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SENECA FELIX, INFELIX, BEATUS

Author(s): Giovanni Viansino


Source: Aevum, Anno 79, Fasc. 1 (Gennaio-Aprile 2005), pp. 49-59
Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore
Stable URL: http://www.jstor.org/stable/20861675
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Giovanni Viansino

SENECA FELIX, INFELIX, BEATUS

Negli scritti di Seneca ricorrono con frequenza gli aggettivi felix, infelix, beatus. Ne sono esaminati
i van significati e i concetti connessi all'interno dell'opera di Seneca e a confronto delle afferma
zioni correnti nelle scuole filosofiche dell'epoca.

Di chiarificazioni accurate necessitano i tre aggettivi, se e vero che traduzioni


datene cadono spesso in fraintendimenti gravi. Un esempio: infelix patientia delle
prostitute (= "aspettano clienti che non arrivano") viene tradotto da P. Oltramare
"miserable soumission" (n.q. 1, 16, 6).
Persona certo non 'armonica' Seneca: non si accorda con i suoi scritti la vita
vissuta ne offre conferme delle certezze morali ostentate, solo dal rapporto conflit
tuale avuto con la felicitas (il Potere) ora perseguita, ora esecrata possiamo
costruire la sua biografia vera, i suoi scritti rischiarano infatti le contraddizioni
fra aspirazioni alia vita privata e vita pubblica esercitata. Che fosse persona "a
piu dimensioni" ha capito bene Tacito quando nei momenti del suicidio gli fa dire
(arm. 15, 62) di lasciare agli amici in eredita non "la sua vita", ma Vimago della
sua vita delineata negli scritti; non lo ha invece capito Pierre Grimal in saggi
senecani monotipici lontani dal vero: Pesame critico-allusivo del tempo vissuto
entro il Potere condotto da Seneca nel tempo deWotium, la dura valutazione della
societa romana dispiegata quando il Potere e lontano annullano ogni prospettiva
di serenita conservatasi costante, di unitarieta sostanziale nella definizione della
sua biografia ed e soprattutto la prospettiva critica della societa romana e P'antipo
litica' espressa dopo la cacciata dal Potere che vanno indagate. E con gli insegna
menti impartiti dalla nutrice, dal pedagogo, dalla madre (certo consoni all'ideo
logia di vita instillata dal padre) che la sua vita si e accordata: a Roma, (dove da
Cordova si trasferisce con la famiglia VHispaniensis) conseguire la Ricchezza e
il Potere \ divitiae e felicitas spesso si accoppiano.
A contestare, a contrastare quegli insegnamenti Seneca si dedichera dopo il
primo semestre del 62 (la sua cacciata dal Potere) chiarendo a se stesso come
impedimento, negazione di ogni beatitudo vera siano proprio Ricchezza e Potere
(ep. 27, 2), come sia necessario tenersene lontano: omnia vota mortalium, omnia

1 Park di se stesso Seneca, di cid che ha vissuto quando afferma che occorre pregare gli dei
a che nessun augurio di felicitas formulate in famiglia si realizzi (ep. 27, 2; 31, 2; 60, 1; 61, 1; 94,
53; 115, 11): admirationem nobis parentes auri argentique fecerunt et teneris infusa cupiditas altius
sedit crevitque nobiscum. La madre, Elvia, era molto piu giovane del marito, cosi in seconde nozze
(a. 49?) Seneca sposera Pompea Paolina (mea: ep. 104, 1/2 e 5) di trentacinque anni piu giovane
(adulescens in ep. 104, 2) e cfr. Tacito, ann. 15, 60; Cassio Dione 62, 25, 1; PI R 7, n. 508.

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50 G. VIANSINO

beneficia quae dantur petunturque nullum in beata vita habere momentum (ep.
72, 7)2. Ed una certa attrazione operata su Seneca e sul nipote Lucano (1, 67/182)
dal 'moralismo' di Sallustio e certo riscontrabile.
Riferiti al Potere esercitato oppure alia sua contestazione, felix, infelix
(felicitas, infelicitas), beatus (beatitudo) con trecentoventi; novantadue; duecen
toventisei ricorrenze segnano la sua vita, con i significati assunti ne illustrano fasi
diverse ed evoluzione, utili quindi per la datazione (a volte controversa) degli
scritti. - Sotto Caligola (16 marzo 37-24 gennaio 41): Dialogo VI (consolazione
a Marcia per la morte del figlio Metilio): appare qui per la prima volta felicis
simus come beffa di Sulla Felix (6, 12, 6 = dial 10, 6, 3; ben. 5, 12, 6; ep. 113,
30); prepara i Dialoghi III-V "sull'ira", vizio manifesto dei felices, dei Potenti
romani (dial. 4, 21, 7: felicitas iracundiam nutrit). - Sotto Claudio (24 gennaio
41-13 ottobre 54) scrive durante l'esilio in Corsica (a. 41-49) i Dialoghi XI-XII
(consolazione a Polibio; alia madre Elvia); a Roma (ancora lontano dal Potere)
scrive il dialogo X (de brevitate vitae) ricco di rigide contestazioni della societa
sino a proporre al suocero Pompeo Paolino di lasciare la carica di Prefetto
dell'Annona per fare "buon uso" del tempo di vita concesso vivendosene appartato
(dial. 10, 18/20): ecco gia qui un'anticipazione della fiitura "realta esistenziale"
di Seneca dopo la cacciata dal Potere. Completa il dialogo "sull'ira". - Sotto
Nerone: Ludus; Dialoghi II e VII-IX; de dementia (13 ottobre 54-13 febbraio
55); Tragedie3.
Allontanato dal Potere pubblica il Dialogo I (incisiva e dura la critica politico
sociale), Naturales Quaestiones e De beneficiis, opere impegnative e da far
conoscere, quindi quasi assente vi e la critica politico-sociale della felicitas, diffusi
invece gli attacchi al fondatore di una nuova concezione teocratica dello Stato,
ad Alessandro quale 'maschera' di Nerone (= Lucano 9, 15, 4; 10, 20 e 272; cosi
Catone lo sara di Seneca = Lucano 2, 239/41; 9, 186/217): ben. 1, 13, 1; 2, 16,
1; 5, 6, 1; 7, 2, 5 e 3, 1; n.q. 3,pref. 5; 5, 18, 10; 6, 23, 2. Nel genere letterario
ideale per praticare ogni giorno la filosofia cioe nelle Epistole (a Lucilio)4
signoreggia la volonta di porsi in polemica contro "falsi giudizi" e "credenze
sociali" pervagate, la polemica antisistemica intrisa di Cinismo viene esercitata
da Seneca (ora "filosofo popolare") con icasticita distruttiva, la conclusione della
vita ha come compagno il rigetto ostentato di ogni ambizione politica, e Votium

2 Consigli economici offerti e presenza di interessi economici nel dialogo VII e ancora in ben.
2, 34, 4; 4, 27, 5 (nel de beneficiis largo spazio occupa la terminologia fmanziaria); ep. 64, 7; dial.
9, 8 9; 10, 1, 4 oiKovouiicfi (in ep. 89, 10). Partecipazione e conoscenze pratiche di problemi
economico-finanziari sono presenti in tutte le opere: un esame accurate in M. Giacchero (Studi E.
Manni III, Roma 1980, 1085).
3 NeWErcole Furioso (739/44) il consiglio rivolto a Nerone di governare bene, di non sporcarsi
le mani di sangue, avendone, come premio la "salita al Cielo" oppure compito di giudice nei Campi
Elisi. Nelle Troiane (262) l'invito a tenere basso profilo nell'esercizio del Potere (se supprimere e
varios casus tremere). Nell''Agamennone (100/106) l'invito a navigare "sotto costa" perche solo i
comportamenti modici durano a lungo, felix e mediae quisque turbae sorte quietus (= Ercole Eteo
692/99) perche nessuna felicitas dura a lungo (= Publilio Sirio 412 R.2). Generiche sentenze sulla
felicitas nelVErcole Eteo: felix quisque novit famulum regemque pati (228); rarum est felix idemque
senex (641/3). L'affermazione contenuta nel v. 673 (nee sibi felix pauper habetur/nisi felices cecidisse
videt) contrasta con ep. 4, 67 (non est quod credas quemquam fieri aliena infelicitate felicem).
4 Su Lucilio, cfr. L. Delatte, Lucilius, Vami de Seneque, ?Etudes classiques?, 4 (1935), 367
e 546.

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SENECA 51

(la "vita appartata") dedito alPimpegno esistenziale che occorre scegliere e


praticare a fronte delle orrorifiche condizioni in cui si dibatte la vita pubblica:
pulsare superhas potentiorum fores, digerere in litter am senes or bos, plurimum
in foro posse: invidiosa potentia et brevis est et si verum aestimes sordida (ep.
68, 10). Con l'allusiva revisione della autobiografia sua Seneca fa a pezzi la
superbia romana di classe, emblematiche appaiono alfa e omega della raccolta
delle Epistole (ep. 1, 1-124, 24): ita fac, mi Lucili, vindica te tibi (= "liberati da
incombenze esterne, dedica tutto il tempo all'esame di te stesso") - tune habebis
tuum cum intelleges infelicissimos esse felices (= "disporrai di cio che e tuo quando
capirai che gli uomini di Potere e di successo sono i piu sfortunati"). Ed esplici
tazione ancor maggiore in ep. 31, 11: animus rectus, bonus, magnus potest cadere
in equitem Romanum quam in libertinum, in servum: libertinus, servus sono solo
nomi nati ex ambitione aut ex iniurial Lo spunto per queste affermazioni rivolu
zionarie e dato dall'amico stesso Lucilio (un Seneca giovane!) che, eques, si
lamenta per non essere ammesso fra i senatori, la natura ha agito con lui malignius
(ep. 44, 1): la risposta di Seneca allude alia cacciata sua dal Potere (redige te ad
parva ex quibus cadere non possis: ep. 20, 8), inaugura il rigetto del suo passato,
fa dono di un'ideologia 'nuova': bona mens omnibus patet, omnes ad hoc sumus
nobiles; nec reicit quemquam philosophia, nec eligit, omnibus lucet (ep. 44, 2).
E Lucilio stesso mai sazio di Potere e un esempio di come tulit longe a conspectu
vitae salubris rapida felicitas (ep. 19, 5/9); felicitas non e certo la 'Camera' all'in
terno del Potere come si usa dire, e il contrario esatto: occorre non porre la propria
'vera' felicitas in potere di chi pud facilitare la 'Camera' (ep. 23, 2). All'autore
delV Ottavia (anni 90?) Seneca apparira a ragion veduta personificazione stessa
dell"'opposizione alia tirannide" vesana (ben. 1, 13, 3; 2, 16, 1; ep. 91, 17) di
Nerone (= Alessandro).

felix5
Felix, felicitas valgono come "ricchezza acquisita" (+ opes, opulenta: ben. 5, 12,
6; 6, 30, 2/3; 3, 2, 2; e cosi felicitas patrimoniorum; 5, 19, 2) e 'Cariche' ricoperte
(assenza oppure perdita = infelicitas): sia all'interno del Potere (dial, 7, 2, 2) che
lontano dal Potere (dial, 10, 2, 4; 6, 3; 7,'6 e poi le Epistole) Seneca smaschera e
ridicolizza l'inconsistenza esistenziale del 'Successo' e del 'Successo' i modi di vita,
le sue afflizioni (ep. 80, 6) e le sue stoltezze, stante che solo domestica (= 'interiore'
ep. 72, 4) pud essere la felicitas del saggio. Ecco dunque intrapresa la demoli
zione dell'ideologia costitutiva del Potere romano (felicem vocabant: quid ergo?
Erat?: ep. 36, 3), dell'Imperialismo romano: beffeggiando l'estensione dell'Impero
(n.q. 1, pr. 9) Seneca ne riscrive la storia... non pero fino ad accordarsi con lo
storico antiromano per antonomasia, Timagene (ep. 91, 13)! Sue bestie nere sono
la falsa magnitudo Pompei (ep. 94, 64/7. Magnus dall'anno 61) che per continuare
potentiam accampa scuse, muove contro Spagna e Sertorio, contro i Pirati, Yinfi
nita libido crescendi lo porta in Africa, nel Settentrione, in Armenia e in Asia

5 Dalla vita dei campi (= "terreno fecondo, rigogli") alia vita politica, le due piattaforme della
Romanita; suo contrario = miser (nelle tragedie: Ercole Furioso 513; 1305; Troiane 1018; Tieste 445;
Ercole Eteo 122; 641/3).

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52 G. VIANSINO

contro Mitridate. Allo stesso modo non virtutis instinctu, ma AdXYambitio furono
mossi Caio Mario (unum consulatum cepit, ceteros rapuii) contro Cimbri e Teutoni,
Giulio Cesare nelle sue varie guerre6: come ad Alessandro, non gli riusci di
continere Oceano felicitatem suam avendo davanti agli occhi Pompeo che, intolle
rante di un altro Magnus nello Stato, avrebbe cercato di delimitare la crescita di
Cesare, insopportabile gia quando Pompeo e Cesare crescevano "per Putilita
comune" (dial. 6, 14, 3). Solo la personale ambizione, non la prospettiva doverosa
di fondare PImpero sulle macerie della Repubblica ha dunque messo in moto le
"Guerre Civili"; solo quando uno spregevole 'schiavo' egiziano lo uccise, Pompeo
capi quanto inanis fosse la iactatio del suo appellativo Magnus (dial. 10, 13, 7):
mai tanto acuminata la dissacrazione dei "miti politici" romani! Sullanum saeculum
quello delle "Guerre Civili" (dial. 3, 20, 4), spoliarium delle proscriziori sillane
fii il 'Serbatoio' di Servilio nei pressi del Foro (dial. 1, 3, 7 = Firmico Materno,
Math.l, 7, 34): la proscrizione segna Peta di Silla come arma quella di Mario
(dial. 4, 2, 3), di Silla solo la Sullana crudelitas viene ricordata (dial. 4, 34, 3):
le venivano mostrate le teste mozzate di ex-consoli (dial. 1, 3, 8), nessun tiranno
bevve sangue umano con tanta avidita quanto lui, fu solo P'esaurirsP dei suoi
nemici a porre fine alle uccisioni (clem. 1, 3, 1/2): crimine degli dei fu Silla tarn
felix (dial. 6, 12, 6)! E se Silla incrudeli sul cadavere di Mario, Mario fu degno
qui ilia pateretur e Silla qui ilia iuberet (dial. 5, 18, 1/2): da ricordare Pannota
zione fisiognomica secondo cui violentissimus era Silla cum faciem eius sanguis
invaserat (ep. 11, 4). L'immagine di Sulla Felix1 per vittorie, gloria conseguita
esce frantumata dal giudizio senecano (ecco la vittoria assoluta conseguita dalla
'propaganda' di Cesare), mentre con rancore minore il nipote Lucano tratta Silla
quale 'predecessore' dell'amato Pompeo (come Mario lo e di Cesare). Contro
Mario, Silla, Pompeo, Cesare (senza nominarlo) si scaglia Seneca in ben. 5, 16,
2/6 e fra i personaggi resi clari e potentes... dalle "Guerre Civili" Punico ad essere
felix in publicum (= "arreco giovamento allo Stato") fu M. Agrippa (ep. 94, 46);
nessuno degli altri lo fii, neppure Ottaviano ('Augusto' dall'a. 27), quasi sempre
adornato in Seneca dell'aggettivo divus, segno di rispettoso distacco e di obbligata
venerazione, eppure n&lVApokolocyntosis Augusto 'pontificante' e con espressioni
popolari e volgari (dopo aver annunciato un discorso di summa facundia)*
replicante al limite della parodia motivi immessi nelle sue Res Gestae (10, 1/11, 4)
e certo figura comica, come in dial. 9, 14, 9 e certo ironico Augusto deus noster:
crudele Ottaviano durante le "Guerre Civili", clemente assunto il Principato (clem.
1, 9).

6 Cfr. ep. 94, 64/7: (Mario, Pompeo, Cesare) cum omnia concuterent concutiebantur turbinum
more, qui rapta convolvunt, sed ipsi ante volvuntur et ob hoc maiore impetu incurrunt, quia nullum
illis sui regimen est ideoque cum multis fuerunt malo, pestiferam Mam vim, qua plerisque nocuerunt
ipsi quoque sentiunt. Cosi dial. 12, 9, 8 (aget - Caesarem - per omnes terras victoria sua). Da
ricordare la fescennina iocatio: Cesare - Pompeo = socer - gener (da Catullo 29, 24), cinquantun
volte in Lucano.
7 L'attributo Felix assunto (a. 82) prima della morte del figlio (Plutarco, Silla 37) oppure dopo
(Velleio Patercolo 22.7). Spregiativi Magni, Felices (ep. 94, 60), in clem. 1, 14, 2 e aggiunto Augusti.
Sul trattamento riservato da Seneca ad Augusto, cfr. P. Jal, Images d'Auguste chez Seneque, ?Revue
des Etudes Latines?, 35 (1957), 242.
8 Cfr.W.H. Alexander, Footmote for a literary portrait of Augustus, transactions of the Royal
Society of Canada?, 1949, 13.

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SENECA 53

Quindici i riferimenti senecani alP"Uomo di Augusto", al personaggio romano


che nella sua negativita sta accanto ad Alcibiade, cioe a Mecenate, "avversario
ideologico" esplicito (Dialogo I - Epistole) di Seneca, il controaltare suo nella
posizione di Potere vissuta. Mecenate 'impazzito' (caput captum: ep. 114, 8) perche
la felicitas movet cerebrum (ep. 36, 1) nel Potere e nel lusso, ebrius nello stile
della sua scrittura, enervatus (= dial. 1, 4, 9) e castratus, discinctus (ep. 92, 35)
nell'animo a causa della felicitas (ep. 19, 9; 114, 4/8),foedus nel suo mendicare
spazi di vita anche se debilitata nel fisico (ep. 101, 10)9, alia continua ricerca di
attenzione su di se, sui suoi mores novi, pravi, singulares, portentosissimae le
deliciae della sua scrittura e del suo modo di vivere, simili in tutto alle "cene di
Apicio" (ep. 114, 7; 120, 19), quotidiane le lamentele per i comportamenti della
moglie, quotidiana la 'ricerca' del sonno per symphoniarum cantum e per vinum,
sua 'distrazione' il fragore delle acque incanalate nell'interno della casa (dial. 1,
3, 10/11)! Pazzia provoca la felicitas smodata che e inquieta, da sola si agita (ep.
36, 1; 39, 4/5), plurimus aestus subest felicissimis opulentissimisque (ben. 5, 12, 6)
dato che gli animi permadescunt perpetua ebrietate sopiti (dial. 1,4, 9/10), consimili
le conseguenze di una felicitas longa su mentes delicatae (dial. 12, 2, 3).
Ricchezza, Cariche e onori speciosa et felicia trahunt vulgum, ma in conto
non li hanno tenuti personaggi quali C. Licinio Fabrizio e Q. Elio Tuberone ad
esempio (ep. 90, 13) cui sembra ispirarsi Seneca dopo la cacciata dal Potere. Avida
(clem. 1, 1, 7; ep. 118, 6) di lussi e di stranezze come lo sono i linguaggi artifi
ciali e strani, la felicitas allontana il felix dal volgo ed e a sua volta esposta alienae
aviditati (ep. 19, 7); mai e sufficiente la posizione di Potere raggiunta dato che
numquam erit felix quern torquebit felicior (dial. 5, 30, 3 = Plutarco, mor. 470 B).
Pusilla (ep. 118, 6), la felicitas comporta desideri, timori, superstizioni perche e
qualcosa di leve e di vanum (ep. Ill, 4), sufficiente la facile aggiunta di una
sillaba per trasformarla in infelicitas; paura per quanto conseguito hanno i felices,
gravior sta loro addosso la felicitas come graves sono i felices ai loro sottoposti
(ep. 94, 74).
E nelle Epistole soprattutto che Seneca recupera i Maestri della sua giovinezza:
Papirio Fabiano (noster. dial. 10, 13, 9) cinico appare nove volte nelle Epistole
(cinque volte altrove), Attalo (noster: n.q. 2, 50, 1; ep. 63, 5; 81, 22) stoico con
influenze ascetico-ciniche dieci volte (una volta altrove), Sozione neoaccademico
(legato alia Scuola neopitagorica dei Sesti - ep. 64, 5 - ostile all'attivita politica)
tre volte (tre volte altrove) e a questi come nuovo maestro si aggiunge Demetrio
cinico (noster)10: l'atmosfera culturale respirata da Seneca dopo l'anno 62 (ritiro
dal Potere) fornisce dunque stimoli i piu incisivi alia contestazione dura della
societa romana e dei suoi valori, felicitas non saranno piu ricchezze possedute e
Cariche assunte, (l'acquisizione cioe del Potere), ma il conoscere se stessi liberi
ormai da ogni sovrastruttura. Se noi potessimo vedere quanto i felices tengono

9 Malferma la salute (Orazio, c. 2, 17; Plinio, n.h. 7, 5, 4).


10 Gia in dial 7, 18, 3. Cfr. poi dial 1, 3, 3 e 5, 5; ben. 7, 1, 3/7; n.q. 4 A, 7; ep. 20, 9; 62, 3;
67, 14; 91, 19. Cosa c'e di piu cinico di latrare, collatrare (apax legomenon: dial. 7, 19, 2 e 17, 2;
5, 43, 1)? Cosi la conclusione del dialogo I (6, 9): ecquid erubescitis? traduce Diogene (ep. 8, 65:
o\)k aicx'uvTi). Su Demetrio, cfr. M. Billerbeck, Der kiniker Demetrius, Leiden 1979 e J.F.
Kjndstrand, Demetrius the cynic, ?Philologus?, 124 (1980), 83: presente alia morte di Trasea Peto
(Tacito, ann. 16, 34), fu esiliato da Vespasiano (Svetonio 13; Dione Crisostomo 65, 13) perche" opposi
tore al Potere imperiale (cfr. il suo lungo discorso contro i vizi della societa romana: ben. 7, 8, 2/6).

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54 G. VIANSINO

ben nascosto, ci apparirebbero miseri, sordidi, turpes e simili alle pareti delle loro
case coperte di croste sottili di abbellimento (ep. 115, 9), uno splendor del tutto
alienus nasconde la loro foeditas profonda e vera (dial. 1, 6, 4). Felicitas la piu
grande era comportata dal 'Comunismo' delle origini (ep. 90, 36/9 e ben. 7, 4, 1
e 10, 6), nihil felicius ci fu di coloro che in commune rerum natura fruebantur,
cosicche anche chi possiede oggi tanto deve riconoscersi meno ricco di chi in
tempi antichi universum habebat: felicitas, quella, dissolta dal sopravvenire dell'a
varitia e della luxuria, dell'avidita personale. Cinica anche Paffermazione che
felix fu il tempo in cui non c'erano architetti (inventori di soffitti cangianti...
adattati alle portate servite in tavola per la cena: Svetonio, Nerone 31) e decora
tori di pareti (ep. 90, 8/15). Se appesantite dalPoro, dall'argento, da ogni altro
sovrappiu sono le case dei felices (ep. 104, 34), Diogene cinico ha invece insegnato
ad accontentarsi di quanto la Natura ha posto in superficie (in summo). Allo stesso
modo cinico l'invito a non desiderare nulla, neppure aqua et polenta, come non
lo desidera Giove secondo Epicuro (ep. 25, 4; 110, 20 = 211 e 602 Usener)11.
"Modello di vita" diventano Catone... e il suo suicidio, appaiono cinquanta
nove volte nelle Epistole (feliciter quod agis: ep. 67, 13 = dial. 1, 3, 14): Catone
surgit supra Pompeios et Caesares posti sullo stesso piano (dial. 1, 3, 14; 2, 1,
3; 6, 20, 6; ep. 14, 12; 94, 64/66; 95, 70; 104, 29/30 e 32/33 ed anche ben. 5,
16, 4/5). La Natura lo ha scelto cum quo metuenda collideret; nuova la distin
zione fra felicitas (= fulgor, splendor provenienti dall'esterno) e securitas (della
vita appartata) = lux, che certam originem habet et suam (ep. 21, 1/2; 23, 6).
Ricorrenti i "dati sentenziosi" con cui Seneca allude al suo Potere e alia sua
cacciata dal Potere: paucis deponere felicitatem molliter licuit, ceteri cum Us inter
quae eminuere labuntur et illos degravant ipsa quae extulerant (ep. 74, 18); di
coloro che felices vocantur hilaritas flcta est at gratis et subpurata tristitia...
gravior quia interdum non licetpalam esse miseros (= 'afflitti') sed inter aerumnas
cor ipsum exedentes necesse est agere felicem (ep. 80, 6); numquam credideris
felicem ex felicitate suspensum: fragilibus innititur qui adventicio laetus est (ep.
98, 1); quota quaeque felicitatem civitas pertulit? (ep. 91,7); omnia etiam felicibus
dubia (ep. 101, 5); felicitatem, cuius ex omnibus humanis velocissima est levitas,
habituram in aliquo pondus ac moram credimus (n.q. 6, 1, 14); sive felix eris,
scias hoc non futurum diu, sive infelix, scias hoc te non esse, si non putes (n.q.3,
prefl5); non est felix qui a multis (clienti) obsidetur (ep. 36, 2); quae illos graves
reddit, gravior ipsis felicitas incubat (ep. 94, 74); felicitatem suam non intellegit
quia non unde venerit respicit, sed quo tendat (ben. 2, 27, 4); felix ne credat
felicitati suae (ben. 6, 33, 1/2); colunt detestanturque felicem et sipotuerint eadem
facturi odere facientem (ben. 1, 9, 2); non fert ullum ictum illaesa felicitas (dial.
1, 2, 6); semper esse felicem, et sine morsu transire vitam ignorare est rerum
naturae alteram partem (dial. 1,4, 1); mai considerare perpetua la propria felicitas
(ep. 98, 8); difficile esercitare la felicitas sine gemitu alieno (ep. 117, 21); nemo
est cui felicitas sua etiam si cursu venit satis faciat (ep. 115, 17); nulli necesse
est felicitatem cursu sequi, est aliquid etiam si non repugnare, subsistere nec
instare (ep. 22, 4); nullum animal felix sine fortitudine nisi contra fortuita convaluit
et omnis casus antequam exciperet meditando praedomuit (ep. 113, 27); veniet et

11 La divinita come "modello pitagorico" torna in ep. 74, 14; 76, 25: consegue... bona felicitas
proprio perche non ci si cura di pecunia e di honores.

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SENECA 55

ad Mud diu felicem sua portio (di male: dial 1, 4, 7); cottidie querimur malos
esse felices (ben. 2, 28, 3).
Afflizione comportata dalla felicitas e il diventare delicati dei felices (dial.
2, 10, 2; 3, 4, 2), si preoccupano cioe delP'etichetta' da rispettare nel rapporto
con chi e felicior; oppure sono superbi e insolentes perche male felicitatem ferunt
(dial. 2, 11, 1). Mentre il sapiens non e atterrito da nessuna azione nemica contro
la propria citta, il felix imperitus ad ogni crepitio teme per il proprio Potere, ogni
voce e percepita come ruggito, sono i pesi che porta con se ad intimorirlo (ep.
56, 13/14); altri desiderano solo se subducere ('sottrarsi') a questa loro felicitas
(ep. 48, 7). Felicitas vera era per Stilbone accontentarsi di se stesso (ep. 9, 19),
lo e per Seneca se Vanimus liber riesce a resistere Fortunae (ep. 65, 21)... soprat
tutto a quella favorevole! Polisindeti e lusus ricavati dalla radice martellano il
concetto: numquam erit felix, quern torquebit felicior (dial. 5, 30, 3); palam fecit
(sapiens) felicissimum esse cui felicitate non opus est (ep. 90, 34); numquam
credideris felicem quemquam ex felicitate suspensum (ep. 98, 1).

infelix

Una osservazione preliminare conferma il proporsi di uno Stoicismo 'compassio


nevole' nella cultura del Primo Secolo, di una evoluzione nelle relazioni 'umane'
fra padrone e schiavo (gia verificatasi nell'antichita greca: cfr. Sofocle 824 N.2):
Seneca crede nell'"unita pitagorica" della componente umana e divina, nell'/m
manitas (ep. 88, 30), prudentia e eruditio promuovono rapporti umani tra padrone
e schiavo (ep. 47, 1). Nei Dialoghi, nelle Epistole occhi e animo di Seneca si
posano caritatevoli sulla condizione degli schiavi infelices, ne descrivono gli orrori
subiti ad opera di padroni degenerati: ci si adira con il puer se e parum agilis,
se ha portato acqua da bere calda e non fresca, se letto e mensa non sono stati
sistemati con cura (dial. 4, 25, 1), vile e punirlo assegnandolo ad un ergastulum
(dial. 5, 32, 1); infelices pueruli sono addetti a detergere sotto la tavola il vomito
di convitati ubriachi (dial. 2, 15, 1; 10, 12, 5)12, infelix lo schiavo che esiste solo
ut altilia decenter secet (ep. 47, 6)13. Ampia la discussione (che lo merita) sulla
possibility per lo schiavo di offrire beneficia al padrone (ben. 3, 18/28); celebra
zione del servus in ep. 41.
Infelix definisce in origine il suolo sterile (dial. 12, 7, 4; ep. 81, 1), l'albero
nodoso che non da frutti (ep. 101, 14; ben. 7, 9, 2); in economia e in Politica
indica la "mancanza di beni" (dial. 12, 5, 5), la "lingua infruttuosa" di chi muove
rimbrotti alle persone dabbene (dial. 7, 20, 6), la superbia del re Serse che profitti
non ne guadagna (dial. 10, 18, 5). Nel campo morale segnala tutto cio che non
da esiti oppure ne da cattivi oppure diversi da quanto presupposto; e duplice pud
essere il valore di infelicitas: indurat quos semper vexat (dial. 12, 2, 3), mentre
consummata infelicitas si manifesta la dove turpia non solo delectant, sed etiam

12 Servile e contumeliosum il ministerium assegnato agli schiavi di adferre vas obscenum (ep.
47, 5 = Seneca, contr. 9, 2, 4; Luciano, de mercede conductis 17).
13 Per i rapporti pederastici subiti, cfr. ep. 47, 7/9; 95, 24. Per "Seneca e gli schiavi",/cfr. J.
Lichy, De servorum condicione quid senserit L. Annaeus Seneca, diss. Minister 1927; Wr^ferrER,
Seneca und die Sklaven, ?Gymnasium?, 65 (1958), 196.

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56 G. VIANSINO

placent (ep. 39, 6). In Seneca importantissimo il valore etico di "avidita insoddi
sfatta" di cui prototipo e Alessandro infelix perche imparando la geometria venne
a sapere quam pusilla terra esset ex qua minimum occupaverat (ep. 91, 17), dominato
com'era dal furor aliena vastandi e spinto verso le parti ignote del Mondo (ep. 94,
62); allo stesso modo infelices lo sono coloro che hanno fame maggiore del ventre
(ep. 89, 22), infelicissimus si considerera il ricco che da solo... senza contabili
(tabularii) che lo aiutino riesce a calcolare le ricchezze sue (ep. 88, 10)! Infelices
anche coloro che troppo avidi di vita rifiutano il suicidio (cioe la liberta), quando
e necessario (ep. 11, 15); ne Socrate condannato a morte pef la sua predicazione
ne Catone suicida e lecito definire infelices (ep. 71, 17), neppure Attilio Regolo. Al
contrario tormenti accompagnano la golosita "mai soddisfatta" (infelix luxuria: ep.
119, 14) ne certo infelix e il malato che non pud cibarsi di ghiottonerie (ep. 78,
23/24), non i Romani del tempo antico per la loro modestissima vita (dial. 12, 10,
7). E la superbia che inflat l'animo, e la cupiditas che lo distendit, e l'ingratitudine
che lo rende infelicem (n.q. 4 A, pref. 2; ep. 81, 21 ben. 3, 17, 2).
Anche qui analisi cui Seneca sottopone il suo allontanamento dal Potere. Se
con prudenza non polemica immagina un 'ritiro' non coatto (quale in realta e stato
il suo), ma volontario dovuto sia al taedium rerum civilium sia alia penltentta
infelicis ("senza risultati") atque ingratae stationis, riconosce pur sempre che nella
latebra cui timor e lassitudo hanno condotto chi e stato felix, ecco che recrudescit
uvCambitio non recisa, ma solo 'stanca' oppure obirata a fronte di una situazione
non piu sostenibile (ep. 56, 9): allo stesso modo 'rimpianti' suscita il lusso cui si
e rinunciato, l'avidita, Pambizione, le altre afflizioni della mente esercitano il
danno piu grave quando si acquietano in finte guarigioni (ep. 56, 9/10).
Antitetico in ogni caso il 'ritiro' dell'intellettuale Seneca da quello ignavus
di Servilio Vatia praetorius dives, che tenendosi nascosto come un animale timidum
e iners (ep. 55, 5) e fuggito dagli uomini, dalla vita a causa dell'infelicitas (= "il
fallimento") cupiditatum suarum, del rifiuto di vedere alios feliciores.

beatus

Ricorre duecentoventisei volte di cui diciassette nel dialogo VII (intimo e


personale, ego vi appare diciassette volte) e qui Seneca si dichiara proficiens, non
ancora sapiens (7, 16, 3); ossessiva la presenza di beatus nelle Epistole assogget
tato a sofismi fondamentalistici (Pantitesi e miser). Causa di beatae atque miserae
vitae e Yanimus (dial. 11, 9, 5; 12, 4, 2; ep. 98, 2): da ricordare la risposta data
da Anassagora (Valerio Massimo 7, 2 ext. 2): "fra quelli che tu giudichi felices
non c'e nessun beatus (= felix: dial. 1,3, 1: Seneca e al centro del Potere), lo si
trova invece fra quelli giudicati miseri". In effetti beatus diventa il contrario esatto
di felix: plena e perfecta e la vita razionale (ep. 92, 2/3) simile a quella degli dei
(ep. 85, 1/2 e 17/22; 92, 2/3) perche imperturbata14, l'augurio che ci si prospetta
di udire e tanto melior piuttosto che tanto felicior (ep. 71, 28)15! Nulla pud sminuire

14 Qui prudens est et temperatus est, qui temperatus est et constans, qui constans est, impertur
batus est, qui imperturbatus est sine tristitia est, beatus est: ergo prudens beatus est et prudentia
ad beatam vitam satis est.
15 Tanto fortior, tanto felicior in dial. 9, 16, 3.

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SENECA 57

il beatus che di nulla abbisogna ne va connesso con "beni irrazionali" il bene


costituito dall'animo fornito di ragione (ep. 92, 2 e 4 e 8). La vita beata disegnata
da Seneca nelle Epistole, il bonum in se perfectum et inexsuperabile (ep. 85,
18/23) e una celebrazione egotistica e autodivinizzatrice, nelPimpotentia cui
Yotium lo costringe solo questa consolazione gli resta: per gli dei, per gli uomini
unica e la vita beata (ep. 85, 18/23), c'e solo gradazione di durata16 ne beatior
e chi e piu longevo di un altro beatus ne lo sono gli dei beati per Peternita (ep.
32, 3; 63, 13 e ben. 5, 17, 6); addirittura un "trattato teosofico" e la 'prefazione'
al primo libro delle Naturales quaestiones scritte negli anni 61/64. Questa autoesal
tazione, questa teoresi avulsa dalla concretezza dell'oggi all'animo assegnano ogni
bonum, netta ne risulta la separazione fra "carne e ragione" (ep. 74, 16): poiche
considerano Puomo "partecipe della divinita" secondo Pinsegnamento pitagorico
('unica' e Pentita universale: ep. 92, 27/31), nessuno vedono con cui commutarsi
(ep. 12, 9); autoesaltazione e teoresi che sole possono 'consolare' Seneca nella
perdita del Potere e fargli attendere il domani (la condanna a morte) sine soiled
tudine (ep. 12, 9). Se modeste, solo umane e non divinizzanti sono le caratteriz
zazioni della vita beata offerte nel dialogo VII da Seneca ricco e potente (felicitas
vera e posta nella virtus: 16,1) ora beatus introrsum, certus iudicii, inconcussus,
intrepidus Seneca afferma con forza di subducere se populo, fortunae (ep. 119,
11), mutabilia calcando (ep. 45, 9). E con la divinita che si mette in rapporto il
suo otium: Paveva gia osato Pitagora (deum sequi, imitari, aemulari), conferme
ranno questa aspirazione Marco Aurelio e Agostino d'Ippona.
Beatus e riferito alia ricchezza nelle Tragedie (Ercole Furioso 166; Fedra
437; Edipo 117 e 693), nelle Naturales quaestiones (4 B, 13, 4: large et beate),
in ep. 27, 5 e in dial. 9, 5, 3 (res pubblica florens et beata) e 12, 12, 6: eppure
beate degunt gli dei pur privi di ricchezze (dial. 9, 8, 5) e cosi pure Diogene;
riferito a chi e morto lo troviamo solo in dial. 11, 9, 3 (aut nullus) e 9, 8. Vasto
lo spettro assegnatogli17 poi nell'elaborazione politico-esistenziale operata da
Seneca della vita sua e della societa intera, perche beatitudo e "problema su cui
e diffusa grande caligine" (gia individuata in dial. 1, 1, 1): per trovare sollievo
al cambiamento di vita (dal Potere all'isolamento) il pendolo di Seneca oscillera
fra conforti pitagorici, stoici, epicurei, cinici. La tanto ricercata beatitudo (la cui
summa comporta solida securitas - = "assenza totale di preoccupazioni" - et eius
inconcussa fiducia: ep. 44, 6/7) compete in prima analisi non certo alia Ricchezza
come crede la folia (ep. 17, 10; 18, 13; 45, 9), ma solo a chi "vive in misura
modesta" come si limita a formulare Seneca 'giovane' (dial. 12, 10, 8), compete
alia 'felicita' stoica come risultato di vita "vissuta secondo Natura" (dial. 7, 3, 3;
8, 2; ben. 7, 3, 3; ep. 45, 9/10; 66, 1; 94, 8; 124, 6): qui PetiSaipovioc consegue

16 Non dipende dal futuro, non tiene conto dei propri giorni, in brevissimo spazio bona aeterna
consummate assicura la felicita (ep. 92, 25/6).
17 Comporta un elenco: iudicii rectus, praesentibus... contentus amicusque rebus suis... cui
omnem habitum rerum suarum ratio commendat (dial. 7, 6, 2); (beatus est) cui bonum omne in animo
est, erectum et excelsum et mutabilia calcans, qui neminem videt cum quo se commutatum velit, qui
hominem ea solaparte aestimat qua homo est, qui natura... magistra utitur, ad illius leges componitur,
sic vivit quomodo ilia praescripsit, cui bona sua nulla vis excutit, qui mala in bonum vertit, certus
iudicii, inconcussus, intrepidus, quern aliqua vis movet, nulla perturbat, quern fortuna, cum quod
habuit telum nocentissimum vi maxima intorsit, pungit, non vulnerat (ep. 45, 9).

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58 G. VIANSINO

alF'autarchia' stoica della virtu18 praticata (= ?\)(h)|iia, evTcaGeia di Democrito


e Panezio).
Tutti aspirano alia vita beata, pochi in effetti la conseguono perche instru
menta eius pro ipsa habent et Mam dum petunt, fugiunt (ep. 44, 6/7)... eppure
cio che rende gli uomini meliores beatioresque si trova in aperto aut proximo (ep.
63, 13)! Beatitudo perfecta et plena (= bonum summum: ep. 85, 20/22; 92, 2 e
20/21) sono molti i fattori che la comportano e come dice Crisippo (ep. 9, 14) il
sapiens nulla re eget et tamen multis Mi rebus opus est (ep. 9, 14): gli amici (il
sapiens e se contentus ad beate vivendum, non ad vivendum: ep. 9, 13 e 15; 48,
2), il coraggio (ep. 74, 5; 76, 32/3) intrepido a fronte di minacce, di tormenti
fisici, di vincula, di exilia (autobiografico); beatissimum rende la cultura chi la
pratica (dial. 12, 9, 4) se la cultura letteraria e filosofica e tratta ad propositum
beatae vitae (ep. 108, 35); facile da conseguire, ognuno pud fare sua la beatitudo,
bastano bona auspicia e se pur c'e Paiuto degli dei (dial. 4, 13, 2, 12, 5, 1),
occorre pero fidere sibi (ep. 31, 3; vir bonus fide bona: ep. 71, 7), occorre
conoscere e mettere in opera Yhonestum (ep. 74, 1 e 10; 75, 7; 92, 4; 118, 10):
unico bonum della vita beata e infatti Yhonestas che promuove liberum animum
et erectum et interritum ac stabilem extra metum, extra cupiditatem positum (dial.
7, 4 3 e 5, 3). E non solo Yhonestas, ma anche la philosophla (che rende salvum,
securum, beatum, liberum'. ep. 108, 35); al contrario le attivita pratiche non facili
tano il raggiungimento della vita beata (per il suocero di Seneca, Pompeo Paolino
cfr. supra). Occorre inoltre non abbandonarsi a dati fortuiti ed esterni, bisogna
non cadere nelle 'passioni' (ep. 74, 6 e 29/30); posta nella mens e la beatitudo
(ep. 74, 2), la sorreggono prudentia (ep. 85, 2) (cfr. nota 14) e perfecta ratio
(dial. 7, 5, 1 e 6, 1 e 14, 1; ep. 76, 16; 92, 2/4; 124, 4) che assicura securitas e
tranquillitas. Premesse della beatitudo sono sanitas (dial. 7,6, 1; ma nelle Epistole
la "buona salute" non e certo considerata indispensabile per la beatitudo), sapientia
(ep. 90, 26/7: ad beatum statum tendit, Mo ducit, Mo vias aperit; ben. 3, 33, 5)
ed e beatior chi frequenta il filosofo (dial. 10, 14, 5) e se i filosofi agissero come
predicano quid esset beatius (dial. 7, 20, I; ep. 16, 1; sapiens = deus: ep. 7, 19)?
Premessa della beatitudo e anche la scientia divinorum humanorumque (ep. 74,
29/30). Allo stesso modo veritas (dial. 7, 5, 2; ep. 92, 3) e virtus19 stoica (dial.
7, 4, 2 e 4, 1 e 1 116, 3; ben. 4, 2, 3; ep. 74, 25; 81, 21; 85, 1 e 18/23; 95, 35;
120, 11) che e secundum naturam (ep. 50, 8) sono componenti indispensabili della
beatitudo, come lo sono obsequens ingenium praeceptis rectis (ep. 95, 4) e
constantia bene iudicati tenax (ep. 92, 3). Ed intrepidus sara il beatus (ep. 74, 5).
Dalla vita beata assicurata dalla prudentia e dalla constantia conseguono securitas
e perpetua tranquillitas (ep. 92, 3), assenti debbono conservarsi timor e tristitia
(ep. 85, 24).
Grave Perrore commesso dal volgo nel considerare beati i felices (dial. 5,
37, 3)20, i potenti trementes et attonitos in Mo invidioso fastigio suo (ep. 94, 73):

18 Cfr. dial, 1, 7, 1; 14, 1; 16, 3; ben. 4, 2, 3; ep. 64, 5; 74, 25; 81, 21; 85, 1 e 18/23; 85, 35;
120, 11.
19 In antitesi con la voluptas (dial. 1, 4, 2; ep. 92, 26; 94, 8; ben. 4, 2, 3). "Vita felice-vita
virtuosa" gia platonica (Aristotele, Top. 152 a 5).
20 Non contraddittori i due termini solo in ben. 6, 30, 2 (potens-beatus).

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SENECA 59

... qui leggiamo Pautobiografia di Seneca; neppure forma e vires (che non resistono
alia vecchiaia) rendono beati (ep. 31, 10), neppure una vita piu lunga (ben. 5, 17,
6; ep. 32, 3; 63, 13). Ed e polemico (nelle Epistole) Seneca con gli Accademici,
che accettano si le sofferenze fisiche, pero affermano che comportano una beatitudo
nec perfecta nec ad plenum (ep. 71, 18): ma se il beatus lo e in summo bono (ep.
74, 30), ne consegue che il beatus non tantum fert, sed amplexatur le sofferenze
(ep. 71, 28). Seneca ammira e nel contempo contesta Epicuro, che aggiunge la
voluptas alia beatitudo del sapiens (e questo gia in dial. 7, 13, 5/14, 2); ma che
la percezione del piacere competesse alia realizzazione delPazione morale non e
'invenzione' di Epicuro (Sent. Cap. 5) ma affermazione gia di Aristotele (Etica a
Nicomaco), di Panezio21. Affermava invece l'"autarchia della virtu" il 'vetero'
Stoicismo (cosi Diogene Laerzio 7, 128 e SVF III, 13, 18) ed in effetti a questa
si attiene Seneca nelle Epistole (cfr. ad esempio 31, 5). La voluptas ricercata e
percepita da Epicuro nell'esercizio della virtu e motivo polemico antiepicureo per
Seneca22 come lo e la richiesta di Epicuro di avere, aqua e polenta, se e vero che
sfidando "in felicita" Giove del tutto privo di 'bisogni' occorre non aver bisogno
di nulla (ep. 110, 18/20). Ma altrove lodi non risparmia Seneca ad Epicuro perche
pur avendo affermato che bene sommo sono corpus sine dolore, animus sine
perturbatione (ep. 66, 45 = 434 Usener) ha considerato beatissimum (138 Us.)
l'ultimo giorno sofferente23 della sua vita: le sofferenze fisiche non precludono
dunque la beatitudo (ep. 71, 18 e 28; 74, 30), lodi competono anche al suicidio
di Diodoro epicureo beatus et plenus bona conscientia (dial. 7, 19, 1).

21 Cosi ancora Giovanni Crisostomo (58, 51 PG): "La virtu e faticosa da esercitare, ma riempie
la coscienza di gioia e nulla c'e di piu dolce della buona coscienza".
22 Cfr. n.q. 1, pref. 6; dial. 7, 13, 5/14 e 19, 1; ep. 66, 45 e 47/8; 85, 18/33.
23 Urinae difficultas et insanabilis exulcerati dolor ventris (ep. 66, 47/8; 92, 25; 110/20).

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