (vedi imm.):
• Le singole cellule che costituiscono l’individuo, rappresentano i gametofiti (n) e fungeranno esse
stesse da gameti
• I gameti (come avviene per il ciclo vitale delle Ulvophyceae), inizialmente si riconoscono ed intera-
giscono mediante i loro flagelli
• successivamente, avviene la plasmogamia e cariogamia con formazione di zigote 2n
Lo zigote formatosi, può formare una struttura di resistenza (zigospora) ed entrare in quiescenza in caso di
condizioni ambientali avverse.
• Lo zigote contrae meiosi e forma 4 meiospore. Quest’ultime, saranno i nuovi individui.

Chlorococcum: è unicellulare ed immobile. È un comune costituente della microflora del suolo, si riprodu-
ce asessualmente mediante la formazione di zoospore (mitospore) biflagellate, si riproduce sessualmente
mediante la formazione di gameti flagellati.
Volvox: è coloniale e mobile. Le singole cellule che compongono la colonia (fino a 60000 cellule per colo-
nia), sono biflagellate. Si può riprodurre sia per via sessuale che per via asessuale.
Nella riproduzione asessuale, le colonie figlie vengono prodotte all’interno della colonia madre. Con la di-
sgregazione della colonia madre, vengono liberate le colonia figlie.
Hydrodictyon: è coloniale ed immobile. I singoli individui sono plurinucleati e
si uniscono tra loro a formare una struttura a rete.
Si riproducono asessualmente mediante la formazione di mitospore uninucleate
biflagellate. Le cellule figlie prodotte asessualmente, si dispongono dentro la
cellula madre, perdono i lor flagelli e crescono come colonie figlie.
Si riproducono anche sessualmente con ciclo vitale aplonte.
Fritschiella: è terrestre e cresce su superfici umide quali tronchi
d’albero, muri e superficie delle foglie.
Come vediamo dall’immagine, ha piccole dimensioni, è pluricellula-
re ed ha un’organizzazione pseudoparenchimatosa.
Sempre seguendo l’immagine, vediamo che
• una porzione del tallo, serve per ancorarla al substrato (rizoi-
de)
• una porzione del tallo è simile ad un fusto
• la porzione del tallo apicale è ramificata e specializzata nella
fotosintesi (ricorda la foglia).
Questa tendenza alla separazione strutturale e funzionale del tallo, ha
permesso di associare da un punto di vista evoluzionistico, le alghe
verdi alle piante terrestri.
Divisione Charophyta.
• Le cellule sono biflagellate
• i flagelli sono asimmetrici e con radice flagellare
unica (come per le piante terrestri
• la mitosi è aperta con formazione del fragmopla-
sto
• la celluloso-sintasi ha una conformazione a rosetta
• vivono principalmente in acque dolci
• possono essere unicellulari, coloniali, pluricellulari
filamentose o pseudoparenchimatiche
• escludendo la classe Embryopsida, tutte le altre classi, hanno ciclo vitale aplonte
• da un punto di vista evoluzionistico, esse sono il gruppo più affine alle briofite ed alle piante vasco-
lari
Tassonomia.
Si riconoscono 6 classi:
1. classe Mesostigmatophyceae: comprende 1 sola specie M. viride
2. classe Chlorokybophyceae: comprende 1 sola famiglia ma più specie
3. classe Zygnemophyceae
4. classe Coelochaetophyceae
5. classe Charophyceae
6. classe Embryopsida.
Classe Zygnemophyceae:
• possono essere unicellulari o pluricellulari con organizzazione
filamentosa
• vivono in acqua dolce
• possiedono 1 o più cloroplasti. Come vediamo dall’immagine, i
cloroplasti sono disposti in senso elicolidale
• si riproducono asessualmente per frammentazione o divisione
• si riproducono sessualmente tramite coniugazione.
Nella coniugazione come vediamo dall’immagine, 2 filamenti sessual-
mente compatibili, si riconoscono ed entrano in contatto mediante un
tubo (A, B). Gli isogameti di un filamento, passano in quello adiacente e
danno inizio alla fecondazione (C, D).
• la parete dello zigote, viene spesso impregnata di sporopolleni-
na (biopolimero presenti nelle piante terrestri)
• il ciclo vitale è aplonte (lo zigote contrae immediatamente meio-
si).
Classe Coleochaetophyceae:
• vivono su rocce o piante sommerse
• le loro cellule sono uninucleate
• possiedono un grande cloroplasto ed un pirenoide (corpo conte-
nente sostanze di riserva, generalmente amido) simile a quello delle briofite
• si riproducono asessualmente tramite la formazione di zoospore
• la riproduzione asessuale è oogama (gameti morfologicamente diversi)
• lo zigote, non contrae immediatamente meiosi, ma rimane protetto e nutrito per un certo periodo nel
gametofito femminile. Inoltre, prima di contrarre meiosi, può contrarre mitosi
• il ciclo vitale è aplonte
Classe Charophyceae.
• Vivono in acqua dolce
• la parete cellulare, oltre ad essere di natura cellulosica,
spesso è fortemente calcificata
• le forme fossili di queste piante, risalgono a circa 410
milioni di anni fa. Ciò che si fossilizza facilmente in
queste piante, è il gametangio femminile. La forma
fossile del gametangio femminile, si definisce girogo-
nite. I gametangi femminili sono utilizzati come fossi-
li guida, perché nel corso del tempo la loro forma è
cambiata (in base alla forma si può capire a che era
geologica risale il fossile)
• hanno un accrescimento apicale (crescono dall’apice)
• il tallo è organizzato in nodi ed internodi. A livello dei
nodi, delle porzioni di tallo si ramificano a raggiera. Tali ramificazioni, sono distanziate tra loro da-
gli internodi
• il ciclo vitale è aplonte (gametofito come unica generazione)
• il gametofito, genera i gametangi maschile e femminile a livello dei nodi. Nello specifico: nella par-
te superiore del nodo, vengono differenziati i gametangi femminili; mentre nella parte inferiore,
vengono differenziati i gametangi maschili
• i gameti maschili (spermatozoidi), sono provvisti di flagelli e sono prodotti in gametangi detti an-
teridi
• i gameti femminili (oosfere) sono prodotti in gametangi detti oogemme. Nello specifico,in ogni oo-
gemma, viene prodotta 1 sola cellula uovo
I gametangi maschili e femminili di questa classe, sono dei veri e propri gametangi, perché sono circondati
da uno strato protettivo di cellule sterili (in tutte le altre classi descritte, è più opportuno parlare di gametoci-
sti e sporocisti).
Il gametangio femminile è generalmente protetto da 5 cellule sterili; le quali si allungano dal basso verso
l’alto e si dispongono a spirale attorno al gametangio stesso.

Il seguente cladogramma, mostra le relazioni tra le relazioni tra le Chlorophyta e le Charophyta (alghe verdi
e piante terrestri). Ricordiamo che questi 2 cladi, sono sister group l’uno dell’altro.
• Chlorophyta: le prime linee evolutive (le prime 5 a partire da destra) hanno ciclo vitale aplodiplon-
te; mentre l’ultima linea evolutiva (Chlorophyceae) comprende alghe sifonacee con ciclo vitale di-
plonte
• Charophyta: le Charophyceae, sono sister group delle Embryophytes.
Le alghe verdi (escludendo le piante terrestri), Chlorophyta e Charophyta, in qualche modo e più volte, han-
no tentato di colonizzare l’ambiente terrestre. Nella maggior parte dei casi, questo tentativo di colonizzazio-
ne, si è limitato a: suoli umidi, tronchi d’albero et simili. Solo nel caso delle piante terrestri si è avuta una
vera e propria colonizzazione del suolo con un definitivo distaccamento dall’ambiente acquatico.
Il seguente schema, riporta un riassunto dei vari tentativi di colonizzazione da parte delle alghe verdi e della
colonizzazione vera e propria delle piante terrestri.
Come possiamo notare, in questo schema (vedi pag successiva), il sister group delle piante terrestri sono le
Zygnemophyceae e non le Charophyceae come detto in precedenza.
Questa particolarità, è dovuta al fatto che attualmente non si ha ben chiaro quale classe delle Charophyta è
evolutivamente affine alle piante terrestri.
Piante terrestri (Embryopsida).
Caratteri generali.
Il passaggio dall’ambiente acquatico (tipico delle alghe verdi) a quello terrestre, ha comportato delle diffi-
coltà:
• perdita di acqua attraverso la parete cellulare
• perdita di sostegno idrostatico: non si ha più la spinta di Archimede che in acqua sostiene la pianta
• gravi restrizioni al movimento di cellule flagellate quali zoospore o gameti
• impossibilità di approvvigionamento di CO2 disciolta in H2O; l’acquisizione di CO2 atmosferica,
comporta una perdita di acqua sotto forma di vapore acqueo
Per lenire a questi problemi, le piante terrestri hanno adottato delle soluzioni:
• sviluppo di rivestimenti cerosi e cutinizzazione dei tessuti tegumentali per limitare la perdita di ac-
qua
• regolazione della pressione di turgore (detta anche pressione idrostatica) e sviluppo di tessuti mec-
canici (nelle piante di maggiori dimensioni)
• dispersione di semi, polline, ecc. mediante il vento (anemocoria) o mediante gli animali (zoocoria)
• sviluppo di stomi per incanalare CO2 ed espellere O2, limitando al massimo la perdita di acqua (in-
novazione evolutiva)
• protezione delle strutture riproduttive mediante cellule sterili (formazione di veri e propri sporangi
e gametangi)
• formazione di un embrione: dopo le prime divisioni dello zigote, si ha una chiara polarizzazione per
la formazione dei futuri SAM (meristema apicale del germoglio) e RAM (meristema apicale della
radice). Formazione di veri e propri tessuti connessi da plasmodesmi e quindi differenziazione di or-
gani
• organizzazione di un cormo (corpo della pianta organizzato in radice, fusto e foglia), con differen-
ziazione di una superficie assorbente ed una traspirante.
Le prime testimonianze fossili delle piante terrestri (fossili che presentano stomi), risalgono a circa 400 mi-
lioni di anni fa (periodo Paleozoico).
Un’altra testimonianza fossile delle piante terrestri, può essere la presenza di sporopollenina nei fossili.
Marchio trilete: nelle piante terrestri, dopo la meiosi dello zigote, si forma-
no 4 meiospore. Quest’ultime, inizialmente rimangono unite tra loro grazie
ad uno strato di callosio; successivamente, l’enzima callasi, degrada il callo-
sio e provoca la separazione delle meiospore.
Nel momento in cui si forma lo strato di callosio, la parete delle meiospore,
si impregna di sporopollenina (diventano molto rigide).
Quando le meiospore si separano, sul lato della parete che faceva da punto
di contatto tra le meiospore stesse, rimane una specie di cicatrice (vedi
imm.) detta marchio trilete.
Il marchio trilete, è una peculiarità delle piante terrestri e quindi è un’ulteriore prova per associare un fossile
ad una pianta terrestre.
Pertanto, la presenza di stomi e marchio trilete nei fossili, permette di identificare quest’ultimi come piante
terrestri e di collocare la loro origine al periodo Paleozoico (circa 400 milioni di anni fa).
Teoria omologa: asserisce che l’ancestore delle piante terrestri, sia un’alga verde con ciclo aplodiplonte e
che le due generazioni (sporofito e gametofito) siano isomorfe (morfologicamente uguali). Sempre secondo
questa teoria, la generazione gametofitica si è specializzata nell’ancorarsi al substrato; mentre quella sporo-
fitica si è specializzata nel distaccarsi dal substrato.
Questa teoria è confutata dal fatto che le alghe verdi con queste caratteristiche, si trovano nel clado Chloro-
phyta (le piante terrestri sono localizzate nel clado Charophyta).
Teoria dell’interpolazione: asserisce che nel gametofito, di un organismo con ciclo aplonte, la meiosi ritar-
da talmente tanto che lo zigote, nell’attesa, si accresce mitoticamente fino a formare una generazione pluri-
cellulare 2n (prima che avvenga la meiosi). In questo modo, il ciclo da aplodiplonte diviene diplonte (in pra-
tica, la generazione sporofitica si interpone tra la formazione dello zigote e l’evento meiotico).
Questa teoria, attualmente è la più accolta.
Embriofite non vascolari.
Origine filogenetica e classificazione.
Sono un gruppo di transizione tra le alghe verdi (principalmente Charophyta) e le piante vascolare.
Le embriofite, presentano delle caratteristiche in comune con i gruppi algali da cui discendono:
• cloroplasti con grana ben sviluppati
• cellule mobili asimmetriche con flagelli laterali (come gli spermatozoidi)
• mitosi aperta e successiva formazione del fragmoplasto
• riproduzione oogama
Le embriofite, presentano anche caratteristiche tipiche delle piante terrestri:
• veri e propri gametangi (anteridi ed archegoni), quindi rivestiti da uno strato di cellule sterili
• formazione dell’embrione dentro l’archegonio
• sporangi pluricellulari rivestiti esternamente da uno strato di cellule sterili (sono quindi veri e propri
sporangi) e provvisti di un tessuto sporigeno interno
• le spore hanno la parete rivestita da sporopollenina
La presenza di stomi sullo sporofito delle anterocerote e dei muschi è una prova di vicinanza con le piante
vascolari.
Riproduzione e ciclo biologico (in generale).

Archegoni: sono i gametangi femminili. Come vediamo dall’immagine, le cellule sterili che circondano e
proteggono la cellula uovo (oosfera), sono dette cellule del ventre archegoniale; mentre le cellule che si al-
lungano verso l’alto, sono dette cellule del collo archegoniale.
Nelle Epatiche, gli archegoni sono rivolti verso il basso.
Anteridi: sono i gametangi maschili, anch’essi circondati da uno strato di cellule sterili. I gameti prodotti,
sono detti spermatozoidi e sono biflagellati.
Sia sugli anteridi che sugli archegoni, sono presenti dei peli detti parafisi, il cui compito è quello di trattene-
re l’acqua necessaria affinché gli spermatozoidi possano muoversi per raggiungere l’archegonio.
Gametofito: è la parte perenne nel ciclo biologico. Esso è in parte dipendente dall’acqua, in quanto gli sper-
matozoidi sono flagellati e devono nuotare in acqua per raggiungere la cellula uovo.
Ciclo biologico generale:
• Partiamo dalla formazione delle meiospore (dette comunemente spore).
Le spore, sono rivestite di sporopollenina e non necessitano di acqua come mezzo di locomozione; in
quanto vengono liberate in aria.
• Le spore germinano e formano un intreccio di filamenti detto protonema.
Il protonema è pluricellulare e le cellule sono separate da setti obliqui.
• Alcune cellule del protonema, sotto l’effetto di ormoni, si dividono e generano una struttura globu-
lare. Da tale struttura, si forma il caulidio sul quale sono inserite le foglioline.
Tutti i caulidi messi assieme, formano la pianta.
• Alcuni caulidi si differenzieranno in gametofiti (maschili e femminili)
• i gametofiti generano i gametangi. Nello specifico abbiamo: Archegonio (femminile) ed anteridio
(maschile)
• i gametangi generano i gameti. Nello specifico abbiamo: spermatozoidi (maschili) e cellula uovo od
oosfera (femminile)
• gli spermatozoidi, tramite l’acqua, migrano nell’archegonio per incontrare la cellula uovo ed iniziare
la fecondazione.
• La fecondazione, avviene nell’archegonio; e porta alla formazione dello zigote 2n.
• lo zigote, a seguito di un processo mitotico, da origine ad un embrione pluricellulare
• l’embrione genera lo sporofito maturo
Sporofito: come vediamo dall’immagine, nello sporofito si rico-
noscono 3 porzioni:
1. piede: punto di connessione tra sporofito e gametofito
2. seta: posta tra piede e capsula
3. Capsula: è lo sporangio. Nei muschi, la capsula è
sormontata da un tessuto appartenente all’archegonio
detto caliptra.
• Lo sporangio (capsula) presente nello sporofito, matura e
forma, tramite meiosi, le spore. In questo modo il ciclo
riparte da capo.
Diciamo infine, che le embriofite non vascolari, sono considerate
cormofite in quanto costituite da veri e propri tessuti, ma prive
dei 3 organi (radice, fusto e foglia).
Ciclo vitale epatiche (sottoclasse Marchantiidae)
Ricordiamo che è aplodiplonte.

• le spore proliferano mitoticamente e formano un protonema (più piccolo rispetto a quello presente
nei muschi)
• dal protonema, si differenziano i gametofiti adulti
In alcuni casi (vedi imm.) i gametofiti adulti, possono avere sesso separato (maschili e femminili)
• i gametofiti giunti a maturazione, differenziano i gametangi
• i gametangi, al loro interno differenziano i gameti maschili (spermatozoidi) e femminili (cellule
uovo)
I gametangi:
➢ maschili: vengono differenziati su delle ramificazioni dette rami anteridiofori. Nei rami anteridio-
fori, gli anteridi sono portati all’apice della porzione slargata
➢ femminili: vengono differenziati su delle ramificazioni dette rami archegoniofori. Nei rami arche-
goniofori, gli archegoni sono portati nella pagina inferiore della porzione slargata
In entrambi i casi, queste ramificazioni sono slargate all’apice (come un ombrello).
• Gli spermatozoidi, muovendosi in acqua (basta pochissima acqua trattenuta dalla pianta), raggiun-
gono la cellula uovo negli archegoni e danno inizio alla fecondazione
• si forma lo zigote (2n)
• lo zigote prolifera mitoticamente e forma l’embrione
• l’embrione, senza entrare in quiescenza, si sviluppa subito nello sporofito adulto
Ricordiamo che lo sporofito è connesso all’archegonio mediante un piede, presenta una porzione allungata
detta seta ed una capsula (sarebbe lo sporangio).
• Nello sporangio, tramite meiosi, si formano le spore (n). In questo modo, il ciclo può ripartire da
capo.
Ciclo vitale muschi (sottoclasse Byiidae).
Il ciclo vitale è sempre aplodiplonte ed ha le stesse fasi di quello delle epatiche (appena descritto).
Rispetto alle epatiche però, ci sono delle differenze:
• il protonema è più sviluppato rispetto a quello delle epatiche (in quest’ultime il protonema è poco
sviluppato)
• i gametofiti, hanno un aspetto più cormoide; in quanto si riconoscono dei rizoidi, dei caulidi e fo-
glioline (nelle epatiche i gametofiti hanno un aspetto più talloso)
• gli anteridi ed archegoni, sono differenziati all’apice di alcuni di questi caulidi
• lo sporofito è più sviluppato rispetto a quello delle epatiche.
Nei muschi, la parte apicale della capsula, ha una specie di tappo detto opercolo. Quando lo sporangio giun-
ge a maturità, l’opercolo salta permettendo la fuoriuscita delle spore.
Spesso (non in tutti i muschi), sotto l’opercolo, vi è un’altra struttura detta peristomio; la cui funzione è
quella di occludere l’apertura (come per l’opercolo). Il peristomio è costituito da tante numerose porzioni
triangolari pluricellulari. Tali porzioni, mediante movimenti igroscopici, si aprono verso l’esterno (in prati-
ca, disidratandosi, queste porzioni si aprono verso l’esterno).
Spesso, la capsula è sormontata dalla caliptra (porzione di archegonio situata all’apice dello sporofito).

Come vediamo dal cladogramma, le epatiche, antocerote e muschi, in questo ordine, sono le prime a distac-
carsi nella storia evolutiva delle piante terrestri.
Dopo le embriofite non vascolari e prima delle piante vascolari, sono comparse delle piante costituenti il
rango protracheofita (prima delle piante vascolari).
Le protracheofita, sono esistite in un breve periodo del paleozoico (attualmente estinte e presenti solo come
fossili). Le protracheofita sono considerate come polisporangiate, perché avevano già evoluto sporofiti rami-
ficati (non semplici come nel caso delle embriofite non vascolari) ed all’apice di ogni ramificazione veniva
prodotto uno sporangio distinto.
Come vediamo dallo schema, le prime piante terrestri, compaiono attorno all’ordoviciano (paleozoico) e
corrispondono alle epatiche, antocerote e muschi (briofite non vascolari).
Nel siluriano inferiore (430 milioni di anni fa), una linea evolutiva sister degli attuali muschi (Bryiidae), fa
comparire gli sporofiti ramificati.
L’antenato comune corrispondente a questa linea evolutiva sister dei muschi, non è ancora vascolarizzato e
fa comparire le protracheofita. Successivamente, da questo antenato comune compaiono piante con sporofiti
ramificati e con tessuti vascolari, xilema e floema (si evolvo le piante vascolari).
Sempre seguendo lo schema, vediamo che le piante vascolari sono raggruppate in 2 grossi cladi sister l’uno
dell’altro:
1. lycophytina: attualmente è presente solo la sottoclasse lycopodiidae
2. euphyllophytina: comprendono tutte le altre piante vascolari attualmente viventi.
Questi 2 cladi, si distinguono tra loro per il fatto che possiedono 2 tipi diversi di foglie.
Crittogame vascolari.
Caratteri generali.
• Sono piante prive di semi
• provviste di tessuti vascolari (xilema e floema), i quali trasportano acqua, sali minerali e zuccheri in
ogni parte della pianta
• le più antiche crittogame vascolari, erano costituite solo da fusti. Da tali fusti, si sono originate le ra-
dici e le grandi fronde delle felci
• il ciclo vitale è eteromorfo con alternanza di generazioni (aplodiplonte). Lo sporofito, è la genera-
zione predominante, ha grandi dimensioni e da un punto di vista nutritivo, è indipendente dal game-
tofito. Il gametofito, è ridotto, ha una breve durata ed è a vita libera. Siccome il gametofito è simile
ad un tallo, è detto anche protallo
• il corpo è costituito quasi interamente da tessuti primari

Come vediamo dall’immagine, il livello di organizzazione delle strutture vascolari, si è evoluto con il tempo
ed ha portato alla formazione delle seguenti strutture:
• Protostele: è la struttura vascolare più primitiva (comparsa nelle prime piante vascolari). Come ve-
diamo dall’immagine, in questa struttura vascolare, la porzione centrale del cilindro centrale (siamo
a livello del fusto) è completamente occupata da tessuto di conduzione.
• Sifonostele: evoluto dal protostele. Come vediamo dall’immagine, in questa struttura, nella porzio-
ne centrale del cilindro centrale, è comparso del midollo (la quantità di tessuto vascolare si è ridot-
ta).
Le prime piante con sifonostele, erano prive di foglie; successivamente, alcune piante, hanno iniziato a pro-
durre foglie. L’innervazione della foglia, lascia sul fusto (sopra il punto in cui si è formata la foglia), una la-
cuna fogliare (porzione priva di tessuto vascolare).
• Eustele: evoluto dal sifonostele. Come vediamo dall’immagine, in questa struttura, all’interno del
fusto, sono presenti dei fasci cribrovascolari.
In sostanza, nel corso dell’evoluzione, si è avuto una tendenza a passare da una struttura vascolare di tipo
protostele ad una di tipo eustele.
Il seguente schema, riporta il processo
evoluivo dei vari sistemi di vascolarizza-
zione.
Come possiamo notare, tutti i vari tipi di
vascolarizzazioni, derivano dalla protoste-
le:
• actinostele: è una protostele lobata (con
dei lobi)
• plectostele: è una protostele particolar-
mente lobata. Questo tipo di struttura, ad
oggi è riscontrata nelle lycopodiidae (mu-
nite di microfilli).
Tutte le altre strutture vascolari, derivanti sempre dalla protostele, si trovano nei fusti di crittogame vascolari
con megafilli. Nello specifico: l’eustele è presente nelle gimnosperme e nei fusti delle angiosperme dicotile-
doni; mentre l’atactostele si trova nelle monocotiledoni.
Tipi di foglie nelle piante vascolari.

Nelle crittogame vascolari, si riconoscono 2 tipi di foglie:


Microfilli: presente nelle attuali lycopodiidae, sono foglie uninervie (1 sola nervatura), prive di lacune fo-
gliari e sono legate alla protostele.
Come vediamo dall’immagine, l’evoluzione dei microfilli segue questo schema:
A) si parte da un fusto nudo (privo di foglie) e con assetto protostelico
B) dal cilindro corticale, si formano delle evaginazioni laterali dette enazioni
C) le enazioni si fanno sempre più grandi
D) all’interno dell’enazione si forma 1 sola nervatura di tessuto cribrovascolare (foglie uninervie).
Megafilli: è la vera foglia che ritroviamo nelle felci, angiosperme e gimnosperme. Si sono evolute da siste-
mi di rami, sono associati a sifonostele o eustele e sono provviste di lacune fogliari.
Come vediamo dall’immagine, l’evoluzione dei megafilli segue questo schema:
A) si parte da un fusto nudo (privo di foglie) e con assetto protostelico. Il fusto può essere ramificato
B) alcune ramificazioni iniziano a ridursi e raggrupparsi (la protostele inizia a divenire una sifonostele)
C) i rami ridotti e raggruppati, iniziano a disporsi su un piano
D) i rami ormai ridotti e disposti su un piano, si fondono con una membrana comune. Tale membrana
sarebbe l’attuale lamina fogliare
Questi rami che si organizzano e formano le foglie megafilli, sono detti telomi. L’evoluzione dei megafilli,
viene descritta dalla teoria telomica.
Sia microfilli che megafilli, si sono evoluti da piante vascolari prive di foglie.
Diciamo inoltre, che le 2 linee evolutive della protostele, vanno di pari passo con l’evoluzione dei 2 tipi di
foglia.
La seguente immagine, mostra i vari tipi di
gametofiti o protalli delle crittogame vascola-
ri.
In alcuni casi, i protalli sono talmente piccoli
che in parte rimangono dentro la spora che li
ha prodotti.
Tipi di spore nelle crittogame vascolari.
Si riconoscono 2 tipi di spore:
Isospore (crittogame isosporee): le spore
sono tutte uguali (da un punto di vista morfo-
logico) e l’unica differenza (nel caso ci sia) è
localizzata su base genetica o ambientale.
Le isospore, generano gametofiti monoici,
grandi ed autotrofi. La formazione delle isospore (isosporia) è molto diffusa in tutte le linee evolutive delle
crittogame vascolari.
Eterospore (crittogame eterosporee): le spore sono morfologicamente e dimensionalmente diverse. Nello
specifico, le:
• megaspore generano gametofiti femminili
• microspore generano gametofiti maschili (gametofiti dioici).
La formazione di spore diverse (eterosporia) si riscontra nelle fanerogame (piante a seme). Bisogna dire,
che anche nelle crittogame, ci sono stati tentativi di passaggio all’eterosporia.
Crittogame vascolari: gruppi fossili.

Come vediamo dallo schema, nel Devoniano inferiore (400-380 milioni di anni fa) erano presenti
• numerose embriofite non vascolari
• le riniofite: prime piante vascolari esistite ed esistite solo nel Devoniano. Queste piante avevano
sporofiti ramificati (numerosi sporangi), tessuti di conduzione (protostele) e prive di foglie
• protracheofite (dette all’inizio): avevano sporofiti ramificati ma non erano vascolari. Anche queste
si sono estinte
• licopodiofite: sono le prime lycopodiidae, quindi provviste di microfilli
• trimerotofite: sono coloro che porteranno alla linea evolutiva delle piante provviste di megafilli.
Ad eccezione delle riniofite, in tutte le altre piante vascolari presenti nel Devoniano, il tessuto cribrovascola-
re presenta un’organizzazione a protostele lobata (simili all’actinostele attuale).

Nel Carbonifero, comparvero e rimasero le:


• licopodiofite: erano divenute arboree (alberi che raggiungevano anche i 40m di altezza). Ad oggi
hanno dimensioni molto minori
• felci: non erano di grandi dimensioni.
• prime fanerogame: nello specifico le prime gimnosperme.
• equisetofite: erano arborei (anch’essi raggiungevano i 30-40m di altezza), mentre ad oggi sono erba-
cee e ne esistono solo 16 specie.
Ciclo vitale Lycopodiidae.
Prima di tutto diciamo che le attuali Lycopodiidae, comprendono solo 3 ordini (rispetto alla enorme diversi-
tà del Carbonifero):
1. Lycopodiales: isosporeo (forma isospore)
2. Selaginellales: eterosporeo (forma eterospore)
3. Isoetales: eterosporeo (forma eterospore)
Ordine Lycopodiales.
Il ciclo è aplodiplonte (si ripete come i classici cicli aplodiplonti) e prevale la generazione sporofitica (dota-
ta di microfilli).
Il gametofito è un protallo a forma di tubero, è sotterraneo e non è fotosintetico; pertanto deve instaurare
simbiosi micorrize con i funghi per sopravvivere.
La stele è di tipo plectostele (protostele molto lobata). Le foglie sono dei microfilli.
Gli sporangi sono prodotti in degli strobili apicali. Come vediamo dall’immagine, gli sporangi sono localiz-
zati sempre all’ascella delle foglie e mai all’apice dei rami o delle ramificazioni.
Ordine Selaginellales.
Il ciclo vitale è sempre aplodiplonte e segue le stesse tappe del classico ciclo aplodiplonte.
A differenza delle Lycopodiales, queste lycopodiidae sono eterosporee; infatti, all’ascella delle foglie ci
sono sporangi che formeranno microspore e sporangi che formeranno macrospore.
Sia i gametofiti maschili che femminili sono molto ridotti e nello specifico:
• i gametofiti maschili sono a sviluppo totalmente endosporico: quando la microspora si rompe libera
gli spermatozoidi.
• I gametofiti femminili sono a sviluppo parzialmente endosporico: parte del gametofito femminile
emerge dalla spora per rendere disponibili gli archegoni.
Ordine Isoetales.
Il ciclo vitale è lo stesso di Selaginellales.
Come vediamo dall’immagine, queste piante assomigliano ad
un ciuffo d’erba.
All’ascella dei microfilli esterni, sono presenti i megasporan-
gi; mentre all’ascella dei microfilli più interni, sono presenti i
microsporangi.
Al centro, abbiamo microfilli fotosintetici e quindi sterili.
In queste piante il cormo è definito; infatti, come vediamo
dall’immagine, sono presenti delle radici avventizie, un fusto
(rizoma) e le foglie (i microfilli).

Come vediamo dall’immagine, contrapposte


alla linea evolutiva delle Lycophytes, vi sono le
Euphyllophytes.
Lycophytes ed Euphyllophytes, sono sister
group l’una dell’altra (condividono un antenato
comune recente).
Le Euphyllophytes, sono le piante con megafilli
e comprendono:
• Spermatophytes: sono le piante a seme
• Monilophytes: sono tutte le crittogame
vascolari con megafilli e che si riprodu-
cono per spore (felci, equiseti ed affini).
Spermatophytes e Monilophytes, sono sister group l’una dell’altra.
Monilophytes.
Come vediamo dal cladogramma (pag successiva), nelle Monilophytes si riconoscono 4 linee evolutive (sot-
toclassi nello specifico) principali:
1. Psilotopsida
2. Equisetopsida: sono gli equiseti
3. Marattiopsida
4. Polypodiopsida.
Le Marattiopsida e le Polypodiopsida (la maggior parte del clado delle Monilophytes), sono felci. Nello spe-
cifico: le Marattiopsida, sono felci esclusivamente tropicali; mentre le Polypodiopsida, sono le felci propria-
mente dette e le più diffuse.
Come vediamo dall’immagine (vedi sotto), se io considero:
• le piante vascolari per intero, sono un gruppo monofiletico
• le piante con megafilli per intero, sono un gruppo monofiletico
• le Monilophytes per intero, sono un gruppo monofiletico
• le piante a seme per intero, sono un gruppo monofiletico
Questi gruppi tassonomici però, non vengono tradotti da un punto di vista tassonomico perché mancano i
ranghi.
Psilotopsida (ordine Psilotales).

Come vediamo dall’immagine, lo sporofito di queste piante, ha foglie megafille talmente ridotte che i fusti
sembrano nudi.
Nei fusti, all’apice di piccoli rami laterali, sono presenti gli sporangi. Gli sporangi di queste piante, sono si-
nangi.
Sinangi: sono 2 o più sporangi fusi tra loro a formare una struttura unica. In questo caso, i sinangi sono for-
mati dalla fusione di 3 sporangi.
Il ciclo vitale, come possiamo vedere è aplodiplonte con predominanza della generazione sporofitica su
quella gametofitica. Il gametofito, è tuberoide, sotterraneo e non fotosintetico (deve formare micorrize con i
funghi per sopravvivere).
Psilotopsida (ordine Ophioglossales).
Come per le Psilotales, il gametofito, è tuberoide, sotter-
raneo e non fotosintetico (deve formare micorrize con i
funghi per sopravvivere).
Ophioglossales, comprende 2 generi famosi:
1. Botrychium: sia la porzione fertile che la porzio-
ne sterile della lamina, sono divise.
2. Ophioglossum: ogni anno, produce 1 singola
fronda; la quale possiede 2 metà: la prima metà è
vegetativa (esegue la fotosintesi); la seconda
metà è riproduttiva (produce sporangi).
Questo ordine Ophioglossales, prima delle ricostruzioni
filogenetiche, erano classificate tra le felci. Questa classificazione, dopo la ricostru-
zione filogenetica è decaduta per i seguenti motivi:
1) i gametofiti sono sotterranei, non fotosintetici e tuberoidi (come le Psilotales)
2) mancano vernazione circinnata (tipica delle felci).
Equisetopsida (ordine Equisetales, equiseti).

Come le Psilotopsida, sono un’ulteriore sottoclasse delle Monilophytes.


Il ciclo vitale è aplodiplonte con netta dominanza della generazione sporofi-
tica rispetto a quella gametofitica.
Come vediamo dall’immagine, le foglie negli equiseti: hanno la forma di
una piccola guaina, sono ridotte, spesso non sono fotosintetiche e si origi-
nano a livello di ogni nodo.
Queste foglie, anticamente, erano più sviluppate e separate tra loro (basta
considerare che nel tardo Paleozoico, gli equiseti erano degli alberi). Solo
successivamente, le foglie hanno assunto la forma riportata nell’immagine.
Le pareti dei tessuti degli equiseti, sono molto silicizzate (sono molto robuste) e le uniche cellule non siliciz-
zate si trovano al livello dei nodi.
Negli equiseti, in alcuni casi possono essere presenti: rami sterili con funzione fotosintetica e rami fertili con
funzione riproduttiva (quest’ultimi, spesso non sono nemmeno verdi). Questa distinzione, non è presente in
tutte le specie; nel caso non vi sia tale distinzione, all’apice di rami sterili viene differenziato lo strobilo con
gli sporangi.
Come vediamo dall’immagine, gli sporangi raggruppati all’interno di strobili. Quest’ultimi, sono situati
all’apice di germogli fertili.
Gli strobili, sono ramificati lateralmente; ed ogni ramificazione: verso l’esterno è piana (ha la forma di uno
scudo); mentre verso l’interno possiede delle lobature. All’interno di ogni lobatura è presente uno sporangio.
Le spore rilasciate dagli sporangi, sulla loro parete esterna, hanno 4 estroflessioni allungate ed ispessite in li-
gnina. Tali estroflessioni, a causa della presenza di lignina svolgono movimenti igroscopici e sono dette ela-
teri.
Gli elateri: quando sono idratati, sono avvolti attorno alla spora; quando sono disidratati, si distendono verso
l’esterno.
Felci.
Si riconoscono 2 sottoclassi:
1. Polypodiopsida (Polypodiidae)
2. Marattiopsida (Marattidae): si trovano esclusivamente ai tropici.
Gli sporangi (di entrambe le sottoclassi), sono portati nella pagina inferiore delle fronde e possono essere or-
ganizzati come
• sori: numerosi sporangi messi l’uno accanto all’altro (presenti sia nelle Marattidae che nelle Poly-
podiidae)
• sinangi: sporangi fusi tra loro a formare una struttura unica (presenti solo nelle Marattidae).
In entrambe le sottoclassi, le fronde sono molto sviluppate e spesso composte.
Differenza tra Marattidae e Polypodiidae.

Come vediamo dall’immagine, il principale carattere distintivo tra Marattidae e Polypodiidae è il tipo di
sporangio. Nello specifico, abbiamo:
• eusporangio (vero sporangio): presente nelle Marattidae. Come vediamo dall’immagine, 2 o più
cellule sub-epidermiche (sporigene), proliferano mitoticamente fino a formare uno sporangio cir-
condato da 2 o più strati di cellule sterili a protezione. L’eusporangio, è presente anche nelle critto-
game Monilophytes, per cui si può definire come un carattere plesiomorfico.
• Leptosporangio (sporangio leggero): presente nelle Polypodiidae. Come vediamo dall’immagine,
1 sola cellula epidermica, prolifera mitoticamente fino a formare lo sporangio maturo; il quale è cir-
condato da 1 solo strato di cellule sterili a protezione. Il leptosporangio è una sinapormofia delle Po-
lypodiidae.
Spesso (non sempre), sul leptosporangio si distingue una particolare struttura detta annulus. Questa struttu-
ra, come vediamo dall’immagine, è un piccolo anello di cellule quasi completo che circonda quasi completa-
mente la superficie dello sporangio.
Quasi tutte le cellule dell’annulus, hanno un ispessimento differenziale (non uguale) in lignina. Si dice quasi
tutte le cellule, perché le ultime 3-4 cellule che completerebbero l’annulus (cellule del labbro), non hanno
ispessimento in lignina.
Diciamo inoltre, che le cellule che formano l’annulus, derivano dallo strato di cellule sterili che proteggono
lo sporangio.
Quando le cellule lignificate dell’annulus si disidratano, mediante dei movimenti igroscopici, fanno lacerare
l’annulus stesso a livello delle cellule del labbro (sono quelle 3-4 cellule non lignificate). Il movimento di
lacerazione, lancia le spore del leptosporangio lontano (come se l’annulus fosse una catapulta).
Le felci Polypodiidae che non hanno l’annulus, sono le felci acquatiche; le quali: non si disidratano (ricor-
diamo che l’annulus per lanciare le spore deve lacerarsi mediante disidratazione) ed utilizzano l’acqua stessa
come mezzo di dispersione delle spore.
Stele delle felci.

Sia nelle Marattidae che nelle Polypodiidae, la stele deriva da una sifonostele. Le forme di stele rappresenta-
te nell’immagine, sono riscontrate sia nelle felci attuali che nelle forme fossili.
Ciclo vitale.

Il ciclo vitale è aplodiplonte con predominanza dello sporofito (questo vale per tutte le felci).
Sporangi: come abbiamo detto sono localizzati sulla pagina inferiore delle fronde e nelle:
• Polypodiidae sono organizzate solamente in sori
• Marattidae sono organizzate sia in sori che in sinangi.
Gli sporangi spesso, sono attaccati alla fronda mediante un piccolo peduncolo. Quando lo sporangio è pe-
duncolato, è detto sporogonio. Lo sporogonio è molto riscontrato nei sori delle Polypodiidae (meno riscon-
trato nelle Marattidae).
Dinamiche evolutive felci e dinamiche evolutive angiosperme a confronto.
Nonostante l’origine delle prime felci sia avvenuta prima di quella delle angiosperme, la massima diversifi-
cazione delle felci è avvenuta dopo la diversificazione delle prime angiosperme.
Questo fattore, può essere dovuto al fatto che le angiosperme con la loro comparsa, hanno creato la nicchia
ideale per l’ulteriore diversificazione delle felci.
Piante a seme (Spermatophytes).

Come vediamo dall’immagine, l’evoluzione delle piante a seme ha avuto un percorso in 2 step:
• 1° step: è comparsa la capacità di produrre struttura secondaria, ovvero xilema e floema secondario. Que-
sto primo step, ha portato alla comparsa di piante con struttura secondaria ma che ancora si riproducono me-
diante spore. Tali piante (estinte), sono dette progimnosperme.
• 2° step: dall’antenato comune che ha dato origine alle progimnosperme, si sono evolute le piante a seme;
ovvero piante con struttura secondaria e con la capacità di formare semi.

Il seguente schema, riporta la situazione evolutiva complessiva delle embriofite.


Il carattere principale dell’innovazione evolutiva delle piante a seme,
è l’evoluzione dell’ovulo.
Come vediamo dall’immagine, l’ovulo sarebbe un megasporangio
(nocella) avvolto da un tegumento che funge da protezione.
Il tegumento, all’apice non è completamente chiuso, infatti lascia
una piccola apertura detta micropilo.
All’interno della nocella verrà differenziata un megaspora; la quale
formerà il gametofito femminile. Quest’ultimo non è fotosintetico e
viene nutrito dallo sporofito che lo ha prodotto.
Il gametofito differenzierà la cellula uovo.
Il gamete maschile, passando attraverso il micropilo, entra in contat-
to con la cellula uovo per formare lo zigote. Quest’ultimo, successi-
vamente, forma l’embrione.
Solo dopo che si è formato l’embrione, l’ovulo si può definire seme.
Il seme sostanzialmente, è l’unità di dispersione.
Il vantaggio evolutivo del seme è quello di:
• avere la possibilità di disperdere l’intero embrione (non più le singole spore) in una struttura che lo
protegge e lo nutre. In questo modo si hanno maggiori possibilità di colonizzazione di nuovi am-
bienti
• entrare in quiescenza. In questo modo si può aspettare l’arrivo delle giuste condizioni per proseguire
lo sviluppo.
Con l’entrata in quiescenza, il seme sviluppa dei tessuti
che permettono di nutrire l’embrione; dal momento che
quest’ultimo non può eseguire la fotosintesi.
Dal lato maschile, si ha la comparsa del polline. Il pol-
line, sostanzialmente è un gametofito maschile a svi-
luppo totalmente endosporico (rimane imprigionato
nella parete della microspora).
Il polline ovviamente viene disperso mediante vento,
animali, ecc.
I gameti maschili, all’inizio della storia evolutiva delle
piante a seme, sono ancora spermatozoidi e quindi han-
no bisogno di un mezzo acquatico per muoversi e rag-
giungere la cellula uovo (vedi imm.).
Successivamente questa necessità verrà abbandonata
grazie allo sviluppo del tubetto pollinico.
L’intervallo di tempo, che intercorre tra la produzione della spora (maschile o femminile) e la formazione
dei gameti (pronti per la gamia), si può suddividere in 3 fasi:
1. sporogenesi: coincide con la meiosi (dalla cellula madre si ottiene le spore con numero cromosomi-
co dimezzato)
2. somatogenesi: proliferazione mitotica delle spore che porta alla formazione del gametofito maturo
3. gametogenesi: coinvolge quelle porzioni del gametofito, le quali, tramite mitosi, differenziano i ga-
metangi. I gametangi a loro volta formeranno i gameti. In pratica, questa fase comprende lo svilup-
po dei gametangi e dei gameti.

Il seguente schema, mostra le dinamiche di riduzione del gametofito femminile e la graduale scomparsa
dell’archegonio nelle piante a seme (angiosperme e gimnosperme).
Gimnosperme: in linea generale:
• sporogenesi: porta alla formazione di 4 megaspore. Spesso, di queste 4 megaspore, 3 degenerano e
solo 1 rimane vitale.
• Somatogenesi: quest’unica spora, all’inizio di questa fase, inizia a proliferare mitoticamente. Nello
specifico, si hanno da 8 a 13 cicli mitotici diversi; con conseguente formazione di un gametofito
femminile costituito da minimo 256 cellule. Ricordiamo che il gametofito femminile è localizzato
dentro l’ovulo.
• Gametogenesi: alcune cellule (in genere da 1 a 3 - 4 cellule) del gametofito femminile, situate in
prossimità del micropilo, mediante mitosi, differenziano gli archegoni (si formano da 1 a 3 - 4 ar-
chegoni).
Nello specifico, ognuna di queste cellule, subisce: una 1° divisione (da 1 se ne formano 2), poi una
2° (da 2 se ne formano 4) ed infine una 3° divisione. La 3° divisione, riguarda solo le 2 cellule situa-
te all’apice, ovvero quelle più vicine al micropilo (vedi imm.).
Alla fine di questo processo, da ognuna di queste cellule, si ottiene un archegonio costituito da 6
cellule. Di queste 6 cellule: 1 forma il ventre archegoniale, 4 formano il collo archegoniale ed 1
(quella grossa cellula bianca) forma la cellula uovo (gamete femminile).
L’endosperma primario, deriva dalla trasformazione dell’intero gametofito femminile; il quale accumula so-
stanze nutritive per l’embrione.
All’interno delle gimnosperme, ci sono delle eccezioni a quanto appena descritto.
Taxus: in questa gimnosperma, dopo la 1° divisione gametogenetica (gametogenesi), se ne verifica solo una
2° che riguarda la cellula apicale vicina al micropilo. L’archegonio che si forma, è più ridotto e semplificato;
perché non si hanno cellule del ventre archegoniale (ci sono solo le cellule del ventre archegoniale e la cel-
lula uovo).
Welwitschia: in questa gimnosperma, la proliferazione mitotica (nella gametogenesi) porta ad una parziale
cellularizzazione (non coinvolge tutte le cellule); inoltre, nella parte apicale, sono presenti cellule binuclea-
te. 1 dei nuclei di queste cellule binucleate, fungerà da gamete femminile.
In questa specie, l’unica traccia dell’archegonio, è rappresentata dal nucleo in più all’interno della cellula bi-
nucleata.
Gnetum: in questa gimnosperma, dopo la formazione del gametofito maturo, una cellula somatica diventa
direttamente (senza divisioni o altro) il gemete femminile. In questa specie pertanto, viene completamente
soppressa la fase della gametogenesi (non si forma l’archegonio).
In conclusione, nella linea evolutiva delle gimnosperme, la fase della gametogenesi e l’archegonio, si ridu-
cono sempre di più fino a scomparire.
Angiosperme: non si forma l’archegonio e quindi non si ha la fase della gametogenesi. Inoltre, si ha un nu-
mero ridotto dei cicli mitotici durante la fase della somatogenesi (si hanno 3 cicli miotici).
Pertanto, alla fine della somatogenesi, si ha un gametofito costituito da 7 cellule ed 8 nuclei. Di questi 8 nu-
clei, i 2 situati nella parte mediana del gametofito (vedi imm.), non cellularizzano e formano la cellula che
subirà la doppia fecondazione.
Anche in questo caso, una normale cellula somatica, diventa direttamente il gamete femminile (si ha la sop-
pressione totale del gametangio).
Il seguente schema, mostra le dinamiche di riduzione del gametofito maschile e la graduale scomparsa delle
cellule protallari nelle piante a seme (angiosperme e gimnosperme).
Gimnosperme: (la sporogenesi si verifica ma è stata data per scontato) in generale:

• somatogenesi: come vediamo dallo schema, nella 1° divisione, si formano 2 cellule. Di queste 2
cellule: una è detta protallare e non svolge più nessuna divisione; mentre l’altra andrà incontro alla
2° divisione.
Nella 2° divisione, verranno formate altre 2 cellule; delle quali una diverrà un’altra cellula protalla-
re, mentre l’altra è detta cellula iniziale dell’anteridio.

• Gametogenesi: come vediamo dallo schema, la cellula iniziale dell’anteridio, nella 1° divisione for-
ma: una cellula generativa e una cellula del tubetto pollinico (non si dividerà più). Come vediamo
dall’immagine, la cellula generativa, è immersa nel citoplasma della cellula del tubetto pollinico.
La cellula generativa, va incontro alla 2° divisione; nella quale forma: una cellula peduncolare
(non si divide più) ed un’altra cellula. Quest’ultima, va incontro alla 3° divisione e formerà 2 cellule
spermatiche.
Alla fine di queste fasi, nel granulo pollinico, sono presenti 6 cellule; di cui 2 fungono da gameti maschili.
La cellula del tubetto pollinico e la cellula peduncolare, sono ciò che rimane dell’anteridio; mentre le cellule
protallari, sono ciò che rimane della corpo vegetativo del gametofito.
Cycas: in questa gimnosperma, nella somatogenesi avviene solo 1 divisione; di conseguenza, si ha la forma-
zione di 1 sola cellula protallare.
Pertanto, in Cycas, il granulo pollinico è costituito da 5 cellule.
Taxus: in questa gimnosperma, si ha la soppressione di tutta la somatogenesi. La microspora si comporta
come se fosse la cellula iniziale dell’anteridio.
Pertanto, il granulo pollinico è costituito da 4 cellule (mancano le 2 cellule protallari).
Gnetum: come per Taxus, il granulo pollinico è costituito da 4 cellule. In questa gimnosperma però, si ha
una cellula protallare e la cellula generativa forma direttamente le 2 cellule spermatiche.
Pertanto, nelle gimnosperme si può avere granuli pollinici costituiti da 6; 5 o 4 cellule.
Angiosperme: non si ha la fase della somatogenesi; pertanto la microspora si comporta come se fosse la
cellula iniziale dell’anteridio (non si formano le cellule protallari).
La cellula generativa inoltre, non forma la cellula peduncolare e va a formare direttamente le 2 cellule sper-
matiche.
Di conseguenza, il granulo pollinico delle angiosperme, è costituito da 3 cellule; delle quali 2 sono i gameti
maschili e l’altra è la cellula del tubetto pollinico. È solo grazie alla presenza della cellula del tubetto polli-
nico che il ciclo vitale delle angiosperme si definisce aplodiplonte.
Origine telomica dei tegumenti dell’ovulo.
La nucella (ovulo maturo) da un punto di vista evoluzionistico, è un
struttura omologa al megasporangio.
I tegumenti dell’ovulo, secondo studi fossili, hanno un’origine telo-
mica; ovvero si sono formati da un sistema di rami (come è avvenuto
per i megafilli).
Secondo l’origine telomica: i rami che portano i megasporangi
all’apice, prima si accorciano e poi vengono circondati da rami dico-
tomici.
Questi rami dicotomici, successivamente si verticillano (si inserisco-
no sullo stesso asse) e poi si si fondono tra loro a partire dal basso. La
fusione dei rami dicotomici non è completa; in quanto lasciano una
piccola apertura all’apice (il micropilo).
Gimnosperme.

Il legno delle gimnosperme, è definito omoxilo e presenta solo 2 tipi di tessuto al suo interno:
1. parenchimi
2. fibrotracheidi: tessuto che svolge si funzione di conduzione della linfa grezza che di sostegno.
Sottoclasse Pinidae (ordine Cycadales).
Le strutture riproduttive maschili e femminili, sono organizzate in strobili; ovvero sull’asse allungato, sono
presenti solo i micro o megasporofilli, senza la presenza di altre strutture sterili. Per tale motivo, in questo
ordine, si parla di strobili maschili o strobili femminili.
Le 2 cellule spermatiche, situate nella cellula del tubetto
pollinico, sono flagellate.
Sottoclasse Pinidae (ordine Ginkgoales).
Come per le Cycadales, le cellule spermatiche sono bifla-
gellate.
Il tubetto pollinico, ha il compito di trarre nutrienti per fini-
re di maturare le cellule spermatiche.
Le cellule spermatiche, vengono liberate in una cavità si-
tuata sotto il micropilo detta camera micropilare (siamo
nell’ovulo). Tale camera è ripiena di liquido per permettere
alle cellule spermatiche di nuotare ed entrare in contatto
con la cellula uovo per dar luogo alla fecondazione.
Nello stesso futuro seme, si possono formare più embrioni. Bisogna dire però, che quasi sempre, sopravvive
1 solo embrione mentre gli altri muoiono.
Sia nelle Cycadales che nelle Ginkgoales, la fecondazione avviene solo dopo che gli ovuli sono caduti a ter-
ra.
Sottoclasse Pinidae (ordine Pinales - conifere).
Sulla linea maschile, le strutture riproduttive sono organizzate in strobili; mentre sulla linea femminile, le
strutture riproduttive sono organizzate in coni.
Nei coni, si hanno una serie di strutture fertili (squama ovulifera) e sterili (squama copritrice) disposte a
spirale ed in modo alternato tra loro su di un asse allungato.
Le foglie sono a lamina ridotta (simili a degli aghi) e spesso possiedono tessuti meccanici.
In base alla forma delle foglie, forma e numero di coni femminili e strobili maschili, si può riconoscere le
varie conifere.
Nel legno delle conifere, sono presenti dei canali detti canali resiniferi, il cui compito è quello di protegge-
re dai microrganismo e di riparare un eventuale danno.
La riproduzione avviene per sifonogamia. In questo tipo di riproduzione, le cellule spermatiche (non mobi-
li) sono trasportate passivamente dal tubetto pollinico, in prossimità della cellula uovo.
Sottoclasse Pinidae (ordine Gnetales).
Include specie come Welwitschia e Gnetum.
Alcune Gnetales:
• hanno foglie a lamina sviluppata retinervie (le nervature della foglia sono ramificate) come quelle
delle angiosperme
• hanno il tegumento dell’ovulo che si sviluppa talmente tanto da fuoriuscire dal micropilo. All’ester-
no, questo tegumento forma delle strutture simili ad uno stilo ed uno stigma (su queste strutture vi si
deposita il polline).
A causa di queste caratteristiche (somiglianze superficiali), le Gnetales sono state paragonate alle angiosper-
me.
Come le Pinales, anche le Gnetales, si riproducono per sifonogamia.
Angiosperme – sottoclasse Magnoliidae.
Caratteri generali.
• Hanno una grande importanza economica
• sono caratterizzate dall’avere fiori e quindi anche i frutti (il seme è protetto dal frutto)
• comprendono 300.000 o più specie. Tali specie sono molto variabili tra loro e colonizzano un’ampia
varietà di ambienti. Alcune angiosperme sono tornate a colonizzare ambienti acquatici (sia acque
dolci che marine)
• hanno dimensioni molto variabili (da qualche mm a diversi m di altezza e larghezza). Alcune specie
arboree, possono raggiungere decine di metri di altezza e diversi metri di diametro
Ex: Rafflesia, ha il fiore più grande del mondo; mentre Amorphophallus titanum, ha l’infiorescenza più
grande del mondo.
• non tutte le angiosperme sono fotosintetiche clorofilliane; infatti alcune: sono parassite di altre pian-
te, altre sono saprofite (si nutrono di sostanza organica in decomposizione), altre ancora sono carni-
vore (vedi la trappola di venere)
• nella struttura secondaria, si ha una netta distinzione tra i tessuti conduttori (trachee e tracheidi) ed i
tessuti di sostegno (fibre). Pertanto, il legno secondario (nelle angiosperme legnose) è più eteroge-
neo rispetto a quello delle gimnosperme (si definisce legno eteroxilo)
Trachee: le cellule sono integre ed impilate l’una sull’altra.
Tracheidi: le cellule sono impilate l’una sull’altra come nelle trachee, solo che i setti trasversali sono dege-
nerati. In pratica, le cellule tutte assieme formano delle strutture simili a dei tubi.
• Il trasferimento del polline, a causa della presenza dei carpelli, implica che il tubetto pollinico per-
corra una maggiore distanza (il polline non viene depositato in prossimità dell’ovulo ma in cima allo
stigma).
• In alcune angiosperme, si parla di polline a 2 cellule. Questo tipo di polline in realtà, diverrà un pol-
line a 3 cellule, in quanto formerà la cellula generativa
Ciclo vitale angiosperma.
Sostanzialmente è simile a quello delle gimnosperme.
La differenza con il ciclo vitale delle gimnosperme, è l’esistenza del fiore, quindi del gineceo e dei frutti. Il
seme infatti, per un certo periodo sta dentro il frutto.
Ex: nella soia, il frutto è rappresentato da un baccello (essendo la soia una leguminosa).
Rapporti filogenetici angiosperme.
1998: venivano riconosciute 462 famiglie e 40 ordini.
2003: venivano riconosciute 457 famiglia e 45
2009: venivano riconosciute 413 famiglia e 62 ordini
Già dal 1998, la distinzione tassonomica delle angiosperme in monocotiledoni e dicotiledoni, non era più
valida.
Questo perché la disposizione delle monocotiledoni (vedi imm.), all’interno dell’albero filogenetico, rende
le dicotiledoni un gruppo parafiletico.
Come vediamo dall’immagine, le dicotiledoni situate sopra le monocotiledoni (Amborellales, Numphaeales,
Austrobaileyales e Magnoliids), sono “spurie”, perché alcuni caratteri morfologici si discostano dai
tradizionali caratteri delle dicotiledoni.
Ex: il fiore di queste dicotiledoni, è stereotipato su base 3 o multipli di 3, invece che su base di 4-5 (come
avviene per tutte le altre dicotiledoni).
Tipi di polline.
In base al tipo di apertura, si riconoscono 3 tipi di polline:
1. porato: aperture rotonde
2. colpato: aperture longitudinali
3. colporato: entrambi i tipi di aperture
In base al numero di aperture, si riconoscono 2 tipi di polline:
1. tri-aperturato: con 3 aperture
2. mono-aperturato: con 1 sola apertura.
Le monocotiledoni, hanno polline mono-aperturato.
Nelle dicotiledoni, il polline spesso è tri-aperturato; però, nelle dicotiledoni poste sopra le monocotiledoni
(vedi imm.), il polline mono-aperturato (carattere plesiomorfico condiviso con le monocotiledoni e non con
le altre dicotiledoni).
Attualmente si riconoscono 300.000 spe-
cie di angiosperme, ma se ne stimano cir-
ca 500.000.
Le angiosperme, presentano un’ampia
varietà morfo-anatomica, dimensionale,
habitat (vi sono angiosperme terrestri ed
anche acquatiche), ecc.
Come abbiamo già detto, la tradizionale
divisione delle angiosperme in monocoti-
ledoni e dicotiledoni, non è più accettata;
perché le dicotiledoni sono un gruppo pa-
rafiletico. Infatti, come vediamo
dall’albero filogenetico, le dicotiledoni
sono suddivise in 2 gruppi:
1. eudicots: monofiletico in senso
stretto. Vi si riconoscono 3 cate-
gorie: Eudicots precocemente di-
vergenti (sono le prime eudicots
formate), super rosids (hanno corolla dialipetala), super asterids (corolla gamopetala). Super rosids
e super asterids, sono 2 superordini.
2. angiosperme precocemente divergenti: si sono precocemente distaccate dal resto delle angiosper-
me.
Angiosperme precocemente divergenti.
Comprendono 3 ordini:
1. Austrobaileyaceae: includono le Illiciales,
Trimeniaceae
2. Nymphaeaceae
3. Amborellaceae.
Utilizzando un acronimo, queste angiosperme sono
dette A.N.A.
Le Amborellaceae, hanno 1 sola specie e sono impor-
tanti perché sono il sister group di tutto il resto delle
angiosperme.
Le angiosperme precocemente divergenti, sono sud-
divise in 2 gruppi in base al loro portamento:
1. palioerbe: portamento erbaceo
2. magnolide: portamento arboreo.
Bisogna dire, che questo raggruppamento è di comodo e non ha una valenza sistematica.
Fiore di Magnolia grandiflora: è ricco di caratteri plesiomorfici (caratteri ereditati dal genitore).
L’origine di questo fiore è descritta dalla teoria euantica. Secondo questa teoria, il fiore è semplicemente un
ramo accorciato le cui foglie (durante il progressivo accorciamento) si sono ritrovate su un unico verticillo.
Tali foglie, nel corso dell’evoluzione, in parte sono divenute:
• normofilli: sono le foglie più esterne e sono divenute pezzi strutturali del fiore
• sporofilli: sono le foglie più interne e sono divenute le strutture riproduttive (gineceo ed androceo).
Strutture plesiomorfiche nelle piante moderne.
• Granulo pollinico monoaperturato: caratterizza le angiosperme precocemente divergenti e le mono-
cotiledoni (le eudicots hanno un granulo pollinico triaperturato)
• perianzio con scarsa differenziazione morfologica tra calice (sepali) e corolla (petali)
• sepali e petali liberi
• carpelli non specializzati, privi di superfici stimmatiche (sarebbero le porzioni terminali del pistillo
deputate alla ricezione del polline) e separati. In alcuni gruppi basali, i carpelli non sono completa-
mente chiusi.
Tendenze evolutive nei fiori.
• Si passa da fiori i cui pezzi sono in numero indefinito, a fiori i cui pezzi sono in numero definito (si
ha una riduzione dei pezzi fiorali)
• riduzione del numero di verticilli (da 4 si ridicono a 3, 2 o 1)
• estremo accorciamento dell’asse fiorale
• l’ovario da supero diviene infero
• la simmetria da radiale (stato attinomorfo) diviene bilaterale (stato zigomorfo).
Varietà di caratteri nelle angiosperme.
Le angiosperme variano tra loro riguardo:
• la disposizione delle foglie attorno al fusto (fillotassi). Carattere importante per riconoscere le pian-
te
• foglia composta e foglia semplice
• nervatura delle foglie
• margine della foglia: lobato o non lobato
• tipo di dentatura lungo il margine fogliare e la morfologia del singolo dente
• tipi di pelurie: peli unicellulari, pluricellulari, ghiandolari (secernono liquidi per varie funzioni).

La seguente immagine, riporta la struttura tipica di un fiore.


I fiori differiscono tra di loro in base a numerosi caratteri:
• piani di simmetria: si hanno fiori con simmetria raggiata, bilaterale o privi di simmetria
• riguardo il gineceo, si possono avere: carpelli distinti (ovario apocarpico) o fusi tra loro (formano un
pistillo composto)
• placentazione: come gli ovuli sono attaccati e nutriti al tessuto placentare situato dentro l’ovario
• tipo di ovario: infero (ovario situato sotto
il punto di inserzione), supero (ovario si-
tuato sopra il punto d’inserzione)
Le angiosperme presentano una grande diversifica-
zione dei frutti. Infatti si possono avere frutti:
• secchi: poveri di acqua. Essi se si aprono a
maturità sono detti deiscenti, se invece
non si aprono sono detti indeiscenti
• carnosi: ricchi di acqua
Ricordiamo che il frutto è la trasformazione dell’ovario del fiore ed è costituito da 3 strati:
1. esocarpo
2. mesocarpo
3. endocarpo
Fitogeografia.
Ogni specie, è presente allo stato spontaneo, in una propria determinata area geografica ed occupa una pre-
cisa nicchia ecologica (le piante non si distribuiscono a caso sulla superficie terrestre, ma lo fanno seguendo
determinati pattern).
Le esigenze ecologiche di una specie, ne determinano l’areale in cui vivere.
Areale: è la distribuzione geografica di uno specifico gruppo di diversità (vengono individuati i confini oltre
i quali quella determinata specie non è presente).
Si distinguono 2 tipi di areale:
1. continuo: non presenta significative interruzioni lungo tutta la sua distribuzione
2. discontinuo: presenta delle significative interruzioni lungo la sua distribuzione (è frammentato).
Fitogeografia: è quella disciplina che studia come sono distribuiti i vegetali sulla terra. Essa utilizza una
propria classificazione: regni floristici, regioni floristiche, ecc.
Elemento ecologico: esprime le condizioni ecologiche necessarie affinché una specie possa sopravvivere.
Tali condizioni riguardano:
• fattori climatici: regime di illuminazione, disponibilità di acqua, temperature
• fattori edafici: tipo di substrato, acidità/salinità del substrato stesso
• fattori topografici: altitudine, pendenza del substrato
• fattori biotici: interazione della specie in esame con altre specie vegetali, predatori, impollinatori,
ecc.
Elemento geografico: indica la distribuzione di una specie sulla terra (macro-distribuzione della specie).
Tale distribuzione, viene poi confrontata con un elemento distributivo già pre-esistente.
Nell’elemento geografico, si può sovrapporre l’elemento ecologico (sono collegati).
Corotipo: indica la distribuzione geografica di specie con areale simile.
La flora di un’area, è dinamica nel tempo (può variare) ed indica i vari eventi geologici e climatici di un de-
terminato luogo.
Corotipo cosmopolita: distribuzione di una specie, anche con significative interruzioni, in tutto il globo.
Spettro ecologico: esprime le percentuali di presenza dei vari corotipi in un determinato territorio geografi-
co.
Forme biologiche.
Riguarda sempre la descrizione di una flora. Questo tipo di classificazione, fu ideata da Raunkiaer e si basa
sulla modalità con cui vengono portate le gemme durante la stagione avversa.
In base a questa classificazione, abbiamo:
• fanerofite: le gemme sono portate ad un altezza di più di 30cm dal suolo (comprende alberi ed ar-
busti)
• camefite: le gemme sono portate ad un’altezza che va da 1 a 30 cm dal suolo (comprende piccoli ar-
busti o suffrutici
• emicriptofite: le gemme sono portate a livello del suolo e sono protette da foglie con rosetta basale
• idrofite: riguarda le piante acquatiche, le gemme sono localizzate sott’acqua
• geofite: le gemme sono portate sotto il livello del suolo (bulbi, rizomi, tuberi, ecc.)
• terofite: sono piante annuali in quanto l’individuo non supera la stagione avversa. Si ha la sola pre-
senza del seme.
Spettro biologico: esprime la presenza in percentuale, delle varie forme biologiche.
Relitto tassonomico: è un taxon che rappresenta una linea fitogenetica isolata, la quale nel corso della storia
si è impoverita (in passato era maggiormente diversificata).
Relitto geografico: è un taxon il cui areale passato è più grande di quello attuale. L’areale attuale, si è ac-
cantonato solo in particolari aree aventi le caratteristiche ecologiche ideali.
Endemismo.
È un fenomeno di stenocoria (stenocoria= distribuzione ristretta) e va sempre riferito a un’area geografica
(sarebbe un fenomeno per il quale alcune specie animali o vegetali, sono esclusive di un preciso territorio).
La conoscenza dell’endemismo di determinate aree geografiche o degli endemiti, è molto importante per
l’interpretazione dei fenomeni speciativi (formazione delle specie).
Un endemita si può formare in 2 modi:
1. recente origine: endemismo attivo
2. parziale estinzione: endemismo passivo (un areale ben distribuito che per parziale regressione ri-
mane limitato ad una specifica zona).
La stenocoria di un endemita, è generalmente associata alla presenza di barriere geografiche o fenomeni di
stenoecia (sono le condizioni di adattamento di un organismo stenoecio).
L’endemismo non dipende dal rango tassonomico.
In ambito fitogeografico, il massimo rango tassonomico è il regno (attualmente sono riconosciuti 6 regni).
Scendendo di rango tassonomico, dopo il regno abbiamo la regione, provincia, distretto, ecc.
La distribuzione degli organismi viventi, viene spiegata in 2 modi:
1. vicarianza: indica la distribuzione delle specie sulla terra ed è legata a fenomeni geologici impor-
tanti (come la frammentazione della crosta terrestre). Tali fenomeni, vanno a disgiungere un taxon
(come una famiglia) e lo pongono in zone geograficamente lontane, spesso separate da barriere si-
gnificative.
Ex: i marsupiali si trovano in Australia ed in centro – sud America. Questa distribuzione
“stramba” è dovuta al fatto che circa 160 milioni di anni fa (periodo giurassico), si è avuto lo
spostamento delle placche continentali e l’Australia si è distaccata dal continente americano.
2. Dispersione: in assenza di barriere geografiche, una specie può espandersi senza problemi. Un
esempio è la dispersione dei semi delle piante grazie al vento (anemocoria), animali (zoocoria), ecc.
Pattern di distribuzione fitogeografica.
Macroclima: riguarda temperatura e precipitazioni e determina la distribuzione degli organismi sul globo.
Mesoclima: riguarda altitudine (presenza o meno di montagne), esposizione (maggiore o minore esposizio-
ne alla luce) ed il tipo di substrato. Il mesoclima ovviamente, riguarda un’area più ristretta rispetto al macro-
clima.
Microclima: ci si riferisce ad un’area che va da qualche metro a qualche centimetro.
In conclusione, la scala spaziale è un fattore che conta sulla distribuzione dei vegetali.
Biomi.
Un bioma, è un insieme di ecosistemi di un’area geografica e caratterizzato dalla vegetazione dominante
(sarebbe quella più abbondante).
I vari biomi, si distinguono in base:
• ad alcune caratteristiche delle piante: struttura, tipo di foglie, tipo di associabilità (foresta, bosco, sa-
vana, ecc.)
• alle caratteristiche climatiche.
Climax: si riferisce ad una popolazione vegetale che è espressione del macroclima zonale. La vegetazione
climax, viene utilizzata per identificare i vari biomi.
Foresta pluviale.
Si distingue in: foresta pluviale e foresta pluviale stagionale.
Foresta pluviale.
Condizioni climatiche:
• temperature elevate senza ciclo stagionale
• illuminazione buona tutto l’anno
• elevata piovosità e ben distribuita nel tempo
Ambiente vegetale:
• vegetazione stratificata e costituita da piante sempreverdi: alberi ad alto fusto, vegetazione arborea
intermedia e sottobosco erbaceo arbustivo
• produttività elevata
Foresta pluviale stagionale.
Condizioni climatiche:
• temperature elevate senza ciclo stagionale
• illuminazione buona tutto l’anno
• elevata piovosità e fortemente ciclica (si hanno periodi in cui piove molto e periodi in cui piove po-
chissimo)
Ambiente vegetale:
• piante arboree decidue
• abbondante sottobosco erbaceo arbustivo
• elevata produttività.
Foresta temperata.
Condizioni climatiche:
• temperature miti con ciclo stagionale ben definito
• illuminazione buona tutto l’anno
• piovosità abbondante
• suolo fortemente organico
Ambiente vegetale:
• piante arboree, latifoglie decidue (faggi, querce, aceri, ecc.)
• sottobosco erbaceo arbustivo ben sviluppato
• produttività elevata
A causa dell’intervento dell’uomo, l’area su cui si estende si è molto ridotta e frammentata.
Foresta di conifere (Taiga).
Condizioni climatiche:
• bassa temperatura invernale
• illuminazione buona con forte periodicità (non come nella Tundra)
• piovosità medio-alta oppure alta con variabilità geografica
• suolo fortemente organico
Ambiente vegetale:
• piante arboree, conifere sempreverdi
• scarso sottobosco erbaceo arbustivo con poche esigenze di luce
• produttività elevata, soprattutto nelle aree geografiche più umide
Macchia.
Condizioni climatiche:
• temperature miti con ciclo stagionale definito
• illuminazione buona tutto l’anno
• piovosità media con forti cicli stagionali (piove maggiormente in determinate stagioni)
Ambiente vegetale:
• piante arboree ed arbustive decidue o sempreverdi a foglie sclerotizzate
• produttività media
• forte influenza del fuoco
La macchia si trova in diverse parti del mondo (ci devono essere le condizioni climatiche necessarie compa-
tibili per far crescere quel determinato tipo di popolazione).
La macchia si distingue in:
• mediterranea
• haparral (California)
• matorral (Cile)
• fynbos (Africa)
• malee (Australia del sud)
Macchia mediterranea: si distinguono 3 livelli di vegetazione:
1. strato superiore arboreo
2. strato intermedio arbustivo
3. strato inferiore erbaceo
Praterie.
Condizioni climatiche:
• temperature miti con ciclo stagionale definito
• illuminazione buona tutto l’anno
• piovosità modesta
• suolo organico caratterizzato da rapida decomposizione negli strati superficiali
Ambiente vegetale:
• piante erbacee anche di grandi dimensioni
• produttività elevata con biomassa inferiore a quella delle foreste
Savana.
Condizioni climatiche:
• temperature elevate
• illuminazione elevata tutto l’anno
• piovosità modesta con forti cicli stagionali (piove maggiormente in determinate stagioni)
Ambiente vegetale:
• piante erbacee con forte ciclicità annuale, arbustive ed alberi isolati
• produttività media con forti cicli stagionali
Deserto.
Condizioni climatiche:
• temperature medie o elevate. Nei deserti nordici, si hanno basse temperature (deserti freddi)
• illuminazione elevata tutto l’anno
• piovosità scarsa. Se piove abbondantemente lo fa in modo irregolare durante l’anno (non vi sono pe-
riodi precisi in cui piove molto)
Ambiente vegetale:
• piante erbacee annuali e isolati arbusti
• piante succulente (cactus, ecc.)
• produttività molto bassa.
Tundra.
Condizioni climatiche:
• bassa temperatura
• illuminazione solo nel periodo primavera-estate (i famosi 6 mesi di giorni e 6 mesi di notte). I giorni
sono molto lunghi
• piovosità scarsa
• presenza di permafrost (terreno ghiacciato)
Ambiente vegetale:
• piante erbacee ed arbustive
• muschi e licheni
• produttività elevata nella buona stagione (primavera-estate)
Permafrost: terreno ghiacciato in profondità. In estate si scongela solo lo strato superficiale ed il terreno ri-
mane umido, dato che l’acqua non può penetrare in profondità a causa del terreno ghiacciato.

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