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JOHAN SCOTT     

USI E ABUSI DEL GENERE


Johan Scott riflette sul significato di “genere” in quanto è diventato un termine di riferimento per tanti
movimenti politici ma il suo significato ha un carattere sfuggente. Neanche lo “Statement on the
commonly understood meaning of the term gender” (redatto in occasione della conferenza dell’ONU a
Pechino sulla condizione delle donne nel 1995) è riuscito a dirimere l’aspra polemica tra femministe e
organizzazioni di destra (questi ultimi rivendicavano la definizione biologica dei ruoli degli uomini e
delle donne mentre secondo le femministe questi ruoli hanno origini sociali) in quanto non è stato in
grado di offrire una definizione del termine, limitandosi all’”uso corrente generalmente accettato”. Scott
ritiene invece che non solo non vi sia un uso corrente ma è anzi luogo di dibattito in quanto l’incertezza
terminologica ha portato una proliferazione di significati.
LE DONNE
Le donne sono state oggetto di studio delle femministe che iniziano a parlare di genere negli anni 70.
L’idea era che l’anatomia delle donne non rappresenta il loro destino e che i ruoli assegnati siano solo
convenzioni sociali privi di presupposti biologici. Si devono analizzare infatti le relazioni tra donne e
uomini in termini di disuguaglianza, giustificata dalle caratteristiche attribuite a ciascun sesso. Il genere
è in realtà una costruzione sociale e nessuno ne è escluso. Tuttavia oggetto dell’attività accademica sono
state quasi sempre le donne in quanto il genere viene vista come una questione di donne poiché
differenti dagli uomini. Negli anni 90 “genere” diventa sinonimo di anti-essenzialismo secondo cui è
vero che i ruoli assegnati alle donne non hanno a che fare con la loro biologia ma tuttavia la categoria
“donne” presuppone un’identità comune (cosiddetto fondazionalismo biologico). Il ricorso alla biologia
evidenzia le difficoltà di specificare un significato univoco per “donne”. Secondo Denise Riley, le donne
a cui si allude sono costruite storicamente in costante relazione con categorie che mutano a loro volta.
L’essere donna è un concetto instabile e considerato diversamente in base ai periodi storici. Tuttavia è
proprio l’identità delle donne ad essere in gioco nei dibattiti sul genere ed è difficile separare ciò che è
biologico da ciò che è sociologico in quanto sono legati indissolubilmente. Mettendo l’accento sulla
costruzione sociale si dà per scontata l’identità delle donne. La sfera di competenza del genere va quindi
oltre gli uomini e le donne ed abbraccia le strutture e i processi in cui si formano le relazioni sociali.
DISUGUAGLIANZA
Per disuguaglianza si intendono le relazioni asimmetriche dei sessi, legate alla questione del genere.
Quest’ultimo può essere uno strumento di individuazione ed eliminazione delle disuguaglianze tanto che
l’associazione retorica tra genere e uguaglianza è molto diffusa (lo dimostra l’impiego sinonimico dei
due termini nelle dichiarazioni dell’ONU con lo scopo di eliminare le disuguaglianze di genere. Vi sono
però alcuni ostacoli: 1) la difesa dei privilegi maschili da parte dei governi in nome della cultura; la
cultura e la tradizione giustificano infatti le asimmetrie maschio/femmina sotto forma di un relativismo
culturale che nega le questioni di potere; 2) il problema nello stabilire cosa significhi effettivamente
l’uguaglianza dei sessi (uguaglianza formale di fronte alla legge? Uguaglianza sociale? Qual è lo
standard di misurazione?) 3) l’enfasi sul genere restringe lo sguardo alle disuguaglianze a livello locale
impedendo di vedere che esse sono determinate da strutture globali (mercati del lavoro, della
produzione, del capitale finanziario…) che modellano la vita delle donne agendo sia sul piano materiale
che su quello culturale; 4) problema nella retorica dello “scontro di civiltà” (come le polemiche
sull’inclusione dei musulmani) in quanto il ricorso alla “disuguaglianza di genere” è diventato un modo
per giustificare la discriminazione.

DIFFERENZA SESSUALE
Con la differenza sessuale si ha un’attenta distinzione tra il genere come categoria sociale ed il sesso
(differenza anatomica tra uomini e donne). Le femministe rifiutano l’idea che l’anatomia sia il destino e
mettono in discussione il significato stesso di anatomia. Secondo Judith Butler il sesso è il referente del
genere ma nulla oltre ciò; è impossibile infatti mantenere uno status puramente sociologico del termine
“genere” poiché non ha un significato fisso. Nello Statuto di Roma (atto fondativo della Corte penale
internazionale) il “genere” viene definito in modo specifico come “ai due sessi nel contesto sociale”.
Specificando “due sessi” fu fatta una concessione alla destra in quanto il Vaticano esprimeva una
preoccupazione per lo sbriciolamento delle fondamenta della società. Secondo loro infatti, facendo
confusione tra differenza sessuale e orientamento sessuale, la teoria del genere negava la differenza
sessuale quando in realtà con “genere” si è sempre voluto intendere la differenza sessuale. Quest’ansia
critica è sintomatica di una preoccupazione più ampia ossia della difficoltà di definire in modo univoco
la differenza sessuale. Per gli oppositori del “genere” esso evoca una sessualità irrefrenabile: secondo
loro infatti l’eterosessualità e l’ordine sociale sono collegati ed il primo è il fondamento del secondo. Il
genere inverte invece la relazione e, affermando che è la società a determinare l’identità sessuale, mette
in discussione qualunque rivendicazione biologica. Secondo loro allora il genere separa il desiderio dalla
sua funzione riproduttiva ed implica una proliferazione di sessualità (sostituzione del binomio maschio-
femmina con 3/4/5 sessi o generi.
L’oggetto delle analisi sul genere (ossia le costruzioni storiche delle relazioni tra i sessi) è collegato
all’ambito psico-sessuale perché il genere deve essere sempre considerato assieme alla differenza
sessuale. Non avendo quest’ultima un significato intrinseco univoco, il termine “genere” non è mai
semanticamente stabile. Secondo Judith Butler la differenza sessuale è il luogo in cui si formula
l’interrogativo circa la relazione tra il biologico e il culturale e la risposta è appunto il genere. Il genere
diventa così un utile concetto di analisi critica, uno strumento per comprendere non solo le categorie
statiche delle identità sessuate ma anche l’interazione dinamica dell’immaginazione e della
regolamentazione delle culture.

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