INTRODUZIONE
La riflessione sul lavoro é sempre stata una delle piú pregnanti nei dibattiti femministi
globali. Sin dagli albori dei movimenti femmministi il lavoro é infatti stato centrale per le
donne sia come strumento di emancipazione, sia come forma di rielaborazione della
propria identitá. Un passaggio fondamentale della riflessione femminista sul lavoro peró,
é stato il momento della presa di coscienza che il lavoro non é soltato quello salariato al
di fuori delle case e delle famiglie, ma é anche (e forse soprattutto?) quello domestico,
quello che concerne la sfera della produzione e riproduzione sociale. Il ruolo delle donne
nella divisione sessuale del lavoro nella societá capitalista ed eteropatriarcale é chiaro,
sono mogli e madri. Questo cosa comporta? Perché negli anni Settanta nasce l’esigenza
di approfondire il tema dello sfruttamento femminile all’interno della societá? In che
modo le donne dei movimenti denunciano le correlazioni di oppressione che intercorrono
tra patriarcato e capitalismo?
Il mio interesse in questo ambito é maturato a seguito di un particolare sentire personale.
Quando durante il corso Women’s Movements Worldwide abbiamo affrontato il contesto
italiano degli anni del Dopoguerra, mi sono resa conto dell’esistenza di una aspetto del
movimento femminista italiano tanto rilevante, quanto tralasciato: il movimento sul
salario al lavoro domestico. Questo argomento inizialmente mi ha incuriosita soprattutto
perché non ne avevo mai sentito parlare come di un aspetto caratteristico del movimento
in Italia. Ogni volta che pensavo al femminismo italiano degli anni Settanta pensavo
all’autocoscienza, a Rivolta Femminile e a Carla Lonzi, alla comunitá filosofica di
Diotima o tutt’al piú al femminismo sindacale, ma non avevo mai incontrato Lotta
Femminista e la rete dei gruppi e comitati per il salario al lavoro domestico. Eppure
durante la mia laurea triennale in storia avevo seguito un corso monografico sulla storia
del femminismo che mi era sembrato completo rispetto alla panoramica delle filosofie
femministe. Certo conoscevo Silvia Federici, me ne aveva parlato lungamente un’amica
che mi aveva anche consigliato di leggere Introduzione ai Femminismi, eppure non avevo
mai dato importanza al contributo italiano a questa storia.
Il corso Women’s Movements Worldwide é stato quindi propulsore e illuminante rispetto
ad una storia del movimento femminista che fin da subito ho sentito a me vicina per
analisi politiche e pratiche proposte. Durante la mia ricerca mi sono accorta che
effettivamente un nuovo interesse verso queste tematiche era rifiorito solo molto di
recente, grazie a nuove pubblicazioni o ristampe di articoli e libri di quel preciso
momento storico. Per lungo tempo é sembrato che questa esperienza fosse caduta nel
dimenticatoio, e purtroppo, non solo a livello italiano. Come ho scoperto leggendo Louise
Toupin, anche sul piano internazionale molta poca importanza veniva affidata a questa
corrente femminista e alle riflessioni che aveva sollevato.
Il fatto che esistesse un archivio di quel movimento1 mi ha molto rinfrancato e mi ha
aiutato ad immaginare un possibile ambito di ricerca, che se ora é molto sintetica e
generica, non escludo possa ampliarsi in futuro.
Prima di proseguire oltre penso sia doveroso fare un compendio esplicativo dei termini
che ho scelto di utilizzare in questo elaborato.
Innanzitutto penso sia importante esplicitare quello che si intenderá d’ora in avanti con la
nozione di riproduzione sociale, concetto contenitore di altri termini, quali lavoro
domestico o lavoro di cura. Per farlo mi affido alla definizione di Arruzza e Cirillo (2017)
che spiegano: “Per riproduzione sociale si intende l’insieme delle attivitá, dei
comportamenti, delle emozioni, delle relazioni e delle istituzioni che sono direttamente
implicate nel mantenimento della vita su una base quotidiana e intergenerazionale: dalla
preparazione del cibo, all’educazione dei bambini, dalla cura degli infermi e degli
anziani, alla questione dell’alloggio, passando per la sessualitá.”.
Un secondo aspetto su cui ritengo opportuno fare chiarezza riguarda il nome utilizzato
del percorso femminista di cui si tratterá. Trovo sia molto difficile ridurre a delle etichette
a posteriori esperienze di movimento e percorsi politici. Le categorie sono sempre in
qualche modo limitanti, eppure nello studio dei fenomeni sociali e culturali possono
tornare molto utili. Il termine che ho scelto di utilizzare per identificare questa esperienza
é quello fornito da Anna Curcio in Introduzione ai Femminismi: femminismo marxista
della rottura. Con questa espressione Curcio intende “Un femminismo che le stesse
protagoniste definiscono <<militante>>, cioé mosso dall’urgenza di un’analisi teorica per
l’intervento politico, che ha prodotto una rottura con i gruppi rivoluzionari, con la
tradizione teorica marxista e soprattutto con i discorsi sull’emancipazionismo.”
1
Archivio di Lotta Femminista per il salario al lavoro domestico. Donazione Mariarosa Dalla Costa,
disponibile presso la Biblioteca Civica di Padova
Obiettivo primario di questa breve ricerca é analizzare il caso italiano, fondamentale per
il movimento globale. Per questioni logiche di tempo e spazio ho scelto di trattare in
particolare il momento iniziale di fondazione del collettivo Lotta Femminista e il testo
che rappresentó in qualche modo l’incipit da cui si sviluppó la riflessione sul lavoro di
riproduzione, Donne e sovversione sociale, redatto da Mariarosa Dalla Costa nel 1970. Il
lavoro di ricerca é stato soprattuto focalizzato su questo testo, dando la precedenza alla
comprensione del contesto in cui il movimento nasce e si evolve.
CONTESTO STORICO
Il panorama socio-culturale in cui si origina il discorso sul lavoro domestico é quello
della fine degli anni ‘60 e dei primi anni ‘70. Sono anni di grande fermento politico e
militante, il conflitto sociale esplode in maniera trasversale e rivendicazioni di diversa
natura si intrecciano a lotte che produrranno un profondo cambiamento nella mentalitá,
nelle abitudini e nei costumi di una ampia fetta della popolazione mondiale. Sono anni
che segnano uno spartiacque nella storia della seconda metá del Novecento (De Bernardi
2003). Gli anni Settanta, il decennio in cui in particolare si sviluppa il pensiero e il
movimento femminista italiano, sono non casualmente chiamati la “stagione dei
movimenti” (Boccia 2003). Erede del ’68, il decennio successivo vede il compimento di
quel processo di industrializzazione, iniziato con il boom economico del gli anni
Sessanta, e un consistente allargamento dei consumi accompagnarsi ad un protagonismo
sempre piú acceso, soprattutto, di una generazione di giovani alla ricerca di una posizione
adeguata alle aspirazioni di democratizzazione ‘dal basso’ e al rifiuto di identitá e modelli
imposti da una tradizione che non si sentiva piú appropriato.
Operaismo
Nel complesso clima socio-politico che caratterizza questa fase storica, particolarmente
convincente diviene, almeno per la corrente femminista qui analizzata, l’operaismo.
L’operaismo, affermatosi negli anni Sessanta, é una corrente di pensiero politico
tipicamente italiana che pone alla base l’idea che siano le lotte operaie a determinare lo
sviluppo capitalistico, e non viceversa. Di conseguenza, non vede di buon occhio le
forme istituzionalizzate, quali sindacati e partiti, considerati quasi un ‘gabbia’ per la
classe operaia (e non il popolo) che viene considerata il principale agente del processo
rivoluzionario (Gentili 2012).
L’operaismo promuoveva il rapporto diretto da parte dei militanti con le opere di Marx ed
é anche grazie a questa spinta se le compagne che poi costituiranno il collettivo Lotta
Femminista, riusciranno a proporre una rilettura in termini marxiani del ruolo delle donne
all’interno delle societá capitaliste. La prassi politica dell’epoca prevedeva infatti
continui lettorati su Il Capitale, e altre opere, che trattavano tematiche quali la giornata
lavorativa, l’accumulazione originaria e la teoria moderna della colonizzazione (o teoria
della colonizzazione sistematica). É all’interno di questi circoli che molte compagne si
avvicinarono a questi temi e maturarono le prime riflessioni sullo sfruttamento delle
donne. Per stessa ammissione di Mariarosa Dalla Costa é infatti proprio sul “terreno
intellettuale operaista”che nasce la riflessione sul lavoro domestico (Dalla Costa 1971).
Sarebbe peró riduttivo ricondurre questa esperienza femminista all’unica matrice
operaista, si rischierebbe infatti di perderne gli sviluppi complessivi e i contributi che
arrivarono anche da altre esperienze.
2
Tanto diffuso che Adriana Cavarero nel saggio “Il pensiero femminista. Un approccio teoretico”
contenuto nel testo Le filosofie femministe arriva a definirlo ‘egemone’ nel panorama italiano degli anni
Settanta.
3
Tratto da la nota introduttiva scritta da Mariarosa Dalla Costa per l’Archivio di Lotta Femminista a
Padova
una delle principali istanze del primo femminismo, quando le donne chiedevano la
possibilitá di essere ammesse, al pari degli uomini, nel mondo del lavoro.
La mobilitazione sul lavoro domestico, propria del femminismo marxista della rottura,
peró fa della riflessione sul lavoro riproduttivo il suo grimaldello per affrontare tutte le
altre rivendicazioni, comprendendo al suo interno tutte le mobilitazioni che riguardano la
liberazione della vita femminile dalle oppressioni e negazioni che impediscono alle
donne di affermarsi come soggetti primari e autonomi. Questo significa non poter ridurre
il dibattito al solo lavoro di cura, ma ampliarlo nella direzione di una libera
autodeterminazione in tutti gli ambiti della propria vita (Curcio 2019).
Il manifesto
Il testo-manifesto del primo femminismo marxista della rottura é senz’altro Potere
Femminile e Sovversione Sociale, un testo che contiene tre saggi fondamentali: “Donne e
sovversione sociale” di Mariarosa Dalla costa, “Il posto della donna” di Selma James e
“Maternitá e aborto” del gruppo di Lotta Femminista di Padova. Come giá anticipato,
obiettivo del movimento era aprire una nuova prospettiva di lotta sulla condizione della
donna.
Per far questo si partí da una critica approfondita del ruolo della donna nella societá
capitalista. A partire dall’analisi di Marx queste femministe definirono un nuovo
orizzonte di classe che mise al centro le donne, troppo spesso rimaste fuori dalla classe in
quanto estranee al lavoro salariato.
Lo sfruttamento femminile “é tanto piú efficace in quanto ‘nascosto’, mistificato dalla
mancanza di un salario” (Dalla Costa 1971). Le femministe della rottura mettono al
centro il binomio produzione-riproduzione, ribadendo l’importanza di quest’ultima nella
produzione di valore. Il lavoro domestico é lavoro produttivo in senso marxiano, é cioé
lavoro che produce plusvalore e quindi sfruttamento. La merce prodotta dal lavoro
riproduttivo é la forza-lavoro, forse la merce piú importante per tenere in piedi tutta la
struttura del capitale.
All’interno di quest’analisi femminista emerge anche il ruolo fondamentale che assume la
famiglia nucleare nel mantenere questa impalcatura di sfruttamento. Secondo quanto
scritto in Donne e sovversione sociale “Il capitale istituendo il suo assetto familiare ha
‘liberato’ l’uomo da queste funzioni (=tutte le funzioni legate la lavoro di cura) in modo
da renderlo completamente libero per lo sfruttamento diretto”, mentre relegando la donna
nella casa, ad occuparsi di un lavoro non salariato, di fatto la chiude in una situazione
ambigua e di dipendenza dal marito. Dunque é il salario, o la mancanza del salario, in un
mondo organizzato capitalisticamente che impone la frattura tra uomo e donna e “[...]la
figura del padrone sfuma dietro a quella del marito”(Dalla Costa 1971). La famiglia é
quindi interpretata come il pilastro dell’organizzazione capitalistica del lavoro e la
denuncia del lavoro domestico come forma mascherata di lavoro produttivo permette di
cogliere la specificitá dello sfruttamento femminile in questa organizzazione. La lotta
femminista contro lo sfruttamento del lavoro di cura si inscrive si, nella lotta complessiva
che la classe operaia conduce contro il lavoro, ma segue anche un itinerario diverso,
particolarmente legato alla distruzione del nucleo familiare e alla gerarchia tra i sessi che
ne consegue a causa dell’assetto capitalista (Dalla Costa 1971).
Un altro aspetto fondamentale che emerge dall’analisi dei primi testi proposti dal
collettivo Lotta Femminista, poi collettivo Internazionale Femminista é il carattere
intersezionale antelitteram. Il patriarcato viene analizzato dentro una determinata cornice
socio-storica, e il lavoro domestico é una forma di lavoro riproduttivo storicamente
determinata intrinseca alla societá capitalista. La divisione sessuale del lavoro, come la
conosciamo, viene insomma stabilita e organizzata dal capitalismo. Il mergere di queste
due assi di analisi, il sesso e la classe, alle quali si puó facilmente aggiungere la razza
(appena accennata in Donne e sovversione sociale, ma la cui associazione sembra quasi
conseguente anche viste le posizioni di James5) anticipa una metodologia che denuncierá
5
“se sesso e razza vengono scissi dal concetto di classe, ció che resta é la politica mutilata, provinciale e
settaria della sinistra bianca e maschile dei paesi metropolitani” Selma James
proprio questo aspetto di simultaneitá e molteplicitá delle oppressioni nella rete delle
dominazioni strutturali (Toupin 2014). Questa ipotesi é avvalorata dalla situazione
odierna. Senza addentrarsi in ulteriori analisi, basti menzionare il fatto che attualmente il
lavoro di cura nei paesi occidentali viene affidato principalmente a donne migranti di
estrazione sociale molto bassa. Per quanto infatti la societá sia molto cambiata, la
prospettiva proposta dalle femministe di Wages for Housework puó ancora fornire
suggestioni politiche interessanti nell’analisi del presente.
CONCLUSIONE
Non é facile scrivere delle conclusioni per un elaborato che io stessa considero
profondamente embrionale e sintetico. Questo scritto, lascia infatti aperte molte questioni
che meriterebbero di essere approfondite con il supporto della ricerca archivistica e con il
confronto con le protagoniste dell’epoca.
Nonostante ció, credo sia importante sottolineare la forza di questo movimento che deriva
soprattuto dal suo proporsi come metodo di lotta piuttosto che come mera analisi politico-
teorica di un determinato contesto sociale. Ad oggi, nonostante i radicali cambiamenti
che hanno attraversato la societá, il discorso sul riconoscimento del lavoro di cura é
ancora essenziale. Lo sfruttamento istituzionalizzato6, la precarizzazione e l’estendersi
del lavoro informale hanno acuito il problema della mancanza di diritti e tutele alle
persone che lavorano in forme non riconosciute (consciamente scelgo di non usare il
termine ‘lavoratori’ poiché fuorviante in un contesto in cui la moltitudine di persone che
lavora non viene riconosciuta come tale, ma piuttosto come volontari, tirocinanti,
apprendisti ecc...). Questa situazione richiede di tornare ancora una volta ad un’analisi
radicale e profonda dei meccanismi di oppressione e sfruttamento a cui i gruppi
marginalizzati sono sottoposti.
Un rinnovato interesse verso il tema del lavoro nelle sue varie forme emerge ancora una
volta oggi, e si collega ad altre questioni quali il razzismo, il neocolonialismo e le
riflessioni sull’identitá. Ritengo che lo studio del passato sia fondamentale per
comprendere la direzione da percorrere per cercare di modificare e migliorare la
6
Qui mi riferisco alle incalcolabili modalitá utilizzate nel pubblico cosí come nel privato per assumere
persone senza pagarle adeguatamente o fornire loro un minimo di tutele; tirocini, borse di studio, assegni di
ricerca, rimborsi spese. Tutte ‘forme di lavoro’ di cui io in prima persona e molti miei coetanei siamo
testimoni.
situazione odierna e penso che gli studi di genere siano cruciali per identificare una nuova
rotta.
BIBLIOGRAFIA
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Marramao, G. (a cura di), Culture, Nuovi soggetti, Identitá, pp. 175-185, Rubbettino Editore, Soveria
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Dalla Costa, M.
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https://medea.noblogs.org/files/2011/07/Mariarosa-Dalla-Costa-autonomia-della-donna-e-retribuzione.pdf
De Bernardi, A.
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2005 “Una nuova soggettivitá: femminismo e femminismi nel passaggio degli anni Settanta” in Bertilotti,
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Toupin, L.
2018 Wages for housework: A History of an International Feminist Movement, 1972-1977, Introduction,
Pluto Press and UBC Press, London.