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La frequentazione di età nuragica nel sito di Biriai - Oliena

GIANFRANCA SALIS1

SUMMARY - THE NURAGIC CULTURE IN THE SITE OF BIRIAI - OLIENA. The University of Siena, in
collaboration with the local Office of the Italian Ministry for Cultural Heritage, discovered the
settlement of Monteclaro culture on the high grounds near Birai (Oliena, Nuoro) that will be key
in the understanding of Eneolithic age central eastern Sardinia. The archaeological site of Birai
attests, through the presence of two nuraghe and an extended settlement inhabited until the
Roman age, that the area was inhabited as of, at least, Nuragic times. The recent, fortuitous,
discovery of bronze artifacts brings and important element to the understanding of the chrono-
logical phases of human occupation in the area.

KEYWORDS - Nuragic period, Bronze age, nuragic ships, Oliena

1. Il sito

“Sa Sedda ‘e Biriai”, nel territorio comunale di Oliena (NU), nella Sardegna centro-
orientale, è un’altura granitica dalla caratteristica conformazione a “sella”, terminante
sulla sommità con un pianoro che si distende tra due speroni rocciosi, rispettivamente
di quota m 336 e m 332 s.l.m.
Il sito è noto alla letteratura archeologica per le indagini sistematiche effettuate negli
anni Ottanta dalla Soprintendenza archeologica e dalla Università di Siena, che hanno
messo in evidenza un villaggio santuario Eneolitico, collegato a un complesso di 12
menhir. Queste indagini hanno consentito la ricostruzione della “facies” nuorese della
cultura di Monte Claro (Castaldi 1998, p. 239).
Nella successiva età nuragica, l’estremità nord-orientale della sella, un’area contigua ma
perfettamente distinta e non sovrapposta a quella dell’insediamento eneolitico (fig. 1),
viene occupata intensamente nell'età del Bronzo (Salis 1999, pp. 38-45). Si individuano,
infatti, un nuraghe, un nuraghe arcaico, un vasto abitato, che si sviluppa fino alle pendici
della collina, e un pozzo o più propriamente una fonte venuta alla luce nell’autunno del
1978, ai piedi della sella durante i lavori di imbrigliamento di una vena sorgiva.
Della fonte, purtroppo notevolmente danneggiata dallo spietramento intensivo pratica-
to con mezzi pesanti, rimane solo parte (70 cm) della breve scala di discesa al punto di

1
Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Cagliari e le
province di Oristano e Sud Sardegna. Si ringrazia il dott. Antonio Sanciu, già funzionario respon-
sabile del territorio, che per sopraggiunti impegni non ha potuto collaborare alla stesura dell’artico-
lo, che ha stimolato l’impegno allo studio dei materiali recuperati grazie alla collaborazione e al
senso civico di un cittadino olianese - gianfranca.salis@beniculturali.it

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captazione dell’acqua (in blocchi di granito di medie dimensioni), e qualche concio della
struttura circolare che racchiudeva la sorgente (Salis 1999, p. 45).
Il nuraghe, invece, di piccole dimensioni (diam. esterno alla base sull’asse nord sud m.
8,40), vanta un ottimo stato di conservazione e una posizione di ampio dominio visivo
sulla vallata di Oliena e, in direzione opposta, sulla via naturale di collegamento con la
Baronia e la costa centro-orientale (fig. 2). In pianta, si presenta come un monotorre
con camera circolare a tholos, scala e nicchia d’andito (fig. 3), secondo schemi ampia-
mente applicati nei nuraghi di tutta l’isola.
La peculiarità architettonica deriva dalla formula costruttiva, che sfrutta l’affioramento
granitico in cui il nuraghe è incastonato: la roccia non è solo piano d’appoggio dei filari,
ma parte integrante del paramento murario, che all’esterno è visibile per soli due tratti
(m. 2,75 per m 5 di altezza, con un numero massimo di 12 filari, nel lato sud; m 3,7, per
m 7,2 di altezza, nel lato nord).
Sul paramento murario settentrionale si apre una porta, sospesa a circa m 2,40 rispetto
all’attuale piano di campagna (fig. 4); ha luce rettangolare con architrave trapezoidale (m
0,80x0,60x0,40) accuratamente lavorato e munito di finestrello di scarico.
All’interno, sul corridoio di accesso che si diparte dalla porta sospesa (lungh. m 3,60;
larg. m 0,75; H m 2,10), si aprono, a sinistra rispetto all’ingresso, l’imboccatura della
scala e, sul lato opposto, un vano di pianta rettangolare (m 0,75x1,50), chiuso sul fondo
dalla roccia naturale perfettamente lisciata e levigata (fig. 5). Della scala d’andito, coper-
ta ad ogiva, residuano 14 gradini abbastanza regolari, larghi tra i 19 e i 21 cm. Il profilo
estremamente lineare del vano scala è dovuto alla particolare lavorazione dei blocchi,
che probabilmente in alcuni punti, vista la regolarità, sono stati modellati dopo la messa
in opera. Considerata l’entità del crollo e la conformazione dello svettamento, è proba-
bile che la scala conducesse a una camera superiore.
Alla camera a tholos si accede attraverso un ingresso la cui configurazione ogivale è
interrotta da un architrave di anomalo spessore e con il bordo superiore che si prolunga
in una sorta di appendice curvilinea (forse dovuta alla durezza della pietra che in questo
punto non ha consentito la lavorazione).
La tholos, perfettamente integra e con un’altezza massima di m 3, è chiusa alla sommità
da due lastroni affiancati e ha un diametro di m 2,5 sull’asse nord-sud e di m 3 sull’asse
est-ovest. L’irregolarità della camera è da attribuire ai condizionamenti della roccia in
cui è inglobato il nuraghe.
L’edificio è realizzato in granito locale, ma si notano anche inserti in basalto.
Fronteggia il nuraghe a nord un altro affioramento granitico, in cui si individua una
piccola piazzola, in parte ricavata nella roccia in parte terrazzata, e strutture murarie alle
quali si accede tramite una lunga serie di piccoli gradini.
Alla base del roccione su cui è abbarbicato il nuraghe a tholos, c’è un piccolo edificio di
pianta ellissoidale (fig. 7), che, sul fronte meridionale, ha un ingresso a luce trapezoidale
(base maggiore m 1,10; base minore m 1; H sul piano di calpestio m 1). All’interno, si
individua un andito coperto a lastroni e a sezione tronco-ogivale, accessibile per un
tratto di circa m 1,5 e alto sul piano di calpestio m 0,85-1 (fig. 8). I blocchi che lo
costituiscono, a spigoli arrotondati e a faccia a vista piana, sono posti obliquamente,
così che il profilo del paramento murario è inclinato all’interno di circa cm 10.

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La muratura esterna è realizzata in tecnica megalitica, con blocchi poligonali appena
sbozzati e parallelepipedi lastriformi, con un notevole uso di zeppe. Ad una lavorazione
più accurata sono sottoposti gli architravi di piattabanda.
Poiché intorno all’edificio esiste uno spesso strato di crollo, è possibile osservare la mura-
tura esterna solo sul fronte meridionale, in cui si nota il profilo del paramento esterno: a
partire dai blocchi che si impostano sull’architrave sormontante l’ingresso, cioè da m 1,40
di altezza, la scarpa si fa molto incisiva, con una inclinazione di circa 70 cm.
Il materiale costruttivo è il granito, ma inseriti nel paramento murario si notano dei
blocchi in un basalto rosso e poroso, del tipo reperibile nel vicino altipiano del Gollei
Ospene. Un blocco in basalto spicca sopra lo stipite d’ingresso a sostenere l’architrave.
Da questo edificio si diparte un muraglione che si collega alla roccia naturale su cui
insiste il nuraghe, circondandolo sul lato Sud. In questo modo l’estremità nord-orienta-
le dell’altura risulta circoscritta dall’edificato nuragico.
Le caratteristiche struttive delle emergenze individuate sembrano attestare fasi diverse
dell’età del Bronzo. Il nuraghe a tholos palesa un pieno possesso del sistema costruttivo
nuragico, che si misura nella notevole capacità di adattare i principi statici basati su anelli di
pietra sovrapposti e i modelli planimetrici standardizzati a una costruzione fortemente
integrata con la roccia naturale e solo parzialmente costruita. Mentre in altri edifici noti in
letteratura i banconi rocciosi hanno imposto soluzioni planimetriche originali (Depalmas
2015, pp. 78-80), il monotorre di Biriai si attiene a formule planimetriche consolidate.
Inoltre, l’uso di accorgimenti costruttivi quali i finestrelli di scarico e la realizzazione di
massicce ogive piene nei corridoi e nel vano scala sono indizio di un’architettura matura in
grado di dosare sapientemente i carichi e l’alternanza dei pieni e dei vuoti.
Il secondo edificio risulta inseribile, per planimetria e apparecchiatura muraria, tra i
nuraghi arcaici, anche se è difficile, visto lo stato di crollo, stabilire con certezza se si
tratti di un protonuraghe o di un nuraghe a corridoio, secondo la distinzione recente-
mente ribadita (Moravetti 2017, pp. 25-27).
Sebbene la folta macchia non consenta una lettura esaustiva del sito, l’estensione e la
consistenza dell’insediamento contribuiscono ad indicare una lunga fase di occupazio-
ne dell’area, ipotesi corroborata dalle notizie derivate da precedenti ricognizioni, che
hanno individuato una frequentazione che arriva fino ad età romana (De Santis 1985,
pp. 339-340).

2. La frequentazione nuragica di Biriai. Un contributo da inediti materiali

Il recupero occasionale di un piccolo gruppo di materiali, privo di dati stratigrafici e


genericamente ascrivibile all’abitato nuragico, offre utili spunti di riflessione sulle arti-
colate fasi di vita del sito.
I più significativi sono due frammenti pertinenti a una navicella in bronzo (fig. 9), og-
getto che in Sardegna proviene prevalentemente da luoghi con valore o funzione cul-
tuale (Depalmas 2005, pp. 182-184; 2014, pp. 121-136; Salis 2014, Rendeli 2017, pp. 1-
32). Residuano parti significative del ponte (fig. 10), che era costituito da una coppia di
bastoncelli decorati, nel punto di convergenza, da un elemento discoidale realizzato

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mediante un filo avvolto a spirale. Dopo l’innesto dell’elemento discoidale, il ponte
continua in un’unica verga. Tra i due bastoncelli del ponte, che dovevano essere con-
trapposti sul bordo dello scafo, sono fissati due arieti o mufloni stanti, con le zampe
unite e assottigliate, che dovevano ugualmente poggiare sullo scafo. Le poche navicelle
finora edite che recano degli animali sui bordi sono state inserite nel tipo 8 della tipologia
di A. Depalmas (Depalmas 2005, p. 65) e sono accomunate dalla presenza di un ponte
trasversale, diritto o arcuato, sostenuto ai margini da due figure bovine, una per parte,
aggiogate. Rispetto al tipo noto, pertanto, i frammenti di Biriai rappresentano una varian-
te, in quanto in essi il ponte si imposta direttamente sulla navicella e non sugli animali.
Questa variante discende dalla eliminazione del giogo, che consente anche di rappresenta-
re altri animali rispetto ai bovidi, presenti nelle navicelle del tipo 8, e inserire arieti o
mufloni, riconoscibili dalle grandi corna ritorte all’indietro, poste ad incorniciare delle
grandi orecchie. La rappresentazione dell’animale si avvale di elementi naturalistici noti,
quali il muso cilindrico, con estremità schiacciata e debordante, e gli occhi a globetto
piuttosto rilevato. Il corpo, cilindrico, è inciso da striature parallele o divergenti che si
dipartono da una linea dorsale raffigurante il pelame ed è munito di una coda corta, attaccata
al corpo dell’animale. In vari punti, si notano canali della colata di fusione, residui della
tecnica a cera persa, che sembra aver ingenerato in un’unica colata l’animale e il ponte.
Nel complesso, le figurine zoomorfe trovano numerosi confronti nella piccola bronzistica
nuragica, in particolare nell’ariete della fonte sacra di Monte Ultana, a Laerru (Moravetti
2014, p. 422, n. 24; Lilliu 1966, p. 338, n. 221; Foddai 2008, p. 261, fig. 2), mentre gli arieti
di Serra Niedda (Moravetti 2014, p. 422, n. 25-26), che hanno una diversa resa delle corna,
rivelano forti analogie nella rappresentazione del corpo e del pelame.
L’impostazione generale della figura zoomorfa, soprattutto in relazione alla posizione
leggermente obliqua delle zampe, ricorda gli animali della navicella di Vetulonia (Depal-
mas 2005, pp. 67-71), tra i quali è presente anche un ariete o muflone rappresentato, nel
muso e nelle corna, con le medesime forme degli animali di Biriai.
Sicuramente attribuibili ad età nuragica sono anche tre elementi in bronzo, che propongo-
no forme e decorazioni note nel repertorio degli ornamenti nuragici (Fois 2014, p. 279). Il
primo è un anello di tipo a fascetta a capi aperti, con estremità assottigliate, arrotondate e
accostate (fig. 11.1). Il secondo (fig. 11.2) è un anello a sezione rettangolare con una
decorazione sul dorso a trattini obliqui paralleli, anche se il motivo decorativo non è chia-
ro a causa delle incrostazioni terrose. Un confronto potrebbe trovarsi nel bracciale di
Santa Maria di Pauli (Macnamara et al. 1984, pl. VI.139). Il terzo è un bracciale frammen-
tario, a fascetta e capi assottigliati e arrotondati, e presenta sul dorso un tratteggio obliquo
a spina di pesce inquadrato da linee incise ai margini (fig. 11.5). Relativamente al motivo
decorativo, si riscontrano strette analogie con un esemplare proveniente dal vicino villag-
gio di Costa Nighedda, sempre in territorio di Oliena (Desantis et al. 2004, fig. 13.1).
Nel ripostiglio di Costa Nighedda (Desantis et al. 2004, fig. 10.2), si individua anche un
confronto per il pendaglio a sfera piena con anello di sospensione recuperato a Biriai (fig.
11.7), riconducibile al tipo abbinato ai tripodi di ispirazione cipriota, ma ascrivibili a pro-
duzioni locali (Lo Schiavo 2005). È analogo, per forme e dimensioni, a quelli noti nei
tripodi di Su Benatzu-Santadi (Lo Schiavo, Usai 1995, pp. 147-186), di Villagrande Strisaili
(Fadda 1995, p. 121), di Santa Vittoria di Serri (Lo Schiavo 1983, p. 304, fig. 6.1) e da varie

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località dell’isola (Pusole 2017). I tripodi sono recipienti bronzei muniti di un sostegno
a tre piedi ritenuti originari di Cipro, reinterpretati in Sardegna con varianti locali. La
circolazione di questi oggetti nel territorio di Oliena è ulteriormente attestata dal rinve-
nimento di un frammento di tripode nel villaggio di Sa Sedda ‘e sos Carros. Consiste in
una piccola barra decorata da un motivo a treccia racchiuso all’interno di due cordoni
lisci (Lo Schiavo 2005, p. 352).
Oltre al tripode, vi è, nel gruppo di materiali in esame, un altro reperto che si inquadra tra
quelli che ricorrono in ambiente nuragico a seguito di influssi e relazioni con ambienti
endogeni. Si tratta di una palmetta, di forma ellittica allungata e a sezione piano convessa,
che si avvicina tipologicamente a modelli ascrivibili alla fine dell’VIII-VII secolo a.C. (fig.
11.4). Presenta l’asta della originaria immanicatura spezzata e due fori passanti che servi-
vano per il fissaggio al contenitore di cui faceva parte. La palmetta di Biriai, che ricorda
nella forma quella alla base dell’ansa di una brocchetta da Pontecagnano, datata al VII sec.
a.C. (D’Agostino 1977, p. 8), amplia la carta di diffusione del tipo e si aggiunge a quelle già
edite di Sa Sedda ‘e sos Carros, che era stata riapplicata a un calderone bronzeo (Salis 2008;
2013), di Su Iganti di Uri, riutilizzata nel VII secolo in una coppa metallica (Nicosia 1980,
pp. 208-209), e del nuraghe Ruju di Buddusò (Nicosia 1981, pp. 204, 135 a-b; p. 412, 212;
Bernardini, Botto 2011), dove era posta alla base dell’ansa di una brocchetta askoide nura-
gica, riprodotta in bronzo e quindi in una versione impreziosita dalla ricercatezza del
materiale. Una palmetta è attestata anche nella parte inferiore di una presa ad anello in
bronzo da Abini-Teti (Spano 1866, p. 16; Salis 2015, p. 335), ascrivibile ad età arcaica.
La palmetta fenicia è indicativa della diffusione in Sardegna, anche quella centro-orientale,
del linguaggio figurativo orientalizzante, che tra VIII e VII secolo si instaura nel Mediter-
raneo tirrenico come diretta conseguenza di un intreccio di relazioni commerciali con
l’Egeo e il Vicino Oriente.
Sono da attribuire ad età storica, invece, gli elementi in argento (fig. 11, 3 e 6), il campa-
nellino sempre in argento (fig. 11.8), munito di due eleganti volute nell’appiccagnolo, e il
frammento di coppa che ripropone motivi tipici dell’atelier des Petites Estampilles (fig.
11.9), produzione dell’area centro-italica datata tra il 310 e il 265 a.C. circa, che si rinviene
in Sardegna in centri caratterizzati da apertura ai traffici e ai commerci.

Conclusioni

Alla luce dei nuovi dati, la frequentazione di Biriai si attesta su un ampio arco cronolo-
gico. Gli edifici nuragici, che si inseriscono nell’ambiente naturale e sfruttano gli affiora-
menti rocciosi inglobandoli nella muratura, secondo modalità già note nel territorio
olianese (per esempio nel nuraghe Sa Lugiana, in Salis 1999, pp. 86-87, 119, fig. 1), sono
espressione di differenti forme e fasi architettoniche e, unitamente alla consistenza del-
l’insediamento correlato, indicano una continuità d’uso significativa della importanza
strategica del sito nell’età del Bronzo.
Per quanto attiene alla bronzistica, i frammenti di navicella rinvenuti, portatori di aspetti
tipologici inediti, confermano l’ampia diffusione di barchette nell’areale, che ha restitu-
ito un alto numero di esemplari (soprattutto da Sa Sedda ‘e sos Carros e, in misura

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minore, da Costa Nighedda). Nelle diverse fasi, la pregevolezza e la fine fattura di alcuni
degli oggetti rinvenuti suggeriscono l’esistenza di un contesto socio economico elevato,
mentre le caratteristiche tipologiche di alcuni reperti, ispirati a gusti di ampia diffusione
nel Mediterraneo, inducono ad ipotizzare una consuetudine di scambi culturali e con-
tatti con ambienti extra-insulari. Peraltro, questa apertura culturale è elemento noto nel
territorio di riferimento, che gravita lungo la valle del Cedrino, ritenuta una delle più
importanti vie di collegamento dalla costa verso l’interno.
La frequentazione della sella di Biriai dall’Eneolitico all’età romana si giustifica proba-
bilmente anche con la posizione strategica dell’altura al centro della vallata di Oliena, di
cui si riesce a seguire visivamente il declinare verso la costa, nonché con la vocazione
agricola del territorio, che deve aver contribuito a rendere il sito appetibile all’insedia-
mento umano.

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Fig. 1 - Oliena. La sella di Biriai, con l’indicazione delle aree dell’insediamento Monteclaro (1)
e dell’insediamento nuragico (2) (foto N. Catte)

Fig. 2 - Oliena. Biriai. Il nuraghe a tholos incastonato nell’affioramento granitico (foto N. Catte)

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Fig. 3 - Oliena. Biriai. Nuraghe a tholos. 1. pianta alla base; 2. pianta allo svettamento;
3. sezione longitudinale; 4. rilievo porta sospesa; 5. ingresso nicchia d’andito; 6. ingresso tholos

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Fig. 4 - Oliena. Biriai. Nuraghe a tholos. Ingresso sospeso sul tratto
di muro realizzato tra i due banconi rocciosi (foto N. Catte)

Fig. 5 - Oliena. Biriai. Nuraghe a tholos. Scala Fig. 6 - Oliena. Biriai. Ogiva di accesso
d’andito con copertura ogivale (foto N. Catte) alla garitta (foto N. Catte)

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Fig. 7 - Oliena. Biriai. Il protonuraghe. Veduta frontale (foto G. Salis)

Fig. 8 - Oliena. Biriai. Protonuraghe. Camera interna a sezione tronco-ogivale (foto G. Salis)

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Fig. 9 - Oliena. Biriai. I due frammenti di navicella raffiguranti un muflone o un ariete
(foto G. Pittalis)

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Fig. 10: Oliena. Biriai. Frammento di navicella raffigurante un muflone o un ariete.
Particolare con l’inizio del ponte (foto G. Pittalis)

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Fig. 11 - Oliena. Biriai. Anelli e bracciali in bronzo (1, 2, 5) ed elemento in argento (3),
palmetta in bronzo (4), globetti in argento (6), globetto forse pertinente a un tripode cipriota (7),
campanellino in argento (8), frammento di coppetta pertinente all’atelier des
petites estampilles (9, 10) (Foto G. Pittalis)

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