Si descrivono le problematiche più importanti relative alle acque e soprattutto quali sono le sostanze che
rendono l’acqua “inquinata”.
Il complesso delle acque presenti sulla terra costituisce l’idrosfera. La superficie del pianeta è in totale di circa
510 milioni di km2, di cui 361 occupati dall’acqua, il rimanente dalla terraferma.
Benché la superficie terrestre sia coperta per il 71% di acqua, questa è costituita per il 97,5% da acqua salata,
quindi l’acqua realmente utilizzabile è una percentuale molto piccola. Oltretutto la maggior parte dell’acqua
dolce disponibile è imprigionata nei ghiacciai quindi comunque non è immediatamente utilizzabile, quasi il
30% è intrappolata nel sottosuolo e soltanto lo 0,3% si trova nei fiumi e nei laghi e quindi potenzialmente e
rapidamente disponibile.
Come possiamo definire quindi l’inquinamento? L’alterazione delle qualità del copro idrico che ne preclude
l’utilizzo in altri scopi, di fatti a seconda dell’utilizzo l’acqua deve rispettare dei canoni di qualità. Ad esempio
l’acqua utilizzata a scopo industriale-farmaceutico avrà una standard di qualità molto più elevato rispetto alla
semplice acqua potabile. La condizione di inquinamento dunque dipende dall’utilizzo (civile, urbano,
industriale, turistico o ricreativo).
Inquinanti fluviali:
inquinanti naturali, sono sostanze già normalmente presenti nell’ecosistema, ma in concentrazioni
maggiori rispetto alla soglia di tollerabilità, cioè quando immettiamo sostanze comunque naturali ma
in concentrazioni eccessive. Il corpo d’acqua non è in grado di auto-depurarsi;
sostanze tossiche, sostanze nocive, ad esempio composti organici, aromatici, muffe e lieviti o
composti inorganici, anche in concentrazioni piccolissime possono recare danni anche agli esseri
acquatici superiori.
In ingegneria sanitaria ci sono delle linee guida, ossia le metodiche analitiche, sia italiane, pubblicate
dall’IRS, istituto di ricerca sulle acque del CNR, che internazionali.
Non seguire i meccanismi di campionamento significa rendere la raccolta di dati non utilizzabili poiché non
rappresentativi.
Il campionamento deve avere determinate, poi bisogna controllare certi parametri:
- solidi, tra cui c’è una classificazione dimensionale tramite una prova di sedimentazione si
valutano solidi che hanno dimensioni maggiori di 10 micron che si definiscono sedimentabili,
quelli di dimensione inferiore non-sedimentatili. C’è distinzione tra solidi sospesi e solidi
filtrabili, 0,45 micron è l’apertura delle maglie dei filtri che si utilizzano per misurare la
concentrazione di solidi sospesi. I solidi che hanno una dimensione maggiore di 0,45 micron
vengono intrappolati nelle maglie dei filtri ossia sospesi, gli altri di dimensione minore sono
considerati filtrabili, poiché passano attraverso le maglie. Si distingue tra colloidali e disciolti (i
solidi che hanno una dimensione inferiore a 10^-3 micron), sempre dimensionale, abbastanza
tecnologica come tecnica. 0,45 micron è essenziale come misura poiché è la dimensione a cui
riusciamo ad intrappolare i microrganismi.
- temperatura,
- conducibilità elettrica,
- caratteristiche organolettiche, odore, valido anche per le acque reflue, colore e sapore, se si tratta
di acque naturali.
Il problema principale del BOD è che la concentrazione di ossigeno disciolto nell’acqua è limitata e
spaventosamente bassa, (concentrazione di saturazione: 22-23 % dell’O in aria; 9-10 mg/L dell’O in acqua).
Dunque se si prende un campione di acqua e si vuole misurare la concentrazione di sostanze organiche, si parte
comunque da 9-10 mg /L, quindi se dentro c’è tanta componente organica basta pochissimo tempo perché la
concentrazione di O arrivi a 0. Siccome la prova deve durare 5 giorni, e dopo questi giorni si deve comunque
riscontrare un valore di ossigeno poiché misuro la concentrazione residua, quindi sono costretta a fare delle
diluizioni. Il campione non lo posso analizzare così com’è puro, perciò devo fare diverse diluizioni crescenti
e conseguentemente diverse prove, così che alla fine io possa misurare almeno in 1 queste prove una
concentrazione residua di O.
Altri problemi sono legati all’incertezza dell’inoculo, e non si hanno certezze sulla vitalità o sulle
caratteristiche o sulla capacità di metabolizzare ecc…, inoltre un altro difetto è che dura tantissimo, 5 giorni è
un tempo lunghissimo. Tutte queste problematiche messe insieme hanno come difetto che la misura del BOD
è scarsamente riproducibile. Ha un pregio fondamentale ossia che riproduce perfettamente la biodegradazione
naturale. Nonostante tutti i difetti, le normative prevedono l’uso del BOD5.
2) COD (richiesta chimica di ossigeno): si fa avvenire un’ossidazione, che nel caso precedente era
mediata dai microrganismi, ora invece è di tipo chimico. Si utilizza una sostanza ossidante energetica,
utilizziamo il dicromato di potassio, a caldo in un paio d’ora, si titola l’eccesso di dicromato, e si
misura a quanto corrisponde la sostanza ossidata dal dicromato. Quindi COD >= BOD, perché quasi
sempre il dicromato di potassio è in grado di ossidare sostanze debolmente biodegradabili mentre i
batteri non ne sono in grado.
Per un refluo civile o urbano, BOD/COD varia da 0.4 a 0.8, cioè il BOD varia dal 40 all’80 % del COD.
Per cercare di ricavare la velocità della crescita microbica, dunque la sua cinetica, serve ricordare che i batteri
d’interesse si riproducono per scissione binaria, quindi quando il substrato è sufficiente crescono in maniera
esponenziale, invece quando non c’è nutriente esterno cominciano a crescere in maniera sbilanciata. Da
ricordare è che il metabolismo è fatto in modo che questo stesso substrato si può usare per produrre energia
con il catabolismo o per costruire tessuto cellulare con l’anabolismo. Questo è importante perché quando si
ricopia il meccanismo che avviene in natura bisogna stare attenti ad evitare una crescita incontrollabile dei
microrganismi che potrebbero prendere il sopravvento. Conoscere queste prerogative ci aiuta a limitare la loro
cinetica.
A seconda dell’accettore di elettroni, dato lo stesso donatore, cambia il potenziale redox, quindi il potenziale
energetico. Ad esempio alcuni microrganismi che sono in grado di accettare sia dall’ossigeno che da altre
sostanze, tendono a scegliere l’O2 come accettare di elettroni poiché la variazione di energia redox è positiva.
Non ci sono soltanto composti carboniosi, tra i più importanti ci sono i composti contenenti azoto e fosforo
sia perché ce ne sono in abbondanza, sia perché sono i nutrienti essenziali per alcuni microrganismi che vivono
nelle acque naturali, e se presenti in concentrazioni eccessive possono causare contaminazioni, come
un’eccessiva presenza algale.
Nelle acque di scarico, l’azoto si trova in forma organica (azoto ammoniacale), mentre la presenza di azoto
nitrico o nitrato indica una contaminazione più vecchia,
poiché una molecola più ossidata, dunque indica una
contaminazione pregressa.
L’azoto organico e inorganico vengono misurati
insieme. Quando si trova azoto ammoniacale nell’acqua,
alcune specie di microrganismi sono in grado di
utilizzare l’ossigeno come accettare di elettroni e passare
da azoto organico a inorganico (nitrati). Non si risolve il
problema, si completerà il processo con la
nitrificazione.
Un’altra sostanza è il fosforo, in forma inorganica o organica, disponibile come nutriente metabolico. Il fosforo
in realtà è il composto limitante della crescita delle alghe, sempre presente in condizioni minori rispetto
all’azoto. Negli impianti, la riduzione del fosforo si fa con la precipitazione.
Nel grafico che mostrava la riduzione di L (vedi pag.4), è quello che accade anche in corpo idrico. Questo è il
processo di consumo dell’ossigeno. La curva verde rappresenta l’ossigeno residuo, se non accadesse
null’altro, dunque l’ossigeno tenderebbe tragicamente a 0. Per fortuna il fiume è in grado di intraprendere altri
processi di autodepurazione, quella principale è la ri-ariazione, ossia il trasferimento di O2 dalla fase gassosa
alla fase liquida. Avviene attraverso l’interfaccia liquido gas ed è proporzionale alla superficie specifica,
maggiore sarà la superficie, maggiore sarà la concentrazione di O ri-areato. Nei laghi invece, essendoci un
volume di acqua molto maggiore rispetto alla superficie, la velocità di areazione è minore.
Nei fiumi che hanno un tirante idrico maggiore, una corrente molto rapida, ha anche dei salti quindi è
suddivisibile in minuscole goccioline che sono in grado aumentare ancora di più l’interfaccia è questo accelera
il processo di areazione. La capacità di autodepurazione dipende quindi dalle caratteristiche fisiche del corpo
idrico.
Se sommiamo il consumo di ossigeno e la ri-ariazione otteniamo il grafico risultate tra i due che è il grafico a
sacco dell’ossigeno, nel quale inizialmente prevale il consumo di ossigeno per poi esserci ad un valore minimo,
una rapida risalita dovuta alla ri-ariazione.
Quindi questo vuol dire che ogni volta che si ha un’immissione di sostanza organica in un corso d’acqua,
abbiamo una riduzione della concentrazione di ossigeno e poi una risalita.
Il fatto è che se si dovesse immettere un’altra fonte di BOD a valle, quindi in punto specifico, si avrebbe una
nuova riduzione di ossigeno dati gli ingressi multipli di componenti organici multipli e in un posto sbagliato,
dove l’O2 è già basso, questo incide tragicamente sulla concentrazione di ossigeno. Questo fa comprendere
anche come la posizione di un depuratore in un corso d’acqua possa inficiare il processo complessivo. Quindi
spostare semplicemente di qualche km il depuratore, potrebbe produrre un effetto diverso.
C’è un terzo parametro che è la concentrazione totale di carbonio organico, non viene solitamente usato,
perché tra i 3 sembra essere il più utile misurando tutto il carbonio organico, ma non fa distinzione tra
biodegradabile e non, poi non essendo un parametro legato al consumo di O2, non indica lo stato di ossidazione
del substrato. Per cui abbinato al costo elevato, in generale non viene misurato, e di fatti non è nemmeno nella
normativa che regola la qualità delle acque.
Per riassumere i meccanismi di rimozione del carbonio organico sotto forma di substrato, innanzitutto
otteniamo CO2 + energia + biomassa. La biomassa è comunque sostanza organica biodegradabile.
Questo può avvenire con vari meccanismi, con accettare di elettroni come O2 e nitrati, oppure digestione
anaerobica (consente di produrre CO2+ biogas come metano che potrebbe essere anche una forma energetica).
Altri meccanismi sono nitrificazione e denitrificazione (affinché avvenga la riduzione dei nitrati, non ci deve
essere O2, poiché avendo un potenziale redox maggiore rispetto all’azoto, verrebbe utilizzato come accettore
di elettroni). I cicli di C, N, e P sono interconnessi tra di loro e si intersecano in punti specifici. Il carbonio di
cui siamo fatti è perciò sempre lo stesso.