LUCE VISIBILE
EFFETTI DELLA LUCE SULLA FOGLIA
DIRADAMENTO
RISPOSTE FISIOLOGICHE ALLA QUALITA’ DELLA LUCE
FOTOMORFOGENESI
FITOCROMO
FOTOPERIODO E RISPOSTE FOTOPERIODICHE
FOTOSINTESI
PROCESSO FOTOSINTETICO
FOTORESPIRAZIONE
FLUSSO DEL CARBONIO ALL’INTERNO DI UN FRUTTETO
EDDY COVARIANCE
MISURAZIONE SINGOLA FOGLIA
MISURAZIONE PIANTA INTERA
PORTABLE PHOTOSYNTHESIS SYSTEM
ATTIVITA’ STOMI
ACQUA NELLA PIANTA
PROPRIETA’ IMPORTANTI DELL’ACQUA
POTENZIALE IDRICO
ACQUA E TERRENO
ASSORBIMENTO RADICALE
TRASPORTO NELLO XILEMA
TRASPIRAZIONE
CONTROLLO DEGLI STOMI
ADATTAMENTO A STRESS IDRICO
OSMOREGOLAZIONE
ADATTAMENTI
1° GRUPPO
2° GRUPPO: SPECIE ANISOIDRICHE
SPECIE ISOIDRICHE
TRASLOCAZIONE DEI FOTOSINTATI
CELLULE COMPAGNE
MOVIMENTO DELLA LINFA ELABORATA
TRASPORTO A BREVE DISTANZA
TRASPORTO A LUNGA DISTANZA
RIPARTIZIONE DEI CARBOIDRATI
TRAPORTO E UTILIZZAZIONE DEI CARBOIDRATI
RUOLO DEI CARBOIDRATI SOLUBILI
CARBOIDRATI NON-SOLUBILI
NUTRIZIONE
ASSORBIMENTO RADICALE
FUNZIONE DEI PRINCIPALI NUTRIENTI E RISPOSTE DELLA PIANTA
MICRO ELEMENTI
STRESS TERMICI
FITORMONI
AUXINE
GIBERELLINE
CITOCHININE
ETILENE
ACIDO ABSCISSICO
REGOLATORI DI CRESCITA: POSSIBILITA’ APPLICATIVE
SEGNALI ESOGENI DI SVILUPPO
LA LUCE
La luce è la Radiazione Fotosinteticamente Attiva (PAR), ovvero quella radiazione utilizzata dalla
pianta per la fotosintesi che è determinata dal fenome fisico dell’Energia Radiante (o Radiazione
Solare), ossia l’energia emessa dal Sole che è caratterizzata lunghezze d’onda l molto variabili (280
a 3000 nm) e singole particelle dette FOTONI, che contengono i cosidetti “quanti di energia” (le
singole unità di energia prodotte dal sole)
La radiazione solare arriva sulla terra o direttamente o per Riflessione delle nubi o dai composti
dell’atmosfera (Radiazione Diffusa). Le nubi svolgono un azione di filtrazione dei raggi solari che
altrimenti porterebbero a fare danni come i raggi UV come portano a meccanismi ossidativi. La
radiazione diffusa garantisce inoltre una migliora attività fotosintetica per la pianta. Non tutta la
radiazione solare incidente viene utilizzata dalla pianta per la fotosintesi. A volte solo l’1-2% di
essa viene utilizzata per l’attività fotosintetica
Vi sono diverse interazione luce/chioma tra climi secchi (prevalenza di luce diretta) e climi con più
nubi (prevalenza di luce diffusa)
FUNZIONI
_FOTOSINTESI: 6 CO2 + 6 H2O + Luce = C6H12O6 + 6 O2 (viene rilasciato dagli stomi)
_EVAPOTRASPIRAZIONE: è un processo regolato dalla luce perché garantisce l’apertura stomatica
e quindi la traspirazione che ovviamente viene accompagnata all’evaporazione di acqua dal suolo.
Se la luce è sufficiente per avere una buona attività fotosintetica la pianta apre gli stomi e
determina sia l’ingresso della CO2 che il rilascio l’acqua sottoforma di vapore acqueo.
Se la pianta non ha non sufficiente disponibilità d’acqua per traspirare, entrano in gioco una serie
di meccanismi che portano alla chiusura (parziale) degli stomi e l’attività fotosintetica si
interrompe e quindi i processi metabolici della pianta vengono rallentati (ad esempio
l’accrescimento dei frutti si riduce e quindi avremo frutti di ridotta pezzatura) fino ad un livello
massimo in cui la pianta va ad appassimento e la morte.
_RISCALDAMENTO DI ARIA, PIANTA E SUOLO: è positivo perché determina, ad esempio, un più
rapido metabolismo dei microrganismi che vanno degradare le sostanze organiche del terreno che
vengono rese in elementi nutritivi disponibili per la pianta. Inoltre determina l’assorbimento
radicale perché l’acqua sale per gradiente di concentrazione verso gli stomi e poi viene rilasciato
sottoforma di vapore acqueo
ENERGIA RADIANTE
L’energia radiante determina tre processi fondamentali più uno che ci riguarda direttamente:
_Riscaldando l’atmosfera, essa crea moti convettivi di aria calda (A) verso l’alto e l’aria fredda
verso gli strati più bassi
_Si diffonde nel terreno (T) e determina il surriscaldamento degli strati più superficiali del terreno
nella crosta terrestre che garantisce i metabolismi di tutti gli organismi presenti nel terreno
compreso la radice stessa. L’attivazione metabolica dell’apparato radicale avviene ad un minimo
termico che varia a seconda delle specie.
_E’ fondamentale per l’evaporazione dell’acqua (V) perché appunto più caldo sarà l’ambiente e
maggiore sarà la richiesta evapotraspirativa della pianta.
_La copertura vegetale contribuisce a tutti questi processi perche svolge un attività di
assorbimento dell’energia radiante (P) che viene convertita in relazione alla fisiologia della pianta.
LUCE VISIBILE
E’ l'unica che riusciamo a vedere e va da 400 a 700 nm ed è
quella che ha effetto fotosintetico e viene indicata come PAR
(Photosynthetically Active Radiation) [W m-2 o bar]
Viene detta anche PFD (Photon Flux Density) ossia la Densità
del Flusso Fotonico, ossia la quantità di quanti fotonici che,
nell’unità di tempo, arrivano in un’unità di superficie (più
quanti arrivano, maggiore sarà l’internità luminosa) ed infatti si
misura in mmol m-2 s-1.
LA PFD dipende da:
_ALTITUDINE: più si sta in altro maggiore
sarà la PFD
_LATITUDINE
_COMPOSIZIONE DELL’ATMOSFERA
_CLIMA (nuvoloso/asciutto): se è nuvoloso, l’intensità verrà “filtrata” di più
Essa è collocata tra l’Ultravioletto e l’Infrarosso.
In base ai diversi organuli presenti nella foglia, vi è una diversa capacità di
assorbire e utilizzare questa Energia Radiante; a seconda del Fitocromo
presente nella foglia vi è un diverso picco di capacità di assorbimento
dell’energia radiante a seconda della lunghezza d’onda specifica. Ad
esempio le foglie sono verdi perché, assorbendo le altre lunghezze d’onda,
non sono in grado di assorbire le lunghezze d’onda della fascia del verde ma
le riflettano
Per quanto riguarda i fenomeni fotomorfogenetici sono determinati dalla luce compresa tra 280 e
800 nm
__Una volta che la radiazione colpisce la chioma l’intensità e la distribuzione dello spettro
cambiano entro brevissime distanze per l’interazione con gli organi della chioma. La qualità della
luce che noi misuriamo all’esterno della chioma non è la stessa che vi sarà all’interno della chioma
perché, per via dei processi di rifrazione, possono modificarsi completamente le lunghezze d’onda
che sono presenti all’interno della chioma stessa
__Composizione e densità della chioma influenzano fortemente le risposte morfologiche e
metaboliche mediate dal fitocromo e dai pigmenti fotorecettori. Questi influenzano:
--Caratteristiche produttive:
-Produzione di gemme a fiore
-Produzione di germogli filati: si parla di Shed Avoidance, ossia il tentativo da parte
delle strutture cellulari del germoglio di evitare l’ombra. I fotorecettori
percepiscono che la qualità della luce non è idonea per una corretta divisione
cellulare di quel tessuto e quindi questo porta il germoglio ad allunarsi verso le parti
in cui vi sono migliori condizioni. La qualità della luce ha infatti cambiato il
coportamento fenotipico dato un meccanismo genetico dove si attua una modifica
trasduttiva che porta la pianta a modificare il proprio habitus o attività
morfogenetica/metabolica
-Inverdimento: accumulo di clorofilla
-Tipologia di foglie
--Ripartizione dei carboidrati
--Capacità di sostenere la crescita dei frutti
--Rinnovamento della chioma: quando noi facciamo le potature noi modifichiamo la
quantità di luce penetrante all’interno della chioma e quindi ciò consente di attivare le
gemme avventizie che daranno origine a nuove branche e rami.
LUCE E ACCRESCIMENTO
L'accrescimento dei frutti allegati si svolge in due fasi:
_CITOCHINESI - prima fase (molto rapida) di intensa divisione cellulare: fase
fondamentale perché da essa dipende il numero di cellule per unità di volume e
a cui si legano caratteristiche di serbevolezza e valore nutrizionale. E’ molto
importante perché maggiore sarà il numero di cellule moltiplicate e più grande
sarà il nostro frutto nella distenzione cellulare.
_DISTENSIONE CELLULARE - seconda fase in cui le cellule che si sono formate
aumentano di volume; le cellule isodiametriche alla fine di questa fase passano
da diametri di 30 micron a 500 micron. In questa fase aumentano gli spazi
intercellulari (dal 19% al 30%). In questa fase è molto importante la luce e quindi
se il frutto è in prossimità di una o più foglie, la distensione è più efficiente
Anche se ciascun tessuto del frutto ha i suoi peculiari ritmi di crescita, è possibile
distinguere due tipi di crescita:
1)TIPO SIGMOIDALE SEMPLICE (melo, pero, fragola, agrumi):
2)TIPO DOPPIA SIGMOIDE (drupacee, fico, uva): abbiamo un primo sigma, che
termina con l’inizio dell’indurimento del nocciolo, e un secondo sigma (dopo
l’indurimento del nocciolo) dove comincia un rapido accrescimento
che verrà poi seguito dalla maturazione vera e propria.
In questo grafico vediamo a confronto lo sviluppo di pesche inserite su nodi provvisti di germoglio
ascellare (foglia) in prossimità e altre inserite su nodi sprovvisti di germoglio ascellare.
Nel primo caso vediamo come, nei giorni di divisione cellulare, la pesca avrà uno sviluppo
maggiore rispetto al secondo caso perché è in prossimità di una foglia che dovrà aumentare
l’intensità fotosintetica. Quindi, la presenza del frutto stimola l’attività fotosintetica della foglia
FOTOMORFOGENESI
Complesso di strategie di sviluppo che la pianta mette in atto al variare degli stimli luminosi
Essi dipenda da:
_Lunghezza d’onda della luce
_Intensità della luce
-VFL (Very Low Fluence): intensità inferiori a 1 mmol m-2 (molto nuvoloso)
-LF (Low Fluence): intensità compresa tra 1 e 1000 mmol m-2 (nuvoloso)
-HI (High Irradiance): oltre le 1000 mmol m-2 (giornate estive in sicilia)
_Durata di esposizione all’energia radiante
In questa immagine vediamo una pianta (quella a sinistra) che cresce in prima battuta
alla luce e la seconda che viene cresciuta al buio e che è stata trattata con la luce rossa
per 5 minuti e la terza che viene cresciuta solamente al buio.
La prima si è sviluppata regolarmente ed è in grado di avere foglie che
fotosintetizzano
Le altre due sono caratterizzate da un ipocotile molto allungato e ricurvo (tipico
dell’eziolatura) solo che la seconda, quella esposta alla luce rossa, ha sviluppato un
apice rivolto verso l’alto (verso la luce)
Quindi la qualità della luce modifica, anche per pochi minuti, il normale accrescimento
della pianta tramite un segnale luminoso che viene tradotto a livello genetico dalla
pianta che poi risponde
Fitocromi: recepiscono e assorbono la luce rossa e la luce rossa lontana (660 – 730 nm).
Criptocromi, Fototropine e Zeitlupe (ZTL): recepiscono e assorbono la luce blu (320-500 nm)
UVR8: recepisce e assorbe la luce ultravioletta (260-315 nm)
FITOCROMO
STRUTTURA E FENOMENOLOGIA
Il responsabile di diversi fenomeni come la fioritura e la
germinazione è il fitoromo.
È un pigmento proteico composto da due parti:
_Una proteina (apoproteina) di circa 125 Kda
_Un cromoforo (fitocromobilina), ossia la parte che
recepisce la luce.
Lo spettro di assorbimento dei fitocromi presentano due
picchi di assorbimento che definiscono due forme
isometriche del fitocromo:
_Il Fitocromo Rosso Pr che assorbe la luce rossa (660 nm)
_Il Fitocromo Rosso-Lontano Pfr che assorbe la luce rossa
lontana (730 nm).
Il fitocromo rosso Pr, alla reazione fotochimica di luce
rossa, diventa fitocromo rosso-lontano Pfr che pero si
degrada, se non abbiamo permanenza di quella lunghezza d’onda, in Pr di nuovo
Alla luce solare le due forme sono entrambe presenti e continuamente una parte di Pr si trasforma
in Pfr e successivamente questo Pfr si riconverte.
Quello che ci interessa e che ci permetterà di misurare la capacità fotorecettiva (per la risposta
Pfr
metabolica della pianta) è lo STATO STAZIONARIO, che si esprime come .
Pr + Pfr
Questo ci dice quanto luce rossa lontana è presente rispetto alla somma di luce rossa e luce rossa
lontana.
_Se il rapporto è di 0,5 la qualità della luce è positiva (tende verso la luce rossa lontana). Quindi
avremo la capacità fotorecettiva di tradurre il segnale luminoso e le attvità fotomorfogenetiche
vengono attivate. In questo caso ci troviamo in condizioni di buona luminosità
_Se il rapporto è più basso (0,2-0,1) la qualità della luce tende verso la luce rossa. Quindi avremo
una minore capacità fotorecettiva di tradurre il segnale luminoso e di attivare la fotomorfogenesi.
In questo casi ci troviamo in condizioni di scarsa luminosità
Effetti fisiologici quali fioritura e germinazione corrispondono alla seguenti caratteristiche:
_Massima efficienza a 660 nm
_Fotoreversibilità della risposta
_Efficacia di brevi trattamenti (brevi flash o durate di esposizione ridotte quindi meno costi)
_Risposta indipendente dall’intensità (conta appunto la qualità)
_Manifestazione fisiologica anche al buio (la luce serve solo all’induzione)
Queste risposte sono tipiche delle piante Low Fluence (tutte quelle piante che non si coltivano in
pieno campo).
Nel caso invece delle piante High Irradiance Response bisogna:
_Effettuare una luce continua
_Non vi è alcuna reversibilità (il Pfr non si degraderà in Pr)
_L’entità della risposta aumenta al crescere dell’intensità luminosa, in funzione del processo
biologico che noi vogliamo attivare
_Lo spettro d’azione è differente (un picco a 450 nm e uno più alto ad una lunghezza ben precisa di
718 nm)
Questo riguarderà la crescita delle plantule, la sintensi di flavonoidi (possono avere caratteristiche
protettive e qualitative per alcune strutture) e infine per la formazione degli organi di riserva
UVR8
È l’unico fotorecettore che riesce ad assorbire l’ultravioletto B è utilizza come cromoforo dei
Triptofani intrinseci (Trp)
CRIPTOCROMI E FOTOTROPINE
L’ultravioletto A (la luce blu) è invece assorbito da Criptocromi, che usano come cromofori la
flavin-adenina dinucleotide (FAD) e il metenil-tetra-idrofolato (MTHF), le Fototropine e le
proteine della famiglia Zeitlupe (ZTL), che usano i flavin-mononucleotide (FMN) come cromofori
I fitocromi sono fotorecettori rosso/ far-red che usano come cromoforo un tetrapirrrolo lineare
specifico per la pianta (fitocromobilina) per la cattura della luce
Ovviamente tutte le tipologie di fotorecettori intervengono ma si specializzano su lunghezze
d’onda diverse (luci diverse)
CRIPTOCROMI
Abbiamo tre tipologie di criptocromi
_CRY 1
_CRY 2
_CRY 3
Gli effetti mediati dalla luce blu sono:
_Curvatura fototropica
_Inibizione dell’allungamento dello stelo
_Apertura stomatica: in presenza di luce blu avviene un iperpolarizzazione delle membrane
plasmatiche delle cellule di guardia che attirano un flusso di ioni K+ verso l’interno delle cellule.
Questo porterà ad una serie di eventi metabolici che porta al rigonfiamento delle cellule e dunque
all’apertura degli stomi
_Il fototropismo: il movimento della pianta verso la luce è dettato proprio dal fatto che la pianta è
esposta maggiormente alla luce blue
FOTOTROPINE
_PHOT 1
_PHOT 2
Il gruppo cromoforo utilizzato può essere la 2 flavin-mononucleotide (FMN) o le proteine LOV che
indicano tre condizioni importanti per l’assorbimento nelle fototropine che sono la Luce (L),
l’Ossigeno (O) e le variazioni di potenziale (V).
Le proteine LOV indicano le condizioni di maggiore sensibilità delle fototropine nel recepire la luce
blu
PERCEZIONE DELLA LUCE BLU
Lo studio degli spettri di assorbimento e dell’azione della luce blue è resa più difficile dalla
presenza di molte molecole in grado di assorbire a queste lunghezze d’onda (clorofilla,
carotenoidi, flavine, fitocromi).
Sono stati identificati diversi recettori ed è difficili distinguere l’effetto e le relatice interazioni
MECCANISMO DI TRASDUZIONE
L’attivazione da parte della luce dei fotorecettori determina variazione dei processi trascrizionali,
con vari geni regolati in senso positivo o negativo dalla luce o dal buio
Il fitocromo viene sintetizzato nel citosol e migra nel nucleo dove esercita la sua funzione
regolatrice, attraverso eventi di fosforilazione e di proteolisi di fattori di trascrizione.
L’anidride carbonica e il metano rappresentano circa il 25% dell’effetto serra e permangono con
periodi molto lunghi. Questi gas hanno una capacità di trattenere calore sulla terra riflettendo
determinate lunghezze d’onda. Altri gas svolgono una porzione meno rilevante perché hanno un
effetto serra del 5% come protossido di azoto, clorofluorocarburi, esafluoruro di zolfo, ecc.
Per quanto riguarda la biomassa vegetale, essa ha un ruolo fondamentale nel contrastare
l’inquinamento atmosferico poiché opera un sequestro di anidride carbonica tramite la
fotosintesi. Le piante sono molto importanti poiché instaurano maggiori rapporti e scambi di C
con l’atmosfera rispetto ad oceani, ma soprattutto rispetto alle attività umane che cedono C
all’atmosfera senza assorbirne.
I MECCANISMI FOTOSINTETICI
*Più alto è WUE = maggiore efficienza fotosintetica in condizioni di carenza idrica. Ciò ha portato
a metodi colturali con più corretto uso di acqua (stress idrico controllato) e con conseguenze
positive per qualità dei frutti (concentrazione zuccheri) e per fisiologia (produzione di più sostanze
particolari come antociani, antiossidanti, polifenoli, …).
-Specie C3: nelle regioni temperate hanno un basso WUE, hanno una minore quantità di anidride
carbonica organicata per litro/grammo di acqua perché parte della fotosintesi è intaccata dalla
fotorespirazione che si attiva a temperature più basse. Una pianta C3 a condizioni di temperature
temperate, riesce a organicare ma perde molta acqua e quindi ad un minore efficiente utilizzo
dell’acqua. Produttività di circa 40 t ha-1 year-1.
-Specie C4: in regioni tropicali, hanno un maggiore WUE, maggiore efficienza dell’utilizzo
dell’acqua. La produttività media-alta è di circa 80 t ha-1 year-1. Resistono a temperature più alte
prima di attivare la fotorespirazione.
-Specie CAM: tipiche delle regioni aride, hanno alto WUE però non per maggiore produzione ma
per ridotta acqua disponibile. Infatti queste piante, che hanno un meccanismo complesso, hanno
una produttività media-bassa.
RESPIRAZIONE AUTOTROFA
La respirazione autotrofa è quella respirazione che fornisce energia alla pianta per assorbire
elementi nutritivi e per produrre e mantenere biomassa. È un processo complementare alla
fotosintesi tramite cui la pianta riesce a organicare sostanze come zuccheri, proteine, lipidi, cellule,
nuova biomassa per l’accrescimento della pianta o dei frutti:
Raut= Rcr + Rmant
_Respirazione di crescita (Rcr): è dovuta alla necessità da parte dei tessuti di utilizzare energia
maggiore per la crescita dei tessuti rispetto a quella che si trova nel prodotto finale.
-Dipende dalle sostanze prodotte (i lipidi sono più energetici e costosi nella loro costruzione) e di
solito hanno dei costi che sono costanti per ciascun tipo di tessuto.
-Queste perdite di C per la respirazione di crescita hanno un costo di circa il 50% per piante più
grandi, 35% per piante più contenute;
_Respirazione di mantenimento (Rmant): è la normale respirazione che consente il metabolismo
basale e include l’energia spesa per l’assorbimento e trasferimento di ioni, e riparazione di tessuti
danneggiati.
-Essa aumenta con l’età della pianta, una pianta giovane ha minore respirazione di mantenimento
rispetto una pianta molto sviluppata.
- è maggiore nelle foglie, in cui vi è un importante presenza di azoto e proteine per tutte le attività
metaboliche. Invece per i tessuti conduttori, che hanno solo il compito di traslocazione dei soluti
all’interno della pianta, la respirazione è ridotta e avviene solamente nel caso in cui si hanno danni
lungo il flusso del tessuto conduttore.
-La respirazione di mantenimento aumenta con l’aumentare della temperatura, e con essa
aumenta l’intensità e velocità di lavoro e quindi anche la respirazione di mantenimento.
RESPIRAZIONE ETEROTROFA
È data dalla respirazione svolta dagli animali + quella dei microbi (o decomposizione). Si tratti di
demolizione fisica e chimica del detrito che determina un rilascio di C nell’atmosfera e nutrienti in
forme che possono essere utilizzate sia dalle piante che dai microrganismi. I detriti sono:
-piante (lettiera foglie, rami, fiori e seme, radici);
-animali;
-biomassa microbica.
RESPIRAZIONE DELL’ECOSISTEMA
Respirazione autotrofa + respirazione eterotrofa, ma possiamo definirla come respirazione del
suolo (è svolta dalle radici che hanno respirazione autotrofa, microrganismi respirazione
eterotrofa) + respirazione epigea (è data dalla respirazione autotrofa delle foglie rami e fusti).
Compilazione di un bilancio
Il passaggio da anidride carbonica a carbonio si effettua passando da micromoli di anidride
carbonica a grammi di carbonio.
Considerando entrambi i pesi molecolari:
Possiamo usare oppure una pinza fotosintetica che esamina una singola foglia. Andiamo ad
osservare l’uptake di anidride carbonica all’interno di una condizione chiusa che permette di
misurare la quantità anidride carbonica assorbita.
La foglia in parte assorbe, in parte trasmette, ed in parte riflette la luce presente nell’ambiente.
Funziona con questa luce a raggi infrarossi che misurano la concentrazione di anidride carbonica in
un ambiente chiuso.
Praticamente di mette questo pallone e si fa l’ingresso dell’aria con un ventilatore che determina
la velocità di flusso dell’aria e la mettiamo in questo pallone dove sta appunto l’intera chioma.
Utilizzeremo quindi l’Irga che misura l’aria in ingresso e in uscita del pallone, ma è la stessa cosa se
lo facciamo anche sulla singola foglia. Tramite la misurazione dell’Irga, dell’anidride carbonica in
entrata e in uscita, sappiamo il delta, la variazione dell’anidride carbonica.
Siccome questa misurazione la facciamo in umol CO2 m-2 s-1, dobbiamo sapere l’area fogliare,
perché maggiore è la superficie fogliare, maggiore è l’area fotosintetica, maggiore è la numerosità
e quantità di stomi, maggiore è l’anidride carbonica in entrata e in uscita. Quindi devo rapportare
l’anidride carbonica prodotta da tutta la superficie fogliare di tutte le foglie in questo caso e
nell’unità di tempo al secondo, lo posso fare per 10min o 1h e poi rapportata per secondo per
sapere l’evoluzione della fotosintesi. A= sCO2 x Flusso/ area fogliare
Un altro aspetto è da attenzionare: quando realizzo una condizione di impacchettamento con
atmosfera esterna all’interno di un pallone di queste dimensioni, se viene insufflata aria
dall’esterno per lungo periodo può determinare un accumulo di calore, perché se non vi è uno
scambio di entrata e di uscita di aria molto rapido, rappresentativo delle condizioni atmosferiche
esterne, si può avere una sorta di effetto serra, di effetto di accumulo di temperatura, di acqua
traspirata della pianta che crea condizioni di maggiore umidità rispetto all’esterno e quindi non
sono condizioni identiche a quelle atmosferiche.
CASI APPLICATIVI
-Confronto con misure puntiformi
-Geometria e densità della chioma
-Orientamento dei filari
-Tecniche di potatura
-Stima dei consumi idrici
-Nuova espressione di “crop load” (carico produttivo)
In tutti e quattro i palloni si osserva che queste piante di vite a controspalliera si ha un picco
fotosintetico nella mattina tra le 9 e le 12 e poi si ha un calo dell’attività fotosintetica per poi
riprendere nuovamente fino alle 17 e poi di nuovo diminuire al tramonto, quando diminuisce la
radiazione solare e gli stomi si chiudono.
Perché uno dei fattori che può essere limitante è l’acqua o l’eccesso si luce. Ciò vuol dire che a
mezzogiorno l’efficienza fotosintetica è più bassa perché il picco di fotoni che arriva è eccessivo,
nella fase luminosa, e succede che tutti i cloroplasti non riescono a funzionare in maniera
efficiente; c’è un sovraffollamento di fotoni che determinano uno stato di eccitazione di elettroni
eccessiva -> la pianta va in fotoinibizione (aumenta la cosiddetta fotorespirazione).
Altra alternativa giustificazione a questa riduzione della fotosintesi è il deficit idrico, gli stomi
socchiudono per evitare perdite d’acqua, ma ciò comporta una riduzione della CO2 e quindi della
fotosintesi.
Quando si supera la fase di stress massimo della pianta, dovuto alle maggiori temperature (tra le
12 -15) o allo stress idrico della pianta, o all’eccesso fotonico (raggi perpendicolari al suolo) le
piante riescono a riprendere l’attività fotosintetica in maniera efficiente.
In questo caso dal grafico vediamo che la radiazione netta ha una forma
quasi a campana, dall’alba al tramonto e l’attività fotosintetica aumenta,
raggiunge un picco fra le 9 e le 15 e poi al diminuire della luce incidente sulle
foglie, diminuisce la stessa attività.
CONCLUSIONI
Questo ci fa comprendere due aspetti:
La capacità fotosintetica (quantità di sostanza secca prodotta) di una stessa specie/cultivar
allevata con una forma di allevamento diversa, è diversa, così come è diversa la traspirazione (nel
tendone è quasi il doppio di quello a controspalliera). Questo aspetto è importante ai fini della
modalità di gestione dell’irrigazione.
In questo modo, stabiliamo l’apporto irriguo o la frequenza in base alla forma di allevamento
(l’impianto a goccia è il più usato).
Detto ciò, queste misurazioni della CO2 assimilata possono essere espresse in diversi modi:
Per unità di area fogliare nel tempo
Per unità di N fogliare nel tempo
Per albero nel tempo
Per unità di luce intercettata nel tempo
Per metro di filare (viticoltura)
Per unità di carico dei frutti
Nel caso della vite, dove c’è una continuità tra pianta e pianta che rende difficile individuare
l’attività fotosintetica per singola pianta, di solito la quantità di sostanza secca prodotta si rapporta
al metro di filare in maniera tale da fare una misurazione quanto più reale e rappresentativa
possibile.
Quindi riuscire a comprendere quanta fotosintesi realizza in funzione del carico fruttifero, riesco a
rapportare i due elementi essenziali per capire quanto la pianta sta organicando e quanto sta
allocando per l’attività fotosintetica e capire se è sufficiente o bisogna modificare qualche aspetto
per migliorare l’allocazione dell’attività fotosintetica verso il prodotto frutto anziché altri organi
della pianta.
ATTIVITA’ STOMI
Essi si presentano sostanzialmente sulla pagina inferiore della foglia nelle specie legnose da
frutto.
Essi ci permettono di misurare la quantità di CO2 assorbita/area fogliare (TASSO DI
ASSIMILAZIONE).
La densità stomatica non ha rilevanza.
Ha molta rilevanza invece il Grado di Apertura che dipende:
_Dalla luce: più luce c’è più gli stomi rimarranno aperti e viceversa.
_Dal deficit di pressione di vapore (VPD): maggiore sarà l’umidità dell’aria e minore sarà la
richiesta evapotraspirativa per la pianta. Minore e secca sarà l’umidità dell’aria e maggiore sarà la
richiesta evapotraspirativa per la pianta. Quindi si misurano la temperatura ambientale e l’umidità
fogliare.
Il VPD sarà alto se la richiesta evapotraspirativa è alta e viceversa.
Da qui capiamo che le forme di allevamento con parete con orientamento nord-sud hanno:
_Due picchi di assorbimento (mattina-pomeriggio) sui due lati
_Minima esposizione ai raggi incidenti nelle ore centrali della giornata
FATTORI DI CRESCITA
INTERNI
-Stato idrico
-Equilibrio ormonale
-Zuccheri (per effettuare la respirazione e sintesi)
ESTERNI
-Temperatura
-Stato idrico del terreno
Questi fattori, insieme all’intercettazione luminosa, determinano la capacità di fotosintesi per la
formazione di zuccheri e la traspirazione.
RISPOSTA FOTOSINTETICA AI FATTORI AMBIENTALI
LUCE
Il fattore luce ha un punto di compensazione, ossia il
punto di equilibrio tra la fotosintesi e la respirazione (CO2
fissata= CO2 emessa) ed ha valori ta 30-50 mmol m-2 s-1.
Poi abbiamo un punto di fotosaturazione è il punto oltre il
quale, aumentando la quantità di energia radiante non vi è
un aumento importante di fotosintesi.
Quindi significa che la pianta non solo non riesce a
migliorare l’attività organicante ma addirittura ha un calo
nell’attività fotosintetica perché si innescano i processi di
fotorespirazione, foto-ossidazione della clorofilla ed eccessi termici che denaturano il metabolismo
della foglia stessa.
ACCLIMATAZIONE
Le piante rispondono alle diverse variazioni di irradianza con delle risposte metaboliche differenti
dette processi di adattamento o acclimatazione, in cui le piante devono essere abituate alle nuove
condizioni ambientali:
_Le foglie della stessa pianta sono esposte diversamente e quindi ci saranno foglie che avranno
una certa efficienza e foglie con diversa efficienza.
_In tempi diversa la foglia si comporterà in maniera diversa, infatti le foglie che hanno diverse età
non hanno la stessa efficienza fotosintetica e quindi la modificano in relazione all’età.
_L’acclimatazione è in funzione dei diversi cloroplasti all’interno della stessa foglia, dove vi può
essere una maggiore o minore capacità della foglia di svolgere un’attività fotosintetica efficiente.
Queste risposte fotosintetiche della pianta rispetto alla quantità di luce possono essere delle
risposte in tempi brevi o in tempi lunghi:
_Le risposte in tempi brevi durano dai pochi secondi alle poche ore e sono processi reversibili per
cui la pianta si adatta alle condizioni di diverse luminosità tramite i movimenti dei cloroplasti o
tramite le risposte metaboliche come la chiusura degli stomi.
_Le risposte in tempi lunghi durano da alcuni giorni fino ad alcuni mesi e sono processi irreversibili
perché le nuove condizioni di luce e ambientali non sono temporanee ma sono permanenti e
stabili e questo comporta delle risposte di crescita, adattamenti fenologici e ontogenetici diversi a
seconda della pianta e del tipo di ambiente. Inoltre, si acclimata anche la quantità di sintesi
clorofilla in modo da aumentare gradualmente la capacità fotosintetica.
TEMPERATURA
Le piante hanno dei valori di temperatura oltre i quali l’attività fotosintetica della pianta
diminuisce (10°C e 35°C) mentre intervalli ottimali vi sono, per le diverse specie, tra 22°C e 28°C.
_Melo: 22°-23°C
_Vito e olivo: 25°-28°C
_Piante C4: 35°C (hanno fotorespirazione bassa e quindi sono in grado di avere optimum più
elevati).
DISPONIBILITA’ IDRICA
Il tasso di fotosintesi diminuisce all’aumentare del deficit idrico.
_In stadi iniziali o intermedi di stress idrico abbiamo una diminuzione della conduttanza stomatica
che comporta una progressiva chiusura degli stomi e poi abbiamo uno scarso danno da
fotoinibizione che comunque inibisce l’efficienza fotosintetica.
Ad esempio, l’olivo riesce a mantenere un bilancio di assimilazione positivo perché riesce a
sopportare livelli di disponibilità idrica bassi riuscendo a mantenere gli stomi molto aperti e
riducendo l’attività di traspirazione con alcuni apprestamenti morfologici come la presenza di cera
o peli.
_In casi di stress idrici elevati avremo dei processi di fotoinibizione intensi capaci di diminuire la
capacità della pianta di riparare il danno e portando anche alla necrosi di alcune strutture. Per
esempio, l’Actinidia non riesce a sopportare casi di stress idrico importante e quindi chiude gli
stomi e impedisce l’attività fotosintetica.
L’acqua determina la pressione di turgore dentro le cellule, fattore fondamentale per quanto
riguarda la struttura della pianta. Quindi in un buono stato idrico la pressione di turgore
dev’essere sempre massima per consentire un buon processo metabolico dentro le cellule.
L’acqua regola l’apertura e la chiusura degli stomi e per tanto la traspirazione e la fotosintesi. È
fondamentale l’apertura stomatica per lo scambio gassoso.
L’acqua è fondamentale per la termoregolazione della temperatura ed in particolar modo la
temperatura delle foglie, tramite l’attuazione dei passaggi di stato che migliorano le condizioni
termiche della foglia ed evitano processi di fotorespirazione o processi di ossidazione a livello del
sistema fotosintetico.
L’acqua solubilizza i gas, i sali minerali, le sostanze organiche comprese gli ormoni che si
muovono all’interno della pianta e tramite questa sua capacità, consente appunto un movimento
rapidissimo dentro la pianta (anche in piante arboree di altezze elevate come le sequoie di oltre
100 m di altezza) in cui il movimento dell’acqua ha una velocità intensa di diversi metri all’ora del
trasporto ascensionale dell’acqua.
La COESIONE è una sorta di catena di molecole di acqua che si attraggono e si agganciano l’una
all’altra e consente di realizzare un unico flusso di acqua dall’apice fogliare alla punta del pelo
radicale che si trova nel terreno. La coesione impedisce che si creano punti di disconnessione
delle molecole di acqua. Se si formassero punti di disconnessione penetrerebbe l’aria e si
andrebbe incontro a quei fenomeni di Embolia (presenza di aria che impedisce la prosecuzione e
concatenazione delle molecole di acqua) ed interrompe la continuità della catena di acqua.
L’ADESIONE è l’attrazione dell’acqua nei confronti di una superficie solida. Quindi l’acqua,
tramite questa grande capacità di aderire alle pareti dei tessuti conduttori, evita l’inserimento di
quelle molecole di ossigeno che si possono venire a formare, perché aderendo evitano che l’aria
proveniente dalle tracheidi possa appunto creare una disconnessione della continuità della catena
di acqua.
RISALITA CAPILLARE
Adesione e coesione, insieme alla tensione superficiale, attuano questo sistema di forze che
provocano la RISALITA CAPILLARE cio viene ostacolata dalla massa dell’acqua e dalla gravità.
.
Adesione+Tensione Superficiale+Coesione
RISALITA CAPILLARE=
Massa x Gravità
_La FORZA DI GRAVITÀ va in senso opposto alla tensione di risalita. Più alta è la pianta ed il
percorso che l’acqua deve fare dentro i vasi, maggiore sarà la forza di gravità che contrasta la
risalita capillare. Quando parliamo di altezze fino a 5 metri, questa forza di gravità ha una
rilevanza ridotta, ha un peso specifico molto contenuto e quindi viene considerato pari
sostanzialmente a 0 perché le forze di risalita capillare, sono nettamente più forti.
_La MASSA è data dalle caratteristiche fisiche dell’acqua ed è intesa come Peso Specifico
Dell’Acqua. Non parliamo mai di acqua allo stato puro, ma di acqua con una certa conducibilità
determinata dalla presenza di ioni, elementi minerali e di altri soluti che possono essere presenti
dentro l’acqua di risalita. Quindi, la massa determinata dalla presenza anche dei soluti, avrà una
differente concentrazione, una differente rilevanza ma che comunque non è particolarmente
ostica per la forza di risalita capillare dell’acqua dentro i vasi conduttori.
La Velocità di Risalita dell’acqua dentro i vasi è data dalla Forza Di Tensione. Maggiore è la forza
di tensione maggiore è la velocità con cui l’acqua viene trasportata e questo viene favorito dalla
Forza Di Adesione che permette la capillarità e la continuità della catena di acqua dentro i vasi. La
Forza Di Coesione invece trasmette la forza che attrae verso l’alto le molecole di acqua a tutta la
massa di H20
POTENZIALE IDRICO
Possiamo descrivere e individuare questa stato energetico dell’acqua nella pianta descrivendolo
tramite Potenziale Idrico Y che rappresenta l’energia libera associata all’acqua espressa con un
lavoro (è un movimento in J m-3)
E’ data dalla sommatoria di 3 singoli potenziali: Y W = Y P + Y S + Y g
Y P: POTENZIALE IDROSTATICO o la PRESSIONE DI TURGORE
Y S: è il POTENZIALE OSMOTICO, determinato appunto dalla concentrazione dei soluti. Maggiore
è la concentrazione dei soluti dentro una cellula, minore sarà il potenziale osmotico (sarà più
negativo e quindi ci saranno esigenze di richiamare acqua perché si è reso un valore ancor più
negativo rispetto l’esterno).
ACQUA E TERRENO
Partendo dall’acqua nel terreno, vediamo che questa è influenzata da questi parametri fisici:
PERMEABILITÀ
IGROSCOPICITÀ
CAPILLARITÀ.
Questi 3 parametri determinano la presenza dell’acqua in maniera addossata alle particelle del
terreno in un rapporto che sarà differente in base alla TESSITURA DEL SUOLO (verrà trattenuta o
ceduta).
_Le particelle del TERRENO SABBIOSO avranno spazi grandi e la forza di capillarità e di
trattenimento dell’acqua sarà minore, infatti gran parte dell’acqua viene persa come acqua
gravitazionale perché l’acqua si muove più facilmente nei macropori e quindi si ha elevata
conduttività idraulica.
_Nei TERRENI ARGILLOSI la forza di aderenza dell’acqua alle particelle del terreno sarà
nettamente più forte perché si hanno piccoli canali tra le particelle e grande area di superficie e
ciò determina una maggiore forza di trattenimento, quindi bassa conduttività idraulica.
La CONDUTTIVITÀ è la capacità di movimento dell’acqua nel suolo, e diminuirà al diminuire del
potenziale idrico del suolo e fino ad un punto che è la CAPACITÀ DI CAMPO, ossia la capacità che
ha un suolo di trattenere l’acqua (quanta acqua viene trattenuta).
Il Potenziale Idrico Del Suolo è negativo ed ha valore prossimo allo zero (-0,1 MPa) ma può
diminuire di più (avere valore più negativo)
Di solito, infatti si parla POTENZIALE DI MATRICE YP , che è la forza di adesione dell’acqua alle
particelle terrose (prima abbiamo definito come igroscopia) con cui noi scriviamo il potenziale
matriciale.
La Matrice in questo caso è il terreno che può essere sabbioso o argilloso: in quello sabbioso il
potenziale di matrice sarà minore rispetto a quella argilloso, in cui la forza di adesione e di
tensione superficiale sarà maggiore.
ASSORBIMENTO RADICALE
Sostanzialmente ad essere particolarmente attivi ed efficienti nell’assorbimento radicale, sono i
cosiddetti Peli Radicali o Capillizi Radicali, che sono miliardi di estroflessioni di cellule
epidermiche radicali che aumentano in maniera notevole la superficie di contatto tra radice e
terreno e permettono sostanzialmente l’assorbimento dell’acqua e dei soluti.
Ovviamente, tra L’EPIDERMIDE e L’ENDODERMIDE (che è il tessuto impermeabile che circonda il
cilindro centrale della radice) l’acqua si muove tramite 3 canali, 3 vie:
_LA VIA APOPLASTICA non è altro che il movimento tra le pareti cellulari e quindi non entra
dentro la cellula, ma il movimento dell’acqua avviene negli spazi intercellulari e fra le pareti
cellulari delle singole cellule.
_La VIA TRANS MEMBRANA invece passa attraversa ogni cellula passando per tutte le membrane
cellulari, per poi uscire fuori per passare a tutte le altre cellule, quindi è particolarmente costosa e
trova diverse resistenze.
_La VIA SIMPLASTICA invece in cui l’acqua passa dentro i Plasmodesmi, passando da un
citoplasma all’altro di ogni singola cellula, è la via più rapida e veloce con cui l’acqua si muove
all’interno delle radici.
PERMEABILITA’ RAFICALE
L’Endodermide è caratterizzata da delle BANDE DEL CASPARY, ovvero delle strisce di cellule con
pareti impregnate da Suberina, ovvero una sostanza che è impermeabile e quindi fa da strato
barriera per il passaggio dell’acqua.
In questo caso l’acqua, tramite la via apoplastica o tramite via simplastica, passa nell’endoderma
che presenta delle strisce rosse che non sono altro che le Bande Del Caspary ricche di suberina
che impedisce la penetrazione dell’acqua. In questo caso, il passaggio deve essere effettuato con
un costo, e si ha che l’acqua forza a passare per via simplastica attraverso punti in cui si hanno
mancanze di continuità e che permettono la penetrazione dell’acqua.
È importante il ruolo svolto dalle ACQUAPORINE, trasduttori che regolano la permeabilità delle
radici all’acqua. Certe volte l’assorbimento dell’acqua diminuisce se sono sottoposte a basse
temperature oppure a condizioni di Anossia (cioè in condizioni di anaerobiosi che avviene in caso
di allagamento, che determina la presenza di inibitori della respirazione).
Le Acquaporine sono regolate dal ph del citoplasma che aumenta se le condizioni di respirazione
diminuiscono. Quindi in condizioni di anossia, la pianta riesce a superarla grazie alla presenza di
queste sostanze che sono sintetizzate dalla pianta stessa.
PRESSIONE RADICALE
Oltre alla tensione vi è anche la cosiddetta PRESSIONE RADICALE, quindi quella Pressione (o
Potenziale) Idrostatica positiva nello xilema che avviene quando la radice assorbe gli ioni dal
terreno e li trasporta nello xilema.
Questi ioni passando dentro lo xilema determinano un abbassamento del potenziale osmotico e
quindi del potenziale idrico che comporta maggiore assorbimento di acqua perché si crea un
gradiente di potenziale tra lo xilema ed il suolo, determinando un aumento della pressione con
cui l’acqua subentra all’interno del tessuto radicale e quindi spinge questa pressione verso l’alto.
La pressione radicale causa il fenomeno di Guttazione (fuoriuscita di linfa xilematica dalle
estremità dei bordi fogliari), nelle zone più esterne, appunto a volte nei cosiddetti Idatodi e non è
altro che un fenomeno legato alla pressione con cui l’acqua e la linfa vengono trasportati (linfa
ricca di zuccheri) fino appunto alle parti più apicali e quindi alle foglie.
Possiamo vedere come tutte queste strutture, le osserviamo proprio la mattina perché vi è stata
tutta la pressione legata al fatto che gli stomi erano chiusi e quindi tutta l’attività di risalita
dell’acqua è legata a questo delta di potenziale idrico dovuto all’assorbimento degli ioni con cui
la pianta fa risalire appunto la linfa all’interno dello xilema.
CAVITAZIONE
A volte, con la tensione dell’acqua, l’aria può tendere ad entrare dai micropori delle pareti e
formare le bolle d’aria che interrompono il flusso. Queste bolle nel caso in cui, si innescano e si
inseriscono all’interno di questi pori vengono a creare i fenomeni di CAVITAZIONE.
L’acqua di risalita non è acqua pura ma presenta dei gas disciolti.
Con una maggiore tensione questi gas disciolti tendono a passare nella fase di vapore e si
formano queste bolle di aria che si espandono fino a creare canali di mancata funzionalità. Si
ovvia a quest’ostruzione grazie al passaggio dell’acqua nelle tracheidi laterali a quella ostruita e
quindi viene in ogni caso permesso il trasporto tramite le tracheidi verso le zone più alte.
Per quanto riguarda questo aspetto, dobbiamo dire una cosa: questi possono essere fenomeni
transienti che si possono realizzare durante l’annata ma poi con il rinnovamento dello xilema con
l’attività meristematica nel periodo primaverile, ovviamente, queste zone di mancata funzionalità
verranno sostituite dalle nuove tracheidi dello xilema che permette di ovviare a questi punti di
cavitazione e mancata di funzionalità dell’acqua di risalita che si vengono ad utilizzare.
Di notte, quando la traspirazione è bassa, diminuisce la tensione dello xilema ed i gas si
disciolgono nuovamente nell’acqua perché la tensione si riduce notevolmente. In questo caso
possiamo vedere che questi fenomeni di cavitazione possono essere temporanei e quindi i gas
nuovamente che si disciolgono nell’acqua ridanno funzionalità alle tracheidi.
TRASPIRAZIONE
Passando alla TRASPIRAZIONE, possiamo dire che ovviamente non è altro che quel passaggio
tramite cui l’acqua lascia le foglie sottoforma di vapore acqueo e si muove attraverso 3 punti:
__Nello spazio aerifero dentro le foglie e quindi tramite i raggi di curvatura delle cellule. L’acqua
può passare dallo stato liquido, uscendo fuori dallo xilema e passando tramite i plasmodesmi e le
pareti cellulari esterne alle cellule, allo stato di vapore acqueo nella cosiddetta Camera
Sottostomatica.
__Il secondo invece è la rima stomatica. Per rima intendiamo l’apertura stomatica. Unico
processo fisiologico regolabile dalla pianta.
_Il terzo punto invece in cui l’acqua passa sottoforma di vapore acqueo in atmosfera, non è altro
che lo strato di aria immobile esterno alla superficie fogliare. Il cosiddetto STRATO DI
INTERPUNTO della foglia.
Questo movimento avviene per un processo fisico di DIFFUSIONE ed in base a quello che è il
cosiddetto DEFICIT DI PRESSIONE DI VAPORE ACQUEO (o Gradiente di Concentrazione di Vapore
Acqueo) tra aria e foglie.
VPD= -[CWV(aria) – CWV(foglia)]
Tanto maggiore è la differenza tra la concentrazione dell’acqua nell’aria e la concentrazione del
vapore d’acqueo delle foglie, tanto maggiore sarà il passaggio dell’acqua dalle foglie verso
l’atmosfera. Cioè tanto più secca è l’aria, tanto maggiore sarà il delta, differenziale di vapore
acqueo tra aria e foglia e tanto maggiore sarà questo passaggio di stato dalla foglia verso all’aria,
questo viene chiamato infatti DEFICIT DI PRESSIONE DI VAPORE ACQUEO.
Tanto più negativo è il vpd, tanto maggiore è la richiesta evapotraspirativa dell’atmosfera e
viceversa tanto maggiore è il vpd, tanto maggiore è la forza di attrazione dell’acqua presente
nella foglia verso l’atmosfera. Questo dipende da tante variabili, in primis la temperatura dell’aria
e l’umidità relativa dell’aria.
R non è altro che la costante del gas e quindi è un valore già determinato che è dato dalla
costante;
T è la temperatura dell’aria in gradi kelvin ed anche questo si deve sapere il valore della
temperatura;
VW, il volume molare parziale dell’acqua liquida e quindi dobbiamo sapere quanta acqua è
presente nell’unità di volume dell’aria;
ln(Rh), che è l’umidità relativa, che non è l’umidità dell’aria ma è un valore che può andare ad 0 a
1, e da cui si ricava la Concentrazione Del Vapore Acqueo CWV.
CELLULE DI GUARDIA
Lo stoma è costituito da CELLULE DI GUARDIA visibili con la forma a manubrio e sono due, e sono
responsbili dell’apertura della rima stomatica tramite cui vi sono tutti gli scambi gassosi che
abbiamo visto.
Abbiamo detto che la traspirazione dipende da diversi parametri fisici e l’unico parametro o
processo governabile della pianta è la resistenza stomatica, che viene attuata dalle cellule di
guardia. La foglia riesce a decidere fisiologicamente di aprire e chiudere gli stomi, e quindi
imporre una resistenza stomatica oppure avvantaggiare le condizioni di irrigazione o di elevata
disponibilità idrica la conduttanza stomatica e questo lo fa tramite la gestione delle cellule di
guardia.
Queste cellule di guardia sono caratterizzate da una particolare struttura della parete che
presenta inspessimenti differenziali.
_Abbiamo pareti esterne e interne molto inspessite,
_Delle pareti dorsali con una serie di microfibrille a contatto con le cellule epidermiche sottili
_Le pareti ventrali che sono mediamente inspessite.
Questa organizzazione di queste microfibrille di cellulosa che hanno questa disposizione radiale,
permette la curvatura della rima delle cellule di guardia, permette una differente elasticità e
quindi attività di gestione delle aperture e chiusura delle cellule di guardia. Quindi sono delle vere
e proprie valvole idrauliche, che abbiamo visto rispondono a diversi stimoli:
INTENSITÀ E SPETTRO DELLA LUCE: le foglie all’alba riescono ad aprire leggermente gli stomi, per
qualità della luce blu, ultravioletta o radiazione blu che sono ad altissima lunghezza d’onda e
permettono l’apertura stomatica, e tanto più diventa la quantità di luce, dalle ore mattutine a
mezzogiorno, tanto maggiore sarà la capacità di apertura delle cellule di guardia.
TEMPERATURA: con temperature molto alte o basse, cercano di evitare la cessione di acqua. Nel
primo caso, con temperature molto alte per evitare stress idrico e quindi fenomeni di
appassimento, nel secondo caso con temperature molto basse l’acqua permette di evitare che si
formino eccessive concentrazioni di soluti che premettono la formazione di cristalli all’interno
delle cellule, danneggiando le cellule stesse. Più acqua, più turgore cellulare avranno le foglie e
quindi per questo chiudendo gli stomi, minore sarà la presenza di cristalli che possono
danneggiare le pareti cellulari o i plasmalemmi che si trovano in prossimità delle cellule.
UMIDITÀ RELATIVA: quindi alla differenza di potenziale idrico, abbiamo una differente cessione di
acqua dall’interno verso l’esterno.
CONCENTRAZIONE INTRACELLULARE DELLA CO2: perché in ingresso la CO2 dev’essere utilizzata dal
fotosistema per poter incamerare quanta + CO2 presente nell’atmosfera esterna e quindi tanto
maggiore è la quantità di CO2 che viene assorbita dal fotosistema 2 e quindi diminuita nello spazio
intracellulare, tanto maggiore sarà la richiesta di CO2 dall’atmosfera verso lo spazio
sottostomatico.
STATO IDRICO DELLA PIANTA: tanto più è irrigata la pianta, tanto meno le cellule di guardia
tenderanno a chiudere.
Di solito, le cellule di guardia gestiscono l’apertura e chiusura degli stomi, tramite l’assorbimento
ionico di ioni potassio. Questi ioni potassio vengono assorbiti dalle cellule di guardia quando
aumenta la concentrazione di soluti, diminuisce il potenziale idrico per effetto della componente
del potenziale osmotico e questo determina un richiamo di acqua nelle cellule di guardia che
aumentano la pressione di turgore. Aumentando il volume delle cellule di guardia, le cellule
deformano e vi è l’apertura degli stomi.
RICAPITOLIAMO
_Quindi ricapitolando, qui vediamo tutto il TRASPORTO DELL’ACQUA, dalle radici e tramite il fusto
allo xilema, fino alle foglie in una pianta arborea, in cui abbiamo nel suolo e nello xilema un flusso
di massa legato al GRADIENTE DI PRESSIONE.
_Inoltre, abbiamo il passaggio anche attraverso le membrane, in questo caso è un GRADIENTE DI
POTENZIALE IDRICO legato alla COMPONENTE OSMOTICA, cioè alla concentrazione dei soluti
come ioni presenti nel terreno che vengono adsorbiti da parte dei peli radicali verso la radice e
che quindi vengono richiamati dal suolo. In questo caso questa differente concentrazione di
potenziale, richiama per capillarità ancora una volta, l’acqua presente negli strati del suolo che si
impoveriscono gli ioni, e quindi aumenta la capacità di assorbire dell’acqua negli strati più vicini.
_Infine, abbiamo la fase di vapore, la cessione di acqua per traspirazione all’esterno tramite le
foglie, e questo è un PROCESSO DI DIFFUSIONE, processo fisico, in cui la regolazione fisiologica è
effettuata esclusivamente tramite gli ioni potassio delle cellule di guardia, tramite l’apertura e la
chiusura degli stomi. Quindi tutto il resto non è altro che un processo diffusivo del vapore acqueo
dallo xilema alla foglia verso l’atmosfera.
Quindi possiamo vedere dalla radice fino all’atmosfera, i differenti potenziali idrici che si possono
misurare e con la scomposizione per singolo componente del potenziale idrico: il potenziale di
turgore, il potenziale osmotico e il potenziale gravitazionale che è praticamente 0 fino a 5 m e
poi aumenta leggermente negli strati più elevati.
Il potenziale di pressione appunto è quello che permette la diffusione per flusso di massa del
vapore acqueo, mentre il potenziale osmotico è quello che determina i passaggi soprattutto nelle
cellule radicali, con il passaggio delle sostanze ioniche che passano all’interno dei vacuoli delle
cellule radicali.
Ad esempio, vediamo che all’aumentare del deficit idrico si ha una riduzione della capacità di
fotosintesi e di traspirazione delle foglie.
_Se noi andiamo a vedere ad esempio il potenziale idrico fogliare misurato all’alba, a valori
bassi di potenziale idrico fogliare e quindi vicino allo 0, la capacità fotosintetica è al 100%.
_Aumentando il valore del potenziale idrico fogliare all’alba, cioè diventando sempre più
negativo, la pianta si pone in stress idrico sempre più intenso e vediamo come la
percentuale di organicazione rispetto al controllo, scende dall’80% fino al 20-10% e cio
determina una minore conduttanza e quindi minore apertura degli stomi, quindi si ha minore
capacità di assorbire CO2 e quindi di organicarlo e quindi riduzione della funzionalità del
sistema foglia.
Quindi, facciamo sempre attenzione quando prendiamo in considerazione il potenziale idrico
fogliare. Però nell’olivo la traspirazione verrà ridotta al 70% mentre la fotosintesi verrà ridotta del
40%, perché le molecole di acqua hanno dimensioni e concentrazioni maggiori rispetto la CO2 e
quindi la cessione di acqua verso l’esterno sarà maggiore rispetto a quella che sarà l’ingresso della
CO2 che sarà ridotta ‘’solo'' del 40%.
Queste specie hanno una capacità di proteggersi dai danni del fotosistema con meccanismi più
efficienti.
Possiamo comprendere come la pianta ha adattamenti nel sistema fotosintetico che noi possiamo
misurare tramite la misurazione di un parametro che è la fluorescenza. Se il sistema fotosintetico
non è efficiente esso emetterà fluorescenza
Queste specie anisoidriche hanno un’elevata sintesi di osmoliti ed in particolare di enzimi
antiossidanti come il superossido dismutasi, la catalasi, l’ascorbato perossidasi, che velocemente,
possiamo analizzare e ci indicano il livello di stress idrico della specie.
Dopo un periodo di stress idrico, al ripristino delle condizioni idriche ottimali vediamo che:
- Potenziale idrico nel giro di poche ore viene riequilibrato e quindi la pianta riesce
velocemente a recuperare l’attività del potenziale e quindi la funzionalità degli scambi idrici
dento le cellule;
- Traspirazione e fotosintesi permangono a livelli più bassi e quindi in recupero a causa di
una inibizione a un segnale chimico complesso che proviene dalle radici e dalle foglie.
SPECIE ISOIDRICHE
Caso di vite e kiwi.
Sono quelle specie che mantengono elevato lo stato idrico dei tessuti anche in presenza di una
domanda traspirativa molto alta e di stress idrico elevato.
Per mantenere elevato il rifornimento idrico diminuiscono il potenziale idrico fogliare a valori
negativi non eccessivi ma contenuti.
Capacità di sviluppo dell’apparato radicale più intensa, sia in profondità che in
densità;
Maggiore superficie di suzione in base al rapporto radici/foglie;
Caratteristiche del sistema xilematico differente, del trasporto xilematico. Actinidia
e vite hanno vasi grandi rispetto ad olivo, pesco e susino che hanno vasi molto più
ridotti, più piccoli;
Bassa resistenza al movimento dell’acqua.
Sostanzialmente, queste specie isoidriche hanno la capacità di assorbire e trasportare acqua con
estrema facilità fino alle foglie. Ciò si ha grazie a
_minime oscillazioni del potenziale idrico fogliare durante il giorno
_limitato gradiente di potenziale tra foglie e radici.
L’efficienza del trasporto dipende dal numero di elementi conduttori, dimensione dei vasi,
connessione tra gli elementi, e varia in funzione della varietà, del portainnesto e da eventuali
anomalie di innesto (maggiore è la compatibilità tra nesto e portainnesto maggiore sarà la velocità
del flusso d’acqua e quindi la capacità di soddisfare le esigenze idriche della pianta).
_Le specie isoidriche presentano vasi più grandi con dimensioni maggiore (300-400 µm) ma con
placche di separazione semplici (fori grandi). Nel caso delle specie isoidriche, le dimensioni
saranno maggiori e quindi il flusso e la velocità del flusso di acqua saranno maggiori.
_In quelle anisoidriche, i vasi saranno più ridotti si ha la prevalenza di placche di separazione
composte in cui sostanzialmente vi sono delle grate, che trattengono, aumentano la resistenza
dell’acqua. Quindi la capacità di acqua che potrà passare dentro questi vasi xilematici sarà
sicuramente più contenuta.
_La differenza è che nel primo caso, per le specie anisoidriche, vedremo come si va a misurare il
contenuto idrico fogliare in mega pascal (MPa): è sempre più negativo e la pianta riesce a
sopportare potenziali idrici molto più bassi; significa che la pianta sopporta stress idrici molto
elevati con un valore che all’alba sono di circa vicino allo 0, e al momento in cui arriviamo vicino a
mezzogiorno, raggiungono valori anche di -2,5 MPa. Poi, alle temperature più basse del
pomeriggio, riuscire a diminuire il potenziale idrico di queste foglie fino a valori vicino a quelli
iniziali che si raggiungono la sera e poi si mantengono tutta la notte.
Questa forte altalena avviene perché gli stomi si aprono, cedono acqua, riescono a sopportare
forti perdite traspirative perché queste specie sopportano livelli di stress idrico particolarmente
intensi, ma quando gli stomi si socchiudono, riescono ad equilibrare rapidamente nel giro del
pomeriggio, la sera, la notte, i momenti di stress idrico perché i valori ritornano a valori prossimi
allo 0.
Questo perché gli stomi sono chiusi ma la risalita xilematica e l’idratazione delle cellule continua
anche durante la notte e quindi il momento del miglior stato idrico per le piante è prima che l’alba
determini l’apertura degli stomi ed è alle 5 di mattina, quando appunto la pianta ha riequilibrato la
perdita traspirativa del giorno prima e si trova nel suo miglior stato idrico possibile. Ovviamente,
se la pianta è stata irrigata il giorno prima, capiamo bene che i valori saranno prossimi allo 0; se la
pianta non è stata irrigata per 5-10 giorni, la pianta partirà da valori sempre più bassi, più negativi
perché si trova in condizioni di stato idrico minore e quindi stress idrico fogliare più bassi.
_Per quanto riguarda le specie isoidriche come actinidia e vite hanno una diversa strategia:
vediamo che, durante il giorno, i valori di potenziale idrico si abbassano in maniera più contenuta,
ovviamente fino alle ore di maggiore stress idrico (12-15), per poi recuperare la minore
traspirazione pomeridiana, fino ad arrivare alla sera quando si recupererà lo stress idrico della
giornata.
Quindi, 2 strategie sono: sopportare livelli di stress con potenziali particolarmente negativi oppure
mantenere le perdite traspirative elevate riuscendo a soddisfare le traspirazioni con potenziali
idrici molto più elevati.
CELLULE COMPAGNE
È importante nell’organizzazione di questi tessuti cribrosi, la presenza di
cellule compagne, sono cellule associate ad ogni elemento del tubo cribroso
che svolgono una funzione di transizione dei fotosintati dagli organi source
verso i tessuti cribrosi e dai tessuti cribrosi verso gli organi sink e svolgono
una funzione di interpolazione e collaborazione per una migliore riuscita del
trasporto.
Queste cellule compagne svolgono una relazione funzionale che facilita il
trasporto grazie ad un elevato numero di plasmodesmi, ovvero elementi
intercellulari che sfruttano quelli che sono i passaggi all’interno del citosol di
questi canali di conduzione e che facilitano in maniera rapida e meno
problematica rispetto ai cosiddetti passaggi apoplastici. I passaggi
plasmodesmici sono invece sinplastici e quindi dentro il citosol con velocità
di trasporto molto rapida e costo energetico molto più ridotto.
Ruoli svolti dalle cellule compagne:
zone di sintesi proteica: molto spesso non solo fanno una funzione di conduzione di
trasporto ma anche sono sede di sintesi proteica;
produzione di ATP: grazie alla presenza di plastidi, per favorire quelli che sono i
trasporti con un costo energetico più importante per quanto riguarda i singoli
fotosintetati della pianta;
trasporto di fotosintetati: dalle cellule del mesofillo, che è la funzione più rilevante.
CARBOIDRATI SOLUBILI
Andiamo a vedere meglio la funzione di questi carboidrati solubili e come avvengono, nelle
diverse specie arboree, il loro movimento e passaggio di stadio.
Possiamo distinguere 3 categorie di zuccheri nelle diverse specie arboree da frutto per quanto
riguarda la sua traslocazione e mobilità all’interno dei vari tessuti.
Possiamo distinguere:
quelli in cui lo zucchero + rilevante è il saccarosio come nel caso di agrumi, vite ed
actinidia
quelli in cui invece, oltre al saccarosio, rappresentano una azione molto rilevante
anche il sorbitolo (rosacee);
l’ultimo gruppo, invece, in cui sono presenti, oltre il saccarosio, il mannitolo e,
anche se in concentrazione + basse, una serie di zuccheri del raffinosio (olivo).
Il saccarosio c’è in tutti per il
trasporto floematico e quindi è
vero che il saccarosio è lo
zucchero più rilevante per quanto
riguarda il trasporto floematico,
sebbene con ruoli differenti a
seconda delle categorie di specie
a cui ci riferiamo.
Quello che differenza le diverse
categorie di specie è la presenza del sorbitolo nelle rosacee e nel mannitolo nell’olivo. Stessa cosa
negli organi sink.
1. Agrumi, vite e kiwi: il saccarosio si comporta in maniera classica. Ci sono i processi di
ripartizione e trasporto comuni per tutte le piante, per cui: il glucosio-1-fosfato viene
prodotto all’interno delle foglie per attività fotosintetica, viene passato dal citoplasma verso
le guaine del fascio in forma di saccarosio e da esse si trasporta dentro i tessuti cribrosi fino
ad arrivare allo scaricamento del floema agli organi di sink che utilizzano il saccarosio.
2. Rosacee (pomacee + drupacee): oltre al saccarosio, vi è un importante ruolo che viene
rivestito dal sorbitolo, che è un alcolzucchero derivato dal glucosio tramite la riduzione di un
gruppo aldeidico in un gruppo alcolico. Il sorbitolo
viene sintetizzato nel citoplasma a partire dal glucosio-6-fosfato e questo convertito in
sorbitolo-6-fosfato, per essere poi idrolizzato in sorbitolo. Quindi, rispetto al primo gruppo
(solo saccarosio), il glucosio-6-fosfato non viene convertito in glucosio-1-fosfato per poi
produrre saccarosio, ma abbiamo la formazione di sorbitolo-6-fosfato e la sua idrolisi in
sorbitolo. È molto importante in questo raggruppamento di specie il sorbitolo, perché la sua
concentrazione può arrivare anche al 70-80% degli zuccheri presenti dentro una foglia.
Quindi la conversione in sorbitolo, nel caso delle rosacee, assume una presenza prevalente
rispetto a tutti gli altri zuccheri sintetizzati dall’attività fotosintetica.
3. Olivo: possiamo distinguere i cosiddetti zuccheri solubili e quelli non solubili, in cui quelli
solubili rappresentano il 90% e quelli non solubili, rappresentato dall’amido, costituiscono
solo il 10%. Del 90%,
glucosio e saccarosio rappresentano la % + rilevante e vengono solitamente equamente
ripartiti. Il mannitolo, tipico dell’olivo, può raggiungere percentuali del 20%. Inoltre, a
differenza dei primi 2, insieme al mannitolo, abbiamo un'altra serie di zuccheri minori, cioè
zuccheri di minore mobilità come fruttosio e altri.
ESOSO-FOSFATI
Vediamo come abbiamo tra i carboidrati con maggiore mobilità consideriamo gli esoso-fosfati, il
glucosio-1-fosfato, il glucosio-6-fosfato e il fruttosio-6-fosfato, e che vengono sintetizzati nei
processi: gluconeogenesi; fosforilazione di esosi liberi; degradazione di amido; glicolisi. Sono dei
processi in cui da carboidrati complessi si passa a carboidrati semplici come gli esoso-fosfati.
Mentre, al contrario, questi esoso-fosfati vengono anabolizzati in carboidrati più complessi nei
processi di: sintesi di amido e saccarosio; formazione di pareti cellulari; ossidazione nella via dei
pentosi-fosfati (che abbiamo osservato nella fase oscura della fotosintesi).
SINTESI DI AMIDO
Questo è un polisaccaride composto da 2 polimeri di glucosi, ossia amilosio e amilopectina che
possono essere presenti in % variabili in base alle singole specie e all’organo in cui viene
accumulato l’amido.
_L’amido è il composto di riserva + importante per tutte le piante;
_Viene sintetizzato temporaneamente all’interno dei cloroplasti come sostanza di riserva che
viene traslocata nei momenti di maggiore sintesi di zuccheri e quindi traslocato di notte nei vari
organi sink;
_Può essere accumulato anche come amido secondario negli organi di riserva: negli amiloplasti si
parla di amido primario (sintetizzato dentro i processi fotosintetici), quello secondario viene
accumulato negli organi di riserva;
_Protegge dai danni osmotici nel momento in cui migliaia di monomeri di glucosio e fruttosio
vengono sintetizzati in poche molecole amido ed evita i processi di danno osmotico all’interno
della pianta;
_Immagazzina eventuale eccesso di fotosintetati per via temporanea.
DINAMICA CARBOIDRATI IN RAPPORTO ALL’INDICE
DI RACCOLTA
Molto spesso, si parla di indice di raccolta, che non è altro che il rapporto tra la biomassa prodotta
in prodotti, quali i frutti, rispetto alla biomassa prodotta da tutta la pianta.
Il contenuto di carboidrati non strutturali varia in relazione all’organo e alla sua età, ma la cosa
importante da individuare è il fatto che questo non varia durante il giorno.
Ciò significa che l’amido nelle foglie si accumula durante il girono e diminuisce durante la notte.
Significa quindi che la concentrazione dei carboidrati che vengono sintetizzati dalla pianta nelle
foglie non cambia durante il giorno perché quelli che non vengono usati, vengono subito assorbiti
da parte dei vari tessuti che la richiedono con un’elevata capacità di sink.
Quelle che sono più marcate sono le variazioni stagionali che sono legate soprattutto ai fattori
ambientali o alla presenza di organi di utilizzazione con diversa attività, come nel caso degli organi
di riserva che, nel momento in cui cambiano le condizioni ambientali, (ripresa dell’attività
vegetativa in primavera e quindi traslocazione di questi zuccheri), i carboidrati presenti dentro gli
organi di riserva, vengono prontamente trasportati in direzione degli organi in accrescimento.
SPECIE DECIDUE
_Durante il germogliamento, l’amido viene utilizzato dagli organi di riserva in risposta allo stimolo
termico.
_Con lo sviluppo dell’apparato fogliare si determina la formazione di riserve che poi vengono a
ricostituire gli organi di riserva che hanno liberato gli zuccheri per la formazione delle foglie stesse.
_Successivamente nel periodo autunno-inverno, in cui abbiamo la caduta delle foglie, di nuovo si
ha l’aumento di questi alcol zuccheri che hanno funzione osmoprotettiva negli organi permanenti
e vengono di nuovo traslocati verso gli organi di riserva per essere conservati.
Le foglie si trasformano da organi importatori ad esportatore sviluppandosi (tra il 30% e il 70%
della piena espansione).
Tra tutti gli utilizzatori di zuccheri in generale, il frutto è un importatore netto, nonostante si possa
avere una leggera attività fotosintetica quando è dotato di cloroplasti (cioè quando è verde).
Quando, negli ultimi stadi, abbiamo la rottura del colore e la degradazione dei cloroplasti, perde
l’attività fotosintetica, e inizia l’attività di richiesta di carboidrati.
L’indice di raccolta, nelle piante da frutto, rispetto alle colture annuali come le ortive o erbacee,
non è molto alto e può variare da circa 0,3, 0,4 in olivo e nel caso del pesco può variare da 0,75 a
0,5 dopo il diradamento.
In generale possiamo dire che per quanto riguarda la ripartizione dei carboidrati tra i diversi
organi della pianta, è un processo molto complesso che viene regolato da fattori genetici, in cui
anche il ruolo delle condizioni ambientali può svolgere un’azione importante e su cui è difficile
intervenire se non si ha conoscenza di quelli che sono i processi di trasporto all’interno della
pianta. In particolar modo la ripartizione dei carboidrati dipende: dall’intensità della fotosintesi e
di respirazione e dalla capacità di richiamo dai centri di realizzazione degli assimilati e quindi dalla
forza di sink con cui questi organi riescono ad assorbire gli elementi prodotti da parte delle foglie.
Ovviamente una corretta ripartizione deve assicurare non solo una buona produzione da parte
della pianta, ma soprattutto una giusta ripartizione tra i diversi organi in maniera da garantire una
vita produttiva lunga da parte della pianta.
NUTRIZIONE
_Assorbimento – Trasporto - Funzioni
_Stress termici - Asfissia radicale- Salinità
Per il corretto sviluppo vegetativo e riproduttivo della pianta questa necessita di elementi
minerali. La concentrazione di tali elementi nelle piante arboree, espressa come peso secco, non
supera il 10% del totale, soltanto 16 elementi chimici hanno un ruolo fisiologico definito.
INTERAZIONI SUOLO-PIANTA-MICRORGANISMI
1) La pianta influenza le caratteristiche del suolo con l’apporto di materia organica (tessuti morti
ed sudati e radicali) e con l’escrezione di idrogeno e sostanze chimiche che favoriscono
solubilizzazione e mobilizzazione.
2) Le caratteristiche del suolo influiscono sulle attività fisiologiche e sulla disponibilità di nutrienti
3) La pianta fornisce energia ai microrganismi
4-5) La tipologia e la quantità di microrganismi influisce sulle attività fisiologiche della pianta e
sulla disponibilità dei nutrienti in modo diretto o indiretto modificando le caratteristiche del suolo
6) Le caratteristiche del suolo modulano l’abbondanza e la diversità dei microrganismi.
LA RIZOSFERA
Porzione di suolo (due-5 mm) che circonda la radice e che risente dell’influenza delle attività
radicali quali:
_CRESCITA,
_ASSORBIMENTO,
_RESPIRAZIONE,
_RILASCIO DI ESSUDATI,
_SIMBIOSI CON FUNGHI E BATTERI
Dinamica è variabile nel tempo e nello spazio, varia nell’estensione in relazione alla mobilità degli
elementi, elementi poco mobili devono essere ripristinati per diffusione, processo troppo lento per
le esigenze delle piante
GENOTIPI PIU’ EFFICIENTI
_MODIFICA DELL’APPARATO RADICALE: -morfologia, -geometria, -colonizzazione funghi
_MODIFICA DELL’AMBIENTE DEL RISO SFERA: -pH e potenziale Redox - lisati di cellule e tessuti
morti - essudati radicali ed enzimi rilasciati attivamente o passivamente.
COMPOSTI A BASSO PESO MOLECOLARE: -zuccheri – aminoacidi - acidi carbossilici
– fenoli – vitamine - ormoni
COMPOSTI AD ALTO PESO MOLECOLARE: polisaccaridi ed Ectoenzimi rilasciati
attraverso l’esocitosi
MICORRIZE
Associazione di funghi micorrizici con il sistema radicale, risultano Micorrizzate l’83% di
dicotiledoni ed il 79% di monocotiledoni e tutte le gimnosperme.
Le micorrize amplificano il sistema radicale e facilitano l’acquisizione di elementi minerali come il
fosforo (relativamente immobile). Le piante cedono carboidrati ai funghi. Le piante tendono
comunque a sopprimere l’associazione micorrizici in condizioni di elevata disponibilità di
elementi nutritivi.
MICORRIZE ECTOTROFICHE
Le ife fungine circondano la radice producendo la guaina fungina che penetra nello spazio
intercellulare del parenchima corticale per formare il reticolo di Hartig
Il fungo con le proprie ife può estendersi anche oltre la zona di esaurimento nutritivo.
MICORRIZE VESCICOLO-ARBUSCOLARI
Le ife crescono fra gli spazi intercellulari di parete del parenchima corticale e penetrano
all’interno delle singole cellule. Le ife non rompono le membrane ma vengono circondate da esse
formando vescicole oarbuscoli, questi ultimi partecipano agli scambi di elementi nutritivi.
ASSORBIMENTO RADICALE
_Presenza nel suolo dell’elemento in forme chimiche adatte, contatto tra l’elemento e le radici
_Disponibilità di forme chimiche assimilabili: caratteristiche chimico fisiche del suolo, attività
microbiche e radicali
Il suolo è costituito da una Frazione Inorganica e da una Frazione Organica: la frazione inorganica
è preponderante e deriva dalla frammentazione della roccia madre a causa di fattori abiotici o
bioptici. Frazione organica: è limitata alla parte superficiale ed è costituita da piante o animali
morti o loro parti.
_ARGILLA: riserva di nutrienti disponibili in minima parte attraverso reazioni chimico fisica.
_FRAZIONE ORGANICA: riserva di azoto, fosforo e sodio ceduti gradualmente in base all’attività
dei microrganismi.
_PARTE VIVENTE DEL SUOLO: batteri, funghi, piccoli invertebrati.
Gli elementi vengono a contatto con le radici in tre modi:
INTERCETTAZIONE DIRETTA,
FLUSSO DI MASSA (Elevata disponibilità idrica, alte concentrazioni di elemento)
DIFFUSIONE (Secondo gradiente di, fosforo e azoto ammoniacale)
L’assorbimento radicale avviene grazie alle radici più fini:
_Breve vitalità,
_Non diviene parte della struttura permanente,
_Due primi ordini di ramificazione,
_Cellule dello strato esterno.
Gli elementi mobili solo per via apoplastica (calcio) sono assorbiti dalle radici non
suberinizzate
I nutrienti vengono assorbiti in forma ionica; Uno dei principali meccanismi con cui il terreno
trattiene e mette a disposizione delle piante e dei microrganismi elementi quali il calcio il
magnesio e il potassio è la CAPACITÀ DI SCAMBIO CATIONICO che è la quantità di cationi
scambiabili in metro quadrato/100g
CANALI
-Soltanto per ioni e acqua,
- Trasporto passivo,
-Velocità di trasporto elevata,
- Si aprono e chiudono in risposta a cambiamenti Em,
-Specifici per tipo di ione
PROTEINE DI TRASPORTO
Due principali classi di proteine di trasporto
_PROTEINE CARRIER: legano il soluto da un lato delle membrane e lo trasportano dall’altro lato
con un cambiamento di conformazione della proteina
_PROTEINE CANALE: formano pori idrofilici nella membrana attraverso cui certi ioni possono
diffondere
Il trasporto attivo secondario può aver luogo secondo due modalità: Dall’alto verso il basso con
gradiente elettrochimico substrato A, dall’alto verso il basso gradiente elettrochimico substrato
B, energia del gradiente di potenziale elettrochimico creata dalle pompe usata per trasportare
soluti con gradiente elettrochimico. Gli ioni H+ sono semore trasportati secondo gradiente
elettrochimico
ACQUISIZIONE DEL FERRO
Dal suolo si trova principalmente ferro3+, insolubili a pH 6-8
Nel suolo il ferro è chelato con composti organici prodotti dai microrganismi del suolo o dalle
piante. La quantità di ferro totale presente nei suoli spesso insufficiente per le necessità delle
piante. Le piante usano due distinte strategie per solubilizzare e assorbire il ferro dal suolo in
condizioni di carenza: strategia 1 dicotiledoni e monocotiledoni non graminacee, strategia 2 mono
cotiledoni graminacee
POTASSIO
_Elemento determinante per la qualità dei frutti che accumulano zuccheri e acidi organici,
accumulato nei frutti, influenza le rese produttive. È assorbito come ione K+ e come tale si
mantiene nelle cellule, in elevate concentrazioni negli organi in accrescimento
_Attiva enzimi del metabolismo energetico e della sintesi proteica ed ha ruolo nell’apertura
stomatica nella fotosintesi nel carico scarico del floema. Viene accumulato per richiamare acqua e
aumentare la pressione di turgore e mitiga gli stress biotici e abiotici
_Carenza di potassio: avviene in suoli argillosi con forte potere di fissazione, ricchi di magnesio,
carenze idriche ed eccessi di salinità, elevato carico di frutta. La carenza di potassio provoca
scadimento qualitativi del frutto invece eccessi di potassio possono predisporre a fisiopatie.
CALCIO
Le colture arboree assorbono quantità di calcio paragonabili ad azoto e potassio. Gran parte viene
immobilizzata negli organi legnosi e nelle foglie molto poco arriva i frutti. Il calcio si muove nello
xilema ma non nel floema.
_Stabilità delle membrane e delle pareti cellulari,
_Calcio citosolico: da solo o associato a proteine il principale messaggero secondario per la
trasduzione dei segnali di regolazione genica e per la divisione cellulare e funzioni legate al
metabolismo dei carboidrati
Carenza di calcio in terreni molto acidi, più frequenti carenze nei frutti.
FOSFORO
La maggior parte del fosforo presente nel terreno non è disponibile per le piante, l’assorbimento
aumenta grazie alla simbiosi con Micorrize. È assorbito come ione fosfato e si trova nella pianta
sia in forma organica che inorganica le asportazioni sono contenute ma svolge ruoli fondamentali
Situazioni di carenza rare, buona concimazione di fondo, alta disponibilità nelle fasi di crescita
MAGNESIO
_Quantità assorbita e variabili tra le culture, elemento molto mobile nella pianta legato alla
qualità del frutto, si trova come ione o associato ad anioni inorganici e organici.
_Funzioni legate alla fotosintesi, alla traslocazione ai frutti dei Fotosintasi, all’accumulo degli acidi
organici. Il magnesio è l’elemento centrale della clorofilla che attiva l’enzima Rubisco ed è
fondamentale nella sintesi proteica e nella funzionalità dei ribosomi.
_In estate soprattutto in condizioni di carenza idrica, carenza sulle foglie basali per
rimobilizzazione verso frutti ed apici
MICRO ELEMENTI
_Nell’ambito delle concimazioni vengono presi in esame solo alcuni microelementi che, è
richiesto in quantità maggiori sono asportati nell’ordine di poche centinaia o decine di grammi
l’ettaro per anno Carenze incidono fortemente su crescita e produttività micro elementi (ferro
manganese zinco boro)
_Ferro: nelle ossidasi, nelle catalasì, nel nitrogenasi serve alla sintesi della clorofilla si trova in
proteine coinvolte nella fotosintesi.
_Zinco: in oltre 300 enzimi con funzioni catalitica, nella superossido dismutasi (previene danni da
radicali liberi, scottature dei frutti) enzimi del metabolismo dei carboidrati ed azoto.
_Manganese: non tanto presente negli enzimi, ma a funzione di attivatore, ruolo fondamentale
nella fotolisi dell’acqua, difesa da patogeni stimolando la produzione di fenoli e fitoalessine
_Boro: assorbito come acido borico, si muove nel flow Emma solo nelle piante che trasportano gli
alcol zuccheri. Ha un ruolo fondamentale nella crescita del tubetto pollinico, influenza la
percentuale di allegagione. In caso di carenza i frutti sono piccoli e deformi, con pochi semi e
sensibili alle fisiopatie,
Nell’assorbimento dei micro elementi assume un ruolo fondamentale il portinnesto con differenti
capacità interspecifica e intra specifiche.
ASFISSIA RADICALE
_Blocco processi ossidativi nei cicli di alcuni elementi,
_Processi dannosi di riduzione con denitrificazione è comparsa di composti tossici,
_Riduzione dell’assorbimento di macro e micro nutrienti,
_Produzione di acido abscissico ed etilene che inducono chiusura degli stormi,
_Interruzione dei processi di crescita,
_Morte delle radici per asfissia,
_Predisposizione ad attacchi di marciume radicale o basale,
_Dilavamento degli elementi nutritivi mobili,
_Peggioramento della struttura del suolo.
FITOREGOLATORI E FITORMONI
_FITORMONE: un qualsiasi composto organico, non nutritive, elaborato dalla pianta, che agendo
in piccole dosi promuove, inibisce o comunque modifica determinati processi fisiologici delle
piante il luoghi diversi da quelli di produzione
_FITOREGOLATORE: un qualsiasi composto organico non nutritivo, prodotto sinteticamente in
piccole dosi agisce nel senso indicato precedentemente agendo in luoghi diversi da quelli di
applicazione
FITORMONI
Fitormoni sono sintetizzate naturalmente dalla pianta anche a bassissime concentrazioni,
incidono con numerosi processi del ciclo ontogenetico dell’albero regolandone la crescita e la
risposta gli stimoli ambientali. Le cinque classi principali sono: AUXINE, GIBERELLINE, CITOCHININE
(promotori) ACIDO ABSCISSICO, ETILENE (inibitori)
GLI ORMONI E IL LORO RUOLO NELLA REGOLAZIONE
VEGETALE
Il termine ormone fu proposto da harty agli inizi del 1900 ed usato in fisiologia animale. Prime
caratteristiche delineate per gli ormoni animali: si formano nelle ghiandole endocrine, vengono
traslocati al luogo di azione mediante sangue o linfa, regolano particolari processi fisiologici,
agiscono in concentrazione minima
I fisiologi vegetali trovarono una somiglianza tra il concetto di ormone e gli esperimenti di Darwin
sul fototropismo e utilizzarono tale termine anche per i vegetali.
1. La caratteristica comune a tutti gli ormoni vegetali è quella di essere sostanze naturali
in grado di influenzare la concentrazione ridottissimi i processi fisiologici crescita
differenziazione e sviluppo.
2. L’azione regolatrice esplicata dagli ormoni nella morfogenesi può essere DIRETTA o
INDIRETTA nell’ambito dei fenomeni correlativi legata alla capacità che gli ormoni hanno di
influenzare la traslocazione delle sostanze nutritive e l’efficacia metabolica di tessuti e
organi.
3. La loro azione è accompagnata da una modificazione quantitativa e qualitativa
dell’attività del genoma e di conseguenza del corredo proteico della cellula.
4. Gli ormoni si legano a uno o più recettori specifici presenti nelle cellule formando un
complesso ormone-recettore.
5. La biosintesi degli ormoni si realizza di preferenza in alcuni siti rispetto ad altri pur non
esistendo nelle piante tessuti organi specializzati per questa funzione
6. Gli ormoni o loro precursori o prodotti del metabolismo vengono trasportati nella
pianta per vie diverse: in alcuni casi il trasporto corrisponde ad una funzione di
messaggeri.gli ormoni possono però anche agire nello stesso tessuto cellula ove sono stati
sintetizzati.
7. Gli ormoni non sono gli unici fattori della regolazione, ma interagiscono con gli stimoli
ambientali nel regolare diversi fenomeni fisiologici e nel controllare lo sviluppo della pianta.
L’applicazione regolatori deve tenere sempre in forte considerazione l’importanza della fase di
sviluppo in cui si trova la pianta, delle condizioni ambientali contingenti e la possibilità che il sito
regolatore venga trasportato attivamente nelle diverse parti della pianta.
AUXINE
_Sintetizzato a partire dal triptofano, mutanti incapaci di sintetizzare triptofano dimostrano
l’esistenza anche di una via triptofano-indipendente.
_Controlla: divisione distensione cellulare, dominanza apicale, tropismo, allungamento del fusto,
attività del cambio, Rizogenesi
_L’attività è proporzionale alla concentrazione fino ad un optimum oltre il quale può avere effetti
inibitori
_L’unico ormone con trasporto polare, spiegato secondo la teoria chemiosmotica sulla base della
distribuzione asimmetrica dei Carrier di influsso e efflusso.
REGOLATORI DI CRESCITA
Con il termine regolatore di crescita si intendono tutte le sostanze impiegate per via esogena per
controllare lo sviluppo delle piante
Essi comprendono: ormoni, composti sintetici non presenti in natura, altri composti di origine di
sintesi
_Il regolatore di crescita alterando il quadro ormonale, modificano la dinamica delle diverse
correlazioni normalmente in atto nella pianta.
_Un corretto impiego dei bioregolatori implica una buona conoscenza delle basi fisiologiche dei
processi da controllare e della natura chimica dei principi che si utilizzano.difficilmente il loro uso
sarà privo di effetti collaterali anche indesiderati, che vanno sempre considerati nel valutare
l’opportunità dell’intervento. L’uso dei bioregolatori non è in grado di risolvere se non in parte
errori tecnici commessi al momento della messa in opera o nel corso della gestione del frutteto.
_Lo studio di questi prodotti non sempre iniziato con il preciso scopo di individuarne un’azione
regolatrice. Spesso si è partiti con il ricercare un effetto diserbante,come nel caso dell’auxina
sintetica e solo successivamente si sono evidenziati effetti di regolazione, quale effetto anticascola
per la suddetta sostanza
_Altri esempi sono forniti dai diserbanti glifosato e Fluazifop con influenze positive sulla
maturazione e sulla resa della canna da zucchero, ancora un caso analogo è rappresentato
dall’insetticida Carba3ryl che effetto diradante sui frutticini del melo ciò è stato osservato
casualmente, nell’uso come antiparassitario.
_Uno stesso regolatore di crescita può avere differenti effetti se applicato a concentrazioni e in
fasi fenologiche diverse: ad esempio l’auxina acido alfa-naftalenacetico può agire sulle pomacee
da: radicante, spollonante, allegante, diradante, anticascola.
REGOLATORI DI CRESCITA: POSSIBILITA’ APPLICATIVE
AUXINE
Sono stati i primi reglatori ad essere impiegati in arboricoltura e a contribuire a risolvere
importanti problemi
_Cascola pre-raccolta negli alberi da frutto
_Radicazione delle talee di diverse specie ornamentali
_Allegagione in serra di piante orticole
Le principali auxine, tranne l’IAA sono tutte artificiali
CITOCHININE
Pochissime citochinine attualmente oggetto di pratica applicazione in agricoltura, risultano
impiegate normalmente in miscela con altri regolatori nelle colture in vitro e in frutticoltura. Un
limite alla loro diffusione è rappresentato dall’elevato costo.
Nomencl. Chimica: 6-benzylaminopurine BAP o 6-BENZYLADENINE BA
Tipo di formulazione: polvere, concentrato emulsionabile
Effetti:
-Interruzione della dominanza apicale
-Germinazione semi
-Ritardo della senesenza della buccia del clementine (con GA3)
-Stimolo dell’allegagione (con gibberelline)
-Interruzione della dormienza delle gemme in vite e melo
-Stimolo del germogliamento in colture in vitro
-Diradamento modifica della forma del frutto nel melo (con gibberelline)
ABA o etilene? !
I migliori risultati si ottengono potenzialmente con trattamenti combinati ABA+ ethephon
Le applicazioni di etilene presentano alcune controindicazioni che non solo potrebbero annullare
l'effetto dei trattamenti, ma anche portare effetti collaterali indesiderati, perché:
_i formulati (es. ethrel, ethephon, ecc.) rilasciano etilene in funzione delle condizioni di
temperatura, pH, ecc., con una variabilità molto significativa
_L'effetto varia in maniera significativa nei diversi genotipi (anche con effetti inversi a quelli
desiderati!!!) e a seconda della fase di sviluppo in cui viene applicato
_L'etilene accelera i processi di senescenza. portando effetti negativi sul] prodotto finale (es.
eccessivo rammollimento, senescenza dei tessuti del rachide, maggiore suscettibilità a patogeni
fungini)
ETILENE
_Etilene: le difficoltà e la pericolosità di manipolazione di questo gas, nonché gli effetti collaterali
indesiderati, hanno fatto sì che l'impiego pratico dell'etilene sia limitato alla maturazione
accelerata e alla deverdizzazione della frutta. Questo genera un immissione nelle celle di una
miscela di azoto ed etilene allo scopo di far raggiungere rapidamente alla frutta le caratteristiche
merceologiche richieste dal consumatore e che non si presentano in un prodotto, sia pur maturo,
appena raccolto: I'operazione si effettua con temperature alte e con l'atmosfera ricca di ossigeno
_La maturazione accelerata si effettua su:
- mele (gruppo Golden Delicious) - pere (Kaiser, Passacrassana, William) - banane - kaki
_Sverdimento e deverdizzazione: l'effetto desiderato è solo l'ingiallimento della buccia dei frutti
che al momento della raccolta, pur avendo già raggiunto la giusta maturazione della polpa, sono
ancora verdi; si effettua su: - clementine - limone – mandarini
EFFETTI POSITIVI
_Stimolazione della colorazione antocianica
_Aumento dei solidi solubili
_Diminuzione dell'acidità titolabile
_Aumento della succosità
_Controllo dell'attività vegetativa*
_Aumento dei polifenoli totali**
FRUTTI CLIMATERICI
_L'etilene è il maggiore determinante della maturazione nei frutti climaterici
_E' possibile intervenire con svariati fitoregolatori per modificare la rispostaall'etilene
IMPIEGHI (ESEMPI)
Inibitori (AVG, 1-MCP)
oBlocco temporaneo/rallentamentodella maturazione
oEstensione della finestra di raccolta
oRiduzione riscaldo superficiale
Stimolatore (ACC)
oStimolazione della colorazione I
TIPOLOGIE DI INIBITORI
Tra gli inibitori artificiali si suole distinguere tra:
_SOPPRESSORI: sostanze che distruggono, con azione caustica. il meristema apicale. Tra i
soppressori di crescita troviamo gli esteri metilici di acidi grassi (considerati i veri cimanti chimici,
trovano impiego su alberi da frutto in sostituzione della cimatura manuale) e gli alcoli grassi
_RITARDANTI DI CRESCITA: quelle sostanze che inibiscono temporaneamente I 'attività del
meristema apicale e del meristema subapicale; a questo gruppo sono tipicamente riferibili i così
detti brachizzanti o nanizzanti
GRAVITA’
La sensibilità al campo gravitazionale è massima nel MERISTEMA RADICALE e nella ZONA DI
ALLUNGAMENTO DEL FUSTO
_Radice: comportamento geotropico positivo
_Fusto: comportamento geotropico negativo
Inversione del gradiente di sensibilità al colletto
TEMPERATURA
È il fattore ambientale più determinante. Definisce L'AREALE DI DIFFUSIONE
Controlla tutte le fasi fenologiche nonché complesse sindromi fisiologiche
_Transizione di fase
_Embriogenesi
_Maturazione
_Dormienza dei semi e delle gemme
ENDODORMIENZA ECODORMIENZA PARADORMIENZA
ENDODORMIENZA
_Si stabilisce in modo progressivo e basipeto
_Riduzione del fotoperiodo (da inizio o metà agosto)
_Viene percepito da fitocromi e criptocromi riduzione di gibberelline e aumento di
ac.abscissico
_Riduzione crescita intemodale ' (meristema sub apicale) Mantenimento dell’ attività del
meristema apicale
_Formazione delle gemme: Blocco progressivo dei meristemi
-Frammazione vacuolare
-Disidratazione
-Riduzione del volume cellulare
-Formazione di corpi paramurali
-Blocco della funzionalità dei plasmodesmi
Superamento della dormienza legato all’andamento termico
MODELLO RICHARDSON O UTAH
Si basa su indici di conversione delle temperature che rappresentano accumuli positivi o negativi
Effetti positivi: Temp. 0º-12ºC
Effetti negativi: temperature superiori
Modello dinamico
Nasce dall’osservazione che un regime termico fluttuante, a parità di CU è più efficiente di uno
costante
La temperatura regola la cinetica di due reazione:
AB Velocità crescente da 0° a 7°C e Velocità decrescente da 7° a 12°C
Reversibilità BA a temperatura superiori
-Percezione del freddo (chilling perception)
-Negazione dell’effetto del freddo (chilling negation)
-Fussazione dell’effetto del freddo (chilling fixation)
BC: reazione irreversibile favorita da temperature tra i 15° e i 18°C
Luce-regimi elevati-fitoregolatori (CK e GGAA)
AC: T > 30°
ECODORMIENZA
Disponibilità idrica e nutrizionale
Superamento legato all’accumulo di unità di calco
GDH (Growing Degree Hours) ore trascorse ad una temperatura di 1° superiore ad una soglia
termica specifica
La temperatura riattiva una serie di processi morfogenetici:
-MICROSPOROGENESI
-GERMOGLIAMENTO
-ATTIVITÀ CAMBIALE
-DIFFERENZIAMENTO degli ORGANI FIORALI
-MACROSPOROGENESI
-ANTESI
Le fasi fenologiche sono legate ad accumuli precisi e crescenti
SOGLIA TERMICA
4,5-5° molti fruttiferi dei climi temprati 10°Cvite
Per il modello GDH l’accumulo è lineare fino a 25°C con ulteriori aumenti di temperatura si
assume che l’effetto non cambi
In post antesi in caso di alte temperatura, per misurare le esigene termiche che favoriscono le
diverse fasi, si valutano i GDD (Growing Degree Days) misurando ogni giorno la differenza tra la
media giornaliera e la soglia termica base e facnedo quindi la sommatoria
GDD/g= [(Tmax-Tmin)/2]- Tbase
ASPETTI MOLECOLARI CHE GOVERNANO LA
TERMOMORFOGENESI
Modalità di percezione dello stimilo termico: sconosciuta
Variazione metaboliche chi coinvolgono lo stato e la funzionalità dei sistemi di membrana
Attivazione di set genici a controllo epigenetico
Sistema di trasduzione degli stimoli termici che interagisce o è in parte condiviso con quello degli
orrnoni