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MIGLIORAMENTO GENETICO

DEI FRUTTIFERI
1: Il miglioramento genetico-definizioni ed obiettivi per i fruttiferi
-Definizione e compiti del miglioramento genetico
-Obiettivi del miglioramento genetico per i fruttiferi: il caso del portinnesto e delle varietà
-Il significato del miglioramento genetico per la sostenibilità delle produzioni
-L’evoluzione dei metodi di miglioramento genetico

2: Metodi Tradizionali di miglioramento genetico e insorgenza di variabilità


-Le Mutazioni Indotte
-Le tipologie di Incrocio e le procedure per la Selezione
-La Selezione Clonale: le mutazioni naturali e le Chimere
-Le Modificazioni Epigenetiche

3: Biotecnologie a supporto del Breeding


-Le colture in vitro per il Breeding: Variabilità Somaclonale, Protoplasti e Fusione Somatica,
Microinnesto
-La Trasformazione Genetica: obiettivi, metodologie e applicazioni nei fruttiferi
-Quadro normativo degli OGM: internazionale, europeo e italiano
-Le New Breeding Techniques: Cisgenesi e Genome Editing
-Next Generation Breeding: la genomica e il miglioramento genetico

4: Biodiversità e metodi di Conservazione Del Germoplasma


-Importanza della biodiversità, Pool genico
-Metodi di conservazione: in Situ, Ex Situ e On Farm

C’È ANCORA BISOGNO DEL MIGLIORAMENTO GENETICO?


Ovviamente è una domanda retorica, in quanto quello che accade in termini di incremento
demografico, in termini di riduzione delle superficie arabili, possiamo già dire che il clima è
cambiato e quindi alimentazione e ed agricoltura devono cambiare e devono cambiare perché è
necessario ridurre da una parte gli input e dall’altro migliorare l’efficienza delle nostre produzioni
agricole.
L’agricoltura ha un ruolo fondamentale, per gli obiettivi di uno sviluppo sostenibile perché:
· Cerca di ridurre la fame del mondo, l’agricoltura e quindi il miglioramento genetico, deve
aiutare per migliorare la salute dell’uomo, tramite la costituzione di cibi funzionali
· Produrre energia più pulita, cosi come un utilizzo migliore delle risorse idriche
· Anche in termini di povertà per aiutare i poveri ad avere un loro reddito.
MIGLIORAMENTO GENETICO – DEFINIZIONE
Il miglioramento genetico si può definire innanzitutto come una scienza, come un’arte.
Ma anche un’importante valenza in termini economici e commerciali. Il ruolo della scienza e della
tecnologia continua ad aumentare, rivoluzionando il processo di selezione, facilitandolo e
rendendolo più efficiente.
I breeders e quindi coloro che fanno miglioramento genetico, procedono per approssimazioni
successive. Ciò vuol dire che l’obiettivo a volte cambia nel tempo, specie per le colture arboree
per le quali è estremamente lungo il processo di valutazione delle produzioni, e questo può
portare anche cambiare la strategia di selezione. Alla fine, il risultato finale di questo breeding è il
rilascio di una nuova varietà o di un nuovo portinnesto.
Questione che non affronteremo in questo corso perché complessa, è la questione legata ai Diritti
Del Costitutore: dopo che si ottiene una nuova varietà, cosa si deve fare?
Nella qualità di proprietari di un frutteto, ad esempio una branca di arancio dolce o
tarocco, che produce frutti particolarmente colorati, se consideriamo che si sia originata da
una singola gemma che ha modificato il suo assetto genetico, ossia un mutante, da questa
gemma si originerà un frutto di tipo diverso, e da questo dopo una serie di propagazioni
agamiche che conferma le caratteristiche e quindi dopo che si innesta questa marza per
diversi anni, si avrà la certezza che questo mutante sia diverso dalla varietà coltivata.
Quindi i passaggi per poterlo registrare e quindi proteggerne la proprietà del costitutore e quindi
poi immetterlo in un circuito vivaistico, c’è il passaggio da un ente dove si fa una dichiarazione,
che si chiama CUPO e da questo poi ci sono delle valutazioni, dei descrittori che servono a dire
che questo mutante che si vuole brevettare, è un individuo diverso da quelli che sono
attualmente in commercio. Un individuo che è già in produzione, è già in diffusione nell’ambiente
non può mai più essere brevettato.
Questo ovviamente determina che chi individua un mutante, chi individua una nuova entità o l’ha
costituita tramite il programma di incrocio, deve tutelare la diffusione di questo materiale
genetico. Deve quindi evitare assolutamente la diffusione in campo perché altrimenti nessuna
entità ne tutelerebbe, nel momento in cui è già diffuso nel territorio, l’origine.
Gli obiettivi sono mutevoli e richiedono sempre interventi.
DIFFERENZA TRA MIGLIORAMENTO GENETICO ED
EVOLUZIONE
Il MIGLIORAMENTO GENETICO è un’attività umana per migliorare alcuni aspetti delle piante ed
in linea di massima è un processo veloce ed artificiale.
L’EVOLUZIONE è un processo lento e naturale che ha come obiettivo un adattamento ed uno
sviluppo migliore in un determinato ambiente.
Il miglioramento genetico invece spinge la nostra popolazione vegetale ad obiettivi specifici senza
migliorarne necessariamente, la performance. Quindi si può realizzare un programma di
miglioramento genetico per la resistenza ad un patogeno, senza che si metta quella pianta in una
condizione di inoculazione naturale. Si mette in ambiente artificiale, si protegge dall’ambiente
circostante per valutarne poi le caratteristiche generali.
La crescita in ambienti artificiali fa si che si può valutare l’acquisita tolleranza (l’acquisito nuovo
carattere) senza che il proprio genotipo aumenti la produzione.

OBIETTIVI DEL BREEDER IN BASE AL SOGGETTO


Chi fa miglioramento genetico deve, quando definisce gli obbiettivi, tenere in conto 3 diverse
categorie di soggetto. Deve tenere in conto il Produttore, il Trasformatore ed il Consumatore.
L’obiettivo che deve perseguire, può essere di interesse di una soltanto di queste categoria e
tutte e 3 le categorie sono con obiettivi diversi.
Gli obiettivi che un breeder persegue sono:
1) Aumentare la produttività e la resistenza a stress biotici, migliorare la precocità o la
tardività e quindi ampliamento del calendario di maturazione. Questi sono caratteri che
interessano l’Agricoltore (Produttore)
2) Se invece, il breeder si occupa di una specie che viene trasformata, allora è chiaro che
deve perseguire obiettivi di maggiore interesse per il Trasformatore, come per esempio, se
ci occupassimo di ulivo, l’interesse di chi fa trasformazione è quello di avere una resa in
olio maggiore o di avere delle caratteristiche del prodotto migliori.
3) Con riferimento al Consumatore, gli obbiettivi che si tengono in considerazione, sono quelli
legati al gusto, alla qualità nutrizionale e alla shelf-life. La caratteristica della shelf-life non
interessa solo il consumatore ma anche l’agricoltore e forse anche il trasformatore in
quanto l’aumento della shelf-life, del mantenimento delle caratteristiche qualitative con
il frutto staccato dall’albero, non interessa solo il consumatore ma anche chi la deve
lavorare e/o trasformare. Oggi grande interesse c’è verso la qualità nutrizionale, dato che
il consumatore è molto attento ad un frutto, all’acquisto di un frutto e di frutta che sia
dotata di qualcosa in più, di frutta con un maggior contenuto di antociani, con un maggior
contenuto in polifenoli, che abbia un gusto particolarmente interessante e anche che
abbia una colorazione attrattiva. Questi sono tutti caratteri che chi fa miglioramento
genetico deve tenere in conto per interessare particolarmente il consumatore.
Il miglioramento genetico è una scienza, una conoscenza che si avvantaggia molto di conoscenze
multi disciplinari in quanto in funzione dell’obiettivo che si persegue, le competenze dei genetisti,
dei fitopatologi, di chi si occupa di erbe infestanti, di chi si occupa di trasformazione ma anche di
informativa, sono tutte competenze che servono a chi fa breeding.
OBIETTIVI DEL MIGLIORAMENTO GENETICO
1) ADATTABILITÀ AMBIENTALE
-Consistente e costante produttività
-Estensione degli areali di coltivazione
-Introduzione di resistenze a stress biotici ed abiotici
2) QUALITÀ DELLA PRODUZIONE
-Estensione del calendario di raccolta
-Caratteristiche estetiche
-Aumento della shelf-life
-Apprezzamento della qualità gustativa
3) DIVERSIFICAZIONE DELLA TIPOLOGIA DI FRUTTO
4) AUMENTO DELLE PROPRIETÀ SALUTISTICHE
VARIABILITA’ GENETICA
Per ottenere una nuova varietà, si deve partire da una variabilità genetica.
La variabilità genetica si origina, primo far tutti dalle RISORSE GENETICHE.
Le risorse genetiche sono un
patrimonio e vanno tutelate,
salvaguardate, conservate,
mantenute, e questa è una
responsabilità che è in capo al
pubblico, è vero che esistono i
privati, i singoli, esistono
diversi casi molto interessanti
di persone che a titolo diverso
hanno la loro propria collezione
di materiale genetico. Ma è
chiaro che il mantenimento di
questo patrimonio, dev’essere
di responsabilità pubblica e
quindi lo fanno le università, le enti di ricerca nazionali, il CREA, lo fa anche la regione siciliana
perché c’è una legge che è una legge sulla tutela della biodiversità e quindi la regione siciliana
tramite il PSR. I FENOMENI DI EROSIONE GENETICA portano la scomparsa per sempre (quando ci
sono pochi esemplari) e quindi negli anni passati si sono attivati progetti eccezionali che ha
riguardato la vite, i fruttiferi ma anche le ortive.
Questa variabilità genetica può anche essere indotta tramite:
 MUTAGENESI: determina modificazione di alcune parti del DNA. Può essere naturale o indotta.
Quella naturale può essere data da stress come radiazioni solari mentre quelle indotta viene
effettuata con radiazioni ionizzanti che rompono il DNA e che si riassembla in maniera casuale.
Si è riscontrato che con tale tecnica si inducono particolari modificazioni
 TRASFORMAZIONE GENETICA: inserimento di un gene ALIENO nel genoma di un individuo.
Avviene anche a livello naturale come nel caso dei cancri batterici del colletto in cui il batterio
inserisce una parte del DNA (plasmide) nella cellula vegetale. Si è potuto ingegnerizzare il
plasmide eliminando i geni tumorali e inserendo dei geni per caratteri di interesse e utili. Così si
ottengono piante OGM con un DNA alieno che può presentare geni anche di altre varietà e non
per forza di individua di phylum diversi
 IBRIDAZIONE e AUTOFECONDAZIONE: scegliendo parentali e sottoponendoli ad ibridazione.
L’ibridazione è molto usata in frutticoltura, con tecniche più o meno avanzate. Può avvenire in
modo naturale ma molto più spesso artificiale per poter determinare caratteristiche (es:
incrocio tra agrumi mandarini 4n e 2n così da ottenere triploidi e quindi apireni).
 GENOME EDITING: è editare il DNA degli individui tramite la modifica di una ed una sola base e
quindi la determinazione di un nuovo carattere a partire da una conoscenza esatta del gene che
dev’essere codificato.
Una volta indotta una variazione genetica su una popolazione si deve effettuare una SELEZIONE
per verificare se la variabilità è utile al raggiungimento degli obiettivi prefissati. Per ciò si
effettuano:
_MARKER ASSISTED SELECTION (MAS): si analizza il DNA di ogni individuo della popolazione per
sapere in anticipo, ad esempio, se quell’individuo porterà fiori o porterà per esempio frutti rossi o
frutti gialli oppure se avrà delle caratteristiche di resistenza ad una malattia oppure no. Questo si
può fare perché esiste la possibilità di associare ad uno specifico Marcatore Molecolare con una
specifica sequenza di DNA a caratteristiche genetiche: estraendo il DNA si può, attraverso
un’analisi molecolare e tramite fringer-printing molecolare, poter sapere in anticipo e quindi
scartare quei genotipi che non presentano il carattere di interesse
_TEST DI RESISTENZA A STRESS: viene fatto in laboratorio o in serra e lo si fa ad esempio tramite
inoculazione delle spore di un patogeno (es. mal secco).
_PROVE DI CAMPO: si deve propagare per un numero sufficiente di individui, il genotipo che si è
costituto. Questo individuo lo si deve moltiplicare per essere sicuri che quelle caratteristiche siano
trasmesse per via vegetativa. Si deve anche mettere in ambienti pedo-climatici diversi perché se lo
si deve registrare e far si che diventi una nuova varietà. Quando si fa la registrazione, il modulo,
presenta diverse richieste: bisogna metterla in 3 diversi ambienti, in 3 diversi siti, ovviamente
dotati di caratteristiche pedo-climatiche differenti

Una volta selezionato il nuovo individuo, si ottiene la VARIETÀ MIGLIORATA che subisce una serie
di passaggi:
 REGISTRAZIONE: devono essere varietà uniche non in commercio
 MOLTIPLICAZIONE
 COMMERCIALIZZAZIONE
Questo percorso può avere durata variabile
Il breeder che ha ottenuto la varietà, riceverà una royalty quando un coltivatore acquista piante di
quella varietà poiché deve pagare i diritti del costitutore.
METODI DI MIGLIORAMENTO GENETICO
Tradizionali sono:
1) INCROCIO
2) SELEZIONE
3) MUTAGENESI
Innovativi sono:
 IBRIDAZIONE
 VARIAZIONE SOMACLONALE
 TECNOLOGIA GM: Geneticamente modificata. Si utilizza in inglese il termine “GMO”, in
italiano “OGM”. Alcune specifiche fanno si che usi utilizzino acronimi diversi a seconda se si
riferisca a microrganismi definiti, cioè batteri e quindi si parla di MGM, o di PGM e quindi
piante geneticamente modificate.
- NEW BREEDING TECHINIQUES (Cisgenesi e Genome Editing)
LA (FALSA E INUTILE) CONTRAPPOSIZIONE TRA METODI TRADIZIONALI E INNOVATIVI
_Integrazione delle tecniche
_Esigenza di conoscenza delle informazioni sull’ereditarietà e non solo
_E’ il momento di capitalizzare le informazioni che provengono dal sequenziamento dei genomi (e
di investire per quelli che mancano)
_E’ importante mantenere il patrimonio elitario di geni delle migliori varietà oggi coltivate

Di molti varietà di frutti (pelo, arancio, mandarino ecc.) si conosce la completa sequenza del suo
DNA e quindi la valutazione di alcune varietà che si comportano in maniera differente si fa per
confronto su genoma stampo di un individuo.
Prendiamo come esempio il limone: vi sono dei cloni di limone, detti Fior D’arancio che
presentano una colorazione bianca dei petali (i limoni normali hanno viola).
E’ possibile di tentare di individuare il gene che codifica questa mancata pigmentazione del fiore
attraverso un risequenziamento del genoma del clone bianco a confronto con il genoma
dell’individuo pigmentato tramite tecniche di bio-informatica

_I metodi di miglioramento genetico


convenzionale risalgono all’inizio
dell’agricoltura (scelta di varietà con
più cariossidi rispetto ad altre es.)
_La Mutagenesi artificiale (60s) che
consiste nell’utilizzo di radiazioni
ionizzanti per determinare la
variabilità genetica
_Le Colture in Vitro (70s) consentono
di allevare in substrati artificiali cellule
e tessuti che, in totipotenza,
svilupperanno un nuovo individuo
Organismi OGM>>>Prodotti biologici
e chimici. Tuttavia gli OGM hanno sofferto una demonizzazione per via del loro utilizzo
NUOVE ESIGENZE DI MERCATO
Quando il breeder imposta i suoi programmi di miglioramento genetico tiene conto degli interessi
dei diversi consumatori. Oggi le nuove esigenze di mercato vogliono frutti che siano
particolarmente pigmentati come nel caso del Moro

PRIMA I GENI
Questo è il manifesto dell’agricoltura futura dove in 12 diverse tesi si cerca di divulgare agli
studenti e all’opinione pubblica l’importanza del genome editing e della modificazione genetica.
Grazie al Genome Editing, per esempio, in alcune varietà di Tarocco possiamo modificare una
singola base che controlla il carattere della resistenza al virus Tristezza senza alterare tutte le
caratteristiche peculiare di quella varietà. Si può effettuare ciò risalendo alla sequenza genetica
dell’individuo preso in esame.
Grazie a questa tecnica noi possiamo stabilire dove effettuare la modificazione e come dobbiamo
farla.
METODI TRADIZIONALI DI MIGLIORAMENTO
GENETICO
1. le MUTAZIONI INDOTTE (MUTAGENESI)
2. le tipologie di INCROCIO e le procedure per la selezione
3. la SELEZIONE CLONALE: le Mutazioni Naturali e le Chimere
Deve avere a fianco un Sistema Vivaistico Efficiente in modo che una varietà di successo possa
essere prodotta per il suo utilizzo. Sebbene siano tradizionali, ancora oggi permettono di ottenere
delle varietà di successo.
L’attività vivaistica è fondamentale per la diffusione delle nuove varietà sviluppate dai breeder.

Ci sono specie per le quali è molto elevata la probabilità di ottenere una variabilità e quindi nuove
varietà.
Ad esempio il Pesco ha molto caratteri che sono regolati da un solo gene mentre il con il
Ciliegio tale possibilità è ridotta e bisogna trovare varietà autocompatibili
Ancora più bassi sono i genotipi di specie di frutta secca poiché essa viene principalmente
trasformata e quindi non vi è particolare interesse nell’ottenere nuove varietà
Per ogni specie si hanno obiettivi differenti nel breeding.
Molto più spesso l’obiettivo finale dei programmi è ricercare varietà nuove per aumentare
quantità della produzione.
Ad esempio il pistacchio (specie dioica) si ricercano varietà per avere una durata del periodo di
produzione di polline e del periodo di recettività dei fiori più ampia possibile
Di tutte le nuove varietà ottenute, solo una parte viene ad essere registrata nel Registro
Internazionale Delle Varietà
Spesso i programmi di incrocio sono piuttosto lunghi e a causa delle peculiarità delle piante
arboree:
 _Ciclo poliennale: allevamento – maturità- senescenza
 _Fasi fenologiche differenziate (Germogliamento, Attività Vegetativa, Differenziazione a
Fiore, Maturazione dei frutti, Dormienza): alcune di queste fasi sono cronologicamente
sovrapposte (differenziazione di gemme a fiore per l’anno avviene contemporaneamente
all’accrescimento dei frutti e all’allungamento dei germogli)
 _Propagazione vegetativa
 _Giovanilità (ritardo nella comparsa dei caratteri di interesse: con l’incrocio bisogna
aspettare che le pianta cresca e che si possa raccogliere il frutto per poter riscontrare il
carattere di interesse. Cio comporta dei ritardi nei programmi.
 _Alta eterozigosi (in quasi la totalità delle specie arboree da frutto): alta variabilità,
possibilità di fissare i caratteri solo per propagazione vegetativa
 _Auto-incompatibilità (sterilità fattoriale): albicocco, olivo, ciliegio, agrumi, pero;
impossibilità di autofecondazioni e quindi impossibilità di ottenere nuovi genotip e quindi
impossibilità di studiare i caratteri di interesse, anche quelli recessivi
 _Poliploidia (actinidia, ciliegio acido, susino, melo)
È indispensabile accorciare la fase giovanile per avere quanto prima possibile una produzione su
cui veridicare i caratteri di interesse e poter rilasciare quanto prima la varietà.
Per tale motivo vi è più spinta ad effettuare breeding per le specie con fase giovanile più breve.
OBIETTIVI DEL MIGLIORAMENTO GENETICO
TRADIZIONALE
1. -STRUTTURA E PRODUTTIVITÀ DELL’ALBERO: vigore, habitus, fertilità, costanza ed
efficienza produttiva
2. -ADATTABILITÀ ALL’AMBIENTE DI COLTIVAZIONE: fabbisogno in freddo, resistenza alle
gelate, resistenza alle alte temperature e siccità, condizioni di terreno limitanti (e
permettere di coltivare alcune specie fruttifere in ambiente prima considerati inospitali per
quella specie)
3. -RESISTENZA ALLE AVVERSITÀ BIOTICHE
4. -QUALITÀ DEI FRUTTI
Conoscendo la biologia e il profilo genetico delle diverse specie è stato possibile attuare incroci
per raggiungere tali obiettivi

SVILUPPO DI UN PROGRAMMA DI MIGLIORAMENTO


GENETICO
Bisogna individuare l’IDEOTIPO della pianta:
 -Disponibilità della variabilità genetica
 -Finalità produttive
 -Ambienti di coltivazione
 -Evoluzione della tecnica colturale
 -Esigenze di mercato
Possiamo trovare diversi obiettivi in base all’ideotipo di riferimento
_IDEOTIPO per arboricoltura da FRUTTO: Alta produttività (biologia fiorale, fabbisogni termici,
adattabilità all’ambiente); resistenza ad avversità biotiche e abiotiche; vigore e struttura
dell’albero; qualità del frutto (aspetto, forma, dimensioni, tenuta a maturazione, resistenza alle
manipolazioni, caratteri organolettici, valore nutrizionale, conservabilità, attitudine alla
trasformazione)
_IDEOTIPO per arboricoltura da LEGNO: Alto vigore, portamento non assurgente, rapidità di
crescita, fusto dritto a sezione circolare, stabilità, facilità di propagazione per talea, legno ad alta
densità volumetrica e con caratteri tecnologici adeguati agli impieghi
_IDEOTIPO per arboricoltura da ORNAMENTALE E USI URBANI: Rusticità, resistenza inquinanti,
portamento e densità della chioma, fasi fenologiche ad effetto ornamentale, valore ornamentale e
persistenza degli organi
_IDEOTIPO per arboricoltura da VALORIZZAZIONE E DIFESA AMBIENTALE: Barriera
antipolvere/antirumore; recupero/risanamento del terreno; rusticità; facilità di propagazione;
elevato vigore; densità della chioma, densità e robustezza dell’apparato radicale
Bisogna conoscere le seguenti condizioni:
 Chiarezza degli obiettivi e delle priorità
 Conoscenza del germoplasma
 CULTIVAR E VARIETÀ SELVATICHE
 BIOLOGIA FIORALE: poiché l’incrocio presuppone l’intervento sui fiori per avere
fecondazione ed intervenire con particolari modalità [es; fico d’india che è cleistogamo,
cioè il fiore si feconda prima che si apre (ed è per questo che si hanno pochissime
varietà)]
 ETEROZIGOSI
LOTTA GENETICA
Costituiti i nuovi individui ibridi, si effettua una selezione per ricercare quegli individui che hanno
caratteri per il raggiungimento degli obiettivi.
Ad esempio se l’obiettivo è ottenere resistenza a gelate primaverili, si selezionano genotipi a fioritura tardiva
(ESCAPE) oppure si possono scegliere genotipi con fioritura abbondante e scalare (evitamento)
Per ottenere genotipi resistenti a patogeni, allora bisogna conoscere
1. RAPPORTI OSPITE-PARASSITA
2. BASI GENETICHE DELLA RESISTENZA
3. METODOLOGIE DI SELEZIONE
Bisogna tener conto anche dei FATTORI DELLA MALATTIA (patogeno, pianta e ambiente)
comprese anche le tecniche colturali utilizzate.
Per la risoluzione di molte problematiche, si è intervenuti molto con incroci per trasferire geni di
resistenza. In alcuni casi non è stato possibile intervenire per mancanza di geni di resistenza nelle
varietà e quindi non è possibile trasferirlo con incroci poiché assenti (es: non ci sono specie del
genere Citrus che hanno geni resistenti al Greening degli agrumi)
I MECCANISMI SONO:
TOLLERANZA - RESISTENZA - EVITAMENTO - IPERSENSIBILITA’

LA TOLLERANZA
La tolleranza è un insieme di meccanismi che vanno distinti a seconda che parliamo di stress
abiotici o biotici causate da crittogame, fitofagi. Spesso la tolleranza determina un danno limitato
che comunque è compatibile con il successo economico della coltura. In altri casi di patogeni
endofiti, come virus, viroidi e fitoplasmi, un individuo, pur infetto senza sintomi, diventa fonte di
trasmissione del patogeno. Questa condizione è accettabile se la diffusione è endemica del
patogeno.
Gli agrumeti sono stati estirpati perché non più produttivo, l’arancio amaro era suscettibile, ma se vi fosse stato un
portinnesto non così suscettibile a CTV, l’arancio dolce sarebbe stato comunque tollerante, non manifestano sintomi ma
possibilità di trasmissione del patogeno.

LA RESISTENZA
La resistenza è un carattere di base genetica quantitativa che determina un basso livello di danno
sulla pianta, a fronte dell’attacco del patogeno. La resistenza può essere Verticale o Orizzontale.
La RESISTENZA ORIZZONTALE o DI CAMPO, è un carattere di base genetica quantitativa che
determina un basso livello di danno sulla pianta, a fronte dell’attacco del patogeno. Il controllo di
questo tipo di resistenza è poligenico, difficilmente può essere superata dalla variabilità del
parassita.
La RESISTENZA VERTICALE o immunità di tipo qualitativo in cui la base genica è monogenica, la
pianta è immune al patogeno, ma a quel ceppo. Quindi se il patogeno muta nel tempo anche
questa resistenza viene persa. Una resistenza verticale è una resistenza che da immunità al
patogeno, immunità che può essere superata nel caso in cui il patogeno riconosca il gene di
resistenza con quel gene di patogenicità.
IPERSENSIBILITA’
Esiste un meccanismo di resistenza chiamato IPERSENSIBILITÀ, ed è una resistenza che si
manifesta a livelli così elevata che porta alla rapida morte delle cellule colpite dal patogeno,
determinandone una necrosi in quella zona della pianta colpita dal patogeno, determinando una
vera e propria barriera e quindi le cellule intorno vanno incontro ad Apoptosi e il patogeno non è
in grado di diffondersi e di diffondere il patogeno.
Si verifica nel caso di Taphrina deformans del pesco, determinando ipertrofia della lamina fogliare, questa è una
reazione di ipersensibilità.
Nel caso di fitofagi, la pianta può sviluppare casi di risposta che si chiamano NON PREFERENZA o
ANTIBIOSI. La non preferenza si ha quando vi è il mancato attacco del fitofago ad un particolare
genotipo, invece l’antibiosi è la produzione di sostanze tossiche che determinano il mancato
attacco del fitofago stesso.

VARIABILITA’ GENETICA INTRASPECIFICA


CULTIVAR: È l’insieme di piante coltivate, chiaramente individuabile per un qualsiasi carattere
morfologico, biologico, biochimico, che si conserva nelle piante propagate vegetativamente.
Una varietà è rappresentata dal colore del frutto, questo carattere si conserva nelle piante che si
propagano vegetativamente. Tutte le piante che costituiscono la cultivar devono presentare quel
carattere e deve essere stabile nel tempo, cioè devono essere Distinte, Stabili e Omogenee.

VARIABILITÀ GENETICA INTRAVARIETALE


In frutticoltura, all’interno di una cultivar può rinvenirsi una quota di variabilità rappresentata da
individui che, a seguito di una o più mutazioni, si discostano dai caratteri distintivi propri della
cultivar in esame, che pertanto non è più omogenea
Tale variabilità può consentire la selezione di più “Cloni” all’interno della cultivar.
Con il termine CLONE si identifica insiemi di individui, derivati per propagazione agamica da un
unico capostipite, che manifestano caratteri omogenei e costanti.
Se oggetto di propagazione autonoma, il clone può a sua volta costituire nel tempo una nuova
cultivar distinta. Non sono infrequenti in arboricoltura esempi di CULTIVAR ANTICHE DIVENUTE
POLICLONALI (ad esempio in melo, olivo, e in diverse specie di agrumi) per la presenza al loro
interno di mutazioni che si sono accumulate e fissate a seguito dei numerosi cicli di propagazione
agamica cui sono andate incontro. Tale fenomeno è invece molto meno frequente in quelle specie
meno soggette a mutazioni (ad esempio drupacee) nelle quali il turnover varietale è molto più
rapido e determina la rapida obsolescenza e scomparsa delle cultivar non più coltivate.
Questo carattere può modificarsi nel tempo, andare incontro a DEGENERAZIONE per cause
SANITARIA o GENETICHE.
DEGENERAZIONE SANITARIA
Per DEGENERAZIONE SANITARIA il carattere stabile può modificarsi nel tempo, perché intaccato
da un’entità esterna (virus, viroide, fitoplasma) che ne modifica le caratteristiche di stabilità di
quel carattere. La degenerazione di tipo sanitaria si supera attraverso il MICROINNESTO.
Microinnesto è la possibilità di innestare un apice meristematico su un portinnesto
opportunamente preparato e quindi per effettuare il risanamento di una pianta.
RISANAMENTO
Apice meristematico
capitozzato e preso nella
sua unitarietà e nella sua
interezza con dimensioni
tra 0,1-0,2 mm messo sulla
punta di un bisturi e
innestato su questo
portinnesto bianco,
capitozzato e fatto crescere
al buio per far avere i
tessuti eziolati e acquosi, quindi in grado di accogliere la gemma dell’apice meristematico in
maniera adeguata.
Si fa un taglio a T capovolto, si aprono i due lembi del microinnesto e si innesta la nostra gemma.
Quando la gemma attecchisce, da quel punto in cui è stato posto quell’apice meristematico si
differenzia il nuovo germoglio.
Questa pianta è bimembre perché ha il suo portinnesto con un sistema radicale e varietà
otteniamo un risanamento da malattie virali perché la presenza di un virus nella pianta virosata
nelle parti più distali nell’apice meristematico non si verifica perché la velocità di divisione delle
cellule meristematiche è maggiore della velocità di replicazione del virus. Tanto più piccolo è l’apice
tanto più certo è il risanamento dalla malattia.
SELEZIONE NUCELLARE
La SELEZIONE NUCELLARE è la possibilità di fare sviluppare degli embrioni di origine somatica e
identiche alla pianta madre, pertanto esenti da virus. L’altra considerazione importante è che i
virus non si trasmettono nel seme.
Questa operazione che si può fare solo nei casi di Apomissia, formazione di embrioni da tessuti
somatici, in particolare dalla nucella del seme, all’interno del seme ma senza che questi siano di
origine zigotica. Ho una possibilità di risanare e ripulire dal virus dalla plantula e dalla varietà.
La Selezione Nucellare rispetto al microinnesto ha dei vantaggi ma anche degli svantaggi.
VANTAGGI: la selezione nucellare è piu semplice del microinnesto perché metto a dimora un
seme e ottengo delle plantule, piu efficiente perchè dalla semina sono sicuro che la pianta sarà
esente da virus
SVANTAGGI: ci puo essere un problema di vigoria perchè le piante originate da seme sono piu
vigorose rispetto a quelle innestate e si possono verificare delle mutazioni nella nucella quindi
originare delle piante che non sono uguali

Questo è un seme messo di un ovulo


non sviluppato di un frutto di arancio
dolce virosato, di una varietà virosata. È
stata messo in vitro su substrato
artificiale per farlo sviluppare. Da quel
seme in cui non è presente l’embrione si
sono originate delle piante di origine
nucellare, dalla nucella, che saranno
esenti dal virus. Un semenzale nucellare, presenta tutti i caratteri di giovanilità che sono proprie
della specie. Finchè questo semenzale svilupperà una pianta con frutti, dovrò aspettare 5-6 anni, e
quindi la valutazione se quel carattere di stabilità che era il colore rosso del frutto, si mantiene in
questa varietà così risanata, necessità tempo pari al superamento della fase giovanile.
Nel caso del Microinnesto come l’immagine a sx, quella plantula e quella gemma che ho messo a
dimora, è una gemma presa da una pianta adulta, già matura che quindi manterrà queste
caratteristiche di maturità. Ciò significa che se prendo questo nuovo individuo costituito da questo
portinnesto e la mia nuova varietà messa con il taglio a T e la utilizzo come una marza per
innestarlo su un portinnesto già adulto, quindi accorcio ulteriormente i tempi e in uno massimo
due anni, avrò la valutazione delle caratteristiche produttive di questa varietà ripulita dal virus.
METODI TRADIZIONALI
• LE MUTAZIONI INDOTTE
• LE TIPOLOGIE DI INCROCIO E LE PROCEDURE PER LA SELEZIONE
• LA SELEZIONE CLONALE: LE MUTAZIONI NATURALI E LE CHIMERE
• LE MODIFICAZIONI EPIGENETICHE

LE MUTAZIONI
La MUTAZIONE avviene quando si verifica una DEGENERAZIONE GENETICA.
Questa degenerazione avviene tramite modifiche a carico delle sequenze di DNA, che possono
provocare modificazioni permanenti del fenotipo.
Questo ritmo di insorgenza è diverso in base alla specie differenti e anche tra varietà, le mutazioni
possono essere:
 MIGLIORATIVE
 PEGGIORATIVE
 NEUTRE.
Ho una cultivar ma se all’interno di questa cultivar per una serie di caratteristiche proprie di quella
cultivar, se va incontro ad una serie di modificazioni del DNA, posso avere una Cultivar
Popolazione, cioè l’insorgenza di una Variabilità Intravarietale, e si verificano caratteri distintivi
che portano all’isolamento di un sottogruppo più piccolo si chiama Clone. Ovviamente il clone si
origina se questi caratteri distintivi si mantengono nelle propagazioni successive.
In questo modo, a sua volta costituisce una varietà nel momento in cui viene propagato sempre
agamicamente. Dalle cultivar si originano i cloni e a sua volta dai cloni si originano cultivar.
Spesso in frutticoltura e arboricoltura si hanno varietà antiche che in realtà sono una coacervolo di
cloni diversi, tanto è che si chiamano CULTIVAR POLICLONALE, perché appunto al loro interno ci
sono genotipi che presentano caratteristiche differenziate e ci portano a inglobare all’interno
della stessa varietà, cloni diversi.
Il caso della cultivar Tarocco, dove al suo interno
si sono originati degli individui a partire da una
singola pianta che ha portato delle mutazioni. Nel
momento in cui esse vengono mantenute e fissate
attraverso la propagazione agamica otteniamo un
clone di Tarocco. Il Tarocco originario non c’è più,
oggi esiste una Cultivar Popolazione di Tarocco
fatto da numerosi cloni alcuni dei quali hanno
assunto un livello tale di diffusione, facendo assumere gli stessi il rango quasi di Cultivar.
Questo è dovuto alla presenza di elementi trasponibili che saltano all’interno del DNA del genoma del
Tarocco e determinano questi riarrangiamenti e queste modificazioni. Anche nell’ambito dello stesso
arancio dolce, per incidenza di mutazioni: Tarocco > Moro > Sanguinello > Washington Navel > Valencia >
Navelina.
Mutazioni oggetto di attenzione sono quelle che interessano l’apice gemmario.
I caratteri d’interresse si distinguono in
_CARATTERI MONOGENICI O QUALITATIVI cioè caratteri gestiti da un solo gene che è ereditato
secondo le leggi di mendel e presenta una variabilità discontinua (significa che quel carattere
qualitativo c’è o non c’è) .
Mutazioni riguardano caratteristiche del fiore, apirenia degli agrumi, assenza o presenza di
tomentosità, assenza di spine, colore della polpa (Nel pesco i mutanti a polpa bianca si sono
originati da mutazioni di pesche a polpa gialla. Questo ha fatto si di propagare questi mutanti e
ottenere esemplari di cultivar a polpa bianca)
_CARATTERI POLIGENICI O QUANTITATIVI, cioè gestiti da più geni con effetto limitato e
cumulativo sulla determinazione del fenotipo. Il carattere varia in modo continuo all’interno di
una popolazione e deve essere descritto attraverso misure e parametri numerici (altezza. Vigore,
produttività ecc.)
-Fasi fenologiche di una specie: possono variare nel corso del tempo come la tardività del
distacco di un frutto e quindi un frutto che ha un processo di degradazione dell’acidità e
accumulo degli zuccheri, sfasati in avanti, quindi in questo caso diversi sono i geni
-Fertilità e produttività
-Caratteristiche interne del frutto
Incrocio tra due pere di forme diverse: si da origine ad una progenie che da
variabilità del carattere forma della pera continuo.
Nel caso dell’epoca di maturazione del pero, se facciamo degli incroci, abbiamo
una distribuzione di tipo Gaussiana semplice, con individui che si presentano con
valori più bassi rispetto all’individuo più precoce e valori più elevati rispetti a
quello più tardivo.

Le mutazioni possono essere NATURALI o INDOTTE.


Accade una modificazione che può interessare sia strati diversi della gemma ma anche entità,
quantità di materiale ereditario ben diverso. Possono essere
 -GENICHE: riguardano la sostituzione, inserzioni, delezioni di singole basi (new breeding
techniques; Queste tecniche consentono di sostituire una singola base, la modifica di
un’adenina con una timina può determinare l’espressione del carattere resistenza al
patogeno, in una varietà che è eccellente dal punto di vista agronomico, ma suscettibile
alla malattia.)
 -CROMOSOMICHE: delezioni, duplicazioni, inversioni, traslocazioni di tratti di cromosoma
 -GENOMICHE: variazioni di ploidia
In funzione dell’entità delle modificazioni, degli strati della gemma che vanno incontro al
processo di mutazione, queste stesse vengono definite TOTALI o PARZIALI.
TOTALI: sono rare
PARZIALI: danno vita a delle CHIMERE, cioè alla presenza nella nostra gemma di porzioni mutate
con porzioni non mutate. Queste porzioni mutate a seconda dello strato di gemme interessate
dalle mutazioni vengono chiamate Mutazioni Settoriali, Periclinali o Mericlinali.

CHIMERE
Le CHIMERE sono delle presenze nella nostra gemma di porzioni mutate con porzioni non mutate.
L’apice gemmario è formato da 3 o 5 strati detti ISTOGENI e indicati con L (layer). Ogni strato è
responsabile della formazione di specifici tessuti e organi.
Il Primo Istogeno L1 (il più esterno) forma le epidermidi dei diversi organi,
Il Secondo Istogeno L2 forma gli organi sessuali e il mesocarpo
Il Terzo Istogeno L3 (il più interno) forma la parte interna della corteccia e dei vasi legnosi
Quando vediamo un frutto con una striscia di colore dell’epidermide diversa, quella è una mutazione che è
intervenuta nello Strato Epidermico. Il Secondo Strato di cellule forma gli organi sessuali e il mesocarpo e il Terzo
Strato la corteccia e i vasi legnosi.
Le chimere possono essere:
1. -CHIMERE PERICLINALI: le cellule mutate
corrispondono ad un unico strato dell'apice
gemmario. Il carattere mutato è relativamente
stabile. A partire della singola cellula, periclinale, la
mutazione interviene su tutte le cellule dello strato
L1, quindi nel mio apice gemmario tutte le gemme
che origineranno l’epidermide, presentano quel
carattere modificato, se era la tomentosità ad
esempio, tutte presenteranno questo carattere.
2. -CHIMERE MERICLINALI: le cellule mutate
interessano un settore limitato di uno strato
dell'apice, la mutazione è instabile.
3. -CHIMERE SETTORIALI: quando la mutazione è
sempre parziale ma interessa più strati di una
gemma e quindi i diversi organi, quindi non avrò un
diverso sviluppo che riguardo solo la modifica
dell’epicarpo. La mutazione è solida se si preleva
dal settore mutato, contrariamente può risultare
instabile o assente.
La Red delicious è un mutante della Golden delicious
(all’interno ci sono tanti cloni), la pera rossa di Parsacrassana è
una pera per la quale è insorta una mutazione a livello di
epicarpo, quindi di buccia.

SELEZIONE CLONALE
Procedura di identificazione di mutazioni non evidenti dal punto di vista fenotipico
Nasce all’inizio del ‘900 nell’ambito del miglioramento genetico dell’uva da vino, per identificare
all’interno dei vitigni più antichi e poco uniformi, mutanti che esprimessero migliori qualità del
frutto.
FASI DELLA SELEZIONE CLONALE
-Individuazione di piante che si diversificano per uno o più caratteri dal fenotipo principale
-Controllo dello stato sanitario ed eventuale risanamento
-Prelievo di marze e innesto
-Impianto del Campo Di Comparazione: metto nello stesso ambiente il clone che e per me il
rispondente alla varietà e insieme metto tutto quello che è mutato o diverso (2 parcelle con 12
ceppi, 12 piante di questa pianta originaria che ho individuato, propagato, faccio due campi e lo
confronto con il mio clone originario per poter fare una discriminazione su quale sia migliore dal
punto di vista produttivo)
-Tre anni di rilievi ampelografici (gli organi) o pomologici (la maturazione)
 Epoca di germogliamento e fioritura
 Fertilità fiorale
 Rilievo dei caratteri pomologici
 Produttività
-Per la vite da vino valutazione della vinificazione per due anni
-Selezione dei cloni
-Comparazione nei diversi ambienti (valutazione agronomica)
Decreto ministeriale attraverso il quale si procede alla selezione di biotipi di vite.

Il primo grande metodo conferitore di miglioramento genetico a livello tradizionale rappresentato


dalla selezione di MUTANTI NATURALI. I mutanti individuali vengono propagati e verificati dalla
stabilità genetica, vengono fatte delle valutazioni agronomiche per vedere come si comportano e
quindi eventualmente risanati e conservati e questi ormai sono cloni.
ISOLAMENTO E MOLTIPLICAZIONE DEI CLONI (SELEZIONE CLONALE)
Individuazione delle mutazioni (eliminazione delle mutazioni peggiorative
Propagazione e verifica della stabilità genetica
Valutazione Agronomica e Descrizione
Risanamento- Diffusione- Conservazione
MODIFICAZIONI EPIGENETICHE
Non riguardano il genoma ma determinano una diversa espressione dei geni già presenti. Diverso
fenotipo ma stessi geni, sono delle modificazioni non ereditabili. Un esempio è la Topofisi
(segmenti basali danno piante di maggior vigore)

MUTAGENESI INDOTTA
Le gemme sono sottoposte a RADIAZIONI IONIZZANTI, stabilendo la DL 50 (dose letale 50). Si
ottengono modificazioni del DNA imprevedibili, le radiazioni provocano rotture del DNA ma
l’influenza delle modificazioni dei geni sul fenotipo è imprevedibile. L’uso di radiazioni è affidata ad
enti specializzati. Viene effettuata su marze o germogli allevati in vitro.
Tramite radiazioni si è potuto constatare il problema di autoincompatibilità (si

utilizzano degli individui impollinatori) di ciliegio dolce e mandorlo, disattivando il

Locus S, responsabile di autoincompatibilità.


La prima generazione che si ottiene dalla marza irradiata è detta V1, la gemma formatasi viene
prelevata e innestata iniziando la V2 e così via. Per ogni generazione si effettuano osservazioni
per quanto riguarda le espressioni dei caratteri.
In base allo strato mutato, varia la stabilità della mutazione:
-Strati L1 e L4 sarà STABILE
-Strati L2 e L3 sarà MENO STABILE
La mutagenesi indotta può essere realizzata anche con sostanze chimiche quali la COLCHICINA
(Slide o file precedente) ovvero un alcaloide che interferisce nella mitosi, si lega alla Tubulina
impedisce la separazione dei cromatidi fratelli quindi si avranno nuclei con cromosomi doppi 4n.
Questa POLIPLOIDIA si ha comunemente in molte specie. Causa un aumento delle dimensioni
cellulari e causa effetti di gigantismo in alcuni organi, causa cambiamenti nella forma e nella
consistenza e riduce la fertilità e la produzione di semi.
È’ utile avere il Tetraploide per usarlo come genitore nei programmi di incrocio.
Dal 4n si ottengono gameti 2n e incrociati con gameti n di un altro genitore 2n si ottiene
un ibrido TRIPLOIDE 3n sterile, in caso di specie partenocarpiche si ottengono frutti apireni,
senza partenocarpia si ottengono frutti deformi, piccoli e caduchi,
es: incrocio di Tarocco 4n e mandarino 2n, si sono ottenuti mandarini con polpa rossa,
apireni e facili da sbucciare.

INCROCIO
L’incrocio è un metodo per creare una nuova variabilità e attraverso il Crossing-Over consente di
rompere il legame tra geni che sono associati tra loro in condizioni di linkage e ci consente di
ampliare moltissimo la variabilità genetica all’interno della popolazione.
Le caratteristiche dell’ibrido non si conoscono a priori.
L’incrocio controllato consiste nel prelievo del polline da un genitore maschile e nella successiva
impollinazione in un genitore femminile.
Il fenomeno del Crossing Over è un meccanismo di scambio di porzioni omologhe di DNA
che si verifica fra due cromatidi di cromosomi omologhi durante la meiosi per cui si
presentano geni ricombinanti che sono di tipo parentale e uguali a uno dei due genitori o
ad entrambi o a gameti che sono ricombinanti. Noi non sappiamo quale porzione viene
scambiata
Nelle mutazioni i meccanismi non sono di scambio di DNA tra i cromosomi ma avviene una rottura
del DNA con uno spezzettamento, posizionamento e diversa collocazione nel genoma di uno solo
degli individui.
Le fasi dell’incrocio sono 2:
1. SCELTA DEI PARENTALI (capaci di trasmettere caratteri alla progenie)
2. SCHEMA DI INCROCIO DA ADOTTARE (in caso di specie Allogame o Autogame):
-Auto-incrocio
-Incrocio Intra-Specifico
-Ibridazione: incrocio Inter-Specifico o Inter-Generico (es: GF7)
-Reincrocio o Backcross: l’individuo costituito viene reincrociato con uno dei genitori

SCELTA DEI PARENTALI


CRITERI DI SCELTA DEI PARENTALI
_CRITERI DI ORDINE GENERALE
-Rusticità e produttività, perché devo prendere i semi da questo incrocio e quindi più frutti
fanno più semi avrò. Quindi più individui avrò nella progenie, tanto io più potrò selezionare
per il carattere di interesse.
-Fasi Fenologiche ovvero epoca di fioritura ed epoca di maturazione.
_CARATTERI SPECIFICI: Caratteri particolari legati all’utilizzo che si fa di una determinata specie
(qualità del prodotto, resistenza alle manipolazioni, ecc.)
_CAPACITÀ DI TRASMISSIONE DEL CARATTERE ALLA PROGENIE: Valutazione dell’attitudine
combinativa dei due parentali.
Questo significa che per i parentali che voglio scegliere per un programa di incrocio, devo avere
seguito negli anni un accurato processo di FENOTIPIZZAZIONE; io voglio sapere che quel genotipo
ha manifestato quel carattere per almeno 10 anni, senza necessità di sapere il gene che lo
controlla

TIPOLOGIE DI INCROCIO
1.AUTOINCROCIO
-E’ il tipo di incrocio che si fa per le specie che sono autocompatibili, ci consente di
conoscere la base genetica di specifici caratteri, autofecondazioni che possono portare
alla conoscenza di alcuni caratteri in condizione recessiva.
-Ovviamente l’autoincrocio ci porta ad avere una buona segregazione dei singoli caratteri.
-Bisogna verificare l’eterozigosi (per un carattere ci sono forme alleliche diverse) che non si
riesce a ridurre poiché si devono aspettare tempi troppo lunghi.
2.INCROCIO PROPRIAMENTE DETTO:
E’ l’incrocio intraspecifico quando preleviamo il polline da un genotipo e fecondiamo
l’ovocellula di un altro genotipo, ed è necessario che ci sia Compatibilità Fiorale.
3.REINCROCIO
Consiste nell’incrociare gli individui F1, quindi i primi ibridi con uno dei due genitori, in
genere con quello con più elevato standard qualitativo (o carattere di interesse).
Incrocio propriamente detto, interspecifico o intergenerico: IBRIDAZIONE
L’incrocio è l’ibridazione di individui di specie (Ibridi Interspecifici) o generi (ibridi intergenerici)
diversi. L’incrocio può essere artificiale tramite il breeder o anche per effetti naturali per esempio
le Clementine, quelli che chiamiamo Mandaranci, sono ibridi naturali ottenuti per incrocio tra un
mandarino e un arancio dolce attraverso una semina di fortuna per un naturale posizionamento di
polline di arancio su fiore di mandarino. Sono degli ibridi veri e propri, Incrocio Interspecifico tra
specie diverse.
Esistono casi di piante di grande valenza, ibridi intergenerici, i Citrange, i portinnesti di

agrumi ottenuti attraverso l’incrocio dell’arancio dolce con l’arancio trifoliato (Citrus sinensis

(L.) Osbeck x Poncirus trifoliata (L.) Raf;) è un esempio di ibridazione intergenerica.

Questo Citrange che oggi ha salvato l’agrumicoltura mondiale ma certamente quella nostra

nazionale, erano stati costituiti in origine con un altro obiettivo.

Il Poncirus trifoliata è l’unica specie di agrumi che perde le foglie, utilizzato per la resistenza

al freddo è stato ibridato per cercare di ottenere dall’arancio dolce, Citrus sinensis, un frutto

commestibile ma che la pianta fosse dotata di resistenza al freddo. Tuttavia in un processo di

incrocio può capitare che non vengono trasmessi dei caratteri di interesse e vengono invece

trasmesse altre caratterisitche come il frutto immangiabile, piccoli e amari del Poncirus.

Tuttavia è stato trasferito il carattere di resistenza al virus della Tristezza. Quindi i

citrange vennero utilizzati come portinnesti per contrastare il virus della tristezza.

LE CARATTERISTICHE DELL’IBRIDAZIONE
-Come abbiamo visto, nell’ibridazione è molto importante quella VARIABILITA’, che ci da la
possibilità di scegliere delle caratteristiche di interesse all’interno di una popolazione.
-E’ NECESSARIO CHE SIA INTERCOMPATIBILE, poiché l’ibridazione non avverebbe in primo luogo
-AUMENTO DEI TEMPI DI SELEZIONE, perché poi bisognerà fare diverse opere di reincrocio. I
limiti sono legati al fatto che in questi programmi di reincrocio, bisogna passare lo stadio giovanile
dei semenzali.
-Si potrebbero verificare FENOMENI DI STERILITÀ degli ibridi

COME SI FANNO GLI INCROCI


Gli incroci si fanno raccogliendo il polline da fiori ben sviluppati ma ancora chiusi per non ricevere
eventualmente polline di un altro individuo durante il passaggio di un ape.
Si tolgono i petali e poi si raccoglie il polline dalle antere (DEMASCULAZIONE). Questo polline può
essere conservato a 4°C, per pochi giorni affinché arrivi e sia recettivo lo stigma, oppure lo posso
conservare a -80°C per lungo tempo.
Dopo si spennella lo stigma con il nostro polline, ma poi bisogna isolare il fiore per evitare
impollinazione di altri fiori che non si desiderano, dobbiamo coprire con Tessuto Non Tessuto per
evitare la possibilità che avvenga contaminazione.
Ci sono casi in cui le caratteristiche del fiore possono impedire o rendere difficile l’incrocio,

come nel caso del fico d’india che va in antesi solo dopo che la cleistogamia è già avvenuta,

quindi si apre il fiore e si eliminano questa sorta di corolla e le antere, si raccoglie il polline e si

sciacqua lo stigma, si lascia che questo

stigma raggiunga la maturità (alcuni

giorni), si impollina e poi si isola.

Si chiudono questi frutti per evitare

possibili contaminazioni, dopo si

raccolgono i frutti ovvero i semi e si

mettono a germinare.

CASO DI SPECIE APOMITTICHE


O POLIEMBRIONICHE (AGRUMI)
Devo selezionare la Piantina Zigotica
perché le piante di agrumi presentano
poliembrionia avventizia, quindi ho un
embrione che proviene dal processo gamico
dalla fecondazione, quindi sarà il mio ibrido,
ma ci sono una serie di piante per le specie che sono poliembrioniche che produrranno più
plantule e quindi devo poter selezionare quei semenzali che sono veramente ibridi perché gli altri
saranno tutti uguali alla pianta madre (cloni).
Quando l’ibrido è poliembrionico esistono strumenti molecolari, fermo restando che gli
agricoltori riconoscono la pianta zigotica da quella nucellare, ma dato il valore dell’ibrido elevato,
esistono metodi biochimici, come Isoenzimi perché gli ibridi presentano un profilo diverso da
quelle delle piante nucellari.
Per i breeder sono importanti le piante zigotiche mentre per i vivaisti sono importanti le piante
nucellari perché sono tutte uguali tra di loro.

RACCOLTA DEL SEME E SEMINA


Devo estrarre i semi da frutti fisiologicamente maturi perché altrimenti quella germinabilità del
seme potrebbe non essere massima e perdere individui nella progenie, poi li posso stratificare per
far superare la dormienza del seme, li metto a germinare quando le condizioni sono adeguate e
selezione la piantina zigotica.
CASO UVE STENOSPERMOCARPICHE
Per le varietà che hanno una maturazione molto precoce o per le uve che sono
stenospermocarpiche, dove il frutto matura così precocemente che l’embrione non ha
completato il suo processo di sviluppo.
È quindi necessario ricorrere ad un’attività di EMBRYO RESCUE, ovvero il salvataggio di embrioni
che non hanno completato lo sviluppo dei frutti e che vengono prelevato da questi frutti e
vengono messi in un substrato artificiale che consente all’embrione di completare la maturazione
e la germinazione.
Oggi nell’uva da tavola è particolarmente richiesto l’ottenimento di varietà apirene, spesso
questa condizione che è associata ad una scarsa dimensione della bacca, anche se ormai i
programmi di breeding tutte realizzati con impollinazioni artificiali, hanno consentito di ottenere
una grande variabilità di genotipi, frutto di programmi realizzati in Nuova Zelanda, in Australia,
Israele e Sud Africa, paesi assai distanti dal nostro.

PROCEDURE DI SELEZIONE
Una volta istituito un ibrido, dobbiamo sottoporlo a delle procedure di selezione che consistono
in 3 stadi.
PRIMO STADIO: INDIVIDUAZIONE DEL SEMENZALE
SECONDO STADIO: VALUTAZIONE AGRONOMICA
TERZO STADIO: VALUTAZIONE DI SELEZIONI DI VALORE PRE COMMERCIALE

PRIMO STADIO: INDIVIDUAZIONE DEL SEMENZALE


_Selezione dei semenzali ed eliminazione di quelli di origine non ibrida (caso degli embrioni
apomittici, semenzali nucellari)
_Moltiplicazione in campo di quote variabili di questa progenie ottenuta dal 2% al 10%
_Rilievi in campo sui principali caratteri fenologici, morfologici e produttivi per 1 o 2 anni.

Nel momento in cui devo valutare le caratterisitche produttive di questi ibridi, si deve aspettare il
periodo di giovanilità e quindi un certo numero di anni di questa fase improduttiva.
Per CERCARE DI ACCORCIARLA si fanno accorgimenti come tipo evitare la potatura (metta
la pianta a legno e non stimola la produzione a fiore) o utilizzare portinnesti nanizzanti.
Posso anulare i rami per far sì che ci sia un accumulo, nella parte superiore allo
scortecciamento, di auxine, ormone florigeno che si muove dalle foglie verso le gemme e
che possa in qualche modo anticipare il raggiungimento della maturità sessuale.

Se invece io volessi controllare altri caratteri non legati agli aspetti produttivi ma alla resistenza
biotica o abiotica, in questo caso non ci interessa il periodo di improduttività ma di più ci
interessa il comportamento del nostro individuo rispetto agli stess.
Ci sono due tipologie di selezione
_SELEZIONE ARTIFICIALE: viene fatta quando non abbiamo marcatori molecolari e consiste in un
imposizione di stress come ad esempio inoculazioni del patogeno oppure se era resistenza alla
salinità dell’acqua, irrigare con acque saline, già in una fase precoce riesco a individuare gli
individui che portano quel carattere di resistenza
_SELEZIONE ASSISTITA DA MARCATORI: usiamo dei marcatori associati al carattere d’interesse
che mi consentono di valutare tali caratteristiche. La selezione da marcatori ci permette di sapere
anche, per esempio, se un ibrido tra una vite da frutti con semi e un vita da frutti apireni sarà con
o senza semi, risalendo al DNA. Ci sono tre tipologie di marcatori
-Marcatori Morfologici: sfruttano la correlazione (che deve essere stretta) tra caratteri
morfologici e caratteri oggetto di selezione (es: la sensibilità all’oidio nel pesco è
correllata all’assenza delle ghiandole fogliari)
-Marcatori Biochimici: la presenza di sostanze biochimiche specifiche associate a caratteri
d’interesse (es: alta concentrazione di prolina che è associata alla resistenza all’siccità)
-Marcatori Molecolari (MAS): il metodo più utilizzato oggi, dove specifici polimorfismi
associati a geni d’interesse sfruttano i cambiamenti nella lunghezza di una determinata
sequenza (SSR) e/o le mutazione di una singola base nucleotidica (SNPs). Quando due
individui si distinguono per una singola base, li troviamo un marcatore.

Nel caso dell’uva da tavola, nel test sotto ci sono 9 diversi ibridi che sono stati ottenuti da uno

specifico incrocio fatto tra un genotipo apireno e un genotipo con seme, parentali con acini senza

seme e parentali con acini con seme.

Ottengo 9 ibridi, estraggo il DNA (si amplifica, e vedo se il primer reagisce o meno), valuto la

presenza di questi marcatori (SCAR e SSR) e ovviamente sappiamo che quando ho il seme
nell’acino non vi è la presenza di questi marcatori nel profilo molecolare dell’individuo, quando

invece ritrovo questi marcatori, io so che quel frutto non presenta semi, quindi avendo questa

conoscenza posso sottoporre tutti gli ibridi che ottengo a questa valutazione e immediatamente

saggiare, screenare e scoprire che di quegli ibridi solo il numero 8 sarà un individuo che a

maturità produrrà acini senza semi, tutti gli altri avranno i semi.

SECONDO STADIO: VALUTAZIONE AGRONOMICA


Una volta individuato il semenzale ovvero la FASE 1 della SELEZIONE, deve essere soggetto ad
altre valutazioni, ovvero una VALUTAZIONE AGRONOMICA che rappresenta la FASE 2 della
SELEZIONE del semenzale.
Devo poter dire che questo semenzale è probabilmente resistente alla malattia secondo i saggi
effettuati, devo mettermi in condizioni di verificare se in ambienti diversi e condizioni
pedoclimatiche diverse il carattere selezionato si mantiene stabile su un numero elevato di
individui.
Devo valutarlo per almeno due cicli produttivi, valutare queste caratteristiche in due anni per
capire se sono stabili nelle annate successive (es. qualità dei frutti).
Bisogna fare anche una valutazione post-raccolta, perché se durante questo periodo il prodotto
ha un processo di sovranaturazione troppo veloce, esso non ha valore

TERZO STADIO: VALUTAZIONE DI SELEZIONI DI VALORE


PRE-COMMERCIALE
Infine si effettua la FASE 3, si valutano gli ibridi presso soggetti esterni al costitutore.
Questo perché la valutazione del costitutore potrebbe essere troppo poco oggettiva.
_In condizioni normali di coltivazione
_In condizioni di verifiche di esigenze nutrizionali, idriche, di difesa, potatura ecc,
_Consumer test
Superati tali STADI (o fasi) si arriva al LICENZIAMENTO DELLA VARIETÀ e tutto questo processo
dura 10/20 anni (dipende dalla fase giovanile e dagli obiettivi) e che finalmente verrà costituita..
Nel caso di portinnesti i tempi sono più lunghi poiché si deve valutare la compatibilità di un
determinato portinnesto con diverse varietà e questo impiega molti anni dove la disaffinità si
potrebbe manifestare anche molto tempo dopo per la complessità delle diverse situazioni, oltre al
fatto che i portainnesti devono essere
compatibili con le nuove varietà.

In questa tabella di ibridi interspecifici che

vengono utilizzati direttamente nelle

coltivazioni, che non sono parentali per ulteriori

programmi di incrocio ma che vengono

utilizzati tali e quali per la produzione.

Per i fruttiferi, ci sono tutti i portinnesti

resistenti a fillossera, che sono portinnesti ibridi

resistenti. Tra i Citrus, ci sono ad esempio il

Tangelo, Tangelo mapo, il Tangor.

I PIANI DI INCROCIO
I piani di incrocio devono essere differenziati a seconda che ci occupiamo di SPECIE AUTOGAME
(autocompatibili) o ALLOGAME (autoincompatibili):
_I piani di incrocio per specie autogame vengono utilizzati per gli agrumi, pescp, fragole e viti e
specie erbacee e consiste in autofecondazione ripetuta per formare linee pure, ma in
arboricoltura è molto difficile per diverse ragioni:
-Lunga Fase Giovanile;
-Necessità di mantere l’Eterozigosi
-Depressione Da Inbreeding, ossia la consaguineità che porta ad una perdita del vigore e fertilità
per la presenza di varianti negative accumulate che, diventate omozigoti, diventano letali;
Per le specie che sopportano INBREEDING l’autofecondazione è un vantaggio perché:
-Riduce il livello di eterozigosi e quindi la stabilità del fenotipo
-Consente la manifestazione di alcuni caratteri recessivi non visibili in condizioni di
eterozigosi
Per evitare di avere tempi troppo lunghi per la produzione di ricombinanti e al contempo
cercare di ottenere un altro grado di omozigosi, si crea un compromesso dove si fa un
alternanza tra autofecondazione, per fissare alcuni caratteri in omozigosi, e incrocio, per
ottenere ricombinanto su cui fare la selezione.
_I piani d’incrocio per le specie allogame si fanno con delle specie diverse.

REINCROCIO
L’ibrido che è stato costituito potrebbe essere non dotato dei
caratteri di pregio che uno dei due genitori ha e quindi si esegue
questo INCROCIO DI RITORNO dove l’ibrido si incrocia con il
parentale (Ricorrente) che ha quei caratteri di interesse che
mancano all’ibrido e quindi si ottiene una progenie BC1 e questa
progenie verrà reincrociata per n volte con il ricorrente fino a
quando non viene trasmesso il carattere di interesse.
Spesso per fare in modo che tutti i caratteri vengono trasmessi
questi reincroci si faranno per circa 5-6 generazioni.
I problemi sono:
_I caratteri poligenici: sono complicati da far arrivare all’ibrido e se
arrivano, ci potrebbe essere il rischio che vengano trasferiti anche dei caratteri negativi
_La fase giovanile molto lunga
_La comparsa di ibridi sterili che viene data dai fenomeni di consanguineità, derivati dai numerosi
reincroci.

TUTELA GIURIDICA DELLE NUOVE VARIETA’


Una volta costituita la nuova varietà è importante tutelarla, ottenendo il BREVETTO, oggi a livello
Europeo agisce il CPVO (community plant variety office).
Per essere una nuova varietà non deve avere avuto commercializzazione in paesi EU ma la
sperimentazione
Si deposita al CPVO la varietà ottenuta in cui si esamina la DISTINGUIBILITÀ, la STABILITÀ e
L’OMOGENEITÀ della nuova varietà. Infine si procede con la DENOMINAZIONE VARIETALE.
In Italia agisce il CREA (ad eccezione degli agrumi agisce la Spagna)
Il costitutore ha diversi diritti dopo il brevetto.
-Produzione o riproduzione
-Condizionamento ai fini della moltiplicazione
-Messa in ventita o altra commercializzazione
-Esportazione dalla UE
-Importazione dall UE
-Magazzinaggio per uno degli scopi sopra elencati
-Se il costitutore è dipendente pubblico riceve una percentuale variabile tra il 50 e il 70% di
provenienti dalla commercializzazione
-Il costitutore può cedere al vivaista la sua nuova varietà, quindi il materiale che ha realizzato,
acquisendone i diritti.

L’IMPORTANZA DEI METODI TRADIZIONALI


_Tutti gli agrumi sono IBRIDI originati da tre specie:
I Pummeli, i Mandarini e il Cedro, queste sono le tre specie vere di agrumi.
L’arancio dolce è figlio del Mandarino e del
Pummello con una serie di passaggi intermedi
Il limone è figlio di Cedro di Arancio Amaro
L’arancio amaro è figlio di un mandarino che funge
da maschio e il pummelo (pianta portaseme) che
funge da femmina, incrocio che è avvenuto in
natura e non da parte dell’uomo.
Il Pompelmo è figlio del pommelo e arancio dolce
ed è a polpa gialla. In seguito, l’uomo ha fatto delle
radiazioni ionizzanti sulle gemme del pompelmo
giallo e derivati ed abbiamo ottenuto il pompelmo
rosa, un mutante che estrinsecava, la presenza di
licopene (stesso pigmento del pomodoro). Infatti il pompelmo rosa si colora “male” perché se
quelli gialli, che accumulano antociani, necessitano escursioni termiche per l’accumulo, i
pompelmi rosa necessitano di elevate temperatura.
Quindi questi metodi tradizionali di miglioramento genetico, sono metodi complementari,
spesso integrati fra loro, perché un ibrido può essere sottoposto poi a mutazione e un mutante
può essere utilizzato come genitore per un programma di incrocio.
_Per le Viti e per i Meleti, l’importanza dell’incrocio raggiunge un elevate valenza in termini di
sostenibilità e tutela di salute dell’uomo. Questi sono soggetti a numerose malattie di natura
patogena e parassitaria che ha portato all’uso, anche settimanale, di diversi prodotti chimici che
hanno causato inquinamenti ambientali e tossicità croniche e acute.
Recentemente sono stati costituiti dei vitigni resistenti
ad alcune malattie come ad esempio la peronospora,
uno dei principali patogeni. Questi vitigni sono origine
di varietà commerciali e altre poco conosciute che
manifestano una certa resistenza e questi ibridi sono
stati ottenuti solo dopo 8 anni e ci sono voluti altri 4
anni per registrarli e licenziarli
Gli ibridi non possono utilizzare il nome della varietà da
cui derivano e quindi bisogna dare un nuovo nome
Nella costituzione dei vini DOC e DOCG si devono
utilizzare per forza quelle viti, oggi l’abbinamento
varietà-vino è fondamentale, quindi se la varietà non è
Nerello Mascalese non potrò utilizzarlo per l’ottenimento dell’Etna Rosso.

COLTURE IN VITRO
La coltura in vitro è l’Arte di allevare cellule vegetali, tessuti o organi isolati dalla pianta madre,
su substrati artificiali in condizioni controllate, per ottenere piante complete.
Tutto si basa sulla TOTIPOTENZA, la capacità peculiare della cellula vegetale di potersi
differenziare e poter quindi rigenerare una pianta intera
Le colture in vitro hanno una grande importanza a livello di:
_MERCATO
Sono di interesse per le industrie, per il mercato, perché sono tecniche che consentono di
propagare in maniera massiccia le specie ortofloricole-frutticole, in particolare i portinnesti.
Sono interessi di mercato perchè n queste colture cellulari è possibile far produrre dei metaboliti
e sostanze utilizzate per l’industria farmaceutica. Le cellule diventano produttori di sostanze
ormonali. Vengono applicate per risanare le varietà per la presenza di patogeni ed in particolare
di virus o viroidi.
_BIODIVERSITA’:
Queste colture in vitro in ambienti artificiali, substrati artificiali di cellule o tessuti svolgono un
ruolo per la biodiversità perché è possibile CONSERVARE IL GERMOPLASMA, soprattutto quello di
SPECIE A RISCHIO DI ESTINZIONE.
Ad esempio c’è un nuovo clone detto Bitters, che è molto richiesto per uso da portinnesto e
non si può usare il seme perché viene dall’america e c’è il greening, che rischierebbe di
distruggere l’agrumicoltura europea e quindi usiamo la propragazione in vitro per avere
centinaia di piante risanate in tempi e spazi limitati.
_MIGLIORAMENTO GENETICO
---Le colture in vitro sono importanti per la propagazione degli ibridi costituiti in modo tale che
un ibrido dalle caratteristiche eccellenti si possa propagare il più velocemente possibile
formando una nuova varietà
---Esse sono utilizzate per la trasformazione genetica, ossia la possibbilità di costituire dei
trasformanti, individui dotati di alcuni caratteri attraverso l’inserimento di DNA alieni
attraverso individui vettori come i plasmidi (molecole di Dna) in grado di autoreplicarsi
all’interno dei agro-batteri.
---Le colture in vitro ci consentono di applicare dei fattori di stress per individuare e selezionare
dei mutanti
---Ultimo e più nuovo programma di miglioramento genetico le new breeding tencniques, la
cisgenesi e genome editing e hanno senso se esiste a valle del processo di miglioramento
genetico realizzato, un efficiente protocollo di rigenerazione in vitro.
NON TUTTO SI PUO’ COLTIVARE IN VITRO
Vi sono dei protocolli specifici a seconda del genotipo

LA NASCITA DELLA COLTURA IN VITRO


Queste colture in vitro nascono nel 1902 quando Haberlandt scopri il fenomeno della totipotenza
e il ruolo di alcune sostanze di crescita hanno nel determinare la possibilità e della capacità delle
cellule di dividersi su substrati artificiali. Dal 1960, con la messa a punto del Protocollo Di
Micropropagazione di Morel, fino ai giorni nostri vi è sempre un affinamento della coltura e
innovazione.

ORGANOGENESI ED EMBRIOGENESI
Si scopri che si potevano far crescere in maniera illimitata alcuni organi su substrati artificiali
addizionandoli di alcune sostanze. Se aggiungiamo un ormone rispetto ad un altro, e quindi un
rapporto adeguato tra citochinine e auxine otteniamo nei nostri tessuti messi in coltura delle
strutture completamente diverse. Questi tessuti che mettiamo in colture in vitro possono andare
incontro ai processi di organogenesi ed embriogenesi (si parlerà in ogni caso di MORFOGENESI)
Metto a dimora questo tessuto che va incontro ad una morfogenesi che può essere DIRETTA o
INDIRETTA
_Nel caso della Morfogenesi Diretta il tessuto differenzia direttamente delle gemme avventizie e
delle cellule organizzate.
_Nella Morfogenesi Indiretta da cellule non specializzate, disorganizzate e de-differenziate di
tessuti callosi o colture in sospensione e solo dopo forma degli organi organizzati
LA MORFOGENESI PUO’ ESSERE

ORGANOGENESI: prendo una porzione del tessuto di una pianta, lo metto su un substrato che ho
definito e questa porzione di tessuto può andare incontro alla Caulogenesi cioè differenziare una
porzione caulinare, un germoglio oppure le radici (Rizogenesi). La modificazione del substrato
consentirà il completamento delle porzioni mancanti.

EMBRIOGENESI: La struttura che mettiamo in un substrato artificiale come lo stilo fiorale può
differenziare su questi tessuti nuovi embrioni somatici che possiedono sia l’apice caulinari che
l’apice radicale e che quindi germinano senza bisogno di passare per tempi e spazi diversi su
substrati differenziati.

MICROPROPAGAZIONE: VANTAGGI E SVANTAGGI


VANTAGGI
_Posso allevare questi tessuti in superfici molto limitate e assolutamente svincolate
dall’andamento stagionale, cioè posso allevare piante, prendere gemme o tessuti e dove le specie
sono caducifoglie non posso prendere una foglia se la pianta non è in ripresa vegetativa, ma mi
consente indipendentemente di andare avanti anche se la pianta dopo perde le foglie.
_Questi metodi ci consentono di produrre cloni, individui identici tra loro da piante che siano
particolarmente lente o difficili da propagare vegetativamente . Ci sono delle specie, dette
recalcitranti, che non radicano neanche nei migliori substrati e la coltura di apici ci consente di
propagarla vegetativamente.
_Le piante ottenute sono certamente virus esenti e pulite dal punto di vista igienico-sanitario.
_Il vitro fa assumere alle piante rigenerate delle caratteristiche di pregio che rendono le piante
più interessanti per il mercato (es: alcune varietà di more senza spine sono state allevate in vitro).
_Il materiale riprodotto vegetativamente può essere mantenuto per lunghi periodi e non vi
sono necessari tutti gli interventi che si fanno in campo, perché è tutto controllato, non ci sono
infestanti, non devo trattare, non devo irrigare perché la pianta cresce in un’ambiente che è
ovviamente comprensivo di tutto quello che serve.
SVANTAGGI
_Qualche limite è legato al fatto che vi è la necessità di produzione specializzato per chi lo fa dal
punto di vista commerciale, personale qualificato, e materiali idonei e quindi l’aumento dei
costi. _I protocolli sono genotipo-dipendenti, ognuno va bene non per una singola specie ma
addirittura per una varietà e per i cloni. Nei limoni e in tutti i cloni di Femminello, ognuno di questi
risponde in maniera diversa.
_Il processo ha un momento critico all’inizio del ciclo e alla fase finale del ciclo.
_A volte possono insorgere delle variazioni somaclonali, cioè che ci possono essere delle
mutazioni che insorgono in queste cellule e non ci consentono di assicurare la corrispondenza
genetica del materiale così costituito.
_Può avvenire una Fase Critica Di Acclimatamento

APPLICAZIONI DELLA MORFOGENESI IN VITRO


La morfogenesi in vitro serve di certo per rigenerare le piante tramite processo di
MICROPROPAGAZIONE e per la CONSERVAZIONE DEL GERMOPLASMA, ma nello specifico serve
per FARE UN INSORGENZA DI VARIABILITÀ GENETICA, per scegliere un individuo migliore e che
presenti delle caratteristiche migliorative.
Le colture in vitro ci consentono di ottenere dei cloni varianti, attraverso fattori di stress e indurre
mutazioni all’adattamento. Posso stimolare la formazione di cloni con diversa ploidia, tetraploidi
piuttosto che triploidi.
Il successo dipende da diverse interazioni tra la PIANTA, le CONDIZIONI AMBIENTALI e il MEZZO
NUTRITIVO.
Deve essere controllato il Substrato, che deve essere solido perché se così non fosse
accumulerebbe talmente acqua che manderebbe il nostro espianto in un processo di
vitrificazione.
Esso è composto da
 Acqua bidistillata 95%;
 Macronutrienti (N, P, K, Ca, Mg, S);
 Micronutrienti (talvolta solo il Fe);
 Vitamine (tiamina – vit. B1, ac. ascorbico – vit. C, ac. nicotinico vit. PP, biotina – vit. H,
riboflavina – vit. B2);
 Amminoacidi e altri supplementi azotati
 Zuccheri; Spesso nei substrati ci sono grandi quantitativi di zuccheri, 30-40gr/l di
saccarosio per assicurare un’attività di divisione cellulare poiché l’espianto non è in grado
di fare la fotosintesi
 Un agente solidificante e gelificante (AGAR);
 Ormoni e composti chimici regolatori della crescita. I fitoregolatori, come auxine,
citochinine e giberelline che in contrazioni diverse, in rapporti diverse, indirizzano lo
sviluppo dei nostri nuovi organ
 Questo substrato preparato avere un ph subacido intorno a 5.7-5.8 per evitare
l’insolubilizzazione dei sali. È importante per non disgregare la funzione delle membrane
delle cellule vegetali

Per ogni specie per la quale manifestiamo interesse possiamo trovare protocolli specifici
genotipo-dipendenti che affinano, confrontano e modificano la quantità di nitrato di potassio
piuttosto che di solfato di rame e rispetto a questo hanno dei risultati completamente diversi.
Spesso quelli che vengono variati sono quelli di vitamine e ormoni.

ORMONI O FITOREGOLATORI
Il contenuto di questi ormoni e il ruolo degli ormoni per fatti legati alla divisione delle cellule,
differenziazione radici avventizie, formazioni di nuove gemme, distensione cellulare e
allungamento delle cellule (giberelline) e quindi degli internodi.
_Le AUXINE di sintesi quali acido indolacetico, naftalenacetico, indolbutirrico, 2-4D, 2-4D
diclofenossiacetico vengono usate per la radicazione;
_le CITOCHININE, la benziladenina, kinetina, zeatina, BAP aiutano ad agire nello sviluppo di
germogli e formazione di nuove gemme avventizie;
_le GIBERELLINE vengono utilizzate meno in vitro ma servono per l’allungamento degli internodi.
Se prendo un internodo e lo metto in un substrato dove ci sono più auxine, questo avrà delle radici
mente se lo metto in un substrato di citochinine questo formerà delle gemme avventizie. Se faccio
un substrato “scarico” (privo di ormoni) quel tessuto andrà incontro, in base al tipo di tessuto, ad
una morfogenesi diretta

EFFICIENZA DELLA MORFOGENESI


NUMERO DI ESPIANTI MORFOGENETICI
Essa si misura con il x 100
NUMERO DI ESPIANTI TOTALE

Essa dipende da una serie di fattori


_GENOTIPO: c’è una dipendenza genetica che è legata alla specie, tipo, varietà ecc. Ci sono specie
che sono recalcitranti e non riemettono radici neanche se utilizzassimo il bioreattore più potente e
un cocktail di sostanze ormonali interessanti
_ORIGINE DELL’ESPIANTO: ci sono specie i cui espianti sono più facili da rigenerare in vitro.
Meiotica e Aploide (microspore e granuli pollinici)
Somatica e Diploide (foglie, fusto, radice, fiore, antere)
Meiotica e Diploide (nucleo endospermico)
Gamica e Diploide (zigote)
Gamica e Triploide (endosperma)
Ad esempio, se la natura del mio espianto è somatica o diploide, la rigenerazione sarà molto più
elevata rispetto a quella di uno zigote
_ESPIANTO IN RIFERIMENTO A CONDIZIONI VARIABILI: sono legate anche alla tipologia di
materiale e alle caratteristiche eventuali di pre-condizionamento che ho fatto sulla pianta madre.
-Alcune volte la pianta madre si tratta per stimolarla per offrire materiali che siano i più idonei
per l’inizio delle colture in vitro, con trattamenti ormonali.
-I tessuti giovanili sono quelli che hanno una maggiore attitudine rizogena e quindi un
attitudine morfogenetica molto più elevata di quella che avrebbero gli espianti prelevati dalla
stessa varietà ma da pianta già matura. Ad esempio per iniziare il protocollo di alcune specie
come agrumi con semi apomittici, si parte da semi che si mettono a germinare, si ottengono i
semenzali e si parte dagli epicotili, che sono uniformi perché sono embrioni nucellari (identici
tra loro e la pianta madre) e piante in fase giovanile con

Dal nostro espianto prelevato ex planta, dalla


pianta madre individuata, messo su un
substrato artificiale può creare una nuova
pianta, ma ciò avviene tramite un processo di
Morfogenesi diretta e indiretta.
_Diretta se differenzia direttamente gemme,
radici (organogenesi) od embrioni
(embriogenesi)
_Indiretta se viene costituito prima un tessuto
amorfo e indifferenziato detto Callo da cui poi
si origineranno caule o radici (organogenesi)
oppure embrioni
In ogni caso l’obiettivo finale è ottenere la
pianta completa
L’espianto è qualunque tessuto estratto da
porzione di pianta in grado di sviluppare un
individuo nuovo
ORGANOGENESI
Produzione di organi unipolari da tessuti non meristematici attraverso la formazione di centri
meristematici avventizi
 FASE DI INDUZIONE: cambiamento del programma di sviluppo della cellula
o Fattori ormonali che interagiscono con la regolazione dell’espressione genica
 FASE DI DIFFERENZIAZIONE
a. insieme degli eventi che portano alla formazione dei centri meristematici avventizi
b. Rigenerazione dell’organo
PROPAGAZIONE PER ORGANOGENESI DIRETTA
Comunque, l’induzione della rigenerazione di germogli diretta dipende dalla natura dell’organo
vegetale dal quale deriva l’espianto, ed è altamente dipendente dal genotipo della pianta.
I principali vantaggi della micropropagazione per mezzo della rigenerazione diretta di germogli
avventizi consistono nel fatto che la fase di induzione e di moltiplicazione producono più
facilmente propaguli che per mezzo della coltura dei germogli e i tassi di propagazione possono
essere alti.
PROPAGAZIONE PER ORGANOGENESI INDIRETTA
I germogli (o altri organi) sono detti essere rigenerati indirettamente quando si sono formati su
calli precedentemente disorganizzati, o in colture cellulari.
La propagazione con tutti i metodi di organogenesi indiretta porta il rischio che le piante
rigenerate differiscano geneticamente da ogni altra e dalla pianta madre.

PROPAGAZIONE PER EMBRIOGENESI SOMATICA


Sfruttando il fenomeno della totipotenza cellulare, si organizza in un embrione simile a quello
zigotico, solo che in questo caso è un Embrione Somatico, embrione che deriva da una cellula del
corpo e che attraverso una sequenza di sviluppo che segue che va dalla formazione del callo e poi
differenzia contemporaneamente strutture radicali e ovviamente strutture caulinari. Fino a
formare una pianta perfettamente completa. Embriogenesi può essere anche diretta senza
formare il callo ma si sviluppano direttamente le piccole plantule a partire da embiorni con
epicotile ed ipocotile.
Questa immagine è un esempio di embriogenesi somatica di agrumi
mediata dal callo. La prima immagine ci mostra un callo che si è originato
da parti di un fiore (in questo caso gli stili, utilizzati spesso in queste
propagazioni) che è stato messo in un substrato senza ormoni. Come si
può vedere nella terza immagine, è stato dato nel substrato uno zucchero
diverso dal saccarosio che portato il callo a formare un embrione (si
possono vedere sia le radichette che le prime foglie) che però è somatico e
non zigotico. Questo meccanismo è molto importante perché ci permette di
risanare una pianta a partire dai fiori stessi. Infatti la struttura marroncina
che vediamo è lo stilo fiorale.
FASI DEL CICLO DI MICROPROPAGAZIONE
FASE 0: SELEZIONE DEL MATERIALE VEGETALE
E’ la fase più importante dopo l’espianto. Prima che la micropropagazione cominci, dovrebbe
essere rivolta buona attenzione alla selezione di una o più piante stock. Esse devono essere
tipiche della varietà della specie, ed esenti da ogni sintomo di malattia. L’espianto può essere
qualsiasi parte della pianta.
Crescita, Morfogenesi e Tassi Di Propagazione in vitro possono essere migliorati con appropriati
pre-trattamenti delle piante stock.
FATTORI COINVOLTI NELLA SCELTA
_La parte di pianta da cui prelevare il materiale
_Il genotipo (specie, varietà, ecotipo, ecc.)
_Le condizioni fisiologiche della pianta madre
_La stagione di prelievo del materiale
_La posizione sulla pianta del materiale
_Le dimensioni dell’espianto da impiantare
STADIO FISIOLOGICO DELLA PIANTA MADRE
_Vegetativo / Riproduttivo
_Giovanile / Matura
_Dormiente / Attiva
_Riserve di carboidrati nel fusto e nelle foglie
_Sostanze nutritive a disposizione nel terreno
_Ormoni endogeni in circolo
FASE 1: STERILIZZAZIONE DELLA COLTURA ASETTICA
Nel momento in cui si preleva, il materiale vegetale deve essere sterilizzato. Le piante crescendo
nell’ambiente esterno sono invariabilmente infestate esternamente da funghi, batteri, e animali
anche se alcuni microbi e virus possono vivere sistemicamente dentro i tessuti. È sempre molto
importante assicurarsi che gli espianti siano presi solo da piante vigorose in assenza di sintomi o
trascorsi di malattie ma anche piante che geneticamente presentano tomentosità.
Per molti tipi di coltura di tessuti è necessario quindi rimuovere i microrganismi esterni dai tessuti
vegetali con Disinfettanti Chimici, o Sterilizzanti prima dell’inizio delle colture.
Questo perché batteri e funghi sono capaci di crescere rapidamente sui substrati per la coltura
vegetale che contengono composti organici come zuccheri, amminoacidi e vitamine.
Ovviamente devo fare in modo che quando sterilizzo, uccido i patogeni ma non uccido la
espianto; per questo è importante tenere conto del Genotipo e del Materiale Vegetale.
Per la sterilizzazione uso come prodotti IPOCLORITO DI SODIO, CANDEGGINA O ALTRI PRODOTTI
BAGNANTI (aiutano la penetrazione della candeggina). I tempi di esposizione agli sterilizzanti
dipende dalla durezza dell’espianto (es: seme coriaceo>>germoglio)
DISINFEZIONE: FATTORI COINVOLTI
• Condizioni della pianta e modalità di espianto: es. la tomentosità di una foglia può limitare
una parte del disinfettante e quindi rendere più complicata la sterilizzazione
• Lavaggio in acqua
• Disinfezione (principio attivo, concentrazione e durata)
• Contaminazioni interne
TIPOLOGIE DI CONTAMINAZIONE
 COLONIA BATTERICA: hanno una consistenza traslucida e maleodorante
 IFE FUNGINE
 COMPOSTI FENOLICI: non sono agenti di contaminazione veri e prorpio ma sono sostanze
prodotte dalla pianta in risposta al taglio. I composti fenolici ossidano il substrato stesso,
rendendo impossibile all’espianto di nutrirsi da questo substrato. Per evitare questo
problema si mette carbone attivo, che trattiene questi composti.
Le contaminazioni possono avvenire in qualsiasi momento; ad esempio un bisturi mal toccato, una
respirazione sul tessuto/organo ecc. puo determinare una contaminazione
E’ fondamentale saper distinguere le formazioni callose, che testimoniano un’attività
morfogenetica, dalle contaminazioni.
FASE 2: MOLTIPLICAZIONE
Lo scopo della “Fase 2” è quello di
indurre la produzione di tante nuove
escrescenze o propaguli, come
GEMME e GERMOGLI, che, quando
separati dalla coltura, siano capaci di
aumentare il numero di piante
intatte.
La micropropagazione si fa se di un
genotipo costituito non ci sono ancora
semi o ancora frutti che possano
propagarlo come ad esempio i
portinnesti
I nuovi germogli si originano da
Gemme Apicali, Gemme Laterali o
Gemme Avventizie che si originano
da internodi, sono gemme che
nascono dai punti di taglio.
In accordo con la procedura in vitro che si sta seguendo, la moltiplicazione può essere indotta da
Germogli Ascellari di nuova derivazione o avventizi, da Embrioni Somatici, od Organi propagativi.
Alcuni dei propaguli prodotti in questa fase (specialmente germogli) possono essere usati come
base per ulteriori cicli di moltiplicazione nei quali essi possono essere di solito coltivati
nuovamente (subcoltivati) per accrescere il loro numero

I ruolo dei fitoregolatori varia in funzione di:


• Interazione con altri fitoregolatori endogeni (prodotti dalle colture) ed esogeni
(presenti nel substrato)
• Quantità del fitoregolatore presente o somministrata
• Stadio ontogenetico (differenziazione) e fisiologico degli espianti
• Disponibilità di elementi nutritivi e/o fattori nutrizionali (es. vitamine)
• Condizioni ambientali (luce, temperatura, pH)
FASE 3: ALLUNGAMENTO DEI GERMOGLI
I germogli o plantule provenienti dalla Fase 2 sono piccoli, e non ancora capaci
di auto-supportare la crescita su terra o su compost. Nella “Fase 3”, si allevano
piante monocauli, capaci di esplicare la fotosintesi, e pronte per sopravvivere
senza l’aggiunta artificiale di carboidrati affinché non diventino striminzite o
inattive quando portate fuori dall’ambiente colturale.
I germogli possono avere bisogno di essere fatti allungare prima che sia tentata
la radicazione. L’allungamento può essere indotto mediante l’inclusione nel
substrato di gibberelline.
A volte è sufficiente effettuare un ciclo (4-6 settimane) su substrato privo di
ormoni per ridurre o annullare l’effetto di inerzia ormonale indotto nei cicli di
moltiplicazione (auxine e citochinine) che provoca l’accestimento delle
plantule.

FASE 4: RADICAZIONE
A questa fase di allungamento segue la fase di radicazione, quindi una volta
che ho questi germogli allungati, devo stimolare la formazione di radici
avventizie.
Ognuno di questi germogli viene messo singolarmente su un substrato
avente auxine (in vitro).
Per ridurre i costi della micropropagazione, molti laboratori prelevano i
germogli senza radici dall’ambiente in vitro e li fanno radicare fuori il
contenitore della coltura (ex vitro).
Quali sono i fattori della rizogenesi che agiscono?
Sono le stesse che agiscono sulle talee, mima quello che si fa in vivo, che qui
il Rapporto Carbonio Azoto, la presenza di Eventuali Cofattori, il fenomeno
della Giovanilità, Auxine sono tutti i fattori che influenzano e agiscono su
questo processo di radicazione.
FASE 5: ACCLIMATAMENTO
È la fase cruciale che consiste nel trasferire il nostro materiale vegetale o pianta, attraverso
panetti di torba, da condizioni di vitro alle condizioni di vivaio, in condizioni ambientali naturali.
Quando si fa tale processo di acclimatazione la pianta, trasferita in un panetto di torba pieno
d’acqua, viene messa in contenitori più grandi e con una busta di plastica
È un processo di ambientamento lento e pericoloso perché nel momento in cui si apre questa
busta si comincia a far indurire la plantula che passa da un substrato fatto al 95% d’acqua ad un
terriccio di consistenza e contenuto di umidità diverso che man mano si abbassa gradualmente.
Queste buste vengono aperte piano piano finchè la nostra giovane plantula non si sia acclimatata.
Quando fornite di saccarosio (o qualche altro carboidrato) e mantenute in condizioni di luce
bassa, le plantule micropropagate non sono completamente dipendenti dalla loro fotosintesi
(sono mixotrofiche; in parte autotrofe e in parte eterotrofe). Sembra essere necessario uno
stimolo che non è presente nell’ambiente in vitro per rendere totalmente capaci di produrre i loro
propri fabbisogni di carbonio ed azoto (cioè prima che diventano capaci di nutrirsi da sole –
autotrofiche). Il cambiamento avviene solo dopo che le piante hanno passato diversi giorni ex
vitro (si passa da condizioni di assoluta sterilità a condizioni esterne non controllate).
Questa è una fase cruciale perché se ricordiamo la circolarità del processo, le altre sono delle fasi
dove posso ritornare sempre indietro. Così come se nella fase di radicazione qualcosa non è
andata bene io riparto da quei contenitori che avevo nella fase di allungamento e li rimetto a
radicare. Invece in questa fase no: se sbaglio qualcosa non si può più tornare indietro
Per la rigenerazione di un individuo come ad esempio gli agrumi, noi possiamo partire da degli
internodi o da “slices”. Al taglio c’è sempre la formazione di un callo dove si formano poi tante
gemme diverse; il numero di gemme che si può formare dipende dal genotipo. Le gemme si
formano nel punto che sta tra lo xilema ed il floema, ossia il Cambio.
Questo è un internodo di agrumi (Mandarino), che è stato
prelevato, e utilizzato tale e quale.
La sezione che vediamo nell’immagine è il punto in cui è avvenuto
il taglio da cui si è formato un tessuto calloso dal quale si sono
formate delle gemme avventizie.
Questo processo di rigenerazione non è importante solo per la
micropropagazione ma per il miglioramento genetico in generale
perché in materia di Trasformazione Genetica l’immissione del
batterio ingegnerizzato (Agrobacterium Tumefaciens) viene fatto
in un internodo tagliato che poi viene messo nel substrato e
viene fatto rigenerare. Con la rigenerazione, da una singola
cellula “infettata” dal batterio si generano interi tessuti e organi
con questo DNA trasformato e addizionato ai geni alieni di
particolare pregio .
RISANAMENTO E MICROINNESTO
_Abbiamo detto che questo ciclo di micropropagazione serve anche a risanare la pianta dalle
malattie virali attraverso tecniche diverse.
I virus si trasmettono da pianta a pianta, per contatto, per seme, per polline, per propagazione
vegetativa e per mezzo di funghi e vettori animali
Non essendo le malattie virali curabili con trattamenti in campo, l’unico modo per controllarle
rimane la Prevenzione, ossia il Risanamento di ciò che non è infetto
_Spesso questo risanamento si fa con l’utilizzo combinato di TERMOTERAPIA e MICROINNESTO o
“Shoot Tip Grafting” (STG). La Termoterapia consiste nel sottoporre la pianta virosata ad un
trattamento con temperature di 35°-38° per cercare di ridurre/abbattere la carica virale di quei
virus sensibili al calore
_Tuttavia la tecnica che consente l’eliminazione è il Microinnesto. Si procede con un meccanismo
che ricalca quello che è innesto in campo, l’innesto a spacco, solo che in questo caso sia il
portainnesto che il nesto hanno dimensioni estremamente contenute e l’apice in particolare deve
avere delle dimensioni comprese tra 0.1-0.2 mm, 10-20 micron per essere sicuri in questo modo
che l’apice prelevato sia libero dalla virosi quando la pianta che stiamo trattando è una pianta
virosata.
_1) Il portainnesto viene fatto crescere su substrato
artificiale (in vitro) in condizioni di sterilità. Viene messo in
in coltura di un seme sterilizzato, pelato e disinfettato che
viene messo nel tubetto col substrato ma allevato al buio
perché vogliamo dei tessuti che siano teneri e molto acquosi
in cui la capacità delle cellule parenchimatiche di
differenziare e accogliere questo innesto (Attecchimento)
che realizziamo sia molto elevata.
_2) Prepariamo anche la marza da una
pianta virosata e la mettiamo in coltura
anche questa artificiale. Quindi prendo delle
talee, le pulisco, le sterilizzo (con ipoclorito
di sodio o candeggina) e le metto in tubi di
coltura, sterili e con substrato artificiale,
per aspettare che dalle gemme ascellari
delle talee si producano dei germogli. Così ottengo tanti meristemi e che soprattutto sono già
sterili perché ho messo in sterilità la marza che ho prelevato. L’apice meristematico che io
preleverò sarà affetto da virus ma è sterile e quindi lo posso usare.
_3) Questo apice viene prelevato per far il microinnesto e si farà al Microscopio, sul bancone della
Cappa Flusso-Laminare. La prima cosa che si farà sarà preparare il portinnesto; quando prelevo
la plantula dal tubo avro una piantina bianca, acquosa e filante dove noi capitozzeremo radice,
fusto e cotiledoni. Contemporaneamente preparo il mio apice; tiro fuori la talea e prendo il
germoglio che lo pulisco da tutte le foglie laterali e lascio soltanto il cono gemmario con le prime
due foglie. Il meristema apicale viene tagliato e viene posto sul portinnesto a forma di
“Scudetto”o a “T Capovolto” (si aprono i due lembi, si pone la gemma e si richiude).
_4) La pianta, che adesso è bimembre, viene posta dentro un tubo sterile con substrato liquido.
Per assicurare che la nostra plantula non affondi nel liquido, noi avvolgiamo la parte centrale con
della carta. Dopodichè si chiude col parafim e si mette alla luce. Dopo un certo periodo di tempo
cominceranno a formarsi delle foglioline
Abbiamo detto che nel punto di taglio si formano delle gemme avventizie. Questo vale anche per il
punto di taglio del portinnesto dove le gemme avventizie (del portinnesto) entrano in
competizione con l’apice che ho innestato. Quindi ad un certo punto avrò una plantula dove ci
saranno dei germogli tipici di quel portinnesto e un solo germoglio del nesto: è ovvio che dovrò
potare i germogli dei portinnesti.
Quando il portinnesto non si è sviluppato molto, possiamo procedere facendo un Reinnesto della
pianta bimebre su un’altro portinnesto opportunamento preparato per accelerare il processo di
accrescimento

VARIABILITÀ SOMACLONALE
Queste colture in vitro possono essere utilizzate per far insorgere e far manifestare delle
variazioni fenotipiche e genotipiche. Questa variabilità che si forma in vitro si chiama
VARIABILITA’ SOMACLONALE.
Viene chiamata così perché riguarda le cellule del Soma, ossia il corpo. Infatti anche lo stesso stilo,
sebbene sia un organo riproduttivo, è comunque composto da un tessuto, ossia una parte del
corpo. Quindi gli Espianti sono sempre tessuti di una pianta in condizione diploide.
Questa variabilità può essere indotta o può insorgere spontaneamente. Questo dipende:
_Da quanto il sistema di rigenerazione sia indiretto oppure no. Se vi è il Callo la probabilità di
insorgenza di variabilità è più elevata perché l’attività di divisione cellulare è molto intensa e
quindi i si può andare incontro alla variazione somaclonale.
_Dal tipo di tessuto dell’espianto: un Tessuto Differenziato ha una variabilità genetica più
elevata mentre un Tessuto Meristematico ha una variabilità genetica più bassa
L’origine di questa variabilità che è insorta può essere:
_Pre-esistente nell’espianto di partenza: è frequente nelle arboree dovuta alla perpetuazione
della propagazione agamica (espianti chimerici) che tende ad accumulare maggiore variabilità nel
tempo.
_Indotta dalle particolari condizioni della coltura in vitro
EFFETTI
-Calli con differenti caratteristiche
-Più rapida induzione a fiore
-Formazione di spine
-Differente regolazione ormonale
-Nanismo e differente vigore
-Resistenze a patogeni
Frequentemente capitano delle formazione di mutanti chimerici che dovranno essere puliti da
tessuti non mutati
Quando vogliamo indurre una variabilità somaclonale aggiungo alcune sostanze al substrato. Se
queste sostanze vengono detossificate dalle cellule del nostro espianto, allora vuole dire che
questo ha avuto una mutazione. Quando si parla di variabilità somaclonale si deve parlare anche
di SELEZIONE SOMACLONALE dove appunto riesco a determinare in tempi molto brevi quali di
questi cloni è andato incontro a variabilità e chi no perché ho introdotto uno stress tramite queste
sostanze (patogeni, Sali in eccesso) che da alcuni è stato superato (è avvenuta la variabilità)
mentre altri sono morti (non è avvenuta la variabilità). La selezione può essere POSITIVA (il
substrato uccide tutte le cellule ad eccezione di alcune e scelgo quello che è sopravvisuto)
oppure NEGATIVA (reazione di ipersensibilità dove tutti i tessuti vanno incontro a morte precoce)

I PROTOPLASTI E IBRIDAZIONE SOMATICA


I protoplasti sono delle cellule nude private della parete cellulare tramite una degradazione che
può essere realizzata con approcci enzimatici o approcci meccanici. Questi protoplasti possono
essere isolati da foglie, da sospensioni cellulari, da qualsiasi tessuto ma non dal legno. Sono molto
fragili
L’ottenimento di questi protoplasti è un prerequisito per applicare un metodo di miglioramento
genetico che prevede l’unione di queste cellule attraverso una procedura che prende il nome di
“FUSIONE O IBRIDAZIONE SOMATICA”. Questi ibridi somatici possono ricostruire la parete,
moltiplicarsi e ricostruire una pianta intera in grado di dare vita alla progenie
L’ibridazione somatica è dunque una fusione di cellule che permette di superare i fenomeni di
incompatibilità di incrocio (e di conservare anche il patrimonio genetico) tra due specie diverse.
Il tutto si fa “addizionando”, ossia fondendo, il genoma dei due individui tra loro incompatibili e
questa fusione avviene appunto al livello delle cellule del corpo (soma) degli individui e quindi,
CELLULE DIPLOIDI (2n). Il risultato finale sarà un individuo TETRAPLOIDE (“tetra-“=4n, da non
confondere con il “tri-”= 3n) che contiene i genomi diploidi di entrambi i genitori

Infatti, in un semplice incrocio tra un genitore dal patrimonio genetico “AA” e un genitore “BB”,
avremo un ibrido “AB”. Invece nell’Ibridazione somatica otterremo un tetraploide “AABB” che
avrà tutti i cromosomi “A” e tutti i cromosomi “B”

ISOLAMENTO DEI PROTOPLASTI


Per poter applicare questo metodo di miglioramento genetico è necessario isolare questi
protoplasti. Dovrò privare le cellule della parete perché se le cellule sono provviste di una parete
cellulare rigida, queste non saranno mai in grado di addensarsi ed eventualmente fondersi.
Abbiamo due metodi di isolamento
• METODO MECCANICO: pestando un tessuto e rompendo queste parete cellulari si ottiene
qualche cellula nuda. Tuttavia questi protoplasti sono poco capaci di rigenerare perché le cellule
che vengono comunque rotte e i tessuti che si danneggiano rilasciano tante sostanze che poi
determinano una incapacità delle cellule di dividersi.
• METODO ENZIMATICO: più efficiente e maggiormente utilizzato. Si prende un tessuto e lo si
mette in una soluzione con una miscela di enzimi in grado di degradare la parete cellulare dei
nostri tessuti. La soluzione è con una concentrazione osmotica pari a quella contenuta all’interno
delle cellule vegetali in modo tale da garantire condizioni di ISOTONIA (uguale concentrazione
osmotica all’interno e all’esterno della cellula) che ci sono quando la cellula è provvista di parete
cellulare. Infatti se non ci fossero tali condizioni la cellula potrebbe scoppiare.
Si utilizzano come enzimi solitamente Cellulasi, Pectinasi ed Emicellulasi, che sono gli enzimi che
sciolgono la cellulosa e le pectine ovvero i costituenti principali della parete cellulare.
FATTORI CHE INFLUENZANO LA VITALITÀ DEI
PROTOPLASTI
• ORIGINE DEL MATERIALE: Il materiale più conveniente per avere una grande resa di protoplasti
sono le foglie, sono caratterizzate da cellule ben organizzate, e che consentono agli enzimi di
penetrare facilmente sulla parete cellulare e di operare su di essa. L’efficacia delle foglia dipende
da età e da condizioni colturali; condizioni colturali controllate come quelle in laboratorio
saranno molto più efficaci perché le cellule saranno più tenere rispetto a quelle delle condizioni
esterne
• TRATTAMENTI PREENZIMATICI: sono i trattamenti che si fanno prima di utilizzare gli enzimi
come la sterilizzazione del tessuto, la pelatura chimica dell’epidermide, tagliare questi tessuti in
strisce molto piccole (per aumentare le superfici di contatto tra questi enzimi e le cellule vegetali).
• TRATTAMENTO ENZIMATICO: In funzione del tipo di tessuto si varierà la concentrazione e la
durata di esposizione alla soluzione enzimatica. Tessuti più consistenti come radice o un internodo
(non lignificato) avranno tempi e concentrazioni più elevare mentre rispetto a foglio o apici
meristematici
• LA CONCENTRAZIONE OSMOTICA: la concentrazione osmotica della soluzione dev’essere ben
stabilizzata e per questo si utilizzano degli zuccheri o il cloruro di calcio, per avere appunto una
isotonia tra l’ambiente ed il contenuto cellulare.
• PURIFICAZIONE: c’è la necessità di eliminare questa miscela di digestione, cioè dopo che si
ottengono i propri protoplasti, questi devono essere purificati, isolati singoli senza portarsi dietro
pezzi di cellule rotte.

STORIA E DESCRIZIONE
La fusione somatica nasce nel 1960 quando si capì di poter ottenere cellule nude (protoplasti) da
tessuti cellulari
Si scoprì che una cellula coperta solo da una membrana per andare incontro ad un processo di
divisione mitotica doveva ricostituire la parete cellulare rigida che gli consentirà poi di dividersi in
2, in 4 e così via fino a dare origine ad un nuovo individuo.
Quindi senza parete non poteva avvenire la divisione e quindi vennero elaborati dei protocolli per
la fusione di cellule prima della divisione cellulare, di tipo Fisico e Chimico

_Quello FISICO si può effettuare la fusione tramite l’utilizzo di un processo elettrico, attraverso un
meccanismo di Elettrofusione. Praticamente si utilizza uno strumento che si chiama
“elettroforatore” che determina delle piccole correnti alternate provocando polarizzazione e
formazione di catenelle, ponendo le nostre cellule una accanto all’altra e poi una corrente
continua ad alto voltaggio provoca pori nelle membrane e determina un collasso elettrico e
quindi le cellule vengono stimolate ad unirsi.
_Quello CHIMICO consiste nell’utilizzo di tutta una serie di sostanze sia chimiche, in particolare
del“Polietilene-Glicole” (PEG) e degli ioni Ca+ presenti nelle due membrane. Si creava un ponte tra
i gruppi carichi positivamente delle membrane e il PEG (carica negativa). Nel momento in cui il
PEG viene allontanato per lavaggio, la redistribuzione delle cariche elettriche superficiali delle
membrane determina la fusione dei protoplasti
TIPOLOGIE DI IBRIDI SOMATICI
Questi sono protoplasti, a sinistra sono
protoplasti di foglia, quelli a destra sono invece
protoplasti da callo quindi da cellule
indifferenziate che normalmente sono bianche.
Quindi a sinistra c’è la grande presenza di
cloroplasti che danno la colorazione verde, a
destra invece c’è la presenza di amido, sostanze
diverse, di amiloplasti e quindi mancanza di
colorazione.

Queste
invece, sono due immagini di protoplasti, in alto a sinistra, c’è
mezza cellula bianca e mezza cellula verde, questo è un
processo di fusione che sta avvenendo tra due protoplasti: uno
isolato da foglia ed uno isolato da callo. Mentre a destra, al
centro vi è un protoplasto già fuso in cui ci sono sia cloroplasti,
sia amiloplasti, per distinguerli da protoplasti da foglia e
protoplasti da callo.

FASI DELL’IBRIDAZIONE SOMATICA


1. Isolamento di protoplasti da foglie, calli, colture cellulari, meristemi, radici, embrioni, etc. e
purificazione;
2. Fusione attraverso metodi chimici o fisici (le membrane sono indotte alla fusione attraverso
uno shock osmotico, corrente elettrica, utilizzo di virus);
3. Individuazione degli etero-carionti (cellule veramente ibride)
4. Allevamento di queste cellule ibride e la rigenerazione delle piante (organogenesi o
embriogenesi indiretta)
5. Caratterizzazione genetica delle piante ibride.

TIPOLOGIE DI IBRIDI SOMATICI


Si otterranno degli ibridi SIMMETRICI (fusione completa dei nuclei e dei citoplasmi) che saranno
Eterocarionti (fusione di diversa tipologia di nucleo AABB) o Omocarionti (fusione con la stessa
tipologia di nucleo AAAA-BBBB)
Si possono avere anche degli ibridi ASIMMETRICI. Tali ibridi asimmetrici vengono detti Ci-bridi in
cui si mantiene la cellula di uno dei 2 e si ha ibridazione solo del citoplasma dell’altro.
Il genitore che cede il citoplasma è detto DONATORE e viene trattato con radiazione ionizzanti
che impedisce al nucleo di dividersi (tecnica doner-recipient) e poi si ha la fusione dei soli
citoplasmi
Alla fine dell’ibridazione occorre effettuare una selezione per verificare il successo della fusione
attraverso prove in campo o marcatori

TRASFORMAZIONE GENETICA
Esiste la possibilità di determinare delle modifiche al DNA, artificialmente, mettendo insieme
frammenti di DNA provenienti anche da organismi diversi.
Tutto ciò è possibile grazie agli enzimi Endonucleasi, Esonucleasi e Ligasi, enzimi di origine
batterica che tagliano molecole (ENZIMI DI RESTRIZIONE), anche circolari, di DNA a doppio
filamento e sono in grado di tagliare selettivamente molecole di DNA estraneo:
ESONUCLEASI: tagliano all’estremità del frammento eliminando i nucleotidi terminali
ENDONUCLEASI: tagliano punti interni della sequenza
LIGASI: Congiungono due molecole di DNA (formazione di legami fosfodiesterici - ligazione)
Si parla di Blunt ends o Sticky ends a seconda se queste rotture portino alla produzione di
frammenti con estremità piatte, oppure rompono queste sequenze determinando delle code
dette “appiccicose” (da qui il termine Sticky) perché sono asimmetriche.

IL PLASMIDE INGEGNERIZZATO
L’operazione di modifica del DNA con l’eliminazione di geni responsabili di malattie viene fatta
con Vettori Di Clonaggio tra i più importanti i PLASMIDI, molecole di DNA extracromosomico a
doppa catena che sono in grado di replicarsi e di cedere una parte del proprio DNA alla cellula
colpita.
I plasmidi si modificano in maniera diversa per effettuare la traspirazione genetica.
Il vettore usato è L’Agrobacterium Tumefaciens capace di trasferire i geni. Infatti nel plasmide vi è
una regione che può essere trasmessa, ossia il T-DNA, dna di trasferimento.
Esso è stato scoperto perché determinava delle masse tumorali, integrando il suo DNA all’interno
della cellula vegetale. L’agrobacterium cede il T-DNA contenuto nel plasmide.
Il T-DNA passa all’interno del DNA della cellula vegetale, pertanto il DNA della pianta inizia a far
produrre auxine e citochine responsabili del tumore. Tutto questo è quello che acade in natura.
È possibile modificare il plasmide del batterio trasferendo i geni utili anziche quelli dannosi
ingegnerizzando il DNA contenuto all’interno del batterio attraverso gli Enzimi Di Restrizione.
Si taglia quello che non è utile e tramite delle “ligasi”, quindi enzimi che cuciono, lo si sostituisce
con delle sequenze geniche di nostro interesse.
Si esegue quindi un’operazione di TRASFORMAZIONE GENETICA, ossia il trasferimento e
l’integrazione di geni alieni nel genoma di una pianta senza la mediazione del processo sessuale.
IL GENE ALIENO
__GENE: è una sequenza di DNA che codifica per un RNA messaggero e quindi poi trascrive una
proteina oppure, un gene è anche una sequenza che regola la trascrizione del gene, un gene può
essere anche una sequenza che inibisce la funzionalità di un gene.
__ALIENO: il gene può provenire da qualsiasi phylum
Come può essere un gene alieno?
_Un gene “nuovo”, isolato da altro organismo, che dia una nuova caratteristica alla pianta
_Un gene già presente nella pianta per potenziarne l’espressione
_Un gene “antisenso” che inattivi l’espressione di un gene complementare
_Un gene che codifichi per una proteina virale (cross-protection) determinando nella pianta una
sorta di immunizzazione e quindi, quando la pianta poi viene attaccata dal virus, il virus non è in
grado di replicarsi perché i siti sono già stati occupati dalla proteina virale
I POSSIBILI VANTAGGI
La trasformazione genetica permette di trasferire il solo carattere di interesse in tempi brevi
mentre nell’incrocio tradizionale può capitare che si devono effettuare vari reincroci.
TRASFORMAZIONE GENETICA MEDIATA
Sfruttando le capacità del batterio (naturale) di trasferire ed integrare un segmento particolare del
plasmide, il TDNA, si modifica sostituendo e codificando il
plasmide inserendo i geni di interesse piuttosto che i geni
che inducono malattia.
Perché si possa realizzare questo passaggio, è necessario che
il proprio plasmide abbia una serie di geni che siano
responsabili di virulenza, cioè che siano particolarmente
aggressivi per potere stabilire questo contatto con la cellula
vegetale e questo T-DNA oltre alle due sequenze
fiancheggiatrici che si chiamano “LEFT-BOARDER” e
“RIGHTBOARDER” (sono sequenze di 24 paia di basi che
vengono riconosciute dagli enzimi di restrizione e quindi
operano lì il taglio e cedono questa porzione di T-DNA), ci
sono anche altre sequenze geniche che codificano per OPINE, che sono degli amminoacidi che
servono al metabolismo del batterio e poi vediamo AUXINE e CITOCHININE che sono i geni
responsabili della formazione di quel tumore al colletto.
Se si vuole utilizzare questo plasmide per fare trasformazione genetica, si deve ripulire questo T-
DNA da questi geni che sono responsabili della malattia, ovvero quelli delle auxine e le citochinine,
ma si vuole eliminare anche le opine, perché il batterio non serve più, il batterio ha solo la
funzione di consegnare questo plasmide, ma poi si vuole che il batterio non sia più presente.
Quindi si opera questa ingegnerizzazione del plasmide, attraverso:
• L’eliminazione dei geni che determinano appunto la produzione di fitormoni e la malattia;
• Rimuovere i geni per la sintesi delle opine;
• Aggiungere in questo T-DNA dei geni che siano utili per selezionare la cellula trasformata sia in
termini di visualizzazione e quindi geni reporter, sia in termini di geni selezionabili.
COMPONENTI DEL T-DNA
_Il GENE
_Il PROMOTORE e TERMINATORE: servono a far funzionare il
proprio gene d’interesse
_GENE MARCATORE REPORTER: ci dice che sono cellule
trasformate
_GENE MARCATORE SELEZIONABILE: ci consente di far morire le cellule che non l’hanno integrato,
mentre ci consente di mantenere in vita le cellule che hanno il T-DNA quando crescono su un
substrato contenente antibiotico. Tra questi abbiamo la Kanamicina. Se le cellule sopravvivono
allora saranno transgeniche, se muoiono hanno integrato la resistenza. Il gene che codifica la
resistenza è la Neomicina Fosfotransferasi (npt2)

GENI MARCATORI REPORTER


_Si può utilizzare il gene GUS che codifica per la b-glucoronidasi, che idrolizza vari substrati in
prodotti fluorescenti rilevati con saggi fluorimetrici. In sostanza la cellula diventa colorata (BLU) se
è stata trasformata. La colorazione però è distruttiva, quindi non consente di effettuare una
selezione.
_Un altro gene è il GFP (Green Fluorescent Protein) che è prelevato da una medusa e consente di
far diventare fluorescenti le cellule trasformate sotto una lampada fluorescente al microscopio.

METODI CHIMICO-FISICI DI TRASFERIMENTO GENICO


 ELETTROPORAZIONE
 MICROINIEZIONE
 FUSIONE DEI LIPOSOMI
 BOMBARDAMENTO (METODO BIOLISTICO): Bombardamento delle cellule vegetali con
microproiettili ricoperti di DNA grazie all’uso di un apposito acceleratore di particelle
(Particle gun). Viene fatto per le monocotiledoni che non producono “acetosiringone”,
che aumenta la virulenza della cellula batterica. Quindi per le monocotiledoni non si può
utilizzare la tecnica con l’agrobacterium

EFFICIENZA DI TRASFORMAZIONE= N di piante transgeniche ottenute/ N di espianti infettati


Le cellule vegetali devono essere competenti alla trasformazione, quindi devono essere in grado
di rigenerarsi in vitro
Non possiamo sapere quante volte il gene del plasmide si trasmette
La prima pianta transgenica comparve nel 1973. Tra le colture transgeniche prodotte abbiamo il
cotone-mais-soia-colza

OGM
Organismi Geneticamente Modificati. Sono organismi il cui DNA è stato alterato in maniera che
non avviene in natura attraverso l’incrocio o con la ricombinazione naturale.
Simile alla transformazione genetica ma diversa per quanto riguarda la normalità in cui avverrebbe
è la Cisgenesi che in questo caso vengono prese solo specie sessualmente compatibili. Nel genome
editign si mima la mutazione naturale
TIPOLOGIA DI PIANTE TRANSGENICHE
Distinguiamo questo grande complesso delle piante transgeniche ottenute in 3 grandi gruppi:
_PIANTE TRASGENICHE DI 1° GENERAZIONE: Sono quelle costituite per prima e che avevano il
compito di aumentare la produttività; ridurre i costi di produzione e facilitare le pratiche
agricole
_PIANTE TRASGENICHE DI 2° GENERAZIONE: Queste invece sono quelle che avevano come
obiettivo il miglioramento della qualità dei prodotti
_PIANTE TRANSGENICHE 3° GENERAZIONE: si distinguono dalle precedenti generazioni perché
consistono nel modificare le singole basi senza rilasciare DNA alieno (Genome Editing) mentre la
Cisgenesi si distingue per il fatto che il tratto di DNA viene preso solo da un specie che è
sessualmente compatibile (e che potrebbe avvenire quindi in natura) e da non qualsiasi essere
vivente. Si consiste per ottenere nuovi prodotti dalle piante: vaccini delle piante, ormoni ed
enzimi umani dalle piante, bioplastiche o addirittura per usare per detossificare alcuni suoli
La trasformazione genetica prevede (così come il genome editing) due condizioni fondamentali:
_La possibilità di avere il sistema di rigenerazione in vitro efficiente perché tutto questo si svolge
a livello di cellula
_Avere dei geni utili, che sono frutto di anni di studio e analisi

PIANTE TRANSGENICHE DI PRIMA GENERAZIONE


Le prime piante transgeniche sono state quelle che hanno
consentito di ottenere piante resistenti ai patogeni e
resistenti agli insetti.
Le prime sono state piante di Mais, di Cotone, resistenti ai
Lepidotteri (insetti defoglianti) tramite l’inserimento della
proteina del Bacillus Thuringiensis, responsabile dell’uccisione
delle larve dei lepidotteri.
Il Bacillus Thuringiensis è stato usato per anni come insetticida
ecologico. L’operazione che si è fatta è quella di usare il
prodotto del Bacillus, cioè la proteina che uccideva le larve, ed
inserirlo direttamente nel DNA della pianta e quindi
determinare all’interno della pianta, il gene che è proprio del
Bacillus Thuringiensis.
In italia non si fa ma in america si
Questa è l’immagine di coltura di una conifera, in particolare
un Pino, che contengono basse e alte concentrazioni di questa
endotossina del Bacillus.
La concentrazione è anche in funzione del numero di copie con cui il gene si inserisce nelle cellule
vegetali

NUOVI TOOLS PER IL BREEDER GRAZIE ALL’INGEGNERIA


GENETICA
A partire dalla fine degli anni ‘80 sono stati identificati nuovi geni responsabili per il carattere di
resistenza ai fitofagi in grado di conferire elevate capacità di controllo.
_Proteine ad attività insetticida (endotossine) prodotte da Bacillus thuringiensis
_Proteine Cry (attive nei confronti di Lepidotteri, Imenotteri, Coleotteri e Ditteri): derivano da altri
insetti
_Proteine Cyt (solo Ditteri): derivano da altri insetti
Alcune volte si tenta di pirimidalizzare due resistenze come la resistenza sia agli insetti che agli
erbicidi
PIANTE TRANSGENICHE RESISTENTI AI VIRUS
Un altro capitolo importante è quello legato alla costituzione di piante transgeniche resistenti ai
virus attraverso l’introduzione di proteine del Capside. Queste proteine del capside, sono dei geni
che codificano per anticorpi attivi conferiscono resistenza perché si posizionano laddove si
dovrebbe posizionare il virus per replicarsi e che quindi bloccano la replicazione del virus stesso.
PIANTE TRANSGENICHE RESISTENTI A BATTERI E FUNGHI
Sono caratterizzate da geni che codificano per delle resistenze a batteri e funghi. Moltissimi di
questi hanno consentito di ottenere piante resistenti a diversi patogeni perché conservano al loro
interno delle proteine dette PR (Pathogenesis Related Protein) come Chitinasi (degrada le pareti
cellulari dei funghi, fatte appunto da chitina) e la Glucanasi (scioglie il beta glucano)

I geni vengono utilizzati o per codificare per qualcosa o per bloccare l’attività di un altro gene,
inserendoli in Modalità Anti-Senso.

Nell’immagine vediamo che ci sono in shelf-


life 2 pomodori: uno transgenico, quello
Anti-Sense PG ed il Control Wild Type (non
transgenico) che dopo la raccolta iniziano i
fenomeni di degradazione della parete
cellulare con inizio anche di sviluppi fungini
che portano a marcire il frutto.
Dall’altra parte, il pomodoro transgenico è
rosso, compatto e perfetto con quei gradi
brix propri di un frutto maturo; ovviamente
poi in un certo momento riprenderà il suo
corso di senescenza e degradamento.
Questo è dovuto per l’inserimento di un gene che codifica anti-senso per la Poligalatturonasi
(PG), ossia l’enzima che scinde i Poligalatturonidi, ovvero i componenti delle pareti cellulari dei
frutti in maturazione. Quindi la shelf-life del frutto trangenico sarà più duratura.

GENI DI RESISTENZA A PATOGENI FUNGINI


Spiegheremo l’applicazione dei geni di resistenza ai funghi con un esempio particolare sullo studio
del Limone e del responsabile del Mal Secco, ossia il Plenodomus Tracheifibus: il limone è molto
sensibile a questo patogeno e per cercare di contrastare questo patogeno è stato utlizzato un
endochitinasi, ossia il chit42 (chitinasi) che è stato isolato e prelevato da un fungo antagonista
(Trichoderma Harzianum) perché ha nel suo genoma tanti geni che codificano per molte proteine
PR (Pathogenesis Related Proteins) che contrastano molti funghi. Quindi questo chit42 è stato
inserito all’interno del DNA di limone.
E’ stato fatto quindi un programma di miglioramento gentico di trasformazione genetica.

FASI DELLA TRASFORMAZIONE GENETICA


_1) La marza di limone è stata tagliata in internodi. Ricordiamoci che la rigenerazione in vitro non
avviene da gemme pre-formate ma da gemme che si differenziano ex-novo, in modo tale da
permettere alla cellula batterica di consegnare il
plasmide (e quindi il gene alieno) alla cellula vegetale;
quindi la rigenerazione deve avvenire per un passaggio
di callo che noi possiamo ottenere tagliando la nostra
marza in internodi
_2) Viene preparato il ceppo di Agrobacterium
Tumefaciens e sta per una notte
_3) L’indomani-mattina si mettono in co-coltura i miei
espianti insieme all’agrobacterium per fare in modo
che infetti la parte del taglio, che produce
l’Acetosiringone che stimola i geni virali del batterio. Il
tutto durà una mezz’ora
_4) Se l’infezione è avvenuta, poi devo cercare di
liberarmi del batterio perché se continuasse a crescere
esso inibirebbe lo sviluppo delle gemme (le cellule
batteriche si moltiplicano molto più velocemente di quelle
vegetali). Quindi io asciugo su carta sterile gli internodi
_5) Metto gli internodi in un substrato di rigenerazione in
cui aggiungo la kanamicina, ossia l’antibiotico che uccide
tutte quelle cellule che non hanno integrato il T-DNA del
batterio che porta, insieme all’enzima chit42, un gene che codifica per la resistenza alla
kanamicina. Essenzialmente abbiamo fatto un SELEZIONE
_6) Dopo, nei punti di taglio comincia a formarsi uno strato calloso dal quale si originano delle
gemme ex-novo
_7) Le gemme vengono micro-innestate, per accellerare il processo di accrescimento e poi
vengono innestate su piante adulte per ottenere il materiale da ottenere

ANALISI MOLECOLARE
Si fanno delle analisi molecolari per essere sicuri di aver introdotto quel gene, per verificare se
quella gemma è transgenica e dunque applico una corsa in Elettroforesi con dei marcatori
molecolari e faccio una
amplificazione con dei primer
che si appaiano al gene chit42 e
al gene di resistenza
all’antibiotico.
Quindi se trovo nel DNA della
pianta di limone queste due
sequenze vuol dire che la pianta è
transgenica
In questi 3 cloni transgenici, ho
estratto il DNA e ho verificato la
presenza di npt2 (che deve
migrare a 804 paia di basi) e il
chit42 (che deve migrare a 862
paia di basi), li ritrovo solo nel campione 1 e 3. Il campione 2 non presenta l’inserimento del DNA
alieno

ANALISI IN VIVO
Per essere certi che abbiamo una pianta che
ha introdotto questo gene chit42, io ne devo
saggiare questo comportamento
Allora, si decide di fare su queste piante dei
saggi in vivo e quindi non a livello di callo,
ma sulle piante si vuole essere sicuri che
questo inserimento di DNA estraneo
determina una resistenza.
Allora si è cercato, di copiare e di mimare ciò
che avviene in natura con delle infezioni da
Botritis Cinerea responsabile della muffa grigia, che è stato inoculato in petali di limone.

I petali infettati nel fungo cadono sulle foglie e determinano una sintomatologia che si chiama
“macchie di acqua”. Sono macchie marroni. È il sintomo della muffa grigia su foglie di limone,
quando questo accade in natura.
Allora si è copiato, senza fare ferite, si fa quello che avviene in natura e vediamo se il nostro clone
transgenico e quindi il nostro limone che ha il CHIT42, risponde in maniera differente.
Quindi la botrite c’è sulla foglia ma non ha determinato malattia perché la pianta dotata di questa
chitinasi, ha bloccato lo sviluppo del fungo.

Ma siamo andati ancora avanti, abbiamo


voluto valutare se i frutti di questi limoni
transgenici in post raccolta, per alcuni
patogeni importanti che sono il
Pennicillium (responsabili delle muffe in
post-raccolta sui frutti dia grumi)
determinavano nel clone transgenico, un
comportamento differenziato.
Ci sono 4 patogeni, 4 funghi patogeni per i
frutti di limone in post-raccolta, che sono
stati oppositamente inoculati su frutti di
piante controllo e frutti di piante transgeniche.
A sinistra, il controllo dove c’è scritto CK, a destra invece E23 che è il clone transgenico.
Guardiamo le condizioni dopo 6 o 14 giorni di incubazione col patogeno, la comparsa dei sintomi
nel controllo e l’assenza di sintomi nel limone E23. QUINDI, quello che siamo stati in grado di
capire in maniera chiara da questo lavoro è che frutti di limone transgenici per endochitinasi di
trichoderma harzianum hanno resistenza contro diversi patogeni fungini dannosi in postraccolta.
Quindi, una resistenza chiara del limone, transgenico per l’endochitinasi ed una presenza di una
caratteristica di piante e di frutti assolutamente identica a quella del limone controllo.
Ma in aggiunta abbiamo voluto verificare con dei
colleghi di chimica che la pianta è uguale nelle
caratteristiche morfologiche, nelle caratteristiche
fisiologiche ma anche a livello del metabolismo. E’
stata fatta un analisi con la risonanza magnetica
nucleare (NMR) del Metaboloma della buccia e della
polpa dei frutti, dimostrando la sostanziale
equivalenza dei profili del frutto OGM, resistente ai
patogeni fungini e del frutto del clone di controllo
Però bisogna dire è che nonostante questo risultato
sia un risultato della ricerca italiana, le piante di
questo limone e quindi le valutazioni nei confronti di
malsecco non si possono fare perché le piante sono in
Cina, perché noi non le possiamo tenere neanche in ambiente confinato.
PIANTE TRANSGENICHE DI SECONDA GENERAZIONE
Quelle che vengono classificate come piante transgeniche di seconda generazione sono quelle per
le quali l’inserimento del gene ha determinato un miglioramento delle caratteristiche qualitative.
L’esempio più importante è il Golden Rice, il riso d’oro, ovvero un riso che è stato costituito
tramite introduzione del gene che codifica per la provitamina A, cioè la responsabile della sintesi
del beta-carotene.
Noi sappiamo che la carenza di vitamina a determina problemi di cecità o problemi di scarsa vista,
soprattutto nelle popolazioni per il quale il riso rappresenta il principale alimento e molti di questi
sono paesi in via di sviluppo.

PIANTE TRANSGENICHE DI TERZA GENERAZIONE


Piante di terza generazione sono impiegata per la produzione di BIOMOLECOLE per la industria
farmaceutica, veterinaria e cosmetica, tramite produzione di vaccini, anticorpi e di antigeni.
Questi hanno diversi vantaggi rispetto a quelli tradizionali:
 Il prodotto è stabile fin quando non viene estratto (evita il ricorso a dispendiose catene del
freddo)
 Semplicità di produzione e abbattimento dei costi
 Sicurezza intrinseca del prodotto in termini di fedeltà di espressione e di assenza degli effetti
indesiderati associati ai sistemi classici basati su sistemi animali
 Ci sono piante che sono in grado di prelevare metalli pesanti e quindi utilizzate per il
Biorisanamento
 Ci sono piante impiegate nella Bioenergia
 Piante da frutto modificate che sono resistenti a diversi stress biotici e abiotici e anche per il
miglioramento di certi caratteri agronomici
 Alcuni ormoni e proteine umane prodotti in pianta:
Ormone della crescita umano 1986
Somatotropina 1990
Elastina e Collagene umano 2000
Emoglobina
Albumina
 Produzione di Proteine antigeniche:
All’escherichia coli
Al vibrione del colera
Al virus dell’epatite B
Al virus di Norwalk
Alla virus della rabbia
 Per gli animali è stata anche costituita un erba medica transgenica che produce ß-difensina,
molecola attiva contro batteri e funghi che si attiva nello stomaco degli animali costituendo
una difesa naturale
 E’ possibile anche accorciare i tempi di valutazione perché possiamo introdurre DNA un gene
che si chiama LEAFY-APETALA 1 che fa fiorire la pianta immediatamente (entro 1 anno) o che
accorcia fortemente i tempi di fioritura

NEW BREEDING TECHNIQUES O TEA


Al fine di evitare problemi anche con la comunicazione, è stata proposta una nuova
denominazione per queste new breeding technique e l’idea che è passata e di chiamarle:
Tecnologie Di Evoluzione Assistita (TEA)
Si fa riferimento ad una modalità per seguire l’evoluzione della specie ed è assistita dall’uomo
che li indirizza verso quelle che sono le sfide più importanti che l’agricoltura, l’ambiente e le sfide
legate alla possibilità di alimentare i popoli, sono certamente legate all’agricoltura.
Sono tecniche che proteggono la biodiversità, mantenendo inalterate TUTTE le caratteristiche,
perché alcuni genotipi suscettibili a malattie si estinguerebbero se non ci fosse la possibilità di
dare la resistenza genetica

CISGENESI
È un metodo di trasformazione genetica perché usa gli stessi principi però, la differenza sta nel
fatto che il DNA che si introduce, è un DNA che proviene da una specie o varietà che è
sessualmente compatibile con quella che si sta modificando.
Cioè significa, che mentre nel transgenetico si trasferiscono geni da varietà e da specie e anche di
regni diversi, nel caso della cisgenesi invece si utilizza un gene che si prende da una specie che è
sessualmente compatibile, cioè significa che quell’incrocio in natura, si sarebbe potuto realizzare,
salvo poi, introdurre non solo questo carattere di interesse ma molti altri caratteri .

GENOME EDITING
È da considerare una mutazione 4.0 perché è una tecnica, che usando nucleasi ingegnerizzati e
quindi enzimi di restrizione opportunamente costruiti, consente di determinare delle mutazioni
in un sito specifico del DNA della nostra pianta, anche a livello di una singola base o
determinando una sostituzione di sequenze o una cancellazione o un inserimento.
Quindi consente di evitare, cancellare, riposizionare o inserire in uno specifico sito, sequenze
genomiche di specifico interesse.
Il genome editing, rispetto alla mutagenesi (che è causata da agenti chimici o fisici e che è casuale
in tutto il genoma) può essere considerata una MUTAGENESI BIOLOGICA (che non è casuale
perché va a determinare in un sito specifico la variabilità) che richiede tecnologie ausiliari come la
coltivazione in vitro.
ANALISI QTL
Quando studiamo il DNA dobbiamo effettuare uno studio dell’associazione tra genotipo e fenotipo
_Con il Genotipo noi dobbiamo analizzare la diversità genetica
_Con il Fenotipo noi dobbiamo analizzare la diversità fenotipica per caratteri di interesse
I due dati insieme verrano combinatati per fare quella che è un ANALISI QTL. Cio ci permetterà di:
-Identificare dei marcatori associati ad un carattere. In questo caso noi faremo una SELEZIONE ASSISTITA DA MARCATORI
-Identificare dei geni associati a dei caratteri. In questo caso noi fare una VALUTAZIONE FUNZIONALE DEI GENI
PCR
Partiamo dallo studio del genotipo. In questa immagine vediamo 5 fragole
che si distinguono per il colore. Possiamo vedere come in una data posizione
(linea orizzontale), detto LOCUS (posizione genetica) abbiamo due alleli
diversi (Noi abbiamo due basi diverse: base A = allele bianco; base G= allele
nero).
Noi riusciamo ad individuare questi alleli in determinati locus grazie alla
REAZIONE A CATENA DELLA POLIMERASI (PCR).
Essa consiste nel riprodurre in provetta cio che succede dentro la cellula normalmente, ossia la
replicazione di una porzione di dna. Per fare ciò si ricrea in provetta tutte le condizioni affinche
questo avvenga ossia:
-CAMPIONE DI DNA, che fungera da
stampo
-PRIMERS: sono delle sequenze
nucleotidiche di 5 paia di basi che
permettono di identificare l’inizio e la
fine della regione che si vuole
amplificare
-POLIMERASI: replica il DNA
-NUCLEOTIDI: sono i mattoni che
permettono di edificare nuove eliche
del DNA
-MINERALI ed altre sostanze
Tutto questo messo dentro uno
strumento che non fa altro che aumentare e abbassare la temperatura, infatti l’elica di DNA per
poter esser letta deve essere aperta e il meccanismo per fare ciò è aumentare la temperatura a
90°. L’energia (il calore) disgrega i legami idrogeno e la doppia elica si apre. Tuttavia bisogna
preservare anche la polimerasi ed è per questo che le polimerasi impiegate nel PCR sono del
batterio Thermophilus Aquaticus (TAQ)
-DENATURAZIONE DNA: separazione dei due filamenti del DNA con temperature maggiori di
90°C. e poi la temperatura si riabbassa
-ANNEALING (appaiamento): Per ciascuna catena si appaia una sequenza primer. La temperatura
si rialza a 72° e la DNA-polimerasi si attacca al primer che indica la direzione con cui costruire la
catena complementare (3’- 5’).
-ESTENSIONE: polimerizzazione del DNA. Infine, si avranno 2 filamenti completi uguali, e questo
sarà il primo ciclo.
Si verificano n-cicli per avere molte copie della stessa sequenza specifica di DNA e da una
moleca ne abbiamo miliardi.

DNA MICROSATELLITE O SSR (Simple sequence repeat)


La reazione a catena della polimerasi ci consente di studia il DNA MICROSATELLITE.
Il 50% del genoma non è codificante. All’interno di questa regione non codificante ci sono delle
sequenze ripetute in cui 2,3,5 basi vengono ripetute un certo numero di volte.
Queste sezioni sono molto importanti perche quando la DNA-polimerasi deve replicare queste
ripetizioni, spesso sbaglia, aggiungendo o togliendo una ripetizione e la lunghezza del
microsatellite varierà.
Quindi un individuo può avere 20 ripetizioni “T-C” mentre il figlio potrebbe averne 21 ripetizioni.

L’allele è dato dal numero di ripetizioni che la sequenza ha avuto


La regione in rosso è il locus genico, dove vi sono
tante sequenze che danno gli alleli.
Nei test di paternità vengono effettuati delle analisi
sul numero di sequenze per padre e la madre e si
mettono a confronto con quelle del figlio (devono
essere dello stesso numero).
Ad esempio: se i genitori sono banana e ananas, il
figlio deve avere un allele del padre (es A1) e un
allele della madre (es:A2)

Questo viene utlizzato tanto per i test di paternità


quanto per analizzare la similarità/dissimilarità fra
individui e associare la presenza di SSR a caratteri di interesse agrario.
Infatti noi possiamo dire, per esempio, quando un individuo ha un tot di ripetizioni (allele
A1) questo viene associato alla zuccherosità di una banana perché magari vicino alla
ripetizione A1 c’è un gene che è responsabile della zuccherosità per cui molto spesso
l’allele A1 e gene della zuccherosità vengono co-ereditati assieme
Si capisce la lunghezza dei DNA-microsatelliti con l’ELETTROFORESI
Si sfrutta la carica negativa del DNA che tenderà a
migrare verso un polo positivo e si sfruttano le
diverse dimensione che i frammenti di DNA hanno.
L’obiettivo è capire quanto è grande quel
frammento che è stato amplificato durante il
processo di PCR.
Per fare cio noi inseriamo nella doppia elica una
molecola che emette fluorescenza se irradiata con
raggi UV.
Su una vasca per l’elettroforesi si mette una lastra
di gel agarosio dove all’estremità si hanno 2 cariche elettriche (un lato negativo e un lato
positivo).

Sul lato negativo si fa un foro e si mettono i frammenti amplificati con PCR.


_I frammenti si muoveranno verso il polo positivo attraverso gel che li blocca.
_La velocità di spostamento è inversamente proporzionale alla grandezza dei frammenti.
_A parità di tempo, i frammenti più piccoli andranno più lontano.
Nel gel si mettono frammenti di cui si conosce il numero di basi e confrontandoli con i frammenti
target si può conoscere il numero di basi dei target.
Nell’immagine possiamo vedere
una lastra di gel agarosio messa
in verticale dove abbiamo messo i
frammenti amplificati di diversi
individui che hanno un numero
vario di ripetizioni che sono
espressione di alleli (nel pesco
l’allele A3 ha 9 ripetizioni mentre
l’allele A5 ne ha solo 2).
Vediamo come, a parità di
tempo, un frammento sia
arrivato molto lontano e questo
ci dice che questo è il frammento
più piccolo (e quindi quello che da l’allele A5 del pesco) mentre i frammenti più grandi sono quelli
più indietro (allele A3). Noi riusciamo a riconoscere la nostra pianta di pesco perché avrà nella
lastra di gel un frammento rimasto indietro (più grande), che è quello che caratterizza l’allele A3
ed uno che è andato molto in avanti (più piccolo) che è quello che caratterizza l’allele A5.
Noi aggiungiamo anche il LADDER, ossia una serie di frammenti di DNA che hanno pesi diversi e
dimensioni note che si inseriscono nella nostra corsa elettroforetica e che ci dicono la dimensione
precisa di quel frammento amplificato. Noi possiamo dire che, se nella lastra il frammento più
piccolo del pesco corrisponde al frammento commerciale ladder (che è 150 paia di basi ) allora il
nostro allele sarà formato da 150 paia di basi

POLIMORFISMO DEL SINGOLO NUCLEOTIDE


Altri marcatori sono i SNP (Polimorfismo Del Singolo Nucleotide, pronunciato “snip”). Essi sono:
_Molto abbondanti.
_Codominanti perché mostrano entrambi gli alleli (quello del padre e quello della madre) come
anche nel caso degli SSR
_Uniformemente distribuiti sul genoma, però con una diversa incidenza a seconda della regione.
Infatti questi si trovano dappertutto ma in genere si hanno più SNP nelle regioni non codifcanti
rispetto a quelle codificanti.
Questo perché se cambia un allele nella zona non codificante (mutazione silente) allora non si
hanno conseguenze, mentre un cambiamento nelle regioni codificanti allora si hanno
conseguenza negative (molto più frequenti, perché un cambiamento sconvogle lo status quo
della biologia dell’individuo e può portare alla morte) o positive.
Quello che vediamo in questa immagine è un gruppo
molto numeroso di individui (più di 3000) dove ciascun
punto rappresenta un individuo e dove questi punti
sono raggruppati in tre gruppi che hanno come
genotipo AA (allele A dal padre e allele A dalla madre),
AB (allele A dal padre e allele B dalla madre), BB (allele
B dal padre e allele B dalla madre).
Questi alleli si distinguono da una singolo nucleotide
(Allele A= T; Allele B= C) e che questo nucleotide sia
preceduto dalla presenza di un Primer (A-A-C) che si
appaia prima dello SNP (che determina poi la
differenza).
In questi primer metteremo due nucleotidi che sono stati Marcati (la “A” che si appaia con la “T”=
rosso---- la “G” che si appaia con la “C”=blu) e che si andranno a legare con la rispettiva catena ed
individueremo la base
_Nel caso in cui un individuo avrà un DNA stampo “T-T” gli si appaieranno “A-A” e avrà un colore
rosso (T-A----T-A)
_Nel caso in cui un individuo avrà un DNA stampo “C-C” gli si appaieranno “G-G” e avrà un colore
blu (C-G ----- C-G
_Nel caso in cui un individuo avrà un DNA stampo “T-C” gli si appaieranno “A-G” e avrà un colore
viola (T-A---- C-G)
Così si visualizza lo SNP. Se vogliamo sapere se quel marker è associato al colore del frutto, ad
esempio, devo analizzare un cromosoma e vedere se quello SNP, come ad esempio “A-T”, è
veramente associato. Si raggruppano gli individui che hanno A e quelli che hanno T e vediamo il
fenotipo. Se gruppo “A” ed il gruppo “T” presentano individui che hanno colore sia rosso che
giallo allora il marker non è quello associato al carattere di interesse. Se invece i due gruppi
presentano rispettivamente individui rossi e individui gialli allora il carattere corrisponderà al
marker.
Spesso i caratteri sono controllati da più geni e quindi quando facciamo un incrocio, per valutare la
grandezza del frutto ad esempio, avremo una generazione filiale che presenta più individui con
caratteri intermedi che (sia plus che minus) caratteri estremi (solo plus o solo minus) perché è
molto più raro che l’individuo erediti tali caratteri. Infatti spesso in questo caso di parla di
DISTRIBUZIONE A CAMPANA

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