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Livio Idà
Abstract
The North promontory of the ancient town of Eloro was modified by quarrying ac-
tivity, not well-documented by archaeological studies. The opencast extraction areas
have been classified in stepped-type quarry, trench-type quarry and pit-type quarry.
The present research focuses on the main technical characteristics of the quarries
and their topographic traces which might clarify the modalities related to the stone
transport, the owner of lithic resource and the destination of blocks carved out from
quarries. From these archaeological evidences, it is highly probable that Eloro used
both land and sea transport. Moreover, Eloro, just like many other ancient cities, used
to exploit local stone sources rather than importing material. Finally, the data from
the present research are useful also to establish a relative chronology for extraction
procedures and quarries dating.
Keywords: Greek quarries, coastal caves, stone exploitation, lytic transport, ancient
topography
1
Orsi 1899, 241–244; Voza 1999, 113–120.
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Il presente contributo riassume i risultati della ricerca effettuata per conseguire il Diploma
di Specializzazione in Archeologia Classica presso la Scuola di Specializzazione in Beni Ar-
cheologici dell’Universita di Catania. Si ringraziano, pertanto, il Prof. E. Felici, relatore della
tesi, e la Dott.ssa Rosa Lanteri, dirigente del” Parco Archeologico di Eloro e Villa del Tellaro”
presso il “Polo regionale di Siracusa per i siti ed i Musei Archeologici”, correlatrice della tesi.
3
Lo studio delle latomie è pregiudicato dal silenzio delle fonti antiche. Lanteri 2015, 479–506 a
proposito delle grandi cave di Siracusa cita alcune fonti antiche che forniscono preziose testimo-
nianze su episodi che ne costituiscono il terminus ante quem delle coltivazioni. Sulle cave a Nord
di Eloro Fazello 1558, 257 fornisce alcune annotazioni a carattere storico. Brevi accenni in: Orsi
1965, 281–286; Militello 1965, 334–335; Lena et alii 1988, 49–53; Lena – Rustico 2006, 329–336;
Lena – Rustico 2008, 283–287; Lena – Rustico 2010, 67–92; Guzzardi 2009, 51–61.
4
Felici – Lanteri 2012, 57.
5
Felici 2016a, 177–190.
6
Adam 1988, 24; Bessac 1986, 167–170. Per i contesti costieri siracusani si vedano: Lena et
alii 1988, 49–53; Buscemi – Felici 2004a-b; Felici – Lanteri 2012, 57–80; Lena – Rustico 2006,
329–336.
7
Bessac 1986, 169.
8
La parte occidentale del rilievo è caratterizzata da fenomeni antropici. L’imposizione dei
vincoli è avvenuta a partire dagli anni ’50 ai sensi della L. 1089 del 1/6/1939. Con l’adozione
del Piano paesaggistico nel 2012 (D.A. n. 98 del 01.02.2012) e con l’inserimento di “aree di
interesse archeologico” sono state ampliate le aree di tutela paesaggistica intorno al sito di
Eloro, finalizzate alla difesa del “paesaggio archeologico”.
9
Orsi 1965, 285 le associa a quelle che, in gran numero, tappezzano i fronti di molte latomie,
con particolare riferimento alla latomia di Santa Venera a Siracusa. Le edicole trovano nume-
rosi confronti in Sicilia e, per limitarsi all’ambito siracusano, oltre che a Siracusa stessa (Orsi
1904, 276; Rizzo 1923, 107), nella subcolonia di Akrai (Bernabò Brea 1956, 59).
10
Orsi 1965, 285 annotò che la pietra di queste trincee fosse di qualità superiore. Si veda
anche Rockwell 1992, 175.
11
Orsi 1965, 285 documentò una profondità di m 8 e delle dimensioni in superficie di m 70 x
m 40. Osservò, inoltre, una dozzina di nicchie disposte generalmente a coppie e delle anfrat-
tuosità, dei fusi e dei pilastri isolati.
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In alcuni contesti, il letto di cava rileva uno schema di estrazione omogeneo con aspetto
ortonormale in cui si distinguono più elementi in serie con lo stesso modulo. A tal proposito,
si sono realizzati mosaici fotografici effettuando riprese oblique da altezza media, con norma-
2.2, 3.1). Due soli contesti quasi contigui, per le maggiori dimensioni e
profondità, assumono un aspetto ad anfiteatro13 (tav. 4.2, 5.1).
La tecnica utilizzata per estrarre i blocchi è quella della “tagliata a
mano” perimetrale mediante uno strumento a percussione, probabilmente
il piccone o “male peggio”, di grandi dimensioni14. In più punti delle cave
sono visibili infatti dei solchi incisi nella roccia che restituiscono la traccia in
negativo dei blocchi estratti, o che in alcuni casi definiscono su uno o più lati
i blocchi quasi distaccati e abbandonati (fig. 7; tav. 3.2, 4.1). Si tratta perlopiù
di tagliate con profilo a U e fondo piatto o con profilo a V, con larghezze
che variano dai cm 8-12 (tav. 5.2). La successiva rimozione è avvenuta per
scalzamento, secondo i canoni previsti dalla tecnica cosiddetta à pointillé,
inferendo numerosi colpi di piccone ed assecondando l’andamento dei letti
di deposito della pietra che, in alcuni casi, hanno determinato lo spessore del
Fig. 8. Tracce di strumenti sul fronte blocco15. La maggior parte dei segni di strumenti a percussione si nota sui
di cava
fronti verticali delle cave: si tratta generalmente di numerosi segni rettilinei
paralleli e inclinati a 45° con orientamento diverso16 (fig. 8; tav. 2.1).
17
Sulle problematiche legate al trasporto dei blocchi v. Wurch Kozelj 1988, 55–64. Sul tra-
sporto v. in generale Kozelj – Wurch Kozelj 1993, 97–142.
18
Diod. 4, 80, 5–6.
19
Gullini 1985, 437.
20
Pédini 2013, 127.
21
Sulla veicolazione di elementi architettonici a Selinuntine si veda Adam 1988, 31; Pe-
schlow-Bindockat 2005, 193–195.
22
Militello 1965, 335 associa le rotaie con la έλωρίνη όδός che P. Orsi rintracciò tra Eloro e
Siracusa. Sulle vie terrestri v. Mannoni 1983, 213–219.
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Dworakowska 1975; Rockwell 1992, 182. Sul trasporto marittimo di merci v. Gianfrotta –
Pomey 1981, 135–141. Sulla possibilità di usare le vie d’acqua per il trasporto di merce pe-
sante ed ingombrante v. Santoro Lezzi 2008, 271–274. Si veda da ultimo Felici 2017, 2–15 sul
trasporto navale della pietra nell’antichità. Ipotesi di trasporto marino sono state effettuate in
alcuni contesti del litorale siracusano. Per Punta Castelluccio – San Calogero (Brucoli, SR) v.
Buscemi – Felici 2004b, 159–188, in particolare tav LXXIII. Per i contesti siracusani di Santa
Lucia e Punta della Mola v. Felici – Lanteri 2012, 57–80.
24
Isid., (Etym. 19, II,14) suggerisce che l’attracco temporaneo si realizzava con la tonsilla:
«uncinus ferreus vel ligneus ad quem in litore defixum funes navium inligantur». Esemplari
simili per l’ormeggio funzionali al carico di materiali da latomie si trovano in altri contesti
siracusani, per Punta Castelluccio (Augusta) cfr. Buscemi – Felici 2004, 27–48; per Siracusa
cfr. Felici – Lanteri 2012, 57–80. Sulle bitte in generale Blackman 1988, 7–20. Altri esemplari
da ormeggio nel siracusano si trovano nel porto-canale di Ognina (Schmiedt 1972, 210) e
nell’impianto di lavorazione del pescato di Pachino (Felici 2012, 115).
25
Sulle cause di possibili fenomeni di eustatismo marino vd. in generale Schmiedt 1972,
201–214; Bosi et alii 1996, 363–382; Lena – Bongiovanni 2004, 45–49; Lambeck et alii 2004,
1567–1598; Sciacchitano et alii 2008, 239–246.
26
Incassi circolari per macchinari relativi alla movimentazione di blocchi si hanno nella
latomia di Delo (Fraisse, Kozelj 1991, 293), nella latomia di Pont du Gard (Bessac 2003, 177–
198), nelle latomie della penisola di Karaburun (Turchiano 2017, 204).
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A Punta San Calorio – Punta Castelluccio (Brucoli) il lato verso terra della cava presenta-
va un riquadro incavato di m 9 in cui era stato ricavato un abside nella zona centrale. Nel lato
sinistro dell’abside, ad una quota di cm 90 rispetto al piano, è intagliata una nicchia voltata,
Per quanto riguarda le dinamiche di conduzione delle cave, in via del tutto
preliminare ed indicativa, è possibile tracciare alcune ipotesi.
Le latomie interne al promontorio, considerata la maggiore estensione,
l’altezza che raggiungono i fronti e la cubatura del materiale lapideo estrat-
to, possono ritenersi il risultato di un’intensa attività protrattasi per un lun-
go periodo. Al contrario, le piccole cave superficiali costiere sembrano aver
avuto carattere episodico.
È indice dello sfruttamento in un momento successivo l’osservazione
che le carraie al servizio delle latomie interne sono state tagliate in alcuni
tratti proprio dalle piccole cave a fossa. Ciò testimonierebbe, oltre alla re-
cenziorità di queste ultime, il fatto che le latomie interne non fossero più
coltivate e quindi la strada al loro servizio non più utilizzata (fig. 14).
I blocchi cavati dalle latomie a Nord di Eloro dovevano servire a soddisfare
la richiesta di materiale lapideo per le esigenze edilizie della città28, ma anche per
la vicina necropoli, ubicata immediatamente ad Ovest29. Questa, in età ellenistica
ricevette una sistemazione monumentale con la costruzione di epithymbia e mau-
solei, ben visibili per chi percorresse la via Elorina e di cui la c.d. “Colonna Pizzuta”,
dall’alto dei suoi quasi 20 metri, rappresenta l’unico esempio superstite30.
Per motivi pratici è ovvio ritenere che il materiale lapideo percorresse
le più brevi distanze possibili31 mentre il trasporto a lungo raggio poteva co-
larga cm 40, alta cm 60 e profonda cm 40. V. Buscemi – Felici 2004b, 164, in particolare tavv.
LXXII.2 e LXXIV.
28
Sono stati effettuati confronti tra le misure dei blocchi cavati e quelli messi in opera ne-
gli edifici di Eloro. Sugli scavi ad Eloro: Orsi 1965, 204–287; Currò 1965, 287–299; Militello
1965, 299–335; Piscione 1965, 335–340; Currò 1966, 97–98; Voza 1973, 186–192; Voza 1981,
685–688.
29
Le necropoli sorsero sia sulla terrazza rocciosa a Nord dell’abitato che nelle adiacenze e
sono state suddivise in 4 aree. vd. Orsi 1965, 239–279.
30
Fazello 1558, 257 definisce la Colonna Pizzuta come «Pyramis orbicularis, et in acutum
surgens» alludendo probabilmente al fatto che la colonna, ancora integra all’epoca in cui la
visitò, terminasse con un restringimento all’estremita superiore. Orsi 1899, 241–244; Orsi
1965, 259–263; Agnello 1969, 130–133. Circa l’interpretazione del monumento Orsi 1965,
269–270. A Ovest della Colonna Pizzuta nei pressi delle Case d’Agata, è stato identificato un
settore di necropoli con ἐπιτύμβια del tipo a gradoni. Cfr. Guzzardi 2001, 97.
31
Gutiérrez Garcia-Moreno 2009, 284; Piccarreta 1990, 15–28.
32
Strab. (4, 1, 6) parla di un commercio a lungo raggio di Massalia che riceveva la pietra da
latomie situate ad un centinaio di stadi di distanza. Cfr. Trousset – Guery 1981, 55. Sull’ipotesi
della provenienza da Siracusa di materiale utilizzato nella Catania arcaica v. Tortorici 2008,
91–124. Dunbabin 1948, 257.
33
Felici 2016a, 177–190.
34
Sul trasporto fluviale vd. in generale Eckoldt 1984, 3–10. Sui sistemi idrografici e sugli inter-
venti per adattarli alle necessità umane vd. da ultimo Felici 2016b. Guzzardi 1996, 19 si esprime
sulla possibilità di vie di collegamento lungo gli assi fluviali del Tellaro e di Randeci – Stafen-
na – Candelaro. Trasporto lapideo fluviale è stato ipotizzato per le esigenze edilizie di Lentini.
Cfr. Buscemi – Felici 2004b, 159–188, 175. Si aggiunge, inoltre, che i blocchi delle cave del
Plemmirio abbiano usufruito di un tratto di navigabilità dell’Anapo fino ai piedi della collina
su cui venne edificato l’Olympeion. Cfr. Felici – Lanteri 2012, 57–80; Lena et alii 1988, 49–51.
35
Voza 1999, p. 116.
36
Per i templi arcaici di Ortigia Orsi 1919, 353–754. Per l’Olympeion di Siracusa Lena et alii
1988, 49–51. I blocchi estratti dalle latomie costiere di Santa Lucia ed Ortigia potrebbero es-
sere stati destinati al cantiere della grande gettata di collegamento tra Ortigia e la terraferma,
avviata verso il 540 (Strab. 1, 3, 18): vd. Felici – Lanteri 2012, 73.
37
Sulla metrologia v. in generale Stazio 1959, 535. Per i blocchi, si è rilevato uno spessore
prevalente medio che si aggira intorno a cm 50, pari a 1,5 piedi o poco più, o cm 70 equivalenti
a 2 piedi ed un terzo. I lati lunghi invece variano da cm 60 a 215 (pari a 2-7 piedi); i lati brevi,
infine, intorno a cm 50 e cioè di nuovo 1 piede e 2/3 circa. Tagli di grossa pezzatura basati sui
multipli del piede attico-eubeo e del piede attico-eubeo siciliano si trovano in molte cave della
costa siracusana per le quali si può ammettere uno sfruttamento in età greca. Cfr. Felici – Lan-
teri 2012, 57–80. Per gli altri contesti costieri tra Punta Castelluzzo e Brucoli un esempio di
confronto tra la metrologia antica e le pezzature moderne è stato proposto in Buscemi – Felici
Abbreviazioni bibliografiche
Adam 1988: J.P. Adam, L’arte di costruire presso i Romani (Milano 1988) (trad. it.
1990).
Agnello 1948: G. Agnello, San Lorenzo vecchio presso Pachino, BA XXXIII, s. IV, I,
1948, 63–68.
Agnello 1969: S.L. Agnello, La Pizzuta di Eloro ed i suoi restauri, ArcStorSir 15, 1969,
130–133.
Bernabò Brea: L. Bernabò Brea, Akrai (Catania 1956).
Bessac 1986: J.-C. Bessac, La prospection archéologique des carriéres de pierre de
taille. Approche méthodologique, Aquitania 4, 1986, 151–171.
Bessac 1987: J.-C. Bessac, L’outillage traditionnel du tailleur de pierre de l’Antiquité à
nos jours, RANarb 14, 1987.
Bessac 2003: J.-C. Bessac, Nouvelles traces du chantier romain du Pont du Gard,
RANarb 36, 2003, 177–198.
Blackman 1988: D.J. Blackman, Bollards and Men, MedHistR 3, 1, 1988, 7–20.
Bosi et alii: C. Bosi – L. Carobene – A. Sposato, Il ruolo dell’eustatismo nella evoluzio-
ne geologica nell’area mediterranea, Mem.Soc.Geol.It. 51, 1996, 363–382.
Buscemi – Felici 2004a: E. Felici – G. Buscemi, Felici, Cave costiere nel territorio di
Lentini, in: M. Frasca (ed.), Leontini, il mare il fiume la città, Lentini 2002 (Siracusa
2004) 27–48.
2004b, Appendice, in cui si specifica che mentre nelle latomie antiche sono state documentate
grandi pezzature basate sul piede attico-eubeo o sul piede attico-eubeo siciliano, in latomie
moderne nello stesso territorio si riscontrano pezzature analoghe a quelle in uso nella rico-
struzione settecentesca dopo il terremoto. Le mura dionigiane, con conci lunghi 4 piedi (cm
120 x 50 x 50), come tramanda Diod., (18, 8), furono costruite a cavallo tra il V e il IV secolo
a.C. vd. Mertens 2002, 243–252. Per altre latomie siracusane Lanteri 2015, 488 avanza l’ipote-
si dell’adozione del piede attico. Un ulteriore confronto metrologico viene fornito dai blocchi
messi del Tempio di San Lorenzo Vecchio di età classica presso Pachino, formato da grossi
conci parallelepipedi di grandi dimensioni estratti dalle latomie di Marzamemi, circa km 11
a Sud di Eloro. Per gli aspetti metrologici cfr. Lena – Rustico 2011, 295–304. Sul tempio di S.
Lorenzo Vecchio v. in generale Agnello 1948, 63–68.
38
Nella latomia dell’Intagliatella di Akrai si è conservato l’unico esempio con rilievo diret-
tamente scolpito nella parete rocciosa, con rappresentazione del defunto eroizzato, rilievo
variamente datato fra il III sec. a.C. e l’età augustea. Bernabò Brea 1956, 59–62.
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Il fenomeno è ben documentato, per esempio, dai blocchi di reimpiego nei muri perime-
trali della Basilica bizantina edificata sui resti della stoà ellenistica (Voza 1981, 687). Nell’im-
mediato entroterra, conci di grande pezzatura metrologicamente confrontabili con quelli
utilizzati nei monumenti della città, si trovano riadoperati nei muri perimetrali di alcuni am-
bienti della Villa romana del Tellaro, il cui primo impianto risale al IV sec. (Voza 2008).
40
Altre latomie, in gran parte costiere, sono individuate sia a Nord che a Sud di Eloro, a
pochi km di distanza. Inoltre, Felici 2016a, 180 suggerisce che Eloro avesse potuto sfruttare,
insieme a Siracusa, le estese latomie costiere di Marzamemi.
Indirizzo