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LA LUCE

LUCE VISIBILE
EFFETTI DELLA LUCE SULLA FOGLIA
DIRADAMENTO
RISPOSTE FISIOLOGICHE ALLA QUALITA’ DELLA LUCE
FOTOMORFOGENESI
FITOCROMO
FOTOPERIODO E RISPOSTE FOTOPERIODICHE
FOTOSINTESI
PROCESSO FOTOSINTETICO
FOTORESPIRAZIONE
FLUSSO DEL CARBONIO ALL’INTERNO DI UN FRUTTETO
EDDY COVARIANCE
MISURAZIONE SINGOLA FOGLIA
MISURAZIONE PIANTA INTERA
PORTABLE PHOTOSYNTHESIS SYSTEM
ATTIVITA’ STOMI
ACQUA NELLA PIANTA
PROPRIETA’ IMPORTANTI DELL’ACQUA
POTENZIALE IDRICO
ACQUA E TERRENO
ASSORBIMENTO RADICALE
TRASPORTO NELLO XILEMA
TRASPIRAZIONE
CONTROLLO DEGLI STOMI
ADATTAMENTO A STRESS IDRICO
OSMOREGOLAZIONE
ADATTAMENTI
1° GRUPPO
2° GRUPPO: SPECIE ANISOIDRICHE
SPECIE ISOIDRICHE
TRASLOCAZIONE DEI FOTOSINTATI
CELLULE COMPAGNE
MOVIMENTO DELLA LINFA ELABORATA
TRASPORTO A BREVE DISTANZA
TRASPORTO A LUNGA DISTANZA
RIPARTIZIONE DEI CARBOIDRATI
TRAPORTO E UTILIZZAZIONE DEI CARBOIDRATI
RUOLO DEI CARBOIDRATI SOLUBILI
CARBOIDRATI NON-SOLUBILI
NUTRIZIONE
ASSORBIMENTO RADICALE
FUNZIONE DEI PRINCIPALI NUTRIENTI E RISPOSTE DELLA PIANTA
MICRO ELEMENTI
STRESS TERMICI
FITORMONI
AUXINE
GIBERELLINE
CITOCHININE
ETILENE
ACIDO ABSCISSICO
REGOLATORI DI CRESCITA: POSSIBILITA’ APPLICATIVE
SEGNALI ESOGENI DI SVILUPPO

ECOFISIOLOGIA DELLE PIANTE


INTRODUZIONE
_Parleremo dei FATTORI ABIOTICI che vanno ad influenzare il comportamento della pianta
_Aspetti generali del rapporto pianta-luce
_Fotosintesi
_Fotoperiodo e Fotomorfogenesi: le piante arboree da frutt vengono regolate da determinate
caratteristiche della luce, intesa come intensità (quantità di fotoni nell’unità di tempo) e come
qualità
_I meccanismi fisiologici dati dalla strutture della pianta
_I meccanismi di assorbimento e utilizzazione dell’acqua e come la pianta riesce, tramite la
traspirazione (direttamente correlato alla quantità di luce), a determinare i processi di apertura e
chiusura stomatica e quindi la regolazione del bilancio idrico e del carbonio ed ossigeno.
_Il ruolo degli ormoni nei processi fisiologici per ottenere una buona fioritura, fecondazione,
allegagione e maturazione del frutto.
_Gli Organi Source e gli Organi Sink: sono importanti per la traslocazione e distribuzione di
fotosintati a supporto dell’attività della pianta

La luce, sia negli aspetti qualitativi che quantitativi, stimola:


_LA PRODUZIONE DI BIOMASSA, intesa come attività vegetativa e riproduttiva
_RIPARTIZIONE DELLE RISORSE TRA GLI ORGANI VEGETATIVI E RIPRODUTTIVI: ad esmpio tramite la
potatura si va a garantire una maggior penetrazione della luce che stimola una maggiore
produzione

La luce svolge un ruolo fondamentale nel/nella:


_Differenziazione delle gemme: nella fase di induzione antogena, in funzione della quantità di luce,
noi possiamo avere un determinato quantitivo di gemme a fiore a seconda se siano piante
cadicifoglie (giugno-luglio) o sempreverdi (autunno-inverno). La destinazione di gemme a fiore
viene determinata un anno prima.
_Composizione della chioma: più volume ha e maggiore sarà la differenza di ricezione solare (e
quindi attività fotosintetica) tra parte esterna della chioma e parte interna
_Potenzialità fotosintetica delle foglie: può riguardare sia la singola foglia che l’intera biomassa
vegetale delle piante
_Tipo di carboidrati prodotti: dipendono sia dalla specie che dalla quantità di luce
_Ripartizione dei carboidrati tra centri di accumulo vegetativi e riproduttivi: bisogna attenzionare
la potatura perché se taglio quelle parti sink che hanno accumulato tali zuccheri si va incontro ad
un calo della produzione
_Qualità dei frutti
-Colorazione
-Concentrazione di zuccheri
-Livello di acidità (inversamente proporzionale alla concentrazione di zuccheri)
-Conservabilità

LA LUCE
La luce è la Radiazione Fotosinteticamente Attiva (PAR), ovvero quella radiazione utilizzata dalla
pianta per la fotosintesi che è determinata dal fenome fisico dell’Energia Radiante (o Radiazione
Solare), ossia l’energia emessa dal Sole che è caratterizzata lunghezze d’onda l molto variabili (280
a 3000 nm) e singole particelle dette FOTONI, che contengono i cosidetti “quanti di energia” (le
singole unità di energia prodotte dal sole)
La radiazione solare arriva sulla terra o direttamente o per Riflessione delle nubi o dai composti
dell’atmosfera (Radiazione Diffusa). Le nubi svolgono un azione di filtrazione dei raggi solari che
altrimenti porterebbero a fare danni come i raggi UV come portano a meccanismi ossidativi. La
radiazione diffusa garantisce inoltre una migliora attività fotosintetica per la pianta. Non tutta la
radiazione solare incidente viene utilizzata dalla pianta per la fotosintesi. A volte solo l’1-2% di
essa viene utilizzata per l’attività fotosintetica
Vi sono diverse interazione luce/chioma tra climi secchi (prevalenza di luce diretta) e climi con più
nubi (prevalenza di luce diffusa)
FUNZIONI
_FOTOSINTESI: 6 CO2 + 6 H2O + Luce = C6H12O6 + 6 O2 (viene rilasciato dagli stomi)
_EVAPOTRASPIRAZIONE: è un processo regolato dalla luce perché garantisce l’apertura stomatica
e quindi la traspirazione che ovviamente viene accompagnata all’evaporazione di acqua dal suolo.
Se la luce è sufficiente per avere una buona attività fotosintetica la pianta apre gli stomi e
determina sia l’ingresso della CO2 che il rilascio l’acqua sottoforma di vapore acqueo.
Se la pianta non ha non sufficiente disponibilità d’acqua per traspirare, entrano in gioco una serie
di meccanismi che portano alla chiusura (parziale) degli stomi e l’attività fotosintetica si
interrompe e quindi i processi metabolici della pianta vengono rallentati (ad esempio
l’accrescimento dei frutti si riduce e quindi avremo frutti di ridotta pezzatura) fino ad un livello
massimo in cui la pianta va ad appassimento e la morte.
_RISCALDAMENTO DI ARIA, PIANTA E SUOLO: è positivo perché determina, ad esempio, un più
rapido metabolismo dei microrganismi che vanno degradare le sostanze organiche del terreno che
vengono rese in elementi nutritivi disponibili per la pianta. Inoltre determina l’assorbimento
radicale perché l’acqua sale per gradiente di concentrazione verso gli stomi e poi viene rilasciato
sottoforma di vapore acqueo

ENERGIA RADIANTE
L’energia radiante determina tre processi fondamentali più uno che ci riguarda direttamente:
_Riscaldando l’atmosfera, essa crea moti convettivi di aria calda (A) verso l’alto e l’aria fredda
verso gli strati più bassi
_Si diffonde nel terreno (T) e determina il surriscaldamento degli strati più superficiali del terreno
nella crosta terrestre che garantisce i metabolismi di tutti gli organismi presenti nel terreno
compreso la radice stessa. L’attivazione metabolica dell’apparato radicale avviene ad un minimo
termico che varia a seconda delle specie.
_E’ fondamentale per l’evaporazione dell’acqua (V) perché appunto più caldo sarà l’ambiente e
maggiore sarà la richiesta evapotraspirativa della pianta.
_La copertura vegetale contribuisce a tutti questi processi perche svolge un attività di
assorbimento dell’energia radiante (P) che viene convertita in relazione alla fisiologia della pianta.

LUCE VISIBILE
E’ l'unica che riusciamo a vedere e va da 400 a 700 nm ed è
quella che ha effetto fotosintetico e viene indicata come PAR
(Photosynthetically Active Radiation) [W m-2 o bar]
Viene detta anche PFD (Photon Flux Density) ossia la Densità
del Flusso Fotonico, ossia la quantità di quanti fotonici che,
nell’unità di tempo, arrivano in un’unità di superficie (più
quanti arrivano, maggiore sarà l’internità luminosa) ed infatti si
misura in mmol m-2 s-1.
LA PFD dipende da:
_ALTITUDINE: più si sta in altro maggiore
sarà la PFD
_LATITUDINE
_COMPOSIZIONE DELL’ATMOSFERA
_CLIMA (nuvoloso/asciutto): se è nuvoloso, l’intensità verrà “filtrata” di più
Essa è collocata tra l’Ultravioletto e l’Infrarosso.
In base ai diversi organuli presenti nella foglia, vi è una diversa capacità di
assorbire e utilizzare questa Energia Radiante; a seconda del Fitocromo
presente nella foglia vi è un diverso picco di capacità di assorbimento
dell’energia radiante a seconda della lunghezza d’onda specifica. Ad
esempio le foglie sono verdi perché, assorbendo le altre lunghezze d’onda,
non sono in grado di assorbire le lunghezze d’onda della fascia del verde ma
le riflettano

RISPOSTE DELLA PIANTA ALLA LUCE


_RISPOSTA QUANTITATIVA: comprende la Fotosintesi e la Traspirazione. Una maggiore quantità di
luce attua una maggiore attività fotosintetica garantiscce una maggiore apertura stomatica che
porta quindi ad una maggiore attività traspirativa
_RISPOSTA QUALITATIVA: la qualità della luce interessa altri processi come la Fotomorfogenesi, i
Fototropismi e il Fotoperiodo. In questo caso andremo a dettagliare come la qualità (la lunghezza
d’onda) va a determinare delle modifiche di natura fotomorfogenetica, fototopica e fotoperiodica
nella pianta. Andremo a distinguere, nella variazione compresa tra 280 e gli 800 nm, quelli che poi
saranno i differenti processi della qualità della luce, in particolar modo l’Ultravioletto B (280- 320
nm), l’Ultravioletto A (320 – 400 nm), il PFD (400-700 nm che possiamo distinguere in luce blu
verde e rossa) e i Raggi Infrarossi (che vanno dal vicino infrarosso 700 nm fino a quello lontano 800
nm)

DINAMICHE LUCE- FOGLIA


_L’80% dell’energia radiante disponibile viene assorbita dalle foglie grazie alle clorofille
(ASSORBANZA)
_10% viene riflesso (RIFLETTANZA)
_10% trasmesso attraverso le lamine fogliari (TRASMITTANZA)

Sulla Riflettanza e Trasmittanza influiscono le caratteristiche morfologiche e strutturali delle


lamine, in particolar modo lo spessore. Ad esempio le foglie molto spesse la percentuale di
trasmittanza si riduce perché le piante con foglie spesse (es piante grasse) devono ottimizzare i
singoli fotoni che riescono a ricevere
Circa il 25% dell’energia assorbita è riemesso dalle piante come radiazioni infrarosse e circa il 75%
è utilizzato per la traspirazione o disperso per convezione
La fotosintesi utilizza solo una minima parte dell’energia assorbita pari all’1-2%

Per quanto riguarda i fenomeni fotomorfogenetici sono determinati dalla luce compresa tra 280 e
800 nm
__Una volta che la radiazione colpisce la chioma l’intensità e la distribuzione dello spettro
cambiano entro brevissime distanze per l’interazione con gli organi della chioma. La qualità della
luce che noi misuriamo all’esterno della chioma non è la stessa che vi sarà all’interno della chioma
perché, per via dei processi di rifrazione, possono modificarsi completamente le lunghezze d’onda
che sono presenti all’interno della chioma stessa
__Composizione e densità della chioma influenzano fortemente le risposte morfologiche e
metaboliche mediate dal fitocromo e dai pigmenti fotorecettori. Questi influenzano:
--Caratteristiche produttive:
-Produzione di gemme a fiore
-Produzione di germogli filati: si parla di Shed Avoidance, ossia il tentativo da parte
delle strutture cellulari del germoglio di evitare l’ombra. I fotorecettori
percepiscono che la qualità della luce non è idonea per una corretta divisione
cellulare di quel tessuto e quindi questo porta il germoglio ad allunarsi verso le parti
in cui vi sono migliori condizioni. La qualità della luce ha infatti cambiato il
coportamento fenotipico dato un meccanismo genetico dove si attua una modifica
trasduttiva che porta la pianta a modificare il proprio habitus o attività
morfogenetica/metabolica
-Inverdimento: accumulo di clorofilla
-Tipologia di foglie
--Ripartizione dei carboidrati
--Capacità di sostenere la crescita dei frutti
--Rinnovamento della chioma: quando noi facciamo le potature noi modifichiamo la
quantità di luce penetrante all’interno della chioma e quindi ciò consente di attivare le
gemme avventizie che daranno origine a nuove branche e rami.

EFFETTI DELLA LUCE SULLA FOGLIA


_Se siamo in condizioni di alta intensità luminosa la foglia avrà una lamina ridotta, vi sarà una
maggiore massa di sostanza secca per unità di superficie (mg/cm 2) e si avranno alte prestazioni
fotosintetiche fino al punto di saturazione, oltre il quale l’attività fotosintetica non aumenta più
ma può addirittura diminuire per via dei processi di Fotorespirazione (l’attività respirativa aumenta
in presenza di elevate temperature o intensità luminosa e questo porta alla distruzione di zuccheri
prodotti dalla fotosintesi in materiali più semplici) o di Fotoossidazione (l’intensità luminosa è così
elevata che danneggia il sistema fotosintetizzaznte e possiamo trovare dei colpi di sole o necrosi
nelle foglie
_Se siamo in condizioni di bassa intensità luminosa la fogglia avrà una lamina espansa, perché
cercherà di massimizzare la quantità di fotoni, la foglia sarà più sottile, perché la lamina si espande
e i singoli organuli (es clorofilla) si dispongono a parete per cercare di intercettare quel poco di
luce che avviene e quindi vengono ottimizzati i parametri fotosintentici e quindi nella fotoricezione
viene percepita e utilizzata anche la luce blu (che non viene utilizzata in condizioni normali)

LUCE E ACCRESCIMENTO
L'accrescimento dei frutti allegati si svolge in due fasi:
_CITOCHINESI - prima fase (molto rapida) di intensa divisione cellulare: fase
fondamentale perché da essa dipende il numero di cellule per unità di volume e
a cui si legano caratteristiche di serbevolezza e valore nutrizionale. E’ molto
importante perché maggiore sarà il numero di cellule moltiplicate e più grande
sarà il nostro frutto nella distenzione cellulare.
_DISTENSIONE CELLULARE - seconda fase in cui le cellule che si sono formate
aumentano di volume; le cellule isodiametriche alla fine di questa fase passano
da diametri di 30 micron a 500 micron. In questa fase aumentano gli spazi
intercellulari (dal 19% al 30%). In questa fase è molto importante la luce e quindi
se il frutto è in prossimità di una o più foglie, la distensione è più efficiente
Anche se ciascun tessuto del frutto ha i suoi peculiari ritmi di crescita, è possibile
distinguere due tipi di crescita:
1)TIPO SIGMOIDALE SEMPLICE (melo, pero, fragola, agrumi):
2)TIPO DOPPIA SIGMOIDE (drupacee, fico, uva): abbiamo un primo sigma, che
termina con l’inizio dell’indurimento del nocciolo, e un secondo sigma (dopo
l’indurimento del nocciolo) dove comincia un rapido accrescimento
che verrà poi seguito dalla maturazione vera e propria.
In questo grafico vediamo a confronto lo sviluppo di pesche inserite su nodi provvisti di germoglio
ascellare (foglia) in prossimità e altre inserite su nodi sprovvisti di germoglio ascellare.
Nel primo caso vediamo come, nei giorni di divisione cellulare, la pesca avrà uno sviluppo
maggiore rispetto al secondo caso perché è in prossimità di una foglia che dovrà aumentare
l’intensità fotosintetica. Quindi, la presenza del frutto stimola l’attività fotosintetica della foglia

EQUILIBRIO ATTIVITA’ VEGETATIVA/RIPRODUTTIVA


E’ molto importante equilibrare l’attività vegetativa e riproduttiva per ottenere frutti di qualità.
Infatti avere un buon numero di foglie è necessario per avere un corretto accrescimento del frutto
ma al contempo bisogna evitare di avere troppe foglie perché farebbero troppa ombra al frutto e
si riduce l’accumulo di zuccheri, polifenoli, antocianine ecc.
ESEMPIO DEL PESCO
Sappiamo che il ritmo di crescita del pesco è caratterizzato da una doppia sigmoide dove la prima
si interrompe all’inizio della fase di indurimento del nocciolo.
Questo è il momento più opportuno per effettuare quello che è il diradamento dei frutticini
_Dopo non si può fare perché si sprecherebbero una serie di sostanze organicate dalla pianta nei
frutti
_Prima non si può fare perché vi è la cascola naturale dei frutticini dove la pianta cercherà di
autoregolarsi in funzione della capacita di competizione dei frutticini e dello stato
nutritivo/sanitario della pianta. La pianta infatti non può far sviluppare tutti i frutticini presenti in
un ramo e quindi ne determinerà la cascola di alcuni di questi. Inoltre la pianta cercherà di
produrre quanti più frutti con semi possibili (il seme è lo scopo ultimo della pianta) e che spesso il
completo sviluppo del seme arriva con la fase di indurimento del nocciolo. Inoltre noi potremmo
avere una perdita dei frutticini rimasti che può essere data ad esempio da delle gelate
ESEMPIO DELLA VITE
Con l’uva la fase di stasi della doppia sigmoide corrisponde alla fase di invaiatura (viraggio di colore
da verde a bianco o a nero)Si effettua una potatura verde, eliminando le femminelle, ossia quelle
vegetazioni che coprono le foglie in modo tale da garantire una migliora penetrazione della luce in
quelle foglie dove nello stesso ramo avremo il grappolo, e la spargolatura, diradando anche in
parte il grappolo, ossia quelle parti poco sviluppare rispetto agli altri acini
In questa immagine vediamo come una pianta con alto
carico di frutti ha una maggiore attività fotosintetica A
rispetto ad una pianta con un basso carico di frutti.
Questo perché i frutti hanno una forza di richiamo dei
fotosintetati molto elevata e che spingono di
conseguenza le foglie ad una maggiore attività
fotosintetica
L’attività fotosintetica della foglia non è uguale e
dipende dall’età di essa. Quando è giovane la foglia è
mixotrofa e difenta autotrofa una volta che ha
raggiunto il 50% della superficie fogliare totale.
Le caducifoglie fotosintetizzano 6-8 mesi e le sempreverdi 12 mesi. Le prime hanno un intesità
fotosintetica più elevata per compesare il periodo minore di fotosintesi

In questo grafico viene descritto l’attività fotosintetica del mandarancio


Satsuma Okitsu che viene trattato con diversi trattamenti
_Nel primo caso, ossia il Controllo (CT) non ci sono stati trattamenti ed
ha un tasso fotosintetico di 5 mmol CO2 m-2 s-1
_Nel trattamento Sucrose Supplement (SC) metto il saccarosio. Metto
per via esterna quindi la sostanza organicata e quindi la mia pianta
abbassa l’attività fotosintetica a 4 CO2 mmol m-2 s-1
_Nel trattamento Girdling (GR) facciamo l’incisione anulare della
corteccia in maniera tale che il flusso di fotosintati che proviene dalla
chioma verso le radici venga interrotto (floema) e che tali sostanze
rimangono nella chioma e fa si che aumenti l’attività fotosintetica
_Nel trattamento Defruiting (DF) si diradano alcuni frutti (organi sink) e
questo ne determina un crollo dell’attività fotosintetica
_Nel trattamento GR+DF+SC l’attività fotosintetica crolla drasticamente
_Nel trattamento Partial Deformation (PD) dove faccio una deformazione parziale delle foglie sulla
chioma, incidendo sul rapporto foglie/frutti e sfavore delle foglie che però avranno un aumento
dell’attività fotosintetica superiore al CT. Infatti la forza di richiamo dei frutti intensificherà la
fotosintesi di quelle foglie rimaste, anche se di poco
Determinate foglie hanno un ruolo preferenziale nel fornire carboidrati ai frutticini in
accrescimento
_Nel caso pesco le foglie del germoglio nello stesso nodo che porta il frutto sono quello che hanno
un attività fotosintetizzante migliore
_Nel caso del melo le foglie della rosetta della lamburda hanno attività molto più alte rispetto alle
foglie dei germogli più vicini
Bisogna aver cura di non ombreggiare tali foglie che hanno effetti determinanti nel definire la
produttività della pianta. Infatti se da un lato le reti ombreggianti sono efficaci per la cascola
indotta dall’altro l’ombreggiatura di alcune foglie nella chioma può compromettere la produttività
ed è per questo che si scelgono delle forme di allevamento dalla chioma più ridotta
DIRADAMENTO
_DIRADAMENTO CHIMICO: è molto più utilizzato nei frutti di piccola pezzattura e nei fiori ed è
molto più economico
_DIRADAMENTO MANUALE: è utilizzato nei frutti di grande pezzatura ed inoltre è più efficace
E’ molto importante conoscere le caratteristiche pedo-climatiche.
Nel pesco, ad esempio, si fa il diradamento chimico in fioritura perché il rischjio di gelate è basso e
perché viene risparmiato alla pianta un costo energetico molto importante (energia impiegata per
la fioritura, allegagione e accrescimento) però anche a livello di manodopera, perché appunto gli
operatori possono diradare poi manualmente molti meno frutti. Quindi se mi porto avanti 1000
frutti che poi devo ridurre dopo a 500, non sarebbe meglio effettuare il diradamento in fase di
fioritura e quindi canalizzare meglio questa energia per ottenere frutti di migliore qualità?
In questo grafico ci mostra la cascola dei frutti di melo Golden Delicious
che viene indotta dal diradamento chimico o da rete ombreggiante.
_Nel caso del diradamento chimico viene fatto a 25 giorni dalla fioritura
(DAFB: Days After Full Bloom). Dal 32° giorno in poi inizia la cascola che
va ad aumentare in pochi giorni fino al 90% di cascola.
_Stessa cosa avviene se effettua una copertura delle piante per 10 giorni
(28-38) con una rete ombreggiante al 90% e la cascola aumenta fino al
50%. La luce o la mancanza di essa ha infatti determinato un intervente
morfo-genetico che ha ridotto l’intensità di accrescimento ed ha favorito
la cascola
Quando si fa il diradamento manuale bisogna rispettare il numero di
foglie/frutto (nel caso del pesco corrispnde a 70 foglie su frutto, nel melo
30-40) perché se va oltre non si va ad un aumento delle dimensioni e si deve cercare di mantenere
una certa distanza tra i frutti ed inoltre anche la posizione dei frutti sul ramo è importante (due
frutticini posti laterali possono stare).
Inoltre più piccoli sono frutti e maggiore sarà l’intervento di diradamento perché avranno più
possibilità di cascolare anche dopo la cascola fisiologica naturale e quindi si sprecano delle
sostanze per dei frutticini che alla fine sono andati perduti.
All’aumentare del rapporto foglie/frutti, aumenterà leggermente la superficie fogliare (cm 2) ed
aumenterà nettamente il totale della superficie fogliare/frutto e quindi aumenterà il volume del
frutto. Il tutto ovviamente avviene entro determinati valori oltre i quali non si ha alcun aumento.
EFFETTI DELLA LUCE SUI FRUTTI
Una progressiva diminuzione del flusso di linfa elaborata provoca un rallentamento della crescita
che determina una maggiore cascola fisiologica e quindi l’abscissione dei frutti.
Quindi i frutti che si presentano in zone ombreggiate sono quelli che tendono di più alla
abscissione e questi sono quelli su cui bisogna applicare il
diradamento. Tuttavia vi è anche una relazione tra luce e qualità del
frutto
In questa immagine possiamo vedere come le parti altre della pianta
di ulivo sarà esposta al 70% all’energia radiante mentre le parti basse
della pianta saranno esposte all’energia radiante al 30% al nord e al
45% al sud questo perché il sud ha più ore di esposizione alla luce (sud-est> nord-ovest). Possiamo
vedere come le caratterisitche qualitative dei frutti (polifineli, dimensioni, pezzatura) sono più
elevate nelle parti che sono pià esposte all’energia radiante.

SEGNALI ESOGENI CHE GUIDANO LO SVILUPPO


(GRAVITÀ-TEMPERATURA-LUCE)
RISPOSTE FISIOLOGICHE ALLA QUALITA’ DELLA LUCE
_Fototropismo: accrescimento in direzione della luce
_Fototassi: movimento di organelli cellulari regolato dalla luce
_Fotomorfogenesi: la crescita e lo sviluppo delle piante regolato dalla luce
_Fotoperiodo: La luce determinerà un diverso ritmo giornaliero di dar luogo a gemme a fiore o a
legno e altre caratterisitche di accrescimento in relazione alla quantità di ore di luce disponibili
All’interno della cellula la disposizione del segnale luminoso determinerà un
movimento dei cloroplasti (fotodinesi) all’interno della cellula che si
posizionano per aumentare la ricezione di luce radiante, qualora questa sia
poca, o di infilare i cloroplasti all’interno della cellula in modo tale da evitare
eventuali processi di fotoossidazione che verranno a determinarsi solo nei
cloroplasti posti in alto mentre quelli posti in basso riusciranno ad evitare di
essere danneggiati dall’eccesso di luce e calore che possono denaturare di
clorofilla le cellule
L’attività fotosintetica viene fatta grazie al recepimentodi questi segnali luminosi dai fotorecettori
(Fitocromi A-B-C-D-E, Criptocromi e Fototropine) che rispondono non solo alla quantità della luce
ma anche alla qualità della luce, ovvero rispondono a diversi segnali luminosi di lunghezze d’onde
differenti (Fitocromi =rosso/rosso lontano; Criptocromi e fototropine=Blu; ad altre lunghezze
d’onda ci sono altre tipologie di fotorecettori).
Una volta che i fotorecettori percepiscono queste diverse lunghezze d’onda della luce, trasducono
il segnale luminoso in processi fisiologici come, a seconda del tipo di organo:
_Germinazione del seme
_Tempo di fioritura
_Fototropismo
RISPOSTE FISIOLOGICHE DETTATE DALLA LUCE ROSSA
_Fotomorfogenesi
_Germinazione dei semi
_Fuga dall’ombra delle piante eliofile (shed avoidance): differiscono dalle sciafile, che invece
prediligono ambienti con scarsa intensità luminosa e prediligono le lunghezze d’onda del rosso
_Induzione fotoperiodica della fioritura
_Sviluppo del cloroplasto (non include la sintesi della clorofilla)
_Senescenza fogliare
_Abscissione fogliare: maggiore sarà l’intensità di radiazioni a luce rossa e molto più veloce sarà la
caduta delle foglie
RISPOSTE FISIOLOGICHE DETTATE DALLA LUCE BLU
_Fototropismo: crescita in direzione della luce
_Apertura e chiusura stomatica: la maggior part delle piante arboree da frutto hanno gli stomi solo
nella pagina inferiore della foglia e pertanto questo avranno una minore quantità di luce rispetto
alla pagina superiore. quindi la luce blu (ha minori intensità luminose) incide molto sull’apertura
stomatica in base alla sua qualità mentre la chiusura stomatica è regolata dalla capacità della
pianta di assorbire e reperire l’acqua.
_Inibizione della crescita dell’ipocotile
_Movimento dei cloroplasti (fotodinesi)

FOTOMORFOGENESI
Complesso di strategie di sviluppo che la pianta mette in atto al variare degli stimli luminosi
Essi dipenda da:
_Lunghezza d’onda della luce
_Intensità della luce
-VFL (Very Low Fluence): intensità inferiori a 1 mmol m-2 (molto nuvoloso)
-LF (Low Fluence): intensità compresa tra 1 e 1000 mmol m-2 (nuvoloso)
-HI (High Irradiance): oltre le 1000 mmol m-2 (giornate estive in sicilia)
_Durata di esposizione all’energia radiante

In questa immagine vediamo una pianta (quella a sinistra) che cresce in prima battuta
alla luce e la seconda che viene cresciuta al buio e che è stata trattata con la luce rossa
per 5 minuti e la terza che viene cresciuta solamente al buio.
La prima si è sviluppata regolarmente ed è in grado di avere foglie che
fotosintetizzano
Le altre due sono caratterizzate da un ipocotile molto allungato e ricurvo (tipico
dell’eziolatura) solo che la seconda, quella esposta alla luce rossa, ha sviluppato un
apice rivolto verso l’alto (verso la luce)
Quindi la qualità della luce modifica, anche per pochi minuti, il normale accrescimento
della pianta tramite un segnale luminoso che viene tradotto a livello genetico dalla
pianta che poi risponde

Le risposte fotomorfogenetiche intervengono su caratteri regolati dal genotipo, ma la cui


espressione fenotipica è fortemente influenzata dalla luce.
Per capire come avviene questo fenomeno di fotomorfogenesi sono stati fatti diversi studi su:
_Identificazione del recettore, responsabile della risposta fotomorfogenetica: chi recepisce la luce
rossa, blu o altre tipologie
_Meccanismo di trasmissione dello stimolo
_Traduzione in un intervento su un preciso processo metabolico: quali tipi di sostanze
metabolizzate e quali processi vengono attuati
_Manifestazione fisiologica finale

Fitocromi: recepiscono e assorbono la luce rossa e la luce rossa lontana (660 – 730 nm).
Criptocromi, Fototropine e Zeitlupe (ZTL): recepiscono e assorbono la luce blu (320-500 nm)
UVR8: recepisce e assorbe la luce ultravioletta (260-315 nm)

PRIMI STUDI SUGLI EFFETTI DELLA LUCE


_I primi studi sono stati sfatti sul fotoperiodo: sono state valutate le piante brevidiurne (molte ore
di buio e poche ore di luce) che non fioriscono se la notte è interrotta da brevi intervalli di luce. Un
esempio è il crisantemo, pianta esportata dalla sicilia verso l’olanda, dove, per garantire un
maggior periodo di buio per la fioritura, si mettevano delle reti nelle serre per poter stimolare la
fotomorfogenesi. Poi si scopri che bastava sfruttare la qualità della luce per stimolare la
fotomorfogenesi con tempi di esposizione molto ridotti ad un determinato tipo di luce.
Un altro caso è stato quello dei semi di lattuga dove, esponendoli a pochi minuti di luce rossa,
veniva aumentata la loro germinazione mentre invece si aveva un effetto reversibile con
esposizione alla luce rosso-lontana

FITOCROMO
STRUTTURA E FENOMENOLOGIA
Il responsabile di diversi fenomeni come la fioritura e la
germinazione è il fitoromo.
È un pigmento proteico composto da due parti:
_Una proteina (apoproteina) di circa 125 Kda
_Un cromoforo (fitocromobilina), ossia la parte che
recepisce la luce.
Lo spettro di assorbimento dei fitocromi presentano due
picchi di assorbimento che definiscono due forme
isometriche del fitocromo:
_Il Fitocromo Rosso Pr che assorbe la luce rossa (660 nm)
_Il Fitocromo Rosso-Lontano Pfr che assorbe la luce rossa
lontana (730 nm).
Il fitocromo rosso Pr, alla reazione fotochimica di luce
rossa, diventa fitocromo rosso-lontano Pfr che pero si
degrada, se non abbiamo permanenza di quella lunghezza d’onda, in Pr di nuovo
Alla luce solare le due forme sono entrambe presenti e continuamente una parte di Pr si trasforma
in Pfr e successivamente questo Pfr si riconverte.
Quello che ci interessa e che ci permetterà di misurare la capacità fotorecettiva (per la risposta
Pfr
metabolica della pianta) è lo STATO STAZIONARIO, che si esprime come .
Pr + Pfr
Questo ci dice quanto luce rossa lontana è presente rispetto alla somma di luce rossa e luce rossa
lontana.
_Se il rapporto è di 0,5 la qualità della luce è positiva (tende verso la luce rossa lontana). Quindi
avremo la capacità fotorecettiva di tradurre il segnale luminoso e le attvità fotomorfogenetiche
vengono attivate. In questo caso ci troviamo in condizioni di buona luminosità
_Se il rapporto è più basso (0,2-0,1) la qualità della luce tende verso la luce rossa. Quindi avremo
una minore capacità fotorecettiva di tradurre il segnale luminoso e di attivare la fotomorfogenesi.
In questo casi ci troviamo in condizioni di scarsa luminosità
Effetti fisiologici quali fioritura e germinazione corrispondono alla seguenti caratteristiche:
_Massima efficienza a 660 nm
_Fotoreversibilità della risposta
_Efficacia di brevi trattamenti (brevi flash o durate di esposizione ridotte quindi meno costi)
_Risposta indipendente dall’intensità (conta appunto la qualità)
_Manifestazione fisiologica anche al buio (la luce serve solo all’induzione)
Queste risposte sono tipiche delle piante Low Fluence (tutte quelle piante che non si coltivano in
pieno campo).
Nel caso invece delle piante High Irradiance Response bisogna:
_Effettuare una luce continua
_Non vi è alcuna reversibilità (il Pfr non si degraderà in Pr)
_L’entità della risposta aumenta al crescere dell’intensità luminosa, in funzione del processo
biologico che noi vogliamo attivare
_Lo spettro d’azione è differente (un picco a 450 nm e uno più alto ad una lunghezza ben precisa di
718 nm)
Questo riguarderà la crescita delle plantule, la sintensi di flavonoidi (possono avere caratteristiche
protettive e qualitative per alcune strutture) e infine per la formazione degli organi di riserva

TIPOLOGIE E FUNZIONAMENTO DI QUESTI


Abbiamo 5 geni codificanti (PHY A - PHY B - PHY C - PHY D - PHY E) che vanno ad indivduiare i due
tipi di proteine fitocromiche (Tipo I e Tipo II)
Le due tipologie di proteine fitocromiche hanno le seguenti caratteristiche
_Il Tipo I è labile e corrisponde al Fitocromo A (predomina nelle piante eziolate). Il PHY A raccoglie
lo stimolo della luce rossa-lontana.
_Il Tipo II è stabile e corrisponde al Fitocromo B (predomina nelle piante verdi). Il PHY B raccoglie
lo stimolo della luce rossa
_La luce rossa + la luce rossa lontana determina un processo reversibile che annulla l’effetto
fotomorfogenetico (Fotoreversibilità)
_Invece la luce rossa + un periodo di buio + la luce rossa lontana può determinare due
manifestazioni fisiologiche:
-Si annulla l’effetto della luce rosso lontana e quindi la fotoreversibilità dove il periodo di
buio fa scomparire in maniera definitiva la forma stabile del Pfr
-La piante resta sensibile alla fotoreversibilità e il Pfr rimane in forma stabile
In che modo le diverse forme di fitocromo partecipano ai diversi fenomeni fotomorfogenetici?
Si è sperimentata una reazione di de-eziolamento su plantule di Arabidopsis dove sono stati messi
a confronto un mutante con solo PHY A, un mutante con solo PHY B ed un tipo selvatico (ha tutti e
due)
_Si è osservato che, in presenza di luce rossa, il mutante con solo il PHY A non mostra riduzione
nella crescita dell’ipocotile mentre invece nel selvatico e nel mutante con il solo PHY B una
reazione di de-eziolamento
_Invece, in presenza di luce rossa-lontana, il mutante con solo il PHY A e il tipo selvatico mostrano
reazione di de-eziolamento, mentre il mutante con solo il PHY B non mostra riduzione nella
crescita dell’ipocotile
Si è dimostrato che entrambe le forme partecipano alla risposta ma, mentre il PHY A
raccoglie lo stimolo della luce rossa-lontana, il PHY B raccoglie lo stimolo della luce rossa
_Quindi se la luce rossa è dominante, il recettore è il
fitocromo B e dunque la Pr B si trasforma, nella forma
biologicamente attiva, in Pfr B e si determina il De-
eziolamento
_Se la luce rossa-lontana è dominante, il recettore è il
fitocromo A che si presenta nella forma di Pfr A che
determina direttamente il De-eziolamento secondo
una reazione HIR. Se la luce rosso-lontana agisce a
lungo sulla pianta, il fitocromo A si mantiene ad un
livello sufficiente per indurre le reazione HIR, ma
poiché è fotolabile (fotoinstabile) in condizioni di luce
di solare si degrada completamente in poche ore.
Questo appunto svolge un ruolo fondamentale nelle
piante ombreggiate da altra vegetazione (luce ricca di radiazione rosso-lontana) che accelerano la
crescita per raggiungere la luce, fenomeno noto come “fuga all’ombra”.
Il PHY A controlla le prime fasi dello sviluppo (germinazione, emergenza). All’aumentare della luce,
il PHY A viene degradato e il controllo della morfogenesi passa al PHY B (solo questo viene
riconvertito nelle due forme Pr e Pfr)
LA LUCE ULTRAVIOLETTA
_UV-C ( l inferiore a 280 nm): sono radiazioni altamente energetiche che però vengono
interamente assorbite dall’ozono
_UV-B (280 nm < l > 320 nm): in alcuni casi può arrivare alla crosta terrestre, all’assottigliarsi dello
strato di ozono. Queste tipologie di luce hanno una notevole capacità di penetrare i tessuti degi
organismi, determinando danni sul DNA e sui processi fisiologici. I danni si verificano solo in caso di
basso PAR e alto UV-B e questi hanno comportato, tramite degli studi, a riduzione della biomassa,
deformazione epidermiche, una bassa germinazione del pollice e l’assottigliamento delle cere
epicuticolari
_UV-A (320 nm < l > 390 nm): arriva fino alla crosta terrestre. I raggi UV-A limitano i danni da UV-B
e determinano la sintesi di flavonoidi, che hanno funzione protettiva verso appunto i raggi UV-B, e
il fotoriparo del DNA attraverso la sintesi di specifici enzimi protettivi
Se esponiamo delle plantule a delle lamapde al sodio (bassa emissione di luce blue e UV-A) le
plantule crescono in modo anomalo

UVR8
È l’unico fotorecettore che riesce ad assorbire l’ultravioletto B è utilizza come cromoforo dei
Triptofani intrinseci (Trp)

CRIPTOCROMI E FOTOTROPINE
L’ultravioletto A (la luce blu) è invece assorbito da Criptocromi, che usano come cromofori la
flavin-adenina dinucleotide (FAD) e il metenil-tetra-idrofolato (MTHF), le Fototropine e le
proteine della famiglia Zeitlupe (ZTL), che usano i flavin-mononucleotide (FMN) come cromofori
I fitocromi sono fotorecettori rosso/ far-red che usano come cromoforo un tetrapirrrolo lineare
specifico per la pianta (fitocromobilina) per la cattura della luce
Ovviamente tutte le tipologie di fotorecettori intervengono ma si specializzano su lunghezze
d’onda diverse (luci diverse)
CRIPTOCROMI
Abbiamo tre tipologie di criptocromi
_CRY 1
_CRY 2
_CRY 3
Gli effetti mediati dalla luce blu sono:
_Curvatura fototropica
_Inibizione dell’allungamento dello stelo
_Apertura stomatica: in presenza di luce blu avviene un iperpolarizzazione delle membrane
plasmatiche delle cellule di guardia che attirano un flusso di ioni K+ verso l’interno delle cellule.
Questo porterà ad una serie di eventi metabolici che porta al rigonfiamento delle cellule e dunque
all’apertura degli stomi
_Il fototropismo: il movimento della pianta verso la luce è dettato proprio dal fatto che la pianta è
esposta maggiormente alla luce blue

FOTOTROPINE
_PHOT 1
_PHOT 2
Il gruppo cromoforo utilizzato può essere la 2 flavin-mononucleotide (FMN) o le proteine LOV che
indicano tre condizioni importanti per l’assorbimento nelle fototropine che sono la Luce (L),
l’Ossigeno (O) e le variazioni di potenziale (V).
Le proteine LOV indicano le condizioni di maggiore sensibilità delle fototropine nel recepire la luce
blu
PERCEZIONE DELLA LUCE BLU
Lo studio degli spettri di assorbimento e dell’azione della luce blue è resa più difficile dalla
presenza di molte molecole in grado di assorbire a queste lunghezze d’onda (clorofilla,
carotenoidi, flavine, fitocromi).
Sono stati identificati diversi recettori ed è difficili distinguere l’effetto e le relatice interazioni

MECCANISMO DI TRASDUZIONE
L’attivazione da parte della luce dei fotorecettori determina variazione dei processi trascrizionali,
con vari geni regolati in senso positivo o negativo dalla luce o dal buio
Il fitocromo viene sintetizzato nel citosol e migra nel nucleo dove esercita la sua funzione
regolatrice, attraverso eventi di fosforilazione e di proteolisi di fattori di trascrizione.

Le condizioni di luce blu


determinano l’attivazione del
fitocromo che va a determinare la
produzione di un secondo
messaggero che attiva una proteina
specifica che poi arriva a
determinare l’attivazione della
trascrizione, all’interno del nucleo e
quindi verrà prodotto un RNA con
l’attivazione di quel determinato
processo fisiologico
FOTOPERIODO E RISPOSTE FOTOPERIODICHE
Il fotoperiodo è definito dalla lunghezza relativa del giorno rispetto alla notte
_fotoperiodo lungo: 16 ore luce/ 8 buio (long day- LD): le piante LD sono caratterizzat dal fatto che
le attività fisiologiche sono maggiormente attivate da un periodo di luce maggiore
_fotoperiodo breve: 8 ore luce/ 16 buio (short day- SD): le piante LD sono caratterizzat dal fatto
che le attività fisiologiche sono maggiormente attivate da un periodo di buio maggiore
Il fotoperiodo determina l’attivazione dell’orologio biologico della singola pianta, ovvero quella
serie di processi biologici e fisiologici abitudinaria, in relazione all’ambiente esterno, a cui si
instaurano la fase fotofila (serie di processi fisiologici caratterizzati dalla presenza di luce), e
scotofila (serie di processi fisiologici caratterizzati dalla presenza di buio), che costituiscono i ritmi
circadiani
Esso consente di misurare la lunghezza delle ore di giorno che vanno a determinare una risposta
fisiologica tramite processi di:
_Trascrizione genetica
_Sintesi e metabolismo proteico
_Attività enzimatiche
Es: sintesi di gibberelline ed etilene, stimolate dalla luce e inibite dal buio

PRINCIPALI PROCESSI REGOLATI DAL FOTOPERIODO


_Fioritura
_Formazione di organi di riserva
_Dormienza delle gemme: nel periodo primaverile, in corrispindenza dell’aumentare della
temperatura e delle ore di luce, le gemme si attivano e cominciano a formare nuovi germogli. Al
diminuire delle ore di luce invece le nuove gemme formate andranno in una nuova fase di
dormienza (periodo autunnale, invernale)
_Crescita verticale dei verticilli fiorali
Ad esempie, le foglie di acacia compiono dei movimenti fototattili. In periodo di luce esse si
dispongono in maniera orizzontale (per recepire più luce possibile) mentre in periodo di buio le
foglie si piegano verso il basso in quanto non ricevono la stessa intensità luminosa del giorno. In
particolare influisce molto la qualità della luce come ad esempio la luce blu, che stimola
l’induzione di questi movimenti
PIANTE BREVIDIURNE E LONGIDIURNE
Le piante vengono distinte in base al fotoperiodo e abbiamo:
_Longidiurne: hanno bisogno di almeno 12-14 ore di luce giornaliere per svolgere le loro attività
fisiologiche come ad esempio l’attivazione della fioritura
_Brevidiurne: hanno bisogno di almeno 12-14 ore di buio giornaliere per svolgere le loro attività
fisiologiche
È molto importante anche la qualità della luce.
In questa immagine vediamo delle
piante di crisantemo (brevidiurne)
messe a confronto con quelle della
dalia (longidiurne)
_Si può vedere come nel crisantemo
le ore di luce maggiori di 12 non
fanno avvenire la fioritura mentre se
sono minori di 12 la fioritura avviene.
Tuttavia anche se facciamo un breve
periodo di flash di luce, durante la
fase scotofila, la fioritura non avviene
_Invece nella dalia, un numero
maggiore di ore di luce porta alla
fioritura e con un numero minore la
fioritura non avviene. Tuttavia, se nel
periodo di buio esponiamo la pianta
ad una breve interruzione luminosa,
la dalia fiorirà

Questo avviene perché il fitocromo è implicato nel controllo della fioritura.


Infatti se come flash durante la fase notturna usiamo la luce rossa, se è maggior presenza, inibisce
la fioritura nelle brevidiurne e la stimola nelle longidiurne.
La luce rossa-lontana invece stimola la fioritura nelle brevidiurne e le inibisce nelle longidiurne
Quindi la qualità della luce è fondamentale
A regolare il tutto vi sta il fotorecettore che, una volta ricevuto il segnale luminoso, manda il
messaggio a livello genetico dove si fara la trascrizione del processo inibito o del processo
promosso, in funzione di quella che è stata l’ultima luce che ha avuto segnalata da parte dei
recettori.
LOCUS FT E ALTRO
In quale parte della pianta viene percepito il fotoperiodo (relativamente alla fioritura)?
_Sono stati fatti degli esperimenti su uno Xanthium (SDP) fatto crescere un condizioni LD eccetto
una foglia che veniva invece posta in condizioni SD. Questo portò alla fioritura.
_E’ stata presa poi una foglia di Xanthium separata dalla pianta che è stata esposta ad SD e poi
innestata su una pianta di Xanthium non esposta a SD e alla fine la fioritura è avvenuta comunque
La conversione del meristema apicale in meristama fiorale viene causata dall’ormone florigeno
che determina nel locus FT (Flowering Lotus T), una codificazione di mRNA (espressione di FT) che
verrà trasportato nel meristema vegetativo e attiverà l’induzione a fiore
Oltre alla fioritura, le piante sono capaci di formare organi di riserva sotterranei che si sviluppano
in condizioni di giorno breve. Ovviamente se la piante viene sottoposta a reazione HIR il fitocromo
viene attivato e quindi si avrà la fioritura
La dormienza delle gemme è legata al numero di ore di buio o giorno breve (maggiore in autunno-
inverno) e alle basse temperatura. Questi due fattori possono portare anche alla formazione di
perule, strutture protettive che proteggono le gemme dal freddo nel periodo di dormienza
In primavera le gemme si schiudono per l’aumento delle temperatura e per il giorno lungo, ma
come si percepisce lo stimolo luminoso se la pianta è senza foglie (piante caducifolie)?
Questo non è ancora chiaro
Questi aspetti dell’interazione pianta-luce
assumono oggi una rilevanza pratica sempre più
importante.
Si utilizzano spesso delle reti ombreggianti che
fungono da filtri che vanno a modulare la
lunghezza d’onda e l’intensità della luce e
modificano anche le condizioni termiche.
Ad esempio la rete bianca tende ad aumentare
la temperatura
Poi ci sono anche le reti antigrandine blu
(inizialmente era una realtà solo al nord) che
aumentano la conduttanza stomatica (maggiore
traspirazione) e un maggior tasso fotosintetico.
Ovviamente un determinato colore, se
mantenuto per tutto l’anno, può portare
determinati vantaggi in alcune fasi del ciclo produttivo e svantaggi in altre fasi
Per esempio c’è l’esigenza di allevare i limoni sotto rete nera in modo da modulare anche l’intesità
della luce anche tramite la modifica della fittezza delle maglie
ATTIVITÀ FOTOSINTETICA
Per quanto riguarda la qualità abbiamo visto gli effetti foto-biologici, guardando alcuni aspetti
legato alla fotomorfogenesi, fotodinesi, alcuni aspetti che riguarda i movimenti della pianta in
direzione della luce, mentre per la durata abbiamo analizzato il fotoperiodismo, individuando la
sensibilità della piana tramite i fotorecettori nei confronti dell’alternanza luce/buio, distinguendo
tra longidiurne, brevidiurne e neutrodiurne.
Oggi approfondiamo le tematiche relative all’effetto della quantità della luce e quindi della
quantità di fotoni che arriva sulla pianta.
Parleremo dell’ATTIVITÀ FOTOSINTETICA e anche della capacità di EFFICIENZA FOTOSINTETICA
che in questo caso si distinguono le Piante Eliofile e Piante Sciafile.
_Le piante eliofile hanno necessità di elevate intensità luminose per poter svolgere un’ attività
fotosintetica che sia efficiente per regolare tutto il metabolismo della piante
_Le piante sciafile sono capaci di fotosintetizzare ad elevati livelli anche in presenza di luce molto
bassa. Le piante sciafile sono quelle piante da sottobosco come felci, licheni, che sono abituate a
non solo d’essere in condizioni di luce particolarmente bassa, ma anche di saper utilizzare
determinate lunghezze d’onda, come quelle del blu e del violetto, per avviare una serie di
meccanismi metabolici che sono efficienti appunto per la pianta, uno fra tutti è l’apertura
stomatica.
Se la pianta ha una maggiore capacità di organicare e quindi di accumulare sostanza secca,
questo andrà a beneficio per tutti gli organi che si avvantaggiano di questa maggiore capacità
fotosintetica.
Tuttavia questo non significa che una minore capacità di organicazione significherà una minore
produttività perché conta anche anche la distribuzione dei fotosintetati nei diversi organi.
Infatti si può sfruttare il fatto che la capacità di indirizzare i diversi fotosintetati, tramite degli
interventi agronomici e le pratiche colturali, verso gli organi che ci interessano.
FOTOSINTESI
La FOTOSINTESI è il processo tramite il quale la pianta riceve energia luminosa, che riesce a
catturare tramite i Fotorecettori differenti rispetto ai fotorecettori visti precedentemente che
hanno una capacità specifica alle diverse lunghezze d’onda.
I fotorecettori implicati nella fotosintesi sono in grado di catturare i fotoni provenienti dalla luce e
li convertono in energia chimica che verrà impiegata per tutto il metabolismo della pianta
La fotosintesi rende possibile la formazione di composti ad elevato livello energetico che in
maniera sintetica individuiamo con gli ZUCCHERI (C6 H12 O6 -> zucchero più semplice) e che tramite
l’apporto di CO2 e di H2O ed il rilascio nel caso delle foglie verso l’esterno, di O2 (cioè l’attività di
FOTO-OSSIGENAZIONE dell’aria da parte delle foglie)
Fotosintesi -> 6CO2 + 6H2O (+ luce) → 6O2 + C6H12O6 - ΔGO= - 688.000 cal.
Correlata alla fotosintesi cìè poi l’EFFICIENZA FOTOSINTETICA è la capacità di soddisfare la
richiesta degli organi sink.
L’energia chimica ottenuta viene fissata sottoforma di:
NADPH (NICOTINAMMIDE ADENINA DINUCLEOTIDE FOSFATO)
ATP (ADENOSINTRIFOSFATO)
Sono gli elementi più essenziali del CICLO DI CALVIN per l’attività delle cellule stesse e quindi per il
funzionamento lungo il processo di fotosintesi nella Fase Luminosa ed Oscura.
Della luce che arriva sulla foglia, solo una minima parte viene usata per svolgere la fotosintesi,
circa 0,5-3,5%. La maggior parte viene ad essere persa sottoforma di Calore (85%) poiché la
fotosintesi è un processo esoergonico, e il resto tramite Riflessione (15%) e Trasmissione (5%).

ORGANI DEPUTATI ALLA FOTOSINTESI


CELLULE DEL MESOFILLO
Andando ad analizzare le caratteristiche della foglia, vediamo come quello che viene individuato
come il PARENCHIMA CLOROFILLIANO, rappresenta il MESOFILLO FOGLIARE e l’attività
fotosintetica viene svolta da parte di tutte le cellule comprese nel mesofillo.
Il mesofilo è compreso tra l’Epidermide Superiore e l’Epidermide Inferiore.
_Partendo dalla parte superiore del mesofillo troveremo il PARENCHIMA A PALIZZATA che
presenta cellule compatte vicine le une sulle altre in cui la
Fotodinesi, cioè quello che sarà il movimento dei
Cloroplasti, sarà in funzione della maggiore e minore
efficienza fotosintetica e quindi la disposizione dei
Cloroplasti sarà modulata in relazione alla capacità di
utilizzazione della luce da parte delle foglie.
_Sotto il parenchima a palizzata abbiamo il PARENCHIMA SPUGNOSO, all’interno del quale c’è
invece un’elevata presenza di aria, di spazi tra le cellule e in prossimità degli stomi di Camere
Sottostomatiche in cui ci sono due gradienti differenti: quello della CO2, e di acqua che viene
accumulata da parte del mesofillo spugnoso e dev’essere rilasciata verso l’esterno per permettere
l’apertura stomatica. L’accumulo di CO2 ha un gradiente opposto di quello dell’acqua e
dell’ossigeno.
I CLOROPLASTI
Tutto il processo avviene all’interno di strutture definite CLOROPLASTI, che si trovano all’interno
delle cellule del mesofillo.
I cloroplasti sono strutturati in TILACOIDI che si collocano nella Membrana Tilacoidale. I tilacoidi
sono delle vescicole a forma schiacciata e discoidale e che sono messe una sopra le altra. Questa
struttura costituisce il GRANA. All’interno di un cloroplasto ci sono tanti grana (insieme di tilacoidi)
che sono immersi in una matrice detta STROMA, ovvero lo spazio all’interno del cloroplasto in cui
avvengono tutta una serie di processi (scambio di elettroni e protoni).
I Tilacoidi hanno come unità fotosintetiche elementari il Quantosoma. Rappresenta la porzione
basica, più semplice che noi utilizziamo a livello molecolare, questo può esser osservato tramite
un microscopio elettronico e appunto di cui un tilacoide è costituito.
Il cloroplasto è costituito in buona sostanza da:
_CLOROFILLA , un pigmento che ha il ruolo di fotorecettore deputato all’assorbimento
dell’energia luminosa per la fotosintesi. Questo fotorecettore si presenta in due forme, Clorofilla A
e Clorofilla B.
_AMIDO, che è una molecola di zucchero complesso che rappresenta i Glucidi, zuccheri più o
meno complessi che vengono accumulati durante la fotosintesi all’interno dei Tilacoidi e dello
Stroma e che vengono accumulati durante il giorno. Questo amido viene detto AMIDO PRIMARIO,
ma verrà catabolizzato e quindi scisso e idrolizzato in zuccheri più semplici per poi spostarsi
dentro nelle strutture che maggiormente ne hanno bisogno e quello viene chiamato AMIDO
SECONDARIO (durante la notte).
Poi però ci sono anche altre componenti chimiche come
_Altri Pigmenti Accessori che riescono ad aumentare la quantità di fotoni alle diverse lunghezze
d’onda necessarie per la pianta a rendere massima l’attività fotosintetica.
_Proteine che svolgono un ruolo predominante dentro il cloroplasto perché svolgono sia una
funzione strutturale (i tilacoidi sono strutture ricche di proteine e lipidi), ma soprattutto una serie
di enzimi che svolgono una azione di mediazione fondamentale per rendere rapidoi ed efficienti
tutti i vari passaggi durante la Fase Luminosa e la Fase Oscura della fotosintesi.
_Lipidi strutturali,
_Acidi Nucleici che svolgono l’attività di trasduzione di alcuni segnali
_Coenzimi e Cofattori.
_Altre sostanze fondamentali sono soprattutto NADP e ATP (presente nelle due forme
adenosintrifosfato e adenosindifosfato), Flavin-Nucleotidi, Chinoni, Ioni.
PROCESSO FOTOSINTETICO
I principali attori coinvolti nel processo sono:
LUCE CO2 UMIDITA’ REL. BILANCIO IDRICO
Sono 3 le FASI del processo fotosintetico:
1. E’ la fase dalla CATTURA E CONVERSIONE DELL’ENERGIA LUMINOSA IN ENERGIA CHIMICA.
Questa si distingue in reazione fotochimica vera e propria ed un immagazzinamento
dell’energia chimica sotto forma di Potenziale Di Ossidoriduzione (NADP+ -> NADPH).
2. La fase della FOSFORILAZIONE FOTOSINTETICA che è la sintesi di Legami Fosforici ad elevato
contenuto energetico (ADP-> ATP). L’ADP si trasforma in ATP (reazione ADP + P = ATP).
Ovviamente questo è un processo che ha un determinato costo energetico ma è essenziale
per liberare una grande quantità di energia e soprattutto per determinare la sintesi nella fase
oscura di glucidi.
Questi primi 2 passaggi che ora studieremo appartengono alla cosiddetta FASE
LUMINOSA della fotosintesi.
3. Questa fase si chiama FISSAZIONE E RIDUZIONE DELLA CO2 e costituisce la FASE OSCURA della
fotosintesi. Questa fase consiste nell’uso dell’energia prodotta per la trasformazione di acqua
ed anidride carbonica in Zuccheri.
La fase luminosa riesce ad usare e catturare l’energia e liberare NADPH e ATP ed è
necessaria per la trasformazione nella fase oscura di acqua e CO2 in zuccheri.
In tutto ciò, acqua e luce sono gli ingredienti fondamentali per realizzare il
processo fotosintetico con successo.
FASE 1: CATTURA E CONVERSIONE ENERGIA
LUMINOSA
STATI ENERGETICI, FLUORESCENZE E TRIPLETTI
L’assorbimento di energia di un protone determina, nella molecola di clorofilla (o di altro
pigmento), lo spostamento di un elettrone da uno stato di base ad uno stato di maggiore livello
energetico. Quindi, la capacità di assorbire fotoni determina un’Eccitazione delle molecole che
liberano appunto elettroni e che eccitandosi arrivano ad un determinato livello energetico solo per
uno stato molto breve.
Infatti, questa molecola può rimanere eccitata per un breve intervallo di tempo e se non viene
utilizzata tramite le diverse strutture che ora vedremo, quest’energia viene persa da parte delle
molecole stesse e ritorna allo stato di base.
E’ un processo brevissimo nel tempo e nel caso in cui quest’energia non venisse utilizzata, questo
Rilascio Energetico (abbassamento dalla stato di eccitazione dell’elettrone allo stato di base)
determinerebbe un rilascio di Fluorescenza di energia.
È importante perché uno dei metodi per vedere l’efficacia dell’attività fotosintetica di una foglia è
quella di misurare la fluorescenza di una foglia.
Infatti se questa fase di eccitazione energetica non viene usata prontamente da parte dell’elettrone
nei diversi passaggi di pompa protonica, e quindi determina un rilascio energetico, avviene un
rilascio di fluorescenza.
Tanto più elevata è la fluorescenza tanto minore è l’efficienza fotosintetica da parte del
cloroplasto perché questo stato di eccitazione dell’elettrone non è stato utilizzato prontamente
e quindi maggiore sarebbe l’emissione della fluorescenza dell’eccitazione energetica.
Tramite strumenti che sono i FLUORIMETRI, possiamo comprendere in maniera rapida come la
pianta riesce ad essere efficiente dal punto di vista fotosintetico.
In alternativa l’elettrone può restituire solo in parte l’energia passando da uno stato di minore
energia rispetto a quello di eccitazione, ma maggiore dello stato di base.
Tale stato, definito di TRIPLETTO, può essere mantenuto più a lungo, ciò consente l’utilizzazione
dell’energia di eccitazione in reazioni di trasmissione di energia o reazioni chimiche.
Quindi da un livello di energia maggiore si va sempre verso uno stadio di livello di energia
minore, si passa da pigmenti che assorbono a minore lunghezza d’onda (200,300,400 nm), verso
pigmenti che assorbono a lunghezza maggiore.
In tutto questo l’NADP protonica (NADP+) riceverà la coppia di elettroni proveniente dalla catena
di trasporto e diventerà NADPH
FASE 2: FOTO-FOSFORILAZIONE
Questa fase di fosforilazione non è altro che la sintesi di ATP e riguarda sempre la fase luminosa
della fotosintesi. I protoni liberati dalla fotolisi vengono usati per produzione di ATP tramite l’ATP-
sintetasi: è enzima di membrana che, portando H+ all’esterno dello stroma, regola l’equilibrio di
concentrazione di H+ interno ed esterno, e tramite il loro passaggio all’interno dell’enzima si
permette la sintesi di ATP.
Esistono 2 tipologie di fosforilazione:
_Quella a schema Z, la FOSFORILAZIONE NON CICLICA: Nella Fosforilazione Non Ciclica il fotone
arriva, viene assorbito dal p680 per l’eccitazione dell’elettrone, abbiamo la fotòlisi con rilascio di
protoni, l’elettrone eccitato viene portato a livelli energetici più alti e poi passa nelle diverse
strutture: Plastochinone, Citrocomo b3, Citocromo f, Plastocianina che sono presenti nella
membrana dei tilacoidi.
Poi si arriva a P700 (fotosistema I), si ha di nuovo eccitazione dell’elettrone e tramite la
Ferridossina si ha la formazione di NADP riduttasi in NADP protonica. A quest’ultima verranno
ceduti gli elettroni provenienti captati dall’accettore del fotosistema I e questa diventa NADPH
_Tuttavia esiste un altro schema di FOSFORILAZIONE CICLICA: il movimento degli elettroni
fotosintetici avviene lungo un percorso che si chiude ad anello con il P700 nm (la lunghezza
d’onda è sempre la stessa, considerata la migliora per l’eccitazione del fotosistema ) del
fotosistema I. In questo caso gli elettroni passano dall’Accettore Primario del Fotosistema I ad un
trasportatore che non fa parte della via Z, il Citocromo b6 e vengono restituiti al centro di
reazione del fotosistema I. Questa fosforilazione fotosintetica ciclica determinerebbe
continuamente in maniera sistemica la produzione di ATP e di NAPDH senza la necessità del
processo di eccitazione dell’elettrone a 680 nanometri.
Questo processo è un processo poco efficiente, è più antico dal punto di vista evolutivo. Questo
processo veniva utilizzato dalle cellule più semplici procariotiche ed è rimasto attivo anche negli
organismi superiori e che però non sempre viene attivato da parte delle cellule proprio perché ha
una minore efficienza fotosintetica (minore produzione di ATP rispetto allo schema Z, quello non
ciclico).
ATP e NADPH vengono poi usati nella fase oscura della fotosintesi.
I FOTOSISTEMI
In questa fase luminosa sono coinvolti due fotosistemi:
FOTOSISTEMA II (massimo di assorbimento a 680 nm)
FOTOSISTEMA I (massimo di assorbimento a 700 nm)
Prima, dal punto di vista cronologico, viene attivato il processo del fotosistema II e poi viene
attivato il processo di fotosistema I.
Questi due processi lavorano in maniera integrata generando flusso di elettroni, alimentato dalla
presenza di energia radiante, che li percorre partendo dall’acqua e fino a raggiungere il NADPH.
FOTOSISTEMA II
I fotoni vengono assorbiti tramite la Clorofilla A e B e spingono gli elettroni del Centro Di
Reazione del Fotosistema II, che vengono captati dall’Accettore primario del fotosistema II
(P680).
Questo avviene quando è attivata la Clorofilla A alla lunghezza di 680 nm che attua la cattura dei
fotoni e si ha la FOTOLISI, ossia la scissione di una molecola d’acqua dove vengono liberati due
1
atomi di idrogeno protonico (due protoni) e ossigeno (H2O => 2H+ e O2).
2
Quindi, al pari dei due protoni, vengono liberati due elettroni che sono quelli che vengono eccitati
lungo il fotosistema II e portati ad un livello di eccitazione elevata.
I protoni liberati dalla fotolisi vengono usati per la sintesi di ATP (attraverso le ATP-sintetasi).
Invece gli elettroni vengono sequenzialmente degradati, lungo i vari passaggi, da stadi energetici di
eccitazione maggiori a quelli minori. Ma questi non vengono persi perchè il tutto avviene tramite
una catena di trasporto, che li cede, al Centro Di Reazione Del Fotosistema I.
FOTOSISTEMA I
Il fotosistema I (che è
successivo al fotosistema II)
determina, sempre in presenza
di luce, un ulteriore stato di
eccitazione degli elettroni che
anche qui, grazie
sostanzialmente all’attivazione
della Clorofilla A, questa volta
però ad una diversa lunghezza
d’onda (700 nm), vengono
captati dall’Accettore Primario
del Fotosistema I e poi
trasferiti a livelli di eccitazione sempre più inferiori per poi essere ceduti al NADP+ che si riduce a
NADPH.
Quindi nel fotosistema II avviene la sintesi dell’ATP, mentre nel fotosistema I avviene la sintesi
del NADPH. Entrambi, ATP e NADPH, vengono trasferiti per tutti i processi successivi della
cosiddetta FASE OSCURA della fotosintesi nel processo che viene conosciuto come CICLO DI
CALVIN-BENSON (i due ricercatori che per primo studiarono e coprirono questo meccanismo).

Importante!! Quello che si ottiene tramite questo schema a Z, ovvero:


12 H2O + 12 NADP+ → 12 NADPH + 12H+ + 6O2 + 18 ATP

FASE 3: CICLO DI CALVIN (FASE OSCURA)


Mentre la fase luminosa avviene nelle membrane tilacoidali, la fase oscura si svolge nello Stroma
dei cloroplasti dove ATP e NADPH sono utilizzati per ridurre la CO2 (entrata attraverso gli stomi) in
composti organici, quindi in Glucidi. Questa fase oscura corrisponde al ciclo di Calvin, detto anche
ciclo C3.
1) FISSAZIONE DEL CARBONIO
Il Ribulosio Monofostato (RuMP), tramite ATP, è reso Ribulosio Difosfato (RuBP).
Ad ogni ciclo una molecola di CO2 viene combinata, tramite l’azione dell’enzima Rubisco, con uno
zucchero a 5 atomi di carbonio, che è il Ribulosio-1,5-Difosfato (RuDP), per formare due molecole
di un composto a 3 atomi di carbonio che è il 3-Fosfoglicerato ovvero l’Acido Fosfoglicerico (3PG).
Quindi CO2 + RuDP = 2 molecole di 3PG
2) RIDUZIONE- PRODUZIONE DELLO ZUCCHERO
3PG viene ridotto appunto da NADPH e fosforilato dall’ATP (prodotte nella fase luminosa del
processo fotosintetico) trasformandosi in un composto a 3 atomi di carbonio, la Gliceraldeide-3-
Fosfato o Fosfogliceraldeide (G3P).
Dopo sei cicli, ciascuno dei quali consumano 1 molecola di CO2, 2 di NADPH e 3 di ATP, vengono
prodotte 12 molecole di fosfogliceraldeide (G3P).
Due di queste (1/6 del totale) si combinano tra di loro formando una molecola a 6 atomi di
carbonio, il GLUCOSIO.
3) RIGENERAZIONE DELLA RuBP
Le rimanenti 10 molecole di G3P (5/6 del totale), tramite ATP, rigenerano il Ribulosio
Monofosfato (RuMP). Questo RuMP grazie all’atomo di fosforo rilasciato dall’ATP, si riconverte in
RuBP ed il ciclo ricomincia.

6 CO2 + 12 NADPH + 12 H+ + 18 ATP = 12 NADP+ + C6H12O6 + 6 H2O


Ogni 6 cicli si ha la sintesi di 1 molecola di glucosio.
Dopo le reazioni, si ottengono NADP+ e ADP che ritornano nella fase luminosa.
L’unico prodotto di scarto di tutto il processo di fotosintesi è O2 prodotto nella fase luminosa.
FOTORESPIRAZIONE
Vi è un meccanismo di FOTORESPIRAZIONE che si attiva quando vi è un eccesso di ossigeno, luce
e/o temperatura.
Infatti, si è visto come l’attività fotosinetica aumenta al diminuire della concentrazione di ossigeno.
Nell’atmosfera c’è un 20% di ossigeno ma se si passa a livelli di 0,5% di ossigeno l’attività
fotosintetica aumenterebbe.
Se, invece, si passa ad eccessi di ossigeno, l’attività fotosintetica diminuisce perché quello che
viene alterato è il cosiddetto RAPPORTO TRA OSSIGENO ED ANIDRIDE CARBONICA, perché se la
pianta, ad esempio, si trova in una fase di eccesso luminoso e di eccesso di temperatura, non
riesce a traspirare in maniera sufficiente e quindi chiude gli stomi.
Chiudendo gli stomi avviene che l’ossigeno che era stato liberato lungo la fase luminosa del
processo fotosintetico anziché essere liberato verso l’esterno rimane all’interno delle cellule.
C’è una CO2 che non entra più perché gli stomi sono chiusi ed un ossigeno che viene prodotto in
maniera elevata dentro il processo fotosintetico.
Questo squilibrio ossigeno su anidride carbonica determina i processi di FOTORESPIRAZIONE. In
queste situazioni, la Rubisco si comporta come ossidasi, invece di fissare CO2 nel ciclo di Calvin,
reagisce con l’ossigeno per eliminare l’eccesso, formando Acido 2 Fosfoglicolico, e quindi blocca la
sintesi di zuccheri.
E’ un processo quindi che va in direzione opposta alla fotosintesi, riduce la capacità organicante
del fotosistema e quindi sostanzialmente è un processo che riduce la capacità di produrre glucidi,
produrre zuccheri da parte della pianta.
È un processo degradativo rispetto le attività normali della fosforilazione e della fase oscura della
fotosintesi.
FOTORESPIRAZIONE NELLE VARIE PIANTE
- PIANTE C3: >80% delle piante, si può registrare una perdita di Fotosintesi Lorda, del 15-20% a
causa della fotorespirazione.
- PIANTE C4: utilizzano molecole a 4 atomi di C, rispetto alle piante C3 che sono tutte le piante
che usano molecole a 3 atomi di C. Queste piante sono più efficienti dal punto di vista
fotosintetico perché sfuggono al processo di fotorespirazione. Riescono a sintetizzare i
carboidrati anche quando il rapporto tra ossigeno ed anidride carbonica è sfavorevole per la
chiusura stomatica all’interno dei tilacoidi.
1. In questo caso avviene che le piante C4 sono capaci di fissare anidride carbonica in molecole a 4
atomi di carbonio attraverso l’unione con il Fosfoenolpiruvato (PEP).
2. Forma in un primo stadio Ossalacetato e successivamente Acido Malico (o Malato) oppure
Acido Aspartico (o Aspartato) che dal mesofillo migrano verso le cellule che circondano i vasi
conduttori, le cellule della Guaina Del Fascio.
3. Qui il malato o aspartato viene trasformato in CO2, la quale viene coinvolta nelle reazioni del
ciclo di Calvin.
Questo è permesso grazie appunto all’anatomia particolare delle cellule che sono presenti nei fasci
vascolari che prendono questa denominazione di Anatomia Kranz (corona) perché hanno
struttura differente per quanto riguarda i cloroplasti (intorno ai fasci vascolari è presente un
cerchio di cellule fotosintetiche nei cui cloroplasti è contenuta tutta la rubisco della foglia).
Le piante C4 più diffuse sono quelle piante erbacee come il Mais, il Sorgo in cui sono capaci di
avere un’elevata capacità fotosintetica anche a temperature 40°C, in intensità luminose che per
le piante C3 sarebbero dannose proprio per i processi di fotorespirazione.
Queste piante inoltre riescono a chiudere o socchiudere gli stomi diminuendo la perdita di acqua
per traspirazione ma rendendo allo stesso tempo possibile l’assorbimento di CO2 nello stato
cellulare appunto dei cloroplasti.
- PIANTE CAM (Crassulacean Acid Metabolism - Metabolismo Acido Delle Crassulacee): non
sono le piante cosiddette grasse ma anche lo stesso fico d’india o l’ananas, e sono piante in cui
presentano un ciclo metabolico di fissazione del carbonio in cui separano la fase luminosa da
quella oscura.
Sostanzialmente le piante CAM, anziché aprire gli stomi durante il periodo diurno, aprono gli
stomi durante la notte, permette l’ingresso della CO2 che insieme al Fosfoenolpiruvato (PEP)
formano l’Ossalacetato ed il malato, Acido Malico, che viene accumulato nei vacuoli.
In seguito nella fase diurna, quando gli stomi sono chiusi, questi acidi accumulati vengono rotti in
molecole più semplici come il Piruvato e l’Anidride carbonica che viene poi metabolizzata nel
ciclo di Calvin e quindi nella fase luminosa del processo fotosintetico.
Quindi le piante CAM non fanno altro che rendere più efficienti ancora l’attività fotosintetica dato
che gli stomi durante il giorno non perdono acqua.
Se analizziamo quello che è il pH delle cellule delle piante CAM, osserviamo che di notte si ha un
pH basso perché si ha avuto un accumulo di acido malico nelle cellule, mentre di giorno il pH
risale perché l’acido malico viene scisso.
La curva dell’acido malico aumenta durante la fase notturna e diminuisce durante la fase diurna
perché viene scissa in anidride carbonica.

CICLO DEL CARBONIO E FLUSSO ENERGETICO IN


UN ECOSISTEMA ARBOREO
Si può dire che in tutti gli ecosistemi la produttività dipende dalla velocità con cui l’energia fluisce
attraverso la parte biologica del sistema e con cui i materiali circolano entro di esso e sono
scambiati con i sistemi adiacenti.
L’energia primaria è quella solare (ma esiste anche un’energia secondaria); i materiali sono
molecole molto semplici quali gli elementi nutritivi, il carbonio e l’acqua.
Il flusso di energia proveniente dal sole va distribuito nei diversi passaggi, quali atmosfera,
superficie terrestre, in parte sulle piante.
Una parte di quest’ultima è persa dalla foglia per Traspirazione e per Calore, una parte persa per
la Respirazione, una parte viene riflessa, trasmessa negli strati sottostanti e una parte è persa a
causa di perdite di efficienza di alcuni pigmenti. Quindi solo una piccola parte viene usata per la
Fotosintesi Netta.
EFFETTO SERRA
Un’attività particolare che determina uno
squilibrio per quanto riguarda l’equilibro che in
passato ha permesso il vivere degli organismi
viventi ed ecosistemi in maniera regolare, è
L’EFFETTO SERRA.
Tutte le radiazioni provenienti dal sole arrivano
nella crosta terrestre, tranne una parte che
tramite l’ozono, che è la parte più alta
dell’atmosfera, vengono filtrate e quindi
vengono riflesse verso l’esterno.
Invece una parte di radiazioni infrarosse arrivano al suolo e vengono poi riflesse verso l’esterno.
Nel caso in cui questo avviene, i cosiddetti gas serra determinano una mancata capacità di
liberare il calore. I raggi infrarossi che vengono riflessi verso il basso dai gas serra e determinano
il riscaldamento della superficie terrestre e quindi della troposfera.
Queste radiazioni non vengono espulse verso l’esterno ma riemesse nell’atmosfera determinando
un accumulo di temperatura e gas.
Le attività che contribuiscono sono il trasporto, attività agricola, industriale, residenziale,
riscaldamento delle singole case ed elettricità. Queste vanno a cedere una serie di gas, tra cui
principalmente l’anidride carbonica per l’80%, metano, protossido di azoto e i clorofluorocarburi.
In effetti oltre a questo ha un ruolo determinante anche il vapore acqueo, rappresenta circa il 70%
dell’effetto serra. Ovviamente il vapore acqueo è il passaggio dallo stato liquido a quello gassoso,
che viene a evaporare dai mari, fiumi, laghi ma anche della cessione dell’atmosfera, dalle piogge.
Questo ha un ciclo differente a seconda le attività, giorni e stagioni. E quindi avremo piovosità
(periodo invernale) differenti ed evaporazioni (periodo estivo).
L’umidità dell’aria fa aumentare l’effetto serra, perché un’atmosfera più umida trattiene più
calore.
La formazione di nuvole interviene diminuendo l’effetto serra perché determina un contrasto
all’insolazione diretta e fa perdere l’umidità atmosferica con la pioggia.

L’anidride carbonica e il metano rappresentano circa il 25% dell’effetto serra e permangono con
periodi molto lunghi. Questi gas hanno una capacità di trattenere calore sulla terra riflettendo
determinate lunghezze d’onda. Altri gas svolgono una porzione meno rilevante perché hanno un
effetto serra del 5% come protossido di azoto, clorofluorocarburi, esafluoruro di zolfo, ecc.

Per quanto riguarda la biomassa vegetale, essa ha un ruolo fondamentale nel contrastare
l’inquinamento atmosferico poiché opera un sequestro di anidride carbonica tramite la
fotosintesi. Le piante sono molto importanti poiché instaurano maggiori rapporti e scambi di C
con l’atmosfera rispetto ad oceani, ma soprattutto rispetto alle attività umane che cedono C
all’atmosfera senza assorbirne.

CICLO BIOGEOCHIMICO DEL CARBONIO


CARBONIO ACCUMULATO
I Sink (punto di accumulo) in Giga tonnellate di carbonio all’anno sono 610 Gt di biomassa
vegetale e nel suolo viene organicata in un accumulo di 1700-2700 Gt. Negli oceani sono 38000 Gt
di carbonio accumulato e nei sedimenti della litosfera sono 70.000.000 Gt. I sedimenti vengono
utilizzati dall’uomo, con attività industriale, per la trasformazione in combustibili fossili
Gli scambi sono: tra atmosfera-oceani di 60-90 Gt di C all’anno e tra atmosfera-ecosistemi terrestri
di 50-65 Gt all’anno.
_Tra l’oceano e l’atmosfera vi è uno scambio di 90 Petagrammi di C e tra l’atmosfera e l’oceano
abbiamo 92 Petagrammi di C.
_Tra terreno e atmosfera 120 Petagrammi di C e l’atmosfera nei confronti del suolo 122
Petagrammi di C.
_Le attività umane attuano la solo cessione di C all’atmosfera di circa 7 Petagrammi di C annuo.
Questo determina un accumulo di 3 Petagrammi di C sottoforma di anidride carbonica che
determina vari inconvenienti ed in particolar modo il riscaldamento della terra dovuto soprattutto
all’effetto serra.

VARIAZIONI STAGIONALI DI ANIDRIDE CARBONICA


_Emisfero boreale: vi sono 2/3 della vegetazione terrestre, attività fotosintetica bassa poiché gran
parte sono piante decidue (svolgono attività fotosintetica 6-8 mesi l’anno e per 4-6 mesi vi è un
accumulo di anidride carbonica).
_Emisfero australe: scambio con l’oceano
-Acque polari fredde: solubilità di anidride carbonica maggiore.
-Formazione di ghiaccio fa aumentare la salinità e le acque superficiali, ricche di anidride carbonica
sprofondano.
-In inverno l’anidride carbonica viene assorbita, ma inverni miti diminuiscono l’assorbimento.
Negli anni 60 si registra un accumulo passando da 315 ppm, fino agli anni 2000 con accumulo di
circa 360-370 ppm e nello stesso tempo ha visto una variazione di temperatura con un trend
sovrapponibile a quello dell’anidride carbonica, e quindi essa ne ha determinato l’aumento della
temperatura.
Gli altri gas serra clorofluorocarburi, metano e protossido di azoto hanno un trend che è sempre
in aumento.
Vi è una serie storica che viene misurata a livello mondiale, come ad esempio Mauna Loa che fa
riferimento all’anidride carbonica nell’atmosfera, oceano, acqua marina.
Si osserva che dagli 60 al 2012 vi è un accumulo di anidride carbonica che nel 2012 sono circa di
390 ppm. Inoltre, ci dice che anche nell’oceano si ha una stessa linea di tendenza che è parallela a
quella dell’anidride carbonica atmosferica, per cui anch’essa ha un trend sovrapponibile a quello
dell’atmosfera. Nel 2020 si è arrivati a valori di circa 414ppm di anidride carbonica nel mese di
marzo.

COSA SUCCEDERÀ IN FUTURO?


Noi dobbiamo cambiare rotta e fare delle modifiche all’interno delle attività umane, rispetto a
quello che è l’andamento dell’anidride carbonica nel corso dei secoli dall’anno 1000 al 2000.
L’aumento della temperatura è stato più o meno costante per avere poi un picco nel 20° secolo,
quindi un incremento importante. L’IPCC studia tutti i vari fattori del cambiamento climatico e ogni
anno fa un report di quelle che sono le nuove valutazioni che si vengono a fare. Le temperature a
fine secolo potranno avere un incremento di temperatura tra 1,8-4°C e innalzamento del livello del
mare di 30-40 cm e una maggiore frequenza di eventuali climatici estremi come trombe d’aria,
uragani o cicloni.

FLUSSO DEL CARBONIO ALL’INTERNO DI UN FRUTTETO.


_La produzione è intesa come
organicazione svolta dalla fotosintesi, e
quindi svolta dalle foglie, e viene
chiamata fotosintesi lorda, a cui va
sottratta la respirazione autotrofa (da
molecole di glucosio o amido si viene a
idrolizzare in composti più semplici
liberando energia e Carbonio).
_Alla produttività primaria netta, (lorda
- netta), viene sottratta la respirazione
eterotrofica svolta dall’attività umana e
animali, e in questo caso abbiamo la
produttività netta dell’ecosistema, primaria delle piante e secondaria degli altri organismi viventi.
_Nel caso del frutteto a questa produttività dobbiamo sottrarre il C che la pianta realizza
annualmente, con l’asportazione dei frutti, potature del legno e altre attività come la cessione di C
sotto forma di foglie che nel caso delle caducifoglie vengono perse annualmente mentre nelle
sempreverdi ogni foglia viene perso con un ciclo di 2-3 anni.
_Da questa perdita di C sottoforma dei diversi organi si ottiene la produttività netta del frutteto
che corrisponde al bilancio del carbonio accumulato e quello perso dalle attività citate.

Come si misurano i flussi di C?


Uno strumento che oggi è il più utilizzato è l’Eddy Covariance, con anemometro sonico e una serie
di Lance a flusso che misurano la temperatura a diverse altezze rispetto all’ecosistema che sto
studiando (un’ambiente dove vi sono cereali, o colture arboree) e va a valutare i flussi di C in
entrata e in uscita e quindi l’apporto che ciascun ecosistema può determinare

I MECCANISMI FOTOSINTETICI
*Più alto è WUE = maggiore efficienza fotosintetica in condizioni di carenza idrica. Ciò ha portato
a metodi colturali con più corretto uso di acqua (stress idrico controllato) e con conseguenze
positive per qualità dei frutti (concentrazione zuccheri) e per fisiologia (produzione di più sostanze
particolari come antociani, antiossidanti, polifenoli, …).
-Specie C3: nelle regioni temperate hanno un basso WUE, hanno una minore quantità di anidride
carbonica organicata per litro/grammo di acqua perché parte della fotosintesi è intaccata dalla
fotorespirazione che si attiva a temperature più basse. Una pianta C3 a condizioni di temperature
temperate, riesce a organicare ma perde molta acqua e quindi ad un minore efficiente utilizzo
dell’acqua. Produttività di circa 40 t ha-1 year-1.
-Specie C4: in regioni tropicali, hanno un maggiore WUE, maggiore efficienza dell’utilizzo
dell’acqua. La produttività media-alta è di circa 80 t ha-1 year-1. Resistono a temperature più alte
prima di attivare la fotorespirazione.
-Specie CAM: tipiche delle regioni aride, hanno alto WUE però non per maggiore produzione ma
per ridotta acqua disponibile. Infatti queste piante, che hanno un meccanismo complesso, hanno
una produttività media-bassa.

GPP- NPP – NEP -NBP


__La GPP è la quantià di materia organica prodotta attraverso la fotosintesi (fotosintesi lorda).
Questa viene accumulata negli ecosistemi, ritorna all’atmosfera attraverso la respirazione, le
alterazioni o il trasporto ad altri ecosistemi.
__NPP (produzione primaria netta) = GPP – Respirazione delle piante
-La produzione primaria netta potenziale dipende anche dalla latitudine:
--Nei paesi che si trovano in prossimità dell’equatore (climi più caldi di solito), considerando gli
aspetti climatici legati alle diverse condizioni, si riscontra una maggiore potenzialità di
organicazione da parte delle colture che si trovano in questa zona.
--Andando a nord e a sud (climi più freddi di solito) questa potenzialità va diminuendo e nel caso
del deserto come quello del Sahara si annulla.
-Dipende anche dalla vicinanza alle zone costiere e anche altitudine dei diversi ambienti.
__NEP (produzione netta dell’ecosistema) = GPP – [respirazione piante + respirazione eterotrofa +
alterazioni di disturbo + lisciviazione di produzione]
La respirazione delle piante erode circa il 50% della fotosintesi lorda, la respirazione eterotrofa
rappresenta il 40-50%, il disturbo e lisciviato rappresenta circa 0-10% dell’erosione.
La fotosintesi netta nell’ecosistemi ha un bilancio che è in perdita nel periodo che va tra agosto e
febbraio (inverno), mentre è in attivo tra febbraio e marzo, e giugno e agosto (estate).
__NBP=net biome= NEP-disturbance (fuoco, parassiti, attività umane, …)

RESPIRAZIONE AUTOTROFA
La respirazione autotrofa è quella respirazione che fornisce energia alla pianta per assorbire
elementi nutritivi e per produrre e mantenere biomassa. È un processo complementare alla
fotosintesi tramite cui la pianta riesce a organicare sostanze come zuccheri, proteine, lipidi, cellule,
nuova biomassa per l’accrescimento della pianta o dei frutti:
Raut= Rcr + Rmant
_Respirazione di crescita (Rcr): è dovuta alla necessità da parte dei tessuti di utilizzare energia
maggiore per la crescita dei tessuti rispetto a quella che si trova nel prodotto finale.
-Dipende dalle sostanze prodotte (i lipidi sono più energetici e costosi nella loro costruzione) e di
solito hanno dei costi che sono costanti per ciascun tipo di tessuto.
-Queste perdite di C per la respirazione di crescita hanno un costo di circa il 50% per piante più
grandi, 35% per piante più contenute;
_Respirazione di mantenimento (Rmant): è la normale respirazione che consente il metabolismo
basale e include l’energia spesa per l’assorbimento e trasferimento di ioni, e riparazione di tessuti
danneggiati.
-Essa aumenta con l’età della pianta, una pianta giovane ha minore respirazione di mantenimento
rispetto una pianta molto sviluppata.
- è maggiore nelle foglie, in cui vi è un importante presenza di azoto e proteine per tutte le attività
metaboliche. Invece per i tessuti conduttori, che hanno solo il compito di traslocazione dei soluti
all’interno della pianta, la respirazione è ridotta e avviene solamente nel caso in cui si hanno danni
lungo il flusso del tessuto conduttore.
-La respirazione di mantenimento aumenta con l’aumentare della temperatura, e con essa
aumenta l’intensità e velocità di lavoro e quindi anche la respirazione di mantenimento.

RESPIRAZIONE ETEROTROFA
È data dalla respirazione svolta dagli animali + quella dei microbi (o decomposizione). Si tratti di
demolizione fisica e chimica del detrito che determina un rilascio di C nell’atmosfera e nutrienti in
forme che possono essere utilizzate sia dalle piante che dai microrganismi. I detriti sono:
-piante (lettiera foglie, rami, fiori e seme, radici);
-animali;
-biomassa microbica.

RESPIRAZIONE DELL’ECOSISTEMA
Respirazione autotrofa + respirazione eterotrofa, ma possiamo definirla come respirazione del
suolo (è svolta dalle radici che hanno respirazione autotrofa, microrganismi respirazione
eterotrofa) + respirazione epigea (è data dalla respirazione autotrofa delle foglie rami e fusti).

INPUTS E OUTPUTS DEL CARBONIO


INPUTS DEL CARBONIO
-Produttività lorda e netta (fotosintesi lorda e netta)
-Componente arborea ed erbacea
-Distribuzione sostanza organica nel frutteto
OUTPUT DEL CARBONIO
-Frutti, legno di potatura
-Carbonio respirato dalla componente vegetale e dai microrganismi (respirazione eterotrofa)
-Emissioni di carbonio associate alle operazioni colturali (gasolio, pali, concimi)

BILANCIO DEL CARBONIO IN UN ALBERO


Possiamo misurare la fotosintesi netta, che si traduce in nuova biomassa a disposizione dell’albero
e ripartita nei diversi organi della pianta:
__l’incremento della biomassa scheletro
__realizzazione delle foglie che, nel caso delle caducifoglie, cadono al terreno (e quindi vengono
sintetizzate per poi ritornare nell’ecosistema).
__Così come i legni di potatura che possono essere restituiti al terreno, ma in alcuni casi non
vengono restituiti al terreno, come nel caso del limoneto, il legno di potatura e il legno legato
all’attività di diminuzione dell’inoculo di malsecco, necessita l’obbligo di bruciare le parti di piante
potate perché affette da malsecco, quindi vi è una perdita.
__I frutti e le radici. Più che l’apparato radicale strutturato, si fa riferimento alle radici fini come il
capillizio radicale che svolge l’attività assorbimento degli elementi minerali, la parte attiva. Di
solito questo sviluppo del capillizio radicale (o le radici fini in generale) si assume che in una pianta
adulta non varia negli anni, per cui la biomassa allocata ogni anno si traduce in rizodeposizione.
La ripartizione percentuale della biomassa prodotta nei diversi organi, nei primi anni vi è uno
sviluppo prevalente dell’attività vegetativa delle foglie, dello sviluppo scheletrico della pianta.
Dal secondo anno lo sviluppo dell’endoscheletro ha una percentuale di importanza più ridotta,
mentre ha un’attività più importante l’accumulo di biomassa sotto forma di frutti.
La presenza di legno di potatura ha un valore piuttosto costante, e dipende dal tipo di potatura
che si effettua.

IMPORTANZA DEL MONITORAGGIO


È importante per comprendere meglio i meccanismi di feedback cioè di flusso dell’ecosistema nei
confronti dell’atmosfera, per modellizzazione dell'interazione del clima con l'ecosistema e
comprendere le risposte ai differenti cambiamenti climatici e in definitiva per gestire in maniera
più sostenibile i diversi utilizzi di questa risorsa.

METODI PER QUANTIFICARE IL BILANCIO DEL CARBONIO


-Misure (dirette) di biomassa o degli scambi gassosi a livello di singola foglia o di ecosistema, e
sono determinazioni dirette e reali della quantità di biomassa realizzata o di C scambiato tra le
piante e l’ecosistema sotto forma di gas. I dati raccolti consentono di dare un giudizio sullo stato
dell’ecosistema e sulle diverse risposte in ordine agli stress ambientali (siccità, temperature
estreme, ecc).
-Modellistica, come modelli regressivi sulla base di variabili fenologiche e climatiche, oppure di
modelli sulla conoscenza di processi.
Tre sono le misure che si utilizzano:
1) Metodi che racchiudono porzioni ampie del sistema: questi metodi si basano sulla misura della
concentrazione di anidride carbonica nell’aria all’entrata e all’uscita dal sistema; richiedono alti
investimenti in materiale e in personale. Sono dei sistemi chiusi e analizzano la porzione
delimitata.
2) Metodi che misurano gli scambi di C su singole parti del sistema: vanno a misurare su singole
parti del sistema gli scambi gassosi. Si possono fare a livello fogliare, sulle singole parti legnose
della pianta o sul suolo isolando una porzione di terreno e andando a misurare la respirazione del
suolo, poi con analisi chimica si possono determinare le presenze di C sotto forma di sostanza
organicata presente in quella porzione di terreno e a quella determinata profondità.
3) Metodi micrometeorologici: Eddy Covariance, misurazioni tramite queste torri, con
strumentazioni a diverse altezze che misurano il flusso turbolento dell’aria e gli scambi di flusso tra
la porzione delle piante che di solito hanno un’altezza non superiore 3-6m. Al di sopra della
chioma viene posto l’anemometro sonico determinando tutti gli scambi di anidride carbonica
assorbiti dalle piante e rilasciata da esse nel periodo notturno.
Svantaggi delle misurazioni dirette: -misurazione secondo per secondo, non
-necessitano chioma a struttura omogenea e distruttiva, standard,
quindi non si possono utilizzare dove vi sono -analizzano aree estese di un paio di ettari di
chiome ad altezze differenti, varietà diverse; dimensioni,
-necessitano situazioni meteorologiche non -consente lo studio di effetti stagionali e
estreme (zone meno turbolente possibile), climatici.
-necessitano terreni non complessi
(pianeggianti),
-importanza della corretta interpretazione
dei dati notturni.
I vantaggi delle misurazioni dirette:
EDDY COVARIANCE
Nelle ore diurne un assorbimento dell’anidride carbonica con accumulo di questa sostanza
organicata, mentre nelle ore notturne dal tramonto fino all’alba vi è un rilascio di anidride
carbonica in uscita che viene misurata dall’Eddy Covariance. Vi è una torre dove all’interno vi sono
strumenti che misurano la temperatura a diverse altezze. Alla sommità vi è l’anemometro sonico
insieme a una termocoppia che misura anche la temperatura, e all’Irga, un analizzatore di gas a
sistema aperto, e si misura tutta l’anidride carbonica che vi è in entrata e in uscita tramite
anemometro sonico.

BILANCIO STAGIONALE DI CARBONIO


Nelle diverse stagioni si verifica che la fotosintesi lorda è maggiore nel periodo estivo, cioè lì dove
le condizioni ambientali sono più ottimali per una maggiore quantità di radiazione e per
temperature più favorevoli. La respirazione dell’ecosistema è maggiore nel periodo di fine estate e
inizio autunno che stimolano l’attività microbica delle piante.
Pertanto, la fotosintesi primaria netta, il bilancio positivo del sistema, avrà valori nettamente
positivi nel periodo primaverile, mentre nel periodo autunnale diventa negativa perché l’attività
respiratoria svolge un’attività maggiore rispetto a quella dell’attività fotosintetica.
Il maggiore contributo viene determinato tra il periodo invernale e primaverile, mentre nel
periodo estivo e autunnale, il bilancio della fotosintesi netta è negativo perché vi è un rilascio di
anidride carbonica nei confronti dell’ambiente.

Compilazione di un bilancio
Il passaggio da anidride carbonica a carbonio si effettua passando da micromoli di anidride
carbonica a grammi di carbonio.
Considerando entrambi i pesi molecolari:

MISURA DELLA FOTOSINTESI IN PIENO CAMPO


La modalità di funzionamento degli strumenti per la misurazione della fotosintesi. L’Irga (infrared
gas analizer), analizzatore di gas all’infrarosso, che misura gli scambi gassosi di anidride carbonica.
LA MISURAZIONE SU FOGLIA SINGOLA:
_E’ molto più semplice, perché vado a campionare più singole foglie della pianta per avere una
serie di dati puntuali che nel loro insieme rappresentano una media delle condizioni di campo e
della pianta e queste singole misurazioni mi danno in pochi istanti la contezza dell’attività
fotosintetica della foglia.
_È una misurazione molta rapida, buon indicatore della risposta della pianta alle condizioni
ambientali, ci dà una risposta immediata e repentina dei cambiamenti delle condizioni ambientali.
Ad esempio, se sto misurando l’attività fotosintetica, e le condizioni di luminosità cambiano perché
una nuvola passa in quell’istante e coprire l’attività radiante per 30s, possiamo vedere in maniera
pronta l’attività fotosintetica sul display calare e diminuire. In quello stesso momento in cui sono
cambiate le condizioni di radianza, di fotoni che arrivano sulla foglia, immediatamente la risposta
viene percepita e registrata dallo strumento.
_Ovviamente l’interpretazione dei risultati è affidabile con la superficie fogliare totale,
distribuzione spaziale delle foglie a seconda della forma di allevamento (quante foglie sono in luce,
quante sono più al buio). Quindi devo effettuare una sorta di valutazione di stima delle diverse
condizioni per poter fare poi un bilancio della quantità di fotosintesi dell’intera pianta e non della
singola foglia, e quindi ottenere una valutazione reale della sostanza organicata dall’intera pianta.

LA MISURAZIONE SU UNA PIANTA INTERA:


_Per quanto riguarda la misurazione della fotosintesi, ma anche di scambi gassosi come anidride
carbonica e vapore acqueo, questa misurazione è più complicata da gestire e articolata perché non
vado a misurare l’attività fotosintetica di una singola foglia, ma di un’intera pianta arborea.
Andremo ad avere diverse chiome anche di 30-40 metri cubi come l’olivo.
_è più affidabile per il funzionamento della pianta perché, misuro tutti gli scambi gassosi di
quell’insieme di chioma e ho più informazioni per migliorare la gestione della chioma. Sono
informazioni che nel breve periodo sono più affidabili.
_Nel caso di una vite devo creare un pallone all’interno del quale creo delle condizioni ambientali
che siano quanto più verosimilmente uguali a quelle atmosferiche dell’esterno di questo pallone e
vado a vedere in entrata e in uscita gli scambi gassosi di anidride carbonica e acqua in questa
chioma. Questo è facilmente applicabile in piante giovani, mentre viene più complicato effettuarlo
su piante adulte con dimensioni molto più elevate.
Un altro aspetto è da attenzionare: quando realizzo una condizione di impacchettamento con
atmosfera esterna all’interno di un pallone di queste dimensioni, se viene insufflata aria
dall’esterno per lungo periodo può determinare un accumulo di calore, perché se non vi è uno
scambio di entrata e di uscita di aria molto rapido, rappresentativo delle condizioni atmosferiche
esterne, si può avere una sorta di effetto serra, di effetto di accumulo di temperatura, di acqua
traspirata della pianta che crea condizioni di maggiore umidità rispetto all’esterno e quindi non
sono condizioni identiche a quelle atmosferiche.

MISURAZIONE SINGOLA FOGLIA


Abbiamo un Irga, analizzatore di gas
infrarossi (vengono assorbiti dalla CO2
1) Avremo una camera di riferimento come
faremo scorrere un flusso d’aria ricco di CO2
e utilizzeremo l’Irga per misurare quanta CO2
c’è nell’aria.
2) Dopo questo si deve aggiungere un
seconda camera a destra che noi chiameremo camera del campione (sample chamber).
3) L’aria passerà dalla camera di riferimento (reference chamber) alla camera al centro che
contiene una foglia per poi arrivare alla sample chamber. La sample chamber usa rilevatore di luce
infrarossa per misurare la quantità di CO2 nell’aria dopo che la foglia assorbe la CO2 che gli serve
per svilupparsi.
4) Noi possiamo controllare il volume dell’aria che si muove tra le camere usando un anemometro
e cosi sappiamo quanta aria c’è in ciascuna camera
5) Noi così possiamo calcolarci il Delta, ossia la differenza tra la quantità di CO2 atmosferico
(misurato nella camera di riferimento) e quella misurata nelle camera del campione.
Se la prima è di 400 ppm e la seconda è di 380 ppm, la differenza sarà di 20 ppm, che rappresenta
la quantità di CO2 presa dalla foglia dentro la camera della fotosintesi
Quindi grazie all’Irga possiamo stimare il tasso fotosintetico
Ci sono anche dei dispositivi che ci permettono cambiare la temperatura è l’umidità, per misurare
quanto un clima o delle condizioni metereologiche diverse dall’ambiente di riferimento possono
influenzare l’assorbimento di Co2 (e la capacità fotosintetica della pianta). Tanto più secca è
l’atmosfera, tanto maggiore sarà la richiesta traspirativa da parte dell’ambiente nei confronti della
foglia, e quindi tanto maggiore sarà esigenza di tenere aperti gli stomi e traspirare.
Se queste stesse misurazioni le facciamo al buio, la notte o mettendo la cuvetta in un contenitore
al buio, ovviamente non vedremmo queste concentrazioni, ma un valore più alto a contatto con la
foglia e un valore più basso esterno perché avremmo esclusivamente respirazione e quindi un
flusso di uscita di anidride carbonica della foglia verso l’atmosfera.

Possiamo usare oppure una pinza fotosintetica che esamina una singola foglia. Andiamo ad
osservare l’uptake di anidride carbonica all’interno di una condizione chiusa che permette di
misurare la quantità anidride carbonica assorbita.
La foglia in parte assorbe, in parte trasmette, ed in parte riflette la luce presente nell’ambiente.
Funziona con questa luce a raggi infrarossi che misurano la concentrazione di anidride carbonica in
un ambiente chiuso.

MISURAZIONE PIANTA INTERA


Si fanno in piante con chiome ridotte
(es vite) dove devo creare un pallone
all’interno del quale creo delle
condizioni ambientali che siano
quanto più verosimilmente uguali a
quelle atmosferiche dell’esterno di
questo pallone e vado a vedere in
entrata e in uscita gli scambi gassosi
di anidride carbonica e acqua in
questa chioma. Questo è facilmente
applicabile in piante giovani, mentre
viene più complicato effettuarlo su
piante adulte con dimensioni molto
più elevate.

Praticamente di mette questo pallone e si fa l’ingresso dell’aria con un ventilatore che determina
la velocità di flusso dell’aria e la mettiamo in questo pallone dove sta appunto l’intera chioma.
Utilizzeremo quindi l’Irga che misura l’aria in ingresso e in uscita del pallone, ma è la stessa cosa se
lo facciamo anche sulla singola foglia. Tramite la misurazione dell’Irga, dell’anidride carbonica in
entrata e in uscita, sappiamo il delta, la variazione dell’anidride carbonica.

Siccome questa misurazione la facciamo in umol CO2 m-2 s-1, dobbiamo sapere l’area fogliare,
perché maggiore è la superficie fogliare, maggiore è l’area fotosintetica, maggiore è la numerosità
e quantità di stomi, maggiore è l’anidride carbonica in entrata e in uscita. Quindi devo rapportare
l’anidride carbonica prodotta da tutta la superficie fogliare di tutte le foglie in questo caso e
nell’unità di tempo al secondo, lo posso fare per 10min o 1h e poi rapportata per secondo per
sapere l’evoluzione della fotosintesi. A= sCO2 x Flusso/ area fogliare
Un altro aspetto è da attenzionare: quando realizzo una condizione di impacchettamento con
atmosfera esterna all’interno di un pallone di queste dimensioni, se viene insufflata aria
dall’esterno per lungo periodo può determinare un accumulo di calore, perché se non vi è uno
scambio di entrata e di uscita di aria molto rapido, rappresentativo delle condizioni atmosferiche
esterne, si può avere una sorta di effetto serra, di effetto di accumulo di temperatura, di acqua
traspirata della pianta che crea condizioni di maggiore umidità rispetto all’esterno e quindi non
sono condizioni identiche a quelle atmosferiche.

CASI APPLICATIVI
-Confronto con misure puntiformi
-Geometria e densità della chioma
-Orientamento dei filari
-Tecniche di potatura
-Stima dei consumi idrici
-Nuova espressione di “crop load” (carico produttivo)

LEAF AREA INDEX


Il LAI ci dice, quanta luce viene intercettata da una pianta, e quindi maggiore è la quantità di
ombra che si trova nel terreno, maggiore è la quantità di luce intercettata all’interno di un
frutteto.
In maniera ottimale, l’intero spazio tra le piante lungo il filare e tra i filari dovrebbe essere
massimamente utilizzato dalla chioma. Quindi il rapporto tra m2 di chioma e m2 di suolo, tanto
maggiore è questo valore (prossimo a 1) tanto maggiore è l’area di chioma che copre la superficie
di terreno.
Se più basso è il LAI, significa che la pianta è molto giovane e quindi con un LAI molto basso e
quindi metro quadrato di chioma molto ridotta, può significare che l’utilizzazione della luce e
quindi l’assorbimento di luce da parte della pianta è molto ridotta.
RISPOSTE FOTOSINTETICE IN FORME DI ALLEVAMENTO A
CONTROSPALLIERA
Misurazione su quattro piante di vite allevate in controspalliera per andare a misurare gli scambi
gassosi.

Dall’analisi del grafico si evince come non tutte le


piante hanno un trend identico, ma ci sono delle
variazioni pianta per piante.Questo mette in evidenza
come sia fondamentale fare delle replicazioni, cioè
ripetizioni su più piante. In questo modo si
intercettano le diverse condizioni delle singole piante.

Quello che è stato misurato non è la luce ma i umol


m-2 s-1 di fotosintesi dalla chioma. Si vede che
all’aumentare della luce, aumenta l’attività
fotosintetica in conseguenza all’apertura degli stomi.

In tutti e quattro i palloni si osserva che queste piante di vite a controspalliera si ha un picco
fotosintetico nella mattina tra le 9 e le 12 e poi si ha un calo dell’attività fotosintetica per poi
riprendere nuovamente fino alle 17 e poi di nuovo diminuire al tramonto, quando diminuisce la
radiazione solare e gli stomi si chiudono.

Perché abbiamo questo andamento?

Perché uno dei fattori che può essere limitante è l’acqua o l’eccesso si luce. Ciò vuol dire che a
mezzogiorno l’efficienza fotosintetica è più bassa perché il picco di fotoni che arriva è eccessivo,
nella fase luminosa, e succede che tutti i cloroplasti non riescono a funzionare in maniera
efficiente; c’è un sovraffollamento di fotoni che determinano uno stato di eccitazione di elettroni
eccessiva -> la pianta va in fotoinibizione (aumenta la cosiddetta fotorespirazione).
Altra alternativa giustificazione a questa riduzione della fotosintesi è il deficit idrico, gli stomi
socchiudono per evitare perdite d’acqua, ma ciò comporta una riduzione della CO2 e quindi della
fotosintesi.
Quando si supera la fase di stress massimo della pianta, dovuto alle maggiori temperature (tra le
12 -15) o allo stress idrico della pianta, o all’eccesso fotonico (raggi perpendicolari al suolo) le
piante riescono a riprendere l’attività fotosintetica in maniera efficiente.

RISPOSTE FOTOSINTETICE IN FORME DI ALLEVAMENTO A


TENDONE
Analizziamo le piante allevate a tendone (le piante non si trovano più in
posizione verticale rispetto al sole e al terreno, ma in posizione orizzontale,
cioè con una chioma parallela al terreno e incidente alle radiazioni
provenienti dal suolo).

In questo caso dal grafico vediamo che la radiazione netta ha una forma
quasi a campana, dall’alba al tramonto e l’attività fotosintetica aumenta,
raggiunge un picco fra le 9 e le 15 e poi al diminuire della luce incidente sulle
foglie, diminuisce la stessa attività.

Guardiamo il valore assoluto:


In questo caso, aggiungiamo che nel caso delle piante a tendone il valore medio dell’incidenza è 9
Mentre quelli in controspalliera è pari a 4.
La quantità di fotoni percepiti da una piante a controspalliera è minore perchè la luce, sebbene tra
le 9 e le 10 è elevata (perché i raggi sono inclinati), a mezzogiorno viene captata dalle piante in
verticale in maniera molto ridotta.
Al contrario nelle piante a tendone, che hanno una chioma che si trova in una posizione ottimale
per percepire sia i raggi obliqui che perpendicolari, si riesce a determinare una maggiore quantità
di fotoni incidente e quindi una maggiore attività fotosintetica.

TRASPIRAZIONE NELLE DIVERSE FORME DI ALLEVAMENTO


Per quanto riguardo gli scambi gassosi, valutiamo la traspirazione. In questo caso l’Unità di misura
è mmol m-2 • s-1 (millimoli di acqua per metro quadrato al secondo).
__La traspirazione nelle piante a controspalliera aumenta con la luce, poi
si attesta ad un valore costante durante tutte le ore del giorno e
diminuisce alla chiusura degli stomi nel pomeriggio.
__Nelle piante allevate a tendone, la traspirazione segue l’andamento
della quantità di luce percepita da parte delle foglie e quindi di apertura
stomatica da parte delle foglie. Quindi: stomi chiusi, traspirazione bassa
all’alba, aumenta la luce e l’apertura degli stomi, aumenta la
traspirazione per poi diminuire.
Ancora una volta vediamo il valore assoluto:
Nelle piante a tendone ha valori di picchi di circa 3 mmol / m^2 •s, mentre
nella controspalliera invece valori di circa 1,5 mmol / m^2 •s.

BILANCIO DELLA CO2 E ACQUA TRASPIRATA NELLE VARIE


FORME DI ALLEVAMENTO
Se dobbiamo vedere un bilancio della CO2 e quindi dell’attività organicata
della pianta:
_nel caso del tendone, in cui avevamo valori assoluti più alti, riusciamo nei 4
palloni (4 piante) ad avere 50/ 60 gr di ss assorbita da parte delle piante.
_Nel caso delle 4 piante allevate a controspalliera il valore mediano è di circa
10/15 gr di ss prodotta per singola pianta

Vediamo ora la traspirazione di ogni singola pianta:


* le piante a tendone che hanno avuto gli stomi più aperti e livelli di
traspirazione molto più alta perdono mediamente tra 12-16 Litri/ giorno
* Le piante a controspalliera perdono valori tra 3 e 5 litri al giorno

CONCLUSIONI
Questo ci fa comprendere due aspetti:
La capacità fotosintetica (quantità di sostanza secca prodotta) di una stessa specie/cultivar
allevata con una forma di allevamento diversa, è diversa, così come è diversa la traspirazione (nel
tendone è quasi il doppio di quello a controspalliera). Questo aspetto è importante ai fini della
modalità di gestione dell’irrigazione.
In questo modo, stabiliamo l’apporto irriguo o la frequenza in base alla forma di allevamento
(l’impianto a goccia è il più usato).
Detto ciò, queste misurazioni della CO2 assimilata possono essere espresse in diversi modi:
 Per unità di area fogliare nel tempo
 Per unità di N fogliare nel tempo
 Per albero nel tempo
 Per unità di luce intercettata nel tempo
 Per metro di filare (viticoltura)
 Per unità di carico dei frutti

Nel caso della vite, dove c’è una continuità tra pianta e pianta che rende difficile individuare
l’attività fotosintetica per singola pianta, di solito la quantità di sostanza secca prodotta si rapporta
al metro di filare in maniera tale da fare una misurazione quanto più reale e rappresentativa
possibile.

Quindi riuscire a comprendere quanta fotosintesi realizza in funzione del carico fruttifero, riesco a
rapportare i due elementi essenziali per capire quanto la pianta sta organicando e quanto sta
allocando per l’attività fotosintetica e capire se è sufficiente o bisogna modificare qualche aspetto
per migliorare l’allocazione dell’attività fotosintetica verso il prodotto frutto anziché altri organi
della pianta.

EFFICIENZA FOTOSINTETICA DI UNA CHIOMA DI VITE


Nel caso visto della vite, l’efficienza di una chioma dipende:
_dalla quantità di energia luminosa disponibile, ovviamente può essere modulata nelle diverse
giornate in funzione dei diversi ambienti, delle reti che posso utilizzare per migliorare la quantità di
energia radiante (esso agisce sulla capacità delle foglie, coprendole diminuisce la capacità di
intercettare luce), dalla capacità di intercettazione della chioma e quindi della forma di
allevamento, da quanta luce viene convertita in s.s, dei meccanismi di fotoinibizione che vanno ad
erodere la quantità di fotosintesi lorda prodotta e dalla quantità di sostanza convogliata ai
grappoli (rapporto foglie/ frutti) (equilibrio vegeto-riproduttivo).

PORTABLE PHOTOSYNTHESIS SYSTEM


IRGA è uno strumento importante perché possiamo misurare l’attività fotosintetica delle singole
foglie.
È possibile misurare (con un cilindretto?) la traspirazione del terreno e comprendere così la
cessione di CO2 da parte dei microrganismi e dell’apparato radicale in prossimità della coltura o
addirittura di singole piante.
Nella cella climatica prendo una porzione di foglia (per rapportarlo ai cm^2) per misurare gli
scambi gassosi. Tutte le misurazioni come le micromoli di CO2 per m^2 al secondo sono rapportati
sempre a quel cm^2 misurato.
Con questi strumenti è possibile anche valutare altri parametri, come la temperatura, settare la
qualità della luce tramite appositi sensori, messi sopra la cella della cuvetta, posso modulare
quanta luce rossa, verde, blu o bianca, percentualmente la foglia deve percepire, valutare anche la
CO2 e l’acqua nell’unita di tempo, l’intensità luminosa, la velocità dell’aria, ecc. Si può misurare
anche la fluorescenza emessa dalle foglie (fluorescenza alta = att. fotosin. bassa).
Mantenendo, in questo modo, standard alcuni valori, posso misurare nelle diverse
giornate/stagioni come si comporta la pianta nei confronti di diversi apporti irrigui o nutrizionali.
Nel display si leggono:
A: attività fotosintetica, assimilazione netta
E: traspirazione, indica quanti mmol (millimoli) di acqua viene persa, poi convertita in litri/pianta.
Ci: la concentrazione di anidride carbonica nella camera sottostomatica, quindi indica quanta CO2
si trova nello stoma, quindi quanta CO2 entra ed esce e ci dice se le misurazioni effettuate sono
attendibili o meno, (deve essere 60-200).
GS: conduttanza stomatica che è l’inverso della resistenza stomatica. Sarà maggiore quanto più gli
stomi sono aperti.
Altri strumenti sono:
Quelli che permetto di misurare l’intensità luminosa e la composizione spettrale.
Tempo per la misurazione: 60-120 s.
Simultaneamente posso calcolare la fotosintesi e la fluorescenza della clorofilla (La fluorescenza è
quella porzione di luce riflessa sotto forma di fluorescenza da parte della foglia, quando il tripletto
perde il suo stato di eccitazione, cioè quando non riesce ad utilizzare la luce luminosa nel breve
periodo). Tanto maggiore è la fluorescenza tanto minore è l’attività fotosintetica.

ATTIVITA’ STOMI
Essi si presentano sostanzialmente sulla pagina inferiore della foglia nelle specie legnose da
frutto.
Essi ci permettono di misurare la quantità di CO2 assorbita/area fogliare (TASSO DI
ASSIMILAZIONE).
La densità stomatica non ha rilevanza.
Ha molta rilevanza invece il Grado di Apertura che dipende:
_Dalla luce: più luce c’è più gli stomi rimarranno aperti e viceversa.
_Dal deficit di pressione di vapore (VPD): maggiore sarà l’umidità dell’aria e minore sarà la
richiesta evapotraspirativa per la pianta. Minore e secca sarà l’umidità dell’aria e maggiore sarà la
richiesta evapotraspirativa per la pianta. Quindi si misurano la temperatura ambientale e l’umidità
fogliare.
Il VPD sarà alto se la richiesta evapotraspirativa è alta e viceversa.

INFLUENZA DELLA LUCE SUGLI SCAMBI GASSOSI


Le componenti fondamentali dell’attività fotosintetica (vapore acqueo, CO2 e ossigeno) verranno
a determinare una attività di traspirazione che svolge dei processi importanti:
_Termoregolazione: processo che consente il passaggio di stato di fase liquida a fase gassosa
dell’acqua e quindi consente di rilasciare calore all’esterno della foglia e quindi di diminuire la
temperatura fogliare. Più si traspira e più la foglia perde temperatura tramite una serie di processi
ossidativi (ad esempio la fotorespirazione) che portano la pianta ad un minore attività
fotosintetica.
_Trasporto di linfa ascendente: questo avviene per le forze di coesione tra le molecole di acqua e
di adesione delle molecole d’acqua all’interno dei vasi conduttori. L’acqua che viene traspirata
dalle foglie richiama l’acqua dalle parti sottostanti alla foglia fino all’apparato radicale che assorbe
l’acqua dal terreno. Si crea una specie di fenomeno a catena che però si interrompe qualora non ci
sia più acqua nel terreno e quindi gli stomi si chiudono (parzialmente). Per questo l’irrigazione è
fondamentale per la fotosintesi.
_Apertura stomatica
L’andamento della traspirazione:
_Ha livelli elevati solo in tarda mattinata
_Raggiunge il picco massimo nel primo pomeriggio

ANDAMENTO DELLA FOTOSINTESI


L’andamento della fotosintesi:
_Nel primo mattino, aumenta all’aumentare della radiazione solare.
_Raggiunge un massimo a metà mattina e si mantiene alta per alcune ore
_Decresce costantemente e cala in particolare nelle ore più calde del pomeriggio.

Questo dipende dall’interazione chioma/luce in base alla forma di allevamento, perché vi


possono essere eccessi di traspirazione e danni da foto-
ossidazione a seconda del contesto ambientale.

In questo grafico vediamo tre forme di allevamento di


pesco dalle quali si misura la loro capacità di intercettare la
luce in base ai momenti della giornata.
_La Y: la quantità di luce intercettata è massimizzata.
_Il vasetto: è una forma di allevamento globosa che è in
grado di intercettare un buon quantitativo di luce ed ha un
picco dalle 9 alle 15.
_La palmetta: è una forma di allevamento verticale la cui
chioma ha delle foglie disposte in una parete di circa 40-50
cm. Possiamo vedere come nelle prime ore del giorno e nel pomeriggio ha un’intercettazione
maggiore rispetto alle 12.

Da qui capiamo che le forme di allevamento con parete con orientamento nord-sud hanno:
_Due picchi di assorbimento (mattina-pomeriggio) sui due lati
_Minima esposizione ai raggi incidenti nelle ore centrali della giornata

Le forme di allevamento a volume hanno invece;


_Radiazione più concentrata sulla parte superiore al mezzogiorno
_Maggiore intercettazione complessiva, ma maggiori rischi di foto-ossidazione
FORME DI ALLEVAMENTO E
FOTOSINTESI
Le forme di allevamento hanno diversi strati che sono più esposti alla
luce radiante ed altri che sono ombreggiati, ovvero quelli più interni.
Questi possono avvenire anche nelle forme di allevamento verticale
o a parete.
Inoltre, cambia anche la qualità della luce che cambia man mano che
le luce raggiunge gli strati più interni.
Gli strati esterni ricevono un maggior numero di fotoni di diverse
lunghezze d’onda.
L’assimilazione
fotosintetica di una popolazione di piante dipende:
dalla superficie fogliare complessiva e dalla velocità di
fotosintesi per unità di superficie fogliare.

_ La velocità di fotosintesi per unità di superficie


fogliare dipende dall’Irradianza.

Una prima parte di attività fotonsitetica è limitata dalla


luce, ma, superate le 400 micromoli (fino alle 9-10 di
mattina), la fotosintesi aumenta grazie all’incremento
della concentrazione di CO2 ambientale.
Ad un certo punto l’attività fotosintetica calerà per via
dei processi di fotorespirazione.

Tutto ciò varia in base all’efficienza


fotosintetica della pianta.
Le piante C4 hanno attività fotosintetica ad
una intensità maggiore delle piante C3, che
però hanno un’intensità maggiore rispetto
alle piante arboree e da frutto ed infine abbiamo le piante sciafile, che hanno un picco
fotosintetico a 300 umol e poi tendono a calare.

T-0: riporta i valori iniziali alla partenza del


trattamento
Control: pianta in condizioni normali senza
trattamenti ombreggianti (in pien aria).
Tunnel: la pianta è ombreggiata sia nella parte
verticale che nelle parti laterali.
Flat: la pianta è ombreggiata nella sola parte
verticale.
a-b-c: stanno a marcare una differenza di valore tra la
pianta a T-0 e quelle dopo il trattamento.
Se un valore è c all’inizio e dopo è a, vuol dire che la
differenza c’è stata quindi anche l’incremento
sostanziale di valore. Se prendiamo per esempio
diversi trattamenti (tunnel e flat) vediamo che questi
sono sempre “a” e quindi la differenza tra di loro è solo minima.
La quantità di sostanza organica è stata allocata nelle foglie perché erano a valori di luce più basse
rispetto alle potenzialità fotosintetiche della pianta stessa e quindi aveva modificato l’attività nel
tentativo di massimizzare l’attività fotosintetica.

FATTORI DI CRESCITA
INTERNI
-Stato idrico
-Equilibrio ormonale
-Zuccheri (per effettuare la respirazione e sintesi)
ESTERNI
-Temperatura
-Stato idrico del terreno
Questi fattori, insieme all’intercettazione luminosa, determinano la capacità di fotosintesi per la
formazione di zuccheri e la traspirazione.
RISPOSTA FOTOSINTETICA AI FATTORI AMBIENTALI
LUCE
Il fattore luce ha un punto di compensazione, ossia il
punto di equilibrio tra la fotosintesi e la respirazione (CO2
fissata= CO2 emessa) ed ha valori ta 30-50 mmol m-2 s-1.
Poi abbiamo un punto di fotosaturazione è il punto oltre il
quale, aumentando la quantità di energia radiante non vi è
un aumento importante di fotosintesi.
Quindi significa che la pianta non solo non riesce a
migliorare l’attività organicante ma addirittura ha un calo
nell’attività fotosintetica perché si innescano i processi di
fotorespirazione, foto-ossidazione della clorofilla ed eccessi termici che denaturano il metabolismo
della foglia stessa.

Infatti, se vediamo l’attività della fotosintesi in questo grafico


vediamo nella foglia da ombra si ha una buona fotosintesi (Pn) a
livelli luminosi bassi (PFD), però si ha anche un punto di
fotosaturazione basso (200-300 mmol m-2 s-1) dove, all’aumentare
della luce, non aumenta l’attività fotosintetica perché queste foglie
sono ricche di fotorecettori che assorbono valori di luce bassi.
Invece nelle foglie da piena luce vediamo come riescono ad avere
un aumento dell’attività fotosintetica all’aumentare della luce
radiante ed ha valori di fotosaturazione tra i 600 o anche i 900 mmol
m-2 s-1.

In questa tabella sono riportate le varie attività


fotosintetiche (A).
Tuttavia, viene anche riportata anche l’Efficienza
Quantica, ossia il rapporto tra la quantità di
fotosintesi (A o Pn) e l’unità di fotone (punto di
fotosaturazione) [molCO2/ molPPF]. Tanto elevata
è l’efficienza tanto più carbonio riesce ad utilizzare
per singolo fotone di luce è elevato.

ACCLIMATAZIONE
Le piante rispondono alle diverse variazioni di irradianza con delle risposte metaboliche differenti
dette processi di adattamento o acclimatazione, in cui le piante devono essere abituate alle nuove
condizioni ambientali:
_Le foglie della stessa pianta sono esposte diversamente e quindi ci saranno foglie che avranno
una certa efficienza e foglie con diversa efficienza.
_In tempi diversa la foglia si comporterà in maniera diversa, infatti le foglie che hanno diverse età
non hanno la stessa efficienza fotosintetica e quindi la modificano in relazione all’età.
_L’acclimatazione è in funzione dei diversi cloroplasti all’interno della stessa foglia, dove vi può
essere una maggiore o minore capacità della foglia di svolgere un’attività fotosintetica efficiente.
Queste risposte fotosintetiche della pianta rispetto alla quantità di luce possono essere delle
risposte in tempi brevi o in tempi lunghi:

_Le risposte in tempi brevi durano dai pochi secondi alle poche ore e sono processi reversibili per
cui la pianta si adatta alle condizioni di diverse luminosità tramite i movimenti dei cloroplasti o
tramite le risposte metaboliche come la chiusura degli stomi.
_Le risposte in tempi lunghi durano da alcuni giorni fino ad alcuni mesi e sono processi irreversibili
perché le nuove condizioni di luce e ambientali non sono temporanee ma sono permanenti e
stabili e questo comporta delle risposte di crescita, adattamenti fenologici e ontogenetici diversi a
seconda della pianta e del tipo di ambiente. Inoltre, si acclimata anche la quantità di sintesi
clorofilla in modo da aumentare gradualmente la capacità fotosintetica.

ENERGIA RADIANTE E FOTOSINTESI


L’efficienza fotosintetica di una foglia è massima quando la sua lamina è
ortogonale ai raggi solari incidenti; l’inclinazione dei raggi solari muta con
continuità nel corso del giorno e mediamente le condizioni di massima
efficienza si hanno quando la foglia è in posizione orizzontale.

Quindi le condizioni per massimizzare il processo fotosintetico sono:


_L’apparato fogliare: ci sono notevoli differenze tra specie e cultivar anche a
livello genetico. Quindi quando si fa giudizio o una verifica questa non deve
essere a livello di specie ma a livello di varietà.
_Indice di copertura del suolo: ci individua tramite la densità d’impianto e la
disposizione della chioma
come riusciamo ad aumentare la quantità di luce
percepita dalla pianta rispetto alla luce incidente.
_Anche il rapporto superficie/ volume degli
alberi è importante.
A parità di volume (9 m3), le forme a parete hanno una superficie esposta maggiore (27 m2)
rispetto a forme a vaso o globosa (10 m2) e ciò comporta che l’efficienza di assorbimento
dell’energia radiante è più elevata nelle forme a parete (3).
Inoltre, se cerchiamo di ridurre la chioma e quindi avere un sesto d’impianto più stretto, questo
comporta che l’efficienza di assorbimento della luce (5,5) sarà maggiore rispetto alle forme di
allevamento a dimensione “normali”.

All’aumentare della luce abbiamo un aumento dell’attività


fotosintetica che, a valori di luce bassi sarà negativo (non siamo
arrivati al punto di compensazione) mentre a valori alti sarà positivo
fino a quando non si arriverà al
punto di fotosaturazione.

La traspirazione (E) aumenta


all’aumentare dell’attività
fotosintetica (A) fino alle 12:00 per
poi diminuire poiché c’è meno luce
e la pianta chiude
progressivamente gli stomi.

TEMPERATURA
Le piante hanno dei valori di temperatura oltre i quali l’attività fotosintetica della pianta
diminuisce (10°C e 35°C) mentre intervalli ottimali vi sono, per le diverse specie, tra 22°C e 28°C.
_Melo: 22°-23°C
_Vito e olivo: 25°-28°C
_Piante C4: 35°C (hanno fotorespirazione bassa e quindi sono in grado di avere optimum più
elevati).

DISPONIBILITA’ IDRICA
Il tasso di fotosintesi diminuisce all’aumentare del deficit idrico.
_In stadi iniziali o intermedi di stress idrico abbiamo una diminuzione della conduttanza stomatica
che comporta una progressiva chiusura degli stomi e poi abbiamo uno scarso danno da
fotoinibizione che comunque inibisce l’efficienza fotosintetica.
Ad esempio, l’olivo riesce a mantenere un bilancio di assimilazione positivo perché riesce a
sopportare livelli di disponibilità idrica bassi riuscendo a mantenere gli stomi molto aperti e
riducendo l’attività di traspirazione con alcuni apprestamenti morfologici come la presenza di cera
o peli.
_In casi di stress idrici elevati avremo dei processi di fotoinibizione intensi capaci di diminuire la
capacità della pianta di riparare il danno e portando anche alla necrosi di alcune strutture. Per
esempio, l’Actinidia non riesce a sopportare casi di stress idrico importante e quindi chiude gli
stomi e impedisce l’attività fotosintetica.

PRESENZA DI GAS (CO2)


Se teniamo conto della presenza di gas, in particolar modo
dell’anidride carbonica, vediamo come la risposta dell’attività
fotosintetica aumenta alla concentrazione di CO2.
Si ha un aumento dell’efficienza della Rubisco, con
conseguente aumento della fotosintesi netta.
Il punto di compensazione è basso mentre il punto di
saturazione varia in funzione delle diverse specie.
Invece tra gli altri gas, l’ossigeno è un competitor della CO2
perché innesca i processi di fotorespirazione e quindi
complica la capacità della pianta avere una buona efficienza
fotosintetica.

RISPOSTA FOTOSINTETICA AI FATTORI ENDOGENI


_ETA’ DELLE FOGLIE: le foglie immature hanno un mesofillo sottile e un minor corredo enzimatico,
mentre le foglie senescenti hanno un minor contenuto di clorofilla.

_PRESENZA DEI FRUTTI: stimola la fotosintesi ma i


comportamenti delle varie specie sono molto
variabili e spesso in relazione a diversi stadi di
sviluppo. Gli effetti sono transitori e legati a
condizioni ambientali prevalenti.
Bisogna poi tenere conto della capacità della
pianta di poter veicolare i fotosintati nei vari
organi della pianta; quindi io posso intervenire con
una decorticazione anulare che riduce la
fotosintesi poiché viene ridotto il rapporto
source/sink a favore dei source o con una
defoliazione che aumenta la fotosintesi perché il
rapporto source/since è stato modificato a favore
dei sink che richiedono una maggiore attività fotosintetica.
Il rapporto source/sink si esprime in rapporto foglie/frutti.
Quindi è molto importante affermare che un aumento di fotosintesi non si traduce in un aumento
di produzione, ma il tutto si deve agire sulla destinazione dei fotosintati, quindi è necessario
sapere:
_Come vengono ripartiti
_Come vengono trasportati
_Come vengono utilizzati dai carboidrati nei diversi organi in accrescimento

La fotosintesi netta varia anche in base al PORTINNESTO.


L’efficienza è maggiore in portinnesto franco che è più vigoroso rispetto ad altri nanizzanti (i quali
facendo sviluppare una chioma più ridotta, determina meno fotosintesi).
Allo stesso tempo la fotosintesi netta dipende anche da GENOTIPO.

ACQUA NELLA PIANTA


L’ACQUA è il costituente principale delle piante, che in alcuni organi può raggiungere 90-95% del
componente come, ad esempio, dentro i frutti o dentro alcune foglie in accrescimento, fino in altri
organi essere particolarmente ridotto come nei semi della frutta secca in cui raggiunge
percentuali di circa il 10-15%.
L’acqua ricopre diverse funzioni vitali:

 Permette di effettuare reazioni biochimiche e metaboliche, essendo un assorbente. I soluti che si


vengono a realizzare, e a mettersi in contatto, lo fanno grazie alla presenza dell’acqua che tramite
le proprie cariche elettrostatiche consente dei processi metabolici dentro le cellule.

 L’acqua determina la pressione di turgore dentro le cellule, fattore fondamentale per quanto
riguarda la struttura della pianta. Quindi in un buono stato idrico la pressione di turgore
dev’essere sempre massima per consentire un buon processo metabolico dentro le cellule.

 L’acqua regola l’apertura e la chiusura degli stomi e per tanto la traspirazione e la fotosintesi. È
fondamentale l’apertura stomatica per lo scambio gassoso.
 L’acqua è fondamentale per la termoregolazione della temperatura ed in particolar modo la
temperatura delle foglie, tramite l’attuazione dei passaggi di stato che migliorano le condizioni
termiche della foglia ed evitano processi di fotorespirazione o processi di ossidazione a livello del
sistema fotosintetico.

 L’acqua solubilizza i gas, i sali minerali, le sostanze organiche comprese gli ormoni che si
muovono all’interno della pianta e tramite questa sua capacità, consente appunto un movimento
rapidissimo dentro la pianta (anche in piante arboree di altezze elevate come le sequoie di oltre
100 m di altezza) in cui il movimento dell’acqua ha una velocità intensa di diversi metri all’ora del
trasporto ascensionale dell’acqua.

PROPRIETA’ IMPORTANTI DELL’ACQUA


PROPRIETÀ TERMICHE SPECIALI
Permettono tutti questi aspetti precedentemente analizzati
Il fatto di avere un ALTO PUNTO DI EBOLLIZIONE E FUSIONE: permette vantaggi.
__Il PUNTO DI EBOLLIZIONE è la temperatura per fare un passaggio di stato a quello gassoso
__Il PUNTO DI FUSIONE è la temperatura che permette il passaggio dallo stato solido allo stato
liquido.
Quindi, il fatto che si abbia un alto punto di ebollizione e basso di fusione, permette di lavorare in
un range termico particolarmente ampio che consente quindi di facilitare degli scambi
metabolici.
Ha VALORI ELEVATI DI CALORE SPECIFICO E CALORE LATENTE DI EVAPORAZIONE.
__Il CALORE SPECIFICO DELL’ACQUA è il calore per innalzare di 1°C la temperatura di 1 mole di
acqua. Questo vuol dire che ci deve essere una quantità elevata di calore per aumentare di 1°C la
temperatura, allo stesso tempo determina il processo inverso, che è necessario disperdere o
cedere un elevata quantità di calore per diminuire un 1°C la temperatura di un tessuto.
È un processo esotermico importante, che determina un importante regolazione che la foglia è
capace di fare nel mantenere temperature che non siano eccessive nel danneggiare l’apparato
fotosintetico.
__Il CALORE LATENTE DI EVAPORAZIONE di una frazione dell’acqua è quel calore richiesto per
passare dalla fase liquida a quella gassosa e consente la traspirazione, processo che consente
quindi anche alle foglie di evitare danni di carattere termico: danni da sole, da temperature
elevate.

PROPRIETÀ IMPIEGATE NEL TRASPORTO DELL’ACQUA


STESSA
 TENSIONE SUPERFICIALE ELEVATA. Le molecole dell’acqua sono più attratte dalle molecole di
acqua vicine che dalla fase gassosa e quindi.
Questo permette 2 fenomeni: FENOMENI DELLA COESIONE e FENOMENI DI ADESIONE.

 La COESIONE è una sorta di catena di molecole di acqua che si attraggono e si agganciano l’una
all’altra e consente di realizzare un unico flusso di acqua dall’apice fogliare alla punta del pelo
radicale che si trova nel terreno. La coesione impedisce che si creano punti di disconnessione
delle molecole di acqua. Se si formassero punti di disconnessione penetrerebbe l’aria e si
andrebbe incontro a quei fenomeni di Embolia (presenza di aria che impedisce la prosecuzione e
concatenazione delle molecole di acqua) ed interrompe la continuità della catena di acqua.

 L’ADESIONE è l’attrazione dell’acqua nei confronti di una superficie solida. Quindi l’acqua,
tramite questa grande capacità di aderire alle pareti dei tessuti conduttori, evita l’inserimento di
quelle molecole di ossigeno che si possono venire a formare, perché aderendo evitano che l’aria
proveniente dalle tracheidi possa appunto creare una disconnessione della continuità della catena
di acqua.
RISALITA CAPILLARE
Adesione e coesione, insieme alla tensione superficiale, attuano questo sistema di forze che
provocano la RISALITA CAPILLARE cio viene ostacolata dalla massa dell’acqua e dalla gravità.
.

Adesione+Tensione Superficiale+Coesione
RISALITA CAPILLARE=
Massa x Gravità
_La FORZA DI GRAVITÀ va in senso opposto alla tensione di risalita. Più alta è la pianta ed il
percorso che l’acqua deve fare dentro i vasi, maggiore sarà la forza di gravità che contrasta la
risalita capillare. Quando parliamo di altezze fino a 5 metri, questa forza di gravità ha una
rilevanza ridotta, ha un peso specifico molto contenuto e quindi viene considerato pari
sostanzialmente a 0 perché le forze di risalita capillare, sono nettamente più forti.
_La MASSA è data dalle caratteristiche fisiche dell’acqua ed è intesa come Peso Specifico
Dell’Acqua. Non parliamo mai di acqua allo stato puro, ma di acqua con una certa conducibilità
determinata dalla presenza di ioni, elementi minerali e di altri soluti che possono essere presenti
dentro l’acqua di risalita. Quindi, la massa determinata dalla presenza anche dei soluti, avrà una
differente concentrazione, una differente rilevanza ma che comunque non è particolarmente
ostica per la forza di risalita capillare dell’acqua dentro i vasi conduttori.

La Velocità di Risalita dell’acqua dentro i vasi è data dalla Forza Di Tensione. Maggiore è la forza
di tensione maggiore è la velocità con cui l’acqua viene trasportata e questo viene favorito dalla
Forza Di Adesione che permette la capillarità e la continuità della catena di acqua dentro i vasi. La
Forza Di Coesione invece trasmette la forza che attrae verso l’alto le molecole di acqua a tutta la
massa di H20

SPAC (CONTINUUM SUOLO-PIANTA-ATMOSFERA)


Andiamo a studiare il cosiddetto SPAC: soil plant atmosphere continuing.
Parleremo di DIFFERENZE (Delta) DI POTENZIALE IDRICO che sono espresse in Mega Pascal (MPa).

Lo Y sta ad indicare il Potenziale e W invece indica l’acqua


(Water).
Quindi YW sta ad indicare il Potenziale Idrico che è in
continuum tra il suolo, il fusto, i rami e l’atmosfera con
potenziali idrici sempre più negativi.
Quando diremo “più elevati potenziali idrici”, indichiamo in
realtà “più negativi”, perché facciamo riferimento a valori
sempre più bassi.
Questo perché la pressione è un valore positivo, e dovendo
parlare di Capillarità e di Tensione, parliamo di valori negativi,
di Risalita, perché contrastano quella che è la forza di gravità e quindi lo esprimiamo in senso
negativo il potenziale idrico.
Più negativo è, più forte è la risalita e la velocità e la forza con cui viene richiamata l’acqua dagli
strati più sottostanti.
Ovviamente, inizieremo dal suolo, e vedremo come qui i valori sono sicuramente più bassi
rispetto a quelli che troveremo all’interno della pianta e all’interno dell’atmosfera.
Possiamo distinguere e dividere quindi il percorso dell’acqua all’interno della pianta in 3 fasi:
__ASSORBIMENTO RADICALE; che può essere attivo o passivo
--In quello attivo, parliamo di un gradiente osmotico tra la soluzione circolante del suolo e
le cellule radicali e quindi parliamo di una differenza determinata da quella che è la
componente della concentrazione dei soluti tra il terreno e le cellule della radice.
--L’assorbimento radicale passivo, invece, ha un gradiente decrescente, di potenziale idrico
che si genera dentro il tessuto conduttore per effetto della traspirazione. È un flusso di
risalita determinato dalla differenza di concentrazione di acqua. Risucchiando l’acqua dalla
foglia verso il fusto fino alla radice, nelle zone sottostanti manca l’acqua e quindi viene, per
capillarità, richiamata quella presente nel suolo e poi nello xilema fino alla foglia. Quindi è
un flusso di potenziale esclusivamente idrico.
__TRASPORTO NELLO XILEMA;
__PASSAGGIO DAI TESSUTI DELLA PIANTA (xilema, foglia) VERSO L’AMBIENTE ESTERNO tramite il
processo di Traspirazione.

POTENZIALE IDRICO
Possiamo descrivere e individuare questa stato energetico dell’acqua nella pianta descrivendolo
tramite Potenziale Idrico Y che rappresenta l’energia libera associata all’acqua espressa con un
lavoro (è un movimento in J m-3)
E’ data dalla sommatoria di 3 singoli potenziali: Y W = Y P + Y S + Y g
Y P: POTENZIALE IDROSTATICO o la PRESSIONE DI TURGORE
Y S: è il POTENZIALE OSMOTICO, determinato appunto dalla concentrazione dei soluti. Maggiore
è la concentrazione dei soluti dentro una cellula, minore sarà il potenziale osmotico (sarà più
negativo e quindi ci saranno esigenze di richiamare acqua perché si è reso un valore ancor più
negativo rispetto l’esterno).

Y g: è il POTENZIALE GRAVITAZIONALE, che essendo di solito nelle colture arboree di distanze al


di sotto dei 5 metri, possiamo ignorare perché normalmente non arriviamo a lunghezze di xilema
dentro i fusti importanti.

Il potenziale idrico YW è di solito un valore negativo perché il riferimento è l’acqua pura a


temperatura ambiente che ha un potenziale idrico maggiore.
Quindi non facciamo altro che analizzare il Gradiente Di Potenziale Idrico che avviene nei diversi
segmenti che osserviamo: suolo; radici; flusso di linfa e foglie.
Queste differenze di potenziale idrico permettono il MOVIMENTO DELL’ACQUA IN RISALITA.
Per quanto riguarda questo movimento, è bene fare una premessa da attenzionare:
L’unità di misura viene espressa di solito in MegaPascal e corrisponde a 10 bar o 10 atmosfere.
Pertanto, andremo a vedere il DIFFERENZIALE DI POTENZIALE IDRICO dal suolo, alla radice, al
fusto, alla foglia verso l’atmosfera nel movimento di risalita dell’acqua.
Si può vedere come piante di specie differenti o anche di cultivar
differenti e/o anche con portinnesti differenti possono tollerare
valori di potenziale idrico molto bassi. A volte, troveremo specie e
varietà o cultivar che svolgono potenziali più negativi (più elevati)
rispetto ad altri.
Per esempio in questa immagine vediamo due piante dove in una
troviamo un potenziale di -1,8 MPa ed in un'altra un potenziale di
-3 MPa e irrighiamo il suolo con lo stesso volume d’acqua.
Succederà che quest’ultima ha una capacità di sopportare valori
più alti (più negativi) rispetto all’altra e quindi di lavorare bene
anche se viene raggiunto lo stesso volume di acqua dell’altra pianta.

GRADIENTI E MOVIMENTO DELL’ACQUA


Parliamo di gradiente ma in organi diversi:
_Nel Suolo si ha GRADIENTE DI PRESSIONE;
_Nella Radice si ha GRADIENTE DI POTENZIALE IDRICO;
_Nel caso in cui parliamo di Xilema e si ha GRADIENTE DI PRESSIONE;
_Se invece parliamo di Rapporto Foglie/Atmosfera parliamo di GRADIENTE DI CONCENTRAZIONE
di vapore d’acqua.
Questi gradienti permettono il movimento dell’acqua ma sono dovuti a fenomeni che possono
essere di natura fisica, fisiologica e determinati dalla concentrazione anche se a volte non è
importante la concentrazione in valore assoluto di un solvente/soluto o nel caso di quanta acqua
c’è nell’organo ma è il delta, la Differenza Di Potenziale tra organi che determina una maggiore
capacità di tensione e quindi attrazione di acqua dagli strati soprastanti rispetto a quelli
sottostanti. Più forte è la differenza, maggiore sarà la forza di attrazione dell’acqua .

ACQUA E TERRENO
Partendo dall’acqua nel terreno, vediamo che questa è influenzata da questi parametri fisici:
PERMEABILITÀ
IGROSCOPICITÀ
CAPILLARITÀ.
Questi 3 parametri determinano la presenza dell’acqua in maniera addossata alle particelle del
terreno in un rapporto che sarà differente in base alla TESSITURA DEL SUOLO (verrà trattenuta o
ceduta).
_Le particelle del TERRENO SABBIOSO avranno spazi grandi e la forza di capillarità e di
trattenimento dell’acqua sarà minore, infatti gran parte dell’acqua viene persa come acqua
gravitazionale perché l’acqua si muove più facilmente nei macropori e quindi si ha elevata
conduttività idraulica.
_Nei TERRENI ARGILLOSI la forza di aderenza dell’acqua alle particelle del terreno sarà
nettamente più forte perché si hanno piccoli canali tra le particelle e grande area di superficie e
ciò determina una maggiore forza di trattenimento, quindi bassa conduttività idraulica.
La CONDUTTIVITÀ è la capacità di movimento dell’acqua nel suolo, e diminuirà al diminuire del
potenziale idrico del suolo e fino ad un punto che è la CAPACITÀ DI CAMPO, ossia la capacità che
ha un suolo di trattenere l’acqua (quanta acqua viene trattenuta).
Il Potenziale Idrico Del Suolo è negativo ed ha valore prossimo allo zero (-0,1 MPa) ma può
diminuire di più (avere valore più negativo)

REGIME IDRICO DEL TERRENO


_Quando noi irrighiamo il terreno forniamo tutta l’acqua che può essere riempita dentro un
terreno, compresi gli spazi aerei (pori), e parliamo di CAPACITÀ IDRICA MASSIMA, ossia la
quantità massima di acqua che il terreno può contenere quando i pori sono tutti occupati
dall’acqua.
_Ma una volta che per gravità gli spazi aeriferi verranno liberati, parleremo di CAPACITÀ DI
CAMPO o CAPACITÀ IDRICA MINIMA che è la quantità di acqua che rimane quando tutta
l’ACQUA GRAVITAZIONALE viene a percolare in profondità e quindi rimane L’acqua Capillare e
L’acqua Igroscopica.
-L’ACQUA CAPILLARE, è quella che dev’esser vinta dai peli radicali per essere adsorbita
alle particelle radicali
-L’ACQUA IGROSCOPICA, è quella che viene trattenuta con una forza elevata che
difficilmente riesce la radice a sottrarre l’acqua dall’aderenza alle particelle del terreno.
Questa sarà maggiore nei terreni argillosi e più bassa nei terreni sabbiosi.
__Infine, avremmo un PUNTO PERMANENTE DI APPASSIMENTO. Questo è il valore del potenziale
idrico del suolo al quale le piante non possono recuperare la Pressione Di Turgore anche in
assenza di traspirazione. La forza del trattenimento dell’acqua del suolo, espressa in potenziale
idrico in Mpa, è talmente forte che la pianta non riesce a vincere quella forza igroscopica con cui
l’acqua viene trattenuta dal terreno. Superato quel potenziale la pianta non potrà sicuramente
andare avanti ed andrà a morire pur non traspirando perché le cellule non saranno capaci di
sottrarre l’acqua dal terreno.
Quindi, la quantità di ACQUA DISPONIBILE è quella compresa tra la Capacità Di Campo ed il
Coefficiente Di Appassimento. Le piante possono usare anche l’Acqua Gravitazionale ma di solito
viene considerata non utile, perché è temporanea perché la forza di gravità la fa discendere in
profondità e percola negli strati più profondi e quindi non è più a disposizione della pianta.
Quando si tratta di trattenuta di acqua dal terreno, vi sono due tipologie di potenziale, ossia il
potenziale osmotico e quello di pressione.
_Il POTENZIALE OSMOTICO YS che è quello generalmente basso, di solito parliamo di -0,01 MPa
ma nel caso in cui il potenziale osmotico è in terreni salini, questo diventa più negativo fino a
raggiungere valori di -0,02 MPa, perché aumentando concentrazione di sali, questo determinerà
una maggiore forza di trattenimento dal terreno.
_Per quanto riguarda il POTENZIALE DI PRESSIONE, l’acqua del suolo è sempre sotto tensione e
quindi la pressione è sempre negativa, non è mai positiva.

Di solito, infatti si parla POTENZIALE DI MATRICE YP , che è la forza di adesione dell’acqua alle
particelle terrose (prima abbiamo definito come igroscopia) con cui noi scriviamo il potenziale
matriciale.
La Matrice in questo caso è il terreno che può essere sabbioso o argilloso: in quello sabbioso il
potenziale di matrice sarà minore rispetto a quella argilloso, in cui la forza di adesione e di
tensione superficiale sarà maggiore.

ASSORBIMENTO RADICALE
Sostanzialmente ad essere particolarmente attivi ed efficienti nell’assorbimento radicale, sono i
cosiddetti Peli Radicali o Capillizi Radicali, che sono miliardi di estroflessioni di cellule
epidermiche radicali che aumentano in maniera notevole la superficie di contatto tra radice e
terreno e permettono sostanzialmente l’assorbimento dell’acqua e dei soluti.
Ovviamente, tra L’EPIDERMIDE e L’ENDODERMIDE (che è il tessuto impermeabile che circonda il
cilindro centrale della radice) l’acqua si muove tramite 3 canali, 3 vie:
_LA VIA APOPLASTICA non è altro che il movimento tra le pareti cellulari e quindi non entra
dentro la cellula, ma il movimento dell’acqua avviene negli spazi intercellulari e fra le pareti
cellulari delle singole cellule.
_La VIA TRANS MEMBRANA invece passa attraversa ogni cellula passando per tutte le membrane
cellulari, per poi uscire fuori per passare a tutte le altre cellule, quindi è particolarmente costosa e
trova diverse resistenze.
_La VIA SIMPLASTICA invece in cui l’acqua passa dentro i Plasmodesmi, passando da un
citoplasma all’altro di ogni singola cellula, è la via più rapida e veloce con cui l’acqua si muove
all’interno delle radici.

PERMEABILITA’ RAFICALE
L’Endodermide è caratterizzata da delle BANDE DEL CASPARY, ovvero delle strisce di cellule con
pareti impregnate da Suberina, ovvero una sostanza che è impermeabile e quindi fa da strato
barriera per il passaggio dell’acqua.
In questo caso l’acqua, tramite la via apoplastica o tramite via simplastica, passa nell’endoderma
che presenta delle strisce rosse che non sono altro che le Bande Del Caspary ricche di suberina
che impedisce la penetrazione dell’acqua. In questo caso, il passaggio deve essere effettuato con
un costo, e si ha che l’acqua forza a passare per via simplastica attraverso punti in cui si hanno
mancanze di continuità e che permettono la penetrazione dell’acqua.
È importante il ruolo svolto dalle ACQUAPORINE, trasduttori che regolano la permeabilità delle
radici all’acqua. Certe volte l’assorbimento dell’acqua diminuisce se sono sottoposte a basse
temperature oppure a condizioni di Anossia (cioè in condizioni di anaerobiosi che avviene in caso
di allagamento, che determina la presenza di inibitori della respirazione).
Le Acquaporine sono regolate dal ph del citoplasma che aumenta se le condizioni di respirazione
diminuiscono. Quindi in condizioni di anossia, la pianta riesce a superarla grazie alla presenza di
queste sostanze che sono sintetizzate dalla pianta stessa.

CONDUTTANZA IDRAULICA DELLA RADICE


Detto questo, se condideriamo la radice come un'unica membrana, possiamo anche determinare
la CONDUTTANZA IDRAULICA DELLA RADICE Lrad che è direttamente proporzionale alla Velocità
Di Flusso Di Assorbimento JV ed inversamente proporzionale alla Differenza Di Potenziale Idrico
DYW
Lrad= JV / DYW
Questa conduttanza non è sempre costante, infatti dipende da:
_Componenti Della Differenza Di Potenziale Idrico D YW ,
_dalle Caratteristiche Strutturali Della Radice
_dal Meccanismo Di Trasporto che è diverso a seconda che i flussi siano determinati da:
-Differenze Di Pressione (YP), che costituiscono dei flussi di carattere quasi passivo
-Differenze Di Concentrazione Di Soluti (YS), che non è altro che un flusso attivo.

PRESSIONE RADICALE
Oltre alla tensione vi è anche la cosiddetta PRESSIONE RADICALE, quindi quella Pressione (o
Potenziale) Idrostatica positiva nello xilema che avviene quando la radice assorbe gli ioni dal
terreno e li trasporta nello xilema.
Questi ioni passando dentro lo xilema determinano un abbassamento del potenziale osmotico e
quindi del potenziale idrico che comporta maggiore assorbimento di acqua perché si crea un
gradiente di potenziale tra lo xilema ed il suolo, determinando un aumento della pressione con
cui l’acqua subentra all’interno del tessuto radicale e quindi spinge questa pressione verso l’alto.
La pressione radicale causa il fenomeno di Guttazione (fuoriuscita di linfa xilematica dalle
estremità dei bordi fogliari), nelle zone più esterne, appunto a volte nei cosiddetti Idatodi e non è
altro che un fenomeno legato alla pressione con cui l’acqua e la linfa vengono trasportati (linfa
ricca di zuccheri) fino appunto alle parti più apicali e quindi alle foglie.
Possiamo vedere come tutte queste strutture, le osserviamo proprio la mattina perché vi è stata
tutta la pressione legata al fatto che gli stomi erano chiusi e quindi tutta l’attività di risalita
dell’acqua è legata a questo delta di potenziale idrico dovuto all’assorbimento degli ioni con cui
la pianta fa risalire appunto la linfa all’interno dello xilema.

ASSORBIMENTO DELL’ACQUA NELLE PIANTE


ARBOREE
Possiamo avere:
TRASPORTO ATTIVO: dovuto all’instaurarsi di un’elevata pressione radicale per l’abbassamento
del potenziale osmotico, questo tipo di suzione precede la ripresa vegetativa primaverile. A volte,
questo trasporto attivo della pianta può tramutarsi in un fenomeno del pianto che possiamo
osservare nell’actinidia, nella betulla e nella vite, questo pianto legato a questa pressione
radicale con cui la pianta non trattiene quella che è il flusso di risalita dell’acqua fuoriuscendo
dalle zone più esterne.
TRASPORTO PASSIVO: inizia quando le gemme sono già schiuse, questo meccanismo è legato alla
traspirazione e al conseguente effetto di suzione che si stabilisce all’interno del sistema
conduttore del legno.

TRASPORTO NELLO XILEMA


XILEMA
È una struttura specializzata per il trasporto di acqua con efficienza legata a due strutture:
Tracheidi ed Elementi Vasali, costituiti da cellule morte, prive di membrane e organuli.
_Le TRACHEIDI sono allungate e ricche di perforazioni e quindi punti di contatto in maniera da
interconnettere le diverse tracheidi. Sono particolarmente più allungate anche con un Lumen e
quindi con una dimensione intermediale più ridotta. Le tracheidi sono presenti sia in
angiosperme che in gimnosperme
La cosa importante di queste tracheidi è il fatto che hanno pareti secondarie lignificate in
cui vi è una capacità di sopportare tensioni negative particolarmente elevate perché
appunto il flusso di risalita per capillarità deve permettere a questi vasi conduttori, a queste
tracheidi, di poter garantire valori negativi anche molto bassi, molto negativi -8, -15 MPa.
_Gli ELEMENTI VASALI sono più corti e sono impilati l’uno all’altro per la continuità del vaso
conduttore. Gli elementi vasali si osservano nelle angiosperme esclusivamente

COME AVVIENE IL TRASPORTO


Di solito, i vasi xilematici sono delle vie in cui la resistenza è contenuta, dev’essere più facilitata la
transizione dell’acqua dagli strati sottostanti verso la a chioma.
La mancanza di membrana e la presenza di perforazioni laterali, consente il flusso in risposta a
gradienti di pressione. La risalita si realizza grazie a differenza di pressione.
La differenza di pressione può formarsi per pressione positiva alla base, che però è molto ridotta,
ma invece quella che determina questa suzione e questa forza di attrazione dell’acqua tramite la
respirazione è la pressione negativa all’apice e quindi alla tensione negativa determinata dalla
traspirazione.
Quindi, questa pressione radicale non è sufficiente, di solito raggiunge 0,3 MPa e quindi molto
ridotta, quello che determina elevata capacità di suzione (flusso nello xilema) è la tensione
prodotta dalla traspirazione e viene chiamata la TEORIA DELLA COESIONE-TENSIONE con cui i
vasi xilematici o conduttori fanno transitare l’acqua all’interno delle tracheidi o dei vasi.
In seguito all’evaporazione dell’acqua, sulla superficie delle pareti cellulari si sviluppa una
pressione negativa (una forte tensione) che permette il flusso dallo xilema alle foglie.
Tale flusso è legato a quelle che sono le proprietà
chimiche di coesione dell’acqua, grazie alle quali si
vengono a formare dei menischi di acqua sulle pareti
delle tracheidi.
A seconda della dimensione del RAGGIO DI
CURVATURA DEI MENISCHI nelle tracheidi, possono
essere più piccoli o più grandi, si regola la velocità di
risalita della linfa grezza, perché viene influenzata la
pressione idrostatica all’interno delle tracheidi. Minore
è il raggio di curvatura e minore sarà la pressione
idrostatica al loro interno (più negativa).
Quindi maggiore è il raggio di curvatura e maggiore è
la velocità di risalita dell’acqua.

CAVITAZIONE
A volte, con la tensione dell’acqua, l’aria può tendere ad entrare dai micropori delle pareti e
formare le bolle d’aria che interrompono il flusso. Queste bolle nel caso in cui, si innescano e si
inseriscono all’interno di questi pori vengono a creare i fenomeni di CAVITAZIONE.
L’acqua di risalita non è acqua pura ma presenta dei gas disciolti.
Con una maggiore tensione questi gas disciolti tendono a passare nella fase di vapore e si
formano queste bolle di aria che si espandono fino a creare canali di mancata funzionalità. Si
ovvia a quest’ostruzione grazie al passaggio dell’acqua nelle tracheidi laterali a quella ostruita e
quindi viene in ogni caso permesso il trasporto tramite le tracheidi verso le zone più alte.
Per quanto riguarda questo aspetto, dobbiamo dire una cosa: questi possono essere fenomeni
transienti che si possono realizzare durante l’annata ma poi con il rinnovamento dello xilema con
l’attività meristematica nel periodo primaverile, ovviamente, queste zone di mancata funzionalità
verranno sostituite dalle nuove tracheidi dello xilema che permette di ovviare a questi punti di
cavitazione e mancata di funzionalità dell’acqua di risalita che si vengono ad utilizzare.
Di notte, quando la traspirazione è bassa, diminuisce la tensione dello xilema ed i gas si
disciolgono nuovamente nell’acqua perché la tensione si riduce notevolmente. In questo caso
possiamo vedere che questi fenomeni di cavitazione possono essere temporanei e quindi i gas
nuovamente che si disciolgono nell’acqua ridanno funzionalità alle tracheidi.

TEORIA DELLA COESIONE-TENSIONE


Quindi ricapitolando possiamo dire che:
 L’acqua dentro le piante forma una colonna di liquido continua dalle radici alle foglie che
permette un trasferimento istantaneo delle variazioni di pressione.
 La forza motrice per il movimento dell’acqua è la tensione che si sviluppa a livello della superficie
di evaporazione.
 Il raggio dei menischi ricurvi che si realizzano all’interno del tessuto lacunoso delle foglie, è di
solito talmente piccolo da poter supportare colonne di acqua anche molto ampie, addirittura
120m.
Quindi il raggio di curvatura può avere dimensioni molto ridotte o più ampie ed in funzione
dell’ampiezza del raggio di curvatura che si forma tra l’acqua, che si trova allo stato liquido o nella
fase di evaporazione si possono realizzare potenziali di pressione più negativi.
 L’evaporazione determina un Gradiente Di Pressione o Tensione lungo la via di traspirazione e
permette quindi il flusso di acqua dal suolo fino alle foglie, cioè alla superficie di traspirazione.
 L’acqua nello xilema è in uno stato metastabile e può dar luogo al fenomeno della Cavitazione.

TRASPIRAZIONE
Passando alla TRASPIRAZIONE, possiamo dire che ovviamente non è altro che quel passaggio
tramite cui l’acqua lascia le foglie sottoforma di vapore acqueo e si muove attraverso 3 punti:
__Nello spazio aerifero dentro le foglie e quindi tramite i raggi di curvatura delle cellule. L’acqua
può passare dallo stato liquido, uscendo fuori dallo xilema e passando tramite i plasmodesmi e le
pareti cellulari esterne alle cellule, allo stato di vapore acqueo nella cosiddetta Camera
Sottostomatica.
__Il secondo invece è la rima stomatica. Per rima intendiamo l’apertura stomatica. Unico
processo fisiologico regolabile dalla pianta.
_Il terzo punto invece in cui l’acqua passa sottoforma di vapore acqueo in atmosfera, non è altro
che lo strato di aria immobile esterno alla superficie fogliare. Il cosiddetto STRATO DI
INTERPUNTO della foglia.
Questo movimento avviene per un processo fisico di DIFFUSIONE ed in base a quello che è il
cosiddetto DEFICIT DI PRESSIONE DI VAPORE ACQUEO (o Gradiente di Concentrazione di Vapore
Acqueo) tra aria e foglie.
VPD= -[CWV(aria) – CWV(foglia)]
Tanto maggiore è la differenza tra la concentrazione dell’acqua nell’aria e la concentrazione del
vapore d’acqueo delle foglie, tanto maggiore sarà il passaggio dell’acqua dalle foglie verso
l’atmosfera. Cioè tanto più secca è l’aria, tanto maggiore sarà il delta, differenziale di vapore
acqueo tra aria e foglia e tanto maggiore sarà questo passaggio di stato dalla foglia verso all’aria,
questo viene chiamato infatti DEFICIT DI PRESSIONE DI VAPORE ACQUEO.
Tanto più negativo è il vpd, tanto maggiore è la richiesta evapotraspirativa dell’atmosfera e
viceversa tanto maggiore è il vpd, tanto maggiore è la forza di attrazione dell’acqua presente
nella foglia verso l’atmosfera. Questo dipende da tante variabili, in primis la temperatura dell’aria
e l’umidità relativa dell’aria.

VELOCITA’ DI DIFFUSIONE DEL VAPORE ACQUEO NELL’ARIA


La velocità di diffusione del vapore acqueo nell’aria (o tempo di diffusione) dipende da alcune
variabili.
 Il QUADRATO DI DISTANZA IN METRI (e quindi d2), è la distanza tra la superficie interna della
foglia e l’aria esterna. Ovviamente è una distanza molto piccola, molto riotta e per convenzione
individuiamo pari a 1 millimetro.
 Il COEFFICIENTE DI DIFFUSIONE, invece, non è altro che
quello dell’acqua e quindi il coefficiente di diffusione
dell’acqua è 2,4 x 10-5 m2 s-1. Significa che facendo questa
formula, la velocità di diffusione dell’acqua dallo strato delle foglie verso l’atmosfera, sottoforma
di vapore acqueo, è di 0,042 secondi, cioè significa un battito di ciglia.
Quindi, la diffusione è un meccanismo così rapido che sicuramente fa comprendere perché si
perdono, o si cedono, volumi di acqua, litri di acqua in maniera molto rapida tra la foglia e
l’atmosfera, perché la velocità di diffusione ed il tempo di diffusione dell’acqua è rapidissimo e
quindi diversi litri di acqua per ciascuna pianta vengono persi durante tutto il ciclo del
metabolismo, dello stato biologico di crescita della pianta per singolo anno.

COME MISURARE LE CONCENTRAZIONI


La CONCENTRAZIONE DI VAPORE ACQUEO NELL’ARIA CWV(aria) si misura con facilità: possiamo
sapere facilmente qual è misurando con le Capannine Meteorologiche o altri strumenti che ci
danno l’umidità dell’aria;
Per quanto riguarda invece la CONCENTRAZIONE DEL VAPORE ACQUEO NELLA FOGLIA, questo
valore può essere stimato assumendo che vi è un equilibrio tra il potenziale idrico della foglia e le
superfici cellulari dalle quali l’acqua evapora.
_Per calcolare questo valore, si deve conoscere il potenziale idrico della foglia e la temperatura
della foglia e pertanto si applica la formula per calcolare il potenziale idrico dell’aria.
Sostanzialmente basta misurare con una camera a pressione di Scholander il potenziale
idrico della foglia.

POTENZIALE IDRICO DELL’ARIA


Per quanto riguarda il POTENZIALE IDRICO DELL’ARIA ALL’INTERNO DELLA FOGLIA, dev’essere
calcolato in maniera più attenta perché di solito si realizza tramite questa formula:

 R non è altro che la costante del gas e quindi è un valore già determinato che è dato dalla
costante;
 T è la temperatura dell’aria in gradi kelvin ed anche questo si deve sapere il valore della
temperatura;
 VW, il volume molare parziale dell’acqua liquida e quindi dobbiamo sapere quanta acqua è
presente nell’unità di volume dell’aria;
 ln(Rh), che è l’umidità relativa, che non è l’umidità dell’aria ma è un valore che può andare ad 0 a
1, e da cui si ricava la Concentrazione Del Vapore Acqueo CWV.

Quindi l’applicazione di queste formule, ci permette di calcolare la concentrazione di vapore


acqueo negli spazi della foglia e quindi sapere il potenziale che si determina.
Ovviamente l’aumento della temperatura fa aumentare fortemente la quantità di vapore acqueo
che l’aria può trattenere, cioè ad ogni valore superiore di temperatura, il passaggio dello stato di
transizione dell’acqua da vapore acqueo verso l’atmosfera determina un accumulo di vapore
acqueo maggiore nell’atmosfera e quindi a temperature più calde, maggiore sarà la quantità di
vapore acqueo nell’atmosfera.
L’aumento della temperatura determina che l’umidità relativa crolla e la traspirazione aumenta
per ristabilire l’equilibrio tra il potenziale delle cellule del mesofillo ed il potenziale dell’aria
interna della foglia: si crea un vero e proprio Gradiente Di Potenziale tra il mesofillo, le foglie e
l’aria intercellulare della cavità sottostomatica, che permette una fuoriuscita dell’acqua dallo
xilema e dalle cellule del mesofillo verso la camera sottostomatica. Dalla camera sottostomatica
poi uscirà tramite gli stomi e lo strato limite della pagina fogliare verso l’atmosfera.
Qui, ad esempio, vediamo diversi valori di umidità
relativa decrescente che si possono trovare
nell’aria, negli spazi aeriferi dell’aria, negli spazi
aeriferi interni, nelle prossimità interne ed
esterne della rima stomatica, vediamo come la
concentrazione di vapore acqueo va diminuendo
in direzione dall’interno verso l’esterno ed i
potenziali diventano sempre più negativi.
Per cui il POTENZIALE IDRICO DELL’ARIA è la forza con cui viene estratto ed attirato il vapore
acqueo dall’interno della foglia verso l’esterno, verso l’atmosfera. Pertanto, noi possiamo
misurare tramite le nostre apparecchiature, questo valore che è la TRASPIRAZIONE.

RESISTENZE ALLA TRASPIRAZIONE


Proprietà della traspirazione è la velocità con cui essa avviene. Questa VELOCITÀ DI
TRASPIRAZIONE viene solitamente indicato con il termine E e si misura in mol m-2 s-1.
La velocità di traspirazione è direttamente proporzionale al VPD (o Gradiente di Concentrazione
di Vapore Acqueo tra foglia e aria) ed inversamente proporzionale alla Resistenza Alla Diffusione
dell’acqua attraverso l’apertura stomatica e alla Resistenza determinata dallo stato limite
fogliare.
C’è una quota molto ridotta del 5% con cui la traspirazione avviene tramite la Cuticola della
pagina inferiore ma essendo molto ridotta è trascurabile e quindi non viene presa in
considerazione.
Abbiamo visto quindi che nella cavità sottostomatica abbiamo 3 punti di cessione
dell’acqua sottoforma di vapore acqueo:
Dalle cellule verso lo stato della camera sottostomatica,
Dalla resistenza che incontra invece l’acqua nell’apertura delle rime stomatiche
Resistenza che incontra nel passaggio dallo strato limite, dell’umidità in prossimità
della foglia, verso l’atmosfera.
RESISTENZA DELLO STRATO LIMITE
La resistenza dello stato limite è proporzionale al suo spessore, cioè tanto più spesso è lo strato
limite, tanto maggiore sarà la resistenza del passaggio dallo stato liquido a quello gassoso
dell’acqua in prossimità dell’atmosfera.
Però lo spessore è funzione del vento. Perciò più vento c’è, minore sarà lo spessore dello strato
limite perché il vento sposta via l’umidità in prossimità della foglia rendendo più secco lo strato
limite e quindi la resistenza si abbasserà, la conduttanza aumenterà.
__Quindi quando l’aria intorno alla pianta è ferma, la resistenza è molto forte e l’ampiezza
dell’apertura stomatica incide poco. In effetti però questa condizione di aria ferma, a volte da noi
in estate, può avvenire ma c’è sempre un minimo di brezza che permette il movimento dello
strato limite e quindi la fuoriuscita dell’acqua nelle zone esterne.
__Quando c’è vento, lo spessore dello strato limite è ridotto al minimo e la componente maggiore
della resistenza invece diventa solo quella stomatica, quindi quella resistenza dello strato limite è
quella rilevante, se c’è vento la resistenza più rilevante diventa quella stomatica. Quando il vento è
forte, da un lato aumenta la traspirazione ma di contro contribuisce ad abbassare la
temperature delle foglie e quindi diminuisce i valori di concentrazione di vapore acqueo della
foglia.
Inoltre, la foglia presenta strutture morfologiche di difesa dal vento. I TRICOMI, quindi i peli che
si trovano in prossimità delle rime stomatiche, sono dei frangiventi che rallentano l’azione
dell’aria e quindi impedisce la perdita di acqua per traspirazione. Questo avviene nelle piante
grasse o anche nell’ulivo. Un’altra struttura morfologica non è altro che quella CAMERA
SOTTOSTOMATICA. particolarmente infossata all’interno della foglia per aumentare la resistenza
alla cessione di acqua dalla camera sottostomatica verso l’atmosfera tramite lo strato limite.

CONTROLLO DEGLI STOMI


Per quanto riguarda il controllo degli stomi, questo viene effettuato attraverso 2 funzioni degli
stomi:

 Gestire le perdite di acqua per traspirazione


 Favorire quanto più è possibile l’assorbimento di CO2 per i processi di fotosintesi, essendo punti
di ingresso dell’anidride carbonica.
Questo gradiente di concentrazione per l’assorbimento della CO2 è molto più piccolo del
gradiente di concentrazione che porta alla perdita di acqua.
Questo bilanciamento delle esigenze viene espresso come RAPPORTO DI TRASPIRAZIONE che non
è altro che le moli di acqua traspirata / le moli di CO2 fissata.
Questo rapporto può raggiungere valori molto alti nel caso in cui abbiamo piante che hanno una
grande capacità di traspirazione come le C3 (C4 e CAM hanno valori più bassi);
Riducendo la rima stomatica, chiudendo leggermente gli stomi, le moli di CO2 in ingresso sono
più o meno le stesse ma si riducono le moli di acqua traspirata. Questo rapporto di traspirazione
si riduce fortemente nelle piante C4 che resistono a temperature elevate e hanno un valore di
250, mentre nelle piante CAM questo rapporto arriva a valori più bassi perché in questo caso le
piante CAM durante il giorno stanno chiusi gli stomi ed aprono durante la notte per assorbire CO2
e quindi quel poco di acqua che cedono, lo cedono nelle poche ore in cui stanno aperti con rime
particolarmente socchiuse di acqua.

CELLULE DI GUARDIA
Lo stoma è costituito da CELLULE DI GUARDIA visibili con la forma a manubrio e sono due, e sono
responsbili dell’apertura della rima stomatica tramite cui vi sono tutti gli scambi gassosi che
abbiamo visto.
Abbiamo detto che la traspirazione dipende da diversi parametri fisici e l’unico parametro o
processo governabile della pianta è la resistenza stomatica, che viene attuata dalle cellule di
guardia. La foglia riesce a decidere fisiologicamente di aprire e chiudere gli stomi, e quindi
imporre una resistenza stomatica oppure avvantaggiare le condizioni di irrigazione o di elevata
disponibilità idrica la conduttanza stomatica e questo lo fa tramite la gestione delle cellule di
guardia.
Queste cellule di guardia sono caratterizzate da una particolare struttura della parete che
presenta inspessimenti differenziali.
_Abbiamo pareti esterne e interne molto inspessite,
_Delle pareti dorsali con una serie di microfibrille a contatto con le cellule epidermiche sottili
_Le pareti ventrali che sono mediamente inspessite.
Questa organizzazione di queste microfibrille di cellulosa che hanno questa disposizione radiale,
permette la curvatura della rima delle cellule di guardia, permette una differente elasticità e
quindi attività di gestione delle aperture e chiusura delle cellule di guardia. Quindi sono delle vere
e proprie valvole idrauliche, che abbiamo visto rispondono a diversi stimoli:

 INTENSITÀ E SPETTRO DELLA LUCE: le foglie all’alba riescono ad aprire leggermente gli stomi, per
qualità della luce blu, ultravioletta o radiazione blu che sono ad altissima lunghezza d’onda e
permettono l’apertura stomatica, e tanto più diventa la quantità di luce, dalle ore mattutine a
mezzogiorno, tanto maggiore sarà la capacità di apertura delle cellule di guardia.
 TEMPERATURA: con temperature molto alte o basse, cercano di evitare la cessione di acqua. Nel
primo caso, con temperature molto alte per evitare stress idrico e quindi fenomeni di
appassimento, nel secondo caso con temperature molto basse l’acqua permette di evitare che si
formino eccessive concentrazioni di soluti che premettono la formazione di cristalli all’interno
delle cellule, danneggiando le cellule stesse. Più acqua, più turgore cellulare avranno le foglie e
quindi per questo chiudendo gli stomi, minore sarà la presenza di cristalli che possono
danneggiare le pareti cellulari o i plasmalemmi che si trovano in prossimità delle cellule.
 UMIDITÀ RELATIVA: quindi alla differenza di potenziale idrico, abbiamo una differente cessione di
acqua dall’interno verso l’esterno.
 CONCENTRAZIONE INTRACELLULARE DELLA CO2: perché in ingresso la CO2 dev’essere utilizzata dal
fotosistema per poter incamerare quanta + CO2 presente nell’atmosfera esterna e quindi tanto
maggiore è la quantità di CO2 che viene assorbita dal fotosistema 2 e quindi diminuita nello spazio
intracellulare, tanto maggiore sarà la richiesta di CO2 dall’atmosfera verso lo spazio
sottostomatico.
 STATO IDRICO DELLA PIANTA: tanto più è irrigata la pianta, tanto meno le cellule di guardia
tenderanno a chiudere.

Di solito, le cellule di guardia gestiscono l’apertura e chiusura degli stomi, tramite l’assorbimento
ionico di ioni potassio. Questi ioni potassio vengono assorbiti dalle cellule di guardia quando
aumenta la concentrazione di soluti, diminuisce il potenziale idrico per effetto della componente
del potenziale osmotico e questo determina un richiamo di acqua nelle cellule di guardia che
aumentano la pressione di turgore. Aumentando il volume delle cellule di guardia, le cellule
deformano e vi è l’apertura degli stomi.

ALTRI FATTORI COINVOLTI NELLA TRASPIRAZIONE


_La traspirazione della foglia può essere differente in funzione dell’età della foglia, più la foglia è
adulta e maggiore sarà la capacità di gestire la traspirazione fogliare e quindi le foglie più giovani
traspirano molto, le foglie più adulte traspirano in maniera più ridotta.
_La velocità del vento aumenta la traspirazione specifica proprio perché influenza quelli che sono i
processi legati allo spostamento dello strato limite in prossimità della superficie fogliare.
_La traspirazione fogliare in piante caducifoglie e sempreverdi: possiamo vedere che le
sempreverdi, hanno nel periodo estivo una traspirazione + elevata e nel periodo invernale una
minore traspirazione legata alla minore richiesta evapotraspirativa dell’ambiente, traspirano
tutto l’anno a seconda della domanda evapotraspriaiva dell’ambiente;
invece una pianta caducifoglie (pesco, melo, ciliegio, albicocco) avrà intensità di traspirazione
nettamente + alta nel periodo estivo rispetto alle piante sempreverdi ed a ottobre novembre alla
caduta delle foglie, la traspirazione si azzera perché la pianta non cede + acqua, tramite le foglie
non sono più presenti sulla pianta.
Questa traspirazione, che è la cessione dell’acqua, dalle foglie verso l’atmosfera, è
direttamente correlata all’apertura degli stomi che consente l’accesso della CO2 e siccome
le piante caducifoglie hanno intensità fotosintetiche + elevate, queste devono avere
un’apertura stomatica maggiore perché devono lavorare di più delle sempreverdi, perché
devono in 6 mesi, lavorare quanto fanno le piante sempreverdi in 11 mesi. Hanno intensità
fotosintetiche più alte, tendono ad avere gli stomi aperti in maniera molto più rilevante e
quindi cedono più acqua all’atmosfera nel momento in cui le piante caducifoglie sono con
le foglie.

RICAPITOLIAMO
_Quindi ricapitolando, qui vediamo tutto il TRASPORTO DELL’ACQUA, dalle radici e tramite il fusto
allo xilema, fino alle foglie in una pianta arborea, in cui abbiamo nel suolo e nello xilema un flusso
di massa legato al GRADIENTE DI PRESSIONE.
_Inoltre, abbiamo il passaggio anche attraverso le membrane, in questo caso è un GRADIENTE DI
POTENZIALE IDRICO legato alla COMPONENTE OSMOTICA, cioè alla concentrazione dei soluti
come ioni presenti nel terreno che vengono adsorbiti da parte dei peli radicali verso la radice e
che quindi vengono richiamati dal suolo. In questo caso questa differente concentrazione di
potenziale, richiama per capillarità ancora una volta, l’acqua presente negli strati del suolo che si
impoveriscono gli ioni, e quindi aumenta la capacità di assorbire dell’acqua negli strati più vicini.
_Infine, abbiamo la fase di vapore, la cessione di acqua per traspirazione all’esterno tramite le
foglie, e questo è un PROCESSO DI DIFFUSIONE, processo fisico, in cui la regolazione fisiologica è
effettuata esclusivamente tramite gli ioni potassio delle cellule di guardia, tramite l’apertura e la
chiusura degli stomi. Quindi tutto il resto non è altro che un processo diffusivo del vapore acqueo
dallo xilema alla foglia verso l’atmosfera.
Quindi possiamo vedere dalla radice fino all’atmosfera, i differenti potenziali idrici che si possono
misurare e con la scomposizione per singolo componente del potenziale idrico: il potenziale di
turgore, il potenziale osmotico e il potenziale gravitazionale che è praticamente 0 fino a 5 m e
poi aumenta leggermente negli strati più elevati.
Il potenziale di pressione appunto è quello che permette la diffusione per flusso di massa del
vapore acqueo, mentre il potenziale osmotico è quello che determina i passaggi soprattutto nelle
cellule radicali, con il passaggio delle sostanze ioniche che passano all’interno dei vacuoli delle
cellule radicali.

ADATTAMENTO A STRESS IDRICO


L’adattamento dello stress idrico nel breve e nel lungo periodo delle piante arboree è molto
importante perché se dobbiamo parlare di produzione di qualità, anche con la gestione di uno
stress idrico controllato, si può valutare l’opportunità di impostare alcune colture con un supporto
irriguo che riesce a migliorare notevolmente le caratteristiche qualitative
Aspetto importante in ambienti in elevata richiesta evapotraspirativa, in cui le diverse colture
necessitano un supporto irriguo, anche con irrigazione di soccorso, o l’utilizzo di colture seccagna
che siano capaci di adattarsi anche a lunghi periodi di siccità, come possono avvenire da noi per
diversi mesi.
Sono 2 i meccanismi con cui la pianta può cercare di evitare un eccessivo deficit idrico. Aumentare
il prelievo dell’acqua da parte della radice e/o diminuire la cessione di acqua all’atmosfera
tramite la chiusura degli stomi.
AUMENTO DEL PRELIEVO DI ACQUA
Il meccanismo con cui la pianta riesce ad aumentare la capacità di suzione e di assorbimento di
acqua e vincere i potenziali matriciali, con cui l’acqua viene trattenuta a livello del suolo, è quello
di usare i meccanismi di regolazione osmotica, detti anche aggiustamenti osmotici.
Spesso avvengono in quegli ambienti che sono:
_PARTICOLARMENTE ARIDI
_I SUOLI SALINI che, pur avendo una certa dotazione di acqua, hanno una qualità dell’acqua con
una forte concentrazione di soluti che rende complessa la capacità di regolare i potenziali osmotici
ed idrici della pianta per poter riuscire a vincere le forze con cui quest’acqua viene trattenuta dal
terreno.
_Altri aspetti che riguardano una SICCITÀ FISIOLOGICA, e non reale, nel senso che l’acqua può
esserci ma la pianta non riesce ad assorbirla, nel momento in cui ci troviamo in alcune condizioni
ambientali sfavorevoli da parte della pianta per l’assorbimento dell’acqua, quali:
 Anossia: l’assenza di ossigeno nel terreno spesso legato a forti allagamenti che
rendono il terreno ricco di acqua (Capacità Idrica Massima) spesso frequente e che
impedisce al terreno di poter avere una buona quota della cosiddetta acqua
gravitazionale che viene a percolare. In questo caso, con gli aggiustamenti
osmotici, la pianta riesce ad ovviare a questo problema.
 Freddo intenso: freddo vicino alle temperature di 0°C e quindi freddo che può
compromettere anche i tessuti, basta pensare alla membrana plasmatica delle
cellule che nel caso in cui il freddo sia intenso, può essere compromessa dalla
formazione di cristalli col passaggio dell’acqua dallo stato liquido allo stato solido,
cristalli che vengono a creare dei veri e propri danni nella membrana plasmatica,
compromettendo la pressione di turgore della cellula e quindi determinando una
forte fuoriuscita di acqua presente dentro la cellula, quindi di morte della cellula.
Spesso gli organi più ricchi di acqua, come le foglie, sono soggetti maggiormente a
questo tipo di danno.
DIMINUIRE LE PERDITE DI ACQUA
Abbiamo visto come la strategia del meccanismo della pompa protonica e della chiusura/apertura
degli stomi in funzione alle condizioni dello strato idrico della pianta, è il meccanismo fisiologico
con cui la pianta riesce a gestire un periodo più o meno prolungato di stress idrico.

OSMOREGOLAZIONE (aggiustamento osmotico)


In casi estremi, la pianta rischia di perdere acqua in favore del terreno che, essendo fortemente
salino, determina un flusso d’acqua da concentrazioni più basse (presente dentro i tessuti
radicali) a concentrazioni più alte (suolo).
Questa regolazione del potenziale osmotico viene effettuata tramite la sintesi di OSMOLITI. Questi
osmoliti sono dei metaboliti che sono compatibili però con le singole attività delle cellule.
1) Essi hanno il vantaggio di non destabilizzare lo strato di idratazione delle proteine e delle
membrane (solvatazione) e lo proteggono dall’azione denaturante di ioni organici rendendo il
meccanismo dentro la cellula stabile e quindi non compromettendo la continuità funzionale della
cellula.
2) Inoltre, questi osmoliti vengono prodotti anche in condizioni da stress da freddo, o da alte
temperature
3) Sostanzialmente il meccanismo con cui la pianta riesce a gestire lo stress idrico è il fatto che
tutti questi metaboliti possono essere accumulati all’interno del citoplasma o del vacuolo creando
dei differenziali e quindi gradienti di pressione osmotica e di pressione di turgore che possono
favorire l’ingresso dell’acqua e non la cessione di acqua.
4) Vengono prodotti e metabolizzati in maniera molto rapida e metabolizzati da parte della
pianta in maniera rapida.
Questi metaboliti sono:
 Zuccheri come il saccarosio che è il tipico zucchero che viene sintetizzato.
 Polialcoli (come il sorbitolo nelle Rosaceae, il mannitolo nell’Olivo insieme al
glicerolo vengono sintetizzati in momenti di stress idrico).
 Amminoacidi, in particolar modo sia la prolina che il glutammato (anche la
glicinbetaina) che sono 2 amminoacidi che vengono spesso misurati in alcuni organi
come le foglie, per capire il grado di stress di una pianta e quindi a livello
sperimentale rendersi conto di quali trattamenti, modalità di gestione della pianta
e quindi permettono di valutare fino a che stadio di stress idrico possiamo spostarci
in funzione di questi contenuti, siano essi zuccheri, polialcoli o amminoacidi.
 Dmsp (dimetil-solfonio -propionato), che è un composto solforico terziario.
L’aggiustamento osmotico favorisce il passaggio dall’apoplasto al simplasto e quindi l’acqua non
passa più tra le pareti cellulari, ma passa proprio all’interno del citoplasma ed il movimento dei
diversi ioni e di questi composti consente un movimento dell’acqua insieme ai singoli composti.
Osserviamo due casi in water deficit con valori di
potenziale idrico del terreno di -1,2 MPa: una pianta in
cui viene effettuato la osmoregolazione (aggiustamento
osmotico) e un’altra no.
Nel primo caso osserviamo che l’acqua entra dentro la
cellula e ha anche tutti quanti i soluti e vengono
sintetizzati degli osmoliti che vengono poi traslocati
all’interno o del citoplasma o addirittura del vacuolo.
Avviene che aumenta la pressione di turgore, ma
diminuisce il potenziale osmotico, perché tutta la
concentrazione di questi osmoliti viene spostata dentro
il vacuolo e quindi la concentrazione nel citoplasma
diminuisce (quindi il potenziale diminuisce). Ciò
favorisce un aumento dell’acqua in entrata per
gradiente da un punto più concentrato ad un punto
meno concentrato che è il citoplasma.
Il processo che avviene nelle cellule che non sono
capaci di avere questa osmoregolazione, è l’opposto:
l’acqua viene ceduta dal vacuolo nel citoplasma e poi
all’esterno perché non riescono a creare questo gradiente di potenziale osmotico e quindi la
membrana plasmatica poi avrà una minore pressione di turgore e quindi le singole cellule si
restringono e possono addirittura disseccare e quindi necrotizzare e morire perché la funzionalità
della cellula viene compromessa dalla perdita di acqua e dall’aumento di concentrazione dei
soluti che si vengono a determinare e creare un danno a livello della membrana plasmatica.

STRESS IDRICI DELLE PIANTE ARBOREE DA FRUTTO


In questi casi possiamo parlare di 2 capacità di adattamento e di resistenza a questo stress.
RESISTENZA DI TIPO ECOLOGICO: la capacità di adattarsi allo stress idrico è quella di riuscire a
sopravvivere ad uno stress idrico più o meno intenso.
RESISTENZA DI TIPO AGRONOMICO: fa riferimento alla capacità di resistere non solo allo stress
idrico, ma soprattutto di avere produzioni soddisfacenti sia qualitativamente che
quantitativamente con limitate risorse idriche e quindi sopportare lo stress riuscendo a garantire
una produzione che sia soddisfacente. Significa che la pianta deve avere una maggiore WUE.
Innanzitutto, già per avere un quadro tra le diverse specie che siano più o meno tolleranti alla
carenza idrica
_Di ELEVATA TOLLERANZA allo stress idrico abbiamo l’ulivo, il fico, il fico d’indio, il mandorlo, la
vite, il melograno ed il nespolo…
_Di MODERATA TOLLERANZA abbiamo il melo, pero, albicocco, agrumi e pesco
_Di SCARSA TOLLERANZA abbiamo il kiwi, la vite da tavola ed il limone.
--Per uva da tavola si hanno grappoli ben turgidi e con una forma del grappolo
particolarmente ricca di acini e con una forma che è particolare in funzione della varietà.
In uva da vino, gli acini sono abbastanza piccoli, non sono delle dimensioni dell’uva da
tavola, il contenuto zuccherino assume una rilevanza più importante perché è quello che
determina gli aspetti che sono il contenuto di alcol nel vino ma anche il contenuto in
polifenoli, gli antociani e i tannini che vengono regolati dal rapporto acqua-elementi,
tanto più elevata l’acqua è nell’uva da vino, tanto più annacquati e quindi con minor
concentrazione saranno tutti questi elementi che sono aspetti di estrema qualità.
--Se noi pensiamo all’evoluzione dell’olivicoltura negli ultimi 60-80 anni, spesso
l’olivicoltura era gestita con gestione dell’acqua con seccagno al limite delle irrigazioni di
L’olivo  è sempre stata considerata una pianta fortemente alternante, e tramite
l’irrigazione e la fertirrigazione ben gestite, si è visto come l’alternanza di produzione
particolarmente pronunciata che si osservava alcuni anni fa, oggi è molto più limitata. E di
questo ne hanno beneficiato molto le olive da olio perché addirittura alcune tipologie di
stress idrico controllato (tramite irrigazioni e fertirrigazione ben gestite), migliorano gli
aspetti legati al contenuto in polifenoli dell’oliva e quindi poi dell’olio; in colorazione;
piccantezza ed alcuni aspetti organolettici.  
Il portinnesto nella tolleranza idrica ha una rilevanza fondamentale perché la capacità da parte
della pianta di sopportare, di interagire con il suolo viene effettuato dalla radice del portinnesto.
Soprattutto, in alcune di queste colture, il portinnesto contribuisce non solo appunto per la
capacità di sopportare forti potenziali idrici negativi del suolo, ma anche poi è dato dalla
continuità dei tessuti vascolari tra portinnesto e varietà: ci sono alcune specie che hanno una
bassa compatibilità tra nesto e portinnesto ed altri ne hanno una maggiore compatibilità e
questo si tramuta in una maggiore o minore traslocazione dei prodotti in via acropeta o via
basipeta e quindi si ha:
- Dove c’è una maggiore compatibilità tra i tessuti del portinnesto e del nesto vi è una
maggiore capacità di sostentamento idrico della pianta.
- Dove c’è una minore compatibilità i vasi sono più piccoli, non tutti sono collegati e quindi
una minore capacità di sostentamento idrico della pianta.

ADATTAMENTI MORFO-ANATOMICI IN CONDIZIONE DI CARENZA


IDRICA
Sicuramente, cercare di contenere le perdite di acqua tramite:
 Ispessimento della cuticola fogliare: (esempio foglio di olivo) la vite o il kiwi stesso
hanno margini fogliari particolarmente ampi con una cuticola particolarmente
sottile;
 Minor dimensione delle cellule dell’epidermide e del mesofillo;
 Aumento della densità cellulare;
 Minore dimensione degli stomi: stomi più piccoli riescono ad avere camere
sottostomatiche più ridotte e quindi hanno una maggiore capacità di mantenere
l’acqua e di cedere vapore acqueo all’atmosfera;
 Presenza di tricomi: quindi di peletti che riducono l’attività del vento nello spostare
lo strato limite dell’umidità vicino la pagina della foglia e quindi contenere quelle
che possono essere le perdite evapotraspirative;
 Aumento della rigidità delle pareti cellulari: ispessimenti delle pareti cellulari che
contengono i processi di perdita di acqua e di pressione di turgore negativa che
abbiamo visto prima.
 Suberificazione delle cellule dell’esoderma e dell’endoderma della radice: è un
processo che cerca di ridurre la perdita all’esterno delle cellule di acqua e quindi di
contenere quanto più possibile, di rendere queste cellule quanto più possibile
capaci di trattenere l’acqua.
 Dimensione delle singole foglie sarà ridotta e quindi ridotta crescita fogliare
(minore dimensione del mesofillo), anche all’interno di uno stesso appezzamento:
se noi diamo minore/maggiore acqua a piante di vite, le piante che hanno meno
acqua, avranno dimensione fogliare più ridotta rispetto al margine fogliare delle
piante irrigate e serve anche per contenere la superficie di traspirazione;
 Aumentare il rapporto radici/foglie in funzione delle radici: significa che se io ho
una minore superficie di traspirazione e l’apparato radicale è lo stesso, la capacità
di suzione è maggiore e di perdita minore.

ADATTAMENTI FISIOLOGICI IN CONDIZIONI DI STRESS IDRICO:


 Aumento della resistenza stomatica e cuticolare: capacità di regolare l’apertura
delle rime stomatiche per gestire i momenti più o meno prolungati di stress idrico;
 Capacitanza: la capacità di un singolo tessuto di cedere acqua al flusso traspirativo
e quindi vuol dire che è una capacità da parte della cellula, della foglia e quindi della
specie, di sopportare forti perdite traspirative, forti perdite del flusso traspirativo
riuscendo a gestire, con potenziali idrici particolarmente negativi, questo momento
di stress. Queste sono le specie anaisoidriche;
 Resistenza e aumento efficienza dell’apparato fotosintetico: aspetto regolato dalla
capacità da parte della pianta di regolare e di aumentare l’efficienza fotosintetica,
significa di organicare quanto più possibile a parità di moli di acqua assorbite.
Questo si fa quando si fanno le misurazioni degli scambi gassosi andando ad
osservare quel rapporto tra la fotosintesi netta (PN), fratto la traspirazione E e
quindi PN/E (fotosintesi netta fratto E) non è altro che la quantità di sostanza
organicata per ciascuna mole di acqua assorbita che viene misurata appunto con la
cosiddetta efficienza di utilizzazione dell’acqua;
 Produzione e accumulo di acido abscissico;
 Aggiustamento osmotico: produzione di osmoliti, ci aiuta nel valutare una
minore/maggiore capacità da parte della pianta, tramite la propria sintesi di acido
abscissico, di sopportare momenti di stress idrici;
 Produzione di composti ed enzimi antiossidanti: contrastano i geni ROSS, quei geni
che farebbero aumentare la fotorespirazione e diminuire l’attività fotosintetica
delle foglie;
 Attivazione di canali di acqua nella radice: sintesi di acquaporine che trasportano
in maniera privilegiata l’acqua dalla radice verso il fusto;
 Aumento di valori di pH della soluzione xilematica ed apoplastica fogliare: in
maniera da creare quei differenziali di potenziale osmotico che favoriscono il
deflusso dell’acqua in entrata all’interno delle cellule e quindi evitare la
destrutturazione della membrana plasmatica e quindi la morte della cellula.
STRATEGIE DI COMPORTAMENTO NEI CONFRONTI
DEL DEFICIT IDRICO
1° GRUPPO
Specie che completano il ciclo riproduttivo prima che si verifichi la carenza idrica
È il caso del ciliegio, dell’albicocco, del pesco precoce.
_CILIEGIE: fioriscono in primavera, si raccolgono verso giugno, quindi le ciliegie hanno, tra le
precoci e le tardive, un periodo che va da maggio a giugno, mentre la fioritura è ad aprile.
Osserviamo che tra fioritura e frutto raccolto e quindi maturazione del frutto, vi è un ciclo molto
breve (2-3 mesi). Nel resto dell’anno, quindi anche nel periodo più caldo, devono solo sostenere la
crescita vegetativa.
_ALBICCOCCO E PESCO PRECOCE: ci sono varietà varietà di albicocco e di pesco precoce che si
raccolgono tra maggio e giugno e questo permette loro di evitare i momenti di stress idrico
importanti. In alcuni ambienti siciliani nostri alcuni anni fa (5, 10 anni fa) sono stati eliminati alcuni
agrumeti (come l’arancio che sopporta sicuramente meglio gli stress idrici) in favore dell’albicocco
e varietà di pesco più precoci
Una volta che si è raccolto il prodotto tra maggio e giugno, le irrigazioni successive nei mesi di
agosto, si fanno contenute, poche, limitate.
Meccanismi di tolleranza dello stress di queste specie sono :
 migliore gestione della traspirazione;
 Specie di ridotto vigore e di sviluppo contenuto: per noi sono un ulteriore
beneficio perché minore vigoria e minore sviluppo vegetativo, significa possibilità di
gestire da terra, con un minor utilizzo di scale e quindi maggiore velocità di
raccolta di tutta la produzione e con costi più ridotti;
 Elevato rapporto radici/foglie: questo minore sviluppo vegetativo permette una
minore traspirazione delle foglie ed una migliore capacità da parte delle radici di
poter gestire meglio gli stress idrici.
Queste colture però devono avere suoli con una buona capacità idrica in cui in ogni caso si ha la
possibilità di effettuare interventi irrigui di soccorso nei momenti in cui lo stress idrico potrebbe
compromettere la produttività della coltura.

2° GRUPPO: SPECIE ANISOIDRICHE


E’ il caso di drupacee, olivo e agrumi. Queste specie sono capaci di instaurare bassi potenziali
tramite l’aggiustamento osmotico e quindi riescono a sostenere stress idrici particolarmente
intensi e negativi.
 Capacità di adattare il rapporto tra radici e foglie;
 Sistema conduttore particolarmente più ispessito: sia la dimensione delle pareti
dei vasi xilematici ma anche il lumen e quindi anche il diametro dei vasi xilematici
che sapevamo essere più ampi per consentire supporto di acqua più elevata;
 Capacitanza dei tessuti, il flusso dell’acqua, è particolarmente elevata;
 Capacità da parte delle singole cellule di tollerare potenziali idrici molto negativi.
Questa capacità delle cellule di mantenere il turgore cellulare influenza:
- la crescita e l’espansione delle foglie (dimensione delle foglie più contenuta);
- regola la cessione di acqua tramite l’apertura stomatica;
- conducibilità idraulica della membrana e misurarla ci può dare una valutazione di quella
che è l’evoluzione di perdita di acqua, della capacità di sopportare questi stress idrici;
- attività enzimatica;
- sintesi e distribuzione di ormoni che riusciranno a regolare soprattutto i fenomeni di
osmoregolazione di apertura stomatica della pianta.
La tolleranza è resa grazie ad un’elevata escursione giornaliera dei valori di potenziale idrico
fogliare, tra -0,4 a 2,6 MPa o anche valori più alti.
Ad esempio, nel caso dell’olivo possiamo arrivare anche a valori minimi di potenziale idrico
fogliare all’alba di -7 MPa, nel caso delle drupacee invece la capacità di sopportare stress idrici
ha un limite di valori di potenziale idrico misurati all’alba fino a -2,5 MPa.
Queste piante sono in grado di traspirare anche nelle ore più calde della giornata, sopportano
potenziali idrici particolarmente negativi e quindi non devono forzatamente chiudere gli stomi
perché sopportano valori particolarmente intensi di tensione idrica.
Il forte gradiente di potenziale che si instaura tra foglie e radici e che consente di assorbire
acque con basso potenziale idrico del terreno, anche fino a -2,5 MPa, dipende dalla capacità delle
cellule di sopportare potenziali idrici molto bassi.
Nell’olivo, che riesce ad avere un potenziale idrico fogliare anche di -7, il gradiente sarà da -5 a -7
me è capace di vincere potenziali idrici del suolo particolarmente bassi, -2,5 MPa che nel caso di
drupacce e pomacee non è possibile.

Ad esempio, vediamo che all’aumentare del deficit idrico si ha una riduzione della capacità di
fotosintesi e di traspirazione delle foglie.
_Se noi andiamo a vedere ad esempio il potenziale idrico fogliare misurato all’alba, a valori
bassi di potenziale idrico fogliare e quindi vicino allo 0, la capacità fotosintetica è al 100%.
_Aumentando il valore del potenziale idrico fogliare all’alba, cioè diventando sempre più
negativo, la pianta si pone in stress idrico sempre più intenso e vediamo come la
percentuale di organicazione rispetto al controllo, scende dall’80% fino al 20-10% e cio
determina una minore conduttanza e quindi minore apertura degli stomi, quindi si ha minore
capacità di assorbire CO2 e quindi di organicarlo e quindi riduzione della funzionalità del

sistema foglia.
Quindi, facciamo sempre attenzione quando prendiamo in considerazione il potenziale idrico
fogliare. Però nell’olivo la traspirazione verrà ridotta al 70% mentre la fotosintesi verrà ridotta del
40%, perché le molecole di acqua hanno dimensioni e concentrazioni maggiori rispetto la CO2 e
quindi la cessione di acqua verso l’esterno sarà maggiore rispetto a quella che sarà l’ingresso della
CO2 che sarà ridotta ‘’solo'' del 40%.
Queste specie hanno una capacità di proteggersi dai danni del fotosistema con meccanismi più
efficienti.
Possiamo comprendere come la pianta ha adattamenti nel sistema fotosintetico che noi possiamo
misurare tramite la misurazione di un parametro che è la fluorescenza. Se il sistema fotosintetico
non è efficiente esso emetterà fluorescenza
Queste specie anisoidriche hanno un’elevata sintesi di osmoliti ed in particolare di enzimi
antiossidanti come il superossido dismutasi, la catalasi, l’ascorbato perossidasi, che velocemente,
possiamo analizzare e ci indicano il livello di stress idrico della specie.
Dopo un periodo di stress idrico, al ripristino delle condizioni idriche ottimali vediamo che:
- Potenziale idrico nel giro di poche ore viene riequilibrato e quindi la pianta riesce
velocemente a recuperare l’attività del potenziale e quindi la funzionalità degli scambi idrici
dento le cellule;
- Traspirazione e fotosintesi permangono a livelli più bassi e quindi in recupero a causa di
una inibizione a un segnale chimico complesso che proviene dalle radici e dalle foglie.

SPECIE ISOIDRICHE
Caso di vite e kiwi.
Sono quelle specie che mantengono elevato lo stato idrico dei tessuti anche in presenza di una
domanda traspirativa molto alta e di stress idrico elevato.
Per mantenere elevato il rifornimento idrico diminuiscono il potenziale idrico fogliare a valori
negativi non eccessivi ma contenuti.
 Capacità di sviluppo dell’apparato radicale più intensa, sia in profondità che in
densità;
 Maggiore superficie di suzione in base al rapporto radici/foglie;
 Caratteristiche del sistema xilematico differente, del trasporto xilematico. Actinidia
e vite hanno vasi grandi rispetto ad olivo, pesco e susino che hanno vasi molto più
ridotti, più piccoli;
 Bassa resistenza al movimento dell’acqua.
Sostanzialmente, queste specie isoidriche hanno la capacità di assorbire e trasportare acqua con
estrema facilità fino alle foglie. Ciò si ha grazie a
_minime oscillazioni del potenziale idrico fogliare durante il giorno
_limitato gradiente di potenziale tra foglie e radici.
L’efficienza del trasporto dipende dal numero di elementi conduttori, dimensione dei vasi,
connessione tra gli elementi, e varia in funzione della varietà, del portainnesto e da eventuali
anomalie di innesto (maggiore è la compatibilità tra nesto e portainnesto maggiore sarà la velocità
del flusso d’acqua e quindi la capacità di soddisfare le esigenze idriche della pianta).
_Le specie isoidriche presentano vasi più grandi con dimensioni maggiore (300-400 µm) ma con
placche di separazione semplici (fori grandi). Nel caso delle specie isoidriche, le dimensioni
saranno maggiori e quindi il flusso e la velocità del flusso di acqua saranno maggiori.
_In quelle anisoidriche, i vasi saranno più ridotti si ha la prevalenza di placche di separazione
composte in cui sostanzialmente vi sono delle grate, che trattengono, aumentano la resistenza
dell’acqua. Quindi la capacità di acqua che potrà passare dentro questi vasi xilematici sarà
sicuramente più contenuta.

_Se vediamo i valori che si vengono ad osservare nelle piante di actinidia


irrigata, il potenziale osmotico di partenza è molto basso -0,003 MPa e ad
ogni passaggio, il valore avrà un gradiente fino ad arrivare valori - 0,2 MPa
e quindi il livello di stress idrico è molto contenuto e la differenza pure è molto contenuta. Se
invece vediamo una pianta di actinidia soggetta a stress idrico, i valor i di partenza per la minore
concentrazione di acqua nel terreno saranno più negativi e quindi il potenziale idrico del suolo sarà
da -1 MPa fino ad arrivare a valori molto contenuti di -1,5 MPa a livello delle foglie. Il gradiente è
solamente di 0,5 MPa quindi del 50%, in termini percentuali, anche se contenuto sono sempre valori
che indicano stress idrico.
_In olivo vediamo che il punto di partenza è lo stesso perché le caratteristiche
del terreno sono le stesse e quindi, nel caso in cui è irrigato, la capacità di
potenziale idrico del suolo sarà la medesima, tuttavia dalle radici al fusto
vediamo come i valori saranno leggermente più bassi, ma non
particolarmente più gravi rispetto actnidia. Quello che si osserva in maniera
più differenziato per quanto riguarda il gradiente di potenziale è quello che
avviene nel caso in cui l’olivo si trova in stress idrico, in questo caso i valori
già a livello di potenziale idrico radicale e poi fogliare raggiungono valori di
-3,5 MPa, -7,0 MPa.
Controllo delle perdite, effettuato tramite:
 Chiusura degli stomi,
 Ripiegamento del lembo fogliare: la foglia tenderà a piegarsi
o addirittura a ripiegarsi in maniera da cercare di ridurre la
superficie incidente alla luce e quindi evitare di avere forti perdite traspirative in
situazioni di stress intensi.
 Diminuzione area fogliare;
 Diminuzione traspirazione cuticolare.
Tutto ciò determina una diminuzione dell’attività fotosintetica.
Al primo stress idrico, riducono immediatamente la traspirazione, basta pensare ad actinidia che
con potenziale idrico all’alba di -0,1- 0,2 Mpa, ha un blocco della crescita dei germogli e dei frutti e
la vite con valori all’alba di -0,1 e -0,7 MPa riduce la conduttanza stomatica del 90% e quindi
chiude gli stomi rapidamente, riducendo la crescita di tutti gli organi.

_La differenza è che nel primo caso, per le specie anisoidriche, vedremo come si va a misurare il
contenuto idrico fogliare in mega pascal (MPa): è sempre più negativo e la pianta riesce a
sopportare potenziali idrici molto più bassi; significa che la pianta sopporta stress idrici molto
elevati con un valore che all’alba sono di circa vicino allo 0, e al momento in cui arriviamo vicino a
mezzogiorno, raggiungono valori anche di -2,5 MPa. Poi, alle temperature più basse del
pomeriggio, riuscire a diminuire il potenziale idrico di queste foglie fino a valori vicino a quelli
iniziali che si raggiungono la sera e poi si mantengono tutta la notte.
Questa forte altalena avviene perché gli stomi si aprono, cedono acqua, riescono a sopportare
forti perdite traspirative perché queste specie sopportano livelli di stress idrico particolarmente
intensi, ma quando gli stomi si socchiudono, riescono ad equilibrare rapidamente nel giro del
pomeriggio, la sera, la notte, i momenti di stress idrico perché i valori ritornano a valori prossimi
allo 0.
Questo perché gli stomi sono chiusi ma la risalita xilematica e l’idratazione delle cellule continua
anche durante la notte e quindi il momento del miglior stato idrico per le piante è prima che l’alba
determini l’apertura degli stomi ed è alle 5 di mattina, quando appunto la pianta ha riequilibrato la
perdita traspirativa del giorno prima e si trova nel suo miglior stato idrico possibile. Ovviamente,
se la pianta è stata irrigata il giorno prima, capiamo bene che i valori saranno prossimi allo 0; se la
pianta non è stata irrigata per 5-10 giorni, la pianta partirà da valori sempre più bassi, più negativi
perché si trova in condizioni di stato idrico minore e quindi stress idrico fogliare più bassi.

_Per quanto riguarda le specie isoidriche come actinidia e vite hanno una diversa strategia:
vediamo che, durante il giorno, i valori di potenziale idrico si abbassano in maniera più contenuta,
ovviamente fino alle ore di maggiore stress idrico (12-15), per poi recuperare la minore
traspirazione pomeridiana, fino ad arrivare alla sera quando si recupererà lo stress idrico della
giornata.
Quindi, 2 strategie sono: sopportare livelli di stress con potenziali particolarmente negativi oppure
mantenere le perdite traspirative elevate riuscendo a soddisfare le traspirazioni con potenziali
idrici molto più elevati.

TRASLOCAZIONE DEI FOTOSINTATI


Dobbiamo capire come queste sostanze organicate vengono traslocate dai source ai sink (sink=
pozzo e source= sorgente).
Gli organi sink sono organi che richiamano i carboidrati, forti recettori e con elevata capacità di
attrazione dei fotosintati (i frutti)
Gli organi source sono essenzialmente gli organi capaci di fotosintetizzare e quindi che presentano
i plastidi, i cloroplasti con una buona attività fotosintetica.
Tutto ciò dev’essere garantito da una buona interconnessione tra gli organi source e sink.
La struttura di conduzione di questi prodotti si basa sul floema (condotti floematici), che sono quei
condotti che trasportano tutti i fotosintetati prodotti dalle foglie, verso tutti gli organi che le
richiedono, compreso l’apparato radicale, non solo per le sue funzioni di accrescimento e
perlustrazione di acqua e di elementi minerali , ma anche per le sue funzioni di riserva che
soprattutto, in tutte le piante ed in particolar modo nelle piante decidue, svolge un ruolo
essenziale per il metabolismo di una buona produzione di frutti.
I fotosintetati prodotti dalle foglie possono andare in direzione basipeta o anche in direzione
acropeta e quindi verso gli organi riproduttivi in accrescimento che si trovano in posizione più alta
rispetto alle foglie fotosintetizzanti e quindi in effetti non sempre è così.
Il floema va a distribuire tutti i fotosintetati o in senso acropeto o basipeto verso quelli che sono gli
organi sink.
Il floema è costituito dai tubi cribrosi.
I tubi cribrosi sono quelle strutture che permettono la traslocazione dei diversi fotosintati degli
organi source e sink.
Questi sono costituiti appunto da strutture molto semplici, queste cellule non hanno alcun nucleo,
ne vacuoli, ne ribosomi, ne apparato del Golgi, ma sono costituiti in maniera molto semplice dalla
membrana plasmatica e dal reticolo endoplasmatico liscio che permette poi sostanzialmente
passaggi (intra-citosol) tramite citoplasma dei plasmodesmi e presentano anche dei mitocondri e
plastidi modificati che svolgono funzione, più che di produzione di energia, di attività
fotosintetica.
Dal punto di vista strutturale questi tessuti
cribrosi sono intervallati dalle singole cellule da
placche cribrose che sono degli affluenti che
permettono il collegamento da una cellula
all’altra in maniera da permettere il passaggio
tramite pori dei fotosintetati.
Inoltre, sono presenti delle piccole venature e
fasci primari circondati dalla guaina del fascio
che permette la traslocazione dei prodotti
fotosintetizzati dall’attività fotosintetica nella
parte degli spazi intercellulari e quindi dentro
le cellule del mesofillo e che poi tramite la
guaina del fascio vengono ad essere traslocati
dentro i tessuti cribrosi, per poi essere dentro questi tubi cribrosi trasportati tra i diversi organi
della pianta.

CELLULE COMPAGNE
È importante nell’organizzazione di questi tessuti cribrosi, la presenza di
cellule compagne, sono cellule associate ad ogni elemento del tubo cribroso
che svolgono una funzione di transizione dei fotosintati dagli organi source
verso i tessuti cribrosi e dai tessuti cribrosi verso gli organi sink e svolgono
una funzione di interpolazione e collaborazione per una migliore riuscita del
trasporto.
Queste cellule compagne svolgono una relazione funzionale che facilita il
trasporto grazie ad un elevato numero di plasmodesmi, ovvero elementi
intercellulari che sfruttano quelli che sono i passaggi all’interno del citosol di
questi canali di conduzione e che facilitano in maniera rapida e meno
problematica rispetto ai cosiddetti passaggi apoplastici. I passaggi
plasmodesmici sono invece sinplastici e quindi dentro il citosol con velocità
di trasporto molto rapida e costo energetico molto più ridotto.
Ruoli svolti dalle cellule compagne:
 zone di sintesi proteica: molto spesso non solo fanno una funzione di conduzione di
trasporto ma anche sono sede di sintesi proteica;
 produzione di ATP: grazie alla presenza di plastidi, per favorire quelli che sono i
trasporti con un costo energetico più importante per quanto riguarda i singoli
fotosintetati della pianta;
 trasporto di fotosintetati: dalle cellule del mesofillo, che è la funzione più rilevante.

Si possono distinguere come cellule compagne due categorie:


_Cellule compagne comuni e le transfer cell: provvedono al trasferimento di soluti. Oltre i
fotosintati e carboidrati, nel trasporto svolgono anche un ruolo determinante, anche se in
concentrazione più ridotte, gli ormoni, le proteine, gli acidi organici ed anche gli elementi minerali
e quindi si parla più correttamente di soluti perché nel trasporto, in maniera efficiente, la pianta
riesce a trasportare tramite questi soluti nella linfa grezza, non solo zuccheri (in maniera
semplificata), ma nella linfa grezza sono presenti ulteriori sostanze come appunto gli ormoni, acidi
organici e le proteine. Il trasferimento di questi soluti avviene tramite l’apoplasto e nel passaggio
tramite le pareti cellulari. Se abbiamo le cellule transfer, si distinguono rispetto alle compagne
comuni per delle strutture invaginate interne che svolgono il trasporto dei fotosintetati tra le parti
delle foglie e degli organi sink e poi la cellula parenchimatica di trasporto.
_Cellule compagne intermedie: il trasporto di soluti avviene tramite connessione citoplasmatica
dalle cellule della guaina ed in questo caso il passaggio avviene tramite plasmodesmi quindi, nelle
cellule intermedie i canali di comunicazione, sono effettuati tramite plasmodesmi per via
simplastica.

MOVIMENTO DELLA LINFA ELABORATA


Nel ciclo vitale della pianta, nel ciclo annuale della pianta, vi sono delle fasi in cui gli organi di
accumulo possono trasformarsi in fonte di zucchero da trasportare .
Nella fase di ripresa vegetativa, gli organi di riserva svolgono una funzione di trasporto e di fonte
di carboidrati per la ripresa vegetativa delle piante e quindi il trasporto che viene garantito viene
realizzato tramite l’attività floematica da questi organi di riserva verso gli organi di elevata sintesi
che in questo caso rappresentano per esempio i germogli e le foglie in accrescimento.
Nel movimento degli assimilati che avvengono nella linfa elaborata, oltre agli zuccheri che
vengono accomunati come saccarosio, ci sono anche amminoacidi come aspartato e glutammato,
acidi organici, nucleotidi fosfati, ormoni, proteine ed in singoli elementi inorganici (come
potassio, magnesio, cloro) che hanno maggiore mobilità rispetto ad azoto (che viene più
facilmente trasportato come amminoacido) o al calcio o altri elementi minerali.
Tra le diverse tipologie di zuccheri presenti nella linfa elaborata, è importante individuare che
tipologia di zuccheri vengono traslocati ed in quale forma.
Di solito gli zuccheri si possono trovare in forma riducente, come fruttosio e glucosio, mentre gli
zuccheri che vengono traslocati sono in forma non riducente, e annoveriamo in particolar modo il
saccarosio, la tipologia di zucchero disaccaride formato da glucosio + fruttosio.
Poi ci sono altri zuccheri come raffinosio (saccarosio + galattosio), stachioso (saccarosio + 2
molecole di galattosio), che sono molecole di zucchero più complesse.
Altri importanti zuccheri trasportati, in particolar modo nelle rosacee, sono i cosiddetti zuccheri
alcolici, che sono soprattutto il mannitolo ed il sorbitolo, zuccheri ad elevata solubilità, di veloce
trasporto e modalità di trasporto parimenti importante al saccarosio.

VELOCITA’ MEDIA DI TRASPORTO NEL FLOEMA: 1 m h-1


Nonostante la ridotta dimensione del lumen e quindi della larghezza dei vasi conduttori dentro i
tessuti cribrosi, la velocità media di trasporto di questi soluti all’interno del floema è molto alta,
molto veloce.
Se noi vogliamo vedere i diversi passaggi del trasporto degli zuccheri tra gli organi, possiamo
distinguere 4 momenti:
1. Glucosio accumulato come amido nel cloroplasto: quando la produzione di
zucchero è molto elevata e quindi di solito, per non avere eccesso di glucosio che
potrebbe comportare fotorespirazione, questo glucosio in eccesso viene tramutato
e anabolizzato in amido e messo all’interno del cloroplasto e da questo appunto
viene trasportato nel citoplasma e trasformato in saccarosio.
2. Trasporto a breve distanza: il saccarosio si sposta dalle cellule del mesofillo (delle
foglie) verso le cellule cribrose in prossimità delle venature più fini. Quando
osserviamo anche le foglie di solito osserviamo una venatura principale con varie
venature laterali fini su tutta la foglia. Tramite queste venature più fini abbiamo il
cosiddetto carico del floema.
3. Caricamento del floema: gli zuccheri vengono trasportati attivamente nelle cellule
compagne e nei tessuti del cribro per trovarsi ad elevate concentrazioni.
4. Trasporto a lunga distanza: tramite flussi di pressione, avremmo il trasporto
attraverso i tubi cribrosi, degli zuccheri, dagli organi source verso gli organi sink che
con più forza attirano questi zuccheri per le varie attività metaboliche che gli organi
di richiamo necessitano.

TRASPORTO A BREVE DISTANZA


Per quanto riguarda il trasporto a breve distanza, ossia quello che avviene dentro le cellule del
mesofillo verso gli elementi cribrosi, si ha che gli zuccheri possono passare dentro la guaina del
fascio e quindi dentro i tessuti cribrosi per due vie: simplastica (citosolo) o apoplastica (parete).
_Nel caso della simplastica, non sono altro che le placche cribrose a far passare gli zuccheri dai
tessuti della cellula della foglia, fino a dentro i tessuti cribrosi attraverso i plasmodesmi. Le cellule
compagne svolgono un ruolo di intermediario fino ad arrivare agli elementi del cribro per poi
essere traslocati nei trasporti a lunga distanza.
_Quando invece il passaggio è per via apoplastica, invece, gli zuccheri devono passare tramite le
pareti cellulari. Il passaggio apoplastico è esclusivamente tra le cellule della guaina del fascio verso
le cellule compagne e poi di nuovo ritorna il passaggio per via simplastica tra le cellule compagne e
gli elementi del cribro.
TRASPORTO APOPLASTICO
E’ un trasporto attivo che deve avvenire contro gradiente di potenziale idrico, cioè quando la
concentrazione del soluto va in direzione opposta a quelle che sono le concentrazioni, cioè quando
un prodotto deve andare da una concentrazione + bassa ad una + alta, va contro gradiente e
quindi in questo caso, il trasporto viene effettuato con un costo che richiede energia metabolica
(ATP) che permette un trasporto contro gradiente.
Di solito, questo avviene nelle specie arboree che trasportano solo saccarosio (agrumi, vite, kiwi)
ed avvengono in quelle specie in cui sono presenti soprattutto le cellule comuni e transfer come
cellule compagne del floema. Tipicamente questo si osserva nelle piante erbacee oppure in quelle
condizioni in cui abbiamo climi aridi o anche temperati che necessitano il trasporto con un costo
energetico più rilevante.
Sostanzialmente avviene che, tramite un costo energetico, abbiamo l’intromissione all’interno del
citosol di ioni idrogeno e poi questi ioni idrogeno accompagnano il saccarosio prodotto nel citosol
tramite la parete cellulare all’esterno. In particolare, si ha il trasporto di saccarosio insieme ai
protoni da un tessuto ad elevata concentrazione di protoni ad un tessuto a bassa concentrazione
di protoni. Questo simporto saccarosio-protone permette appunto la fuoriuscita per via delle
pareti cellulari del saccarosio e ciò ha un dispendio energetico di una certa rilevanza.
TRASPORTO SIMPLASTICO
Necessita la presenza di plasmodesmi per il passaggio di zuccheri all’interno del citosol.
In questo caso osserviamo anche la collaborazione di altre tipologie di zuccheri complessi come
raffinosio o stachioso che svolgono anch’esse un ruolo di trasporto.
In questo caso, dal punto di vista morfologico, non sono presenti transfer cell, ma cellule
compagne intermedie che sono ricche di plasmodesmi, a differenza delle cellule comuni transfer.
Queste tipologie di trasporto simplastico è il tipico trasporto che si osserva di solito in tutte le
colture arboree ed è fortemente diffuso in quelle specie tropicali e sub tropicali che hanno
un’attività metabolica molto più intensa e quindi trasporto floematico è molto più rapido.
Altre sostanze come gli ormoni, acidi organici ecc, si trasportano dentro il floema a concentrazioni
basse (non elevate come gli zuccheri) ma usano altre vie metaboliche del caricamento del floema:
 Diffusione tramite il doppio strato lipidico della membrana;
 Trasportatore passivo: svolge la funzione di mediatore;
 Diffusione simplastica: permette l’ingresso di questa sostanza dentro i tessuti
cribrosi.
A volte questi flussi, che permettono anche la presenza di alcune sostanze esogene come i
fungicidi e gli erbicidi, riescono a penetrare dentro i tessuti cribrosi e si diffondono
rapidamente usando quelli che sono i flussi di trasporto dei tessuti cribrosi.

SCARICAMENTO DEL FLOEMA


Vediamo il passaggio inverso e quindi quando, una volta trasportati dentro i tessuti cribrosi
(floematici), i diversi fotosintetati vengono poi scaricati verso gli organi sink.
Osserviamo lo scaricamento del floema con tre passaggi:
1. Scaricamento degli elementi del cribro
2. Trasporto a breve distanza dai tessuti cribrosi alle cellule compagne
3. Accumulo e successivo metabolismo (spesso catabolismo ossia una
destrutturazione degli zuccheri + complessi in zuccheri + semplici che si osserva
negli organi sink).
Gli organi sink sono:
 Organi vegetativi in crescita: apici radicali e giovani foglie (fino a quando la lamina
fogliare non si è completamente sviluppata sono organi eterotrofi);
 Tessuti di riserva: come fusti e radici;
 Organi riproduttivi: frutti e semi.
In questo caso, il trasporto può avvenire sia per via simplastica sia per via apoplastica.
TRASPORTO SIMPLASTICO
E’ un trasporto passivo: il passaggio avviene tramite plasmodesmi da alta concentrazione (cribro)
verso minore concentrazione (nelle cellule sink dove c’è un intenso consumo per formare pareti
cellulari, energia, e per questo gli zuccheri complessi vengono prontamente degradati, quindi si ha
minore concentrazione).
TRASPORTO APOPLASTICO
Comprende anche una possibile metabolizzazione della parete e quindi idrolisi in glucosio e
fruttosio.
E’ un trasporto attivo: ha un costo energetico importante e viene normalmente mediato dalle
cosiddette molecole trasportatrici, molecole che utilizzano l’antiporto saccarosio-protone che ha
una funzione simile a quella della pompa protonica, ossia si ha un costo energetico per la
realizzazione di molecole ATP grazie al passaggio di questi zuccheri attraverso le pareti cellulari
verso l’interno degli organi sink.

TRASPORTO A LUNGA DISTANZA


Vi sono 2 teorie:
1. Teoria attiva: richiesta diretta di energia per la traslocazione degli zuccheri e delle
altre sostanze dai source ai sink.
2. Teoria passiva: la teoria prevalente, per cui il movimento dei fotosintetati dentro il
floema avviene tramite il flusso di pressione, che è generato da un gradiente di
pressione, che si crea in conseguenza del caricamento e dello scaricamento del
floema:
Iniziamo da in ato a destra, dove c’è scritto
cellula sorgente, è la cellula source (la foglia ad
esempio) in cui viene sintetizzato il saccarosio.
Questo saccarosio per via apoplastica o
simplastica viene trasportato dentro le cellule
compagne e poi per via simplastica, dalla
cellula compagna passa all’interno degli
elementi dei tessuti cribrosi e quindi dentro il
floema.
Questo floema avrà un continuo caricamento
di saccarosio e di soluti ad elevata
concentrazione.
Il deflusso in via basipeta in direzione delle
cellule pozzo (sink) che richiedono
fotosintetati, è determinato da un flusso di
pressione, di turgore dell’acqua che verrà
caricata dentro i tessuti cribrosi.
Quindi le cellule pozzo determinano un
gradiente di pressione negativo, per cui il
flusso andrà nella direzione da un punto di
elevato turgore ad un punto di minore turgore
perché viene continuamente usato e scaricato
dalle cellule pozzo.
Ovviamente, nei vari passaggi ci sono le diverse placche cribrose. Queste placche aumentano la
resistenza e consentono il mantenimento del potenziale di pressione nei diversi passaggi del
soluto, dei carboidrati da un punto all’altro.

CARATTERISTICHE DEL MODELLO A FLUSSO DI PRESSIONE


_Le placche non devono essere ostruite.
_Non può avvenire trasporto bidirezionale dentro i tessuti floematici, vi è solo un processo lungo
una sola direzione in base al flusso di pressione e non può avvenire in direzione contraria.
_Il dispendio energetico è praticamente nullo.
_Vi è un gradiente di pressione che determina quei processi come la guttazione, ovvero processi
in cui vi è una fuoriuscita di succo linfatico legato ad una pressione di esercizio del tessuto cribroso
che permette la fuoriuscita della sostanza linfatica presente dentro i tessuti cribrosi.
I fotosintati all’interno del floema possono dirigersi verso un organo sink piuttosto che un altro,
perciò si ha che i diversi organi di accumulo competono per i fotoassimilati traslocati nel floema.
Di solito la forza competitiva dipende da 2 variabili:
1. Dimensione, ossia dal peso del tessuto
2. Capacità di utilizzazione dei fotosintetati e quindi dalla velocità di assumere e convertire i
fotosintetati in sostanze utili all’accrescimento o allo sviluppo dell'organo sink che si misura
dalla velocità di assunzione di fotosintetati, per unità di peso del tessuto.
Se ad esempio in fase di divisione cellulare nella fase di accrescimento del frutto, osserviamo che il
frutticino + grande avrà molte più probabilità di avere una pezzatura finale maggiore, ma
soprattutto di non cadere nel momento in cui abbiamo la cascola fisiologica, perché c’è una forza
di sink maggiore rispetto a quelli che sono i frutticini di dimensione minore che invece non avendo
la stessa forza di sink di attrazione dei fotosintetati, ovviamente vanno incontro alla cascola
fisiologica.
Inoltre, questa forza di sink viene anche correlata, viene misurata tramite delle analisi di
laboratorio riguardo le attività degli enzimi che idrolizzano il saccarosio.
Quegli organi che hanno una maggiore forza di sink presentano una quantità di enzimi (come
saccarosio sintetasi ed invertasi) molto più elevato rispetto a quelli sink con una minore capacità di
attrazione.

RIPARTIZIONE DEI CARBOIDRATI


Comprendiamo ora come i carboidrati vengono riparatiti dentro i vari tessuti, di solito possiamo
distinguere 2 tipologie di carboidrati:
1. Strutturali: determinano la formazione di pareti cellulare, di punti di accrescimento delle
cellule e quindi sono sostanzialmente la cellulosa, l’emicellulosa;
2. Non strutturali: vengono ripartiti tra i diversi organi come fusti, frutti, radici e foglie, quindi
tutti gli organi che sono in accrescimento e competono per l’utilizzazione dei carboidrati.

CARBOIDRATI NON STRUTTURALI


Possono essere distinti in:
 carboidrati non solubili: sostanzialmente svolgono una funzione di riserva e quindi
vengono allocati e parcheggiati per periodi + o meno temporanei, che possono
durare anche qualche ora. In questo caso gli zuccheri vengono tramutati in amido
durante l’attività fotosintetica, posto all’interno del citoplasma o all’interno dei
vacuoli e poi utilizzato durante la notte per la sua successiva traslocazione verso gli
organi sink.
 carboidrati solubili: che svolgono diverse funzioni, esempio: energetica, metabolica
(glucosio, fruttosio tramite l’utilizzo di enzimi svolgono passaggi metabolici
fondamentali nel passaggio da uno zucchero all’altro) di trasporto, di riserva
(tramite il catabolismo di queste sostanze in sostanze più complesse) e di resistenza
agli stress di alcuni di questi carboidrati solubili.

CARBOIDRATI SOLUBILI
Andiamo a vedere meglio la funzione di questi carboidrati solubili e come avvengono, nelle
diverse specie arboree, il loro movimento e passaggio di stadio.
Possiamo distinguere 3 categorie di zuccheri nelle diverse specie arboree da frutto per quanto
riguarda la sua traslocazione e mobilità all’interno dei vari tessuti.
Possiamo distinguere:
 quelli in cui lo zucchero + rilevante è il saccarosio come nel caso di agrumi, vite ed
actinidia
 quelli in cui invece, oltre al saccarosio, rappresentano una azione molto rilevante
anche il sorbitolo (rosacee);
 l’ultimo gruppo, invece, in cui sono presenti, oltre il saccarosio, il mannitolo e,
anche se in concentrazione + basse, una serie di zuccheri del raffinosio (olivo).
Il saccarosio c’è in tutti per il
trasporto floematico e quindi è
vero che il saccarosio è lo
zucchero più rilevante per quanto
riguarda il trasporto floematico,
sebbene con ruoli differenti a
seconda delle categorie di specie
a cui ci riferiamo.
Quello che differenza le diverse
categorie di specie è la presenza del sorbitolo nelle rosacee e nel mannitolo nell’olivo. Stessa cosa
negli organi sink.
1. Agrumi, vite e kiwi: il saccarosio si comporta in maniera classica. Ci sono i processi di
ripartizione e trasporto comuni per tutte le piante, per cui: il glucosio-1-fosfato viene
prodotto all’interno delle foglie per attività fotosintetica, viene passato dal citoplasma verso
le guaine del fascio in forma di saccarosio e da esse si trasporta dentro i tessuti cribrosi fino
ad arrivare allo scaricamento del floema agli organi di sink che utilizzano il saccarosio.
2. Rosacee (pomacee + drupacee): oltre al saccarosio, vi è un importante ruolo che viene
rivestito dal sorbitolo, che è un alcolzucchero derivato dal glucosio tramite la riduzione di un
gruppo aldeidico in un gruppo alcolico. Il sorbitolo
viene sintetizzato nel citoplasma a partire dal glucosio-6-fosfato e questo convertito in
sorbitolo-6-fosfato, per essere poi idrolizzato in sorbitolo. Quindi, rispetto al primo gruppo
(solo saccarosio), il glucosio-6-fosfato non viene convertito in glucosio-1-fosfato per poi
produrre saccarosio, ma abbiamo la formazione di sorbitolo-6-fosfato e la sua idrolisi in
sorbitolo. È molto importante in questo raggruppamento di specie il sorbitolo, perché la sua
concentrazione può arrivare anche al 70-80% degli zuccheri presenti dentro una foglia.
Quindi la conversione in sorbitolo, nel caso delle rosacee, assume una presenza prevalente
rispetto a tutti gli altri zuccheri sintetizzati dall’attività fotosintetica.
3. Olivo: possiamo distinguere i cosiddetti zuccheri solubili e quelli non solubili, in cui quelli
solubili rappresentano il 90% e quelli non solubili, rappresentato dall’amido, costituiscono
solo il 10%. Del 90%,
glucosio e saccarosio rappresentano la % + rilevante e vengono solitamente equamente
ripartiti. Il mannitolo, tipico dell’olivo, può raggiungere percentuali del 20%. Inoltre, a
differenza dei primi 2, insieme al mannitolo, abbiamo un'altra serie di zuccheri minori, cioè
zuccheri di minore mobilità come fruttosio e altri.

RIPARTIZIONE DEL CARBONIO


Viene influenzata dalle condizioni ambientali e da condizioni di stress della pianta, ma non
necessariamente l’aumento del composto si riflette sulla concentrazione degli altri carboidrati.
A volte possiamo osservare come in condizioni di stress, uno di questi zuccheri aumenta in
percentuali molto rilevanti. Terminate le condizioni di stress (caldo o freddo oppure stress salino o
stress di anidride carbonica), gli equilibri tra i diversi zuccheri vengono ristabiliti a quelle che sono
le quote normali.
La sintesi di alcolzuccheri, come sorbitolo e mannitolo, vengono in particolar modo stimolati dalle
condizioni di stress abiotico, come il deficit idrico.
Spesso appunto, una maniera per individuare quali sono, anche in maniera precoce, condizioni di
stress idrico è misurare questi carboidrati come il sorbitolo ed il mannitolo.

TRAPORTO E UTILIZZAZIONE DEI CARBOIDRATI


Saccarosio
Più rilevante (come funzione metabolica), può essere trasportato soprattutto per via apoplastica
anche contro gradiente e con un consumo di energia rilevante.
Di solito viene usato non tal quale ma previa degradazione, infatti esistono 2 tipologie di vie
cataboliche di degradazione del saccarosio, tramite la saccarosio-sintetasi (1 ATP) o tramite quella
invertasi (2 ATP).
Sorbitolo E’ stato
molto studiato in alcune specie modello come melo e pesco e si è visto come questo viene
trasportato, non come il saccarosio per via apoplastica, ma per via simplastica, senza consumo di
energia e quindi determina una maggiore efficienza dal punto di vista del trasporto proprio perché
meno energeticamente costoso rispetto al saccarosio.
Per essere utilizzato, viene prima convertito in fruttosio da enzimi sorbitolo-deidrogenasi.
Mannitolo
Maggiormente presente nell’olivo, viene caricato nel floema per via simplastica. Si è osservato
come il mannitolo di solito viene poi conservato all’interno di organi della foglia, probabilmente
dentro i vacuoli, per essere poi trasportato in momenti di necessità da parte dell’olivo.
Nella linfa è presente meno del 5% del mannitolo di recente formazione, perché viene accumulato
dentro le foglie e poi inviato all’interno dei tessuti cribrosi in un secondo momento.
Altri zuccheri (Raffinosio, stachiosio, verbascosio)
Seppur dalla concentrazione minore, circa del 10%, sono zuccheri che hanno il trasporto + lento
anche in relazione alla maggiore vischiosità di questi zuccheri ed hanno un luogo di sintesi
differente rispetto al saccarosio e al mannitolo, infatti di solito vengono sintetizzati dalle cellule
intermediare e poi trasportate per via simplastica.
RUOLO DEI CARBOIDRATI SOLUBILI
 Glucosio e fruttosio: vengono prontamente sintetizzati dalla fotosintesi da parte
delle foglie e quindi sono prodotti primari della fotosintesi e svolgono ruolo
essenziale per diversi processi di respirazione e di sintesi, come nella glicolisi anche
di sintesi di lipidi e dei processi di accumulo di grassi da parte del frutto.
Sono presenti in tutti i tessuti, sono zuccheri semplici per eccellenza che sono
presenti negli organi source e sink, ma assenti nei tessuti floematici, infatti questi
vengono sempre metabolizzati in zuccheri + complessi per il trasporto all’interno
della linfa floematica per avere anche una migliore efficienza di utilizzazione, perché
anziché decine di migliaia di molecole di glucosio e fruttosio, si vanno a trasportare
molecole più complesse, ma in numero minore dentro la linfa floematica.
 Saccarosio: è il composto presente in tutti i tessuti della pianta, svolge diverse
funzioni, può svolgere la funzione di riserva temporanea, è molto concentrato
anche dentro sia le foglie che i frutti ed invece è questo il principale zucchero
presente nel trasporto floematico in tutte le piante arboree da frutto.
 Sorbitolo: rappresenta lo zucchero principale solamente nelle rosacee, addirittura
può arrivare a concentrazioni superiori rispetto agli altri zuccheri, arrivando anche a
concentrazioni come il 90%. Svolge diverse funzioni: riserva temporanea,
osmoprottettive in condizioni di stress, aiuta e veicola il passaggio ed il trasporto del
boro nel floema e quindi evita carenza di boro dei vari tessuti, ha un’azione
contraria alle forme ossidanti dell’ossigeno (ROS); nei processi in cui vi sono attacchi
di malattie di carattere fungino, vi è un’elevata sintesi di sorbitolo che indica un
importante ruolo di resistenza in condizioni di malattia di ordine patologico.
 Mannitolo: altro alcol zucchero importante che di solito è presente nella linfa
dell’olivo. Anche questo ha funzioni di trasporto, mantenimento dell’equilibrio
osmotico perché, anziché glucosio e fruttosio, viene formato mannitolo che
determina maggiore regolazione nell’equilibrio osmotico del floema. Stimola
resistenza a stress biotici e ossidativi e ha un ruolo chiave nel processo di
formazione di lipidi all’interno della polpa della drupa dell’olivo perché il mannitolo
è precursore della sintesi di lipidi,
 Mio-inositolo: trasportatore di galattosio, che sommato al saccarosio determina la
sintesi di raffinosio, stachioso e verbascosio, che sono quelli maggiormente
trasportati dentro la pianta di ulivo. Il mio-inositolo svolge anche un ruolo nella
formazione delle membrane e delle pareti cellulari, nella germinazione dei semi e
insieme al mannitolo è importante perché viene sintetizzato in condizione di stress.
CARBOIDRATI CON FUNZIONE DI RISERVA
(CARBOIDRATI NON-SOLUBILI)
Le piante, a differenza degli animali e dell’uomo, hanno impossibilità di spostarsi e quindi non
potendo reperire le sostanze utili per le loro diverse attività, quindi questi zuccheri prodotti
devono essere immagazzinati e poi, nelle condizioni di stress, essere richiamati per permettere alla
pianta di adattarsi a cambiamenti ambientali e condizioni di stress, che quindi devono essere
combattuti.
Inoltre, nelle piante abbiamo la presenza dei plastidi, che non sono presenti in nessun’altra
tipologia di organismi, né animali né umani. Questi plastidi svolgono molteplici reazioni di
biosintesi.
Inoltre, nei tessuti c’è la presenza di una parete cellulare di rilevante importanza che non è
sempre presente con le stesse caratteristiche negli altri organismi viventi e la cui sintesi determina
un consumo importante di circa il 30% dei prodotti della fotosintesi, per cui i carboidrati con
funzione di riserva svolgono un ruolo importante per la pianta che ha necessità di richiamare
zuccheri prontamente disponibili tramite carbonio di riserva per l’accrescimento di pareti cellulari.

METABOLISMO DEI CARBOIDRATI


Può essere visto come una serie dei comportamenti di prodotti intermedi legati tra loro da
reazioni reversibili.

ESOSO-FOSFATI
Vediamo come abbiamo tra i carboidrati con maggiore mobilità consideriamo gli esoso-fosfati, il
glucosio-1-fosfato, il glucosio-6-fosfato e il fruttosio-6-fosfato, e che vengono sintetizzati nei
processi: gluconeogenesi; fosforilazione di esosi liberi; degradazione di amido; glicolisi. Sono dei
processi in cui da carboidrati complessi si passa a carboidrati semplici come gli esoso-fosfati.
Mentre, al contrario, questi esoso-fosfati vengono anabolizzati in carboidrati più complessi nei
processi di: sintesi di amido e saccarosio; formazione di pareti cellulari; ossidazione nella via dei
pentosi-fosfati (che abbiamo osservato nella fase oscura della fotosintesi).
SINTESI DI AMIDO
Questo è un polisaccaride composto da 2 polimeri di glucosi, ossia amilosio e amilopectina che
possono essere presenti in % variabili in base alle singole specie e all’organo in cui viene
accumulato l’amido.
_L’amido è il composto di riserva + importante per tutte le piante;
_Viene sintetizzato temporaneamente all’interno dei cloroplasti come sostanza di riserva che
viene traslocata nei momenti di maggiore sintesi di zuccheri e quindi traslocato di notte nei vari
organi sink;
_Può essere accumulato anche come amido secondario negli organi di riserva: negli amiloplasti si
parla di amido primario (sintetizzato dentro i processi fotosintetici), quello secondario viene
accumulato negli organi di riserva;
_Protegge dai danni osmotici nel momento in cui migliaia di monomeri di glucosio e fruttosio
vengono sintetizzati in poche molecole amido ed evita i processi di danno osmotico all’interno
della pianta;
_Immagazzina eventuale eccesso di fotosintetati per via temporanea.
DINAMICA CARBOIDRATI IN RAPPORTO ALL’INDICE
DI RACCOLTA
Molto spesso, si parla di indice di raccolta, che non è altro che il rapporto tra la biomassa prodotta
in prodotti, quali i frutti, rispetto alla biomassa prodotta da tutta la pianta.
Il contenuto di carboidrati non strutturali varia in relazione all’organo e alla sua età, ma la cosa
importante da individuare è il fatto che questo non varia durante il giorno.
Ciò significa che l’amido nelle foglie si accumula durante il girono e diminuisce durante la notte.
Significa quindi che la concentrazione dei carboidrati che vengono sintetizzati dalla pianta nelle
foglie non cambia durante il giorno perché quelli che non vengono usati, vengono subito assorbiti
da parte dei vari tessuti che la richiedono con un’elevata capacità di sink.
Quelle che sono più marcate sono le variazioni stagionali che sono legate soprattutto ai fattori
ambientali o alla presenza di organi di utilizzazione con diversa attività, come nel caso degli organi
di riserva che, nel momento in cui cambiano le condizioni ambientali, (ripresa dell’attività
vegetativa in primavera e quindi traslocazione di questi zuccheri), i carboidrati presenti dentro gli
organi di riserva, vengono prontamente trasportati in direzione degli organi in accrescimento.
SPECIE DECIDUE
_Durante il germogliamento, l’amido viene utilizzato dagli organi di riserva in risposta allo stimolo
termico.
_Con lo sviluppo dell’apparato fogliare si determina la formazione di riserve che poi vengono a
ricostituire gli organi di riserva che hanno liberato gli zuccheri per la formazione delle foglie stesse.
_Successivamente nel periodo autunno-inverno, in cui abbiamo la caduta delle foglie, di nuovo si
ha l’aumento di questi alcol zuccheri che hanno funzione osmoprotettiva negli organi permanenti
e vengono di nuovo traslocati verso gli organi di riserva per essere conservati.
Le foglie si trasformano da organi importatori ad esportatore sviluppandosi (tra il 30% e il 70%
della piena espansione).
Tra tutti gli utilizzatori di zuccheri in generale, il frutto è un importatore netto, nonostante si possa
avere una leggera attività fotosintetica quando è dotato di cloroplasti (cioè quando è verde).
Quando, negli ultimi stadi, abbiamo la rottura del colore e la degradazione dei cloroplasti, perde
l’attività fotosintetica, e inizia l’attività di richiesta di carboidrati.
L’indice di raccolta, nelle piante da frutto, rispetto alle colture annuali come le ortive o erbacee,
non è molto alto e può variare da circa 0,3, 0,4 in olivo e nel caso del pesco può variare da 0,75 a
0,5 dopo il diradamento.
In generale possiamo dire che per quanto riguarda la ripartizione dei carboidrati tra i diversi
organi della pianta, è un processo molto complesso che viene regolato da fattori genetici, in cui
anche il ruolo delle condizioni ambientali può svolgere un’azione importante e su cui è difficile
intervenire se non si ha conoscenza di quelli che sono i processi di trasporto all’interno della
pianta. In particolar modo la ripartizione dei carboidrati dipende: dall’intensità della fotosintesi e
di respirazione e dalla capacità di richiamo dai centri di realizzazione degli assimilati e quindi dalla
forza di sink con cui questi organi riescono ad assorbire gli elementi prodotti da parte delle foglie.
Ovviamente una corretta ripartizione deve assicurare non solo una buona produzione da parte
della pianta, ma soprattutto una giusta ripartizione tra i diversi organi in maniera da garantire una
vita produttiva lunga da parte della pianta.
NUTRIZIONE
_Assorbimento – Trasporto - Funzioni
_Stress termici - Asfissia radicale- Salinità
Per il corretto sviluppo vegetativo e riproduttivo della pianta questa necessita di elementi
minerali. La concentrazione di tali elementi nelle piante arboree, espressa come peso secco, non
supera il 10% del totale, soltanto 16 elementi chimici hanno un ruolo fisiologico definito.

INTERAZIONI SUOLO-PIANTA-MICRORGANISMI
1) La pianta influenza le caratteristiche del suolo con l’apporto di materia organica (tessuti morti
ed sudati e radicali) e con l’escrezione di idrogeno e sostanze chimiche che favoriscono
solubilizzazione e mobilizzazione.
2) Le caratteristiche del suolo influiscono sulle attività fisiologiche e sulla disponibilità di nutrienti
3) La pianta fornisce energia ai microrganismi
4-5) La tipologia e la quantità di microrganismi influisce sulle attività fisiologiche della pianta e
sulla disponibilità dei nutrienti in modo diretto o indiretto modificando le caratteristiche del suolo
6) Le caratteristiche del suolo modulano l’abbondanza e la diversità dei microrganismi.
LA RIZOSFERA
Porzione di suolo (due-5 mm) che circonda la radice e che risente dell’influenza delle attività
radicali quali:
_CRESCITA,
_ASSORBIMENTO,
_RESPIRAZIONE,
_RILASCIO DI ESSUDATI,
_SIMBIOSI CON FUNGHI E BATTERI
Dinamica è variabile nel tempo e nello spazio, varia nell’estensione in relazione alla mobilità degli
elementi, elementi poco mobili devono essere ripristinati per diffusione, processo troppo lento per
le esigenze delle piante
GENOTIPI PIU’ EFFICIENTI
_MODIFICA DELL’APPARATO RADICALE: -morfologia, -geometria, -colonizzazione funghi
_MODIFICA DELL’AMBIENTE DEL RISO SFERA: -pH e potenziale Redox - lisati di cellule e tessuti
morti - essudati radicali ed enzimi rilasciati attivamente o passivamente.
COMPOSTI A BASSO PESO MOLECOLARE: -zuccheri – aminoacidi - acidi carbossilici
– fenoli – vitamine - ormoni
COMPOSTI AD ALTO PESO MOLECOLARE: polisaccaridi ed Ectoenzimi rilasciati
attraverso l’esocitosi
MICORRIZE
Associazione di funghi micorrizici con il sistema radicale, risultano Micorrizzate l’83% di
dicotiledoni ed il 79% di monocotiledoni e tutte le gimnosperme.
Le micorrize amplificano il sistema radicale e facilitano l’acquisizione di elementi minerali come il
fosforo (relativamente immobile). Le piante cedono carboidrati ai funghi. Le piante tendono
comunque a sopprimere l’associazione micorrizici in condizioni di elevata disponibilità di
elementi nutritivi.
MICORRIZE ECTOTROFICHE
Le ife fungine circondano la radice producendo la guaina fungina che penetra nello spazio
intercellulare del parenchima corticale per formare il reticolo di Hartig
Il fungo con le proprie ife può estendersi anche oltre la zona di esaurimento nutritivo.
MICORRIZE VESCICOLO-ARBUSCOLARI
Le ife crescono fra gli spazi intercellulari di parete del parenchima corticale e penetrano
all’interno delle singole cellule. Le ife non rompono le membrane ma vengono circondate da esse
formando vescicole oarbuscoli, questi ultimi partecipano agli scambi di elementi nutritivi.
ASSORBIMENTO RADICALE
_Presenza nel suolo dell’elemento in forme chimiche adatte, contatto tra l’elemento e le radici
_Disponibilità di forme chimiche assimilabili: caratteristiche chimico fisiche del suolo, attività
microbiche e radicali
Il suolo è costituito da una Frazione Inorganica e da una Frazione Organica: la frazione inorganica
è preponderante e deriva dalla frammentazione della roccia madre a causa di fattori abiotici o
bioptici. Frazione organica: è limitata alla parte superficiale ed è costituita da piante o animali
morti o loro parti.
_ARGILLA: riserva di nutrienti disponibili in minima parte attraverso reazioni chimico fisica.
_FRAZIONE ORGANICA: riserva di azoto, fosforo e sodio ceduti gradualmente in base all’attività
dei microrganismi.
_PARTE VIVENTE DEL SUOLO: batteri, funghi, piccoli invertebrati.
Gli elementi vengono a contatto con le radici in tre modi:
INTERCETTAZIONE DIRETTA,
FLUSSO DI MASSA (Elevata disponibilità idrica, alte concentrazioni di elemento)
DIFFUSIONE (Secondo gradiente di, fosforo e azoto ammoniacale)
L’assorbimento radicale avviene grazie alle radici più fini:
_Breve vitalità,
_Non diviene parte della struttura permanente,
_Due primi ordini di ramificazione,
_Cellule dello strato esterno.

Gli elementi mobili solo per via apoplastica (calcio) sono assorbiti dalle radici non
suberinizzate
I nutrienti vengono assorbiti in forma ionica; Uno dei principali meccanismi con cui il terreno
trattiene e mette a disposizione delle piante e dei microrganismi elementi quali il calcio il
magnesio e il potassio è la CAPACITÀ DI SCAMBIO CATIONICO che è la quantità di cationi
scambiabili in metro quadrato/100g

_L’assorbimento attraverso la membrana plasmatica avviene grazie all’instaurarsi di un gradiente


di potenziale elettrochimico
Un enzima trans membrana determina l’aumento dei protoni idrogeno fuori dalla membrana
consumando l’energia della scissione di ATP in ADP.
Si crea una differenza di potenziale elettrochimico tra l’esterno carico positivamente e l’interno
negativamente. I cationi passano secondo gradiente mentre gli anioni passano legandosi a
protoni per acquisire il carica positiva.
_Assorbimento passivo, secondo gradiente, facilitato da acquaporine (proteine canale per il
passaggio di specifici ioni attraverso la membrana).
_Trasporto attivo degli ioni contro gradiente grazie a specifiche proteine trasportatrici.
Nel caso di alte concentrazioni di soluto la prima tipologia di trasporto risulta più efficiente e
rapida.
ADSORBIMENTO
L’absorbimento o scambio cationico è un processo reversibile di superficie che si sviluppa
nell’interfaccia di separazione fra un materiale solido, dotato di proprietà di scambio, è una
soluzione di sali.
Nel terreno, lo scambiatore è rappresentato dall’insieme delle particelle solide che hanno
dimensioni inferiori a 0,1 micron e si comportano da colloidi idrofile elettronegativi: humus e
minerali argillosi.la soluzione di sali nel terreno è invece rappresentata dall’acqua che occupa gli
interstizi del terreno e dai sali minerali in essa disciolti.
POTERE ADSORBENTE: capacità di trattenere le particelle in forma ionica è molecolare sospese
nella soluzione circolante, sottraendole al naturale processo di dilavamento cui sono sottoposte
COMPLESSO DI SCAMBIO: sostanza è solida sia di tipo minerale come le argille e gli ossidi ed
idrossidi, sia organico come le sostanze umiche
La capacità di scambio anionico è la capacità del terreno di trattenere anioni ed è attiva solo per
alcuni anioni (per il fosfato è il solfato e non per il cloruro e il nitrato)

PROTEINE DI TRASPORTO DEI SOLUTI:


Le membrane vegetali possiedono diverse classi di proteine che aumentano selettivamente la
velocità del trasporto
Tipi di trasporto
_ Trasporto passivo per le molecole neutre gradiente di concentrazione- Le sostanze diffondono
spontaneamente seguendo il loro gradiente di concentrazione attraversando la membrana senza
spesa di energia da parte della cellula.
_ Trasporto attivo per le molecole cariche gradiente elettrochimico. Alcune proteine di trasporto
agiscono come POMPE trasportando sostanze attraverso la membrana contro ingrediente di
concentrazione, l’energia necessaria per questo tipo di lavoro è normalmente fornita dall’ATP.

CANALI
-Soltanto per ioni e acqua,
- Trasporto passivo,
-Velocità di trasporto elevata,
- Si aprono e chiudono in risposta a cambiamenti Em,
-Specifici per tipo di ione

PROTEINE DI TRASPORTO
Due principali classi di proteine di trasporto
_PROTEINE CARRIER: legano il soluto da un lato delle membrane e lo trasportano dall’altro lato
con un cambiamento di conformazione della proteina
_PROTEINE CANALE: formano pori idrofilici nella membrana attraverso cui certi ioni possono
diffondere
Il trasporto attivo secondario può aver luogo secondo due modalità: Dall’alto verso il basso con
gradiente elettrochimico substrato A, dall’alto verso il basso gradiente elettrochimico substrato
B, energia del gradiente di potenziale elettrochimico creata dalle pompe usata per trasportare
soluti con gradiente elettrochimico. Gli ioni H+ sono semore trasportati secondo gradiente
elettrochimico
ACQUISIZIONE DEL FERRO
Dal suolo si trova principalmente ferro3+, insolubili a pH 6-8
Nel suolo il ferro è chelato con composti organici prodotti dai microrganismi del suolo o dalle
piante. La quantità di ferro totale presente nei suoli spesso insufficiente per le necessità delle
piante. Le piante usano due distinte strategie per solubilizzare e assorbire il ferro dal suolo in
condizioni di carenza: strategia 1 dicotiledoni e monocotiledoni non graminacee, strategia 2 mono
cotiledoni graminacee

ASSORBIMENTO DA PARTE DEI TESSUTI EPIGEI


Efficacia delle concimazioni epigee  quantità di elemento che riesce a penetrare i tessuti,
(foglie fiori frutti parte lignificate). Le goccioline sono ritenute in misura diversa in base alla
caratteristica della foglia  bassa tensione superficiale della soluzione
-Nutrienti assorbiti perlopiù in forma ionica, disciolti in acqua
-Diffusione passiva in base al gradiente di concentrazione
-Penetrazione attraverso micropori della cuticola o aperture stomatiche
-Assorbiti nell’apoplasto gli ioni si mescolano con quelli che provengono dallo xilema
-Attraversamento delle membrane grazie a proteine trasportatrici o canali di membrana.
Le caratteristiche chimico-fisiche dell’apoplasto influenzano l’assorbimento di alcuni ioni.
Il ferro può essere assorbito dalla membrana solo in forma ridotta Fe2+: la riduzione è influenzata
dal Ph e dagli acidi riducenti dell’apoplasto. L’efficacia del trattamento dipende dallo stato della
foglia e l’abbassamento del pH della soluzione irrorata favorisce l’assorbimento di eventuale
ferro accumulato.
TRASPORTO E CICLO DEI NUTRIENTI
La concentrazione varia, durante il giorno e con le stagioni, in funzione dell’entità del flusso
traspiratorio, non è correlata alla quantità di assorbimento. La velocità di accumulo segue solo in
parte la crescita della chioma. Nella stagione vegetativa i nutrienti raggiungono le foglie, solo una
parte immobilizzata in elementi strutturali, il resto il ritorno in movimento nel floema è diretto a
frutti e organi in accrescimento.
_La migrazione di azoto e potassio è la maturazione dalle foglie al frutto è tale che se
l’assorbimento non è sufficiente le foglie adulte e manifestano carenza
_Spostamento da foglie mature a foglie giovani degli elementi mobili,
_Ferro e calcio non si muovono nel floema.
Una quota rilevante dei minerali ritorna all’apparato radicale e regola l’entità dell’assorbimento in
relazione alla disponibilità della piantaOttimizzazione dell’assorbimento in terreni poco fertili.

FUNZIONE DEI PRINCIPALI NUTRIENTI E RISPOSTE


DELLA PIANTA
Per tutte le specie: macro nutrienti (azoto fosforo potassio calcio magnesio zolfo) e micronutrienti
f(erro rame zinco manganese Mobildeno boro cloro e nichel)
CICLO DELL’AZOTO
La Azoto è il gas più abbondante in atmosfera circa l’80%. Le piante sono in grado di utilizzare
l’azoto soprattutto in forma di nitrati ma anche in forma di ammonio e in misura minore in forma
di nitriti.
L’assorbimento dell’azoto avviene sia come catione che come anione in base alla presenza delle
due forme nel suolo.
_Azoto nitrico: spesso prevalente determina innalzamento del pH del terreno, perdite nel terreno
di azoto attraverso volatilizzazione o lisciviazione.
_Alta disponibilità di azoto: maggior crescita della parte aerea, produzione di apici radicali, sintesi
radicale di citochinine(prolungamento attività vegetativa in autunno), bassa disponibilità di azoto
espansione dell’apparato radicale
_Influenza l’equilibrio vegeto produttivo e la qualità dei frutti
_Fase di crescita alti fabbisogni: rapida formazione dello scheletro, precoce entrata in produzione
_In produzione: stimola la crescita vegetativa a discapito dei frutti, problemi di vinificazione dei
germogli, induce ripresa di crescita vegetativa e fioritura anticipate, ritarda la maturazione dei
frutti.scarsa disponibilità da azoto compromettono il rinnovo vegetativo con ripercussioni sulla
produzione sulla pezzatura.

POTASSIO
_Elemento determinante per la qualità dei frutti che accumulano zuccheri e acidi organici,
accumulato nei frutti, influenza le rese produttive. È assorbito come ione K+ e come tale si
mantiene nelle cellule, in elevate concentrazioni negli organi in accrescimento
_Attiva enzimi del metabolismo energetico e della sintesi proteica ed ha ruolo nell’apertura
stomatica nella fotosintesi nel carico scarico del floema. Viene accumulato per richiamare acqua e
aumentare la pressione di turgore e mitiga gli stress biotici e abiotici
_Carenza di potassio: avviene in suoli argillosi con forte potere di fissazione, ricchi di magnesio,
carenze idriche ed eccessi di salinità, elevato carico di frutta. La carenza di potassio provoca
scadimento qualitativi del frutto invece eccessi di potassio possono predisporre a fisiopatie.

CALCIO
Le colture arboree assorbono quantità di calcio paragonabili ad azoto e potassio. Gran parte viene
immobilizzata negli organi legnosi e nelle foglie molto poco arriva i frutti. Il calcio si muove nello
xilema ma non nel floema.
_Stabilità delle membrane e delle pareti cellulari,
_Calcio citosolico: da solo o associato a proteine il principale messaggero secondario per la
trasduzione dei segnali di regolazione genica e per la divisione cellulare e funzioni legate al
metabolismo dei carboidrati
Carenza di calcio in terreni molto acidi, più frequenti carenze nei frutti.

FOSFORO
La maggior parte del fosforo presente nel terreno non è disponibile per le piante, l’assorbimento
aumenta grazie alla simbiosi con Micorrize. È assorbito come ione fosfato e si trova nella pianta
sia in forma organica che inorganica le asportazioni sono contenute ma svolge ruoli fondamentali
Situazioni di carenza rare, buona concimazione di fondo, alta disponibilità nelle fasi di crescita

MAGNESIO
_Quantità assorbita e variabili tra le culture, elemento molto mobile nella pianta legato alla
qualità del frutto, si trova come ione o associato ad anioni inorganici e organici.
_Funzioni legate alla fotosintesi, alla traslocazione ai frutti dei Fotosintasi, all’accumulo degli acidi
organici. Il magnesio è l’elemento centrale della clorofilla che attiva l’enzima Rubisco ed è
fondamentale nella sintesi proteica e nella funzionalità dei ribosomi.
_In estate soprattutto in condizioni di carenza idrica, carenza sulle foglie basali per
rimobilizzazione verso frutti ed apici

MICRO ELEMENTI
_Nell’ambito delle concimazioni vengono presi in esame solo alcuni microelementi che, è
richiesto in quantità maggiori sono asportati nell’ordine di poche centinaia o decine di grammi
l’ettaro per anno  Carenze incidono fortemente su crescita e produttività micro elementi (ferro
manganese zinco boro)
_Ferro: nelle ossidasi, nelle catalasì, nel nitrogenasi serve alla sintesi della clorofilla si trova in
proteine coinvolte nella fotosintesi.
_Zinco: in oltre 300 enzimi con funzioni catalitica, nella superossido dismutasi (previene danni da
radicali liberi, scottature dei frutti) enzimi del metabolismo dei carboidrati ed azoto.
_Manganese: non tanto presente negli enzimi, ma a funzione di attivatore, ruolo fondamentale
nella fotolisi dell’acqua, difesa da patogeni stimolando la produzione di fenoli e fitoalessine
_Boro: assorbito come acido borico, si muove nel flow Emma solo nelle piante che trasportano gli
alcol zuccheri. Ha un ruolo fondamentale nella crescita del tubetto pollinico, influenza la
percentuale di allegagione. In caso di carenza i frutti sono piccoli e deformi, con pochi semi e
sensibili alle fisiopatie,
Nell’assorbimento dei micro elementi assume un ruolo fondamentale il portinnesto con differenti
capacità interspecifica e intra specifiche.

TIPI DI STRESS ABIOTICO


STRESS IDRICO (carenza di acqua, eccesso di acqua),
STRESS TERMICO (alte temperature basse temperature),
STRESS SALINO (eccessiva salinità),
STRESS MINERALE (carenze nutrizionali, elementi tossici).
STRESS TERMICI DA FREDDO
Per stress da freddo o Chilling si intende un’esposizione più o meno prolungata a temperature al
di sotto di quello ottimale per una data specie. Per stress da congelamento si intende
un’esposizione a temperature intorno al di sotto di 0 °C che causino la formazione di cristalli di
ghiaccio Inter ed intra cellulari. Sotto 0 °C cominciano i fenomeni di congelamento conseguenza
della formazione del gradiente di potenziale idrico: si forma ghiaccio negli spazi intercellulari e nei
vasi che provoca un abbassamento della tensione di vapore che porta al richiamo acqua dalle
cellule ed infine alla disidratazione delle cellule e plasmolisi.
L’abbassamento rapido e improvviso può determinare formazione di ghiaccio dentro le cellule:
arresto attività vegetativa, dormienza e acclimatazione temporale. Quest’ulitma consiste
nell’accumulo nel protoplasma di zuccheri e sostanze organiche riduzione del contenuto d’acqua
del vacuolo, modifiche della struttura delle membrane cellulari e attivazione di geni specifici di
tolleranza alle basse temperature.
Cambiamenti metabolici
_Concentrazione osmotica: aumenta durante l’acclimatazione a causa della crescita del livello di
zuccheri.questi svolgono diverse funzioni.
_Contenuto d’acqua: è inversamente proporzionale alla tolleranza. Meno ce n’è meno se ne può
congelare.
_Composizione lipidica: si accumulano lipidi e gli acidi grassi diventano più insaturi.
_Contenuto di proteine: aumento correlato con quello del contenuto di mRNA, polisomi necessari
alla sintesi proteica.
Sensibilità dei diversi organi nelle specie arboree da frutto
_Gemme a fiore più sensibile ai forti freddi invernali e alle gelate primaverili, diminuzione della
resistenza con l’avvicinarsi dell’antesi
_Cascola delle gemme: gemme a legno più sensibili alle gelate autunnali perché entrano in riposo
più tardi
_Fiore: soglie critiche tra 0° a -6°, le parti più sensibili sono stili e ovuli.
_Gelate tardive: danni ai frutti necrosi interne,rugginosità della buccia,malformazioni spaccature
negli agrumi macchie brune sull’epidermide, nell’olivo raggrinzimento delle drupe.

STRESS TERMICI DA ALTRE TEMPERATURE


Stress termico: permanenza di alte temperature tali da determinare danni irreversibili
Danni: inibizione della crescita, blocco della fotosintesi, accumulo di tossine, inibizione della sintesi
proteica.
_PROTEINE HSP: coinvolte nella termotolleranza riconoscono le proteine danneggiate e le
riparano, altrimenti le proteine danneggiate vengono legate all’ubiquitina che le prepara alla
degradazione svolta poi dalle proteasi citosoliche.
_ADATTAMENTI MORFOLOGICI: arrotolamento delle foglie per ridurre la superficie esposta alla
radiazione, aumento della resistenza dello strato limite a mezzo delle foglie di ridotte dimensioni,
foglie ispessite, controllo dell’orientamento delle foglie, radici profonde e radici con bassa
conduttività idraulica per permettere un lento ma costante rifornimento idrico, struttura della
foglia per regolare ottimamente la traspirazione.
_STATI PATOLOGICI DA CALORE: Filloptosi, scottature da calore nella foglia e nei frutti, danni a
tessuti corticali del fusto in piante giovani, vitrescenza delle mele, necrosi apicale degli agrumi,
allessatura ed essiccamento degli acini d’uva, disseccamento di foglie fiori e frutti in piante di vite.

STRESS DA ECCESSO DI SALINITÀ


Suoli troppo ricchi di ioni sodio e cloro nella soluzione circolante. Potenziale idrico del terreno
molto basso, effetti fitotossici alle radici.
Piante arboree non si adattano ai suoli salini.
_Due strategie di resistenza: accumulare gli ioni all’interno della pianta o in specifici organi,
impedire l’entrata degli ioni nei tessuti i giovani e in espansione.
_Meccanismi fisiologici e biochimici di resistenza: esclusione e esportazione ionica, modifiche
della parete cellulare, Osmoregolazione.
_L’aggiustamento osmotico consente alla pianta di contrastare in parte l’alto potenziale idrico del
suolo ma oltre certi livelli si manifestano i sintomi di stress.

ASFISSIA RADICALE
_Blocco processi ossidativi nei cicli di alcuni elementi,
_Processi dannosi di riduzione con denitrificazione è comparsa di composti tossici,
_Riduzione dell’assorbimento di macro e micro nutrienti,
_Produzione di acido abscissico ed etilene che inducono chiusura degli stormi,
_Interruzione dei processi di crescita,
_Morte delle radici per asfissia,
_Predisposizione ad attacchi di marciume radicale o basale,
_Dilavamento degli elementi nutritivi mobili,
_Peggioramento della struttura del suolo.

FITOREGOLATORI E FITORMONI
_FITORMONE: un qualsiasi composto organico, non nutritive, elaborato dalla pianta, che agendo
in piccole dosi promuove, inibisce o comunque modifica determinati processi fisiologici delle
piante il luoghi diversi da quelli di produzione
_FITOREGOLATORE: un qualsiasi composto organico non nutritivo, prodotto sinteticamente in
piccole dosi agisce nel senso indicato precedentemente agendo in luoghi diversi da quelli di
applicazione
FITORMONI
Fitormoni sono sintetizzate naturalmente dalla pianta anche a bassissime concentrazioni,
incidono con numerosi processi del ciclo ontogenetico dell’albero regolandone la crescita e la
risposta gli stimoli ambientali. Le cinque classi principali sono: AUXINE, GIBERELLINE, CITOCHININE
(promotori) ACIDO ABSCISSICO, ETILENE (inibitori)
GLI ORMONI E IL LORO RUOLO NELLA REGOLAZIONE
VEGETALE
Il termine ormone fu proposto da harty agli inizi del 1900 ed usato in fisiologia animale. Prime
caratteristiche delineate per gli ormoni animali: si formano nelle ghiandole endocrine, vengono
traslocati al luogo di azione mediante sangue o linfa, regolano particolari processi fisiologici,
agiscono in concentrazione minima
I fisiologi vegetali trovarono una somiglianza tra il concetto di ormone e gli esperimenti di Darwin
sul fototropismo e utilizzarono tale termine anche per i vegetali.

1. La caratteristica comune a tutti gli ormoni vegetali è quella di essere sostanze naturali
in grado di influenzare la concentrazione ridottissimi i processi fisiologici crescita
differenziazione e sviluppo.
2. L’azione regolatrice esplicata dagli ormoni nella morfogenesi può essere DIRETTA o
INDIRETTA nell’ambito dei fenomeni correlativi legata alla capacità che gli ormoni hanno di
influenzare la traslocazione delle sostanze nutritive e l’efficacia metabolica di tessuti e
organi.
3. La loro azione è accompagnata da una modificazione quantitativa e qualitativa
dell’attività del genoma e di conseguenza del corredo proteico della cellula.
4. Gli ormoni si legano a uno o più recettori specifici presenti nelle cellule formando un
complesso ormone-recettore.
5. La biosintesi degli ormoni si realizza di preferenza in alcuni siti rispetto ad altri pur non
esistendo nelle piante tessuti organi specializzati per questa funzione
6. Gli ormoni o loro precursori o prodotti del metabolismo vengono trasportati nella
pianta per vie diverse: in alcuni casi il trasporto corrisponde ad una funzione di
messaggeri.gli ormoni possono però anche agire nello stesso tessuto cellula ove sono stati
sintetizzati.
7. Gli ormoni non sono gli unici fattori della regolazione, ma interagiscono con gli stimoli
ambientali nel regolare diversi fenomeni fisiologici e nel controllare lo sviluppo della pianta.

INTERAZIONE FRA ORMONI


L’avvio della maturazione della bacca (ma lo stesso concetto vale anche per le prime fasi di
sviluppo) e coordinato da una serie di interazioni tra diversi ormoni che cambiano anche in
funzione dello stadio di sviluppo.
Omeostasi ormonale: i processi cellulari tendono all’omeostasi
Le piante sono estremamente sensibili agli ormoni, diverse concentrazioni determinano effetti
differenti, un determinato ormone determina spesso un effetto prevalente accompagnato da una
serie di effetti plagiotropici collegati all’azione degli altri ormoni, la risposta ormonale prevede
sempre una componente omeostatica che tende a riportare il sistema all’equilibrio.

L’applicazione regolatori deve tenere sempre in forte considerazione l’importanza della fase di
sviluppo in cui si trova la pianta, delle condizioni ambientali contingenti e la possibilità che il sito
regolatore venga trasportato attivamente nelle diverse parti della pianta.

AUXINE
_Sintetizzato a partire dal triptofano, mutanti incapaci di sintetizzare triptofano dimostrano
l’esistenza anche di una via triptofano-indipendente.
_Controlla: divisione distensione cellulare, dominanza apicale, tropismo, allungamento del fusto,
attività del cambio, Rizogenesi
_L’attività è proporzionale alla concentrazione fino ad un optimum oltre il quale può avere effetti
inibitori
_L’unico ormone con trasporto polare, spiegato secondo la teoria chemiosmotica sulla base della
distribuzione asimmetrica dei Carrier di influsso e efflusso.

TRASPORTO POLARE DELLE AUXINE


MODELLO DI DIFFUSIONE CHEMIOSMOTICA-POLARE DI IAA
1) L’ambiente della parete cellulare e mantenuto acido per l’attività della pompa protonica. A
questo valore di pH (5) circa il 25% dell’auxina è presente in forma indissociata. Questa
forma non può diffondere attraverso la membrana. La forma principale di auxina, IAAH,
entra passivamente nelle cellule e al pH neutro del citosol si dissocia in IAA.
2) IAA si diffonde nella cellula fino alla porzione basale dove sono localizzati dei
trasportatori specifici dell’anione.
3) sono tali trasportatori a determinare la direzionalità del trasporto definito polare
Il TRASPORTO POLARE di IAA è mediato da differenti carriers: i carriers di entrata mediano
l’ingresso di auxina nel citoplasma, i carriers di uscita (PIN) determinano l’uscita di auxina fuori
dalla cellula
Il trasporto polare di auxina è essenziale per lo sviluppo della Polarità Radice-Fusto della pianta: il
trattamento con inibitori del trasporto di auxina porta a gravi anomalie nello sviluppo e alla
perdita dell’accrescimento polare nell’apice del fusto e della radice.
Differenti membri della famiglia PIN sono coinvolti nel trasporto polare di auxina in vari tessuti.
PIN1 è il più studiato ed appare coinvolto e necessario per tutti gli aspetti di sviluppo e
organogenesi delle piante.
CONCLUSIONI
Il trasporto di auxina appare fondamentale per
processi come il fototropismi, gravitropismo, la
formazione dell’embrione e l’organogenesi. Sono
stati identificati diversi tipi di trasportatori di auxina
mentre sono ancora in fase di studio i fattori che
controllano la loro posizione e la loro attività. Non
siamo ancora in grado di capire la complessità del
trasporto auxinico
È riportato in figura è un possibile modello di trasporto auxinico. La proteina Aux1/lax
regolerebbe l’assunzione di auxina nella cellula, mentre le proteine in uno l’uscita direzionale di
auxina.tutte queste proteine sono localizzate nel plasmalemma. All’interno della cellula l’auxina si
trova soprattutto nel citoplasma.

AUXINA: EFFETTI FISIOLOGICI


L’ACIDO INDOL-3-ACETICO (IAA) ed altre auxine prendono parte a molti processi diversi di
sviluppo delle piante:
_DISTENSIONE DELLA CELLULA: primi studi sulla crescita dei coleottili, Una distribuzione ineguale
di IAA in fusti e radici provoca una distensione cellulare differenziata accompagnata da curvatura
di organi. Le cellule vegetali si estendono assorbendo osmoticamente acqua ed estensione di
parete in risposta alla pressione di turgore. L’auxina aumenta l’estensibilità della parete
_INIBIZIONE DELLE GEMME LATERALI: lo sviluppo di gemme laterali è inibito da IAA prodotto nei
meristemi apicali e trasportato lungo il fusto, se la fonte di auxina è eliminata staccando il
meristema apicale le gemme laterali sono libere dallo stato di inibizione possono svilupparsi
_DETERMINA LA FILLOTASSI: cioè il pattern di emergenza delle foglie dall’asse del fusto
_ABSCISSIONE DELLE FOGLIE: le foglie si staccano a seguito di cambiamenti nelle proprietà
chimiche e fisiche delle cellule della zona di Abscissione, gruppo di cellule alla base del picciolo.la
concentrazione di auxina nelle cellule vicine o nella zona di abscissione sembra controllare il
processo di Abscissione.
_ATTIVITÀ DEL CAMBIO: la crescita secondaria dei fusti implica una divisione cellulare nel cambio
è la formazione di tessuti xilematici e Floematico. Le auxine stimolano la divisione cellulare nella
regione del cambio.
_CRESCITA RADICALE: nelle radici stimola la distensione cellulare in concentrazioni basse,
quantità più alte di auxina hanno effetto di inibire la distensione cellulare
_FORMAZIONE E CRESCITA FRUTTI: prima della fecondazione la crescita dell’ovario è bloccata dal
complesso AUX/IAA sui geni responsabili dell’inizio dell’accrescimento, dopo la sintesi di auxina
induce la loro degradazione e la conseguente espressione dei geni. Auxina sintetizza nel polline,
nell’embrione e nell’endosperma dei semi in via di sviluppo, l’accrescimento dell’ovulo fecondato
dipende dall’auxina prodotta nei semi.
_PARTENOCARPIA: in alcune specie possono essere prodotti frutti senza semi trattando con
auxina fiori non impollinanti
Auxine sintetiche:
_ACIDO INDOL-3-PROPIONICO,
_ACIDO INDOL-3-BUTIRRICO IBA
_ACIDO NAFTALENACETICO (NAA)
_ACIDO 2,4 DICLOROFENOSSIACETICO (2,4 D)
Entrambi biologicamente attivi: il primo è usato come ormone della radicazione, il secondo è una
potente auxina usato come erbicida.
GIBERELLINE
Sono state scoperte negli anni 30 in Giappone, ne sono state identificate 136. Esse stimolano la
divisione e l’allungamento cellulare.
Le Giberelline e controllano l’espressione di geni e l’attività di proteine che promuovono il ciclo
cellulare favorendo la mitosi.
Le Giberelline favoriscono il corretto orientamento dei microtubuli ( strutture proteiche
intracellulari semi rigida formate da tubulina ed altre proteine adesso associate che
contribuiscono a dare una forma alle cellule orientando nei processi di crescita), stimolando in
maniera prevalente la crescita per allungamento.
La Giberellina comunemente disponibile è la GIBERELLINA A3
Giberellina: effetti fisiologici
-Aumento della lunghezza del fusto: allungamento degli internodi con le cellule internodali che
crescono sia come dimensioni sia come numero
-Ritardo della fioritura e della senescenza di foglie e frutti
-Aumento dimensioni di foglie, fiori e frutti: diverse varietà di uva sono trattate normalmente con
prodotti Gibberellinici per aumentare le dimensioni dei frutti: impianto ornamentali vengono usati
spray sulle foglie o sui fiori per aumentare le dimensioni
-Produzione di frutti partenocarpici
-Non sostituisce le basse temperature: sostituisce molte piante le basse temperature induce la
fioritura
-Interruzione della dormienza: la dormienza dei semie gemme può essere interrotta per alcune
specie mediante l’applicazione di Giberellina
_Molte delle risposte fisiologiche delle Giberellina interessano la divisione cellulare e l’aumento
delle dimensioni della cellula: effetti simili alle auxina. La differenza consiste nel fatto che le
Giberellina sono più efficaci se applicate a piante intatta mentre gli effetti maggiori dell’auxina si
osservano su organi escissi.
_Le Giberellina viene utilizzata come prodotto chimico commerciale che rallenta la crescita, dovuta
in parte al blocco sulla sintesi di Giberellina.
CITOCHININE
Le citochinine influenzano moltissimo i processi
fisiologici:
_Stimolo della divisione cellulare: da questa
attività si arrivò alla scoperta delle citochinine
lo stimolo alla divisione cellulare è un requisito
fondamentale perché è una sostanza si è
classificata come citochinina.
_Controllo della dominanza apicale
_Crescita dell’embrione durante lo sviluppo
del seme
_Ritardano la distribuzione della clorofilla: sia in foglie staccate sia in piante intatte durante la
senescenza delle foglie frutti e altri organi
_Segnale per lo sviluppo della chioma e della radice in funzione della disponibilità di azoto

Le citochinine inducono l’espressione di geni che codificano invertasi extracellulari che


trasformano il saccarosio in glucosio più fruttosio, che vengono assorbiti più facilmente dalle
cellule fogliari ritardandone la senescenza.
Riallocazione degli assimilati più verso le foglie che verso le bacche causando ritardi di
maturazione. Le citochine stimolano anche l’espressione di geni che codificano proteine di difesa
PR

EFFETTI COMPARATI DI AUXINE, GIBBERELLINE E CITOCHININE SULLA CRESCITA DELLA PIANTA


ETILENE
_L’etilene è un gas volatile formato dalla combustione incompleta di composti ricchi di carbonio.
_Le piante producono etilene mediante processi metabolici, precursore è la metionina
_I frutti durante la maturazione sintetizzano quantità di etilene che raggiungono concentrazioni
piuttosto alte negli spazi intercellulari del tessuto del frutto. L’etilene è anche prodotto in altri
tessuti e organi: fiori foglie, fusti, radici, tuberi e semi.la quantità di etilene normalmente
presente nei tessuti è molto piccola generalmente meno di 0,1 ppm, ma nelle piante possono
svilupparsi concentrazioni localmente elevate.
Etilene effetti fisiologici
-Reazioni di crescita della pianta: curvatura delle foglie rigonfiamento del fusto, inibizione della
crescita del fusto e della radice, maturazione dei frutti.
Inibisce la distensione del fusto: stimola la distensione in senso trasversale, il fusto appare gonfio
-Accelera l’abscissione delle foglie, fiori e frutti
-Influenza molti aspetti pratici della conservazione dei frutti: fa iniziare la maturazione in molti
frutti e durante la maturazione si liberano grandi quantità di etilene.il processo di maturazione può
essere ritardato allontanando i frutti in maturazione, oppure mantenendo una bassa
concentrazione di ossigeno attorno ai frutti.
ANDAMENTO DELLA RESPIRAZIONE NEL CORSO DELLA MATURAZIONE DEI FRUTTI
_Frutti climaterici: durante la maturazione aumentano la respirazione (banane mele pere)
_Frutti aclimaterici: accumulano direttamente zuccheri semplici, non accelerano il ritmo
respiratorio (agrumi, ananas, oliva, uva)
ACIDO ABSCISSICO
L’acido ABA fu individuato nel 1955 che trovò che le foglie senescenti contengono una sostanza
che accelera la scissione con proprietà chimiche del tutto diversa da auxina o da qualsiasi altra
sostanza di crescita nota
Acido ABA: effetti fisiologici
_Interagisce con altre sostanze di crescita delle piante: solitamente a effetto di inibitore.
_Ha un ruolo nella regolazione di apertura e chiusura degli stomi: in condizioni di stress idrico
l’ABA si accumula nelle foglie. sfrutta una soluzione di ABA sulle foglie, le cellule di guardia
perdono turgore e gli sto mi si chiudono.
_Maturazione dei semi: induce tolleranza alla disidratazione soppressione del viviparismo
_Acido ABA: esercita un generico effetto inibitorio verso i processi di crescita, interviene come
mediatore nei processi di abscissione di foglie e frutti, regola la risposta allo stress idrico.
_L’acido ABA stimola l’espressione di geni che a loro volta controllano positivamente
l’espressione di altri geni che controllano la biosintesi degli antociani.

ALTRE SOSTANZE CON EFFETTI SULLA CRESCITA


_Brassinosteroidi: distensione cellulare, tolleranza agli stress, differenziamento del sistema
vascolare, sviluppo della foglia e fotomorfogenesi
_Poliammine: sintesi di DNA e proteine, processi di crescita e sviluppo, competizione con la sintesi
di etilene
_Jasmonati: resistenza a malattie, inibiscono la germinazione del seme del polline, inibiscono la
crescita di semenzali, stimolano la scissione dei fiori, stimolano lo sviluppo e la maturazione dei
frutti.
_Acido salicilico: resistenza a patogeni, termo morfogenesi
_Ormoni proteici: meccanismi di difesa, comunicazioni intercellulari, mantenimento della
struttura del Meristema apicale, incompatibilità sporofitica, transizione di fase.

MECCANISMO DI AZIONE DEGLI ORMONI


Interazione tra ormoni specifici recettori: formazione di un complesso ormone-recettor
attivazione di vie di trasduzione: 1 trascrizione di geni, 2 meccanismi di regolazione della
funzionalità proteica

REGOLATORI DI CRESCITA
Con il termine regolatore di crescita si intendono tutte le sostanze impiegate per via esogena per
controllare lo sviluppo delle piante
Essi comprendono: ormoni, composti sintetici non presenti in natura, altri composti di origine di
sintesi
_Il regolatore di crescita alterando il quadro ormonale, modificano la dinamica delle diverse
correlazioni normalmente in atto nella pianta.
_Un corretto impiego dei bioregolatori implica una buona conoscenza delle basi fisiologiche dei
processi da controllare e della natura chimica dei principi che si utilizzano.difficilmente il loro uso
sarà privo di effetti collaterali anche indesiderati, che vanno sempre considerati nel valutare
l’opportunità dell’intervento. L’uso dei bioregolatori non è in grado di risolvere se non in parte
errori tecnici commessi al momento della messa in opera o nel corso della gestione del frutteto.
_Lo studio di questi prodotti non sempre iniziato con il preciso scopo di individuarne un’azione
regolatrice. Spesso si è partiti con il ricercare un effetto diserbante,come nel caso dell’auxina
sintetica e solo successivamente si sono evidenziati effetti di regolazione, quale effetto anticascola
per la suddetta sostanza
_Altri esempi sono forniti dai diserbanti glifosato e Fluazifop con influenze positive sulla
maturazione e sulla resa della canna da zucchero, ancora un caso analogo è rappresentato
dall’insetticida Carba3ryl che effetto diradante sui frutticini del melo ciò è stato osservato
casualmente, nell’uso come antiparassitario.
_Uno stesso regolatore di crescita può avere differenti effetti se applicato a concentrazioni e in
fasi fenologiche diverse: ad esempio l’auxina acido alfa-naftalenacetico può agire sulle pomacee
da: radicante, spollonante, allegante, diradante, anticascola.
REGOLATORI DI CRESCITA: POSSIBILITA’ APPLICATIVE
AUXINE
Sono stati i primi reglatori ad essere impiegati in arboricoltura e a contribuire a risolvere
importanti problemi
_Cascola pre-raccolta negli alberi da frutto
_Radicazione delle talee di diverse specie ornamentali
_Allegagione in serra di piante orticole
Le principali auxine, tranne l’IAA sono tutte artificiali

_Nomenclatura chimica: ACIDO 3 INDOLACETICO O IAA


Tipo di formulazione: polvere secca o compresse
_Nomenclatura chimica: ACIDO 3 INDOLBUTIRRICO O IBA
Tipo di formulazione: polvere secca, liquido compresse idrosolubili
Effetti: stimolo della radicazione di talee; inibizione della cascola dei fiori in begonia e fucsia;
utilizzato nei substrati per la micropropagazione
_Nomenclatura chimica: Acido Alfa-Naftalenacetico O NAA
Tipo di formulazione: polvere secca, polvere bagnabile, compresse idrosolubili, spray
Effetti:
-Stimolo dalle radicazione di talee e diradamento di fiori e frutti nel melo,pesco,pero,olivo,agrumi
-Stimolo dell’accrescimento del frutto nel mandarino e pompelmo e anticascola in pre-raccolta nel
melo,pero pesco, agrumi
- Stimolo della fioritura in ananas e inibizione dello sviluppo di succhione e polloni radicali in
alberi da frutto

_Nomenclatura chimica: ACIDO 2,4 DICLOROFENOSSIACETICO O 2,4-D


Tipo di formulazione: concentrato solubile
Effetti:
-Anticascola in pre-raccolta negli agrumi
-Ritardo della abscissione della rosetta nei frutti di limone in post-raccolta
-Stimolo dell’allegagione e dell’accrescimento dei frutti di arancio, pompelmo, clemetine e
albicocco, stimolo della maturazione di pere, banane e fichi
-Inibizione dello sviluppo dei polloni nel nocciolo
-Diserbante selettivo nei cereali (impiego pricipale)
GIBBERELLINE
L'ACIDO GIBBERELLICO o
GA3 rappresenta la
principale gibberellina
impiegata in agricoltura
_Nome commerciale:
berelex, biogib. giberil, gi-
tre, fruttorAG, ecc
_Tipo di formulazione polvere idrosolubile, compresse, concentrato solubile
_Effetti: vedi tabella
_Gibberelline: effetti principali
_Espansione delle bacche* (anche grazie alla maggior, capacità di importare assimilati?)
_Allungamento del rachide**

CITOCHININE
Pochissime citochinine attualmente oggetto di pratica applicazione in agricoltura, risultano
impiegate normalmente in miscela con altri regolatori nelle colture in vitro e in frutticoltura. Un
limite alla loro diffusione è rappresentato dall’elevato costo.
Nomencl. Chimica: 6-benzylaminopurine BAP o 6-BENZYLADENINE BA
Tipo di formulazione: polvere, concentrato emulsionabile
Effetti:
-Interruzione della dominanza apicale
-Germinazione semi
-Ritardo della senesenza della buccia del clementine (con GA3)
-Stimolo dell’allegagione (con gibberelline)
-Interruzione della dormienza delle gemme in vite e melo
-Stimolo del germogliamento in colture in vitro
-Diradamento modifica della forma del frutto nel melo (con gibberelline)

Citochinine su altre colture


oKiwi
Aumento pezzatura frutti e Miglioramento qualità postraccolta
o Pero e Melo
Diradamento e Allungamento frutto (6-BA in combinazione con GA-4+1)
REGOLATORI DI CRESCITA: INIBITORI
L'acido abscissico ABA è un inibitore naturale e di esso sono noti i numerosi effetti riscontrati
sperimentalmente sulle piante:
• Incremento della resistenza al freddo negli astoni di melo
• Stimolo dcll'abscissione dei frutti nel ciliegio, olivo, pesco, vite
• Stimolo dcll'abscissione delle foglie nell'olivo, cotone, agrumi
• Induzione e prolungamento della donnienza delle gemme in piante da frutto
• Ritardo della fioritura nelle specie longidiurne in quanto I'ABA simula gli effetti del giorno corto
• Chiusura degli stomi, con riduzione della traspirazione
L'ABA ha un effetto specifico e locale sullo sviluppo della colorazione della bacca
L'ABA stimola l'accumulo di zuccheri

ABA o etilene? !
I migliori risultati si ottengono potenzialmente con trattamenti combinati ABA+ ethephon
Le applicazioni di etilene presentano alcune controindicazioni che non solo potrebbero annullare
l'effetto dei trattamenti, ma anche portare effetti collaterali indesiderati, perché:
_i formulati (es. ethrel, ethephon, ecc.) rilasciano etilene in funzione delle condizioni di
temperatura, pH, ecc., con una variabilità molto significativa
_L'effetto varia in maniera significativa nei diversi genotipi (anche con effetti inversi a quelli
desiderati!!!) e a seconda della fase di sviluppo in cui viene applicato
_L'etilene accelera i processi di senescenza. portando effetti negativi sul] prodotto finale (es.
eccessivo rammollimento, senescenza dei tessuti del rachide, maggiore suscettibilità a patogeni
fungini)
ETILENE
_Etilene: le difficoltà e la pericolosità di manipolazione di questo gas, nonché gli effetti collaterali
indesiderati, hanno fatto sì che l'impiego pratico dell'etilene sia limitato alla maturazione
accelerata e alla deverdizzazione della frutta. Questo genera un immissione nelle celle di una
miscela di azoto ed etilene allo scopo di far raggiungere rapidamente alla frutta le caratteristiche
merceologiche richieste dal consumatore e che non si presentano in un prodotto, sia pur maturo,
appena raccolto: I'operazione si effettua con temperature alte e con l'atmosfera ricca di ossigeno
_La maturazione accelerata si effettua su:
- mele (gruppo Golden Delicious) - pere (Kaiser, Passacrassana, William) - banane - kaki
_Sverdimento e deverdizzazione: l'effetto desiderato è solo l'ingiallimento della buccia dei frutti
che al momento della raccolta, pur avendo già raggiunto la giusta maturazione della polpa, sono
ancora verdi; si effettua su: - clementine - limone – mandarini
EFFETTI POSITIVI
_Stimolazione della colorazione antocianica
_Aumento dei solidi solubili
_Diminuzione dell'acidità titolabile
_Aumento della succosità
_Controllo dell'attività vegetativa*
_Aumento dei polifenoli totali**
FRUTTI CLIMATERICI
_L'etilene è il maggiore determinante della maturazione nei frutti climaterici
_E' possibile intervenire con svariati fitoregolatori per modificare la rispostaall'etilene

IMPIEGHI (ESEMPI)
Inibitori (AVG, 1-MCP)
oBlocco temporaneo/rallentamentodella maturazione
oEstensione della finestra di raccolta
oRiduzione riscaldo superficiale
Stimolatore (ACC)
oStimolazione della colorazione I

TIPOLOGIE DI INIBITORI
Tra gli inibitori artificiali si suole distinguere tra:
_SOPPRESSORI: sostanze che distruggono, con azione caustica. il meristema apicale. Tra i
soppressori di crescita troviamo gli esteri metilici di acidi grassi (considerati i veri cimanti chimici,
trovano impiego su alberi da frutto in sostituzione della cimatura manuale) e gli alcoli grassi
_RITARDANTI DI CRESCITA: quelle sostanze che inibiscono temporaneamente I 'attività del
meristema apicale e del meristema subapicale; a questo gruppo sono tipicamente riferibili i così
detti brachizzanti o nanizzanti

SEGNALI ESOGENI DI SVILUPPO


> Gravità > Temperatura > Luce
Definiscono nel loro insieme la situazione ambientale a cui l’albero si adatta modulando il suo
sviluppo

GRAVITA’
La sensibilità al campo gravitazionale è massima nel MERISTEMA RADICALE e nella ZONA DI
ALLUNGAMENTO DEL FUSTO
_Radice: comportamento geotropico positivo
_Fusto: comportamento geotropico negativo
Inversione del gradiente di sensibilità al colletto

Gravità percepita da cellule specializzato: STATOCITI


Localizzati in una specifica porzione della cuffia (Columella)
Presentano strutture particolari detta STATOLITI e costituite da aggregati di amido
La percezione della gravità è data dall’interposizione di un porzione di reticolo endoplasmatico
gravisensibile, alla base della cellula, tra lo statolita ed il plasmalemma
Statoliti non indispensabili ma aumentano la sensibilità (amplificatori di perezione)

Alterazione a livello degli statociti che riguardano:


-Variazione dei flussi di carica e di potenziale di membrana
-Aumento della concentrazione di Ca citosolico che attiva segnali a cascata controllati da cinasi
Ca-dipendenti o dipendenti da complessi calcio-proteina (calmodulina) Modifica del trasporto
dell'auxina per azione su carrier di efflusso
-Nel fusto: risposta regolata da auxine, ma sembra che le basi molecolari del meccanismo siano
solo in parte condivise. Il gravimorfismo controlla l’habitus vegetativo => massima sensibilità
geotropica nella fase giovanile, con gradiente di vegetazione basitono (a) in fusto e radice che
nella maturità tende a convertertirsi in acrotono (C)

Il comportamento gravimorfico ha un controllo genetico ed è importante nella scelta di


portinnesto e cultivar
Alta sensibilità geotropica
-Maggior approfondimento dell’apparato radicale
-Miglior ancoraggio
-Forte dominanza apicale
-Difficoltà di messa a frutto
-Minor plasticità e adattamento nella forma di allevamento

TEMPERATURA
È il fattore ambientale più determinante. Definisce L'AREALE DI DIFFUSIONE
Controlla tutte le fasi fenologiche nonché complesse sindromi fisiologiche
_Transizione di fase
_Embriogenesi
_Maturazione
_Dormienza dei semi e delle gemme
ENDODORMIENZA ECODORMIENZA PARADORMIENZA
ENDODORMIENZA
_Si stabilisce in modo progressivo e basipeto
_Riduzione del fotoperiodo (da inizio o metà agosto)
_Viene percepito da fitocromi e criptocromi  riduzione di gibberelline e aumento di
ac.abscissico
_Riduzione crescita intemodale ' (meristema sub apicale) Mantenimento dell’ attività del
meristema apicale
_Formazione delle gemme: Blocco progressivo dei meristemi
-Frammazione vacuolare
-Disidratazione
-Riduzione del volume cellulare
-Formazione di corpi paramurali
-Blocco della funzionalità dei plasmodesmi
Superamento della dormienza legato all’andamento termico
MODELLO RICHARDSON O UTAH
Si basa su indici di conversione delle temperature che rappresentano accumuli positivi o negativi
Effetti positivi: Temp. 0º-12ºC
Effetti negativi: temperature superiori
Modello dinamico
Nasce dall’osservazione che un regime termico fluttuante, a parità di CU è più efficiente di uno
costante
La temperatura regola la cinetica di due reazione:
AB Velocità crescente da 0° a 7°C e Velocità decrescente da 7° a 12°C
Reversibilità BA a temperatura superiori
-Percezione del freddo (chilling perception)
-Negazione dell’effetto del freddo (chilling negation)
-Fussazione dell’effetto del freddo (chilling fixation)
BC: reazione irreversibile favorita da temperature tra i 15° e i 18°C
Luce-regimi elevati-fitoregolatori (CK e GGAA)
AC: T > 30°
ECODORMIENZA
Disponibilità idrica e nutrizionale
Superamento legato all’accumulo di unità di calco
GDH (Growing Degree Hours) ore trascorse ad una temperatura di 1° superiore ad una soglia
termica specifica
La temperatura riattiva una serie di processi morfogenetici:
-MICROSPOROGENESI
-GERMOGLIAMENTO
-ATTIVITÀ CAMBIALE
-DIFFERENZIAMENTO degli ORGANI FIORALI
-MACROSPOROGENESI
-ANTESI
Le fasi fenologiche sono legate ad accumuli precisi e crescenti
SOGLIA TERMICA
4,5-5° molti fruttiferi dei climi temprati 10°Cvite
Per il modello GDH l’accumulo è lineare fino a 25°C con ulteriori aumenti di temperatura si
assume che l’effetto non cambi
In post antesi in caso di alte temperatura, per misurare le esigene termiche che favoriscono le
diverse fasi, si valutano i GDD (Growing Degree Days) misurando ogni giorno la differenza tra la
media giornaliera e la soglia termica base e facnedo quindi la sommatoria
GDD/g= [(Tmax-Tmin)/2]- Tbase
ASPETTI MOLECOLARI CHE GOVERNANO LA
TERMOMORFOGENESI
Modalità di percezione dello stimilo termico: sconosciuta
Variazione metaboliche chi coinvolgono lo stato e la funzionalità dei sistemi di membrana
Attivazione di set genici a controllo epigenetico
Sistema di trasduzione degli stimoli termici che interagisce o è in parte condiviso con quello degli
orrnoni

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