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Meccanica Agraria – Parte I – Capp. II-III-IV-181228- Prof. Giampaolo Schillaci –giampaolo.schillaci@unict.

it Cap

PRIMA PARTE
VELOCITÀ (v)
DEFINIZIONE. La velocità media è il rapporto fra uno spazio ed il tempo impiegato a percorrerlo:

Se un veicolo compie un tragitto, per quante volte la velocità istantanea possa variare durante il
viaggio, la velocità media sarà sempre pari al rapporto fra la lunghezza del percorso e il tempo
impiegato (es: differenza fra l’orario di arrivo e quello di partenza). Nel Sistema Tecnico la velocità si
indica spesso in chilometri orari ( v = km/ h , o km h-1).
CONVERSIONI. Per convertire la velocità da m s-1 a km h-1 occorre moltiplicare la misura in metri su
secondo per il fattore 3,6. Ovviamente, per passare da km h-1 a m s-1 sarà necessario dividere.
DIMOSTRAZIONE. Per operare la conversione occorre innanzitutto considerare che 1 km = 1000 m e
che 1 h = 3600 s. Quindi per convertire in chilometri una misura espressa in metri occorre dividerla
per 1000 m/km e per convertire in secondi una misura espressa in ore si dovrà dividere la prima per
3600 s/h.
Ecco un esempio di conversione di una lunghezza da metri a chilometri:

Esempio di conversione del tempo da secondi a ore:

Le due conversioni considerate come a sé stanti non bastano a chiarire il concetto. Infatti, è solo
riunendole che si comprende perché occorre utilizzare il fattore 3,6 per convertire reciprocamente le
velocità da metri al secondo a chilometri orari e viceversa, e quando bisogna utilizzarlo come
moltiplicatore o come divisore:

Dunque, per convertire una velocità da metri al secondo in chilometri orari, la prima dovrà essere
moltiplicata per 3,6. Per convertire i chilometri orari in metri al secondo, si dovrà utilizzare 3,6 come
divisore della velocità in chilometri orari.
Esempi numerici: 5 m s-1 ∙ 3,6 = 18 km h-1 ; 15 km h-1 ∙ 3,6-1 = 4,16 m s-1
In contraddizione parziale con l’obbligo di utilizzare le unità di misura del S.I. si suggerisce di adottare
nella pratica, ma non in caso di relazioni scientifiche o tecniche raffinate, unità di misura coerenti con
l’operazione che si sta descrivendo, anche se non previste dal S.I.. Pertanto, per indicare la velocità
assai ridotta di una scavafossi a catena, utilizzata per interrare condotte idriche a profondità
raramente superiori al metro, sarà comodo esprimere la velocità di scavo in m/min.
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ACCELERAZIONE (a)
DEFINIZIONE. È la variazione di velocità in grandezza o in direzione nell’unità di tempo. Nel moto
uniformemente accelerato l’accelerazione è costante. Nel caso della caduta dei gravi:

ACCELERAZIONE CENTRIPETA E ACCELERAZIONE CENTRIFUGA


DEFINIZIONE. L’accelerazione centripeta è una accelerazione rivolta verso il centro alla quale sono
sottoposti i corpi in movimento lungo una traiettoria curvilinea

L’accelerazione centrifuga è una accelerazione apparente.

ANGOLO AL CENTRO (α)


DEFINIZIONE. In una circonferenza, l’angolo al centro α (“alfa”) è per definizione un angolo sotteso
ad un arco; l’angolo al centro corrisponde al rapporto fra la lunghezza dell’arco sotteso all’angolo α
e il raggio:

la misura di un angolo si esprime in gradi oppure in radianti; la misura di un angolo espressa come
rapporto fra arco e raggio (due lunghezze) sarà in radianti (rad).

GRADI SESSAGESIMALI E CENTESIMALI.


DEFINIZIONI. Il grado sessagesimale è la 360a parte dell’angolo giro ovvero l’angolo giro è diviso in
360 parti o gradi sessagesimali. Il grado centesimale è la 400a parte dell’angolo giro, ovvero l’angolo
giro è diviso in 400 parti o gradi centesimali.
CONVERSIONE. La conversione si basa sulla semplice proporzione: 360°: 400c = y°: zc.
Purché sia nota una delle due misure, l’altra si ricava risolvendo la proporzione.
ESEMPIO. Per convertire 225c nella corrispondente misura in gradi sessagesimali si imposterà la
proporzione:
360°: 400c = y°: 225c dunque: 360° x 225c /400c = 202°
Similmente, qualora sia nota una misura in gradi sessagesimali:
360°: 400c = 180°: zc dunque: 400c x 180°/ 360° = 200c

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RADIANTE (rad)
DEFINIZIONE. Dicesi radiante (rad) l’angolo al centro α sotteso all’arco di lunghezza pari al raggio. Il
radiante è un angolo al centro α pari a 57° 17’ 44,8”.

Qualsiasi circonferenza, misurando 2r, contiene il raggio 2 volte. Conseguentemente, una


circonferenza conterrà 2 radianti (archi di lunghezza pari al raggio).
CONVERSIONE.4 Per le conversioni fra gradi e radianti si utilizzerà l’espressione:
360° : 2 = y° : z.
Dove y° rappresenta la misura di un dato angolo in gradi e z rappresenta la misura in radianti.
Pertanto, per la conversione fra gradi sessagesimali e misura in radianti, se l’angolo misura 30° e
l’incognita è la misura in radianti, la superiore proporzione si risolverà come di consueto (in questo
caso: prodotto dei mediani diviso il parametro noto).

Ovviamente, la proporzione si risolverà diversamente se desideriamo conoscere la misura dell’angolo


in gradi, qualora sia nota la misura in radianti. Se in radianti la misura dell’angolo vale
/6, quindi:

VELOCITÀ ANGOLARE (ω)


DEFINIZIONE. La velocità angolare è il rapporto fra uno spazio angolare generico α (alfa) e il tempo t
impiegato a percorrerlo dunque, la velocità angolare che si indica con la lettera greca omega ω e
sarà:

PERIODO (T)
DEFINIZIONE. Il periodo (T) è il tempo impiegato da un punto in movimento per compiere un ciclo
completo del movimento. Nel caso del pendolo, T è il tempo di una oscillazione completa; riguardo
ad un pianeta, T è il tempo di una orbita completa, con riferimento ad una circonferenza T
corrisponde al tempo che impiega un punto a percorrere la circonferenza tornando al punto di
partenza.

FREQUENZA.
La frequenza ƒ esprime il numero di giri al secondo: ƒ = giri/s e si misura in Hertz [Hz].

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VELOCITÀ PERIFERICA (v)


DEFINIZIONE: la velocità periferica è la velocità con la quale un corpo si muove lungo una
circonferenza. Poiché il tempo impiegato a percorrere una circonferenza o un arco in un moto
oscillatorio (pendolo) si chiamerà periodo T, la velocità periferica sarà:
V = 2r /T.

Periodo T, frequenza ƒ, e velocità di rotazione n


Il periodo e la frequenza sono fra loro reciproci: T = ƒ-1.
Il simbolo n esprime la velocità di rotazione in numero di giri al minuto (n = giri/min).
La frequenza e il numero di giri sono pertanto legati dall’espressione
ƒ = n/60.
Nel S.I. per esprimere la velocità d rotazione si userà ω anziché n anche se nella pratica si continua ad
usare n. Per esempio, la velocità di rotazione di un motore viene spesso espressa in giri al minuto.

Velocità di rotazione: relazioni fra velocità periferica v,


angolare e in giri al minuto
È molto importante conoscere le relazioni esistenti fra le diverse modalità che si utilizzano per
esprimere la velocità di rotazione velocità. In una circonferenza, come abbiamo visto, si ha

Sappiamo anche che

Facendo le dovute sostituzioni, avremo:

Poiché il rapporto fra l’arco, che è una lunghezza, e il tempo t esprime una velocità, si ottiene:

risolvendo per la velocità, si avrà: v = ω r.

Questa relazione deve essere utilizzata per convertire con precisione e in modo reciproco la velocità
di rotazione espressa in rad/ s(ω) e n (giri/ min), inoltre essa dimostra che può essere facilmente
effettuata una conversione velocemente (quando non è necessaria grande precisione, come nei
calcoli in campo o in cantiere) poiché il rapporto fra ω e n risulta essere pari a circa 1:10 ovvero:

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ESEMPIO. L’albero della presa di potenza normalizzata di una trattrice ruota alla velocità di circa 540
n, ovvero ω  54.
Laddove occorra precisione, ricorrendo all’espressione già conosciuta sarà pari a:

Qualora si intenda conoscere la velocità di rotazione in giri min-1, essendo noto il valore della velocità
in rad s-1 , a formula per risolvere il quesito sarà:

CONVERSIONI. Tenendo conto degli esempi appena svolti, calcolare le seguenti conversioni:
1. Converti 190 rad s -1 in giri min-1 (R. = 1815,28).

2. Converti 1900 giri min-1 . (R. = 198,86)

DEFINIZIONI DI FORZA, PESO E MASSA


DEFINIZIONE DI FORZA. La forza è qualunque causa esterna capace di modificare lo stato di quiete o
di moto di un corpo non vincolato, o di produrre deformazioni elastiche nei vincoli che impediscono
al corpo di muoversi. L’unità di forza nel Sistema Internazionale si esprime in newton [N], nel S.T. in
chilogrammo forza [kgf].
DEFINIZIONE DI PESO. Il peso di un corpo corrisponde alla forza gravitazionale esercitata sul corpo
stesso per effetto della sua massa. Dunque, contrariamente alla massa, il peso varia in funzione della
forza di gravità e perciò della posizione del corpo nello spazio. Essendo una forza, nel S.I. il peso si
misura in N, nel ST in kgf . Sia il kgf che il kgp (ambedue del S.T.) hanno lo stesso significato.
DEFINIZIONE DI MASSA. La massa è la quantità di materia di un corpo ed è indipendente dalla sua
collocazione spaziale; per questo rientra fra le grandezze assolute. Si esprime in kg,
indipendentemente dal sistema di misura.

IL SECONDO PRINCIPIO DELLA DINAMICA.


L’espressione F = m · a rappresenta il Secondo Principio della Dinamica e si legge: una forza
applicata ad un corpo di massa m imprime al corpo una accelerazione inversamente proporzionale
alla quantità di materia o di massa del corpo stesso. Dunque, il Secondo Principio mette in evidenza
la relazione fra forza, massa e accelerazione nei corpi dotati di massa sotto l’azione di forze. Si deve
al Secondo Principio della Dinamica la comprensione della massa come entità pari al rapporto tra la
forza applicata ad un corpo e l’accelerazione che tale forza imprime al corpo: m = F/a, e che questo
rapporto è costante e poiché non varia nello spazio. L’accelerazione impressa da una forza ad un
corpo è inversamente proporzionale alla massa del corpo stesso; in altre parole, maggiore è la
quantità di materia o massa di un corpo, più intensa dovrà essere la forza applicata per variarne lo
stato di quiete o di moto o, in altri termini, per conferire al corpo stesso una data accelerazione. Per
questo la massa di un corpo si identifica con la sua inerzia e per questo la massa assume l’attributo di
inerziale, perché essa si oppone al cambiamento dello stato di quiete o di moto.

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UNITÀ DI MISURA DELLA FORZA


DEFINIZIONE: 1 N è l’unità di misura della forza nel S.I. e corrisponde alla forza che agendo sulla
massa di valore unitario (1 kgm) le imprime una accelerazione unitaria (1 m s-2):

DEFINIZIONE. Il chilogrammo forza kgf è l’unità di misura della forza nel S.T. e corrisponde alla forza
in grado di conferire al corpo di massa unitaria accelerazione pari all’accelerazione di gravità:
1kgf = 1kgm x 9,8 m/s2
che per la nota correttezza formale nella scrittura diviene:

CONVERSIONI FRA N E kgf. Come appena visto, sappiamo che: 1 kgf = 9,8 kgm ∙ m/s2.
Inoltre, siamo a conoscenza che: 1 N = 1 kgm ∙ 1 m/s2.
Ne conseguirà che: 1 kgf = 9,8 N.
Da quanto espresso sopra ricaveremo: 1 N = 1/ 9,8 kgf = 0,102 kgf
PERCHÉ TALVOLTA SI UTILIZZA IL daN A POSTO DEL kgf? Come sappiamo, per esprimere
correttamente il peso di un corpo si dovrebbe utilizzare il newton [N] o un multiplo in ragione 1000
(es: kN, MN, ecc). In Meccanica Agraria esprimere il peso di un corpo nelle unità del Sistema
Internazionale può risultare cosa ancora complessa e poco familiare per gli utenti. Per esempio, il
peso di una macchina agricola pari a 400 kgf, - secondo il S.T. al quale molti sono ancora abituati –
con le unità di misura del S.I. diviene pari a 3920 N, oppure pari a 3,920 kN. Ma anche a circa 400 daN
Ecco perché, talvolta, nei cataloghi di macchine agricole il peso delle macchine è in daN: perché –
accontentandosi di una buona approssimazione - rimane lo stesso numero che esprime il peso in kgf
e questo da una parte aiuta la comprensione degli utenti, dall’altra consente all’editore del catalogo
di abbandonare il S.T., anche se l’unità “daN” è “irregolare”. Come vedremo poco più avanti, un’altra
strada adottata nei cataloghi è quella di dismettere l’uso del peso [kgf] e sostituirlo con il valore della
massa, espresso in kg sia nel S.T. che nel S.I., invece di ricorrere alle corrette (ma non ancora diffuse)
unità del S.T. appena viste (N, kN o MN) o al daN, unità il cui valore risulta di facile comprensione (pur
essendo non corretta in quanto non multiplo del N in base mille).
CONVERSIONI. Tenendo conto degli esempi appena svolti, calcolare le seguenti:
1. Convertire 70 kgf in N.
2. Convertire 890 N in kgf.

VALORE DELLA MASSA (NEL SI) E DEL PESO (NEL ST) DI UN CORPO
Una volta acquisito che massa e peso di un corpo sono delle grandezze molto differenti fra loro,
seppure legate dal secondo principio della Dinamica, è molto utile notare che il valore della massa di
un corpo nel SI e il valore del peso della stesso corpo nel ST (supposta l'accelerazione di gravità pari a
9,80665 m/s2 ) sono espressi dallo stesso numero. Si tratta di valori eguali ma – lo ripetiamo - di
grandezze differenti di sistemi di unità di misura diversi fra loro (SI e ST).
Ne consegue che nelle condizioni di accelerazione di gravità sopra evidenziate e, pertanto, solo sulla
Terra un corpo di massa, poniamo, pari a 70 kgm (SI) peserà 70 kgf (ST). Si può comprendere come ai
fini pratici tale coincidenza sia utile. Infatti, per trovare la massa di un corpo sulla Terra sarà
sufficiente pesarlo su una bilancia e il valore numerico trovato esprimerà contemporaneamente sia il
peso, in kgf, che la massa di quel corpo, in kg.
Per questo, in un numero crescente di utilizzazioni, quali i cataloghi delle macchine, si dismette l’uso
del peso [kgf, N, kN, daN, ecc) e lo sostituisce con il valore della massa, espresso in kg sia nel S.T. che
nel S.I..

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PRESSIONE
Definizione. La pressione è data dal rapporto fra una forza e la superficie del corpo su cui detta forza
agisce:
H= F/As
UNITÀ DI MISURA. Nel S. I., ove F è espressa in N e As in m2, la pressione si esprime in Pascal (Pa).
DEFINIZIONE DI PASCAL: 1 Pa è la pressione esercitata dalla forza di 1 N su una superficie estesa 1
m2.
1 Pa = 1 N / m2
kgf
Nel S.T. la pressione è espressa in bar [ ]. Anche se appartenente al S.T., il bar è tollerato, quindi
cm2
si può utilizzare senza incorrere in errore, purché venga riferito ai fluidi (acqua, aria, ecc.); non si può
usare nel caso di pressione esercitata dai solidi.
RELAZIONE FRA Pa E bar
Ricordando che 1 N ≈ 0,102 kgf (ST), si ha che:
Eliminando la virgola, il che si ottiene moltiplicando numeratore e denominatore per 10, si avrà:
kgf
Dunque, il Pa è centomila volte più piccolo del bar (si esprime in bar= .) Utilizzando gli esponenti,
cm2
scriveremo:
1 Pa = 0,102 kgp ∙ 10-4 cm2 = 0,0000102 bar = 1∙10-5 bar
Da quanto sopra consegue che: 1 kPa = 1∙10-2 bar
Concludendo: 1 bar è uguale a 100.000 Pa, a 100 kPa, a 0,1 Mpa; 1 Mpa = 10 bar
Nella pratica, è utile ricordare che 1 bar equivale a 100 kPa.
Nel gergo tecnico possono incontrarsi frequentemente altre unità di misura della pressione. Infatti,
questa può essere riferita alla pressione esercitata dall'aria su un corpo (p atmosferica). Il suo valore
a livello del mare è assunto ad unità e viene chiamato atmosfera (atm). Questo valore viene riferito al
peso di una colonna di mercurio o di acqua e perciò si instaurano le seguenti relazioni:
1 atm = 760 mm Hg = 10,33 m (H20) = 1,033 kgf · cm2.
La pressione atmosferica normale o standard è quella misurata alla latitudine di 45°, al livello del
mare e ad una temperatura di 15° C. Essa corrisponde ad una colonna di mercurio di 760 mm o a una
colonna d’acqua pari a 10,33 m. Nelle previsioni meteo, viene correntemente utilizzato il millibar
(millesima parte del bar). La pressione atmosferica è fatta pari a 1013,25 mbar.
Può essere utile sapere che qualora si voglia esprimere la pressione atmosferica ricorrendo ad una
unità di misura del S.I., per quanto “irregolare, ma comoda”, si può sostituire il mbar con l’ettopascal
(hPa):
1 mbar = 0,001 bar= 100 Pa = 1 hPa
ESEMPI E CONVERSIONI: la pressione di gonfiaggio dello pneumatico posteriore di una mountainbike
è di 3,2 bar. A quanti kPa e MPa corrisponde? [320 kPa, 0,32 MPa]
Convertire 75.000 Pa in bar.
1 bar : 100.000 Pa = xbar: 75.000 Pa====>
Convertire 180 bar in Pa, kPa e MPa.
1 bar: 100.000 Pa= 180 bar: xPa
Dunque: 180 bar= 18.000.000 Pa = 18000 kPa = 18 MPa.

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IMPULSO DI UNA FORZA E QUANTITÀ DI MOTO


Sappiamo che F = m · a (II Principio della Dinamica)
Moltiplicando entrambi i membri per il tempo t si ottiene:
F · t = m · a · t ===> F · t = m · v
L’Impulso di una forza è pari al prodotto dell’intensità di una forza per il tempo di applicazione:
|I = F · t|
L’espressione dell’impulso di una forza sottolinea l’importanza del tempo durante il quale una forza
viene applicata. L’airbag, per esempio, protegge il conducente perché la medesima forza sprigionata
in pochi attimi dall’incidente, grazie all’airbag viene espressa in un tempo di durata maggiore rispetto
all’urto istantaneo sul volante.
La Quantità di moto è pari al prodotto di una massa di un corpo per la sua velocità:
P=m·v
La quantità di moto esprime la circostanza che lo stato di moto di un corpo non dipende solo dalla
velocità ma anche dalla sua massa. L’eguaglianza fra Impulso di una forza e Quantità di moto dà
luogo al Teorema dell'Impulso e della Quantità di moto: L'impulso di una forza agente su un corpo
produce una variazione della quantità di moto del corpo stesso.
DEFINIZIONI
_MASSA VOLUMICA O DENSITÀ ASSOLUTA: Rappresenta la massa dell’unità di volume:
_PESO SPECIFICO ASSOLUTO: Rappresenta il rapporto fra peso ed il volume di un corpo:
_PESO SPECIFICO ASSOLUTO, MASSA VOLUMICA, DENSITÀ ASSOLUTA: Per le sopra riportate
relazioni e ricordando che: F = m· a ===> F = da ∙ V ∙ a
Dividendo per V: da ∙ a = F/V
Il peso specifico cambia in rapporto al luogo, seguendo il destino del peso.
_MASSA LINEICA:
Rappresenta la massa della lunghezza unitaria di un corpo:
Utile quando si vuole conoscere la massa di un corpo lineare come per esempio una condotta idrica,
un tubo metallico o un filo o un cavo o una condotta ad alta pressione per olio idraulico o una
condotta elastica per aria compressa, etc. In modo pratico la massa lineica si misura pesando una
lunghezza nota del corpo lineare e dividendo il risultato [kgf] per la tale quantità [m]
Il risultato ottenuto (kgf) si potrà ritenere numericamente uguale al valore cercato (kgm).
_MOMENTO DI UNA FORZA: Il momento di una forza è pari al prodotto dell’intensità di una forza
per il braccio:
|M = F · b|===> L’unità di misura è [N·m]
_LAVORO DI UNA COPPIA: Il lavoro in Fisica è connesso allo spostamento di un corpo per effetto di
una forza esterna che viene applicata sul corpo stesso.
Il lavoro di una coppia è pari al prodotto del momento di una coppia per lo spazio angolare
descritto, ovvero: L = F · b · α = M·α [J].
Esempi. Il lavoro di una coppia il lavoro è connesso allo spostamento angolare che la coppia F·b
induce sul corpo al quale essa è applicata (esempio: la chiave inglese che svita o avvita un bullone).
_POTENZA DI UNA COPPIA: La potenza di una coppia corrisponde al lavoro eseguito dalla coppia
nell’unità di tempo, ovvero il prodotto della coppia per la velocità angolare; si esprime in watt:

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LAVORO DI UNA FORZA


Una forza applicata ad un corpo compie lavoro quando si verifica uno spostamento del suo punto di
applicazione. Il lavoro meccanico è dato dal prodotto dell’intensità di una forza applicata ad un corpo
per lo spostamento del corpo stesso e per il coseno dell’angolo compreso fra le due direzioni:
|L = F  S cos|
Pertanto, solo quando la direzione della forza e dello spostamento coincidono (ovvero quando sarà
cos =0) sarà lecito scrivere: L = F * S
Variando il valore di  da 0° a 180° si verificano i seguenti casi:
 Se  = 0° il lavoro è positivo o motore e la direzione e il senso dello spostamento S coincidono con
quella della forza F;
 Se 0° <  < 90° il lavoro è positivo o motore, anche se le direzioni di S e F non sono più coincidenti;
 Se  = 90° il lavoro è nullo (non si produce lavoro) poiché cos α = 0 e le due direzioni sono normali
fra loro;
 Se 90° <  < 180° il lavoro è negativo o resistente (il segno è negativo);
 Se  = 180° il lavoro è negativo o resistente (cos di 180° è –1) con S ed F di direzione coincidente
ma senso opposto.
Nel S.I. l’unità di misura del lavoro è il joule [J], che corrisponde al lavoro compiuto da una forza di 1
N per spostare il proprio punto di applicazione di 1 m lungo la direzione e nel verso della forza:
|1 J = 1 N · 1 m|
Nel Sistema Tecnico l’unità di misura è il kgm (chilogrammetro da non confondere con il chilogrammo
massa kgm): L = 1 kgf · 1 m [kgm]
RELAZIONE FRA LE UNITÀ DI MISURA DEL LAVORO
Poiché, come si è visto, vale la relazione: 1 kgf = 9,8 N, ricordando che: 1 J = 1 N·1 m, fra J e kgm
(chilogrammetri) si stabilisce la seguente equivalenza: 1 kgm = 9,8 J.
Infatti, come sappiamo, 1 kg forza = 9,81 N, ne conseguirà che: 1kg·m = 9,81 N · 1 m = 1 J

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POTENZA
La potenza meccanica di una forza è il lavoro eseguito dalla forza nell’unità di tempo.
UNITÀ DI MISURA. Si misura in watt [W], che esprime il rapporto fra J e s:

Il watt esprime una potenza meccanica molto ridotta, pertanto in Meccanica Agraria è di uso
frequente il multiplo di 1000 W = 1 kW
Si può dire anche che è il prodotto dell’intensità di una forza e la velocità di spostamento del suo
punto di applicazione. Infatti:

Ne consegue che mantenendo costante la potenza, forza e velocità sono inversamente


proporzionali fra loro. Anche nel caso di P = F ∙ v si dimostra facilmente che l’unità di misura, nel S.I.,
non può che essere il watt:

UNITÀ DI MISURA NEL SISTEMA TECNICO. Nel S.T. si utilizza il kgf

Il risultato è espresso in “chilogrammetri al secondo”.


Poiché 1 kg = 9,8 N== 1 kgm equivale a 9,8 J; ne consegue che:
1 kgf · m = 9,8 N · m = 9,8 J.
Quindi 1 kgm/s sara uguale a 9,8 W:
1 kgf · m/s = 9,8 J/s = 9,8 W
Per convenzione, nel S.T. è stato stabilito che: 1 CV = 75 kg ∙m/s (CV cavallo vapore o meglio
semplicemente cavallo).
In un complesso motrice- operatrice, la forza F
è rappresentata dalla resistenza che il
rimorchio oppone al moto. Mentre, il punto di
applicazione della forza si può individuare nel
gancio al quale la forza F è applicata
Generalizzando, si può dire che un motore cede
la sua potenza mediante un alberino rotante
(“presa di potenza meccanica) al quale, mediante un apposto giunto, il moto viene trasferito ad una
macchina che lo utilizzerà per mettere in movimento i propri organi. È questo il caso nel quale la
potenza è rappresentata dalla formula P = M ·ω.
Nella fotografia, la trattrice cede la sua potenza alla pompa irrigua. Ciò avviene
mediante un apposito giunto (“doppio giunto cardanico”, in giallo nella foto) che
viene applicato all’alberino rotante della trattrice e trasmette il moto rotatorio alla
macchina operatrice (la pompa).
La formula P = F · v rappresenta la modalità con la quale è nata la trazione agricola: il
traino (bue e aratro). Poiché, come si vedrà, pe“trainare” occorre che la motrice sia
pesante e ciò richiede elevata quantità di materiale metallico e comporta elevati
consumi di combustibile, dopo le guerre del petrolio (dagli anni ’60 in poi), e la crisi energetica che ne
conseguì, questa modalità di impiego della potenza è stata sostituita ove possibile dal trasferimento
della potenza fornita non più al gancio, ma all’alberino rotante. Dunque, dalla prevalenza del
“traino” di una operatrice effettuato con una motrice pesante, ci si è spostati verso l”azionamento”
delle macchine operatrici, mediante l’impego della potenza come descritto dalla formula P = M · ω.

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ENERGIA
CAPACITA' DI UN CORPO A COMPIERE UN LAVORO E SI MISURA IN JOULE (J). TUTTAVIA ENERGIA E
LAVORO NON SONO LA STESSA COSA.
L'ENERGIA SI PUO' DEFINIRE COME LA POTENZA PER UN TEMPO DI SPOSTAMENTO.
E= P * t===>[J]
NEL SISTEMA TECNICO L'ENERGIA SI MISURA IN kWh
1kWh= 1000 J/s * 3600s= 3.600.000 J===> 3,6 MJ===> |1kWh= 3,6 MJ|
1kWh : 3,6 MJ= EkWh: EMJ
|EQUIVALENTE MECCANICO DELLA CALORIA|
1cal= 4,187J====>1kcal= 4187J
50kg di combustibile
====>
DA "MJ" A "kWh"

CHILOWATT-ORA ELETTRICI
PER CONVERTIRLI IN ENERGIA TERMICA DOBBIAMO SAPERE IL "RENDIMENTO DI PRODUZIONE E
TRASPORTO DELL'ENERGIA ELETTRICA".
TRA IL PUNTO DI PRODUZIONE E IL PUNTO DI UTILIZZO SI PERDE IL 68% DELL'ENERGIA
(RENDIMENTO 32%). IL PRIMO PASSO E' CONVERTIRE L'ENERGIA ELETTRICA IN ENERGIA TERMICA.
|1kg= 11,63 kWh|

CONVERTIAMO 4300 kWhe IN kg (DOBBIAMO CONSIDERARE IL 32%)


====>
SOMMA DELLE ENERGIE ELETTRICA E TERMICA
LE PERDITE DI ENERGIA NELLE FASI DI PRODUZIONE E DI TRASPORTO. L’energia elettrica viene
prodotta in gran parte dalle centrali a combustione fossile (mediante combustione del carbone o di
derivati del petrolio). Non tutto il combustibile immesso nella centrale viene trasformato in energia
elettrica, poiché in tutte le trasformazioni (in questo caso nella trasformazione dell’energia termica
del combustibile in energia elettrica) si hanno perdite. E non tutta l’energia elettrica in uscita dalla
centrale giunge ai punti di presa, per via delle dispersioni della rete di trasporto.
RENDIMENTO DI PRODUZIONE E TRASPORTO DELL’ENERGIA ELETTRICA.
Definizione. Esso è il rapporto fra l’energia disponibile nel punto di presa, o punto di impiego.
(“output”) e l’energia immessa in entrata al sistema (“input”). Per il rendimento si utilizza sempre la
lettera greca η (eta), e ricorrendo ad una rappresentazione che è valida per tutti i processi di
trasformazione, potremo scrivere:
output
η=
input
VALORE ATTUALE E STORICO DEL RENDIMENTO E SUO SIGNIFICATO.
Attualmente, esso è valutato pari al 32%. Vuol dire che solo il 32% dell’energia corrispondente al
combustibile utilizzato nella centrale di produzione dell’energia elettrica è disponibile al punto di
presa. Per “punto di presa” possiamo riferirci, molto semplicemente, alle prese elettriche
domestiche.
SOMMA DELLE ENERGIE ELETTRICA E TERMICA. Non si possono sommare direttamente i consumi di
elettricità (J, oppure kWhe – kilovattora elettrici) con i consumi di combustibile (J, oppure kWht –

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kilovattora termici). Per effettuare la somma occorre convertire i consumi di energia elettrica in
energia termica.

MACCHINE – FORZE – RENDIMENTI


DEFINIZIONE DI MACCHINE. Le macchine sono corpi o membri collegati fra loro sui quali agiscono
forze che producono lavoro meccanico.
DEFINIZIONE DI FORZA. La forza è una qualunque causa esterna capace di modificare lo stato di
quiete o di moto di un corpo non vincolato o di produrre deformazioni elastiche nei vincoli che
impediscono al corpo di muoversi.
LE FORZE DI UN SISTEMA. Fra le forze di un sistema distinguiamo:
 Forze esterne al sistema
 Forze di superficie o connesse alla superficie di un corpo
 Forze di massa o inerziali quindi connesse alla massa di un corpo
LE FORZE ESTERNE
Le forze esterne possono essere suddivise in Motrici e Resistenti e queste ultime in Passive e Utili.
LE FORZE MOTRICI (FM). Determinano il movimento dunque compiono un lavoro positivo. Il loro
verso è pertanto concorde al verso dello spostamento.
LE FORZE RESISTENTI. Si oppongono al moto quindi compiono un lavoro negativo e il loro verso è
opposto allo spostamento, si suddividono in:
 Passive (Fp): generano calore che viene dissipato all’esterno e se non viene recuperato dà
luogo ad inquinamento termico ambientale; e logoramento, ovvero asportazione di materia.
 Utili (Fu): sono quelle che compiono il lavoro per il quale la macchina è stata progettata.
Esempio. La forza presente al gancio della trattrice, per il traino di una macchina, rappresenta
le forze utili del sistema trattrice.
Fm = Fu + F p
Le forze danno luogo ai relativi lavori: Lavoro motore – Lavoro passivo – Lavoro utile
Lm = Lp + L u
Sarà sempre Lp > 0, dunque, si avrà sempre: Lm > Lu.

IL RENDIMENTO
Il concetto di rendimento implica un rapporto fra ciò che il sistema restituisce in uscita e quanto era
stato immesso in entrata al sistema. A causa delle immancabili perdite nelle trasformazioni, il
sistema restituisce sempre meno di ciò che riceve. Pertanto, qualunque rendimento sarà sempre
inferiore all’unità.
Ciò accade negli organismi viventi dove l’energia disponibile è sempre inferiore all’energia ingerita
con gli alimenti, come nelle macchine, dove la quantità di energia restituita in uscita è sempre minore
di quella che è stata somministrata in entrata poiché vi saranno sempre delle quote parti di energia
che vengono disperse fuori dal sistema ed altre che vengono impiegate all’interno del sistema stesso.
Se immaginiamo un motore termico, l’energia che misuriamo all’uscita del motore è sempre inferiore
all’energia sprigionata dalla combustione del combustibile a causa delle quote parti di energia
dissipate sotto forma di calore e di logoramento.

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IL RENDIMENTO NELLE MACCHINE.


Nelle macchine è il rapporto tra il lavoro utile ed il lavoro motore e si rappresenta con la lettera
greca η (eta). Nei motori il lavoro in entrata è definito lavoro motore Lm e quello in uscita lavoro
utile Lu invece Lp è il lavoro passivo che sarà la quota parte di lavoro motore non trasformato in
lavoro utile per effetto delle dissipazioni:
Lm = Lp + Lu
Nelle condizioni reali sarà sempre: Lp > 0 sempre; dunque Lm > Lu sempre.
Pertanto, sarà:
Lu
η= =.<1
Lm
Le macchine si possono collegare tra loro IN SERIE o IN PARALLELO:
__MACCHINE IN SERIE quando il lavoro utile di una macchina agisce come forza motrice di quella che
segue;
__MACCHINE IN PARALLELO quando la forza motrice si ripartisce contemporaneamente su varie
macchine esse.

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RENDIMENTO DELLE MACCHINE IN SERIE


Per calcolare il rendimento totale in una catena di macchine non è necessario conoscere il
rendimento delle singole macchine, ma è sufficiente esprimere il rapporto fra il lavoro utile in uscita
alla catena Lu e il lavoro motore in accesso alla catena Lm1. Pertanto in una catena di macchine
sarà:
Lu n
tot=
Lm 1
*DIMOSTRAZIONE* Come già sappiamo il rendimento di una macchina è:
Lu
=
Lm
Scriviamo i rendimenti di ciascuna delle singole macchine che costituisce la serie di n macchine. Si
prenda nota che il rendimento totale di una catena di macchine sarà dato dal prodotto dei singoli
rendimenti:
ηtot = η1 ∙ η2 ∙ … ∙ ηn−1 ∙ ηn
Ne conseguirà che sarà anche:
Lu Lu 2 Lu n−1 Lu n
ηtot = 1 x x ... x
Lm 1 Lm2 Lmn−1 Lmn
Ricordando che in una catena di macchine il lavoro utile di una macchina corrisponde al lavoro
motore della successiva si potrà scrivere:
Lu1 = Lm2 , Lu2 = Lm3 … Lun-1 = Lmn
Sostituendo, si avrà:
Lu Lu 2 Lu n−1 Lun
ηtot = 1 x x ... x
Lm 1 Lm1 Lmn−2 Lm n−1
Semplificando, risulterà quanto già sappiamo:
Lu
tot= n
Lm 1
Dunque, in un sistema di macchine in serie il rendimento totale è rappresentato dal rapporto fra il
lavoro utile all’uscita del sistema e il lavoro motore in entrata al sistema e non è necessario, per
ottenere il rendimento totale del sistema, conoscere i rendimenti delle macchine intermedie.
AUMENTARE IL RENDIMENTO DI MACCHINE IN SERIE. Poiché il rendimento di una singola macchina
è sempre inferiore all’unità, ne consegue che ogni macchina che si inserisce in una serie contribuisce
ad abbassare il rendimento complessivo della serie stessa, per quanto il suo proprio rendimento
possa essere elevato. Infatti, il prodotto dei rendimenti di più macchine, che considerati
singolarmente fossero elevati, porta alla riduzione del rendimento totale.
Per esempio se i rendimenti di ciascuna delle macchine in serie fossero elevati, ovvero tutti pari a 0,9,
già in una serie di tre macchine il rendimento complessivo si ridurrebbe sensibilmente (del 18,9 %):
η totale 1,2,3 = η1 ∙ η 2 ∙ η 3= 0,9 ∙ 0,9 ∙ 0,9 = 0,73.

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RENDIMENTO NELLE MACCHINE IN PARALLELO


Nelle macchine in parallelo il rendimento globale è la media pesata dei rendimenti dei vari
meccanismi, il rendimento complessivo sarà dunque maggiormente influenzato dal rendimento di
quei meccanismi che sono collegati agli utilizzatori che assorbono un’aliquota maggiore del lavoro
motore.

CATENA CINEMATICA
Definizione. Sistema composto da segmenti rigidi – o membri – sono uniti tramite giunzioni mobili.
Esempi. Nel corpo umano sono presenti più catene cinematiche, dove i membri o segmenti sono
rappresentati dalle ossa; mentre, le articolazioni equivalgono alle coppie cinematiche, ovvero ai
giunti.
La catena cinematica di un veicolo comprende tutti gli organi meccanici che connettono il motore agli
organi di locomozione e ne permettono la marcia. Essa può essere rappresentata da schemi a blocchi.

Se voglio fare un inversione di moto, la ruota interna motrice alla curva di traiettoria rallenta o si
blocca, e quella esterna continua a ruotare e fa l’inversione.
Si agisce sulla frizione di sterzo e se si vuole fare un cambio repentino di direzione allora bisogna
anche agire sul pedale del freno di sterzo

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RUOTE DI FRIZIONE
Definizione e condizioni della trasmissione.
Le ruote di frizione sono dei corpi cilindrici tenuti a contatto da una
forza N detta premente perpendicolare al punto di contatto dove
una di esse detta conduttrice cede il moto all’altra definita
condotta. Il moto viene trasmesso per la resistenza di attrito che si
sviluppa tra le superfici poste a contatto. Nel caso di moti ideali la
rotazione avviene in condizione di aderenza perfetta e pertanto
avviene senza slittamento. Il senso di rotazione di due ruote adiacenti è discorde perciò per ottenere
un senso concorde occorre interporre una terza ruota; infatti, risulterà concorde il senso di rotazione
delle ruote dispari.
LIMITI DELLA TRASMISSIONE
L’efficacia della trasmissione fra due ruote di frizione dipende dalla deformazione delle ruote e dallo
slittamento della ruota condotta. Infatti l’incremento della forza premente N che è proporzionale alla
potenza trasmessa provoca la deformazione delle ruote. Il superamento del valore della forza

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trasmessa rispetto al valore della resistenza di attrito radente (R = f x N) che si instaura nel punto di
contatto fra le due ruote non provoca un eccesso di slittamento anche se uno slittamento minimo è
sempre presente. Ne consegue che in ogni caso le potenze trasmissibili fra due ruote di frizione sono
molto contenute.

RUOTE DENTATE
COSTRUZIONE DI UNA RUOTA DENTATA E CONDIZIONI DELLA TRASMISSIONE.
Una ruota dentata si realizza partendo da una circonferenza primitiva e per sottrazione ed aggiunta
di parti si arriva alla formazione della ruota dentata.
Le due circonferenze primitive sono rappresentate dalle ruote di frizione che verrebbero a contatto
se non fossero state trasformate in ruote dentate. Infatti le ruote dentate o ingranaggi si
costruiscono a partire da due ruote di frizione mediante addizioni di denti e sottrazioni di vani.
Durante il moto, gli ingranaggi non sono soggetti a slittamenti reciproci se non in mmisura minima e
riescono a trasmettere circa il 98 % della potenza. Quindi la trasmissione con ruote dentate ha un
rendimento incomparabilmente superiore rispetto a quello delle ruote di frizione e molto elevato in
assoluto.
Le ruote dentate vengono utilizzate per trasmettere il moto sia tra assi paralleli detti ingranaggi di
forma cilindrica che fra assi concorrenti o ancora fra assi posti a 90 detti ingranaggi di forma conica
che formano la coppia conica.

SIGNIFICATO DEL PASSO E DEL MODULO NELLE RUOTE DENTATE.


Nelle ruote dentate il passo corrisponde alla distanza fra due punti omologhi (indicati in rosso nella
figura sotto) di due denti adiacenti misurata lungo la circonferenza primitiva.
Ponendo; P = passo , Z = numero di denti ===> Quindi sarà:
2πr=p∙Z
2πr
P=
Z
Allora
Dividendo per π al fine di eliminarlo in quanto numero irrazionale si avrà:
d
=m
Z (modulo). Due ruote dentate possono ingranare solo se hanno lo stesso modulo
Non possiamo sapere il diametro della primitiva e di conseguenza non possiamo sapere il modulo,
perché ce lo dice il costruttore nel catalogo

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ORGANI DI TRASMISSIONE DEL MOTO


DEFINIZIONE. Sono quegli organi che consentono di trasmettere e/o di trasformare il moto. In
meccanica assume particolare importanza la trasmissione e la trasformazione del moto rettilineo
alternato in moto circolare continuo e viceversa. Fra gli esempi migliori di trasmissione del moto con
trasformazione dello stesso è quanto accade nel motore a pistoni, dove il moto alterno e rettilineo
dei pistoni all’interno dei cilindri viene trasformato grazie ad un giunto detto manovellismo di spinta
nel moto rotatorio continuo dell’albero motore, per essere poi trasmesso in tale forma sino alle
ruote.
La trasmissione del moto rotatorio può avvenire per contatto diretto fra due corpi cilindrici mediante
delle ruote di frizione o mediante ruote dentate. Quando il contatto diretto non è possibile per via
della distanza fra le macchine da accoppiare, se gli alberi sono fra loro allineati possono interporsi
degli organi rigidi detti giunti; oppure, se gli alberi sono fra loro paralleli si utilizzeranno organi
flessibili, quali cinghie o catene.

IL RAPPORTO DI TRASMISSIONE
Nella trasmissione si ha molto spesso la necessità di variare, in aumento o in diminuzione, la velocità
del moto rotatorio dell’organo condotto rispetto a all’organo conduttore. Per esempio, la presa di
potenza meccanica normalizzata della trattrice è pari alla velocità di 540 giri min-1 (54.56 rad s-1);
ma una pompa irrigua può richiedere una velocità di 750 giri min-1. Nel moto rotatorio assume
particolare importanza il rapporto di trasmissione  tau greco) che per definizione è il rapporto fra la
velocità angolare dell’albero condotto e quella dell’albero conduttore:
ω2
t=
ω1
ω2  velocità angolare dell’albero condotto quello che riceve il moto
ω1  velocità angolare dell’albero conduttore quello che cede il moto

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ALTRE MODALITÀ DI ESPRESSIONE DEL .


RAPPORTO FRA VELOCITÀ DI ROTAZIONE ESPRESSA IN NUMERO DI GIRI AL MINUTO
ω2
=
Sappiamo che: ω1
Il rapporto di trasmissione non
varia se espresso come rapporto
fra velocità angolari o velocità in
numero di giri al minuto

RAPPORTO FRA DIAMETRI


Premesso che fra due ruote di frizione poste in condizioni ideali ovvero in assenza di slittamenti e
tenute a contatto dalle forze prementi N1 e N2 la ruota condotta riceve il moto senza perdite dalla
ruota conduttrice e pertanto ambedue ruotano alla stessa velocità periferica.
Poiché: v1= v2 e v = ω r , sarà quindi: ω 1 r1 = ω 2 r2
Risolvendo per ω2/ω1 si avrà:
ω2 r2 d2
= = =
ω1 r1 d1
Dunque il rapporto di trasmissione si può esprimere anche come rapporto fra raggi e fra diametri;
ma si dimostra anche che il rapporto di trasmissione τ può essere espresso come rapporto fra
momenti trasmessi (M1/M2), fra numero di denti (z1/z2) nel caso degli ingranaggi eccetera.

VELOCITA E DIAMETRI
Scrivendo tutti questi rapporti uno accanto all’altro possiamo notare che vige la regola della
proporzionalità inversa alla velocità.
Pertanto, se il diametro della puleggia dell’albero condotto è minore, la velocità dello stesso albero
sarà maggiore di quella dell’albero conduttore, con effetto moltiplicatore della velocità.
Ovviamente se il diametro della puleggia dell’albero condotto è maggiore avverrà l’inverso quindi la
velocità dello stesso albero sarà minore di quella dell’albero conduttore per effetto della riduzione
della velocità.

VELOCITA E NUMERO DI DENTI


Se l’ingranaggio condotto ha un minor numero di denti girerà più velocemente del conduttore. Se
avrà un numero maggiore di denti girerà più lentamente.

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VELOCITA' E MOMENTI TRASMESSI


Se l’albero condotto gira più velocemente disporrà di un momento minore rispetto a quello
applicato all’albero conduttore. Io dimostra anche la nota formula dei moti rotatori, dove: P = M 
dalla quale è immediato comprendere che velocità e momenti sono inversamente proporzionali fra
loro. Ne segue che ogni trasmissione dove si voglia l’aumento della velocità, trasmetterà momenti
minori, e viceversa.
RILEVAMENTO DEL RAPPORTO DI TRASMISSIONE.
Il rapporto di trasmissione fra due corpi cilindrici è sempre calcolato dal costruttore, ma può essere
calcolato o rilevato a posteriori. Nel caso di ruote dentate sarà [z1/z2]ed è piuttosto facile da
individuare, almeno nelle ruote non coperte, perché è possibile contare i denti z degli ingranaggi in
presa.
Il rapporto fra i diametri [d1/d2] può essere eseguito misurando i diametri d dei corpi cilindrici
mediante il calibro.
Nota: il rapporto fra i raggi [r1/r2] non deve mai essere fornito ad una officina incaricata di
realizzare dei corpi cilindrici perché non è possibile misurare con precisione il raggio r di un
corpo cilindrico, come invece lo è per il diametro.
Per ottenere il rapporto di trasmissione attraverso la misura delle velocità di rotazione ω (rad s-1)
oppure n (giri min-1), si dovrà ricorrere alla misura delle velocità di rotazione, sia del conduttore che
del condotto, mediante appositi strumenti di rilevazione. Sarà poi possibile effettuare i noti rapporti
ω2 n2
ω1 o n1

Infine, si sarà notato che soltanto il rapporto fra velocità è espresso “due su uno” [a2/a1]; invece,
tutte le altre modalità di espressione del  che sono il rapporto fra il numero di denti, fra diametri e
fra momenti sono espresse come “uno su due” [a1/a2]. Una semplice regola da non dimenticare
mai.

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LE RESISTENZE PASSIVE
Le forze resistenti passive FRp sono forze che contrastano il lavoro delle macchine dando luogo a
lavoro passivo, cioè a dissipazione di energia sotto forma di calore, che si manifesta tramite un
aumento della temperatura, e sotto forma di asportazione di materia o logoramento.
Possiamo classificarle in quattro tipologie:
1. RESISTENZE PER RIGIDEZZA DEGLI ORGANI FLESSIBILI
2. RESISTENZA DEL MEZZO
3. RESISTENZA DI ATTRITO INTERNO
4. RESISTENZA DI ATTRITO ESTERNO

RESISTENZA PER RIGIDEZZA DEGLI ORGANI FLESSIBILI


Gli organi flessibili sono le cinghie le funi, le catene utilizzate come giunti per trasmettere il moto fra
macchine distanti fra loro. Una quota parte dell’energia in entrata al sistema viene utilizzata per
piegare questi organi, che oppongono resistenza al piegamento, ovvero al cambiamento di
direzione. Tale resistenza è funzione del quadrato del diametro e al fattore m, che dipende dal
materiale, è inversamente proporzionale al raggio di avvolgimento:
Rof= f(d2, m, 1/ravv)
Perciò, per diminuire queste resistenze occorre usare corde o cinghie quanto più sottili e delle
carrucole quanto più grandi.

RESISTENZA DEL MEZZO


Si verifica nel moto relativo fra un solido ed un fluido. La Resistenza del mezzo è funzione del
quadrato della velocità, e della superficie della sezione frontale As (ovvero la superficie che il solido
oppone al moto in posizione trasversale alla direzione del moto stesso), del fattore aerodinamico Cx
(molto complesso): Rm= f(v2, Cx, As)
Questo tipo di resistenza interessa moderatamente l’esercizio corrente dell’agricoltura in quanto in
questo campo di attività in genere le velocità sono piuttosto basse. Tuttavia, può interessare diversi
aspetti della ricerca e fra questi quelli connessi alla dinamica delle gocce lanciate verso le piante dalle
macchine irroratrici

RESISTENZA DI ATTRITO INTERNO


Si sviluppa tra le particelle di uno stesso corpo. Ad esempio fra il terreno e le particelle di terreno
che aderiscono sugli organi lavoranti. Si tratta di attriti elevati ed ove si può si tenta di sostituirle con
le resistenze di attrito esterno.

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RESISTENZA DI ATTRITO ESTERNO


Si sviluppa tra superfici di corpi solidi in movimento reciproco come ad esempio un libro che striscia
su un banco o un corpo cilindrico che rotola su una superficie.
Si divide in:
__RESISTENZA DI ATTRITO RADENTE
Avviene quando un corpo striscia su un altro o quando due superfici strisciano l’una sull’altra.
*Da cosa dipende e come si riduce*. La Resistenza di attrito radente dipende dalla scabrosità delle
superfici infatti minore è la scabrosità minore sarà l’attrito. Pertanto, si riduce intervenendo sulle
superfici e cioè utilizzando materiali a bassa scabrosità e lavorando finemente le superfici poste a
contatto. È direttamente proporzionale alla forza premente N normale al piano di appoggio. Ne
consegue che aumentando l’inclinazione del piano di appoggio e dunque diminuendo la forza N, si
raggiungerà un angolo limite oltre il quale il corpo, non mantenuto da una forza premente N = Q cosα
sufficiente, comincerà a scivolare verso il basso.

Se il corpo è in stato di quiete o di moto vale la seguente formula:


Rr= fr x Q cosα
Q = peso del corpo
fr = coefficiente di attrito
Se il corpo è al momento iniziale del moto vale la formula:
Rr= fd x Q cosα
Con:
fd = coefficiente di primo distacco, sempre maggiore di fr
Sul piano orizzontale, diviene N = Q. Mentre, sul piano inclinato N diminuisce man mano che
aumenta l’angolo α, per effetto della diminuzione del valore del cosα.
__RESISTENZA DI ATTRITO VOLVENTE
Si parla di resistenza di attrito volvente quando un corpo cilindrico
rotola su un altro ovvero quando cambia con continuità la retta di contatto fra il corpo e il piano del
movimento.
Da cosa dipende e come si riduce. Ha un’intensità minore rispetto all’attrito radente. È dovuto alla
scabrezza delle superfici e alle deformazioni dei corpi in moto ed è direttamente proporzionale al
carico normale N e al parametro di attrito volvente δ (delta in greco) ed è inversamente
proporzionale al raggio della ruota.
Il parametro di attrito volvente è direttamente proporzionale all’affondamento della ruota nel
terreno; pertanto, per ridurre Rv occorre ridurre l’affondamento dell’organo di locomozione (es: non
percorrendo terreni fangosi) e usare ruote di grande diametro
δ
Rv = xN
r

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PERNI E ATTRITO DEI PERNI


DEFINIZIONE. Il perno è un corpo cilindrico rotante dentro sedi circolari dette boccole aventi un
diametro appena superiore ai perni stessi. Lo spazio fra perno e boccola si definisce gioco. In assenza
di gioco e di lubrificazione il perno aumenta di diametro per surriscaldamento e conseguentemente
grippa, cioè si blocca nella boccola.
IL PERNO PORTANTE. Sopporta un carico normale al proprio asse e il carico complessivo viene
suddiviso per il numero delle boccole.
IL PERNO SPINGENTE. Nel perno spingente il carico è incidente all’asse del perno e la componente
parallela al perno lo spinge fuori dalle boccole. Sarà perciò necessario introdurre frontalmente al
perno un cuscinetto reggispinta che impedisca al perno di essere spinto fuori dalla boccola.

L’ATTRITO DEI PERNI. È direttamente proporzionale al diametro del perno e per diminuire il suo
valore occorrono dei perni piccoli. La progettazione del perno dovrà essere accurata altrimenti se il
diametro sarà troppo ridotto potrebbe rompersi sotto il carico.
Noi possiamo ridurre l’attrito radente dei perni, in modo particolare nel caso del Cuscinetto
Reggispinta, o tramite la LUBRIFICAZIONE (interposizione di fluidi viscosi fra le pareti in movimento) o
tramite la TRASFORMAZIONE IN ATTRITO VOLVENTE (interposizione di cuscinetti a sfera fra il
supporto fisso e il perno in movimento oppure fra la parte mobile del cuscinetto reggispinta e la parte
fissa

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I GIUNTI
Definizione. I giunti sono dispositivi usati per il collegamento degli alberi di macchine, distanti o
vicine, ma non a contatto fra loro, come invece avviene nel caso della trasmissione mediante ruote di
frizione o con ruote dentate.
Gli alberi fra i quali trasmettere il moto possono essere paralleli, coassiali, coincidenti.
La funzione svolta da un giunto è quella di assicurare la corretta rotazione degli elementi collegati e
la trasmissione quanto più efficiente possibile del momento torcente applicato.
In agricoltura la trasmissione fra motrice e operatrice spesso avviene fra due alberi disallineati e
reciprocamente mobili e in questo caso si utilizza il doppio giunto cardanico.
In tutti i casi sotto illustrati gli alberi sono fissi nello spazio

GIUNTI PER ALBERI COASSIALI


Sia il motore sia la macchina operatrice (qui un
generatore di elettricità) sono usualmente fissati su
un BASAMENTO; l’albero del motore e l’asse della
macchina operatrice sono allineati. Le loro
estremità sono i due SEMIGIUNTI, posti uno di
fronte all’altro, ravvicinati e serrati con bulloni. Fra i
semigiunti è interposto un ELASTOMERO, che verrà
cambiato periodicamente in relazione all’intensità
del logoramento e che ha funzioni di
ammortizzatore elastico. Questa configurazione –
motore e macchina operatrice allineate su un
basamento comune - è molto frequente, come nel
caso delle motopompe, dove al posto del generatore vi è una pompa per l’irrigazione.
REGOLA GENERALE PER LE GIUNZIONI COASSIALI.
Non è possibile saldare fra loro le estremità di due alberi coassiali, poiché il centro di un asse non può
mai coincidere esattamente con il centro dell’altro asse. Per questo ogni qual volta si dovrà
trasmettere il moto fra due assi coincidenti, occorre ricorrere ai giunti.
GIUNTI ELASTICI (CON ELASTOMERO)
Per collegare alberi allineati trasmettendo momenti anche importanti può essere utilizzata una
coppia di Semigiunti posti uno all’estremità di ogni albero e poi ravvicinati fra loro. Fra i due
semigiunti si interpone un Elastomero (“anello elastico”, in figura) che compensa l’inevitabile
disallineamento fra i due alberi posti in connessione e, che impedendo il contatto fra le parti
metalliche, ne ostacola l’usura.
Molto importante il corretto dimensionamento dell’elastomero in relazione ai momenti trasmessi,
per scongiurare rapido logoramento dell’elastomero
GIUNTI A MANICOTTO.
Trasmettono momenti di ridotta intensità fra alberi allineati fra loro. Si chiamano “a manicotto”
perché i due alberi vengono inseriti e serrati in un manicotto in modo che la rotazione di un albero
provochi la rotazione dell’altro.
GIUNTO A CATENA.
In questo giunto sono i giochi esistenti tra le maglie della catena che compensano modesti errori
angolari (errori di allineamento fra gli alberi)

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GIUNTI ARTICOLATI - GIUNTO CARDANICO


Definizione. Giunti mobili o articolati si utilizzano quando gli alberi fra
loro collegati possono subire spostamenti anche piuttosto elevati,
come nel caso fra trattrice e operatrice, sia portata che trainata.
GIUNTO CARDANICO
Il giunto cardanico è costituito da una CROCIERA (in verde) le cui
estremità si imperniano in due FORCELLE fissate agli alberi da collegare.
La crociera costituisce lo snodo del giunto.
Il giunto cardanico è in grado di trasmettere il moto fra assi che formano tra loro un angolo non
superiore ai 25° – 30 °.
Il giunto cardanico NON È OMOCINETICO (cioè modifica
la velocità angolare trasmessa) e ciò provoca vibrazioni
nella macchina operatrice che esso aziona, fenomeno
che si accentua con l’aumento dell’angolo formato dai
due alberi in rotazione. Questo inconveniente si risolve
con l’impiego del doppio giunto cardanico.

DOPPIO GIUNTO CARDANICO


Il doppio giunto cardanico è un giunto telescopico e omocinetico
costituito da due giunti cardanici i cui alberi si infilano uno dentro
l’altro. I due alberi così reciprocamente alloggiati fanno in modo che il
giunto sia Telescopico, ovvero in grado di adattarsi alla variazione
della distanza fra le due macchine da collegare fra loro. Il fatto che le
crociere siano due aumenta notevolmente l’angolo che può essere
raggiunto durante il lavoro, sia sul piano verticale che orizzontale.
DOPPIO GIUNTO CARDANICO E MACCHINA OPERATRICE
Quando una macchina operatrice collegata ad una trattrice in movimento deve essere anche
azionata (spandiconcime, pompa, zappatrice, trinciaramaglie, eccetera) la trasmissione meccanica
del moto avviene con il doppio giunto cardanico. Esso è il giunto più diffuso in agricoltura. A fine
lavoro il giunto, se lasciato sulla macchina operatrice, dovrà essere sorretto per norma di sicurezza,
da un apposito gancio.

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INSTALLAZIONE DEL DOPPIO GIUNTO CARDANICO FRA MACCHINA MOTRICE E OPERATRICE


Ognuna delle due estremità del doppio giunto è costituita da un manicotto a 6 scanalature interne.
Un manicotto viene applicato all’alberino della Presa di Potenza (a 6 scanalature anch’esso); l’altro
viene applicato all’alberino della Macchina Operatrice da azionare

_Le scanalature ricavate all’interno del manicotto che costituisce l’estremità del giunto. Si nota il
Pulsante del dispositivo di blocco del giunto sulla pdp durante il lavoro e che dovrà essere premuto
nuovamente al termine, per scollegare il giunto dalla pdp.
_Alberino a 6 scanalature della pdp. La forma e le dimensioni sono frutto di una norma valida per
tutte le Case Costruttrici così, come è normalizzata la velocità di rotazione a regime (540 giri min-1 ).

RISCHI PER GLI ADDETTI


RISCHIO DI AVVOLGIMENTO. Come tutti i corpi rotanti, presenta il rischio di avvolgimento, con esito
spesso fatale (lo strappo di un arto provoca grave shock - scompenso cardio circolatorio con grave
alterazione dei parametri vitali).
RIMEDI. La protezione del giunto deve essere integra. Essa è costituita da due tubi in materiale
plastico scorrevoli l’uno sull’altro e con due cuffie alle estremità. Due catenelle agganciate alla
trattrice bloccano la rotazione delle protezioni. le cuffie del giunto.
ABBIGLIAMENTO. Usare indumenti da lavoro a strappo agevolato, senza parti sporgenti come
maniche o cinture (da escludere anche le cravatte e le lunghe capigliature!).
La Cuffia del giunto deve essere inserita per 50 mm nella controcuffia

OCCHIO IN OFFICINA! L’OMOCINETICITA’


CONDIZIONE PER L‘OMOCINETICITÀ.
Viene definito omocinetico il giunto di collegamento fra due alberi non allineati che permette la
trasmissione del moto dall’uno all’altro senza variazione apprezzabile della velocità angolare.
Condizione necessaria è la COMPLANARITÀ fra le due forcelle opposte. La complanarità elimina la
trasmissione di pericolose vibrazioni alla macchina operatrice.
MANTENERE L’OMOCINETICITÀ.
Per accorciare il doppio giunto cardanico, in accordo alla procedura contenuta nel libretto delle
istruzioni si accorceranno ambedue i tubi di una lunghezza uguale e solo dalla estremità libera di
ciascun tubo, ovvero quella centrale. Non dovrà mai essere asportata una porzione di tubo
adiacente la forcella, poiché la successiva saldatura della forcella al tubo accorciato non potrà
garantire la esatta complanarità di fabbrica.

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DISPOSITIVI PER LA SALVAGUARDIA DELLE MACCHINE E


DEGLI ADDETTI
Il doppio giunto cardanico può essere dotato, alla estremità che si applica alla macchina operatrice,
di un dispositivo per la salvaguardia delle due macchine collegate e/o degli addetti
_DISPOSITIVO LIMITATORE DI COPPIA A FRIZIONE per evitare la trasmissione di
sovraccarichi (durante l’impiego della zappatrice)
_ DISPOSITIVO LIMITATORE DI COPPIA A NOTTOLINO dove uno o più perni (nottolini)
sospendono la trasmissione (si spezzano) se lo sforzo trasmesso supera una certa soglia
_ DISPOSITIVO A RUOTA LIBERA, che consente la trasmissione del moto in un sola
direzione: dalla macchina motrice alla operatrice (caso della trinciaramaglie il cui moto
prodotto dal rotore in funzione può fungere da spinta per la trattrice causando situazioni
di grave pericolo)

CINGHIE
TRASMISSIONE GINGHIE-PULEGGE
DEFINIZIONE. La puleggia è il corpo cilindrico sul quale si avvolge la cinghia.
IMPIEGO. Fra corpi non a contatto (distanti) e alberi paralleli e fissi nello spazio.
CONDIZIONI DELLA TRASMISSIONE. È necessario che le cinghie si avvolgano almeno di 120° ,
altrimenti la cinghia slitterà sulla puleggia per insufficiente aderenza. Occorre ricordare che per il
verificarsi di questa condizione occorre che la distanza fra le due pulegge sia posta in relazione con i
loro diametri. Per ridurre gli slittamenti si può
interporre materiale di frizione. Queste pulegge sono
calettate (inserite con precisione) su un albero

In fase di progettazione o di realizzazione, al fine di


garantire L’angolo Di Avvolgimento di almeno 120°,
occorre prendere in considerazione la Distanza fra le
Pulegge e il rapporto fra i Diametri delle due Pulegge,
d1
ovvero il rapporto di trasmissione nella forma: τ =
d2

CINGHIE PIATTE
Erano molto utilizzate in passato per esempio per l’azionamento delle vecchie trebbie. Le cinghie
piatte slittano facilmente dando luogo a bassi rendimenti. Quando è necessario che la direzione del
moto della puleggia condotta sia inverso rispetto a quella della puleggia motrice occorre incrociare
la cinghia a “otto” o a “infinito” ().

CINGHIE TRAPEZIOIDALI
Sono di recente introduzione e sono molto utilizzate perché sono dotate di
una maggiore superficie di contatto con la puleggia che viene definita A
GOLA per la sua forma. Rispetto ad una cinghia piatta di uguale larghezza
consente trasmissioni con rendimenti molto maggiori. Oggi le cinghie sia
piatte che Trapezoidali possono essere munite di denti che ne aumentano
l’aderenza e dunque il rendimento della trasmissione

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PULEGGE A GOLA
Ogni puleggia è fornita di un foro circolare nel quale verrà calettato (inserito con
precisione) l’asse destinato a trascinarla. Il trascinamento avverrà grazie ad una
CHIAVETTA, che renderà solidali puleggia e asse.

TENDICINGHIA- TENDICATENA
DEFINIZIONE E FUNZIONE. Il tendicinghia è un dispositivo a rullo usato nelle macchine con
trasmissione a cinghia per regolare la tensione di questa ed evitare gli slittamenti e gli
scarrucolamenti. Per assicurare la tensione delle catene e il loro corretto alloggiamento sulle corone
dentate (ruote dentate) vi sono dispositivi analoghi,
detti tendicatena.
POSIZIONAMENTO. Il dispositivo di tensione si applica
al ramo che si svolge dalla puleggia / corona conduttrice
del moto, poiché il ramo che si avvolge è già in
tensione.
SCARRUCOLAMENTO. Si intende la fuoriuscita della
cinghia dalla propria sede (gola), fenomeno che occorre
al ramo che si svolge, in particolare se la cinghia /
catena non è ben tesa.

LA CHIAVETTA
Funzione. Rende solidali le due parti in rotazione, qui albero e ingranaggio.
Montaggio. L’ingranaggio viene calettato sull’albero e la chiavetta li rende solidali.
Definizione di calettare e di calettatura. Unione di due pezzi fatta introducendo una
sporgenza di uno di essi in una corrispondente cavità dell’altro (per es., quella di una ruota sul
proprio asse). Sono termini frequenti e importanti nelle costruzioni meccaniche

CATENE
Tipi di catene. Vi sono diversi tipi di catene, tutte costituite da MAGLIE fra loro variamente articolate
la cui forma e dimensione dipende dalle VELOCITÀ da raggiungere, dai MOMENTI da trasmettere e
dai CARICHI da sopportare. Le catene possono avere maglie molto ridotte come quelle della bicicletta
oppure maglie di grandi dimensioni come le CATENARIE delle trattrici cingolate.

I ROTISMI
DEFINIZIONI. Sono costituiti da ruote dentate o ingranaggi.

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_Si definiscono ROTISMI ORDINARI quando tutti gli ingranaggi girano intorno ad assi fissi, in almeno
un asse vi sono due ruote dentate e il movimento di un ingranaggio mette in moto tutti gli altri. Dai
rotismi ordinari proviene il cambio meccanico.
_Si definiscono ROTISMI EPICICLOIDALI quando alcune ruote girano intorno ad assi mobili. Dai
rotismi epicicloidali provengono i riduttori epicicloidali e i cambi epicicloidali.

IL VOLANO E LA FRIZIONE
VOLANO
Il VOLANO è un organo rotante che ruota intorno al proprio
asse con maggiore distribuzione della massa verso la periferia e
applicato all'albero motore di una macchina serve a renderne
uniforme. mediante la propria inerzia, il moto rotatorio. Lo si
può considerare come un accumulatore meccanico di energia
Voluminoso e pesantissimo
volano esterno in una
trattrice d’epoca (il motore era monocilindrico). Coassiale al
volano è una puleggia, che veniva resa solidale al volano
mediante una frizione azionata manualmente dai due volantini. La
puleggia portava una cinghia piatta, idonea alla trasmissione del
moto a MO come trebbie, pompe irrigue, ecc., Successivamente,
furono montate pulegge a gola, che vennero poi definitivamente
soppiantate da trasmissioni con giunto cardanico Grazie al
progresso tecnologico oggi i volani sono di gran lunga meno
voluminosi e pesanti

GIUNTO DI FRIZIONE
Serve a collegare due alberi allineati, permettendone la disconnessione con il motore in moto.
Funzionamento. Nei veicoli, il disinnesto della frizione consente di di interrompere il moto nel tratto
della catena cinematica posto a valle della frizione stessa e, pertanto, sia di agire sui freni pur
rimanendo il motore in funzione, sia di agire sul cambio, nonostante il motore in rotazione. Il DISCO
della frizione è solidale al volano posto in rotazione con l’albero motore ed è composto da un
materiale di attrito (in giallo)
DANNEGGIAMENTO DELLA FRIZIONE. Quando si ha la cattiva abitudine di tenere il piede sul pedale
della frizione lo spingidisco usura rapidamente il disco della frizione ed emana odore di bruciato. Vi
sono frizioni anche molto complesse con pacchi di dischi e frizioni centrifughe. La sostituzione del
disco o dei dischi necessita di molto lavoro.

IL DIFFERENZIALE
Il Differenziale è un Complesso Di Cinematismi (PIGNONE, CORONA, RUOTE DENTATE)
FUNZIONE. Il differenziale serve a compensare le variazioni di velocità angolare ω fra le ruote
motrici di uno stesso asse.

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QUANDO ENTRA IN FUNZIONE. Le variazioni di velocità si manifestano
A) Nelle traiettorie curve, dove la ruota esterna rotola a velocità superiore rispetto alla ruota
interna.
B) Quando una delle due ruote perde aderenza e comincia a slittare rotolando ad alta velocità,
mentre l’altra rimane ferma o quasi. Questo accade quando una ruota si trova nel fango o nella
neve; in questi casi, per trarsi fuori, occorrerà ricorrere al blocco del differenziale.
POSIZIONE DEL DIFFERENZIALE. La scatola del differenziale contiene gli ingranaggi che lo
compongono ed è alloggiata lungo l’asse che collega le due ruote motrici di trattrici a ruote. Petanto
nel caso di trattrici DT vi sarannp due differenziali, anteriore e posteriore
FUNZIONAMENTO DEL DIFFERENZIALE. Quando una ruota aumenta la sua velocità di rotazione per
le cause sopraddette, il differenziale entra in funzione provocando la diminuzione della velocità di
rotolamento dell’altra. Nel caso dello slittamento puro di una sola ruota, il differenziale può
determinare l’arresto completo dell’altra ruota. Una volta determinatasi questa situazione, solo il
dispositivo di blocco del differenziale consente la normale trasmissione del moto alla ruota rimasta
aderente al suolo. E sarà il rotolamento di questa a consentire l’avanzamento del veicolo. Grazie alla
diffusione dei controlli elettronici i dispositivi che operano il blocco totale o parziale del differenziale
oggi sono in dotazione alle trattrici come ai veicoli fuoristrada.
COSA CONTIENE LA SCATOLA DEL DIFFERENZIALE. Contiene un PIGNONE, o ingranaggio conico,
posto ad una estremità dell’albero di trasmissione,
ingranato con la CORONA. Una corona, è un
ingranaggio a forma di corona circolare con i denti
ricavati sulla sua superficie. In casi come questo si
parla di trasmissione pignone – corona e la corona
viene posta in movimento dalla rotazione del
pignone. Un telaio metallico detto PORTATRENO è
solidale con la corona. Due ruote dentate coniche dette PLANETARI, sono situate all’interno della
scatola e fissate all’estremità dei semiassi che si dirigono alle ruote. Due o quattro ruote dentate
coniche dette SATELLITI sono ate su perni fissati al portatreno ed interposte fra i due planetari, con i
quali ingranano. Grazie alla rotazione dei planetari le ruote del veicolo poste all’estremità distale dei
semiassi rotolano consentendo l’avanzamento in condizioni di traiettoria rettilinea e di aderenza
senza variazioni di velocità fra le DUE RUOTE MOTRICI.

IL CAMBIO
Il cambio è un rotismo che ha lo scopo di adeguare la coppia motrice alla coppia resistente

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POSIZIONE. Nella catena cinematica il cambio è posizionato a valle della frizione e si trova tra la
frizione e l’albero di trasmissione che recapita il moto alla Coppia Conica o al Differenziale
MOMENTI E VELOCITÀ ANGOLARI. Poiché la velocità di rotazione e il momento sono fra di loro
inversamente proporzionali:
P=M 
consegue che il cambio serve a trasmettere agli organi di locomozione la velocità angolare e la
coppia, in modo inversamente proporzionale fra loro. Di volta in volta a seconda delle utilizzazioni
reali prevarrà nella scelta dei rapporti l’aspetto della velocità o quello della coppia trasmessa.
Il cambio si chiama così perché il conducente letteralmente cambia il rapporto di trasmissione fra il
numero di giri delle ruote e quello del motore, adattando in tal modo la coppia trasmessa al carico
resistente come per esempio in caso di terreno tenace con percorso in salita oppure in caso di
terreno sciolto o con percorso in piano o in discesa.
DESCRIZIONE E FUNZIONAMENTO.
Il cambio è costituito tradizionalmente da un ALBERO
PRIMARIO, un ALBERO SECONDARIO, allineato e non
collegato al primario, ed un’ALBERO DI RINVIO, parallelo
ai due.
Il moto dall’albero primario (in verde) all’albero
secondario (giallo) e trasferito tramite l’albero di rinvio
(rosso), attraverso ruote dentate che sono sempre in
presa (che sono sempre in contatto tra loro). Pero,
inizialmente, queste ruote girano tra di loro ma non
trasmettono niente; sono in posizione di FOLLE e,
pertanto, nessun moto viene trasmesso all’albero secondario.
Allora quando noi noi usiamo la leva del cambio, dopo aver premuto a fondo la frizione per
DISINNESTARE la frizione, attraverso dei leveraggi il nostro movimento che facciamo sulla leva del
cambio si trasmette alla scatola del cambio.
Con delle ruote dentate poste frontalmente (viola), noi scegliamo una ruota (viola) e la facciamo
ingranare con la corrispondente ruota dell’albero secondario. La coppia di ingranaggi che abbiamo
selezionato, in quel momento, viene bloccata sul proprio asse (non gira più in folle) e trasmette il
moto
Sapendo che le ruote dell’albero secondario sono 6 e vanno dal più grande (la prima) alla più piccola
(la sesta). Noi capiamo come le 6 marce sono diverse a seconda della velocita di rotazione e del
momento trasmesso (la prima ha un maggior momento ma una velocità di rotazione minore)
All’ultima coppia di ruote è interposta una ruota della oziosa, in quanto non partecipa al rapporto di
trasmissione, ma è necessaria per invertire la direzione del moto: si tratta infatti della retromarcia.

CAMBIARE LA MARCIA OVVERO IL RAPPORTO DI


TRASMISSIONE

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Agendo sulla leva del cambio (selettore), il conducente sceglie quale coppia di ingranaggi trasmetterà
il moto dal motore alle ruote. Non appena mutano le condizioni del lavoro, potrà nuovamente
intervenire per cambiare coppia di ingranaggi. Pertanto, cambiare la marcia significa cambiare il
rapporto di trasmissione fra il motore e le ruote di locomozione (anche se interverranno altri
ruotismi a ridurre la ω che giunge alle ruote)
Ciascuna coppia di ingranaggi ha un proprio rapporto di trasmissione (τ = z1/z2). Pertanto cambiare
marcia significa cambiare rapporto di trasmissione e questo, come abbiamo visto, ha effetti
inversamente proporzionali sulla velocità e sulla coppia trasmessa
EFFETTI DEL CAMBIO DI MARCIA
Nel caso di una trattrice al lavoro, l’uso del cambio è prevalentemente rivolto ad adeguare il
momento motore alle coppie resistenti. Infatti, se durante l’aratura le resistenze del terreno
aumentano poiché si sta attraversando una parte del campo con terreni maggiormente coesivi, sarà
necessario intervenire sul cambio della trattrice scalando di marcia. In tal modo, si diminuisce la
velocità di avanzamento e si ottiene una coppia maggiore, necessaria per superare le maggiori
resistenze.
Durante una erpicatura superficiale potremo selezionare una marcia alta; invece, durante l’aratura
profonda occorre fornire alle ruote un momento elevato e, perciò, selezioneremo una marcia bassa;
infatti ad una bassa velocità corrisponde un momento elevato. Le trattrici moderne per soddisfare le
molteplici esigenze del trasporto su strada e del lavoro nei campi sono equipaggiate con cambi dotati
di un elevato numero di MARCE o RAPPORTI, proprio per poter adeguare le velocità di avanzamento
o le coppie motrici. In un veicolo come l’automobile il cambio è utilizzato ancora più di frequente
rispetto ad una trattrice. Durante un percorso in pianura potremo scegliere una marcia alta, che
consente elevate velocità; in salita sarà necessario fornire alle ruote di un momento maggiore
rispetto ad un tragitto in pianura e, perciò, dovremo selezionare una marcia bassa.
IL CAMBIO NELLE MACCHINE OPERATRICI.
Il cambio è presente non solo nei veicoli ma anche in tutte quelle macchine operatrici dove sia
necessario variare la velocità di rotazione di un componente in funzione delle caratteristiche del
lavoro.
Nel caso di una seminatrice il cambio serve a far compiere più o meno giri all’organo distributore del
seme in rapporto ad una ruota motrice del sistema di distribuzione. Lo scopo è quello di seminare
quantità maggiori o minori di seme. Gli organi di distribuzione delle seminatrici vengono messi in
moto dalle ruote di appoggio. Il cambio è messo tra la ruota motrice del sistema di distribuzione e il
sistema di distribuzione. Per ogni giro della ruota di appoggio io posso sceglie grazie al cambio quanti
giri farà l’asticina, o l’asse, che porta i distributori. Più rotazione compie, più seme viene prelevato
dalla tramoggia e viene avviato al terreno. Quindi la regolazione di semina si fa sul cambio che cambia
tale distribuzione
In una zappatrice il cambio servirà a far compiere più o meno giri al rotore che porta gli utensili, con
l’effetto, nel caso di una maggiore velocità, di amminutare maggiormente il terreno grazie al maggior
numero di colpi che nell’unità di tempo lo raggiungono.
In ambedue gli esempi il cambio delle macchine operatrici viene azionato con riferimento principale
alla velocità di rotazione, mentre le forze resistenti non giocano un ruolo nella scelta della marcia.

IL PARALLELOGRAMMA ARTICOLATO
Il parallelogramma è una figura geometrica formata da lati a coppie; un lato è uguale al suo omologo
e sono paralleli tra di loro.

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DESCRIZIONE. È costituito da un basamento fisso detto PONTE, da una BIELLA e da due manovelle di
uguale lunghezza e sono uniti da dispositivi dette CERNIERE che sono dei dispositivi che permettono
all'oggetto vincolato soltanto rotazioni eliminando ogni traslazione del corpo come le cerniere degli
infissi o delle porte.
FUNZIONE. Il parallelogramma articolato trasmette il moto rotatorio e continuo da una ruota ad
un’altra senza compiere trasformazioni del moto stesso. Con il parallelogramma articolato si
trasmette il moto come nel caso delle ruote di una “vecchia” locomotiva:
biella
manovella
manovella
=
cerniere pont
e

IL BILANCIERE
Quando una manovella è più lunga dell’altra la sua estremità si muove descrivendo un arco (e non fa
più un giro completo come la manovella piccola) ed è in contatto con la manovella corta attraverso
un asta detta BILANCIERE. Quando la manovella piccola torna indietro questa manovella lunga viene
richiamata e quindi descrive un arco la cui ampiezza dipenderà dalla differenza in lunghezza delle
due manovelle..

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IL MANOVELLISMO DI SPINTA
Descrizione. Si assume che manovellismo di spinta una manovella venga prolungata all’infinito e
perciò è infinitamente più lunga dell’altra. Si otterrà pertanto un moto alternato. Inoltre, poiché
come è noto, un arco di raggio infinito esprime un tratto rettilineo, si avrà che l’estremità di questa
manovella compie un movimento alternato e rettilineo. Se a questa estremità poniamo un pistone o
uno stantuffo e lo facciamo scorrere in un CILINDRO stiamo rappresentando ciò che accade nel
motore a pistoni.
Funzionamento. Quando la manovella, nel suo movimento, si troverà a giacere lungo la direzione
della BIELLA, le lunghezze di manovella e biella si sommeranno e il PISTONE raggiungerà l’estremità
più lontana della sua CORSA o PUNTO MORTO SUPERIORE (pms). Proseguendo il movimento, la
lunghezza della manovella si sottrarrà a quella della biella e il pistone si avvicinerà al centro di
rotazione sino a raggiungere il PUNTO MORTO INFERIORE (pmi).
La CORSA del pistone è rappresentata dal segmento compreso fra i due punti morti.

La funzione del M. di S. è
essenziale, in quanto trasforma il
moto rettilineo e alternato del
pistone pistone in moto rotatorio
cilindro dell’albero motore. Questo moto
rotatorio verrà trasmesso alle ruote
albero mediante la catena cinematica.
cors
motore Ma consente altresì la
a
trasformazione inversa (per
pmi pms esempio nelle partenze a strappo)

IL MANOVELLISMO DI SPINTA NEL MOTORE A PISTONI.


Nel motore endotermico, i gas combusti – derivati dall’accensione del
combustibile all’interno del CILINDRO - spingono sul CIELO del pistone
provocando il suo movimento verso il pmi. Grazie al manovellismo di spinta,
il moto rettilineo e alternato del pistone viene trasformato in rotatorio e
continuo dell’albero motore.
Il prodotto della FORZA esercitata dai gas combusti sul cielo del pistone
(che ha il suo massimo in prossimità dell’accensione e poi decresce) per il
BRACCIO (che nel manovellismo di spinta varia istante per istante) dà luogo
ad un MOMENTO O COPPIA DEL MOTORE la cui intensità varia in funzione
del numero di giri del motore.
Nella partenza a spinta o a strappo il moto avverrà in senso contrario. Sarà
il movimento rotatorio e continuo delle ruote ad essere trasmesso sino ai
pistoni che si muoveranno di moto rettilineo e alternato.
Siccome la posizione reciproca di manovella e biella cambie continuamente
cambia continuamente anche il braccio e la velocità con cui cambia il
braccio è legata alla veloctià di rotazione

Il Manovellismo di spinta è il primo organo di trasmissione che si incontra nel motore, e ha il


compito di trasformare il moto rettilineo alternato del pistone nel cilindro in rotatorio e continuo
degli organi di locomozione

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CAPITOLO IV: I MOTORI TERMICI


MOTORI TERMICI

ESOTERMICI ENDOTERMICI
Ciclo Otto: benzina
Ciclo Diesel: nafta
Ciclo Sabathè: gasolio

DEFINIZIONE DI MOTORE. È una macchina in grado di trasformare una fonte energetica in energia
meccanica. In base alla fonte energetica, quelli nettamente più diffusi in Meccanica Agraria si
distinguono in: motori termici, eolici, elettrici e idraulici.
Nei MOTORI TERMICI il calore prodotto dalla combustione di un combustibile viene trasformato in
energia meccanica. I Motori Termici si distinguono in Motori Esotermici ed Endotermici.
_Nei Motori Esotermici la combustione che produce l’energia termica avviene esternamente al
luogo dove si sviluppa il fluido attivo capace di produrre il lavoro meccanico.
_Nei Motori Endotermici la combustione avviene all’interno del fluido che produce il lavoro
meccanico. In altre parole un fluido viene sottoposto a combustione produce i gas della
combustione e questi, espandendosi, danno luogo al lavoro meccanico.

REGIMI DEI MOTORI


Una macchina e dunque anche un motore attraversa tre fasi o regimi:
1. FASE DI AVVIAMENTO: Nella fase di avvio
occorrerà immettere nel sistema energia
dall’esterno; nel motore di un veicolo
l’avviamento del motore termico
usualmente avverrà a spese della corrente
elettrica fornita dalla batteria.
2. FASE DI REGIME NORMALE: Di una
macchina si dice che è in regime normale o
“in regime” (per antonomasia) allorquando
la potenza motrice nella media di un ciclo è
equilibrata dalla somma delle resistenze, in
modo che la sua velocità si mantenga
costante, fatte salve eventuali fluttuazioni
periodiche
3. FASE DI ARRESTO: Nella fase di arresto occorrerà dissipare energia fornita dal sistema fino a
provocarne l’arresto o frenatura.
L’equazione generale delle macchine illustra l’andamento delle forze in relazione alle tre fasi di
avvio, regime e arresto.
IL FUNZIONAMENTO DEL MOTORE ENDOTERMICO
GENERALITÀ. Vi sono motori a 4 tempi e a 2 tempi.
FUNZIONAMENTO DI UN MOTORE A 4 TEMPI.
Nel motore a 4 tempi il ciclo viene completato in 2 giri dell’albero motore e quindi in 4 corse del
pistone, due in salita e due in discesa, per poi ripetersi sino a che il motore è in funzione.
ORDINE DELLE FASI. Le fasi sono le seguenti:
1. ASPIRAZIONE: Nella prima fase, di aspirazione, il pistone si muove verso il basso o verso il punto
morto inferiore pmi. Mentre ciò avviene, il fluido costituito da aria e carburante nei motori Otto e
da aria nei motori Diesel e derivati viene aspirato nel cilindro mediante l’apertura della VALVOLA
DI ASPIRAZIONE posta in cima al cilindro stesso.
2. COMPRESSIONE:Nella seconda fase, di compressione, il pistone corre verso l’alto ovvero verso il
punto morto superiore pms, comprimendo il fluido precedentemente aspirato. Al termine della
corsa del pistone, in realtà poco prima che questo raggiunga il punto morto superiore pms, si ha
l’accensione, provocata dalla scintilla nei motori a ciclo Otto oppure spontanea nei motori a ciclo
Diesel e derivati. Come si può comprendere l’accensione non è una fase a parte bensì fa parte
integrante della compressione.
3. ESPANSIONE: Nella terza fase, definita anche di espansione, il pistone spinto dai gas prodotti dalla
combustione torna a dirigersi verso il punto morto inferiore pmi.
4. SCARICO: Nella quarta fase detta anche di scarico il pistone per effetto inerziale dovuto alla fase
precedente torna verso il punto morto superiore pms e nel suo movimento provoca lo scarico dei
gas combusti, che attraverso il COLLETTORE e la MARMITTA raggiungeranno l’ambiente esterno
grazie alla apertura della VALVOLA DI SCARICO posta anch’essa in cima al cilindro.

Come si può notare, solo la fase dell’espansione è l’unica corsa attiva del motore termico a 4
tempi, poiché solo in questa fase si produce energia tale da provocare la rotazione del
manovellismo di spinta e di conseguenza la produzione del movimento.
Durante le altre tre fasi, il movimento del pistone avviene per effetti inerziali ovvero a spese del
movimento prodotto durante l’espansione. È importante notare che il motore a 4 tempi è munito
di una o più valvole di immissione e di scarico per ogni cilindro.
Meccanica Agraria – Parte II – Cap..I – Rev181226-181123 – Prof. Giampaolo Schillaci giampaolo.schillaci@unict.it

ACCENSIONE NEI MOTORI


L’accensione NON è una fase, bensì fa parte della fase di compressione. Avviene quando il pistone
sta per giungere al PMS.
Nella fase di compressione, abbiamo il pistone che fa su e giù dentro un cilindro, compiendo un
ciclo. Questo ciclo comincia vi è il fluido attivo che spinge il pistone in giù che mentre scende giù
aspira il fluido attivo. Poi torna su e comprime questo fluido e prima di arrivare in cima avviene
l’accensione di questo fluido attivo

Nel CICLO OTTO (motori che impiegano la Benzina) il pistone va su nella Fase Di Compressione e
quando è arrivato quasi in cima si ha un’accensione molto rapida, tanto è che questi venivano
chiamati “motori a scoppio” ma ora si chiamano “motori ad
accensione provocata”, provocata da una candela.
Nella Fase Di Aspirazione, il pistone aspira una miscela carburata (un
combustibile mescolato con aria) che poi comprime (poiché il foro da
cui è entrata la miscela, detta valvola di aspirazione viene chiusa) e
avviene l’accensione a “scoppio”.
Questo picco è immediato poiché è talmente veloce questa
accensione che il pistone non ha il tempo di scendere e quindi di
rispondere subito alla legge dei gas.
Infatti il pistone rimane fermo nel Punto Morto Superiore e la
pressione che ne dovrebbe scaturire si innalza verticalmente.
Poi succede che il pistone comincia a muoversi e si dirige verso il
Punto Morto Inferiore e man man che si sposta verso il basso, la
pressione scende. Pertanto l’accensione è talmente rapida da
avvenire a volume costante (ISOCORA), in quanto il pistone non ha il
tempo di iniziare il movimento verso il PMI.

Nel CICLO DIESEL, nella fase di aspirazione del pistone si aspira aria e
quando il pistone torna a spostarsi verso il punto morto superiore e
poi si trova in prossimità di esso, viene iniettato, da dispositivi detti
iniettori, in forma di polvere la Nafta e questa “nube” viene accesa
dalla temperatura molto elevata dell’aria compressa. L’accensione
tuttavia è “lenta” perché il pistone ha il tempo di muoversi vero il punto
morto inferiore.
Conseguentemente, questa avverrà a pressione costante (ISOBARA).

Nel ciclo SABATHÉ o SEMI-DIESEL o DIESEL VELOCE, utilizza i Gasoli ed è


caratterizzato da una combustione a velocità intermedia fra i due cicli
precedenti
La prima parte dell’accensione è ISOCORA e la seconda ISOBARA.

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FUNZIONAMENTO DI UN MOTORE A 2 TEMPI.


Nel motore a 2 tempi il ciclo si completa in un giro dell’albero motore e dunque in due corse del
pistone, una salita e una discesa.
ORDINE DELLE FASI. Le fasi sono le seguenti:
1. Aspirazione
2. Compressione
3. Espansione
4. Scarico

Il motore a 2 tempi non è provvisto di valvole, bensì di LUCI aperte sulla parete del cilindro. È un
motore estremamente semplice rispetto al motore a 4 tempi ed è anche più reattivo, ovvero sale
più velocemente di giri, non dovendo affrontare l’inerzia dovuta al movimento delle valvole.

_Il Primo Tempo inizia con il pistone posizionato presso il punto morto superiore pms, momento
nel quale avvengono sia L’accensione che la Combustione e di conseguenza l’Espansione. Non
appena il pistone, correndo verso il punto morto inferiore pmi, apre le rispettive luci avrà luogo sia
lo scarico dei gas combusti che l’Inizio dell’immissione del nuovo fluido. Tuttavia, in questi motori
durante il primo tempo avviene la cosiddetta fase di LAVAGGIO, dove una parte del fluido in corso
di immissione nel cilindro fuoriesce all’esterno dalla luce di scarico non ancora completamente
chiusa dal cilindro stesso.
Questo fenomeno aumenta sensibilmente i Consumi Unitari, cioè i consumi per unità di energia
prodotta, e liberando combustibili all’esterno è fonte di inquinamenti.

_Nel Secondo Tempo, durante la risalita del pistone verso il punto morto superiore pms, si
completa lo la fase di Scarico e l’Immissione e la Compressione del fluido.

Al termine della Avvenuta l’accensione, il


compressione, durante la pistone corre verso il
combustione il basso. Vi sarà un
combustibile (di colore momento nel quale le due
verde) passa dal luci (immissione nel
basamento e viene cilindro e scarico) sono
avviato verso la camera aperte. Parte del
di combustione. combustibile fuoriesce
dalla luce di scarico
(lavaggio)
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ELEMENTI DI UN MOTORE ENDOTERMICO (SAPERE POCO)


Di seguito sono indicati alcuni elementi caratteristici che contraddistinguono un motore:
• Alesaggio: diametro interno del cilindro [mm]
• Corsa: spostamento del pistone fra pmi e pms [mm]
• Cilindrata: volume del cilindro compreso fra i due pm ∙ n° cilindri [cm3 o dm3]
• Camera di combustione: spazio fra il pms e la testata (è escluso dalla cilindrata)
• Velocità di rotazione: numero di rotazioni complete dell’albero motore [giri min-1]
• Rapporto di compressione: è il rapporto tra il volume totale del cilindro (quando il pistone è al
punto morto inferiore dopo la fase di aspirazione) e il volume che rimane nel cilindro quando
il pistone è al punto morto superiore (dopo la compressione)
• Pressione Media Effettiva: pressione esercitata sullo stantuffo per effetto dell’espansione del
fluido combusto
La pressione media e il rapporto di compressione sono in diretto rapporto con la potenza erogata
dal motore.

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TRASFORMAZIONI DI ENERGIA E RENDIMENTI


Generalità. Nei motori termici l’energia chimica viene trasformata prima in calore e questo
successivamente in energia meccanica che verrà prelevata all’albero motore (o meglio al volano)
Rendimenti del motore termico. Nel motore endotermico si individuano due rendimenti: il
RENDIMENTO TERMODINAMICO e il RENDIMENTO MECCANICO, al quale si aggiunge il GRADO DI
RIEMPIMENTO (già rendimento volumetrico o falso rendimento).

RENDIMENTO TERMODINAMICO
Il rendimento termodinamico η può essere espresso mediante il rapporto fra il calore oppure il
e
lavoro come segue:
q L
ηe = = i
Q Ltot
Con:
Q = calore totale ottenuto dall’accensione del combustibile
q = quota parte di Q trasformata in lavoro, poiché parte del calore totale viene dispersa (fumo,
irraggiamento ecc.)
L = lavoro indicato, che è definito così perché misurabile in laboratorio mediante degli indicatori e
i
corrisponde alla quantità di calore q trasformato
Ltot = lavoro che corrisponde alla trasformazione della quantità di calore Q
A parità di combustibile impiegato, otteniamo un maggior lavoro / calore indicato nei motori a
ciclo Sabathè rispetto ai motori a ciclo Otto
ηe Sabathè > ηe Otto

RENDIMENTO MECCANICO.
Il rendimento meccanico viene espresso dal seguente rapporto:

Con:
Lu = lavoro utile rilevato all’albero motore subito a valle del volano. Solo una parte del lavoro Li
ottenuto dalla completa trasformazione del calore q viene reso disponibile all’uscita del motore
sotto forma di lavoro utile Lu.
Poiché Lu < Li , ηm < 1 sempre

Nei motori a Ciclo Otto il rendimento meccanico ηm è superiore rispetto ai motori a Ciclo Sabathè.
Infatti quest’ultimi, siccome devono sopportare elevatissime pressioni all’interno del cilindro (il
fluido attivo si accende perché entra in contatto con aria ad altissima temperatura), e sono dei
motori molto più robusti ma anche più pesanti e una parte del lavoro indicato viene utilizzata per
mettere in movimento le masse del motore Sabathè che sono maggiori rispetto alle masse del Ciclo
Otto (più leggeri) e una parte di questa lavoro indicato viene dissipato
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GRADO DI RIEMPIMENTO
Il grado di riempimento è pari al rapporto tra la Quantità Di Fluido Effettivamente Aspirata (ad
ogni ciclo) nel cilindro e quella che a pressione e temperatura ambiente occupa un Volume
Esattamente Uguale Alla Cilindrata (cioè al volume generato dal pistone nel suo spostamento dal
pms al pmi). Nei motori aspirati sarà:
η v < 1 sempre.
VARIAZIONE DEL GRADO DI RIEMPIMENTO. Questo fenomeno è dovuto alle resistenze che i fluidi
reali incontrano nel loro movimento, a seconda della velocità, che incontrano nell’accedere al
cilindro attraverso le restrizioni rappresentate dalle valvole.
Inoltre, le valvole impiegano del tempo per aprirsi e chiudersi e questo determina un fenomeno
detto TRAFILAMENTO, per il quale una parte del fluido appena immesso fuoriesce dalle valvole
stesse. Infine, alle alte velocità di rotazione del motore l’aria incontra resistenze che provocano il
surriscaldamento del fluido e ne diminuiscono la densità.
Motori compressi.
Per via del compressore, che inietta aria a alta pressione, sarà: η v > 1
η v raggiunge il valore più elevato in corrispondenza del regime di coppia massima, poi decresce e
crolla, condizionando le performance del motore.

MOTORI ASPIRATI - MOTORI COMPRESSI -


SOVRALIMENTAZIONE
MOTORI ASPIRATI. Nei motori aspirati (quelli comunemente diffusi) l’aspirazione del fluido
avviene a pressione atmosferica e la spinta del fluido stesso dentro il cilindro viene effettuata alla
pressione massima di 1 atm.
MOTORI COMPRESSI. Nei motori compressi il fluido viene spinto a pressione dentro il cilindro
grazie ad una vera e propria azione di pompaggio. Nel caso questa venga espletata da una turbina
azionata dai gas di scarico, il dispositivo pompante viene definito turbocompressore e si parlerà
allora di motori turbocompressi, nei quali il grado di riempimento può giungere a raddoppiare.
Ecco perché quello volumetrico è definito falso rendimento.
UTILITÀ DELLA SOVRALIMENTAZIONE. Con il termine di sovralimentazione si definisce la
procedura con la quale si incrementa l’aria immessa nel cilindro (più aria, più fluido da comburere).
L’utilità della sovralimentazione, ottenuta con il COMPRESSORE, risiede nell’ottenere una
combustione completa del combustibile iniettato, con corrispondenti aumenti di potenza sino al
40% in più rispetto ai motori aspirati. Questo comporta la necessità di irrobustire il motore e
l’intero veicolo; infatti, non si può applicare il compressore in un veicolo che non sia predisposto; di
solito, il compressore è installato direttamente dal fabbricante.

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POTENZA E COPPIA DI UN MOTORE


COPPIA. Nei moti rotatori la COPPIA o MOMENTO è: M = F ∙ b.
COPPIA IN UN MOTORE. Nel cilindro, le forze F dei gas combusti variano istante per istante e
premono sul cielo del pistone; manovellismo di spinta varia anch’esso e rappresenta il braccio b.
La coppia M dunque cambierà anch’essa istante per istante e i valori assunti sono quelli espressi
dalla relativa curva caratteristica.
POTENZA, COPPIA E DIMENSIONI DI UN MOTORE. Nei moti rotatori è: P = M ∙ ω e dunque M e ω
sono inversamente proporzionali fra loro. Una trattrice agricola e una motocicletta da
competizione possono avere medesima potenza, ma la velocità di rotazione dei due motori sarà,
rispettivamente, 220 - 450 ω contro 1000 – 1500 ω. Nel motore della trattrice le F saranno molto
maggiori, poiché la cilindrata molto maggiore consente sia l’immissione di molto più fluido attivo;
anche la manovella sarà molto più lunga. Ecco perché si può stare a cavalcioni del (piccolo) motore
di una potentissima moto, ma non certo del motore di una trattrice o di un autotreno!
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CURVE CARATTERISTICHE DEI MOTORI TERMICI


Ogni motore termico viene caratterizzato
dall’andamento dei valori della coppia, della potenza
e del consumo specifico per unità di energia prodotta.
Sul piano cartesiano possono essere disegnate le tre
curve corrispondenti:
• Coppia [N * m]
• Potenza [kW] 
g
• Consumo specifico[ ]
kWh
I valori assunti dalla coppia del motore in ragione del
regime di giri , che poi saranno riportati sul piano
cartesiano a formare la Curva Della Coppia, vengono
ricavati sperimentalmente facendo funzionare al
banco prova il motore da testare ed esercitando una
azione frenante sull’albero motore mediante un
FRENO DINAMOMETRICO, una sorta di pinza
mediante la quale si stringe progressivamente l’albero
motore. Si otterrà M = F * b, dove l’intensità di F è
letta sul freno dinamometrico e b è un parametro
costruttivo del freno dinamometrico.

Mediante opportuni calcoli, essendo noto momento per momento sia il valore assunto dalla
COPPIA, sia la velocità, sarà possibile ricavare anche la POTENZA erogata ad un dato regime di giri,
poiché come è ben noto, P = M ω.
Infine, rilevando il consumo di combustibile in corrispondenza del numero di giri durante
l’erogazione di una certa coppia e rapportandolo all’energia prodotta, si ottiene il CONSUMO
SPECIFICO.
Sull’asse delle ascisse si riporta il regime di giri del motore e su quello delle ordinate la coppia, la
potenza ed il consumo specifico. I valori del consumi sono:
Cs = 230 – 260 g∙kWh-1 – Diesel e Semidiesel
Cs = 280 – 320 g∙kWh-1 – Otto (rendimenti termodinamici minori e quindi consumi maggiori)

Le curve della coppia e della potenza segnano un massimo (dopo di essa poi crolla), invece quella
del consumo specifico segna un minimo.
Sperimentalmente, si dimostra che il massimo della coppia si raggiunge ad un regime di giri
inferiore rispetto al massimo della potenza e che il minimo del consumo specifico si colloca fra i
due massimi.
Il consumo specifico dei motori termici tende a diminuire con il progresso tecnologico.
Occorre sottolineare che le curve caratteristiche vengono ottenute ponendo l’acceleratore a fine
corsa ovvero ponendo il motore al massimo del carico, mentre ciò non accade mai nella pratica
corrente.
Le curve NON partono per n = 0
Nota. le curve caratteristiche vengono ottenute al banco prova ponendo l’acceleratore a fine corsa
In ascisse abbiamo giri dell’albero motore e in ordinata abbiamo la potenza e la coppia

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I punti dei massimi e del minimo devono coincidere nel grafico (quando fai il disegno)
CAMPI O INTERVALLI DI FUNZIONAMENTO DEI MOTORI
Tracciando le verticali dai due massimi sino all’asse
delle ascisse si individuano tre campi o intervalli di
funzionamento dei motori, nei quali le prestazioni di
ciascun motore sono determinate dall’andamento dei
due rendimenti e del grado di riempimento
-C.F INSTABILE: dal massimo della coppia all’origine.
-il Rendimento Termodinamico precipita perché fra
un accensione e l’altra passa troppo tempo (sempre
in termine di microsecondi) e quindi si raffredda.
-Il Rendimento Meccanico aumenta perché vi sono
meno attriti e quindi meno dissipazioni perché il
motore gira lentamente.
-Il Rendimento Volumetrico aumenta perché entra
tanta aria per via del movimento lento del pistone
-C.F. STABILE: è compresa tra il massimo della coppia e
il massimo della potenza. Tutti i rendimenti non si
abbassano
-C.F. IMPRODUTTIVO: è oltre il massimo della potenza,
dove si spreca anche maggiore energia.
-Il Rendimento Termodinamico aumenta perché le
accensioni sono vicinissime e non c’è dispersione di calore.
-Il Rendimento Meccanico si abbassa aumentano gli attriti e quindi maggiori dissipazioni.
-Il Rendimentro Volumetrico crolla perché la velocità del pistone è talmenta alta che non entra
fluido.
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VALUTAZIONE DEI MOTORI TERMICI


ELASTICITÀ DI UN MOTORE
DEFINIZIONE. Con il termine elasticità di un motore si intende la capacità di un motore di superare
le resistenze esterne improvvise o crescenti senza che il conducente faccia ricorso al cambio.
DESCRIZIONE. Quando la resistenza esterna aumenta, come nel caso di un’aratura nel momento in
cui il terreno si manifesta improvvisamente più tenace la trattrice rallenta e il numero di giri del
motore si riduce. Osservando la curva della coppia si nota che riducendosi il regime di giri la coppia
può aumentare sino a superare la resistenza. In questo caso il motore viene riportato alle
condizioni precedenti.
Se invece la velocità di rotazione si riduce sino a superare il punto di coppia massima, il regime del
motore precipita e occorre che il conducente agisca selezionando la marcia inferiore in modo da
ottenere una coppia maggiore.
VALUTAZIONE. L’elasticità del motore può essere
valutata attraverso due fattori che sono sia
l’intervallo di funzionamento stabile, il cui valore
consigliabile è superiore al 30%, e la riserva di
coppia o spunto, che non dovrebbe essere
inferiore al 15% e sarà molto buona se > 30%.
Valutazione del campo di funzionamento stabile.

La riserva di coppia viene calcolata come segue:

Mmax = coppia massima


Mpmax = coppia al numero di giri della potenza
massima
Il risultato può essere utilizzato direttamente in
decimi o convertito in percentuale
Occorre sottolineare che l’elasticità viene
aumentata nei motori a Ciclo Diesel e derivati dal
Sistema di regolazione, che consente di adeguare
entro certi limiti l’immissione del fluido in
relazione al carico. In pratica, il regolatore si comporta come una sorta di acceleratore automatico,
incrementando l’immissione di gasolio nei cilindri non appena il numero di giri del motore
diminuisce durante il lavoro di aratura per effetto di un aumento della resistenza opposta dal
terreno. I cambi moderni, che sono efficaci e veloci, influiscono positivamente sulla risposta del
motore alla variazione dei carichi.

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VALUTAZIONE E SCELTA DI UN MOTORE


Lavori in pieno campo. “A terra cancia di parmu a parmu” e il cambio meccanico trattrici tende ad
usurarsi se utilizzato di frequente; ne consegue che l’elasticità ricopre particolare importanza in
quanto aumenta la durata del motore e della trasmissione e facilita il lavoro del conducente,
rendendolo meno stancante.
Trasporti. L’elasticità assume meno importanza, perché le variazioni di resistenze esterne sono
graduali (esempio: il cambio di pendenza della strada), e meno frequenti rispetto a quelle che si
verificano in campo.
Lavori a stazionamento fisso (la trattrice non si muove; pompa). Ancora minore importanza
assume l’elasticità per quelle trattrici che verranno utilizzate a posto fisso (irrigazione). In questo
caso occorre fare in modo che il regime di giri durante il funzionamento coincida o si avvicini al
regime di giri corrispondente al minimo della curva del consumo specifico.

POTENZE E REGIMI DI UN MOTORE


POTENZA MASSIMA DEL MOTORE E POTENZA DI ESERCIZIO.
Non è possibile utilizzare un motore termico alla potenza massima se non per un breve periodo.
Semplificando occorre preventivare una potenza di esercizio pari al 75% della potenza massima. In
via pratica questo può essere ottenuto utilizzando il contagiri in dotazione della trattrice.
REGIME DI GIRI DEL MOTORE E DELLA PDP
Al regime di giri di esercizio (75% del regime massimo), corrisponde una velocità della pdp
meccanica normalizzata a pari a circa 56.5 ω. Può raggiungere per poco tempo punte superiori,
ma in pratica è bene che venga regolata fra i 52,33 ω e i 54,43 ω per evitare danni alle macchine
operatrici azionate e/o alla trasmissione della trattrice)
NOTA. Una trattrice costretta a lavorare oltre la potenza di esercizio entra in sforzo e questo stato è
riconoscibile da rumore cupo del motore e dalla emissione di fumo nero dallo scarico. Capita
spesso nelle «giornate dimostrative». In condizioni ottimali di lavoro il rumore è allegro e il fumo è
invisibile o azzurrino
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VOCABOLARIO DEI MOTORI


ACCELERAZIONE (di un veicolo). Tempo necessario per raggiungere una data velocità, per esempio
da 0 a 100.
Esempio:
Tesla Modello S, da 0 a 100 kmh-1 in 2,8 - 3,5 s
Ferrari 488, da 0 a 100 kmh-1 in 2,8 s
V
Note: a rigore, come è noto: a= 2 , dunque l’a. non è un tempo!
s
RIPRESA. Capacità di un veicolo in movimento di raggiungere una data velocità a partire dal regime
di giri a coppia massima, senza cambiare marcia.
COPPIA DI SPUNTO. Coppia erogata alla partenza. La coppia erogata dal motore elettrico è
altissima alla partenza. La coppia erogata dal motore termico viene raggiunta ad un certo numero
di giri.
Esempio. Un veicolo elettrico può salire una rampa molti ripida senza difficoltà già all’accensione.
Un motore termico necessita di accelerazioni a posto fermo prima di salire, in modo da portare il
motore al numero di giri prossimo alla coppia massima.

CO-GENERAZIONE
Una quota parte del calore prodotto da un motore viene dissipata nell’ambiente attraverso i gas di
scarico, contribuendo all’aumento dell’inquinamento termico. Un’altra parte viene intercettata dal
sistema di raffreddamento. Nel caso dei motori funzionanti a posto fisso parte di questo calore,
almeno sino al 90% ricorrendo a sistemi sofisticati, può essere recuperata per essere
successivamente utilizzata.

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SECONDA PARTE
CAPITOLO I: CENNI DI FISICA DEL
TERRENO AGRARIO
IL TERRENO E LE SUE CARATTERISTICHE
Il terreno naturale è il risultato della trasformazione della roccia madre in seguito a processi
chimici, fisico-meccanici e biologici;
Esso è definito agrario laddove si aggiunge l'intervento di coltivazione da parte dell'uomo.
Il terreno è costituito da tre componenti, fase solida, liquida e gassosa, e debbono trovarsi in
proporzioni tali da garantire condizioni igieniche e di abitabilità ottimali per lo sviluppo delle
piante coltivate.
Le usuali tecniche di sistemazione e di preparazione del terreno mirano al raggiungimento e/o al
mantenimento di queste indispensabili condizioni.
_La FASE SOLIDA è prevalente (circa il 50% del volume totale) ed è costituita da materiale
inorganico (sabbia, limo, argilla) ed organico, quest'ultimo derivante sia dalla decomposizione di
organismi vegetali ed animali (decomposizione che porta alla formazione dell'humus), sia dai
microrganismi presenti negli strati superficiali del terreno.
_La FASE LIQUIDA è costituita dall'acqua e dagli elementi minerali in essa disciolti. I
_La FASE GASSOSA comprende l'aria diffusa nel suolo, miscelata con i gas che si formano per
trasformazione di sostanze organiche ed inorganiche.

COSTITUZIONE E CLASSIFICAZIONE DEL TERRENO


Le proprietà fisiche e meccaniche del terreno agrario dipendono dalla costituzione e dalla
struttura. La costituzione si identifica con la COMPOSIZIONE GRANULOMETRICA, nella quale si
distingue lo SCHELETRO (particelle con diametri maggiori di 2 mm) dalla TERRA FINE.
Questa, a sua volta, si compone di: Sabbia Grossa (iametro compreso fra 2 e 0,2 mm), Sabbia Fine
(0,2 - 0,02 mm), Limo (0,02 - 0,002) e Argilla (diametro inferiore a 0,002 mm).
In base alla percentuale con cui sono rappresentate le diverse componenti solide si perviene alla
seguente classificazione dei terreni:
• TIPO SCIOLTO, con una percentuale di sabbia maggiore del 50% e limitata presenza d'argilla;
si tratta di terreni poco deformabili, incoerenti e molto permeabili.
• MEDIO IMPASTO, con argilla presente in percentuale tra il 10 e il 20% e sabbia inferiore al
50%; sono terreni mediamente permeabili e soggetti a deformazioni; la loro risposta alle
sollecitazioni meccaniche è sensibilmente influenzata dalla percentuale di acqua in essi contenuta.
• TIPO TENACE: terreni fortemente deformabili per l'elevata presenza di argilla (> del 20%) e
la ridotta percentuale di sabbia (< del 30%).
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STRUTTURA
Con il termine “struttura” si intende la disposizione spaziale reciproca dei granuli che costituiscono
il terreno. In queste circostanze, alla Microporosità fra le particelle si aggiunge la Macroporosità
fra i grumi.
Essa è una caratteristica del terreno estremamente importante, in quanto i pori vengono occupati
dall'acqua o dall'aria, elementi indispensabili alla vita delle radici. Inoltre, ai fini della crescita delle
piante è assolutamente necessario che aria e acqua siano presenti in proporzioni equilibrate e, in
particolare, la prima non dovrebbe occupare mai meno del 15-20% dei pori.
MICROPOROSITÀ E MACROPOROSITÀ.
Ancor più del valore assoluto della porosità hanno grande importanza la forma, la dimensione e la
distribuzione dei pori.
Si definisce MICROPOROSITÀ il volume complessivo dei pori aventi dimensioni talmente piccole
che la tensione capillare supera la gravità. Nei micropori l'acqua può essere trattenuta a lungo e
perciò la microporosità corrisponde alla capacità del terreno di trattenere l'acqua.
La MACROPOROSITÀ invece, comprende quei pori le cui dimensioni sono talmente grandi che
l'acqua percola negli strati inferiori per effetto della forza di gravità. Essa corrisponde alla capacità
del terreno di contenere aria.
Come detto, di notevolissima rilevanza è il giusto Equilibrio Fra Micro E Macroporosità, che in
condizioni ottimali dovrebbero ciascuna attestarsi intorno al 50% della porosità totale. Poiché le
dimensioni dei pori sono correlate con quelle dei granuli che costituiscono il terreno, in quelli ad
elevato tenore di argille o colloidi prevale la microporosità. L'eccesso di microporosità è temibile in
quanto provoca l'addensamento della massa del terreno, la difficoltà di scambiare calore, il
deterioramento delle condizioni igieniche e nutritive e, in definitiva, conduce alla morte le piante
coltivate. Questa situazione è tipica dei terreni compattati, ove la compattazione, come accennato,
viene principalmente determinata, nelle coltivazioni arboree, dall'azione degli organi di
locomozione e di sostegno delle macchine motrici ed operatrici adibite agli interventi colturali.
TERRENI ASTRUTTURATI.
Il terreno è astrutturato quando le particelle sono praticamente indipendenti fra loro. Questo è il
caso dei terreni sabbiosi, composti da particelle piuttosto grossolane, e di quelli limosi ed argillosi
nei quali le particelle abbiano assunto la posizione di massimo assestamento per cui gli spazi dei
vani sono tutti sotto forma di microporosità (caso di massima compattazione del terreno). È ben
comprensibile che pur essendo in presenza di terreni astrutturati, le conseguenze sulle condizioni di
igiene ed abitabilità sono ben diverse fra loro

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PROPRIETÀ FISICHE DEL TERRENO AGRARIO


Le proprietà del terreno agrario sono la PLASTICITÀ, la COESIONE e L'ADESIONE.
Esse determinano il comportamento del terreno in rapporto sia al transito dei mezzi meccanici che
alla lavorazione, e sono grandemente influenzate dal contenuto d’umidità.
L'ACQUA NEL TERRENO può essere Libera o Adsorbita. Nel primo caso essa occupa gli spazi dei
vani ed è sottoposta a forze di tipo Gravitazionale E Capillare; rispettivamente, essa percolerà dai
Macropori verso gli strati profondi, ovvero verrà trattenuta nei Micropori rappresentando la più
importante fonte idrica per la pianta. L'acqua libera assume funzioni di tipo Lubrificante, mentre
quella Adsorbita dalle particelle di terreno, e perciò trattenuta da legami di tipo fisico-chimico,
esercita una azione coesiva e cementante. L'acqua influenza in maniera determinante la Plasticità
PLASTICITA’ ED ELASTICITA’
La PLASTICITÀ è intesa come la proprietà di deformarsi in maniera permanente.
L’ELASTICITÀ è intesa come la proprietà dei corpi di deformarsi, in misura diversa, sotto l'azione di
forze esterne e di riprendere, in tutto o in parte, la forma al cessare di quelle forze;
LIMITI DI ATTEMBERG. Il comportamento di un dato terreno varia in base al contenuto d'acqua ed
è possibile definire i "limiti di Attenberg":
• Limite Plastico Inferiore (LPI): umidità percentuale del terreno al di sotto della quale lo
stesso passa dallo stato plastico a quello solido e friabile.
• Limite Plastico Superiore (LPS): umidità percentuale al di sopra della quale si passa dallo
stato plastico a quello viscoso o fluido.
L'INDICE DI PLASTICITÀ Ip viene definito come: Ip = LPS – LPI ed indica l'intervallo di umidità
percentuale entro cui un terreno si comporta in maniera plastica. L’Ip aumenta all'aumentare del
contenuto d'argilla del terreno: infatti, pari convenzionalmente a zero nei terreni sabbiosi.
COESIONE O TENACITÀ
Essa rappresenta la resistenza che il terreno oppone ad azioni di taglio e deriva dalle forze
attrattive che si esercitano tra le particelle del terreno. Dipende dal tipo di terreno, dalla sua massa
volumica e dalla quantità d’acqua libera ed adsorbita in esso presente.
I valori massimi di coesione si riscontrano nei terreni tenaci, i minimi in quelli sciolti.
ADESIONE
È la tendenza del terreno ad attaccarsi ad un corpo estraneo con cui viene a contatto. È una
resistenza tipica delle particelle argillose, dette anche Colloidali. Durante le lavorazioni con attrezzi
meccanici, a causa dell'adesione il moto relativo non avviene fra terreno ed organo lavorante bensì
fra il terreno che si sta lavorando e le particelle di terreno che aderiscono all’organo di lavorazione,
determinando un maggior dispendio energetico a causa del maggior valore dell'attrito interno
(terreno – terreno) rispetto all'attrito esterno terreno/acciaio, terreno/leghe metalliche, etc..
Mentre le forze coesive di un terreno tendono prima ad aumentare fino al LPI e poi a decrescere via
via che il tenore di umidità si avvicina al LPS, l'adesione cresce da LPI a LPS e poi decresce.
SCORRIMENTO
Si può definire come sommatoria dei fenomeni di coesione e adesione. In questo caso non si
creano problemi per il taglio, ma per altre lavorazioni si e che determina una resistenza maggiore
ad un contenuto idrico che precede il LPS.

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LO STATO DI TEMPERA
LAVORARE QUANDO IL TERRENO È IN STATO DI TEMPERA.
Affinché le lavorazioni possano produrre gli effetti benefici sul
terreno ripristinando la struttura ove necessiti, esse devono
essere svolte in condizione di adeguata umidità, cioè di
tempera. Lo stato di tempera è un periodo molto breve
terreni limo-argillosi mentre nei terreni con una maggiore
percentuale di sabbia hanno uno stato di tempera più
duraturo.
TEMPERA E ENERGIA DELLE LAVORAZIONI. La condizione di
tempera rende minima la somma delle resistenze dovute all'adesione (che si verifica appena), alla
coesione (che è minima) e agli attriti. Pertanto, le lavorazioni effettuate durante lo stato di tempera
garantiscono sia il minore sforzo durante la lavorazione, e dunque i minori consumi di energia, sia il
minore logoramento degli attrezzi.
RICONOSCIMENTO DELLO STATO DI TEMPERA. Oltre e più che per via analitica, è possibile
apprezzare lo stato di tempera in via pratica, in base modo in cui la terra lavorata aderisce
all’utensile e subito se ne distacca; il suolo si sgretola senza impastarsi e le resistenze sono minime

RESISTENZA ALLE LAVORAZIONI


La Resistenza Alle Lavorazioni si indica con la lettera greca ρ (“ro”) e viene riferita ad una FETTA di
terreno lavorato.
Nelle tabelle della letteratura tecnica tali resistenze vengono normalmente riportate:
N
 Per gli attrezzi non azionati che lavorano in profondità (aratri, discissori) in sezione di terreno
dm2
lavorato; la superficie della fetta di terreno lavorato ha la superficie di 1 decimetro quadrato
(profondità;
N
 Per gli attrezzi non azionati che lavorano fronti larghi a profondità limitata (erpici) in
mcm
ovvero, la fetta di terreno lavorato misura 1 metro di larghezza e 1 centimetro di profondità;
 Per le operatrici con attrezzi azionati dalla pdp la misura è data sotto forma di potenza assorbita
kW
ovvero
mcm
Della resistenza alle lavorazioni si terrà conto nei calcoli relativi al dimensionamento motrice –
operatrice.

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CAPITOLO II
ORGANI DI SOSTEGNO
Gli ORGANI DI SOSTEGNO propriamente detti di un veicolo, detti anche PORTANTI, hanno il
compito di sostenerne il TELAIO DEL VEICOLO (ovvero il veicolo stesso) sul terreno. Questi organi
rotolano per effetto dell’attrito con il terreno.
ESEMPIO: la ruota anteriore della bicicletta non riceve il moto al proprio mozzo attraverso una
catena, ma rotola per effetto dell’attrito fra pneumatico e terreno e avanza spinta
dall’avanzamento provocato dalla ruota posteriore, che è la ruota motrice del veicolo.
ORGANI DI LOCOMOZIONE
Il movimento delle macchine sul terreno agrario avviene mediante gli ORGANI DI LOCOMOZIONE
(da taluni chiamati organi di propulsione e da altri organi di avanzamento), i quali, oltre a sostenere
il telaio della macchina, ROTOLANO per effetto del momento motore presente al loro asse e
derivato dal motore attraverso la trasmissione.
ESEMPIO: la ruota posteriore della bicicletta, che riceve il moto al proprio asse (mozzo) per effetto
della trasmissione a catena.
Nella pratica, “organi di sostegno” e “organi di locomozione” sono espressioni che spesso vengono
utilizzate indifferentemente fra loro. Il contesto consentirà di comprendere di volta in volta il
significato con certezza.

PNEUMATICI
I pneumatici RADIALI oggi rappresentano la norma.
_La prima cosa che vediamo è il BATTISTRADA, che nelle ruote motrici (e
non direttrici), è caratterizzato da scolpiture con lo scopo di aumentare
l’aderenza al terreno, in modo da facilitare il mantenimento della direzione
di marcia. Queste scolpiture possono essere a “V” (sappiamo se sono
sistemate bene e i vertici della v rotolano verso di noi), a Centro Aperto o a
Centro Chiuso
_Poi ci sono i FIANCHI, che possono essere Rigidi o Arrotondati (quelli di
oggi, sono caratterizzati da un tessitura radiale come quella nella parte
centrale). In base alla flessibilità di queste due tipologie di fianchi, quelli
arrotondati hanno prestazioni totalmente diverse ed un impatto sul terreno
totalmente diverso dai vecchi pneumatici rigidi. La distanza tra i fianchi di
uno pneumatico viene chiamato Corda
_All’interno abbiamo una CARCASSA che è un telaio meccanico (fatto di fili metallici). La flessibilità
dei nuovi pneumatuci è data anche dalla costituzione di questa carcassa
Questa caratteristica dei fianchi flessibili comporta:
1 Maggiore area della superficie di impronta a parità di carico verticale dello pneumatico;
2 Maggiore volume d’aria all’interno dello pneumatico.
Come vedremo in seguito, con l’uso dei pneumatici radiali si ottiene una riduzione proporzionale
della pressione di gonfiaggio e della pressione sul terreno, con importanti vantaggi agronomici.
Altri pneumatici, chiamati con termine anglosassone TERRA–TYRES, contraddistinti da notevole
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larghezza, richiedono pressioni di gonfiaggio ancora più basse rispetto a quelli radiali, con vantaggi
ancora maggiori; tuttavia, essi sono poco utilizzati a causa dell’elevato costo di acquisto.

MARCATURE E INFORMAZIONI CONTENUTE


Per svolgere in maniera affidabile le sue funzioni uno pneumatico deve essere scelto
correttamente. A tal fine, sui fianchi delle coperture si riporta la MARCATURA, consistente in Sigle
e Cifre che ne definiscono, secondo Codici Internazionali, le caratteristiche essenziali: Dimensionali
(almeno la corda e il diametro di calettamento), Di Costruzione, Di Servizio e Di Impiego (ogni
incarico varia da tipologia di ruota e quindi la ruota di un motorino non può essere sostituita con
quella di una carriolo, che ha il compito di sostenere carichi). La vita media di un pneumatico si
aggira sulle 2000 - 3000 ore. Lo pneumatico si appoggia al TALLONE del cerchione.
Il Diametro Di Calettamento è diametro interno minimo di uno pneumatico
Il tallone è l'area di contatto tra il cerchio e il pneumatico
Esempio veicoli
215 = larghezza dello pneumatico (mm); 65 = il rapporto altezza / larghezza (%); R = struttura
radiale dello pneumatico. 16 = diametro del cerchione (in pollici).
Pertanto, la dicitura 215/65 R16 significherà che la gomma in questione ha una larghezza di 215
mm, il cui 65% (che si ottiene moltiplicando la larghezza per 0,65) determinerà un’altezza di 140
mm. Il numero 16 indicherà, invece, il diametro del cerchione in pollici, pari a 406 mm.

MONTAGGIO DEI PNEUMATICI


La ruota motrice riceve il moto dal momento motore applicato al
mozzo (mediante la trasmissione a catena). In altre parole, il moto
viene trasmesso dalla ruota al terreno. La scolpitura del battistrada
della ruota motrice è con le punte delle «V» rivolte in avanti.

La ruota di sostegno riceve il moto per l’attrito con il terreno. In altre


parole, il moto «entra» dal terreno verso la ruota. Dunque, la
scolpitura del battistrada della ruota di sostegno è con le punte delle
«V» rivolte in all’indietro.

Le scolpiture dei battistrada di ambedue le ruote sono a «V»; le ruote (anteriore e


posteriore) vengono montate l’una al contrario dell’altra, poiché l’una riceve il moto dalla direzione
opposta dell’altra. Lo stesso, ovviamente, accade nelle trattrici ST
RUOTE MOTRICI
Usualmente nei veicoli agricoli le ruote posteriori sono motrici; possono esserlo anche quelle
anteriori
BATTISTRADA. Si distinguono dalle non motrici dal battistrada, che presenta costolature a «V» o a
spina di pesce, al fine di aumentare il coefficiente di aderenza e di conseguenza migliorare
l'aggrappamento . possono essere anche tassellate (per diversi tipi di superfici)
PRESSIONE DI GONFIAGGIO. Mediamente fra 60 e 250 kPa (0,6 e 2,5 bar)

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Devono presentare queste scanalature e in italia la maggior parte delle trattrici sono a DOPPIA
TRAZIONE DT (anteriori e posteriori sono motrici e di locomozione).

RUOTE DIRETTRICI NON MOTRICI


Sono ruote con costolatura longitudinali direzionali (non sono quelle a V) (non motrici),
posizionate sull’asse anteriore, che sevono ad agevolare la traiettoria rettilinea)
BATTISTRADA. Nei veicoli agricoli le ruote anteriori sono usualmente – se non sempre – direttrici.
Nel caso di ruote direttrici (e non motrici) il battistrada è caratterizzato da piccoli rilievi oppure da
costolature longitudinali che assolvono lo scopo di facilitare il mantenimento della direzione di
marcia.
Se anche motrici, il battistrada sarà analogo a quello già visto per questa tipologia di ruote.
PRESSIONE DI GONFIAGGIO. Le ruote direttrici non motrici sono più piccole rispetto a quelle
motrici. Essendo dunque minore l’impronta sul suolo, la pressione di gonfiaggio sarà
necessariamente maggiore ed indicativamente compresa tra 200 e 400 kPa (2 e 4 bar).
DANNI AL TERRENO. A causa della pressione maggiore, questi pneumatici causano più rilevanti
problemi di compattazione del terreno rispetto agli pneumatici posteriori, la cui dimensione è
maggiore (v. Reazioni fra Organi di Locomozione e Terreno).

PRESSIONI SUL TERRENO AGRARIO


La pressione – Pt - che uno pneumatico esercita sul terreno è pari a 1,2 - 1,35 volte la pressione di
gonfiaggio H (che corrisponde alla pressione dell'aria interna). Il fattore r esprime la rigidità della
Carcassa.

Con Q = parte del peso della trattrice che grava sullo pneumatico (e che è contrastata dalla
pressione di gonfiaggio);
Ai = Area dell’impronta (dello pneumatico sul piano di appoggio).
Q
Sostituendo, si avrà===== Pt =r ×
Ai
Dunque, poiché Pt e Ai sono fra loro inversamente proporzionali, Pt sarà minore se Ai cresce. Per
questo Pt è massima nei pneumatici rigidi delle auto d’epoca e decresce dagli attuali pneumatici
radiali ai terra tyres.
Domanda: perché in bici da corsa H = 7 bar, su mtb H = 3 bar, se il ciclista è sempre lo stesso?
Gli pneumatici con impronta ridotta (qui gli anteriori) esercitano maggiore Pt e dunque di maggiore
costipamento del terreno. Ove le ruote siano anche motrici, esercitano anche effetto di taglio per
via degli immancabili slittamenti.
L’area dell’impatto viene data anche dalla flessibilità dello pneumatuco
Le ruote piccole, perché devono reggere
un certo peso, devono essere gonfiate ad
una pressione maggiore di quelle grandi

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Gli pneumatici hanno una propria pressione di gonfiaggio di fabbricazione. Non possono avere un
valore fisso dove non si può aumentare ne diminuire

CINGOLI METALLCI
Un sistema cingolato è composto da: CARRELLO PORTACINGOLO e
CINGOLO.
__CARRELLO PORTACINGOLO. Ruota motrice (è sempre posteriore),
ruota di rinvio o tendicingolo, rulli portanti, rulli di sostegno, telaio
che collega tutti questi elementi.
__CINGOLO. È costituito da una catena metallica articolata
(CATENARIA) tra le cui maglie di acciaio si inseriscono i denti della
ruota motrice, posta parte posteriore del veicolo.
__PATTINO. Ognuna delle Maglie d'acciaio del cingolo presenta nella
parte superiore un Pattino o suola, in acciaio, munito di Costola
D'aderenza: sporgente per aumentare l’aderenza sui terreni,
arrotondata nei cingolati industriali, per consentire gli spostamenti
senza danneggiare il manto stradale.
__RULLI PORTANTI. Posti inferiormente, la funzione è quella di scaricare sul
terreno nel modo più uniforme possibile il peso della macchina.
__RULLI DI SOSTEGNO. Situati nella parte superiore, sostengono il cingolo,
sono molto utili in quanto rallentano i processi di usura della catenaria.

Il peso di una trattrice cingolata viene scaricato sul terreno in maniera pressoché uniforme
grazie ai numerosi punti di contatto con il terreno stesso: le ruote anteriore e posteriore e i rulli
portanti. In una trattrice a ruote il peso si scarica sul terreno in corrispondenza delle quattro ruote
e, perciò, a parità di peso la compattazione del terreno si ripercuote molto più in profondità

VANTAGGI E SVANTAGGI DEI CINGOLI.


La larga diffusione dei cingoli quali organi di locomozione resta legata ad una serie di
caratteristiche funzionali ed operative che queste macchine devono avere. Le più importanti sono:
 La capacità di avanzare su suoli cedevoli
 L'elevata superficie di contatto con il terreno, così da ridurre la pressione sullo
stesso (mediamente fra 30 e 50 kPa (0,3 e 0,5 bar),
 La notevole aderenza del veicolo, ottenuta per effetto della notevole superficie di
contatto, dalle COSTOLE DI ADERENZA e della intera massa del veicolo che grava sugli
organi di locomozione, bisogna infatti che il veicolo sia in grado di esercitare gli ingenti sforzi
al gancio richiesti per l'azionamento delle operatrici ad esso collegate.
 La facilità di manovra anche in spazi ridotti
 La durata (3500 ore circa) è 1,5 – 2 volte quella dei pneumatici
 A parità di potenza esercitano forze di trazioni superiori del 30% su suolo secco e
del 60% su suolo umido
SVANTAGGI

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 Rumorosità
 Lentezza nei trasferimenti
 Obbligo di montare le Soprassuole in caso di trasferimento su superfici stradali

CINGOLI IN GOMMA
Relativamente recenti, i CINGOLI IN GOMMA coniugano i vantaggi delle ruote
pneumatiche e dei sistemi cingolati. Le trattrici che ne sono dotate presentano il
vantaggio della velocità nei trasferimenti, del notevole sforzo al gancio durante
il lavoro e della silenziosità durante la marcia.
Ci sono due tipologie
TRAZIONE PER ATTRITO. È caratterizzata da attrito fra la ruota motrice e il
nastro di gomma, dotato di Costole Guida che corrono lungo
scanalature ricavate sulla ruota di trazione
TRAZIONE POSITIVA. È caratterizzata da un sistema ad ingranaggio fra
il nastro di gomma, che nella parte inferiore è dotato di costole di
trazione e la ruota motrice. Nel complesso, si tratta di un dispositivo
molto simile a quello dei sistemi cingolati metallici

CINGOLI PER TERRENI CEDEVOLI.


Cingoli leggeri, molto larghi, trovano utilizzazione allorché le forze che
devono scambiare con il piano di avanzamento sono piuttosto basse
Trovano perciò impiego nei veicoli che devono principalmente Autodislocarsi su Materiali a bassa
Portanza ed Aderenza (veicoli da neve) o muoversi su prati permanenti, senza danneggiare la
cotica erbosa. Le pressioni sul piano di avanzamento possono anche essere inferiori a 0,1 bar.

INNOVAZIONI E DISPOSITIVI SPECIALI


Nei semicingolati i semicingoli sostituiscono le ruote motrici posteriori di una trattrice. In altri
termini, nel veicolo semicingolato il sistema di trazione è su cingoli ed il sistema di guida è su
ruote

Le ruote pneumatiche gemellate si propongono di ridurre il carico sul terreno e lo slittamento e di


aumentare il coefficiente di aderenza. In caso di terreno fortemente umido lo spazio fra le due
ruote può riempirsi di fang

I Sovracingoli sono costituiti da catene snodate leggere e possono essere montati sulle trattrici a
ruote pneumatiche (per lo più) isodiametriche, in modo da collegare le ruote di una medesima
fiancata con l'effetto di incrementare l’aderenza del veicolo

Ruote a gabbia (foto sotto). L'aggrappamento al terreno si deve a barrette trasversali saldate a due
nastri piegati a cerchio.

Ruote a cunei. Cunei portati da un nastro metallico piegato a cerchio; sono impiegate in risaia.

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VEICOLO A CUSCIN O D’ARIA. Sono molto efficaci per problemi come il compattamento del
terreno in particolari suoli come quello delle risaie sommerse. Il prototipo è dotato di un getto
d’aria e la pressione esercitata è di 0,01 bar

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CAPITOLO III: CENNI SULLE REAZIONI FRA GLI
ORGANI DI SOSTEGNO E DI LOCOMOZIONE ED
IL TERRENO AGRARIO
ADERENZA
L'aderenza Ra viene definita come la resistenza di attrito radente che si sviluppa sulla superficie di
contatto tra l'organo di locomozione e il piano del moto durante il movimento:
Ra = ka α ∙ Q [N]
ka = coefficiente di aderenza;
Q = peso complessivo della trattrice;
α = quota parte del peso della trattrice che si scarica sul terreno attraverso gli organi di
locomozione (cioè attraverso le ruote motrici).
L’aderenza è indispensabile per il moto. La locomozione di un veicolo avviene grazie all'aderenza
che si stabilisce fra gli organi del movimento (cingoli metallici o di gomma, ruote motrici
pneumatiche o metalliche, etc.) e il piano del moto.
COEFFICIENTE DI ADERENZA
I valori di ka sono sperimentali e sono reperibili nella letteratura tecnica.
Essi sono riportati in Tabelle A Doppia Entrata, nelle quali vengono incrociate le tipologie di piano
del moto con le tipologie di organi di locomozione
Nel punto di incrocio si legge il valore numerico dell’aderenza quando un dato organo di
locomozione transita di un dato terreno.
Il coefficiente di aderenza – ka - NON deve essere confuso con il coefficiente di attrito radente:
hanno significati e valori differenti.

FATTORE α
Per quanto attiene α, esso può assumere i seguenti valori:
α = 100 % (100/100, cioè 1) per le trattrici a 4 ruote motrici (4RM) dette anche a doppia trazione
(DT) e per le trattrici cingolate. Ciò in quanto in queste trattrici tutto il peso della trattrice (ovvero il
100% di Q) si scarica sul piano del moto attraverso ruote motrici (o i cingoli).
α = 50%-60% (50/100-60/100, cioè 0,5 – 0,6) per le trattrici 2RM ovvero a trazione semplice (su un
solo asse, sigla: ST) in condizioni statiche;
α = 80% - 85% in movimento per le trattrici 2RM (ST), poiché in movimento parte del peso si
trasferisce posteriormente sulle ruote motrici.
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PESO ADERENTE
Definizione. Il peso aderente - Qa - è quella parte del peso della trattrice utile ai fini dell’aderenza:
Qa = α ∙ Q [N]
Esempio: il peso aderente di una trattrice di peso totale 200 kN sarà, ove DT ancora uguale a 200 kN
(200 kN ·1 = 200 kN); ove ST, in condizioni statiche potrà divenire 100 – 120 kN, in condizioni
dinamiche potrà essere compreso tra 160 – 170 kN.

SFORZO DI TRAZIONE
ADERENZA E SFORZO DI TRAZIONE.
L’aderenza - Ra - è estremamente importante perché ad essa corrisponde al massimo sforzo di
trazione (o sforzo al gancio) Fg - di cui il veicolo sarà capace: Fg = Ra [N]
L’aderenza può essere AUMENTATA agendo sui fattori presenti nella nota relazione:
Fg = Ra = ka α ∙ Q [N].
• AUMENTANDO IL VALORE DEL COEFFICIENTE DI ADERENZA. Quest'ultimo dipende dal tipo
e dalle condizioni delle superfici a contatto ovvero dalle caratteristiche sia dell'organo di
locomozione, sia del piano del moto. Perciò, detto coefficiente può essere aumentato mediante
costolature, applicati alle ruote o ai cingoli; ma si potrà agire anche sul terreno, per esempio
evitando di lavorarlo – e dunque di renderlo soffice - nel periodo che precede lavorazioni che
richiedano un elevato sforzo di trazione. Un aumento del ka può essere ottenuto anche utilizzando
H
pneumatici con un basso rapporto di forma:
b
• AUMENTANDO IL PESO ADERENTE
a) di solito, si applicano zavorre in ghisa (una lega assai pesante, costituita di ferro e carbonio)
anteriormente. Con la zavorratura si può aumentare il peso della macchina fino del 40%.
b) utilizzando Macchine Operatrici applicate al sollevatore idraulico anziché trainate.
Applicando le macchine operatrici al sollevatore idraulico, una parte del peso delle macchine
operatrici viene scaricato sulle ruote posteriori della trattrice (che sono sempre motrici), con
l’effetto di aumentare il peso aderente e di conseguenza lo sforzo di trazione.

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SLITTAMENTO E PATTINAMENTO
ROTOLAMENTO SUL TERRENO AGRARIO
L’aderenza condiziona il rotolamento di una ruota, sia motrice che non motrice. Nel rotolamento
puro (cioè senza SLITTAMENTO, né PATTINAMENTO) la velocità periferica della ruota è uguale alla
velocità di traslazione della ruota. In altre parole, dopo una rotazione completa, l'avanzamento
della ruota sarà di uno spazio pari alla circonferenza. Tuttavia, in condizioni reali ciò non succede
mai poiché vi sono perdite di aderenza che comportano slittamento e pattinamenti
SLITTAMENTO.
Si ha slittamento quando dopo una rotazione completa della ruota motrice, l'avanzamento della
ruota (ovvero del veicolo) sul piano del moto è minore della circonferenza stessa
S < S0
Lo slittamento riguarda solo le ruote motrici. Solo queste ruote, infatti, sono “costrette“ a rotolare
dal momento motore applicato all’asse, e lo slittamento interviene quando si ha perdita di
aderenza fra il battistrada e il piano del moto;
_S0 = 2πr, ovvero lo spazio che sarebbe stato percorso in una rotazione nel caso di ROTOLAMENTO
PURO;
_S = lo spazio effettivamente percorso
Si verifica quando l'organo di locomozione esercita sul terreno uno sforzo superiore all'aderenza
Fg > Ra
Nel caso di SLITTAMENTO PURO si avrà rotolamento senza avanzamento, ovvero l'organo di
locomozione ruota intorno al proprio asse, ma non si sposta nello spazio. S0 – S = S0 - 0 = S0
Il COEFFICIENTE DI SLITTAMENTO σ (“sigma”) è dato dal rapporto:

Le ruote di sostegno non possono slittare, in quanto al loro asse non perviene la coppia del
motore.
Occorre tuttavia sapere che , in condizioni reali, tra gli organi di locomozione e il terreno vi è
sempre presenza di slittamento e, anche se appare contraddittorio, il massimo sforzo di trazione
viene erogato quando lo slittamento raggiunge qualche punto percentuale
Oltre, si avrà logoramento degli organi di locomozione, innalzamento dei consumi energetici e di
tempo per unità di lavoro portato a termine.
PATTINAMENTO.
Nel rotolamento con pattinamento l'organo di locomozione compie, durante una rotazione
completa, un tragitto superiore alla sua circonferenza; nel PATTINAMENTO PURO esso avanzerà
senza ruotare.
Questo è il caso tipico della perdita di aderenza durante l’azione di frenatura di ruote, sia di
locomozione che di sostegno; il fenomeno è particolarmente vistoso in caso di frenatura su strada
innevata, oppure sul terreno fangoso o comunque cedevole.

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COMPATTAZIONE E TAGLIO
CAPACITÀ PORTANTE DI UN TERRENO
DEFINIZIONE IN GEOTECNICA. In Geotecnica (la disciplina che tratta il comportamento delle terre
nella loro sede naturale (terreni)), la PORTANZA o CAPACITÀ PORTANTE è la capacità di un terreno
di sopportare le sollecitazioni di compressione verticale dovute ad un carico sovrastante.
DEFINIZIONE PER I TERRENI AGRARI. La portanza è forza per unità di superficie (N/m2 ) che il
terreno è in grado di sopportare senza alterazioni dannose per la struttura. Essa è connessa alla
Costituzione, alla Struttura, al Contenuto Di Umidità.
La PORTANZA oltre a consentire il transito dei mezzi, dovrà dunque essere connessa alla capacità di
mantenere le condizioni di igiene e di abitabilità anche dopo il compattamento dovuto ad un
carico sovrastante (transito di mezzi meccanici).
Molto studiata la capacità portante in campo militare, con l’obiettivo di prevedere se un terreno
può consentire il transito dei carri, senza particolari riguardi per le conseguenza sull’ambiente.
COMPATTAMENTO E TAGLIO: CAUSE
COMPATTAMENTO. È una azione dovuta al transito degli OO. di SS. e/o di LL. Provoca
diminuzione della macroporosità e incremento della microporosità, in caso di
passaggi ripetuti di veicoli pesanti e in particolare in caso di terreno argillo – limosi e
umidi.
Nei terreni compatti prevale la microporosità; l’aumento della densità nello strato
inferiore ostacola l’approfondimento delle radici e può causare la morte della pianta
TAGLIO. È una azione dovuta al transito degli OO. di LL., per via dello slittamento, tipico di questi
organi. In caso di slittamento in situ (senza avanzamento) su terreni cedevoli (limo – argillosi umidi),
l‘azione di taglio provocherà l’affondamento del veicolo e il danneggiamento della struttura.
COMPATTAMENTO E TAGLIO: RIMEDI
Prendiamo il caso di un terreno fangoso: La ruota motrice esegue un AZIONE DI TAGLIO
quando la ruota gira intorno al suo asse ma non esegue spostamento (SLITTAMENTO
PURO) facendo refluire il terreno ai lati
RIMEDI NEI SEMINATIVI. Nei terreni seminativi si effettueranno lavorazioni a
profondità maggiore (RIPUNTATURA) dello strato compattato. Tuttavia, ad ogni
passaggio di trattrice corrisponde un ulteriore compattamento degli strati profondi.
Fra gli accorgimenti volti alla prevenzione nei terreni seminativi è l’impiego di pneumatici a
bassa pressione, o meglio dei terra tyres
RIMEDI NEGLI IMPIANTI ARBOREI. Le specie sempreverdi da frutto sono molto sensibili all’asfissia
radicale provocata dal costipamento del terreno per transito dei veicoli. Né possono essere
effettuate lavorazioni profonde, per la presenza dell’apparato radicale. Il rimedio è pertanto
strettamente connesso alla corretta gestione delle operazioni colturali, al fine di prevenire i danni
da costipamento del terreno.
Negli impianti arborei si riducono i transiti e le lavorazioni del terreno, ove possibile si
mantiene il prato erboso e si sostituiscono con le trinciature delle infestanti, specie se il
terreno è ancora umido (primavera).

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CAPITOLO IV: LE MACCHINE AGRICOLE
LA TRATTRICE
DEFINIZIONE. La Trattrice è una centrale mobile di potenza. Ovviamente, può essere utilizzata anche
a postazione fissa, per esempio per sollevare acqua a fini irrigui.
Trattrici o Trattori. Per quanto riguarda le macchine motrici impiegate in agricoltura, quando la
velocità max è compresa fra 33 e 40 [km/h] si dovrà impiegare la dizione Trattrici Agricole.
Questa dicitura, infatti, è prevista dal Codice dalla strada.
Con il termine Trattore viene indicata una motrice per il traino stradale.

CLASSIFICAZIONE DELLE TRATTRICI


Le trattrici sono classificate:
PER ORGANI DI LOCOMOZIONE
• RUOTE METALLICHE • RUOTE PNEUMATICHE
• CINGOLI METALLICI • CINGOLI DI GOMMA
PER CLASSE DI POTENZA
Piccola: Trattrici con P < 18 kW
Media: Trattrici con 18 < P < 37 kW
Grande: Trattrici con P > 37 kW
PER AMBIENTE DI DESTINAZIONE
_I modelli larghi e con baricentro basso (più stabili) possono essere destinati ad operare sui terreni
in pendenza (Trattrici da montagna),
_Quelli compatti possono operare fra i filari degli impianti arborei,
_Quelli bassi e molto stretti sono idonei all’impiego fra i filari della vite,
_Quelli più larghi e pesanti sono idonei alle operazioni di pieno campo, dove lo spazio non è un
limite e il peso una esigenza per gli sforzi di trazione che sono richiesti (arature, discissure).
TRATTRICI SPECIALI
SNODATE: Nelle snodate, lo snodo centrale, ubicato al centro del telaio, fra le parti anteriore e
posteriore della trattrice, facilita la svolta, pur rendendola pericolosa per possibili danni alla caviglia
del conducente distratto dovuti all’effetto cesoia e anche per la possibile perdita di aderenza della
ruota anteriore esterna
SCAVALLATRICI (vendemmiatrice), Le scavallatrici passano a cavallo dei filari delle colture arboree.
TRAMPOLI (ortive): i trampoli passano a cavallo dei filari delle colture erbacee
A GUIDA REVERSIBILE: Le reversibili hanno il posto di guida (sedile, sterzo e comandi) in grado di
ruotare di 180°, accorgimento utile per la guida in avanti procedendo a marcia indietro (serve per
utilizzare certe raccoglitrici senza calpestare il prodotto con le ruote, per certe trinciatrici, ecc.).

PARTI COSTITUENTI DELLA TRATTRICE


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ORGANI DI SOSTEGNO E DI LOCOMOZIONE – ruote (pneumatiche o in ferro) / cingoli (metallici o in


gomma)
ORGANI DI DIREZIONE
STRUTTURA PORTANTE o TELAIO (rigido o snodato al centro)
MOTORE – ciclo Sabathé – motori ibridi - …
TRASMISSIONE – dal motore agli organi di locomozione e agli organi di cessione della potenza (Pdp
Meccanica)
ORGANI PER L’ACCOPPIAMENTO CON LE MACCHINE OPERATRICI: Barra Di Traino, con Gancio Di
Traino, ai quali corrispondono Timone e Occhione nella Mo e il Sollevatore Idraulico
ORGANI PER LA CESSIONE DELLA POTENZA O PRESE DI POTENZA: Meccanica, Idraulica, Elettrica
Barra di traino, con gancio di traino

BILANCIO DINAMICO DELLA TRATTRICE


La Potenza Del Motore viene distribuita / dissipata fra le utilizzazioni:
 TRASMISSIONE Pt (motore, rotismi, ecc) (equivale al metabolismo basale)
 AZIONAMENTO Pop delle operatrici
 AUTODISLOCAMENTO Pa della stessa trattrice
 SLITTAMENTO Ps ruote motrici
 TRASMISSIONE Ppdp della pdp
 CIRCUITO IDRAULICO Pi del sollevatore
Pm= Pt + Pop + Pa + Ps + Ppdp + Pi
Di queste solo la Potenza al Gancio Pg , erogata per azionare l’operatrice, è quella utile, mentre le
altre rappresentano perdite
Pg
Se ɳg (eta) è il Rendimento al gancio, sarà: ɳg = = 0,65 (65%)
Pm
Se ɳpdp è il Rendimento alla pdp, con trattrice a posto fisso, potrà essere: ɳpdp = 0,90 (90%)

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DISPOSITIVI PER L’APPLICAZIONE DELLE OPERATRICI ALLA


TRATTRICE
IL GANCIO DI TRAINO
Ciò che la BARRA DI TRAINO presenta non è sempre un gancio autentico (è caratterizzato
da un Uncino ed un Dispositivo A Molla che si richiude quando viene inserito nell’uncino
l’occhione della macchina motrice) e può essere a forma di FORCELLA con due fori
attraversati da un Perno di chiusura. Il perno deve essere munito di Dispositivo Di Sicurezza
che ne impedisce lo sfilamento durante il lavoro o il trasferimento (Coppiglia).
Nella macchina operatrice il collegamento viene effettuato con il Timone (una barra) che
termine con un anello detto Occhione.
SOLLEVATORE IDRAULICO.
Il sollevatore idraulico è applicato posteriormente alla trattrice permette di applicare, trainare e
sollevare una macchina operatrice. Alcune trattrici possono montarlo anche anteriormente
La macchina operatrice, che si dirà Portata, a questo scopo
porta anteriormente un Telaio A Forma Triangolare con 3
punti di aggancio, tanto che il sollevatore in gergo viene
spesso chiamato attacco a 3 punti.
-Il PUNTONE è telescopico, in quanto allungabile
tramite un sistema a vite azionato manualmente
(come una sorta di grosso tendifilo della biancheria) o
mediante un pistone idraulico comandato dal
conducente seduto in cabina nei modelli più sofisticati
-Uno dei due BRACCI INFERIORI (tiranti) è dotato di
pistone idraulico.
Un CIRCUITO IDRAULICO consente il sollevamento dei due
bracci inferiori e dunque della macchina che vi è stata fissata.
In ognuno dei 3 punti l’aggancio avviene con un sistema boccole – perno. I
Le estremità dei tre bracci possono essere dotati di agganci rapidi, che non richiedono la presenza di
un operatore ausiliario a terra (alto rischio di schiacciamento)
I sollevatori funzionano secondo tre modalità:
 FLOTTANTE: viene utilizzato con attrezzi dotati di ruote ed il sollevatore è libero e permette alle
ruote di copiare il suolo (copiare l’andamento del suolo).
 A CONTROLLO DI POSIZIONE: il sollevatore non è più libero di muoversi e viene fissato ad una
certa altezza stabilità dall’operatore (spandiconcime)
 A CONTROLLO DI SFORZO: in casi come quello dell’aratro il sollevatore viene abbassato. Se
troviamo una resistenza maggiore il controllo di sforzo mi permette di alzare il sollevatore
prendendo meno terreno ma mantenendo lo stesso sforzo. Questo perché lo sforzo viene “settato”
in modo tale da alzare e abbassare il sollevatore a seconda della resistenza del terreno
 Vi sono anche controlli intermedi

PRESA DI POTENZA (AZIONAMENTO DELLE MACCHINE)


La presa di potenza è un Albero A 6 Scanalature con misure a norma che possono variare in
funzione della potenza. La velocità di rotazione normalizzata è di 540 giri min-1

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CARATTERISITCHE FISICO-GEOMETRICHE
MASSA: quantita di materia di una trattrice, ce la possiamo
trovare con il peso
CARREGGIATA Bc: distanz tra due spigoli esterni
PASSO Bp: distanza tra punti omologhi di una ruota anteriore e
posteriore
ALTEZZA TOTALE Ht
LUCE LIBERA Hi
Di progetto e/o sperimentali:
ALTEZZA DEL BARICENTRO Ha
DISTANZA DEL BARICENTRO DALL’ASSE POSTERIORE Ba
INGOMBRO: dimensioni massime trasversali e longitudinali
Molto importante nelle spedizioni

RAPPORTO PESO POTENZA


Per quanto riguarda le trattrici agricole, è necessario sottolineare che il rapporto peso/potenza delle
trattrici moderne – con particolare riferimento alle trattrici a ruote - si è ridotto sempre più nel
tempo e al momento si attesta, indicativamente, sui 30 daN/kW (negli anni ’60: 70 daN/kW, poi 50
daN/kW).
Perciò, per eseguire lavori che richiedono elevati sforzi di trazione l’aderenza viene aumentata
ricorrendo alla ZAVORRATURA. Si tratta di aggiungere zavorre In altri termini, per contenere i costi
di acquisto e quelli connessi ai consumi di energia per l’autodislocamento, le trattrici sono sempre
più leggere

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RISCHI DI INFORTUNI
RIBALTAMENTO LONGITUDINALE O
RIBALTAMENTO
1 - Il rischio di ribaltamento
longitudinale si contrasta con le
zavorre anteriori.
2 - Il punto di applicazione del
timone della MO alla barra di traino della Trattrice deve essere ad altezza inferiore all’asse delle
ruote
3 - Si parte con marce alte e poco acceleratore, soprattutto in salita
4 - Se in pendenza, si lavora in discesa!
5 - Le operatrici applicate al sollevatore idraulico posteriore debbono essere di peso adeguato alla
trattrice, corte, con braccio corto
RISCHIO DI RIBALTAMENTO TRASVERSALE
Avviene quando si fa una lavorazione verso le curve di livello e la
trattrice ruota quando l’angolo della pendenza  sarà uguale
all’angolo limite L che si crea tra la Forza Normale N e la Forza
Peso Q. Questo lo chiameremo PUNTO DI ROTAZIONE ( = L)
Nelle Trattrici A Ruote il punto di rotazione è rappresentato dal
Centro Dello Pneumatico.
In quelle A Cingoli il punto di rotazione è rappresentato dal bordo
esterno del cingolo, per cui a parità di ingombro laterale,
disponendo di una base maggiore, queste sono più sicure delle trattrici a ruote
Dunque: Carreggiata larga – baricentro basso (trattrici tipo «montagna)
Nell’aratura secondo le curve di livello rischio … c’è sempre! Tranne su pendenze molto contenute,
lontane dall’angolo limite attenzione!
NON bisogna considerare la pendenza media del piano, ma quella che può essere improvvisamente
assunta: - a valle per i cedimenti del terreno o degli pneumatici - a monte per la presenza di una
pietra, che innalza la pendenza
RIMEDI
Strutture di protezione – ROPS. Per contrastare il rischio di schiacciamento
che consegue al ribaltamento della trattrice si adottano strutture in grado di
garantire un adeguato volume limite di deformazione DLV e che sono definite
ROPS Rolling Over Protective Structures. Può trattarsi di un arco, di un telaio,
di una cabina dotata internamente del telaio.
Strutture di protezione - FOPS. Con le trattrici possono essere condotte
operazioni che presentano rischi di caduta di gravi ed in questo caso occorre
una specifica struttura di protezione: Falling Objects Protective
Structures - FOPS . Se è presente una cabina, la FOPS sarà
montata al di sopra o, in funzione del rischio previsto, anche
lateralmente o frontalmente.

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RISCHI ERGONOMICI
Il rischio ergonomico è legato al concetto di Ergonomia, che secondo quanto espresso dall’I.E.A.
(International Ergonomics Association) , è la scienza studia e analizza l’interazione tra uomo e
macchine. Sulla postazione di lavoro di qualsiasi macchina, questi rischi sono quelli che attengono la
salute e le eventuali malattie croniche che possono indurre, quali: Rumori, Vibrazioni, Posture,
Sedute, Illuminazione, Posizione dei comandi (è normata)
Rumore (pressione sonora) < 85 dB(A)
Vibrazioni:
bassa frequenza: < 10 Hz
alta frequenza: > 15 Hz
L’esposizione prolungata alle vibrazioni di bassa frequenza (mal dei trasporti) e ad alta frequenza
provocano danni al corpo umano
Il sedile deve essere munito di dispositivi per lo smorzamento delle virazioni (silent – block)

TRATTRICI SPECIALI
_SNODATE: Nelle snodate, lo snodo centrale, ubicato al centro del telaio, fra le parti
anteriore e posteriore della trattrice, facilita la svolta, pur rendendola pericolosa per
possibili danni alla caviglia del conducente distratto dovuti all’effetto cesoia e anche
per la possibile perdita di aderenza della ruota anteriore esterna. Le snodate hanno
ruote delle stesse dimensioni (isodiametriche) e sono dotate di presa di potenza
dipendente (dal cambio). Possono essere PICCOLE o
GRANDI
_SCAVALLATRICI (vendemmiatrice), Le scavallatrici passano a
cavallo dei filari delle colture arboree.
_TRAMPOLI (ortive): i trampoli passano a cavallo dei filari delle colture
erbacee
_A GUIDA REVERSIBILE: Le reversibili hanno il posto di guida (sedile,
sterzo e comandi) in grado di ruotare di 180°, accorgimento
utile per la guida in avanti procedendo a marcia indietro
(serve per utilizzare certe raccoglitrici senza calpestare il prodotto con le ruote,
per certe trinciatrici, ecc.).
_PORTATTREZZI:

TELEHANDLER; caricatore posteriore o frontale

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QUADRICINGOLATI – CINGOLI IN GOMMA


Trattrice quadricingolata – Case Internazional - trazione integrate, alta potenza, pieno campo,
«speciale» per snodo centrale (se le ruote o i cingoli sono isodiametrici vuole dire che la trattrice sarà
snodata)

Escavatore con cingoli in gomma e ralla (cuscinetto di


grande diametro per sopportare grandi carichi rotanti)

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LE MACCHINE OPERATRICI
DEFINIZIONE. Le macchine operatrici (MO) sono quelle macchine che per svolgere la loro azione
necessitano della potenza fornita da una macchina motrice. In agricoltura, dalle trattrici.
DISLOCAMENTO DELLE MO. Le MO agricole per dislocarsi devono essere applicate ad una trattrice
mediante appositi dispositivi ovvero alla barra di traino – MO trainate - o al sollevatore idraulico –
MO portate o semiportate.
AZIONAMENTO DELLE MO. Se le MO presentano organi mobili che debbono essere azionati da
motore della trattrice (pompe, zappatrici, spandiconcime ecc ecc), essi riceveranno la potenza dalle
prese di potenza e i giunti. Il più diffuso giunto per il trasferimento di potenza meccanica è il doppio
giunto cardanico.
MACCHINE SEMOVENTI. Nel caso le MO siano fornite di motori per l’autodislocamento, esse
verranno definite macchine operatrici semoventi (es. mietitrebbia, motozappa). Per le grandi
macchine operatrici semoventi (in generale le macchine raccoglitrici) viene spesso utilizzato
l’acronimo GMAOS.
Nota. Non sono MAOS quelle il cui motore a bordo aziona la macchina motrice, ma
non serve per l’autodislocamento. Esempio: non è una MAOS una irroratrice trainata
da (trattrice) e azionata da un motore a bordo dell’irroratrice stessa.

I SEMOVENTI
GRANDI MACCHINE MOTRICI SEMOVENTI – GMAOS
Appartengono le mietitrebbie, le scuotitrici, le scavallatrici

PICCOLI SEMOVENTI - MOTOAGRICOLA - TRASPORTER


Nei piccoli semoventi (motozappa, motocoltivatori) i comandi sono posizionati a una certa distanza
dalla persona (sono avvicinati alla persona)

Motoagricola con rimorchio dotato di ruote motrici azionati pdp «dipendente»

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TERZA PARTE
LE POMPE IDRAULICHE
DEFINIZIONE. Le pompe idrauliche sono macchine attraverso le quali L’energia Meccanica ceduta da
un motore viene trasformata in Energia Idraulica E ceduta a sua volta ad un liquido affinché questo
possa spostarsi anche contro il GRADIENTE DI PRESSIONE NATURALE (per esempio, da un punto
basso verso uno più alto). Nel linguaggio comune con il termine “POMPA” spesso si intende
l’insieme costituito dal motore e dalla pompa vera e propria.
FUNZIONE. Le pompe forniscono ai liquidi l'energia necessaria per il loro trasferimento a quota più
elevata del punto di prelievo dell’acqua e/o a pressione maggiore di quella atmosferica (contro
gradiente di pressione)
Le pompe vengono utilizzare per IRRORAZIONE, IRRIGAZIONI, BONIFICHE E DRENAGGI,
ALLEVAMENTI ZOOTECNICI ED ALTRI SCOPI
PORTATA DI UNA POMPA
DEFINIZIONE. La portata di una pompa irrigua esprime il volume di acqua spostata dalla pompa
stessa nell’unità di tempo.
UNITÀ DI MISURA. Con il giusto riferimento al S.I.:

Tuttavia, nel campo dell’irrigazione, spesso le unità di misura della portata viene espressa in
relazione all’entità della portata stessa.
Per le Basse Portate dei Gocciolatori si ricorre ai L h -1 ,
Per le Pompe Delle Macchine Irroratrici ai L min-1 ,
Per le Pompe Irrigue ai L s -1 ,
Per le Grandi Stazioni Di Sollevamento utilizzate nella bonifica ai m3 s -1 .
DESCRIZIONE E CAMPI DI APPLICAZIONE
DESCRIZIONE SINTETICA.
Vi sono più tipi di pompe, tuttavia una pompa idraulica può essere descritta come un Involucro che
contiene al suo interno una Parte Mobile, a cui è affidato il trasferimento del liquido, il quale
entrerà nella pompa da una bocca aspirante o ASPIRAZIONE e uscirà da una bocca premente o
MANDATA.
TIPI DI POMPE.
CENTRIFUGHE. Una CARCASSA (l’involucro) contiene la GIRANTE, che viene posta in rotazione da un
motore e durante la rotazione cede energia al liquido. Utilizzate nell’irrigazione e nella bonifica.
VOLUMETRICHE A MOTO ALTERNO. Un pistone, messo in moto mediante manovellismi da un
motore, aspira e manda volumi definiti di liquido. Utilizzate nelle Macchine Irroratrici, anche ad alta
pressione (20 - 50 bar).
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VOLUMETRICHE A MOTO ROTATORIO (e continuo). La Carcassa contiene un rotore con rulli o


palette in periferia, o altri elementi mobili che una volta posti in rotazione cedono energia al liquido.
Impiegate per i travasi di fluidi a bassa pressione.
POMPE OLEODINAMICHE. Sono per lo più Pompe Volumetriche a moto continuo rotatorio con
ingranaggi, in grado di conferire alta pressione e/o velocità a olio fluido che, mettendo in azione un
motore idraulico, convertirà l’energia del fluido in lavoro meccanico. Sono installate nelle macchine
agricole per azionare vari dispositivi.
RELAZIONE PORTATA-PRESSIONE
La PORTATA – Q - è la quantità di liquido trasferita nell'unità di tempo [m3 , L, s -1 ).
La PRESSIONE corrisponde alla PREVALENZA, ovvero alla pressione totale che la pompa è in grado
di impartire al liquido.
Poiché è indicata dal Manometro installato sulla mandata
della pompa, si usa dire «prevalenza manometrica»
Nelle Pompe Centrifughe – utilizzate per la bonifica e
l’irrigazione - la relazione fra la portata Q e la pressione H
è inversamente proporzionale: all’aumentare della
portata Q diminuisce la pressione H che la pompa può conferire al fluido.
La pressione corrisponde alla prevalenza, nota dagli studi di idraulica
Nelle pompe volumetriche – installate nelle irroratrici e in altre macchine - Q non dipende da H, ma
dalla velocità di rotazione dell’asse della pompa.
Nell’ambito dell’intervallo delle velocità di esercizio della pdp – 400 – 540 giri min-1 – la variazione
di Q è modesta e Q presto raggiunge il massimo, oltre il quale il Grado Di Riempimento ɳV
precipita e la pompa perde efficienza, sino a danneggiarsi nelle sue componenti

POMPA CENTRIFUGA
Una pompa centrifuga è costituita da un elemento esterno che prende il nome di CARCASSA, al cui
interno si trova una GIRANTE. Quest’ultima viene posta in rotazione dal motore. Per effetto della
forza centrifuga, l’acqua contenuta nei suoi vani (immessa prima dell’avvio della pompa) viene
lanciata verso la periferia della parte interna della carcassa, e sfuggirà all’esterno della carcassa
dall’apertura della MANDATA, avviandosi lungo la condotta di mandata, sino a punto di uscita
all’esterno.
Uscendo dalla carcassa, attirerà altra acqua al suo posto (proveniente dal corso d’acqua di
approvvigionamento) e il sistema di pompaggio si innescherà.
Per l’innesco delle p.c. è indispensabile riempire d’acqua la Carcassa e il Tratto Di Aspirazione prima
della partenza.

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ACCOPPIAMENTI MOTORE – POMPA.


ELETTROPOMPE MONOBLOCCO.
Sono quelle in cui la pompa ed il motore formano un unico blocco in quanto l’asse del
motore si prolunga all’interno della pompa. Pertanto, fra motore e pompa non è
presente alcun giunto. Questa configurazione è quella con il rendimento più elevato,
sia perché il motore elettrico ha un rendimento maggiore rispetto al motore termico,
sia per l’assenza di giunti e di dispositivi moltiplicatori di giri.
ELETTROPOMPA.
Nella elettropompa (non monoblocco) l’asse della pompa e quello del
motore elettrico che la aziona sono connessi mediante l’interposizione di
un giunto (spesso è un giunto di Oldham). Per via della presenza del giunto
il rendimento sarà inferiore a quello della elettropompa monoblocco.
GRUPPO MOTOPOMPA.
E’ costituito da motore
termico (protetto da una
rete) e pompa
centrifuga. Sul telaio, al
posto del motore
termico potrebbe
esservi stato un motore elettrico, dando luogo ad una
ELETTROPOMPA (con cinghie)
Nella motopompa, la pompa è azionata da un motore termico mediante giunto (anche in questo
caso spesso è un giunto di Oldham). Per via del giunto e dell’impiego del motore termico, il
rendimento totale è minore delle prime due configurazioni.
POMPE FLANGIATE.
Sono direttamente applicate alle trattrici (per l’appunto a mezzo di Flange) senza
interposizione di giunto (giunto cardanico, accoppiamento mediante puleggia e
cinghie, ecc.). La lunga CATENA CINEMATICA riduce il rendimento totale.
La flangia di accoppiamento alla trattrice è quella a sinistra dell’immagine. Come
tutte le pompe centrifughe per l’irrigazione, presenta le due flange, una frontale
Di Aspirazione e una superiore, Di Mandata
GRUPPO TRATTORPOMPA.
Sono azionate dalle trattrici mediante doppio giunto cardanico. A causa della
Lunga Catena Cinematica interposta, del Giunto, del Gruppo moltiplicatore di
giri in entrata della pompa (perché i 540 giri min-1 della pdp sono insufficienti),
dell’impiego del motore termico, il rendimento totale è il più basso e

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certamente inferiore rispetto ai casi precedenti. L’accorciamento della catena cinematica


incrementa leggermente il rendimento totale.

INSTALLAZIONE DELLA POMPA CENTRIFUGA


INNESCO DELLA POMPA
La pompa centrifuga non aspira l’acqua, in quanto non genera il
vuoto. Prima della partenza occorre pertanto innescare la pompa,
riempiendo d’acqua la carcassa della pompa e il tratto di
aspirazione.
VALVOLA DI FONDO
Valvola montata all’estremità della condotta immersa in acqua.
Impedisce lo svuotamento del tratto di aspirazione.
Per trattenere l’acqua dentro la condotta di aspirazione, in
condizioni di non funzionamento, un PIATTELLO, appoggiato su
una propria sede, chiude la valvola.
FUNZIONAMENTO DELLA VALVOLA DI FONDO.
Una volta avviata la pompa, l’acqua contenuta nel tratto di
aspirazione viene richiamata verso la pompa e poi da questa
lanciata verso la condotta di mandata.
Il piattello verrà così aspirato verso l’alto e dalla valvola, liberata
dal piattello, entrerà l’acqua.
A fine lavoro, con lo spegnimento della pompa, il peso della colonna d’acqua sovrastante spingerà il
piattello in basso, verso la sua sede, impedendo lo svuotamento
Il tratto di aspirazione si manterrà pieno d’acqua e pronto per la nuova partenza. Per ottenere la
massima prestazione della pompa il dislivello fra il pelo libero dell’acqua e la carcassa non dovrà
superare 6 m e in alcuni casi occorrerà un accurato calcolo delle perdite di carico che si verificano
all’interno la condotta di aspirazione.

ACCORGIMENTI PER L’INSTALLAZIONE


CAUSE DI DISINNESCO: Corpi Estranei e Aspirazione Di Aria, tramite la
Baderna, dalla fonte d’acqua.
CORPI ESTRANEI.
Un filtro costituito da un telaio avvolto da rete tipo ombreggiamento
evita l’intrusione di corpi estranei fra il piattello e la sua sede.
ASPIRAZIONE DI MINUSCOLE QUANTITÀ D’ARIA.

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1 – Il TRATTO DI ASPIRAZIONE dovrà essere costituito possibilmente da una unica condotta in


gomma corrugata (senza raccordi), mai appoggiata su bordi taglienti, e ispezionata di frequente, e
con pendenza verso la fonte d’acqua.
2- La CIPOLLA (Valvola Di Fondo) dovrà essere tanto più affondata verticalmente in acqua quanto
maggiore sarà la portata della pompa.
3 - La BADERNA - che può essere a Tenuta Meccanica o a Treccia – dovrà essere ispezionata
giornalmente, con eventuale rimpiazzo della treccia.
La baderna è il dispositivo che impedisce la fuoriuscita di acqua - e l’entrata di aria – dallo spazio
compreso fra l’asse In Acciaio della Pompa e la Carcassa. Per la massima efficacia, dalla baderna
dovrà verificarsi un rado gocciolamento durante l’esercizio della pompa. Si consiglia di sostituire
periodicamente la Treccia anziché aggiungere pezzi.
FLANGE E CONTROFLANGE
Elettropompa monoblocco con flange in aspirazione e in mandata. Notare il vano della baderna
chiuso da lamiera perforata per ragioni di sicurezza
Elettropompa monoblocco con flange, controflange e condotte di aspirazione e di mandata

POMPE SOMMERSE PER POZZI TRIVELLATI (usualmente non più larghi


di 0,35 m)
Per le pompe sommerse per pozzi trivellati, sono pompe con motori elettrici immersi nel liquido, e
vengono utilizzate in pozzi con una profondità maggiore ai 100metri
Queste pompe possono essere anche ad asse verticale, dove c'è una coppia conica e un alberello a
6 scanalature per essere messe in moto dalla presa di potenza delle trattrici

POMPE NEI POZZI ROMANI


Le pompe dei pozzi romani sono praticamente le stesse, e poste al massimo a 15/20 metri, sono
spesso utilizzati motori termici che però possono essere difficoltosi da aggiustare, oltre che
emettono gas combusti

POMPE CENTRIFUGHE
AUTOADESCANTI
Nella Pompa centrifuga autoadescante a condotta unica; si
aspira il liquido grazie al materiale di costruzione e alla
particolare forma della girante che in questo caso è «aperta»

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Nelle pompe c. autoadescanti a doppia condotta» un flusso d’acqua di portata ridotta, ma ad alta
velocità e pressione viene inviato verso la valvola di fondo.
Grazie ad un dispositivo Venturi si induce l’aspirazione del liquido contenuto nel pozzo verso la
pompa e da questa alla mandata

SCELTA DELLA POMPA CENTRIFUGA


Per scegliere correttamente la pompa centrifuga di un impianto di irrigazione si seguiranno i
seguenti step:
1. il progettista calcola e fornisce la pressione di esercizio H e la portata Q dell’impianto irriguo;
2. Si esaminano le curve H – Q fornite dal costruttore delle pompe;
3. Si individua la pompa che presenta i valori di Q ed H coincidenti con quelli calcolati per l’impianto
nella parte centrale della curva Q – H fornita dal costruttore.
Infatti, se Q ed H si incontreranno nei tratti periferici della curva, il rendimento complessivo della
pompa sarà basso (a causa dei moti vorticosi assunti dal liquido) e la pompa non erogherà la portata
e/o la pressione richiesta.
GRAFICI

TABELLE

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CALCOLO DELLA POTENZA MECCANICA DEL MOTORE


DEFINIZIONE. La potenza meccanica del gruppo motore – pompa corrisponde alla potenza del
motore necessaria per trasferire una determinata portata di liquido Q ad una determinata
pressione H.
Noti H e Q, nonché la configurazione della pompa, la potenza P è fornita dalle tabelle del costruttore
della pompa. Si dovrà comunque essere in grado di calcolarla.
In via pratica, essa è data dalla seguente formula:

Dove:
γ = Peso specifico del liquido (per l’acqua può considerarsi pari all’unità)
Q = Portata [l s-1]
H = Prevalenza totale[m]
ηtot = Rendimento totale, che nelle pompe centrifughe oscilla da 0.5 a 0.8
Esempio 1: Calcolare la potenza del motore necessaria per sollevare 13 litri s -1 alla pressione
corrispondente alla prevalenza di 55 metri con una elettropompa monoblocco.
Esempio 2: Calcolare la potenza del motore necessaria per sollevare 13 litri s -1 alla pressione
corrispondente alla prevalenza di 55 metri con una elettropompa sommersa a più giranti.
Soluzioni: Posto γ = 1 e posto ηtot = 0.6 nel primo caso e 0.5 nel secondo sarà sufficiente inserire i dati
del problema al posto di Q e H.
Commento: Come si può vedere il diverso ηtot incide non poco sulla potenza meccanica.

POMPE IN SERIE E IN PARALLELO


In caso di necessità le pompe centrifughe possono essere montate sia IN SERIE che IN PARALLELO.
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_Nel primo caso la seconda pompa si trova IN CASCATA alla precedente, ad una distanza che
dipende dalle caratteristiche dell’impianto, e agisce sull’acqua spinta dalla prima pompa. Questo
sistema, adeguatamente progettato, può essere utilizzato per incrementare la prevalenza ove
necessario; per esempio, una pompa centrifuga può essere sistemata in superficie, in serie ad una
pompa sommersa.
_Due o più pompe centrifughe possono essere montate in parallelo quando, posizionate ciascuna
presso il proprio Punto Di Attingimento (es. vasche), la portata d’acqua da ciascuna sollevata
confluisce verso una unica condotta. Conseguentemente, la Portata Delle Pompe si somma e perciò
il sistema viene utilizzato quando è necessario disporre di una portata complessiva maggiore
rispetto alle singole portate.

POMPE VOLUMETRICHE
TIPI. Si distinguono in Pompe A Moto Alterno e Pompe Rotative.
FUNZIONAMENTO. Le pompe volumetriche sfruttano la variazione di volume all’interno di una
cavità per aspirare e spingere il liquido verso il tubo di mandata.
CAMPO DI APPLICAZIONE. Le pompe volumetriche sono utilizzate in dotazione alle irroratrici e
ovunque siano necessarie portate ridotte (che si possano esprimere il l min-1) e pressioni elevate
(fino a 50 bar e oltre).
POMPE VOLUMETRICHE A MOTO ALTERNATO
Un pistone, messo in moto mediante manovellismi da un motore, aspira e manda volumi definiti di
liquido. Utilizzate nelle Macchine Irroratrici, anche ad alta pressione (20 - 50 bar) Le pompe
volumetriche a moto alterno sono AUTOADESCANTI, cioè in grado di aspirare il liquido dalla Fonte Di
Approvvigionamento (purché il dislivello sia qualche metro al di sotto della pressione atmosferica
ovvero di una colonna d’acqua pari a 10,33 m), tanto che non è necessario riempire di liquido il
Tratto Di Aspirazione (procedura indispensabile per le pompe centrifughe, che invece non sono in
grado di esercitare una aspirazione vera e propria). Per comprendere il fenomeno basta riferirsi ad
una comune siringa, che sarà in grado di aspirare il liquido non appena il pistone verrà mosso verso
l’estremità del cilindro.
DISPOSITIVI PARTICOLARI. Per rendere costanti le portate in uscita dalle pompe volumetriche a
moto alterno viene montato un COMPENSATORE IDROPNEUMATICO nel quale una membrana
elastica spingerà il liquido verso il tubo di mandata sostituendo la fase
di spinta esercitata dal pistone quando questo si troverà nella fase di
aspirazione. Per un corretto funzionamento questo dispositivo dovrà
essere caricato con aria compressa alla pressione di circa il 70% di
quella di esercizio
POMPA VOLUMETRICA ALTERNATIVA A STANTUFFO TUFFANTE.

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Un pistone (stantuffo) percorre un cilindro, aspirando e spingendo alternativamente il liquido grazie


a valvole di aspirazione e di mandata poste nel cilindro. Il pistone viene a contatto con il liquido,
subendo fenomeni di corrosione (dovuta all’aggressione chimica dei prodotti utilizzati) e di
abrasione (dovuta all’azione fisica delle particelle in sospensione). La struttura della pompa è
robusta e possono essere raggiunte elevate pressioni di esercizio (Pe > 50 bar e oltre).
Il numero degli stantuffi è variabile e può correntemente raggiungere le 4 (o più) unità laddove
maggiore portata sia richiesta. La portata media di ogni stantuffo è ritenuta di circa 20 – 40 l min-1.
POMPA VOLUMETRICA A MEMBRANA.
Ciascun stantuffo è separato dal liquido da una membrana. Questo riduce lo spazio disponibile e
perciò comporta portate ridotte rispetto ad una equivalente pompa a stantuffo; mentre, la
membrana rappresenta un elemento di debolezza e ciò comporta la riduzione delle pressioni medie
di esercizio (Pe < 30 bar). La portata media di ogni stantuffo protetto da membrana
è ritenuta di circa 15 – 20 l min-1.
Pompa volumetrica a 3 membrane (poste a 120°), con in primo piano sulla
destra la Cupoletta Del Compensatore, che reca a suo volta il piccolo
cappuccio (nero) della valvolina dalla quale introdurre una tantum aria
compressa alla pressione di circa il 70% di quella di esercizio del circuito
del liquido spinto dalla pompa. Ben visibile l’alberino a sei scanalature
che riceverà il doppio giunto cardanico proveniente dalla trattrice per
l’azionamento della pompa stessa.
POMPE VOLUMETRICHE ROTATIVE
_POMPE OLEODINAMICA (olio idraulico, ovvero olio a bassa densità) a
ingranaggi (aperta e chiusa). Azionata dalla trattrice, trasferisce olio idraulico a
un attuatore e/o a un motore idraulico – Pressione di esercizio: 180 – 200 bar
_POMPA ROTATIVA A BASSA PRESSIONE, per piccoli usi agricoli, applicata alla
pdp di una trattrice. Le condotte di aspirazione e di mandata debbono ancora
essere collegate

POMPA AD IDROINIETTORE
Il sistema di pompaggio con idroiniettore viene utilizzato
come riempimento rapido del serbatoio.
Una parte del liquido, anche esigua, viene inviata ad alta
velocità lungo una condotta [4] munita di Tubo Venturi [5]
all’estremità. Se la condotta è in collegamento (mediante
altra condotta) con il corso d’acqua o la vasca di
approvvigionamento [2] l’acqua qui presente verrà
aspirata.
Poiché in caso di scarsità di liquido nel serbatoio il sistema
si può disinnescare e la miscela inquinante può refluire nel
corso d’acqua, è obbligatorio montare una Valvola Di Non
Ritorno [2].
Con questo sistema una pompa volumetrica può giungere
a triplicare la sua portata. Come esempio: un serbatoio di
1000 L potrà essere riempito in 5 minuti.
POMPA A SPALLA

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Meccanica Agraria – Parte III – 181225 giampaolo.schillaci@unict.it

La convenzionale «pompa a spalla» è costituita da una pompa volumetrica - a


stantuffo tuffante o a membrana – installata dentro un recipiente spallabile o
comunque portatile.

MACCHINE TRINCIATRICI
DEFINIZIONE.
La trinciatrice è una macchina operatrice, traslata ed azionata da una trattrice agricola per la cura
delle colture con il fine di eliminare:
_Residui Colturali,
_Infestanti Radicate (erbacee, arbustive e piccole piante arboree),
_Campi Di Erba (come le are destinate alle attività sportive quali il gioco del calcio, il golf, ecc)
Si distingue, per forma e funzione, dalle trinciatrici che operano nei cantieri di raccolta delle
coltivazioni erbacee da insilato, spesso semoventi

DESCRIZIONE
La trinciatrice è una macchina operatrice applicata al sollevatore
idraulico posteriore della trattrice, o più raramente, a quello
anteriore.
_Della macchina è ben visibile il CARTER, di forma allungata e che
copre il sottostante ROTORE che, a sua volta, porta gli utensili per la
trinciatura. Su un lato del carter vi è il coperchio che copre le Pulegge della trasmissione.
_Il coperchio e, dall’altro lato, una lamiera verticale, impediscono la proiezione laterale del
materiale lanciato dal rotore durante la trinciatura.
_Applicate alla parte inferiore delle coperture laterali (coperchio da una parte e lamiera dall’altra),
vi sono le SLITTE LATERALI, organi di regolazione della quota di lavoro. La regolazione della quota
è importante, perché gli utensili delle trinciatrici di norma non devono toccare il terreno ma se la
quota del rotore è eccessiva il rischio di lancio dalla parte anteriore della trincia aumenta.
_Sul davanti e inferiormente il carter è ben visibile una fila di BANDELLE. Le bandelle sono sorta di
sportellini rettangolari di lamiera, incernierati sul lato superiore e che ruotano verso l’interno per
fare accedere le ramaglie; dopo il passaggio di queste, tendono a richiudersi, tenendo in tal modo
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chiusa la luce anteriore dalla quale potrebbero sfuggire pietre o legni lanciati in avanti durante il
lavoro. Al posto delle bandelle possono trovarsi CATENE PESANTI nelle trinciapietre e nelle
trinciatrici di materiali radicati (arbusti, ecc), la cui robustezza distruggerebbe in brevissimo tempo
le bandelle. Si possono trovare CATENELLE (catene leggere) per materiali radicati di modesta o nulla
consistenza (erbai). In ogni caso, le catene (pesanti o leggere che siano) non si potranno trovare
nelle trinciatrici per materiali non radicati, come i residui della potatura, perché le trascinerebbero
in avanti anziché consentirne l’accesso verso il rotore.
_Posteriormente al carter si trova un RULLO DI APPOGGIO, con funzione sia di stabilizzare la
macchina durante il lavoro, sia di contribuire a chiudere la luce posteriore, dalla quale potrebbero
fuoriuscire sassi e tronchetti eventualmente proiettati verso la parte posteriore.
La trinciatura delle ramaglie avviene sia per l’azione battente degli utensili, sia per l’effetto di
stritolamento dei materiali fra gli utensili e CONTROLAME saldate (e perciò fisse) nella parte
interna del carter.

CLASSIFICAZIONE
Vengono classificate in base alla POSIZIONE DEL ROTORE che porta gli utensili per trinciare e al
CAMPO DI IMPIEGO e dunque del materiale da trinciare: In base alla consistenza di tale materiale
varia la loro struttura, la robustezza, l’utensileria montata sulla macchina, la potenza assorbita per
metro di larghezza del fronte di lavoro.
TRINCIARAMAGLIE - operano negli arboreti per la eliminazione delle ramaglie
che residuano dalla potatura; Con crescente frequenza la trinciaramaglie è
utilizzata anche per il controllo primaverile delle erbe infestanti. Mediante
interventi condotti prima che le erbe lignifichino, si evita di lavorare il terreno,
spesso ancora eccessivamente umido, favorendone una uniforme asciugatura.
Una trinciaerba richiederebbe minore potenza al rotore e avrebbe perciò un
fronte più largo (ma non tanto da lavorare con unico passaggio fra i filari di un agrumeto); oppure a
parità di larghezza consumerebbe minore energia. Ma ogni macchina in più è un aggravio per
bilancio aziendale; per questa ragione la trinciaramaglie, ormai comunemente presente nel parco
macchine aziendale, viene spesso utilizzata al posto della trinciaerba
TRINCIASARMENTI - operano la trinciatura dei residui della potatura delle colture sarmentose (vite)
TRINCIASTOCCHI - per la trinciatura degli stocchi (residui radicati) che residuano dalla raccolta delle
colture erbacee (mais, sorgo, cotone, ec);
TRINCIAERBA – operano:
_Nel frutteto con fini di contrasto alle erbe infestanti. Il trinciaerba per frutteto ha
l’elemento centrale dotato di rotore orizzontale e elementi elementi laterali ad asse
verticale, con lame rotanti orizzontali. I due elementi laterali sono azionati da un
proprio motore idraulico, nell’immagine coperto da un coperchio di colore nero.
Ogni elemento è in grado di evitare il contatto con il tronco grazie a un sensore
idraulico, e viene riportato nella posizione originaria da un sistema a molla.;
_In pieno campo, con 2 elementi applicati al sollevatore posteriore e uno al
sollevatore anteriore. La trinciatura dell’erba richiede bassa potenza per

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metro di larghezza della macchina trinciatrice e per questo è possibile utilizzare la potenza della
trattrice operando con un ampio fronte di lavoro.
RASAERBA - per campi da gioco (calcio, golf). Contrariamente alle altre trinciatrici,
spesso si tratta di piccole macchine semoventi con il conducente a bordo, denominate
rider e il rotore è un asse verticale con una lama che muovendosi orizzontalmente
opera la trinciatura delle erbe. Può essere dotato di cassonetto per la raccolta delle
erbe trinciate.
TRINCIATRICI FORESTALI E PER LA BONIFICA - Si riconosce dalla
robustezza e dalla particolare forma del rotore. Gli utensili più diffusi
sono le mazze perché, data la gravosità del lavoro, il lungo manico di un martello si
spezzerebbe facilmente. Si notano le catene anteriori a maglie grosse. Infatti, le
bandelle non reggerebbero all’urto con gli arbusti. Lo sportello è aperto per non
ricevere i colpi dei materiali scagliati.
TRITASASSI, TRINCIAPIETRE - macchine particolarmente robuste e con utensili costruiti con
materiali ad alta resistenza, che avanzano a velocità molto ridotte (in certi casi v = 300 m/h),
destinate alla frantumazione delle pietre e delle rocce affioranti. Si utilizzano una tantum, per
bonificare un terreno dal pietrame o per trasformare in terreno agrario aree fortemente pietrose.
In genere si tratta di pietrame o roccia calcarea, tenera e dunque aggredibile dagli organi rotanti di
queste macchine.
TRINCE SPECIALI
A) Trincia portata dal sollevatore, con dispositivo che
consente la rotazione del punto di applicazione, per
trinciare materiale presente sugli argini dei piccoli
canali irrigui o di bonifica
B) Trinciatrici ad azionamento idraulico, portate da
braccio brandeggiabile, per contenimento di siepi o
per trinciatura lungo argini profondi di canali di
bonific

POSIZIONAMENTO DELLA TRINCIATRICE


Il rotore è l’organo rotante al quale sono applicati gli utensili che operano la trinciatura del
materiale. Esso può essere ad ASSE ORIZZONTALE e in questo caso ve ne sarà uno solo, o ad ASSE
VERTICALE e, in questo caso, potranno essere due o più, in relazione alla larghezza del fronte di
lavoro.
APPLICAZIONE ALLA TRATTRICE ED AZIONAMENTO
La trinciatrice viene solitamente applicata al Sollevatore Idraulico Posteriore della macchina ed
azionata con il Doppio Giunto Cardanico.
Nelle piccole macchine semoventi per la manutenzione dei tappeti erbosi (rider) la posizione della
trinciatrice è molto spesso ventrale (al di sotto del posto di guida).
Puo essere applicata anche anteriormente

CATENA CINEMATICA
Il moto perviene dalla trattrice mediante il doppio giunto cardanico (non
in figura). Si intravedono l’alberino a 6 scanalature al centro della
controcuffia, e la retrostante scatola che contiene la coppia conica per il
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rinvio del moto a 90°, cui segue il tubo - manicotto (verde) che copre l’albero di trasmissione, il
coperchio laterale, rastremato verso il basso perché la puleggia inferiore, contenuta all’interno, è di
diametro minore rispetto alla puleggia superiore (con effetto moltiplicatore di giri) rispetto ai 540
giri min-1 della pdp

TRINCIATURA
La trinciatura delle ramaglie avviene per l’azione battente di appositi utensili (coltelli, mazze,
martelli, in figura coltelli riuniti in coppia) portati da un rotore, azione spesso coadiuvata
dall’effetto di stritolamento dei materiali fra gli utensili e CONTROLAME SALDATE (e perciò fisse)
nella parte interna del carter che ricopre il rotore (non visibili nell’immagine). Il senso di rotazione
del rotore è opposto a quello delle ruote della trattrice.
ANDANATURA
ANDANA. Cumulo allungato di materiale (ramaglie, fieno, ecc) di solito sistemato in tal modo in
campo per subire un successivo trattamento (trinciatura, rivoltamento e raccolta, ecc)
Prima del passaggio della trinciatrice, le ramaglie vengono di solto disposte in andane nell’interfila,
manualmente o mediante idonee macchine ranghinatrici.

RISCHI
LANCIO O PROIEZIONE. Rischio connesso la lancio di materiali, connesso al senso di rotazione del
rotore orizzontale. Questo è opposto al senso di rotazione delle ruote della trattrice.
L’informazione è molto importante perché fa comprendere che la direzione prevalente dei lanci di
materiali durante il lavoro (sassi, spezzoni di ramaglie) è in avanti, verso il conducente.
MANOVRE PERICOLOSE. Il rischio di lancio o proiezione aumenta grandemente quando il
conducente, per rimediare all’ingolfamento (l’incapacità del rotore a smaltire l’eccesso di materiale
introitato) solleva la trinciaramaglie agendo sul sollevatore idraulico. In quel momento, le ramaglie
vengono lanciate in tutte le direzioni. L’ingolfamento deve essere prevenuto adeguando la velocità
di avanzamento alla massa di materiale da trinciare.
Urto con gli utensili in movimento. Si contrasta nell’aver eliminato sportelli apribili o apribili
rapidamente
AVVOLGIMENTO. Si contrasta con le coperture delle parti rotanti.
POLVERI. Si contrasta evitando il contatto degli organi di lavoro con il terreno
Rischi specifici della trinciaramaglie sono quelli dovuti ai MOTI INERZIALI. In pratica, poiché il
rotore delle trinciatrici è dotato di grande massa, il suo moto di rotazione prosegue per inerzia
anche dopo un certo tempo dalla disconnessione del rotore dal motore per azionamento della
frizione principale. Fino a che dura la rotazione inerziale e fino a che non si disconnette
direttamente la trasmissione alla pdp agendo sulla apposita leva, accade che il moto del rotore
compie il percorso inverso e “rientra” nella catena cinematica, pervenendo alle ruote motrici e
fungendo pertanto da “motore”. Si ha un avanzamento indesiderato della motrice che può
sorprendere il conducente inesperto. La trattrice, anziché fermarsi al premere il pedale della
frizione, continuerà a procedere, sia pure lentamente, in maniera inattesa, e questo potrà dare
luogo a incidenti. Questo rischio di avanzamento accidentale per moti inerziali è rimediato dalle più
recenti catene cinematiche che alimentano la pdp e dall’impiego di doppio giunto cardanico
munito di ruota libera, dispositivo che impedisce il rientro del moto dal rotore al motore.
Anche la polvere può essere assai pericolosa per inalazione, che causa infiammazioni delle prime vie
aeree; le particelle più fini possono pervenire ai bronchi, provocando gravi patolo

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LE SEMINATRICI
DEFINIZIONE.
Le seminatrici svolgono la funzione di depositare il seme nel terreno alla quantità e con le modalità
volute.
APPLICAZIONE ALLA TRATTRICE.
Trainate o portate (modelli di peso non eccessivo); semiportate (dal sollevatore idraulico, in
modalità flottante), ove troppo pesanti per essere portate.
AZIONAMENTO.
Gli organi della semina (DISTRIBUTORI) vengono azionati da una catena cinematica che ha inizio da
ruote di appoggio al terreno e MAI dal doppio giunto cardanico della trattrice. Pertanto, la quantità
di seme dipende solo dal rapporto di trasmissione fra ruota motrice e distributori e NON VARIA con
la velocità di avanzamento.
DOPPIO GIUNTO CARDANICO. Quando è presente, il dgc aziona il Ventilatore Radiale per la
Distribuzione Pneumatica dei semi; in ASPIRAZIONE nelle Seminatrici Penumatiche Di
Precisione, in MANDATA nelle Seminatrici Penumatiche Universali.
DESCRIZIONE.
Un telaio porta una o più TRAMOGGE, i CORPI DI SEMINA, un VENTILATORE RADIALE (nelle
seminatrici a distribuzione pneumatica).
L’allestimento della seminatrice (ovvero ASSOLCATORI e ORGANI COPRISEMI) dipende dalla natura
e dalle condizioni del terreno (umidità, zollosità). I DISTRIBUTORI, che avviano il seme al terreno,
rappresentano il cuore della seminatrice.
SEMINATRICI COMBINATE.
Vengono definite s. c. quando sono presenti anche dispositivi che eseguono altre operazioni
CLASSIFICAZIONE. Le seminatrici si possono classificare:
1. In base il modo in cui distribuiscono i semi sul terreno: a spaglio o a righe;
2. In base al sistema di distribuzione dei semi
3. In base alla preparazione del terreno al momento della semina

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SISTEMI DI DISTRIBUZIONE DEI SEMI


DISTRIBUZIONE MECCANICA. Il prelevamento dei semi dalla tramoggia che li contiene e l’invio al
terreno avvengono mediante dispositivi meccanici.
DISTRIBUZIONE PNEUMATICA. Il prelevamento dei semi dalle tramogge avviene mediante un flusso
d’aria generato da un ventilatore radiale; in aspirazione per le s.p. di precisione, in mandata per le
s.p. universali.
DISTRIBUZIONE IN CORRENTE LIQUIDA - IDROSEMINA. Un flusso d’acqua costituisce il tramite per
la distribuzione, come per la tecnica definita idrosemina, utilizzata per seminare le scarpate
autostradali inaccessibili dalle normali seminatrici mediante getti d’acqua che trasportano semi
incapsulati. della seminatrice. Il distributore preleva il seme e lo avvia al terreno.

PARAMETRI DELLA SEMINA


Per procedere correttamente alla semina, occorre prendere in considerazione i seguenti
parametri:
1. INVESTIMENTO ALLA SEMINA Is [semi/m2 oppure semi/ha]
2. DENSITÀ ALLA RACCOLTA Ir [piante/m2 oppure piante/ha]
3. COEFFICIENTE DI GERMINABILITÀ Cg [semi germinati/ semi seminati, sempre <1]
4. DISTANZA FRA LE FILE D [m]
5. DISTANZA FRA I SEMI DI UNA FILA d [m]

La DENSITÀ ALLA RACCOLTA (o Densità di Piante) Ir che si vuol trovare in campo al momento della
raccolta potrà essere stabilita in base al prodotto totale che occorre per ottenere il risultato
economico voluto. Spesso, nella pratica, Is e Ir vengono stabilite con l’esperienza.
Esempio. Per una coltivazione di favino è stata stimata una densità alla raccolta pari a 40
piante/m2 Si procede innanzitutto alla valutazione del coefficiente di germinabilità. Se questo
40 semi
fosse pari al 90% sarà: Is = = ~ 44 [ ]
0,9 m2
Il COEFFICIENTE DI GERMINABILITÀ Cg è riportato nel cartellino del seme (se si tratta di seme
certificato), ma sarà bene conoscere le consuete modalità di valutazione (integrità, umidità mediane
scorrimento sulle mani, scorrimento semi su semi, suono del seme, ecc).

DISTANZE DI SEMINA.
Per la semina di precisione, oltre ai parametri Is, Ir, Cg, occorre prendere in considerazione la
distanza fra le file (D) e la distanza dei semi sulla fila (d).
Si procede innanzitutto calcolando l’investimento di semina:

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Successivamente, si prefissa la distanza fra le file D, poiché dal punto di vista agronomico (per ragioni
connesse alla competizione, all’ombreggiamento reciproco, etc) si tratta della distanza più
importante fra le due. Fissata D, si calcola di conseguenza d, conoscendo Is. Essendo:

Si avrà

DISTANZA FRA LE FILE


SCELTA DELLA DISTANZA. La distanza fra le file - D - è funzione della competizione fra le piante
della coltura (ombreggiamento, nutrizione, ecc).
CHIUSURA DELLE FILE. La semina può avvenire a file alterne, (chiudendo una luce di efflusso nelle
seminatrici universali) o sollevando un corpo di semina (seminatrice di precisione), o a file binate
(due file aperte e una chiusa) ecc.
DISTANZA MINIMA DI SEMINA. In campo, la distanza minima fra le file dipende dalle caratteristiche
costruttive della s.
SEMINATRICI UNIVERSALI. La distanza fra le file – D – varia da 0,10 a 0,20 m.
SEMINATRICI DI PRECISIONE. La distanza minima fra le file – D – si aggira su 0,40 m.
REGOLAZIONE SEMINATRICE DI PRECISIONE
SCELTA DEL DISTRIBUTORE.
Calcolata la DISTANZA DEI SEMI SULLA FILA in funzione DELL’INVESTIMENTO ALLA SEMINA - Is -e
della DISTANZA FRA LE FILE – D – si sceglie il distributore adatto al seme da seminare (con fori
grandi e radi o piccoli e numerosi).
Per regolare la quantità di seme si cambia il Rapporto Di Trasmissione Τ («tau») della catena
cinematica che trasmette il moto dalla ruota motrice all’asse del distributore.
In pratica, si tratta di selezionare gli ingranaggi (o ruote dentate) da accoppiare, per ottenere
più o meno giri dei distributori per ogni giro della ruota motrice, in rapporto al numero di
fori del disco prescelto e della distanza sulla fila già calcolata.
Non c'è dunque necessità di effettuare una simulazione di semina, come nel caso della
SEMINATRICE UNIVERSALE.
PROFONDITÀ.
In generale, a parità di altre condizioni, la profondità ottimale è tanto maggiore quanto più grande è
il seme; si passa da 3 mm per la carota a 5 cm per il mais.
Per regolare la quantità di seme si cambia il Rapporto Di Trasmissione Τ («tau») della catena
cinematica che trasmette il moto dalla ruota motrice all’asse del distributore.
In pratica, si tratta di selezionare gli ingranaggi (o ruote dentate) da accoppiare, per ottenere
più o meno giri dei distributori per ogni giro della ruota motrice.

INVESTIMENTO ALLA SEMINA


Più compiutamente il Numero Di Semi al m2 , sarà

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Se la quantità viene espressa in ha, sarà:

Il peso dei semi per ha è:

È così possibile calcolare il numero di semi e la quantità per unità di superficie seminata (m 2 o ha).

SEMINATRICI A RIGHE UNIVERSALI


SEMINATRICI A RIGHE UNIVERSALI A DISTRIBUZIONE
MECCANICA.
Hanno precisione e regolazione di semina tra che su lungo la fila
DESCRIZIONE
Si riconosce per la TRAMOGGIA UNICA, larga quanto il
fronte superiore della seminatrice.
La TRAMOGGIA ha il compito di portare il seme e di avviarlo
verso il DISTRIBUTORE, un cilindretto che presenta delle
scanalature, di dimensione varia a seconda del tipo di seme
(sembra una ruota dentata). Il tutto viene fatto attraverso
una LUCE DI EFFLUSSO, che possiamo aprire o chiudere
tramite una Saracinesca e ce né una per ogni distributore.
Questo distributore ruota, preleva un flusso di semi e li
veicola in un TUBO ADDUTTORE
La tramoggia è divisa in scompartimenti mediante Paratie.
Seminatrice
Sul fondo della tramoggia inoltreatroviamo
righe, universale, con di
un dispositivo
distribuzione meccanica, trainata
agitazione del seme, che lo tiene in movimento, facendolo dalla
trattrice
passare nelle luci di efflusso mediante barra di traino, o
I distributori vengono applicata al sollevatore
posizionati idraulico
lungo un’ASSE in
PORTA-
modalità flottante (semiportata).
DISTRIBUTORI e questo asse compie un moto rotatorio che
fa girare tutti i distributori. Questo asse gira per via di una
Catena cinematica che parte dalla Ruota di Sostegno
dell’operatrice. In questa cinematica c’è un Cambio (scatola
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Meccanica Agraria – Parte III – 181225 giampaolo.schillaci@unict.it

nera) che permette di cambiare il rapporto di trasmissione fra la ruota e l’asse porta-distributori
attraverso una manopola (più giri faccio, più semi semino).
La quantità di seme si regola agendo sul cambio che varia il rappoto di trasmissione tra la ruota di
sostegno e l’asse porta-distributori
I tubi adduttori del seme (bianchi, in plastica corrugata) trasportano il seme dalla
tramoggia agli ASSOLCATORI A STIVALETTO (l’altro tipo è A FALCIONE). Gli stivaletti
quando bisogna mettere la retromarcia NON DEVE restare a terra, ma deve essere
alzata perché gli stivaletti (dai quali esce il seme) potrebbero sporcarsi di fango e quindi
il seme non esce bene.
Gli ASSOLCATORI A FALCIONE (o a Disco) sono caratterizzati da dischi che tagliano il
terreno e i residui colturali ed è per questo che vengono utilizzati su un terreno sodo
(pieno di residui colturali)

SEMINATRICI A RIGHE UNIVERSALI A DISTRIBUZIONE


PNEUMATICA.
DESCRIZIONE
La tramoggia è voluminosa, e posta in alto. Si può vedere il
Ventilatore Radiale e le prese di attacco a tre punti.
I semi vengono prelevati e accompagnati sino al terreno da
una corrente d’aria (generata dal VENTILATORE RADIALE
azionato dalla Presa Di Potenza della trattrice attraverso
un Doppio Giunto Cardanico) che spinge per MANDATA i
semi ai tubi adduttori che li porteranno giù

SEMINATRICI A RIGHE DI PRECISIONE


ASPETTI GENERALI. In generale, le seminatrici di precisione di qualsiasi tipo si riconoscono e si
distinguono dalle seminatrici universali per avere TANTE TRAMOGGE quanti sono i Corpi Di Semina.
SEMINATRICI A RIGHE DI PRECISIONE A DISTRIBUZIONE
MECCANICA.
Le tramogge sono solitamente di FORMA CILINDRICA e poste
verticalmente.
Sul fondo di ciascuna tramoggia è adagiato un DISCO FORATO posto in
posizione orizzontale, recante in periferia una fila di fori oppure di
TACCHE.
Il numero e la forma dei fori o delle tacche dipende dalle caratteristiche
del seme (devono essere comunque più grandi dei semi).
Il disco (DISTRIBUTORE) porta al centro un Foro Quadrato (o comunque
non circolare), che ospita un asse verticale e di forma omologa. Questo

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Meccanica Agraria – Parte III – 181225 giampaolo.schillaci@unict.it

asse viene posto in rotazione dalla Ruota Di Appoggio della seminatrice attraverso una catena
cinematica.
Mentre il disco ruota, i semi contenuti nella tramoggia si adagiano nei fori in modo che su ciascun
foro si alloggia un solo seme grazie ad un dispositivo singolatore eliminerà eventuali semi in
soprannumero. Poiché i fori del distributore sono più grandi del seme e sul fondo di ciascuna
tramoggia vi è un foro, quando il seme vi si troverà in corrispondenza, cadrà sul terreno.
Nelle seminatrici di precisione le tramogge si trovano molto vicine al suolo, per minimizzare l’effetto
del rimbalzo e mantenere in tal modo la precisione della distanza reciproca dei semi.
La regolazione della quantità di seme da avviare verso il terreno avviene variando il Rapporto Di
Trasmissione.

SEMINATRICI A RIGHE DI PRECISIONE A DISTRIBUZIONE


PNEUMATICA.
Essendo seminatrici di precisione, sono dotate di più
tramogge, una Tramoggia per Corpo Di Semina. Sono
distinguibili dalle seminatrici meccaniche di precisione per
la presenza, nella parte centrale della seminatrice, di un
VENTILATORE RADIALE (posto nella parte centrale, vicino
alla presa di potenza) azionato dalla trattrice attraverso il
Doppio Giunto Cardanico e da diversi tubi addottori .
Sotto la tramoggia ci sta una CAMERA DI SEMINA;
all’interno di questa camero ci sta un disco forato, ossia il
DISTRIBUTORE (la dimensione dei fori varia in base al tipo
di seme) posto in posizione verticale (e perciò ad asse orizzontale) che divide
la camera in due parti.
Da una parte della camera vi è aria in ASPIRAZIONE (viene aspirata dal
ventilatore) mentre dall’altra parte ci stanno i semi che scendono dalla
tramoggia e che vengono aspirati e adericoscono nei fori che li trattengono
(sono più piccoli dei semi).
La camera di semina è costruita in modo che la parte inferiore non è
raggiunta dall’azione aspirante della corrente d’aria e i semi, non più trattenuti ai fori (che non
possono attraversare) dall’azione aspirante della corrente d’aria, cadono (subito) sul terreno.
Il distributore nel frattempo ruota a seconda del rapporto di trasmissione (cambio) derivato dalla
rotazione della ruota di sostegno (riceve il moto dal terreni) ad una certa soglia (oltre questa soglia
il distributore non funziona bene)
Queste macchine possono essere dotate da Ruote Copriseme che hanno il compito di chiudere il
solco una volta aperto dall’assolcatore

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Meccanica Agraria – Parte I – Capp. II-III-IV-181228- Prof. Giampaolo Schillaci –giampaolo.schillaci@unict.it Cap

L’ARATRO
L’aratro è una macchina operatrice impiegata per la lavorazione del terreno. Viene ordinariamente
utilizzata per la Lavorazione Principale, profonda o mediamente profonda, nella preparazione del
letto di semina.
GENERALITÀ.
_ARATRO ROVESCIATORE L’aratro propriamente detto, caratterizzato da vomere e versoio
_ARATRO RIMESCOLATORE,è a dischi (che in realtà dischi non sono, bensì porzioni di calotte
sferiche). Possono essere azionati dalla PdP

CLASSIFICAZIONE E DENOMINAZIONI
Per tipo di organo lavorante e per azione sul terreno
ROVESCIATORE: Vomere – versoio
RIMESCOLATORE
Rotativo: con organi azionati dalla pdp
A dischi
Per numero di organi lavoranti e accoppiamento alla trattrice
MONOVOMERE TRAINATO
BIVOMERE PORTATO
TRIVOMERE PORTATO: può essere doppio (non si dice a 6 vomeri,
tre sotto e tre sopra) che permette di evitare il ritorno a vuoto.
ARATRO POLIVOMERE SEMIPORTATO
ARATRI SPECIALI
ARATRO REVERSIBILE: è caratterizzato da due versoi, uno sopra e
uno sotto
ARATRO CON VERSOIO FENESTRATO: il versoio ha delle aperture
con lo scopo di avere un minore sforzo di aderenza
ARATRO DA SCASSO: è una variante dell’aratro tradizionale e viene utilizzato per la lavorazione
straordinaria del terreno effettuata in preparazione di un impianto arboreo; consiste nel fare uno
scasso, ovvero una lavorazione molto profonda del terreno ed è molto grande. Viene fatto una
tantum
Meccanica Agraria – Parte I – Capp. II-III-IV-181228- Prof. Giampaolo Schillaci –giampaolo.schillaci@unict.it Cap IV

ARATRO ROVESCIATORE
COMPONENTI DELL’ARATRO
Il BURE è una trave rettilinea che porta i corpi
dell'aratro e anteriormente è agganciata alla trattrice.

• Il PETTO collega il corpo con il bure.


Organi operatori (coltro, vomere, versoio):
• Il VOMERE Vo serve per il taglio orizzontale. Ha una
forma quasi trapezoidale di acciaio indurito con un
taglio anteriore inclinato rispetto alla direzione di
marcia.
• L’AVANVOMERE viene montato davanti al vomere
(in alternativa al coltro) è facoltativo ed effettua una
pre-lavorazione del terreno. L’avanvomere rovescia
una fetta dell’orizzonte superficiale nel fondo del
solco
• Lo SCALPELLO Sc viene montato nella punta del
vomere per rompere i terreni più coesivi. Con tempo
andrà in contro ad abrasione e quindi verrà sostituito

• Il VERSOIO Ve. Il bordo verticale Vbv del versoio è


quello che effettua il taglio verticale mentre il
versoio vero e prorpio effettua il rovesciamento. I versoi vengono
selezionati una tantum in base al tipo di terreno, alla presenza di
residui vegetali, alle successive modalità di amminutamento del letto
di semina. Dopo l’acquisto dell’aratro non vengono cambiati.
-Con il v. Cilindrico si intende rompere la fetta
-Con il v. Elicoidale si cerca appoggiare delicatamente la fetta
tagliata dal vomere su una precedente
-Con il v. Fenestrato si intende ridurre il consumo di energia
(per i minori attriti con il terreno)
• L'APPENDICE ove presente (come un prolungamento del versoio) accompagna la fetta.

• Il COLTRO viene montato davanti al vomere è facoltativo e può essere A Coltello,


triangolare ed inclinato in avanti, oppure A Disco per i terreni più coesivi e per quelli
ricchi di residui in superficie.
I coltri esercitano un taglio verticale, che verrà completato dal passaggio del bordo
verticale del versoio. I coltri a dischi, con bordo liscio o dentellato, lavorano anche in
presenza di residui colturali. Il coltro a coltello in questi casi non è idoneo.

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ARATURA
L'aratro rovescia il terreno portando in superficie gli strati più
profondi. Lo scopo è quello di facilitare l’arieggiamento del
terreno. Il vomere stacca una «fetta» di terreno, il versoio la
rovescia di 135° e l’appoggia alla fetta precedente, alzando la
quota del terreno. I vani fra le fette sono triangoli isosceli (45° -
90° - 45°) e il volume ivi compreso imprigionerà la massima
quantità d’aria possibile, provocando nel contempo una ossido
riduzione spinta.
Gli atmosferili provocheranno il collasso delle fette e la
microporosità sarà la massima possibile (dunque, anche l’effetto
di ossidoriduzione della S.O.)
RAPPORTO LARGHEZZA-PROFONDITA’
E’ il rapporto tra la larghezza di taglio e la profondità di lavoro. Ogni aratro ha un determinato
rapporto. Negli aratri monovomere, il rapporto è di 1,27
Questo rapporto è studiato per avere una rotazione di 135° ed intrappolare l’aria in un vano a forma
di triangolo isoscele. Più aumenta la profondità più il rapporto diminuisce
La
p

ARATRI RIMESCOLATORI
Gli aratri rimescolatori sono detti tali perché quando passano nel terreno
essi non fanno l’operazione di taglio e ribaltamento ma si limitano a
rimescolarlo (il terreno viene tirato su dal disco e poi tirato giù). Queste
tipologie di aratri possono essere
A DISCHI INDIPENDENTI: L’aratro a dischi tipo «standard» è costituito da
dischi indipendenti e inclinati. Ogni disco è tenuto da un proprio
supporto, munito di cuscinetto a sfere, grazie al quale al contatto con il
terreno può ruotare intorno al proprio asse.
A DISCHI VERTICALI: Nell’aratro a dischi di tipo «verticale» i dischi
vengono portati da un unico asse, a sezione quadrata, e pertanto
ruotano all’unisono. Possono essere azionati dalla Pdp

Gli aratri a dischi (che dischi non sono, bensì porzioni di calotte
sferiche) sono sempre dotati di Ruotino Stabilizzatore (perché i dischi
causano un momento che genere una spinta di direzione non
coincidente con quella della trattrice e questi ruotini ne contrastano la
spinta). Ogni disco è munito di Raschiafango, Cuscinetti e Dispositivi
Non-Stop (contrastano il rischio di rotture in caso di scontro con pietre
ad esempio)

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TECNICHE DI ARATURA
REQUISITO DELL’ARATURA
Requisito dell’aratura con l’aratro Rovesciatore è che le fette debbono essere accostate una
sull’altra e, dunque, che l’aratro rovesci la fetta sempre dallo stesso lato del campo
Per soddisfare il requisito dell’aratura, a fine campo il conducente dovrà ritornare alla capezzagna
opposta senza lavorare il terreno (Ritorno A Vuoto), accostarsi alla fetta lavorata e ripartire con
l’aratura (ARATURA ALLA PARI)
Per soddisfare il requisito dell’aratura senza incorrere nel ritorno a vuoto si utilizzano apposite
tecniche di aratura (a. A COLMARE E A SCOLMARE), altrimenti si ricorre all’aratro doppio o
reversibile, che invertendo la fila di corpi simmetrici consente di lavorare al ritorno accostando la
fetta sulla precedente
Nell’aratura, le fette di terreno sono rivoltate sempre verso lo stesso lato.
L’aratura in pianura può essere eseguita in tre modi
ARATURA ALLA PARI.
Alla pari, in un campo pianeggiante, a falda unica. . Si inizia dal confine più
alto del campo  La fetta viene rovesciata sempre da un lato e sempre
verso la parte più alta del campo. Con l’aratro semplice (in figura) il
viaggio di ritorno deve essere compiuto a vuoto; con l’aratro doppio si
lavora in entrambi i sensi di marcia.
ARATURA A COLMARE.
In un campo a due falde, con un colmo al centro. Si inizia dal centro (dove c’è il
compluvio, la parte più alta del campo); si fanno passaggi sempre paralleli al primo
(si fa un passaggio a sinistra, faccio un inversione, andando dall’altro lato del
campo e poi faccio un passaggio a destra), si procede verso i bordi laterali del
campo. Gia dalle prime due fette si creerà una capannina e più si va avanti e più
lunga sara l’inversione a vuoto.
Nota importante: dunque, con l’aratura a colmare è come se il campo venisse
diviso in due parti e ognuna di esse
viene arata alla pari.
ARATURA A SCOLMARE.
In un campo a due falde, con compluvio al centro. Si parte
dal bordo (che è la parte più altra) e si fa un passaggio con
rovescio a destra. Poi si fa un inversione e si va dall’altro bordo
(sempre con rovescio a destra) e così via fino a quando non si
arriva al centro (dove fra le due fette fra loro divergenti
rimarrà aperto un solco o fosso di scolo)
Nota importante: dunque, anche con l’aratura a scolmare è come se il campo venisse diviso in
sue parti; ognuna di esse viene arata alla pari.
REGOLA GENERALE DELL’ARATURA (REGOLA D’ORO DELL’ARATURA).
In relazione a quanto visto, l’aratura alla pari, a colmare e a scolmare seguono un regola comune.
La regola d’oro per eseguire l’aratura afferma che in qualsiasi terreno di pianura, sia che presenti
una pendenza unica verso un lato del campo, o un colmo o un fosso centrale:
1) Si inizia ad arare sempre in prossimità della parte più alta del campo (bordo esterno se
campo con compluvio, linea centrale se campo con colmo)
2) Si ara in direzione parallela al primo passaggio
3) Si rivolta la fetta sempre verso la parte più alta del campo
4) Si procede, con i passaggi successivi al primo, verso il bordo più basso del campo

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Bisogna infatti non dimenticare che un campo che presenti un colmo o un compluvio, non è altro che
un campo costituito da due «sotto campi», ciascuno dei quali viene arato alla pari

ARATURA IN PENDENZA
ARATURA A RITTOCHINO. In collina, quando la pendenza trasversale supera gli 11°
gradi la fetta diviene instabile e la trattrice rischia il ribaltamento trasversale. Si fa
lungo la Linea Di Massima Pendenza. Si procede dall’alto verso il basso, con ritorno
in salita a vuoto (per stabilità e sicurezza). Anche in questo caso si tenterà di
rispettare la regola generale dell’aratura; infatti, spesso si procede obliquamente
rispetto alla massima pendenza
ARATURA DI TRAVERSO. Quando l’inclinazione del versante è α > 11° (circa 20%), la
fetta è instabile e subito dopo il passaggio dell’aratro tende a ritornare in posizione.
Per questo l’aratura di traverso viene spesso effettuata rovesciando la fetta a valle,
incrementando l’erodibilità del terreno. Per questo si lavora seguendo le Curve Di
Livello e secondo la regola generale dell’aratura (iniziare in alto – come da
numerazione - rovesciare verso l’alto). Il ritorno è a vuoto con aratro tradizionale,
oppure lavorando, se con l’aratro doppio.

RISCHI AGRONOMICI DELL’ARATURA


EROSIONE.
_I rischi agronomici dovuti all’aratura a rittochino consistono principalmente nell’erosione,
soprattutto dei versanti lunghi, dove le acque piovane scorrono accumulando elevata energia
cinetica e aprono solchi o «gully» che, nei casi peggiori possono divenire veri burroni.
Il fenomeno è maggiore nei versanti lunghi ed è ridotto nei versanti corti, o in quelli lunghi o che
sono «resi corti» da accorgimenti vari (muretti, siepi, ecc). Utile anche l’aratura e le successive
lavorazioni oblique al senso di massima pendenza.
_Nell’aratura di traverso l’erosione è contenuta se piove poco, mentre in caso di piogge intense e
prolungate l’acqua piovana, scorrendo nei solchi trasversali, si concentra nei compluvi, sempre
presenti nei versanti, nei quali si potranno verificare rottura di solchi in cascata e conseguente
formazione dei Canali e Canaloni Di Erosione.
Scorrimento dello strato superficiale. Lo strato arato, molto poroso, è comunque soggetto ad
erosione nei terreni in pendenza. Appesantito dall’acqua o da bosco artificiale, può scorrere sullo
strato sottostante, più compatto, franando a valle.
SUOLA DI LAVORAZIONE.
Usualmente la coppia di ruote (anteriore e posteriore) della trattrice procedono nel solco aperto in
precedenza (aratura entro solco) e ciò contribuisce alla costipazione del fondo del solco e dunque
alla formazione della suola di lavorazione. Una rassegna esaustiva dei rischio agronomici è offerta
dagli studi di Agronomia.

RISCHI PER GLI OPERATORI E PREVENZIONE


NELL’ARATURA A RITTOCHINO il rischio di impennamento si contrasta arando in discesa. Contro il
rischio di ribaltamento trasversale ispezionare con attenzione le aree di inversione di marcia.
NELL’ARATURA TRASVERSALE contro il rischio di ribaltamento laterale si evita di operare su
pendenze che si avvicinano all’angolo limite, angolo oltre il quale il baricentro della trattrice cade
all’esterno della carreggiata. Per maggiore sicurezza si utilizzano trattrici a cingoli modello
«montagna», con carreggiata larga e baricentro basso

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I DISCISSORI
I DISCISSORI sono una famiglia di macchine che operano tagli verticali nel terreno, con profondità
che possono raggiungere e superare 0,8 m, oppure limitarsi a 0,15 – 0,20 m (erpici).
Gli organi lavoranti sono BRACCI o ANCORE, rigide o flessibili, che portano punte adeguate all’azione
agronomica da svolgere
Possono essere Trainati o Portati

NOMENCLATURA
_RIPPER (to rip, squartare): pieno campo - spesso a elemento unico. E’ Operatrice per lo più a 1 – 3
elementi, utilizzata per lavorazioni in profondità. Sono macchine molto grandi
_CHISEL (scalpellare): Operatrice a più elementi, utilizzata in pieno campo per lavori in profondità
(minore del ripper). Sono macchine più piccole dei ripper
_SCARIFICATORE (to scarify, Incidere superficialmente): Operatrice a più elementi, utilizzata in pieno
campo per lavorazioni in profondità (minore del ripper)
_COLTIVATORE PESANTE: Operatrice a più elementi, utilizzata in pieno campo per lavori a media –
bassa profondità
_COLTIVATORE LEGGERO (erpici): Operatrice a più elementi, utilizzata per pieno campo per lavori
superficiali

RIPPER
Questi sono i discissori veri e propri e li
chiamiamo “RIPUNTATORE” quando
arriva in profondità, superando quella
di un aratro e superando quindi la suola
di lavorazione e rompendola
(RIPUNTATURA, coltivatori non
arrivano a tale profondità).
Hanno le punte a forma di un Coltello/Scalpello
_BRACCIO DRITTO (bracci): Per lavori in profondità (anche 1 m); con Ogiva per apertura di Canalino
Di Drenaggio. Ogni braccio è dotato di Bullone A Rottura in caso di ostacolo.
_BRACCIO RICURVO (ancora): Per p < 0,8 m. Visibile il pistone «non stop», così quando incontra un
ostacolo il pistone ritira l’organo di lavoro per poi riabbassarlo ad ostacolo superato
_BRACCIO INCLINATO: Per profondità minore delle precedenti, richiede meno sforzo di trazione.
Ogni braccio è dotato di Bullone A Rottura in caso di ostacolo.

DISCISSORI E DISTANZA FRA I BRACCI


Con la discissura si ottiene la ROTTURA DEL TERRENO, sodo o con residui colturali.
In funzione del tipo di terreno, l’amminutamento dipenderà dalla DISTANZA FRA GLI ELEMENTI, che
non dovrà mai superare la loro lunghezza.
I terreni umidi non dovranno essere lavorati, altrimenti il taglio non si richiuderà.

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COLTIVATORI
Nei coltivatori le punte SONO TRIANGOLARI (o a forma di alette) con lo
scopo di estirpare le erbe infestanti. I coltivatori sono molto efficaci quando
le infestanti sono nello stadio di plantula (le radici sono ad un profondità
superficiale) ma non quando sono ben radicate
COLTIVATORE AD ANCORE: coltivatore pesante, portato. Le punte sono
triangolari, per effetto di «coltivazione», ovvero di arieggiamento del
terreno e estirpatura delle infestanti (vanghegge triangolari)
COLTIVATORE-ESTIRPATORE (ERPICE AD ANCORE): portato, con 9 ancore,
dotate di dispositivi «non stop» a molla di acciaio, e di punte triangolari e
larghe, idonee alla estirpazione delle erbe infestanti, in pieno campo e in
arboreto. In tutti gli attrezzi con bracci o con ancore la seconda fila ha un
elemento in più rispetto alla prima.
COLTIVATORE LEGGERO: Erpice a «denti» elastici, con punte triangolari per
lavori di rifinitura del letto di semina, o per interventi di estirpatura su terreni
leggeri e corteggio floristico di scarsa consistenza, non lignificato. Il telaio è
ripiegato per il trasporto.
Come tutte le MO che effettuano lavori superficiali, può essere definito
«ERPICE». In genere, con il termine «denti» si indica un braccio verticale corto.
Non sono utilizzati per terreni pesanti e tenaci

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ERPICI FRANGIZOLLE A DISCHI


ERPICI: DEFINIZIONE GENERALE
Gli erpici sono un famiglia di macchine destinate a delle lavorazioni superficiali.
DESCRIZIONE
Gli erpici frangizolle a dischi (in realta sono porzioni di calotte sferiche) sono formati da due file, una
anteriore e una posteriore (l’aratro a dischi invece ne ha una).
TIPOLOGIE DI ERPICI
ERPICE FRANGIZOLLE A «TANDEM» (o a 4 sezioni o «a stella» o a “x”). Una fila e formata da due
sottofile. E’ un modello a 12 dischi, trainato (nella foto, è privo delle ruote). I dischi possono essere
con bordo liscio o dentellato. Importante per questa tipologia è saper variare «L’angolo di attacco»
delle quattro travi porta-dischi con l’asse da cui si ripartono queste travi, in relazione alla coesione
del terreno e al rimescolamento desiderato. Più è chiuso questo angolo, maggiore sarà il
rivoltamento del terreno. Uno degli svantaggi di questa macchina è che vi è uno spazio centrale dove
il terreno non viene lavorato e per questo viene inserita un ancora
ERPICE FRANGIZOLLE A “V” (o a Offset): la disposizione asimettrica dei dischi genera quel moto
rotante fuori campo. I dischi sono a bordo dentellato o liscio. Ha il vantaggio che ogni barra (sian
anteriore che posteriore) non è divisa in due e quindi anche lo spazio centrale viene lavorato

REGOLAZIONE E RISCHI AGRONOMICI


Negli E.F. si può regolare:
1. L’ANGOLO DI ATTACCO
2. LA PROFONDITÀ
3. LA PROFONDITÀ DI UNA FILA O DELL’ALTRA. In merito al punto 3, occorre sapere che la
regolazione ricorda quella dell’altalena a bilanciere: se si approfondisce una fila, l’altra si solleva
RISCHI AGRONOMICI
Quando si approfondisce troppo la fila anteriore, la fila posteriore, essendo stata tirata su, non
riprende il terreno spostato dalla fila anteriore. Se noi andiamo a lavorare vicino ai tronchi di un
giovane arboreto e ci andiamo ad avvicinare troppo all’albero, verrà spostato troppo terreno sul
colletto (creando poi dei marciumi in futuro) poiché non è stato ripreso dalla fila posteriore. Oppure
può succere che si creano delle conche attorno all’albero

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LE ZAPPATRICI
La zappatrice è una macchina che ha il compito di staccare e amminutare porzioni o
zoll edi terreno. Essa azionata dalla pdp (doppio giunto cardanico), con rotore che
porta numerosi utensili di lavoro. E’ una Macchina Portata (ci sono i tre punti per
l’aggancio al sollevatore idraulico)
È caratterizzata da ZAPPETTE, che spesso hanno FORMA A L.
La parte della L, liscia il terreno e forma suole di lavorazione in condizioni di umidità
elevate nel terreno
La zappatrice è caratterizzata da uno SPORTELLO che ha lo scopo di bloccare la
proiezione posteriore di terra staccatte dalle zappette del rotore (ha il senso di rotazione concorde a
quelle della trattrice) e di amminutarle facendo così
La zappette non sono applicate direttamente al rotore ma sono applicate ed imbullonate ad una
FLANGIA, un disco forato centralmente che viene trapassato e saldato al rotore.
Quindi le zappette non libere come gli utensili delle trinciatrici. Le zappette sono posizionate in
Maniera Sfasata (una sussegue l’altra) per evitare fenomeni di vibrazione e sconquasso nel terreno
CATENA CINEMATICA
Trattrice- Doppio Giunto Cardanico– Controcuffia – scatola con Coppia Conica – Albero Di
Trasmissione - Scatola Della Trasmissione (Pulegge)- Rotore
DISPOSITIVO A FRIZIONE
Il dispositivo a frizione, integrato nella estremità del giunto che si connette alla zappatrice, protegge
il motore dalle continue variazioni di resistenza riscontrate dalle zappette durante la lavorazione e
dovute dalla variabilità del terreno.

REGOLAZIONE E RISCHI AGRONOMICI


La regolazione di una zappatrici consiste nell’amminutare di più o di meno le zolle di terreno tramite
l’aumento della velocità del rotore (zolle più piccole) o un avanzamento più lento (zolle più grandi)
RISCHI AGRONOMICI
_Suola di lavorazione su terreni umidi, argillosi e limo argillosi, con zappette ad «L». Polveri su terreni
aridi.
_Formazione di polveri che, sotto l’azione delle piogge battenti, naturali o artificiali, provocano la
formazione della crosta superficiale e facilitano la formazione della suola per percolazione sino allo
strato non lavorato, del quale possono occludere i macropori. La velocità media di avanzamento della
zappatrice si colloca sul v =3, 5 m s-1
LAVORAZIONI INTERCEPPO
Sono lavorazioni che si fanno nei filari delle piante. Sono lavorazioni delicate che si devono fare su
entrambe le strisce degli interfilari. Consistono in erpicature e zappature

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MOTOZAPPATRICI E MOTOCOLTIVATORI
Il motocoltivatore e la motozappa – o motozappatrice – sono macchine semoventi, in quanto il
motore serve sia per il dislocamento, sia per l’azionamento delle operatrici montate a bordo

_Nel MOTOCOLTIVATORE le ruote sono sempre montate. La macchina operatrice (qui una
zappatrice) è applicata posteriormente, in maniera fissa (con Bulloni) e non a Bracci
Idraulici. Talvolta, altre macchine sono con applicazione anteriore (spalaneve, ecc).
Durante lavoro il conducente deve applicare con forza il suo peso sulle stegole e stringere
fortemente le manopole. Questo a lungo andare può provocare gravi disturbi alle mani.

_La MOTOZAPPA monta le ruote solo nelle fasi di trasporto. La zappatrice è montata
sotto il motore, il cui peso consente un facile approfondimento nel terreno, e le cui
vibrazioni apportano oscillazioni della profondità che impediscono la formazione della
suola di lavorazione. Queste condizioni rendono impossibile la formazione della suola di
lavorazione, tipica delle zappatrici portate dalle trattrici e, in misura minore, delle
zappatrici applicate al motocoltivatore

SARCHIATURA
La Sarchiatura è una lavorazione del terreno condotta in
presenza delle colture. Consiste nell’eliminare le piante
infestanti. Le sarchiatrici si distinguono per la capacità di
variare l’interfila.
Qui è effettuata con coltivatore ad ancore e con una trattrice
la cui carreggiata è variabile, al fine di posizionare le ruote nelle
corsie fra le file. Particolare essenziale per le coltivazioni da
sarchiare, è la scelta di interfile in grado di consentire il
passaggio della trattrice e delle operatrici.

RULLI (non ha spiegato)


I rulli sono costituiti da CILINDRI, talvolta riempiti con
acqua, trainati o portata dalla trattrice.
_La rullatura fra le Lavorazioni Complementari
(Presemina) ha lo scopo di compattare il terreno soffice
per impedire che con successivi assestamenti i piccoli
semi (seminati superficialmente) affiorino in superficie.
_Se in Lavorazione Consecutiva (Post-Semina), il leggero
compattamento fa aderire le zolle al seme. Nonostante
alcune denominazioni commerciali, rompono le zolle solo
marginalmente, ma livellando il suolo «le fanno sparire».

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LE MACCHINE SPANDICONCIME
CLASSIFICAZIONE. Le macchine spandiconcime distribuiscono sul terreno concime e/o fertilizzanti
chimici A SPAGLIO; in caso di letame o liquami vengono denominate SPANDILETAME o
SPANDILIQUAME. Hanno le TRAMOGGE TRONCO-CONICHE
Il tipo di concime chimico può essere GRANULARE o POLVERULENTO
LE TIPOLOGIE DI SPANDICONCIME (Si distinguono in base all’organo distributore)

_TUBO OSCILLANTE: sono delle macchine trainate e portate, azionate dalla Pdp e il
quale tubo termina con un DIFFUSORE. La gittata di lancio dipende dalla lunghezza
del tubo oscillante. Sono macchine caratterizzate da un rialzo. Sono dotate di una
LEVE che apre e chiudono delle LUCI DI EFFLUSSO situati tra il fondo della tramoggia e
il tubo oscillante. Al fondo della tramoggia vi è l’AGITATORE che rompe degli
agglomerati di concime

_PIATTO ROTANTE: sono delle macchine trainate e portate. Questi piatti rotanti sono
caratterizzati da regolatori la qui quantità da distribuire può essere regolata
mediante leve

_DISPOSITIVI SPECIALI: Sia per spandiletame che per spandiconcime sono disponibili
dispositivi speciali, per interrare i concimi, per localizzarli in aree del filare, per
spanderli asimmetricamente, eccetera

SPANDILETAME
È una macchina operatrice (trainata e portata) dotata di una vasca di grande
capacità, con fondo mobile e con i distributori che sono COLONNE ROTANTI
dotate di MANINE che afferrano il letame che viene da dietro e lo lanciano.

Vi sono SPANDILETAME AUTOCARICANTI molto particolari: Questi spandiletame vanno verso il


cumulo tenendo alzati i distributori, poi questi vengono abbassati. Una PIASTRA
spinge lentamente il cumulo mentre le colonnine ruotano (per effetto di pompe
idrauliche) lanciando il letame. La capacità del serbatoio è ridotta (1 mc circa); ma,
essendo autocaricante, nel cantiere non è prevista la motopala per caricare la vasca.
Il tempo di svuotamento non supera i 2 min

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MACCHINE PNEUMOFORE (VENTILATORI)


Le macchine che generano flussi di aria, vapori, gas sono dette PNEUMOFORE e fra queste vi sono
VENTILATORI e compressori utilizzati in agricoltura, che spostano il fluido (l’aria) contro GRADIENTE
DI PRESSIONE (il vento naturale avviene per differenza di pressione tra una parte alta e una bassa)
I ventilatori sono accomunati dal fatto che hanno l’obiettivo di distribuire il fitofarmaco in soluzione
acquosa (sotto forma di gocce) o agevolano la penetrazione delle gocce d’acqua nelle piante.

VENTILATORE ELICOIDALE
Dotato di ELICHE che prendono il flusso di aria da dietro e lo mandano avanti.
Queste vengono utilizzate molto nelle irroratrici. Questo viene detto anche
VENTILATORE ASSIALE, poiché il flusso d’aria generato dall’elica ha un
movimento parallelo all’asse di rotazione (da dietro in avanti)
Viene montato posteriormente alle macchine irroratrici.
L’ELICA è rivestita da una GRIGLIA DI PROTEZIONE
La corrente d’aria generata dall’elica ha direzione parallela all’asse di rotazione del ventilatore (la
prende dietro e la manda in avanti), oltrepassato il quale incontra il SERBATOIO dell’irroratrice.
Questo funge da DEFLETTORE (può esserci anche quello autentico) che devia lateramente l’aria
verso le piante poste a lato.
La Miscela Acqua-Fitofarmaco viene erogata da UGELLI, erogatori messi in una griglia (da cui esce il
flusso che è andato a sbattere contro il serbatoio) posta tra la griglia di protezione e il serbatorio che
permetto poi la distribuzione della miscela sottoforma di nube
Il ventilatore assiale genera un FLUSSO DI ELEVATA MASSA della corrente d’aria (50.000 m3 ℎ −1 ),
anche se A BASSA VELOCITÀ (50 m 𝑠 −1 ).
La massa elevata garantisce una migliore penetrazione del flusso nel fogliame, poiché sposta l’aria
contenuta nelle pianta e riesce a distribuire il fitofarmaco sia nella pagina superiore che inferiore.
La rotazione del ventilatore assiale genera dissimmetrie nel flusso (vi sono parti lanciate troppo in
alto o troppo in basso) e per questo vengono utilizzati dei RADDRIZZATORI, che intercettano il flusso
d’aria ma che modificandone la direzione al contempo ne riducono l’energia (e quindi la capacità di
andare lontano)
Il ventilatore assiale è reputato il cuore dell’irroratrice che lo porta.
La massia d’aria spostata è ciò che determina la penetrazione
VENTILATORE CENTRIFUGO (RADIALE)
L’aria – mossa da una GIRANTE (non la vediamo) contenuta nella CARCASSA –
viene aspirata frontalemente da un FORO DI ASPIRAZIONE ed espulsa
radialmente grazie alla forza centrifuga della girante in un TUBO DI MANDATA (e
non da un deflettore).
Detto anche radiale perché il flusso d’aria fuoriesce radialmente.
La corrente d’aria è ad alta velocità (150 m s−1 ) ma a bassa massa (10.000 m s−1). Quindi, appena
uscita trova la massa d’aria ferma che oppone resistenza e quindi la penetrazione è ridotta perché la
massa del flusso non riesce a spostarla. Possono essere di grandi dimensioni oppure o a macchina
spallabile.
VENTILATORE TANGENZIALE
È una colonna verticale (TAMBURO), al cui interno vi è un altro tubo, che è rotante
(TAMBURO ROTANTE) con delle ALETTE, che prende aria da una fessura è la manda ad

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un'altra fessura. Si genera un flusso dell’aria definito tangenziale, poiché fuoriesce in direzione
tangenziale al tamburo rotante

MACCHINE PER LA DIFESA DELLE COLTURE


COMPITI DELLE MACCHINE PER LA DIFESA. Alle Macchine per la difesa delle colture è affidato un
compito estremamente importante, quello della salvaguardia delle produzioni dai patogeni.
Esse possono essere impiegate anche per la concimazione delle piante, attraverso irrorazioni della
chioma. La corretta difesa ha effetti decisivi sull’economia aziendale e sulla tutela delle produzioni
alimentari.
Tuttavia, le macchine per la difesa raggiungono questo obiettivo rilasciando nell’ambiente sostanze
estranee, con effetti che possono essere assai nefasti per inquinamenti e contaminazioni qualora
non ci comprendano a fondo le modalità di funzionamento e non si sappiano scegliere e utilizzare in
ragione degli obiettivi da raggiungere e delle condizioni ambientali.

RICONOSCERE e CLASSIFICARE le macchine per la difesa sono i necessari presupposti per


comprenderne il funzionamento delle diverse condizioni ambientali di uso, esaltarne efficacacio,
diminuire i rischi d’uso per gli alimenti e per l’ambiente per le persone e conseguire i risparmi della
quantità di fitofarmaci utilizzata per i trattamenti.

CLASSIFICAZIONE DELLE MACCHINE PER LA


DIFESA DELLE COLTURE
IN BASE ALLO STATO FISICO CHE IL PRODOTTO HA O ASSUME AL MOMENTO DEL
RILASCIO NELL’AMBIENTE
STATO FISICO MACCHINE
SOLIDO
Polvere Impolveratrici
Granuli Spandigranuli, Microgranulatrici
LIQUIDO
Aeriforme Fumigatrici
Con Polverizzazione Irroratrici, Termonebulizzatrici, Macchine per aerosol

Senza Polverizzazione per Barre umettanti


Contatto
Senza polverizzazione, per Barre gocciolanti
gocciolamento

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IRRORATRICI
Sono di molte e diverse tipologie ma hanno tutte in comune il SERBATOIO
Spesso molto irroratrici vengono chiamati con termini tipo Atomizzatori, Nubulizzatori,
Turboirroratrici ecc. dove la differenza terminologica è minima se non data per esclusivi fini
commerciali e questo genera molte confusione dove spesso due irroratrici totalmente diverse
vengono chiamate con lo stesso nome. Per evitare di cadere in tali errori bisogna in primis conoscere
le caratteristiche di una irroratrice

PARAMETRI PER LA REGOLAZIONE DELL’IRRORAZIONE


l
VOLUME UNITARIO: quantita da distribuire ad un ettaro di superficie “Q”=
ha

l
PORTATA ALLA BARRA: la barra è un tubo in cui scorre il liquido “q”=
min

VELOCITA’ DI AVANZAMENTO “v”: km/h

LARGHEZZA EFFETTIVA DI LAVORO “b”= m

Se io voglio distribuire una certa quantità di litri ad ettaro e poi aumento la velocità non darò mai la
quantità che voglio (ne darò di meno) e viceversa. Per questo esiste un equazione che mi permette di
dare una quantità precisa di litri al minuto in relazione alla velocita e alla larghezza effettiva di
lavoro.
Qx v x b 600 x q
q= 600  Q= v x b

COMPONENTI DELLE IRRORATRICI


Abbiamo un TELAIO, sostenuto da ruote nei modelli trainati, che porta:
_SERBATOIO: è il contenitore del fitofarmaco nelle irroratrici. Sono fatti in Polietilene – vetroresina –
acciaio (raro). Ci possono essere Serbatoi accessori come lavamani (min 15 L) – lavacircuiti (10% del
serbatoio principale) – premiscelazione (del fitofarmaco, con lavaggio dei contenitori - facoltativo).
_FILTRI e APPARATI DI CONTROLLO E DI REGOLAZIONE: sono rispettivamente un Manometro ed un
Regolatore Di Pressione (poiché il liquido viene messo in pressione)
_APPARATO DI DISTRIBUZIONE: è costituito da una BARRA, ossia dei tubo chiuso dove arriva il
liquido in pressione mandato da una pompa, che esce da EROGATORI

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SCHEMA DI BASE E FUNZIONAMENTO


IRRORATRICI A POLVERIZZAZIONE IDRAULICA
_In questo caso gli erogatori sono gli UGELLI
_Sono caratterizzate da un SERBATOIO, dove in alto vi è un
Portello dal quale si fa entrare l’acqua. Esso ha un capienza che
va da 200 ai 1000 l (in arboricoltura).
_Dal serbatoio viene prelevato il liquido, miscelato con il
fitofarmaco, da una POMPA che può essere a media o alta
pressione (5 – 50 bar), e fa passare il liquido per l’apparato di
regolazione e controllo (REGOLATORE DI PRESSIONE e il
MANOMETRO che mi dici se la pressione è quella che desidero).
_Questo liquido viene ripartito; una parte torna nel serbatoio (perché così tiene la miscela agitata)
mente l’altra raggiunge l’apparato di erogazione (BARRA e UGELLI).
_In tutto il sistema vi sono FILTRI variamente dislocati e che devono essere puliti costantemente; per
esempio vi è uno grossolano nel serbatoio oppure ce ne sono altri nei punti di erogazione.
IRRORATRICI CON PORTATA COSTANTE. Le comuni irroratrici funzionano con portata alla
barra costante. Pertanto, la velocità di avanzamento (e la pressione di esercizio) dovranno
essere mantenute costanti durante il lavoro, in quanto se la velocità di avanzamento
aumenta, o diminuisce, sul terreno verrà rilasciato meno (velocità aumenta), o più (velocità si
abbassa), fitofarmaco del voluto. C’è un dispositivo che permette di mantere costante la
portata alla barra anche se io aumento o abbasso la velocità
IRRORATRICI A POLVERIZZAZIONE PNEUMATICA
Nelle irroratrici a polverizzazione pneumatica lo schema è simile, ma
la POMPA è a media o bassa pressione, l’apparato di erogazione è
costituito da BARRA che non porta ugelli, ma erogatori di varia
forma (nella figura, un TUBO VENTURI).
In questo tipo di irroratrice ci deve essere obbligatoriamente
presente un VENTILATORE RADIALE perché muove aria ad alta
velocità che investe il FILO LIQUIDO (es. quello del rubinetto)
presente all’interno del tubo venturi (di preciso dove c’è una
strozzatura) e lo polverizza.
Il Ventilatore Assiale non può essere usato perché spinge il fluido a bassa velocità
IRRORATRICI SENZA POLVERIZZAZIONI
_Tra queste abbiamo BARRE A SPAZZOLE,
ossia Spazzoloni con Setole particolare
(plastico) che spazzolano il tappeto di piante
infestanti. In questo caso non c’è il rischio
che le gocce vengono catturate e trasportate
dal vento. Queste macchine non è facile
utilizzarle perché se si imbrattano di polvere
non si possono più utilizzare
_Poi abbiamo le BARRE GOCCIOLANTI: sono
barre che mandano un velo di gocce grosse
_Poi ci sono le BARRE CON ELEMENTI
UMETTANTI: sono cilindri ovatatti che si

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imbevono di fitofarmaci collegati con la barra dove scorre l’acqua e da questi viene rilasciata la
miscela
Queste sono macchine per Diserbo selettivo per Posizione

CLASSIFICAZIONE DELLE IRRORATRICI CON


POLVERIZZAZIONE DEL LIQUIDO
1 - In base al SISTEMA DI DISLOCAZIONE
2 - In base alla MODALITÀ DI POLVERIZZAZIONE DEL GETTO: Pneumatica e Idraulica
3 - In base al VOLUME UNITARIO (L/ha): la quantita d’acqua è direttamente proporzionale alla
dimensione delle gocce
4 - in base alle MODALITÀ DI TRASPORTO DEL GETTO AL BERSAGLIO
5 - In base all’AMBIENTE DI DESTINAZIONE: pieno campo, arboreto ecc.

1. IN BASE AL SISTEMA DI DISLOCAZIONE


_ PORTATILI, che si dividomo in Spallabili e Carrellate
_ SEMOVENTI
_ TRAINATE e PORTATE
_ AEROTRASPORTATE

2. IN BASE AL TIPO DI POLVERIZZAZIONE


• IDRAULICA (con ugelli): L’UGELLO è una Scatolina con un Foro di uscita dalla dimensione di
0,6 - 2,2 mm. Il liquido, messo in pressione da una Pompa, esce dal foro dell’ugello e a
contatto con l’aria a pressione atmosferica si polverizza.
L’energia Cinetica (generata da un liquido messo in pressione dalla pompa)
contenuta nelle gocce, le proietta fino al bersaglio.
Le gocce hanno un diametro tra 250-350 um
• PNEUMATICA (con piastrine o tubi venturi): Il filo liquido viene rilasciato a
bassa pressione su PIASTRINE oppure all’interno di un TUBO VENTURI (il filo
liquido arriva attraverso un tubicino) e polverizzato dalla corrente d’aria ad alta
velocità. Le gocce hanno un diametro di 150-200 um
• CENTRIFUGA (con dispositivi roranti): Il filo liquido viene rilasciato a bassissima pressione,
attraverso un tubicino, su PIATTO ROTANTE con Bordo Dentellato (5000 – 18000 giri min-1 ) e
lanciato verso l’esterno. Il SERBATOIO è uno zaino che ci portiamo ed è per questo che il filo
liquido è a bassissima pressione. Le gocce hanno diametro inferiore ai 100 um
• TERMICA:. Sono caratterizati da un MOTORE che viene acceso ed i gas combusti che ne
scaturiscono generano il calore, vengono mandati insieme al filo liquido che viene
vaporizzato mediante alte temperature generate dal calore dei gas combusti.

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3. IN BASE AL VOLUME UNITARIO


Il VOLUME UNITARIO è il volume di fitofarmaco distribuito sull’unità di superfice (L/ha-1 ).
Segue tabella con valori indicativi.

Esempio – Valori indicativi per agrumeto «mediterraneo» (h < 4,5 m).


Volume normale: 2000 L ha-1 ; Basso volume: 800 L ha-1
Valori indicativi per diserbo su terreno nudo:
Volume normale: 350 L ha-1 (fino a 600 L ha-1 su terreni zollosi) - Basso volume: 50 L ha-1
Perché in un terreno zolloso devo aumentare la quantità di miscela?
Perché la superficie di contatto è maggiore dato che ci sono zolle nel terreno ed inoltre
bisogna far entrare più acqua all’interno della zolla.
I VOLUMI NORMALI sono volumi che vengono irrorati dalle irroratrici a polverizzazione idraulica.

RELAZIONE DIAMETRO GOCCE- VOLUME UNITARIO


Quando dobbiamo fare un trattamento fitosanitario, dobbiamo fare in modo che la superficie della
foglia sia completamente coperta (o bagnata) e dobbiamo utilizzare
goccioline molto molto piccole perché quelle grandi, per via di forze
di coesione tra le varie molecole, tendono a non ricoprire
completamente l’area.
Se invece prendiamo una goccia grande (1 mm) ma la eroghiamo in
tantissime goccioline, queste aderiranno per tensione sulla
superficie fogliare coprendola (o bagnandola) completamente.
Ne consegue che per coprire una superficie (es: un ettaro di
vegetazione) con gocce di piccolo diametro, basterà un volume
ridotto
Il diametro dipende dall’erogatore. Dunque, occorre per primissima
cosa comprendere quale tipo di erogatore è in dotazione di una irroratrice.
Solo dopo l’irroratrice potrà essere riconosciuta, classificata e indirizzata correttamente verso il
proprio ambiente di lavoro
La dimensione delle gocce è un punto fontamentale
Quando le gocce si vedono dal nostro erogatore, vuol dire che l’erogatore è problematico. Infatti
anche dimensioni di mezzo millimetro sono ritenute grandi dimensioni.
VALORI
POLVERIZZAZIONE IDRAULICA OTTIMALE: D = 250 -350 µm = V normale
POLVERIZZAZIONE PNEUMATICA: D < 150 µm = volume ridotto
POLVERIZZAZIONE CENTRIFUGA: D < 100 µm – ultra basso volume

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TIPOLOGIE DI EROGATORI
UGELLI o EROGATORI A VOLUME NORMALE
Sono dispositivi ad alta tecnologia (dentro ci sono piastrine, filtrini ecc con materiali di qualità), con
FORI DI EFFLUSSO di dimensioni fra 0,8 e 2.2 mm. Quando abbiamo degli ugelli di scarsa qualità o
comunque abbastanza usurati, da essi ne usciranno gocce di diametro superiore (e non più volume
normale) di 350 um.
Essi possono essere:
A CONO: la proiezione delle gocce da parte dell’ugello rappresenta una forma a cono
A CONO VUOTO: la proiezione della gocce è un cono largo che è forato al centro
Gli ugelli a cono vengono detti a turbulenza perché le gocce talmente piccole che
quando vengono scagliate seguono, non solo un movimento balistico ma anche
turbolento. Questo moto turbolento è efficace per far penetrare le gocce nelle chiome fitte.
Per questo vengono spesso usati negli arboreti
Nelle barre orizzontali per seminativi noi troviamo:
_UGELLI A VENTAGLIO: creano un getto piatto, con poco spessore. Gli ugelli sono
messi a distanza tale (circa 50 cm) che le proiezioni delle gocce si devono
incrociare. Importante è anche la quota (50 cm)
_UGELLI A SPECCHIO: stessa cosa di quello a ventaglio ma con gocce più grandi
_UGELLI A VENTAGLIO PIENO: vengono utilizzati su striscie di terreno e dunque
senza incrocio con il getto dell’ugello più vicino
Qualsiasi ugello può essere chiuso ruotandolo di 180°
EROGATORI A BASSO E BASSISSIMO VOLUME UNITARIO
_EROGATORE CENTRIFUGO (con rilascio del filo liquido su piatto rotante). Va utilizzato
manualmente, in quanto le vibrazioni rendono complesso l’uso su barre orizzontali.
_EROGATORE A TUBO VENTURI, con filo liquido rilasciato in corrente d’aria ad alta velocità
(prodotta da ventilatore radiale)
_EROGATORE CON RILASCIO DEL FILO LIQUIDO SU PIASTRINE in corrente d’aria ad alta velocità
(prodotto da ventilatore radiale)

4. IN BASE ALLE MODALITÀ DI TRASPORTO DEL GETTO AL


BERSAGLIO
A GETTO PROIETTATO. Le gocce uscendo dagli ugelli vengono proiettate verso il bersaglio
dall’energia cinetica conferita dalla pompa. Noi otteniamo questo tipo di getto con qualsiasi tipo di
ugello ed è tipico della Polverizzazione Idraulica. Il ventilatore è non presente o disattivato
A GETTO PROIETTATO E PORTATO. Oltre che proiettate, le gocce sono anche portate dalla corrente
d’aria. Questa agita le foglie e sposta l’aria contenuta nella chioma migliorando il deposito sulla
pagina inferiore e la penetrazione all’interno. Noi otteniamo questo tipo di getto con qualsiasi tipo di
ugello ed è tipico della Polverizzazione Idraulica. Viene utilizzato qualsiasi tipo di ventilatore, in
particolare viene usato quello Assiale per la maggiore massa d’aria.

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A GETTO PORTATO. Le gocce uscendo dagli erogatori vengono portate dalla corrente d’aria verso il
bersaglio. Non vengono usati gli ugelli ma altri erogatori e viene utilizzato il ventilatore radiale.
Infatti questo getto è tipico delle irroratrici a Polverizzazione pneumatica
5. IN BASE ALL’AMBIENTE DI DESTINAZIONE
• Irroratrici per colture erbacee, ortive ed arbustive: con barre orizzontali o ugelli speciali
• Irroratrici per colture arboree: con barre ad arco (h<3,3), barre verticale (h>3,3) o a barre
multifilare
EFFETTI CONNESSI AI DIAMETRI DELLE GOCCE
D < 100 µm – Le gocce di piccolo diametro sono preda di due fenomeni:
 DERIVA: a causa delle correnti d’aria e possono allontanarsi di grandi distanze dal punto di
erogazione. La deriva provoca inquinamenti anche a grande distanza,
 EVAPORAZIONE: in ambienti secchi possono evaporare prima di raggiungere il bersaglio (la
chioma). L’evaporazione inquina in prossimità della chioma
D = 500 µm – Le gocce di grande diametro (quelle con D prossimo a mezzo millimetro) danno luogo
a:
 RUSCELLAMENTO: caduta dalla vegetazione sul terreno sottostante. il ruscellamento inquina in
prossimità della chioma
 COALESCENZA: più gocce si spostano sulla foglia e si riuniscono in una di maggiore volume
(coalescenza). La coalescenza, in seguito alla evaporazione della frazione acquosa del fitofarmaco,
potrà provocare ustioni o altri danni alle foglie e ai frutti.

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CONTROLLO - REGOLAZIONE - TARATURA DELLE


IRRORATRICI
Il CONTROLLO FUNZIONALE, la REGOLAZIONE e la TARATURA (sequenza giusta) delle macchine
irroratrici sono procedure che hanno l’obiettivo di Aumentare L’efficacia Della Distribuzione dei
fitofarmaci e la Sicurezza Per Gli Operatori e, contemporaneamente, di diminuire i Rischi Di
Contaminazione del prodotto e di Inquinamento Dell’ambiente.
CONTROLLO FUNZIONALE
Riguarda i controlli delle componenti delle irroratrici. Questi controlli devono essere svolti con una
PERIODICITÀ di 5 anni dall’acquisto (2 se utilizzate da contoterzisti, intensamente).
I controlli devono essere svolti da CENTRI AUTORIZZATI REGIONALI e al superamento si ottiene il
rilascio dell’ATTESTATO FINALE
Esiste un PROTOCOLLO DI PROVA che prende in considerazione le singole componenti
dell’irroratrice (pompa erogatori)
REGOLAZIONE
La regolazione delle irroratrici consiste nell’armonizzare reciprocamente i parametri dell’irrorazione
in modo da distribuire la quantità di fitofarmaco sul bersaglio costituito dal terreno nudo o dalle
colture, sia erbacee sia arboree.
l
VOLUME UNITARIO“Q”=
ha
l
PORTATA ALLA BARRA “q”=
min
VELOCITA’ DI AVANZAMENTO “v”: km/h
LARGHEZZA EFFETTIVA DI LAVORO “b”= m
Relazione fra i parametri del trattamento
Qx v x b 600 x q
q= 600  Q= v x b (il volume unitario è la variabile su cui facciamo le regolazioni)
Esempio. Per un trattamento in agrumeto ad una infestazione di media entità di saissetia oleae
(mezzo gran di pepe), con una irroratrice A Getto Proiettato (dunque con polverizzazione idraulica) e
Portato (con ventilatore assiale) si vogliono distribuire circa 2.000 L ha -1 .
Consultando la TABELLA DELLE PROVE una tantum, si rileva una portata alla barra L = 55 min -1 ; si
sceglie una velocità di avanzamento pari a 3,8 km -1 , corrispondente alla settima marcia.
Il trattamento avverrà con un solo passaggio nell’interfila, larga 5 m.
Poiché il risultato è lontano da quello voluto, si prosegue per Reiterazione: ferma restando la
larghezza del trattamento – b - , i parametri v e q verranno inseriti nella formula fino a che il risultato
Q sia quello voluto (Iterazione)
600 x q 600 x 55
Q= v x b Q= 3,8 x 5 = 1.737
Aumentando la portata q a 60 L min -1 e utilizzando una marcia più bassa, la velocità si riduce a 3,6
km h -1 e (curando che la portata rimanga invariata) si otterranno i 2000 L ha -1 prefissati
TARATURA
La taratura consiste in una “Fine Regolazione” ovvero in un accurato
adattamento fra la configurazione dell’irroratrice in relazione alla coltura, al
momento fenologico, allo sviluppo, all’agrofarmaco, alla macchina,
all’obiettivo (patogeno o altro). Alcuni esempi di taratura

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Poiché la regolazione consiste nella impostazione della irroratrice affinché possa erogare il
volume unitario di uno specifico trattamento – Q – non è scorretto considerare la regolazione
come il primo step della taratura vera e propria

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