Sei sulla pagina 1di 2

CANTO XXXIII

In questo canto Dante si rivolge al potere politico, che


disumanizza l’uomo rendendolo simile ad una belva e a
causa del quale a rimetterci sono gli innocenti.
Il Canto XXXIII dell’Inferno è attraversato da una forte
tensione emotiva e, al contempo, da un violento
atteggiamento di accusa
Dante si rivolge al potere politico, che disumanizza l’uomo
rendendolo simile ad una belva e a causa del quale a
rimetterci sono gli innocenti.   
IL CONTE UGOLINO
Il conte Ugolino è collocato da Dante nell’Antenòra, tra
i traditori della patria e del partito
assume rilievo all’interno del Canto XXXIII dell’Inferno in
quanto traditore tradito.
È così che il conte Ugolino ci appare nella sua doppia
sfaccettatura:    
• da una parte uomo politico feroce e brutale,
sopraffatto dal desiderio di potere e – per questo –
punito;
• dall’altra padre straziato, tenero e impotente di fronte
all’ingiusta morte dei figli e dei nipoti della quale si
sente, anche se indirettamente, responsabile.
Il conte Ugolino è quindi un personaggio dalla duplice e
contrastante personalità: rabbioso e al contempo disperato,
egli morde il capo del suo nemico con l’atteggiamento simile
a quello di un animale, ma tocca poi profondi livelli di
sensibilità umana nel racconto della tragedia della propria
famiglia. 
La condanna di Dante per questo personaggio è perciò dura,
ma lontana dal disprezzo
al conte Ugolino è affidato il monologo più lungo dell’Inferno,
permettendo quindi la diffusione della verità su tale vicenda
riabilitazione della figura di questo personaggio. 
Versi 1-78. Il peccatore che Dante ha incontrato al termine del
Canto precedente, intento ad addentare il cranio del suo
compagno di pena, si presenta: è il conte Ugolino, mentre il suo
avversario è l’arcivescovo Ruggieri. Fu quest’ultimo ad attirarlo
in trappola e, attraverso l’inganno, a rinchiuderlo nella torre
pisana della Muda con i suoi due figli e i suoi due nipoti. Fu qui
che i cinque, uno dopo l’altro, morirono di fame. Non appena
terminato il suo racconto, il conte Ugolino storce gli occhi e
riprende a rodere il cranio dell’arcivescovo Ruggieri.  

STRUTTURA
All’interno del Canto XXXIII dell’Inferno sono due le colpe
condannate, entrambe legate al tradimento:
l’Antenòra, dove sono puniti i traditori della patria o del
partito
Tolomea, dove sono puniti i traditori degli ospiti o degli
amici.

PENA
Le anime dei traditori sono immerse nel Cocito, il lago
ghiacciato che ricopre il nono Cerchio dell’Inferno.
La condanna richiama la colpa: il tradimento si configura infatti
come manifestazione più grande della perdita di umanità,
raggelamento dell’agire umano che ha completamente perso il
necessario calore della carità.
Siamo quindi di fronte ad un contrappasso per analogia.  

Diversa è la posizione delle anime: 


Antenòra sono immersi fino al collo con la testa dritta
Tolomea sono in posizione supina, con il volto rivolto
all’insù. Questo ne aumenta pena: le loro lacrime, infatti, si
solidificano immediatamente nelle orbite, impedendo alle
altre di fuoriuscire e amplificando il dolore.

Potrebbero piacerti anche