Sei sulla pagina 1di 11

RAZZISMI, DISCRIMINAZIONI E CONFINAMENTI

DAL RAZZISMO COLONIALE ALLA COSTRUZIONE DEL CONFINAMENTO NELLA FRONTIERA


MEDITERRANEA DI

MARIO GRASSO

Il razzismo si pu definire un atteggiamento che nato con la comparsa delluomo e solo in un


certo momento storico si cominci a teorizzarlo.
Il termine razzismo inesatto attribuirlo al pensiero del 700 ma in quel periodo che nato.
Gli esempi della storia:
-gli antichi greci e romani chiamavano BARBARI coloro che non erano greci e romani, ma venivano
definiti tali per motivi culturali non biologici
-nel 500 e nel 600 vi sono teorie che giustificavano il genocidio degli Indios, la tratta e la
deportazione dei neri.
Il razzismo una pratica che certamente pi antica del nome che le stato dato.
Nel 700 il discorso razzista si concretizza e assume una forma matura in ambito illuministico e poi
in ambito antropologico e positivista, in questo periodo si afferma la convinzione che il progresso
fosse una prerogativa dei bianchi e che gli altri popoli non potessero conseguire gli stessi risultati a
causa di una differenza biologica.
La visione antropologica del razzismo lo identifica con lETNOCENTRISMO, nelle societ occidentali
unesigenza di salvaguardia della propria IDENTITa DI GRUPPO, ideologicamente lo apparenta
con questo.
Il concetto di RAZZA si diffuse in et moderna nella cultura europea, costruendo teorie per
giustificare le politiche di conquistadei territori extraeuropei, anche se le possibilit culturali e
concrete potrebbero favorire la possibilit di abbattere le frontiere, i pregiudizi rimangono molto
radicati nelle nostre societ e nelle nostre menti. Per affrontare il problema del razzismo nella sua
teorizzazione, nella pratica quotidiana nelle societ in cui viviamo si deve fare un confronto con le
teorie del razzismo classico, che si sono sviluppate fra il 700 e il 900 e con uno studio che individui
i fondamenti del razzismo fin da epoche precedenti.
TAGUIEF sostiene che oggi difficile considerare il razzismo come una conseguenza della
gerarchizzazione fra le razze umane, dopo che la storia, con la sconfitta del nazi-fascismo e la sua
ideologia della superiorit della razza ariana, ha sconfessato questa teoria.
Occorre una ridefinizione dellantirazzismo a noi contemporaneo, che ha di fronte a nuove forme
di razzismo quali la persecuzione delle minoranze, la xenofobia anti-immigrati, le manifestazioni e
le guerre etnonazionaliste.
Le forme del razzismo contemporaneo rispondono a due ideologie e modalit di espressione del
quotidiano:
1 nega le differenze e pretende unassimilazione ad un modello unico, tendente a
2accetta la differenza dei gruppi sociali, ma si basa su tratti culturali specifici, nei costumi, nella
lingua, nella religione, crea una gerarchizzazione nei gruppi stessi.
Richiamandosi a alla teorizzazione di Taguieff, Wieviorka descrive le due logiche con le quali il
razzismo articola la sua concretizzazione quotidiana.
Quella egualitaria esemplificata dal colonialismo, che implica un rapporto gerarchico di
sfruttamento, che per non esclude la contiguit dei gruppi sociali, a patto di una collocazione ben
precisa di ogni gruppo nella scala gerarchica.
Quella differenzialista, che implica una separazione netta fra i gruppi sociali, e che vede
laffermarsi progressivo del meticciato come un grave pericolo per il gruppo dominante,

richiedendo interiorizzazione, marginalizzazione, ghettizzazione, espulsione o al limite sterminio


come nellolocausto.
Anche la SCUOLA DI CHICAGO ha individuato le caratteristiche pratico-sociali del razzismo nel
pregiudizio, nella segregazione, nella discriminazione, nella violenza.
Leredit del razzismo coloniale, anche se modificato nella realt contemporanea, continua ad
avere un peso notevole nei paesi che sono stati attori della conquista coloniale, e anche in quelli
che oggi entrano in contatto con gli esiti del colonialismo.
Gli studi postcoloniali dei pi recenti anni, in ambito sociologico come in ambito letterario, hanno
contribuito a una conoscenza pi approfondita della storia della modernit, individuando le
caratteristiche della condizione postcoloniale, ed hanno aperto una prospettiva pi complessa sul
ruolo del colonialismo nelle politiche europee di controllo delle migrazioni.
Il riproporsi odierno del razzismo legato alle trasformazioni sociali negli ultimi decenni in tutte le
societ occidentali, relativamente alle crisi istituzionali e dei sistemi politici, alla frammentazione
culturale provocato dalla consistenza del movimento migratorio, e al peso sempre pi significativo
dei media.
Si presentano nuove forme di razzismo che si basano sulla specificit culturale e sul diritto alla
differenza cio la nozione di etnia-cultura si sostituita quella di RAZZA come dice WIEVIORKA.
Le forme basilari del razzismo:
-IL PREGIUDIZIO
-LA SEGREGAZIONE
-LA DISCRIMINALITA
- LA VIOLENZA
WIEVIORKA sostiene che i media in questo contesto hanno un ruolo centrale fungono da
strumento di narrazione della realt, hanno un ruolo di formazione, diffusione e ricezione delle
informazioni.
Oggi le manifestazioni di razzismo e xenofobia esplodono a tutti i livelli.
La RAZZA esiste come realt sociale, che si concretizza attraverso i rapporti tra le classi, tra le
nazioni, e nelle relazioni di ogni genere.
RAZZISMO significa credere allinferiorit naturale di soggetti di colore, proletari e donne, che gi
di per s sono in una situazione di inferiorit. Tale situazione il frutto della divisione sociale e
internazionale del lavoro e rimanda al nucleo stesso del capitalismo. Bisognerebbe invece tenere
in conto che la differenza etnica, sociale, culturale non solo una risorsa, ma anche un evento
psicodinamico che mette a confronto due o pi individui sulla possibilit di costruire nuovi percorsi
conoscitivi e costruttivi.
Nella nostra societ finiamo per diventare ostili verso tutto ci che potrebbe minacciare la nostra
omogeneit identitaria. Lestraneo per noi lextracomunitario, lo straniero in genere, ma anche il
malato mentale, lomosessuale, insomma tutto ci che turba le nostre credenze e rompe il nostro
equilibrio psicologico.
Tra il razzismo e il capitalismo vi sin dalle origini, un nesso molto stretto, che attiene al rapporto
tra razzismo e valorizzazione del capitale. La globalizzazione non rappresenta una fase nuova del
capitalismo storico, quanto la sua ideologia di riferimento, di cui parla MARCO ANTONIO PIRRONE
in questo volume. Il razzismo contemporaneo leredit di un passato con cui le societ
occidentali non hanno mai fatto i conti del tutto.
Il razzismo postcoloniale ha una caratterizzazione particolare: la paura, che produce una serie di
fenomeni pericolosi, primo fra tutti lesigenza di securizzazione. Mentre il razzismo coloniale era
rivolto contro persone e popolazioni fuori dai confini nazionali, il razzismo postcoloniale una
2

reazione contro gli ex indigeni, entrati nel nostro quotidiano. Limmigrato/rifugiato/clandestino


mobilita in noi meccanismi psichici di difesa, e nellinconscio ci ricorda colpe e responsabilit che
non abbiamo la forza o forse la voglia di affrontare, perch richiedono la necessit di decolonizzare
noi stessi, riconoscere s comporta il riconoscimento dellAltro come essere uguale a me.
Le tappe storiche del capitalismo nel suo rapporto con il razzismo ci portano a quello che in epoca
contemporanea si pu definire il razzismo nel capitalismo cognitivo, di cui parla YANN MOULIER
BOUTANG che si esplicita in una politica e gestione giuridica che regola le forme di controllo sul
lavoro in generale, ma soprattutto di quello migrante nello specifico, divenendone parte
integrante.
Il piano istituzionale e quello del mercato del lavoro si intrecciano dando vita a un rapporto
perverso tra razzismo istituzionale e razzismo quotidiano. Il nuovo razzismo vive attraverso lo
sfruttamento della forza- lavoro-immigrata, non solo con la negazione di un reddito base, ma
anche non remunerando il lavoro per le sue caratteristiche intellettuali, limitandosi a remunerarlo
soltanto come semplice forza- lavoro.
Una societ basata sul concetto di valore nelle relazioni sociali, laddove il dominio si fonda sulla
definizione di questo valore da parte di alcuni gruppi o classi nei confronti di altri gruppi o classi, il
cui interesse dato dalla gestione controllata del mercato del lavoro ai fini dellaccumulazione
capitalistica, tende a razzializzare altri soggetti sociali, come i giovani, gli anziani, le donne.
Il razzismo contemporaneo si manifesta si manifesta anche attraverso una dimensione multipla,
che colpisce soggetti sociali razzializzati e discriminati sia sulla base dellappartenenza nazionale,
culturale, religiosa o etnica che anche sulla relazione alla loro appartenenza di genere o al loro
orientamento sessuale. Tali caratteristiche definiscono il posizionamento sociale e lavorativo delle
persone.
Quando si affronta il tema del lavoro domestico e di cura prestato dalle donne migranti bisogna
tenere presente lintersezione tra lorganizzazione familiare e della cura, segnata da precise linee
di genere. Assistiamo a un forte aumento di richiesta del lavoro riproduttivo a cui si risposto con
limpiego massiccio di donne migranti, spesso sfruttate, in precarie e irregolari situazioni lavorative,
date dalla loro posizione di vulnerabilit, sono spesso donne che hanno titoli di studio e
qualificazioni professionali alte, e per loro si palesa una maggiore mortificazione delle loro
capacit.
Le lavoratrici straniere, che operano nel mercato della cura, oltre al pi generale gap salariale,
scontano unulteriore differenza legata allappartenenza etnica, che le condanna a una doppia
discriminazione.
ALISA DEL RE parla di razzismo ordinario, abitudinario, costruttivo dei rapporti individualizzati e
privati, specifici di questo tipo di lavoro. Il riconoscimento del lavoro riproduttivo attraverso una
sua solarizzazione, elemento rivendicativo delle lotte dei movimenti femministi negli anni 70, ci
dice Del RE , non risponde pi a principi di eguaglianza ed emancipazione, ma diventa terreno di
sovrapposizione tra discriminazione etnica, salariale e di genere.
I costi sociali per i paesi d origine sono altissimi, soprattutto in presenza di una catena globale
della cura, che vede donne venute a prestare cura allestero , necessitate a servirsi di altre donne
provenienti da altri paesi per prestare cura ai propri familiari. In queste condizioni, le donne
migranti sono costrette ad operare scelte laceranti, che da una parte vedono labbandono dei
propri figli e dallaltro lesigenza di un lavoro che consenta di offrire ai figli opportunit migliori di
accesso alla salute, all istruzione, e talvolta anche alla sopravvivenza.
La femminilizzazione delle migrazioni nel villaggio globale oggi una realt connessa alla
femminilizzazione del mercato del lavoro, allinterno del quale- come scrive Alessandra Sciurba
che declina la tesi di Sayad della doppia assenza migrante- assistiamo al paradosso di una doppia
presenza- casa/cura e lavoro- delle donne italiane consentita dalla doppia assenza delle lavoratrici
3

migranti, costrette a lasciare importantissimi vuoti di cura nel loro paese, nel sistema di un campo
di forza tra libera scelta e condizionamento operato dai vincoli di genere, cos come dai regimi
migratori e di welfare.
IGNAZIA BARTHOLINI prende in considerazione il tipo di rapporto che si crea tra le prestatrici di
cura migranti e i loro assistiti, permeato da una forte distanza che stride ed indispensabile
allintimit che il lavoro di cura esercitato nelle segrete stanze necessariamente presuppone.
Le sfide poste dallimmigrazione pongono lesigenza , soprattutto in relazione ai bisogni particolari
delle donne migranti , di un adeguamento e di una riformulazione dei sistemi di welfare, che si
concretizzano nelle attivit dei servizi sociali e dei loro operatori. Si pensi al tema della maternit
per come essa vissuta dalle donne in migrazione che si trovano a fare i conti con le molte rotture
che il loro essere distanti dal paese di origine provoca, e ad affrontare tutti gli ostacoli che
incontrano nellentrare in contatto con le strutture socio-sanitarie del territorio.
Francesca Giordano pone lattenzione sulla necessit di lavorare ancora sulla raggiungibilit di tutti
i servizi da parte delle donne migranti che vivono in Italia; una raggiungibilit che va implementata
da un punto di vista fisico e, soprattutto, culturale e sociale.
E questo a partire anche da una problematica concreta e presente nella nostra realt sociale,
quella della VIOLENZA accertata o sospetta nei confronti di donne straniere, secondo Roberta Di
Rosa. In particolare si riferisce a un razzismo strisciante in quanto inconscio, che i professionisti
talvolta palesano nella loro interazione con le migranti, inadeguatezza che produce in queste una
doppia esclusione, sia per la violenza subita che per lincapacit spesso inconsapevole, dei servizi
che dovrebbero intervenire. Una lettura di questi casi, che sia libera da ogni pregiudizio e
stereotipo, dovrebbe essere il prerequisito fondamentale della professionalit di questi operatori
sociali che dovrebbero pertanto rifuggire tanto da una posizione giudicante nel guardare a culture
diverse dalla nostra, quanto dall indifferenza che si presenta sotto le false forme del rispetto delle
culture altre.
Si detto di come il razzismo assuma, fra le altre, connotazioni che discriminano anche in
relazione allorientamento sessuale degli individui, che in certi casi reso pi complesso quando
ne fa oggetto lo straniero, contribuendo a definire il posizionamento sociale e gerarchico degli
individui. La domanda da porsi se il rapporto tra sessualit , genere e processi di razzializzazione
possa essere foriero di forme di strutturazione sociale, problema affrontato da Cirus Rinaldi nel
suo contributo a questo volume.
Le arene del SEX WORK MASCHILE evidenziano gerarchie definite in base alletnia, al tipo di
pratiche sessuali, allaspetto fisico di chi vi partecipa. In questi spazi si sviluppano processi sociali
si soggettivazione, allinterno di una dimensione relazionale. In questa relazionalit si esplicano e si
rendono evidenti le strutture di potere basate su forme di dominio simbolico, economico, politico
e culturale.
Discriminazione che colpisce i migranti e anche i gruppi sociali ghettizzati sulla base
dellappartenenza culturale o etnica, una delle manifestazioni del razzismo contemporaneo il
confinamento che ha come oggetto il popolo rom. Tale confinamento riguarda anche larte e la
cultura rom, manifestazioni attraverso la cui negazione si cerca di disconoscere la stessa esistenza
dell identit peculiare di un popolo. La comunit rom da sempre viene considerata una minaccia
per la sicurezza urbana, lo stereotipo quello che vede i rom come una comunit senza storia,
senza arte e senza alcuna conoscenza di un codice scritto.
Al contrario, come sostiene Michele Mannoia il popolo rom, nelle sue espressioni musicali, ma
anche letterarie e poetiche, riesce a trasmettere una potenza visiva e comunicativa, che diventano
chiavi di lettura per comprendere lidentit e la cultura rom.
Unaltra tematica da affrontare quella dei processi culturali ci riferiamo sia alle identit di quelle
minoranze culturali discendenti da popolazioni che in tempi lontani lasciarono i loro paesi
4

dorigine per stabilirsi in Europa, sia agli attuali immigrati extracomunitari , costretti a migrazioni
forzate dalla miseria o da ragioni politiche. La storia dellumanit sin dai tempi delle invasioni
barbariche stata una storia di mobilit, di grande migrazione, per la quale i popoli si spostavano
nei territori di altri, sostituendosi alla popolazione locale, o molto pi spesso integrandosi con
questa in una commistione di culture, costumi, credenze, religioni. Nel caso dei nuovi immigrati
essendo venuti in contatto con altre culture allinterno del villaggio globale, vengono condizionate,
talora positivamente, dalla diffusione degli old e dei new media, che possono permettere la
ricostruzione o la negoziazione di una nuova identit e di questo scrive Mario Giacomarra in
questo volume.
Gaetano Gucciardo sostiene che leffetto delleterogeneit razziale ed etnica provoca per alcuni
autori una diminuzione dei rapporti fiduciari, non solo fra individui di gruppi etnici diversi, ma
anche tra individui appartenenti allo stesso gruppo. Si avrebbe quindi una significativa perdita di
coesione sociale, in societ destinate ad un inarrestabile processo di aumenti dei movimenti
migratori. Diventa determinante che la realt sociale e politica delle societ sia orientata verso un
atteggiamento positivo, da non considerare pi come forza-lavoro dequalificata, ma soggetti
portatori di livelli di studio e di capacit personali, favorendo una reale coesione sociale. Si
capirebbe che questa eterogeneit non un elemento negativo nelle societ ma tradursi in
capitale sociale.
Elemento significativo nel rapporto societ-migranti quello delle discriminazioni istituzionali che
si pu definire come razzismo istituzionale.
Elemento determinante di questo processo laffermarsi nellarena politica di formazioni
partitiche e sociali, nazionali ed europee, che hanno come punto di forza, di azione normativa e di
propaganda, il contenimento dellimmigrazione, non riconoscendo allimmigrato la legittimazione
della sua appartenenza alla comunit locale. Gli si nega il diritto al voto, che dovrebbe avere,
proprio perch individuo che vive e lavora in quella comunit, apportandovi un contributo fattivo
di crescita economica e sociale. Tale processo di esclusione si concreta in logiche e norme
legislative discriminanti, che si possono categorizzare come esclusione civile, esclusione sociale,
esclusione culturale, esclusione securitaria, esclusione economica, di questo scrive Maurizio
Ambrosini su una indagine svolta nellItalia settentrionale e specificatamente in Lombardia.
Il rapporto tra la societ italiana e i suoi immigrati risponde ad una bipolarit, che da una parte
accetta di fatto la loro presenza economica e lavorativa, in quanto utile allaccrescimento della
ricchezza nazionale, e dallaltro non ne accetta la dimensione culturale attraverso il contrasto
politico. Le politiche dellesclusione finiscono con limputare agli immigrati la responsabilit di
avere reso insicuro lordine sociale.
La discriminazione istituzionale si manifesta anche nelle modificazioni avvenute nelle dinamiche
del controllo sociale, e del mutato profilo etnico-razziale della realt penitenziaria italiana.
Laumento della popolazione carceraria straniera non attribuibile del tutto alla nuova realt della
consistenza numerica dei migranti e alla loro tendenza a delinquere, ma piuttosto alle
trasformazioni del controllo sociale.
La realt odierna sembra essere quella della transizione dallo Stato socialeallo Stato penaledi
cui parla Andrea Borghini nel suo contributo a questo volume, che si manifesta in un
esponenziale aumento della popolazione carceraria, soprattutto straniera.
Gli effetti discriminatori sono la conseguenza non solo della condizione sociale degli stranieri,
manifestamente degradata, ma anche e soprattutto del modo in cui sono organizzati la societ e
lo Stato.
La marginalizzazione dei migranti si manifesta ancora una volta nella realt carceraria, attraverso
le emergenze del sovraffollamento, la precariet alloggiativa e la mancanza di stimoli educativi,
che ritardano ulteriormente le possibilit di inserimento del migrante nella societ di accoglienza.
5

Per finire alla statistica dei suicidi e degli atti di autolesionismo, che li vede sovrarappresentati
rispetto a tutta la popolazione detenuta. Questi processi in atto fanno del carcere, in alcuni casi,
una tappa intermedia di integrazione nel sistema penale che prelude a quella nella societ, che si
manifesta nel ricorso sempre pi frequente ai vari gradi di giudizio, queste sono le tesi sostenute
da Vincenzo Scalia nel contributo a questo volume, sulla base di dati forniti dal Ministero della
Giustizia e da associazioni impegnate nel volontariato penitenziario.
Fra le politiche discriminatorie istituzionali bisogna annoverare il cosiddetto CONTRATTO
DINTEGRAZIONE, che faceva parte del pacchetto di sicurezza, varato nel 2009 per far fronte
allemergenza migrai. In questo provvedimento insito un progetto discriminante di
gerarchizzazione, anche di tipo simbolico, di cui parla Paolo Cuttita , il rilascio del permesso di
soggiorno mentre viene subordinato allaccettazione di una Carta dei valori, che contraddice i
diritti inalienabili della libert di pensiero e della non discriminazione, al contempo lega la
possibilit del mantenimento di questo permesso alla dimostrazione del grado di integrazione,
attraverso la risposta ad un sistema a punti, che mortifica la dignit dellimmigrato, e che in molte
parti presuppone requisiti difficilmente raggiungibili. Tale processo discrimina le categorie pi
deboli: i pi poveri, i meno istruiti, i lavoratori subordinati, i nomadi e i mussulmani.
Le discriminazioni istituzionali si concretizzano anche nel non riconoscimento della cittadinanza e
del diritto al voto agli immigrati, la negazione di questo diritto nelle comunit locali gi per s un
controsenso, in considerazione dellappartenenza lavorativa e sociale dellimmigrato a quelle
realt .
Appare contraddittoria anche la scelta di non concedere loro tale diritto a livello nazionale,
essendo ormai realt evidente la consistente presenza degli immigrati in quanto lavoratori che, a
norma dei principi costituzionali che riguardano tutti i lavoratori senza distinzione di genere, razza
o religione, dovrebbero avere diritto alla reale partecipazione alla organizzazione sociale, politica
ed economica del paese. Invece lo Stato italiano ha relegato la figura del lavoratore straniero
nellimmagine dellospite temporaneo.
Lestensione del suffragio agli immigrati possa rafforzare la coesione sociale e il rapporto Statocittadini.
Nei processi di globalizzazione, il mercato diventato uno dei tanti settori nei quali il diritto del
lavoro ha perduto molte delle sue garanzie tradizionali. In questo sistema gli immigrati diventano
le vittime principali, relegati in una condizione che potrebbe definirsi di tipo NEO-SCHIAVISTICO.
Secondo Emilio Santoro la realt europea, e quella italiana ha creato politiche statali che,
marginalizzando il lavoratore straniero e negandogli i diritti fondamentali, permettono il suo
assoggettamento a condizioni di lavoro, a lavori degradanti e dequalificati che i cittadini autoctoni
considerano inaccettabili.
PARTICOLARMENTE INTERESSANTE IL CONTRIBUTO A QUESTO VOLUME DELLUNAR MARCO DE
GIORGI, fonte competente e autorevole, in esso sono forniti dati concreti e reali sulle
discriminazioni agite in Italia e sulle attivit messe in essere per contrastarle. La sua prospettiva
quella dellanalisi del razzismo, e delle discriminazioni istituzionali, attraverso la lente delle
segnalazioni di discriminazioni razziali al contact center dellUNAR. Lattivit di contrasto si
concretizza nelle azioni attuate per la prevenzione e la rimozione di tali fenomeni, per mezzo di
una programmazione e di proposte attivate sia in campo locale che nazionale.
Le segnalazioni di episodi di discriminazione- ci informa Marco De Giorgi in costante aumento
negli ultimi anni, cosa che per certi versi ha un aspetto positivo perch conferma una maggiore
sensibilit al problema da parte dei cittadini, associazioni o degli stessi immigrati. Ma per
controverso spia per il nostro paese, come anche per tutte le societ contemporanee, di una
tendenza a scaricare sugli immigrati, nonch sui soggetti deboli e marginali, tutte le trasformazioni
dellorganizzazione sociale e della produzione economica in atto.
6

La marginalizzazione, la discriminazione e le altre forme di razzismo assumono anche i connotati


della realt visiva che spesso indulge alla spettacolarit e in una forma di concretizzazione
evidente degli accadimenti che ormai da decenni sono sotto gli occhi di tutti. E la tragica esistenza
della immigrazione per mare, con tutti i suoi connotati teorici, simbolici e concreti, che la realt
mediterranea, a noi cos vicina ci presenta.
La frontiera mediterranea divenuta, ormai da molti anni, un laboratorio di avvenimenti ed
esperienze in cui si evidenziano tutte le modalit delle discriminazioni istituzionali. Il Mediterraneo,
per la sua storia millenaria ma ancora di pi oggi, un teatro di accadimenti, quello che Vincenzo
Guarrasi chiama orizzonte di eventi, che si materializzano nella consistente ondata migratoria. Il
legame tra immigrati, rifugiati, perseguitati politici, richiedenti asilo, uniti da una comune realt
discriminante e marginalizzante, che ci indica la lunga e faticosa strada che potrebbe portarci
dalla globalizzazione neo-liberista e autoritaria alla citt cosmopolita.
Viceversa, quando spazio e luogo vengono percepiti come opposti, le due sponde del
Mediterraneo diventano territori divisi da una barriera invisibile, che impedisce e talora rende
tragico il viaggio di coloro che dalla sponda africana vogliono raggiungere la Sicilia e poi lEuropa.
Anche i recenti accordi di cooperazione fra gli Stati delle due sponde rispondono a questo
obiettivo, condizionati ancora dallaspetto emergenziale delle ondate migratorie, e non rispettano
le normative nazionali e internazionali su detenzione amministrativa, accoglienza dei richiedenti
asilo e dei minori non accompagnati. Il trattamento degradante cui sono sottoposti i migranti nei
centri informali di detenzione, cos come anche nei CIE, mettono in evidenza quanto poco si
tengano in conto i diritti alla difesa e alla salute dei migranti, nonch alla legalit delle procedure
di allontanamento, di questi problemi ha scritto Fulvio Vassallo Paleologo.
La frontiera mediterranea si materializza nellisola di Lampedusa, estremo confine dellEuropa e
meta dei migranti che fuggono da svariati paesi africani e asiatici per i motivi pi vari: povert,
ricerca di lavoro, guerre, persecuzioni politiche e altro. La realt lampedusana mette in evidenza
linterrelazione tra il confine e il razzismo e mostra che sono elementi inscindibili della stessa
narrativa, dialettica comune di separazione costruita tra noi e loro, tra eguali e diversi. I confini
producono razzismo e questultimo genera altri confini come dice Giacomo Orsini in questo
volume.
Giacomo Orsini ha messo in luce come certe modalit del razzismo da parte della popolazione
locale nei confronti dellAltro, non siano completamente spiegabili con le sollecitazioni del
razzismo istituzionale.
La vicinanza con la Tunisia lha posta nel passato non molto lontano in una contiguit di attivit
economiche legate al mare, di scambi, di unioni familiari e amicali fra gente delle due sponde del
Mediterraneo.
Il 2011 anno dell invasione straniera nellisola(circa 50.000 migranti), segna lo spartiacque
dellatteggiamento dei lampedusani. Accoglienti in un primo momento, in controtendenza con le
reazioni delle istituzioni nazionali, in una seconda fase ebbero ostilit e aggressivit. La
spiegazione linteragire di motivi di disagio ed esasperazione oggettiva,con motivi economici
relativi alla trasformazione dellorganizzazione economica isolana, gi iniziata da anni, con il
passaggio ad uneconomia prevalentemente legata al turismo piuttosto che alla pesca. Questo tipo
di nuova economia non compatibile con il disordine e i guasti portati dagli immigrati,
soprattutto in numero cos consistente.
Da qui la modificazione delle modalit di comportamento degli autoctoni nei confronti dello
straniero, anche se in prevalenza tunisino.
Lampedusa dunque un luogo di confine, ma anche un luogo di emergenza, in quanto punto di
approdo pi vicino per i migranti nordafricani. Le immagini mediatiche degli sbarchi dellisola
diventano innalzamento della soglia di allarme sociale, che si collega immediatamente alla
7

richiesta di politiche securitarie. Questo mettere in scena lemergenza degli sbarchi dei migranti
non soltanto il risultato dei timori della gente comune, quanto piuttosto lesigenza di giustificare
il controllo dei movimenti migratori.
Numerosi studi, in questi anni, hanno analizzato il modo in cui la frontiera di Lampedusa sia stata
spettacolarizzata nel corso del tempo per creare quellansia da invasione che ha poi legittimato
una legge come la 189 del 2002, la cosiddetta BOSSI-FINI, o pratiche illegali e violente come quelle
dei respingimenti in mare, condotti su ordine dellallora ministro degli Interni Maroni tra il 2009
e il 2010.
Pi che limportanza di una nuova fase della rappresentazione politico-mediatica, in concomitanza
con la visita e il discorso di papa Francesco a Lampedusa nel luglio del 2013sulla globalizzazione
dellindifferenza, riportata da Antonella Elisa Castronovo in questo volume, di sicuro pi
significativa stata lecatombe delle morti in mare di migranti nelle stesse acque lampedusane, di
l a poco nellottobre di questo stesso anno.
Il numero delle persone morte, la loro composizione, con unaltissima percentuale di donne e
bambini in fuga da guerre come quella siriana o da dittature come quella eritrea, sembrano infatti
avere adesso acceso i riflettori, con un intensit inedita, anche su quelle oltre 20.000 vittime che il
Mediterraneo ha inghiottito dalla fine degli anni 80.
Per la prima volta, rispetto a questi eventi ci si pongono interrogativi riguardanti le responsabilit
delle morti, o i doveri istituzionali da adempiere per evitarle, smettendo di considerare i naufragi
come incidenti, e i naufraghi semplicemente come clandestini.
Chi oggi dichiara che ai tempi di questi respingimenti venivano evitate le stragi omette di dire che
queste stragi piuttosto non avvenivano sotto i nostri occhi, alle porte dell Italia e dell Europa,
perch quei respingimenti, consegnando i profughi nelle mani della polizia libica, rappresentavano
una condanna implicita di tutti i respinti a subire trattamenti inumani e degradanti, nelle prigioni o
nei campi di concentramento, il cui esito non di rado era la morte.
Infatti per questi respingimenti lItalia stata condannata nel 2011 dalla Corte europea dei
diritti umani di Strasburgo, proprio per la violazione dell articolo 3 della Convenzione ( diritto a
non subire trattamenti inumani e degradanti), oltre che dellarticolo 13 ( diritto di fare ricorso) e
dellarticolo 4 del IV Protocollo aggiuntivo che vieta le espulsioni collettive.
Non c lavoro e non ci sono servizi neanche per noi una frase che connota spesso le frasi di
molti, rappresentanti istituzionali e normali cittadini, che in queste tragiche situazioni si mostrano
commossi e turbati per la sorte delle centinaia di persone morte nella speranza di raggiungere
lItalia, pur dichiarandosi realisti nellaffermare che comunque non si possono accogliere tutti.
Non si prende in considerazione l fatto che le persone, che arrivano via mare attraversando il
Mediterraneo , non hanno mai rappresentato pi del 15% dei migranti che raggiungono lItalia, e
che si tratta per la maggior parte di potenziali rifugiati di fronte ai quali il governo nazionale non
pu che ottemperare ai propri obblighi, nel rispetto della Convenzione di Ginevra del 1951, di tutti
gli altri testi internazionali a tutela del diritto dasilo cui ha aderito, nonch dellarticolo 10 della
Costituzione italiana.
I processi migratori sono certamente un fenomeno complesso con alcuni risvolti problematici, ma proprio
in quanto tali meritano unattenzione approfondita che produca normative adeguate allimportanza
dellargomento, ragionevoli e congruenti con i fini dichiarati, e sempre nel pieno rispetto dei diritti
fondamentali e della dignit delle persone coinvolte.
Questo volume il risultato di un convegno svoltosi presso il Polo Universitario di Agrigento nel gennaio di
questanno 2013, nel quale si sono confrontati sul tema del razzismo studiosi italiani e stranieri, vuole
contribuire al dibattito in atto, attraverso lanalisi storica e delle dinamiche attuali delle forme in cui si
presentano i razzismi e le loro conseguenze discriminatorie e di confinamento.

PARTE PRIMA
IL RAZZISMO DAL COLONIALISMO AL CAPITALISMO GLOBALE
RAZZISMO: IL RICONOSCIMENTO NEGATO.
LALIENAZIONE COLONIALE E LE SUE IMPLICAZIONI POSTCOLONIALI
DI RENATE SIEBERT
1. Il razzismo un lascito del passato che si rinnova e si reincarna costantemente. Le immagini stereotipate
dellAltro- caricaturali, denigratorie, primitive- non hanno un carattere a-temporale, ma possono essere
ricostruite nel loro sviluppo storico.
Il razzismo come fenomeno moderno un ideologia che si sviluppa negli interstizi di determinati processi
storici; limmaginario razzista si forgia in Occidente nel corso dei contatti fra popolazioni diverse che
entrano in una relazione di dominio nel corso del colonialismo e dellimperialismo. Il colonialismo e il
razzismo coloniale hanno dato nuova forma alle strutture della conoscenza.
Nessuna branca del sapere ne rimasta incontaminata. Un razzismo quotidiano, spontaneo e bonario,
alla portata di tutti, ma anche un razzismo istituzionale che va dalla formulazione di leggi e decreti allo
sprezzante tu col quale un funzionario pubblico si rivolge a coloro che per definizione sono esclusi dalla
comunit, gli extracomunitari.
Oltre a essere una questione storica, economica e politica, il razzismo una questione cognitiva.
Lassunzione dellaltro come inferiore struttura la percezione e preclude la possibilit di conoscerlo, di
riconoscerlo come altro e, insieme, uguale a me. Parlando dellantisemita Sartre scrisse nel 1944:
E un uomo ha che paura. Non degli ebrei: ma di se stesso,della sua coscienza, della sua libert, delle sue
responsabilit, della solitudine, del cambiamento della societ e del mondo; di tutto meno che degli ebrei.
Tali meccanismi individuali formano il substrato, una predisposizione per la negazione del riconoscimento
sul piano collettivo. Le gerarchie tra sovrasviluppo e sottosviluppo, tra primi e terzi mondi, tra occidentali
benestanti e i nuovi poveri del resto del mondo, le gerarchie economiche, politiche e istituzionali
storicamente prodotte del colonialismo e dallimperialismo e oggi iscritte nella globalizzazione
postcoloniale, possono riprodursi in veste sempre nuova anche perch sono saldamente ancorate nelle
coscienze.
E stato Frantz Fanon, negli anni Cinquanta, a dar voce alla negazione della soggettivit, allalienazione e
alla sofferenza patite da chi costantemente viene rappresentato, definito e trattato come naturalmente
inferiore, nel corpo e nella mente. Dietro le varie forme di razzismo si cela un radicale misconoscimento
umano dellaltro.
Riconoscere il rapporto con laltro come costitutivo della propria identit vuol dire che la propria
autorealizzazione non pu andare disgiunta dallautorealizzazione dellaltro, che la propria autonomia non
pu essere promossa senza promuovere lautonomia dellaltro.
Come ha mostrato Hegel, lidentit non pu essere costruita senza rapporto con la differenza: quando
lidentit viene costruita semplicemente contro laltro.
Che luomo sia un essere che ha bisogno degli altri e che tale bisogno rappresenti intrinsecamente una
qualit umana, tema importante della filosofia e delle scienze sociali. Un individuo o una collettivit che
rimanessero soli padroni del campo perderebbero ogni identit.
E stato sottolineato come ciascuno di noi possa mai vedersi fisicamente per intero. E questa
unincarnazione evidente della nostra incompletezza costitutiva, del bisogno che abbiamo dellaltro per
formare la coscienza di noi stessi e dunque anche per esistere. Ci che crea legame fra luno e laltro, ci
che costitutivo dellidentit individuale risiede nella possibilit di specchiarsi nellaltro.
Hegel affronta il problema della nostra socialit nella celebre dialettica del riconoscimento tra servo e
padrone. Luomo non esiste prima o al di fuori dalla societ. La presenza degli altri, prima nella societ fuori
di noi, costitutiva per il nostro esistere e la nostra coscienza ne profondamente impregnata.

La dialettica servo-padrone di Hegel mette in rilievo la possibilit di un rapporto di reciprocit fra disugualiil padrone, il servo- che, hanno in comune la qualit dellumano che si rinnova e conferma nello scontro fra
di loro.
Il razzismo tende a naturalizzare le relazioni sociali, a stabilire differenze e gerarchie ancorate allessere
delle persone e non al loro fare lideologia razzista tende a estromettere individui e gruppi umani- le razzedalle dinamiche del riconoscimento.
Con Colette Guillaumin sosterrei che le razze non esistono. Sono fatti sociali, ma non realt. E il razzismo
come ideologia che produce la nozione di razza, e non la razza che produce il razzismo. Le razze sono
costruzioni sociali e il razzismo una forma di ideologia ancorata ad una naturalizzazione dei fenomeni sociali.
Quella di razza una categoria metafisica , si tratta della credenza in un rapporto di causalit tra caratteri
somatici, fisici e caratteri psichici, culturali. Non esistono le razze, ma dei gruppi umani razzizzati.
Il fenomeno del razzismo sintreccia con altre forme di discriminazione come sessismo, xenofobia,
intolleranza religiosa, sfruttamento economico e discriminazione legale.
IL RAZZISTA UN ESSERE MEDIOCRE, UN UOMO CHE HA PAURA, COME AFFERMA SARTRE.
Frantz Fanon sostiene che reciprocit significa partecipazione attiva delluno e dellaltro, lotta,
coinvolgimento. Altrimenti prevarr la solitudine, come sottolinea Tzvetan Todorov
Per Fanon nel rapporto fra padrone bianco e servo negro manca il momento del riconoscimento, in quanto
fra loro non si sviluppata reciprocit. Non si dato riconoscimento, non si instaurato un rapporto di
reciprocit perch non si sono trasformate le coscienze.
Tutta la dialettica del riconoscimento si svolge su vari piani, in un continuum dalla dimensione psicologica
del profondo, alla dimensione cognitiva, alle sfere del sociale, del politico e delleconomico.
Si passa dalla presa di coscienza allautocoscienza dellindividuo. Il riconoscimento produce stima di s, il
riconoscimento negato produce forme di dispregio e di umiliazione.
Occorre studiare i modi dellumiliazione e delloffesa personale riscontrabili nelle societ del benessere.
Umiliazione e offesa personale sono fenomeni diffusi in generale che, tuttavia, caratterizzano gli
atteggiamenti razzisti, e sono aspetti delle condotte razziste che creano il maggiore disagio e dolore in chi
investito dal disprezzo, perch mirano a mettere a rischio lintegrit della persona. Soltanto a partire
dallesperienza del riconoscimento lindividuo sviluppa sicurezza nellarticolazione del propri bisogni e
nellesercizio delle proprie capacit.
Alessandro Dal Lago parla degli immigrati odierni come di non-persone e individua nellinesistenza
giuridica degli stranieri la causa immediata della loro condizione virtuale di non-persone. Concordo con Dal
Lago quando sottolinea che il dibattito teorico sullAltro e sul riconoscimento rischia di rimanere un mero
esercizio verbale se non affronta la questione centrale dei diritti della persona in relazione ai diritti della
cittadinanza.
Per quanto riguarda lItalia, dopo tanti anni di rimozione del passato coloniale e del passato fascista, oggi le
cose stanno cambiando- quantomeno a livello della riflessione storica, teorica e parzialmente anche politica.
Ma sul piano istituzionale e su quello della strutturazione del mercato del lavoro la discriminazione degli
immigrati appare sempre pi incisiva. Razzismo istituzionale e razzismo quotidiano e populista si rafforzano
a vicenda.
Da psichiatra e psicoanalista, Fanon ascoltava e curava il dolore individuale generato dallalienazione
coloniale con la pazienza di chi conosce i tempi lunghi della realt psichica, ma contemporaneamente, da
militante politico anticoloniale, era impaziente e sempre spinto ad accelerare i processi di cambiamento
collettivo. La sua enfasi sul dolore vissuto del razzismo, sperimentato sulla propria pelle, era priva di
vittimismo, e al contempo il suo impegno nella lotta anticoloniale era sempre attento anche allalienazione
che il colonialismo produce negli stessi oppressori.
Fanon ci insegna che questi processi possono essere combattuti liberandosi della propria alienazione,
senza cedere alla tentazione di ribaltare la discriminazione subita in nuovi razzismi agiti contro chi pi
debole.
Fanon era consapevole che la fine del colonialismo non avrebbe portato automaticamente a processi di
democratizzazione e di liberazione. Si stavano preparando nuove forme di dominio rette dalle strutture
razziste ormai consolidate nelle configurazioni economiche e sociali e nei mondi psichici degli individui.
Hannah Arendt : la memoria del colonialismo- nel nostro caso di quello italiano scarsa, come scarsa la
conoscenza dei contesti socio-economici e politici da cui provengono gli immigrati che arrivano nel nostro
10

paese. Non possiamo parlare di immigrazione senza riflettere sul colonialismo perch gran parte delle
migrazioni rappresentano una variante del dominio coloniale, sono la sua ombra e la sua eredit, e nella
struttura stessa di molti processi migratori si perpetua la dimensione coloniale.
Quando il processo di identit viene negato nellindividuo scaturiscono i seguenti sentimenti: rabbia,
sofferenza, alienazione. E a questo punto che si pone la questione della responsabilit. Siamo responsabili
delle relazioni che intratteniamo con gli altri.
Lideologia razzista e il modo in cui etichettiamo gli altri come extracomunitari, terroni,zingari,
marocchini, ecc., rappresentano una forma di codice che simpone fra noi e loro e che influenza la nostra
percezione. Infatti il razzismo anche una questione cognitiva: e ognuno di noi, responsabile se nega il
riconoscimento allaltro.
La figura dell immigrato/rifugiato/clandestino mobilita in noi un certo senso dei meccanismi psichici di
difesa, oscuramente ci rammenta colpe e responsabilit che per non affrontiamo.
Abbiamo urgente bisogno di decolonizzare noi stessi. Per apprendere cosa vuol dire decolonizzare la mente
possiamo ascoltare coloro che il colonialismo lo hanno vissuto da vittime. ACHILLE MBEMBE, teorico
postcoloniale del Camerun che insegna in Sudafrica, sottolinea che occorre un enorme lavoro
epistemologico e estetico, come quello che ha generato la critica postcoloniale. Prendendo spunto da
Fanon si part dallidea che occorreva conoscere se stessi per guarire dalle ferite inflitte dalla legge della
razza.
Il colonialismo considerato un fenomeno a s stante, lontano ormai nel tempo.
COLONIALISMO, RAZZISMO E FASCISMO sono percepiti come pezzi sconnessi della storia relegati nel
passato, che oggi non ci riguardano.
In Italia i presupposti razzisti del colonialismo e del fascismo non sono stati sufficientemente discussi e
compresi nel dopoguerra. E come se nei processi di socializzazione delle nove generazioni non si sia
sviluppata alcuna coscienza vigile nei confronti dei pericoli del razzismo, come se lesperienza sia passata
invano. Alcuni degli esiti perversi di tutto ci sono rimasti sotto traccia fino a che, a partire dalla seconda
met degli anni Ottanta, lItalia da paese tradizionalmente di emigrazione diventata uno dei paesi europei
che attira immigrati extracomunitari. Da allora il razzismo, fino a quel momento raramente tematizzato,
diventato manifesto, tanto in atteggiamenti individuali, quanto nei discorsi di diversi partiti e, infine in atti
legislativi. Lo stereotipo secondo cui gli italiani sarebbero sempre e comunque brava gente non ha
cessato di essere invocato e si rapidamente diffuso uno stile politico discorsivo in egualitario,
discriminatorio, xenofobo e razzizzante, funzionale allesclusione dai diritti civili e alla subordinazione
lavorativa e sociale dei migranti. Sono queste percezioni distorte e questi atteggiamenti fascisti che
denotano la nostra alienazione.
Il razzismo odierno oscilla nellambivalenza di un duplice movimento rispetto agli ex indigeni: di esclusione
e di assimilazione ad un tempo.
Etienne Balibar parla in proposito degli effetti di un 3 mondo a domicilio, provocati dallimmigrazione
proveniente dalle ex colonie o dalle semicolonie nei centri capitalistici. Conferma che fra la costruzione
sociale dellaltro nei periodi coloniale e fascista e quella attuale esista una sostanziale continuit: lafricano
razzizzato di allora e limmigrato di adesso sembrano percepiti in modo analogo. Adesso il nemico non pi
lontano , esterno rispetto ai confini nazionali, rappresenta piuttosto una minaccia interna.
Mentre il razzismo coloniale era rivolto contro persone e popolazioni fuori dai confini nazionali( salvo poi
essere convertito in antisemitismo contro una parte della stessa popolazione italiana), il razzismo
postcoloniale una reazione ansiosa e astiosa contro gli ex colonizzati, arrivati molto vicini a noi, nei nostri
paesi, nei nostri quartieri e condomini e dentro le nostre case.
Oggi le minoranze etniche rischiano di essere marginalizzate o espulse, se non annientate.
Un parente stretto del razzismo il sessismo
Pag 49

11

Potrebbero piacerti anche