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Capitolo 4
Impianto idraulico
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4.1
POLITECNICO DI MILANO - DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA AEROSPAZIALE
IMPIANTI E SISTEMI AEROSPAZIALI – Dispense del corso, versione 2011
Capitolo 4 – Impianto idraulico
4.1 Introduzione
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alimentate dall’impianto pneumatico con aria spillata dai compressori dei propulsori o
dell’APU. Ogni utenza è alimentabile da almeno 2 circuiti indipendenti.
Raramente (ATR42) esiste la possibilità di alimentazione incrociata dei diversi circuiti, nel
caso il gruppo di generazione di uno di essi vada in avaria. In alcuni casi (MD80) è invece
possibile che un circuito ne metta in pressione un altro che abbia la generazione in avaria,
tramite un gruppo reversibile motore idraulico - pompa, quindi comunque senza mescolamen-
to dei fluidi dei 2 circuiti.
Di solito è importante che parte dell’impianto funzioni con velivolo a terra e motori spenti
(al limite con l’APU in funzione), per le prove funzionali di alcune utenze, le operazioni di
carico e traino, ecc.
Per i motivi visti nel capitolo 2, in genere un impianto idraulico di impiego aerospaziale
viene realizzato a pressione costante; questa filosofia permette anzitutto l’attivazione in paral-
lelo di un numero qualsiasi di utenze (ammesso che le pompe siano in grado di fornire le por-
tate richieste) senza che interferiscano tra loro; inoltre si possono dimensionare le varie uten-
ze su un valore ben preciso di pressione (si tenga comunque presente che la pressione viene
fissata su un valore nominale attorno al quale è definita una tolleranza; i vari componenti de-
vono poter lavorare nell’intero campo di tolleranza previsto). Un parametro caratteristico da
fissare nel progetto di un impianto idraulico è quindi la pressione di alimentazione. Al fine di
ridurre le dimensioni e quindi i pesi di tutti i componenti, è opportuno avere un valore il più
grande possibile per la pressione; questo ovviamente comporta anche il vantaggio di dover
elaborare minori portate. Naturalmente esistono dei limiti al valore di pressione utilizzabile,
dovuti a problemi di:
• comprimibilità;
• tenute delle guarnizioni;
• dimensioni troppo piccole di alcuni componenti.
Anche se è possibile ottimizzare il valore nominale di pressione, per motivi di convenienza
economica, si preferisce utilizzare valori standardizzati.
La pressione nominale più comunemente impiegata negli impianti idraulici aeronautici è di
21MPa (3000 psi, 210 kg/cm2), ma per esempio il Tornado ed il Concord hanno l’impianto a
28 MPa, il Cessna Citation a 10.5 MPa. Sono comunque allo studio impianti lavoranti a pres-
sioni decisamente superiori specialmente per impiego in campo spaziale.
Come si vede dalla tabella seguente con una pressione di 21 MPa si raggiungono rapida-
mente elevati valori di forza su martinetti anche di piccolo diametro:
I valori alti di pressione portano a componenti più piccoli; a pari potenza si hanno portate
minori e quindi velocità minori nei tubi e minori perdite di carico. D’altra parte aumentare
troppo la pressione presenta degli svantaggi: le dimensioni possono diventare troppo piccole,
le guarnizioni più critiche, l’effetto della comprimibilità aumenta.
La comprimibilità implica un lavoro di compressione dato da:
p
p0
p V
L = ∫ pdV = ∫ p dp =
V
p0 β β∫
p
p0
pdp =
V 1 2
β2
(
p − p0
2
)
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4.2.1 Generazione
La generazione di pressione e portata viene svolta dalle pompe. Ogni circuito indipendente
di bordo è alimentato da una o più pompe. Esse possono essere azionate dai propulsori (attra-
verso dei riduttori), da motori elettrici dedicati, da turbine ad aria compressa, da elichette po-
ste al vento relativo, oppure manualmente dall’equipaggio di bordo.
4.2.3 Utenze
Le utenze sono rappresentate dagli attuatori, dispositivi che trasformano l’energia idrauli-
ca in meccanica. Gli attuatori possono essere lineari (martinetti) o rotativi (motori idraulici).
I principali utilizzatori a bordo dei velivoli sono:
• ipersostentatori di bordo d’uscita e d’attacco;
• aerofreni;
• freni;
• equilibratori;
• alettoni;
• timoni;
• sterzo ruotino;
• inversori di spinta;
• portello vano e carrello d’atterraggio;
• portelloni di ingresso.
4.2.4 Accessori
Elementi accessori sono:
• accumulatori;
• filtri;
• guarnizioni;
• serbatoi;
• scambiatori di calore.
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• pompe volumetriche;
• pompe fluidodinamiche.
Le prime, praticamente le uniche usate negli impianti idraulici aerospaziali, sono anche
dette a spostamento, poiché sono in grado di spostare un volume di fluido quasi indipenden-
temente dalla pressione a valle. Le pompe volumetriche sono in grado di raggiungere le più
alte pressioni e quindi sono particolarmente adatte per impianti di trasmissione di potenza
meccanica. Tipico esempio ne è la pompa a pistone.
Le seconde accelerano il fluido e sono particolarmente indicate per impianti dedicati a tra-
sferire fluido, come, ad esempio, gli impianti di alimentazione combustibile, Tipico esempio
ne è la pompa centrifuga.
Per le pompe volumetriche si può definire una portata volumetrica espressa da:
Q = ηV nV
Wi
Wm =
ηG
ηV rendimento volumetrico
ηm rendimento meccanico
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Il caso più semplice di pompa a pistoni è quella a pistone singolo. Il movimento del pisto-
ne, in genere realizzato manualmente o con un sistema a biella e manovella, spinge il fluido
dal cilindro verso il condotto di mandata ottenendo così una certa portata.
Vc = Ax
Vu = η v Ax
Q(t ) =
dVu dx
= ηv A
dt dt
Fig. 4.1 – Pompa a pistone
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Per ottenere una certa uniformità del flusso occorre utilizzare diversi cilindri sfasati tra lo-
ro, ottenendo così una portata data da:
N
Q = η v Ac∑ max(sin (ωt + ϕ i ),0)
1
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Come visto nel paragrafo precedente le pompe volumetriche forniscono per loro natura
una portata, la pressione deriva da quanto presente a valle; in sostanza è la comprimibi-
lità del fluido (o del gas di un eventuale accumulatore sulla linea di mandata) che determina
la pressione in funzione della portata generata e quella assorbita dall’impianto.
Un eccesso di portata rispetto a quanto richiesto dall’impianto determina un aumento di
pressione e viceversa una scarsità di portata rispetto a quanto richiesto determina un calo
della pressione.
Infatti:
dV
dp = − β
V
1 dV 1
= β (Qi − Qu )
dp
= −β
dt V dt V
Compressione Utilizzatori
Qi Qu
Dato che gli impianti, per non avere interferenza fra le varie utenze, devono essere a pres-
sione costante, sono indispensabili degli organi di regolazione che adeguino la portata al valo-
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re richiesto dalle utenze. Se ciò non si verifica la pressione nell’impianto varia per la compri-
mibilità del fluido (con gradienti molto elevati) o del gas presente nel circuito. I sistemi di
regolazione possono essere fondamentalmente di due tipi: si mantiene costante la portata della
pompa e si aggiunge a valle una valvola di regolazione in modo che l'eccesso di portata venga
spillato e riportato nel serbatoio dell'olio; si introducono degli organi di regolazione che alte-
rino il numero di giri o la cilindrata della pompa in modo da avere la sola portata necessaria
all'impianto. Questa seconda tecnica richiede macchine più complesse, ma è ovviamente mol-
to più efficiente dal punto di vista energetico.
m&x& = p p A − kx − F0
p p = p − hA 2 x& x& pp
Qs = f ( x )
Fig. 4.12 – Valvola regolatrice di pressione
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4.5 Tubi
Le tubazioni sono in acciaio inossidabile per le parti ad alta pressione, in alluminio per
quelle a bassa pressione (spesso le linee di ritorno). Alcuni tratti sono realizzati in tubo flessi-
bile se devono seguire il movimento di un organo. Esse devono avere sezioni adeguate in base
al flusso d’olio, essere il più possibile rettilinee e, nel caso di cambiamenti di direzione, avere
ampi raggi di curvatura. La scelta del diametro dei tubi è legata ad un compromesso tra peso
ed entità di perdite di carico che ci si può permettere; valori indicativi delle velocità racco-
mandate nei vari tipi di condotti sono:
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4.6 Valvole
• distributrici di comando
• di esclusione
• di non ritorno
• di sicurezza
• di sequenza
• regolatrici di pressione
• riduttrici di pressione
• a spola
• regolatrici di portata
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m&x& = pA1 − kx − F0
Appena la valvola si apre la pressione tende a calare, mentre la forza esercitata dalla molla
cresce, la valvola tenderebbe quindi a richiudersi. Se appena la valvola si apre la pressione
agisce su un’area A2 con A2 > A1 , essendo al limite della chiusura F0 = pch A2 si ha:
pap A1 = F0 = pch A2
A1
pch = pap
A2
realizzando così l’isteresi voluta.
Viene impiegata per comandare la sequenza di due o più manovre; per esempio
l’estrazione carrello, che deve avvenire dopo l’apertura del portello. E’ attivata idraulicamen-
te ed è analoga alla valvola di sicurezza a cassetto, ma invece di scaricare in serbatoio alimen-
ta un’altra utenza.
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Questa viene utilizzata per eventuali utenze che richiedono pressioni minori di quella no-
minale dell’impianto. Il cursore, contrastato dalla solita molla regolabile, sente come pressio-
ne pilota quella all’uscita e trova una posizione di equilibrio che strozza più o meno
l’alimentazione a tale utenza.
Viene installata a monte di utenze che possono essere alimentate da due diversi circuiti i-
draulici, tipicamente quello di servizio e quello di emergenza. Come evidente dallo schema di
figura, il cursore di questa valvola sente qual è l’impianto con maggior pressione, permetten-
dogli di alimentare l’utenza senza scaricare nell’altro impianto.
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4.7 Servovalvole
La figura 4.24 mostra l’installazione di una servovalvola che aziona un martinetto, collega-
to ad un trasduttore di posizione che genera un segnale di retroazione per il controllo
dell’input alla servovalvola stessa.
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Lo schema della figura 4.25 rappresenta un esempio semplice di valvola pilota di bassa po-
tenza, con riportato il circuito idraulico equivalente. Si tratta di una valvola a doppio ugello
con otturatore mobile. I due ugelli sono alimentati con pressioni uguali pS, ma l’otturatore
può spostarsi verso uno dei due ostacolandone l’uscita del flusso e quindi variando i valori
delle pressioni pA e pB.
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pS − p0 = [ K1 + αK 2 ]QA2 = [ K1 + (1 − α ) K 2 ]QB2
dove QA e QB sono le portate nei due rami, K1 e αK2 i coefficienti di perdita di carico nelle
strozzature ed α un parametro adimensionale che assume valori attorno allo 0.5 in funzione
del livello di otturazione dell’ugello; svolgendo qualche conto si ottiene:
αK2 pS + K1 p0
pA =
K1 + αK 2
( 1 − α )K 2 p S + K1 p0
pB =
K1 + ( 1 − α )K 2
che sono uguali per α = 0.5 (otturatore in mezzo tra i due ugelli).
L’otturatore è azionato da un segnale di
ingresso, tipicamente un segnale elettrico
tradotto attraverso un solenoide in una cop-
pia che viene contrastata da una molla.
Una corrente inviata al solenoide deter-
mina quindi una rotazione dell’otturatore e
di conseguenza una differenza fra le pres-
sioni p A e p B che a sua volta determina
uno spostamento del cursore del distributo-
re. Introducendo una retroazione, ad esem-
pio con un collegamento elastico fra
l’otturatore e il cursore come in figura 4.26
o misurando lo spostamento del cursore ed
inviando al solenoide un segnale proporzio-
nale alla differenza fra il comando e lo spo-
stamento ottenuto, si ottiene un ritorno
dell’otturatore nella posizione neutra con
uno spostamento del distributore proporzio-
nale al segnale di ingresso.
Comunemente col nome di servovalvola
si indica tutto il gruppo costituito da organo
di comando, valvola pilota, valvola princi-
pale e circuito di retroazione. La valvola
pilota viene di solito miniaturizzata, ed il
complesso diventa un sistema leggero e
poco ingombrante. Il vantaggio notevole di
questo sistema è anzitutto il fatto che, es-
Fig. 4.26 - Servovalvola
sendo a due stadi, necessita di un segnale di
ingresso di bassa potenza.
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4.8 Martinetti
I martinetti, o cilindri idraulici, sono il tipo di motore più semplice utilizzato in campo i-
draulico. Funzionalmente possono essere a semplice o doppio effetto, a seconda che il fluido
di alimentazione provveda allo spostamento in un solo senso o in entrambi, e a singolo o dop-
pio stelo.
Lo stelo può essere semplice o passante. L’ancoraggio può essere sullo stelo o sul corpo ci-
lindrico.
Un tipo particolare è il martinetto telescopico, che permette di ottenere elevate corse con
minimi ingombri.
I martinetti permettono con grande facilità di realizzare comandi rettilinei con qualsiasi
legge di moto, senza ricorrere a complicati cinematismi. Va tenuto presente però che essi pre-
sentano dei problemi se devono lavorare trasmettendo carichi flettenti; si preferisce quindi
utilizzare martinetti con cerniere alle estremità che trasmettono solo carichi assiali.
La forza esercitata da un martinetto è ottenuta
dell’effetto delle pressioni sulle facce del pistone; è
data quindi da:
F = Pa AC − Pb ( AC − AS )
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4.9 Motori
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4.10 Accumulatori
• fornire una certa quantità di fluido in pressione per le utenze quando le pompe non fun-
zionano, ossia in caso di emergenza; questi accumulatori sono posti in prossimità
dell’utenza da azionare e sono previste valvole di non ritorno per evitare che
l’accumulatore disperda energia verso altre utenze;
• mantenere pressurizzato il circuito aiutando le pompe nei momenti di maggior richiesta;
• assorbire le irregolarità di pressione dovute all’attivazione e disattivazione delle utenze (i
sistemi di regolazione visti in precedenza hanno dei transitori) ed al funzionamento pul-
sante delle pompe; in questo caso è immediata l’analogia col volano in un sistema mecca-
nico; un accumulatore con tale scopo è collegato poco a valle della pompa;
• assorbire i colpi d’ariete.
Esistono altre funzioni meno comuni dell’accumulatore. Per esempio sull’AMX esiste un
accumulatore che, rimasto in pressione dopo lo spegnimento dell’impianto, può alimentare un
motore idraulico per l’avviamento della turbinetta ausiliaria APU, anziché utilizzare un siste-
ma classico batteria - motore elettrico.
Da quanto detto è evidente che a bordo può essere presente un certo numero di accumula-
tori per varie funzioni.
Sono diversi i tipi di accumulatore possibili.
Fig. 4.31 – Tipi di accumulatore: a peso, a molla, a gas con pistone mobile, pelo libero,
sacca e membrana
Il primo tipo non viene impiegato a bordo dei velivoli perché richiederebbe dimensioni
improponibili. In esso la pressione è ottenuta da un pistone pesante ed è quindi costante: que-
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sto accumulatore sarebbe quindi ideale perché a pari volume immagazzina la massima energia
possibile, ma anche utilizzando i più pesanti materiali non si possono raggiungere 21 MPa in
spazi contenuti; infatti la pressione in esso sarebbe:
γV γAh
p= =
A A
da cui:
p
h=
γ
21 *106
(Anche utilizzando i metalli più pesanti (iridio ρ = 22.4 *103 kg/m3) si ha h =
p
= = 95.6m )
ρg 22.4 *103 * 9.81
Questi accumulatori trovano impiego a terra e con pressioni molto basse (ad es. gasome-
tri).
Il secondo tipo è raramente utilizzato a bordo dei velivoli, perché più pesante di quello a
gas. In esso la pressione è ottenuta da un pistone su cui agisce una molla compressa; se V è il
volume di olio introdotto, F0 il precarico della molla, K la sua rigidezza e A l’area del pistone,
l’andamento della pressione in funzione di V è data dalla legge lineare:
F0 K
p= + 2V
A A
In genere vengono usati accumulatori a gas (per lo più azoto, perché inerte ed economico)
di vari tipi: a pelo libero, a pistone, a sacca e a membrana.
Indicando con V0 il volume del gas ad accumulatore scarico, che equivale a quello
dell’accumulatore, p0 la pressione del gas in queste condizioni, V il volume di olio introdotto,
quando l’accumulatore viene caricato, il gas subisce una trasformazione politropica e la pres-
sione diventa:
γ
⎛ V0 ⎞
p = p0 ⎜ ⎟
⎝ V0 − V ⎠
4.23
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me portandosi alla pressione di precarica; quando l’impianto viene messo in pressione entra
olio nell’accumulatore fino a quando la pressione al suo interno non uguaglia quella
dell’impianto.
Pensando ad una carica isoterma, se la pressione dell’impianto è p n il volume di olio en-
trato è:
⎛ p ⎞
V = V0 ⎜⎜1 − 0 ⎟⎟
⎝ pn ⎠
Tale volume è teorico e va maggiorato con un coefficiente di sicurezza per tener conto
dell’assorbimento di gas nel liquido e di trafilamenti.
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4.11 Serbatoi
Gli impianti idraulici possono avere uno o più serbatoi; questi sono necessari, oltre che per
il normale contenimento del liquido utilizzato, per:
• permettere la separazione di eventuale gas in sospensione;
• assorbire le variazioni di volume complessivo di liquido per salti termici, quantità assorbi-
te e rifornite dalle utenze e trafilamenti;
• dissipare calore (se non è sufficiente si usano degli scambiatori, utilizzando come refrige-
rante l’aria esterna o il combustibile).
Gli elementi principali del serbatoio so-
no:
• un bocchettone di rifornimento, dotato
di filtro per le impurità più grossolane;
• una finestrella di controllo del livello
durante le operazioni di manutenzione;
• una sonda di livello con trasduttore; in
verità questo non è un dispositivo sem-
pre presente, poiché se si ha una perdita
di olio la pressione dell’impianto dimi-
nuisce istantaneamente; perciò è più uti-
le un manometro sulla linea, con tra-
sduttore elettrico e rinvio in cabina del
segnale di pressione;
• una linea di mandata alle pompe
dell’impianto principale; il pescaggio
non avviene sul fondo, per evitare di a-
spirare impurità sfuggite alla filtrazione
e per lasciare una riserva per la mandata Fig. 4.34 – Serbatoio per impianto
ausiliaria; idraulico
• una linea di mandata alle pompe ausiliarie
dell’impianto, pescante dal fondo;
• un filtro per depurare il fluido di ritorno;
• una o più linee di ritorno dalle utenze e dai drenag-
gi, in genere connesse tangenzialmente al serba-
toio, al di sotto del pelo libero, o comunque con
accorgimenti tali da ridurre il gorgogliamento e la
formazione di schiuma.
In genere i serbatoi sono pressurizzati, per assicura-
re alla pompa un liquido che non sia prossimo alla
pressione di cavitazione, specialmente al crescere della
quota. In alcuni casi il serbatoio viene pressurizzato
con aria spillata dall’impianto pneumatico e depurata;
in altri si sfrutta la stessa pressione dell’impianto i-
draulico (fig. 4.35). La pressione nei serbatoi viene
comunque tenuta abbastanza bassa per non creare Fig. 4.35 – Serbatoio
pressurizzato
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4.25
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Il grado di filtraggio necessario dipende dalle tolleranze nei componenti utilizzati, in base
a queste esiste infatti una misura delle impurità dannose che è necessario filtrare per evitare
danneggiamenti e aumento delle impurità circolanti.
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4.27
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4.14 Guarnizioni
Le guarnizioni servono a ridurre i trafilamenti quando viene lasciato del gioco tra le parti
in movimento, come cilindro e pistone in un martinetto, onde evitare l’usura. Sono in materia-
le elastico e possono avere diverse forme, ma le più comuni sono quelle rotonde ad anello,
inserite in apposite scanalature; in figura è disegnata la sezione di una guarnizione del genere
a riposo; se aumenta la pressione da un lato, la guarnizione viene spinta e deformata, realiz-
zando un’ottima tenuta; ma se la pressione aumenta troppo, si rischia una deformazione, con
estrusione della gomma tra le due superfici in movimento ed usura della guarnizione; per evi-
tare questo inconveniente si introducono degli anelli laterali di spallamento in teflon.
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Nelle pagine seguenti vengono riportati alcuni schemi di impianti idraulici a bordo di veli-
voli.
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4.29
POLITECNICO DI MILANO - DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA AEROSPAZIALE
IMPIANTI E SISTEMI AEROSPAZIALI – Dispense del corso, versione 2011
Capitolo 4 – Impianto idraulico
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4.17 Bibliografia
H.G.Conway, Aircraft Hydraulics, Chapman & Hall, 1957.
W.L.Green, Aircraft Hydraulic Systems, Wiley, 1985.
H.E.Merritt, Hydraulic Control Systems, Wiley, 1967.
G.Rigamonti, Oleodinamica E Pneumatica, Hoepli, 1987.
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