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PRIMA PARTE
VELOCITÀ (v)
DEFINIZIONE. La velocità media è il rapporto fra uno spazio ed il tempo impiegato a percorrerlo:
Se un veicolo compie un tragitto, per quante volte la velocità istantanea possa variare durante il
viaggio, la velocità media sarà sempre pari al rapporto fra la lunghezza del percorso e il tempo
impiegato (es: differenza fra l’orario di arrivo e quello di partenza). Nel Sistema Tecnico la velocità si
indica spesso in chilometri orari ( v = km/ h , o km h-1).
CONVERSIONI. Per convertire la velocità da m s-1 a km h-1 occorre moltiplicare la misura in metri su
secondo per il fattore 3,6. Ovviamente, per passare da km h-1 a m s-1 sarà necessario dividere.
DIMOSTRAZIONE. Per operare la conversione occorre innanzitutto considerare che 1 km = 1000 m e
che 1 h = 3600 s. Quindi per convertire in chilometri una misura espressa in metri occorre dividerla
per 1000 m/km e per convertire in secondi una misura espressa in ore si dovrà dividere la prima per
3600 s/h.
Ecco un esempio di conversione di una lunghezza da metri a chilometri:
Le due conversioni considerate come a sé stanti non bastano a chiarire il concetto. Infatti, è solo
riunendole che si comprende perché occorre utilizzare il fattore 3,6 per convertire reciprocamente le
velocità da metri al secondo a chilometri orari e viceversa, e quando bisogna utilizzarlo come
moltiplicatore o come divisore:
Dunque, per convertire una velocità da metri al secondo in chilometri orari, la prima dovrà essere
moltiplicata per 3,6. Per convertire i chilometri orari in metri al secondo, si dovrà utilizzare 3,6 come
divisore della velocità in chilometri orari.
Esempi numerici: 5 m s-1 ∙ 3,6 = 18 km h-1 ; 15 km h-1 ∙ 3,6-1 = 4,16 m s-1
In contraddizione parziale con l’obbligo di utilizzare le unità di misura del S.I. si suggerisce di adottare
nella pratica, ma non in caso di relazioni scientifiche o tecniche raffinate, unità di misura coerenti con
l’operazione che si sta descrivendo, anche se non previste dal S.I.. Pertanto, per indicare la velocità
assai ridotta di una scavafossi a catena, utilizzata per interrare condotte idriche a profondità
raramente superiori al metro, sarà comodo esprimere la velocità di scavo in m/min.
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ACCELERAZIONE (a)
DEFINIZIONE. È la variazione di velocità in grandezza o in direzione nell’unità di tempo. Nel moto
uniformemente accelerato l’accelerazione è costante. Nel caso della caduta dei gravi:
la misura di un angolo si esprime in gradi oppure in radianti; la misura di un angolo espressa come
rapporto fra arco e raggio (due lunghezze) sarà in radianti (rad).
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RADIANTE (rad)
DEFINIZIONE. Dicesi radiante (rad) l’angolo al centro α sotteso all’arco di lunghezza pari al raggio. Il
radiante è un angolo al centro α pari a 57° 17’ 44,8”.
PERIODO (T)
DEFINIZIONE. Il periodo (T) è il tempo impiegato da un punto in movimento per compiere un ciclo
completo del movimento. Nel caso del pendolo, T è il tempo di una oscillazione completa; riguardo
ad un pianeta, T è il tempo di una orbita completa, con riferimento ad una circonferenza T
corrisponde al tempo che impiega un punto a percorrere la circonferenza tornando al punto di
partenza.
FREQUENZA.
La frequenza ƒ esprime il numero di giri al secondo: ƒ = giri/s e si misura in Hertz [Hz].
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Poiché il rapporto fra l’arco, che è una lunghezza, e il tempo t esprime una velocità, si ottiene:
Questa relazione deve essere utilizzata per convertire con precisione e in modo reciproco la velocità
di rotazione espressa in rad/ s(ω) e n (giri/ min), inoltre essa dimostra che può essere facilmente
effettuata una conversione velocemente (quando non è necessaria grande precisione, come nei
calcoli in campo o in cantiere) poiché il rapporto fra ω e n risulta essere pari a circa 1:10 ovvero:
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ESEMPIO. L’albero della presa di potenza normalizzata di una trattrice ruota alla velocità di circa 540
n, ovvero ω 54.
Laddove occorra precisione, ricorrendo all’espressione già conosciuta sarà pari a:
Qualora si intenda conoscere la velocità di rotazione in giri min-1, essendo noto il valore della velocità
in rad s-1 , a formula per risolvere il quesito sarà:
CONVERSIONI. Tenendo conto degli esempi appena svolti, calcolare le seguenti conversioni:
1. Converti 190 rad s -1 in giri min-1 (R. = 1815,28).
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DEFINIZIONE. Il chilogrammo forza kgf è l’unità di misura della forza nel S.T. e corrisponde alla forza
in grado di conferire al corpo di massa unitaria accelerazione pari all’accelerazione di gravità:
1kgf = 1kgm x 9,8 m/s2
che per la nota correttezza formale nella scrittura diviene:
CONVERSIONI FRA N E kgf. Come appena visto, sappiamo che: 1 kgf = 9,8 kgm ∙ m/s2.
Inoltre, siamo a conoscenza che: 1 N = 1 kgm ∙ 1 m/s2.
Ne conseguirà che: 1 kgf = 9,8 N.
Da quanto espresso sopra ricaveremo: 1 N = 1/ 9,8 kgf = 0,102 kgf
PERCHÉ TALVOLTA SI UTILIZZA IL daN A POSTO DEL kgf? Come sappiamo, per esprimere
correttamente il peso di un corpo si dovrebbe utilizzare il newton [N] o un multiplo in ragione 1000
(es: kN, MN, ecc). In Meccanica Agraria esprimere il peso di un corpo nelle unità del Sistema
Internazionale può risultare cosa ancora complessa e poco familiare per gli utenti. Per esempio, il
peso di una macchina agricola pari a 400 kgf, - secondo il S.T. al quale molti sono ancora abituati –
con le unità di misura del S.I. diviene pari a 3920 N, oppure pari a 3,920 kN. Ma anche a circa 400 daN
Ecco perché, talvolta, nei cataloghi di macchine agricole il peso delle macchine è in daN: perché –
accontentandosi di una buona approssimazione - rimane lo stesso numero che esprime il peso in kgf
e questo da una parte aiuta la comprensione degli utenti, dall’altra consente all’editore del catalogo
di abbandonare il S.T., anche se l’unità “daN” è “irregolare”. Come vedremo poco più avanti, un’altra
strada adottata nei cataloghi è quella di dismettere l’uso del peso [kgf] e sostituirlo con il valore della
massa, espresso in kg sia nel S.T. che nel S.I., invece di ricorrere alle corrette (ma non ancora diffuse)
unità del S.T. appena viste (N, kN o MN) o al daN, unità il cui valore risulta di facile comprensione (pur
essendo non corretta in quanto non multiplo del N in base mille).
CONVERSIONI. Tenendo conto degli esempi appena svolti, calcolare le seguenti:
1. Convertire 70 kgf in N.
2. Convertire 890 N in kgf.
VALORE DELLA MASSA (NEL SI) E DEL PESO (NEL ST) DI UN CORPO
Una volta acquisito che massa e peso di un corpo sono delle grandezze molto differenti fra loro,
seppure legate dal secondo principio della Dinamica, è molto utile notare che il valore della massa di
un corpo nel SI e il valore del peso della stesso corpo nel ST (supposta l'accelerazione di gravità pari a
9,80665 m/s2 ) sono espressi dallo stesso numero. Si tratta di valori eguali ma – lo ripetiamo - di
grandezze differenti di sistemi di unità di misura diversi fra loro (SI e ST).
Ne consegue che nelle condizioni di accelerazione di gravità sopra evidenziate e, pertanto, solo sulla
Terra un corpo di massa, poniamo, pari a 70 kgm (SI) peserà 70 kgf (ST). Si può comprendere come ai
fini pratici tale coincidenza sia utile. Infatti, per trovare la massa di un corpo sulla Terra sarà
sufficiente pesarlo su una bilancia e il valore numerico trovato esprimerà contemporaneamente sia il
peso, in kgf, che la massa di quel corpo, in kg.
Per questo, in un numero crescente di utilizzazioni, quali i cataloghi delle macchine, si dismette l’uso
del peso [kgf, N, kN, daN, ecc) e lo sostituisce con il valore della massa, espresso in kg sia nel S.T. che
nel S.I..
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PRESSIONE
Definizione. La pressione è data dal rapporto fra una forza e la superficie del corpo su cui detta forza
agisce:
H= F/As
UNITÀ DI MISURA. Nel S. I., ove F è espressa in N e As in m2, la pressione si esprime in Pascal (Pa).
DEFINIZIONE DI PASCAL: 1 Pa è la pressione esercitata dalla forza di 1 N su una superficie estesa 1
m2.
1 Pa = 1 N / m2
kgf
Nel S.T. la pressione è espressa in bar [ ]. Anche se appartenente al S.T., il bar è tollerato, quindi
cm2
si può utilizzare senza incorrere in errore, purché venga riferito ai fluidi (acqua, aria, ecc.); non si può
usare nel caso di pressione esercitata dai solidi.
RELAZIONE FRA Pa E bar
Ricordando che 1 N ≈ 0,102 kgf (ST), si ha che:
Eliminando la virgola, il che si ottiene moltiplicando numeratore e denominatore per 10, si avrà:
kgf
Dunque, il Pa è centomila volte più piccolo del bar (si esprime in bar= .) Utilizzando gli esponenti,
cm2
scriveremo:
1 Pa = 0,102 kgp ∙ 10-4 cm2 = 0,0000102 bar = 1∙10-5 bar
Da quanto sopra consegue che: 1 kPa = 1∙10-2 bar
Concludendo: 1 bar è uguale a 100.000 Pa, a 100 kPa, a 0,1 Mpa; 1 Mpa = 10 bar
Nella pratica, è utile ricordare che 1 bar equivale a 100 kPa.
Nel gergo tecnico possono incontrarsi frequentemente altre unità di misura della pressione. Infatti,
questa può essere riferita alla pressione esercitata dall'aria su un corpo (p atmosferica). Il suo valore
a livello del mare è assunto ad unità e viene chiamato atmosfera (atm). Questo valore viene riferito al
peso di una colonna di mercurio o di acqua e perciò si instaurano le seguenti relazioni:
1 atm = 760 mm Hg = 10,33 m (H20) = 1,033 kgf · cm2.
La pressione atmosferica normale o standard è quella misurata alla latitudine di 45°, al livello del
mare e ad una temperatura di 15° C. Essa corrisponde ad una colonna di mercurio di 760 mm o a una
colonna d’acqua pari a 10,33 m. Nelle previsioni meteo, viene correntemente utilizzato il millibar
(millesima parte del bar). La pressione atmosferica è fatta pari a 1013,25 mbar.
Può essere utile sapere che qualora si voglia esprimere la pressione atmosferica ricorrendo ad una
unità di misura del S.I., per quanto “irregolare, ma comoda”, si può sostituire il mbar con l’ettopascal
(hPa):
1 mbar = 0,001 bar= 100 Pa = 1 hPa
ESEMPI E CONVERSIONI: la pressione di gonfiaggio dello pneumatico posteriore di una mountainbike
è di 3,2 bar. A quanti kPa e MPa corrisponde? [320 kPa, 0,32 MPa]
Convertire 75.000 Pa in bar.
1 bar : 100.000 Pa = xbar: 75.000 Pa====>
Convertire 180 bar in Pa, kPa e MPa.
1 bar: 100.000 Pa= 180 bar: xPa
Dunque: 180 bar= 18.000.000 Pa = 18000 kPa = 18 MPa.
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POTENZA
La potenza meccanica di una forza è il lavoro eseguito dalla forza nell’unità di tempo.
UNITÀ DI MISURA. Si misura in watt [W], che esprime il rapporto fra J e s:
Il watt esprime una potenza meccanica molto ridotta, pertanto in Meccanica Agraria è di uso
frequente il multiplo di 1000 W = 1 kW
Si può dire anche che è il prodotto dell’intensità di una forza e la velocità di spostamento del suo
punto di applicazione. Infatti:
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ENERGIA
CAPACITA' DI UN CORPO A COMPIERE UN LAVORO E SI MISURA IN JOULE (J). TUTTAVIA ENERGIA E
LAVORO NON SONO LA STESSA COSA.
L'ENERGIA SI PUO' DEFINIRE COME LA POTENZA PER UN TEMPO DI SPOSTAMENTO.
E= P * t===>[J]
NEL SISTEMA TECNICO L'ENERGIA SI MISURA IN kWh
1kWh= 1000 J/s * 3600s= 3.600.000 J===> 3,6 MJ===> |1kWh= 3,6 MJ|
1kWh : 3,6 MJ= EkWh: EMJ
|EQUIVALENTE MECCANICO DELLA CALORIA|
1cal= 4,187J====>1kcal= 4187J
50kg di combustibile
====>
DA "MJ" A "kWh"
CHILOWATT-ORA ELETTRICI
PER CONVERTIRLI IN ENERGIA TERMICA DOBBIAMO SAPERE IL "RENDIMENTO DI PRODUZIONE E
TRASPORTO DELL'ENERGIA ELETTRICA".
TRA IL PUNTO DI PRODUZIONE E IL PUNTO DI UTILIZZO SI PERDE IL 68% DELL'ENERGIA
(RENDIMENTO 32%). IL PRIMO PASSO E' CONVERTIRE L'ENERGIA ELETTRICA IN ENERGIA TERMICA.
|1kg= 11,63 kWh|
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kilovattora termici). Per effettuare la somma occorre convertire i consumi di energia elettrica in
energia termica.
IL RENDIMENTO
Il concetto di rendimento implica un rapporto fra ciò che il sistema restituisce in uscita e quanto era
stato immesso in entrata al sistema. A causa delle immancabili perdite nelle trasformazioni, il
sistema restituisce sempre meno di ciò che riceve. Pertanto, qualunque rendimento sarà sempre
inferiore all’unità.
Ciò accade negli organismi viventi dove l’energia disponibile è sempre inferiore all’energia ingerita
con gli alimenti, come nelle macchine, dove la quantità di energia restituita in uscita è sempre minore
di quella che è stata somministrata in entrata poiché vi saranno sempre delle quote parti di energia
che vengono disperse fuori dal sistema ed altre che vengono impiegate all’interno del sistema stesso.
Se immaginiamo un motore termico, l’energia che misuriamo all’uscita del motore è sempre inferiore
all’energia sprigionata dalla combustione del combustibile a causa delle quote parti di energia
dissipate sotto forma di calore e di logoramento.
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CATENA CINEMATICA
Definizione. Sistema composto da segmenti rigidi – o membri – sono uniti tramite giunzioni mobili.
Esempi. Nel corpo umano sono presenti più catene cinematiche, dove i membri o segmenti sono
rappresentati dalle ossa; mentre, le articolazioni equivalgono alle coppie cinematiche, ovvero ai
giunti.
La catena cinematica di un veicolo comprende tutti gli organi meccanici che connettono il motore agli
organi di locomozione e ne permettono la marcia. Essa può essere rappresentata da schemi a blocchi.
Se voglio fare un inversione di moto, la ruota interna motrice alla curva di traiettoria rallenta o si
blocca, e quella esterna continua a ruotare e fa l’inversione.
Si agisce sulla frizione di sterzo e se si vuole fare un cambio repentino di direzione allora bisogna
anche agire sul pedale del freno di sterzo
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RUOTE DI FRIZIONE
Definizione e condizioni della trasmissione.
Le ruote di frizione sono dei corpi cilindrici tenuti a contatto da una
forza N detta premente perpendicolare al punto di contatto dove
una di esse detta conduttrice cede il moto all’altra definita
condotta. Il moto viene trasmesso per la resistenza di attrito che si
sviluppa tra le superfici poste a contatto. Nel caso di moti ideali la
rotazione avviene in condizione di aderenza perfetta e pertanto
avviene senza slittamento. Il senso di rotazione di due ruote adiacenti è discorde perciò per ottenere
un senso concorde occorre interporre una terza ruota; infatti, risulterà concorde il senso di rotazione
delle ruote dispari.
LIMITI DELLA TRASMISSIONE
L’efficacia della trasmissione fra due ruote di frizione dipende dalla deformazione delle ruote e dallo
slittamento della ruota condotta. Infatti l’incremento della forza premente N che è proporzionale alla
potenza trasmessa provoca la deformazione delle ruote. Il superamento del valore della forza
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trasmessa rispetto al valore della resistenza di attrito radente (R = f x N) che si instaura nel punto di
contatto fra le due ruote non provoca un eccesso di slittamento anche se uno slittamento minimo è
sempre presente. Ne consegue che in ogni caso le potenze trasmissibili fra due ruote di frizione sono
molto contenute.
RUOTE DENTATE
COSTRUZIONE DI UNA RUOTA DENTATA E CONDIZIONI DELLA TRASMISSIONE.
Una ruota dentata si realizza partendo da una circonferenza primitiva e per sottrazione ed aggiunta
di parti si arriva alla formazione della ruota dentata.
Le due circonferenze primitive sono rappresentate dalle ruote di frizione che verrebbero a contatto
se non fossero state trasformate in ruote dentate. Infatti le ruote dentate o ingranaggi si
costruiscono a partire da due ruote di frizione mediante addizioni di denti e sottrazioni di vani.
Durante il moto, gli ingranaggi non sono soggetti a slittamenti reciproci se non in mmisura minima e
riescono a trasmettere circa il 98 % della potenza. Quindi la trasmissione con ruote dentate ha un
rendimento incomparabilmente superiore rispetto a quello delle ruote di frizione e molto elevato in
assoluto.
Le ruote dentate vengono utilizzate per trasmettere il moto sia tra assi paralleli detti ingranaggi di
forma cilindrica che fra assi concorrenti o ancora fra assi posti a 90 detti ingranaggi di forma conica
che formano la coppia conica.
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IL RAPPORTO DI TRASMISSIONE
Nella trasmissione si ha molto spesso la necessità di variare, in aumento o in diminuzione, la velocità
del moto rotatorio dell’organo condotto rispetto a all’organo conduttore. Per esempio, la presa di
potenza meccanica normalizzata della trattrice è pari alla velocità di 540 giri min-1 (54.56 rad s-1);
ma una pompa irrigua può richiedere una velocità di 750 giri min-1. Nel moto rotatorio assume
particolare importanza il rapporto di trasmissione tau greco) che per definizione è il rapporto fra la
velocità angolare dell’albero condotto e quella dell’albero conduttore:
ω2
t=
ω1
ω2 velocità angolare dell’albero condotto quello che riceve il moto
ω1 velocità angolare dell’albero conduttore quello che cede il moto
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VELOCITA E DIAMETRI
Scrivendo tutti questi rapporti uno accanto all’altro possiamo notare che vige la regola della
proporzionalità inversa alla velocità.
Pertanto, se il diametro della puleggia dell’albero condotto è minore, la velocità dello stesso albero
sarà maggiore di quella dell’albero conduttore, con effetto moltiplicatore della velocità.
Ovviamente se il diametro della puleggia dell’albero condotto è maggiore avverrà l’inverso quindi la
velocità dello stesso albero sarà minore di quella dell’albero conduttore per effetto della riduzione
della velocità.
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Infine, si sarà notato che soltanto il rapporto fra velocità è espresso “due su uno” [a2/a1]; invece,
tutte le altre modalità di espressione del che sono il rapporto fra il numero di denti, fra diametri e
fra momenti sono espresse come “uno su due” [a1/a2]. Una semplice regola da non dimenticare
mai.
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LE RESISTENZE PASSIVE
Le forze resistenti passive FRp sono forze che contrastano il lavoro delle macchine dando luogo a
lavoro passivo, cioè a dissipazione di energia sotto forma di calore, che si manifesta tramite un
aumento della temperatura, e sotto forma di asportazione di materia o logoramento.
Possiamo classificarle in quattro tipologie:
1. RESISTENZE PER RIGIDEZZA DEGLI ORGANI FLESSIBILI
2. RESISTENZA DEL MEZZO
3. RESISTENZA DI ATTRITO INTERNO
4. RESISTENZA DI ATTRITO ESTERNO
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L’ATTRITO DEI PERNI. È direttamente proporzionale al diametro del perno e per diminuire il suo
valore occorrono dei perni piccoli. La progettazione del perno dovrà essere accurata altrimenti se il
diametro sarà troppo ridotto potrebbe rompersi sotto il carico.
Noi possiamo ridurre l’attrito radente dei perni, in modo particolare nel caso del Cuscinetto
Reggispinta, o tramite la LUBRIFICAZIONE (interposizione di fluidi viscosi fra le pareti in movimento) o
tramite la TRASFORMAZIONE IN ATTRITO VOLVENTE (interposizione di cuscinetti a sfera fra il
supporto fisso e il perno in movimento oppure fra la parte mobile del cuscinetto reggispinta e la parte
fissa
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I GIUNTI
Definizione. I giunti sono dispositivi usati per il collegamento degli alberi di macchine, distanti o
vicine, ma non a contatto fra loro, come invece avviene nel caso della trasmissione mediante ruote di
frizione o con ruote dentate.
Gli alberi fra i quali trasmettere il moto possono essere paralleli, coassiali, coincidenti.
La funzione svolta da un giunto è quella di assicurare la corretta rotazione degli elementi collegati e
la trasmissione quanto più efficiente possibile del momento torcente applicato.
In agricoltura la trasmissione fra motrice e operatrice spesso avviene fra due alberi disallineati e
reciprocamente mobili e in questo caso si utilizza il doppio giunto cardanico.
In tutti i casi sotto illustrati gli alberi sono fissi nello spazio
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_Le scanalature ricavate all’interno del manicotto che costituisce l’estremità del giunto. Si nota il
Pulsante del dispositivo di blocco del giunto sulla pdp durante il lavoro e che dovrà essere premuto
nuovamente al termine, per scollegare il giunto dalla pdp.
_Alberino a 6 scanalature della pdp. La forma e le dimensioni sono frutto di una norma valida per
tutte le Case Costruttrici così, come è normalizzata la velocità di rotazione a regime (540 giri min-1 ).
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CINGHIE
TRASMISSIONE GINGHIE-PULEGGE
DEFINIZIONE. La puleggia è il corpo cilindrico sul quale si avvolge la cinghia.
IMPIEGO. Fra corpi non a contatto (distanti) e alberi paralleli e fissi nello spazio.
CONDIZIONI DELLA TRASMISSIONE. È necessario che le cinghie si avvolgano almeno di 120° ,
altrimenti la cinghia slitterà sulla puleggia per insufficiente aderenza. Occorre ricordare che per il
verificarsi di questa condizione occorre che la distanza fra le due pulegge sia posta in relazione con i
loro diametri. Per ridurre gli slittamenti si può
interporre materiale di frizione. Queste pulegge sono
calettate (inserite con precisione) su un albero
CINGHIE PIATTE
Erano molto utilizzate in passato per esempio per l’azionamento delle vecchie trebbie. Le cinghie
piatte slittano facilmente dando luogo a bassi rendimenti. Quando è necessario che la direzione del
moto della puleggia condotta sia inverso rispetto a quella della puleggia motrice occorre incrociare
la cinghia a “otto” o a “infinito” ().
CINGHIE TRAPEZIOIDALI
Sono di recente introduzione e sono molto utilizzate perché sono dotate di
una maggiore superficie di contatto con la puleggia che viene definita A
GOLA per la sua forma. Rispetto ad una cinghia piatta di uguale larghezza
consente trasmissioni con rendimenti molto maggiori. Oggi le cinghie sia
piatte che Trapezoidali possono essere munite di denti che ne aumentano
l’aderenza e dunque il rendimento della trasmissione
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PULEGGE A GOLA
Ogni puleggia è fornita di un foro circolare nel quale verrà calettato (inserito con
precisione) l’asse destinato a trascinarla. Il trascinamento avverrà grazie ad una
CHIAVETTA, che renderà solidali puleggia e asse.
TENDICINGHIA- TENDICATENA
DEFINIZIONE E FUNZIONE. Il tendicinghia è un dispositivo a rullo usato nelle macchine con
trasmissione a cinghia per regolare la tensione di questa ed evitare gli slittamenti e gli
scarrucolamenti. Per assicurare la tensione delle catene e il loro corretto alloggiamento sulle corone
dentate (ruote dentate) vi sono dispositivi analoghi,
detti tendicatena.
POSIZIONAMENTO. Il dispositivo di tensione si applica
al ramo che si svolge dalla puleggia / corona conduttrice
del moto, poiché il ramo che si avvolge è già in
tensione.
SCARRUCOLAMENTO. Si intende la fuoriuscita della
cinghia dalla propria sede (gola), fenomeno che occorre
al ramo che si svolge, in particolare se la cinghia /
catena non è ben tesa.
LA CHIAVETTA
Funzione. Rende solidali le due parti in rotazione, qui albero e ingranaggio.
Montaggio. L’ingranaggio viene calettato sull’albero e la chiavetta li rende solidali.
Definizione di calettare e di calettatura. Unione di due pezzi fatta introducendo una
sporgenza di uno di essi in una corrispondente cavità dell’altro (per es., quella di una ruota sul
proprio asse). Sono termini frequenti e importanti nelle costruzioni meccaniche
CATENE
Tipi di catene. Vi sono diversi tipi di catene, tutte costituite da MAGLIE fra loro variamente articolate
la cui forma e dimensione dipende dalle VELOCITÀ da raggiungere, dai MOMENTI da trasmettere e
dai CARICHI da sopportare. Le catene possono avere maglie molto ridotte come quelle della bicicletta
oppure maglie di grandi dimensioni come le CATENARIE delle trattrici cingolate.
I ROTISMI
DEFINIZIONI. Sono costituiti da ruote dentate o ingranaggi.
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_Si definiscono ROTISMI ORDINARI quando tutti gli ingranaggi girano intorno ad assi fissi, in almeno
un asse vi sono due ruote dentate e il movimento di un ingranaggio mette in moto tutti gli altri. Dai
rotismi ordinari proviene il cambio meccanico.
_Si definiscono ROTISMI EPICICLOIDALI quando alcune ruote girano intorno ad assi mobili. Dai
rotismi epicicloidali provengono i riduttori epicicloidali e i cambi epicicloidali.
IL VOLANO E LA FRIZIONE
VOLANO
Il VOLANO è un organo rotante che ruota intorno al proprio
asse con maggiore distribuzione della massa verso la periferia e
applicato all'albero motore di una macchina serve a renderne
uniforme. mediante la propria inerzia, il moto rotatorio. Lo si
può considerare come un accumulatore meccanico di energia
Voluminoso e pesantissimo
volano esterno in una
trattrice d’epoca (il motore era monocilindrico). Coassiale al
volano è una puleggia, che veniva resa solidale al volano
mediante una frizione azionata manualmente dai due volantini. La
puleggia portava una cinghia piatta, idonea alla trasmissione del
moto a MO come trebbie, pompe irrigue, ecc., Successivamente,
furono montate pulegge a gola, che vennero poi definitivamente
soppiantate da trasmissioni con giunto cardanico Grazie al
progresso tecnologico oggi i volani sono di gran lunga meno
voluminosi e pesanti
GIUNTO DI FRIZIONE
Serve a collegare due alberi allineati, permettendone la disconnessione con il motore in moto.
Funzionamento. Nei veicoli, il disinnesto della frizione consente di di interrompere il moto nel tratto
della catena cinematica posto a valle della frizione stessa e, pertanto, sia di agire sui freni pur
rimanendo il motore in funzione, sia di agire sul cambio, nonostante il motore in rotazione. Il DISCO
della frizione è solidale al volano posto in rotazione con l’albero motore ed è composto da un
materiale di attrito (in giallo)
DANNEGGIAMENTO DELLA FRIZIONE. Quando si ha la cattiva abitudine di tenere il piede sul pedale
della frizione lo spingidisco usura rapidamente il disco della frizione ed emana odore di bruciato. Vi
sono frizioni anche molto complesse con pacchi di dischi e frizioni centrifughe. La sostituzione del
disco o dei dischi necessita di molto lavoro.
IL DIFFERENZIALE
Il Differenziale è un Complesso Di Cinematismi (PIGNONE, CORONA, RUOTE DENTATE)
FUNZIONE. Il differenziale serve a compensare le variazioni di velocità angolare ω fra le ruote
motrici di uno stesso asse.
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QUANDO ENTRA IN FUNZIONE. Le variazioni di velocità si manifestano
A) Nelle traiettorie curve, dove la ruota esterna rotola a velocità superiore rispetto alla ruota
interna.
B) Quando una delle due ruote perde aderenza e comincia a slittare rotolando ad alta velocità,
mentre l’altra rimane ferma o quasi. Questo accade quando una ruota si trova nel fango o nella
neve; in questi casi, per trarsi fuori, occorrerà ricorrere al blocco del differenziale.
POSIZIONE DEL DIFFERENZIALE. La scatola del differenziale contiene gli ingranaggi che lo
compongono ed è alloggiata lungo l’asse che collega le due ruote motrici di trattrici a ruote. Petanto
nel caso di trattrici DT vi sarannp due differenziali, anteriore e posteriore
FUNZIONAMENTO DEL DIFFERENZIALE. Quando una ruota aumenta la sua velocità di rotazione per
le cause sopraddette, il differenziale entra in funzione provocando la diminuzione della velocità di
rotolamento dell’altra. Nel caso dello slittamento puro di una sola ruota, il differenziale può
determinare l’arresto completo dell’altra ruota. Una volta determinatasi questa situazione, solo il
dispositivo di blocco del differenziale consente la normale trasmissione del moto alla ruota rimasta
aderente al suolo. E sarà il rotolamento di questa a consentire l’avanzamento del veicolo. Grazie alla
diffusione dei controlli elettronici i dispositivi che operano il blocco totale o parziale del differenziale
oggi sono in dotazione alle trattrici come ai veicoli fuoristrada.
COSA CONTIENE LA SCATOLA DEL DIFFERENZIALE. Contiene un PIGNONE, o ingranaggio conico,
posto ad una estremità dell’albero di trasmissione,
ingranato con la CORONA. Una corona, è un
ingranaggio a forma di corona circolare con i denti
ricavati sulla sua superficie. In casi come questo si
parla di trasmissione pignone – corona e la corona
viene posta in movimento dalla rotazione del
pignone. Un telaio metallico detto PORTATRENO è
solidale con la corona. Due ruote dentate coniche dette PLANETARI, sono situate all’interno della
scatola e fissate all’estremità dei semiassi che si dirigono alle ruote. Due o quattro ruote dentate
coniche dette SATELLITI sono ate su perni fissati al portatreno ed interposte fra i due planetari, con i
quali ingranano. Grazie alla rotazione dei planetari le ruote del veicolo poste all’estremità distale dei
semiassi rotolano consentendo l’avanzamento in condizioni di traiettoria rettilinea e di aderenza
senza variazioni di velocità fra le DUE RUOTE MOTRICI.
IL CAMBIO
Il cambio è un rotismo che ha lo scopo di adeguare la coppia motrice alla coppia resistente
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POSIZIONE. Nella catena cinematica il cambio è posizionato a valle della frizione e si trova tra la
frizione e l’albero di trasmissione che recapita il moto alla Coppia Conica o al Differenziale
MOMENTI E VELOCITÀ ANGOLARI. Poiché la velocità di rotazione e il momento sono fra di loro
inversamente proporzionali:
P=M
consegue che il cambio serve a trasmettere agli organi di locomozione la velocità angolare e la
coppia, in modo inversamente proporzionale fra loro. Di volta in volta a seconda delle utilizzazioni
reali prevarrà nella scelta dei rapporti l’aspetto della velocità o quello della coppia trasmessa.
Il cambio si chiama così perché il conducente letteralmente cambia il rapporto di trasmissione fra il
numero di giri delle ruote e quello del motore, adattando in tal modo la coppia trasmessa al carico
resistente come per esempio in caso di terreno tenace con percorso in salita oppure in caso di
terreno sciolto o con percorso in piano o in discesa.
DESCRIZIONE E FUNZIONAMENTO.
Il cambio è costituito tradizionalmente da un ALBERO
PRIMARIO, un ALBERO SECONDARIO, allineato e non
collegato al primario, ed un’ALBERO DI RINVIO, parallelo
ai due.
Il moto dall’albero primario (in verde) all’albero
secondario (giallo) e trasferito tramite l’albero di rinvio
(rosso), attraverso ruote dentate che sono sempre in
presa (che sono sempre in contatto tra loro). Pero,
inizialmente, queste ruote girano tra di loro ma non
trasmettono niente; sono in posizione di FOLLE e,
pertanto, nessun moto viene trasmesso all’albero secondario.
Allora quando noi noi usiamo la leva del cambio, dopo aver premuto a fondo la frizione per
DISINNESTARE la frizione, attraverso dei leveraggi il nostro movimento che facciamo sulla leva del
cambio si trasmette alla scatola del cambio.
Con delle ruote dentate poste frontalmente (viola), noi scegliamo una ruota (viola) e la facciamo
ingranare con la corrispondente ruota dell’albero secondario. La coppia di ingranaggi che abbiamo
selezionato, in quel momento, viene bloccata sul proprio asse (non gira più in folle) e trasmette il
moto
Sapendo che le ruote dell’albero secondario sono 6 e vanno dal più grande (la prima) alla più piccola
(la sesta). Noi capiamo come le 6 marce sono diverse a seconda della velocita di rotazione e del
momento trasmesso (la prima ha un maggior momento ma una velocità di rotazione minore)
All’ultima coppia di ruote è interposta una ruota della oziosa, in quanto non partecipa al rapporto di
trasmissione, ma è necessaria per invertire la direzione del moto: si tratta infatti della retromarcia.
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Agendo sulla leva del cambio (selettore), il conducente sceglie quale coppia di ingranaggi trasmetterà
il moto dal motore alle ruote. Non appena mutano le condizioni del lavoro, potrà nuovamente
intervenire per cambiare coppia di ingranaggi. Pertanto, cambiare la marcia significa cambiare il
rapporto di trasmissione fra il motore e le ruote di locomozione (anche se interverranno altri
ruotismi a ridurre la ω che giunge alle ruote)
Ciascuna coppia di ingranaggi ha un proprio rapporto di trasmissione (τ = z1/z2). Pertanto cambiare
marcia significa cambiare rapporto di trasmissione e questo, come abbiamo visto, ha effetti
inversamente proporzionali sulla velocità e sulla coppia trasmessa
EFFETTI DEL CAMBIO DI MARCIA
Nel caso di una trattrice al lavoro, l’uso del cambio è prevalentemente rivolto ad adeguare il
momento motore alle coppie resistenti. Infatti, se durante l’aratura le resistenze del terreno
aumentano poiché si sta attraversando una parte del campo con terreni maggiormente coesivi, sarà
necessario intervenire sul cambio della trattrice scalando di marcia. In tal modo, si diminuisce la
velocità di avanzamento e si ottiene una coppia maggiore, necessaria per superare le maggiori
resistenze.
Durante una erpicatura superficiale potremo selezionare una marcia alta; invece, durante l’aratura
profonda occorre fornire alle ruote un momento elevato e, perciò, selezioneremo una marcia bassa;
infatti ad una bassa velocità corrisponde un momento elevato. Le trattrici moderne per soddisfare le
molteplici esigenze del trasporto su strada e del lavoro nei campi sono equipaggiate con cambi dotati
di un elevato numero di MARCE o RAPPORTI, proprio per poter adeguare le velocità di avanzamento
o le coppie motrici. In un veicolo come l’automobile il cambio è utilizzato ancora più di frequente
rispetto ad una trattrice. Durante un percorso in pianura potremo scegliere una marcia alta, che
consente elevate velocità; in salita sarà necessario fornire alle ruote di un momento maggiore
rispetto ad un tragitto in pianura e, perciò, dovremo selezionare una marcia bassa.
IL CAMBIO NELLE MACCHINE OPERATRICI.
Il cambio è presente non solo nei veicoli ma anche in tutte quelle macchine operatrici dove sia
necessario variare la velocità di rotazione di un componente in funzione delle caratteristiche del
lavoro.
Nel caso di una seminatrice il cambio serve a far compiere più o meno giri all’organo distributore del
seme in rapporto ad una ruota motrice del sistema di distribuzione. Lo scopo è quello di seminare
quantità maggiori o minori di seme. Gli organi di distribuzione delle seminatrici vengono messi in
moto dalle ruote di appoggio. Il cambio è messo tra la ruota motrice del sistema di distribuzione e il
sistema di distribuzione. Per ogni giro della ruota di appoggio io posso sceglie grazie al cambio quanti
giri farà l’asticina, o l’asse, che porta i distributori. Più rotazione compie, più seme viene prelevato
dalla tramoggia e viene avviato al terreno. Quindi la regolazione di semina si fa sul cambio che cambia
tale distribuzione
In una zappatrice il cambio servirà a far compiere più o meno giri al rotore che porta gli utensili, con
l’effetto, nel caso di una maggiore velocità, di amminutare maggiormente il terreno grazie al maggior
numero di colpi che nell’unità di tempo lo raggiungono.
In ambedue gli esempi il cambio delle macchine operatrici viene azionato con riferimento principale
alla velocità di rotazione, mentre le forze resistenti non giocano un ruolo nella scelta della marcia.
IL PARALLELOGRAMMA ARTICOLATO
Il parallelogramma è una figura geometrica formata da lati a coppie; un lato è uguale al suo omologo
e sono paralleli tra di loro.
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DESCRIZIONE. È costituito da un basamento fisso detto PONTE, da una BIELLA e da due manovelle di
uguale lunghezza e sono uniti da dispositivi dette CERNIERE che sono dei dispositivi che permettono
all'oggetto vincolato soltanto rotazioni eliminando ogni traslazione del corpo come le cerniere degli
infissi o delle porte.
FUNZIONE. Il parallelogramma articolato trasmette il moto rotatorio e continuo da una ruota ad
un’altra senza compiere trasformazioni del moto stesso. Con il parallelogramma articolato si
trasmette il moto come nel caso delle ruote di una “vecchia” locomotiva:
biella
manovella
manovella
=
cerniere pont
e
IL BILANCIERE
Quando una manovella è più lunga dell’altra la sua estremità si muove descrivendo un arco (e non fa
più un giro completo come la manovella piccola) ed è in contatto con la manovella corta attraverso
un asta detta BILANCIERE. Quando la manovella piccola torna indietro questa manovella lunga viene
richiamata e quindi descrive un arco la cui ampiezza dipenderà dalla differenza in lunghezza delle
due manovelle..
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IL MANOVELLISMO DI SPINTA
Descrizione. Si assume che manovellismo di spinta una manovella venga prolungata all’infinito e
perciò è infinitamente più lunga dell’altra. Si otterrà pertanto un moto alternato. Inoltre, poiché
come è noto, un arco di raggio infinito esprime un tratto rettilineo, si avrà che l’estremità di questa
manovella compie un movimento alternato e rettilineo. Se a questa estremità poniamo un pistone o
uno stantuffo e lo facciamo scorrere in un CILINDRO stiamo rappresentando ciò che accade nel
motore a pistoni.
Funzionamento. Quando la manovella, nel suo movimento, si troverà a giacere lungo la direzione
della BIELLA, le lunghezze di manovella e biella si sommeranno e il PISTONE raggiungerà l’estremità
più lontana della sua CORSA o PUNTO MORTO SUPERIORE (pms). Proseguendo il movimento, la
lunghezza della manovella si sottrarrà a quella della biella e il pistone si avvicinerà al centro di
rotazione sino a raggiungere il PUNTO MORTO INFERIORE (pmi).
La CORSA del pistone è rappresentata dal segmento compreso fra i due punti morti.
La funzione del M. di S. è
essenziale, in quanto trasforma il
moto rettilineo e alternato del
pistone pistone in moto rotatorio
cilindro dell’albero motore. Questo moto
rotatorio verrà trasmesso alle ruote
albero mediante la catena cinematica.
cors
motore Ma consente altresì la
a
trasformazione inversa (per
pmi pms esempio nelle partenze a strappo)
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Meccanica Agraria – Parte I – Capp. II-III-IV-181228- Prof. Giampaolo Schillaci –giampaolo.schillaci@unict.it Cap
ESOTERMICI ENDOTERMICI
Ciclo Otto: benzina
Ciclo Diesel: nafta
Ciclo Sabathè: gasolio
DEFINIZIONE DI MOTORE. È una macchina in grado di trasformare una fonte energetica in energia
meccanica. In base alla fonte energetica, quelli nettamente più diffusi in Meccanica Agraria si
distinguono in: motori termici, eolici, elettrici e idraulici.
Nei MOTORI TERMICI il calore prodotto dalla combustione di un combustibile viene trasformato in
energia meccanica. I Motori Termici si distinguono in Motori Esotermici ed Endotermici.
_Nei Motori Esotermici la combustione che produce l’energia termica avviene esternamente al
luogo dove si sviluppa il fluido attivo capace di produrre il lavoro meccanico.
_Nei Motori Endotermici la combustione avviene all’interno del fluido che produce il lavoro
meccanico. In altre parole un fluido viene sottoposto a combustione produce i gas della
combustione e questi, espandendosi, danno luogo al lavoro meccanico.
Come si può notare, solo la fase dell’espansione è l’unica corsa attiva del motore termico a 4
tempi, poiché solo in questa fase si produce energia tale da provocare la rotazione del
manovellismo di spinta e di conseguenza la produzione del movimento.
Durante le altre tre fasi, il movimento del pistone avviene per effetti inerziali ovvero a spese del
movimento prodotto durante l’espansione. È importante notare che il motore a 4 tempi è munito
di una o più valvole di immissione e di scarico per ogni cilindro.
Meccanica Agraria – Parte II – Cap..I – Rev181226-181123 – Prof. Giampaolo Schillaci giampaolo.schillaci@unict.it
Nel CICLO OTTO (motori che impiegano la Benzina) il pistone va su nella Fase Di Compressione e
quando è arrivato quasi in cima si ha un’accensione molto rapida, tanto è che questi venivano
chiamati “motori a scoppio” ma ora si chiamano “motori ad
accensione provocata”, provocata da una candela.
Nella Fase Di Aspirazione, il pistone aspira una miscela carburata (un
combustibile mescolato con aria) che poi comprime (poiché il foro da
cui è entrata la miscela, detta valvola di aspirazione viene chiusa) e
avviene l’accensione a “scoppio”.
Questo picco è immediato poiché è talmente veloce questa
accensione che il pistone non ha il tempo di scendere e quindi di
rispondere subito alla legge dei gas.
Infatti il pistone rimane fermo nel Punto Morto Superiore e la
pressione che ne dovrebbe scaturire si innalza verticalmente.
Poi succede che il pistone comincia a muoversi e si dirige verso il
Punto Morto Inferiore e man man che si sposta verso il basso, la
pressione scende. Pertanto l’accensione è talmente rapida da
avvenire a volume costante (ISOCORA), in quanto il pistone non ha il
tempo di iniziare il movimento verso il PMI.
Nel CICLO DIESEL, nella fase di aspirazione del pistone si aspira aria e
quando il pistone torna a spostarsi verso il punto morto superiore e
poi si trova in prossimità di esso, viene iniettato, da dispositivi detti
iniettori, in forma di polvere la Nafta e questa “nube” viene accesa
dalla temperatura molto elevata dell’aria compressa. L’accensione
tuttavia è “lenta” perché il pistone ha il tempo di muoversi vero il punto
morto inferiore.
Conseguentemente, questa avverrà a pressione costante (ISOBARA).
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Il motore a 2 tempi non è provvisto di valvole, bensì di LUCI aperte sulla parete del cilindro. È un
motore estremamente semplice rispetto al motore a 4 tempi ed è anche più reattivo, ovvero sale
più velocemente di giri, non dovendo affrontare l’inerzia dovuta al movimento delle valvole.
_Il Primo Tempo inizia con il pistone posizionato presso il punto morto superiore pms, momento
nel quale avvengono sia L’accensione che la Combustione e di conseguenza l’Espansione. Non
appena il pistone, correndo verso il punto morto inferiore pmi, apre le rispettive luci avrà luogo sia
lo scarico dei gas combusti che l’Inizio dell’immissione del nuovo fluido. Tuttavia, in questi motori
durante il primo tempo avviene la cosiddetta fase di LAVAGGIO, dove una parte del fluido in corso
di immissione nel cilindro fuoriesce all’esterno dalla luce di scarico non ancora completamente
chiusa dal cilindro stesso.
Questo fenomeno aumenta sensibilmente i Consumi Unitari, cioè i consumi per unità di energia
prodotta, e liberando combustibili all’esterno è fonte di inquinamenti.
_Nel Secondo Tempo, durante la risalita del pistone verso il punto morto superiore pms, si
completa lo la fase di Scarico e l’Immissione e la Compressione del fluido.
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RENDIMENTO TERMODINAMICO
Il rendimento termodinamico η può essere espresso mediante il rapporto fra il calore oppure il
e
lavoro come segue:
q L
ηe = = i
Q Ltot
Con:
Q = calore totale ottenuto dall’accensione del combustibile
q = quota parte di Q trasformata in lavoro, poiché parte del calore totale viene dispersa (fumo,
irraggiamento ecc.)
L = lavoro indicato, che è definito così perché misurabile in laboratorio mediante degli indicatori e
i
corrisponde alla quantità di calore q trasformato
Ltot = lavoro che corrisponde alla trasformazione della quantità di calore Q
A parità di combustibile impiegato, otteniamo un maggior lavoro / calore indicato nei motori a
ciclo Sabathè rispetto ai motori a ciclo Otto
ηe Sabathè > ηe Otto
RENDIMENTO MECCANICO.
Il rendimento meccanico viene espresso dal seguente rapporto:
Con:
Lu = lavoro utile rilevato all’albero motore subito a valle del volano. Solo una parte del lavoro Li
ottenuto dalla completa trasformazione del calore q viene reso disponibile all’uscita del motore
sotto forma di lavoro utile Lu.
Poiché Lu < Li , ηm < 1 sempre
Nei motori a Ciclo Otto il rendimento meccanico ηm è superiore rispetto ai motori a Ciclo Sabathè.
Infatti quest’ultimi, siccome devono sopportare elevatissime pressioni all’interno del cilindro (il
fluido attivo si accende perché entra in contatto con aria ad altissima temperatura), e sono dei
motori molto più robusti ma anche più pesanti e una parte del lavoro indicato viene utilizzata per
mettere in movimento le masse del motore Sabathè che sono maggiori rispetto alle masse del Ciclo
Otto (più leggeri) e una parte di questa lavoro indicato viene dissipato
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GRADO DI RIEMPIMENTO
Il grado di riempimento è pari al rapporto tra la Quantità Di Fluido Effettivamente Aspirata (ad
ogni ciclo) nel cilindro e quella che a pressione e temperatura ambiente occupa un Volume
Esattamente Uguale Alla Cilindrata (cioè al volume generato dal pistone nel suo spostamento dal
pms al pmi). Nei motori aspirati sarà:
η v < 1 sempre.
VARIAZIONE DEL GRADO DI RIEMPIMENTO. Questo fenomeno è dovuto alle resistenze che i fluidi
reali incontrano nel loro movimento, a seconda della velocità, che incontrano nell’accedere al
cilindro attraverso le restrizioni rappresentate dalle valvole.
Inoltre, le valvole impiegano del tempo per aprirsi e chiudersi e questo determina un fenomeno
detto TRAFILAMENTO, per il quale una parte del fluido appena immesso fuoriesce dalle valvole
stesse. Infine, alle alte velocità di rotazione del motore l’aria incontra resistenze che provocano il
surriscaldamento del fluido e ne diminuiscono la densità.
Motori compressi.
Per via del compressore, che inietta aria a alta pressione, sarà: η v > 1
η v raggiunge il valore più elevato in corrispondenza del regime di coppia massima, poi decresce e
crolla, condizionando le performance del motore.
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Mediante opportuni calcoli, essendo noto momento per momento sia il valore assunto dalla
COPPIA, sia la velocità, sarà possibile ricavare anche la POTENZA erogata ad un dato regime di giri,
poiché come è ben noto, P = M ω.
Infine, rilevando il consumo di combustibile in corrispondenza del numero di giri durante
l’erogazione di una certa coppia e rapportandolo all’energia prodotta, si ottiene il CONSUMO
SPECIFICO.
Sull’asse delle ascisse si riporta il regime di giri del motore e su quello delle ordinate la coppia, la
potenza ed il consumo specifico. I valori del consumi sono:
Cs = 230 – 260 g∙kWh-1 – Diesel e Semidiesel
Cs = 280 – 320 g∙kWh-1 – Otto (rendimenti termodinamici minori e quindi consumi maggiori)
Le curve della coppia e della potenza segnano un massimo (dopo di essa poi crolla), invece quella
del consumo specifico segna un minimo.
Sperimentalmente, si dimostra che il massimo della coppia si raggiunge ad un regime di giri
inferiore rispetto al massimo della potenza e che il minimo del consumo specifico si colloca fra i
due massimi.
Il consumo specifico dei motori termici tende a diminuire con il progresso tecnologico.
Occorre sottolineare che le curve caratteristiche vengono ottenute ponendo l’acceleratore a fine
corsa ovvero ponendo il motore al massimo del carico, mentre ciò non accade mai nella pratica
corrente.
Le curve NON partono per n = 0
Nota. le curve caratteristiche vengono ottenute al banco prova ponendo l’acceleratore a fine corsa
In ascisse abbiamo giri dell’albero motore e in ordinata abbiamo la potenza e la coppia
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I punti dei massimi e del minimo devono coincidere nel grafico (quando fai il disegno)
CAMPI O INTERVALLI DI FUNZIONAMENTO DEI MOTORI
Tracciando le verticali dai due massimi sino all’asse
delle ascisse si individuano tre campi o intervalli di
funzionamento dei motori, nei quali le prestazioni di
ciascun motore sono determinate dall’andamento dei
due rendimenti e del grado di riempimento
-C.F INSTABILE: dal massimo della coppia all’origine.
-il Rendimento Termodinamico precipita perché fra
un accensione e l’altra passa troppo tempo (sempre
in termine di microsecondi) e quindi si raffredda.
-Il Rendimento Meccanico aumenta perché vi sono
meno attriti e quindi meno dissipazioni perché il
motore gira lentamente.
-Il Rendimento Volumetrico aumenta perché entra
tanta aria per via del movimento lento del pistone
-C.F. STABILE: è compresa tra il massimo della coppia e
il massimo della potenza. Tutti i rendimenti non si
abbassano
-C.F. IMPRODUTTIVO: è oltre il massimo della potenza,
dove si spreca anche maggiore energia.
-Il Rendimento Termodinamico aumenta perché le
accensioni sono vicinissime e non c’è dispersione di calore.
-Il Rendimento Meccanico si abbassa aumentano gli attriti e quindi maggiori dissipazioni.
-Il Rendimentro Volumetrico crolla perché la velocità del pistone è talmenta alta che non entra
fluido.
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CO-GENERAZIONE
Una quota parte del calore prodotto da un motore viene dissipata nell’ambiente attraverso i gas di
scarico, contribuendo all’aumento dell’inquinamento termico. Un’altra parte viene intercettata dal
sistema di raffreddamento. Nel caso dei motori funzionanti a posto fisso parte di questo calore,
almeno sino al 90% ricorrendo a sistemi sofisticati, può essere recuperata per essere
successivamente utilizzata.
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SECONDA PARTE
CAPITOLO I: CENNI DI FISICA DEL
TERRENO AGRARIO
IL TERRENO E LE SUE CARATTERISTICHE
Il terreno naturale è il risultato della trasformazione della roccia madre in seguito a processi
chimici, fisico-meccanici e biologici;
Esso è definito agrario laddove si aggiunge l'intervento di coltivazione da parte dell'uomo.
Il terreno è costituito da tre componenti, fase solida, liquida e gassosa, e debbono trovarsi in
proporzioni tali da garantire condizioni igieniche e di abitabilità ottimali per lo sviluppo delle
piante coltivate.
Le usuali tecniche di sistemazione e di preparazione del terreno mirano al raggiungimento e/o al
mantenimento di queste indispensabili condizioni.
_La FASE SOLIDA è prevalente (circa il 50% del volume totale) ed è costituita da materiale
inorganico (sabbia, limo, argilla) ed organico, quest'ultimo derivante sia dalla decomposizione di
organismi vegetali ed animali (decomposizione che porta alla formazione dell'humus), sia dai
microrganismi presenti negli strati superficiali del terreno.
_La FASE LIQUIDA è costituita dall'acqua e dagli elementi minerali in essa disciolti. I
_La FASE GASSOSA comprende l'aria diffusa nel suolo, miscelata con i gas che si formano per
trasformazione di sostanze organiche ed inorganiche.
STRUTTURA
Con il termine “struttura” si intende la disposizione spaziale reciproca dei granuli che costituiscono
il terreno. In queste circostanze, alla Microporosità fra le particelle si aggiunge la Macroporosità
fra i grumi.
Essa è una caratteristica del terreno estremamente importante, in quanto i pori vengono occupati
dall'acqua o dall'aria, elementi indispensabili alla vita delle radici. Inoltre, ai fini della crescita delle
piante è assolutamente necessario che aria e acqua siano presenti in proporzioni equilibrate e, in
particolare, la prima non dovrebbe occupare mai meno del 15-20% dei pori.
MICROPOROSITÀ E MACROPOROSITÀ.
Ancor più del valore assoluto della porosità hanno grande importanza la forma, la dimensione e la
distribuzione dei pori.
Si definisce MICROPOROSITÀ il volume complessivo dei pori aventi dimensioni talmente piccole
che la tensione capillare supera la gravità. Nei micropori l'acqua può essere trattenuta a lungo e
perciò la microporosità corrisponde alla capacità del terreno di trattenere l'acqua.
La MACROPOROSITÀ invece, comprende quei pori le cui dimensioni sono talmente grandi che
l'acqua percola negli strati inferiori per effetto della forza di gravità. Essa corrisponde alla capacità
del terreno di contenere aria.
Come detto, di notevolissima rilevanza è il giusto Equilibrio Fra Micro E Macroporosità, che in
condizioni ottimali dovrebbero ciascuna attestarsi intorno al 50% della porosità totale. Poiché le
dimensioni dei pori sono correlate con quelle dei granuli che costituiscono il terreno, in quelli ad
elevato tenore di argille o colloidi prevale la microporosità. L'eccesso di microporosità è temibile in
quanto provoca l'addensamento della massa del terreno, la difficoltà di scambiare calore, il
deterioramento delle condizioni igieniche e nutritive e, in definitiva, conduce alla morte le piante
coltivate. Questa situazione è tipica dei terreni compattati, ove la compattazione, come accennato,
viene principalmente determinata, nelle coltivazioni arboree, dall'azione degli organi di
locomozione e di sostegno delle macchine motrici ed operatrici adibite agli interventi colturali.
TERRENI ASTRUTTURATI.
Il terreno è astrutturato quando le particelle sono praticamente indipendenti fra loro. Questo è il
caso dei terreni sabbiosi, composti da particelle piuttosto grossolane, e di quelli limosi ed argillosi
nei quali le particelle abbiano assunto la posizione di massimo assestamento per cui gli spazi dei
vani sono tutti sotto forma di microporosità (caso di massima compattazione del terreno). È ben
comprensibile che pur essendo in presenza di terreni astrutturati, le conseguenze sulle condizioni di
igiene ed abitabilità sono ben diverse fra loro
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LO STATO DI TEMPERA
LAVORARE QUANDO IL TERRENO È IN STATO DI TEMPERA.
Affinché le lavorazioni possano produrre gli effetti benefici sul
terreno ripristinando la struttura ove necessiti, esse devono
essere svolte in condizione di adeguata umidità, cioè di
tempera. Lo stato di tempera è un periodo molto breve
terreni limo-argillosi mentre nei terreni con una maggiore
percentuale di sabbia hanno uno stato di tempera più
duraturo.
TEMPERA E ENERGIA DELLE LAVORAZIONI. La condizione di
tempera rende minima la somma delle resistenze dovute all'adesione (che si verifica appena), alla
coesione (che è minima) e agli attriti. Pertanto, le lavorazioni effettuate durante lo stato di tempera
garantiscono sia il minore sforzo durante la lavorazione, e dunque i minori consumi di energia, sia il
minore logoramento degli attrezzi.
RICONOSCIMENTO DELLO STATO DI TEMPERA. Oltre e più che per via analitica, è possibile
apprezzare lo stato di tempera in via pratica, in base modo in cui la terra lavorata aderisce
all’utensile e subito se ne distacca; il suolo si sgretola senza impastarsi e le resistenze sono minime
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CAPITOLO II
ORGANI DI SOSTEGNO
Gli ORGANI DI SOSTEGNO propriamente detti di un veicolo, detti anche PORTANTI, hanno il
compito di sostenerne il TELAIO DEL VEICOLO (ovvero il veicolo stesso) sul terreno. Questi organi
rotolano per effetto dell’attrito con il terreno.
ESEMPIO: la ruota anteriore della bicicletta non riceve il moto al proprio mozzo attraverso una
catena, ma rotola per effetto dell’attrito fra pneumatico e terreno e avanza spinta
dall’avanzamento provocato dalla ruota posteriore, che è la ruota motrice del veicolo.
ORGANI DI LOCOMOZIONE
Il movimento delle macchine sul terreno agrario avviene mediante gli ORGANI DI LOCOMOZIONE
(da taluni chiamati organi di propulsione e da altri organi di avanzamento), i quali, oltre a sostenere
il telaio della macchina, ROTOLANO per effetto del momento motore presente al loro asse e
derivato dal motore attraverso la trasmissione.
ESEMPIO: la ruota posteriore della bicicletta, che riceve il moto al proprio asse (mozzo) per effetto
della trasmissione a catena.
Nella pratica, “organi di sostegno” e “organi di locomozione” sono espressioni che spesso vengono
utilizzate indifferentemente fra loro. Il contesto consentirà di comprendere di volta in volta il
significato con certezza.
PNEUMATICI
I pneumatici RADIALI oggi rappresentano la norma.
_La prima cosa che vediamo è il BATTISTRADA, che nelle ruote motrici (e
non direttrici), è caratterizzato da scolpiture con lo scopo di aumentare
l’aderenza al terreno, in modo da facilitare il mantenimento della direzione
di marcia. Queste scolpiture possono essere a “V” (sappiamo se sono
sistemate bene e i vertici della v rotolano verso di noi), a Centro Aperto o a
Centro Chiuso
_Poi ci sono i FIANCHI, che possono essere Rigidi o Arrotondati (quelli di
oggi, sono caratterizzati da un tessitura radiale come quella nella parte
centrale). In base alla flessibilità di queste due tipologie di fianchi, quelli
arrotondati hanno prestazioni totalmente diverse ed un impatto sul terreno
totalmente diverso dai vecchi pneumatici rigidi. La distanza tra i fianchi di
uno pneumatico viene chiamato Corda
_All’interno abbiamo una CARCASSA che è un telaio meccanico (fatto di fili metallici). La flessibilità
dei nuovi pneumatuci è data anche dalla costituzione di questa carcassa
Questa caratteristica dei fianchi flessibili comporta:
1 Maggiore area della superficie di impronta a parità di carico verticale dello pneumatico;
2 Maggiore volume d’aria all’interno dello pneumatico.
Come vedremo in seguito, con l’uso dei pneumatici radiali si ottiene una riduzione proporzionale
della pressione di gonfiaggio e della pressione sul terreno, con importanti vantaggi agronomici.
Altri pneumatici, chiamati con termine anglosassone TERRA–TYRES, contraddistinti da notevole
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larghezza, richiedono pressioni di gonfiaggio ancora più basse rispetto a quelli radiali, con vantaggi
ancora maggiori; tuttavia, essi sono poco utilizzati a causa dell’elevato costo di acquisto.
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Devono presentare queste scanalature e in italia la maggior parte delle trattrici sono a DOPPIA
TRAZIONE DT (anteriori e posteriori sono motrici e di locomozione).
Con Q = parte del peso della trattrice che grava sullo pneumatico (e che è contrastata dalla
pressione di gonfiaggio);
Ai = Area dell’impronta (dello pneumatico sul piano di appoggio).
Q
Sostituendo, si avrà===== Pt =r ×
Ai
Dunque, poiché Pt e Ai sono fra loro inversamente proporzionali, Pt sarà minore se Ai cresce. Per
questo Pt è massima nei pneumatici rigidi delle auto d’epoca e decresce dagli attuali pneumatici
radiali ai terra tyres.
Domanda: perché in bici da corsa H = 7 bar, su mtb H = 3 bar, se il ciclista è sempre lo stesso?
Gli pneumatici con impronta ridotta (qui gli anteriori) esercitano maggiore Pt e dunque di maggiore
costipamento del terreno. Ove le ruote siano anche motrici, esercitano anche effetto di taglio per
via degli immancabili slittamenti.
L’area dell’impatto viene data anche dalla flessibilità dello pneumatuco
Le ruote piccole, perché devono reggere
un certo peso, devono essere gonfiate ad
una pressione maggiore di quelle grandi
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Gli pneumatici hanno una propria pressione di gonfiaggio di fabbricazione. Non possono avere un
valore fisso dove non si può aumentare ne diminuire
CINGOLI METALLCI
Un sistema cingolato è composto da: CARRELLO PORTACINGOLO e
CINGOLO.
__CARRELLO PORTACINGOLO. Ruota motrice (è sempre posteriore),
ruota di rinvio o tendicingolo, rulli portanti, rulli di sostegno, telaio
che collega tutti questi elementi.
__CINGOLO. È costituito da una catena metallica articolata
(CATENARIA) tra le cui maglie di acciaio si inseriscono i denti della
ruota motrice, posta parte posteriore del veicolo.
__PATTINO. Ognuna delle Maglie d'acciaio del cingolo presenta nella
parte superiore un Pattino o suola, in acciaio, munito di Costola
D'aderenza: sporgente per aumentare l’aderenza sui terreni,
arrotondata nei cingolati industriali, per consentire gli spostamenti
senza danneggiare il manto stradale.
__RULLI PORTANTI. Posti inferiormente, la funzione è quella di scaricare sul
terreno nel modo più uniforme possibile il peso della macchina.
__RULLI DI SOSTEGNO. Situati nella parte superiore, sostengono il cingolo,
sono molto utili in quanto rallentano i processi di usura della catenaria.
Il peso di una trattrice cingolata viene scaricato sul terreno in maniera pressoché uniforme
grazie ai numerosi punti di contatto con il terreno stesso: le ruote anteriore e posteriore e i rulli
portanti. In una trattrice a ruote il peso si scarica sul terreno in corrispondenza delle quattro ruote
e, perciò, a parità di peso la compattazione del terreno si ripercuote molto più in profondità
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Rumorosità
Lentezza nei trasferimenti
Obbligo di montare le Soprassuole in caso di trasferimento su superfici stradali
CINGOLI IN GOMMA
Relativamente recenti, i CINGOLI IN GOMMA coniugano i vantaggi delle ruote
pneumatiche e dei sistemi cingolati. Le trattrici che ne sono dotate presentano il
vantaggio della velocità nei trasferimenti, del notevole sforzo al gancio durante
il lavoro e della silenziosità durante la marcia.
Ci sono due tipologie
TRAZIONE PER ATTRITO. È caratterizzata da attrito fra la ruota motrice e il
nastro di gomma, dotato di Costole Guida che corrono lungo
scanalature ricavate sulla ruota di trazione
TRAZIONE POSITIVA. È caratterizzata da un sistema ad ingranaggio fra
il nastro di gomma, che nella parte inferiore è dotato di costole di
trazione e la ruota motrice. Nel complesso, si tratta di un dispositivo
molto simile a quello dei sistemi cingolati metallici
I Sovracingoli sono costituiti da catene snodate leggere e possono essere montati sulle trattrici a
ruote pneumatiche (per lo più) isodiametriche, in modo da collegare le ruote di una medesima
fiancata con l'effetto di incrementare l’aderenza del veicolo
Ruote a gabbia (foto sotto). L'aggrappamento al terreno si deve a barrette trasversali saldate a due
nastri piegati a cerchio.
Ruote a cunei. Cunei portati da un nastro metallico piegato a cerchio; sono impiegate in risaia.
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VEICOLO A CUSCIN O D’ARIA. Sono molto efficaci per problemi come il compattamento del
terreno in particolari suoli come quello delle risaie sommerse. Il prototipo è dotato di un getto
d’aria e la pressione esercitata è di 0,01 bar
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CAPITOLO III: CENNI SULLE REAZIONI FRA GLI
ORGANI DI SOSTEGNO E DI LOCOMOZIONE ED
IL TERRENO AGRARIO
ADERENZA
L'aderenza Ra viene definita come la resistenza di attrito radente che si sviluppa sulla superficie di
contatto tra l'organo di locomozione e il piano del moto durante il movimento:
Ra = ka α ∙ Q [N]
ka = coefficiente di aderenza;
Q = peso complessivo della trattrice;
α = quota parte del peso della trattrice che si scarica sul terreno attraverso gli organi di
locomozione (cioè attraverso le ruote motrici).
L’aderenza è indispensabile per il moto. La locomozione di un veicolo avviene grazie all'aderenza
che si stabilisce fra gli organi del movimento (cingoli metallici o di gomma, ruote motrici
pneumatiche o metalliche, etc.) e il piano del moto.
COEFFICIENTE DI ADERENZA
I valori di ka sono sperimentali e sono reperibili nella letteratura tecnica.
Essi sono riportati in Tabelle A Doppia Entrata, nelle quali vengono incrociate le tipologie di piano
del moto con le tipologie di organi di locomozione
Nel punto di incrocio si legge il valore numerico dell’aderenza quando un dato organo di
locomozione transita di un dato terreno.
Il coefficiente di aderenza – ka - NON deve essere confuso con il coefficiente di attrito radente:
hanno significati e valori differenti.
FATTORE α
Per quanto attiene α, esso può assumere i seguenti valori:
α = 100 % (100/100, cioè 1) per le trattrici a 4 ruote motrici (4RM) dette anche a doppia trazione
(DT) e per le trattrici cingolate. Ciò in quanto in queste trattrici tutto il peso della trattrice (ovvero il
100% di Q) si scarica sul piano del moto attraverso ruote motrici (o i cingoli).
α = 50%-60% (50/100-60/100, cioè 0,5 – 0,6) per le trattrici 2RM ovvero a trazione semplice (su un
solo asse, sigla: ST) in condizioni statiche;
α = 80% - 85% in movimento per le trattrici 2RM (ST), poiché in movimento parte del peso si
trasferisce posteriormente sulle ruote motrici.
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PESO ADERENTE
Definizione. Il peso aderente - Qa - è quella parte del peso della trattrice utile ai fini dell’aderenza:
Qa = α ∙ Q [N]
Esempio: il peso aderente di una trattrice di peso totale 200 kN sarà, ove DT ancora uguale a 200 kN
(200 kN ·1 = 200 kN); ove ST, in condizioni statiche potrà divenire 100 – 120 kN, in condizioni
dinamiche potrà essere compreso tra 160 – 170 kN.
SFORZO DI TRAZIONE
ADERENZA E SFORZO DI TRAZIONE.
L’aderenza - Ra - è estremamente importante perché ad essa corrisponde al massimo sforzo di
trazione (o sforzo al gancio) Fg - di cui il veicolo sarà capace: Fg = Ra [N]
L’aderenza può essere AUMENTATA agendo sui fattori presenti nella nota relazione:
Fg = Ra = ka α ∙ Q [N].
• AUMENTANDO IL VALORE DEL COEFFICIENTE DI ADERENZA. Quest'ultimo dipende dal tipo
e dalle condizioni delle superfici a contatto ovvero dalle caratteristiche sia dell'organo di
locomozione, sia del piano del moto. Perciò, detto coefficiente può essere aumentato mediante
costolature, applicati alle ruote o ai cingoli; ma si potrà agire anche sul terreno, per esempio
evitando di lavorarlo – e dunque di renderlo soffice - nel periodo che precede lavorazioni che
richiedano un elevato sforzo di trazione. Un aumento del ka può essere ottenuto anche utilizzando
H
pneumatici con un basso rapporto di forma:
b
• AUMENTANDO IL PESO ADERENTE
a) di solito, si applicano zavorre in ghisa (una lega assai pesante, costituita di ferro e carbonio)
anteriormente. Con la zavorratura si può aumentare il peso della macchina fino del 40%.
b) utilizzando Macchine Operatrici applicate al sollevatore idraulico anziché trainate.
Applicando le macchine operatrici al sollevatore idraulico, una parte del peso delle macchine
operatrici viene scaricato sulle ruote posteriori della trattrice (che sono sempre motrici), con
l’effetto di aumentare il peso aderente e di conseguenza lo sforzo di trazione.
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SLITTAMENTO E PATTINAMENTO
ROTOLAMENTO SUL TERRENO AGRARIO
L’aderenza condiziona il rotolamento di una ruota, sia motrice che non motrice. Nel rotolamento
puro (cioè senza SLITTAMENTO, né PATTINAMENTO) la velocità periferica della ruota è uguale alla
velocità di traslazione della ruota. In altre parole, dopo una rotazione completa, l'avanzamento
della ruota sarà di uno spazio pari alla circonferenza. Tuttavia, in condizioni reali ciò non succede
mai poiché vi sono perdite di aderenza che comportano slittamento e pattinamenti
SLITTAMENTO.
Si ha slittamento quando dopo una rotazione completa della ruota motrice, l'avanzamento della
ruota (ovvero del veicolo) sul piano del moto è minore della circonferenza stessa
S < S0
Lo slittamento riguarda solo le ruote motrici. Solo queste ruote, infatti, sono “costrette“ a rotolare
dal momento motore applicato all’asse, e lo slittamento interviene quando si ha perdita di
aderenza fra il battistrada e il piano del moto;
_S0 = 2πr, ovvero lo spazio che sarebbe stato percorso in una rotazione nel caso di ROTOLAMENTO
PURO;
_S = lo spazio effettivamente percorso
Si verifica quando l'organo di locomozione esercita sul terreno uno sforzo superiore all'aderenza
Fg > Ra
Nel caso di SLITTAMENTO PURO si avrà rotolamento senza avanzamento, ovvero l'organo di
locomozione ruota intorno al proprio asse, ma non si sposta nello spazio. S0 – S = S0 - 0 = S0
Il COEFFICIENTE DI SLITTAMENTO σ (“sigma”) è dato dal rapporto:
Le ruote di sostegno non possono slittare, in quanto al loro asse non perviene la coppia del
motore.
Occorre tuttavia sapere che , in condizioni reali, tra gli organi di locomozione e il terreno vi è
sempre presenza di slittamento e, anche se appare contraddittorio, il massimo sforzo di trazione
viene erogato quando lo slittamento raggiunge qualche punto percentuale
Oltre, si avrà logoramento degli organi di locomozione, innalzamento dei consumi energetici e di
tempo per unità di lavoro portato a termine.
PATTINAMENTO.
Nel rotolamento con pattinamento l'organo di locomozione compie, durante una rotazione
completa, un tragitto superiore alla sua circonferenza; nel PATTINAMENTO PURO esso avanzerà
senza ruotare.
Questo è il caso tipico della perdita di aderenza durante l’azione di frenatura di ruote, sia di
locomozione che di sostegno; il fenomeno è particolarmente vistoso in caso di frenatura su strada
innevata, oppure sul terreno fangoso o comunque cedevole.
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COMPATTAZIONE E TAGLIO
CAPACITÀ PORTANTE DI UN TERRENO
DEFINIZIONE IN GEOTECNICA. In Geotecnica (la disciplina che tratta il comportamento delle terre
nella loro sede naturale (terreni)), la PORTANZA o CAPACITÀ PORTANTE è la capacità di un terreno
di sopportare le sollecitazioni di compressione verticale dovute ad un carico sovrastante.
DEFINIZIONE PER I TERRENI AGRARI. La portanza è forza per unità di superficie (N/m2 ) che il
terreno è in grado di sopportare senza alterazioni dannose per la struttura. Essa è connessa alla
Costituzione, alla Struttura, al Contenuto Di Umidità.
La PORTANZA oltre a consentire il transito dei mezzi, dovrà dunque essere connessa alla capacità di
mantenere le condizioni di igiene e di abitabilità anche dopo il compattamento dovuto ad un
carico sovrastante (transito di mezzi meccanici).
Molto studiata la capacità portante in campo militare, con l’obiettivo di prevedere se un terreno
può consentire il transito dei carri, senza particolari riguardi per le conseguenza sull’ambiente.
COMPATTAMENTO E TAGLIO: CAUSE
COMPATTAMENTO. È una azione dovuta al transito degli OO. di SS. e/o di LL. Provoca
diminuzione della macroporosità e incremento della microporosità, in caso di
passaggi ripetuti di veicoli pesanti e in particolare in caso di terreno argillo – limosi e
umidi.
Nei terreni compatti prevale la microporosità; l’aumento della densità nello strato
inferiore ostacola l’approfondimento delle radici e può causare la morte della pianta
TAGLIO. È una azione dovuta al transito degli OO. di LL., per via dello slittamento, tipico di questi
organi. In caso di slittamento in situ (senza avanzamento) su terreni cedevoli (limo – argillosi umidi),
l‘azione di taglio provocherà l’affondamento del veicolo e il danneggiamento della struttura.
COMPATTAMENTO E TAGLIO: RIMEDI
Prendiamo il caso di un terreno fangoso: La ruota motrice esegue un AZIONE DI TAGLIO
quando la ruota gira intorno al suo asse ma non esegue spostamento (SLITTAMENTO
PURO) facendo refluire il terreno ai lati
RIMEDI NEI SEMINATIVI. Nei terreni seminativi si effettueranno lavorazioni a
profondità maggiore (RIPUNTATURA) dello strato compattato. Tuttavia, ad ogni
passaggio di trattrice corrisponde un ulteriore compattamento degli strati profondi.
Fra gli accorgimenti volti alla prevenzione nei terreni seminativi è l’impiego di pneumatici a
bassa pressione, o meglio dei terra tyres
RIMEDI NEGLI IMPIANTI ARBOREI. Le specie sempreverdi da frutto sono molto sensibili all’asfissia
radicale provocata dal costipamento del terreno per transito dei veicoli. Né possono essere
effettuate lavorazioni profonde, per la presenza dell’apparato radicale. Il rimedio è pertanto
strettamente connesso alla corretta gestione delle operazioni colturali, al fine di prevenire i danni
da costipamento del terreno.
Negli impianti arborei si riducono i transiti e le lavorazioni del terreno, ove possibile si
mantiene il prato erboso e si sostituiscono con le trinciature delle infestanti, specie se il
terreno è ancora umido (primavera).
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CAPITOLO IV: LE MACCHINE AGRICOLE
LA TRATTRICE
DEFINIZIONE. La Trattrice è una centrale mobile di potenza. Ovviamente, può essere utilizzata anche
a postazione fissa, per esempio per sollevare acqua a fini irrigui.
Trattrici o Trattori. Per quanto riguarda le macchine motrici impiegate in agricoltura, quando la
velocità max è compresa fra 33 e 40 [km/h] si dovrà impiegare la dizione Trattrici Agricole.
Questa dicitura, infatti, è prevista dal Codice dalla strada.
Con il termine Trattore viene indicata una motrice per il traino stradale.
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CARATTERISITCHE FISICO-GEOMETRICHE
MASSA: quantita di materia di una trattrice, ce la possiamo
trovare con il peso
CARREGGIATA Bc: distanz tra due spigoli esterni
PASSO Bp: distanza tra punti omologhi di una ruota anteriore e
posteriore
ALTEZZA TOTALE Ht
LUCE LIBERA Hi
Di progetto e/o sperimentali:
ALTEZZA DEL BARICENTRO Ha
DISTANZA DEL BARICENTRO DALL’ASSE POSTERIORE Ba
INGOMBRO: dimensioni massime trasversali e longitudinali
Molto importante nelle spedizioni
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RISCHI DI INFORTUNI
RIBALTAMENTO LONGITUDINALE O
RIBALTAMENTO
1 - Il rischio di ribaltamento
longitudinale si contrasta con le
zavorre anteriori.
2 - Il punto di applicazione del
timone della MO alla barra di traino della Trattrice deve essere ad altezza inferiore all’asse delle
ruote
3 - Si parte con marce alte e poco acceleratore, soprattutto in salita
4 - Se in pendenza, si lavora in discesa!
5 - Le operatrici applicate al sollevatore idraulico posteriore debbono essere di peso adeguato alla
trattrice, corte, con braccio corto
RISCHIO DI RIBALTAMENTO TRASVERSALE
Avviene quando si fa una lavorazione verso le curve di livello e la
trattrice ruota quando l’angolo della pendenza sarà uguale
all’angolo limite L che si crea tra la Forza Normale N e la Forza
Peso Q. Questo lo chiameremo PUNTO DI ROTAZIONE ( = L)
Nelle Trattrici A Ruote il punto di rotazione è rappresentato dal
Centro Dello Pneumatico.
In quelle A Cingoli il punto di rotazione è rappresentato dal bordo
esterno del cingolo, per cui a parità di ingombro laterale,
disponendo di una base maggiore, queste sono più sicure delle trattrici a ruote
Dunque: Carreggiata larga – baricentro basso (trattrici tipo «montagna)
Nell’aratura secondo le curve di livello rischio … c’è sempre! Tranne su pendenze molto contenute,
lontane dall’angolo limite attenzione!
NON bisogna considerare la pendenza media del piano, ma quella che può essere improvvisamente
assunta: - a valle per i cedimenti del terreno o degli pneumatici - a monte per la presenza di una
pietra, che innalza la pendenza
RIMEDI
Strutture di protezione – ROPS. Per contrastare il rischio di schiacciamento
che consegue al ribaltamento della trattrice si adottano strutture in grado di
garantire un adeguato volume limite di deformazione DLV e che sono definite
ROPS Rolling Over Protective Structures. Può trattarsi di un arco, di un telaio,
di una cabina dotata internamente del telaio.
Strutture di protezione - FOPS. Con le trattrici possono essere condotte
operazioni che presentano rischi di caduta di gravi ed in questo caso occorre
una specifica struttura di protezione: Falling Objects Protective
Structures - FOPS . Se è presente una cabina, la FOPS sarà
montata al di sopra o, in funzione del rischio previsto, anche
lateralmente o frontalmente.
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RISCHI ERGONOMICI
Il rischio ergonomico è legato al concetto di Ergonomia, che secondo quanto espresso dall’I.E.A.
(International Ergonomics Association) , è la scienza studia e analizza l’interazione tra uomo e
macchine. Sulla postazione di lavoro di qualsiasi macchina, questi rischi sono quelli che attengono la
salute e le eventuali malattie croniche che possono indurre, quali: Rumori, Vibrazioni, Posture,
Sedute, Illuminazione, Posizione dei comandi (è normata)
Rumore (pressione sonora) < 85 dB(A)
Vibrazioni:
bassa frequenza: < 10 Hz
alta frequenza: > 15 Hz
L’esposizione prolungata alle vibrazioni di bassa frequenza (mal dei trasporti) e ad alta frequenza
provocano danni al corpo umano
Il sedile deve essere munito di dispositivi per lo smorzamento delle virazioni (silent – block)
TRATTRICI SPECIALI
_SNODATE: Nelle snodate, lo snodo centrale, ubicato al centro del telaio, fra le parti
anteriore e posteriore della trattrice, facilita la svolta, pur rendendola pericolosa per
possibili danni alla caviglia del conducente distratto dovuti all’effetto cesoia e anche
per la possibile perdita di aderenza della ruota anteriore esterna. Le snodate hanno
ruote delle stesse dimensioni (isodiametriche) e sono dotate di presa di potenza
dipendente (dal cambio). Possono essere PICCOLE o
GRANDI
_SCAVALLATRICI (vendemmiatrice), Le scavallatrici passano a
cavallo dei filari delle colture arboree.
_TRAMPOLI (ortive): i trampoli passano a cavallo dei filari delle colture
erbacee
_A GUIDA REVERSIBILE: Le reversibili hanno il posto di guida (sedile,
sterzo e comandi) in grado di ruotare di 180°, accorgimento
utile per la guida in avanti procedendo a marcia indietro
(serve per utilizzare certe raccoglitrici senza calpestare il prodotto con le ruote,
per certe trinciatrici, ecc.).
_PORTATTREZZI:
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LE MACCHINE OPERATRICI
DEFINIZIONE. Le macchine operatrici (MO) sono quelle macchine che per svolgere la loro azione
necessitano della potenza fornita da una macchina motrice. In agricoltura, dalle trattrici.
DISLOCAMENTO DELLE MO. Le MO agricole per dislocarsi devono essere applicate ad una trattrice
mediante appositi dispositivi ovvero alla barra di traino – MO trainate - o al sollevatore idraulico –
MO portate o semiportate.
AZIONAMENTO DELLE MO. Se le MO presentano organi mobili che debbono essere azionati da
motore della trattrice (pompe, zappatrici, spandiconcime ecc ecc), essi riceveranno la potenza dalle
prese di potenza e i giunti. Il più diffuso giunto per il trasferimento di potenza meccanica è il doppio
giunto cardanico.
MACCHINE SEMOVENTI. Nel caso le MO siano fornite di motori per l’autodislocamento, esse
verranno definite macchine operatrici semoventi (es. mietitrebbia, motozappa). Per le grandi
macchine operatrici semoventi (in generale le macchine raccoglitrici) viene spesso utilizzato
l’acronimo GMAOS.
Nota. Non sono MAOS quelle il cui motore a bordo aziona la macchina motrice, ma
non serve per l’autodislocamento. Esempio: non è una MAOS una irroratrice trainata
da (trattrice) e azionata da un motore a bordo dell’irroratrice stessa.
I SEMOVENTI
GRANDI MACCHINE MOTRICI SEMOVENTI – GMAOS
Appartengono le mietitrebbie, le scuotitrici, le scavallatrici
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TERZA PARTE
LE POMPE IDRAULICHE
DEFINIZIONE. Le pompe idrauliche sono macchine attraverso le quali L’energia Meccanica ceduta da
un motore viene trasformata in Energia Idraulica E ceduta a sua volta ad un liquido affinché questo
possa spostarsi anche contro il GRADIENTE DI PRESSIONE NATURALE (per esempio, da un punto
basso verso uno più alto). Nel linguaggio comune con il termine “POMPA” spesso si intende
l’insieme costituito dal motore e dalla pompa vera e propria.
FUNZIONE. Le pompe forniscono ai liquidi l'energia necessaria per il loro trasferimento a quota più
elevata del punto di prelievo dell’acqua e/o a pressione maggiore di quella atmosferica (contro
gradiente di pressione)
Le pompe vengono utilizzare per IRRORAZIONE, IRRIGAZIONI, BONIFICHE E DRENAGGI,
ALLEVAMENTI ZOOTECNICI ED ALTRI SCOPI
PORTATA DI UNA POMPA
DEFINIZIONE. La portata di una pompa irrigua esprime il volume di acqua spostata dalla pompa
stessa nell’unità di tempo.
UNITÀ DI MISURA. Con il giusto riferimento al S.I.:
Tuttavia, nel campo dell’irrigazione, spesso le unità di misura della portata viene espressa in
relazione all’entità della portata stessa.
Per le Basse Portate dei Gocciolatori si ricorre ai L h -1 ,
Per le Pompe Delle Macchine Irroratrici ai L min-1 ,
Per le Pompe Irrigue ai L s -1 ,
Per le Grandi Stazioni Di Sollevamento utilizzate nella bonifica ai m3 s -1 .
DESCRIZIONE E CAMPI DI APPLICAZIONE
DESCRIZIONE SINTETICA.
Vi sono più tipi di pompe, tuttavia una pompa idraulica può essere descritta come un Involucro che
contiene al suo interno una Parte Mobile, a cui è affidato il trasferimento del liquido, il quale
entrerà nella pompa da una bocca aspirante o ASPIRAZIONE e uscirà da una bocca premente o
MANDATA.
TIPI DI POMPE.
CENTRIFUGHE. Una CARCASSA (l’involucro) contiene la GIRANTE, che viene posta in rotazione da un
motore e durante la rotazione cede energia al liquido. Utilizzate nell’irrigazione e nella bonifica.
VOLUMETRICHE A MOTO ALTERNO. Un pistone, messo in moto mediante manovellismi da un
motore, aspira e manda volumi definiti di liquido. Utilizzate nelle Macchine Irroratrici, anche ad alta
pressione (20 - 50 bar).
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POMPA CENTRIFUGA
Una pompa centrifuga è costituita da un elemento esterno che prende il nome di CARCASSA, al cui
interno si trova una GIRANTE. Quest’ultima viene posta in rotazione dal motore. Per effetto della
forza centrifuga, l’acqua contenuta nei suoi vani (immessa prima dell’avvio della pompa) viene
lanciata verso la periferia della parte interna della carcassa, e sfuggirà all’esterno della carcassa
dall’apertura della MANDATA, avviandosi lungo la condotta di mandata, sino a punto di uscita
all’esterno.
Uscendo dalla carcassa, attirerà altra acqua al suo posto (proveniente dal corso d’acqua di
approvvigionamento) e il sistema di pompaggio si innescherà.
Per l’innesco delle p.c. è indispensabile riempire d’acqua la Carcassa e il Tratto Di Aspirazione prima
della partenza.
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POMPE CENTRIFUGHE
AUTOADESCANTI
Nella Pompa centrifuga autoadescante a condotta unica; si
aspira il liquido grazie al materiale di costruzione e alla
particolare forma della girante che in questo caso è «aperta»
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Nelle pompe c. autoadescanti a doppia condotta» un flusso d’acqua di portata ridotta, ma ad alta
velocità e pressione viene inviato verso la valvola di fondo.
Grazie ad un dispositivo Venturi si induce l’aspirazione del liquido contenuto nel pozzo verso la
pompa e da questa alla mandata
TABELLE
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Dove:
γ = Peso specifico del liquido (per l’acqua può considerarsi pari all’unità)
Q = Portata [l s-1]
H = Prevalenza totale[m]
ηtot = Rendimento totale, che nelle pompe centrifughe oscilla da 0.5 a 0.8
Esempio 1: Calcolare la potenza del motore necessaria per sollevare 13 litri s -1 alla pressione
corrispondente alla prevalenza di 55 metri con una elettropompa monoblocco.
Esempio 2: Calcolare la potenza del motore necessaria per sollevare 13 litri s -1 alla pressione
corrispondente alla prevalenza di 55 metri con una elettropompa sommersa a più giranti.
Soluzioni: Posto γ = 1 e posto ηtot = 0.6 nel primo caso e 0.5 nel secondo sarà sufficiente inserire i dati
del problema al posto di Q e H.
Commento: Come si può vedere il diverso ηtot incide non poco sulla potenza meccanica.
_Nel primo caso la seconda pompa si trova IN CASCATA alla precedente, ad una distanza che
dipende dalle caratteristiche dell’impianto, e agisce sull’acqua spinta dalla prima pompa. Questo
sistema, adeguatamente progettato, può essere utilizzato per incrementare la prevalenza ove
necessario; per esempio, una pompa centrifuga può essere sistemata in superficie, in serie ad una
pompa sommersa.
_Due o più pompe centrifughe possono essere montate in parallelo quando, posizionate ciascuna
presso il proprio Punto Di Attingimento (es. vasche), la portata d’acqua da ciascuna sollevata
confluisce verso una unica condotta. Conseguentemente, la Portata Delle Pompe si somma e perciò
il sistema viene utilizzato quando è necessario disporre di una portata complessiva maggiore
rispetto alle singole portate.
POMPE VOLUMETRICHE
TIPI. Si distinguono in Pompe A Moto Alterno e Pompe Rotative.
FUNZIONAMENTO. Le pompe volumetriche sfruttano la variazione di volume all’interno di una
cavità per aspirare e spingere il liquido verso il tubo di mandata.
CAMPO DI APPLICAZIONE. Le pompe volumetriche sono utilizzate in dotazione alle irroratrici e
ovunque siano necessarie portate ridotte (che si possano esprimere il l min-1) e pressioni elevate
(fino a 50 bar e oltre).
POMPE VOLUMETRICHE A MOTO ALTERNATO
Un pistone, messo in moto mediante manovellismi da un motore, aspira e manda volumi definiti di
liquido. Utilizzate nelle Macchine Irroratrici, anche ad alta pressione (20 - 50 bar) Le pompe
volumetriche a moto alterno sono AUTOADESCANTI, cioè in grado di aspirare il liquido dalla Fonte Di
Approvvigionamento (purché il dislivello sia qualche metro al di sotto della pressione atmosferica
ovvero di una colonna d’acqua pari a 10,33 m), tanto che non è necessario riempire di liquido il
Tratto Di Aspirazione (procedura indispensabile per le pompe centrifughe, che invece non sono in
grado di esercitare una aspirazione vera e propria). Per comprendere il fenomeno basta riferirsi ad
una comune siringa, che sarà in grado di aspirare il liquido non appena il pistone verrà mosso verso
l’estremità del cilindro.
DISPOSITIVI PARTICOLARI. Per rendere costanti le portate in uscita dalle pompe volumetriche a
moto alterno viene montato un COMPENSATORE IDROPNEUMATICO nel quale una membrana
elastica spingerà il liquido verso il tubo di mandata sostituendo la fase
di spinta esercitata dal pistone quando questo si troverà nella fase di
aspirazione. Per un corretto funzionamento questo dispositivo dovrà
essere caricato con aria compressa alla pressione di circa il 70% di
quella di esercizio
POMPA VOLUMETRICA ALTERNATIVA A STANTUFFO TUFFANTE.
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POMPA AD IDROINIETTORE
Il sistema di pompaggio con idroiniettore viene utilizzato
come riempimento rapido del serbatoio.
Una parte del liquido, anche esigua, viene inviata ad alta
velocità lungo una condotta [4] munita di Tubo Venturi [5]
all’estremità. Se la condotta è in collegamento (mediante
altra condotta) con il corso d’acqua o la vasca di
approvvigionamento [2] l’acqua qui presente verrà
aspirata.
Poiché in caso di scarsità di liquido nel serbatoio il sistema
si può disinnescare e la miscela inquinante può refluire nel
corso d’acqua, è obbligatorio montare una Valvola Di Non
Ritorno [2].
Con questo sistema una pompa volumetrica può giungere
a triplicare la sua portata. Come esempio: un serbatoio di
1000 L potrà essere riempito in 5 minuti.
POMPA A SPALLA
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MACCHINE TRINCIATRICI
DEFINIZIONE.
La trinciatrice è una macchina operatrice, traslata ed azionata da una trattrice agricola per la cura
delle colture con il fine di eliminare:
_Residui Colturali,
_Infestanti Radicate (erbacee, arbustive e piccole piante arboree),
_Campi Di Erba (come le are destinate alle attività sportive quali il gioco del calcio, il golf, ecc)
Si distingue, per forma e funzione, dalle trinciatrici che operano nei cantieri di raccolta delle
coltivazioni erbacee da insilato, spesso semoventi
DESCRIZIONE
La trinciatrice è una macchina operatrice applicata al sollevatore
idraulico posteriore della trattrice, o più raramente, a quello
anteriore.
_Della macchina è ben visibile il CARTER, di forma allungata e che
copre il sottostante ROTORE che, a sua volta, porta gli utensili per la
trinciatura. Su un lato del carter vi è il coperchio che copre le Pulegge della trasmissione.
_Il coperchio e, dall’altro lato, una lamiera verticale, impediscono la proiezione laterale del
materiale lanciato dal rotore durante la trinciatura.
_Applicate alla parte inferiore delle coperture laterali (coperchio da una parte e lamiera dall’altra),
vi sono le SLITTE LATERALI, organi di regolazione della quota di lavoro. La regolazione della quota
è importante, perché gli utensili delle trinciatrici di norma non devono toccare il terreno ma se la
quota del rotore è eccessiva il rischio di lancio dalla parte anteriore della trincia aumenta.
_Sul davanti e inferiormente il carter è ben visibile una fila di BANDELLE. Le bandelle sono sorta di
sportellini rettangolari di lamiera, incernierati sul lato superiore e che ruotano verso l’interno per
fare accedere le ramaglie; dopo il passaggio di queste, tendono a richiudersi, tenendo in tal modo
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chiusa la luce anteriore dalla quale potrebbero sfuggire pietre o legni lanciati in avanti durante il
lavoro. Al posto delle bandelle possono trovarsi CATENE PESANTI nelle trinciapietre e nelle
trinciatrici di materiali radicati (arbusti, ecc), la cui robustezza distruggerebbe in brevissimo tempo
le bandelle. Si possono trovare CATENELLE (catene leggere) per materiali radicati di modesta o nulla
consistenza (erbai). In ogni caso, le catene (pesanti o leggere che siano) non si potranno trovare
nelle trinciatrici per materiali non radicati, come i residui della potatura, perché le trascinerebbero
in avanti anziché consentirne l’accesso verso il rotore.
_Posteriormente al carter si trova un RULLO DI APPOGGIO, con funzione sia di stabilizzare la
macchina durante il lavoro, sia di contribuire a chiudere la luce posteriore, dalla quale potrebbero
fuoriuscire sassi e tronchetti eventualmente proiettati verso la parte posteriore.
La trinciatura delle ramaglie avviene sia per l’azione battente degli utensili, sia per l’effetto di
stritolamento dei materiali fra gli utensili e CONTROLAME saldate (e perciò fisse) nella parte
interna del carter.
CLASSIFICAZIONE
Vengono classificate in base alla POSIZIONE DEL ROTORE che porta gli utensili per trinciare e al
CAMPO DI IMPIEGO e dunque del materiale da trinciare: In base alla consistenza di tale materiale
varia la loro struttura, la robustezza, l’utensileria montata sulla macchina, la potenza assorbita per
metro di larghezza del fronte di lavoro.
TRINCIARAMAGLIE - operano negli arboreti per la eliminazione delle ramaglie
che residuano dalla potatura; Con crescente frequenza la trinciaramaglie è
utilizzata anche per il controllo primaverile delle erbe infestanti. Mediante
interventi condotti prima che le erbe lignifichino, si evita di lavorare il terreno,
spesso ancora eccessivamente umido, favorendone una uniforme asciugatura.
Una trinciaerba richiederebbe minore potenza al rotore e avrebbe perciò un
fronte più largo (ma non tanto da lavorare con unico passaggio fra i filari di un agrumeto); oppure a
parità di larghezza consumerebbe minore energia. Ma ogni macchina in più è un aggravio per
bilancio aziendale; per questa ragione la trinciaramaglie, ormai comunemente presente nel parco
macchine aziendale, viene spesso utilizzata al posto della trinciaerba
TRINCIASARMENTI - operano la trinciatura dei residui della potatura delle colture sarmentose (vite)
TRINCIASTOCCHI - per la trinciatura degli stocchi (residui radicati) che residuano dalla raccolta delle
colture erbacee (mais, sorgo, cotone, ec);
TRINCIAERBA – operano:
_Nel frutteto con fini di contrasto alle erbe infestanti. Il trinciaerba per frutteto ha
l’elemento centrale dotato di rotore orizzontale e elementi elementi laterali ad asse
verticale, con lame rotanti orizzontali. I due elementi laterali sono azionati da un
proprio motore idraulico, nell’immagine coperto da un coperchio di colore nero.
Ogni elemento è in grado di evitare il contatto con il tronco grazie a un sensore
idraulico, e viene riportato nella posizione originaria da un sistema a molla.;
_In pieno campo, con 2 elementi applicati al sollevatore posteriore e uno al
sollevatore anteriore. La trinciatura dell’erba richiede bassa potenza per
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metro di larghezza della macchina trinciatrice e per questo è possibile utilizzare la potenza della
trattrice operando con un ampio fronte di lavoro.
RASAERBA - per campi da gioco (calcio, golf). Contrariamente alle altre trinciatrici,
spesso si tratta di piccole macchine semoventi con il conducente a bordo, denominate
rider e il rotore è un asse verticale con una lama che muovendosi orizzontalmente
opera la trinciatura delle erbe. Può essere dotato di cassonetto per la raccolta delle
erbe trinciate.
TRINCIATRICI FORESTALI E PER LA BONIFICA - Si riconosce dalla
robustezza e dalla particolare forma del rotore. Gli utensili più diffusi
sono le mazze perché, data la gravosità del lavoro, il lungo manico di un martello si
spezzerebbe facilmente. Si notano le catene anteriori a maglie grosse. Infatti, le
bandelle non reggerebbero all’urto con gli arbusti. Lo sportello è aperto per non
ricevere i colpi dei materiali scagliati.
TRITASASSI, TRINCIAPIETRE - macchine particolarmente robuste e con utensili costruiti con
materiali ad alta resistenza, che avanzano a velocità molto ridotte (in certi casi v = 300 m/h),
destinate alla frantumazione delle pietre e delle rocce affioranti. Si utilizzano una tantum, per
bonificare un terreno dal pietrame o per trasformare in terreno agrario aree fortemente pietrose.
In genere si tratta di pietrame o roccia calcarea, tenera e dunque aggredibile dagli organi rotanti di
queste macchine.
TRINCE SPECIALI
A) Trincia portata dal sollevatore, con dispositivo che
consente la rotazione del punto di applicazione, per
trinciare materiale presente sugli argini dei piccoli
canali irrigui o di bonifica
B) Trinciatrici ad azionamento idraulico, portate da
braccio brandeggiabile, per contenimento di siepi o
per trinciatura lungo argini profondi di canali di
bonific
CATENA CINEMATICA
Il moto perviene dalla trattrice mediante il doppio giunto cardanico (non
in figura). Si intravedono l’alberino a 6 scanalature al centro della
controcuffia, e la retrostante scatola che contiene la coppia conica per il
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rinvio del moto a 90°, cui segue il tubo - manicotto (verde) che copre l’albero di trasmissione, il
coperchio laterale, rastremato verso il basso perché la puleggia inferiore, contenuta all’interno, è di
diametro minore rispetto alla puleggia superiore (con effetto moltiplicatore di giri) rispetto ai 540
giri min-1 della pdp
TRINCIATURA
La trinciatura delle ramaglie avviene per l’azione battente di appositi utensili (coltelli, mazze,
martelli, in figura coltelli riuniti in coppia) portati da un rotore, azione spesso coadiuvata
dall’effetto di stritolamento dei materiali fra gli utensili e CONTROLAME SALDATE (e perciò fisse)
nella parte interna del carter che ricopre il rotore (non visibili nell’immagine). Il senso di rotazione
del rotore è opposto a quello delle ruote della trattrice.
ANDANATURA
ANDANA. Cumulo allungato di materiale (ramaglie, fieno, ecc) di solito sistemato in tal modo in
campo per subire un successivo trattamento (trinciatura, rivoltamento e raccolta, ecc)
Prima del passaggio della trinciatrice, le ramaglie vengono di solto disposte in andane nell’interfila,
manualmente o mediante idonee macchine ranghinatrici.
RISCHI
LANCIO O PROIEZIONE. Rischio connesso la lancio di materiali, connesso al senso di rotazione del
rotore orizzontale. Questo è opposto al senso di rotazione delle ruote della trattrice.
L’informazione è molto importante perché fa comprendere che la direzione prevalente dei lanci di
materiali durante il lavoro (sassi, spezzoni di ramaglie) è in avanti, verso il conducente.
MANOVRE PERICOLOSE. Il rischio di lancio o proiezione aumenta grandemente quando il
conducente, per rimediare all’ingolfamento (l’incapacità del rotore a smaltire l’eccesso di materiale
introitato) solleva la trinciaramaglie agendo sul sollevatore idraulico. In quel momento, le ramaglie
vengono lanciate in tutte le direzioni. L’ingolfamento deve essere prevenuto adeguando la velocità
di avanzamento alla massa di materiale da trinciare.
Urto con gli utensili in movimento. Si contrasta nell’aver eliminato sportelli apribili o apribili
rapidamente
AVVOLGIMENTO. Si contrasta con le coperture delle parti rotanti.
POLVERI. Si contrasta evitando il contatto degli organi di lavoro con il terreno
Rischi specifici della trinciaramaglie sono quelli dovuti ai MOTI INERZIALI. In pratica, poiché il
rotore delle trinciatrici è dotato di grande massa, il suo moto di rotazione prosegue per inerzia
anche dopo un certo tempo dalla disconnessione del rotore dal motore per azionamento della
frizione principale. Fino a che dura la rotazione inerziale e fino a che non si disconnette
direttamente la trasmissione alla pdp agendo sulla apposita leva, accade che il moto del rotore
compie il percorso inverso e “rientra” nella catena cinematica, pervenendo alle ruote motrici e
fungendo pertanto da “motore”. Si ha un avanzamento indesiderato della motrice che può
sorprendere il conducente inesperto. La trattrice, anziché fermarsi al premere il pedale della
frizione, continuerà a procedere, sia pure lentamente, in maniera inattesa, e questo potrà dare
luogo a incidenti. Questo rischio di avanzamento accidentale per moti inerziali è rimediato dalle più
recenti catene cinematiche che alimentano la pdp e dall’impiego di doppio giunto cardanico
munito di ruota libera, dispositivo che impedisce il rientro del moto dal rotore al motore.
Anche la polvere può essere assai pericolosa per inalazione, che causa infiammazioni delle prime vie
aeree; le particelle più fini possono pervenire ai bronchi, provocando gravi patolo
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LE SEMINATRICI
DEFINIZIONE.
Le seminatrici svolgono la funzione di depositare il seme nel terreno alla quantità e con le modalità
volute.
APPLICAZIONE ALLA TRATTRICE.
Trainate o portate (modelli di peso non eccessivo); semiportate (dal sollevatore idraulico, in
modalità flottante), ove troppo pesanti per essere portate.
AZIONAMENTO.
Gli organi della semina (DISTRIBUTORI) vengono azionati da una catena cinematica che ha inizio da
ruote di appoggio al terreno e MAI dal doppio giunto cardanico della trattrice. Pertanto, la quantità
di seme dipende solo dal rapporto di trasmissione fra ruota motrice e distributori e NON VARIA con
la velocità di avanzamento.
DOPPIO GIUNTO CARDANICO. Quando è presente, il dgc aziona il Ventilatore Radiale per la
Distribuzione Pneumatica dei semi; in ASPIRAZIONE nelle Seminatrici Penumatiche Di
Precisione, in MANDATA nelle Seminatrici Penumatiche Universali.
DESCRIZIONE.
Un telaio porta una o più TRAMOGGE, i CORPI DI SEMINA, un VENTILATORE RADIALE (nelle
seminatrici a distribuzione pneumatica).
L’allestimento della seminatrice (ovvero ASSOLCATORI e ORGANI COPRISEMI) dipende dalla natura
e dalle condizioni del terreno (umidità, zollosità). I DISTRIBUTORI, che avviano il seme al terreno,
rappresentano il cuore della seminatrice.
SEMINATRICI COMBINATE.
Vengono definite s. c. quando sono presenti anche dispositivi che eseguono altre operazioni
CLASSIFICAZIONE. Le seminatrici si possono classificare:
1. In base il modo in cui distribuiscono i semi sul terreno: a spaglio o a righe;
2. In base al sistema di distribuzione dei semi
3. In base alla preparazione del terreno al momento della semina
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La DENSITÀ ALLA RACCOLTA (o Densità di Piante) Ir che si vuol trovare in campo al momento della
raccolta potrà essere stabilita in base al prodotto totale che occorre per ottenere il risultato
economico voluto. Spesso, nella pratica, Is e Ir vengono stabilite con l’esperienza.
Esempio. Per una coltivazione di favino è stata stimata una densità alla raccolta pari a 40
piante/m2 Si procede innanzitutto alla valutazione del coefficiente di germinabilità. Se questo
40 semi
fosse pari al 90% sarà: Is = = ~ 44 [ ]
0,9 m2
Il COEFFICIENTE DI GERMINABILITÀ Cg è riportato nel cartellino del seme (se si tratta di seme
certificato), ma sarà bene conoscere le consuete modalità di valutazione (integrità, umidità mediane
scorrimento sulle mani, scorrimento semi su semi, suono del seme, ecc).
DISTANZE DI SEMINA.
Per la semina di precisione, oltre ai parametri Is, Ir, Cg, occorre prendere in considerazione la
distanza fra le file (D) e la distanza dei semi sulla fila (d).
Si procede innanzitutto calcolando l’investimento di semina:
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Successivamente, si prefissa la distanza fra le file D, poiché dal punto di vista agronomico (per ragioni
connesse alla competizione, all’ombreggiamento reciproco, etc) si tratta della distanza più
importante fra le due. Fissata D, si calcola di conseguenza d, conoscendo Is. Essendo:
Si avrà
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È così possibile calcolare il numero di semi e la quantità per unità di superficie seminata (m 2 o ha).
nera) che permette di cambiare il rapporto di trasmissione fra la ruota e l’asse porta-distributori
attraverso una manopola (più giri faccio, più semi semino).
La quantità di seme si regola agendo sul cambio che varia il rappoto di trasmissione tra la ruota di
sostegno e l’asse porta-distributori
I tubi adduttori del seme (bianchi, in plastica corrugata) trasportano il seme dalla
tramoggia agli ASSOLCATORI A STIVALETTO (l’altro tipo è A FALCIONE). Gli stivaletti
quando bisogna mettere la retromarcia NON DEVE restare a terra, ma deve essere
alzata perché gli stivaletti (dai quali esce il seme) potrebbero sporcarsi di fango e quindi
il seme non esce bene.
Gli ASSOLCATORI A FALCIONE (o a Disco) sono caratterizzati da dischi che tagliano il
terreno e i residui colturali ed è per questo che vengono utilizzati su un terreno sodo
(pieno di residui colturali)
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Meccanica Agraria – Parte III – 181225 giampaolo.schillaci@unict.it
asse viene posto in rotazione dalla Ruota Di Appoggio della seminatrice attraverso una catena
cinematica.
Mentre il disco ruota, i semi contenuti nella tramoggia si adagiano nei fori in modo che su ciascun
foro si alloggia un solo seme grazie ad un dispositivo singolatore eliminerà eventuali semi in
soprannumero. Poiché i fori del distributore sono più grandi del seme e sul fondo di ciascuna
tramoggia vi è un foro, quando il seme vi si troverà in corrispondenza, cadrà sul terreno.
Nelle seminatrici di precisione le tramogge si trovano molto vicine al suolo, per minimizzare l’effetto
del rimbalzo e mantenere in tal modo la precisione della distanza reciproca dei semi.
La regolazione della quantità di seme da avviare verso il terreno avviene variando il Rapporto Di
Trasmissione.
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Meccanica Agraria – Parte I – Capp. II-III-IV-181228- Prof. Giampaolo Schillaci –giampaolo.schillaci@unict.it Cap
L’ARATRO
L’aratro è una macchina operatrice impiegata per la lavorazione del terreno. Viene ordinariamente
utilizzata per la Lavorazione Principale, profonda o mediamente profonda, nella preparazione del
letto di semina.
GENERALITÀ.
_ARATRO ROVESCIATORE L’aratro propriamente detto, caratterizzato da vomere e versoio
_ARATRO RIMESCOLATORE,è a dischi (che in realtà dischi non sono, bensì porzioni di calotte
sferiche). Possono essere azionati dalla PdP
CLASSIFICAZIONE E DENOMINAZIONI
Per tipo di organo lavorante e per azione sul terreno
ROVESCIATORE: Vomere – versoio
RIMESCOLATORE
Rotativo: con organi azionati dalla pdp
A dischi
Per numero di organi lavoranti e accoppiamento alla trattrice
MONOVOMERE TRAINATO
BIVOMERE PORTATO
TRIVOMERE PORTATO: può essere doppio (non si dice a 6 vomeri,
tre sotto e tre sopra) che permette di evitare il ritorno a vuoto.
ARATRO POLIVOMERE SEMIPORTATO
ARATRI SPECIALI
ARATRO REVERSIBILE: è caratterizzato da due versoi, uno sopra e
uno sotto
ARATRO CON VERSOIO FENESTRATO: il versoio ha delle aperture
con lo scopo di avere un minore sforzo di aderenza
ARATRO DA SCASSO: è una variante dell’aratro tradizionale e viene utilizzato per la lavorazione
straordinaria del terreno effettuata in preparazione di un impianto arboreo; consiste nel fare uno
scasso, ovvero una lavorazione molto profonda del terreno ed è molto grande. Viene fatto una
tantum
Meccanica Agraria – Parte I – Capp. II-III-IV-181228- Prof. Giampaolo Schillaci –giampaolo.schillaci@unict.it Cap IV
ARATRO ROVESCIATORE
COMPONENTI DELL’ARATRO
Il BURE è una trave rettilinea che porta i corpi
dell'aratro e anteriormente è agganciata alla trattrice.
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Meccanica Agraria – Parte I – Capp. II-III-IV-181228- Prof. Giampaolo Schillaci –giampaolo.schillaci@unict.it Cap IV
ARATURA
L'aratro rovescia il terreno portando in superficie gli strati più
profondi. Lo scopo è quello di facilitare l’arieggiamento del
terreno. Il vomere stacca una «fetta» di terreno, il versoio la
rovescia di 135° e l’appoggia alla fetta precedente, alzando la
quota del terreno. I vani fra le fette sono triangoli isosceli (45° -
90° - 45°) e il volume ivi compreso imprigionerà la massima
quantità d’aria possibile, provocando nel contempo una ossido
riduzione spinta.
Gli atmosferili provocheranno il collasso delle fette e la
microporosità sarà la massima possibile (dunque, anche l’effetto
di ossidoriduzione della S.O.)
RAPPORTO LARGHEZZA-PROFONDITA’
E’ il rapporto tra la larghezza di taglio e la profondità di lavoro. Ogni aratro ha un determinato
rapporto. Negli aratri monovomere, il rapporto è di 1,27
Questo rapporto è studiato per avere una rotazione di 135° ed intrappolare l’aria in un vano a forma
di triangolo isoscele. Più aumenta la profondità più il rapporto diminuisce
La
p
ARATRI RIMESCOLATORI
Gli aratri rimescolatori sono detti tali perché quando passano nel terreno
essi non fanno l’operazione di taglio e ribaltamento ma si limitano a
rimescolarlo (il terreno viene tirato su dal disco e poi tirato giù). Queste
tipologie di aratri possono essere
A DISCHI INDIPENDENTI: L’aratro a dischi tipo «standard» è costituito da
dischi indipendenti e inclinati. Ogni disco è tenuto da un proprio
supporto, munito di cuscinetto a sfere, grazie al quale al contatto con il
terreno può ruotare intorno al proprio asse.
A DISCHI VERTICALI: Nell’aratro a dischi di tipo «verticale» i dischi
vengono portati da un unico asse, a sezione quadrata, e pertanto
ruotano all’unisono. Possono essere azionati dalla Pdp
Gli aratri a dischi (che dischi non sono, bensì porzioni di calotte
sferiche) sono sempre dotati di Ruotino Stabilizzatore (perché i dischi
causano un momento che genere una spinta di direzione non
coincidente con quella della trattrice e questi ruotini ne contrastano la
spinta). Ogni disco è munito di Raschiafango, Cuscinetti e Dispositivi
Non-Stop (contrastano il rischio di rotture in caso di scontro con pietre
ad esempio)
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Meccanica Agraria – Parte I – Capp. II-III-IV-181228- Prof. Giampaolo Schillaci –giampaolo.schillaci@unict.it Cap IV
TECNICHE DI ARATURA
REQUISITO DELL’ARATURA
Requisito dell’aratura con l’aratro Rovesciatore è che le fette debbono essere accostate una
sull’altra e, dunque, che l’aratro rovesci la fetta sempre dallo stesso lato del campo
Per soddisfare il requisito dell’aratura, a fine campo il conducente dovrà ritornare alla capezzagna
opposta senza lavorare il terreno (Ritorno A Vuoto), accostarsi alla fetta lavorata e ripartire con
l’aratura (ARATURA ALLA PARI)
Per soddisfare il requisito dell’aratura senza incorrere nel ritorno a vuoto si utilizzano apposite
tecniche di aratura (a. A COLMARE E A SCOLMARE), altrimenti si ricorre all’aratro doppio o
reversibile, che invertendo la fila di corpi simmetrici consente di lavorare al ritorno accostando la
fetta sulla precedente
Nell’aratura, le fette di terreno sono rivoltate sempre verso lo stesso lato.
L’aratura in pianura può essere eseguita in tre modi
ARATURA ALLA PARI.
Alla pari, in un campo pianeggiante, a falda unica. . Si inizia dal confine più
alto del campo La fetta viene rovesciata sempre da un lato e sempre
verso la parte più alta del campo. Con l’aratro semplice (in figura) il
viaggio di ritorno deve essere compiuto a vuoto; con l’aratro doppio si
lavora in entrambi i sensi di marcia.
ARATURA A COLMARE.
In un campo a due falde, con un colmo al centro. Si inizia dal centro (dove c’è il
compluvio, la parte più alta del campo); si fanno passaggi sempre paralleli al primo
(si fa un passaggio a sinistra, faccio un inversione, andando dall’altro lato del
campo e poi faccio un passaggio a destra), si procede verso i bordi laterali del
campo. Gia dalle prime due fette si creerà una capannina e più si va avanti e più
lunga sara l’inversione a vuoto.
Nota importante: dunque, con l’aratura a colmare è come se il campo venisse
diviso in due parti e ognuna di esse
viene arata alla pari.
ARATURA A SCOLMARE.
In un campo a due falde, con compluvio al centro. Si parte
dal bordo (che è la parte più altra) e si fa un passaggio con
rovescio a destra. Poi si fa un inversione e si va dall’altro bordo
(sempre con rovescio a destra) e così via fino a quando non si
arriva al centro (dove fra le due fette fra loro divergenti
rimarrà aperto un solco o fosso di scolo)
Nota importante: dunque, anche con l’aratura a scolmare è come se il campo venisse diviso in
sue parti; ognuna di esse viene arata alla pari.
REGOLA GENERALE DELL’ARATURA (REGOLA D’ORO DELL’ARATURA).
In relazione a quanto visto, l’aratura alla pari, a colmare e a scolmare seguono un regola comune.
La regola d’oro per eseguire l’aratura afferma che in qualsiasi terreno di pianura, sia che presenti
una pendenza unica verso un lato del campo, o un colmo o un fosso centrale:
1) Si inizia ad arare sempre in prossimità della parte più alta del campo (bordo esterno se
campo con compluvio, linea centrale se campo con colmo)
2) Si ara in direzione parallela al primo passaggio
3) Si rivolta la fetta sempre verso la parte più alta del campo
4) Si procede, con i passaggi successivi al primo, verso il bordo più basso del campo
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Bisogna infatti non dimenticare che un campo che presenti un colmo o un compluvio, non è altro che
un campo costituito da due «sotto campi», ciascuno dei quali viene arato alla pari
ARATURA IN PENDENZA
ARATURA A RITTOCHINO. In collina, quando la pendenza trasversale supera gli 11°
gradi la fetta diviene instabile e la trattrice rischia il ribaltamento trasversale. Si fa
lungo la Linea Di Massima Pendenza. Si procede dall’alto verso il basso, con ritorno
in salita a vuoto (per stabilità e sicurezza). Anche in questo caso si tenterà di
rispettare la regola generale dell’aratura; infatti, spesso si procede obliquamente
rispetto alla massima pendenza
ARATURA DI TRAVERSO. Quando l’inclinazione del versante è α > 11° (circa 20%), la
fetta è instabile e subito dopo il passaggio dell’aratro tende a ritornare in posizione.
Per questo l’aratura di traverso viene spesso effettuata rovesciando la fetta a valle,
incrementando l’erodibilità del terreno. Per questo si lavora seguendo le Curve Di
Livello e secondo la regola generale dell’aratura (iniziare in alto – come da
numerazione - rovesciare verso l’alto). Il ritorno è a vuoto con aratro tradizionale,
oppure lavorando, se con l’aratro doppio.
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I DISCISSORI
I DISCISSORI sono una famiglia di macchine che operano tagli verticali nel terreno, con profondità
che possono raggiungere e superare 0,8 m, oppure limitarsi a 0,15 – 0,20 m (erpici).
Gli organi lavoranti sono BRACCI o ANCORE, rigide o flessibili, che portano punte adeguate all’azione
agronomica da svolgere
Possono essere Trainati o Portati
NOMENCLATURA
_RIPPER (to rip, squartare): pieno campo - spesso a elemento unico. E’ Operatrice per lo più a 1 – 3
elementi, utilizzata per lavorazioni in profondità. Sono macchine molto grandi
_CHISEL (scalpellare): Operatrice a più elementi, utilizzata in pieno campo per lavori in profondità
(minore del ripper). Sono macchine più piccole dei ripper
_SCARIFICATORE (to scarify, Incidere superficialmente): Operatrice a più elementi, utilizzata in pieno
campo per lavorazioni in profondità (minore del ripper)
_COLTIVATORE PESANTE: Operatrice a più elementi, utilizzata in pieno campo per lavori a media –
bassa profondità
_COLTIVATORE LEGGERO (erpici): Operatrice a più elementi, utilizzata per pieno campo per lavori
superficiali
RIPPER
Questi sono i discissori veri e propri e li
chiamiamo “RIPUNTATORE” quando
arriva in profondità, superando quella
di un aratro e superando quindi la suola
di lavorazione e rompendola
(RIPUNTATURA, coltivatori non
arrivano a tale profondità).
Hanno le punte a forma di un Coltello/Scalpello
_BRACCIO DRITTO (bracci): Per lavori in profondità (anche 1 m); con Ogiva per apertura di Canalino
Di Drenaggio. Ogni braccio è dotato di Bullone A Rottura in caso di ostacolo.
_BRACCIO RICURVO (ancora): Per p < 0,8 m. Visibile il pistone «non stop», così quando incontra un
ostacolo il pistone ritira l’organo di lavoro per poi riabbassarlo ad ostacolo superato
_BRACCIO INCLINATO: Per profondità minore delle precedenti, richiede meno sforzo di trazione.
Ogni braccio è dotato di Bullone A Rottura in caso di ostacolo.
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COLTIVATORI
Nei coltivatori le punte SONO TRIANGOLARI (o a forma di alette) con lo
scopo di estirpare le erbe infestanti. I coltivatori sono molto efficaci quando
le infestanti sono nello stadio di plantula (le radici sono ad un profondità
superficiale) ma non quando sono ben radicate
COLTIVATORE AD ANCORE: coltivatore pesante, portato. Le punte sono
triangolari, per effetto di «coltivazione», ovvero di arieggiamento del
terreno e estirpatura delle infestanti (vanghegge triangolari)
COLTIVATORE-ESTIRPATORE (ERPICE AD ANCORE): portato, con 9 ancore,
dotate di dispositivi «non stop» a molla di acciaio, e di punte triangolari e
larghe, idonee alla estirpazione delle erbe infestanti, in pieno campo e in
arboreto. In tutti gli attrezzi con bracci o con ancore la seconda fila ha un
elemento in più rispetto alla prima.
COLTIVATORE LEGGERO: Erpice a «denti» elastici, con punte triangolari per
lavori di rifinitura del letto di semina, o per interventi di estirpatura su terreni
leggeri e corteggio floristico di scarsa consistenza, non lignificato. Il telaio è
ripiegato per il trasporto.
Come tutte le MO che effettuano lavori superficiali, può essere definito
«ERPICE». In genere, con il termine «denti» si indica un braccio verticale corto.
Non sono utilizzati per terreni pesanti e tenaci
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LE ZAPPATRICI
La zappatrice è una macchina che ha il compito di staccare e amminutare porzioni o
zoll edi terreno. Essa azionata dalla pdp (doppio giunto cardanico), con rotore che
porta numerosi utensili di lavoro. E’ una Macchina Portata (ci sono i tre punti per
l’aggancio al sollevatore idraulico)
È caratterizzata da ZAPPETTE, che spesso hanno FORMA A L.
La parte della L, liscia il terreno e forma suole di lavorazione in condizioni di umidità
elevate nel terreno
La zappatrice è caratterizzata da uno SPORTELLO che ha lo scopo di bloccare la
proiezione posteriore di terra staccatte dalle zappette del rotore (ha il senso di rotazione concorde a
quelle della trattrice) e di amminutarle facendo così
La zappette non sono applicate direttamente al rotore ma sono applicate ed imbullonate ad una
FLANGIA, un disco forato centralmente che viene trapassato e saldato al rotore.
Quindi le zappette non libere come gli utensili delle trinciatrici. Le zappette sono posizionate in
Maniera Sfasata (una sussegue l’altra) per evitare fenomeni di vibrazione e sconquasso nel terreno
CATENA CINEMATICA
Trattrice- Doppio Giunto Cardanico– Controcuffia – scatola con Coppia Conica – Albero Di
Trasmissione - Scatola Della Trasmissione (Pulegge)- Rotore
DISPOSITIVO A FRIZIONE
Il dispositivo a frizione, integrato nella estremità del giunto che si connette alla zappatrice, protegge
il motore dalle continue variazioni di resistenza riscontrate dalle zappette durante la lavorazione e
dovute dalla variabilità del terreno.
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MOTOZAPPATRICI E MOTOCOLTIVATORI
Il motocoltivatore e la motozappa – o motozappatrice – sono macchine semoventi, in quanto il
motore serve sia per il dislocamento, sia per l’azionamento delle operatrici montate a bordo
_Nel MOTOCOLTIVATORE le ruote sono sempre montate. La macchina operatrice (qui una
zappatrice) è applicata posteriormente, in maniera fissa (con Bulloni) e non a Bracci
Idraulici. Talvolta, altre macchine sono con applicazione anteriore (spalaneve, ecc).
Durante lavoro il conducente deve applicare con forza il suo peso sulle stegole e stringere
fortemente le manopole. Questo a lungo andare può provocare gravi disturbi alle mani.
_La MOTOZAPPA monta le ruote solo nelle fasi di trasporto. La zappatrice è montata
sotto il motore, il cui peso consente un facile approfondimento nel terreno, e le cui
vibrazioni apportano oscillazioni della profondità che impediscono la formazione della
suola di lavorazione. Queste condizioni rendono impossibile la formazione della suola di
lavorazione, tipica delle zappatrici portate dalle trattrici e, in misura minore, delle
zappatrici applicate al motocoltivatore
SARCHIATURA
La Sarchiatura è una lavorazione del terreno condotta in
presenza delle colture. Consiste nell’eliminare le piante
infestanti. Le sarchiatrici si distinguono per la capacità di
variare l’interfila.
Qui è effettuata con coltivatore ad ancore e con una trattrice
la cui carreggiata è variabile, al fine di posizionare le ruote nelle
corsie fra le file. Particolare essenziale per le coltivazioni da
sarchiare, è la scelta di interfile in grado di consentire il
passaggio della trattrice e delle operatrici.
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LE MACCHINE SPANDICONCIME
CLASSIFICAZIONE. Le macchine spandiconcime distribuiscono sul terreno concime e/o fertilizzanti
chimici A SPAGLIO; in caso di letame o liquami vengono denominate SPANDILETAME o
SPANDILIQUAME. Hanno le TRAMOGGE TRONCO-CONICHE
Il tipo di concime chimico può essere GRANULARE o POLVERULENTO
LE TIPOLOGIE DI SPANDICONCIME (Si distinguono in base all’organo distributore)
_TUBO OSCILLANTE: sono delle macchine trainate e portate, azionate dalla Pdp e il
quale tubo termina con un DIFFUSORE. La gittata di lancio dipende dalla lunghezza
del tubo oscillante. Sono macchine caratterizzate da un rialzo. Sono dotate di una
LEVE che apre e chiudono delle LUCI DI EFFLUSSO situati tra il fondo della tramoggia e
il tubo oscillante. Al fondo della tramoggia vi è l’AGITATORE che rompe degli
agglomerati di concime
_PIATTO ROTANTE: sono delle macchine trainate e portate. Questi piatti rotanti sono
caratterizzati da regolatori la qui quantità da distribuire può essere regolata
mediante leve
_DISPOSITIVI SPECIALI: Sia per spandiletame che per spandiconcime sono disponibili
dispositivi speciali, per interrare i concimi, per localizzarli in aree del filare, per
spanderli asimmetricamente, eccetera
SPANDILETAME
È una macchina operatrice (trainata e portata) dotata di una vasca di grande
capacità, con fondo mobile e con i distributori che sono COLONNE ROTANTI
dotate di MANINE che afferrano il letame che viene da dietro e lo lanciano.
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VENTILATORE ELICOIDALE
Dotato di ELICHE che prendono il flusso di aria da dietro e lo mandano avanti.
Queste vengono utilizzate molto nelle irroratrici. Questo viene detto anche
VENTILATORE ASSIALE, poiché il flusso d’aria generato dall’elica ha un
movimento parallelo all’asse di rotazione (da dietro in avanti)
Viene montato posteriormente alle macchine irroratrici.
L’ELICA è rivestita da una GRIGLIA DI PROTEZIONE
La corrente d’aria generata dall’elica ha direzione parallela all’asse di rotazione del ventilatore (la
prende dietro e la manda in avanti), oltrepassato il quale incontra il SERBATOIO dell’irroratrice.
Questo funge da DEFLETTORE (può esserci anche quello autentico) che devia lateramente l’aria
verso le piante poste a lato.
La Miscela Acqua-Fitofarmaco viene erogata da UGELLI, erogatori messi in una griglia (da cui esce il
flusso che è andato a sbattere contro il serbatoio) posta tra la griglia di protezione e il serbatorio che
permetto poi la distribuzione della miscela sottoforma di nube
Il ventilatore assiale genera un FLUSSO DI ELEVATA MASSA della corrente d’aria (50.000 m3 ℎ −1 ),
anche se A BASSA VELOCITÀ (50 m 𝑠 −1 ).
La massa elevata garantisce una migliore penetrazione del flusso nel fogliame, poiché sposta l’aria
contenuta nelle pianta e riesce a distribuire il fitofarmaco sia nella pagina superiore che inferiore.
La rotazione del ventilatore assiale genera dissimmetrie nel flusso (vi sono parti lanciate troppo in
alto o troppo in basso) e per questo vengono utilizzati dei RADDRIZZATORI, che intercettano il flusso
d’aria ma che modificandone la direzione al contempo ne riducono l’energia (e quindi la capacità di
andare lontano)
Il ventilatore assiale è reputato il cuore dell’irroratrice che lo porta.
La massia d’aria spostata è ciò che determina la penetrazione
VENTILATORE CENTRIFUGO (RADIALE)
L’aria – mossa da una GIRANTE (non la vediamo) contenuta nella CARCASSA –
viene aspirata frontalemente da un FORO DI ASPIRAZIONE ed espulsa
radialmente grazie alla forza centrifuga della girante in un TUBO DI MANDATA (e
non da un deflettore).
Detto anche radiale perché il flusso d’aria fuoriesce radialmente.
La corrente d’aria è ad alta velocità (150 m s−1 ) ma a bassa massa (10.000 m s−1). Quindi, appena
uscita trova la massa d’aria ferma che oppone resistenza e quindi la penetrazione è ridotta perché la
massa del flusso non riesce a spostarla. Possono essere di grandi dimensioni oppure o a macchina
spallabile.
VENTILATORE TANGENZIALE
È una colonna verticale (TAMBURO), al cui interno vi è un altro tubo, che è rotante
(TAMBURO ROTANTE) con delle ALETTE, che prende aria da una fessura è la manda ad
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un'altra fessura. Si genera un flusso dell’aria definito tangenziale, poiché fuoriesce in direzione
tangenziale al tamburo rotante
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IRRORATRICI
Sono di molte e diverse tipologie ma hanno tutte in comune il SERBATOIO
Spesso molto irroratrici vengono chiamati con termini tipo Atomizzatori, Nubulizzatori,
Turboirroratrici ecc. dove la differenza terminologica è minima se non data per esclusivi fini
commerciali e questo genera molte confusione dove spesso due irroratrici totalmente diverse
vengono chiamate con lo stesso nome. Per evitare di cadere in tali errori bisogna in primis conoscere
le caratteristiche di una irroratrice
l
PORTATA ALLA BARRA: la barra è un tubo in cui scorre il liquido “q”=
min
Se io voglio distribuire una certa quantità di litri ad ettaro e poi aumento la velocità non darò mai la
quantità che voglio (ne darò di meno) e viceversa. Per questo esiste un equazione che mi permette di
dare una quantità precisa di litri al minuto in relazione alla velocita e alla larghezza effettiva di
lavoro.
Qx v x b 600 x q
q= 600 Q= v x b
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imbevono di fitofarmaci collegati con la barra dove scorre l’acqua e da questi viene rilasciata la
miscela
Queste sono macchine per Diserbo selettivo per Posizione
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TIPOLOGIE DI EROGATORI
UGELLI o EROGATORI A VOLUME NORMALE
Sono dispositivi ad alta tecnologia (dentro ci sono piastrine, filtrini ecc con materiali di qualità), con
FORI DI EFFLUSSO di dimensioni fra 0,8 e 2.2 mm. Quando abbiamo degli ugelli di scarsa qualità o
comunque abbastanza usurati, da essi ne usciranno gocce di diametro superiore (e non più volume
normale) di 350 um.
Essi possono essere:
A CONO: la proiezione delle gocce da parte dell’ugello rappresenta una forma a cono
A CONO VUOTO: la proiezione della gocce è un cono largo che è forato al centro
Gli ugelli a cono vengono detti a turbulenza perché le gocce talmente piccole che
quando vengono scagliate seguono, non solo un movimento balistico ma anche
turbolento. Questo moto turbolento è efficace per far penetrare le gocce nelle chiome fitte.
Per questo vengono spesso usati negli arboreti
Nelle barre orizzontali per seminativi noi troviamo:
_UGELLI A VENTAGLIO: creano un getto piatto, con poco spessore. Gli ugelli sono
messi a distanza tale (circa 50 cm) che le proiezioni delle gocce si devono
incrociare. Importante è anche la quota (50 cm)
_UGELLI A SPECCHIO: stessa cosa di quello a ventaglio ma con gocce più grandi
_UGELLI A VENTAGLIO PIENO: vengono utilizzati su striscie di terreno e dunque
senza incrocio con il getto dell’ugello più vicino
Qualsiasi ugello può essere chiuso ruotandolo di 180°
EROGATORI A BASSO E BASSISSIMO VOLUME UNITARIO
_EROGATORE CENTRIFUGO (con rilascio del filo liquido su piatto rotante). Va utilizzato
manualmente, in quanto le vibrazioni rendono complesso l’uso su barre orizzontali.
_EROGATORE A TUBO VENTURI, con filo liquido rilasciato in corrente d’aria ad alta velocità
(prodotta da ventilatore radiale)
_EROGATORE CON RILASCIO DEL FILO LIQUIDO SU PIASTRINE in corrente d’aria ad alta velocità
(prodotto da ventilatore radiale)
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A GETTO PORTATO. Le gocce uscendo dagli erogatori vengono portate dalla corrente d’aria verso il
bersaglio. Non vengono usati gli ugelli ma altri erogatori e viene utilizzato il ventilatore radiale.
Infatti questo getto è tipico delle irroratrici a Polverizzazione pneumatica
5. IN BASE ALL’AMBIENTE DI DESTINAZIONE
• Irroratrici per colture erbacee, ortive ed arbustive: con barre orizzontali o ugelli speciali
• Irroratrici per colture arboree: con barre ad arco (h<3,3), barre verticale (h>3,3) o a barre
multifilare
EFFETTI CONNESSI AI DIAMETRI DELLE GOCCE
D < 100 µm – Le gocce di piccolo diametro sono preda di due fenomeni:
DERIVA: a causa delle correnti d’aria e possono allontanarsi di grandi distanze dal punto di
erogazione. La deriva provoca inquinamenti anche a grande distanza,
EVAPORAZIONE: in ambienti secchi possono evaporare prima di raggiungere il bersaglio (la
chioma). L’evaporazione inquina in prossimità della chioma
D = 500 µm – Le gocce di grande diametro (quelle con D prossimo a mezzo millimetro) danno luogo
a:
RUSCELLAMENTO: caduta dalla vegetazione sul terreno sottostante. il ruscellamento inquina in
prossimità della chioma
COALESCENZA: più gocce si spostano sulla foglia e si riuniscono in una di maggiore volume
(coalescenza). La coalescenza, in seguito alla evaporazione della frazione acquosa del fitofarmaco,
potrà provocare ustioni o altri danni alle foglie e ai frutti.
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Poiché la regolazione consiste nella impostazione della irroratrice affinché possa erogare il
volume unitario di uno specifico trattamento – Q – non è scorretto considerare la regolazione
come il primo step della taratura vera e propria
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