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Bartolomeo Bortolazzi

(1773-?)

mandolinista e compositore famoso in tutta Europa

Bartolomeo Bortolazzi nacque a Toscolano (oggi comune di Toscolano


Maderno in provincia di Brescia) ridente borgata della sponda
occidentale del Lago di Garda il 3 marzo del 1772, da Domenico di
Giacomo e Apollonia Lombardi, come risulta dal “libro dei Battezzati dal
1695 al 1775”, tuttora conservato nell’archivio della Parrocchia di
Toscolano. Toscolano faceva parte, come quasi tutta la provincia, della
Repubblica di Venezia, e godeva di un fiorente artigianato che,
specialmente nel settore della lavorazione della carta, divenne vera e
propria industria.
Bartolomeo fu avviato a seguire le orme del padre Domenico per
apprendere il mestiere del cartaio, ma la passione per il mandolino e la
musica ebbero il sopravvento.
Infatti a 18 anni nel 1790, in compagnia dei suoi amici Bazzani e Lena, suonatori di chitarra e Pietro
Ferrari, cantore di arie buffe, abbandonò la città natale per giungere in paesi e città dell’Italia del
Nord, per tenere concerti in piazze, osterie e teatri.
Ebbero subito successo, che li spinse a varcare i confini e trasferirsi in Francia, ove ripeterono i loro
successi. Ma ben presto la Rivoluzione, che sconvolse Francia e Europa, li costrinse a tornare a
Toscolano. Ma dopo breve tempo partirono nuovamente per il Tirolo, e da lì in Austria visitando le
città più importanti dell’Impero fino a giungere a Vienna.
Anche in questa città vi furono notevoli successi e riconoscimenti. Qui Bortolazzi ebbe la fortuna di
incontrare il “.. celebre pianista Colò di Riva di Trento che, favorevolmente impressionato dal talento
di Bartolomeo, lo avviò a seri studi musicali e letterari”.
Tali studi furono affrontati dal Bortolazzi con amore e intelligenza pronta e vivace. Verso il 1794
Bortolazzi si sposò con Margherita Leonardi. Nel 1795 tornò a Toscolano dove risiedeva la moglie
incinta. Il loro figlio nacque il 29 marzo 1796 e gli fu imposto il nome di Giacomo Giuseppe. La
nascita del figlio e gli studi compiuti con il generoso maestro Colò favoriscono in modo positivo
l’inizio della carriera di Bortolazzi.
A Vienna i successi personali di Bortolazzi, dotato di uno straordinario talento, lo portarono in breve
ad essere un mandolinista tra i più rinomati d'Europa.
Nel 1799 Bortolazzi si trasferì a Londra, forse invitato da una loggia massonica. Difatti, presso il
British Museum, si trovano alcune composizioni vocali dedicate ai “fratelli della Loggia dei
Pellegrini”. Ed è a Londra che egli incontrò, nel 1799, il giovane compositore slovacco Johann
Nepomuk Hummel (1778-1837), che gli dedicò il famoso concerto per mandolino e orchestra (ora
reperibile presso il British Museum). Evidentemente il giovane Hummel rimase affascinato dal
virtuosismo di Bortolazzi, tanto da dedicargli il concerto, che nella stesura, risente dei consigli che gli
vennero suggeriti dal Bortolazzi, soprattutto per quanto riguarda il modo di trattare la scrittura dello
strumento.
Il mandolino era abbastanza conosciuto a Londra, in quanto Giovanni Battista Gervasio aveva tenuto
un concerto nel 1768 e Pietro Leone aveva fatto pubblicare in quegli anni il metodo per mandolino.
Inoltre lo strumento era stato impiegato da Haendel (1748), da Arne (1764) e da altri compositori. È’
probabile che Bortolazzi, durante la sua permanenza a Londra, che durò dal 1799 al 1802, abbia
avuto l’occasione di conoscere alcuni musicisti che si trovavano in quella città in quegli anni, tra cui il
celebre Giovanni Battista Viotti (1755-1824), il celebre tenore e compositore Luigi Asioli e la celebre
cantante Giuseppina Grassini.
Qui perfezionò sicuramente anche la conoscenza della chitarra, studiando con maestri del luogo.
Questo è testimoniato da alcune nuove composizioni per chitarra, che sio fanno sempre più
raffinate.
Alla fine del 1802 Bortolazzi ritornò a Vienna e si preparò a partire per la Germania per una serie di
concerti in compagnia del figlio Giacomo Giuseppe in varie città tra cui Brunswick e Berlino.
Il 2 settembre 1803 il giornale “Leipziger Allgemeine Musikalische Zeitung” ci informa di un concerto
di Bortolazzi a Dresda “…di Bortolazzi, il musicista di mandolino, dico soltanto che fa davvero molto.
Che razza di povero arnese è mai questo strumento che può emettere soltanto una specie di frinire
di grilli, nessun tono mantenuto, niente di cantabile”. A questo proposito Konrad Wölki osserva che
“la tecnica mandolinistica del tempo non faceva uso del tremolo, e conseguentemente, trattava lo
strumento solo con lo staccato. Questa rinuncia al tremolo non va comunque intesa come una
limitazione espressiva, come d’altronde l’antica musica per liuto aveva già dimostrato attraverso i
secoli”. A distanza di un mese un altro giornale, l’”Allgemeine Musikalische Zeitung” così descrisse
un altro concerto di Bortolazzi: “… il Sig. Bortolazzi virtuoso di mandolino … di mandolino? Ripetono
increduli scuotendo la testa molti lettori. Proprio così. E’ vero che in Germania il mandolino ha poco
credito se suonato da mani poco abili, ma il signor Bortolazzi dimostra pienamente come spirito,
sentimento, gusto e solerzia instancabili possano far parlare anche uno strumento insignificante in
mani esperte. I suoi concerti con accompagnamento dell’orchestra non sono molto interessanti, ma
le sue variazioni e simili piccoli pezzi (accompagnati, e bene, sulla chitarra dal figlioletto di sette anni)
così come le sue improvvisazioni, sono degni di ascolto e molto gradevoli. Solo un italiano può essere
capace di rendersi interessante con così poco: il signor Bortolazzi ha composto dei pezzi per il suo
strumento ed altri ne compariranno presto”.
E’ interessante osservare che, mentre nella recensione del concerto di Dresda, il mandolino era
descritto come un “… povero arnese” solo capace di “emettere una specie di frinire di grilli”, il
giornalista di Lipsia sottolinea che il mandolino è uno strumento insignificante soltanto nelle mani di
suonatori incapaci. Grazie al virtuosismo e alla tenacia di Bortolazzi, lentamente i musicisti
abbandonarono i propri pregiudizi nei confronti del mandolino. La sua fortunata e intensa attività
concertistica influì notevolmente a fare apprezzare il mandolino e il suo repertorio.
Il giornale “Musikalische Allgemaine” di Branschweig scriveva: “Il 15 novembre il mandolinista
Bortolazzi ci ha riservato un semplice ma intenso piacere. La sua mirabile capacità esce esaltata dopo
questo concerto”.
Nel 1804, a Berlino, suonò accompagnato con la chitarra del figlio Giacomo Giuseppe di 8 anni, le
variazioni tratte da un tema dell’opera “La bella molinara” di Giovanni Paisiello. Tre settimane dopo
egli si esibì a Lipsia e anche in questa occasione scrive il giornale “… intratteneva piacevolmente i
suoi ascoltatori riscuotendo un caloroso ed entusiastico successo”. Bortolazzi non era l’unico
esecutore nei suoi concerti, ma divideva il programma con altri musicisti.
Ad esempio, nel concerto eseguito a Berlino nel 1804, veniva “presentato per la prima volta un
quartetto per archi di Dussek”.

Nel 1805 la famiglia di Bortolazzi ritornò a Vienna dove tenne molti concerti e lavorò come insegnate di mandolino e
chitarra e come compositore. L’ultimo resoconto sulla vita di Bortolazzi a Vienna risale all’8 aprile 1805.

A Vienna il mandolino era ormai di casa, basti pensare che Beethoven, che vi si era trasferito nel 1782, aveva scritto nel
1796 le sue composizioni per mandolino e clavicembalo. I giornali si occuparono con assiduità delle esecuzioni del
“celebre mandolinista Bortolazzi” che dimostrava sempre “molta abilità, leggerezza e delicatezza”.
La stima dei viennesi fu un incoraggiamento a Bortolazzi per stabilire a Vienna la sua residenza definitiva.
La sua attività di concertista, di insegnante e compositore, gli consentivano una vita tranquilla e serena con la sua
famiglia.
Konrad Wölki, che è stato il più tenace e appassionato studioso della vita e dell’opera di Bortolazzi, ci informa che dopo
il 1814 non si trovano più notizie di lui. Che sarà accaduto?
Qualcuno ha sollevato l’ipotesi che sia ritornato in Italia, ma questa notizia non trova alcuna conferma. L’unica notizia
relativa alla sua scomparsa la riscontriamo nel libro del Valentini che racconta: “ …Non sazio mai di onori, di luci e di
avventure, volle traversare l’oceano per amore, dicesi, di una bella peccatrice coronata, di cui aveva sprezzato l’amore
nei giorni delli splendidi trionfi di Dresda e che a lui tendeva pur sempre le sue braccia desiose. Per naufragio, con la
moglie e con l’unico figlio, miseramente periva nel 1820, cinquantenne appena”.
Tutte le ricerche di ulteriori notizie sulla sua scomparsa non hanno avuto fino ad oggi, alcun esito positivo.

Particolarmente importante è il contributo dato da Bortolazzi alla letteratura del mandolino e della chitarra.
Le sue composizioni testimoniano uno stile elegante e scorrevole, che però non sa mai andare in profondità. Nei lavori
per mandolino è posta in risalto la melodia, mentre l’armonia è semplicissaima e scolastica. Le sue composizioni hanno
però un grande significato storico, perché ci informano sul modo di suonare il mandolino nei primi anni del XIX secolo.

Oltre a varie opere per mandolino, Bortolazzi ha scritto alcune composizioni per chitarra, in generale variazioni e
canzoni per canto e accompagnamento di chitarra. Scrisse infine anche un Metodo per lo strumento.

Opere per chitarra di Bartolomeo Bortolazzi

1. Six Italian Arias Op. 5, voice & guitar

VI / Airs italiens / avec accompagnemente de la guitarre / composées et dediées / a Madame la Baronne de

Braun / par / Barthelemy Bortolazzi, 1803, Bureau D'arts et Industries (Vienna).

Fonte: Archivio Toggenburg, Bolzano

2. Variations Op. 8, mandolin & guitar

~1804, Breitkopf & Hartel (Lipsia). Fonte: Archivio Toggenburg, Bolzano

3. Variations Op. 10, mandolin & guitar

~1804, Breitkopf & Hartel (Lipsia). Fonte: Archivio Toggenburg, Bolzano

4. Six Italian Arias Op. 11, voice & guitar

Simrock (Bonn, Vienna). Fonte: Archivio Toggenburg, Bolzano

5. Variations Op. 13, guitar & violin

Simrock (Bonn). Fonte: Archivio Toggenburg, Bolzano

6. Variations Op. 15, flute & guitar

Fonte: Archivio Toggenburg, Bolzano

7. Variazioni Concertanti Op. 19 (guitar & piano)


XII / Variations concertantes / pour guitare et pianoforte / par / B.Bortolazzi ~1805, Bureau D'arts et Industries

(Vienna).

Fonte: Bibliothek Gesellschaft Musikfreunde Wien

8. Method Op. 21

Haslinger (Vienna). Fonte: Archivio Toggenburg, Bolzano

9. Cavatina "Dunque mio breve..." (two voices & guitar)

Duetto / Dunque mio breve / del Sig.Zingarelli / coll'accompagnamento di chitarra del Sig.Bortolazzi, ~1816,

Cappi (Vienna).

Fonte: Biblioteca Conservatorio, Milano

10. Twelve Arias, guitar

Concha (Berlin). Fonte: Archivio Toggenburg, Bolzano

11. Rondo, guitar & piano

Concha (Berlin). Fonte: Archivio Toggenburg, Bolzano

12. Six Venetian Songs, voice & guitar

~1803, Chappell (London). Fonte: Archivio Toggenburg, Bolzano

13. Six French Romances, voice & guitar

Concha (Berlin). Fonte: Archivio Toggenburg, Bolzano

14. Sonata, guitar & piano

~1811, Peters (Lipsia). Fonte: Archivio Toggenburg, Bolzano

15. Variations, guitar & violin

Spehr (Brunswich). Fonte: Archivio Toggenburg, Bolzano

16. Variations, guitar

XII Variations / pour la guitarre / composée et dediée / a Madame la Comtesse de Paffy / née Comtesse de

Hoios / par / B.Bortolazzi, ~1809, Cappi (Vienna). Fonte: Biblioteca Fondazione Levi Venezia

Bibliographic notes
• Andrea Valentini (1820-1909), “Musicisti bresciani e il Teatro Grande”, Brescia, 1894

• Franco Poselli, Apporto di Federico Moretti alle scuole chitarristiche italiana e spagnola, Tesi di laurea in storia della

musica - Università degli studi di Trieste, Facoltà di lettere e filosofia, Anno accademico 1971-1972

• Franco Poselli, Federico Moretti e il suo ruolo nella storia della chitarra in il Fronimo IV, p. 11-19

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