Relazione sul seminario di Rachele Borghi: Paesaggio, genere e orientalismo. Uno sguardo intersezionale.
Rachele Borghi è professora di Geografia all’Università Sorbona di Parigi, geografa queer,
pornosecchiona e transfemminista. Il suo lavoro s’incentra sulla decostruzione delle norme dominanti che si materializzano nei luoghi e sulla contaminazione degli spazi attraverso i corpi dissidenti e militanti. La cultura, così come il sapere scientifico, per quanto possa essere considerato universale, non è di certo neutrale, infatti, la ricerca e lo studio sono attività che nel corso della storia sono state riservate ad una sola categoria di persone quella dei maschi, bianchi ed etero, oggi, seppur le donne e i membri della comunità LGBTQ siano riusciti ad emergere e grazie a importanti battaglie sociali ad accedere ad alcuni ruoli prima riservati esclusivamente alla categoria suddetta, si è ancora lontani dalla parità e la strada da compiere per arrivare ad una cultura che possa realmente considerarsi neutra e di inclusione è ancora tanta. Il soggetto uomo per lungo è stato un soggetto neutro cioè un soggetto non posizionato perchè essere uomo un po' come essere persone bianche, non necessita di esplicitare il posizionamento ma gode del privilegio di essere il soggetto neutro perché soggetto dominante; Ecco perché anche negli studi sul maschilità i cosiddetti “Man Studis”, che si svilupparono solo a partire dagli anni 90, appare subito chiaro come sia necessario non solo portare il termine al plurale, ma prima di tutto restituire come la maschilità fosse probabilmente legata intensificamente ad un modello dominante che andava in qualche modo a opprimere non solo il suo considerato opposto cioè il soggetto donna ma anche a tutti quei soggetti associati a questa categoria come se dall’appartenenza ad essa dipendesse una condizione di omogeneità. R. W. Connel nel suo libro del 1995 dal titolo “Maschilità”, parla proprio delle maschilità con riferimento alle attività Cis, riflette appunto sulla pluralità dei rapporti di dominazione, uscire dalla dicotomia uomo donna significa anche uscire dalla dal binomio uomo oppressore, donna oppressa, proprio perché tutte queste categorie e questi modelli sono stati costruiti non certo per facilitare la vita delle persone, piuttosto per dare un ordine sociale che parte proprio dalla definizione del genere di oppressore e oppresso. Silvia Federici ha analizzato dal punto di vista storico e sociale la costruzione del capitalismo, attraverso il lavoro e lavoro di genere, nota come, nelle famiglie di stampo patriarcale, l’ uomo sia poco coinvolto nella genitorialità e che allevare i figli spetti alle donne, così come tutto il lavoro di cura, cerca di studiare come la maschilità entri in azione e quindi come si trasforma e si traduca in pratiche di relazione, rifiuta inoltre l'omogeneizzazione della maschilità da una parte e della femminilità dall'altra, mostra come le vastità e le pluralità possano mettersi in relazioni complesse e coesistere le une con le altre secondo i contesti sociali. La maschilità dominante detta anche maschilità tossica rende tossica avvelena la vita non solo del dei soggetti che non si identificano e non sono identificati dalla società quindi le donne, ma anche di quei soggetti riconosciuti come uomo che decidono o che non si ritrovano in questa vastità dominante, essa per la sua idea di conquista dei territori e delle popolazioni che ci vivono, deve essere messa in relazione con la colonialità, che non è il colonialismo, ma che è un insieme di elementi che si sono sviluppati a partire dalla conquista delle Americhe del 1492 e che si diffondono all'interno di un contesto che è quello della modernità, mescolandosi al razzismo. Con la diffusione degli elementi della colonialità si può dire che si siano stabilizzate in Europa e nel mondo delle differenziazioni sempre più profonde basate su genere, età , “razza” che sono quelle che dominano ancora l’ età contemporanea, solo con l’avvio di un processo di decolonialità, ad oggi necessario, si otterrà realmente il raggiungimento della parità, dell’uguaglianza e della libertà di espressione di ciò che si vuole essere.