Sei sulla pagina 1di 30

EDIZIONI UNIVERSITÀ DI CASSINO

COLLANA SCIENTIFICA
26
STUDI ARCHEOLOGICI, ARTISTICI, FILOLOGICI,
FILOSOFICI, LETTERARI E STORICI
Copyright © 2010 – Edizioni Università di Cassino
Via G. Marconi 10 – Cassino
ISBN 978-88-8317-052-2
Il presente volume è stato stampato con un contributo
della Provincia di Frosinone.
È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata,
compresa la fotocopia, se non autorizzata.

L'Editore si dichiara disponibile ad assolvere eventuali obblighi nei


confronti delle Istituzioni e degli Enti che detengono i diritti sulla riproduzione
delle immagini. Si ringrazia, inoltre, la Biblioteca Casanatense di Roma,
la Biblioteca Laurenziana di Firenze, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali,
l'Egypt Exploration Society, l'Imaging Papyri Project (University of Oxford).

Elaborazione: Centro Editoriale di Ateneo

Distribuzione:
Università degli Studi di Cassino
Centro Editoriale di Ateneo
Campus Folcara
Via Sant’Angelo in Theodice
I – 03043 Cassino (FR)
Acquisto online: http://www.unicas.it/cea
E-mail: editoria@unicas.it
Tel. +39 07762993225 – Fax: +39 07762994806

Finito di stampare nel mese di marzo 2010


presso Rubbettino Industrie Grafiche ed Editoriali Srl
Viale Rosario Rubbettino, 8
I - 88049 Soveria Mannelli (CZ)
Libri di scuola
e pratiche didattiche
Dall’Antichità al Rinascimento
Atti del Convegno Internazionale di Studi
Cassino, 7-10 maggio 2008

Con la collaborazione di:


CUSL - CONSULTA UNIVERSITARIA DI STUDI LATINI
CONSORZIO EUROPEO DI ALTA FORMAZIONE E RICERCA
(UNIVERSITÀ DI BUDAPEST, CASSINO, IOANNINA, EHESS PARIS, SALAMANCA)

a cura di
Lucio Del Corso e Oronzo Pecere

Tomo I

EDIZIONI UNIVERSITÀ DI CASSINO


2010
GUGLIELMO CAVALLO

Oralità scrittura libro lettura


Appunti su usi e contesti didattici tra antichità e Bisanzio

Nel 1950 Marcel Richard pubblicava una relazione – dal semplice


titolo Ἀπὸ φωνῆς – tenuta due anni prima in occasione del VII
Congresso internazionale di studi bizantini1. L’argomento rilevava
prepotentemente la dimensione orale nelle pratiche didattiche tar-
doantiche dimostrando che all’incirca tra i secoli V-VIII molti scrit-
ti di filosofia, medicina, grammatica di ambito scolastico non pote-
vano essere considerati testi di scuola composti direttamente da
determinati maestri/autori ma – proprio in quanto connotati dal-
l’espressione ἀπὸ φωνῆς seguita dal nome del maestro al genitivo –
derivavano da appunti e note redatti da scolari, ora esplicitamente
nominati, ora anonimi, durante corsi di insegnamento tenuti oral-
mente. Si tratta, insomma, di quel procedimento che si suole indi-
care con il termine di ὑποσημείωσις o ἀποσημείωσις. E dunque
diversi commentari di Ammonio ad opere aristoteliche, di
Olimpiodoro ad alcuni dialoghi di Platone e allo stesso Aristotele,
di Elia e di David all’Isagoge di Porfirio, di Stefano di Alessandria
ancora ad Aristotele ma anche al Prognostikon di Ippocrate recano
nel titolo l’espressione ἀπὸ φωνῆς, indice che questi commentari
altro non sono che reportationes di lezioni orali. Si può aggiunge-
re per certi commentari che, pur mancando l’espressione ἀπὸ

1
M. Richard, Ἀπὸ φωνῆς, «Byzantion», 20 (1950) (= Actes du VII e Congrès des études
byzantines. Bruxelles 1948, II), 191-222, rist. in Id., Opera minora, III, Turnhout-Leuven
1977, nr. 60.

11
GUGLIELMO CAVALLO

φωνῆς, dal contesto si desume che si tratta della ripresa scritta di


corsi tenuti oralmente.
Anche se la pratica di un insegnamento fondato sostanzialmen-
te sull’oralità risulta esplicita in età tardoantica, essa risaliva più
indietro, come si può desumere per vie diverse ma convergenti.
Nella stessa tradizione neoplatonica, si sa che Plotino per lungo
tempo si era rifiutato di scrivere alcunché affidando solo all’insegna-
mento orale l’espressione del suo pensiero, tanto che il suo scolaro
Amelio redasse ben cento libri, andati persi, di scholia, appunti presi
durante i corsi2. In particolare Plotino a lezione si faceva leggere dei
commentari platonici e peripatetici, e quindi esponeva il suo pen-
siero, ma senza riprendere nulla di quanto era stato letto3. Galeno a
sua volta, parlando di alcune sue opere composte su richiesta di
sodali, così ne scrive: «io le detti ad amici e scolari senza titolo rite-
nendole non destinate alla pubblicazione, ma dandole a quegli stes-
si che mi avevano chiesto di poter conservare le note di commento
– ὑπομνήματα – che essi avevano ascoltato»4; e la stessa cosa Galeno
ripete anche altrove5. Anche qui si è di fronte a un insegnamento
orale, con commentari in questo caso non elaborati per iscritto dagli
scolari ma redatti dal maestro stesso. Significativo a questo proposi-
to è altresì il ricorso di Galeno all’espressione proverbiale ἐκ βιβλίου
κυβερνήτης quando vuole criticare una formazione esclusivamente
libresca rispetto all’insegnamento impartito dal maestro. In uno dei
passi in cui egli si riferisce al «pilota da libro» del proverbio, egli scri-
ve che «l’insegnamento migliore è quello che avviene attraverso la

2
Porph. Plot. 3, 46-47 e 4, 5-6. Si veda M.-O. Goulet-Cazé, L’arrière-plan de la Vie
de Plotin, in L. Brisson – M.-O. Goulet-Cazé – R. Goulet – D. O’Brien [éd. par],
Porphyre, La vie de Plotin, I. Travaux préliminaires et index grec complet, Paris 1982
(Histoire des Doctrines de l’Antiquité Classique, 6), 231-327: 270-272.
3
Porph. Plot. 14, 10-16. Si veda Goulet-Cazé, L’arrière-plan (cit. n. 2), 262-264.
4
Gal. Lib. Propr. prol. 6, ed. V. Boudon-Millot, Paris 2007, 135.
5
L. Alexander, The Living Voice. Scepticism towards the Written Word in Early
Christian and in Greco-Roman Texts, in D. J. A. Clines – S. E. Fowl – S. E. Porter [ed. by],
The Bible in Three Dimensions. Essays in Celebration of Forty Years of Biblical Studies in the
University of Sheffield, Sheffield 1990 («Journal for the Study of the Old Testament».
Supplement Series, 87), 221-247: 224-237.

12
ORALITÀ SCRITTURA LIBRO LETTURA

viva voce – ζῶσα φωνή – e che da un libro non può uscire né un


buon pilota né uno che eserciti qualsiasi altra arte»6. Nessun manua-
le per Galeno può sostituirsi all’insegnamento diretto e orale, e il
libro, il testo scritto, può funzionare per ravvivare la memoria delle
lezioni o anche – peraltro ove sia letto sotto la guida individuale di
un maestro – come ripiego per colmare l’assenza di una scuola con
le sue διατριβαί7. Questa era sostanzialmente la funzione che non
solo Galeno ma anche i neoplatonici sembrano assegnare agli scritti
composti indipendentemente dalle lezioni, magari anche rielaboran-
do materiali redatti per la preparazione dei corsi8. Si può aggiunge-
re, infine, una testimonianza sul versante latino relativa all’insegna-
mento retorico: Quintiliano riferisce di due libri sull’arte retorica
che egli non aveva pubblicato né composto a tal fine, ma che erano
stati ricavati e messi in circolazione da scolari affezionati, l’uno
mediante escerti da un sermo e l’altro trascrivendo note prese alle sue
lezioni9. Né peraltro le opere così nate erano adoperate come libri di
testo: esse, infatti, potevano servire a loro volta solo come sostegno
di lezioni nel corso delle quali il maestro aggiungeva, selezionava o
correggeva oralmente quanto riteneva opportuno. Insomma, quel
che emerge per quanto concerne l’istruzione alta antica è una larga
pratica didattica dominata da una parte dalla ζῶσα φωνή, come la
chiama Galeno – la viva vox celebrata da autori latini quali Seneca,
Quintiliano, Plinio10 –, e d’altra parte dalla scrittura nella specie sia
di note prese durante i corsi dagli scolari sia di scaletta del maestro.
Quanto ai libri, questi erano certamente adoperati, ma con funzioni
di sostegno. Sull’argomento si ritornerà.

6
Gal. Alim. Fac. 1, 1 (VI, 479 Kühn = CMG, V, 4, 2 [216 Helmreich]). Ma l’e-
spressione proverbiale ἐκ βιβλίου κυβερνήτης è citata da Galeno anche altrove: si veda A.
Roselli, Ἐκ βιβλίου κυβερνήτης: i limiti dell’apprendimento dai libri nella formazione tec-
nica e filosofica (Galeno, Polibio, Filodemo), «Vichiana», s. IV, 4 (2002), 35-50: 36-44.
7
V. Boudon-Millot, L’oral et l’écrit chez Galien, in J. Juanna – J. Leclant [éd. par],
La médicine grecque antique, Paris 2004 (Cahiers de la Ville ‘Kerylos’, 15), 199-218.
8
Goulet-Cazé, L’arrière-plan (cit. n. 2), 272.
9
Quint. Inst. 1, praef. 7.
10
Sen. Epist. 6, 5 e 33, 9; Quint. Inst. 2, 2, 8; Plin. Epist. 2, 3.

13
GUGLIELMO CAVALLO

Si è qui trattato delle pratiche didattiche di scuole filosofiche e


mediche antiche e tardoantiche ma, come lascia intendere
Quintiliano, anche le scuole di retorica – al di là di determinate
scelte didattiche che potevano essere diverse da maestro a maestro –
erano largamente fondate su enunciati orali dell’insegnante e su
esercitazioni scritte e prove oratorie degli scolari piuttosto che sulla
lettura intensiva di trattati11. Queste pratiche trovavano le loro radi-
ci già nella scuola primaria ancor prima che si accedesse ai gradi alti
dell’istruzione: esse, insomma, erano intrinseche alle maniere stesse
dell’insegnamento e dell’apprendimento scolastico fin dal livello
più elementare. A questo proposito, in un lavoro del 1996 divenu-
to ormai classico, Raffaella Cribiore ha osservato che nella scuola
elementare l’uso di testi, e quindi di libri, da parte degli scolari era
assai scarso (e vorrei aggiungere quasi assente), giacché il vero tiro-
cinio era costituito da esercizi proposti dal maestro, il quale dispo-
neva evidentemente di manuali o altri materiali didattici da ritene-
re comunque piuttosto semplici. Questa didattica ruotava quindi
non tanto intorno a libri di testo atti a guidare lo scolaro ma intor-
no a esercitazioni scritte, si trattasse – dalle più semplici alle più
avanzate secondo le categorie distinte dalla Cribiore – di singole let-
tere dell’alfabeto, interi alfabeti, sillabari, liste di voci, esercizi di
scrittura, massime e detti, passi di una certa estensione ricopiati o
scritti sotto dettatura, scholia minora, composizioni, parafrasi o rias-
sunti, esercizi grammaticali, miscellanee di materiali diversi12. Il
medesimo metodo di insegnamento e la medesima gradualità si
ritroveranno più tardi, con minime variazioni, a Bisanzio, dove si
incontrerà pure l’uso, come supporto scrittorio, di tavolette e di
foglietti13, materiali assai diffusi già nella scuola antica, adoperati

11
Per es. Quint. Inst. 2, 2, 8. Si veda S. F. Bonner, Education in Ancient Rome. From
the Elder Cato to the Younger Pliny, London 1977, 319-322.
12
R. Cribiore, Writing, Teachers, and Students in Graeco-Roman Egypt, Atlanta 1996
(American Studies in Papyrology, 36), partic. 27-55.
13
Basti il rimando a B. Flusin, Un lettré byzantin au XII e siècle: Jean Mésaritès, in B.
Mondrain [éd. par], Lire et écrire à Byzance, Paris 2006 (Centre de Recherche d’Histoire et
Civilisation de Byzance. Monographies, 19), 67-83: 73-76.

14
ORALITÀ SCRITTURA LIBRO LETTURA

non solo per gli esercizi degli scolari, ma anche per taccuini e mode-
sti libri degli insegnanti.
Tra gli esercizi va richiamata in particolare l’attenzione sul
copiato, uno dei cardini dell’apprendimento scolastico, sia perché
era il punto di partenza dell’imparare a scrivere ricopiando – ma
talora anche ripassando – i modelli grafici proposti dal maestro, sia
perché ad uno stadio più avanzato la trascrizione di interi passi ser-
viva a comprendere meglio e a memorizzare il testo: una pratica,
questa della copiatura, che per secoli sarà a fondamento non solo
della trasmissione dei testi ma anche – a Bisanzio – dell’attività eru-
dita e dello stesso tirocinio retorico, fondato, anche questo, sulla
trascrizione e memorizzazione di quanto di utile i trattati offrivano.
Si è ritenuto altresì che fosse proprio mediante l’esercizio del copia-
re da modelli in possesso e proposti dal maestro che lo scolaro anti-
co poteva confezionarsi in qualche modo libri propri, o meglio, più
che libri, zibaldoni per così dire con un accumulo di materiali – dai
primi esercizi di scrittura alla ripresa di passi da testi letterari – cor-
relati man mano all’avanzamento formativo14. Ma anche il dettato
aveva la sua importanza, giacché abituava a mettere per iscritto
parole o frasi recitate dalla voce del maestro; abitudine che, con
implicazioni altrimenti epistemologiche, si ritrova nei metodi della
ὑποσημείωσις o ἀποσημείωσις delle scuole superiori.
Sorge già per l’insegnamento elementare e per l’antichità greco-
romana un problema che varrà anche sia per i gradi superiori dell’i-
struzione sia per i secoli successivi: come distinguere tra i diversi
materiali quelli di uso o di pertinenza dell’insegnante e quelli del
semplice scolaro? Il metodo della Cribiore si fonda sulla disamina
del contenuto e sui caratteri della scrittura, con risultati nell’insie-
me accettabili, ma talora si resta in dubbio, giacché tipologia di
testo e scrittura tante volte non si mostrano dirimenti.
Quando si passi alla scuola secondaria, in particolare all’insegna-
mento della grammatica, questo, a partire all’incirca dal I secolo a.C.,
riposava fondamentalmente sul trattato di Dionisio Trace, cui più

14
Cribiore, Writing (cit. n. 12), 155.

15
GUGLIELMO CAVALLO

tardi si aggiunsero nel mondo greco i Canoni di Teodosio


Alessandrino. Ma che questi manuali come altre trattazioni andassero
nelle mani degli scolari o in che misura resta incerto. L’insegnamento
consisteva in lezioni del maestro che gli scolari potevano mettere talo-
ra, almeno in parte, per iscritto e seguendo le quali comunque si
cimentavano negli esercizi loro proposti. Invalso era inoltre il metodo
didattico della domanda/risposta nella scuola sia greca sia romana.
Anche per il grammatico, insomma, la viva vox era strumento fonda-
mentale dell’insegnamento in classe, tanto che Giovenale, nello sca-
gliarsi contro la donna saputa e insopportabilmente loquace, dice che
con la sua sferragliante verborum [...] vis non potevano competere
neanche i grammatici, i rhetores, né persino il causidicus e il praeco15.
È così, mediante un insegnamento soprattutto orale, che si pro-
cedeva anche nella scuola bizantina la quale, per quanto fluida
fosse, nel complesso costituiva pur sempre la proiezione e la conti-
nuità di quella antica. Non a caso nel IX secolo l’espressione ἀπὸ
φωνῆς ritorna nei titoli di quasi tutti gli scritti del grammatico forse
più noto a Bisanzio in quell’epoca e anche oltre, Giorgio
Cherobosco, le cui opere già Karl Krumbacher considerava lezioni
orali messe per iscritto dagli studenti16. Anche a Bisanzio la stru-
mentazione grammaticale – antichi trattati, lessici, scritti di orto-
grafia e di metrica e più tardi ἐροτήματα, vale a dire grammatiche
in forma catechistica sostanzialmente fondate sul metodo della
domanda/risposta già testimoniato nel mondo antico – doveva tro-
varsi soprattutto nelle mani dei maestri ed essere recepita dagli sco-
lari attraverso lezioni orali ed esercizi. Non mancano tuttavia in età
bizantina miscellanee grammaticali nei cui margini si incontrano
rudimenti dell’alfabeto o singole righe di testo decontestualizzate e
ricopiate, segno che esse sono passate tra le mani di individui che si
avviavano almeno a un’istruzione di base.

15
Iuv. 6, 434-442.
16
K. Krumbacher, Geschichte der byzantinischen Litteratur von Justinian bis zum Ende
des Oströmischen Reiches (527-1453), München 1897, 583; Richard, Ἀπὸ φωνῆς (cit. n. 1),
202-203.

16
ORALITÀ SCRITTURA LIBRO LETTURA

Nella grammatica, si sa, rientrava la lettura degli autori, soprat-


tutto la poesia, e a quanto è stato scritto «lo studio intenso e minu-
to dedicato agli autori scolastici da esperti e inesperti lasciò il segno
sul testo»17. Ma cosa ci dicono in proposito i superstiti papiri greco-
egizi antichi e tardoantichi che – sul fondamento di criteri da
tempo fissati da Eric G. Turner18 – si possono classificare come libri
posseduti e adoperati da studiosi o studenti di varia esperienza e for-
mazione? Un recente e poderoso lavoro dedicato da Kathleen
McNamee alla presenza di marginalia in quei papiri – ritenuta a
ragione la prova più forte dell’estrazione di quei materiali da un
contesto di scuola o comunque erudito – lascia intravedere nella
grande maggioranza libri di insegnanti giacché caratterizzati da
scholia, glosse, materiali lessicografici e qualche richiamo a ὑπομνή-
ματα che indicano il ricorso a fonti diverse e molteplici, accessibili
piuttosto a maestri ed eruditi che a scolari19. Né a tal proposito è
agevole distinguere tra libri di maestri, libri di scolari avanzati e libri
di individui genericamente dotti ma non legati ad un qualche con-
testo scolastico, tanto più che i confini tra queste categorie doveva-
no essere sfumati. I testi letti non sono di per sé indicativi, anche se
alcuni sono stati più di altri adoperati per la scuola: Omero, innan-
zi tutto, i tragici (soprattutto alcune triadi), qualche commedia di
Aristofane, estratti da Esiodo, Pindaro, Teocrito; in particolare
Raffaella Cribiore ha richiamato l’attenzione sulle Fenicie di
Euripide, ricca di γνῶμαι, e perciò molto adatta per l’insegnamen-
to grammaticale, che di γνῶμαι e antologie gnomiche faceva largo
uso20. La presenza di marginalia, peraltro, non è di per sé indizio

17
L. D. Reynolds – N. G. Wilson, Copisti e filologi. La tradizione dei classici dall’an-
tichità ai tempi moderni, Padova 19873 (Medioevo e Umanesimo, 7), 25.
18
E. G. Turner, Scribes and Scholars of Oxyrhynchus, «Mitteilungen aus der
Papyrussammlung der Österreichischen Nationalbibliothek», n.s., 5 (1956) (= Akten des
VIII. Internationalen Kongress für Papyrologie, Wien 1955), 141-146.
19
K. McNamee, Annotations in Greek and Latin Texts from Egypt, New Haven,
Conn. 2007 (American Studies in Papyrology, 45), 37-62.
20
R. Cribiore, The Grammarian’s Choice: the Popularity of Euripides’ Phoenissae in
Hellenistic and Roman Education, in Y. L. Too [ed. by], Education in Greek and Roman
Antiquity, Leiden-Boston-Köln 2001, 241-259.

17
GUGLIELMO CAVALLO

cogente dell’uso di un libro in una scuola. Indicativi sono piuttosto


quei materiali in cui passi di determinati autori sono stati contras-
segnati dal maestro attraverso dispositivi di suddivisione in sillabe e
parole o per mezzo di apostrofi e accenti al fine di rendere il testo
più adatto all’apprendimento21. La questione peraltro si complica
quando si incontrano interventi di più mani. Ma mani di chi? Uno
stesso libro/testo poteva essere adoperato a livelli diversi di compe-
tenza e a fini diversi.
Anche in età bizantina vi sono, per la lettura degli autori – all’in-
circa gli stessi che nell’antichità22 –, libri certamente utilizzati in
contesti scolastici a quanto dimostra la loro strutturazione interna,
ma di cui sfugge la precisa funzione didattica. Si prenda per esem-
pio il codice dell’Iliade Par. gr. 2766 del tardo secolo XIII: lo spec-
chio scrittorio è suddiviso in una parte superiore e una inferiore;
nella prima, la colonna di destra è riservata al testo omerico, quella
di sinistra alla parafrasi, mentre nella seconda trovano posto le glos-
se di commento disposte a piena pagina; ma ancor più interessante
è l’uso oppositivo degli inchiostri, l’uno, di colore seppia, impiega-
to per trascrivere il testo di Omero e le glosse di commento, l’altro,
di colore rosso, adoperato per i titoli, la parafrasi (salvo le citazioni
testuali), i richiami sia all’interno dei versi omerici sia nel corpo del
commentario, le note interlineari. Quest’uso oppositivo degli
inchiostri ha evidentemente una funzione didattica23.
A proposito del commentario e più in generale dei commenta-
ri, marginali o alternati al testo o in libri a parte, sorge un’ulteriore
questione per l’antichità così come per il medioevo bizantino (e
occidentale): si tratta verosimilmente di strumenti didattici per così

21
R. Cribiore, Gymnastics of the Mind. Greek Education in Hellenistic and Roman
Egypt, Princeton-Oxford 2001, 137-143.
22
A. Markopoulos, De la structure de l’école byzantine. Le maître, les livres et le pro-
cessus éducatif, in Mondrain [éd. par], Lire et écrire (cit. n. 13), 85-96: 88-89.
23
L. Holtz, La typologie des manuscrits grammaticaux latins, «RHT», 7 (1977), 247-
269: 267, n. 1. Per altri libri di autori classici, in particolare per Sofocle, si veda P. E.
Easterling, Sophocles and the Byzantine Student, in C. Dendrinos – J. Harris – E. Harvalia-
Crook – J. Herrin [ed. by], Porphyrogenita. Essays on the History and Literature of
Byzantium and Latin West in Honour of Julian Chrysostomides, Aldershot 2003, 319-334.

18
ORALITÀ SCRITTURA LIBRO LETTURA

dire ‘trasversali’, adoperati a seconda dei livelli sia nell’insegnamen-


to secondario sia in quello superiore. Comunque stiano le cose, che
libri si trovassero per la lettura degli autori anche nelle mani di sco-
lari è dimostrato da una curiosa invocazione scritta da uno studen-
te poco dotato sul suo libro delle commedie di Aristofane, il Vat.
Chis. gr. 20 (fol. 103v): «Cristo, aiuta Tommaso Paleologo a che
impari correttamente, a che impari Aristofane». E tuttavia talora
bastavano pochi versi, ricopiati o dettati, per l’esercizio scolastico su
un determinato autore.
Di certo non necessitava di libri quel nuovo metodo didattico
costituito dalla schedografia, anche questa in sostanza esercizio gram-
maticale, venuto in voga a partire dal tardo secolo XI. La sua stessa
introduzione, anzi, si ritiene dovuta anche alla crisi economica di
quell’epoca che non consentiva di procurarsi facilmente libri o mate-
riale scrittorio (di qui pure la parallela introduzione della carta)24. Per
l’esercizio schedografico bastavano tavolette, o cascami di pergamena,
magari talora di riutilizzo. Lo stesso maestro/schedografo – come
risulta da un componimento giambico relativo alla scuola dei Santi
Quaranta Martiri a Costantinopoli25 – non si serviva di libri ma di un
δελτάριον, un quaderno su cui scriveva gli esercizi destinati agli sco-
lari26. La schedografia, infatti, nella sua forma meno complessa, con-
sisteva, si sa, in un’analisi grammaticale di brevi testi ripresi dalla
Sacre Scritture o da autori profani o comunque proposti dal maestro
e ricopiati e commentati dagli scolari. Talora il maestro vi inseriva
errori che essi dovevano correggere. Era questo il tipo di lavoro gram-
maticale che si svolgeva, ad esempio, nella scuola già ricordata dei
Santi Quaranta Martiri o in quella dell’ Ὀρφανατροφεῖον di San
Paolo o in altre scuole sempre a Costantinopoli27. Raccolte schedo-

24
P. Magdalino, The Empire of Manuel I Komnenos, 1143-1180, Cambridge 1993,
329-330.
25
G. Schirò, La schedografia a Bisanzio nei sec. XI e XII e la Scuola dei SS. XL Martiri,
«BBGG», n.s., 3 (1949), 11-29: 28.
26
Sul significato di δελτάριον rimando a Flusin, Un lettré (cit. n. 13), 73-74.
27
Su scuole e maestri a Costantinopoli e sull’insegnamento della schedografia in
generale si vedano P. Lemerle, «Le gouvernement des philosophes»: notes et remarques sur l’en-

19
GUGLIELMO CAVALLO

grafiche – più volte non a caso compilate su materiali di riutilizzo,


palinsesti28 – si conservano in più manoscritti, tra i quali vorrei qui
ricordare almeno il Vat. Pal. gr. 92 organizzato secondo una scan-
sione degli esercizi dai più semplici, destinanti ai principianti, ai
più complessi, per scolari più agguerriti29. Ma la più celebre di
queste raccolte fu, si sa, quella di Manuele Moscopulo30. La sche-
dografia – e di qui il suo successo – consentiva di accedere ad un
più ampio spettro di competenze, ma era insegnata mediante eser-
cizi complicati e oscuri, quasi labirinti o enigmi, e per lo più da
maestri pedanti e ottusi, almeno a parere di intellettuali come un
Giovanni Mauropode, un’Anna Comnena o un Giovanni Tzetze o
un Eustazio di Tessalonica31; essa inoltre era un tipo di insegna-
mento che poteva essere dispensato ad un largo numero di studen-
ti in quanto non prevedeva una lettura diretta e un tirocinio erudi-
to inteso ad uno studio profondo degli autori.

seignement, les écoles, la culture, in Id., Cinq études sur le XI e siècle byzantin, Paris 1977,
195-248: 227-241; S. Efthymiadis, L’enseignement secondaire à Constantinople pendant les
XI e et XII e siècles: modèle éducatif pour la Terre d’Otrante au XIII e siècle, «Νέα ῾Ρώμη», 2
(2005) (= Ἀμπελοκήπιον. Studi di amici e colleghi in onore di Vera von Falkenhausen, II),
259-275: 266-271; Markopoulos, De la structure (cit. n. 22), 92-95. Per la scuola di San
Paolo in particolare riesce utile anche S. Mergiali-Falangas, L’école Saint-Paul de l’orpheli-
nat à Constantinople: bref aperçu sur son statut et son histoire, «REByz», 49 (1991), 237-246.
28
E. Gamillscheg, Zur handschriftlichen Überlieferung byzantinischer Schulbücher,
«JÖByz», 26 (1977), 211-230.
29
Sul Vat. Palat. gr. 92 e per un più specifico approfondimento su modalità e con-
tenuti didattici del tirocinio schedografico mi limito a rinviare a I. Vassis, Graeca sunt,
non leguntur. Zu den schedographischen Spielereien des Theodoros Prodromos, «ByzZ», 86-
87 (1993-1994), 1-19, e Id., Τῶν νεῶν φιλολόγων παλαίσματα. Ἡ συλλογὴ σχεδῶν τοῦ
κώδικα Vaticanus Palatinus gr. 92, «Hellenica», 52 (2002), 37-68, e a T. S. Miller, Two
Teaching Texts from the Twelfth-Century Orphanotropheion, in J. W. Nesbitt [ed. by],
Byzantine Authors. Literary Activities and Preoccupations. Texts and Translations Dedicated
to the Memory of Nicolas Oikonomides, Leiden-Boston 2003 (The Medieval
Mediterranean, 49), 9-20.
30
Sempre utili i lavori di J. J. Keaney, Moschopulea, «ByzZ», 64 (1971), 303-321, e
di C. Gallavotti, Nota sulla schedografia di Moscopulo e suoi precedenti fino a Teodoro
Prodromo, «BollClass», s. III, 4 (1983), 3-35.
31
Maur. Carm. 33, 30-34, ed. P. de Lagarde, Göttingen 1882, 18; Anna Comn. 15,
7, 9, ed. D. R. Reinsch – A. Kambylis, I, Berlin-New York 2001 (CFHB, 40/1), 484-485;
Tzet. Hist. 280 (Chil. 9, 703-708), ed. P. L. M. Leone, Napoli 1968, 372 (su questa pole-
mica si veda M. J. Luzzatto, Tzetzes lettore di Tucidide. Note autografe sul codice di
Heidelberg Palatino Greco 252, Bari 1999 [Paradosis, 1], 18-20 e 49-53); Eust. Comm. ad

20
ORALITÀ SCRITTURA LIBRO LETTURA

La conclusione cui è lecito giungere, non solo per l’antichità


greco-romana ma anche per l’età bizantina, è che la scuola prima-
ria non prevedeva sostanzialmente l’uso di libri. Quanto alla scuo-
la di secondo livello – penso per Bisanzio alla ἐγκύκλιος παιδεία,
ciclo di studi assai fluido, instabile e senza precisi confini, per lo
più ridotto alla sola grammatica, talora percorso con un ventaglio
di studi più ampio nell’arco delle discipline previste dal trivio e dal
quadrivio –, essa, quando non sconfinava negli studi superiori,
necessitava di libri solo in certi limiti, in particolare per la lettura
degli autori, ma quanto si conserva sembra appartenere a maestri
più che a discenti.

Riprendiamo il discorso sull’alta formazione limitandola anco-


ra una volta a quella filosofica e medica, ove – si è visto – si proiet-
tavano nelle pratiche delle ὑποσημειώσεις o ἀποσημειώσεις, e quin-
di dei commentari ricavati ἀπὸ φωνῆς, quelle maniere di studio tra
oralità e scrittura acquisite negli anni scolari precedenti attraverso
esercizi di copiato, dettato, appunti, parafrasi, commento. Se è vero
che nell’insegnamento superiore sono assai ben attestate da una
parte la viva voce del maestro e da un’altra le reportationes scritte
degli scolari, va osservato pure che fu proprio nei contesti dotti che
anche il vero e proprio uso di libri venne ad affermarsi. Non a caso
è stata qui adoperata l’espressione contesti dotti giacché si trattò di
scuole ma non soltanto di scuole.
I libri, dunque. Si è già accennato che Plotino si faceva leggere,
evidentemente da libri, commentari platonici e peripatetici e quindi
impartiva il suo insegnamento. Ma se Plotino, nell’esporre il suo
pensiero, sembra aver tenuto scarso o nessun conto di questa lettura
preliminare, più tardi il metodo didattico nelle scuole neoplatoniche
di Alessandria e di Atene era fondato sull’esegesi e la discussione di
letture: uno scolaro leggeva dinanzi al maestro e a un uditorio un

Hom. Od. 9, 362, ed. G. Stallbaum, I, Leipzig 1825, 348; Id. Ep. 7, ed. T. L. F. Tafel,
Frankfurt a. M. 1832, 316, 96-317, 13; Id. Or. 7, ed. P. Wirth, Berlin-New York 2000
(CFHB, 32), 131, 23-30.

21
GUGLIELMO CAVALLO

testo per così dire ‘magistrale’ (di Aristotele, Platone, Crisippo) e i


relativi commentari se ve ne erano; questa lettura – ἀνάγνωσις – era
accompagnata dal commento del maestro; quindi si instaurava una
discussione, διατριβή, nel corso della quale, in sostanza, venivano
poste questioni cui il maestro rispondeva o che egli suscitava32. Si
richiedeva in ogni caso una salda presenza del libro perché le lezioni
stesse potessero svolgersi. Libri erano necessari ai neoplatonici anche
per la composizione delle loro opere, le quali non tutte si dimostra-
no pubblicate ἀπὸ φωνῆς. A questo proposito si è cercato pure di
ricostruire le biblioteche neoplatoniche non solo dal punto di vista
contenutistico ma anche della struttura fisica dei libri, facendo ricor-
so da una parte alla più generale tipologia del codice in età tardoan-
tica, e da un’altra a quanto può suggerire la cosiddetta ‘collezione
filosofica’, una serie di manoscritti del tardo secolo IX giunta fino a
noi e ben indagata, la quale riflette di certo esemplari tardoantichi
dei secoli IV-VI di interesse neoplatonico e aristotelico33.
Un’ulteriore osservazione da farsi è che la lettura in comune,
soprattutto di uno scolaro insieme al maestro, risulta talora indica-
ta con il termine συνανάγνωσις come nei commenti dei neoplato-
nici a opere di Platone o di Aristotele34. Il corrispondente verbo
συναναγιγνώσκω è a sua volta adoperato in un passo di Marino,

32
Si veda P. Hoffmann, Bibliothèques et formes du livre à la fin de l’antiquité. La témoi-
gnage de la littérature néoplatonicienne des V e et VI e siècles, in G. Prato [a cura di], I manoscritti
greci tra riflessione e dibattito. Atti del V Colloquio Internazionale di Paleografia Greca
(Cremona, 4-10 ottobre 1998), II, Firenze 2000 (Papyrologica Florentina, 31), 601-632: 605.
33
Assai vasta la bibliografia sulla cosiddetta ‘collezione filosofica’, la sua origine e i
suoi modelli. In questa sede mi limito perciò a ricordare solo alcuni lavori recenti nei quali
si discutono le diverse questioni ad essa relative con ampi rimandi agli studi precedenti: P.
Hoffmann, Bibliothèques (cit. n. 32), 619-623; G. Cavallo, Da Alessandria a Costantinopoli?
Qualche riflessione sulla ‘collezione filosofica’, «S&T», 3 (2005), 249-263; F. Ronconi, I
manoscritti greci miscellanei. Ricerche su esemplari dei secoli IX-XII, Spoleto 2007 (Testi,
Studi, Strumenti, 21), 33-75.
34
Sul significato di συνανάγνωσις si vedano almeno Goulet-Cazé, L’arrière-plan (cit.
n. 2), 264-265; R. Sorabji, The Ancient Commentators on Aristotle, in R. Sorabji [ed. by],
Aristotle Transformed. The Ancient Commentators and Their Influence, Ithaca-New York
1990, 1-30: 5; J. Mansfeld, Prolegomena. Questions to Be Settled before the Study of an
Author, or a Text, Leiden-New York-Köln 1994 (Philosophia Antiqua, 61), 28 e 193-194;
L. Del Corso, La lettura nel mondo ellenistico, Roma-Bari 2005, 32-33, n. 3.

22
ORALITÀ SCRITTURA LIBRO LETTURA

Vita di Proclo, a proposito della lettura di tutti i trattati di Aristotele


fatta dallo stesso Proclo insieme a Siriano suo maestro35. Già in
Galeno, del resto, il verbo συναναγνώσκω si trova attestato per
indicare la lettura commentata di un qualche libro fatta da uno sco-
laro con la guida di un maestro36. Ed ancora il termine συνανά-
γνωσις, attraverso un gustoso aneddoto, ci può introdurre in un’al-
tra scuola: quella di Epitteto. Il quale, svegliandosi al mattino e
meditando sulla lettura di un qualche libro commentata dagli sco-
lari che egli doveva correggere e completare formulando il suo giu-
dizio, si diceva: «ma che mi importa come il tale farà la sua lettura
commentata? Quel che importa è che io continui a dormire»37. In
effetti, a quanto riferisce Arriano sulla scuola di Epitteto, lo scolaro
leggeva un testo, offrendone un primo commento, in presenza dei
compagni e del maestro, il quale quindi, si è detto, interveniva cor-
reggendo e integrando38. Come si è accennato, per indicare questa
lettura in comune si ritrova in Epitteto il termine συνανάγνωσις.
Queste συναναγνώσεις, letture da libri fatte in comune, non
erano tuttavia solo letture di scuola, ma potevano svolgersi in una
dimensione simpatetica e talora occasionale all’interno di una cer-
chia di eruditi. Plutarco, significativamente, riferendosi a questo
genere di letture, parla di φιλολόγοις συναναγινώσκειν39 e di πλα-
τονικαὶ συναναγνώσεις 40, «letture platoniche» che davano adito a
discussioni. Qui ci si trova fuori da scuole vere e proprie, ma in con-
testi altrettanto dotti, dove tuttavia non si può escludere la presen-
za di individui legati a scuole e pratiche didattiche.

35
Marin. Procl. 13, ed. R. Masullo, Napoli 1985, 69.
36
Gal. In Hipp. Libr. de Fract. Comm. 1, praef., 321 Kühn, XVIII, 2. Si vedano Mansfeld,
Prolegomena (cit. n. 34), 193, e Del Corso, La lettura (cit. n. 34), 32-33, n. 1, e 55-56.
37
Epict. Diatr. 1, 10, 8.
38
Si vedano Goulet-Cazé, L’arrière-plan (cit. n. 2), 264-265, e Del Corso, La lettu-
ra (cit. n. 34), 39-42.
39
Plut. De amic. mult. (7), 97a.
40
Plut. Quaest. conv. (46), 7, 2 (700c). In un altro passo, Plut. Reg. et imp. apoph.
(15), 180d, il termine è riferito alla lettura di una lettera in due con una certa complicità.
Si tratta di quella complicità che ugualmente doveva stabilirsi nelle συναναγνώσεις tra
maestro e scolaro o tra dotti.

23
GUGLIELMO CAVALLO

Nel complesso συνανάγνωσις sembra indicare, in maniera più


specifica di ἀνάγνωσις, una lettura che – in quanto fatta insieme e
in particolare in due – era continuamente interrotta e intramezzata
da osservazioni e digressioni orali41, in qualche modo diversa perciò
da quella che prevedeva un commento del maestro solo dopo che
era stata effettuata.
Nel trattare di libri e letture nell’insegnamento superiore, si è
fatto qui ricorso, per scelta, a quel che si conosce per le scuole
filosofiche (e mediche), ma anche nel tirocinio retorico, pur se
voce del maestro ed esercitazioni scritte e orali degli scolari furo-
no sempre prevalenti, non mancò uno studio fatto sui libri nella
specie sia di trattati di retorica sia di testi di prosa di stile elevato
come modelli42.

Nella tarda antichità vi è una diffusione di luoghi e contesti di


istruzione superiore nei quali si impartiscono insegnamenti, si tengo-
no corsi o esercitazioni retoriche, si danno letture. La situazione si
dimostra assai duttile e fluida, ed è da chiedersi perciò in quali casi o
limiti si possa parlare di scuole vere e proprie, se e quali maniere di
insegnamento e di studio si praticassero, o comunque quali attività
intellettuali vi si svolgessero. A parte la continuità delle scuole neo-
platoniche di Atene e di Alessandria, nel secolo V a Costantinopoli
Teodosio II riorganizza, concentrandoli nel Campidoglio, gli studi di
grammatica, retorica, filosofia e diritto43; ma questi studi si devono
ritenere sullo stesso piano di quelli impartiti intra plurimorum domus
[...] privatim o intra parietes domesticos come recita il Codice

41
Ad un’alternanza tra lettura ed intermezzi orali sembra alludere l’interpretazio-
ne che del termine propone E. Lamberz, Proklos und die Form des philosophischen
Kommentars, in J. Pépin – H. D. Saffrey [éd. par], Proclus lecteur et interprète des
anciens. Actes du Colloque international du CNRS (Paris, 2-4 octobre 1985), Paris
1987, 1-20: 5.
42
Cribiore, Gymnastics (cit. n. 21), 143-147.
43
P. Lemerle, Le premier humanisme byzantin. Notes et remarques sur enseignement
et culture à Byzance des origines au Xe siècle, Paris 1971 (Bibliothèque Byzantine. Études,
6), 63-64.

24
ORALITÀ SCRITTURA LIBRO LETTURA

Teodosiano44. Scuole, pur se diverse per campi disciplinari praticati e


metodi didattici, sono attestate anche a Berito, a Gaza, soprattutto ad
Antiochia45: per quest’ultima si pensi già solo a Libanio46. Ma gli spazi
e i contesti di insegnamento a livello alto e di attività intellettuale si
dimostrano i più vari. Si prenda l’Alessandria tardoantica, tra i secoli
IV-VI, quale esempio47. Il caso estremo è rappresentato da Ipazia, che
insegnava facendosi strada al centro della città48, ma vi erano anche le
case private delle conventicole neoplatoniche, ed ancora ἀκαδημίαι,
μουσεῖα, e di speciale interesse auditoria quali sono venuti alla luce
dagli scavi di Kom-el-Dikka e che sembrano aver svolto una pluralità
di funzioni forse ospitando di volta in volta letture dotte, ἐπιδείξεις,
ῥητορικαί e ποιετικαὶ διατριβαί49. Intorno alla stessa epoca spazi per
l’insegnamento o per varie attività intellettuali sono testimoniati
anche in altre città. In tutti questi contesti il libro era spesso uno stru-
mento imprescindibile. Mancano testimonianze sicure direttamente
conservatesi, i libri stessi, ma, si è visto, si son potute ricostruire alme-
no le biblioteche neoplatoniche.
Questo quadro variegato di età antica e soprattutto tardoantica
o della prima Bisanzio si proietta, pur se in situazioni storico-cultu-

44
C. Theod. 14, 9, 3. Che insegnamento pubblico e insegnamento privato fossero a
Costantinopoli in quest’epoca allo stesso livello ha mostrato P. Speck, rec. a Lemerle, Le
premier humanisme (cit. n. 43), «ByzZ», 67 (1974), 385-393: 387.
45
Una sintesi sulle scuole tardoantiche si può leggere nel mio lavoro Conservazione
e perdita dei testi greci: fattori materiali, sociali, culturali, in A. Giardina [a cura di],
Tradizione dei classici, trasformazioni della cultura, Roma-Bari 1986 (Società Romana e
Impero Tardoantico, 4), 83-172 (con note alle pp. 246-271): 91-101, rist. in G. Cavallo,
Dalla parte del libro. Storie di trasmissione dei classici, Urbino 2002 (Ludus Philologiae, 10),
49-175: 60-75.
46
Fondamentale il saggio di R. Cribiore, The School of Libanius in Late Antique
Antioch, Princeton-Oxford 2007.
47
Mi limito a rimandare al recente volume di E. J. Watts, City and School in Late
Antique Athens and Alexandria, Berkeley-Los Angeles-London 2006 (The Transformation
of the Classical Heritage, 41), 169-256.
48
Dam. Isid. fr. 102, ed. C. Zintzen, Hildesheim 1967, 77.
49
Si veda la raccolta di saggi a più voci T. Derda – T. Markiewicz – E. Wipszycka
[ed. by], Alexandria. Auditoria of Kom-el-Dikka and Late Antique Education, Warsaw 2007
(«JJP». Supplements, 8), ove l’interesse dei diversi autori si mostra rivolto a scuole e prati-
che intellettuali tardoantiche anche ben oltre Alessandria.

25
GUGLIELMO CAVALLO

rali diverse, sia nel complesso sia per articolazioni a seconda dei
periodi, sulle età medio- e tardobizantina. Nell’insegnamento supe-
riore emerge una molteplicità di contesti dotti e di conventicole più
volte riuniti intorno a personalità di spicco, di cui pratiche didatti-
che e libri – ma questi non sempre legati alle prime – sono diretta
emanazione. Della scuola superiore riorganizzata da Barda nel IX
secolo e ulteriormente potenziata nel X da Costantino VII
Porfirogenito50 – il quale, come recita un passo del Teofane
Continuato, in tal modo «adornò e arricchì di sapere lo Stato dei
Romei»51 – mancano notizie circostanziate per quanto concerne i
metodi didattici. In essa a quest’epoca si insegnavano retorica, filoso-
fia, geometria, astronomia; e si sa, tra l’altro, che la retorica fu affidata
alla figura, altrimenti ben nota, di Alessandro metropolita di Nicea, il
quale è ricordato per aver letto, rivisto e corredato di scolii il corpus di
opuscoli di Luciano Vat. gr. 9052. Ma questo lavorio sul manoscritto
non è un prodotto di scuola, risultando compiuto da una ristretta cer-
chia ecclesiastico-famigliare gravitante intorno ad Alessandro. Più
numerose le testimonianze per i secoli XI e XII53. Della scuola di filo-
sofia del secolo XI ai cui vertici fu nominato Michele Psello – ὕπατος
τῶν φιλοσόφων – non si sa molto del funzionamento. Si conosce inve-
ce il metodo di insegnamento dello stesso Psello come si desume dai
suoi scritti, metodo fondato sostanzialmente da una parte sulla
domanda/risposta e che affondava le radici nelle pratiche didattiche
delle antiche scuole filosofiche (e mediche)54, e dall’altra su una inter-
pretazione profonda dei testi classici e patristici: è quanto traspare, a

50
Lemerle, Le premier humanisme (cit. n. 43), 242-266.
51
Teoph. Cont. 6, 146, ed. I. Bekker, Bonn 1838, 446.
52
Sulla figura di Alessandro di Nicea si veda A. Markopoulos, Überlegungen zu Leben
und Werk des Alexandros von Nikaia, «JÖByz», 44 (1991), 313-326, rist. in Id., History and
Literature of Byzantium in the 9th-10th Centuries, Aldershot 2004, nr. XVII.
53
In particolare per il secolo XI si veda il bel lavoro di P. Agapitos, Teachers, Pupils
and Imperial Power in Eleventh-Century Byzantium, in Y. L. Too – N. Livingstone [ed. by],
Pedagogy and Power. Rhetorics of Classical Learning, Cambridge 1998 (Ideas in Context,
50), 170-191.
54
M. J. Kyriakis, Student Life in Eleventh Century Constantinople, «Byzantion», 7
(1975), 377-388: 386.

26
ORALITÀ SCRITTURA LIBRO LETTURA

quest’ultimo proposito, dall’elogio che Psello tesse dei modi di inse-


gnamento del μαΐστωρ Niceta, giacché questi non solo aveva fatto
della grammatica, dettagliandone ogni aspetto, la τέχνη τεχνῶν e
l’ ἐπιστήμη ἐπιστημῶν, ma nell’esegesi degli antichi poeti non si limi-
tava al significato della lettera o alle attrattive del metro e cercava inve-
ce τὸ ἀπόθετον κάλλος, il bello che vi era adombrato. Niceta, insom-
ma, nelle sue lezioni sollevava il velo che copriva i testi per metterne a
nudo il senso più profondo55. Non diversamente Psello rimaneva sve-
glio fino a notte inoltrata sui libri e, fattosi giorno, vi ritornava com’e-
ra suo solito non al fine di trarre da essi qualcosa per sé, ma per coglie-
re il significato più profondo da esporre ai suoi scolari56. Che questi
ultimi seguissero (sempre? in certi casi?) l’esposizione su dei libri risul-
ta da un passo dello stesso Psello che rimprovera i più ottusi perché
capaci solo di appesantire con grossi libri – quasi si trattasse di un leg-
gio – le loro ginocchia, seduti com’erano a terra a gambe incrociate57.
Della Scuola Patriarcale del secolo XII si hanno notizie su un
buon numero di διδάσκαλοι di teologia e di μαΐστωρες τῶν ῥητό-
ρων, insegnanti di retorica di rango superiore. L’attività di questi
ultimi – a quanto si può desumere dagli scritti che ci hanno
lasciato – sembra tutta calata nel solco antico di uno studio dei
tradizionali trattati di Ermogene e Aftonio e del graduale percor-
so dei προγυμνάσματα58.
Si può far cenno ad altre figure e ad altri contesti, per lo più pri-
vati, di formazione alta. Nel secolo XI Giovanni Mauropode soleva
riunire nella sua casa una cerchia di giovani che, senza alcun com-

55
Edizione del testo di Psello nel lavoro di A. M. Guglielmino, Un maestro di gram-
matica a Bisanzio nell’XI secolo e l’epitafio per Niceta di Michele Psello, «SicGymn», n.s., 27
(1974), 421-462: 454 e 456 (passi qui utilizzati).
56
Psel. Ad Discip. 24, 23-26, ed. A. R. Littlewood, Leipzig 1985, 85.
57
Psel. Ad Discip. 22, 49-50, ed. Littlewood (cit. n. 56), 80.
58
Mi limito a rimandare a R. Browning, The Patriarchal School at Constantinople in
the Twelfth Century, «Byzantion», 32 (1962), 167-201 e 33 (1963), 11-40, rist. in Id.,
Studies on Byzantine History, Literature and Education, London 1977, nr. X. Più in gene-
rale su insegnamento e scuole a Costantinopoli a quest’epoca può riuscire utile U.
Criscuolo, Chiesa e insegnamento a Bisanzio nel XII secolo: sul problema della cosiddetta
‘Accademia Patriarcale’, «SicGymn», n.s., 28 (1975), 373-390.

27
GUGLIELMO CAVALLO

penso, rendeva σοφοί, «dotti», elargendo loro il suo sapere59, e


Giovanni Italo teneva lezioni, cui i giovani accorrevano, su opere e
dottrine filosofiche, da Platone a Proclo, da Porfirio a Giamblico e,
per chi glielo richiedeva, anche su Aristotele60. Nel corso del XII
secolo, commenti e scolii a molti autori classici che possediamo di
Giovanni Tzetze sono il frutto di lezioni che si svolgevano in riu-
nioni di ὁμιληταί, tra cui pare non mancassero pure discussioni let-
terarie61; e così anche i commentari di Eustazio di Tessalonica deri-
vano dalle quotidiane «letture in comune» tenute dal dotto metro-
polita (ritorna qui il termine di lunga tradizione συναναγνώσεις)62;
ed ancora una λογική [...] πανδαισία, un «dotto banchetto» fatto di
letture di opere in versi e di autori di prosa alta, era offerto da
Michele Italico a νέοι che si riunivano intorno a lui63. In tutti que-
sti casi sembra essersi trattato di conventicole o, se si vuole, di grup-
pi di studio che possono rientrare nel concetto di scuola se a questa
si dà un significato ampio. In tutti questi casi – scontate le pertinenti
esposizioni o digressioni orali dell’erudito e maestro – il libro era cer-
tamente presente, ma è difficile dire in che misura: solo nelle mani
del maestro-guida? O anche (o solo?) degli scolari o dei più avanza-
ti fra questi? In una scena di scuola filosofica raffigurata nel mano-
scritto dello Scilitze di Madrid, Biblioteca Nacional, Vitr. 26-2 (fol.
134r), i μαθηταί seduti o in piedi hanno dinanzi o tra le mani un
libro, mentre i maestri-filosofi svolgono la lezione oralmente. La
situazione doveva essere fluida.

Modalità e metodi di insegnamento si riproducono, pur se non


senza difficoltà e su scala minore, a Nicea, la capitale in esilio dopo

59
Maur. Carm. 47, 29-31, ed. de Lagarde (cit. n. 31), 25.
60
Anna Comn. 5, 9, 1, ed. Reinsch-Kambylis (cit. n. 31), I, 165.
61
Jo. Tzetzae Commentarii in Aristophanem, ed. L. Massa Positano – D. Holwerda –
W. J. W. Koster, III. Commentarium in Ranas et in Aves, Argumentum Equitum, ed. W. J.
W. Koster, Groningen-Amsterdam 1962 (Scholia in Aristophanem, 4), 953-954.
62
Μιχαὴλ τοῦ Ἀκομινάτου τοῦ Χωνιάτου Τὰ σωζόμενα, ed. S. P. Lampros, I, Ἀθήναι
1879, 287.
63
Michel Italikos, Lettres et discours, éd. par P. Gautier, Paris 1972, 156.

28
ORALITÀ SCRITTURA LIBRO LETTURA

la conquista di Costantinopoli da parte dei Latini nel 1204: si ha


notizia, tra l’altro, che Giovanni III Vatatze affidò ad un non molto
dotto maestro, ma buon insegnante di retorica, un certo Teodoro
Exapterigo, un gruppuscolo di cinque giovani, destinati alla carrie-
ra di funzionari imperiali, perché fossero convenientemente istrui-
ti64. Un’altra conventicola del genere, destinata all’istruzione di fun-
zionari civili ed ecclesiastici, si deve vedere nella cosiddetta scuola
istituita, sempre a Nicea, al monastero di San Trifone da Teodoro II
Lascari intorno al 125565. Nulla si sa, tuttavia, delle modalità didat-
tiche praticate e di quale uso si facesse dei libri, a parte i soliti trat-
tati di Ermogene e Aftonio.
Fu comunque a partire dal 1261, dopo il ritorno della capitale
a Costantinopoli e quindi nell’età dei Paleologi e nella dimensione
di una reazione etnica di segno ellenico, che l’insegnamento riprese
quota66. Ma se vi furono mutamenti di programmi e metodi67, le
strutture portanti rimasero le stesse. Furono riaperte e riorganizzate
la scuola di Stato di alta formazione – a segnarne la rinascita fu l’in-
segnamento di Giorgio Acropolita – e la Scuola Patriarcale (in que-
st’ultima vi operò all’epoca Manuele Olobolo come insegnante per
la formazione teologica e retorico-filosofica dei giovani chierici)68.

64
Georg. Acr. Hist. 32, ed. A. Heisenberg, I, Leipzig 1903, 49. Si vedano C. N.
Constantinides, Higher Education in Byzantium in the Thirteenth and Early Fourteenth
Centuries (1204-ca. 1310), Nicosia 1982 (Texts and Studies of the History of Cyprus, 11),
9-11, e R. Macrides, George Akropolites. The History. Introduction, Translation and
Commentary, Oxford 2007, 192-194.
65
Constantinides, Higher Education (cit. n. 64), 54.
66
Una sintesi per quest’epoca – estesa oltre il periodo trattato da Constantinides,
Higher Education (cit. n. 64) – si deve a S. Mergiali, L’enseignement et les lettrés pendant
l’époque des Paléologues (1261-1453), Athènes 1996 (Société des Amis du Peuple. Centre d’É-
tudes Byzantines, 5).
67
Si veda M. Cacouros, La philosophie et les sciences du trivium et du quadrivium à
Byzance de 1204 à 1453 entre tradition et innovation: les textes et l’enseignement, le cas de
l’école du Prodrome (Pétra), in M. Cacouros – M.-H. Congourdeau [éd. par], Philosophie
et sciences à Byzance de 1204 à 1453. Les textes, les doctrines et leur transmission. Actes de la
Table Ronde organisée au XXe Congrès International d’Études Byzantines (Paris, 2001),
Leuven-Paris-Dudley, MA 2006 (Orientalia Lovaniensia Analecta, 146), 1-51: 20-24.
68
Su queste figure attive nella Costantinopoli dell’epoca rimando a Constantinides,
Higher Education (cit. n. 64), 31-65.

29
GUGLIELMO CAVALLO

Ma a giocare un ruolo fondamentale furono ancora una volta cer-


chie riunite intorno a personalità erudite di spicco69. Quanto ai
libri, accanto a trascrizioni ed edizioni di opere antiche o a testi tra-
dizionalmente adoperati per l’insegnamento, furono composti altri
scritti destinati a quest’ultimo (προγυμνάσματα, διηγήματα, μῦθοι,
μελέται, χρεῖαι e altri materiali del genere)70. Si diffusero, inoltre,
συνόψεις, ἐπιτομαί e opere di «esegesi compilativa», vale a dire com-
poste legando insieme estratti di commentari o scolii o comunque
materiali di varia estrazione71.
Per fare solo qualche nome fra i tanti che furono cardini di inse-
gnamento e libri, si pensi allo stesso Giorgio Acropolita, uno dei cin-
que studenti affidati a Teodoro Exapterigo, a Gregorio di Cipro, a
Giorgio Pachimere, a Niceforo Gregora, o anche al più celebre
Massimo Planude; ed anzi, a quest’ultimo proposito, si è parlato di
una ‘scuola di Planude’, da intendere tuttavia, e ancora una volta,
come un sodalizio che si raccoglieva intorno ad un maestro dai molti
interessi e che dispensava il suo sapere grammaticale, filologico, reto-
rico tra quanti – certo non molti – lo frequentavano ascoltandolo o
leggendone gli scritti72. Una scuola d’élite deve essere ritenuta anche
il καθολικὸν μουσεῖον annesso al monastero del Prodromo di Petra a
Costantinopoli e attivo nell’insegnamento della filosofia e delle arti
liberali soprattutto negli ultimi secoli di Bisanzio73. Si può dire che

69
Su didattica ed erudizione nelle cerchie dotte d’età paleologa si veda il contributo
di D. Bianconi, Erudizione e didattica nella tarda Bisanzio, in questo stesso volume alle pp.
475-512.
70
C. N. Constantinides, Teachers and Students of Rhetoric in the Late Byzantine Period,
in E. Jeffreys [ed. by], Rhetoric in Byzantium. Papers from the Thirty-fifth Spring Symposium
of Byzantine Studies. Exeter College, University of Oxford, March 2001, Aldershot 2003
(Society for the Promotion of Byzantine Studies. Publications, 11), 39-53: 48-50.
71
Constantinides, Higher Education (cit. n. 64), 133-158. Ma si veda anche
Cacouros, La philosophie (cit. n. 67), 26-34.
72
Una sintesi sulla figura e sull’attività di Planude può leggersi in Constantinides,
Higher Education (cit. n. 64), 66-89. Sulla cosiddetta ‘scuola di Planude’ rimando a I.
Pérez Martín, La “escuela de Planudes”: notas paleográficas a una publicación reciente sobre
los escolios euripideos, «ByzZ», 90 (1997), 73-96.
73
Sulle vicende del monastero del Prodromo di Petra una buona messa a punto, con
ampia bibliografia, può leggersi ultimamente in G. De Gregorio, Una lista di commemo-

30
ORALITÀ SCRITTURA LIBRO LETTURA

in sostanza quasi ogni intellettuale dell’epoca fu un intellettuale/mae-


stro che si circondò di un entourage insieme al quale leggere e tra-
scrivere libri, praticare un’attività erudita, dedicarsi alle ἐπιστῆμαι
alte, producendo talora i relativi strumenti didattici. I libri letti, scrit-
ti, richiesti, imprestati, annotati, o semplicemente rivisitati in questi
contesti dotti sono numerosissimi, a quanto risulta dalla conserva-
zione diretta di manoscritti e da fonti letterarie. Quel che emerge è
l’assenza di un qualche metodo didattico comune e condiviso.
Proprio perché legate o a singole figure di spicco o a indirizzi di
scuola peculiari di un determinato ambito, le pratiche dell’alta for-
mazione a Bisanzio furono assai diversificate, fondate com’erano su
un composito insieme di insegnamento e discussione orale, di let-
ture, di trascrizione e di composizione di testi, di tirocinio critico-
filologico intrecciati in varia misura e con prevalenza dell’uno o del-
l’altro metodo a seconda di discipline, personalità e contesti.
Rispetto alle epoche precedenti si deve sottolineare comunque la
netta prevalenza di una pratica di studio fondata sulla trascrizione
intensiva: Niceforo Gregora o Massimo Planude o Demetrio
Triclinio e le loro cerchie sono fortemente impegnati nel copiare
testi, mentre niente di simile si può attestare per Giovanni
Mauropode o Michele Psello o Michele Italico.
Se, guardando in particolare alla produzione scritta, si vuole
introdurre una riflessione complessiva sul rapporto tra scuola supe-
riore e libri a Bisanzio è da dire che esiste una doppia ambiguità:
innanzi tutto l’ambiguità dei confini, assai incerti, e delle sovrap-
posizioni tra scuole istituzionalmente ritenute tali, insegnamento
privato (assai più esteso ed efficace di quello pubblico), conventico-
le dotte, milieux in cui si incrociavano lettura e scrittura. Ma vi è
anche un’altra ambiguità: quella dei libri stessi, alcuni pensati ed
allestiti per esigenze dell’insegnamento, ma altri – magari più anti-
chi e scritti per esigenze d’altro genere – riadattati per l’uso in con-

razioni di defunti dalla Costantinopoli della prima età paleologa. Note storiche e prosopogra-
fiche sul Vat. Ross. 169, «RSBN», n.s., 38 (2001), 103-194: 146-150. In particolare per
l’attività intellettuale che nell’ambito del monastero si svolgeva in quest’epoca mi limito a
rimandare a Cacouros, La philosophie (cit. n. 67), 36-49.

31
GUGLIELMO CAVALLO

testi dotti (è quella che Michel Cacouros ha indicato per l’età dei
Paleologi come «réactivation»)74, senza dimenticare i libri prodotti
in quegli stessi contesti non necessariamente funzionali ad una
didattica ma come pura esperienza erudita.

Quando si passi da una storia culturale di oralità, scrittura, libri


nelle pratiche didattiche ad una storia sociale, è da chiedersi quale
significato sia stato dato di volta in volta a scuola, scuole, contesti
dotti, prodotti scritti che ne derivavano o che vi gravitavano, e quale
funzione ambiti e strumenti di studio siano stati chiamati ad assolve-
re secondo il grado delle competenze che essi potevano richiedere e
offrire e che da essi si potevano acquisire. L’insegnamento primario,
pubblico o privato, nell’antichità greco-romana permetteva – quando
non restava limitato ai primi rudimenti delle lettere – anche a fasce
sociali medie o medio-basse di conseguire un alfabetismo funzionale
in un’epoca, da Augusto ai Severi, caratterizzata da una partecipazio-
ne massima alla cultura scritta nella vita quotidiana (cosiddetta
«società di dialogo»)75. Questo alfabetismo funzionale poteva conferi-
re un certo prestigio. Nell’Egitto del II-III secolo, ad esempio, un
militare di marina in una lettera esprime gratitudine al padre per aver-
lo fatto istruire, in quanto la sua capacità di leggere e scrivere gli avreb-
be permesso un avanzamento di carriera76. Ma quando nella tarda
antichità si ebbe una contrazione dell’alfabetismo, questa capacità di
leggere, scrivere e fare calcoli cominciò ad aprire la porta a certe car-
riere burocratiche, le quali nei primi secoli dell’impero erano state
appannaggio di individui più saldamente istruiti, vale a dire che ave-
vano frequentato almeno la scuola del grammatico e talora i primi
gradi dell’istruzione retorica.
L’insegnamento superiore e quindi l’acquisizione di una solida
cultura avevano la funzione di formare le classi dirigenti, tanto che

74
Cacouros, La philosophie (cit. n. 67), 34.
75
L’espressione è di A. Petrucci, Scrittura e libro nell’Italia altomedievale. Il sesto seco-
lo, «StudMed», s. III, 10 (1969) (= A Giuseppe Ermini), 157-213: 160.
76
BGU II 423.

32
ORALITÀ SCRITTURA LIBRO LETTURA

talora gli imperatori stessi se ne prendevano cura con leggi e inter-


venti. Un editto del 360 emanato dai coregnanti Costanzo II e
Giuliano ordinava esplicitamente che nessuno conseguisse un rango
elevato se non chi eccellesse «nell’esercizio e nella pratica degli studi
liberali», e aggiungeva che, essendo la letteratura «la massima tra tutte
le virtù», ad essa non fossero negati riconoscimenti, sì che il provve-
dimento imperiale potesse rendere «più onorevole chi per cultura e
facondia» sembrasse «degno del primo grado sociale»77. Molti secoli
dopo – nel cuore del secolo X – è fra quanti frequentavano gli studi
superiori e da questi traevano il dovuto profitto, che Costantino
Porfirogenito sceglieva κριταί, ἀντιγραφεῖς e μητροπολίται, ed anzi
proprio in funzione della formazione di una classe dirigente adegua-
ta egli aveva voluto ristrutturare e potenziare quegli studi78. Più tardi
– a Nicea nella prima metà del secolo XIII – Giovanni III Vatatze,
rivolgendosi a Giorgio Acropolita, nel sostenerne gli studi superiori,
gli dirà: «se ti mostrerai intriso di φιλοσοφία tu sarai degno di grandi
cariche pubbliche e di privilegi»79 (i termini adoperati nel testo sono
τιμαί e γέρα, ma essi sono ripresi direttamente da Platone, Repubblica
7, 516c, dove non hanno il generico significato di onori e ricompen-
se, ma precisamente di cariche pubbliche e privilegi). Giorgio
Acropolita, infatti, salirà fino al rango di μέγας λογοθέτης, una delle
più alte cariche dell’impero bizantino. Giorgio, del resto, proveniva
da quei giovani dotati, intrinseci alla corte, cui in ogni tempo gli
imperatori davano sostegno economico per vitto e vestiario al fine di
farli istruire e avviarli ad una qualche carriera. Un caso analogo è
quello, un secolo prima, di Giovanni Mesarita, cui l’imperatore
Andronico Comneno elargiva una donazione annua perché potesse
conseguire un’istruzione adeguata80.

77
C. Theod. 14, 1, 1.
78
Theoph. Cont. 6, 14A-B, ed. Bekker (cit. n. 51), 446. Più in generale sulla fun-
zione dell’insegnamento a quest’epoca si rimanda almeno a P. Lemerle, Élèves et professeurs
à Constantinople au X e siècle, «CRAI» (1969), 576-587, e a Id., Le premier humanisme (cit.
n. 43), 255-257 e 264-265.
79
Georg. Acr. Hist. 32, ed. Heisenberg (cit. n. 64), I, 49. Constantinides, Higher
Education (cit. n. 64), 10; Macrides, George Akropolites (cit. n. 64), 192-194.
80
Flusin, Un lettré (cit. n. 13), 70.

33
GUGLIELMO CAVALLO

Anche a Bisanzio, certo, la scuola primaria, come nell’antichità,


poteva servire ad acquisire un alfabetismo funzionale, ma l’acceder-
vi significava solo l’inizio di un percorso – magari tante volte inter-
rotto – che alla fine doveva portare ad intraprendere una carriera
prestigiosa nei ranghi dell’amministrazione dello Stato o delle gerar-
chie della Grande Chiesa. «Solo l’imperatore e il φιλόσοφος sono i
più in vista nella società», è ancora Giovanni III Vatatze che parla
(e φιλοσοφία e φιλόσοφος indicano nella testimonianza di
Acropolita non la disciplina e chi la pratica in senso stretto, ma l’al-
ta cultura e l’intellettuale che ne è in possesso)81. Tutto questo spie-
ga l’ansia dei genitori per l’istruzione dei figli e il continuo incita-
mento: «Figlio mio, apprendi le lettere, e avrai onore e gloria» reci-
ta un carme del Ptochoprodomos82. Il giovane finirà col diventare
solo un grammatico, deludendo le aspettative del genitore. Quando
era volta al puro insegnamento, infatti, la grammatica lasciava chi
la praticava in una posizione sociale piuttosto misera. Già per
diventare ταβουλλάριος o βασιλικὸς νοτάριος, vale a dire «notaio»
addetto a redigere documenti privati o pubblici, occorreva aver
compiuto studi non ridotti alla sola grammatica. Era comunque
mediante l’acquisizione di una superiore cultura retorica, filosofica,
matematica, astronomica che si poteva entrare nel novero dell’élite
e conseguire o conservare potere e ricchezza. Michele Psello ne
accenna più di una volta. Elogiando nella sua Cronografia quanti
coltivano le lettere «come fini a sé stesse e a proprie spese», egli dice
che invece «i più alla cultura non si accostano così, ma considerano
motivazione primaria alle lettere l’arricchirsi e piuttosto a questo
scopo le coltivano»83: donde evidentemente il particolare fiorire,
ricordato da Psello in precedenza, di filosofi e retori all’epoca di
Basilio II – tra X e XI secolo – ma forse anche ai suoi tempi, più

81
Georg. Acr. Hist. 32, ed. Heisenberg (cit. n. 64), I, 49. Constantinides, Higher
Education (cit. n. 64), 10; Macrides, George Akropolites (cit. n. 64), 192-194.
82
Ptoch. 3, 56-80, ed. H. Eideneier, Köln 1991, 119-120.
83
Psel. Chron. 1, 29, testo in Michele Psello, Imperatori di Bisanzio (Cronografia).
Introduzione di D. Del Corno, testo critico a cura di S. Impellizzeri, commento di U.
Criscuolo, traduzione di S. Ronchey, Milano 1984, 43.

34
ORALITÀ SCRITTURA LIBRO LETTURA

avanti di qualche decennio. Ed ancora, nell’Encomio per Simeone


Metafrasta Psello afferma che «i più ritengono lo studio un mezzo
per arricchirsi, dedicandosi a questo non per entrare in possesso
della migliore formazione, ma per godere senza misura di vani beni
materiali»84. Se nel medioevo occidentale l’«aristocrazia del denaro»
si istruisce e diventa aristocrazia del libro, a Bisanzio, invece, è l’a-
ristocrazia del libro che è o diventa «aristocrazia del denaro»85.
Insomma, senza negare che a Bisanzio vi fu un’erudizione fine a se
stessa – ammessa e lodata dallo stesso Psello – l’intento precipuo
degli studi rimase sempre quello dell’avanzamento sociale spinto
fino ai vertici, pur se più volte distinzioni precise restano difficili.
Dunque, in ultima analisi, con quale significato – o al di là delle
maniere di insegnamento e di studio praticate – si può parlare di
scuola o scuole a Bisanzio quando si tratti dell’insegnamento supe-
riore e dei libri che vi gravitavano? In realtà, a parte un insegnamen-
to superiore di Stato, peraltro assai vago, e la Scuola Patriarcale, inse-
gnamento superiore e libri a Bisanzio si dimostrano ‘affare’ di ridot-
te cerchie, conventicole, θέατρα σοφῶν per dirla con Niceforo
Gregora86, talvolta magari salotti. Né vi erano – a parte certi ambiti
civili o ecclesiastici istituzionalmente deputati, ma non sempre cir-
coscrivibili con precisione di tempo in tempo – luoghi fissi di attività
didattica o erudita: per lo più si trattava di case private, talora di una
chiesa, di una sede vescovile o di un monastero. In questi sodalizi
eruditi si scrivevano, si leggevano, si interpretavano, si discutevano
libri, ma senza perdere di vista che dietro la maschera degli studi vi
era il prestigio delle alte cariche. Titoli quali ὕπατος τῶν φιλοσόφων,
ῥήτωρ τῶν ῥητόρων, μαΐστωρ τῶν ῥητόρων, διδάσκαλος τῶν δι-
δασκάλων, οἰκουμενικὸς διδάσκαλος, μεγάλος διδάσκαλος, καθο-
λικὸς διδάσκαλος ed altri del genere sono soltanto simulacri di pote-
re, di visibilità sociale, di opulenza economica, ma nella sostanza resta-

84
Psel. In Sanct. Sym. 85-88, ed. E. A. Fischer, Stuttgart-Leipzig 1994, 273.
85
L’espressione è di R. S. Lopez, An Aristocracy of Money in the Early Middle Ages,
«Speculum», 28 (1953), 1-43.
86
Nic. Greg. Ep. 60, ed. P. L. M. Leone, II, Matino 1982, 182.

35
GUGLIELMO CAVALLO

no nell’oscurità o semplicemente non vi sono state speciali funzioni


didattiche o organizzative dietro quei titoli, anche quando questi si
iscrivano in un quadro istituzionale. Peraltro alcuni di essi, come il
titolo di ὕπατος τῶν φιλοσόφων, in certi periodi risultano persino sva-
lutati87. La retorica, certo, era necessaria per salire ai ranghi alti del-
l’amministrazione, del servizio di corte, della Chiesa, ma essa come
retorica del consenso era altrettanto necessaria per tessere gli encomi
degli imperatori, dei loro congiunti e intrinseci, dei patriarchi, e per
celebrarli nelle orazioni funebri. In particolare i letterati minori met-
tevano libri e studi di retorica – è stato scritto – «au service du pouvoir
sous la forme de flatterie» per ricevere favori, protezione e qualche van-
taggio economico88. Si pensi ad una figura come il μαΐστωρ τῶν ῥητό-
ρων che, insieme ai suoi allievi, ogni anno in occasione della festa
dell’Epifania rivolgeva lodi all’imperatore89.
I contesti dotti, nella specie sia di scuole sia di gruppi, cerchie
o θέατρα, costituivano altresì, per così dire, una «repubblica delle
lettere» assolvendo la funzione di cementare l’élite, di rendere sem-
pre più salda ed estesa la φιλία che la comune frequenza di curricu-
la e maestri e il comune lavorio sui libri, con i libri e mediante i
libri, comportavano90. Ma significativamente in questi contesti
dotti o sodalizi eruditi il potere culturale e sociale, simbolico e reale,
veniva esercitato secondo precise gerarchie e articolazioni, iscriven-
dosi in quella τάξις che regolava ogni aspetto della civiltà bizantina.
In ultima analisi, sono sempre la politica, la società, l’economia
che costituiscono – e non solo in Oriente ma anche in Occidente –
lo sfondo e il teatro di «Libri di scuola e pratiche didattiche
dall’Antichità al Rinascimento».

87
I. Pérez Martín, Le conflit de l’Union des Eglises (1274) et son reflet dans l’enseigne-
ment supérieur de Constantinople, «ByzSlav», 56 (1995) (= Στέφανος. Studia byzantina ac
slavica Vladimíro Vavrínek ad annum sexagesimum quintum dedicata), 411-422: 413.
88
Mergiali, L’enseignement (cit. n. 66), 106-112: 106 per la citazione.
89
Flusin, Un lettré (cit. n. 13), 77.
90
Sul concetto di φιλία come strumento di coesione e di potere dell’élite bizantina
colta si veda ultimamente E. Limousin, Les lettrés en société: φίλος βίος ou πολιτικὸς βίος?,
«Byzantion», 69 (1999), 344-365.

36

Potrebbero piacerti anche