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Le Latomie a nord di Eloro

Livio Idà

Abstract
The North promontory of the ancient town of Eloro was modified by quarrying ac-
tivity, not well-documented by archaeological studies. The opencast extraction areas
have been classified in stepped-type quarry, trench-type quarry and pit-type quarry.
The present research focuses on the main technical characteristics of the quarries
and their topographic traces which might clarify the modalities related to the stone
transport, the owner of lithic resource and the destination of blocks carved out from
quarries. From these archaeological evidences, it is highly probable that Eloro used
both land and sea transport. Moreover, Eloro, just like many other ancient cities, used
to exploit local stone sources rather than importing material. Finally, the data from
the present research are useful also to establish a relative chronology for extraction
procedures and quarries dating.

Keywords: Greek quarries, coastal caves, stone exploitation, lytic transport, ancient
topography

Il promontorio a circa m 300 a Nord di Eloro1, che aggetta con il versante


orientale sul mar Ionio, è stato interessato dalla coltivazione di numerose la-
tomie2 (fig. 1). Analogamente ad altri contesti, per le latomie che gravitano
sulla colonia greca di Eloro si dispone di scarse conoscenze sia dal punto di
vista storico che sotto il profilo tecnico, oltre che di una carente documenta-
zione scientifica. Pertanto, non è mai stato affrontato uno studio sistematico
ma si hanno solo notizie a carattere episodico legate alle osservazioni di Paolo
Orsi e a qualche rapido accenno di studiosi successivi3. Del resto, la lettera-
tura già edita per i contesti di cava, ha ampiamente dimostrato come questo
campo d’indagine, a causa delle difficoltà di documentazione e, non ultima, la
complessità interpretativa, sia generalmente piuttosto avaro di informazioni4.
Per Eloro si è proceduto all’esame delle caratteristiche tecniche delle
cave e dei relativi indizi topografici, affrontando di conseguenza alcune te-
matiche inerenti al trasporto della pietra, alla titolarità della risorsa e alla
destinazione del prodotto. Relativamente a questi aspetti, gli ultimi dati editi
si muovono a favore di un commercio a breve raggio e di uno sfruttamento
delle risorse lapidee locali per la monumentalizzazione delle antiche città
piuttosto che un commercio fra colonie o a lunga distanza5.

1
  Orsi 1899, 241–244; Voza 1999, 113–120.
2
  Il presente contributo riassume i risultati della ricerca effettuata per conseguire il Diploma
di Specializzazione in Archeologia Classica presso la Scuola di Specializzazione in Beni Ar-
cheologici dell’Universita di Catania. Si ringraziano, pertanto, il Prof. E. Felici, relatore della
tesi, e la Dott.ssa Rosa Lanteri, dirigente del” Parco Archeologico di Eloro e Villa del Tellaro”
presso il “Polo regionale di Siracusa per i siti ed i Musei Archeologici”, correlatrice della tesi.
3
  Lo studio delle latomie è pregiudicato dal silenzio delle fonti antiche. Lanteri 2015, 479–506 a
proposito delle grandi cave di Siracusa cita alcune fonti antiche che forniscono preziose testimo-
nianze su episodi che ne costituiscono il terminus ante quem delle coltivazioni. Sulle cave a Nord
di Eloro Fazello 1558, 257 fornisce alcune annotazioni a carattere storico. Brevi accenni in: Orsi
1965, 281–286; Militello 1965, 334–335; Lena et alii 1988, 49–53; Lena – Rustico 2006, 329–336;
Lena – Rustico 2008, 283–287; Lena – Rustico 2010, 67–92; Guzzardi 2009, 51–61.
4
  Felici – Lanteri 2012, 57.
5
  Felici 2016a, 177–190.

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Fig. 1. Localizzazione delle latomie su
mosaico IGM (F°. 277 IV S.E. Avola, F°.
277 III N.E. Torre Vendicari)

Coltivazioni e tecniche estrattive

Le latomie individuate in prossimità della linea di costa e quelle interne del


promontorio a Nord di Eloro presentano sostanzialmente omogeneità in
ciò che concerne i sistemi di coltivazione, le tipologie di cava e le tecniche
estrattive. Sono state individuate 7 aree di estrazione distinte per morfologia
e tipologia, distribuite lungo la fascia perimetrale del promontorio con una
concentrazione maggiore nella parte orientale e costiera (fig. 2).
Il sistema di coltivazione principale utilizzato è quello a cielo aperto,
sistema che, di fatto, caratterizza i contesti costieri siracusani6.
Si distinguono cave a gradoni, cave a trincea e cave a fossa7.
- Cave a gradoni (Aree 1, 4, 7). Si tratta di coltivazioni aperte sui fianchi
nord-occidentale e meridionale del promontorio. I contesti esaminati

6
  Adam 1988, 24; Bessac 1986, 167–170. Per i contesti costieri siracusani si vedano: Lena et
alii 1988, 49–53; Buscemi – Felici 2004a-b; Felici – Lanteri 2012, 57–80; Lena – Rustico 2006,
329–336.
7
  Bessac 1986, 169.

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Fig. 2. Veduta aerea del promontorio
(da Google Earth Pro) con la distin-
zione delle aree di coltivazione

presentano problematiche che rendono arduo e, talvolta, vano qualsi-


asi tentativo di approccio diretto8. Alcuni elementi, tuttavia, nella cava
del versante sud-occidentale rappresentano il terminus ante quem della
coltivazione. Infatti, nei numerosi segmenti di fronti di cava vertica-
li che si sviluppano a diverse quote, sono state intagliate decine di ri-
quadri di varie profondità ed altezza per l’alloggiamento di pinakes ben
confrontabili con gli esemplari che in gran numero tappezzano alcuni
fronti delle latomie siracusane, e della Sicilia in generale, e la cui desti-
nazione è ricercata nell’ambito votivo-cultuale9 (fig. 3).
- Cave a trincea (Area 3). Concentrate nella parte nord-orientale del pro-
montorio, si distinguono per l’intensa attività estrattiva che, iniziata pre-
sumibilmente sul fianco del rilievo e progredita sia orizzontalmente che
verticalmente verso l’interno, ha creato una serie di trincee disposte gros-
somodo a raggiera e formate da vani pressoché quadrangolari comuni-
Fig. 3. Nicchie votive su fronte di cava

8
  La parte occidentale del rilievo è caratterizzata da fenomeni antropici. L’imposizione dei
vincoli è avvenuta a partire dagli anni ’50 ai sensi della L. 1089 del 1/6/1939. Con l’adozione
del Piano paesaggistico nel 2012 (D.A. n. 98 del 01.02.2012) e con l’inserimento di “aree di
interesse archeologico” sono state ampliate le aree di tutela paesaggistica intorno al sito di
Eloro, finalizzate alla difesa del “paesaggio archeologico”.
9
  Orsi 1965, 285 le associa a quelle che, in gran numero, tappezzano i fronti di molte latomie,
con particolare riferimento alla latomia di Santa Venera a Siracusa. Le edicole trovano nume-
rosi confronti in Sicilia e, per limitarsi all’ambito siracusano, oltre che a Siracusa stessa (Orsi
1904, 276; Rizzo 1923, 107), nella subcolonia di Akrai (Bernabò Brea 1956, 59).

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Fig. 4. Risparmi di roccia che delimita-
no gli ambienti
canti tra loro attraverso passaggi delimitati da lembi di roccia risparmiata Fig. 5. Fronte di cava a gradini
(fig. 4; tav. 1.1-2). Ne è conseguita la coltivazione di grandi e profonde
cave verso la parte interna del promontorio dov’era, probabilmente, pre-
sente pietra di qualità superiore10. Nelle pareti verticali è possibile indivi-
duare il procedimento di estrazione a gradini che ha comportato, non ap-
pena raggiunta la superficie inferiore di stacco, l’eliminazione dei gradini
stessi: ne sono risultate più o meno alte pareti verticali (fig. 5).
- Cave a fossa (Aree 2, 5, 6). A parte una latomia situata nella zona più in-
terna e soggetta ad intensa attività di estrazione11, la maggior parte delle
cave a fossa si distribuisce lungo la fascia costiera del promontorio, paral-
lelamente alla linea di costa (fig. 6). Si tratta di cave superficiali che, date
le dimensioni ridotte, sembrano aver avuto un carattere episodico12 (tav.
Fig. 6. Planimetria di una porzione di
costa

10
  Orsi 1965, 285 annotò che la pietra di queste trincee fosse di qualità superiore. Si veda
anche Rockwell 1992, 175.
11
  Orsi 1965, 285 documentò una profondità di m 8 e delle dimensioni in superficie di m 70 x
m 40. Osservò, inoltre, una dozzina di nicchie disposte generalmente a coppie e delle anfrat-
tuosità, dei fusi e dei pilastri isolati.
12
  In alcuni contesti, il letto di cava rileva uno schema di estrazione omogeneo con aspetto
ortonormale in cui si distinguono più elementi in serie con lo stesso modulo. A tal proposito,
si sono realizzati mosaici fotografici effettuando riprese oblique da altezza media, con norma-

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Fig. 7. Restituzione assonometrica del-
lo strato di coltivazione di una cava
superficiale

2.2, 3.1). Due soli contesti quasi contigui, per le maggiori dimensioni e
profondità, assumono un aspetto ad anfiteatro13 (tav. 4.2, 5.1).
La tecnica utilizzata per estrarre i blocchi è quella della “tagliata a
mano” perimetrale mediante uno strumento a percussione, probabilmente
il piccone o “male peggio”, di grandi dimensioni14. In più punti delle cave
sono visibili infatti dei solchi incisi nella roccia che restituiscono la traccia in
negativo dei blocchi estratti, o che in alcuni casi definiscono su uno o più lati
i blocchi quasi distaccati e abbandonati (fig. 7; tav. 3.2, 4.1). Si tratta perlopiù
di tagliate con profilo a U e fondo piatto o con profilo a V, con larghezze
che variano dai cm 8-12 (tav. 5.2). La successiva rimozione è avvenuta per
scalzamento, secondo i canoni previsti dalla tecnica cosiddetta à pointillé,
inferendo numerosi colpi di piccone ed assecondando l’andamento dei letti
di deposito della pietra che, in alcuni casi, hanno determinato lo spessore del
Fig. 8. Tracce di strumenti sul fronte blocco15. La maggior parte dei segni di strumenti a percussione si nota sui
di cava
fronti verticali delle cave: si tratta generalmente di numerosi segni rettilinei
paralleli e inclinati a 45° con orientamento diverso16 (fig. 8; tav. 2.1).

Questioni tecniche sulle latomie

Sebbene i dati presentati in questa sede siano ancora preliminari, diverse


considerazioni possono formularsi sulla base delle osservazioni di alcuni ac-

le fotocamera e software di raddrizzamento e montaggio (Agisoft Photoscan). V. da esempio


Buscemi – Felici 2004b, tav LXVII.
13
  La prima latomia A si trova più a Sud ed il fronte raggiunge una profondità di circa m 3
dal piano attuale. La seconda, invece, poco più a Nord (latomia B) presenta dei fronti profondi
circa m 6 e il settore sud-orientale in parte sotto il livello del mare.
14
  Adam 1988, 23; Kozelj 1988, 31–40; Rockwell 1992; Buscemi – Felici 2004b, 160. Per
picconi in ferro, Orlandini 1965, 445–453.
15
 Waelkens et alii 1988, 81–116.
16
  Bessac 1987; Kozelj 1981–83, 127–134. Gutiérrez Garcia-Moreno 2009, 264–265, per i
contesti della Spagna nordorientale sulla base dei segni degli attrezzi a percussione, ha sugge-
rito la direzione del piccone ed il cambio di posizione del cavatore.

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corgimenti tecnici soprattutto lungo la fascia costiera che fornisce preziosi
indizi sulla movimentazione del materiale lapideo sia per via terrestre che
per via marittima17.
Il trasporto lapideo via terra è caratterizzato da diverse problemati-
che legate soprattutto alle spese eccessive richieste. Dell’onerosità che lo
contraddistingue scrive Diodoro Siculo18 in un noto passo in cui sottolinea
come esso comportasse ingenti sforzi economici, sia per trovare soluzioni
tecniche che per l’utilizzo di bestiame da allevare appositamente. Infat-
ti, l’impiego di animali da tiro per lavori edilizi avrebbe sottratto preziose
energie al lavoro dei campi, comportando un indiretto danno economico19.
Sappiamo anche dall’Edictum de Pretiis emanato da Diocleziano nel IV sec.
d.C. che il trasporto terrestre di 400 kg di materiale costava circa 4 volte in
più rispetto a quello marittimo sia in relazione alla stessa quantità di mate-
riale che sulla distanza da percorrere20. Inoltre, la veicolazione di elementi
architettonici significativi, come colonne o architravi, richiedeva sistemi
eccezionali21.
Ciononostante, il più delle volte, l’evidenza che ne attesta la pratica
sono le tracce che si riscontrano sul suolo. Nel promontorio a Nord di Eloro,
parallelamente alla linea di costa, si individuano dei solchi carrai che, date le
marcate tracce sul suolo del plateau roccioso, indicano un intenso passaggio
di mezzi per il trasporto lapideo. Si tratta di due segmenti dalla carreggiata
di m 1,80 di larghezza, con solchi di cm 10-16 di larghezza ed un interasse di
m 1,30-1,50. L’antica via in alcuni tratti è tagliata da alcune latomie a fossa
ed è interessata, lungo il primo tratto Nord-Sud, dal cedimento in mare della
parete rocciosa22 (figg. 9-10).
Altri elementi, invece, suggeriscono alcune ipotesi sul trasporto marino
di blocchi di pietra. È noto, infatti, che la coltivazione di cave costiere era la
soluzione più vantaggiosa per ridurre i costi della movimentazione di mate-
riale litico23.
Nella maggiore latomia ad anfiteatro è presente una bitta sommaria-
mente sbozzata e connessa ad una gola circolare o sub-circolare. Il fatto che
fosse realizzata con tonsilla offriva dei vantaggi di resistenza alla trazione24

17
  Sulle problematiche legate al trasporto dei blocchi v. Wurch Kozelj 1988, 55–64. Sul tra-
sporto v. in generale Kozelj – Wurch Kozelj 1993, 97–142.
18
 Diod. 4, 80, 5–6.
19
  Gullini 1985, 437.
20
  Pédini 2013, 127.
21
  Sulla veicolazione di elementi architettonici a Selinuntine si veda Adam 1988, 31; Pe-
schlow-Bindockat 2005, 193–195.
22
  Militello 1965, 335 associa le rotaie con la έλωρίνη όδός che P. Orsi rintracciò tra Eloro e
Siracusa. Sulle vie terrestri v. Mannoni 1983, 213–219.
23
  Dworakowska 1975; Rockwell 1992, 182. Sul trasporto marittimo di merci v. Gianfrotta –
Pomey 1981, 135–141. Sulla possibilità di usare le vie d’acqua per il trasporto di merce pe-
sante ed ingombrante v. Santoro Lezzi 2008, 271–274. Si veda da ultimo Felici 2017, 2–15 sul
trasporto navale della pietra nell’antichità. Ipotesi di trasporto marino sono state effettuate in
alcuni contesti del litorale siracusano. Per Punta Castelluccio – San Calogero (Brucoli, SR) v.
Buscemi – Felici 2004b, 159–188, in particolare tav LXXIII. Per i contesti siracusani di Santa
Lucia e Punta della Mola v. Felici – Lanteri 2012, 57–80.
24
  Isid., (Etym. 19, II,14) suggerisce che l’attracco temporaneo si realizzava con la tonsilla:
«uncinus ferreus vel ligneus ad quem in litore defixum funes navium inligantur». Esemplari
simili per l’ormeggio funzionali al carico di materiali da latomie si trovano in altri contesti
siracusani, per Punta Castelluccio (Augusta) cfr. Buscemi – Felici 2004, 27–48; per Siracusa
cfr. Felici – Lanteri 2012, 57–80. Sulle bitte in generale Blackman 1988, 7–20. Altri esemplari
da ormeggio nel siracusano si trovano nel porto-canale di Ognina (Schmiedt 1972, 210) e
nell’impianto di lavorazione del pescato di Pachino (Felici 2012, 115).

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Fig. 9. Tratto di strada carraia con sol-
chi profondi (fig. 11). A Sud della bitta, il
Fig. 10.Tratto di strada carraia con sol-
chi meno profondi banco roccioso assume una
Fig. 11. Bitta subcircolare sensibile pendenza verso il lato
meridionale estendendosi in
lunghezza per m 20 circa e m 10
circa in larghezza. Sul lato occi-
dentale, sotto il l.d.m.25, si per-
cepisce un taglio di forma circo-
lare con un risparmio roccioso
nella parte centrale. L’aspetto
tipologico e morfologico po-
trebbe offrire, anche in questo
caso, dei vantaggi di resistenza
alla trazione o riferirsi all’allog-
giamento di un’infrastruttura per la movimentazione dei blocchi26 (fig. 12).
Il lato sinistro della latomia presenta, infine, un’alta parete verticale di circa
m 4 dove si nota un incavo quadro di piccole dimensioni (altezza cm 18 x
larghezza cm 22) che, alla luce del contesto, potrebbe essere stato destinato
all’alloggiamento di un elemento votivo e propiziatorio per le attività di cava,
trasporto e navigazione27 (fig. 13).
Fig. 12. Taglio circolare

25
  Sulle cause di possibili fenomeni di eustatismo marino vd. in generale Schmiedt 1972,
201–214; Bosi et alii 1996, 363–382; Lena – Bongiovanni 2004, 45–49; Lambeck et alii 2004,
1567–1598; Sciacchitano et alii 2008, 239–246.
26
  Incassi circolari per macchinari relativi alla movimentazione di blocchi si hanno nella
latomia di Delo (Fraisse, Kozelj 1991, 293), nella latomia di Pont du Gard (Bessac 2003, 177–
198), nelle latomie della penisola di Karaburun (Turchiano 2017, 204).
27
  A Punta San Calorio – Punta Castelluccio (Brucoli) il lato verso terra della cava presenta-
va un riquadro incavato di m 9 in cui era stato ricavato un abside nella zona centrale. Nel lato
sinistro dell’abside, ad una quota di cm 90 rispetto al piano, è intagliata una nicchia voltata,

Le Latomie a nord di Eloro  81


Fig. 13. Fronte di cava con incavo qua-
drangolare

Questioni topografiche sulle latomie

Per quanto riguarda le dinamiche di conduzione delle cave, in via del tutto
preliminare ed indicativa, è possibile tracciare alcune ipotesi.
Le latomie interne al promontorio, considerata la maggiore estensione,
l’altezza che raggiungono i fronti e la cubatura del materiale lapideo estrat-
to, possono ritenersi il risultato di un’intensa attività protrattasi per un lun-
go periodo. Al contrario, le piccole cave superficiali costiere sembrano aver
avuto carattere episodico.
È indice dello sfruttamento in un momento successivo l’osservazione
che le carraie al servizio delle latomie interne sono state tagliate in alcuni
tratti proprio dalle piccole cave a fossa. Ciò testimonierebbe, oltre alla re-
cenziorità di queste ultime, il fatto che le latomie interne non fossero più
coltivate e quindi la strada al loro servizio non più utilizzata (fig. 14).
I blocchi cavati dalle latomie a Nord di Eloro dovevano servire a soddisfare
la richiesta di materiale lapideo per le esigenze edilizie della città28, ma anche per
la vicina necropoli, ubicata immediatamente ad Ovest29. Questa, in età ellenistica
ricevette una sistemazione monumentale con la costruzione di epithymbia e mau-
solei, ben visibili per chi percorresse la via Elorina e di cui la c.d. “Colonna Pizzuta”,
dall’alto dei suoi quasi 20 metri, rappresenta l’unico esempio superstite30.
Per motivi pratici è ovvio ritenere che il materiale lapideo percorresse
le più brevi distanze possibili31 mentre il trasporto a lungo raggio poteva co-

larga cm 40, alta cm 60 e profonda cm 40. V. Buscemi – Felici 2004b, 164, in particolare tavv.
LXXII.2 e LXXIV.
28
  Sono stati effettuati confronti tra le misure dei blocchi cavati e quelli messi in opera ne-
gli edifici di Eloro. Sugli scavi ad Eloro: Orsi 1965, 204–287; Currò 1965, 287–299; Militello
1965, 299–335; Piscione 1965, 335–340; Currò 1966, 97–98; Voza 1973, 186–192; Voza 1981,
685–688.
29
  Le necropoli sorsero sia sulla terrazza rocciosa a Nord dell’abitato che nelle adiacenze e
sono state suddivise in 4 aree. vd. Orsi 1965, 239–279.
30
  Fazello 1558, 257 definisce la Colonna Pizzuta come «Pyramis orbicularis, et in acutum
surgens» alludendo probabilmente al fatto che la colonna, ancora integra all’epoca in cui la
visitò, terminasse con un restringimento all’estremita superiore. Orsi 1899, 241–244; Orsi
1965, 259–263; Agnello 1969, 130–133. Circa l’interpretazione del monumento Orsi 1965,
269–270. A Ovest della Colonna Pizzuta nei pressi delle Case d’Agata, è stato identificato un
settore di necropoli con ἐπιτύμβια del tipo a gradoni. Cfr. Guzzardi 2001, 97.
31
  Gutiérrez Garcia-Moreno 2009, 284; Piccarreta 1990, 15–28.

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Fig. 14. Fronte di cava che taglia un
tratto di carraia

stituire un fatto eccezionale raramente accennato dalle fonti antiche32. Per-


tanto, nella monumentalizzazione delle città si preferiva sfruttare le risorse
lapidee locali e importare materiali di pregio soltanto per gli apparati archi-
tettonici33.
Più economico risultava, dunque, il trasporto marittimo e, nel caso di
Eloro, le imbarcazioni potevano guadagnare la foce del Tellaro e risalire il
fiume per soddisfare la richiesta di pietra per le esigenze edilizie di insedia-
menti lungo il basso corso34 (fig. 15).

La cronologia delle cave

L’omogeneità nelle tecniche di coltivazione e nei procedimenti di estrazione


riscontrati non aiuta a stabilire una cronologia, soprattutto nel caso delle la-
tomie esaminate, per le quali l’attività di coltivazione si è protratta per secoli.
Data per assodata la titolarità di Eloro, il terminus post quem per l’inizio
delle attività di estrazione è quello del momento della fondazione della città
stessa sul finire dell’VIII sec. o inizio VII a.C.35. Si ha la certezza che nel XVI
sec. le cave non fossero coltivate grazie alla testimonianza di T. Fazello, ma

32
  Strab. (4, 1, 6) parla di un commercio a lungo raggio di Massalia che riceveva la pietra da
latomie situate ad un centinaio di stadi di distanza. Cfr. Trousset – Guery 1981, 55. Sull’ipotesi
della provenienza da Siracusa di materiale utilizzato nella Catania arcaica v. Tortorici 2008,
91–124. Dunbabin 1948, 257.
33
  Felici 2016a, 177–190.
34
  Sul trasporto fluviale vd. in generale Eckoldt 1984, 3–10. Sui sistemi idrografici e sugli inter-
venti per adattarli alle necessità umane vd. da ultimo Felici 2016b. Guzzardi 1996, 19 si esprime
sulla possibilità di vie di collegamento lungo gli assi fluviali del Tellaro e di Randeci – Stafen-
na – Candelaro. Trasporto lapideo fluviale è stato ipotizzato per le esigenze edilizie di Lentini.
Cfr. Buscemi – Felici 2004b, 159–188, 175. Si aggiunge, inoltre, che i blocchi delle cave del
Plemmirio abbiano usufruito di un tratto di navigabilità dell’Anapo fino ai piedi della collina
su cui venne edificato l’Olympeion. Cfr. Felici – Lanteri 2012, 57–80; Lena et alii 1988, 49–51.
35
  Voza 1999, p. 116.

Le Latomie a nord di Eloro  83


Fig. 15. Carta topografica di Eloro
(Orsi 1965, 207-208)

resta la difficoltà di stabilire quanto indietro si possa risalire per determinare


il loro abbandono.
Un tentativo di restringere l’arco cronologico è stato fatto tramite l’in-
crocio di molteplici dati.
Sotto il profilo metrologico i blocchi dalle cave elorine sono confronta-
bili con quelli estratti a partire dal VI sec. a.C. e sino a tutta l’epoca ellenistica
nei contesti costieri della Sicilia sud-orientale36. Le misure riscontrate in cava
non consentono di individuare un sistema metrico preciso e, pertanto, sem-
bra possibile assumere come unità il piede attico-eubeo di m 0,296, oppure
la sua variante “attico-eubeo-siciliana” di m 0,30 circa37.

36
  Per i templi arcaici di Ortigia Orsi 1919, 353–754. Per l’Olympeion di Siracusa Lena et alii
1988, 49–51. I blocchi estratti dalle latomie costiere di Santa Lucia ed Ortigia potrebbero es-
sere stati destinati al cantiere della grande gettata di collegamento tra Ortigia e la terraferma,
avviata verso il 540 (Strab. 1, 3, 18): vd. Felici – Lanteri 2012, 73.
37
  Sulla metrologia v. in generale Stazio 1959, 535. Per i blocchi, si è rilevato uno spessore
prevalente medio che si aggira intorno a cm 50, pari a 1,5 piedi o poco più, o cm 70 equivalenti
a 2 piedi ed un terzo. I lati lunghi invece variano da cm 60 a 215 (pari a 2-7 piedi); i lati brevi,
infine, intorno a cm 50 e cioè di nuovo 1 piede e 2/3 circa. Tagli di grossa pezzatura basati sui
multipli del piede attico-eubeo e del piede attico-eubeo siciliano si trovano in molte cave della
costa siracusana per le quali si può ammettere uno sfruttamento in età greca. Cfr. Felici – Lan-
teri 2012, 57–80. Per gli altri contesti costieri tra Punta Castelluzzo e Brucoli un esempio di
confronto tra la metrologia antica e le pezzature moderne è stato proposto in Buscemi – Felici

84  Livio Idà


Alcuni elementi per stabilire la fine dello sfruttamento delle latomie ven-
gono forniti dagli incavi quadrangolari destinati a contenere i pinakes, qua-
dretti votivi raffiguranti divinità o defunti eroizzati38. Finito lo sfruttamento
delle cave, le aree sono state adibite a luogo di culto, a partire dall’età ellenisti-
ca, età che può rappresentare anche per le cave di Eloro il terminus ante quem,
(o, più correttamente, ad quem) per la fine della coltivazione. Malgrado questo
fenomeno abbia interessato solamente le latomie del versante meridionale, è
presumibile che la fine delle attività o, comunque, una considerevole riduzio-
ne di esse, abbia interessato tutte le latomie del promontorio a Nord di Eloro.
Infatti, nel periodo successivo alla conquista romana, la città andò incontro ad
una fase di declino e si ricorse al reimpiego dei blocchi delle vecchie strutture
piuttosto che a nuove ed ulteriori attività di estrazione39.
Questa prima breve comunicazione è solo il punto di partenza per una
più ampia e complessa indagine che investa l’insieme delle latomie elorine40,
indagandone i loro reciproci rapporti e quelli con la città e il suo entroterra.

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2004b, Appendice, in cui si specifica che mentre nelle latomie antiche sono state documentate
grandi pezzature basate sul piede attico-eubeo o sul piede attico-eubeo siciliano, in latomie
moderne nello stesso territorio si riscontrano pezzature analoghe a quelle in uso nella rico-
struzione settecentesca dopo il terremoto. Le mura dionigiane, con conci lunghi 4 piedi (cm
120 x 50 x 50), come tramanda Diod., (18, 8), furono costruite a cavallo tra il V e il IV secolo
a.C. vd. Mertens 2002, 243–252. Per altre latomie siracusane Lanteri 2015, 488 avanza l’ipote-
si dell’adozione del piede attico. Un ulteriore confronto metrologico viene fornito dai blocchi
messi del Tempio di San Lorenzo Vecchio di età classica presso Pachino, formato da grossi
conci parallelepipedi di grandi dimensioni estratti dalle latomie di Marzamemi, circa km 11
a Sud di Eloro. Per gli aspetti metrologici cfr. Lena – Rustico 2011, 295–304. Sul tempio di S.
Lorenzo Vecchio v. in generale Agnello 1948, 63–68.
38
  Nella latomia dell’Intagliatella di Akrai si è conservato l’unico esempio con rilievo diret-
tamente scolpito nella parete rocciosa, con rappresentazione del defunto eroizzato, rilievo
variamente datato fra il III sec. a.C. e l’età augustea. Bernabò Brea 1956, 59–62.
39
  Il fenomeno è ben documentato, per esempio, dai blocchi di reimpiego nei muri perime-
trali della Basilica bizantina edificata sui resti della stoà ellenistica (Voza 1981, 687). Nell’im-
mediato entroterra, conci di grande pezzatura metrologicamente confrontabili con quelli
utilizzati nei monumenti della città, si trovano riadoperati nei muri perimetrali di alcuni am-
bienti della Villa romana del Tellaro, il cui primo impianto risale al IV sec. (Voza 2008).
40
  Altre latomie, in gran parte costiere, sono individuate sia a Nord che a Sud di Eloro, a
pochi km di distanza. Inoltre, Felici 2016a, 180 suggerisce che Eloro avesse potuto sfruttare,
insieme a Siracusa, le estese latomie costiere di Marzamemi.

Le Latomie a nord di Eloro  85


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Indirizzo

Dott. Livio Idà


Mail: livioida@gmail.com

88  Livio Idà

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