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LINEE GUIDA, BUONE PRATICHE

ED EVIDENZE SCIENTIFICHE
IN MEDICINA FISICA E RIABILITATIVA
II VOLUME
a cura di
Valter Santilli

“Linee guida e buone pratiche come bussole nel confuso presente.” VS

Centro Stampa - Università degli Studi di Roma “La Sapienza”


Prefazione di Valter Santilli
cap. 1 Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanitarie
Buone pratiche:
cap. 2 Organizzazione della riabilitazione in regime di ricovero
cap. 3 Disrafismi spinali
cap. 4 Patologie muscolo-scheletriche, neurologiche e terapie fisiche strumentali
cap. 5 Gravi cerebrolesioni acquisite
cap. 6 S.L.A.
cap. 7 Dolore neuropatico
cap. 8 Demenze
cap. 9 Paralisi del nervo facciale
cap. 10 Rachialgie da causa specifica
cap. 11 Fratture da fragilità e prevenzione delle cadute
cap. 12 Lesioni croniche da sport
cap. 13 Lesioni muscolari
cap. 14 Sindrome dolorosa regionale complessa
cap. 15 Diabete
cap. 16 Vasculopatie
cap. 17 Neoplasie
cap. 18 Sindromi vertiginose di origine vestibolare
cap. 19 Incontinenza urinaria non neurologica
cap. 20 Fibrosi cistica
cap. 21 Patologie del piede nel bambino
cap. 22 Plagiocefalia posizionale e torcicollo miogeno congenito
cap. 23 Patologie muscolo-scheletriche e medicina termale
Linee guida, buone pratiche
ed evidenze scientifiche
in Medicina Fisica e Riabilitativa
II VOLUME

Prof. Valter Santilli

Coordinamento scientifico
Marco Paoloni MD PhD, Andrea Bernetti MD, Federica Alviti MD
Carmine Attanasi MD, Massimiliano Mangone PhD

Segreteria scientifica
Francesco Agostini MD
In copertina: Appia Antica, Regina Viarum. Dal sito www.pixabay.com
(Licenza Creative Commons CC0)
Di una cosa mi sono
preoccupato: di emulsionare
omogeneamente gli ingredienti
che compongono il libro,
in modo che nessuna droga
predominasse sulle altre.
Come nelle buone acque
di Colonia non si deve riconoscere
né la lavanda, né il bergamotto,
né il neroli, né l’alcool, così da
queste pagine non deve trapelare
l’opinione mia.
(Pitigrilli)
Indice

Prefazione di Valter Santilli ix

1. Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti


le professioni sanitarie a seguito delle sezioni unite del 21.12.2017
sulla riforma Gelli-Bianco 1
A. Madeo, F. Alviti, A. Bernetti, F. Agostini, V. Santilli

2. B
uone pratiche e linee guida nell’organizzazione della riabilitazione
in regime di degenza 67
R. Procaccianti, M. Servidio, C.F. Mojca

3. B
uone pratiche e linee guida riabilitative nel trattamento
dei disrafismi spinali 183
A. Torquati, A. Bettinelli, A. Ferrari, C. Celletti

4. B
uone pratiche e linee guida riabilitative nel trattamento
delle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche
mediante terapie fisiche strumentali 211
L. Segatori, A. Bernetti, F. Agostini, F. Ioppolo, M. Mangone

5. B
uone pratiche e linee guida riabilitative nel trattamento
delle gravi cerebrolesioni acquisite 343
S.V. Capobianco, T. Sasso D’Elia, P. Boldrini, A. Marchese, M. Paoloni

6. Buone pratiche e linee guida riabilitative nel trattamento della S.L.A. 409
F.R. De Lorenzo, G. Fidenzi, M.G. Ceravolo, N. Basaglia, M. Paoloni
vi LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

7. Buone pratiche e linee guida farmacologiche e riabilitative


nel trattamento del dolore neuropatico 437
A. Di Paolo, S. Scienza, G. D’Aurizio, A. Di Cesare, R. Casale, S. Mameli

8. B
uone pratiche e linee guida riabilitative nel trattamento
delle demenze 465
A. Salomè, G. Di Giacomo, M.G. Ceravolo, C.G. Cerri, M. Paoloni

9. Buone pratiche e linee guida riabilitative nel trattamento


della paralisi del nervo facciale 505
A. Cardarola, T. Paolucci, P. Colonnelli

10. Buone pratiche e linee guida riabilitative nel trattamento


delle rachialgie da causa specifica 527
G. Pintabona, C. Malpetti, A. Di Cesare

11. Buone pratiche e linee guida riabilitative nel trattamento


delle fratture da fragilità e per la prevenzione delle cadute 543
C. D’Ercole, M.G. Ceravolo, F. Alviti

12. Buone pratiche e linee guida riabilitative nel trattamento


delle lesioni croniche da sport 571
M. De Angelis, S. Sbardella, F. Agostini, L. Di Sante, A. Di Cesare, F. Alviti

13. Buone pratiche e linee guida riabilitative nel trattamento


delle lesioni muscolari 633
F. Agostini, V. Conte, L. Di Sante, A. Bernetti

14. Buone pratiche e linee guida riabilitative nel trattamento


della sindrome dolorosa regionale complessa 661
C. D’Ercole, F. Alviti

15. Buone pratiche e linee guida riabilitative nel trattamento


del diabete 675
S. Floridia, A.V. Bai, M. Paoloni, T. Filardi

16. Buone pratiche e linee guida riabilitative nel trattamento


delle vasculopatie (arteriopatie ed anomalie congenite vascolari) 721
N. Scappatura, C. Celletti, S. Michelini

17. Buone pratiche e linee guida riabilitative nel trattamento


delle neoplasie 791
R. Izzo, G. Scibilia, M. Pinto, A. Bernetti, M.G. Ceravolo, T. Paolucci
Indice vii

18. Buone pratiche e linee guida riabilitative nel trattamento


delle sindromi vertiginose di origine vestibolare 871
A. Di Luzio, M. D’Andrea, F. Ioppolo

19. Buone pratiche e linee guida riabilitative nel trattamento


dell’incontinenza urinaria non neurologica 901
R. Segneri, L. Troilo, F. Ioppolo, C.G. Cerri, P. Di Benedetto

20. Buone pratiche e linee guida riabilitative nel trattamento


della fibrosi cistica 949
M. Bronzato, A. Mineo, G. Cimino, C. Celletti

21. Buone pratiche e linee guida riabilitative nel trattamento


delle patologie del piede nel bambino 973
C. Piscitello, A. Bettinelli, T. Paolucci, A. Ferrari, M. Murgia

22. Buone pratiche e linee guida riabilitative nel trattamento


di plagiocefalia posizionale e torcicollo miogeno congenito 1001
A. Torquati, S. Simone Vullo, A. Ferrari, M. Murgia

23. Buone pratiche e linee guida riabilitative delle patologie


muscolo-scheletriche e medicina termale 1021
C. Attanasi, J. Rabasco, M. Del Giudice, F. Agostini, M. Vitale
Prefazione

Questo volume rappresenta la continuazione del libro Linee guida ed evidenze


scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa pubblicato nel 2017. Tale lavoro, con-
dotto dalla Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa della Sa-
pienza Università di Roma, integrato da alcuni colleghi del Collegio dei Profes-
sori Ordinari della nostra disciplina e da altri esperti della materia, ha lo scopo
di implementare le tematiche di interesse riabilitativo che per ragioni tempisti-
che non sono state trattate nel precedente volume, al fine di sintetizzare critica-
mente le attuali raccomandazioni presenti nelle linee guida nei diversi ambiti
riabilitativi, ove presenti o in alternativa delle evidenze scientifiche migliori e
più attuali per ciascun ambito. Il lavoro è stato condotto attraverso una analisi
critica delle più recenti linee guida e/o delle evidenze presenti nella letteratura
scientifica e relative a diverse patologie di interesse riabilitativo. Come ormai
è noto il ruolo delle linee guida e delle c.d. buone pratiche clinico assistenziali
è divenuto centrale nella pratica clinica quotidiana, soprattutto alla luce della
nuova legislazione; questo aspetto inoltre non può prescindere da due concetti
fondamentali:

il rischio clinico definito come la probabilità che un paziente sia vittima di un


evento avverso, cioè subisca un qualsiasi “danno o disagio imputabile, anche se in
modo involontario, alle cure mediche prestate durante il periodo di degenza, che causa
un prolungamento del periodo di degenza, un peggioramento delle condizioni di salute
o la morte” [2],
x LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

e l’appropriatezza delle cure, sì come definita dalla World Health Organization


(WHO):

“una cura appropriata consiste nella selezione, sulla base degli interventi di cui è sta-
ta dimostrata l’efficacia per un determinato disturbo, dell’intervento con la maggiore
probabilità di produrre gli esiti di salute attesi da quel singolo paziente. Un intervento
può essere appropriato soltanto quando vengono soddisfatti determinati criteri. Devono
essere disponibili le competenze tecniche e tutte le altre risorse necessarie alla realizza-
zione di una prestazione con uno standard sufficientemente elevato. Le modalità con cui
l’intervento viene svolto devono essere accettabili dal paziente. Ai pazienti dovrebbero
essere fornite adeguate informazioni sul range degli interventi di provata efficacia pra-
tica. Le loro preferenze sono centrali nella scelta dell’intervento appropriato tra quelli
conosciuti come efficaci. Le loro preferenze, inoltre, rifletteranno non solo il primario
esito di salute che sperano di raggiungere, ma anche i potenziali effetti avversi che si
potrebbero verificare. Ne consegue che il paziente deve essere totalmente coinvolto nella
discussione riguardante la probabilità dei differenti esiti, con e senza l’intervento, ed i
disagi e gli eventi avversi che si potrebbero verificare. L’appropriatezza degli interventi
sanitari deve anche essere considerata all’interno dell’attuale contesto sociale e culturale
e rispetto alla giustizia nell’allocazione delle risorse”.

Da questi punti di vista emerge un aspetto problematico, ovvero l’effettiva


presenza di limiti intrinseci delle linee guida/buone pratiche, infatti, queste
rappresentano un percorso clinico assistenziale ideale che per sua stessa de-
finizione non può includere l’estrema varietà della casistica medica. Inoltre
ulteriore criticità è rappresentata dall’eterogeneità delle diverse strutture sani-
tarie, le quali potrebbero essere sprovviste, almeno in parte, delle competenze
tecniche e delle risorse necessarie alla realizzazione di una prestazione con
uno standard sufficientemente elevato.
In ambito riabilitativo questi aspetti sono ancora più rilevanti se si consi-
dera che le linee guida dovrebbero definire un percorso idoneo composto da
un Progetto Riabilitativo Individuale (PRI) e da un programma riabilitativo
imprescindibili dai bisogni, dalle menomazione, dalla disabilità, dalla fun-
zionalità, dai fattori ambientali e dalle abilità residue e recuperabili di ogni
singolo paziente. Tutto ciò fa sì che, ad oggi, per ciascun ambito riabilitativo,
le raccomandazioni fornite dalle diverse linee guida sono spesso carenti e/o
in contrasto tra loro o non esaustive, o in numero così elevato da renderne
difficile la scelta esclusiva adatta a ciascun singolo paziente.
Per tali motivi nel precedente volume, oltra a 3 capitoli introduttivi relati-
vi alla legge Bianco-Gelli, abbiamo condotto un’analisi critica delle evidenze
scientifiche di 23 ambiti di interesse riabilitativo quali: l’osteoartrosi, la cer-
vicalgia, il low back pain, le tendinopatie, l’osteoporosi, la sclerosi multipla,
la malattia di Parkinson, l’ictus, le paralisi cerebrali infantili, il paziente am-
Prefazione xi

putato, le mielolesioni, la spasticità, le infiltrazioni intra-articolari, la scoliosi


idiopatica, le artropatie infiammatorie, le neuropatie e miopatie, l’insufficien-
za respiratoria cronica, la riabilitazione cardiovascolare, il post intervento di
protesi d’anca e ginocchio, il post-intervento per tumore della mammella, il
post intervento di ricostruzione del legamento crociato anteriore, la disfun-
zione dell’ATM, e le “medicine non convenzionali”, con il fine di fornire una
guida pratica al medico specialista in Medicina Fisica e Riabilitativa ed agli
operatori della riabilitazione. I risultati relativi a tali ambiti riabilitativi sono
stati accreditati presso l’ISS, ed attualmente sono consultabili sul sito Sistema
Nazionale delle Linee Guida nella sezione relativa alle buone pratiche clinico-
assistenziali.
Ogni capitolo del presente volume è stato elaborato come una revisione
descrittiva della letteratura. I capitoli totali sono 23, il primo capitolo è relativo
allo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanita-
rie, gli altri 22 capitoli sono dedicati ai seguenti ambiti riabilitativi: organiz-
zazione della riabilitazione in regime di degenza, trattamento delle patologie
muscolo-scheletriche e neurologiche mediante terapie fisiche strumentali, gra-
vi cerebrolesioni acquisite, S.L.A., dolore neuropatico, demenze, paralisi del
nervo facciale, rachialgie da causa specifica, fratture da fragilità e prevenzione
delle cadute, lesioni croniche da sport, lesioni muscolari, sindrome dolorosa
regionale complessa, diabete, vasculopatie (arteriopatie ed anomalie congenite
vascolari), neoplasie, sindromi vertiginose di origine vestibolare, incontinen-
za urinaria non neurologica, fibrosi cistica, patologie del piede nel bambino,
disrafismi spinali, plagiocefalia posizionale e torcicollo miogeno congenito,
trattamento delle patologie muscolo-scheletriche mediante medicina termale.
Le linee guida reperite sono state valutate criticamente con particolare
attenzione alla presenza di alcune caratteristiche importanti e fondamenta-
li per l’ISS: multiprofessionalità, multidisciplinarità, la presenza di conflitto
d’interesse, e l’utilizzo del metodo GRADE per la definizione del livello del-
le singole raccomandazioni, quest’ultimo è infatti il metodo riconosciuto dal
Ministero della Sanità per il processo di accreditamento delle linee guida. Per
alcuni ambiti, ove non sia stato possibile reperire linee guida, e per valutare in
modo più approfondito le evidenze in materia, sono state valutate analitica-
mente e sintetizzate le evidenze disponibili anche da altre tipologie di lavori
scientifici (revisioni sistematiche, meta-analisi, studi randomizzati controllati
(RCT’s), consensus conference ecc.). Nella valutazione delle evidenze si è fatta
attenzione alla metodologia dei singoli lavori verificando ad esempio se que-
sti siano stati elaborati seguendo specifiche check-list (PRISMA per le meta-
analisi/revisioni sistematiche, CONSORT per gli RCT, STROBE per gli studi
osservazionali, AMSTAR per le revisioni senza analisi statistica).
xii LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

In seguito alla analisi condotta sono stare definite, ove possibile, le even-
tuali raccomandazioni sulla base della qualità degli studi analizzati definendo
un grado elevato di raccomandazione per le evidenze provenienti da linee
guida che rispettino le caratteristiche sopracitate e per gli altri lavori scien-
tifici di forza e qualità elevate, anche perché esplicitamente condotti tramite
l’utilizzo di specifiche check-list. Il grado moderato-debole è stato attribuito
a quelle raccomandazioni provenienti da linee guida di qualità modesta e/o
da evidenze scientifiche per cui la qualità degli studi non risultava essere ele-
vata. Invece, le raccomandazioni non-formulabili sono state espresse qual ora
le linee guida e/o le evidenze siano risultate inconclusive o in contrasto fra
loro o derivate da studi di bassa qualità metodologica. Inoltre, come del resto
elaborato anche dalle linee guida spread per l’ictus, abbiamo inserito in alcuni
capitoli i Good Practice Point (GPP) che sono definiti come “miglior pratica
raccomandata sulla base dell’esperienza clinica del gruppo che redige le linee
guida”. Tale aspetto si è ritenuto necessario per definire alcune terapie riabili-
tative e non, che pur avendo scarse evidenze scientifiche, vengono a tutt’oggi
ampiamente utilizzate nella pratica clinica quotidiana con un riscontro di ef-
ficacia di livello empirico.
Dal punto di vista medico legale, come ben illustrato del Prof. Antonello Ma-
deo che di seguito si sintetizza, è importante sottolineare alcuni aspetti centrali
relativi alla Legge Gelli-Bianco ed alle sue interpretazioni recenti. In primo luogo
le Sezioni Unite osservano preliminarmente come abbia colto nel segno la IV
Sezione Tarabori in ordine al tema della natura delle linee guida, non contesta-
to peraltro dalla Cavazza. Ebbene, osserva il Supremo Collegio, può convenirsi
con il rilievo che, anche a seguito della procedura prevista dalla Gelli-Bianco,
ora monitorata e governata nel suo divenire dalla apposita istituzione gover-
nativa, e quindi tendente a formare un sistema con connotati pubblicistici, le
linee guida non perdono la loro intrinseca essenza, già messa in luce in passato
con riferimento alle buone pratiche, quella cioè di costituire un condensato delle
acquisizioni scientifiche, tecnologiche e metodologiche concernenti i singoli am-
biti operativi, reputate tali dopo un’accurata selezione e distillazione dei diversi
contributi, senza alcuna pretesa di immobilismo e senza idoneità ad assurgere
al livello di regole vincolanti; la utilità della descritta introduzione delle linee
guida, pubblicate a cura del competente istituto pubblico resta indubbia (al netto
delle riserve purtroppo derivanti dalla pratica…). Inoltre se da un lato, una volta
verificata la convergenza delle più accreditate fonti del sapere scientifico, esse
servono a costituire una guida per l’operatore sanitario, sicuramente disorien-
tato, in precedenza, dal proliferare incontrollato delle clinical guidelines; egli è
oggi posto in grado di assumere in modo più efficiente ed appropriato che in
passato, soprattutto in relazione alle attività maggiormente rischiose, le proprie
Prefazione xiii

determinazioni professionali, con evidenti vantaggi sul piano della convenienza


del servizio valutato su scala maggiore, evitandosi i costi e le dispersioni con-
nesse a interventi medici non altrettanto adeguati, affidati all’incontrollato sog-
gettivismo del terapeuta, nonché alla malpractice in generale. Dall’altro lato, la
configurazione delle linee guida con un grado sempre maggiore di affidabilità e
quindi di rilevanza, derivante dal processo di formazione, si pone nella direzio-
ne di offrire una plausibile risposta alle istanze di maggiore determinatezza che
riguardano le fattispecie colpose qui di interesse; fattispecie che, nella prospetti-
va di vedere non posto in discussione il principio di tassatività del precetto - inte-
grato da quello di prevedibilità del rimprovero e di prevenibilità della condotta
colposa - hanno necessità di essere etero-integrate da fonti di rango secondario
concernenti la disciplina delle cautele, delle prescrizioni, degli aspetti tecnici che
in vario modo fondano il rimprovero soggettivo.
Con una espressione sintetica, proprio attraverso tali precostituite racco-
mandazioni si hanno parametri tendenzialmente circoscritti per sperimentare
l’osservanza degli obblighi di diligenza, prudenza, perizia.
Ed è in relazione a quegli ambiti che il medico ha la legittima aspettativa
di vedere giudicato il proprio operato, piuttosto che in base ad una norma
cautelare legata alla scelta soggettiva, a volte anche estemporanea e scienti-
ficamente opinabile, del giudicante, sempre avendo chiaro che non si tratta
di veri e propri precetti cautelari, incapaci di generare allo stato attuale della
normativa, in caso di violazione rimproverabile, colpa specifica, data la neces-
saria elasticità del loro adattamento al caso concreto.
Così come è da escludere che il nuovo sistema introdotto dalla Gelli-Bian-
co, pur sembrando formalmente sollecitare alla esatta osservanza delle linee
guida, anche al fine di ottenere il beneficio previsto in campo penale, possa
ritenersi agganciato ad automatismi (come riteneva la Cavazza): non si tratta,
infatti, di uno “scudo” contro ogni ipotesi di responsabilità, essendo la loro
efficacia e forza precettiva comunque dipendenti dalla dimostrata “adegua-
tezza” alle specificità del caso concreto (art. 5), che è anche l’apprezzamento
che resta, per il sanitario, il mezzo attraverso il quale recuperare l’autonomia
nell’espletare il proprio talento professionale e, per la collettività, quello per
vedere dissolto il rischio di appiattimenti burocratici, che metterebbero in pe-
ricolo la sicurezza delle cure e non ridurrebbero la “medicina difensiva”, in
un vortice negativo destinato ad autoalimentarsi.
Non, dunque, norme regolamentari che specificano quelle ordinarie senza
potervi derogare, ma regole cautelari valide solo se adeguate rispetto all’o-
biettivo della migliore cura per lo specifico caso del paziente e implicanti, in
ipotesi contraria, il dovere, da parte di tutta la catena degli operatori sanitari
concretamente implicati, di discostarsene!
xiv LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Le Sezioni Unite non nascondono essere utile premettere che la ricostru-


zione del sistema di esenzione da pena della legge Gelli-Bianco usufruisce in
maniera consistente del dibattito già avviato su temi affacciatisi alla disamina
della giurisprudenza e della dottrina in relazione al decreto Balduzzi, essendo
presente anche in questo la previsione del raffronto del comportamento medi-
co con il complesso di linee guida o buone pratiche oggetto di accreditamento
da parte della comunità scientifica e scaturendo da esso la necessità di con-
frontarsi col problema delle diverse forme di colpa generica.
Occorre invero ribadire che la valutazione da parte del giudice sul requisi-
to della rispondenza (o meno) della condotta medica al parametro delle linee
guida adeguate (se esistenti) può essere soltanto quella effettuata ex ante, alla
luce cioè della situazione e dei particolari conosciuti o conoscibili dall’agente
all’atto del suo intervento, altrimenti confondendosi il giudizio sulla rimpro-
verabilità con quello sulla prova della causalità, da effettuarsi ex post.
Infine secondo la Corte di Cassazione l’art. 5 della legge Gelli-Bianco segna
la definitiva consacrazione delle linee guida come strumento di consistente
supporto sul piano tecnico-scientifico per l’operatore sanitario, per la struttura
e finanche per il giudice e, al contempo, il loro inesorabile affrancamento da
una qualificazione in termini di strumento di soft law.
Proprio per consentire a chi legge di comprendere quanto sia stato ambizio-
so (e forse necessario) il lavoro della Corte Suprema appare corretto, anzitutto,
riportare i principi di diritto cui la sentenza Mariotti ha dato formale risposta:

“L’esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni


personali derivanti dall’esercizio di attività medico-chirurgica:

a) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da negligenza o imprudenza;


b) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da imperizia quando il
caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni delle linee guida o dalle
buone pratiche clinico-assistenziali;
c) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da imperizia nella indivi-
duazione e nella scelta di linee guida o di buone pratiche clinico-assistenziali
non adeguate alla specificità del caso concreto;
d) se l’evento si è verificato per colpa “grave” da imperizia nell’esecuzione di
raccomandazioni di linee guida o buone pratiche clinico-assistenziali ade-
guate, tenendo conto del grado di rischio da gestire e delle speciali difficoltà
dell’atto medico”;
e) la legge Gelli-Bianco è peggiorativa rispetto alla Balduzzi”.

Nella recentissima disciplina, allora, la positivizzazione delle leges artis


non sarebbe altro che espressione di un mutamento di sensibilità culturale,
che si inserisce in un nuovo contesto socio-professionale, ove il patrimonio
Prefazione xv

di esperienze ed informazioni del singolo diviene patrimonio comune e con-


diviso di un’intera comunità scientifica, e ove la tracciabilità e la verificabilità
postuma della prestazione sono orientate non a scalfire la variabilità dell’at-
tività medica, ma i suoi eventuali eccessi suscettibili di lasciare i bisogni assi-
stenziali insoddisfatti.
Questi aspetti sono approfonditi in modo preciso e puntuale nel primo
capitolo in cui è possibile trovare lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli
esercenti le professioni sanitarie.

Prof. Valter Santilli


Prof. Valter Santilli

Linee guida, buone pratiche


ed evidenze scientifiche
in Medicina Fisica e Riabilitativa

Capitolo 1

Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti


le professioni sanitarie a seguito delle sezioni unite
del 21.12.2017 sulla riforma Gelli-Bianco

Coautori

Prof. Antonello Madeo Avv., Federica Alviti MD


Andrea Bernetti MD, Francesco Agostini MD
Prof. Valter Santilli MD
1. Lo“stato
1. Lo “statodell’arte”
dell’arte” sulla
sullacolpa
colpapenale
penale degli
degli esercenti
esercenti le professioni
le professioni sanitarie
sanitarie a seguito
a seguito
dellesezioni
delle sezioni unite
unite del
del 21.12.2017
21.12.2017sulla
sullariforma
Gelli-Bianco
riforma Gelli-Bianco
Coautori
Coautori
Prof. Antonello Madeo 1 Avv., Federica Alviti 2 MD, Andrea Bernetti 2 MD,
Prof. Antonello Madeo1 Avv., Federica Alviti2 MD, Andrea Bernetti2 MD,
Francesco Agostini 3 MD, Prof. Valter Santilli 4 MD
Francesco Agostini3 MD, Prof. Valter Santilli4 MD

1 Docente di Colpa Professionale del Medico, Sapienza Università di Roma


1
Docente di Colpa Professionale del Medico, Sapienza Università di Roma
2 RicercatoreMED34,
MED34,Sapienza
SapienzaUniversità
Universitàdi
diRoma
Roma
2
Ricercatore
3
Scuoladi
3 Scuola diSpecializzazione
Specializzazionein
inMedicine
MedicineFisica
FisicaeeRiabilitativa,
Riabilitativa,Sapienza
SapienzaUniversità
Universitàdi
diRoma
Roma
44
Professore
ProfessoreOrdinario
OrdinarioMED34,
MED34,Sapienza
SapienzaUniversità
UniversitàdidiRoma
Roma

PREMESSA DI ORDINE (METODO) LOGICO: LA COLPA PENALE


DELL’ESERCENTE LA PROFESSIONE SANITARIA “IN PILLOLE”1

Il presente scritto persegue l’ambiziosa finalità di provare a fare un po' di


chiarezza sulla disciplina della colpa penale del sanitario, a seguito della
Riforma Gelli-Bianco, oggetto di vivace dibattito, dommatico ma soprattutto
giurisprudenziale, culminato in una contrapposizione senza precedenti
all’interno della Sezione della Corte di Cassazione deputata alla trattazione
delle colpe mediche, la IV Penale, che, come si vedrà, ha richiesto
l’immediato intervento, anche questo con un tempismo a dir poco inusuale,
nove mesi dall’introduzione della legge e due sole sentenze, “chiarificatore”
delle Sezioni Unite, ovvero del massimo consesso della Suprema Corte, la
cui funzione è garantire l’uniforme applicazione del diritto nel nostro
ordinamento.
La materia è indubbiamente complessa, già per i giuristi, a maggior ragione
per chi, come gli esercenti le professioni sanitarie, naturali destinatari del
presente volume, si occupa di altro, ed è per questo che, ove possibile, il
linguaggio sarà il meno possibile affetto da esagerato tecnicismo.
Per muovere le fila del discorso, sarà sufficiente rammentare che il medico (e
più in generale, l’esercente la professione sanitaria, con esso intendendosi il

1Amplius, in A. Madeo, La responsabilità penale degli esercenti le professioni sanitarie, in


Responsabilità professionale e aspetti medico-legali, (a cura di) V. Santilli, Centro Stampa
Università degli Studi Roma La Sapienza, 2016, pagg. 13-62;
4 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

fisioterapista, il terapista occupazionale, ecc.) può essere considerato


penalmente responsabile non per eventi connessi al rischio patologico, di cui
non può ovviamente avere responsabilità, trattandosi di rischio
“naturalistico”, ma per eventi connessi al rischio terapeutico che dipende
dalla sua prestazione, con la conseguenza che, allorquando, a causa della
complessità della situazione da fronteggiare, il rischio patologico risulta così
preponderante da ridurre notevolmente quello terapeutico, la responsabilità
può essere affermata soltanto se il medico non ha dato il meglio di sé, non
ha attivato tutte le conoscenze e competenze che erano in suo possesso 2, non
essendo la prestazione del medico una obbligazione di risultato, come ad es.
quella del meccanico, del pizzaiolo, dell’idraulico, ecc., ma di mezzi, come
quella dell’avvocato, dell’architetto, ecc.
Ciò consente di comprendere perché, in presenza di casi particolarmente
complessi, quale può essere un’emergenza chirurgica derivante da codice
rosso in Pronto Soccorso, o la trattazione di un paziente in riabilitazione
affetto da numerose comorbidità, nella stessa area di rischio terapeutico v’è
uno spazio “fisiologico” per errori di valutazione ed esecuzione in definitiva
inevitabili, assunto che, come si vedrà, ha favorito anche nel giudizio penale
l’applicazione dell’art. 2236 del codice civile e quindi della colpa grave,
figura sconosciuta al codice penale, di importazione giurisprudenziale, al
centro del dibattito sulla esatta portata applicativa della Gelli-Bianco, e
dell’intervento delle Sezioni Unite.

Ma procediamo con ordine.

Quando, ed in quali contesti, l’esercente la professione sanitaria rischia di


essere trascinato in un’aula di giustizia penale?

Soccorrono in tal senso i c.d. lineamenti della colpa medica, che vale la pena
rammentare, per agevolare la comprensione delle tematiche de quibus:

- All’operatore sanitario è anzitutto riconosciuta la posizione di garante della


salute del paziente affidato alle sue cure, espressione del dovere di solidarietà
da cui è gravato ai sensi degli articoli 2 e 32 Cost., che tutelano la salute del
malato contro qualsivoglia pericolo che ne minacci l’integrità. Il fondamento
della posizione di garanzia delle professioni sanitarie deriva dall’art. 40 c. 2
codice penale, a tenore del quale: “non impedire un evento, che si ha l’obbligo
giuridico di impedire, equivale a cagionarlo…”;

2 Cfr. Bartoli, Riforma Gelli-Bianco e sezioni unite non placano il tormento: una proposta per
limitare la colpa medica, 24.5.2018, in Diritto Penale Contemporaneo, fascicolo 5/2018, pag. 233
e ss;
1. Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanitarie 5

- Per poter essere qualificata come colposa e quindi tipica, la condotta


dell’esercente deve violare una regola cautelare, tale da creare una situazione
di concreto pericolo per la vita del paziente ovvero la mancata eliminazione
di un rischio concreto, rischio non prodotto dall’operatore, ma derivante da
altri fattori che egli, in virtù della sua posizione di garanzia, dovrebbe
convenientemente fronteggiare, attivando decorsi causali alternativi, in grado
di impedire l’evento;

- La condotta del sanitario deve poi essere legata all’evento dannoso da un


nesso causale, circostanza che, rientrando le fattispecie di colpa medica nella
categoria di reati omissivi impropri, implica non già una causalità reale, quale
è quella nel rapporto azione / evento (es. sparo = morte), ma una causalità
ipotetica, sicché accertare l'esistenza del rapporto di causalità significa
esprimere quel giudizio secondo il quale l'azione doverosa, ove fosse stata
compiuta, sarebbe stata idonea ad impedire l'evento con una probabilità
vicina alla certezza;

- Per verificare il nesso di causalità la giurisprudenza utilizza il c.d. giudizio


controfattuale, ovvero il percorso logico seguito dal Giudice, mediante il
quale viene accertato che un fatto è conseguenza logicamente possibile di un
atto commesso dall’esercente, e consiste nell’esaminare con quale grado di
probabilità logica, in assenza di quell'atto, l'evento si sarebbe ugualmente
verificato, analizzando i dati del caso concreto nell'ottica di un giudizio
basato su criteri di certezza processuale;

- Trattandosi di causalità ipotetica, omissiva, e quindi non reale, viene fatto


ricorso alla c.d. ridescrizione dell’evento: occorre domandarsi non già se il
comportamento alternativo lecito (es. effettuazione della terapia “Alfa”, in
realtà non disposta dal medico, in violazione delle leges artis) avrebbe
garantito la sopravvivenza del paziente, ma, più limitatamente, se quella
condotta avrebbe ipoteticamente evitato quel concreto evento-morte, da
considerare hic et nunc, nel senso che, in tale prospettiva, può rilevare anche
ciò che avrebbe garantito al paziente di sopravvivere per una misura di
tempo apprezzabile rispetto al momento in cui la morte si è effettivamente
verificata (purché non si tratti di minuti od ore…);

- La colpa dell’esercente le professioni sanitarie, che è una delle cosiddette


colpe speciali, proprie delle attività giuridicamente autorizzate perché
socialmente utili, anche se rischiose per loro natura, ha come caratteristica
l'inosservanza di regole di condotta, le leges artis, che hanno per fine la
prevenzione del rischio non consentito, vale a dire il c.d. aumento del rischio,
che esonda dalla soglia «tollerata» dall’ordinamento;
6 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

La colpa medica è, sotto il profilo penalistico, una c.d. colpa generica, che
trova le sue fonti in norme di ordine sociale, non per forza scritte, e cioè
essenzialmente (art. 43 c. 1 n. 3 c.p.):

- Negligenza, se la regola di condotta violata prescrive un’attività positiva: ad


es. il Direttore Sanitario di un centro di riabilitazione non effettua le dovute
verifiche periodiche circa la qualità e l’efficienza dei macchinari utilizzati per
le terapia fisiche (es. TENS, Laser, Tecar, ecc.);

- Imprudenza, quando viene trasgredita una regola di condotta da cui


discende l’obbligo di non realizzare una determinata azione ovvero di
compierla con modalità diverse da quelle tenute: es. allocare un paziente,
ricoverato presso un reparto di riabilitazione, con grave deficit cognitivo-
comportamentale e agitazione psico-motoria, su letto senza spondine;

- Imperizia, che consiste invece in una forma di imprudenza o negligenza


“qualificata” e si riferisce ad attività che esigono particolari conoscenze
tecniche: es. dimettere dal reparto di riabilitazione un paziente con dolore
precordiale senza prima effettuare gli accertamenti del caso, ad esempio ECG
e prelievo degli enzimi cardiaci seriati.
Combinando gli istituti testé rassegnati, è possibile chiarire perché l’esercente
la professione sanitaria, “rischia” di essere condannato penalmente, solo
quando si dimostra giudizialmente, entro 7 anni e 6 mesi (termine massimo di
prescrizione) che, in quanto titolare di una posizione di garanzia, ha violato le
c.d. leges artis, vi è nesso causale tra la sua condotta anti-doverosa e l’evento
dannoso per il paziente, ed ha agìto (quanto meno) colposamente.

Tale assunto si completa di un ulteriore dato: la probabilità di una condanna


in sede penale dell’esercente la professione sanitaria è assai scarsa, tanto che,
una nota indagine statistica3, condotta disaminando le sentenze depositate
dalla IV sezione penale della Cassazione negli anni 2013/2015, quindi
provenienti da tutti i giudici di merito italiani, ha evidenziato, oltre che la
rarità di vicende definite in grado di merito con c.d. doppie conformi, che, a
fronte di oltre 250.000 medici in attività, il numero di sentenze di legittimità
è limitato a poche decine per anno!

3 Cfr. Brusco, Informazioni statistiche sulla giurisprudenza penale di legittimità in tema di

responsabilità medica, 14.7.2016, penalecontemporaneo.it;


1. Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanitarie 7

1.1. Aggiornamenti circa lo stato dell’arte sulle linee guida e


buone pratiche clinico-assistenziali

Scopo di questo capitolo introduttivo è anche quello di fornire al lettore una


sintesi riguardo la legge Gelli-Bianco, discussa ampiamente nel precedente
volume, ed una panoramica sullo stato dell’arte dopo oltre 1 anno
dall’entrata in vigore della suddetta legge e l’intervento delle Sezioni Unite
della Cassazione [1].
Come noto la Legge Gelli-Bianco, ha introdotto diverse novità in merito alle
disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita,
nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le
professioni sanitarie.
Vale la pena ricordare che la suddetta legge è entrata in vigore a partire dal
1 aprile 2017 e che uno dei punti più rilevanti è, sotto il profilo penale,
l’esclusione della punibilità quando l’erogatore di una prestazione sanitaria
abbia rispettato le raccomandazioni previste da alcune linee guida o, in
assenza di queste, delle buone pratiche clinico-assistenziali, che, rispetto a
quanto prevedeva la legge Balduzzi, assumono una posizione suppletiva
rispetto alle linee guida.

Secondo l’art.5 della suddetta legge “Gli esercenti le professioni sanitarie,


nell'esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche,
terapeutiche, palliative e riabilitative, si attengono, salve le specificità del caso
concreto, alle buone pratiche clinico-assistenziali e alle raccomandazioni previste
dalle linee guida elaborate dalle società scientifiche iscritte in apposito elenco
istituito e regolamentato con decreto del Ministro della Salute, da emanare entro
centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Le linee guida
sono inserite nel Sistema nazionale per le linee guida (SNLG) e pubblicate nel sito
internet dell'Istituto Superiore di Sanità”.

Inoltre secondo l’art 6 Responsabilità penale dell’esercente la professione


sanitaria. “…Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la
punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste
dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in
mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le
raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle
specificità del caso concreto”.

È bene sottolineare che qualora l’evento sia riconducibile a negligenza od


imprudenza, a differenza di quanto prevedeva la Balduzzi, la Gelli-Bianco
8 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

non troverà applicazione ed il medico, o il professionista della riabilitazione,


sarà punibile sulla base degli ordinari canoni di accertamento della colpa
penale non beneficiando, quindi, della nuova area di non punibilità
correlata al rispetto delle linee guida / buone pratiche.
Sebbene in un primo momento, come veniva rassegnato nel precedente
Volume, si ritenesse che la Gelli-Bianco fosse peggiorativa rispetto alla
Balduzzi, questione ampiamente discussa, in sede di applicazione, è stata
quella della abolizione della graduazione della colpa (grave-lieve) ovvero
della scomparsa del binomio colpa grave-linee guida come previsto dalla
precedente legge Balduzzi, ad oggi il quadro è stato parzialmente
modificato in seguito all’intervento chiarificatore della sentenza Mariotti
delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 22.02.2018, che, di fatto,
introduce alcuni cambiamenti rispetto alla suddetta legge ossia:
"L'esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni
personali derivanti dall'esercizio di attività medico-chirurgica:

a) se l'evento si è verificato per colpa (anche "lieve") da negligenza o imprudenza;


b) se l'evento si è verificato per colpa (anche "lieve") da imperizia quando il caso
concreto non è regolato dalle raccomandazioni delle linee guida o dalle buone pratiche
clinico-assistenziali;
c) se l'evento si è verificato per colpa (anche "lieve") da imperizia nella
individuazione e nella scelta di linee guida o di buone pratiche clinico-assistenziali
non adeguate alla specificità del caso concreto;
d) se l'evento si è verificato per colpa "grave" da imperizia nell'esecuzione di
raccomandazioni di linee guida o buone pratiche clinico-assistenziali adeguate,
tenendo conto del grado di rischio da gestire e delle speciali difficoltà dell'atto
medico".

Come avremo modo di rappresentare con dovizia di particolari, viene


introdotto un’importante cambiamento, ovvero, il recupero, nella Gelli-
Bianco, della graduazione della colpa (anche “lieve”) operata dalla Balduzzi,
fermo restando che, qualora l’evento sia riconducibile a negligenza od
imprudenza, la norma non troverà applicazione ed il medico, o il
professionista della riabilitazione, sarà punibile sulla base degli ordinari
canoni di accertamento della colpa non beneficiando, quindi, della nuova
area di non punibilità correlata al rispetto delle linee guida/buone pratiche.
Tale Sentenza pone fine ad un contrasto tra due sentenze della IV sezione
penale, offrendo una interpretazione della Gelli-Bianco costituzionalmente
orientata, cioè non incostituzionale.
In breve, il Supremo Collegio a Sezioni Unite, coniando il termine imperizia
lieve intrinseca, ha statuito che la Riforma preveda ancora la graduazione
1. Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanitarie 9

della colpa (anche “lieve”), ma solo nel caso di imperizia nell’esecuzione di


una prestazione conforme alle linee guida, non invece qualora l’evento sia
riconducibile a negligenza od imprudenza, né quando versi in imperizia
nella selezione delle linee guida applicabili (imperizia in eligendo).
In conclusione: la colpa dell'esercente la professione sanitaria può essere
esclusa in base alla verifica dei noti canoni oggettivi e soggettivi della
configurabilità del rimprovero e altresì in ragione della misura del
rimprovero stesso. Ma, in quest'ultimo caso, e solo quando configurante
"colpa lieve", le condizioni richieste sono il dimostrato corretto orientarsi
nel campo delle linee guida pertinenti in relazione al caso concreto ed il
progredire nella fase della loro attuazione, ritenendo l'ordinamento di
non punire gli adempimenti che si rivelino imperfetti nell’applicazione
concreta di un atto ad es. terapeutico comunque raccomandato da una linea
guida.

- Caso clinico 1: un paziente è affetto da esiti di ictus con spasticità flessoria al gomito
dell’arto plegico; il fisiatra decide di infiltrare il paziente con tossina botulinica,
raccomandazione presente nelle LG (NICE, 2012; American Heart Association /
American Stroke Association, 2016; American Academy Neurology, 2016).
Nell’infiltrazione il medico provoca un ampio ematoma nella sede di inoculazione.
Il paziente decide di denunciare il medico per mal practice.
- D: È il medico perseguibile?
- R: Alla luce di quanto sopra affermato, il medico avendo scelto in maniera
corretta la raccomandazione contenuta nelle LG, non è imputabile poiché la
complicanza è riconducibile ad imperizia lieve intrinseca.

- Caso clinico 2: un paziente è affetto da Malattia di Parkinson con particolare rigidità


sia agli arti superiori che della muscolatura del tronco associata a dolore in sede
lombare. Il medico seleziona tra le LG per il trattamento della lombalgia, quelle che
raccomandano la terapia infiltrativa con corticosteroidi in regione lombare (LG
regione toscana, 2015; Institue for Clinical Systems Improvement, 2012).
Il paziente non trae giovamento dal trattamento ma addirittura accusa un
peggioramento della sintomatologia.
Il paziente decide di denunciare il medico.
- D: È il medico perseguibile?
- R: Il questo caso il medico sarà penalmente perseguibile dal momento che non
ha selezionato in maniera corretta la LG utilizzabile, infatti avrebbe dovuto
optare per le raccomandazioni contenute nelle LG specifiche per la malattia di
Parkinson, poiché verosimilmente la lombalgia è attribuibile alla rigidità
extrapiramidale trattabile con terapia farmacologia specifica per il M. di Parkinson.
10 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

1.2. Elaborazione delle linee guida e delle buone pratiche


clinico-assistenziali alla luce della Legge Gelli-Bianco

In merito al processo di produzione e di adozione delle linee guida e delle


c.d. buone pratiche clinico assistenziali, il cui ruolo è divenuto centrale,
soprattutto alla luce della nuova legislazione, nella pratica clinica
quotidiana; questo non può prescindere dal rispetto di due concetti
fondamentali quali: il “rischio clinico” definito come la probabilità che un
paziente sia vittima di un evento avverso, cioè subisca un qualsiasi “danno o
disagio imputabile, anche se in modo involontario, alle cure mediche
prestate durante il periodo di degenza, che causa un prolungamento del
periodo di degenza, un peggioramento delle condizioni di salute o la morte”
[2]; e l’appropriatezza delle cure, definita dalla World Health Organization
(WHO): “una cura appropriata consiste nella selezione, sulla base degli
interventi di cui è stata dimostrata l’efficacia per un determinato disturbo,
dell’intervento con la maggiore probabilità di produrre gli esiti di salute
attesi da quel singolo paziente. Un intervento può essere appropriato
soltanto quando vengono soddisfatti determinati criteri. Devono essere
disponibili le competenze tecniche e tutte le altre risorse necessarie alla
realizzazione di una prestazione con uno standard sufficientemente elevato.
Le modalità con cui l’intervento viene svolto devono essere accettabili dal
paziente. Ai pazienti dovrebbero essere fornite adeguate informazioni sul
range degli interventi di provata efficacia pratica.
Le loro preferenze sono centrali nella scelta dell’intervento appropriato tra
quelli conosciuti come efficaci. Le loro preferenze, inoltre, rifletteranno non
solo il primario esito di salute che sperano di raggiungere, ma anche i
potenziali effetti avversi che si potrebbero verificare. Ne consegue che il
paziente deve essere totalmente coinvolto nella discussione riguardante la
probabilità dei differenti esiti, con e senza l’intervento, ed i disagi e gli
eventi avversi che si potrebbero verificare. L’appropriatezza degli interventi
sanitari deve anche essere considerata all’interno dell’attuale contesto
sociale e culturale e rispetto alla giustizia nell’allocazione delle risorse”.
Qui emerge una prima importante criticità, ovvero, la concreta presenza di
limiti intrinseci delle linee guida / buone pratiche, infatti, queste
rappresentano un percorso clinico assistenziale ideale che per sua stessa
definizione non può includere l’estrema varietà della casistica medica; ed
inoltre val la pena chiedersi: tutte le strutture sanitarie sono effettivamente
in grado di soddisfare le competenze tecniche e tutte le altre risorse
necessarie alla realizzazione di una prestazione con uno standard
sufficientemente elevato?
1. Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanitarie 11

In ambito riabilitativo, le linee guida dovranno, quindi, definire un percorso


idoneo composto da un Progetto Riabilitativo Individuale (PRI) e da un
programma riabilitativo imprescindibili dai bisogni, dalle menomazione,
disabilità, dai fattori ambientali e dalle abilità residue e recuperabili di ogni
singolo paziente. Ancora oggi per ciascun ambito riabilitativo, le
raccomandazioni fornite dalle diverse linee guida sono spesso carenti e / o in
contrasto tra loro o non esaustive, o in numero così elevato da renderne
difficile la scelta esclusiva adatta a ciascun singolo paziente; tali ragioni ci
hanno spinto nel precedente volume, con il fine di fornire una guida pratica
al medico di medicina fisica e riabilitativa ed agli operatori della
riabilitazione , ad effettuare un’analisi critica delle evidenze scientifiche, di
ben 23 patologie di interesse riabilitativo quali: l’osteoartrosi, la cervicalgia,
il low back pain, le tendinopatie, l’osteoporosi, la sclerosi multipla, la
malattia di Parkinson, l’ictus, le paralisi cerebrali infantili, il paziente
amputato, mielolesioni, spasticità, infiltrazioni intra-articolari, scoliosi
idiopatica, artropatie infiammatorie, neuropatie e miopatie, l’insufficienza
respiratoria cronica, riabilitazione cardiovascolare, post intervento di protesi
d’anca e ginocchio, post-intervento per tumore della mammella, post
ricostruzione del legamento crociato anteriore, disfunzione dell’ATM, e le
“medicine non convenzionali”. I risultati di codesto lavoro sono stati
accreditati ed attualmente sono consultabili sul sito dell’ISS nella sezione
relativa alle buone pratiche clinico-assistenziali. Questo secondo attuale
lavoro, condotto dalla Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e
Riabilitativa della Sapienza Università di Roma, integrato dai colleghi del
Collegio dei Professori Ordinari della nostra disciplina e da altri esperti
della materia, ha lo scopo di implementare le tematiche di interesse
riabilitativo che per ragioni tempistiche non sono state trattate nel
precedente volume, al fine di sintetizzare criticamente le attuali
raccomandazioni presenti in letteratura nei diversi ambiti riabilitativi, ove
presenti o in alternativa delle evidenze scientifiche migliori e più attuali per
ciascun ambito. Il lavoro è stato condotto attraverso una analisi critica delle
più recenti linee guida e / o delle evidenze presenti nella letteratura
scientifica e relative a diverse patologie di interesse riabilitativo.
Ogni capitolo è stato elaborato come una revisione della letteratura. Per ciò
che concerne le linee guida reperite sono state valutate criticamente con
particolare attenzione alla presenza di alcune caratteristiche fondamentali:
multiprofessionalità, multidisciplinarità, la presenza di conflitto d’interesse,
l’utilizzo del metodo GRADE per la definizione del livello delle singole
raccomandazioni, quest’ultimo è infatti il metodo riconosciuto dal Ministero
della Sanità per il processo di accreditamento delle linee guida. Per alcuni
12 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

ambiti, ove non sia stato possibile reperire linee guida, ma vi è comunque
una larghissima diffusione tra la popolazione, sono state sintetizzate le
evidenze disponibili anche da recenti revisioni sistematiche, meta-analisi,
studi randomizzati controllati (RCT’s), e da consensus conference; anche per
questi lavori scientifici si è fatta attenzione alla metodologia dei singoli
lavori verificando ad esempio se questi siano stati elaborati seguendo
specifiche check-list (es. PRISMA per le meta-analisi / revisioni sistematiche,
CONSORT per gli RCT, STROBE per gli studi osservazionali, AMSTAR per
le revisioni senza analisi statistica)
Per ciascun trattamento si è cercato di definire le eventuali raccomandazioni
sulla base della qualità degli studi analizzati definendo un grado elevato di
raccomandazione per le evidenze provenienti da linee guida che rispettino
le caratteristiche sopracitate e per gli altri lavori scientifici di forza e qualità
elevate, anche perché esplicitamente condotti tramite l’utilizzo di specifiche
check-list.
Il grado moderato-debole è stato attribuito a quelle raccomandazioni
provenienti da linee guida di qualità modesta e / o da evidenze scientifiche
per cui la qualità degli studi non risultava essere elevata. Invece, le
raccomandazioni non-formulabili sono state espresse qual ora le linee guida
e / o le evidenze siano risultate inconclusive o in contrasto fra loro o derivate
da studi di bassa qualità metodologica. Inoltre, come del resto elaborato
anche dalle linee guida spread per l’ictus [3], abbiamo inserito in alcuni
capitoti i Good Practice Point che sono definiti come “miglior pratica
raccomandata sulla base dell’esperienza clinica del gruppo che redige le
linee guida”. Tale aspetto si è ritenuto necessario per definire alcune terapie
riabilitative e non, che pur avendo scarse evidenze scientifiche, vengono a
tutt’oggi ampiamente utilizzate nella pratica clinica quotidiana con un
riscontro di efficacia di livello empirico.
Punto cardine della Legge Gelli-Bianco è, sotto il profilo penale, l’esclusione
della punibilità per imperizia qualora l’erogatore di una prestazione
sanitaria abbia rispettato le raccomandazioni previste dalle linee guida o, in
assenza di queste, delle buone pratiche clinico-assistenziali reperibili a
norma di legge sul sito dell'ISS dedicato a tale tema. È d’obbligo quindi per
l’esercente la professione sanitaria attenersi, per non incorrere in caso di
contenzioso in un’accusa per imperizia, alla linee guida o alle buone
pratiche accreditate e pubblicate presso il sito dell’ISS. “…linee guida
(LG) elaborate da enti e istituzioni pubbliche e private, da società
scientifiche e associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie
iscritte in apposito elenco istituito e regolamentato con DM 2 agosto 2017,
pubblicate dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) nel Sistema Nazionale
1. Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanitarie 13

Linee Guida (SNLG), previa verifica di conformità della metodologia


adottata a standard internazionalmente riconosciuti e resi pubblici da
parte dell’Istituto stesso, e della rilevanza delle evidenze scientifiche
dichiarate a supporto delle raccomandazioni.
Nel nuovo contesto normativo, l’SNLG, istituito con DM 27 febbraio 2018, è
gestito dall’ISS tramite il Centro nazionale per l’eccellenza clinica, la qualità
e la sicurezza delle cure (CNEC).
Il CNEC verifica in primo luogo l’eleggibilità della LG in base a pre-
requisiti di priorità e non ridondanza e, successivamente, valuta la LG con
criteri espliciti in termini di qualità del reporting, metodologia adottata e
rilevanza delle raccomandazioni rispetto alle evidenze citate e pubblica la
LG nell’SNLG se essa supera la valutazione. Per essere accreditate le LG
devono rispondere ad alcuni ben precisi criteri quali ad esempio la
multiprofessionalità, multidisciplinarietà, il coinvolgimento delle
associazioni dei pazienti, e l’assenza di conflitti di interesse.
Gli standard metodologici di riferimento che il CNEC raccomanda per la
produzione e la valutazione critica di LG destinate ad essere pubblicate nel
sito SNLG, sono reperibili all’interno del Manuale metodologico ISS 2018
per la produzione di LG. Il nuovo manuale incorpora la metodologia
GRADE e tiene conto dell’esperienza maturata nella produzione di LG da
parte delle maggiori organizzazioni internazionali dedicate allo scopo,
adattata al contesto italiano.
Il metodo GRADE è il metodo adottato da un numero sempre maggiore di
organizzazioni internazionali e agenzie di sanità pubblica quale standard di
riferimento per la valutazione della qualità delle prove e la produzione di
raccomandazioni cliniche che tengano conto in modo esplicito dei diversi
fattori che, oltre alla qualità delle evidenze, condizionano la forza e la
direzione delle raccomandazioni, incluso un bilancio dei rischi e dei benefici
delle opzioni alternative, i valori e le preferenze dei pazienti e l’impiego
delle risorse.
Il metodo GRADE non esaurisce tutti gli aspetti metodologici inerenti la
produzione di una linea guida e la revisione esterna della linea guida e le
modalità di partecipazione degli utenti e degli stakeholder alla produzione
delle raccomandazioni; a tal proposito l’AGREE Quality Of Reporting Check-
List rappresenta un ulteriore strumento adottato come standard di
riferimento dell’SNLG per valutare la qualità del reporting delle LG
candidate ad essere pubblicate nel sito. Consente una presentazione
ordinata della LG prodotta in modo da rendere più agevole e comprensibile
la lettura della stessa da parte dei valutatori e utilizzatori. In particolare
l’AGREE II versione italiana, scaricabile dal sito dell’ISS, rappresenta uno
strumento di valutazione della qualità metodologica della LG, di ampia
14 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

diffusione a livello internazionale e validato in numerosi contesti di ricerca e


pratica clinica, contiene 23 item di valutazione distribuiti in 6 domini.
È importante inoltre ricordare che, secondo la normativa vigente, le
raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate ai sensi del comma 3
possono essere prodotte ed elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati nonché
dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni
sanitarie iscritte in apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del
Ministro della Salute, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in
vigore della suddetta legge, e da aggiornare con cadenza biennale.

È lecito chiedersi allora, dal momento che spesso per una medesima
disciplina coesistono diverse società scientifiche, quali e quante di queste
saranno accreditate presso il Ministero della Salute?
Le società scientifiche, promuovono la ricerca e la divulgazione della
medicina, organizzano congressi ed eventi e possono esprimere pareri o
emanare linee guida nel proprio ambito di competenze; la criticità a tal
riguardo è che ad oggi non se ne conosce il numero esatto e nel 2004 quando
l'allora ministro della Salute Girolamo Sirchia, emanò un decreto che doveva
stabilire i requisiti che dovevano possedere le società scientifiche e le
associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie, ne vennero
stimate, in Italia, circa 700-800.
Ed ancora, ambito ortopedico, ad esempio, si stima la presenza di 48 tra
associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie e società
scientifiche.

Quali e quante società scientifiche e associazioni tecnico-scientifiche delle


professioni sanitarie, dunque, verranno accreditate dal Ministero della
Salute? E soprattutto ancora quando?
A tal riguardo ad oggi non è ancora stato pubblicato un elenco delle società
scientifiche rispondenti ai criteri di accreditamento dettati dall'ISS.
Un'alternativa o meglio, un’integrazione alle società scientifiche è
rappresentata dall'aggregazione degli ordinari dell'Università, che, per
Statuto, essendo l’Università luogo di ricerca scientifica di elevata qualità,
sono automaticamente accreditate per produrre buone pratiche e linee
guida. Tale posizione di privilegio delle Strutture Universitarie potrebbe in
effetti colmare il gap temporale, tra accreditamento delle società scientifiche
e produzione di LG che possano garantire all’esercente la professione
sanitaria una guida nella pratica clinica quotidiana e soprattutto una
copertura in caso di contenzioso.
1. Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanitarie 15

Quante linee guida e buone pratiche saranno presenti sul sito dell’ISS?
Qual è lo stato delle arte riguardo le Linee guida e buone pratiche a
disposizione dei sanitari?
A tal riguardo, la legge stabilisce che “…il Sistema Nazionale delle linee guida
(SNLG) raccoglierà le linee guida che saranno poi pubblicate sul sito internet
dell’Istituto Superiore di sanità, previa verifica della conformità della metodologia
adottata a standard definiti e resi pubblici dallo stesso Istituto, nonché della
rilevanza delle evidenze scientifiche dichiarate a supporto delle raccomandazioni". In
data 7 maggio 2018 è stato inaugurato il nuovo Sistema Nazionale Linee
Guida (SNLG), sviluppato e gestito dal CNEC dell'ISS, che rappresenta
l’unico punto di accesso per cittadini e operatori sanitari a LG di pratica
clinica validate dall’ISS, come previsto dalla Legge 24/2017 sulla
responsabilità professionale, consultabili collegandosi al sito
https://snlg.iss.it.
A tale proposito emerge una prima criticità, ovvero, ad oggi collegandosi al
suddetto sito è possibile rinvenire una sola linea guida riguardante il
trattamento dell'emorragia post-partum prodotta dall'Istituto Superiore di
Sanità. Ben più corposa risulta essere invece la sezione dedicata alle buone
pratiche, con le quali i professionisti sanitari possono trovare un supporto
scientifico su argomenti e questioni non coperte dalle LG presenti
nell’SNLG, come previsto dalla Legge 24/2017. Nella suddetta pagina web
dedicata alla buone pratiche, ad oggi è possibile rinvenire: oltre al nostro
precedente lavoro riguardante problematiche di pertinenza riabilitativa, di
cui tutti i capitoli sono consultabili online e scaricabili, le linee guida della
NICE tradotte in Italiano, dove vengono affrontate differenti tematiche: dal
trattamento del melanoma, alla fibrosi cistica, la gestione del travaglio,
piuttosto che la diagnosi valutazione e trattamento della celiachia, ecc. Sono
inoltre presenti 2 LG prodotte dalla regione Emilia Romagna, inserite nella
sezione delle buone pratiche, riguardanti la faringo-tonsillite e l'otite media
acuta in età pediatrica pubblicate nel 2015. Sono inoltre presenti buone
pratiche derivanti dal gruppo regionale sui farmaci oncologici (GReFO) e un
documento prodotto dall'Agenzia Nazionale per i servizi sanitari Regionali
(Agenas) riguardo i Marcatori circolanti in oncologia: Guida all’uso clinico
appropriato.
Quindi sebbene manchino ancora linee guida accreditate dal ISS a tutela dei
sanitari, il cui processo di produzione necessita sicuramente di tempi ben
più lunghi e per la pubblicazione delle quali si dovrà ancora attendere,
nell'ambito delle buone pratiche compaiono le prime produzioni scientifiche
a tutela dell'esercente la professione sanitaria e dei pazienti.
16 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

1.2.1. Stato dell'arte sul numero di contenziosi ad un anno


dall'entrata in vigore della Legge Gelli-Bianco
Secondo uno studio effettuato dall’Osservatorio permanente Aaroi Emac sul
contenzioso sanitario, in collaborazione con il Broker assicurativo Aon e
presentati al Meeting di SAQURE 2018 (Safety Quality Reliability), che si è
tenuto a Roma dal 24 al 26 maggio, emerge un dato alquanto preoccupante,
infatti, dall’applicazione della Legge Gelli-Bianco si è assistito ad un
aumento vertiginoso della conflittualità fra medici e strutture sanitarie. Si
stima infatti che, nell'anno 2016, la percentuale complessiva di colleghi
coinvolti in procedimenti giudiziari sia civili che penali, rispetto al numero
totale di assicurati, era arrivata, con un trend in calo a partire dal 2010, anno
in cui aveva raggiunto circa il 6,5%, ad abbassarsi al 3,5%. Nel 2017, i sinistri
aperti, e che possono coinvolgere più professionisti per uno stesso evento
avverso, sono aumentati dal 2016 al 2017 del 60%. Un tale dato sembra
essere imputabile alle comunicazioni di avvio delle trattative stragiudiziali,
in diretta conseguenza delle quali le strutture sanitarie, una volta chiamate
in causa nel contenzioso avviato dai pazienti che si ritengono danneggiati,
coinvolgono i singoli medici dipendenti nell’iter che ne conseguirà,
eventualmente anche in sede giudiziale sia presso i tribunali ordinari sia
presso la Corte dei Conti, secondo l'art. 134 della vigente legge rubricato
Obbligo di comunicazione all'esercente la professione sanitaria del
giudizio basato sulla sua responsabilità, “Le strutture sanitarie e sociosanitarie
di cui all'articolo 7, comma 1, e le imprese di assicurazione che prestano la copertura
assicurativa nei confronti dei soggetti di cui all'articolo 10, commi 1 e 2,
comunicano all'esercente la professione sanitaria l'instaurazione del giudizio
promosso nei loro confronti dal danneggiato, entro 45 giorni dalla ricezione della

4 Obbligo di comunicazione all'esercente la professione sanitaria del giudizio basato sulla sua

responsabilità.
Art. 13
1. Le strutture sanitarie e sociosanitarie di cui all'articolo 7, comma 1, e le imprese di
assicurazione che prestano la copertura assicurativa nei confronti dei soggetti di cui
all'articolo 10, commi 1 e 2, comunicano all'esercente la professione sanitaria l'instaurazione
del giudizio promosso nei loro confronti dal danneggiato, entro quarantacinque giorni dalla
ricezione della notifica dell'atto introduttivo, mediante posta elettronica certificata o lettera
raccomandata con avviso di ricevimento contenente copia dell'atto introduttivo del giudizio.
Le strutture sanitarie e sociosanitarie e le imprese di assicurazione entro quarantacinque
giorni comunicano all'esercente la professione sanitaria, mediante posta elettronica certificata
o lettera raccomandata con avviso di ricevimento, l'avvio di trattative stragiudiziali con il
danneggiato, con invito a prendervi parte. L'omissione, la tardività o l'incompletezza delle
comunicazioni di cui al presente comma preclude l’ammissibilità delle azioni di rivalsa o di
responsabilità amministrativa di cui all'articolo 9 1;
[1] Comma modificato dall'articolo 11, comma 1, lettera d), della Legge 11 gennaio 2018;
1. Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanitarie 17

notifica dell'atto introduttivo”.


L'omissione, la tardività o l'incompletezza delle comunicazioni di cui al
presente comma preclude l'ammissibilità delle azioni di rivalsa o di
responsabilità amministrativa di cui all'articolo 9”.
Il fatto che la legge imponga tempi ristrettissimi per l’invio di queste
comunicazioni, unito alla sanzione prevista per le strutture sanitarie in caso
di omissione tardiva o incompletezza della comunicazione, ha indotto le
amministrazioni ospedaliere ad adottare un’applicazione indiscriminata di
questa norma, coinvolgendo decine e decine di medici in ogni singolo
sinistro.

Qual ora l’esercente la professione sanitaria chiamato in causa risultasse


innocente è risarcibile?
Nel civile il sanitario resistente, ovvero convenuto in giudizio, può solo
chiedere che al paziente venga applicata la c.d. lite temeraria, che prevede
una sanzione economica, che però difficilmente viene concessa dal giudice.
Più frequentemente invece i Giudici condannano il paziente soccombente a
pagare le spese legali dell’esercente la professione sanitaria vincitore;
Nel penale sarebbe astrattamente configurabile la calunnia a carico del
paziente che accusa il medico sapendolo innocente.
Ma anche qui, purtroppo, le possibilità di successo per il sanitario sono
praticamente nulle, perché la calunnia è un reato doloso, e difficilmente si
può dire che il paziente denuncia il medico essendo certo della sua
innocenza, cioè con dolo.

Come ci si deve porre davanti alle co-morbidità?


Tema ampiamente dibattuto quello delle gestione dell’applicazione delle
linee guida in presenza di co-morbidità evenienza non rara nella pratica
clinica quotidiana. Come si vedrà ampiamente nei paragrafi che seguono, il
problema della co-morbidità consente al Giudice penale di applicare l’art.
2236 del codice civile alla condotta del sanitario che ha operato in caso
particolarmente complesso, di tal che, se questi avrà correttamente
selezionato le linee guida adeguate al caso di specie, o le avrà disattese
proprio in ragione della co-morbidità, potrebbe essere esonerato da
rimprovero penale, perché verserebbe in colpa lieve.
Merita sin da ora rilevare che la più recente sentenza di Cassazione5 in
materia di colpa medica ha ribadito che “…si può ragionevolmente parlare di
colpa grave solo quando si sia in presenza di una deviazione ragguardevole rispetto

5 Cass., sez. IV, 22.6.2018, dep. 6.8.2018, n. 37794, De Renzo, www.cortedicassazione.it;


18 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

all’agire appropriato, rispetto al parametro dato dal complesso delle


raccomandazioni contenute nelle linee guida di riferimento…; all’opposto, quanto
più la vicenda risulti problematica, oscura, equivoca o segnata dall’impellenza, tanto
maggiore dovrà essere la propensione a considerare lieve l’addebito nei confronti del
professionista che, pur essendosi uniformato ad una accreditata direttiva, non sia
stato in grado di produrre un trattamento adeguato e abbia determinato, anzi, la
negativa evoluzione della patologia…”.

1.3. Le origini del problema: la Balduzzi, la Gelli-Bianco e


l’ossessione del Legislatore di depenalizzare la colpa
dell’esercente le professioni sanitarie

1.3.1. Perché il tema della colpa medica è di stretta attualità


Il tema della colpa medica continua a suscitare vivo e continuo interesse,
anche in virtù di quella serie di fattori, non solo di natura giuridica, ad esso
connaturati, che alimentano spunti critici e di nuova riflessione 6, altrimenti
non comprendendosi perché, al netto di proposte di portata generale volte a
estendere il più possibile i casi di imputazione solo per colpa grave, e
diversamente da quanto accade in altri settori della colpa penale, come ad
esempio nella circolazione stradale e nella sicurezza sul luogo di lavoro,
dove si tende ad attribuire al fatto colposo un disvalore particolarmente
rilevante, nell’attività medica si è sempre avvertita un’esigenza di “limitare”
e circoscrivere la responsabilità colposa.
Si può semplificare, affermando che “in origine”, e cioè dal secondo dopo
guerra fino alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso, l’esigenza
limitativa della responsabilità colposa in ambito medico è stata avvertita sul
piano della colpevolezza, al fine di “personalizzare” il più possibile la
responsabilità penale, ed è stata soddisfatta limitando la responsabilità alle
ipotesi di colpa grave, in conformità a quanto previsto, in tema di
responsabilità civile, dall’art. 2236 codice civile, sopra già richiamato.
Successivamente, e cioè sul finire della prima decade del nuovo Millennio,
l’esigenza di limitare la responsabilità colposa si è ripresentata, ma in
termini decisamente diversi, atteso che, accanto all’idea “tradizionale” che il
medico dovesse andare incontro a una responsabilità maggiormente
individualizzata, e che quindi il deficitario coefficiente psichico
caratterizzante i delitti colposi dovesse essere colmato da un grado di colpa
significativo, si è fatta sempre più largo l’idea di limitare la responsabilità

6cfr. Terrizzi, Linee Guida e saperi scientifici “interferenti”: la cassazione continua a non
applicare la legge Gelli-Bianco, 17.7.2018, in Diritto Penale Contemporaneo, fascicolo 7/2018, fg.
93 e ss;
1. Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanitarie 19

sul piano della legalità, al fine di contrastare il fenomeno della medicina


difensiva.
La ratio di tale atteggiamento poteva essere questa: poiché il medico tende a
compiere accertamenti ed attività diagnostico-terapeutiche, dovute più al
timore di essere destinatario di azioni giudiziarie da parte del paziente che
per esigenze autenticamente diagnostico-terapeutiche (con rilevanti
conseguenze ad esempio sul piano della spesa pubblica), per rassicurare il
medico nell’esercizio della sua professione occorre “standardizzare” il più
possibile la sua attività ed eventualmente restringere, se non addirittura
escludere, gli apprezzamenti ex post da parte del giudice (penale) 7.
A ciò si aggiunga che il limite della colpa grave è stato solitamente riferito
alla sola imperizia, mentre rispetto alla negligenza e all’imprudenza si è
ritenuto che la valutazione dell’attività del medico dovesse essere
improntata a criteri di normale severità (quella prevista per tutte le altre
categorie professionali).
Come è noto, nel corso di pochi anni, la materia è stata oggetto di ben due
riforme, nel dichiarato intento di chiarirne i contorni ed uniformarne i criteri
ermeneutici, ma soprattutto, di ridurre l’area della rilevanza penale della
colpa medica.
Ci si riferisce naturalmente alle Leggi “Balduzzi” 8 (2012) e “Gelli-Bianco”9
(2017), la cui comune ratio ispiratrice può individuarsi nella finalità di
fronteggiare non tanto il cambiamento nella richieste di pazienti, dovuto alla
crescita e all'invecchiamento della popolazione, all'aumento nelle aspettative
di vita e della qualità dei livelli di salute, all’incremento del facile accesso
alle informazioni mediante il web (medicina fai da te), quanto all’aumento
del numero di accuse per mal-practice a carico degli esercenti le professioni
sanitarie (circa 38.200 cause dal 2008), fenomeno che ha dato luogo alla
medicina difensiva10, che può essere:

- Positiva: quando si compiono e dispongono attività ed accertamenti, inutili e


costosi, esclusivamente per poter dimostrare, in caso di evoluzione negativa
della patologia del paziente, di aver fatto tutto quanto necessario per evitare
l’esito infausto;

7 cfr. G. Forti, M. Catino, F. D’Alessandro, C. Mazzuccato, G. Varraso (a cura di), Il problema


della medicina difensiva. Una proposta di riforma in materia di responsabilità penale
nell’ambito dell’attività sanitaria e gestione legato al rischio clinico, Pisa, 2010;
8 dal nome del Ministro della Salute del Governo che lo aveva presentato;

9 in ragione dei nomi dei rispettivi relatori di maggioranza alla Camera e al Senato;

10 ex plurimis v. C. Granelli, La medicina difensiva in Italia, in Resp. civ. prev., 2016, p. 22 ss;
20 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

- Negativa: quando si “rifiutano” pazienti, atti chirurgici o pratiche mediche


potenzialmente rischiose da un punto di vista delle ricadute giudiziarie, con
evidenti pregiudizi per soggetti che necessiterebbero di cure celeri.

Che la materia sia spinosa, emerge in realtà già da un dato cronologico:


tanto la breve vita della prima “mini-riforma” del 2012 (Balduzzi) quanto la
circostanza che, nell’arco di soli nove mesi, il secondo intervento del 2017
(Gelli-Bianco) sia stato già oggetto di tre diverse interpretazioni da parte
della IV Sezione della Corte di cassazione e delle Sezioni Unite, costituisce
chiaro indice dell’elevatissimo coefficiente di difficoltà che contraddistingue
la materia, e consente di sospettare ragionevolmente che il legislatore non
abbia brillato per chiarezza nel delineare la fattispecie tipica punibile, costringendo
così la giurisprudenza in qualche modo a supplirvi.

1.3.2. La prima riforma nella colpa sanitaria penale: la Balduzzi


La legge 8 novembre 2012, n. 189, convenzionalmente definita legge
Balduzzi, ha rappresentato il primo vero tentativo di arginare il fenomeno
della “medicina difensiva”, prefiggendosi il precipuo fine di limitare alla
sola colpa grave l’operatività della responsabilità penale in ambito sanitario,
innegabilmente favorito anche dalla farraginosità di un sistema giudiziario
penale, che, a fronte di numerose denunce (e quindi indagini preliminari) a
carico degli esercenti le professioni sanitarie, esitava sì in pochissime
sentenze di condanna (definitive), non risparmiando tuttavia danni di
natura patrimoniale e personale al professionista coinvolto, ma poi
archiviato, prosciolto od assolto (fossero anche solo di matrice
assicurativa11).
In breve, la Balduzzi prevedeva all’art. 3 c. 1 che la responsabilità del medico
imperito, che si fosse attenuto a linee guida e buone pratiche, poteva essere
affermata solo per colpa grave, quando cioè fosse stata disattesa la necessità
di discostarsi da tali fonti, nonostante essa, in ragione della peculiare
situazione clinica del malato, fosse stata macroscopica, cioè immediatamente
riconoscibile da qualunque altro sanitario al posto dell’imputato.
La legge tuttavia non operava alcuna definizione di colpa lieve e grave,
come anticipato, di matrice civilistica, sconosciuta al codice penale, e
limitava la non punibilità all’imperizia, soffrendo una tecnica legislativa

11Come è noto, il medico deve denunciare il sinistro alla propria compagnia assicurativa entro
poche ore dalla contestazione da parte del danneggiato, quand’anche pretestuosa; da quel
momento, ed anche se viene archiviato, prosciolto o assolto, ovvero se vince la causa civile, il
mal capitato deve subire l’incremento del premio assicurativo o nei peggiori casi la risoluzione
del contratto;
1. Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanitarie 21

indubbiamente approssimativa, tanto da agevolare l’intervento “creativo” (o


suppletivo) della Corte di Cassazione, che aveva esteso oltre il perimetro
della imperizia la tipologia di colpa (“lieve”) divenuta non punibile, sì da
ricomprendervi la stessa negligenza e l’imprudenza, quando le linee guida
contenevano regole prescrittive di particolare attenzione e cura nello
svolgimento di attività considerate “pericolose”, investendo “più la sfera
dell’accuratezza, che quella dell’adeguatezza professionale” della
prestazione12.
La legge Balduzzi, in altri termini, oltre ad introdurre un’importante
formalizzazione e valorizzazione normativa dello strumento delle linee
guida e delle buone pratiche, operava un inedito riferimento alla colpa lieve
quale parametro idoneo ai fini della rilevanza penale del fatto: il sanitario,
attenutosi alle linee guida appropriate per gestire il caso concreto, non
rispondeva penalmente per colpa lieve.
Sulla efficacia esimente, forse riconosciuta più dopo l’abrogazione che
durante la vigenza, della Legge Balduzzi, concorderanno anche le Sezioni
Unite Mariotti13, che, come si vedrà, rilevano come l'art. 3 della riforma del
2012 fosse stato concepito per normare i limiti della responsabilità penale
dell'esercente la professione sanitaria, a fronte di un panorama
giurisprudenziale divenuto sempre più severo nella delineazione della colpa
medica punibile, salvo il mantenimento di una certa apertura all'utilizzo
della regola di esperienza ricavabile dall'art. 2236 cod. civ., per la stessa
individuabilità della imperizia, nei casi in cui si fosse imposta la soluzione di
problemi di specifica difficoltà di carattere tecnico-scientifico (es. in presenza
di co-morbidità)14. Il Supremo Collegio ricorda a tal uopo come si fosse
pervenuti, nel volgere di un ventennio, dopo un passato di approdi
giurisprudenziali più indulgenti che ricavavano direttamente dall'art. 2236
cod. civ. la possibilità di punire il solo errore inescusabile derivante dalla
mancata applicazione delle cognizioni generali, ad un assetto interpretativo
in base al quale la colpa medica non veniva di regola esclusa, una volta
accertato che l'inosservanza delle linee guida era stata determinante nella
causazione dell'evento lesivo, essendo rilevante in senso assolutorio soltanto
che questo, avuto riguardo alla complessiva condizione del paziente, fosse,
comunque, inevitabile e, pertanto, ascrivibile al caso fortuito 15. Quindi un

12 Cass. pen., Sez. IV, 11 maggio 2016, n. 23283, in Diritto Penale Contemporaneo, 27 giugno
2016;
13 Cass., SS. UU., sentenza n. 8770 del 21/12/2017, dep. il 22.2.2018, banca dati de iure;

14 Cass., Sez. IV n. 16328 del 05/04/2011, Montalto, Rv. 251960;

15 Cass., Sez. IV n. 35922 del 11/07/2012, Ingrassia, Rv. 254618;


22 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

brusco passaggio, da indulgenza ad eccessivo rigore nei confronti dei camici


bianchi!
Il merito della Balduzzi, si osserva16, consisteva essenzialmente nella
introduzione del concetto di colpa lieve, anche se, per dovere di cronaca,
l’applicazione della Balduzzi nella pratica è stata assai esigua, le decisioni di
legittimità si contano sulla punta delle dita17, circostanza che già consente di
comprendere quanto reale fosse l’esigenza di dover depenalizzare a tutti i
costi la colpa medica, alla luce del “pasticcio” derivante dalla Riforma del
2017.

1.3.3. La vera rivoluzione copernicana (non solo penale) della colpa


medica: la Gelli-Bianco18
Com’è noto, dopo appena cinque anni (8 marzo 2017), il legislatore
interveniva nuovamente sulla colpa medica, questa volta con una Riforma
sistemica, che investe ogni aspetto della responsabilità sanitaria: civile,
penale, amministrativo, erariale, assicurativo, ecc., introducendo l’art. 590
sexies c.p., la cui non felice formulazione, forse anche a seguito delle
modifiche nella navetta da Camera a Senato, ha generato una moltitudine di
criticità che fanno rimpiangere, prima di tutto alla categoria sanitaria, perché
oggi più esposta a rimprovero penale rispetto al passato, la tanto vituperata
legge Balduzzi!
L'art. 6 della legge Gelli-Bianco, ha introdotto una causa di non punibilità
come specificazione ai precetti penali generali in tema di lesioni personali
colpose (art. 590 c.p.) o omicidio colposo (art. 589 c.p.), con espressa
limitazione agli eventi verificatisi a causa di "imperizia" e sul presupposto
che siano state "rispettate" le raccomandazioni previste dalle linee guida
come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le
buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste

16 Bartoli,op. cit.;
17 Accadeva peraltro che il d.l. “Balduzzi” rimanesse inapplicato, perché, puntualmente, il caso
sotto giudizio veniva qualificato come “macchiato” da profili di negligenza o imprudenza. Ad
esempio, l’errore diagnostico, assai frequente nella casistica di “colpa medica” (cioè tipico della
responsabilità professionale del sanitario), tendeva ad essere qualificato in termini di
negligenza e le inopportune dimissioni dello stesso paziente fondate su tale errore si
traducevano spesso in una contestazione di imprudenza, P. PIRAS, Culpa levis sine imperitia non
excusat: il principio si ritrae e giunge la prima assoluzione di legittimità per la Legge Balduzzi,
in Diritto Penale Contemporaneo, 24 aprile 2015;
18 Sia consentito rinviare a A. Madeo (v. Santilli, A. Bernetti, F. Agostini, V. Conte, F. Alviti),

Linee guida e buone pratiche in Medicina Fisica e Riabilitativa, aspetti medico-legali per i
professionisti della riabilitazione alla luce della legge Gelli-Bianco, in Linee Guida ed evidenze
scientifiche in medicina fisica e riabilitativa, (a cura di) Valter Santilli, Centro Stampa Università
degli Studi Roma La Sapienza, 2017, fg. 4-26;
1. Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanitarie 23

dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso
concreto".
Sintetizzando al massimo: con la Gelli-Bianco non è punibile il medico che
versa in colpa per imperizia se si attiene a linee guida e nel caso concreto
non vi sono ragioni per discostarsene, principio molto prossimo a quanto
proposto dalla Balduzzi, ma impoverito dell’aggettivo “macroscopiche”, nel
senso che, il principio in vigenza della Balduzzi era: “nei casi d’imperizia
non è punibile il medico che si attiene a linee guida se nel caso concreto non
vi sono ragioni macroscopiche per discostarsene”, mentre a seguito della
Gelli-Bianco: è “nei casi d’imperizia non è punibile il medico che si attiene a
linee guida se nel caso concreto non vi sono ragioni per discostarsene”.
Il recente intervento normativo conia una specifica causa di non punibilità,
la cui operatività risulta subordinata alla simultanea compresenza di più
fattori19: la responsabilità del sanitario, infatti, è esclusa qualora la
verificazione dell’evento sia dovuta ad imperizia, purché siano state
rispettate le linee guida che devono risultare altresì adeguate al caso
concreto.
Già da tali prime osservazioni emerge come, rispetto alla disciplina
precedente, manca il riferimento a qualsiasi calibrazione del grado della
colpa, circostanza che:

- Se letta in bonam partem, sembrerebbe legittimare la configurazione di una


vera e propria immunità penale per il medico imperito, suscettibile di
esenzione da responsabilità anche in caso di condotta colposa grave, purché
nel rispetto delle linee guida (interpretazione accolta dalla sentenza Cavazza,
infra);

- Se letta in malam partem, consente di comprendere perché la nuova disciplina


è peggiorativa, atteso che, il medico imperito che non si attiene a linee guida,
risponde sempre, anche per colpa lieve, e comunque se negligente o
imprudente (interpretazione accolta dalla sentenza Tarabori, infra).

A prescindere dal grado della colpa, la formulazione della norma ha


consentito a buona parte della dottrina20 ed a certa giurisprudenza21 di
obiettare che la disposizione risulterebbe pressoché impossibile da
implementare, considerato che l’osservanza delle linee guida adeguate alla
specificità del caso concreto, di fatto, preclude in radice un addebito di

19 Cfr.Piras, op. cit.


20 Blaiotta,
op. cit.;
21 (sentenza Cass. Sez. IV Tarabori, cfr. infra);
24 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

imperizia, circostanza che ha fatto parlare dell’art. 590 sexies c.p. come di
una disposizione affetta da “schizofrenia neonatale”.
Tale elementare osservazione è alla base dell’assunzione di una piena difesa
della Gelli-Bianco da parte delle Sezioni Unite Mariotti, le quali, nella
diffusa motivazione della decisione oggetto di commento - infra - non
mancano di passare in rassegna le (poche) luci (anziché le molte ombre)
della Riforma del 2017, presumibilmente per non vanificare lo sforzo del
Legislatore di introdurre una faticosa disciplina multisettoriale, anticipata
(anche giornalisticamente) come la soluzione al problema della medicina
difensiva, sebbene licenziata in una forma affatto lontana dalla
depenalizzazione della colpa medica!
Secondo i primi commenti, il legislatore della Gelli-Bianco ha inteso
consapevolmente restringere l’ambito applicativo dell’esenzione alle sole
ipotesi di colpa per imperizia, risolvendo d’imperio, il problema
interpretativo che aveva tormentato la Balduzzi, e cioè se l’esclusione della
responsabilità potesse riguardare anche le ipotesi di colpa per imprudenza e
negligenza (poi estese dalla sentenza Cantore); altra autorevole opinione,
promanante da un insigne giurista, Presidente 22 della IV Sezione penale di
Cassazione, peraltro estensore della sentenza Tarabori, osserva come la
Gelli, al pari della Balduzzi, ruota attorno alle linee guida, ma con un ruolo
radicalmente mutato: esse cessano di essere suggerimenti, raccomandazioni,
e divengono prescrizioni legali, perseguendo una sorta di “medicina di
Stato”.

22 Ci si riferisce naturalmente a Blaiotta, op. cit., secondo il quale linee guida permeano, in

effetti, ogni aspetto della nuova, complessa disciplina. Esse assumono ruoli di volta in volta
diversi. In breve: 1. Orientare la cura ed implementare la perizia, adeguandola al sapere
scientifico accreditato, aggiornato, validato dall’istituzione statale. 2. Equilibrare e
standardizzare l’uso delle risorse introducendo nella materia la controversa considerazione di
aspetti economici e gestionali. 3. Implementare la sicurezza delle cure, che costituisce uno dei
manifesti della riforma. Si tratta di scongiurare eventi avversi causati dall’uso errato di
strumenti diagnostici e terapeutici non di rado gravati di una loro rischiosità. Qui le linee guida
assumono solitamente un ruolo propriamente cautelare: governare il rischio determinato da
attività mediche e non dalla condizione del paziente. 5. Validare, istituzionalizzare,
amministrare (nel bene e nel male) la medicina ufficiale, se si vuole “di Stato”. 6. Gestire in
modo nuovo i giudizi di responsabilità. 7. Le raccomandazioni assumono un ruolo legale. 8.
Codificano veri e propri obblighi giuridici. 9. Incorporano il sapere scientifico e tecnologico
entro obblighi di comportamento. 10. Il rispetto di tali obblighi diviene altresì il parametro
legale per la valutazione della perizia e della colpa. 11. Le linee guida diventano, insomma,
regole legali di valutazione giudiziale della perizia;
1. Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanitarie 25

1.4. La difficile gestazione di una interpretazione


(politicamente e) giuridicamente corretta: nove mesi di
contraddizioni giurisprudenziali sulla Gelli-Bianco

Con queste premesse, i problemi interpretativi non potevano tardare ad


emergere, via via lasciando il chiuso delle aule universitarie e delle sale
congressuali, pericolosamente transitando nelle corsie di Ospedale e quindi
nelle aule di giustizia, dando vita ad una incertezza applicativa che ha
coinvolto niente meno che la Suprema Corte di Cassazione, la quale, nelle
prime due pronunce successive alla introduzione della Gelli-Bianco, ha
emesso decisioni diametralmente opposte, pur essendo intervenute
nell’ambito della stessa sezione, la IV penale, e con parziale coincidenza di
Giudici.
Senza pretese di esaustività, nel giro di poche settimane, dapprima la
sentenza Tarabori23 ha definito la nuova disciplina peggiorativa rispetto alla
Balduzzi, tentando di rimettere ordine nella confusione generatasi,
limitando l’operatività della causa di non punibilità alle ipotesi di errori non
gravi intervenuti nella fase esecutiva della terapia conforme alle linee guida
o alle buone pratiche; mentre, dopo qualche mese, la sentenza Cavazza 24 ha
definito la Gelli-Bianco più favorevole rispetto alla Balduzzi, estendendo
l’operatività della causa di non punibilità anche alle ipotesi di colpa grave.
Provando a ridurre ai minimi termini il portato delle due sentenze, su cui si
tornerà sovente:

Secondo la Tarabori, la Gelli-Bianco sarebbe peggiorativa rispetto alla


Balduzzi in quanto:

- Abolisce la differenza tra colpa grave e colpa lieve, e sarebbe quindi più
sfavorevole, posto che prima la colpa lieve era sempre non punibile;

- Limita l’applicabilità del nuovo art. 590-sexies c.p. all’imperizia, cioè al


profilo di colpa che si fonda sulla violazione delle leges artis, ma non si
applica ai casi di negligenza ed imprudenza;

23 Cfr. Cass., sez. IV, 20.4.2017, n. 28187, Tarabori, banca dati de iure, che ha tentato, a livello

ermeneutico, un recupero della rilevanza scusante dell’imperizia “lieve” del medico, grazie al
risalente orientamento che individuava nell’art. 2236 c.c. il supporto giuridico della
delimitazione della colpa professionale alle condotte “incompatibili col minimo di cultura e di
esperienza che deve legittimamente pretendersi da chi sia abilitato all’esercizio della
professione medica”;
24 Cass., sez. IV, 19.10.2017, n. 50078, Cavazza, banca dati de iure;
26 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

- Si ha non punibilità solo se in giudizio si fa questione d’imperizia, se il


sanitario ha rispettato le linee guida e nel caso concreto non vi erano ragioni
per discostarsene;

- Non introduce una vera causa di non punibilità, ma una mera graduazione
della colpa;

Secondo la Cavazza, la Gelli-Bianco sarebbe invece migliorativa in quanto:

- Si ha non punibilità quando l’evento è causato da imperizia, lieve o grave,


nella fase esecutiva delle linee guida;

- “L’unica ipotesi di permanente rilevanza penale dell’imperizia sanitaria può


essere individuata nell'assecondamento di linee guida che siano inadeguate
alla peculiarità del caso concreto”, di tal che, “non sarà quindi punibile il
medico “che seguendo linee guida adeguate e pertinenti pur tuttavia sia
incorso in una ‘imperita’ applicazione di queste”;

- Tale imperizia non punibile deve essersi verificata “nella fase ‘esecutiva’
dell'applicazione” e “non nel momento della scelta della linea guida, giacché
in tale evenienza non ci si troverebbe in presenza della linea guida adeguata
al caso di specie”;

- La Gelli-Bianco introduce una vera e propria causa di non punibilità.

Il contrasto insorto tra le due pronunce (repetita iuvant), le prime dopo


l’entrata in vigore della Riforma, è finito, con una celerità senza precedenti,
anche alla luce dell’esiguo numero di sentenze che arrivano al giudice di
legittimità in materia, dinanzi alle Sezioni Unite, le quali, dopo quasi 9 mesi
dalla prima decisione, con una motivazione che spicca per profondità di
analisi, hanno tentato di offrire un’interpretazione costituzionalmente
compatibile del tessuto normativo, attraverso una rimeditazione delle
fondamenta del reato colposo, salvando la Riforma Gelli-Bianco (per lo
meno al momento) da censure di incostituzionalità.

1.4.1. La sentenza Cass., sez. IV, 20.4.2017, dep. 7.6.2017, n. 28187,


Tarabori: era più favorevole la Balduzzi

1.4.1.1. Il caso concreto: una tipica ipotesi di colpa dello psichiatra. Rinvio
alla nota25

25La prima occasione in cui il Supremo Collegio è stato chiamato ad occuparsi della Gelli-
Bianco è stata quella relativa alla vicenda Tarabori (parte civile) contro De Luca (imputato),
1. Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanitarie 27

1.4.1.2. La critica alla Gelli-Bianco quale disciplina di sfavore (rispetto alla


Balduzzi) per gli esercenti la professione sanitaria

La sentenza Tarabori, confrontandosi con le potenzialità apparentemente


liberatorie della Gelli-Bianco, muove dal preliminare rilievo di incongruenze
interne alla formulazione del precetto dell'art. 6 cit., che porrebbero in crisi
la possibilità stessa di comprendere la ratio della norma e poi quella di
applicarla, se dovesse darsi corso ad una adesione acritica alla lettera della
legge, che, con l'enunciato della non punibilità dell'agente che rispetti le
linee guida accreditate, nel caso in cui esse risultino adeguate alle specificità
del caso concreto, sarebbe una norma quantomeno inutile, perché
espressione dell'ovvio, cioè del fatto che chi rispetta le linee guida scelte in

esemplificativa di un caso di scuola di responsabilità colposa di un medico psichiatra. Al dott.


De Luca si contestava, quale psichiatra responsabile dell’ufficio Salute Mentale ASL 3 di Pistoia,
che aveva in cura il paziente L., nonché quale psichiatra di riferimento del piano riabilitativo
redatto per il paziente stesso, di avere colposamente posto in essere, ai sensi dell’art. 589 c.p.,
una serie di condotte attive ed omissive, da qualificarsi come condizioni necessarie perché il L.
ponesse in essere il gesto omicidiario nei confronti di M. Tarabori, il quale, unitamente
all’imputato, era stato inserito nella struttura residenziale OSEA, dell’Associazione “Un Popolo
in cammino”, a bassa soglia assistenziale; L. infatti, in data 16.1.2014 ebbe a sferrare numerosi
colpi al capo e al collo del Tarabori, con un’ascia lasciata incustodita presso la richiamata
struttura, solo perché infastidito dal comportamento della persona offesa; Il GUP di Pistoia
riteneva non sussistente il concorso del reato colposo in quello doloso a carico del De Luca, e,
ripercorrendo dettagliatamente il vissuto clinico del L. dal mese di luglio del 2011 sino alla
notte del 16.1.2014 in cui venne compiuto il gesto omicidiario, osservava che le scelte effettuate
dallo psichiatra, in ordine al passaggio dal regime di internamento del L. a quello della libertà
vigilata ed alla riduzione del trattamento farmacologico, apparivano immuni da errori
diagnostici; Il Giudice considerava che, a posteriori, le scelte effettuate dall’imputato erano
risultate oggettivamente inadeguate a contenere la perdurante pericolosità del L., soggetto che
sedici anni prima aveva commesso un altro omicidio. Non di meno, in sentenza si rilevava che
nella condotta dello psichiatra non emergevano profili di rimproverabilità colposa e che
l’azione dello psichiatra non poteva considerarsi come causa scatenante l’imprevedibile gesto
omicidiario; Il medico era stato quindi prosciolto dal GUP in udienza preliminare ai sensi
dell'art. 425 cod. proc. pen., con formula perché il fatto non sussiste; La parte civile Tarabori
proponeva ricorso per cassazione, soffermandosi sulla storia clinica del L., caratterizzata da
abuso di sostanze stupefacenti, esplosioni di rabbia e da un fallito gesto suicidiario, in esito al
quale ebbe a riportare gravi lesioni. Il ricorrente richiamava poi le motivazioni e le efferate
modalità dell’uccisione della fidanzata S.G. da parte del L. nel 1998, sottolineando altresì che
dal vissuto del L. emergevano plurimi indici premonitori a riguardo, rilevando che lo psichiatra
De Luca effettuò specifiche scelte terapeutiche, dopo aver estromesso altri professionisti che
andavano di contrario avviso, riducendo la terapia farmacologica a fronte di un enorme
aumento degli stimoli esterni ai quali il paziente veniva sottoposto; La Suprema Corte di
Cassazione accoglieva il ricorso della parte civile, annullando la sentenza impugnata con rinvio,
per un nuovo esame, al Tribunale di Pistoia, anche al fine di operare il necessario raffronto con
le linee guida del caso concreto, nella prospettiva della operatività del decreto Balduzzi quale
legge più favorevole; Nel decidere il caso concreto, il Supremo Collegio coglieva l’occasione per
offrire il primo contributo interpretativo sulla Gelli-Bianco;
28 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

modo appropriato non può che essere riconosciuto esente da


responsabilità26, sia a titolo di imperizia che ad altro titolo, perché non ha
tenuto alcun comportamento rimproverabile!
La decisione in commento ripudia anche l’interpretazione della norma
secondo cui l'ambito della imperizia esclusa dall'area della colpevolezza
sarebbe quello che vede prodotto l'evento lesivo in una situazione nella
quale, almeno "in qualche momento della relazione terapeutica", il sanitario
"abbia comunque fatto applicazione di direttive qualificate".
Infatti, ove tale evento lesivo fosse legato causalmente ad un
comportamento in sé connotato da imperizia ed esulasse dall'ambito
specificamente regolato dalle linee guida adottate dal sanitario nel caso
concreto, sarebbero traditi, con l'applicazione della causa di non punibilità,
lo stesso principio costituzionale di colpevolezza e i connotati generali della
colpa.
Secondo la Tarabori non è consentito invocare l'utilizzo di direttive non
pertinenti rispetto alla causazione dell'evento, per vedere esclusa la
responsabilità colpevole, non dovendosi dimenticare il carattere non
esaustivo e non cogente delle linee guida, emergendo in caso contrario
profili di illegittimità della norma in violazione dell'art. 32 Cost., implicando
un radicale depotenziamento della tutela della salute, e del principio di
uguaglianza ex art. 3 Cost., ove stabilisse uno statuto normativo
irrazionalmente diverso rispetto a quello di altre professioni altrettanto
rischiose e difficili (ingegneri, architetti, ecc.).
La nuova disciplina specificatrice dei precetti generali in tema di colpa, che
non introdurrebbe una vera e propria causa di non punibilità, ma piuttosto
una graduazione della colpa, comunque non sarebbe destinata ad operare:

- Negli ambiti che, per qualunque ragione, non siano governati da linee
guida, rientrando in questa ipotesi anche il caso di linee guida pertinenti ma
aventi ad oggetto regole di diligenza o prudenza e non di perizia;

26 Secondo Piras, op. cit., il principio interpretativo della Tarabori è pertanto: si ha non

punibilità se in giudizio si fa questione d’imperizia, se il sanitario ha rispettato le linee guida e


se nel caso concreto non vi erano ragioni per discostarsene. L’autore rimarcava l’avere la
Tarabori affermato l’incompatibilità fra i requisiti, qualificandola addirittura drammatica, posto
che l’evento non può essere causato da imperizia, se c’è rispetto di linee guida e se le stesse
sono adeguate alla specificità del caso concreto: ad es., per assalire un certo quadro infettivo
viene somministrata una cefalosporina secondo linee guida, che risultano adeguate alla
specificità del caso concreto, perché non vi è alcuna controindicazione alla somministrazione di
quel farmaco; se, nonostante ciò, non si riesce ad impedire l’evento, non si potrà mai dire che
questo si è verificato a causa d’imperizia: la condotta è perita e l’evento si è verificato per
l’evoluzione della storia naturale della malattia, seppure correttamente contrastata;
1. Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanitarie 29

- Nelle situazioni concrete in cui le raccomandazioni dipendenti da quelle


debbano essere radicalmente disattese per via delle peculiarità della
condizione del paziente (es. comorbidità) o per qualunque altra ragione
imposta da esigenze scientificamente qualificate;

- In relazione alle condotte che, sebbene poste in essere nell'ambito di


approccio terapeutico regolato da linee guida pertinenti ed appropriate (con
riferimento, dunque, al momento della scelta delle linee stesse), non risultino
per nulla disciplinate in quel contesto regolativo.

Negli altri casi, secondo la Tarabori, il riferimento alle linee guida è null'altro
che il parametro per la individuazione, graduazione, esclusione della colpa,
secondo le regole generali, quando quella dipenda da imperizia.

Ai fini del nuovo art. 590-sexies c.p., secondo la decisione in commento:

- Occorre riferirsi a eventi che costituiscono espressione di condotte governate


da linee guida accreditate sulla base di quanto stabilito all’art. 5 e appropriate
rispetto al caso concreto, in assenza di plausibili ragioni che suggeriscano di
discostarsene radicalmente;

- Le raccomandazioni generali dovranno essere “pertinenti alla fattispecie


concreta”, previo vaglio di adeguatezza, e cioè della loro corretta
attualizzazione nello sviluppo della relazione terapeutica, con particolare
riguardo alle contingenze del caso concreto.

Entro queste coordinate, secondo i giudici del Supremo Collegio, l’agente


avrà diritto “a vedere giudicata la propria condotta alla stregua delle
medesime linee guida che hanno doverosamente governato la sua azione”.
Tale prospettiva, tesa a valorizzare il momento soggettivo 27 a discapito di
qualsivoglia automatismo 28, sminuisce il riferimento testuale all’osservanza
delle linee guida quale “causa di esclusione della punibilità”, non
assumendo rilievo quelle condotte mediche che, “sebbene poste in essere
nell’ambito di relazione terapeutica governata da linee guida pertinenti ed
appropriate, non risultino per nulla disciplinate in quel contesto regolativo”,
come appunto i casi conclamati di errore (per imperizia) nell’esecuzione
delle (corrette) direttive. Nell’affrontare il rapporto tra vecchia e nuova
disciplina, rispetto ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore della legge
n. 24 del 2017, il Supremo Collegio reputa che la legge Balduzzi,
nell’elaborazione maturata nei pochi anni di vigenza, si presenti in termini

27 Cfr. Blaiotta, op. cit.;


28 Cfr. Cupelli, op. cit.;
30 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

di maggiore favore rispetto al nuovo articolo 590-sexies c.p., quantomeno


riguardo alla limitazione di responsabilità ai soli casi di colpa grave.
La sentenza Tarabori auspica l’utilizzo, in ambito penale, dell'art. 2236 cod.
civ., quale regola di esperienza cui attenersi nel valutare, in ambito
penalistico, l'addebito di imperizia.
La decisione in commento è stata oggetto anche di critiche da parte della
dottrina, essendo il Supremo Collegio caduto in un duplice errore nel:

- Non avere saputo (o voluto) rinvenire “alcun residuo spazio operativo per la
causa di non punibilità”, prospettando una “interpretazione abrogatrice, di
fatto in collisione con il dato oggettivo della iniziativa legislativa e con la
stessa intenzione innovatrice manifestata in sede parlamentare”;

- Non avere tratto le opportune conseguenze dalla segnalata “confusione


della formulazione legislativa” e dalla sua “incongruenza interna”,
sollevando questione di legittimità costituzionale per violazione del principio
di legalità.

Altri autori29 osservano come la sentenza “Tarabori” abbia inteso sviluppare


l’esegesi della Gelli-Bianco al contrario, trovando cioè più opportuno
esprimersi solo su alcune ipotesi in cui tale disciplina non potrebbe
applicarsi, se non al costo di frustrare diversi valori di rango costituzionale,
modus operandi che non poteva risultare del tutto chiarificatore, lasciando
infatti l’interprete in una condizione di disorientamento.

1.4.2. La seconda sentenza di Cassazione post riforma (Cass., sez.


IV, 19.10.2017, dep. 31.10.2017, n. 50078, Cavazza): la Gelli-Bianco è
migliorativa
Dopo appena qualche mese, il Supremo Collegio, in una composizione non
perfettamente sovrapponibile rispetto alla Tarabori, cambiava rotta rispetto
al rapporto tra Balduzzi e Gelli-Bianco, valorizzando fino alle estreme
conseguenze il dato letterale della disposizione introdotta dalla L. n.
24/2017: poiché la nuova disciplina non distingue più tra i gradi della colpa,
la non punibilità si produrrebbe anche in caso di imperizia grave, con buona
pace dell’art. 2236 codice civile, tracciando una linea interpretativa
indubbiamente più esplicita nell’indicare l’ambito applicativo della nuova

29 Cfr. Caletti-Mattheudakis, (La fisionomia dell’art. 590 sexies c.p. dopo le Sezioni Unite tra

“nuovi” spaci di graduazione dell’imperizia e “antiche” incertezze, 9.4.2018, in Diritto Penale


Contemporaneo, fascicolo 4 del 2018);
1. Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanitarie 31

disciplina, ma di dubbia compatibilità con i principi costituzionali, che la


prima sentenza aveva invece avuto particolare premura di salvaguardare 30.

1.4.2.1. Il caso clinico: una ipotesi tipica di danno estetico. Rinvio alla
nota31

1.4.2.2. L’estrema valorizzazione della Gelli-Bianco quale norma più


favorevole rispetto alla Balduzzi
La sentenza Cavazza si pone in antitesi rispetto alla Tarabori, essendo
esplicita nel ritenere che la nuova previsione codicistica abbia tipizzato una
causa di esclusione della punibilità, che come tale agisce automaticamente, e
non abbia introdotto quindi semplicemente una graduazione della colpa,
come assumeva la Tarabori, applicabile alle sole ipotesi di imperizia e a
condizione che si fosse trattato di una erronea messa in pratica di linee
guida o buone pratiche adeguatamente scelte.
Sarebbe però solo l’errore in fase “esecutiva” a porsi fuori dall’area di
punibilità, non anche quello inerente la selezione delle linee guida, a
prescindere dal grado della colpa, che potrebbe dunque pure essere grave
(imperizia in eligendo).

30Così Caletti-Mattheudakis, op. cit.;


31 La vicenda aveva ad oggetto l’imputazione per il reato di lesioni colpose gravi cagionate
dall’imputato Cavazza, cui era stato mosso l’addebito di aver cagionato alla vittima, S. B., nel
corso dell’esecuzione di un intervento di ptosi (lifting) del sopracciglio, una ipoestesia tattile in
ristretta zona frontale destra, consistente in una diminuzione della sensibilità della zona
interessata ancora permanente a distanza di cinque anni dall’intervento. La colpa veniva
individuata nella imperizia nella concreta esecuzione dell’intervento e non nella scelta dello
stesso, imperizia che aveva determinato la lesione del nervo sovra orbitario nel corso della
esecuzione. L’incertezza sull’azione che aveva determinato tale lesione (la somministrazione
dell’anestesia o la successiva fase di taglio o di sutura) veniva considerata irrilevante ai fini
dell’accertamento della responsabilità, in quanto entrambe le azioni erano state poste in essere
personalmente dall’imputato. Il Tribunale di Bologna condannava l’imputato, e la sentenza
veniva confermata dalla Corte di Appello di Bologna, che tuttavia escludeva l’applicabilità
della Legge Balduzzi, sul rilievo che l’intervento non era di particolare complessità e della
gravità della colpa, concretizzatasi in una deviazione ragguardevole rispetto all’agire
approfondito. Ricorreva per cassazione l’imputato, lamentando, tra l’altro, la mancata
applicazione del decreto Balduzzi, che la Cassazione condivideva, non potendo annullare agli
effetti penali la sentenza di secondo grado per intervenuta estinzione del reato a seguito della
prescrizione, affermando tuttavia il seguente principio di diritto: “il secondo comma dell’art.
590 sexies c.p. introdotto dalla Gelli-Bianco prevede una causa di non punibilità dell’esercente
la professione sanitaria operante, ricorrendo le condizioni previste dalla disposizione
normativa (rispetto delle linee guida o, in mancanza, delle buone pratiche clinico-assistenziali,
adeguate alla specificità del caso) nel solo caso di imperizia, indipendentemente dal grado
della colpa, essendo compatibile il rispetto delle linee guida e delle buone pratiche con la
condotta imperita nell’applicazione delle stesse”;
32 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Nella Cavazza il Supremo Collegio sostiene il carattere innovativo e in


discontinuità col passato, sul versante penalistico, della legge Gelli-Bianco,
sovvertendo completamente quanto assunto appena qualche mese prima
dalla Tarabori, cui peraltro stranamente nella parte motiva neanche si fa
riferimento, nonostante fosse l’unico precedente in materia!
La Cassazione Cavazza osserva anzitutto che «il legislatore, innovando
rispetto alla legge Balduzzi, non attribuisce più alcun rilievo al grado della
colpa, così che, nella prospettiva del novum normativo, alla colpa grave non
potrebbe più attribuirsi un differente rilievo rispetto alla colpa lieve, essendo
entrambe ricomprese nell’ambito di operatività della causa di non
punibilità», anche perché «sembrerebbe difficile conciliare il grave
discostamento del sanitario dal proprium professionale con il rispetto delle
buone pratiche clinico assistenziali, e, soprattutto, decisivamente, che possa
conciliarsi la colpa grave con un giudizio positivo di adeguatezza delle linee
guida al caso concreto».
In secondo luogo, si precisa che il legislatore ha costruito una causa di non
punibilità, come tale collocata al di fuori dell’area di operatività del
principio di colpevolezza (e come tale opera automaticamente): «la rinuncia
alla pena nei confronti del medico si giustifica nell’ottica di una scelta del
legislatore di non mortificare l’iniziativa del professionista con il timore di
ingiuste rappresaglie mandandolo esente da punizione per una mera
valutazione di opportunità politico criminale, al fine di restituire al medico
una serenità operativa così da prevenire il fenomeno della c.d. medicina
difensiva».
Infine, si conclude che «l’unica ipotesi di permanente rilevanza penale della
imperizia sanitaria può essere individuata nell’assecondamento di linee
guida che siano inadeguate alla peculiarità del caso concreto; mentre non ci
sono dubbi sulla non punibilità del medico che seguendo linee guida
adeguate e pertinenti pur tuttavia sia incorso in una “imperita” applicazione
di queste [con l’ovvia precisazione che tale imperizia non deve essersi
verificata nel momento della scelta della linea guida, giacché non potrebbe
dirsi in tal caso di essersi in presenza della linea guida adeguata al caso di
specie, bensì nella fase “esecutiva” dell’applicazione]».
Quanto ai dubbi di legittimità costituzionale (che come si è detto hanno
rivestito un ruolo decisivo nella sentenza Tarabori), se da un lato vengono
solo menzionate, ma non affrontate, in quanto irrilevanti nel caso di specie,
le perplessità sul rispetto dell'art. 3 Cost., dall’altro non si fa cenno alcuno
alla possibile lesione dell’art. 32 Cost., atteso che, ancorando la “scelta del
legislatore (…) di prevedere in relazione alla colpa per imperizia
nell’esercizio della professione sanitaria un trattamento diverso e più
1. Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanitarie 33

favorevole rispetto alla colpa per negligenza o per imprudenza” all’obiettivo


di “non mortificare l’iniziativa del professionista con il timore di ingiuste
rappresaglie” ed enfatizzando il fine di “restituire al medico una serenità
operativa così da prevenire il fenomeno della cd. medicina difensiva”, si
lasciano trasparire le possibili ricadute benefiche della nuova normativa
sulla migliore tutela della salute dei pazienti e sul rispetto dell’art. 32 Cost.
Nella decisione de qua la colpa viene recepita eminentemente in base al
criterio della interpretazione letterale, il quale evidenzia che il Legislatore ha
voluto adottare una causa di esclusione della punibilità per la sola
imperizia, la cui operatività è subordinata al rispetto delle linee guida
ufficiali.
Non manca, nella stessa sentenza, l'inquadramento sistematico di tale
conclusione, basato sulla considerazione della finalità perseguita e cioè
quella di attenuare specifici profili della colpa medica, favorendo tale
professione di cui il legislatore ha inteso diminuire l'ambito della
responsabilità penale, ferma restando quella civile.
Tale rispetto viene però preteso, a differenza che nella Tarabori, soltanto
nella fase della selezione delle stesse, cosicché resta fuori dalla gamma delle
condotte punibili la "imperita applicazione" di esse, cioè la imperizia che
cada nella fase esecutiva, che continuerebbe ad esporre il sanitario a
responsabilità penale.
Si profila, in sostanza, una causa di non punibilità che assume tratti
oggettivi, collocata al di fuori dell'area di operatività del principio di
colpevolezza.
Secondo la sentenza in esame, da ciò deriverebbe che:

- “L’unica ipotesi di permanente rilevanza penale dell’imperizia sanitaria può


essere individuata nell'assecondamento di linee guida che siano inadeguate
alla peculiarità del caso concreto”;

- Non sarà punibile il medico “che seguendo linee guida adeguate e pertinenti
pur tuttavia sia incorso in una ‘imperita’ applicazione di queste”;

- Siffatta imperizia non punibile deve essersi verificata “nella fase esecutiva
dell'applicazione” e “non nel momento della scelta della linea guida, giacché
in tale evenienza non ci si troverebbe in presenza della linea guida adeguata
al caso di specie”.

Una decisione con una portata così confliggente con altra sentenza della
medesima Sezione, che, sostanzialmente, valorizzando il dato letterale della
novella, ha delineato un suo ambito applicativo assai più ampio di quello
della legge Balduzzi, facendo sorgere tuttavia dubbi sulla legittimità
34 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

costituzionale della disciplina così interpretata, non poteva che scatenare


reazioni diverse tra gli addetti ai lavori: avvocati, magistrati, accademici, e
dovrebbe anche tra gli esercenti le professioni sanitarie (che non hanno
probabilmente piena consapevolezza del problema).
Non vi è dubbio anzitutto che, con la Cavazza la Corte finisca per compiere
una distinzione fondamentale tra errore di valutazione, sempre coperto da
colpa, in considerazione della necessità che le linee guida siano adeguate al
caso concreto, ed errore di esecuzione, che invece sarebbe sempre coperto da
esenzione32.
Per essere ancora più chiari, secondo la sentenza de qua la riforma avrebbe
introdotto una causa di esclusione della punibilità in tutti i casi in cui vi sia
stata la corretta selezione delle linee guida pertinenti 33. Si potrebbe
diversamente affermare34: non imperizia in eligendo le linee guida, ma in
executivis; ancora più semplice: linee guida scelte bene, ma applicate male.
Ad es., secondo linee guida il medico decide, senza controindicazioni
cliniche, di procedere ad intervento chirurgico di escissione di un tratto
canceroso del colon trasverso, ma perde il paziente per un’emorragia
causata da un’imperizia intraoperatoria.
Il principio interpretativo della Cavazza è pertanto: si ha non punibilità
quando l’evento è causato da imperizia, lieve o grave, nella fase esecutiva
delle linee guida.
Vi è poi concordia nel ritenere che35 la Cavazza, che come anticipato muove
da un’ipotesi di colpa per imperizia nella concreta esecuzione di un
intervento, quello di ptosi al sopracciglio, individua proprio nell’imperita
applicazione (rectius: nell’imperita fase "esecutiva" dell'applicazione) di
linee guida adeguate e pertinenti il terreno d’elezione della causa oggettiva
di non punibilità dell’art. 590-sexies c.p., lasciando residuare il caso di
attuazione di linee guida inadeguate alle specificità del caso concreto quale
unica ipotesi di permanente rilevanza penale dell’imperizia sanitaria
(imperizia in eligendo).
Provando a chiudere, alla sentenza Cavazza viene riconosciuto dalla
dottrina, e come si vedrà, anche dalle Sezioni Unite Mariotti, il merito di

32 Cfr. Bartoli, op. cit.;


33 cfr. Blaiotta, op. cit.;
34 Cfr. Piras, op. cit. osserva come con la Cavazza si è sostenuto, contrariamente alla Tarabori,

che c’è compatibilità fra i requisiti della fattispecie, che va riferita all’imperizia che si manifesta
nella fase esecutiva delle linee guida, di tal che: c’è rispetto delle linee guida, per la corretta
scelta d’intervenire in base alle stesse, ma allo stesso tempo imperizia nell’esecuzione,
nell’applicazione delle raccomandazioni;
35 Cfr. Cupelli, op. cit.;
1. Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanitarie 35

avere preso sul serio la lettera della legge, ma, osserva autorevole autore36 in
materia, forse un po’ troppo sul serio, visto che, “nel valorizzarla in modo
assoluto, cade nell'errore opposto perché attribuisce ad essa una portata
applicativa impropriamente lata”, che amplifica i dubbi relativi alla
potenziale “violazione del divieto costituzionale di disparità ingiustificata di
trattamento rispetto ad altre categorie di professionisti che parimenti
operano con alti coefficienti di difficoltà tecnica”.

1.5. Il “parto delle nuvole pesanti”: l’intervento delle Sezioni


Unite (sentenza n. 8770 del 21/12/2017, dep. il 22.2.2018,
Mariotti, banca dati deiure), che con gli “adempimenti
imperfetti” e “l’imperizia lieve intrinseca” hanno “salvato” la
Gelli-Bianco.

1.5.1. Il quesito
Come più volte anticipato, la pronuncia di due decisioni a distanza di pochi
mesi, dal tenore così contraddittorio, esitava in una, a dir poco inusuale, non
essendoci ancora un campione sufficientemente indicativo di decisioni sul
punto, investitura delle Sezioni Unite, chiamate a risolvere il conflitto
mediante la soluzione del seguente quesito: "Quale sia, in tema di
responsabilità colposa dell'esercente la professione sanitaria per morte o
lesioni, l'ambito applicativo della previsione di "non punibilità" prevista
dall'art. 590-sexies cod. pen., introdotta dalla L. 8 marzo 2017, n. 24".
La sentenza è molto articolata, circostanza che impone di disaminarla il più
possibile per partizioni tematiche, al fine di agevolarne la comprensione.

1.5.2. Il caso concreto: un episodio occorso in un centro


fisioterapico. Rinvio alla nota37

36 Cupelli,op. cit.;
37 La pronuncia delle Sezioni Unite traeva origine dalla vicenda del medico F. Mariotti,
imputato di lesioni personali colpose gravi, nella qualità di medico specialista in
neurochirurgia in servizio presso l'ambulatorio del Centro Fisioterapico (OMISSIS), al quale
era stato addebitato il comportamento omissivo ingiustificatamente tenuto dopo alcune visite
del paziente P.G., nell'ottobre del 2008, comportamento contestato come caratterizzato da
negligenza, imprudenza e imperizia e consistito nel non avere effettuato tempestivamente la
diagnosi della sindrome da compressione della "cauda equina", con conseguente considerevole
differimento nella esecuzione, avvenuta ad opera di altro medico specialista, successivamente
interpellato dalla persona offesa, dell'intervento chirurgico per il quale vi era, invece,
indicazione di urgenza, in base alle regole cautelari di settore. L'intervento doveva essere
finalizzato alla decompressione della cauda e, per l'effetto, avrebbe dovuto impedire che la
prolungata compressione in atto procurasse al paziente effetti poi riscontrati, e cioè un
rilevante deficit sensitivo-motorio, con implicazioni dirette sul controllo delle funzioni
36 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

neurologiche concernenti l'apparato uro-genitale e di quelle motorie del piede destro. Il


Tribunale di Pistoia condannava il medico, ed anche la Corte di appello di Firenze, in data 7
dicembre 2015, confermava il verdetto. Nel corso dei giudizi di merito era stato accertato che il
ricorrente, in occasione della prima visita del 9 ottobre 2008, nella quale il paziente aveva
manifestato forti dolori alla schiena, aveva prescritto una terapia farmacologica e richiesto una
elettromiografia; in occasione della seconda visita, a distanza di una settimana, non avendo il
paziente eseguito l'esame diagnostico, l’imputato aveva prospettato, in ragione del persistere
dei forti dolori, la eventuale necessità di un intervento chirurgico con inserimento di dischetti
in silicone fra le vertebre; in occasione della terza visita del 23 ottobre, verificata la esecuzione
dell'esame prescritto, il ricorrente aveva diagnosticato un'ernia in L2 e consigliato un
intervento chirurgico per la relativa asportazione. Il paziente aveva chiesto una pausa per
riflettere, ma la stessa notte (tra il 23 e il 24 ottobre) aveva accusato una marcata ingravescenza
del quadro clinico, evidenziata da sintomi allarmanti di incontinenza fecale, notevole difficoltà
nella motilità degli arti inferiori ed infine perdita dello stimolo ad urinare. L'indomani mattina,
sollecitata telefonicamente all'imputato una visita in ragione della nuova e più preoccupante
condizione in cui versava, il paziente l'aveva potuta ottenere non prima di una settimana, il 30
ottobre, ma, giunto in ritardo all'appuntamento, non aveva rinvenuto il medico. Questi,
raggiunto telefonicamente per rimarcare la persistenza della sintomatologia invalidante, aveva
replicato di poterlo operare non prima del mese successivo e di insistere nella terapia
farmacologica, non accennando ad alcuna problematica legata all'urgenza, ma indicando il
Pronto soccorso per la ricerca di un rimedio ai dolori, ricostruzione, quella appena ricordata,
accreditata in base al racconto della persona offesa, che i giudici di primo e secondo grado
avevano reputato affidabile sia per intrinseca coerenza, sia perchè confortato dalla deposizione
della teste A., sebbene in contrasto con la prospettazione dell'imputato, che invece aveva
affermato di non essere stato reso edotto, nella telefonata del 24 ottobre, della gravità dei
nuovi sintomi. Ritenutosi non adeguatamente seguito, il paziente si era rivolto ad altro
sanitario, l'ortopedico dott. D.B., il quale a sua volta, fissato in tre giorni l'appuntamento ed
effettuata la diagnosi di "sindrome della cauda", nonché verificata l'urgenza dell'intervento di
competenza neurochirurgica, aveva indirizzato il P. al CTO di Firenze ove, eseguita una TAC,
questi era stato operato, in via d'urgenza, nella notte tra il 4 e il 5 novembre. L'intervento era
consistito nella decompressione della cauda ed exeresi di una grossa ernia discale espulsa. A
seguito dell'intervento, ed a distanza di circa due mesi, era stata accertata, mediante
consulenza tecnica, la permanenza di una serie di gravi sintomi e quindi di un danno
neurologico a carico delle funzioni sfinteriche, della sensibilità perineale e della motilità del
piede destro, ritenuti effetto della prolungata compressione delle fibre della "cauda equina",
non prontamente contrastata con intervento chirurgico urgente. Questo sarebbe intervenuto
tardi a causa del differimento della visita finalizzata alla diagnosi, ritardo quest'ultimo a sua
volta dovuto alla sottovalutazione, imputata al ricorrente, dei gravi e allarmanti sintomi da
ultimo manifestatisi nel paziente, pur affetto da lombosciatalgia cronica per la quale era da
tempo seguito dal Mariotti stesso. In conclusione, il ritardo colpevole dell’imputato veniva
quantificato almeno nei sei giorni fatti inutilmente decorrere tra il momento in cui il paziente
gli rappresentò i gravissimi sintomi neurologici e quello in cui ritenne di far cadere
l'appuntamento per la verifica della situazione, senza peraltro, neppure in quella occasione,
prospettare la necessità di un pronto intervento chirurgico. Nella sentenza di primo grado,
inoltre, era stata verificata positivamente la configurabilità del nesso di causalità ed esclusa la
causa di non responsabilità penale introdotta dal D.L. n. 158 del 2012, art. 3 (c.d. decreto
Balduzzi) perchè l'imputato non si era attenuto alle linee guida o alle best practices che gli
avrebbero imposto una diagnosi tempestiva e la sollecitazione di un intervento chirurgico non
ulteriormente procrastinabile. Il medico proponeva ricorso per cassazione, contestando, tra le
altre cose, la mancata applicabilità della legge Balduzzi, circostanza che consentiva al
Presidente della IV sezione penale di segnalare d’ufficio il contrasto interpretativo, ed al Primo
1. Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanitarie 37

1.5.2.1. Il ruolo centrale delle linee guida (anche) nella Gelli-Bianco


secondo le Sezioni Unite: non “automatismo” ma adeguatezza alla
specificità del caso concreto
Le Sezioni Unite osservano preliminarmente come abbia colto nel segno la
IV Sezione Tarabori in ordine al tema della natura delle linee guida, non
contestato peraltro dalla Cavazza.
Ebbene, osserva il Supremo Collegio, può convenirsi con il rilievo che, anche
a seguito della procedura prevista dalla Gelli-Bianco, ora monitorata e
governata nel suo divenire dalla apposita istituzione governativa, e quindi
tendente a formare un sistema con connotati pubblicistici, le linee guida non
perdono la loro intrinseca essenza, già messa in luce in passato con
riferimento alle buone pratiche, quella cioè di costituire un condensato delle
acquisizioni scientifiche, tecnologiche e metodologiche concernenti i singoli
ambiti operativi, reputate tali dopo un'accurata selezione e distillazione dei
diversi contributi, senza alcuna pretesa di immobilismo e senza idoneità ad
assurgere al livello di regole vincolanti; la utilità della descritta introduzione
delle linee guida, pubblicate a cura del competente istituto pubblico resta
indubbia (al netto delle riserve purtroppo derivanti dalla pratica…, cfr.
supra).
Da un lato, una volta verificata la convergenza delle più accreditate fonti del
sapere scientifico, esse servono a costituire una guida per l'operatore
sanitario, sicuramente disorientato, in precedenza, dal proliferare
incontrollato delle clinical guidelines; egli è oggi posto in grado di assumere
in modo più efficiente ed appropriato che in passato, soprattutto in
relazione alle attività maggiormente rischiose, le proprie determinazioni
professionali, con evidenti vantaggi sul piano della convenienza del servizio
valutato su scala maggiore, evitandosi i costi e le dispersioni connesse a
interventi medici non altrettanto adeguati, affidati all'incontrollato
soggettivismo del terapeuta, nonché alla malpractice in generale.
Dall'altro lato, la configurazione delle linee guida con un grado sempre
maggiore di affidabilità e quindi di rilevanza, derivante dal processo di
formazione, si pone nella direzione di offrire una plausibile risposta alle
istanze di maggiore determinatezza che riguardano le fattispecie colpose qui
di interesse; fattispecie che, nella prospettiva di vedere non posto in

Presidente della Cassazione di ravvisare “…sulla base dei dati giurisprudenziali


rappresentati…” la sussistenza del contrasto e dunque i presupposti perché il problema
approdasse nell’aula più maestosa del Palazzaccio: quella della Corte di Cassazione a Sezioni
Unite (organo costituito da tutti i Presidenti delle Sezioni Penali della Suprema Corte);
38 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

discussione il principio di tassatività del precetto - integrato da quello di


prevedibilità del rimprovero e di prevenibilità della condotta colposa -
hanno necessità di essere etero-integrate da fonti di rango secondario
concernenti la disciplina delle cautele, delle prescrizioni, degli aspetti tecnici
che in vario modo fondano il rimprovero soggettivo.
Con una espressione sintetica, proprio attraverso tali precostituite
raccomandazioni si hanno parametri tendenzialmente circoscritti per
sperimentare l'osservanza degli obblighi di diligenza, prudenza, perizia.
Ed è in relazione a quegli ambiti che il medico ha la legittima aspettativa di
vedere giudicato il proprio operato, piuttosto che in base ad una norma
cautelare legata alla scelta soggettiva, a volte anche estemporanea e
scientificamente opinabile, del giudicante, sempre avendo chiaro che non si
tratta di veri e propri precetti cautelari, incapaci di generare allo stato attuale
della normativa, in caso di violazione rimproverabile, colpa specifica, data la
necessaria elasticità del loro adattamento al caso concreto.
Così come è da escludere che il nuovo sistema introdotto dalla
Gelli/Bianco, pur sembrando formalmente sollecitare alla esatta
osservanza delle linee guida, anche al fine di ottenere il beneficio previsto
in campo penale, possa ritenersi agganciato ad automatismi (come
riteneva la Cavazza): non si tratta, infatti, di uno "scudo" contro ogni
ipotesi di responsabilità, essendo la loro efficacia e forza precettiva
comunque dipendenti dalla dimostrata "adeguatezza" alle specificità del
caso concreto (art. 5), che è anche l'apprezzamento che resta, per il
sanitario, il mezzo attraverso il quale recuperare l'autonomia
nell'espletare il proprio talento professionale e, per la collettività, quello
per vedere dissolto il rischio di appiattimenti burocratici, che
metterebbero in pericolo la sicurezza delle cure e non ridurrebbero la
"medicina difensiva", in un vortice negativo destinato ad autoalimentarsi.
Non, dunque, norme regolamentari che specificano quelle ordinarie senza
potervi derogare, ma regole cautelari valide solo se adeguate rispetto
all'obiettivo della migliore cura per lo specifico caso del paziente e
implicanti, in ipotesi contraria, il dovere, da parte di tutta la catena degli
operatori sanitari concretamente implicati, di discostarsene!
Le Sezioni Unite non nascondono essere utile premettere che la
ricostruzione del sistema di esenzione da pena della legge Gelli-Bianco
usufruisce in maniera consistente del dibattito già avviato su temi
affacciatisi alla disamina della giurisprudenza e della dottrina in relazione al
decreto Balduzzi, essendo presente anche in questo la previsione del
raffronto del comportamento medico con il complesso di linee guida o
buone pratiche oggetto di accreditamento da parte della comunità scientifica
1. Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanitarie 39

e scaturendo da esso la necessità di confrontarsi col problema delle diverse


forme di colpa generica.
Occorre invero ribadire che la valutazione da parte del giudice sul requisito
della rispondenza (o meno) della condotta medica al parametro delle linee
guida adeguate (se esistenti) può essere soltanto quella effettuata ex ante,
alla luce cioè della situazione e dei particolari conosciuti o conoscibili
dall'agente all'atto del suo intervento, altrimenti confondendosi il giudizio
sulla rimproverabilità con quello sulla prova della causalità, da effettuarsi ex
post.

1.5.3. La ricostruzione del contrasto insorto a seguito della Tarabori


e Cavazza
Nel rimettere la questione alle Sezioni Unite, il Primo Presidente della
Cassazione, precisava che “il tema, di grande delicatezza, impone una sua
pronta risoluzione attraverso una decisione delle Sezioni Unite idonea a
porre termine alla situazione di incertezza interpretativa all’interno della
Quarta Sezione penale, tabellarmente competente in materia di reati colposi,
e al conseguente grave disorientamento delle corti di merito e in generale
degli operatori del settore penale”.
Ed allora, premesso quanto diffusamente rassegnato nei paragrafi che
precedono, le Sezioni Unite così riassumono il senso del contrasto
giurisprudenziale rilevato all’interno della IV sezione.

1.5.4. Segue. I principi enunciati da Tarabori e Cavazza condivisi


dalle Sezioni Unite
Le Sezioni Unite si affrettano a chiarire in premessa, quasi dovessero
sgomberare il campo da sospetti di aperta adesione ad uno degli
orientamenti, che in ciascuna delle due contrastanti sentenze in esame sono
espresse molteplici osservazioni condivisibili, in parte anche comuni, ma
manca una sintesi interpretativa complessiva, capace di restituire la effettiva
portata della norma in considerazione, che richiede talune puntualizzazioni
sugli elementi costitutivi della nuova previsione, da individuare attraverso
una opportuna attività ermeneutica che tenga conto, da un lato, della lettera
della legge e, dall'altro, di circostanze anche non esplicitate, ma
necessariamente ricomprese in una norma di cui può dirsi certa la ratio,
anche alla luce del complesso percorso compiuto negli anni dal legislatore
sul tema in discussione, percorso al quale non risultano estranei il contributo
della Corte costituzionale né gli approdi della giurisprudenza di legittimità.
40 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

1.5.5. Segue. La persistente rilevanza della differenza tra negligenza


e imperizia
La soluzione del quesito, secondo le Sezioni Unite, non può intanto
prescindere dalla difficile ma necessaria distinzione tra negligenza e
imperizia nella colpa medica, richiesta dal legislatore del 2017 che,
consapevolmente, ha regolato solo il secondo caso, pur in presenza di un
precedente, articolato dibattito giurisprudenziale sulla opportunità di non
operare la detta differenziazione quando non espressamente richiesta dalla
lettera della legge (come avveniva per il decreto Balduzzi) per la estrema
fluidità dei confini fra le dette nozioni.
La distinzione riacquista oggi una peculiare rilevanza, perchè, nell'ipotesi di
colpa da negligenza o imprudenza, la causa di non punibilità introdotta
dalla Gelli è destinata a non operare (pacifico tanto per la Tarabori quanto
per la Cavazza); mentre la semplice constatazione della esistenza di linee
guida attinenti al caso specifico, come anticipato, non comporta che la loro
violazione dia automaticamente luogo a colpa da imperizia, non potendosi
escludere che le linee guida pongano regole rispetto alle quali il parametro
valutativo della condotta dell'agente sia quello della diligenza, come nel
caso in cui siano richieste prestazioni che riguardino più la sfera della
accuratezza di compiti magari particolarmente qualificanti, che quella della
adeguatezza professionale38: si pensi al caso paradigmatico della omessa
valutazione del sintomo e della conseguente omessa o ritardata diagnosi:
una ipotesi da ascrivere, di regola, all'imperizia per inosservanza delle leges
artis che disciplinano tale settore della attività sanitaria, salvo il caso che il
comportamento del sanitario sia improntato ad indifferenza, scelleratezza o
comunque assoluta superficialità e lassismo, sicché possa escludersi di
essere nel campo della negligenza propria dell'agire del sanitario o specifica
di esso e dunque della imperizia.

1.5.6. Segue. La sentenza Tarabori secondo le Sezioni Unite: limiti


(l’interpretazione abrogatrice della riforma Gelli-Bianco) e meriti
(averne rilevato la natura sfavorevole rispetto alla Balduzzi)
Le Sezioni Unite riconoscono alla Tarabori il merito di aver lumeggiato la
portata sfavorevole della Gelli-Bianco rispetto alla Balduzzi, non
condividendo invece l’assunto della sentenza secondo cui il novum
legislativo non avrebbe introdotto una causa di esclusione della punibilità
(quindi, repetita iuvant, applicabile automaticamente al rispetto delle linee
guida), ma piuttosto un criterio di gradazione della colpa.

38 Cass., Sez. IV, n. 45527 del 01/07/2015, Cerracchio, non massimata sul punto;
1. Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanitarie 41

In particolare, secondo la SS. UU. Mariotti, è condivisibile la prima parte del


ragionamento seguito dalla Tarabori, laddove si pongono in luce gli evidenti
limiti applicativi alla causa di non punibilità enunciati dall'art. 590-sexies
c.p., posto che la dipendenza di questa dal rispetto delle linee guida
adeguate allo specifico caso in esame, nell'ipotesi di responsabilità da
imperizia, non consente di sfuggire alla esatta osservazione che lo speciale
abbuono non può essere invocato:

- Nei casi in cui la responsabilità sia ricondotta ai diversi casi di colpa, dati
dalla imprudenza e dalla negligenza;

- Né quando l'atto sanitario non sia per nulla governato da linee guida o da
buone pratiche;

- Né quando queste siano individuate e dunque selezionate dall'esercente la


professione sanitaria in maniera inadeguata con riferimento allo specifico
caso (c.d. imperizia in eligendo), evenienza, quest'ultima, comprensiva sia
della ipotesi in cui la scelta è stata del tutto sbagliata, sia della ipotesi in cui
la scelta sia stata incompleta per non essersi tenuto conto di fattori di co-
morbidità che avrebbero richiesto il ricorso a più linee guida regolatrici
delle diverse patologie concomitanti o comunque la visione integrata del
quadro complesso, sia, infine, della ipotesi in cui il caso avrebbe richiesto il
radicale discostarsi dalle linee guida regolatrici del trattamento della
patologia, in ragione della peculiarità dei fattori in esame.

Situazioni, quelle descritte, che danno conto della incompatibilità della Gelli
con qualsiasi forma di appiattimento dell'agente su linee guida che a prima
vista possono apparire confacenti al caso di specie (e magari risultano, in
rapporto al caso specifico, sbilanciate verso la tutela del generale contrasto
del rischio clinico e quindi verso interessi aziendalistici piuttosto che verso
la tutela della sicurezza della cura del singolo paziente) e conseguentemente,
con ipotesi di automatismo fra applicazione in tale guisa delle linee guida ed
operatività della causa di non punibilità.
Una conclusione che consente anche di escludere che il precetto in esame
possa essere sospettato di tensione col principio costituzionale di libertà
della scienza e del suo insegnamento (art. 33 Cost.), come pure di quello
dell'assoggettamento del giudice soltanto alla legge (art. 101 Cost.), come
invece sosteneva la Tarabori.
Ciò posto, continuano le Sezioni Unite, va osservato che la sentenza Tarabori
commette l'errore di non rinvenire alcun residuo spazio operativo per la
causa di non punibilità, giungendo alla frettolosa conclusione circa
l'impossibilità di applicare il precetto, negando addirittura la capacità
42 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

semantica della espressione "causa di non punibilità" e così offrendo, della


norma, una interpretazione abrogatrice, di fatto in collisione con il dato
oggettivo della iniziativa legislativa e con la stessa intenzione innovatrice
manifestata in sede parlamentare!

1.5.7. Segue. La sentenza Cavazza secondo le Sezioni Unite: limiti


(la sopravvalutazione della Gelli-Bianco, che scade
nell’automatismo dell’esenzione) e meriti (l’avere chiarito che
trattasi di causa di non punibilità)
Dal canto suo, secondo le Sezioni Unite, la sentenza Cavazza ha il pregio di
non discostarsi in modo patente dalla lettera della legge (come aveva invece
fatto la Tarabori), ma, valorizzandola in modo assoluto, cade nell'errore
opposto, perchè attribuisce ad essa una portata applicativa impropriamente
lata: quella di rendere non punibile qualsiasi condotta imperita del sanitario
che abbia provocato la morte o le lesioni, pur se connotata da colpa grave,
sul solo presupposto della corretta selezione delle linee guida pertinenti in
relazione al caso di specie, sì da rendere più che concreti i profili di
illegittimità della interpretazione stessa, quantomeno per violazione del
divieto costituzionale di disparità ingiustificata di trattamento rispetto ad
altre categorie di professionisti che parimenti operano con alti coefficienti di
difficoltà tecnica.
Invero, rammenta il Supremo Collegio a Sezioni Unite, proprio a partire
dalla interpretazione letterale, non può non riconoscersi che il legislatore ha
coniato un’inedita causa di non punibilità per fatti da ritenersi inquadrabili,
per la completezza dell'accertamento nel caso concreto, nel paradigma
dell'art. 589 (omicidio colposo) o di quello dell'art. 590 (lesioni colpose) cod.
pen., quando l'esercente una delle professioni sanitarie abbia dato causa ad
uno dei citati eventi lesivi, versando in colpa da imperizia e pur avendo
individuato e adottato, nonché, fino ad un certo punto, bene attualizzato le
linee guida adeguate al caso di specie.
Sono destinati a rimanere esclusi dalla Gelli-Bianco i casi di eventi lesivi o
letali connessi a comportamenti in relazione ai quali la violazione di
prescrizioni potrebbe non essere per nulla ravvisabile o comunque potrebbe
non essere stata qualificante, avendo il sanitario, ad esempio, fatto ricorso,
pur senza l'esito sperato, e fatti salvi i principi in materia di consenso del
paziente, a raccomandazioni o approdi scientifici di dimostrato, particolare
valore i quali, pur sperimentati con successo dalla comunità scientifica, non
risultino ancora avere superato le soglie e le formalità di accreditamento
ufficiale descritte dalla legge.
1. Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanitarie 43

La previsione della causa di non punibilità è esplicita, innegabile e


dogmaticamente ammissibile, non essendovi ragione per escludere
apoditticamente, come fa la sentenza Tarabori, che il legislatore, nell'ottica di
porre un freno alla medicina difensiva e quindi meglio tutelare il valore
costituzionale del diritto del cittadino alla salute, abbia inteso ritagliare un
perimetro di comportamenti del sanitario direttamente connessi a specifiche
regole di comportamento, a loro volta sollecitate dalla necessità di gestione
del rischio professionale: comportamenti che, pur integrando gli estremi del
reato, non richiedono, nel bilanciamento degli interessi in gioco, la sanzione
penale, alle condizioni date (e quindi costituiscono causa di non punibilità,
come ritiene la Cavazza).
La legge Gelli-Bianco non si muove quindi in senso derogatorio ai detti
principi generali, bensì sul terreno della specificazione, ricorrendo
all'inquadramento della non punibilità, sulla base di un bilanciamento
ragionevole di interessi concorrenti.
La possibile disparità di trattamento dovuta a tale opzione, rispetto ad altre
categorie di professionisti che pure siano esposti alla gestione di peculiari
rischi, non è automaticamente evocabile, una volta che l'intera operazione si
riveli, anche per la delimitazione enucleata dallo stesso precetto, non
irragionevole ed anzi in linea con uno schema già collaudato dalla Corte
costituzionale39.
La formulazione della causa di non punibilità nell'art. 590-sexies c.p.
sollecita dunque le Sezioni Unite a sperimentare una interpretazione della
norma che consenta di darle concreta applicazione (contrariamente alla
Tarabori).

1.5.8. Segue. L’imperizia in eligendo e il decalogo del buon


operatore sanitario secondo le Sezioni Unite
Il Supremo Collegio osserva come, le fasi della individuazione, selezione ed
esecuzione delle raccomandazioni contenute nelle linee guida adeguate sono
articolate al punto che la mancata realizzazione di un segmento del relativo
percorso giustifica ed è compatibile tanto con l'affermazione che le linee
guida sono state nel loro complesso osservate, quanto con la contestuale
rilevazione di un errore parziale che, nonostante ciò, si sia verificato, con
valenza addirittura decisiva per la realizzazione di uno degli eventi descritti
dagli artt. 589 e / o 590 cod. pen.
Si tratta, d'altro canto, di una struttura del precetto che ricalca quella dell'art.
3 del decreto Balduzzi il quale, allo stesso modo, ricavava un'area di

39 Corte Cost., sent. n. 166 del 1973; Corte Cost., ord. n. 295 del 2013;
44 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

irresponsabilità a favore del sanitario che, pur rispettoso ("si attiene") delle
linee guida, potesse riconoscersi in colpa nella causazione dell'evento lesivo
dipendente dalla propria professione 40.
L'errore non punibile non può, però, alla stregua della novella del 2017,
riguardare - data la chiarezza dell'articolo al riguardo - la fase della
selezione delle linee guida perché, dipendendo il "rispetto" di esse dalla
scelta di quelle "adeguate", qualsiasi errore sul punto, dovuto a una qualsiasi
delle tre forme di colpa generica, porta a negare l'integrazione del requisito
del "rispetto".
Ne consegue che la sola possibilità interpretativa residua non può che
indirizzarsi sulla fase attuativa delle linee guida, sia pure con l'esigenza di
individuare opportuni temperamenti che valgano a non esporre la
conclusione a dubbi o censure sul piano della legittimità costituzionale, per
irragionevolezza o contrasto con altri principi del medesimo rango (quelli,
per intenderci, sollevati dalla Tarabori).
La ratio di tale conclusione consente alle Sezioni Unite di fornire una sorta
di vademecum agli operatori sanitari, assumendo che il legislatore pretende,
senza concessioni, che l'esercente la professione sanitaria sia:

a) Accurato e prudente nel seguire la evoluzione del caso sottopostogli;


b) Preparato sulle leges artis e impeccabile nelle diagnosi, anche differenziali;
c) Aggiornato in relazione non solo alle nuove acquisizioni scientifiche ma
anche allo scrutinio di esse da parte delle società e organizzazioni accreditate,
dunque alle raccomandazioni ufficializzate con la nuova procedura;
d) Capace di fare scelte ex ante adeguate e di personalizzarle anche in
relazione alle evoluzioni del quadro che gli si presentino, con la conseguenza
che, se tale percorso risulti correttamente seguito e, ciononostante, l'evento
lesivo o mortale si sia verificato con prova della riconduzione causale al
comportamento del sanitario, il residuo dell'atto medico che appaia connotato
da errore colpevole per imperizia potrà, alle condizioni che si indicheranno,
essere quello che chiama in campo la operatività della novella causa di non
punibilità.

40 Le Sezioni Unite ricordano in tal senso, la più volte richiamata sentenza Sez. 4, n. 16237 del

29/01/2013, Cantore, che, nel commentare la portata dell'art. 3 del decreto Balduzzi, aveva
osservato, con una affermazione utile anche relativamente alla formulazione dell'art. 590-sexies,
che "il professionista (che) si orienti correttamente in ambito diagnostico o terapeutico, si affidi
cioè alle strategie suggeritegli dal sapere scientifico consolidato, inquadri correttamente il caso
nelle sue linee generali e tuttavia, nel concreto farsi del trattamento, commetta qualche errore
pertinente proprio all'adattamento delle direttive di massima alle evenienze ed alle peculiarità
che gli si prospettano nello specifico caso clinico" è l'agente che in base al decreto del 2012 non
rispondeva per colpa lieve;
1. Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanitarie 45

Infatti, nel caso descritto, che è indispensabile contemplare per dare


attuazione alla nuova riforma, può dirsi che si rimanga nel perimetro del
"rispetto delle linee guida", quando cioè lo scostamento da esse è marginale
e di minima entità.
Viene di nuovo in considerazione, per tale via, la necessità di circoscrivere
un ambito o, se si vuole, un grado della colpa che, per la sua limitata entità,
si renda compatibile con la attestazione che il sanitario in tal modo colpevole
è tributario della esenzione dalla pena per avere rispettato, nel complesso, le
raccomandazioni derivanti da linee guida adeguate al caso di specie.
Le Sezioni Unite sottolineano come non osti a tale scelta interpretativa
l'obiezione di fondo secondo cui non è consentita e comunque non ha senso
la distinzione tra colpa lieve e colpa grave nel diritto penale.
Invero, la previsione esplicita della "colpa lieve" come ambito di esclusione
della responsabilità, nel decreto Balduzzi, ha dimostrato che è già stato
legittimato, dal legislatore, un approccio dogmatico diverso, apprezzabile
non solo come opzione meramente interpretativa o ricognitiva dei termini
generali di definizione della colpa, ma come possibilità aggiuntiva di
misurazione di questa a fini diversi da quelli di commisurazione della pena.

1.5.9. Segue. Il “recupero” di colpa lieve e grave in sede penale


anche dopo l’abrogazione della Balduzzi. Il concetto di
“adempimenti imperfetti”
Merita soffermarsi brevemente sul ruolo che le Sezioni Unite attribuiscono
alla colpa grave, ed alla distinzione con la colpa lieve, che secondo la
sentenza in esame è ancora vigente, nonostante l’abrogazione della
Balduzzi.
Per sostenere tale assunto, la sentenza Mariotti spende numerose pagine
della motivazione, utilizzando sostanzialmente tre argomenti:

a) l’art. 2236 del codice civile;


b) la Balduzzi;
c) i lavori parlamentari della Gelli-Bianco.

La ricerca ermeneutica conduce infatti a ritenere, secondo la Mariotti, che la


Gelli-Bianco continui a sottendere la nozione di "colpa lieve", in linea con la
Balduzzi e con la tradizione giuridica sviluppatasi negli ultimi decenni (cfr.
supra).
Secondo il Supremo Collegio, dal punto di vista teorico non si individua
alcuna ragione vincolante per la quale tale conclusione debba essere
scartata, diversamente da quanto ritenuto da entrambe le sentenze che
46 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

hanno dato luogo al contrasto, che, proprio sulla base di una conclusione di
tal genere, fatta discendere dal silenzio della legge, si sono trovate a
polarizzare in modo opposto le relative conclusioni, avendo osservato: la
sentenza Tarabori, che l'esonero complessivo da pena, destinato ad
inglobare anche il responsabile di colpa grave da imperizia, non è praticabile
perchè genera una situazione in contrasto con il principio di colpevolezza; e,
la sentenza Cavazza, che la novella causa di non punibilità è destinata a
operare senza distinzione del grado della colpa.
Al contrario, ritengono le Sezioni Unite che la mancata evocazione esplicita
della colpa lieve da parte del legislatore del 2017 non precluda una
ricostruzione della norma che ne tenga conto, sempre che questa sia
l'espressione di una ratio compatibile con l'esegesi letterale e sistematica del
comando espresso.

1.5.9.1. Segue. L’art. 2236 del codice civile come interpretato dalla
giurisprudenza penale
In tale prospettiva appare utile giovarsi, in primo luogo, dell'indicazione
proveniente dall'art. 2236 codice civile sulla colpa grave, presente nelle
valutazioni giurisprudenziali sui limiti della responsabilità penale del
sanitario che, sotto diversi profili, hanno valorizzato nel tempo i principi e la
ratio della disposizione contenuta nella norma citata, plasmata, invero,
nell'ambito civilistico del riconoscimento del danno derivante da prestazioni
che implichino soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà e che lo
esclude, appunto, salvo il caso di dolo o colpa grave.
Orbene, tralasciando l'ormai sopito dibattito sulla non diretta applicabilità
del precetto al settore penale per la sua attinenza alla esecuzione del
rapporto contrattuale o al danno da responsabilità aquiliana, merita di
essere valorizzato il condivisibile e più recente orientamento delle sezioni
penali che hanno comunque riconosciuto all'art. 2236 codice civile la valenza
di principio di razionalità e regola di esperienza cui attenersi nel valutare
l'addebito di imperizia, qualora il caso concreto imponga la soluzione del
genere di problemi sopra evocati (es. comorbidità) ovvero qualora si versi
in una situazione di emergenza (es. codice rosso in pronto soccorso).
Per sostenere tale assunto, le Sezioni Unite rammentano che attraverso di
esso, già prima della formulazione della norma che ha ancorato l'esonero da
responsabilità al rispetto delle linee guida e al grado della colpa, si fosse
accreditato, anche in ambito penalistico41, il principio secondo cui la
condotta tenuta dal terapeuta non può non essere parametrata alla difficoltà

41 Cass. Sez. IV, n. 4391 del 12/11/2011, dep. 2012, Di Lella, Rv.251941;
1. Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanitarie 47

tecnico-scientifica dell'intervento richiesto ed al contesto in cui esso si è


svolto, sicché l'eventuale addebito di colpa era destinato a venire meno nella
gestione di un elevato rischio senza errori rimproverabili connotati da
gravità.
Viceversa, quando non si fosse presentata una situazione emergenziale o
non fossero da affrontare problemi di particolare difficoltà, non sarebbe
venuto in causa il principio dell'art. 2236 cod. civ. e non avrebbe avuto base
normativa la distinzione della colpa lieve.
Ne conseguiva che il medico in tali ipotesi, come in quelle nelle quali
venivano in considerazione le sole negligenza o imprudenza, versava in
colpa, essendo pacifico che in queste si dovesse sempre attenere ai criteri di
massima cautela.
Un precetto, quello appena analizzato, che mostra di reputare rilevante, con
mai perduta attualità, la considerazione per cui l'attività del medico possa
presentare connotati di elevata difficoltà per una serie imprevedibile di
fattori legati alla mutevolezza del quadro da affrontare e delle risorse
disponibili.
Sicché, vuoi sotto un profilo della non rimproverabilità della condotta in
concreto tenuta in tali condizioni, vuoi sotto quello della mera opportunità
di delimitare il campo dei comportamenti soggetti alla repressione penale,
secondo le Sezioni Unite sono richieste misurazioni e valutazioni
differenziate da parte del giudice.

1.5.9.2. Segue. La positivizzazione della distinzione tra colpa grave e lieve


in ambito penale con la Balduzzi
Che il tema della colpa grave sia divenuto cruciale per la colpa medica,
emerge dalla necessità, da parte delle Sezioni Unite, di utilizzare un
ulteriore argomento a sostegno della propria ricostruzione ermeneutica: la
Balduzzi.
Secondo la Mariotti, è un dato di fatto che il legislatore del 2012 abbia
espressamente utilizzato e disciplinato l'ipotesi della "colpa lieve" del
sanitario come quella da sottrarre, a condizioni date, alla responsabilità
penale, opzione legislativa che prescindeva dalla pregiudiziale della
dimostrata situazione di particolare difficoltà tecnica ed era invece plasmata
sul criterio della conformazione alle linee guida, con riferimento a situazioni
che potevano sottrarsi alla repressione penale anche quando non qualificate
da speciale difficoltà.
Quella opzione ha dato luogo ad una cospicua elaborazione
giurisprudenziale volta a fissare i criteri utili per individuare
preventivamente e, quindi, in sede giudiziaria riconoscere il grado lieve
48 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

della colpa, del quale, stante l'esplicito testo normativo sopravvenuto, non
sembra ragionevole negarsi la idoneità alla convivenza con i principi
generali dettati dall'art. 43 cod. pen., che continuano ad avere piena
applicazione con riferimento alla colpa da negligenza e da imprudenza.
È da ribadire, secondo le SS.UU., quanto già sostenuto in molte sentenze 42
pubblicate sotto la vigenza del decreto Balduzzi in ordine al fatto che la
colpa sia destinata ad assumere connotati di grave entità:

- Solo quando l'approccio terapeutico risulti marcatamente distante dalle


necessità di adeguamento alle peculiarità della malattia, al suo sviluppo, alle
condizioni del paziente;

- Quando i riconoscibili fattori che suggerivano l'abbandono delle prassi


accreditate assumano rimarchevole, chiaro rilievo e non lascino residuare
un dubbio plausibile sulla necessità di un intervento difforme e
personalizzato rispetto alla peculiare condizione del paziente: come nel
caso di "patologie concomitanti" (co-morbidità) emerse alla valutazione del
sanitario, e indicative della necessità di considerare i rischi connessi.

Nella demarcazione gravità-lievità rientra altresì:

- La misurazione della colpa sia in senso oggettivo che soggettivo e dunque la


misura del rimprovero personale sulla base delle specifiche condizioni
dell'agente e del suo grado di specializzazione;

- La problematicità o equivocità della vicenda;

- La particolare difficoltà delle condizioni in cui il medico ha operato;

- La difficoltà obiettiva di cogliere e collegare le informazioni cliniche;

- Il grado di atipicità e novità della situazione;

- La impellenza;

- La motivazione della condotta;

- La consapevolezza o meno di tenere una condotta pericolosa 43.

42 tra le molte, Sez. 4, n. 16237 del 29/01/2013, Cantore, Rv. 255105; Sez. 4, n. 23283 del

11/05/2016, Denegri;
43 (oltre alle precedenti, Sez. 4, n. 22405 del 08/05/2015, Piccardo, Rv. 263736; Sez. 4, n. 47289 del

09/10/2014, Stefanetti, Rv. 260740);


1. Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanitarie 49

1.5.9.3. Segue. L’ulteriore riscontro nei lavori parlamentari


Sarebbe indicativa della tesi sostenuta dalle Sezioni Unite, in terzo luogo,
l'evoluzione dei lavori parlamentari.
L'originario testo della legge approvato dalla Camera mostrava di volere
differenziare, ai fini della esenzione da responsabilità, la colpa grave (da
imperizia) dagli altri minori gradi della (stessa tipologia di) colpa, in una
prospettiva specifica, nel senso che la colpa non grave (da imperizia) era
automaticamente inclusa in detta esenzione anche a prescindere dal
raffronto con linee guida, mentre quella grave dello stesso tipo lo era alla
condizione del rispetto delle stesse linee guida.
La scomparsa della detta previsione dal testo successivamente passato al
vaglio dell'altro ramo del Parlamento non può però dirsi un ripudio tout
court della differenziazione del grado della colpa, non risultando in tal
senso esplicitata la volontà del legislatore in alcun passo dei lavori
preparatori, quanto piuttosto, come auspicato nel citato Parere della
Commissione Giustizia del Senato, l'espressione della rinuncia a quella
peculiare distinzione che si poneva come tendenzialmente apparente e
quindi fortemente a rischio di censura per incostituzionalità, perchè
garantiva una tutela eccessivamente e irragionevolmente estesa alla colpa
tecnica del sanitario in tutte le sue espressioni, essendo per di più, la
esclusione della imperizia grave in caso di rispetto delle linee guida,
conformata in una sorta di presunzione che poteva essere vinta soltanto con
la prova delle "rilevanti specificità del caso concreto".
Secondo le Sezioni Unite, ed il passaggio è fondamentale, perché
l’interpretazione “creativa” forse raggiunge proprio qui l’acme44, può
dunque ammettersi che la colpa lieve è rimasta intrinseca alla
formulazione del nuovo precetto, posto che la costruzione della esenzione
da pena per il sanitario complessivamente rispettoso delle raccomandazioni
accreditate in tanto si comprende in quanto tale rispetto non sia riuscito ad
eliminare la commissione di errore colpevole non grave, eppure causativo
dell'evento.
In conclusione: la colpa dell'esercente la professione sanitaria può essere
esclusa in base alla verifica dei noti canoni oggettivi e soggettivi della
configurabilità del rimprovero e altresì in ragione della misura del
rimprovero stesso.
Ma, in quest'ultimo caso, e solo quando configurante "colpa lieve", le
condizioni richieste sono il dimostrato corretto orientarsi nel campo delle
linee guida pertinenti in relazione al caso concreto ed il progredire nella fase

44 Così Blaiotta, op. cit.;


50 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

della loro attuazione, ritenendo l'ordinamento di non punire gli


adempimenti che si rivelino imperfetti.

1.6. La risposta al quesito e le reazioni della dottrina sugli


adempimenti imperfetti e la imperizia lieve intrinseca

Quanto precede consente di tirare le fila del complesso ordito


motivazionale, riportato quasi per intero, proprio per consentire a chi legge
di comprendere quanto sia stato ambizioso (e forse necessario) il lavoro
della Corte Suprema, della decisione con cui è stato risolto il conflitto.
Appare corretto, anzitutto, riportare i principi di diritto cui la sentenza
Mariotti ha dato formale risposta:
"L'esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o
lesioni personali derivanti dall'esercizio di attività medico-chirurgica:

a) Se l'evento si è verificato per colpa (anche "lieve") da negligenza o


imprudenza;
b) Se l'evento si è verificato per colpa (anche "lieve") da imperizia quando il
caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni delle linee guida o dalle
buone pratiche clinico-assistenziali;
c) Se l'evento si è verificato per colpa (anche "lieve") da imperizia nella
individuazione e nella scelta di linee guida o di buone pratiche clinico-
assistenziali non adeguate alla specificità del caso concreto;
d) Se l'evento si è verificato per colpa "grave" da imperizia nell'esecuzione di
raccomandazioni di linee guida o buone pratiche clinico-assistenziali
adeguate, tenendo conto del grado di rischio da gestire e delle speciali
difficoltà dell'atto medico";
e) La legge Gelli-Bianco è peggiorativa rispetto alla Balduzzi45.

45 Nel dettaglio, le Sezioni Unite riescono a diversificare le seguenti fattispecie:


La legge Balduzzi risulta più favorevole in relazione alle contestazioni per comportamenti del
sanitario, commessi prima della entrata in vigore della legge Gelli-Bianco, connotati da
negligenza o imprudenza, con configurazione di colpa lieve, che solo per il decreto Balduzzi
erano esenti da responsabilità quando risultava provato il rispetto delle linee guida o delle
buone pratiche accreditate; Nell’ambito della colpa da imperizia, l'errore determinato da colpa
lieve, che sia caduto sul momento selettivo delle linee guida e cioè su quello della valutazione
della appropriatezza della linea guida era coperto dalla esenzione di responsabilità del decreto
Balduzzi (v. Sez. 4, n. 47289 del 09/10/2014, Stefanetti, non massimata sul punto), mentre non lo
è più in base alla novella che risulta anche per tale aspetto meno favorevole; Sempre nell'ambito
della colpa da imperizia, l'errore determinato da colpa lieve nella sola fase attuativa andava
esente per il decreto Balduzzi ed è oggetto di causa di non punibilità in base all'art. 590-sexies,
essendo, in tale prospettiva, ininfluente, in relazione alla attività del giudice penale che si trovi
a decidere nella vigenza della nuova legge su fatti verificatisi antecedentemente alla sua entrata
in vigore, la qualificazione giuridica dello strumento tecnico attraverso il quale giungere al
verdetto liberatorio;
1. Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanitarie 51

Proviamo a tirare le fila del problema risolto (?) dalle Sezioni Unite,
utilizzando le voci dei primi commenti.

1) Sicuramente efficace, anche dal punto di vista grafico, autorevole dottrina


in materia di colpa medica46, che, premettendo come la sentenza Mariotti
abbia preso le distanze sia dalla Tarabori che dalla Cavazza, ricostruisce così
il portato delle Sezioni Unite:

- La Tarabori giungeva ad un’interpretazione abrogatrice, perché non


assegnava alcuno spazio applicativo rispetto a quanto già da tempo affermato
in giurisprudenza e ciò in collisione con l’intentio legis innovatrice;
- La Cavazza assegnava una portata impropriamente lata alla causa di non
punibilità: troppo spazio applicativo, con ipotizzabilità di violazione dei
principi costituzionali della parità di trattamento rispetto ad altre categorie di
professionisti e della tutela della salute;

Le Sezioni Unite risolvono la questione con questo principio: si ha non


punibilità quando l’evento è causato per imperizia lieve nella fase esecutiva
delle linee guida.
Il principio svela che la Mariotti ritiene la compatibilità fra i requisiti della
fattispecie. Questo principio s’innesta su quello posto dalla sentenza
Cavazza, restringendone la portata applicativa.
Utilizzando lo schema dell’autore:

- Per la Cavazza: si ha non punibilità quando l’evento è causato da imperizia,


lieve o grave, nella fase esecutiva delle linee guida;
- Da questo principio la sentenza Mariotti amputa l’aggettivo grave e quindi:
si ha non punibilità quando l’evento è causato da imperizia lieve nella fase
esecutiva delle linee guida.

Per ulteriore dovuta chiarezza, l’imperizia nella fase esecutiva:

-Non scusa mai secondo la sentenza Tarabori: interpretatio abrogans


(imperitia in executivis non excusat);

-Scusa sempre secondo la sentenza Cavazza: interpretatio latissimi (imperitia


in executivis semper excusat);

-Scusa se lieve secondo le Sezioni Unite Mariotti: interpretatio stricta


(imperitia in executivis excusat si levis);

46 Piras, Un distillato di nomofilachia: l’imperizia lieve intrinseca quale causa di non punibilità

del medico, 20.4.2018, penalecontemporaneo.it;


52 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

2) Molto severo nei confronti delle Sezioni Unite Mariotti è il Presidente


Blaiotta47, il quale non manca di rappresentare come il peso ed il ruolo delle
linee guida sia profondamente mutato nel passaggio da Balduzzi a Gelli,
affermando senza mezzi termini che la Balduzzi è stata resuscitata dalle
Sezioni Unite, secondo le quali la distinzione tra colpa lieve e colpa grave
introdotta dalla legge Balduzzi, nonostante il dato formale della
abrogazione, è in realtà rimasta “intrinseca” al sistema.
Il sanitario individua le linee guida pertinenti e vi si “attiene”, salvo che le
particolarità del caso gli impongano di disattenderle. Egli è cioè
giuridicamente obbligato ad attenervisi.
L’autore suggerisce di fermarsi un attimo a riflettere: una raccomandazione
che cessa di essere un suggerimento e diventa un obbligo è ancora una mera
raccomandazione? La risposta è no; con tutte le implicazioni di ordine
sociologico, criminologico, medico, penalistico.

3) Secondo altro autorevole autore 48, il ponderoso lavoro delle Sezioni Unite
«esclude l’operatività del co. 2 in situazioni contraddistinte da negligenza o
imprudenza (in ordine alle quali varrà la disciplina generale degli artt. 43,
589 e 590 c.p., richiamata dal co. 2 dell’art. 590-sexies c.p.), mentre
reintroduce, nelle situazioni caratterizzate da imperizia, una graduazione
della colpa. A tale stregua, il medico risponderà della morte o delle lesioni
derivanti dall’esercizio di attività medico-chirurgica per imperizia sia grave
sia lieve quando l’errore riguardi una prestazione svolta in difetto di linee
guida accreditate (ovvero, in mancanza di queste, di nuove prassi clinico-
assistenziali), come pure quando versi in un errore che cada sulla scelta di
linee guida o buone pratiche, sì da renderle inadeguate alle specificità del
caso concreto. Inoltre, il medico risponderà per imperizia, ma solo nei casi
in cui questa si connoti di gravità, ovvero l’errore riguardi il momento
dell’esecuzione delle raccomandazioni e sia preceduto dalla scelta corretta
di linee guida o buone pratiche adeguate al caso concreto».
Quindi, perché possa trovare applicazione la disciplina sono necessari tre
presupposti e una regola di giudizio. I presupposti sono:

a) Il trovarsi davanti a una situazione tecnicamente complessa;


b) La regolazione del caso attraverso raccomandazioni;
c) La presenza di un errore di esecuzione.

47 Blaiotta, Niente resurrezioni, per favore. A proposito di S.U. Mariotti in tema di

responsabilità medica, 28.5.2018, www.penalecontemporaneo.it;


48 Bartoli, op. cit.;
1. Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanitarie 53

È sufficiente che uno di questi tre presupposti venga meno perché


l’esenzione non possa operare: evento verificato per colpa da negligenza o
imperizia oppure caso concreto non regolato dalle raccomandazioni oppure
errore di valutazione, relativo cioè alla individuazione e scelta delle
raccomandazioni non adeguate alla specificità del caso concreto. La regola
di giudizio è che l’evento si sia realizzato per colpa grave.

4) Altra recente dottrina aggiunge essere evidente che le Sezioni Unite49 si


siano schierate apertamente “in favore” dell’errore «nell’esecuzione» di linee
guida o buone pratiche clinico-assistenziali pertinenti rispetto al caso
concreto. La contrapposizione tra errori a monte ed errori a valle, tra errori
nella scelta ed errori nell’attuazione delle raccomandazioni scientifiche
oppure, tra adempimenti inopportuni e adempimenti imperfetti, è stata così
chiaramente risolta concludendo che solo i secondi (di ogni bipartizione)
possano rendere operativa la clausola di esclusione della responsabilità
penale, appunto «ritenendo l’ordinamento di non punire gli adempimenti
che si rivelino imperfetti».
Se si deve quindi trattare di profili di imperizia riconducibili alla attuazione
della linea guida (o della buona pratica), risulta di centrale importanza
l’analisi del requisito del rispetto (delle relative raccomandazioni),
richiamato dalla norma come necessaria condizione per la propria
applicazione. Le Sezioni unite ritengono le linee guida «nel loro complesso
osservate» anche quando vi sia la «mancata realizzazione di un segmento
del relativo percorso» oppure un «errore parziale», mentre resta
insostenibile che siano rispettate quando il difetto attuativo sia significativo,
sembra potersi dire, tanto in termini quantitativi che qualitativi.
Dunque, a fronte di un sanitario «preparato sulle leges artis e impeccabile
nelle diagnosi anche differenziali», non dovrà punirsi «il residuo dell’atto
medico che appaia connotato da errore colpevole per imperizia», quando
«può dirsi che si rimanga nel perimetro del “rispetto delle linee guida”,
quando cioè lo scostamento da esse è marginale e di minima entità».

49 Caletti-Mattheudakis, La fisionomia dell’art. 590 sexies c.p. dopo le Sezioni Unite tra “nuovi”

spazi di graduazione dell’imperizia e “antiche” incertezze, 9.4.2018, in Diritto Penale


Contemporaneo, fascicolo 4 del 2018;
54 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

5) Infine, puntuale dottrina50 in materia pone in evidenza come, a seguito


delle Sezioni Unite, l’ordinamento non punisca solo gli “adempimenti
imperfetti”.

La conclusione che se ne ricava è nel senso che, in definitiva, “la colpa


dell'esercente la professione sanitaria può essere esclusa in base alla verifica
dei noti canoni oggettivi e soggettivi della configurabilità del rimprovero
altresì in ragione della misura del rimprovero stesso. Ma, in quest'ultimo
caso, e solo quando configurante "colpa lieve", le condizioni richieste sono il
dimostrato corretto orientarsi nel campo delle linee guida pertinenti in
relazione al caso concreto ed il progredire nella fase della loro attuazione,
ritenendo l'ordinamento di non punire gli adempimenti che si rivelino
imperfetti”.

Riepilogando, la lettura offerta dalle Sezioni unite:

- Conferma che non è invocabile la nuova causa di esclusione della punibilità in


alcuna ipotesi colposa connotata da negligenza o imprudenza;

- Reintroduce, nei casi d’imperizia, una gradazione della colpa, distinguendo casi
e responsabilità, di talché:

a) Si risponderà per imperizia sia grave sia lieve allorquando manchino o


siano state individuate o scelte erroneamente linee guida o buone pratiche
(inadeguate alle specificità del caso concreto);

b) Si risponderà solo per imperizia grave nel caso in cui l’errore


nell’esecuzione sia accompagnato dalla corretta scelta e dal rispetto di linee
guida o buone pratiche, adeguate al caso concreto, tenuto conto “del grado di
rischio da gestire e delle specifiche difficoltà tecniche dell’atto medico”.

Si può concludere51 che l’unica certezza al momento, ricavabile, è che il


legislatore del 2017 abbia, nella sostanza, mancato l’obiettivo manifesto di
garantire più certezze d’irresponsabilità, persino arretrando rispetto alle
ultime acquisizioni della giurisprudenza maturate con riguardo alla legge
Balduzzi, in termini di garanzia della classe medica e conseguentemente di
argine alla medicina difensiva e di effettiva e piena attuazione del diritto alla
salute.

50 Cupelli, L’art. 590 sexies c.p. nelle motivazioni delle Sezioni Unite: un’interpretazione

“costituzionalmente conforme” dell’imperizia medica (ancora) punibile, 1.3.2018,


penalecontemporaneo.it;
51 Cupelli, op. cit.;
1. Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanitarie 55

Tale assunto trova implicito riscontro nell’immane lavoro da equilibrista


operato dalle stesse Sezioni unite, che, riconoscendo la normativa previgente
come più favorevole, hanno sancito expressis verbis il fallimento della
riforma, con l’effetto che i medici, per essere ‘tranquillizzati’, potranno solo
sperare di avere commesso i fatti prima dell’entrata in vigore della legge
Gelli-Bianco o auspicare un ritorno del (nuovo) legislatore sul tema.

1.7. La prima sentenza di Cassazione dopo le Sezioni Unite


Mariotti (Cass., sez. IV, n. 15178 del 12.1.2018., dep. 5.4.2018,
Pres. Blaiotta, banca dati de iure): la persistente diffidenza
verso l’imperizia e gli automatismi delle linee guida

Ragioni di completezza impongono di dare conto della prima decisione


della Corte di Cassazione, naturalmente la IV sezione penale, occorsa subito
dopo il deposito delle motivazioni da parte delle Sezioni Unite Mariotti.
Oltre a fornire validi spunti di riflessione concernenti il perimetro
applicativo del nuovo art. 590 sexies c.p. e a ribadire principi già fissati dalla
giurisprudenza di legittimità in tema di colpa professionale medica e di
indici cui la configurabilità della stessa risulta ancorata, il decisum fornisce
anche importanti considerazioni circa l’osservanza delle linee guida.

1.7.1. Il caso clinico. Inadeguato trattamento di episodio sincopale.


Rinvio alla nota52

52 La vicenda trae origine dall’episodio che vede il ricorrente, medico specialista in neurologia,
imputato per aver cagionato la morte di una paziente, deceduta a causa di un episodio
sincopale dovuto ad una cardiopatia aritmogena maligna. Con sentenza emessa in data 3
novembre 2016, la Corte d’appello di Napoli riformava la pronuncia resa in primo grado dal
Tribunale di Napoli e dichiarava, dunque, non doversi procedere nei confronti dell’imputato,
cui era contestato il reato di omicidio colposo in danno della vittima, stante l’estinzione dello
stesso per avvenuta prescrizione. Al contempo, la pronuncia confermava la condanna al
risarcimento del danno resa dal primo giudice in favore delle parti civili costituite, oltre che la
condanna al pagamento di una provvisionale, quantificata in euro 70 mila dal primo giudice. A
carico del sanitario si ravvisavano profili di responsabilità riconducibili a negligenza,
imprudenza e imperizia, nonché la violazione dei protocolli medici e delle linee guida che,
all’epoca dei fatti, indicavano il corretto percorso diagnostico terapeutico da intraprendersi nel
trattamento di pazienti interessati da episodi sincopali. I giudici di merito condividevano la
contestazione elevata a carico dell’imputato, in virtù della quale quest’ultimo, presi in esame i tre
episodi sincopali sofferti dalla paziente a breve distanza di tempo l’uno dall’altro, avrebbe omesso
la prescrizione dei necessari esami di base che avrebbero consentito di pervenire ad una corretta
diagnosi della patologia sofferta dalla giovane donna. Al sanitario, in particolare, si addebitava
l’omessa prescrizione, come primo step d’indagine, di un elettrocardiogramma a 12 derivazioni,
a beneficio dell’esecuzione di Tilt Test, ritenuto invece inadatto all’individuazione della
patologia in questione. La mancanza dell’idoneo accertamento di base si risolveva in una errata
56 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

1.7.2. Nuovi principi e vecchi adagi in seno alla IV sezione penale:


la negligenza e l’imprudenza come “via di fuga” dall’imperizia
Come osserva puntuale autore53, nel caso in oggetto, la IV sez. della Corte di
Cassazione attribuisce alle line guida, e alla loro esatta individuazione ed
applicazione, rilevanza fondamentale.
La circostanza che le guidelines in materia di corretta risoluzione delle
problematiche inerenti alle P.T.C. (perdite temporanee di coscienza)
indicassero la necessità di effettuare l’indagine sulle sincopi di natura non
determinata effettuando l’elettrocardiogramma, ha spinto il Supremo
Collegio a pronunciarsi, in conformità alle indicazioni provenienti dai
consulenti, nel senso dell’inadeguatezza del Tilt test al caso specifico, in
ragione della sua natura di “esame di secondo livello”.
Solo l’effettuazione di un elettrocardiogramma a 12 derivazioni, infatti, si
legge in motivazione, poteva considerarsi idonea alla rilevazione dell’esatta
genesi degli episodi sincopali relativamente ai quali, peraltro, si evidenziava
una più elevata percentuale di mortalità in ipotesi di matrice cardiaca.
In tal senso, quindi, le linee guida tenute in considerazione dalla Corte di
Appello (esistenti ed applicabili già nel marzo 2002, e successivamente
ribadite nei documenti di analogo tenore stilati nel 2004), sembravano già
suggerire, con importante probabilità, una genesi cardiaca del disturbo
sofferto dalla paziente e ciò, di fatto, non faceva che aggravare i profili di
negligenza del ricorrente, considerato che è proprio la diagnosi
unidirezionale di quest’ultimo, in termini di genesi vagale delle sincopi, a
determinare l’esito infausto sofferto dalla paziente.
La Cassazione nega, dunque, in tal caso, qualsiasi possibile operatività
della recentissima disciplina ex art. 590 sexies c.p., atteso che la clausola di
non punibilità da essa predisposta trova applicazione nelle sole ipotesi di
imperizia lieve, come precisato dalle Sezioni Unite, mentre, in tal caso, i
profili di responsabilità configurati a carico del sanitario sono, secondo il

e fuorviante diagnosi di sincope neuro-mediata vagale, che impediva la predisposizione di


terapia in grado di scongiurare i successivi episodi di perdita di coscienza. Questi ultimi si
sarebbero poi ripresentati in altre due occasioni, successive alla visita, l’ultima delle quali era
risultata letale per la giovane. Avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli l’imputato
proponeva ricorso per Cassazione deducendo una serie di motivi a sostegno, tra cui la tematica
relativa all’osservanza delle linee guida stabilite in materia per la corretta risoluzione degli
episodi in oggetto, circostanza che consentiva al Supremo Collegio, presieduto dal dott.
BLAIOTTA, numerose volte citato nei paragrafi che precedono, come studioso ed estensore della
Tarabori, di formulare qualche riflessione in tema di linee guida e della loro idoneità ad
assurgere a parametro di determinazione, e di delimitazione, della responsabilità del sanitario;
53 cfr. Terrizzi, Linee Guida e saperi scientifici “interferenti”: la cassazione continua a non

applicare la legge Gelli-Bianco, 17.7.2018, in Diritto Penale Contemporaneo, fascicolo 7/2018, fg.
93 e ss;
1. Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanitarie 57

Supremo Collegio, senz’altro riconducibili all’alveo della negligenza,


stante l’acclarato mancato rispetto delle indicazioni terapeutiche in
materia di sincopi da parte dell’imputato.
Circa la questione concernente il grado di colpa da configurarsi a carico del
ricorrente, poi, la sentenza riprende l’opera interpretativa già svolta dalla
Corte di Cassazione sulla disciplina ex art. 3 della l. Balduzzi, negando la
possibile operatività della causa di non punibilità contemplata dalla
stessa nel caso di condotta lievemente colposa posta in essere dal sanitario
nel rispetto delle linee guida: la possibilità di ravvisare la colpa lieve è
esclusa in caso di violazione del dovere di diligenza, che ricorre nel caso di
specie, poiché opera solo con rifermento alle “condotte professionali
conformi alle linee guida e non si estende agli errori diagnostici connotati
da negligenza o imprudenza”.
Dopo aver ripercorso il ruolo delle line guida fino alla Balduzzi, il Supremo
Collegio affronta il rapporto con la Gelli-Bianco, nei sensi sostanzialmente
proposti nelle decisioni Tarabori, Cavazza e Mariotti a Sezioni Unite, a cui è
fatto ampiamente riferimento.
Secondo la Corte di Cassazione l’art. 5 della legge Gelli-Bianco segna la
definitiva consacrazione delle linee guida come strumento di consistente
supporto sul piano tecnico-scientifico per l’operatore sanitario, per la
struttura e finanche per il giudice e, al contempo, il loro inesorabile
affrancamento da una qualificazione in termini di strumento di soft law.
Nella recentissima disciplina, allora, la positivizzazione delle leges artis
non sarebbe altro che espressione di un mutamento di sensibilità culturale
che si inserisce in un nuovo contesto socio-professionale ove il patrimonio
di esperienze ed informazioni del singolo diviene patrimonio comune e
condiviso di un’intera comunità scientifica, e ove la tracciabilità e la
verificabilità postuma della prestazione sono orientate non a scalfire la
variabilità dell’attività medica, ma i suoi eventuali eccessi suscettibili di
lasciare i bisogni assistenziali insoddisfatti.
È lecito chiedersi, tuttavia, quanto l’aver condensato istanze di
standardizzazione con esigenze di colpevolezza, non sia suscettibile di
originare in subiecta materia il rischio di un corto circuito.
La predisposizione di strumenti atti ad operare una cristallizzazione del
sapere scientifico, al fine di facilitare il trattamento di patologie il cui
decorso risulta prevedibile alla luce del monitoraggio scientifico operato
sulle stesse nel tempo, nasce dalla necessità di ancorare la risposta
all’effettivo bisogno posto dal caso clinico, ma sembra trascurare un fattore
fondamentale: in medicina non esistono solo malattie, ma anche malati 54!

54 Terrizzi, op. cit.;


58 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

L’innumerevole quantitativo di incognite che informa il singolo trattamento,


anche quello più banale, rende l’attività medica bisognosa di un costante
adeguamento alle caratteristiche del caso concreto, con la conseguenza che
la dimensione colposa della responsabilità medica impone una valutazione
sempre parametrata sulle caratteristiche del caso concreto.
Come fare, allora, per conciliare questo dato con la scelta del legislatore di
trattare le attività sanitarie come se l’apparato di riferimento da cui esse
dipendono fosse immutabile?
Come conciliare la giuridicizzazione delle leges artis con la variabilità delle
risposte terapeutiche, frutto del perfezionamento di tecnologie in continua
evoluzione?
Sicuramente è vero che le linee guida “di oggi” si prestano ad offrire una
risposta alle istanze di maggiore determinatezza della responsabilità colposa
dei sanitari, per lungo tempo invocate da dottrina e giurisprudenza.
Esse forniscono, di fatto, un prezioso contributo alla appropriatezza, clinica,
organizzativa ed economica, delle prestazioni, alla razionalizzazione della
spesa, all’erogazione di cure necessarie.
È bene tenere a mente, tuttavia, che l’essere umano “non è un’autostrada o
un edificio da ristrutturare”, sicché la sua cura e la sua tutela non si prestano
ad un severo irrigidimento all’interno di regole e cautele predisposte come
se lo fosse o come se tutti i corpi umani avessero identiche caratteristiche: il
sanitario, dunque, non è mero destinatario di indirizzi rigidi ed invalicabili
ma, al contrario, garante della salute del singolo paziente e, in quanto tale,
chiamato ad effettuarne un costante adeguamento alle esigenze individuali
dettate dal quadro patologico dello stesso, tale da imporgli di discostarsene
in caso di difformità.
Orbene, le conclusioni del Supremo Collegio nella vicenda rispecchiano in
toto gli interrogativi purtroppo non risolti dalle Sezioni Unite, nei sensi
ampiamenti rappresentati nelle pagine che precedono.
Poco o nulla è cambiato (per l’esercente la professione sanitaria).
1. Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanitarie 59

1.8. La più recente decisione della Cassazione in materia di


colpa medica (Cass., sez. IV, 22.6.2018, dep. 6.8.2018, n. 37794,
De Renzo, www.cortedicassazione.it): il giudice penale può
condannare l’esercente la professione sanitaria solo se
enuncia la regola di comportamento desumibile dalle linee
guida, specificando se si tratti di regola cautelare o di regola
di giudizio della perizia del sanitario

Nelle more della pubblicazione del presente volume, è intervenuta l’ultima


sentenza prima della sospensione feriale delle attività giudiziarie, depositata
il 6.8.2018, di cui non è possibile non dar conto.

1.8.1. Il caso clinico: l’inadeguato approccio alla torsione del


funicolo spermatico del testicolo, ritenuto addirittura aggravato
dalla colpa con previsione. Rinvio alla nota55
La vicenda vedeva il dott. Domenico De Renzo, responsabile del reato di
lesioni personali colpose aggravate dalla colpa con previsione, per avere,
nella sua qualità di sanitario in servizio presso il Pronto Soccorso
dell’Ospedale di Putignano, cagionato lesioni personali gravissime ad …,
consistite in “necrosi testicolare sinistra da pregressa torsione del funicolo
spermatico con asportazione del testicolo”, per colpa consistita nell’aver
omesso di porre la corretta diagnosi e di assumere una condotta sanitaria
conforme alle necessità diagnostiche e terapeutiche che si impongono nei

55 Il fatto è così descritto in sentenza: Alle ore 22 del 16 agosto 2010 il paziente aveva iniziato ad

avvertire forti dolori all’addome e agli organi genitali con vomito; alle ore 23 era intervenuta
presso il domicilio la Guardia medica, che aveva riscontrato vomito con epigastralgia, algie a
partenza dal testicolo sinistro, addome trattabile, testicolo dolente alla palpazione ed aveva
consigliato di recarsi al Pronto Soccorso; alle ore 23.50 la dott.ssa Palmisano, del Pronto
Soccorso di Alberobello, aveva formulato diagnosi di sospetta torsione del testicolo sinistro e lo
aveva inviato al P.S. di Putignano per una consulenza chirurgica; alle ore 24 era giunto al P.S. e
il dott. De Renzo aveva rilevato all’esame clinico addome trattabile e non dolente, testicolo
dolente alla palpazione senza segni esterni di edema; alle ore 1.34 il paziente era stato dimesso
con indicazione di paziente asintomatico e con prescrizione di controllo presso il medico
generico; il giorno 17 i dolori al testicolo persistevano ed era comparso gonfiore della sacca
scrotale ed il giorno 18 si era recato presso il medica di base di turno nel periodo feriale, dott.
Rotolo, che gli aveva prescritto un esame ecografico; visto che i tempi presso l’Ospedale di
Putignano per l’ecografia erano lunghi, aveva contattato telefonicamente l’urologo dott. Grossi,
che gli aveva consigliato di prendere un antidolorifico ed un antibiotico e gli aveva dato
appuntamento per il giorno 21; in data 21 agosto 2010 il dott. Grossi, presso il Reparto di
Urologia dell’Ospedale di Martina Franca, aveva eseguito un esame ecografico, aveva
diagnosticato la torsione del testicolo sinistro ed aveva, quindi, operato d’urgenza il paziente
per orchiectomia sinistra ed impianto di protesi testicolare a sinistra, con successiva diagnosi di
necrosi testicolare sinistra da pregressa torsione del funicolo spermatico; la condotta omissiva
del dott. De Renzo aveva comportato la perdita dell’uso di un organo o l’indebolimento
permanente ma non la perdita della capacità di procreare;
60 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

confronti di una sospetta torsione del funicolo spermatico del testicolo,


limitandosi alla somministrazione di antidolorifici con dimissione del
paziente. Il medico veniva condannato dal Tribunale di Lecce il 29.5.2014,
sentenza confermata dalla Corte di Appello di Lecce.
L’imputato ricorreva per cassazione, lamentando, tra le altre cose, la erronea
applicazione della vigente normativa in materia di colpa medica, con
particolare riferimento alle linee guida in materia di sospetta torsione del
funicolo.

1.8.2. Il Supremo Collegio accoglie il ricorso del medico, ribadendo


che i giudici di merito devono appurare se ed in quale misura la
condotta del sanitario si sia discostata da linee guida o buone
pratiche clinico-assistenziali
Nella decisione in esame la Corte di Cassazione, dopo avere premesso le
modifiche di legge in punto di colpa professionale del sanitario, ribadisce
che, il Giudice di merito, per poter condannare penalmente l’esercente la
professione sanitaria, deve in motivazione indicare “se il caso concreto sia
regolato da linee guida o, in mancanza, da buone pratiche clinico-
assistenziali, valutare il nesso di causa tenendo conto del comportamento
salvifico indicato dai predetti parametri, o specificare di quale forma di
colpa si tratti, se di colpa generica o specifica, eventualmente alla luce di
regole cautelari racchiuse in linee guida, se di colpa per imperizia,
negligenza o imprudenza”, e deve altresì appurare “se ed in quale misura la
condotta del sanitario si sia discostata da linee guida o da buone pratiche
clinico-assistenziali”.
Nel caso di specie, secondo il Supremo Collegio, ciò non è accaduto, atteso
che i giudici del merito avevano ritenuto che il medico si fosse mosso al di
fuori delle accreditate linee guida, versando quindi in colpa grave,
circostanza che non consentiva di applicare la Balduzzi né la Gelli-Bianco,
ritenendo la condotta del De Renzo “negligente, imperita ed imprudente”,
assumendo che, l’errore diagnostico sull’esistenza della torsione del testicolo
in atto, sull’urgenza del caso, sulla necessità di un immediato intervento
chirurgico, costituisse violazione delle leges artis e che, le maggiori
conoscenze dell’imputato nello svolgimento della professione medica,
avrebbero reso concreta la possibilità di “prevedere ed evitare un evento
perfettamente prevenibile mediante l’osservanza delle norme cautelari
violate”.
Il problema è che, continua la Cassazione, né il Tribunale di Lecce, né la
Corte di Appello salentina, avevano chiarito “a quali norme cautelari si
sarebbe dovuto attenere il sanitario, ovvero a quali linee guida accreditate si
1. Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanitarie 61

potesse far riferimento per sindacare la condotta” del dott. De Renzo, e


tantomeno “con riguardo a quali condotte la colpevolezza si atteggiasse
come imperizia piuttosto che come negligenza. Nessun richiamo al grado
della colpa”.
In altri termini, l’incertezza circa il comportamento salvifico indicato dalle
linee guida ritenute applicabili dai periti ridondava a svantaggio del
medico, di tal che la sentenza impugnata veniva cassata dal Supremo
Collegio.
La Cassazione, nel decidere il caso concreto, coglie l’occasione per spendere
qualche parola sulla Gelli-Bianco.
Dopo aver richiamato la nozione di linee guida implementata dalla
Balduzzi, la Corte Suprema ricorda la necessità, ora più che mai, di
distinguere la negligenza e l’imprudenza dalla imperizia, e di graduare la
colpa, alla luce delle Sezioni Unite Mariotti, che com’è noto hanno
recuperato il concetto di colpa lieve nella imperizia, consentendo ancora
(limitate) possibilità al medico di essere ritenuto non punibile.
Il Supremo Collegio ribadisce che, per determinare se il sanitario versa in
colpa o lieve, “il Giudice di merito deve procedere ad una
valutazione complessiva di tali indicatori, come pure di altri, quali
l’accuratezza nell’effettuazione del gesto clinico, le eventuali
ragioni di urgenza, l’oscurità del quadro patologico, la difficoltà di
cogliere e legare le informazioni cliniche, il grado di atipicità o
novità della situazione data e così di seguito, al fine di esprimere la
conclusiva valutazione sul grado della colpa…”.
Non basta.
Ad ulteriore scanso di equivoci, la Cassazione rammenta essersi, “in
proposito, precisato che si può ragionevolmente parlare di colpa grave 56 solo
quando si sia in presenza di una deviazione ragguardevole rispetto all’agire
appropriato, rispetto al parametro dato dal complesso delle
raccomandazioni contenute nelle linee guida di riferimento, quando cioè il
gesto tecnico risulti marcatamente distante dalle necessità di adeguamento
alle peculiarità della malattia ed alle condizioni del paziente; e che,
all’opposto, quanto più la vicenda risulti problematica, oscura, equivoca o
segnata dall’impellenza, tanto maggiore dovrà essere la propensione a
considerare lieve l’addebito nei confronti del professionista che, pur
essendosi uniformato ad una accreditata direttiva, non sia stato in grado
di produrre un trattamento adeguato e abbia determinato, anzi, la
negativa evoluzione della patologia 57”.

56 Cass. Sez. IV, n. 22281 del 15.4.2014, Cavallaro, cit.;


57 Cass. Sez. IV, n. 16237 del 29.1.2013, Cantore, cit.;
62 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Nessun automatismo, dunque.


Le linee guida non sono la panacea di tutti i mali, l’esercente la professione
sanitaria dovrà essere quanto mai accorto nel calibrare il proprio sapere al
caso concreto, anteponendo il bene della salute del paziente al timore di
essere trascinato in un’aula di giustizia penale, dove, al di là della
discutibilissima perizia del nostro legislatore nell’introdurre la Gelli-Bianco,
troverà giudici prudenti e consci delle difficoltà connesse all’espletamento
della professione.

1.9. L’applicazione dei principi sanciti dalle Sezioni Unite


Mariotti al lavoro di equipe, con particolare riferimento alla
riabilitazione

Da ultimo, ma non per ultimo, esigenze di completezza impongono di


verificare, attraverso un breve screening della più recente giurisprudenza,
successiva alla Gelli-Bianco, se la soluzione ermeneutica offerta dalle
Sezioni Unite della Corte di Cassazione incida sulla responsabilità
dell’esercente le professioni sanitarie in sede di equipe, allorquando si assiste
cioè ad una simultanea attività di più sanitari operanti in un unico contesto
spazio-temporale (sincronica), oppure ad una sequenza di fasi
interdipendenti non contestuali (diacronica), tutte finalizzate a
salvaguardare la salute del paziente.
Orbene, il Supremo Collegio58 continua, in via generale, ad insegnare che
l'equipe medica deve essere considerata come un'entità unica e compatta e non come
una collettività di professionisti in cui ciascuno si limita ad eseguire i propri
compiti, sicché ogni medico dell'equipe dovrà, oltre a rispettare le leges artis della
propria sfera di competenza, verificare che gli altri colleghi abbiano eseguito
correttamente la propria opera. Detto controllo dovrà esercitarsi anche sugli errori
altrui, evidenti e non settoriali, tali da poter essere rilevati con l'ausilio delle
conoscenze del professionista medio”.
Occorre in tal caso stabilire59 se, ed a quali condizioni, il singolo operatore
(ad es. il professionista della riabilitazione) in quanto partecipe dell’equipe,
debba rispondere dei comportamenti colposi riferibili agli altri componenti,
e fino a dove si estenda il dovere di prudenza, diligenza e perizia di ciascuno
con riferimento all’altrui attività, anche di diversa specialità, come
costantemente affermato dalla Corte Regolatrice 60, secondo la quale, in

58 Cass. sez. IV, 23/01/2018, n. 22007, Diritto & Giustizia 2018, 21 maggio;
59 Amplius, in A. Madeo, La responsabilità penale degli esercenti le professioni sanitarie, in
Responsabilità professionale e aspetti medico-legali, cit., pagg. 36 e ss;
60 Cass. Pen. sez. IV,: 21/12/2017, n. 2354, Diritto & Giustizia 2018, 22.1.2018;
1. Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanitarie 63

applicazione del principio di affidamento, per individuare la responsabilità penale


del singolo sanitario che presta il proprio intervento in equipe medica, è necessario
verificare l'incidenza avuta dalla sua condotta nella causazione dell'evento lesivo.
Il problema investe naturalmente anche le figure professionali protagoniste
della medicina riabilitativa61: il fisiatra, il fisioterapista, il logopedista, il
terapista occupazionale, ecc., tutti titolari di posizioni di garanzia ai sensi
dell’art. 40 c. 2 c.p., che non è limitata all'ambito strettamente chirurgico, ma si
estende al successivo decorso post-operatorio, con la conseguenza che è ravvisabile la
sua responsabilità ove, terminato l'intervento, si sia allontanato senza avere affidato
il paziente ad altri sanitari, debitamente edotti, in grado di seguire il decorso post
operatorio62.
Merita rilevare, utilizzando solo a mero titolo esemplificativo il rapporto tra
fisiatra e fisioterapista, come sia la stessa normativa vigente a pretendere un
lavoro di team, di equipe, nella riabilitazione: l’art. 1 comma 2 del D.M.
741/1994, prescrive infatti che “…in riferimento alla diagnosi ed alle prescrizioni
del medico, nell’ambito delle proprie competenze, il fisioterapista: a) elabora, anche
in equipe multidisciplinare, la definizione del programma di riabilitazione volto
all’individuazione ed al superamento del bisogno di salute del disabile…”, mentre il
Piano di indirizzo per la riabilitazione, approvato dalla Conferenza Stato
Regioni il 10.2.2011, al capitolo 4 lett. b), in tema di Percorso Riabilitativo
Unico, precisa le figure professionali coinvolte in esso affermandosi che:
“…il team, di cui il responsabile è il medico specialista in riabilitazione, è lo
strumento operativo per il lavoro interprofessionale-disciplinare attuato in
riabilitazione da molti anni.… Il Progetto Riabilitativo Individuale (PRI),
elaborato a livello di team e che ha come responsabile il medico specialista in
riabilitazione, è lo strumento di lavoro che rende l’intervento riabilitativo più
mirato, continuativo ed efficace perché rispondente ai bisogni reali del paziente…Il
team riabilitativo è composto da professionisti che possono essere ricompresi in
differenti specificità in base al percorso formativo…”.
Naturalmente, la multidisciplinarietà della riabilitazione, impone di non
trascurare l’insegnamento, ribadito anche a seguito della Gelli-Bianco63,
secondo il quale la responsabilità penale di ciascun componente di una équipe
medica non può essere affermata sulla base dell'accertamento di un errore

61 Giova rammentare in tale sede che il medico specialista in riabilitazione è un medico

specializzato in medicina fisica e riabilitativa ed equipollenti, ovvero un medico in possesso di


specialità in discipline affini per le quali ha ottenuto, nel rispetto delle normative concorsuali,
l’accesso professionale alla medicina fisica e riabilitazione, ovvero un medico chirurgo in
possesso di specialità in altre discipline che, come da normativa concorsuale, ha anzianità di
servizio in strutture dedicate ad attività riabilitative individuate da questo documento;
62 Cass., sez. IV, 4.7.2018, n. 34835, banca dati de iure;
63 Cass. sez. IV, 20/04/2017, n. 27314, CED Cass. pen. 2017;
64 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

diagnostico genericamente attribuito alla équipe nel suo complesso, ma va legata alla
valutazione delle concrete mansioni di ciascun componente, nella prospettiva di
verifica, in concreto, dei limiti oltre che del suo operato, anche di quello degli altri.
Occorre cioè accertare se e a quali condizioni ciascuno dei componenti dell'équipe,
oltre ad essere tenuto per la propria parte al rispetto delle regole di cautela e delle
leges artis previste con riferimento alle sue specifiche mansioni, debba essere tenuto
anche a farsi carico delle manchevolezze dell'altro componente dell'équipe o possa
viceversa fare affidamento sulla corretta esecuzione dei compiti altrui”, principio
che, nel settore della riabilitazione, trova un evidente limite nella nitida
delimitazione dei compiti spettanti ai componenti del team, in cui soccorso
potrà correre il principio dell’affidamento, posto che: “in caso di intervento
chirurgico in "equipe", il principio per cui ogni sanitario è tenuto a vigilare sulla
correttezza dell'attività altrui…non opera in relazione alle fasi dell'intervento in cui
i ruoli e i compiti di ciascun operatore sono nettamente distinti, dovendo trovare
applicazione il diverso principio dell'affidamento per cui può rispondere dell'errore o
dell'omissione solo colui che abbia in quel momento la direzione dell'intervento o
che abbia commesso un errore riferibile alla sua specifica competenza medica, non
potendosi trasformare l'onere di vigilanza in un obbligo generalizzato di costante
raccomandazione al rispetto delle regole cautelari e di invasione negli spazi di
competenza altrui...”.
Sotto un profilo pratico, le incertezze che ancora oggi caratterizza(va)no
l’esatto perimetro della Gelli-Bianco, hanno determinato una “prudente”
estensione della latitudine applicativa della nuova norma da parte delle
Direzioni Sanitarie, che, per ragioni anche erariali, favoriscono un
contraddittorio a dir poco eccessivo nei casi di sospetta mal-practice,
coinvolgendo tutti gli operatori sanitari che abbiano avuto a che fare con il
paziente, anche senza alcuna incidenza eziologica sull’evento, così come da
tempo prevede la Cassazione, che anche in una recentissima decisione 64, ha
ribadito che, anche qualora ricorra l'ipotesi di cooperazione multidisciplinare,
ancorché non svolta contestualmente, ogni sanitario, compreso il personale
paramedico, è tenuto, oltre che al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza
connessi alle specifiche mansioni svolte, all'osservanza degli obblighi derivanti dalla
convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico, senza che possa
invocarsi il principio di affidamento da parte dell'agente che non abbia osservato
una regola precauzionale su cui si innesti l'altrui condotta colposa, poiché la sua
responsabilità persiste in base al principio di equivalenza delle cause, salva

64 Cass, sez. IV, 13.4.2018, n. 22793, banca dati de iure;


1. Lo “stato dell’arte” sulla colpa penale degli esercenti le professioni sanitarie 65

l'affermazione dell'efficacia esclusiva della causa sopravvenuta, che presenti il


carattere di eccezionalità ed imprevedibilità 65 .
Il professionista della riabilitazione, ora come allora, dovrà in altri termini
non trascurare il rigoroso orientamento di legittimità66 secondo il quale ogni
sanitario non può esimersi dal conoscere e valutare l'attività precedente o
contestuale svolta da altro collega, sia pure specialista in altra disciplina, e dal
controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio ad errori altrui che siano
evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l'ausilio delle comuni
conoscenze scientifiche del professionista medio. L'efficacia esclusiva della causa
sopravvenuta, che deve avere carattere di eccezionalità ed imprevedibilità, si ha solo
allorquando la condotta sopravvenuta abbia fatto venire meno la situazione di
pericolo originariamente provocata o l'abbia in tal modo modificata da escludere la
riconducibilità al precedente garante della scelta operata.
Anche in precedenza, peraltro, la Corte di legittimità aveva affermato che,
fra i componenti dell'equipe può dirsi esistente una sorta di responsabilità
solidale in cui il dovere di diligenza del singolo viene ampliato andando
anche oltre le specifiche mansioni a lui affidate, estendendosi sino al
controllo dell'altrui operato e sugli errori altrui, purché questi si presentino
non settoriali ed evidenti e siano rilevabili con l'ausilio delle conoscenze del
professionista medie. In altre parole, il principio dell'affidamento trova un
limite nel carattere evidente dell'errore, cioè dell'errore che, benché
commesso da un solo sanitario, sia però riconoscibile anche dagli altri
componenti dell'equipe, essendo tale possibilità di riconoscimento rientrante
nel loro bagaglio tecnico-culturale. E, se l'errore non è settoriale, ma è
comune a tutta l'equipe, in quanto tutta l'equipe aveva le conoscenze
tecniche per poterlo riconoscere e per poterlo prevenire o correggere, allora
tutta l'equipe ne dovrà rispondere.
Nulla di nuovo, quindi, sotto questo specifico profilo!

65 (così questa Sez. 4, n. 30991 del 6/2/2015, Pioppo ed altro, rv. 264315, che, in applicazione del
principio, ha confermato la sentenza di condanna nei confronti degli infermieri e
dell'anestesista per le lesioni occorse alla vittima, la quale, in attesa di essere sottoposta ad
intervento chirurgico, era stata posizionata sul lettino operatorio ed era stata girata sul lato,
senza tuttavia essere legata, ed in tale posizione le era stata somministrata l'anestesia, a causa
della quale, sopravvenuto lo stato di incoscienza, era caduta dal letto).
66 Sez. 4, n. 46824 del 26/10/2011, Castellano ed altro, Rv. 252140.
66 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Bibliografia

[1] LEGGE 8 marzo 2017, n. 24 Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona
assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni
sanitarie, (17G00041) (GU Serie Generale n.64 del17-03-2017).
[2] Bizzarri M., Approcci, modalità, strumenti e risultati, Strategia e gestione del rischio
clinico nelle organizzazioni sanitarie, Farina, 2012.
[3] Iso-spread.it.
Prof. Valter Santilli

Linee guida, buone pratiche


ed evidenze scientifiche
in Medicina Fisica e Riabilitativa

Capitolo 2

Buone pratiche e linee guida nell’organizzazione


della Riabilitazione in regime di degenza

Coautori

Rita Procaccianti MD, Marila Servidio MD


Carmelo Fiorentino Mojca MD
2. Buone pratiche
2. Buone e linee guida
pratiche e linee guida
nell’organizzazione della Riabilitazione
nell’organizzazione della Riabilitazione in
in regime di degenza
regime di degenza
Coautori
Coautori
Rita Procaccianti 11 MD, Marila Servidio 22 MD
Rita Procaccianti MD, Marila Servidio MD,
Carmelo Fiorentino Mojca 33 MD
Carmelo Fiorentino Mojca MD
1
Dirigente Medico di I Livello, Medicina Fisica e Riabilitativa, Policlinico Universitario
1 Dirigente Medico di I Livello, Medicina Fisica e Riabilitativa, Policlinico Universitario
“Umberto I”, Roma
“Umberto I”, Roma
2
Medico Fisiatra, già specializzando, Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica
2 Medico Fisiatra, già specializzando - Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e
e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
3Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
Medico Fisiatra, già specializzando, Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica
e Riabilitativa,
3 Medico Sapienza
Fisiatra, Università di Roma
già specializzando - Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e
Riabilitativa, Sapienza Università di Roma

ABSTRACT

Background: Nell’ambito della normativa nazionale e di decreti regionali,


elementi quali la durata degli interventi riabilitativi, la multiprofessionalità
nell’erogazione dell’intervento, la selezione del paziente per i diversi setting
riabilitativi e la tipologia di setting costituiscono importanti criteri per
rendere congruo e appropriato un ricovero in riabilitazione dopo un evento
acuto.
Obiettivi: Obiettivo del nostro studio è stato ricercare nella letteratura
internazionale Linee Guida ed evidenze scientifiche di alcuni elementi che
caratterizzano le principali normative che regolano i ricoveri in riabilitazione
intensiva in postumi di stroke (ictus), amputazione di arti e frattura di anca e
i ricoveri in riabilitazione intensiva ad alta specializzazione dopo evento
acuto di grave cerebrolesione acquisita e mielolesione.
Materiali e metodi: Per la stesura di questo lavoro è stata seguita la PRISMA
check-list [1], escludendo le componenti riguardanti la statistica dei dati. Sono
state selezionate Linee Guida internazionali, nazionali, meta-analisi, revisioni
sistematiche della letteratura e consensus conference pubblicate negli ultimi
10 anni che compaiono sui principali motori di ricerca, che analizzano équipe
riabilitativa (team), durata / quantità / dose della riabilitazione, scale di
misura standardizzate come criterio di inclusione / esclusione per la
riabilitazione, criteri di appropriatezza di inclusione / esclusione della
riabilitazione e setting riabilitativi dopo evento acuto di stroke, amputazione
di arti e frattura di anca, gravi cerebrolesioni acquisite e mielolesioni.
70 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Per ciascun criterio è stato necessario diversificare la ricerca bibliografica per


ciascuna patologia.
Risultati: Per quanto riguarda l’équipe riabilitativa (team) dopo evento acuti
per lo stroke, sono state selezionate 10 linee guida, 2 systematic review; per
l’amputazione di arti 4 linee guida; per la frattura d’anca 1 linea guida; per la
grave cerebrolesione acquisita 3 linee guida e 1 systematic review, 1 Cochrane
review, 1 consensus conference; per la mielolesione non sono stati selezionati
studi.
Per quanto riguarda scale di misura standardizzate come criterio di
inclusione / esclusione per la riabilitazione dello stroke e criteri di
appropriatezza di inclusione / esclusione della riabilitazione e setting
riabilitativi dopo evento acuto di stroke, sono state selezionate 15 linee guida;
per l’amputazione di arti 5 linee guida; per la frattura d’anca 1 linea guida;
per la grave cerebrolesione acquisita 3 linee guida, per la mielolesione 2 linee
guida.
In merito alla durata /quantità / dose di riabilitazione dopo evento acuto di stroke,
sono state selezionate 10 linee guida, 1 review, 1 systematic review, 2 review
Cochrane, 1 protocollo Cochrane; dopo amputazione di arti 4 linee guida;
dopo frattura d’anca 1 linea guida, 1 review Cochrane review e 1 studio trial
randomizzato controllato; dopo grave cerebrolesione acquisita 3 linee guida
e 2 systematic review e 1 review Cochrane, dopo mielolesione 2 linee guida
e 1 systematic review
Conclusioni: La prevalenza delle linee guida e raccomandazioni scientifiche
riguardano lo stroke. Nonostante la presenza di un numero crescente di
pubblicazioni riguardanti i principi che potrebbero normare la riabilitazione,
non è uniforme il grado di evidenza scientifica su aspetti importanti, quale
dose/intensità della riabilitazione nei postumi delle principali patologie oggetto
di ricovero in Italia in riabilitazione intensiva e nella riabilitazione intensiva
ad alta specializzazione, e range di punteggio di scale come strumento di
eleggibilità/esclusione per diversi livelli di assistenza riabilitativa. Sono poche
le evidenze scientifiche che definiscono i criteri di appropriatezza dei ricoveri
in riabilitazione. Sono necessari ulteriori studi scientifici per definire linee
guida e buone pratiche di supporto al Governo Clinico della Riabilitazione su
questi aspetti.
Riguardo l’équipe riabilitativa invece le Linee Guida sono concordi sulla
necessità di team multiprofessionali, in linea con la normativa italiana. Nelle
raccomandazioni scientifiche, così come nel nostro sistema sanitario
riabilitativo, il paziente e la sua famiglia si interfacciano con l’équipe con un
ruolo di centralità. Emerge dalle Linee guida la definizione di ruoli specifici
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 71

solo dell’ambito riabilitativo, come l’infermiere della riabilitazione, parte


integrante del team e attivo nell’intervento riabilitativo.

INTRODUZIONE

La Riabilitazione richiede cultura, strumenti, metodologie, organizzazione e


modalità di governo clinico non mutuabili da quelli applicati in fase acuta [2]
Il design dei servizi clinici riabilitativi è caratterizzato da regole normate a
livello nazionale e da decreti regionali, e a livello internazionale anche da
politiche assicurative, che definiscono aspetti tecnici dell’intervento
riabilitativo, quali la posologia, le figure professionali che erogano la terapia,
la durata, le indicazioni e le controindicazioni in base alla tipologia di
paziente e alla patologia, la sede di erogabilità.
A fronte di tanta chiarezza normativa, la legge dello stato Bianco-Gelli
[3]sulla responsabilità professionale, che come è noto richiede
un’applicazione delle raccomandazioni contenute nelle Linee Guida per
usufruire della non punibilità in caso di imperizia, non esime il Riabilitatore, né
il Programmatore di politiche sanitarie, dalla conoscenza e applicazione di Linee
Guida ed evidenze scientifiche su aspetti tecnici quali “dose” e “durata” di un
intervento riabilitativo, “operatori” di un intervento, indicazione per
“setting” per tipologia di interventi necessari. La necessità di chiarezza di
regole e criteri, oltre che all’ esigenza di rispettare le leggi dello Stato, risponde
a quanto richiesto dal Piano d’indirizzo per la Riabilitazione del Ministero
della Salute del 2011 [4]: “Molteplici direttrici di sviluppo del sistema di
welfare del nostro Paese pongono, come criterio chiave per l'intervento sulla
persona con disabilità, la certezza dei diritti e l'universalismo nell'accesso a
benefici e servizi. Deve essere garantito alla persona con disabilità un modello
di accesso al sistema di welfare chiaro e definito, indipendentemente dall'età
e dalla causa che ha generato la condizione di disabilità, nonché una modalità
di totale partecipazione alla valutazione e alla definizione del progetto
individualizzato”.

2.1. Background

Le “Linee Guida del Ministro della Sanità per le attività di riabilitazione” del
1998 [5] hanno rappresentato un documento di riferimento per quanto
riguarda i principi dell’intervento riabilitativo; in esse si è tentato di porre
ordine nel settore della riabilitazione, attraverso la definizione di una
strategia che provvedesse alla presa in carico del malato, alla sua valutazione,
all’elaborazione di un progetto riabilitativo, all’effettuazione di un preciso
programma di intervento.
72 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Il percorso avviato dalle Linee Guida ha trovato seguito nei LEA approvati
con DPCM 29.11.2001 [6] e nel nuovo Piano di Indirizzo per la riabilitazione,
stipulato con l’Accordo Stato-Regioni del 10 febbraio 2011 [4]. Il DPCM 12
gennaio 2017 [7] definisce i nuovi LEA e sostituisce integralmente il DPCM
29 novembre 2001.
Il panorama dell’organizzazione dei servizi riabilitativi è stato ampliato nel
corso degli anni con diversi decreti regionali, come ad es. nel Lazio [8-10], che
hanno definito più dettagliatamente i criteri di appropriatezza per l’accesso
alla riabilitazione intensiva e alla riabilitazione intensiva ad alta
specializzazione e i criteri di congruità di questi ricoveri, guidando i sistemi
retributivi in ambito regionale ed orientando il design dell’assistenza
riabilitativa.

2.1.1. Équipe riabilitativa (team)


L’équipe o il team è un gruppo di lavoro composto da diverse figure
professionali, che hanno ruoli, funzioni e formazione molto differenti tra loro
per responsabilità, attività e richieste. Il team rappresenta la modalità
operativa di lavoro interprofessionale-disciplinare attuato in riabilitazione da
molti anni, indispensabile per contenere i molteplici parametri della
complessità della Persona presa in cura [2]. Più correttamente, il modello di
lavoro interprofessionale è lo strumento operativo della Riabilitazione orientata
all’outcome, mentre la riabilitazione basata sullo specifico intervento erogato
(process-based rehabilitation) si basa sul Modello di lavoro multiprofessionale
[11].
Già nelle “Linee Guida del Ministero della Sanità per le attività di
Riabilitazione” del 1998 si definisce il ruolo dell’équipe riabilitativa che
elabora Progetto Riabilitativo Individuale, coordinata dal medico
responsabile [5] e nel Piano di Indirizzo per la riabilitazione del 2011 si
evidenzia la necessità di un’organizzazione dell'équipe in team
multidisciplinare e interprofessionale, con definizione del ruolo del
responsabile e della sua connotazione disciplinare [4].

2.1.2. Scale di misura standardizzate come criterio di inclusione /


esclusione per la riabilitazione e criteri di appropriatezza di
inclusione / esclusione della riabilitazione e setting riabilitativi
L’accesso di un paziente nei diversi setting di ricovero riabilitativo in Italia è
normato dalla tipologia di evento acuto solo negli aspetti generali, definiti
dalle “Linee Guida del Ministero della Sanità per le attività di Riabilitazione”
del 1998 [5]e dal “Piano di Indirizzo per la riabilitazione” del 2011[4], mentre
sono più dettagliati i decreti regionali, come quello della Regione Lazio [8-10],
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 73

per esempio, che utilizzano punteggi di scale di valutazione come criteri di


accesso in un setting piuttosto che in un altro. Le patologie trattate in questo
capitolo afferiscono principalmente ai ricoveri di Riabilitazione Intensiva e di
Riabilitazione Intensiva ad Alta Specializzazione. Come da “Linee Guida del
Ministero della Sanità per le attività di Riabilitazione” del 1998, la
riabilitazione intensiva è finalizzata alla presa in carico multicomprensiva di
individui di tutte le età nel recupero funzionale di menomazioni e disabilità
recuperabili il cui trattamento è indifferibile. Tali soggetti richiedono una
tutela medica specialistica riabilitativa ed interventi di nursing ad elevata
specificità articolati nell'arco delle intere 24 ore …, non erogabili in forma
extra ospedaliera, nonché interventi valutativi e terapeutici intensivi (almeno
tre ore di trattamento riabilitativo specifico giornaliero). Nelle stesse Linee
Guida l'episodio di ricovero ordinario in riabilitazione intensiva è ritenuto
appropriato se: a) il paziente è giudicato suscettibile di significativi
miglioramenti funzionali durante il ricovero, cioè si attende il risultato di far
tornare il paziente nella comunità (con o senza supporto) o di farlo progredire
ad un altro livello di cure riabilitative (ambulatoriale, domiciliare ecc.). b) Le
condizioni dei paziente richiedono un ricovero con disponibilità continuativa
nell'arco delle 24 ore di prestazioni diagnostico-terapeutiche-riabilitative ad
elevata intensità (da parte di personale medico e paramedico) ed un
trattamento riabilitativo indifferibile e non erogabile efficientemente in regimi
alternativi. La necessità di tutela medica continuativa è legata ad un alto
rischio di potenziale instabilità clinica, e prevede un contatto diretto regolare
individuale tra paziente e specialista. La necessità di assistenza infermieristica
è legata al bisogno (o al rischio di dover disporre) di un nursing riabilitativo
multiplo o complesso. c) Le condizioni cliniche del paziente sono tali da
permettere un trattamento riabilitativo da somministrarsi con l'approccio
multidisciplinare più adeguato.
Le attività di Riabilitazione Intensiva ad Alta Specializzazione, come da
“Linee Guida del Ministero della Sanità per le attività di Riabilitazione” del
1998, richiedono particolare impegno di qualificazione, mezzi, attrezzature e
personale e sono erogate presso presidi di alta specialità; comprendono le
Unità Spinali Unipolari e le Unità per le Gravi Cerebrolesioni acquisite e i
Gravi Traumi Cranio-encefalici, oltre che le Unità per le disabilità gravi in età
evolutiva e Unità per la riabilitazione delle turbe neuropsicologiche acquisite
(non trattate in questo capitolo). Le Unità Spinali Unipolari (U.S.U.) sono
destinate all'assistenza dei soggetti con lesioni midollari di origine traumatica
e non, sin dal momento dell'evento lesivo ed ha lo scopo di permettere ai
mielolesi di raggiungere il miglior stato di salute ed il più alto livello dì
capacità funzionali compatibili con la lesione. L'Unità per le Gravi
Cerebrolesioni acquisite e i Gravi Traumi Cranio-encefalici sono finalizzate
74 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

alla presa in carico di pazienti affetti da esiti di grave cerebrolesione acquisita


(di origine traumatica o di altra natura) e/o caratterizzata nella evoluzione
clinica da un periodo di coma più o meno protratto (GCS inferiore a 8) e dal
coesistere di gravi menomazioni comportamentali, che determinano
disabilità multiple e complesse, e che necessitano di interventi valutativi e
terapeutici non realizzabili presso altre strutture che erogano interventi di
riabilitazione intensiva [5].

2.1.3. Durata / quantità / dose di riabilitazione


Nel settembre 1982, Medicare 1 istituì il requisito per cui i pazienti in unità
ospedaliere di riabilitazione medica acuta ricevessero un minimo di tre ore al
giorno di terapia fisica e occupazionale combinate. Solo quattro anni dopo,
veniva pubblicato uno studio sulle conseguenze di tale stato funzionale della
polizza, con analisi dei costi e altre misure relative agli outcomes riabilitativi
su un campione di 934 pazienti, prima e dopo l'attuazione del regolamento. I
risultati dello studio concludevano che l'aumento dell’intensità della terapia
di 0,55 ore per paziente giorno (per un aumento di spesa $ 408,000) non aveva
fornito alcun beneficio rilevabile per i pazienti, in termini di miglioramento
dello stato funzionale, organizzazione della vita o altro. Tali risultati
sottolineavano l'importanza di classificare l'intensità della riabilitazione
adeguandola alle diverse esigenze dei pazienti [12].
Le regole originariamente progettate per guidare le politiche di rimborso del
Medicare hanno avuto effetti sostanziali nel plasmare il design dei servizi
clinici [13], compreso quello italiano.
In merito alla quantità di Riabilitazione, già nelle Linee Guida del 1998, per i
pazienti ricoverati in riabilitazione intensiva si definisce la necessità di
interventi valutativi e terapeutici intensivi (almeno tre ore di trattamento riabilitativo
specifico giornaliero). Nel Piano di Indirizzo per la riabilitazione del 2011, si
ribadisce che l'intervento riabilitativo deve essere inteso di almeno tre ore
giornaliere ed è erogato da parte del medico specialista in riabilitazione, dai
professionisti sanitari della riabilitazione e dal personale infermieristico. L'assistente
sociale e lo psicologo possono contribuire per il tempo necessario raggiungimento
dell'orario giornaliero richiesto per l'intervento riabilitativo.
Nei LEA del 2017, l’art. 34 regola i trattamenti di riabilitazione intensiva, rivolti
a persone non autosufficienti in condizioni di stabilità clinica con disabilità
importanti e complesse, modificabili, che richiedono un intervento riabilitativo pari

1MEDICARE è il programma di assicurazione sanitaria americano per le persone dai 65 anni in


su; sotto i 65 anni ne possono usufruire persone con disabilità o patologie specifiche;
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 75

ad almeno tre ore giornaliere e un elevato impegno assistenziale riferibile alla presenza
di personale infermieristico sulle 24 ore [7].
Per "durata /dose/ quantità/tempo trascorso/ intensità" in riabilitazione si
dovrebbe intendere il numero di minuti di riabilitazione forniti, a settimana;
la frequenza della riabilitazione fornita a settimana (ovvero il numero di
giorni settimanali in cui è stata fornita la riabilitazione); il periodo di tempo
durante il quale è stata fornita la riabilitazione o la durata della riabilitazione
[14]. “Intensità di riabilitazione" potrebbe essere anche usato per descrivere
una caratteristica dell’esercizio riabilitativo, come il numero di ripetizioni
eseguite nelle sessioni di trattamento e lo sforzo fisiologico esercitato,
parametri non di interesse di questo lavoro, in cui si analizza il "tempo
trascorso in riabilitazione" o la "dose di riabilitazione" o la "quantità di
riabilitazione" nei ricoveri di riabilitazione successivi agli eventi acuti “stroke-
ictus”, “amputazione di arti”, “ frattura di anca”, “gravi cerebrolesioni” e
“mielolesioni” [14].

2.2. Obiettivi

Gli obiettivi del seguente capitolo sono quelli di ricercare le linee guida e le
evidenze scientifiche in tema di elementi della riabilitazione presenti nella
normativa nazionale e in alcuni decreti regionali relativamente ai ricoveri in
riabilitazione intensiva e in riabilitazione intensiva ad alta specializzazione.
In particolare:
- Équipe riabilitativa (team);
- Scale di misura standardizzate come criterio di inclusione / esclusione per la
riabilitazione e criteri di appropriatezza di inclusione / esclusione della
riabilitazione e setting riabilitativi;
- Durata / quantità / dose di intervento riabilitativo,

nella riabilitazione di pazienti in postumi di stroke (ictus), amputazioni d’arto


superiore ed inferiore, fratture d’anca (patologie frequenti nei ricoveri di
riabilitazione intensiva) gravi cerebrolesioni acquisite, lesioni midollari
(patologie dei ricoveri di riabilitazione intensiva ad alta specialità).

2.3. Materiali e metodi

La stesura di questo capitolo è stata effettuata utilizzando una versione


modificata della PRISMA check-list, adattata alla ricerca di Linee Guida e,
pertanto, escludendo gli item riguardanti la statistica dei dati.
76 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Sono state selezionate linee guida nazionali ed internazionali, meta-analisi,


revisioni sistematiche della letteratura e consensus conference con i criteri di
PRISMA check-list (escludendo le componenti riguardanti la statistica dei
dati) pubblicate negli ultimi 10 anni che associano:
- Équipe riabilitativa (team);
- Scale di misura standardizzate come criterio di inclusione / esclusione per la
riabilitazione e criteri di appropriatezza di inclusione / esclusione della
riabilitazione e setting riabilitativi;
- Durata / quantità / dose di riabilitazione,

alle patologie oggetto di ricovero in riabilitazione in riabilitazione intensiva:


- Stroke (ictus);
- Amputazioni d’arto superiore ed inferiore;
- Frattura d’anca,
e in riabilitazione intensiva ad alta specializzazione:
- Gravi cerebrolesioni acquisite;
- Mielolesioni,
che compaiono sui principali motori di ricerca (Medline, PEDro, Cochrane
database).
Sono stati considerati i lavori pubblicati negli ultimi 10 anni, fino a giugno
2018, basati su evidenze di letteratura scientifica, con raccomandazioni
formulate secondo sistemi di gradazione del livello di evidenza scientifica
descritti e la classe di raccomandazione, redatte in lingua inglese o italiana,
rispettando i criteri di multidisciplinarietà (MD), multiprofessionalità (MP), e
segnalando la presenza di associazione di pazienti nel gruppo di lavoro. Si è
prestata attenzione all’ utilizzo del sistema AGREE per le linee guida,
PRISMA per le meta-analisi e le revisioni sistematiche, CONSORT per gli
RCT, come indici di qualità dei lavori.
Sono stati esclusi i lavori citati e presi in considerazione nella stesura di
raccomandazioni nelle linee guida e le linee guida delle quali esiste una
versione più aggiornata. È stato verificato che negli studi scientifici e nelle
linee guida sia dichiarata un’assenza di conflitto di interesse.
La ricerca è stata condotta a giugno 2018 utilizzando le seguenti parole chiave
“team”, “équipe”, “multidisciplinary”, “interdisciplinary”,
“transdisciplinary”, “eligibility criteria”, “evaluation scales”, “assessment”,
“dose”, “intensity”, “time spent”, “minutes- hours” associate singolarmente a
“stroke”, “amputation”, “fracture hip”, “acquired brain injuries (ABI)”,
“traumatic brain injury (TBI)” “spinal cord injury (SCI)”;
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 77

Sono stati inoltre utilizzati i seguenti filtri: linee guida, metanalisi, review
sistematiche, review pubblicate negli ultimi 10 anni, riguardanti soggetti
umani in età adulta (Fig. 2.1.).

n. 112 lavori identificati

15 lavori eliminati per duplicati 40lavori esclusi

57 lavori sottoposti a screening

49 lavori inclusi

Fig. 2.1. Flow chart PRISMA Statement.

2.4. Risultati

Per Équipe riabilitativa (team) sono state selezionate 10 linee guida, 2


systematic review dopo evento acuto di stroke-ictus; 4 linee guida dopo
evento acuto di amputazione di arti; 1 linee guida dopo evento acuto di
frattura d’anca; 3 linee guida, 1 systematic review, 1 review Cochrane, 1
Consensus Conference dopo evento acuto di grave cerebrolesione acquisita;
nessuno studio dopo evento acuto di mielolesione.
Per quanto riguarda scale di misura standardizzate come criterio di
inclusione / esclusione per la riabilitazione dello stroke e criteri di
appropriatezza di inclusione / esclusione della riabilitazione e setting
riabilitativi dopo evento acuto di stroke, sono state selezionate 15 linee guida;
per l’ amputazione di arti sono state selezionate 5 linee guida; per la frattura
d’anca è stata selezionate 1 linea guida; per la grave cerebrolesione acquisita
sono state selezionate 3 linee guida, per la mielolesione sono state selezionate
2 linee guida.
Per la durata / quantità / dose di riabilitazione sono state selezionate 10 linee
guida, 1 review, 1 systematic review, 2 review Cochrane e un protocollo
Cochrane dopo evento acuto di stroke-ictus; 4 linee guida dopo l’evento acuto
di amputazione di arti; 1 linee guida, 1 review Cochrane e un trial
randomizzato controllato dopo evento acuto di frattura d’anca; 3 linee guida,
2 systematic review, 1 review Cochrane dopo vento acuto di cerebrolesione;
78 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

2 linee guida, 1 systematic review e 1 review Cochrane dopo evento acuto di


lesione midollare.

2.4.1. Équipe riabilitativa (team)

2.4.1.1. Linee guida dopo evento acuto Stroke

Tabella 2.1.
Gradi di
Organizzazione / Linee guida Anno MP PZ L.E. raccoman.
Società MD (NHMRC)
[26] †
USA
DVA/DoD AHA VA / DoD Clinical 2010 Sì Level A-C, I, GPP‡
Department of Veterans Practice Guideline 1-4‡
Affairs, Department of for the
Defense And The American Management of
Heart Association / Stroke Rehab., 2010.
American Stroke
Association [15].
AHA / ASA 2018 Guidelines for 2018 Sì Level A-C‡
(American Heart the Early A-C
Association / American Management of Level §
Stroke Association) [16]. Patients With Acute 1–4‡
Ischemic Stroke.
CANADA
CSBPR (Canadian Stroke Canadian Stroke 2016 Sì Sì Levels A-C,GPP‡
Best Practice Best Practice 1-4‡
Recommendations) [17]. Recommendations:
Stroke
Rehabilitation
Practice Guidelines,
Update 2015.
AUSTRALIA
NUOVA ZELANDA
Stroke Foundation [18]. DRAFT Clinical 2017 Sì Levels A-D, GPP
Guidelines for 1-4
Stroke
Management
SFNZ (Stroke Foundation of Clinical Guidelines 2010 Sì Levels A-D, GPP
New Zealand) and NZGG for Stroke 1-4
(New Zealand Guidelines Management 2010.
Group) [19].
EUROPA
ESO (European Stroke Guidelines for 2008 Sì Level A-C, GPP‡
Organization) [20]. Management of s 1-4‡
Ischaemic
Stroke and
Transient Ischaemic
Attack, 2008.
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 79

Evidence-Based 2009 Level E‡


Quinn TJ, Paolucci S, Stroke s 1-4‡
Sunnerhagen KS, et al. [21] Rehabilitation: an
expanded guidance
document from the
ESO Guidelines for
Management of
Ischaemic
Stroke and
Transient
Ischaemic Attack.
Royal College of Physicians National Clinical 2016 Sì Sì Level E‡
Intercollegiate Stroke Guideline for s 1-3‡
Working Party Stroke.
London [22].
SIGN Management of 2010 Sì Level A-D, GPP
(Scottish Intercollegiate patients with s 1-4
Guidelines Network) [23]. stroke: Rehab.,
prevention and
management of
complications, and
discharge planning
A national clinical
guideline.

NICE Stroke 2013 Sì Sì Level E‡


(National Institute for Rehabilitation In s 1-
Health and Care Excellence) Adults Clinical 3.2‡
[24]. Guideline.

Stroke 2013
Rehabilitation:
long-term
rehabilitation after
stroke.
ISO (Italian Stroke Ictus Cerebrale: 2016 Sì Sì GRADE
Organization) Linee Guida variato
SPREAD (Stroke Prevention Italiane di
and Educational Awareness prevenzione e
Diffusion) [25]. trattamento.

Tab. 2.1. MP / MD: Multidisciplinare / Multiprofessionale; PZ: Partecipazione pazienti; L.E.:


Livelli di evidenza; *Level of evidence 1: A systematic review; meta-analyses of RCTs; well-powered
RCTs. Level 2: An RCT. Level 3–1: A pseudo-RCT, that is, alternate allocation. Level 3–2: A comparative study
with concurrent controls: non-randomised experimental trial, cohort study, case–control study, interrupted
time series with a control group. Level 3–3: A comparative study without concurrent controls: historical control
study, two or more single-arm studies, interrupted time series without a parallel control group. Level 4: Case
studies; a cross-sectional study or case series. †Grade of the recommendation: Grade A: Body of evidence can
be trusted to guide practice (level 1 or 2 studies with low risk of bias). Grade B: Body of evidence can be trusted
to guide practice in most situations (level 1 or 2 studies with low risk of bias, level 1 or 2 studies with moderate
risk of bias). Grade C: Body of evidence provides some support for recommendation(s) but care should be
taken in its application (level 3 studies with low risk of bias, level 1 or 2 studies with moderate risk of bias).
Grade D: Body of evidence is weak and recommendation must be applied with caution (level 4 studies or level
1–3 studies with high risk of bias). Grade I: Insufficient information to formulate a recommendation. Grade E:
Nil grade system used, alternative approach based on evidence strength and consensus of the guideline
development group. ‡Level of evidence and/or grading system converted to NHMRC (National
Health and Medical Research Council) 2008 classification of evidence § American College of
Cardiology/ American Heart Association 2015 Class of Recommend. and Levels of Evidence and
the new American Heart Association guidelines format;
80 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

2.4.1.1.1. VA / DoD2 Clinical Practice Guideline: Management of Stroke


Rehabilitation, 2010
- Raccomandazioni
 Una valutazione multidisciplinare dovrebbe essere fatta e documentata per
tutti i pazienti [A] (7.1.2);
 Il team multidisciplinare può essere composto da medico, infermiere,
fisioterapista, terapista occupazionale, kinesiotherapist, logopedista,
psicologo, recreational therapist, assistente sociale, paziente e famiglia /
assistenti (7.1.8);
 Il team clinico e la famiglia / caregiver dovrebbero prendere decisioni
condivise riguardo al programma di riabilitazione (7.3.4);
 Il programma di riabilitazione dovrebbe essere guidato da obiettivi specifici
sviluppati in accordo con il paziente, la famiglia e il team riabilitativo (7.3.5).

2.4.1.1.2. AHA / ASA3 Guideline: 2018 Guidelines for the Early Management of
Patients with Acute Ischemic Stroke, 2018
 Si raccomanda che la riabilitazione precoce nei pazienti colpiti da ictus
ricoverati sia fornita in ambienti con assistenza organizzata e
interprofessionale per l'ictus (COR I LOE A) (4.11.1);
 È raccomandata una valutazione funzionale dei pazienti con ictus acuto con
deficit funzionali da parte di un medico con esperienza in riabilitazione (COR
I LOE C-LD) (4.11.5).

2.4.1.1.3. Debbie Hebert et al., Canadian stroke best practice recommendations:


Stroke rehabilitation practice guidelines, update 2015, 2016
 Il nucleo del team riabilitativo dovrebbe includere fisiatri, altri medici con
esperienza / formazione sulla riabilitazione dell’ictus, terapisti occupazionali,
fisioterapisti, logopedisti, infermieri, assistenti sociali e dietologi (Livello di
evidenza A);
 Il paziente e la sua famiglia sono inclusi come parte del nucleo del team
(Livello di evidenza C);
 Altri membri del team possono includere recreation therapists, psicologi,
vocational therapists, educational therapists, kinesiologists e assistenti di
terapia riabilitativa (Livello di evidenza C);
 Tutti gli operatori del team riabilitativo dovrebbero avere una formazione
specializzata sull'ictus (Livello di evidenza C).
 Tutti i membri del team dovrebbero essere in grado di interagire con i
pazienti con limitazioni di comunicazione come l'afasia (Livello di evidenza
C);
 Il team della riabilitazione dell'ictus deve condurre almeno una riunione
interprofessionale formale a settimana, durante la quale vengono identificati

2 Department of Veterans Affairs (VA) and The Department of Defense (DoD);


3 American Heart Association / American Stroke Association;
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 81

i problemi riabilitativi, vengono definiti gli obiettivi, sono monitorati i


progressi e pianificata l’assistenza dopo la dimissione (Livello di evidenza B);
 Tutti i pazienti che necessitano di riabilitazione ospedaliera dopo ictus
devono essere trattati in un centro specializzato sulla riabilitazione dell’ictus
(Livello di evidenza A), caratterizzato dai seguenti elementi:
- La riabilitazione è formalmente coordinata e organizzata (Livello di
evidenza A);
- L'unità di riabilitazione è definita geograficamente (Livello di evidenza
A);
- L'unità di riabilitazione è gestita da un team riabilitativo
interprofessionale composto da medici (fisiatra, neurologo o altro
medico con esperienza / formazione specifica in riabilitazione dell’ictus),
infermieri, fisioterapisti, terapisti occupazionali, logopedisti, assistenti
sociali e dietologi (Livello di evidenza di A);
- Il team può includere altri operatori quali farmacologi, pianificatori di
dimissione o case manager, (neuro)psicologi, specialisti in cure
palliative, terapisti per attività ricreative e professionali, assistenti di
terapia, assistenti spirituali, gruppi di sostegno (Livello di evidenza B);
- Il team di riabilitazione interprofessionale segue le buone pratiche
basate sull’evidenza scientifica come definito dalla corrente linee guida
di pratica clinica basate sul consenso (Livello di evidenza B);
 Quando non è possibile accedere ad una unità di riabilitazione specializzata
sull’ictus, l’alternativa migliore è la riabilitazione in centro di riabilitazione
generico, (dove sono ricoverati pazienti disabili per postumi di varie
patologie, tra cui l’ictus), dove sono presenti in reparto o per consulenza il
fisiatra, il terapista occupazionale, il fisioterapista e il logopedista (Livello di
evidenza B);
 Il team riabilitativo interprofessionale dovrebbe valutare i pazienti entro 48
ore dall'accettazione e sviluppare e documentare un completo piano di
riabilitazione individualizzato in base alla gravità dell’ictus, ai bisogni e agli
obiettivi del paziente, alle migliore evidenze scientifiche disponibile e al
giudizio clinico (Livello di evidenza C);
 Il team interprofessionale dovrebbe svolgere almeno una riunione formale a
settimana per discutere i progressi e i problemi, gli obiettivi riabilitativi e
quanto necessario per la dimissione (Livello di evidenza B);
 Programmi riabilitativi personalizzati dovrebbero essere regolarmente
aggiornati sulla base della rivalutazione delle condizioni del paziente
(Livello di evidenza C);
 I medici dovrebbero utilizzare strumenti di valutazione standardizzati per
valutare menomazioni, limitazioni di attività funzionale e restrizioni alla
partecipazione dei pazienti con ictus (Livello di evidenza C).
82 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

2.4.1.1.4. Stroke Foundation (Australia): DRAFT Clinical Guidelines for Stroke


Management, 2017
- Stroke unit
 Tutti i pazienti con ictus dovrebbero essere ricoverati in ospedale e trattati in
una unità di ictus con un team interdisciplinare (Raccomandazione forte).
- Valutazione per la riabilitazione
 Ogni paziente colpito da ictus deve essere valutato nella prima settimana in
merito al bisogno riabilitativo dal team multidisciplinare, utilizzando lo
strumento di valutazione per la riabilitazione (Assessment for Rehabilitation
Tool-REF).

2.4.1.1.5. Stroke Foundation of New Zealand - New Zealand Clinical Guidelines for
Stroke Management 2010, 2010
- Raccomandazioni
 Tutte le persone ricoverate in ospedale con un ictus, dovrebbero essere gestite
in una stroke unit da un team di operatori sanitari con esperienza in ictus e
riabilitazione (GRADE V);
 Il team interdisciplinare dell’ictus dovrebbe incontrarsi regolarmente
(almeno una volta alla settimana) per discutere la valutazione di nuovi
pazienti, rivalutare il programma e verificare gli obiettivi, pianificare la
dimissione (GRADE C) (1.8).

2.4.1.1.6. European Stroke Organization (ESO), Linee guida per la gestione dell’ictus
ischemico e dell’attacco ischemico transitorio, 2008
- Raccomandazioni
 Il ricovero in Stroke Unit è indicato per tutti i pazienti con ictus in modo da
ricevere una riabilitazione multidisciplinare coordinata (Classe I, Livello A);
 La dimissione precoce dalla Stroke Unit è indicata nei pazienti stabili con
disturbo lieve o moderato, a patto che venga offerta una riabilitazione da
un’equipe multidisciplinare con esperienza nell’ictus (Classe I, Livello A).

I risultati degli studi condotti sulle Stroke Unit sono a favore delle équipe
multidisciplinari coordinate con esperienza nella cura dell’ictus. La
composizione di queste équipe non è formalmente prescritta, ma solitamente
include medici specialisti, infermieri, fisioterapisti, terapisti, occupazionali e
logopedisti.

2.4.1.1.7. Royal College of Physicians: National clinical guideline for stroke - 5th
edition 2016 - NICE ACCREDITATE
- Raccomandazioni:
 Un'unità di riabilitazione dell’ictus dovrebbe avere un unico team
multidisciplinare che includa specialisti in:
- Medicina;
- Assistenza infermieristica;
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 83

- Fisioterapia;
- Terapia occupazionale;
- Logopedia;
- Dietologia;
- Neuropsicologia clinica / psicologia clinica;
- Assistenza sociale;
- Ortesi;
- Facile accesso a servizi di farmacia, ortesi, assetti posturali e sedute,
tecnologia di assistenza e informazioni, consulenza e supporto per le persone
con ictus e la loro famiglia / assistenti (2.4.1.J).
 Una struttura che eroga trattamenti per pazienti ricoverati dovrebbe
includere:
- un'unità geograficamente definita;
- un team multidisciplinare coordinato che si incontra almeno una volta alla
settimana per lo scambio di informazioni sui pazienti ricoverati con ictus;
- informazioni, consulenza e supporto per le persone con ictus e i loro
familiari / assistenti;
- protocolli di gestione per problemi più comuni, basati sulle migliori
evidenza disponibili;
- rete e protocolli per il trasferimento ad altri servizi di ricovero per ictus,
team per la dimissione precoce e servizi sul territorio; (2.4.1.K).
 Il team multidisciplinare dell’ictus dovrebbe far praticare al paziente le
abilità funzionali acquisite durante la terapia quotidiana, (in continuità con
questa), e le persone con ictus dovrebbero essere supportate nel praticare il
più possibile le loro attività (2.11.C);
 Il personale sanitario che supporta le persone con ictus per praticare le loro
attività dovrebbe farlo sotto la guida di un terapista qualificato. (2.11.D).

2.4.1.1.8. SIGN4: Management of patients with stroke: Rehabilitation, prevention and


management of complications, and discharge planning, a national clinical guideline,
2010
 I pazienti con ictus che necessitano di ricovero in ospedale dovrebbero essere
ricoverati in stroke unit fornita di un team multidisciplinare coordinato
specializzato nella cura dell'ictus A;
 L'equipe multidisciplinare di base dovrebbe includere adeguati livelli di
assistenza infermieristica, medica, di fisioterapia, di terapia occupazionale,
di logopedia e di assistenza sociale B.

- Altre discipline sono regolarmente coinvolte nella gestione dei pazienti


colpiti da ictus, tra cui:
 Psicologi clinici;
 Dietologi;
 Oftalmologi;

4 Scottish Intercollegiate Guidelines Network;


84 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

 Ortesisti;
 Psichiatri.

- Assistenza infermieristica
 I pazienti ricoverati con ictus dovrebbero essere trattati 24 ore al giorno da
infermieri specializzati sull’ictus e in una stroke unit B (6.1).

- Assistenza medica
 Consulenti con preparazione sull'ictus, dopo un'adeguata formazione e
adeguata e continuativa esperienza professionale, possono coordinare
servizi o unità di ictus D (6.2).

- Fisioterapia
 Tutti i pazienti che hanno difficoltà di movimento dopo l'ictus dovrebbero
essere trattati da un fisioterapista specializzato in ictus. Il trattamento di
fisioterapia deve essere basato su una valutazione dei problemi specifici di
ciascun paziente D (6.3).

- Logopedia
 I logopedisti dovrebbero essere coinvolti nella gestione dell'ictus in tutte le
fasi del processo di recupero e dovrebbero collaborare strettamente con tutti
i professionisti sanitari, con enti esterni, sia istituzionali che volontari, con il
paziente e i suoi assistenti. D (6.4).

- Terapia occupazionale
 Tutti i pazienti con problemi relativi alle attività di vita quotidiana dopo
l'ictus dovrebbero essere trattati da un terapista occupazionale con
conoscenze e competenze specifiche in ambito neurologico. Il trattamento
della terapia occupazionale dovrebbe essere basato sul una valutazione di
ogni specifico problema del paziente B (6.5).

- Assistenza Sociale
 L’assistente sociale dovrebbe essere un membro del team multidisciplinare e
dovrebbe avere un ruolo chiave nel processo di pianificazione della
dimissione D (6.6).

2.4.1.1.9. NICE5: Stroke Rehabilitation in Adults - Clinical Guideline, 2013


- Stroke units
 Le persone con disabilità dopo l'ictus dovrebbero ricevere la riabilitazione in
unità di degenza specializzate sull’ictus e successivamente a livello
territoriale e distrettuale (community) da un team specializzato sull’ictus
(1.1.1);

5 National Institute for Health and Care Excellence;


2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 85

 Il nucleo del team multidisciplinare: il team multidisciplinare di


riabilitazione dell’ictus dovrebbe comprendere, di base, i seguenti
professionisti, con esperienza nella riabilitazione dell'ictus:
- Medici consulenti;
- Infermieri;
- Fisioterapisti;
- Terapista occupazionale;
- Logopedisti;
- Psicologi clinici;
- Assistenti di riabilitazione;
- Assistenti Sociali (1.1.3);

 In tutto il percorso assistenziale, i ruoli e le responsabilità del team


multidisciplinare di riabilitazione dell’ictus dovrebbero essere chiaramente
documentati e comunicati al paziente e alla sua famiglia e a tutto il personale
sanitario (1.1.4);
 I componenti del team multidisciplinare dell’ictus dovrebbero sottoporre il
paziente a valutazione delle diverse menomazioni e disabilità, per informare
ed orientare successive valutazioni e trattamento (1.1.5).

2.4.1.1.10. SPREAD6: Ictus cerebrale: linee guida italiane di prevenzione e


trattamento 8° edizione, 2016
 Entro le prime 48 ore dal ricovero è raccomandato attivare il team a cui
compete la presa in carico riabilitativa del paziente che ha subito un ictus
(Raccomandazione Forte a favore) (14.1);
 È raccomandato offrire al paziente livelli di intensità del trattamento
riabilitativo adeguati alle condizioni cliniche ed alle potenzialità di recupero
attraverso il Progetto Riabilitativo Individuale, articolato in programmi
applicati dalle figure professionali disponibili ed appropriate (medico,
fisioterapista, logopedista, neuropsicologo, terapista occupazionale ed
infermiere) (Raccomandazione Forte a favore) (14.5);
 In presenza di afasia è raccomandata la presa in carico logopedica al fine di
garantire una dettagliata valutazione e un trattamento adeguato
(Raccomandazione Forte a favore) (14.16).

Tabella 2.2. Raccomandazioni delle Linee Guida dopo evento acuto stroke.
N° Linee Guida Raccomandazioni
VA / DoD Team multidisciplinare [A].
1
AHA / ASA Assistenza organizzata e interprofessionale COR I- LOE
2
A.
Canadian stroke best practice Team riabilitativo interprofessionale livello A.
3
recommendations
Stroke Foundation, Australia Team interdisciplinare Racc. forte.
4

6 Stroke Prevention and Educational Awareness Diffusion;


86 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Stroke Foundation of New


5 Team interdisciplinare.
Zealand
European Stroke Organization Riabilitazione multidisciplinare coordinata Classe I, Livello
6
(ESO) A.
Royal College Of Physicians Team multidisciplinare.
7
SIGN
8 Team multidisciplinare [A].
NICE
9 Team multidisciplinare.
SPREAD Team riabilitativo interdisciplinare.
10
Tab. 2.2. Raccomandazioni delle Linee Guida dopo evento acuto stroke.
NB: le Linee Guida 1, 3, 6, 7, 8, 9 elencano i componenti del team, composto da più professionisti:
pertanto è possibile definire questi team multi-professionale / inter-professionale, più
correttamente che multi-disciplinare / inter-disciplinare.

2.4.1.2. Meta-analisi e revisioni sistematiche dopo evento acuto Stroke

Studio Anno Tipologia


Evidence-based review of stroke 2018 Revisione aggiornata delle evidenze
rehabilitation (SREBR) [27]. nella riabilitazione dell'ictus a cura
del Ministry of Health and Long-Term
Care and the Heart and Stroke
Foundation of Ontario.
Systematic review of clinical practice 2018 Systematic review; analizza 20 linee
guidelines to identify recommendations guida selezionate con strumento
for rehabilitation after stroke and other AGREE-II.
acquired brain injuries [28].
Tab. 2.3. Studi scientifici selezionati che trattano team / équipe riabilitativa dopo evento acuto
stroke.

2.4.2.2.1. SREBR7 - Robert Teasell et al.: Evidence-based review of stroke


rehabilitation EBRSR, 18th Edition, 2018
- Unità di riabilitazione subacuta
 Sulla base dei risultati delle meta-analisi, c'è evidenza di Livello 1a che la
riabilitazione interdisciplinare specializzata fornita in fase subacuta è
associata a riduzione della mortalità, ma non a ridotta istituzionalizzazione
o durata del ricovero, rispetto alle cure convenzionali di un reparto di
medicina generale (5).

- Intensità della terapia


 C'è evidenza di livello 1a che una terapia aggiuntiva sostenuta dal caregiver
porta a un miglioramento funzionale risultati rispetto alla sola terapia
convenzionale (6).

- Nella riabilitazione dello stroke SEVERO


Lo Stroke severo è caratterizzato da perdita di coscienza con grave emiparesi o
paresi bilaterale all'esordio; punteggio iniziale FIM® < 40 o punteggio FIM® negli

7 Stroke Rehabilitation Evidence-Based Review;


2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 87

items motori < 37; alto rischio di dimissione a domicilio per deficit motori,
cognitivi, sensitivi e di comunicazione, o una combinazione di questi.
 C’è evidenza di livello 1a che la riabilitazione interdisciplinare specializzata
sull’ ictus riduce la mortalità in pazienti con stroke severo rispetto ai
programmi di riabilitazione generale;
 C'è evidenza di livello 1b e limitato livello 2 che indica che i pazienti con
stroke severo che accedono a programmi di riabilitazione multidisciplinare
specializzata in stroke hanno più probabilità di dimissione a domicilio;
 Ci sono prove conflittuali di livello 1a e livello 2 relative all'effetto di
programmi specialistici di riabilitazione interdisciplinare sulla durata dei
ricoveri ospedalieri;
 Ci sono evidenze contrastanti di livello 4 relative ai miglioramenti funzionali
dei pazienti con stroke severo dopo la riabilitazione ospedaliera specialistica
interdisciplinare.

2.4.1.2.2. Jolliffe L., et al.: Systematic review of clinical practice guidelines to identify
recommendations for rehabilitation after stroke and other acquired brain injuries,
2018
È una revisione completa di 20 linee guida di pratica clinica, pubblicate da
gennaio 2006, in lingua inglese, di tutte le condizioni di lesioni cerebrali
acquisite, che ha identificato 2.088 raccomandazioni per le migliori pratiche
in riabilitazione. (12 linee guida per l'ictus, 4 per le lesioni cerebrali
traumatiche, le restanti 4 linee guida specifiche per disciplina (terapia
occupazionale n = 2, infermieristica n = 1, trattamento farmacologico n = 1).
L’approccio multidisciplinare nell’assistenza ai pazienti con stroke acquisite
è stata trattata nelle seguenti linee guida selezionate:
- DVA/DoD AHA, Department of Veterans Affairs/Department of Defence American;
- Miller et al., Comprehensive Overview of Nursing and Interdisciplinary
Rehabilitation Care of the Stroke Patient: a scientific statement from the American
Heart Association;
- Weinstein et al. Guidelines for Adult Stroke Rehabilitation and Recovery: a guideline
for healthcare professionals from the American Heart Association / American Stroke
Association;
- SFNZ and NZGG, Stroke Foundation of New Zealand and New Zealand Guidelines
Group, Clinical Guidelines for Stroke Management 2010;
- Aquired Brain Injury Knowledge Uptake Strategy (ABIKUS) guideline development
group, Evidence based recommendations for rehabilitation of moderate to severe
acquired brain injury, 2007;
- CSS Canadian Stroke Strategy, Canadian Stroke Best Practice Recommendations:
stroke rehabilitation practice guidelines, update 2015, Canadian stroke strategy best
practices and standards writing group. Ottawa, Ontario Canada: Canadian Stroke
Network, 2016;
- RNAO, Registered Nurses’ Association of Ontario (RNAO), Stroke Assessment
across the Continuum of Care 2011 supplement. 2011 (accessed Nov 2016), +
88 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Registered Nurses’ Association of Ontario (RNAO), Nursing Best Practice Guideline:


Stroke assessment across the continuum of care, 2005;
- ESO, European Stroke Organisation (ESO) Executive Committee, Guidelines for
management of ischaemic stroke and transient ischaemic attack 2008, Cerebrovasc Dis
2008;
- Evidence-based stroke rehabilitation: an expanded guidance document from the
European Stroke Organisation (ESO) guidelines for management of ischaemic stroke
and transient ischaemic attack 2008;
- Quinn T.J. et al., Intercollegiate Stroke Working Party, National Clinical Guideline
for Stroke. London: Royal College of Physicians, 2012;
- ISWP Intercollegiate Stroke Working Party. National Clinical Guideline for Stroke,
London: Royal College of Physicians, 2012;
- NICE National Clinical Guideline Centre - Stroke Rehabilitation: Long-Term
Rehabilitation after Stroke, London: NICE, 2013, Clinical guideline no. 162;
- SIGN, 2 Scottish Intercollegiate Guidelines Network (SIGN), Brain Injury
Rehabilitation in Adults: a national clinical guideline, Edinburgh: SIGN, 2013.
Publication 130;
- Scottish Intercollegiate Guidelines Network (SIGN), Management of patients with
stroke: identification and management of dysphagia: a national clinical guideline,
Edinburgh: SIGN, 2010, Publication 119;
- SIGN, 10 Scottish Intercollegiate Guidelines Network (SIGN), Management of
patients with stroke: rehabilitation, prevention and management of complications,
and discharge planning, A national clinical guideline, Edinburgh: SIGN, 2010,
Publication 118.
Conclusioni:
 La categoria più comune di raccomandazione riguardo l'organizzazione dei
servizi in 18 linee guida è stato l’utilizzo di un modello di team
multidisciplinare (l'88% ha fornito raccomandazioni), seguito da procedure /
organizzazione di servizi di riabilitazione (il 67% ha fornito
raccomandazioni).
 È degno di nota che le linee guida più recenti stanno rimuovendo dalla linea
guida le raccomandazioni relative all'organizzazione dei servizi,
rimandando i lettori ai contesti dei servizi di stroke nazionali.

Tabella 2.4. Raccomandazioni di meta-analisi e revisioni sistematiche dopo evento acuto


stroke.
Titolo Evidenze
Evidence-based review of stroke Riabilitazione interdisciplinare specializzata fornita in
rehabilitation (SREBR). fase subacuta è associata a riduzione della mortalità
Livello 1.
Systematic review of clinical Categoria più comune di raccomandazione riguardo
practice guidelines to identify organizzazione dei servizi in 18 linee guida è utilizzo di
recommendations for un modello di team multidisciplinare.
rehabilitation after stroke and
other acquired brain injuries.
Tab. 2.4. Raccomandazioni di meta-analisi e revisioni sistematiche dopo evento acuto stroke.
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 89

2.4.1.3. Linee guida dopo evento acuto amputazione di arti

Società / LINEA GUIDA Anno Multi- Assoc. GRADE


Autori disciplin. pazienti
VA / DoD [29] Clinical practice guideline for the GRADE
management of upper extremity 2014 Sì Sì USPSTF+
amputation rehabilitation.
VA / DoD [30] Clinical practice guideline for
rehabilitation of individuals with 2017 Sì Sì GRADE
lower limb amputation.
BACPAR8 Evidence Based Clinical Guidelines Delphi
[31] for the Physiotherapy 2012 No No consensus
Management of Adults with Lower method
Limb Prostheses.
Netherlands Guideline amputation and
Society of prosthetics of the lower 2012 Sì Sì No
PRM9 [32] extremities.
Tab. 2.5. Linee guida selezionate che trattano team / équipe riabilitativa dopo evento acuto
amputazione di arti. +: U.S. Department of Veteran Affairs, Department of Defense. Guideline
for guidelines. Veterans Health Administration, Office of Quality & Performance, Evidence
Review Subgroup; Revised April 10, 2013.

2.4.1.3.1. VA / DoD: Clinical practice guideline for the management of upper


extremity amputation rehabilitation, 2014
- Raccomandazione (team)
 Un team di assistenza interdisciplinare nell'amputazione, incluso il paziente,
la famiglia e /o l’assistente / i, è raccomandato nella gestione di tutti i pazienti
con amputazione dell'arto superiore [EO] (1.1).

- L'approccio del team di assistenza è un approccio multidisciplinare guidato


dal medico, incentrato sul paziente per fornire un piano di trattamento
completo. L'approccio del team di assistenza per i pazienti con amputazione
degli arti superiori, coinvolge:
 Medici della riabilitazione;
 Anestesisti;
 Chirurghi (specialisti della mano, ortopedici, chirurghi plastici);
 Specialisti della salute mentale e comportamentale;
 Case manager;
 Infermieri;
 Terapisti occupazionali e fisioterapisti;
 Terapisti della riabilitazione alla guida;
 Protesisti certificati;
 Recreational therapist;
 Assistenti sociali;
 Gruppi di sostegno;
 Altri.

8 British Association of Chartered Physiotherapists in Amputee Rehabilitation;


9 Physical and Rehabilitation Medicine;
90 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

- Raccomandazione:
 Verifiche e valutazioni interdisciplinari complete dovrebbero essere condotte
durante ciascuna delle prime tre fasi di cura (perioperatoria, pre-protesica e
protesica) [EO] (2.3).

2.4.1.3.2. VA / DoD: Clinical practice guideline for rehabilitation of individuals with


lower limb amputation, 2017
Questa Linea Guida include un algoritmo progettato per facilitare la
comprensione del percorso clinico e del processo decisionale utilizzato nella
riabilitazione dei pazienti con LLA (Lower Limb Amputation) gestito con il
Transdisciplinary Amputation Care Team Approach (TACT). Si tratta di un
approccio transdisciplinare guidato dal medico, incentrato sul paziente, per
fornire un piano di trattamento completo e per tutta la vita, che comprende:
 Medici della riabilitazione;
 Terapisti del dolore;
 Chirurghi (chirurghi vascolari, ortopedici);
 Specialisti della salute mentale e comportamentale;
 Case manager;
 Infermieri;
 Terapisti occupazionali e fisioterapisti;
 Protesisti certificati;
 Terapisti ricreazione;
 Assistenti sociali;
 Gruppi di sostegno;
 Altri (cardiologi).

- Raccomandazione (riabilitazione nelle fasi di amputazione):


 Suggeriamo che l’educazione del paziente sia fornita dal team di assistenza
riabilitativa in tutte le fasi della riabilitazione dell’amputazione. Forza
Debole per Categoria, revisionata, modificata.

2.4.1.3.3. BACPAR10: Evidence Based Clinical Guidelines for the Physiotherapy


Management of Adults with Lower Limb Prostheses, 2012
Un team multidisciplinare specializzato (MDT) ottiene i migliori risultati
protesici. Per fornire un servizio efficace ed efficiente, il team lavora insieme
per raggiungere gli obiettivi concordati con l’utente. Il fisioterapista svolge
un ruolo chiave nel coordinamento della riabilitazione del paziente.
Per la riabilitazione degli amputati l’MDT di base può comprendere:
fisioterapista specialista, terapista occupazionale, protesista, medico
riabilitativo, consulente e infermiere

10 British Association of Chartered Physiotherapists in Amputee Rehabilitation;


2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 91

- Raccomandazione:
 Un fisioterapista specializzato nella riabilitazione degli amputati dovrebbe
essere responsabile della gestione delle cure fisioterapiche (B).

2.4.1.3.3. Netherlands Society of Physical and Rehabilitation Medicine: Guideline


amputation and prosthetics of the lower extremities, 2012
 Si raccomanda che il trattamento (amputazione) avvenga all'interno di un
team multidisciplinare (composto da un chirurgo, uno specialista in
medicina riabilitativa, uno specialista in anestesia e terapia del dolore,
fisioterapista e possibilmente un tecnico ortopedico o un protesista).

Tabella 2. 6. Raccomandazioni delle linee guida dopo evento acuto amputazione di arti.
VA / DoD, Clinical practice VA / DoD, Clinical BACPAR, Evidence Netherlands
guideline for the management practice guideline for Based Clinical Society of
L.G. of upper extremity rehabilitation of Guidelines for the PRM, Guideline
amputation rehabilitation individuals with lower Physiotherapy amputation and
limb amputation Management of Adults prosthetics of the
with Lower Limb lower extremities
Prostheses
Team di assistenza Transdisciplinary Team Team
NDAZIONE
RACCOMA

interdisciplinare [EO]. Amputation Care multidisciplinare multidisciplina


Team Approach specializzato (MDT) re.
(TACT). ottiene i migliori
risultati protesici.
Tab. 2.6. Raccomandazioni delle linee guida dopo evento acuto amputazione di arti.

2.4.1.4. Linee guida dopo evento acuto frattura d’anca

2.4.1.4.1. NICE: Hip fracture: management. Clinical guideline, 2011 [33]


- Gestione multidisciplinare
 Dall'accettazione, offrire ai pazienti in acuto un programma di reparto sulla
frattura dell'anca (ortogeriatrico o ortopedico), (1.8.1):
- Valutazione ortogeriatrica, ottimizzazione dei tempi per la chirurgia;
- Identificazione precoce degli obiettivi individuali per la riabilitazione
multidisciplinare per recuperare mobilità e indipendenza e per facilitare il
rientro alla residenza prima della frattura e al benessere a lungo termine;
- Revisione continua, coordinata, ortogeriatrica e multidisciplinare;
- Collegamento o integrazione con servizi correlati, in particolare salute
mentale, prevenzione delle cadute, prevenzione e cura dell’osteoporosi, cure
primarie e servizi sociali, servivi di governance clinica e servizio
responsabili di tutte le fasi del percorso di cura e riabilitazione, compresi
quelli sul territorio.

Tabella 2.7. Raccomandazioni delle linee guida dopo evento acuto frattura d’anca.
Linea Guida Raccomandazione
NICE Hip fracture: management. Clinical guideline Gestione multidisciplinare.
(2011).
Tab. 2.7. Raccomandazioni delle linee guida dopo evento acuto frattura d’anca.
92 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

2.4.1.5. Linee Guida dopo evento acuto di grave cerebrolesione acquisita

Organizz. Ass. Multi- Livelli di Grado di


/ Società / Linee Guida Anno Pazienti disc. evidenza* Raccom.
Autori
Ontario Clinical practice
neuro - guideline for the 2016 No Sì §
trauma rehab.of adults
found with moderate to
[34]. severe TBI.
Wheeler et Occupational 1-4‡
al. [35]. therapy 2016 n.v. No ns ‡
practice guidelin.
for adults with
TBI.
SIGN [36]. Brain injury rehab. 2013 n.v 1-4 a-d, gpp
in adults. Sì
Tab. 2.8. Linee Guida selezionate che trattano team/équipe riabilitativa dopo evento acuto
cerebrolesione acquisita. *Livelli di evidenza: Livello 1: A systematic review; meta-analyses of
RCTs; well-powered RCTs. Livello 2: An RCT. Livello 3-1: A pseudo-RCT, that is, alternate
allocation. Livello 3-2: A comparative study with concurrent controls: non-randomised
experimental trial, cohort study, case-control study, and interrupted time series with a control
group. Level 3-3: A comparative study without concurrent controls: historical control study, two
or more single-arm studies, interrupted time series without a parallel control group. Level 4: Case
studies; a cross-sectional study or case series. †Grade of the recommendation: Grade A: Body of
evidence can be trusted to guide practice (level 1 or 2 studies with low risk of bias). Grade B:
Body of evidence can be trusted to guide practice in most situations (level 1 or 2 studies with low
risk of bias, level 1 or 2 studies with moderate risk of bias). Grade C: Body of evidence provides
some support for recommendation(s) but care should be taken in its application (level 3 studies
with low risk of bias, level 1 or 2 studies with moderate risk of bias). Grade D: Body of evidence
is weak and recommendation must be applied with caution (level 4 studies or level 1-3 studies
with high risk of bias). Grade I: Insufficient information to formulate a recommendation. Grade
E: Nil grade system used, alternative approach based on evidence strength and consensus of the
guideline development group; ‡Level of evidence and/or grading system converted to NHMRC
(2008) classification of evidence; § divide le raccomandazioni in prioritarie (P) e fondamentali (F)
specificando il livello di evidenza.

2.4.2.5.1. Ontario Neurotrauma Fundation: Clinical Practice Guideline for the


rehabilitation of adults with moderate to severe TBI, 2016
- Componenti di un sistema ottimale di riabilitazione del trauma
cranioencefalico (TBI)
 Subacute Rehabilitation;
 Ogni individuo con lesioni cerebrali traumatiche dovrebbe disporre di
servizi di riabilitazione interdisciplinare appropriati e specializzati.
(Raccomandazione Fondamentale, Livello di evidenza C) (A.1.1);
 La valutazione e la pianificazione della riabilitazione dovrebbero essere
intraprese da un team coordinato e interdisciplinare e seguire un approccio
incentrato sul paziente che risponda ai bisogni e alle scelte degli individui
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 93

con lesioni cerebrali traumatiche nel tempo. (Raccomandazione


Fondamentale, Livello di evidenza C) (A.1.4);
 Il team di riabilitazione da lesioni cerebrali traumatiche dovrebbe essere
composto in modo ottimale da logopedista, terapista occupazionale,
fisioterapista, assistente sociale, neuropsicologo, psicologo (con esperienza in
terapia comportamentale), infermiere, medico e / o fisiatra, personale di
supporto per la riabilitazione, nutrizionista, recreational therapist e
farmacologo. (Raccomandazione Fondamentale, Nuova, Livello di evidenza
C) (A1.5).

2.4.1.5.2. Wheeler ET AL.: Occupational therapy practice guidelines for adults with
traumatic brain injury. Bethesda, MD: American Occupational Therapy Association
Inc, (AOTA), 2016
 Programmi di riabilitazione multidisciplinare per migliorare la funzione
motoria (C);
 Approcci di riabilitazione multidisciplinare e interdisciplinare per migliorare
le prestazioni occupazionali e gli outcome della partecipazione dopo TBI da
moderata a grave (B).

2.4.1.5.3. SIGN: Brain Injury Rehabilitation in Adults: a national clinical guideline,


2013
 Per risultati ottimali, la riabilitazione ad alta intensità con intervento precoce
dovrebbe essere fornita da team multidisciplinari specializzati (B) (2.3).

Tabella 2.9. Raccomandazioni delle linee guida dopo evento acuto cerebrolesione acquisita.
Linee Guida Raccomandazioni
Ontario neuro-trauma
foundation Clinical practice Riabilitazione interdisciplinare appropriata e specializzata
guideline for the rehab. of adults Raccomandazione Fondamentale, Livello di evidenza C.
with moderate to severe TBI.
Wheeler et al Occupational - Riabilitazione multidisciplinare per migliorare la funzione motoria C;
therapy practice guidelin. for - Riabilitazione multidisciplinare e interdisciplinare per migliorare le
adults with TBI. prestazioni occupazionali e gli outcome della partecipazione B.
SIGN Brain injury rehab. Team multidisciplinari specializzati (B).
in adults.
Tab. 2.9. Raccomandazioni delle linee guida dopo evento acuto cerebrolesione acquisita.

2.4.1.6. Revisioni sistematiche e consensus conference dopo evento acuto di


cerebrolesione acquisita

Titolo Anno Studio


Systematic review of clinical practice guidelines to identify 2018 Systematic review.
recommendations for rehabilitation after stroke and other
acquired brain injuries, 2018 [28].
Multi-disciplinary rehabilitation for acquired brain injury 2015 Cochrane review.
in adults of working age (review) [37].
94 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Conferenza nazionale di consenso buona pratica clinica 2010 Consensus


nella riabilitazione ospedaliera delle persone con gravi Conference.
cerebrolesioni acquisite[38].
Tab. 2.10. Studi scientifici selezionati che trattano team/équipe riabilitativa dopo evento acuto
cerebrolesione acquisita.

2.4.1.6.1. Jolliffe L et al.: Systematic review of clinical practice guidelines to identify


recommendations for rehabilitation after stroke and other acquired brain injuries,
2018
È una revisione completa di 20 linee guida di pratica clinica, pubblicate da
gennaio 2006, in lingua inglese, di tutte le condizioni di lesioni cerebrali
acquisite, che ha identificato 2088 raccomandazioni per le migliori pratiche in
riabilitazione. (12 linee guida per l'ictus, 4 per le lesioni cerebrali traumatiche,
le restanti 4 linee guida specifiche per disciplina (terapia occupazionale n = 2,
infermieristica n = 1, trattamento farmacologico n = 1).
L’approccio multidisciplinare nei pazienti con gravi cerebrolesioni acquisite
è stato trattato nelle seguenti linee guida selezionate:
- Wheeler Occupational therapy practice guidelines for adults with traumatic brain
injury. Bethesda, MD: American Occupational Therapy Association Inc, (AOTA),
2016;
- Bayley M.T. et al., INCOG Guidelines for Cognitive Rehabilitation Following
Traumatic Brain Injury: methods and overview, J Head Trauma Rehabil 2014;
- Aquired Brain Injury Knowledge Uptake Strategy (ABIKUS) guideline development
group, Evidence based recommendations for rehabilitation of moderate to severe
acquired brain injury, 2007;
- SIGN, 2 Scottish Intercollegiate Guidelines Network, Brain Injury Rehabilitation in
Adults: a national clinical guideline, Edinburgh: SIGN, 2013, Publication 130.
Conclusioni:
 La categoria più comune di raccomandazione riguardo l'organizzazione dei
servizi in 18 linee guida è stato l’utilizzo di un modello di team
multidisciplinare (l'88% ha fornito raccomandazioni), seguito da procedure/
organizzazione di servizi di riabilitazione (il 67% ha fornito
raccomandazioni);
 È degno di nota che le linee guida più recenti (Stroke Foundation) stanno
rimuovendo le raccomandazioni relative all'organizzazione dei servizi,
rimandando i lettori ai contesti dei servizi di stroke nazionali.

2.4.1.6.2. Cochrane Database of Systematic Reviews - Turner-Stokes: Multi-


disciplinary rehabilitation for acquired brain injury in adults of working age, 2015
(Review)
Questa review analizza se la riabilitazione multidisciplinare organizzata
porta ad outcomes migliori negli adulti dai 16 ai 65 anni di età, dopo grave
cerebrolesione acquisita, in 19 studi selezionati che hanno coinvolto 3480
persone.
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 95

I problemi che seguono una cerebrolesione acquisita (ABI) variano; di


conseguenza, sono necessari diversi interventi e combinazioni di interventi
per soddisfare le esigenze di pazienti con problemi diversi.

- Conclusioni
 La riabilitazione multidisciplinare nei servizi di riabilitazione neurologica
specializzati migliora gli outcomes dopo cerebrolesione acquisita negli adulti
in età lavorativa.

2.4.1.6.3. SIMFER11 - Documento della Giuria: Conferenza Nazionale di Consenso


Buona Pratica Clinica Nella Riabilitazione Ospedaliera Delle Persone Con Gravi
Cerebrolesioni Acquisite
- Raccomandazioni:
 Presa in carico multi professionale ed elaborazione di un Progetto
Riabilitativo Personalizzato condiviso con il paziente e la famiglia;
 Concentrare nelle strutture specializzate il più alto livello di expertise
possibile;
 Implementazione di un processo strutturato e integrato nell’assistenza di
informazione e coinvolgimento del paziente e della famiglia / caregiver;
 Approccio EBM da parte di tutti gli operatori del team con scelta di interventi
orientati a criteri di efficacia riconosciuta e di essenzialità;
 Formazione continua di tutti gli operatori, privilegiando la formazione sul
campo con particolare riguardo alle competenze relazionali; promozione di
specifici percorsi formativi per gli infermieri.

Tabella 2.11. Raccomandazioni di revisioni sistematiche e consensus conference dopo evento


acuto cerebrolesione acquisita.

Studio Risultati
Systematic review of clinical practice Categoria più comune di raccomandazione riguardo organizzazione
guidelines to identify recommendations for di servizi in 18 linee guida è stato utilizzo di un modello di team
rehabilitation after stroke and other
multidisciplinare
acquired brain injuries, 2018

Cochrane Database of Systematic Reviews - Riabilitazione multidisciplinare nei servizi di riabilitazione


Turner-Stokes: Multi-disciplinary neurologica specializzati migliora gli outcomes dopo cerebrolesione
rehabilitation for acquired brain injury in
acquisita negli adulti in età lavorativa.
adults of working age (Review) (2015)
Conferenza Nazionale di Consenso Buona
Pratica Clinica Nella Riabilitazione
Presa in carico multi professionale
Ospedaliera Delle Persone Con Gravi
Cerebrolesioni Acquisite
Tab. 2.11. Raccomandazioni di meta-analisi, revisioni sistematiche e consensus conference dopo
evento acuto cerebrolesione acquisita.

11 Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa;


96 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

2.4.2. Scale di misura standardizzate come criterio di inclusione /


esclusione per la riabilitazione dello stroke e criteri di appropriatezza
di inclusione / esclusione della riabilitazione dello stroke e setting
riabilitativi

Tabella 2.12.
Titolo Società Anno MD MP GRADE
Guidelines for European Stroke
management of ischaemic Organisation (ESO), 2008 Sì Sì
stroke and transient Executive Committee, &
ischaemic attack, 2008, ESO Writing Committee.
Cerebrovascular diseases
VA / DOD Clinical Veterans Health
practice guideline for the Administration (VHA)
management of stroke and the Department of
rehabilitation Defense (DoD), 2010 Sì Sì Sì
Department of Veterans
Affairs (VA), Heart
Association / American
Stroke Association.
Management of Patients
with Stroke:
Rehabilitation, Prevention Scottish Inter-collegiate 2010 Sì Sì
and Management of Guidelines Network.
Complications, and
Discharge Planning: a
National Clinical
Guideline.
New Zealand Clinical Stroke Foundation of
Guidelines for Stroke New Zealand & New 2010 Sì
Management, 2010 . Zealand Guidelines
Group.
Clinical Guideline for National Stroke 2010 Sì
Stroke Management, 2010 Foundation.
[39].
National clinical guideline Party, Intercollegiate 2012
for stroke [40] Stroke Working, et al.-
Royal College of
Physicians.
Stroke rehabilitation in National Institute for
adults, clinical Guideline. Health and Care 2013 Sì Sì
Excellence.

Canadian Stroke Best


Practice World Stroke 2016 Sì Sì
Recommendations: stroke Organization.
rehabilitation practice
guidelines,update 2015.
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 97

Stroke rehabilitation: long- Royal College of


term rehabilitation after Physicians. 2015
stroke. Clinical Medicine,
2015 [41] .
Canadian stroke best
practice
recommendations: World Stroke 2018 Sì Sì
Secondary prevention of Organization.
stroke, practice guidelines,
update 2017, International
Journal of Stroke [42].
Canadian Stroke Best
Practice Recom. for Acute
Stroke Management:
Prehospital, Emergency World Stroke 2018 Sì Sì
Department, and Acute Organization.
Inpatient Stroke Care,
Update 2018, International
Journal of Stroke, 2018
[43].
SPREAD Stroke
prevention and ISO, 2016. 2016 Sì Sì Sì
educational awareness
diffusion, Ictus cerebrale:
Linee guida italiane di
prevenzione e trattamento.

National Clinical Royal College of 2016 Sì No Sì


Guideline for Stroke: 5th Physicians.
edition, 2016.
Guidelines for adult stroke
rehabilitation and American Heart
recovery: a guideline for Association/American 2016 Sì Sì Sì
healthcare professionals Stroke Association,
from the American Heart Stroke.
Association / American
Stroke Association, Stroke
[44].
Clinical practice guideline Dutch: KNGF-richtlijn 2014
for physical therapy after Beroerte.
stroke [45].
Tab. 2.12. MP / MD: Multidisciplinare / Multiprofessionale.

2.4.2.1. Scale di misura standardizzate come criterio di inclusione /


esclusione per la riabilitazione dello stroke
Dall’analisi condotta sulle principali linee guida non emergono con chiarezza
raccomandazioni specifiche sull’utilizzo di scale di misura standardizzate
come precipuo strumento discriminante l’eleggibilità / esclusione per un
percorso riabilitativo.
98 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

2.4.2.1.1. The European Stroke Organization (ESO) Executive Committee and the
ESO Writing Committee, 2008
Nelle ESO è riportato come la riabilitazione dovrebbe iniziare precocemente,
impostando la gestione da parte di un team multidisciplinare e una precoce
valutazione dei bisogni dopo la dimissione.

2.4.2.1.2. Department of Veterans Affairs (VA) and The Department of Defense


(DoD), VA / DoD clinical practice guideline for the management of stroke
rehabilitation, 2010
Una valutazione completa dei pazienti colpiti da stroke (Annotazione C -
Valutazione della gravità dello stroke; Uso di valutazioni standardizzate)
risulta necessaria per una gestione clinica appropriata (Duncan et al., 1999).
La linea guida per la riabilitazione post-stroke (AHCPR, 1995) già
raccomandava “l'uso di strumenti standard validati per la valutazione dei
pazienti colpiti da stroke, al fine di permettere di definire le condizioni
neurologiche del paziente, i livelli di disabilità, il grado di indipendenza
funzionale, la presenza o meno di supporto familiare, la qualità della vita e
dei progressi nel tempo” (AHCPR, 1995). Viene raccomandato:
 Che tutti i pazienti debbano essere sottoposti a screening per depressione,
deficit motori, sensoriali, cognitivi, comunicativi e di deglutizione da parte
di clinici adeguatamente addestrati, utilizzando strumenti di screening
standardizzati e validi (C);
 Se nella valutazione iniziale si riscontrano depressione, deficit motori,
sensoriali, cognitivi, comunicativi o di deglutizione, i pazienti dovranno
essere valutati formalmente dal clinico specialista del team di riabilitazione
coordinato (C);
 Che il medico utilizzi strumenti di valutazione standardizzati e convalidati
per valutare le menomazioni associate allo stroke, lo stato funzionale e la
partecipazione ad attività sociali (C);
 Che i risultati di una valutazione standardizzata siano utilizzati per definire
la probabilità di esito, determinare il livello appropriato di cura e sviluppare
gli interventi.

La linea guida AHCPR (1995) raccomanda, "lo screening per l'eventuale


ammissione a un programma di riabilitazione deve essere eseguito non
appena le condizioni neurologiche e mediche del paziente lo consentano. Le
persone che eseguono l'esame di screening dovrebbero essere esperte nella
riabilitazione per lo stroke e preferibilmente non dovrebbero avere alcun
interesse finanziario diretto nella decisione di rinvio. Tutte le informazioni
dovrebbero essere riassunte nella cartella clinica del reparto per acuti e fornite
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 99

al setting riabilitativo al momento del rinvio". La linea guida AHCPR ha


valutato i punti di forza e di debolezza di una batteria di strumenti
standardizzati per la valutazione dei pazienti colpiti da stroke. Tuttavia, solo
la Functional Independence Measure (FIMTM )e la National Institutes of
Health Stroke Scale (NIHSS) sono ampiamente utilizzati. Il punteggio NIHSS
predice fortemente la probabilità di recupero di un paziente dopo lo stroke.
Un punteggio > 16 prevede una alta probabilità di morte o grave disabilità,
mentre un punteggio di <6 prevede una buona ripresa.

La National Institutes of Health Stroke Scale - NIHSS (Annotazione G -


Determinazione della natura e dell'estensione di menomazione e disabilità;
Valutazione globale della gravità dello stroke) è uno strumento
standardizzato e validato che valuta la gravità del danno neurologico dopo
stroke. Raccomandazioni:
 Se il paziente viene trasferito in riabilitazione e non è presente il punteggio
NIHSS, il team della riabilitazione deve completare la valutazione NIHSS.

Per quanto concerne la valutazione della funzione, si dovrebbe eseguire un


test o una batteria di test i cui i risultati possono essere utilizzati come:
(1) base di informazioni per la definizione di obiettivi realistici;
(2) un indicatore per il paziente di abilità attuali che documentano la
progressione verso funzioni più complesse;
(3) un indice per le decisioni di ammissione e dimissione per una struttura
di riabilitazione o di assistenza (Extended Care Facility).
Vengono espresse le seguenti raccomandazioni:
 Raccomandare di utilizzare uno strumento di valutazione standardizzato per
valutare lo stato funzionale (ADL / IADL) dei pazienti colpiti da stroke (B);
 Considerare l’uso della Functional Independence Measure (FIMTM) come
strumento di valutazione standardizzato.

Lo strumento più utilizzato per misurare lo stato funzionale è la Functional


Independence Measure (FIMTM) , sebbene ne esistano altri (ad esempio,
Barthel, Lawton).
La valutazione della compromissione e della funzione dovrebbe includere,
comunicazione, prestazione motoria, funzione cognitiva, stato emotivo, ADL
e IADL, mobilità ecc.
I pazienti con stroke grave o che sono massimamente dipendenti nelle ADL
ed hanno una prognosi sfavorevole per il recupero funzionale non sono
candidati all'intervento riabilitativo (Annotazione H - Il paziente con un
stroke severo e / o con la massima dipendenza e una prognosi scarsa è
destinato ad un recupero funzionale?).
100 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

I pazienti che hanno avuto uno stroke ischemico o emorragico, con


conseguenti menomazioni e limitazioni nelle attività, come identificato nella
iniziale valutazione, dovrebbero essere indirizzati ai servizi di riabilitazione
per una valutazione delle esigenze di riabilitazione. I pazienti colpiti da un
stroke acuto dovrebbero ricevere interventi di riabilitazione se il loro stato
funzionale post-stroke risulta essere inferiore allo stato pre- stroke e qualora
esista un potenziale miglioramento. Se lo stato funzionale pre- e post- stroke
è equivalente, o se la prognosi è giudicata scarsa, i servizi di riabilitazione
potrebbero non essere appropriati per il paziente al momento attuale.
Risultati clinici migliori si ottengono quando i pazienti con stroke post-acuti
candidati alla riabilitazione ricevono una valutazione e un intervento
multidisciplinare in un contesto in cui le cure riabilitative sono formalmente
coordinate e organizzate (Annotazione I - Il paziente necessita di un
intervento riabilitativo? Determinare i bisogni riabilitativi). Si raccomanda:
 Una volta che il paziente risulti clinicamente stabile, si dovrebbero consultare
i servizi di riabilitazione per valutare le menomazioni del paziente e la
partecipazione per stabilire i bisogni e gli obiettivi riabilitativi;
 Una valutazione multidisciplinare dovrebbe essere intrapresa e documentata
per tutti i pazienti (A);
 Si raccomanda vivamente che i pazienti con disabilità da lieve a moderata
che necessitano di servizi di riabilitazione abbiano accesso a un ambiente con
un team di assistenza riabilitativa coordinato e organizzato, esperto nel
fornire cure per lo stroke (A);
 La cura post-acuta dello stroke dovrebbe essere erogata in un ambiente in cui
le cure riabilitative sono formalmente coordinate e organizzate;
 Se un reparto di riabilitazione organizzata non è disponibile nella struttura,
ai pazienti con disabilità moderata o grave dovrebbe essere offerto un
riferimento di una struttura con tale organizzazione;
 La cura post-acuzie dello stroke dovrebbe essere fornita da una varietà di
discipline di trattamento preparate nel fornire cure.

La scala di misura standardizzata FIM TM (UDSMR, 1997) viene individuata


quale strumento primario di valutazione dello stato funzionale.
La suddetta scala risulta ampiamente testata in riabilitazione per affidabilità,
validità e sensibilità ed è di gran lunga la misura di outcome più
comunemente utilizzata. Un ritorno ad una vita quanto più indipendente
richiede non solo l’autonomia nelle ADL di base, ma anche la capacità di
svolgere attività più complesse (ad es. IADL) come lo shopping, la
preparazione dei pasti, l'uso del telefono, la guida di un'auto e la gestione del
denaro. Queste funzioni dovrebbero essere valutate al momento in cui il
paziente sia in grado di rientrare nella propria quotidianità. Altri parametri
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 101

di outcome specifici per lo stroke, come la Stroke Impact Scale (Duncan,


Reker, et al., 2002), possono essere considerati per una valutazione più
completa dello stato funzionale e della qualità della vita.

Una volta presa la decisione che il paziente colpito da stroke possa beneficiare
dei servizi di riabilitazione, il team deve determinare la migliore
impostazione per la riabilitazione in corso (Annotazione J).

2.4.2.1.3. Management of Patients with Stroke: Rehabilitation, Prevention and


Management of Complications, and Discharge Planning: a National Clinical
Guideline, SIGN, 2010
Nelle linee guida di SIGN 2010, nell’introduzione si fa cenno alla
classificazione International Classification of Functioning (ICF) al fine di
delineare delle specifiche aree per puntare l'attenzione sugli sforzi
riabilitativi.

2.4.2.1.4. New Zealand Clinical Guidelines for Stroke Management, 2010


Come raccomandazione 1.2.2 è riportato che per garantire che tutti i pazienti
colpiti da stroke ricevano una riabilitazione precoce e attiva da parte di un
team per lo stroke dedicato, i DHB (District Health Boards - commissioni sanitarie
distrettuali) dovrebbero disporre di servizi completi, che includano e
colleghino l'assistenza per acuti con l’assistenza riabilitativa. I pazienti
dovrebbero essere trasferiti in una unità di riabilitazione per lo stroke (ove
disponibile) se è richiesta una riabilitazione ospedaliera continua. Se un'unità
di riabilitazione per stroke non è disponibile, allora i pazienti che necessitano
di una riabilitazione ospedaliera dovrebbero essere trasferiti in un'unità di
riabilitazione mista.
Tutti i pazienti con stroke severo, che non ricevono cure palliative, devono
essere valutati dal team di riabilitazione specialistica in merito alla loro
idoneità alla riabilitazione in corso prima della dimissione dall'ospedale.
Telestroke può essere utilizzato per migliorare la valutazione e la gestione
della riabilitazione laddove vi sia un accesso limitato alle competenze di
riabilitazione in loco Si legge come necessaria una valutazione e gestione degli
aspetti degli interventi mirati all'assistenza, sulla base del modello di
classificazione internazionale del funzionamento - International
Classification of Functioning ICF dell'Organizzazione Mondiale della Sanità

2.4.2.1.5. Clinical Guideline for Stroke Management, 2010


Nelle linee guida Australiane si sostiene che la riabilitazione è un processo
olistico che dovrebbe iniziare il primo giorno dopo lo stroke con lo scopo di
102 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

massimizzare la partecipazione della persona. Per raggiungere questo


obiettivo, dovrebbero essere presi in considerazione interventi su misura che
si concentrino su livelli di disabilità, attività e partecipazione (basati sul
modello di classificazione internazionale del funzionamento ICF della
Organizzazione Mondiale della Sanità).

2.4.2.1.6. PARTY, Intercollegiate Stroke Working, National Clinical Guidelines for


stroke, Royal College of Physicians, 2012
Nelle Linee guida nazionali del 2012 del Royal College of Physicians come
raccomandazioni si evidenziano:
I pazienti con stroke devono essere valutati e gestiti dal personale
infermieristico di stroke e da almeno un membro del team di riabilitazione
specialistica entro 24 ore dall'ammissione in ospedale, e da tutti i membri
rilevanti del team di riabilitazione specialistica entro 72 ore, con obiettivi
documentati multidisciplinari concordati entro 5 giorni (3.2.1C).

I pazienti che necessitano di una riabilitazione ospedaliera in corso dopo il


completamento della diagnosi e del trattamento acuto devono essere trattati
in un'unità di riabilitazione per stroke specialistica, che deve soddisfare i
seguenti criteri(3.2.1F):
- Dovrebbe essere un'unità geograficamente identificata;
- Dovrebbe avere un team multidisciplinare coordinato che si riunisca almeno
una volta a settimana per lo scambio di informazioni sui singoli pazienti;
- Il personale dovrebbe avere esperienza specialistica in stroke e
riabilitazione;
- Sono forniti programmi educativi e informazioni per il personale, i pazienti
e badanti;
- Sì concordano protocolli di gestione per problemi comuni, basati sulle
evidenze.

Tutti i trasferimenti tra reparti/strutture diverse dovrebbero (3.7.1A):


- Verificarsi al momento opportuno, senza indugio;
- Assicurare che tutte le informazioni pertinenti siano trasferite, in particolare
riguardo le medicazioni;
- Mantenere una serie di obiettivi centrati sul paziente.
Tutti i pazienti dimessi dall'ospedale, compresi quelli per le case di cura, che
hanno problemi esitati dallo stroke dovrebbero essere seguiti entro 72 ore da
servizi specialistici di riabilitazione per la valutazione e la gestione in corso
(3.8.1A).
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 103

2.4.2.1.7. Stroke rehabilitation in adults. Clinical Guideline, NICE, 2013


Gli aspetti chiave dell'assistenza riabilitativa comprendono la valutazione
multidisciplinare, l'identificazione delle difficoltà funzionali e la loro
misurazione, la pianificazione del trattamento attraverso l'impostazione degli
obiettivi, l'erogazione di interventi che possono influire sul cambiamento o
supportare la persona nella gestione del cambiamento permanente e la
valutazione dell'efficacia.
Nel paragrafo che tratta la pianificazione ed invio in riabilitazione - screening
e valutazione, si riporta che una valutazione completa di una persona colpita
da stroke dovrebbe tenere conto: delle precedenti abilità funzionali, della
compromissione dell’aspetto psicologico (cognitivo, emotivo e di
comunicazione), delle compromissioni delle funzioni corporee, tra cui
limitazioni della sensibilità e restrizioni nell’ambito della partecipazione e dei
fattori ambientali (sociali, fisici e culturali). Le informazioni raccolte
regolarmente su pazienti colpiti da stroke dovrebbero utilizzare strumenti
validi, affidabili e dovrebbero includere quanto segue al momento
dell'ammissione e della dimissione: National Institutes of Health Stroke Scale,
Barthel Index.

2.4.2.1.8. Stroke rehabilitation: long-term rehabilitation after stroke, 2015


Linea guida concisa prodotta dal Royal College of Physicians che coglie le
raccomandazioni chiavi del National Institute for Health and Care Excellence
Clinical Guideline 162 della linea guida per la riabilitazione dello stroke.
Nel paragrafo che tratta la pianificazione ed invio in riabilitazione, si riporta
come una riabilitazione efficace debba richiedere un'accurata identificazione
e valutazione delle conseguenze dello stroke e un corrispondente programma
di intensità appropriata, adattato e pianificato per le singole esigenze. Si
dovrebbero prendere in considerazione le precedenti abilità funzionali,
qualsiasi menomazione psicologica (cognitiva, emotiva e comunicazione) e
funzione fisica (incluso dolore), qualsiasi limitazione di attività e
partecipazione e, infine fattori ambientali (sociali, fisici e culturali).

2.4.2.1.9. Canadian Stroke Best Practice Recommendations, update 2015


In Canada, i pazienti colpiti da stroke giungono alla riabilitazione ospedaliera
con una media di 12 giorni dall'insorgenza dell'ictus (IQR- inter-quartile
range 7-25 giorni), con una media di ammissione di Functional Independence
Measure (FIMTM) di 74 punti (IQR inter-quartile range 56-91 punti).
Ci sono elementi in letteratura che indicano che pazienti con stroke grave
possono avere un accesso limitato alla riabilitazione. In Canada, dall'esame
104 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

dei dati amministrativi è emerso che quasi la metà di tutti i pazienti con stroke
ricoverati in riabilitazione ospedaliera presentavano deficit funzionali
moderati, poco più di un terzo mostrava deficit gravi e il rimanente
presentava lievi deficit.
Valutazioni approfondite dello stato cognitivo e funzionale del paziente nei
primi giorni successivi allo stroke sono essenziali per sviluppare piani
individualizzati di cura e recupero. L'obiettivo della prima valutazione
interprofessionale che un paziente riceve dopo l'ammissione per stroke
consiste nell'identificare le menomazioni nel funzionamento fisico,
funzionale, cognitivo e comunicativo che guideranno le decisioni sui servizi
di riabilitazione e le terapie richieste e le potenziali esigenze di dimissione
(Sezione I: valutazione iniziale per la riabilitazione dello stroke). Si
raccomandano:
 Tutti i pazienti con stroke acuto dovrebbero essere valutati per determinare
la gravità dello stroke e i bisogni riabilitativi precoci;
 Tutti i pazienti ricoverati in ospedale con stroke acuto dovrebbero avere una
valutazione iniziale, condotta da professionisti della riabilitazione, il prima
possibile dopo l'ammissione (Livello di Evidenza A);
 Lo screening e la valutazione iniziali devono essere iniziati entro 48 ore
dall'ammissione da parte di professionisti della riabilitazione a diretto
contatto con il paziente (Livello di Evidenza C);
 La valutazione iniziale includerebbe: una valutazione della funzione del
paziente, preparazione fisica e capacità di apprendere e partecipare alle
terapie riabilitative (Livello di Evidenza C);
 La valutazione delle menomazioni, limitazioni delle attività funzionali,
limitazioni della partecipazione e fattori ambientali dovrebbe essere condotta
utilizzando strumenti di valutazione standardizzati e validati; (Livello di
Evidenza B);
 I pazienti che inizialmente non soddisfino i criteri per la riabilitazione, i
bisogni di riabilitazione, dovrebbero essere rivalutati settimanalmente
durante il primo mese e ad intervalli (Livello di Evidenza C);
 Una volta sottoposto il paziente colpito da stroke alle valutazioni, si dovrebbe
usare un approccio standardizzato per determinare l'impostazione
appropriata per la riabilitazione (in regime ospedaliero, ambulatoriale,
comunitario e / o domiciliare).

2.4.2.1.10. Canadian stroke best practice recommendations: Secondary prevention of


stroke, sixth edition practice guidelines, update 2017
I pazienti colpiti da attacco ischemico transitorio o ictus ischemico dovrebbero
essere valutati quanto a disturbi neurologici e quanto a limitazioni funzionali
qualora fosse appropriato (ad esempio, valutazione cognitiva, screening per
la depressione, necessità di una potenziale terapia di riabilitazione e
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 105

assistenza per le attività di vita quotidiana), in particolare per i pazienti che


non necessitano di ricovero in ospedale (Sezione 1-Valutazione funzionale)
[Livello di evidenza B].
I pazienti con problemi neurologici e deficit funzionali, invece, dovrebbero
essere indirizzati allo specialista della riabilitazione per una valutazione
appropriata ed una gestione congrua (Sezione 1-Valutazione funzionale)
[Livello di evidenza C].

2.4.2.1.11. Canadian Stroke Best Practice Recommendations for Acute Stroke


Management: Prehospital, Emergency Department, and Acute Inpatient Stroke Care,
6th Edition, Update 2018
Negli ultimi aggiornamenti del 2018 si raccomanda (Sezione 8):
 I medici dovrebbero usare strumenti di valutazione standardizzati e validati
per valutare le menomazioni del paziente colpito da stroke e lo stato
funzionale [Livello di evidenza B];
 In aggiunta alle valutazioni cliniche iniziali e relative allo stato funzionale,
dovrebbe svolgersi, non appena lo stato del paziente si sia stabilizzato e entro
le prime 72 ore dopo lo stroke, una valutazione per determinare il tipo di
servizi di riabilitazione post-acuzie, ricorrendo ad un protocollo
standardizzato (inclusi strumenti come l'alfa-FIM) [Livello di evidenza B].

2.4.2.1.12. Linee guida italiane di prevenzione e trattamento dell’Ictus cerebrale:


(SPREAD), Stroke Prevention And Educational Awareness Diffusion 2016
L’Unità Neurovascolare (Stroke Unit) di I Livello si caratterizza per la
presenza, in area di degenza dedicata per pazienti con ictus, di (Sintesi 8.6):
- Riabilitazione precoce (fisioterapia, logopedia, terapia occupazionale);
- Collegamento operativo (protocolli condivisi di valutazione del danno e
della disabilità, di indicatori di processo riabilitativo e di esito) con il territorio
e con una o più̀ strutture riabilitative.

Si raccomanda (13.5 Debole a favore) un triage del percorso riabilitativo, che


permetta l’identificazione precoce dei fattori prognostici funzionali per
pianificare adeguatamente il percorso riabilitativo in accordo al progetto
riabilitativo per ottimizzare le risorse e garantire l’appropriatezza.
I due più potenti predittori di recupero funzionale ed eventuale dimissione a
domicilio sono la gravità iniziale dell’ictus e l’età̀ del paziente. La gravità
iniziale è di gran lunga il più̀ importante. Solo questi due indicatori hanno un
ruolo importante nella determinazione del triage riabilitativo nel paziente con
ictus, anche se non si esclude l’utilizzo di altri fattori (Sintesi 13.5).
Si raccomanda (13.6 Debole contro): non è indicato considerare l’età avanzata
come fattore di esclusione dal progetto riabilitativo. Nel paziente anziano
106 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

occorre considerare per questo la disabilità pre-morbosa e le eventuali


comorbidità̀ interagenti.
Si raccomanda (13.7 Debole a favore): nella valutazione dell’approccio
riabilitativo è indicato considerare la gravità del quadro clinico dell’ictus
(coma all’esordio, alterazione del controllo sfinterico, persistenza di gravi
deficit motori) e funzionale (controllo del tronco, disabilità globale misurata
con l’Indice di Barthel - BI e con la Functional Indipendence Measure - FIM)
e la presenza di condizioni in grado di influenzare negativamente il recupero
dell’autonomia (alterazioni gravi del tono muscolare, disfagia, emi-
inattenzione, afasia globale).
Si raccomanda (14.1 Forte a favore): entro le prime 48 ore dal ricovero è
raccomandato attivare il team a cui compete la presa in carico riabilitativa del
paziente che ha subito un ictus.
Si raccomanda (14.2.a Forte a favore): attivare tutte le procedure che possano
condurre ad una precoce presa in carico riabilitativa già nelle fasi acute
dell’ictus al fine di definire la prognosi funzionale, organizzare il percorso
assistenziale, avviare attività di prevenzione di complicanze legate
all’immobilità e promuovere il recupero funzionale.
Si raccomanda (14.2.b Debole a favore): nella fase acuta dell’ictus è indicato
valutare lo stato di coscienza, le competenze deglutitorie, l’efficienza
cognitiva e comunicativa, lo stato nutrizionale, il rischio di decubiti, il rischio
di caduta, le esigenze del paziente in rapporto alle limitazioni dell’attività
motoria, la disabilità globale e segmentaria attraverso strumenti di misura
validati, il contesto socio-sanitario in cui è inserito.
Si raccomanda (14.2.d Debole a favore): nella elaborazione del progetto
riabilitativo è indicato effettuare un bilancio funzionale, utilizzando scale di
valutazione diffuse e validate che considerino elementi specifici (es. controllo
del tronco), anche come indicatori di prognosi funzionale.
La Raccomandazione 14.15.a Forte a favore prevede: “È raccomandato
valutare la disabilità del paziente prima e dopo il trattamento riabilitativo,
mediante scale validate e di uso comune, come il Barthel Index (BI) e la
Functional Independence Measure (FIM)”.
Lo schema concettuale di riferimento dovrebbe essere quello
dell’International Classification of Functioning and Disability (ICF).

2.4.2.1.13. Royal College of Physicians 2016 National Clinical Guideline for Stroke
5th edition, 2016
In tali linee guida si pone l’accento su quanto l’esame della funzione sia
fondamentale per il processo di riabilitazione.
Una revisione della letteratura relativa alla valutazione e alla misurazione va
oltre lo scopo di questa linea guida e il gruppo di lavoro non specifica quali
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 107

misure dovrebbero essere utilizzate al di là di un numero limitato di


circostanze specifiche. Esistono molti strumenti validi ed è necessario
individuare lo strumento di valutazione più appropriato per lo specifico
dominio dell’ICF che si vuole analizzare (Wade, 1992). I medici dovrebbero
essere addestrati all'uso delle scale di misurazione per garantire un uso
coerente all'interno del team. Questa sezione quindi considera solo i principi
generali di misurazione nella riabilitazione dello stroke (Approccio
riabilitativo - Misurazioni).
Si raccomanda che per quanto concerne le misure di valutazione utilizzate
nella riabilitazione dello stroke dovrebbero essere soddisfatti il più possibile
i seguenti criteri:
 Dovrebbero raccogliere i dati rilevanti nell'intervallo richiesto;
 Dovrebbero avere una sensibilità sufficiente;
 La loro affidabilità dovrebbe essere nota se utilizzata da persone diverse in
diverse occasioni e in contesti diversi;
 Dovrebbero essere semplici da usare in una varietà di circostanze;
 Dovrebbero fornire punteggi facilmente comprensibili. Si dovrebbe
concordare una serie standard di misure di valutazione.

2.4.2.1.14. Guidelines for adult stroke rehabilitation and recovery: a guideline for
healthcare professionals from the American Heart Association / American Stroke
Association, Stroke, 2016
In questa linea guida sulla riabilitazione dello stroke si evidenzia la necessità
di valutare i bisogni riabilitativi. Dopo il ricovero in ospedale per acuti per
stroke, i pazienti dovrebbero essere valutati in base all’ICF (strutture del
corpo e la funzione, le limitazioni di attività e restrizioni della partecipazione).
Queste valutazioni possono essere eseguite anche entro le 24 ore dopo il
ricovero, comunque appena la stabilità clinica del paziente lo permetta.
La valutazione della riabilitazione di un paziente colpito da stroke dovrebbe
essere eseguita da un team interprofessionale che può includere un medico
con competenze in riabilitazione, infermieri, fisioterapisti, terapisti
occupazionali, logopedisti, ecc., al fine di identificare il setting più
appropriato.
La selezione del livello di cura più appropriato richiede la valutazione di
molti fattori, tra cui la gravità dei deficit neurologici residui, i conseguenti
limiti di attività, abilità cognitive e comunicative, stato psicologico, capacità
di deglutizione, capacità funzionale premorbosa, comorbidità mediche,
livello di familiarità supporto per il paziente / infermiere, probabilità di
tornare a vivere in comunità e capacità di partecipare a un programma di
riabilitazione. Alcuni fattori come l'età avanzata, lo stato cognitivo alterato, il
108 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

livello funzionale inferiore dopo lo stroke e l'incontinenza urinaria sono


fattori predittivi del bisogno per una riabilitazione ospedaliera.
La presenza di neglect può prevedere una degenza riabilitativa più lunga e
uno stato funzionale inferiore in dimissione.
Tra i pazienti con minore compromissione neurologica, la valutazione
dell’equilibrio con misure standardizzate (Berg Balance Scale o the Postural
Assessment Scale for Stroke) può aiutare a determinare il rischio di caduta e la
necessità di riabilitazione ospedaliera piuttosto che la dimissione a domicilio
con i servizi ambulatoriali. Per i pazienti in grado di camminare, si può
procedere con la valutazione della velocità dell'andatura con il 10-m walk test.
Una definizione delle capacità funzionali sembra essere utile prima della
dimissione ospedaliera con valutazioni standardizzate come l'Indice di
Barthel o la FIM (Functional Independence Measure). Sia l'Indice Barthel che
il FIM sono forti predittori dello stato funzionale per la dimissione,
definizione di riabilitazione ospedaliera e durata della degenza riabilitativa.
La FIM è la misura funzionale più comunemente usata negli Stati Uniti perché
è legata al sistema di rimborso dei Centri per i servizi Medicare e Medicaid.
Al momento non esiste una singola valutazione funzionale con proprietà di
misurazione che sia utilizzata durante l'intero ciclo della cura dello stroke
(ospedale per acuti, riabilitazione ospedaliera e assistenza ambulatoriale) per
il monitoraggio dell'outcome della riabilitazione dello stroke (Valutare i
bisogni generali di riabilitazione).

2.4.2.2. Criteri di appropriatezza di inclusione / esclusione della


riabilitazione dell’ictus e setting riabilitativi
Tra le linee guida analizzate quelle che esplicitano con chiarezza criteri di
inclusione / esclusione per il trattamento riabilitativo sono:

2.4.2.2.1. The European Stroke Organization (ESO) Executive Committee and the
ESO Writing Committee, 2008
In questa linea guida è riportato nell’ambito di “Eleggibilità per la
riabilitazione” che: “…Un importante fattore predittivo di esito riabilitativo è
la gravità iniziale dello stroke. Ovviamente, anche la disabilità pre-stroke è
un forte fattore determinante dell’esito. Altri fattori, come il sesso, l’eziologia
dello stroke, l’età, e l’area di lesione, sono stati tutti studiati come potenziali
fattori predittivi dell’esito della riabilitazione; tuttavia, non esiste evidenza
che questi fattori non modificabili possano influenzare il percorso decisionale
circa la riabilitazione. Il ricovero in una Stroke Unit migliora gli esiti per tutti
gli stroke a prescindere da sesso, età e gravità. L’esclusione dalla riabilitazione
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 109

sulla base del livello di dipendenza pre-stroke rimane un punto controverso.


I pazienti con un deficit cognitivo molto grave o impedimenti fisici sono stati
esclusi da molti studi sulla riabilitazione e quindi i risultati vanno estrapolati
con molta cautela…”

2.4.2.2.2. Department of Veterans Affairs (VA) and The Department of Defense


(DoD), VA / DoD clinical practice guideline for the management of stroke
rehabilitation, 2010
I pazienti che hanno avuto uno stroke, con conseguenti menomazioni e
limitazioni nelle attività, come identificato nella iniziale valutazione,
dovrebbero essere indirizzati ai servizi di riabilitazione per una valutazione
delle esigenze di riabilitazione. I pazienti colpiti da stroke dovrebbero
ricevere interventi di riabilitazione se il loro stato funzionale post-stroke
risulta essere inferiore allo stato pre-stroke e qualora esista un potenziale
miglioramento. Se lo stato funzionale pre- e post-stroke è equivalente, o se la
prognosi è giudicata scarsa, i servizi di riabilitazione potrebbero non essere
appropriati per il paziente al momento attuale. Risultati clinici migliori si
ottengono quando i pazienti colpiti da stroke candidati alla riabilitazione
ricevono una valutazione e un intervento multidisciplinare in un contesto in
cui le cure riabilitative sono formalmente coordinate e organizzate
(Annotazione I - Il paziente necessita di un intervento riabilitativo? -
Determinare i bisogni riabilitativi).
Si raccomanda:
 Una volta che il paziente risulti clinicamente stabile, si dovrebbero consultare
i servizi di riabilitazione per valutare le menomazioni del paziente e la
partecipazione per stabilire i bisogni e gli obiettivi riabilitativi;
 Una valutazione multidisciplinare dovrebbe essere intrapresa e documentata
per tutti i pazienti (A);
 I pazienti che non hanno riportato una disabilità residua dopo l’evento acuto
e che non necessitano di servizi di riabilitazione possono essere dimessi a
domicilio;
 Si raccomanda vivamente che i pazienti con disabilità da lieve a moderata
che necessitino di servizi di riabilitazione abbiano accesso ad un ambiente
con un team di assistenza riabilitativa coordinato e organizzato, esperto (A);
 I pazienti con grave disabilità e per i quali la prognosi per il recupero risulti
essere scarsa possono non beneficiare degli interventi di riabilitazione e
possono essere dimessi a domicilio o in casa di cura in coordinamento con i
familiari / assistenti.

La valutazione dei bisogni riabilitativi e la tempestività per la partecipazione


alla riabilitazione dovrebbero, come minimo, includere quanto segue:
110 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

- Stabilità clinica da 24 ore;


- Nessun dolore al petto nelle ultime 24 ore, ad eccezione dell'angina stabile,
ecc.;
- Assenza di aritmie significative;
- Nessuna prova di TVP;
- Capacità cognitiva di partecipare alla riabilitazione;
- Disponibilità a partecipare ai servizi di riabilitazione;
- Stato funzionale precedente adeguato;
- Capacità di miglioramento;
- Deficit funzionali.

Strumenti di misurazione standard possono essere impiegati per


documentare oggettivamente lo stato funzionale generale di un paziente
colpito da stroke. Lo strumento più utilizzato per misurare lo stato funzionale
è la Functional Independence Measure (FIMTM), sebbene ne esistano altri (ad
esempio, Barthel, Lawton).
I pazienti che mantengono il loro livello di pre-stroke di funzionamento e
sono indipendenti con ADL e IADLS in genere non richiedono servizi di
riabilitazione.
I pazienti con un stroke grave o che sono massimamente dipendenti nelle
ADL ed hanno una prognosi sfavorevole per il recupero funzionale non sono
candidati all'intervento riabilitativo (Annotazione H - Il paziente con un
stroke severo e / o con la massima dipendenza e una prognosi scarsa è
destinato ad un recupero funzionale?).

2.4.2.2.3. Canadian Stroke Best Practice Recommendations, update 2015


Sono stati sviluppati nuovi criteri (Tabella 2 - criteri di eleggibilità e
ammissione alla riabilitazione dello stroke) in materia di ammissibilità per
la riabilitazione dello stroke quali:
Tra i criteri generali di inclusione per la riabilitazione dello stroke: tutti i
pazienti con stroke acuti o recenti (meno di un anno) o pazienti con più di un
anno dopo l’evento che richiedono:
- Riabilitazione multi professionale in regime di ricovero o ambulatoriale
al fine di raggiungere obiettivi funzionali che impediscano il ricovero in
ospedale e / o migliorino l'indipendenza;
- Valutazione, trattamento o revisione interdisciplinare della
riabilitazione da parte del personale con esperienza sullo stroke
(comprese discipline come terapia fisica, terapia occupazionale,
logopedia, infermieristica, psicologia e terapia ricreativa);
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 111

Il paziente è clinicamente stabile:


- È stata identificata una diagnosi certa di stroke, anche se il meccanismo
o l'eziologia potrebbero non essere inizialmente chiari, queste situazioni
non dovrebbero causare ritardi nell'accesso alla riabilitazione;
- Sono stati affrontati tutti i problemi medici e / o co-morbidità (ad
esempio, insufficienza respiratoria e insufficienza cardiaca congestizia);
- Al momento della dimissione dal reparto per acuti, i processi di malattia
acuta e / o le menomazioni non impediscono la partecipazione attiva al
programma di riabilitazione;
- I segni vitali del paziente sono stabili;
- Tutte le indagini mediche sono state completate o al momento è in atto
un piano di follow-up;
- Appuntamenti di follow-up effettuati in tempo di dimissione dal reparto
per acuti.

Il paziente dimostri almeno un livello minimo di funzionalità, che includa:


- Resistenza per partecipare alle richieste del programma;
- Sia in grado di seguire al minimo i comandi one-step, con la
comunicazione supporto se richiesto;
- Sufficiente attenzione, memoria a breve termine e intuizione per
progredire nel processo di riabilitazione.

I pazienti dimostrino il potenziale per tornare al funzionamento premorboso


/ basale o per aumentare il livello funzionale post-stroke con la partecipazione
al programma di riabilitazione.
Gli obiettivi per la riabilitazione possano essere stabiliti e siano specifici,
misurabili, raggiungibili, realistici e tempestivi.
Il paziente o il tutore abbia acconsentito al trattamento nel programma e
dimostri la volontà e la motivazione a partecipare al programma di
riabilitazione (Eccezioni: pazienti con ridotta motivazione / iniziazione
secondaria alla diagnosi, ad esempio depressione).

Il paziente è pronto a partecipare alla riabilitazione quando:


- Soddisfi i criteri di stabilità medica come definito nella linea guida sopra;
- Sia in grado di soddisfare il livello minimo di tolleranza del programma
di riabilitazione definito dai suoi criteri di ammissione;
- Non ci siano problemi comportamentali che limitino la capacità del
paziente di partecipare al livello minimo richiesto dal programma di
riabilitazione.
112 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Tra Criteri generali di esclusione per la riabilitazione dello stroke:


- Grave compromissione cognitiva che impedisca al paziente di
apprendere e partecipare alla terapia;
- Il paziente riceve già un trattamento altrove e i bisogni vengono
soddisfatti;
- Il comportamento è inappropriato mettendo a rischio se stesso o gli altri
(cioè aggressivo, ecc.);
- Malattia terminale con prevedibile breve sopravvivenza;
- Non disposto a partecipare al programma.

Le caratteristiche per le pianificazione della riabilitazione dei pazienti


con stroke prese in considerazione risultano essere:
- Gravità iniziale dello stroke;
- Area, eziologia e tipo di stroke (ischemico / emorragico);
- Deficit funzionali e stato funzionale - utilizzando FIM ® Instrument,
Barthel Index, Rankin Score e / o Alpha FIM ® Instrument score;
- Tipi di terapia richiesti in base alla valutazione dei deficit (ad es. terapisti
occupazionali-OT, fisioterapisti-PT, ed altri come richiesto);
- Stato cognitivo: il paziente è in grado di apprendere e partecipare
attivamente alla riabilitazione;
- Tempo di insorgenza dei sintomi.

Inoltre vengono prese in considerazione quali caratteristiche aggiuntive del


paziente:
- Stabilità medica;
- Gli obiettivi di riabilitazione possono essere identificati dal paziente e/o
dal team di assistenza sanitaria al fine di aumentare l'indipendenza in
tutte le attività della vita quotidiana. Alcuni esempi di obiettivi possono
includere: trasferimento senza assistenza, camminare autonomamente
con aiuti, utilizzare il braccio coinvolto, migliorare le capacità di
comunicazione;
- Tolleranza e resistenza adeguate per partecipare attivamente alla terapia
riabilitativa per lo stroke;
- Fragilità dell'età e stato pre-stroke;
- Co-morbilità esistenti come demenza, stato di cure palliative per un'altra
condizione medica / malattia terminale.
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 113

2.4.2.2.4. Guidelines for adult stroke rehabilitation and recovery: a guideline for
healthcare professionals from the American Heart Association / American Stroke
Association, Stroke, 2016
La selezione del livello di cura più appropriato richiede la valutazione di
molti fattori, tra cui la gravità dei deficit neurologici residui, i conseguenti
limiti nelle attività, abilità cognitive e comunicative, stato psicologico,
capacità di deglutizione, capacità funzionale premorbosa, comorbidità
mediche, supporto familiare per il paziente , probabilità di tornare a vivere in
comunità e capacità di partecipare a un programma di riabilitazione. Alcuni
fattori come l'età avanzata, l’area cognitiva alterata, il livello funzionale
inferiore dopo lo stroke e l'incontinenza urinaria sono fattori predittivi del
bisogno per la cura di una riabilitazione ospedaliera. La presenza della
sindrome da neglect può prevedere una degenza riabilitativa più lunga e uno
stato funzionale inferiore alla dimissione (Valutare i bisogni generali di
riabilitazione).

Per quanto riguarda l’organizzazione dei diversi setting riabilitativi tra le


linee guida EBM analizzate sono meritevoli di essere riportate, benché non
vengano esplicitate vere e proprie raccomandazioni, le seguenti fonti:

2.4.2.2.5. Department of Veterans Affairs (VA) and The Department of Defense


(DoD), VA / DoD clinical practice guideline for the management of stroke
rehabilitation, 2010
Nel corso degli anni, l'organizzazione e l'erogazione dell'assistenza ai pazienti
colpiti da stroke hanno assunto svariate forme e possono andare da servizi
ambulatoriali minimi a servizi di degenza intensiva su un'unità riabilitativa
specializzata con un team interdisciplinare. Mancando una chiara evidence
base, i tipi di servizi forniti ai pazienti con stroke sono ampiamente variabili.
L’ Agency for Healthcare Policy and Research Guideline for Post-Stroke
Rehabilitation (AHCPR, 1995) ha concluso, "Un notevole numero di prove,
principalmente da paesi dell'Europa occidentale, indica che si ottengono
migliori risultati clinici quando i pazienti con stroke acuto vengono trattati in
un setting che fornisce valutazioni e servizi coordinati e multidisciplinari …".
Il gruppo di lavoro VA / DoD ha esaminato la letteratura riguardante la
questione dell'organizzazione delle cure. Sebbene le revisioni e le prove
chiariscano che la riabilitazione sia una componente dominante dei servizi
organizzati, non è possibile specificare standard e protocolli precisi per tipi
specifici di unità specializzate per i pazienti colpiti da stroke. (Riabilitazione
114 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

durante la fase acuta dello stroke - Organizzazione dell’intervento


riabilitativo post stroke).
Una volta presa la decisione che il paziente colpito da stroke possa beneficiare
dei servizi di riabilitazione, il team deve determinare la migliore
impostazione per la riabilitazione in corso. Per molti pazienti, i deficit fisici e
/ o cognitivi possono renderli insicuri nel loro ambiente di vita precedente e
la riabilitazione ospedaliera continua è l'opzione migliore. Per i pazienti con
stroke meno gravi, la dimissione precoce assistita (ESD) o la riabilitazione
interdisciplinare a domicilio anziché in ospedale possono essere un'opzione
praticabile.
La dimissione precoce assistita (ESD) è un modello di assistenza che collega
l'assistenza ospedaliera ai servizi della comunità e consente ai pazienti di
essere dimessi prima con il supporto del team di riabilitazione. Per essere
efficace, (ESD) dovrebbe essere preso in considerazione solo quando sono
disponibili adeguati servizi comunitari per la riabilitazione e per il supporto
dell’assistenza e si possa fornire il livello di intensità del servizio di
riabilitazione necessario.
La riabilitazione ospedaliera può assumere molte forme che vanno dai servizi
terapeutici minimi in una casa di cura ai servizi forniti in un'unità di
riabilitazione specializzata. La riabilitazione ospedaliera può avvenire in un
ospedale riabilitativo indipendente o un'unità di riabilitazione all'interno di
una struttura più grande, e può anche fare riferimento a programmi in cui il
paziente è degente durante il trattamento, comprese le case di cura e le
strutture di assistenza cronica. Nessuno studio ha dimostrato la superiorità
di un tipo di impostazione di riabilitazione rispetto a un altro. Le esigenze
individuali del paziente, la resistenza e la capacità di partecipazione nonché
la disponibilità di risorse devono essere considerate su base individuale.
Indipendentemente dall'impostazione, il paziente dovrebbe essere assistito
da un team coordinato e multidisciplinare (Annotazione J).
La riabilitazione ospedaliera è definita come una riabilitazione eseguita
durante una degenza ospedaliera in un ospedale riabilitativo indipendente o
in un'unità di riabilitazione di un ospedale per acuti. I pazienti in genere
richiedono servizi continuativi di degenza se presentano deficit funzionali
significativi e necessità mediche e / o infermieristiche che richiedono una
stretta supervisione medica e una disponibilità di assistenza infermieristica
24 ore su 24. L'assistenza ospedaliera può essere appropriata se il paziente
richiede il trattamento da parte di altri professionisti della riabilitazione (ad
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 115

esempio, fisioterapisti, terapisti occupazionali, logopedisti e psicologi)


(Annotazione M - Riabilitazione ospedaliera per pazienti colpiti da stroke).

2.4.2.2.6. Clinical Practice Guideline for Physical Therapy after Stroke (Dutch:
KNGF - richtlijn Beroerte), 2014
Come riportato nelle linee guida Olandesi del 2014 per la terapia fisica dopo
stroke, la stroke unit dovrebbe essere incorporata in un sistema di cura
integrato specializzato, a volte indicato come servizio di stroke. Un servizio
per lo stroke può essere definito come un "sistema di assistenza integrata
regionale di fornitori di assistenza collaborativa". I fornitori di assistenza
possono essere considerati come parte di un servizio di stroke:
- Unità di stroke ospedaliero;
- Centri di riabilitazione (unità di riabilitazione);
- Case di cura, indipendentemente dal fatto che offrano o meno servizi di
riabilitazione (unità di stroke per la casa di cura) e reparti di "lunga durata";

2.4.2.2.7. Canadian Stroke Best Practice Recommendations,update 2015


Nelle linee guida canadesi aggiornate al 2015 nell’introduzione si sottolinea
come la riabilitazione dello stroke inizi subito dopo l'evento acuto; una volta
che il paziente risulti essere clinicamente stabile e quando si sia in grado di
identificare gli obiettivi per la riabilitazione e il recupero. La riabilitazione
può essere offerta in una vasta gamma di setting, ( unità di riabilitazione
ospedaliera, strutture ambulatoriali, cliniche comunitarie, i programmi e i
centri ricreativi, i servizi di dimissione precoce assistita (Early supported
discharge-ESD) I membri del team di riabilitazione appositamente formati (ad
esempio, medici, fisioterapisti, terapisti occupazionali, logopedisti e
infermieri ecc.) assistono le persone nel recupero dei loro deficit utilizzando
una varietà di interventi di riabilitazione.
Nella Parte A, Sezione 2, si repertano le seguenti raccomandazioni (Stroke
rehabilitation unit care)

 Tutti i pazienti che necessitano di una riabilitazione ospedaliera a seguito di


uno stroke devono essere trattati in un'unità specializzata nella riabilitazione
per lo stroke (Livello di Evidenza A);
 I pazienti con stroke moderato o grave, che sono pronti per la riabilitazione
e che hanno obiettivi suscettibili di riabilitazione, dovrebbero avere la
possibilità di partecipare alla riabilitazione (Livello di Evidenza A);
 Nei casi in cui non è possibile l'ammissione a un centro riabilitativo per stroke
(Stroke rehabilitation unit), la riabilitazione ospedaliera è fornita da un'unità di
riabilitazione generale (Livello di Evidenza B);
116 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

 I pazienti trattati in unità di riabilitazione generale dovrebbero ricevere gli


stessi livelli di cura e di intervento dei pazienti trattati in unità di
riabilitazione per lo stroke;
 L’unità riabilitativa deve essere geograficamente definita (Livello di
Evidenza A).

Nella Sezione 4 (Riabilitazione per stroke ambulatoriale e domiciliare):


La terapia ambulatoriale viene spesso prescritta dopo la dimissione da un
regime di ricovero per acuti, dopo un’unità di riabilitazione post-stroke e / o
può essere richiesta diversi mesi più tardi. La terapia continuativa può
includere programmi di tipo "day hospital", programmi comunitari-
territoriali o riabilitazione domiciliare, a seconda della disponibilità delle
risorse.
I servizi ESD sono una forma accettabile di riabilitazione per un gruppo
selezionato di pazienti, quando disponibili e forniti da un team
interprofessionale specializzato con risorse adeguate (Livello di Evidenza A)
Criteri di inclusione per accedere al servizio ESD:
 Disabilità da lieve a moderata (Livello di Evidenza A);
 Capacità di partecipare alla riabilitazione dal momento della dimissione
(Livello di Evidenza A);
 Stabilità clinica, disponibilità di cure adeguate, risorse necessarie e servizi di
supporto (ad es. famiglia, personale sanitario e assistenza domiciliare)
(Livello di Evidenza A).

2.4.2.2.8. Guidelines for adult stroke rehabilitation and recovery: a guideline for
healthcare professionals from the American Heart Association/American Stroke
Association, Stroke, 2016
Nell’ambito del paragrafo Programma riabilitativo - Organizzazione del
servizio di riabilitazione post stroke (livelli di cura) le linee guida americane
del 2016 sulla riabilitazione dello stroke riportano che nell’ambito del piano
di salute pubblico statunitense Medicare (Medicare & Medicaid Services),
esistono differenti ambiti / livelli assistenziali ove si eroga l’attività
riabilitativa o di stabilizzazione clinica in continuità con l’evento morboso che
ha determinato il trattamento in acuzie.
La gamma di servizi di riabilitazione erogati a pazienti colpiti da stroke negli
Stati Uniti è ampia ed estremamente eterogenea, variando dal tipo di
impostazioni di cura utilizzate, alla durata, intensità e tipo di interventi e al
grado di coinvolgimento di specifici medici, infermieri e altri specialisti della
riabilitazione. La natura e l'organizzazione dei servizi di stroke riabilitativo
negli Stati Uniti sono cambiate considerevolmente nel tempo in risposta a
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 117

varie forze, tra cui la crescente integrazione di sistemi ospedalieri e di


assistenza ambulatoriale (a livello locale e regionale), l'organizzazione di
specialità mediche, e più importante, rispetto a modifiche di rimborso federali
(in particolare, Centri per i servizi Medicare e Medicaid).
La struttura organizzativa altamente eterogenea della cura riabilitativa per lo
stroke negli Stati Uniti porta con sé delle sfide in termini di determinazione
della qualità delle cure fornite dal sistema (cioè tempestività, efficacia,
efficienza, sicurezza, equità e centralità del paziente).
Gran parte della ricerca che documenta i benefici delle unità di stroke e di
altri aspetti dei modelli interprofessionali integrati di cura dello stroke è stata
sviluppata in Europa e altrove, e il grado in cui questi risultati sono
direttamente applicabili al sistema di cura dello stroke negli Stati Uniti è
spesso dibattuto.
Idealmente, i servizi di riabilitazione vengono erogati da un team
multidisciplinare di operatori sanitari con formazione in neurologia,
infermieristica di riabilitazione, terapia occupazionale (OT), PT (fisioterapisti)
e logopedisti (SLT). Queste squadre sono dirette sotto la guida di medici
esperti in medicina fisica e riabilitativa (fisiatra) o di neurologi con
formazione specialistica nella medicina della riabilitazione. Altri operatori
sanitari che svolgono un ruolo essenziale nel processo includono assistenti
sociali, psicologi, psichiatri e consulenti.
L'assistenza sanitaria fornita durante la degenza ospedaliera per acuti si
concentra principalmente sulla stabilizzazione clinica del paziente, sulla
somministrazione di trattamenti per lo stroke e su misure profilattiche e
preventive. Sebbene la fornitura di terapie di riabilitazione (OT / PT / SLT)
non sia in genere la priorità principale, i dati suggeriscono fortemente che ci
sono benefici per iniziare la riabilitazione non appena il paziente è pronto e
può tollerarlo.
La caratteristica fondamentale dell'assistenza ospedaliera per acuti per i
pazienti colpiti da stroke negli Stati Uniti è la sua brevità; la durata media
della degenza per i pazienti con stroke ischemico è di circa 4 giorni.
Indipendentemente dal fatto che la riabilitazione sia iniziata durante la
degenza ospedaliera, tutti i pazienti devono sottoporsi a una valutazione
(spesso condotta dai servizi OT / PT / SLT) circa i bisogni di riabilitazione del
paziente prima della dimissione. Il processo di dimissione può anche
coinvolgere i casi di gestione infermieristica di riabilitazione e gli assistenti
sociali in grado di valutare le questioni psicosociali che possono influenzare
il trasferimento.
118 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

I servizi sanitari forniti dopo la dimissione ospedaliera sono indicati come


servizi di assistenza post-traumatica e sono progettati per aiutare i pazienti
nel trasferimento dall'ospedale a casa e nella ricerca del raggiungimento del
più alto livello possibile di funzionalità. Oltre alle cure di riabilitazione fornite
da OT / PT / SLT, le cure possono includere fisiatri o altri medici, infermieri
di riabilitazione e assistenti infermieristici.
L'intensità della cura della riabilitazione varia ampiamente, a seconda del
setting, con la più intensiva cura riabilitativa fornita dalle strutture di
riabilitazione ospedaliera (Inpatient Rehabilitation Facilities-IRF, unità
operative ospedaliere dedicate o strutture indipendenti che erogano
assistenza riabilitativa di tipo intensivo), seguita da strutture di assistenza
infermieristica (Skilled Nursing Facilities-SNF, unità operative ospedaliere
dedicate o strutture indipendenti free-standing che erogano assistenza
infermieristica e riabilitativa di tipo estensivo per periodi brevi), che
forniscono la riabilitazione "subacuta".
Le IRF forniscono assistenza a livello ospedaliero ai pazienti colpiti da stroke
che necessitano di un'assistenza riabilitativa interdisciplinare 24 ore al giorno,
fornita sotto la diretta supervisione di un medico. I regolamenti di Medicare
(Centri per Medicare e Servizi Medicaid) specificano che l'ammissione agli
IRF dovrebbe essere limitata ai pazienti per i quali è previsto un
miglioramento significativo entro un ragionevole lasso di tempo e che
potrebbero tornare a un contesto comunitario (piuttosto che essere trasferiti a
un altro setting come un SNF o un centro di assistenza a lungo termine).
Gli SNF (riabilitazione subacuta) forniscono cure riabilitative ai pazienti
colpiti da stroke che necessitano di servizi infermieristici o riabilitativi
quotidiani. L'ammissione agli SNF può essere richiesta per i pazienti che il
team di riabilitazione ritiene possano non raggiungere il recupero completo o
parziale.
Gli ospedali per l'assistenza acuta a lungo termine (Long-term Care Hospitals
(LTCH), ospedali che trattano pazienti clinicamente complessi con una
degenza media di almeno 25 giorni) sono un'altra struttura ospedaliera che
fornisce assistenza. Gli ospedali per l'assistenza acuta a lungo termine
forniscono un'assistenza medica e riabilitativa estesa per pazienti colpiti da
stroke con esigenze mediche complesse derivanti da una combinazione di
condizioni acute e croniche (es. Assistenza al ventilatore-dipendente, gestione
del dolore). A causa di questi requisiti, gli ospedali per cure acute a lungo
termine forniscono assistenza a una minoranza di pazienti colpiti da stroke.
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 119

Per i pazienti colpiti da stroke che tornano a domicilio dopo un


ospedalizzazione per acuti, la cura riabilitativa può essere fornita in ambito
comunitario/territoriale da un'agenzia di assistenza sanitaria domiciliare
(Home HealthCare Agencies-HHCA, agenzie responsabili dell’erogazione di
prestazioni/servizi assistenziali di tipo infermieristico o riabilitativo a
beneficiari del programma Medicare in ambito domiciliare) o da ambulatori
e cliniche ambulatoriali.
Per alcuni pazienti colpiti da stroke, si è proposto il modello di assistenza di
dimissione precoce assistita (ESD) che collega le cure ospedaliere con i servizi
comunitari e consente a determinati pazienti di essere dimessi prima con il
supporto del team di riabilitazione.
L'efficacia di questi percorsi di cura post ictus caratterizzati da una
dimissione ospedaliera precoce e protetta (ESD) per i pazienti con ictus acuto
è stata valutata nella revisione sistematica

Nelle linee guida AHA / ASA del 2016 sono indicati i livelli di assistenza con
la media di giorni di presa in carico e le figure professionali coinvolte (come
riportato nella tabella 2.13. nelle stesse LG)

Tabella 2.13. Strutture ed organizzazioni per la riabilitazione dell’ictus in USA


Setting Ammissione Durata media Specialisti
ricovero coinvolti
Acute inpatient Near onset 4 gg per ictus Major: MD, RN;
facility (hospital). ischemico; More limited: OT,
7 gg per ictus PT, SLT, SW.
emorragico.
IRF 5-7 giorni. 15 gg (range, 8-30 Major: MD, RN, OT,
gg). PT, SLT;
More limited: MD,
RN.

SNF 5-7 giorni. Altamente variabile Major: LPN/LVN,


(max 100 gg). NA, OT, PT, SLT;
More limited: MD,
RN.

Long-term Care Altamente variabile. Prolungato e Major: LPN/LVN,


(nursing home) altamente variabile. NA;
More limited: RN,
OT, PT, SLT, MD.
Long-term Care Variabile. 25 gg in media Major: RN, MD;
Hospitals (LTCH) (necessari). More limited: OT,
PT, SLT, MD.
120 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

HHCA Variabile (tipicamente Variabile. Major: NA, RN;


5-30 gg). More limited: OT,
PT, SLT, MD.

Ambulatoriale. Variabile (tipicamente Variabile. Major: OT, PT, SLT,


5-30 gg). MD.

Tab. 2.13. HHCA: home healthcare agency; IRF: inpatient rehabilitation facility; LPN / LVN:
licensed practical of vocational nurse; MD: medical doctor; NA: nurse assistant; OT:
occupational therapist; PT: physical therapist; RN: registered nurse; SLT: speech language
therapist; SNF: skilled nursing facility; SW: social worker. Modifed from Miller et al. Copyright
2010, American Heart Association, Inc.

2.4.3. Scale di misura standardizzate come criterio di inclusione /


esclusione per la riabilitazione del paziente amputato e criteri di
appropriatezza di inclusione / esclusione della riabilitazione del
paziente amputato e setting riabilitativi
Tabella 2.14. Linee guida.
Organizz. / Multi- Ass.
Società / LINEA GUIDA Anno disciplin. pazienti GRADE
Autori
VA/ DoD. [46] Clinical practice guideline
for rehabilitation of lower 2007
limb amputation
VA / DoD. Clinical practice guideline
for the management of 2014 Sì Sì GRADE
upper extremity USPSTF+
amputation rehabilitation.
VA / DoD. Clinical practice guideline
for rehabilitation of 2017 Sì Sì GRADE
individuals with lower
limb amputation.
British Ass. of
Chartered
Physiot. in Evidence Based Clinical
Amputee Guidelines for the Delphi
Rehab. Physiotherapy 2012 No No consensu
and Management of Adults s method
Chartered with Lower Limb
Society of Prostheses.
Physiother.
(CSP)
Netherlands Guideline amputation and
Soc. of prosthetics of the lower 2012 Sì Sì No
Physical and extremities.
Rehab. Med.
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 121

2.4.3.1. VA / DoD clinical practice guideline for rehabilitation of lower limb


amputation, 2007
Il piano di trattamento riabilitativo viene utilizzato per guidare la cura di un
paziente che ha subito un'amputazione dell'arto inferiore. Il processo
riabilitativo include: valutazioni mediche in corso delle menomazioni,
interventi terapeutici per affrontare le disabilità o la limitazione delle attività.
La stabilità medica è essenziale per una dimissione sicura e un
raggiungimento ottimale degli obiettivi postoperatori. Alcune condizioni
mediche devono essere soddisfatte prima di procedere ad un altro livello di
assistenza (Core 2 - Piano di trattamento riabilitativo).

- Raccomandazioni
 Lo stato clinico deve essere valutato prima di procedere con un altro livello
di cura (Modulo B7- Il paziente è clinicamente stabile per essere dimesso dal
reparto per acuti?). I seguenti criteri devono essere soddisfatti prima della
dimissione ad un livello successivo di assistenza:
- Stabilità emodinamica;
- Assenza di infezioni sistemiche o trattamento appropriato in corso;
- Ferita chirurgica stabile;
- Gestione accettabile di alvo e vescica;
- Condizioni di comorbidità controllate.

La riabilitazione dopo l'amputazione può avvenire in una varietà di modalità.


L'intervento di riabilitazione andrà a vantaggio sia dei candidati protesici che
di quelli non prostetici. Alcuni pazienti saranno meglio seguiti in un ambiente
ambulatoriale, alcuni potrebbero aver bisogno di un ambiente di
riabilitazione ospedaliera e altri potrebbero essere meglio seguiti in una
struttura di assistenza a medio o lungo termine (Modulo B8 - Determinare
l'ambiente di riabilitazione ottimale e aggiornare il piano di trattamento).

- Raccomandazioni
 Il collocamento riabilitativo dopo l'amputazione degli arti inferiori deve
essere basato sullo stato clinico del paziente, sulla funzionalità attuale e
prevista, sulla capacità di partecipare agli interventi riabilitativi, sul sistema
di supporto sociale e sulle risorse della comunità;
 Al fine di essere dimesso dal reparto per acuti le condizioni cliniche del
paziente devono essere stabili;
 Pazienti destinati alla dimissione a domicilio sono quelli che rispondono a:
stabilità clinica, siano in grado di muoversi e trasferirsi con il supporto di
ausili, siano in grado di eseguire autonomamente attività di vita quotidiana
di base o di avere un sistema di supporto sociale per compensare le carenze,
abbiano un ambiente domestico accessibile, abbiano la possibilità di
proseguire l’intervento riabilitativo come necessario;
122 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

 I pazienti che non soddisfano i criteri per una dimissione domiciliare


potranno accedere a: una riabilitazione ospedaliera per acuti (in grado di
seguire un minimo di comandi in due passaggi, in grado di partecipare
attivamente e beneficiare di almeno due ore di terapia al giorno), assistenza
riabilitativa sub-acuta o una struttura infermieristica (in grado di partecipare
attivamente a meno di due ore di terapia al giorno);
 I pazienti che non presentano i criteri per un programma di assistenza
sanitaria di riabilitazione (ad es. non soddisfano i criteri sopra citati e
l'assistenza infermieristica supera le cure di riabilitazione) possono essere
indirizzati in un programma che si concentri principalmente sull'assistenza
infermieristica specializzata quando: clinicamente stabili ed in grado di
tollerare solo poche ore di terapia per settimana.

La determinazione del livello di riabilitazione viene effettuata su un consenso


clinico. La stabilità medica per la partecipazione a un programma riabilitativo
in acuto richiede che il paziente sia in grado di seguire un minimo di comandi
in due fasi; avere la capacità di acquisire e conservare nuove informazioni;
non avere un quadro di sepsi; avere un quadro emodinamico stabile e avere
la capacità di tollerare più di 2 ore di terapia al giorno.
La stabilità clinica per l'inclusione in un programma di riabilitazione subacuta
richiede che il paziente segua semplici comandi; avere la capacità di acquisire
e conservare nuove informazioni; non avere quadro di sepsi; avere un quadro
emodinamico stabile; e tollerare solo una o due ore di terapia al giorno
(tollerare una seduta da 1 a 2 ore al giorno).
La stabilità clinica per l'inclusione in un programma che è principalmente di
assistenza infermieristica specializzata richiede che il paziente non abbia
evidenza di stato settico; avere un quadro emodinamico stabile; tollerare solo
diverse ore di terapia a settimana.
La stabilità clinica per la dimissione in ambiente domiciliare richiede che il
paziente sia in grado di eseguire le attività di vita quotidiana di base in modo
sicuro e indipendente o abbia un sistema di supporto sociale per compensare
le carenze e possibilmente la capacità di organizzare il trasporto in una
struttura ambulatoriale. (Modulo C2 - Valutazione post-operatoria).

- Raccomandazioni
 Una valutazione fisica e funzionale post operatoria deve essere eseguita dopo
l'intervento chirurgico di amputazione e prima della riabilitazione
postoperatoria.
 Prendere in considerazione l'utilizzo di misure standardizzate per
l'ammissione e la dimissione per dimostrare i progressi e l'efficacia del
processo di riabilitazione. Gli strumenti consigliati per la valutazione
includono:
- Amputee Mobility Predictor (AMP);
- Functional Independence Measure (FIM);
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 123

- Two-Minute Walk;
- TimedUpandGoTest (TUG);
- Upper Extremity Ergometry.

2.4.3.2. VA / DoD clinical practice guideline for rehabilitation of


individuals with lower limb amputation, 2017
All’interno di questa linea guida viene riportata una tabella di confronto fra
raccomandazioni 2007 e raccomandazioni del 2016.

- Viene citato il Modulo B7 con le raccomandazioni che non presentano alcun


grado per il 2007 (Lo stato clinico deve essere valutato prima di procedere con
un altro livello di cura. I seguenti criteri devono essere soddisfatti prima della
dimissione ad un livello successivo di assistenza:stabilità emodinamica,
assenza di infezioni sistemiche o trattamento appropriato in corso, ferita
chirurgica stabile, gestione accettabile di alvo e vescica,condizioni di
comorbidità controllate) e non viene riportata in merito alcuna
raccomandazione del 2016.

- Viene citato il Modulo B8 con le raccomandazioni che non presentano alcun


grado per il 2007 (Il collocamento riabilitativo dopo l'amputazione degli arti
inferiori deve essere basato sullo stato clinico del paziente, sulla funzione
attuale e prevista, sulla capacità di partecipare agli interventi riabilitativi, sul
sistema di supporto sociale e sulle risorse della comunità.) e viene riportata
in merito la raccomandazione 12 per il 2016 (raccomandazione 12:
Suggeriamo, quando applicabile, il trattamento in un programma di
riabilitazione ospedaliera per acuti piuttosto che una struttura infermieristica
specializzata- Debole a favore).
Sempre in merito al Modulo B8 viene citata la raccomandazione del 2007
senza alcun grado (Al fine di essere dimesso dal reparto per acuti la
condizione cliniche del paziente devono essere stabili), ma non viene
riportata in merito alcuna raccomandazione del 2016.
Sempre in merito al Modulo B8 viene citata la raccomandazione del 2007
senza alcun grado (I pazienti che non soddisfano i criteri per una dimissione
domiciliare potranno accedere a: una riabilitazione ospedaliera per acuti - in
grado di seguire un minimo di comandi in due passaggi, in grado di
partecipare attivamente e beneficiare di almeno due ore di terapia al giorno-,
assistenza riabilitativa sub-acuta o una struttura infermieristica - in grado di
partecipare attivamente a meno di due ore di terapia al giorno) e viene
riportata in merito la raccomandazione 12 per il 2016 (raccomandazione 12:
Suggeriamo, quando applicabile, il trattamento in un programma di
riabilitazione ospedaliera per acuti piuttosto che una struttura infermieristica
specializzata- Debole a favore).
124 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Sempre in merito al Modulo B8 viene citata la raccomandazione del 2007


senza alcun grado (I pazienti che non presentano i criteri per un programma
di assistenza sanitaria di riabilitazione, ad es. non soddisfano i criteri citati e
l'assistenza infermieristica supera le cure di riabilitazione, possono essere
indirizzati in un programma che si concentra principalmente sull'assistenza
infermieristica specializzata quando: clinicamente stabili ed in grado di
tollerare solo poche ore di terapia per settimana.), ma non viene riportata in
merito alcuna raccomandazione del 2016.

Nella raccomandazione 12 del 2016 viene riportata come discussione:

- Uno studio prospettico di coorte su 297 pazienti sostiene che la riabilitazione


in una struttura di riabilitazione ospedaliera (IRF) presenta vantaggi rispetto
a una struttura infermieristica specializzata (SNF). Questo studio ha rilevato
che i pazienti che ricevevano cure in un IRF mostravano una migliore qualità
della vita, migliore deambulazione e fiducia nell'andatura, un maggiore uso
di dispositivi protesici, un migliore successo con la mobilità generale e
lamentano meno dolore con l'uso di dispositivi protesici rispetto ai pazienti
che ricevevano cure in una SNF. Questi risultati sono supportati da altre
ricerche che hanno dimostrato un punteggio maggiore nel questionario Short-
Form 36 items Health Survey, (SF-36), nelle strutture IRF rispetto a quelle
SNF.
Le prove attuali non tendono a fare una raccomandazione per un setting di
riabilitazione ospedaliera per acuti piuttosto che una struttura di tipo SNF.

- Viene citato il Modulo C2 con le raccomandazioni che non presentano alcun


grado per il 2007 (Una valutazione fisica e funzionale post operatoria deve
essere eseguita dopo l'intervento chirurgico di amputazione e prima della
riabilitazione postoperatoria. Prendere in considerazione l'utilizzo di misure
standardizzate per l'ammissione e la dimissione per dimostrare i progressi e
l'efficacia del processo di riabilitazione. Gli strumenti consigliati per la
valutazione includono: Amputee Mobility Predictor (AMP) , Functional
Independence Measure (FIM), Two-Minute Walk, Timed Upa nd Go Test(
TUG), Upper Extremity Ergometry) e viene riportata in merito la
raccomandazione 16 per il 2016 (raccomandazione 16- fase di training
protesico: raccomandiamo l'uso di misure di esito funzionali validate,
affidabili, tra cui, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, Comprehensive
High-level Activity Mobility Predictor, Amputee Mobility Predictor, 10-meter
walk test, and 6-minute walk test – Forte a favore).
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 125

2.4.3.3. Netherlands Society of Physical and Rehabilitation Medicine,


Guideline amputation and prosthetics of the lower extremities, 2012
Dopo l'operazione dovrebbe essere nuovamente effettuata una consulenza
con il medico della riabilitazione, il fisioterapista e lo psicologo o assistente
sociale. Durante entrambe le consulenze (pre- e post-operatoria), dovrebbero
essere discussi i piani per la dimissione del paziente. Le possibilità includono
una casa di cura, centro di riabilitazione (ammissione / riabilitazione
ambulatoriale), ospedale con riabilitazione ambulatoriale, domicilio con
fisioterapia. In questa decisione è necessario valutare il livello preoperatorio
delle prestazioni del paziente, la comorbidità, la possibilità di assistenza e il
livello cognitivo del paziente.
In generale, si può affermare che il trattamento specialistico di riabilitazione
in un centro di riabilitazione o in un ospedale è preferibile al trattamento in
una casa di cura, presupponendo che il paziente abbia una capacità adeguata
per l'apprendimento e la formazione (Capitolo 8).

- Raccomandazione
 La destinazione di dimissione di un paziente con amputazione di un arto
viene determinata in ospedale in base al livello di funzione, alla situazione
sociale e alla salute generale corrente.

2.4.3.4. BACPAR (British Association of Chartered Physiotherapists in


Amputee Rehabilitation) - Evidence Based Clinical Guidelines for the
Physiotherapy Management of Adults with Lower Limb Prostheses
Dovrebbero essere raccolte informazioni sufficienti alla valutazione iniziale
per consentire la definizione degli obiettivi e un programma di riabilitazione
concordato con il paziente (Sezione 3 - Valutazione).
- Raccomandazione
 Ci dovrebbe essere la prova scritta di un esame fisico completo ed una
valutazione della funzionalità sia precedente allo stato attuale che presente
(A).

2.4.3.5. VA / DoD Clinical practice guideline for the management of upper


extremity amputation rehabilitation, 2014
Le misure dello stato funzionale dovrebbero essere utilizzate durante le
valutazioni e le rivalutazioni in tutte le fasi di cura per documentare gli esiti
e monitorare l'efficacia della riabilitazione.
Valutazioni interdisciplinari complete dovrebbero essere condotte durante
ciascuna delle prime tre fasi di cura (perioperatoria, pre-protesica e protesica)
(EO).
Una valutazione di base completa e interdisciplinare facilita l'ottimizzazione
delle condizioni del paziente, guidando la formulazione di un piano di
126 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

trattamento personalizzato, per promuovere i migliori risultati chirurgici e


riabilitativi (Core 2 - Valutazioni interdisciplinari complete).

La valutazione del livello precedente e attuale di funzione del paziente


consente al team di assistenza di:
1) sviluppare un piano di trattamento appropriato
2) stabilire ADL specifici e realistici, obiettivi lavorativi e ricreativi per
migliorare la qualità della vita dopo la perdita degli arti;
3) determinare la potenziale necessità di adattamenti domestici o di altri
adattamenti ambientali per massimizzare la funzionalità;
4) progettare scadenze appropriate per il prosieguo attraverso fasi di
riabilitazione;
5) determinare la prognosi per la massima indipendenza funzionale con o
senza una protesi per prepararsi meglio alle esigenze di assistenza a lungo
termine (Core 2 - Livello di funzione).

- Raccomandazioni (Core 3 - Riabilitazione e piano di dimissioni)


 Un programma completo, interdisciplinare, riabilitativo e di dimissione
centrato sul paziente dovrebbe essere sviluppato il più presto possibile e
aggiornato in tutte le fasi dell'assistenza in base ai progressi del paziente, ai
cambiamenti dello stato funzionale, ai bisogni emergenti e agli obiettivi.

Il modello ICF è sempre più utilizzato in contesti clinici per valutare lo stato
funzionale, fissare obiettivi, pianificare e monitorare il trattamento e come
quadro per la misurazione dei risultati. L'uso dell'ICF consente ai medici di
utilizzare un linguaggio comune e condividere uno scopo comune (Appendix
C: Outcome Misure).

2.4.4. Scale di misura standardizzate come criterio di inclusione /


esclusione per la riabilitazione del paziente post-frattura d’anca e
criteri di appropriatezza di inclusione / esclusione della riabilitazione
del paziente post-frattura d’anca

2.4.4.1. NICE, hip fracture: management clinical guideline, 2011


Nell’ambito del tema “Management multidisciplinare” si riscontrano:
- Identificazione precoce degli obiettivi individuali per una riabilitazione
multidisciplinare al fine di recuperare l’autonomia e per facilitare il ritorno
allo stato pre-frattura;
- Considerare una dimissione precoce assistita (ESD) come possibilità a patto
che il paziente: sia clinicamente stabile e con una capacità mentale di
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 127

partecipare alla continua riabilitazione, sia in grato di effettuare trasferimenti


o sia in grado di spostarsi per brevi distanze.
- Considerare una riabilitazione continuata in un ospedale di comunità o in
unità di assistenza residenziale.

2.4.5. Scale di misura standardizzate come criterio di inclusione /


esclusione per la riabilitazione delle gravi cerebrolesioni acquisite e
criteri di appropriatezza di inclusione / esclusione della riabilitazione
delle gravi cerebrolesioni acquisite e setting riabilitativi

Tabella 2.15.
DENOMINAZIONE SOCIETÀ MD GRADE DATA DI
SCIENTIFICA RILASCIO

Brain Injury Rehabilitation in Scottish Sì a-d, gpp 2013


Adults. A National Clinical Intercollegiate
Guideline. Guidelines
Network.

Clinical practice guideline for Institut National Sì AGREE 2016


the rehabilitation of adults D’Excellence en
with moderate to severe TBI. Santè et en Services
Sociaux - Ontario
neurotrauma
foundation

Traumatic brain injury: New Zealand 2006


Diagnosis, acute management Guidelines Group.
and rehabilitation. [48]

Tab. 2.15. MD: Multidisciplinare / Multiprofessionale

2.4.5.1. Scale di misura standardizzate come criterio di inclusione /


esclusione per la riabilitazione delle gravi cerebrolesioni acquisite
Non si è riusciti ad enucleare l’utilizzo di scale valutative standardizzate
come precipuo strumento di inclusione/esclusione per la riabilitazione, ciò
che, invece, si è colto dalle fonti analizzate è la ricorrenza del richiamo alla
Glasgow Coma Score (GCS).

2.4.5.1.1. Scottish intercollegiate guidelines network (sign). Brain injury


rehabilitation in adults: a national clinical guideline, 2013
La prognosi a lungo termine nelle persone con lesioni cerebrali è correlata a
vari fattori tra cui livelli di coscienza, durata dell'amnesia post-traumatica,
età, sesso e istruzione pre-infortunio e impiego. L'indice di severità della
128 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

lesione più utilizzato è il Glasgow Coma Score (GCS) che classifica le lesioni
in categorie lievi, moderate o gravi in base al livello di coscienza post trauma.
Una serie di strumenti possono essere utilizzati per la valutazione e nella
successiva impostazione degli obiettivi, ad esempio la Canadian
Occupational Performance Measure, la Functional Independence Measure /
Functional Assessment Measure (FIM / FAM) / o l'indice di Barthel, ma non
viene specificato l’uso di queste scale valutative come criterio di inclusione /
esclusione per la riabilitazione (Impostazione degli obiettivi).

2.4.5.1.2. Ontario neurotrauma foundation, Clinical practice guideline for the


rehabilitation of adults with moderate to severe TBI, 2016
La gestione iniziale di individui con lesioni cerebrali traumatiche dovrebbe
essere guidata da valutazioni cliniche e protocolli basati sul punteggio GCS
(Glasgow Coma Scale). (Adattato da ABIKUS 2007, G6, pagina 16) - livello di
evidenza C.
Una rivalutazione medica e fisica immediata deve essere condotta quando si
verifica un cambiamento del punteggio GCS (Glasgow Coma Scale) superiore
a 2 punti (Adapted from NZGG 2006, 2.2.1, p. 37) - Raccomandazione
prioritaria - Livello di Evidenza C (Sezione II - Valutazione e riabilitazione
delle sequele di lesioni cerebrali - Valutazione completa della persona con
TBI).
I programmi di riabilitazione dei traumi cranici dovrebbero monitorare
aspetti chiave come misure di progressione del cambiamento funzionale (es.
FIM, FAM, DRS, MPAI4, CRS-R) Livello di evidenza C, raccomandazione
fondamentale (A - Componenti chiavi della riabilitazione del TBI).

2.4.5.1.3. New Zealand guidelines group. Traumatic brain injury: diagnosis, acute
management and rehabilitation, 2006
Una volta che una persona con trauma cranico encefalico ha ripreso
conoscenza, è importante determinare quale danno neurologico potrebbeaver
riportato al fine di determinare il bisogno di interventi riabilitativi immediati.
La valutazione dovrebbe essere fatta da qualcuno con esperienza nella
valutazione del danno neurologico e della disabilità, e i risultati e le azioni
richieste dovrebbero essere documentate accuratamente (Valutazione per la
riabilitazione nella fase acuta).
Dovrebbero essere valutate le seguenti aree:
- Menomazioni motorie, come debolezza, tono alterato e mancanza di
coordinazione degli arti;
- Problemi con la parola e la deglutizione;
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 129

- Compromissione sensoriale, inclusi problemi visivi come ridotta acuità


visiva, perdita di campo visivo, e perdita dell'udito;
- Menomazioni cognitive, in particolare di memoria, concentrazione e / o
orientamento;
- Problemi di linguaggio, in particolare disturbi della comunicazione
cognitiva o afasia;
- Ridotto controllo sull'intestino e sulla vescica;
- Problemi emotivi, psicologici e neurocomportamentali.

Se una persona con trauma cranico encefalico è ancora in ospedale (inclusa


l'unità di terapia intensiva) 48 ore dopo la lesione, la valutazione da parte di
un team riabilitativo dovrebbe essere richiesta il prima possibile.

Nonostante un focus primario sulla partecipazione, il modello ICF riconosce


che l'intervento a livello di patologia e compromissione può avere sostanziali
benefici per la persona. Ciò significa che il team di riabilitazione deve avere
le competenze necessarie per intraprendere la valutazione e la gestione a tutti
i livelli di salute (Processo di riabilitazione).

Le persone che richiedono cure ospedaliere post-acute devono essere


trasferite a un'unità di riabilitazione specialistica non appena siano
clinicamente stabili e in grado di partecipare alla riabilitazione (Invio post
acuzie in riabilitazione).
Prima che una persona con trauma cranico encefalico venga dimessa dal
reparto per acuti dovrebbe esserci una valutazione del bisogno di
riabilitazione. Dovrebbero essere valutati per eventuali deficit fisici, cognitivi,
emotivi o comportamentali residui che influiscono negativamente sul loro
funzionamento e rimandati a servizi specialistici di follow-up (ospedalieri o
comunitari) a seconda dei casi.

2.4.5.2. Criteri di appropriatezza di inclusione / esclusione della


riabilitazione delle gravi cerebrolesioni acquisite e setting riabilitativi
Non si è riusciti a riscontrare dei veri e propri criteri di accesso per questa
categoria, viene sottolineata la necessità di stabilità clinica, la possibilità di
miglioramento attraverso il percorso riabilitativo e la tolleranza alla durata
del piano di trattamento, almeno come è espresso nelle linee guida canadesi
del 2016.
130 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

2.4.5.2.1. Ontario neurotrauma foundation, Clinical practice guideline for the


rehabilitation of adults with moderate to severe TBI, 2016
Si raccomandano
 Gli interventi di riabilitazione dovrebbero essere avviati non appena le
condizioni della persona con lesioni cerebrali traumatiche lo consentano.
(INESSS-ONF, 2015) - Raccomandazione prioritaria - Livello di Evidenza B. I
programmi di riabilitazione dovrebbero avere criteri di ammissione
chiaramente definiti, che includano una diagnosi traumatica del danno
cerebrale, stabilità medica, la capacità di migliorare attraverso il processo di
riabilitazione, la capacità di apprendere e impegnarsi nella riabilitazione e
una tolleranza sufficiente per la durata della terapia. (INESSS-ONF, 2015)
Livello di evidenza C, raccomandazione fondamentale (A - Componenti
chiavi della riabilitazione del TBI);
 Devono essere predisposti percorsi e protocolli assistenziali integrati per
agevolare il passaggio di una persona da un reparto di cura per acuti a una
riabilitazione (Adattato da ABIKUS 2007, G5, pagina 16) - Livello di evidenza
C, raccomandazione fondamentale;
 Una data di dimissione potenziale dovrebbe essere stabilita all'inizio del
percorso di riabilitazione e rivista regolarmente. (INESSS-ONF, 2015) Livello
di evidenza C, raccomandazione prioritaria (Riabilitazione subacuta);
 La dimissione pianificata dalla riabilitazione ospedaliera a domicilio per le
persone con trauma cranico (TBI) fornisce esiti positivi e dovrebbe: · Essere
parte integrante dei programmi di trattamento · Tenere conto dell'ambiente
domestico e sociale della persona con TBI (Adattato da SIGN 2013, 2.3 e
10.4.2) Livello di evidenza C, raccomandazione prioritaria (Riabilitazione
subacuta);

- Nell’ambito della Pianificazione della dimissione in comunità, si


raccomanda:

 Gli individui con lesioni cerebrali traumatiche possono essere ritrasferiti alla
comunità, quando la riabilitazione specializzata appropriata e il supporto
necessario possono essere proseguiti senza indugio in quell'ambiente.
(Adattato da ABIKUS 2007, G83, pagina 30) Livello di evidenza C;
 Un piano di dimissione formalizzato, distinto dal piano di riabilitazione,
dovrebbe essere preparato, discusso con la persona con lesione cerebrale
traumatica, la sua famiglia (INESSS-ONF, 2015) Livello di evidenza C;
 I piani di trattamento riabilitativo ambulatoriale dovrebbero essere
concordati congiuntamente con il paziente con lesioni cerebrali traumatiche
e familiari / assistenti e operatori sanitari coinvolti. (Adattato da ABIKUS
2007, G85, pagina 30) Livello di evidenza C.

Per quanto concerne la definizione di specifici setting riabilitativi abbiamo


riscontrato quanto segue.
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 131

2.4.5.2.2. New Zealand guidelines group. Traumatic brain injury: diagnosis, acute
management and rehabilitation, 2006
Occorre che i servizi di riabilitazione si adattino a tipologie diverse di pazienti
che necessariamente richiederanno strategie differenti (Capitolo 4 - Servizi
di riabilitazione).
Sono evidenziate fasi distinte di riabilitazione ciascuna delle quali con un
obiettivo diverso in relazione al trauma cranico encefalico.
Le quattro fasi risultano essere:
1. terapia intensiva / neurochirurgia;
2. riabilitazione residenziale;
3. riabilitazione non residenziale;
4. supporto comunitario a più lungo termine.

Con le persone con trauma cranico encefalico grave, il primo stadio della
riabilitazione può verificarsi nella fase acuta della terapia intensiva in
ospedale, dove gli interventi si concentrano sulla riduzione della
compromissione e delle complicanze secondarie. Stabilizzato, il paziente
potrebbe aver bisogno di una riabilitazione ospedaliera o in un ambiente
residenziale sul territorio (Capitolo 3 - Valutazione per la riabilitazione
nella fase acuta).
Il passaggio tra le distinte fasi della riabilitazione del trauma cranico
encefalico dovrebbe essere senza soluzione di continuità, il che richiede una
comunicazione e una condivisione efficaci delle informazioni.
- Esistono prove sostanziali dell'efficacia della riabilitazione basata sulla
comunità;
- Le persone con trauma cranico encefalico possono essere indirizzate a
diversi tipi di servizi residenziali per la riabilitazione. Ci sono specifici criteri
per il riferimento a questi servizi residenziali.
Ci sono diversi tipi di servizio residenziale a cui le persone con trauma cranico
encefalico possono essere indirizzate per la riabilitazione.
Per le persone che necessitano di riabilitazione dopo trauma cranico
encefalico, sono attualmente disponibili vari servizi. Dalla riabilitazione
residenziale intensiva (bisogno continuo di cure mediche) alla riabilitazione
di comunità (territorio?) con programmi di riabilitazione professionale e vari
servizi di supporto (Capitolo 4 - Fasi della riabilitazione).

2.4.5.2.3. Scottish Intercollegiate Guidelines Network (SIGN). Brain injury


rehabilitation in adults: a national clinical guideline, 2013
Nella linea guida scozzese per la riabilitazione dei traumi cranici del 2013 è
riportato che valutazioni ed interventi riabilitativi appropriati e tempestivi
possono avere un impatto positivo sui risultati. Storicamente, tuttavia, i
132 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

servizi in Scozia per questo gruppo di pazienti sono stati variabili. La


riabilitazione per gestire le lesioni cerebrali può essere fornita da singoli
professionisti o team specializzati con impostazioni diverse, dall'assistenza
primaria a quella terziaria, ma una strategia nazionale per coordinare questa
assistenza deve ancora essere sviluppata.

2.4.6. Scale di misura standardizzate come criterio di inclusione /


esclusione per la riabilitazione del paziente con lesione midollare e
criteri di appropriatezza di inclusione / esclusione della riabilitazione
del paziente con lesione midollare

Tabella 2.16.
DENOMINAZIONE FONTE MD MP GRADE ANNO
Guidelines for the management of Neurosurgery Sì No No 2013
acute cervical spine and spinal cord , 60
injuries: 2013 update. [49] (CN_suppl),
82-91. 2013
Guidelines for the conduct of clinical Spinal 2007
trials for spinal cord injury (SCI) as cord, 45(3),
developed by the ICCP panel: 206. 2007
clinical. Trial outcome
measures. [50]
Tab. 2.16. MP / MD: Multidisciplinare / Multiprofessionale

In merito a linee guida che mettano in luce l’utilizzo di scale valutative


standardizzate come criterio di accesso/inclusione in riabilitazione per i
pazienti mielolesione, ed in merito a criteri di appropriatezza di inclusione /
esclusione della riabilitazione e definizione di setting appropriati in
letteratura non abbiamo un chiaro riscontro.

2.4.6.1. Clinical assessment following acute cervical spinal cord injury,


Association of Neurological Surgeons and Congress of Neurological
Surgeons, 2013
In una linea guida del 2013 (Guidelines for the management of acute cervical spine
and spinal cord injuries: 2013 update. Neurosurgery, 60 CN_suppl) pubblicata
dall’ Association of Neurological Surgeons and Congress of Neurological
Surgeons sulla gestione dei traumi spinali è presente un capitolo dal titolo
“Clinical Assessment Following Acute Cervical Spinal Cord Injury” in cui si
evidenzia che:
 Gli standard internazionali della American Spinal Injury Association
international (scala ASIA) della American Spinal Injury Association per la
classificazione neurologica e funzionale delle lesioni del midollo spinale sono
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 133

raccomandati (Livello II) come lo strumento di esame neurologico preferito


per i clinici coinvolti nella valutazione e nella cura dei pazienti con lesioni del
midollo spinale acuto;
 La Spinal Cord Independence Measure (SCIM) è raccomandata (Livello I)
come strumento di valutazione del quadro funzionale, necessario non solo al
momento iniziale valutativo ma anche nel percorso di cura e nel follow-up
dei pazienti con lesioni del midollo spinale;
 The International Spinal Cord Injury Basic Pain Data Set è raccomandato
(Livello I) come mezzo preferito per valutare il dolore, tra cui la gravità del
dolore, il funzionamento fisico e il funzionamento emotivo, tra i pazienti
mielolesi.

Diverse scale sono state impiegate o sviluppate nel tentativo di caratterizzare


con precisione le abilità funzionali e le disabilità dei pazienti mielolesi al fine
di quantificare la sua indipendenza funzionale. Lo scopo è quello di
determinare l'abilità o l'incapacità del paziente nelle attività di vita
quotidiana. Le scale di valutazione funzionale includono la Barthel Index, la
modified Barthel Index, la FIM, la Quadriplegic Index of Function (QIF), la
Spinal Cord Indepen- dence Measure (SCIM), la Walking Index for SCI, la
Spinal Cord Injury Functional Ambulation Inventory, e la SCI Computer
Adaptive Test. Tuttavia la QIF, la Spinal Cord Injury Functional Ambulation
Inventory e la SCIM sono state sviluppate specificamente per i pazienti con
mielolesioni.
Dalla suddetta linea guida emerge che si è sostenuta l'uso della FIM come
strumento di valutazione dell'outcome funzionale per i pazienti mielolesi
(livello II di raccomandazione). Diversi gruppi di ricercatori hanno criticato
la FIM e la sua applicabilità a pazienti con problematiche neurologiche da
mielolesione. Benché ampiamente utilizzata, la FIM non è stata sviluppata
specificamente per i pazienti con mielolesioni. Si fa cenno alla sua mancanza
di sensibilità, in particolare nell’ambito dell’area locomozione, mobilità,
respirazione e funzionalità sfintere della vescica / alvo tra i pazienti con
mielolesione.

2.4.6.2. International Campaign for Cures of Spinal Cord Injury Paralysis


È stato trovato un lavoro dell’International Campaign for Cures of Spinal
Cord Injury Paralysis o ICCP che ha sviluppato delle raccomandazioni per
la conduzione di studi trial in merito a lesioni midollari. L’ICCP, infatti, ha
esaminato i criteri che dovrebbero essere rispettati per la selezione dei
pazienti e che possono influenzare, in concomitanza con altre variabili e
considerazioni etiche, il piano e l’analisi dei dati dello studio. Tra le
metodologie per la valutazione di un end point clinico per uno studio SCI
rientrano:
- La scala della American Spinal Injury Association (ASIA);
134 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

- La Functional Independence Measure (FIM);


- La SCIM.

La scala ASIA è diventata una classificazione standardizzata e


ordinariamente adottata per la maggior parte dei pazienti con mielolesioni.
Si è dibattuto riguardo a quanto tempo dopo l'infortunio la valutazione ASIA
può fornire utili informazioni prognostiche sul grado di compromissione
finale. È stato affermato che una valutazione ASIA entro le prime 24 ore
potrebbe non fornire una prognosi accurata e che un esame successivo a 72
ore è un indicatore più affidabile, poiché il paziente è clinicamente più stabile.

2.4.7. Durata / quantità / dose di riabilitazione

2.4.7.1. Linee Guida dopo evento acuto Stroke

Tabella 2.17. Linee guida

Gradi di
Organizzazione / Società Linee guida Anno MP PZ L.E. raccoman.
MD (NHMRC)

USA
DVA/DoD AHA VA / DoD 2010 Sì Level A-C, I, GPP‡
Department of Veterans Clinical Practice 1-4‡
Affairs, Department of Defense Guideline for the
And The American Heart Management of
Association / American Stroke Stroke Rehab.
Association. 2010.
AHA / ASA 2018 Guidelines 2018 Sì Level A-C‡
(American Heart Association / for the Early A-C
American Stroke Association). Management of Level §
Patients With 1–4‡
Acute Ischemic
Stroke.
CANADA
CSBPR (Canadian Stroke Best Canadian Stroke 2016 Sì Sì Levels A-C,GPP‡
Practice Recommendations). Best Practice 1-4‡
Recommendatio
ns: Stroke
Rehabilitation
Practice
Guidelines,
Update 2015.
AUSTRALIA
NUOVA ZELANDA
Stroke Foundation. Clinical 2017 Sì Levels A-D, GPP
Guidelines for 1-4
Stroke
Management
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 135

SFNZ (Stroke Foundation of Clinical 2010 Sì Levels A-D, GPP


New Zealand) and NZGG Guidelines for 1-4
(New Zealand Guidelines Stroke Manag.
Group). 2010.
EUROPA
ESO (European Stroke Guidelines for 2008 Sì Level A-C, GPP‡
Organization). Management of s 1-4‡
Ischaemic
Stroke and
Transient
Ischaemic
Attack, 2008.
Evidence-Based 2009 Level E‡
Stroke s 1-4‡
Rehabilitation:
an
expanded
guidance
document from
the
ESO Guidelines
for
Management of
Ischaemic
Stroke and
Transient
Ischaemic
Attack.
Royal College of Physicians National Clinical 2016 Sì Sì Level E‡
Intercollegiate Stroke Working Guideline for s 1-3‡
Party Stroke.
London.
SIGN Management of 2010 Sì Level A-D, GPP
(Scottish Intercollegiate patients with s 1-4
Guidelines Network). stroke:
Rehabilitation,
prevention and
management of
complications,
and discharge
planning
A national
clinical
guideline.
NICE Stroke 2013 Sì Sì Level E‡
(National Institute for Health Rehabilitation In s 1-
and Care Excellence). Adults 3.2‡
Clinical
Guideline.
Stroke 2013
Rehabilitation:
long-term
rehabilitation
after stroke.
136 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

ISO (Italian Stroke Ictus Cerebrale: 2016 Sì Sì GRADE


Organization) Linee Guida variato @
SPREAD (Stroke Prevention Italiane di
and Educational Awareness prevenzione e
Diffusion). trattamento.

Tab. 2.17. Linee Guida selezionate che trattano Durata - quantità - dose di riabilitazione dopo
evento acuto stroke

2.4.7.1.1. VA / DoD Clinical Practice Guideline: Management of Stroke


Rehabilitation, 2010
- Intensità del trattamento riabilitativo
È stato dimostrato che un'intensità maggiore della terapia fisica e
occupazionale porta a risultati funzionali migliori, in particolare nei pazienti
con compromissione moderata, tuttavia l'effetto è modesto e non viene
mantenuto a lungo termine.
- Raccomandazioni
 I pazienti devono ricevere tanta terapia quanto sono in grado di tollerare per
adattare, recuperare e/o ristabilire il loro livello premorboso o ottimale di
indipendenza funzionale (Livello evidenza 1, raccomandazione B).

2.4.7.1.2. AHA / ASA Guideline: 2018 Guidelines for the Early Management of
Patients with Acute Ischemic Stroke, 2018
- Riabilitazione
 È raccomandato che i sopravvissuti all'ictus ricevano la riabilitazione ad
un’intensità adeguata al beneficio e alla tolleranza previsti;
 COR classe (forza) di raccomandazione I LOE livello (qualità) di evidenza B
(4.11.2).

2.4.7.1.3. Debbie Hebert et al., Canadian stroke best practice recommendations: Stroke
rehabilitation practice guidelines, update 2015
- Riabilitazione ospedaliera
 I pazienti dovrebbero ricevere tre ore al giorno raccomandate di terapia task-
specific, cinque giorni alla settimana, erogate dal team interprofessionale
(Livello di evidenza C); più terapia porta a risultati migliori (Livello di
evidenza A); (section 3 iii);
 I pazienti dovrebbero ricevere la terapia riabilitativa di intensità e durata
adeguate, progettata individualmente per soddisfare le loro esigenze di
recupero ottimale e livelli di tolleranza (Livello di evidenza A); (section 3 iv);
 Si raccomanda di dare ai pazienti l’opportunità di ripetere le tecniche di
riabilitazione apprese in terapia e metterle in pratica sotto la supervisione di
un infermiere della riabilitazione dell’ictus (Livello di evidenza C); (section 3
vi).
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 137

2.4.7.1.4. Stroke Foundation (Australia): DRAFT Clinical Guidelines for Stroke


Management, 2017
- Quantità di riabilitazione Forte raccomandazione (9.1)
 Per i sopravvissuti all'ictus, la riabilitazione dovrebbe essere strutturata in
modo da fornire più terapia programmata possibile (terapia occupazionale e
fisioterapia), con un minimo di tre ore al giorno, assicurando che l’attività
pratica durante questo periodo sia massima.
 Per i sopravvissuti all'ictus, la group circuit class therapy dovrebbe essere
utilizzata al fine di aumentare il tempo di terapia programmato

- Practice Statement (raccomandazione basata sul consenso)


 I sopravvissuti all'ictus dovrebbero essere incoraggiati a continuare a
svolgere attività pratica al di fuori delle sessioni di terapia programmate.
Questo potrebbe includere strategie come pratica in autonomia; Pratica semi-
supervisionata e assistita che coinvolge famiglia / amici, a seconda dei casi.

2.4.7.1.5. Stroke Foundation of New Zealand, New Zealand Clinical Guidelines for
Stroke Management 2010, 2010
- Quantità e intensità della riabilitazione (6.1.1)
 Per i pazienti sottoposti a riabilitazione attiva, la terapia “fisica” (fisioterapia
e terapia occupazionale) deve essere fornita il più possibile, ma deve essere
di almeno un'ora di pratica attiva al giorno (almeno cinque giorni alla
settimana) (Grado V);
 Il training mediante “task-specific circuit class” o “video self-modelling”
dovrebbe essere utilizzato al fine di aumentare la quantità di esercizio in
riabilitazione (Grade B);
 Per i pazienti sottoposti a riabilitazione attiva, la terapia per disfagia o per i
deficit di comunicazione deve essere fornita tanto quanto può essere tollerata
(Grade C);
 I pazienti devono essere incoraggiati dai membri del team, con l'aiuto della
famiglia e / o degli amici, se appropriato, a continuare a mettere in pratica
per tutto il resto del giorno le abilità che apprendono durante le sessioni di
terapia (Grado V).

- Servizi di riabilitazione a lungo termine


 La durata della fase di riabilitazione formale dovrebbe essere adattata al
singolo paziente in base alla sua risposta agli interventi, non a un limite di
tempo arbitrario (Grado V) (1.4.2).

2.4.7.1.6. European Stroke Organization (ESO), Linee guida per la gestione


dell’ictus ischemico e dell’attacco ischemico transitorio, 2008
- La sede della riabilitazione (raccomandazioni)
 È indicato aumentare la durata e l’intensità della riabilitazione (Classe II,
Livello B).
138 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

- Tempestività, durata e intensità della riabilitazione


La maggiore intensità della riabilitazione, in particolare il tempo trascorso in
attività della vita quotidiana è associato con gli esiti funzionali migliori. Una
revisione sistematica delle terapie di riabilitazione atte a migliorare la funzionalità
degli arti suggerisce una correlazione dose-risposta, benché l’eterogeneità degli
studi impedisca di valutare con precisione l’entità dell’effetto. I maggior benefici
sono stati osservati negli studi di esercizi degli arti inferiori e nel training generale
nelle ADL. L’organizzazione e la ‘qualità’ delle cure potrebbero essere più
importanti del numero assoluto di ore di terapia [50]. In un confronto tra un’équipe
multidisciplinare dedicata all’ictus e una classica riabilitazione di reparto, l’équipe
dedicata ha raggiunto i migliori esiti con un numero significativamente minore di
ore di terapia.

- Elementi di riabilitazione
 La fisioterapia è indicata, ma il modo ottimale di somministrarla non è chiaro
(Classe I, Livello A);
 La terapia occupazionale e indicata, ma il modo ottimale di somministrarla
non è chiaro (Classe I, Livello A).

2.4.7.1.7. Evidence-based stroke rehabilitation: an expanded guidance document from


the European Stroke Organisation (ESO) guidelines for management of ischaemic
stroke and transient ischaemic attack, 2008
- Durata e intensità della terapia riabilitativa (key points)
- Una maggiore durata e intensità di riabilitazione fa presupporre
miglioramenti funzionali, con una probabile relazione dosa-risposta;
- I dati disponibili non consentono raccomandazioni sul tempo minimo o
massimo di terapia;
- Il processo e la qualità dell'assistenza sono probabilmente importanti quanto
le ore totali di terapia.

I dati osservazionali suggeriscono che il tempo settimanale trascorso in


riabilitazione attiva è modesto in molti centri, sebbene questi studi non
abbiano misurato la riabilitazione “informale” condotta dall’ infermiere che
fa parte della routine quotidiana in molti centri di ictus.
È improbabile che un aumento anche significativo nella fornitura di
riabilitazione faccia raggiungere un (teorico) plateau terapeutico.
È stata espressa preoccupazione per la capacità dei pazienti di tollerare la
terapia intensiva; tuttavia gli eventi avversi sono stati segnalati raramente
negli studi disponibili.
La limitata disponibilità di terapisti può ostacolare una riabilitazione efficace;
uno studio che ha confrontato la terapia aggiuntiva del fine settimana con le
cure usuali ha riportato risultati migliori e una riduzione del ricovero, anche
se questo non ha raggiunto un livello statistico significativo.
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 139

2.4.7.1.8. Royal College of Physicians: National clinical guideline for stroke, 5th
edition 2016 - NICE ACCREDITATE
Premessa (prova delle raccomandazioni): Studi comparativi suggeriscono che
nel Regno Unito il tempo di contatto diretto tra terapista e paziente è inferiore
a quello di altri paesi europei. Ci sono prove di buona qualità che più terapia
migliora il recupero e l’outcome entro i primi sei mesi dopo l'ictus, ma ci sono
evidenze limitate per indicare con precisione quanta terapia dovrebbe essere
considerata come minimo. La riabilitazione è un'attività pervasiva, che
associa il tempo trascorso con terapisti nella valutazione e nel trattamento con
il tempo trascorso nelle attività con altro personale professionale o con
famiglia / assistenti o in autonomia. L'intensità della riabilitazione è un'area
che richiede più ricerca (2.11).

- Approccio riabilitativo - intensità della terapia


 Le persone con ictus dovrebbero raggiungere almeno 45 minuti ogni giorno
di ciascuna adeguata terapia, a una frequenza che consente loro di
raggiungere i propri obiettivi riabilitativi e per tutto il tempo in cui sono
disposti e in grado di collaborare e di mostrare un giovamento misurabile dal
trattamento (2.11.1 a).
 Nelle prime due settimane dopo l'ictus, la terapia mirata al recupero della
mobilità dovrebbe consistere in frequenti, brevi interventi ogni giorno, in
genere a partire tra le 24 e le 48 ore successive all’insorgenza di ictus (2.11.1
b).

- Implicazioni
Queste raccomandazioni hanno implicazioni significative per la progettazione di
programmi di trattamento per le persone con ictus, in particolare per quanto riguarda
la mobilità. Frequenti brevi trattamenti dovrebbero diventare il programma principale
nei primi 14 giorni dopo l'insorgenza dell'ictus. Successivamente alle due settimane,
le sessioni possono allungarsi, se non compare fatica.
Nella pratica del Regno Unito, la priorità resta aumentare il tempo di terapia frontale
col paziente e ridurre i tempi dedicati all’aspetto amministrativo. La formazione degli
infermieri nella gestione del paziente con ictus dovrebbe consentire loro di assumere
un ruolo più attivo nella pratica delle attività della vita quotidiana e potrebbe essere
necessaria più assistenza infermieristica per raggiungere questo obiettivo. Ricerca
sull'intensità di terapia e come somministrarla dovrebbe essere una priorità elevata
(2.11.3).

2.4.7.1.9. SIGN: Management of patients with stroke: Rehabilitation, prevention and


management of complications, and discharge planning, a national clinical guideline,
2010
- Intensità dell’intervento rispetto a: deambulazione, equilibrio e mobilità
140 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

 Dove considerato sicuro, ogni opportunità di aumentare l'intensità della


terapia per migliorare la deambulazione dovrebbe essere perseguita B (4.2.2).

- Intensità dell’intervento rispetto a: funzione degli arti superiori


 Non consigliato l’aumento di intensità della terapia per migliorare la
funzione degli arti superiori nei pazienti colpiti da ictus. B (4.3.12).

2.4.7.1.10. NICE: Stroke Rehabilitation in Adults, Clinical Guideline, 2013


- Intensità della riabilitazione dell'ictus12
 Offrire inizialmente almeno 45 minuti di ciascuna terapia riabilitativa per
l’ictus per un minimo di 5 giorni alla settimana per le persone in grado di
partecipare e dove possono essere raggiunti obiettivi funzionali. Se in fase
successiva è necessaria più riabilitazione, adattare l'intensità alle esigenze
della persona in quel momento (1.2.16);
 Considerare più di 45 minuti di ciascuna terapia riabilitativa per ictus 5 giorni
alla settimana per le persone che hanno la possibilità di partecipare e
continuare ad ottenere miglioramenti funzionali e dove possono essere
raggiunti obiettivi funzionali (1.2.17);
 Se il paziente con ictus non è in grado di partecipare a 45 minuti di ciascuna
terapia riabilitativa, assicurarsi che la terapia sia comunque offerta 5 giorni a
settimana per un tempo più breve a un'intensità che gli consente di
partecipare attivamente (1.2.18);
 Offrire la terapia della deglutizione almeno 3 volte alla settimana alle persone
con disfagia dopo l'ictus collaboranti, finché continuano a migliorare. La
terapia della deglutizione potrebbe includere strategie compensative, esercizi
e consigli posturali (1.7.2).

- Raccomandazioni per la ricerca rispetto alla riabilitazione intensiva dopo


l’ictus (basate sulla sua revisione di evidenza, per migliorare l'orientamento
NICE e l'assistenza ai pazienti in futuro)
 Nelle persone dopo l'ictus qual’ è l'efficacia clinica e il costo della
riabilitazione intensiva (6 ore al giorno) rispetto ad una riabilitazione
moderata (2 ore al giorno) su attività, partecipazione e qualità di vita (2.2);
 Questo aspetto è importante perché la capacità fisica e mentale delle persone
colpite da ictus di partecipare alla riabilitazione varia ampiamente. Pazienti
in mediocri condizioni cliniche potrebbero non essere in grado di collaborare
pienamente, mentre altri potrebbero essere in grado di tollerare 6 ore di
terapia al giorno;
 L'evidenza suggerisce che l'aumento dell'intensità della riabilitazione
precoce dopo l'ictus migliora l’outcome, ma su questo punto l’evidenza non
ha una grande forza. Studi precedenti che hanno confrontato diversi livelli di

12 Raccomandazioni presenti anche in Stroke Rehabilitation: Long term rehabilitation after stroke:

NICE, 2013. Clinical guideline ;


2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 141

intensità hanno utilizzato livelli di riabilitazione inferiori a quelli attuali


raccomandati dalla qualità standard NICE sullo stroke.

2.4.7.1.11. SPREAD13: Ictus cerebrale: linee guida italiane di prevenzione e


trattamento 8° edizione, 2016
- Riabilitazione
 È raccomandata la riabilitazione in unità di riabilitazione intensiva con
competenze specifiche per l’ictus (Unità Ictus Riabilitative) solamente in ictus
con disabilità moderata o grave, che necessitano di assistenza medica e
infermieristica continua, con prognosi funzionale favorevole, che non
presentano demenza e che possono essere sottoposti a training intensivo
(almeno 3 ore di attività riabilitativa individuale al giorno)
(Raccomandazione Forte a favore); (13.12);
 In tutte le fasi dopo l’ictus è raccomandato un trattamento riabilitativo basato
sui principi di intensità, ripetitività e “task-oriented” volto al recupero
funzionale e al ricondizionamento allo sforzo. E’ indicato inoltre che tale
trattamento coinvolga l’attenzione e l’interesse del paziente.
(Raccomandazione Forte a favore); (14.4);
 È raccomandato offrire al paziente livelli di intensità del trattamento
riabilitativo adeguati alle condizioni cliniche ed alle potenzialità di recupero
attraverso il Progetto Riabilitativo Individuale articolato in programmi
applicati dalle figure professionali disponibili ed appropriate (medico,
fisioterapista, logopedista, neuropsicologo, terapista occupazionale ed
infermiere) (Raccomandazione Forte a favore); (14.5).

- Sintesi per la ricerca


Negli ultimi anni l’intensità del trattamento riabilitativo è stata identificata come un
elemento chiave in grado di influenzare l’outcome funzionale, ma studi che hanno
valutato la ricaduta di approcci riabilitativi che includevano questo concetto nella
pratica clinica (“Circuit Class Therapy” e “7-day week therapy”) hanno dato risultati
contrastanti; (14.20).
- Raccomandazione per la ricerca
 È opportuno che nei prossimi anni siano condotti ulteriori studi per avere
dati più accurati sulle modalità e ricaduta clinica dell’aumento dell’intensità
dell’esercizio sull’outcome; (14.53);
 È opportuno che siano condotte ulteriori ricerche che possano individuare i
fattori (carico lesionale, markers biologici, polimorfismi genetici) che in
ciascun individuo consentono di prevedere la risposta ai diversi approcci
terapeutici (modalita, tempi, tipologia di stimolazione) orientati a
promuovere i processi di neuroplasticita; (19.10.2).

Stroke Prevention and Educational Awareness Diffusion;


142 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Tabella 2.18. Raccomandazioni delle linee guida dopo evento acuto stroke.
L.G. Giorni / Ore / die
Settimana
1 Non specificato. Adattata al paziente Liv. evid. 1, Racc. B
2 Non specificato. Adattata al paziente COR I LOE B
Adattata al paziente Liv. Evid. A

3 5. ≠
3 ore al giorno Liv. Evid. C
4 Non specificato. Minimo di 3 ore al giorno Racc. forte

5 Almeno 5. Almeno 1 ora al giorno, di fisioterapia e terapia


occupazionale Grado V
6 Non specificato. Non specificato; non raccomandazione sul tempo minimo
o massimo di terapia.
7 Ogni giorno. Adattata al paziente, almeno 45 minuti di ciascuna terapia.
8 Non specificato. Non specificato.
Almeno 45 minuti di ciascuna terapia riabilitativa (in paz.
Collaborante)
9 Almeno 5.
- Più/ meno di 45 minuti di ciascuna terapia riabilitativa
secondo esigenze e condizioni del paziente
- Terapia della deglutizione almeno 3 volte alla settimana
Adattata al paziente Forte a favore

10 Non specificato. ≠
Se paz. tollera training intensivo (almeno 3 ore di attività
riabilitativa individuale al giorno) Forte a favore.
Tab. 2.18. Raccomandazioni delle linee guida dopo evento acuto stroke. 1: VA / DoD Clinical; 2:
AHA / ASA; 3:Canadian stroke best practice recommendations; 4: Stroke Foundation, Australia;
5: Stroke Foundation of New Zealand; 6: EUROPEAN STROKE ORGANIZATION (ESO); 7:
Royal College Of Physicians; 8: SIGN; 9: NICE; 10: SPREAD; ≠: raccomandazioni in evidente
contraddizione tra di loro; +: Evidence-based stroke rehabilitation: an expanded guidance
document from the European Stroke Organisation (ESO) guidelines for management of
ischaemic stroke and transient ischaemic attack 2008.

2.4.7.2. Meta-analisi e revisioni sistematiche dopo evento acuto Stroke

Tabella 2.19.
Studio Anno Tipologia
Evidence-based review of stroke 2018 Revisione aggiornata delle evidenze
rehabilitation (SREBR). nella riabilitazione dell'ictus a cura del
“Ministry of Health and Long-Term
Care and the Heart and Stroke
Foundation of Ontario”.
Systematic review of clinical 2018 Systematic review; analizza 20 linee
practice guidelines to identify guida selezionate con strumento
recommendations for AGREE-II.
rehabilitation after stroke and
other acquired brain inuries.
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 143

Physical rehabilitation approaches 2014 Cochrane; Systematic reviews;


for the recovery of function and 96 studies inclusi.
mobility following stroke. [52]
Caregiver-mediated exercises for 2016 Cochrane; Review;
improving outcomes after stroke 9 studi inclusi.
[53].
Time spent in rehabilitation and 2017 Protocollo per review Cochrane.
effect on measures of activity after
stroke [14].
Tab. 2.19. Studi scientifici selezionati che trattano la Durata - quantità - dose di riabilitazione
dopo evento acuto stroke

2.4.7.2.1. SREBR - Robert Teasell et al.: Evidence-based review of stroke


rehabilitation EBRSR, 18th Edition, 2018
- Intensità della Fisioterapia e Terapia Occupazionale
 Esiste una prova di livello 1a che una maggiore intensità della fisioterapia e
della terapia occupazionale migliora i risultati funzionali;
 C'è evidenza di livello 1a che la quantità di terapia necessaria per ottenere un
miglioramento significativo negli outcomes motori è di 17 ore di fisioterapia
e terapia occupazionale per un periodo di tempo di 10 settimane; (6.7.1).

- Assistenza del caregiver


 C'è evidenza di livello 1a che una terapia aggiuntiva sostenuta dal caregiver
migliora gli outcome funzionali rispetto alla sola terapia convenzionale.
Maggiore intensità della terapia con il supporto del caregiver può portare a
migliori risultati funzionali. Sono necessarie ulteriori ricerche per rafforzare
le prove attuali (6.7.1.1).

- Logopedia per afasia


 Vi sono prove contrastanti sul fatto che una maggiore intensità logopedia
migliori l’afasia;
 Sono necessarie più ricerche per dimostrare l’efficacia della terapia intensiva
logopedica nell’afasia post ictus. (6.7.2)

- Slow-Stream Rehabilitation nello stroke severo


Lo Stroke severo è caratterizzato da perdita di coscienza con grave emiparesi o paresi
bilaterale all'esordio; punteggio iniziale FIM® < 40 o punteggio FIM® negli items
motori < 37; alto rischio di dimissione a domicilio per deficit motori, cognitivi, sensitivi
e di comunicazione, o una combinazione di questi.
 Alcuni dati suggeriscono che la riabilitazione slow stream dell’ictus può
portare a risultati meno favorevoli rispetto ad un più intenso programma di
riabilitazione dell'ictus. L'utilizzo della riabilitazione Slow-Stream dovrebbe
essere dettato dalla tolleranza del singolo paziente per la terapia e non dalle
nozioni preconcette circa la quantità di terapia che i pazienti possono
tollerare con successo.
144 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

2.4.7.2.2. Cochrane Database of Systematic Reviews, Pollock A. et al.: Physical


rehabilitation approaches for the recovery of function and mobility following stroke,
2014
È una systematic review che include 96 studi, con 10.401 partecipanti.
Nella parte relativa alla Dose of intervention, ( previa definizione di dose come
(1) durata di una singola sessione di trattamento, (2) frequenza delle sessioni di
trattamento e (3) durata del periodo di intervento) in 96 studi per un totale di
10.401 sopravvissuti all’ictus, il criterio di dose di riabilitazione applicato è
diverso da studio a studio e non è possibile trarre indicazioni per linee guida
e buone pratiche, poichè difficile giudicare la qualità dell'evidenza di
informazioni scadenti, incomplete o brevi riguardo dose of intervention .
Su 96 studi:
- Durata del periodo di intervento:
- 28 giorni o meno in 35 studi;
- tra 12 settimane e sei mesi in 16 studi;
- oltre sei mesi in 3 studi;
- periodo di intervento non chiaro in 21 studi.

- Frequenza dell'intervento
- più di una volta al giorno in 22 studi;
- una volta al giorno per 5-7 giorni a settimana per 30-60 minuti in 33 studi;
- da tre a quattro volte alla settimana in 12 studi;
- una o due volte alla settimana in due studi;
- meno frequente di una volta alla settimana in uno studio;
- frequenza non chiara in 29 studi.

L'evidenza relativa alla dose di riabilitazione fisica è pertanto limitata dalla


eterogeneità e non supporta raccomandazioni “forti”. Tuttavia, c'è un certo
“suggerimento” che le sessioni di trattamento da 30 a 60 minuti da cinque a
sette giorni alla settimana possono portare miglioramenti e sessioni più
frequenti possono fornire un ulteriore vantaggio.
Le evidenze suggeriscono anche che un maggiore beneficio è associato a più
breve intervallo dall’insorgenza dell’ictus. Queste ipotesi richiedono ulteriori
accurate valutazioni prima che ne possano derivare raccomandazioni
cliniche.

2.4.7.2.3. Jolliffe L, et al.: Systematic review of clinical practice guidelines to identify


recommendations for rehabilitation after stroke and other acquired brain injuries,
2018
È una revisione completa di 20 linee guida di pratica clinica, pubblicate da
gennaio 2006, in lingua inglese, di tutte le condizioni di lesioni cerebrali
acquisite, che ha identificato 2088 raccomandazioni per le migliori pratiche in
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 145

riabilitazione. (12 linee guida per l'ictus, 4 per le lesioni cerebrali traumatiche,
le restanti 4 linee guida specifiche per disciplina (terapia occupazionale n = 2,
infermieristica n = 1, trattamento farmacologico n = 1). La qualità delle linee
guida incluse è stata valutata con lo strumento AGREE-II.
Quantità e intensità della riabilitazione nei pazienti con stroke sono stati
trattati nelle seguenti linee guida selezionate:
- DVA / DoD AHA, DVA / DoD AHA, Department of Veterans Affairs/Department of
Defence American;
- Miller, et al. Comprehensive Overview of Nursing and Interdisciplinary
Rehabilitation Care of the Stroke Patient: a scientific statement from the American
Heart Association.
- Weinstein et al. Guidelines for Adult Stroke Rehabilitation and Recovery: a guideline
for healthcare professionals from the American Heart Association/American Stroke
Association.
- Stroke Foundation (Australia) Stroke Foundation. Clinical Guidelines for Stroke
Management. Melbourne Australia, 2017.
- SFNZ and NZGG Stroke Foundation of New Zealand, Stroke Foundation of New
Zealand and New Zealand Guidelines Group. Clinical Guidelines for Stroke
Management 2010.
- CSS Canadian Stroke Strategy - Canadian Stroke Best Practice Recommendations:
stroke rehabilitation practice guidelines, update 2015. Canadian stroke strategy best
practices and standards writing group. Ottawa, Ontario Canada: Canadian Stroke
Network, 2016.
- ESO, European Stroke Organisation (ESO) Executive Committee. Guidelines for
management of ischaemic stroke and transient ischaemic attack 2008. Cerebrovasc Dis
2008; 25:457–507 + Evidence-based stroke rehabilitation: an expanded guidance
document from the European Stroke Organisation (ESO) guidelines for management
of ischaemic stroke and transient ischaemic attack 2008.
- ISWP Intercollegiate Stroke Working Party. National Clinical Guideline for Stroke.
London: Royal College of Physicians, 2012.
- NICE National Clinical Guideline Centre - Stroke Rehabilitation: Long-Term
Rehabilitation after Stroke. London: NICE, 2013. Clinical guideline no. 162
- SIGN.10 Scottish Intercollegiate Guidelines Network (SIGN). Management of
patients with stroke: rehabilitation, prevention and management of complications,
and discharge planning. A national clinical guideline. Edinburgh: SIGN, 2010.
Publication 118.

-Conclusioni:
 Esistono Clinical practice guidelines per guidare la riabilitazione negli adulti
dopo lesione cerebrale, vascolare o traumatica, ma è difficile la selezione di
linee guida di alta qualità. C’è grande differenza nella qualità delle linee
146 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

guida, nell’ampiezza e nell’accuratezza delle raccomandazioni e


disponibilità di informazioni sull'applicabilità di queste linee guida;
 I medici devono essere consapevoli delle differenze di qualità tra queste linee
guida ed essere pronti a guardare oltre le loro linee guida locali per utilizzare
le linee guida della massima qualità nella riabilitazione di adulti con una
lesione cerebrale acquisita per cause vascolari o traumatiche.

2.4.7.2.4. Cochrane Database of Systematic Reviews, Caregiver-mediated exercises


for improving outcomes after stroke, 2016
Questa Cochrane:
- Riassume numerose revisioni sistematiche in cui è stato trattato il tema “Dose
of training”, già oggetto di analisi in diverse linee guida e pertanto non
analizzate in questo capitolo, ma citate e rintracciabili bibliograficamente in
questo paragrafo;
- Cita studi in cui si evince che le risorse nella gestione dei ricoveri non sono
sempre sufficienti per soddisfare le raccomandazioni di dose terapia della
riabilitazione dopo l’ictus, esplicitando che la maggior parte delle persone
ricoverate in stroke unit, reparti di riabilitazione e case di cura rimane inattiva
la maggiore parte del tempo della giornata nella settimana lavorativa
(Bernhardt 2004; Smith 2008; West 2012), e non esegue fisioterapia nel fine
settimana, in quanto non sono disponibili servizi di riabilitazione (compresa la
terapia fisica) nella maggior parte degli ospedali (Otterman 2012);

Essa analizza gli studi che hanno valutato un intervento terapeutico senza
aumentare i costi quale il CME (Caregiver-mediated exercises), per aumentare
l'intensità di allenamento in pazienti dopo l'ictus, includendo nella meta-
analisi nove studi sulla CME, di cui sei studi con 333 coppie di paziente /
caregiver.

- Review question:
Qual è l'effetto di eseguire esercizi con il caregiver CME sugli outcomes per i
pazienti con ictus e il carico per i caregiver?

- Conclusione degli Autori


 Attualmente, vi è evidenza di qualità da molto bassa a moderata che gli
esercizi mediati dal caregiver (ECM) possono migliorare le prestazioni
funzionali dei pazienti in termini di equilibrio in stazione eretta e qualità
della vita (QoL) e distanza senza significativi aumenti o diminuzioni di carico
del caregiver; nessun effetto significativo sulle attività (estese) della vita
quotidiana (ADL).
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 147

2.4.7.2.5. Cochrane Database of Systematic Reviews, Clark B: Protocol for a Cochrane


Review (Intervention). Time spent in rehabilitation and effect on measures of activity
after stroke 2017
Questa studio è importante per determinare se il numero crescente di linee
guida cliniche che raccomanda una quantità minima specifica di tempo da
trascorrere in riabilitazione dopo l'ictus ha una base di evidenza e pertanto
fondamentale per lo sviluppo futuro di linee guida.
Si tratta di un protocollo con l’obiettivo di stabilire se un maggiore tempo
trascorso in riabilitazione si traduce in un miglioramento negli outcome di
attività rispetto a meno tempo trascorso in riabilitazione, analizzando l'effetto
specifico del tempo, indipendentemente dal tipo di riabilitazione. In
particolare:
- Valutare l'effetto del tempo totale trascorso (in minuti) nella riabilitazione
su limitazioni di attività / attività dopo l'ictus.
- Valutare l'effetto del programma di riabilitazione sui limiti di attività /
attività dopo l'ictus in termini di:
- Minuti medi di riabilitazione forniti a settimana;
- Frequenza media di riabilitazione erogata a settimana;
- Durata totale della riabilitazione.

Ai fini di questa revisione la riabilitazione è definita come qualsiasi intervento


non farmacologico, non chirurgico che mira a migliorare l'attività dopo l'ictus.
Questa revisione non è limitata alla riabilitazione fisica dopo l'ictus, ma a
qualsiasi intervento di riabilitazione, in cui il tempo trascorso in riabilitazione
è maggiore di zero. L’intervento è un intervento non farmacologico, non
chirurgico che mira a migliorare l'attività dopo l'ictus e l'influenza del tempo
speso per l'intervento.
Il protocollo si rende necessario perché nella letteratura precedente si
riscontrano evidenze inadeguate per la produzione di linee guida e buone
pratiche in merito alla dose di riabilitazione necessaria dopo l’ictus.
Sono state infatti pubblicate:
- una Cochrane Review che esplora l’effetto del training ripetitivo sulle abilità
funzionali dopo l'ictus (French 2007);
- un protocollo Cochrane che progetta di esplorare l'effetto dell’esercizio
supplementare dopo uno stroke (Galvin 2012);
- una revisione Cochrane [52], che fa:
- un’analisi di sottogruppi per esplorare l'effetto della dose di riabilitazione
fisica sul recupero delle funzioni motorie dopo l'ictus;
- una revisione Cochrane di Pollock 2014, che ha intrapreso degli interventi per
migliorare la funzione dell'arto superiore dopo l'ictus. Questa recensione ha
identificato la necessità di prove relative alla dose di intervento, per informare
la ricerca futura e la pratica clinica;
148 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

- una Cochrane Review di Brady 2016 che ha incluso un'analisi sull’ intensità
di logopedia e terapia del linguaggio (espressa in numero di ore settimanali
trascorse in terapia) per l'afasia dopo l'ictus.

L'effetto del tempo trascorso nella riabilitazione post-ictus è stato


ampiamente esplorato in letteratura, ma senza conclusioni chiare: una meta-
analisi riporta risultati positivi (Lohse 2014), altre meta-analisi hanno trovato
risultati a favore dell'aumento del tempo trascorso in riabilitazione (in termini
di totale o minuti giornalieri) per la velocità della deambulazione (Cooke
2010; Kwakkel 2004; Veerbeek 2011). Tuttavia, al contrario, Galvin 2008 non
ha trovato un significativo beneficio dell’aumento del tempo trascorso in
riabilitazione (in termini di quantità totale) rispetto alla velocità di
deambulazione.
L'effetto dell'aumento del tempo trascorso nella riabilitazione delle attività
della vita quotidiana (ADL) è anche incerto. Alcune meta-analisi che hanno
studiato questa relazione, hanno trovato che un aumento quantità di tempo
trascorso in riabilitazione (in termini di importo totale o minuti giornalieri)
migliora gli outcomes relative alle ADL (Galvin 2008; Kwakkel 2004;
Veerbeek 2014). Tuttavia, Veerbeek 2011 ha trovato un effetto non
significativo (differenza media standard (SMD) 0,11, P = 0,36) sulle ADL di
base (come la cura personale), ma significativo (SMD 0,54, P = 0,002) sulle
ADL complesse (come attività domestiche, ecc.). Inoltre, non è chiaro se più
riabilitazione migliora il recupero degli arti superiori.
Il National Institute of Health and Care Excellence dopo l'ictus raccomanda
un minimo 45 minuti di ciascuna terapia riabilitativa pertinente (terapia
occupazionale, fisioterapia, logoterapia), cinque giorni a settimana (NICE
2013). Le linee guida canadesi sulle migliori pratiche per la riabilitazione
affermano che i pazienti dovrebbero ricevere un minimo di tre ore di terapia
specifica per attività, cinque giorni alla settimana, da parte di un team
interprofessionale di ictus (Dawson 2013). L’ Australian Stroke Foundation,
in Linee guida cliniche per Stroke Management, afferma che un minimo di
un'ora di terapia riabilitativa (terapia occupazionale e fisioterapia) dovrebbe
essere fornita almeno cinque giorni a settimana (National Stroke Foundation
2010).
Tutte queste linee guida suggeriscono una durata minima della sessione
giornaliera (in termini di ore / minuti di riabilitazione che dovrebbero essere
forniti) e una frequenza suggerita (in termini di giorni per settimana) con cui
dovrebbe essere fornita la riabilitazione. Non tutte fanno una
raccomandazione sulla durata del trattamento (in termini di durata di tempo
oltre il quale la riabilitazione dovrebbe continuare).
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 149

La letteratura pubblicata non fornisce una chiara base di prove per queste
linee guida (Cooke 2010; Galvin 2008; Kwakkel 1997; Kwakkel 2004;
Langhorne 1996; Lohse 2014; Veerbeek 2011; Veerbeek 2014). Queste meta-
analisi includono 71 studi. In almeno 50 di questi studi, gli interventi
sperimentali e di controllo differivano non solo dalla quantità di riabilitazione
fornita, ma anche il tipo di riabilitazione fornito.
Conclusioni circa l'effetto della quantità di riabilitazione non dovrebbero essere tratte
da studi che confrontano diversi tipi di riabilitazione.
Due meta-analisi esplorano la "quantità ottimale" di riabilitazione post-ictus.
Kwakkel 2004 ha utilizzato una meta-analisi: i risultati non supportano una
precisa quantità ottimale di tempo trascorsa in riabilitazione e non è stato
riscontrato un effetto soffitto. Lohse 2014 ha trovato una potenziale relazione
non lineare tra quantità totale di terapia e risultati. Questo suggerisce che
potrebbe esserci una "quantità ottimale" di tempo di terapia, oltre la quale i
benefici di terapia aggiuntiva sono limitati.
Prese insieme, queste meta-analisi suggeriscono che le linee guida che includono una
quantità minima specifica di riabilitazione sono pragmatically-based, al contrario di
evidence-based.

2.4.7.3. Linee guida dopo evento acuto di amputazione di arti

Organizzazione Multi- Ass.


/ Società / LINEA GUIDA Anno disciplinarietà pazienti GRADE
Autori
Clinical practice guideline
VA / DoD. for the management of 2014 Sì Sì GRADE
upper extremity
USPSTF+
amputation rehabilitation.
Clinical practice guideline
VA / DoD. for rehabilitation of 2017 Sì Sì GRADE
individuals with lower
limb amputation.
Evidence Based Clinical
Guidelines for the Delphi
Physiotherapy
BACPAR. 2012 No No consensus
Management of Adults
with Lower Limb method
Prostheses.
Netherlands Guideline amputation and
Society of PRM. prosthetics of the lower 2012 Sì Sì No
extremities.
Tab. 2.20. Linee Guida selezionate che trattano Durata - quantità - dose di riabilitazione dopo
evento acuto amputazione di arti; + U.S. Department of Veteran Affairs, Department of Defence.
Guideline for guidelines. Veterans Health Administration, Office of Quality & Performance,
Evidence Review Subgroup; Revised April 10, 2013.
150 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

2.4.7.3.1. VA / DoD: Clinical practice guideline for the management of upper


extremity amputation rehabilitation, 2014
- Raccomandazione
 Gli interventi di riabilitazione fisica e funzionale centrata sul paziente
dovrebbero essere iniziati in base al progetto riabilitativo e allo stato fisico e
psicologico del paziente [EO].

- Ricerca futura
Quali fattori della riabilitazione (ad esempio tempi, intensità, frequenza,
ecc.) sono associati all'uso o all'abbandono di protesi con pazienti con
amputazione dell'arto superiore?

2.4.7.3.2. VA / DoD: Clinical practice guideline for rehabilitation of individuals with


lower limb amputation, 2017
- Fase pre-protesica: considerazioni delle linee guida rispetto alla
raccomandazione d’iniziare la mobilità non appena possibile dopo
l’amputazione (raccomandazione 13)
Sebbene vi siano prove limitate a sostegno delle attività “fuori dal letto” e
alla rieducazione alla mobilità precoce nel periodo post-amputazione,
queste sono in genere pratiche di riabilitazione ben accettate.
Durante il primo periodo post-operatorio, il clinico deve considerare diversi
fattori che possono influenzare i tempi, la frequenza e l'intensità della
rieducazione alla mobilità. Questi fattori includono la stabilità medica
generale, la stabilità emodinamica, le condizioni del moncone, la gestione
del dolore, lo stato mentale e il rischio di caduta. Queste variabili e i
potenziali rischi devono essere valutati rispetto ai benefici della
mobilizzazione precoce, che comprendono miglioramenti della forza, della
condizione cardiovascolare, della prevenzione di osteoporosi e
indipendenza funzionale.

- Fase protesica (raccomandazione 14)


 Raccomandiamo interventi riabilitativi con esercizi sia catena cinetica aperta
che chiusa e a resistenza progressiva per migliorare l'andatura, la mobilità, la
forza, l’esercizio cardiovascolare e le attività della vita quotidiana al fine di
massimizzare la funzionalità (Forte- Nuova-sostituita).

- Discussione
L'intensità dell'intervento riabilitativo dovrebbe essere individualizzata al fine di
massimizzare i benefici e minimizzare le potenziali complicanze che potrebbero
verificarsi quando il livello di intensità è inappropriato per il paziente.

- Per la ricerca (dose di riabilitazione)


Sono necessarie ulteriori ricerche sulla riabilitazione ad alte dosi vs riabilitazione
a basse dosi, oltre che sul tempo di somministrazione. Si dovrebbero considerare
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 151

dei sottogruppi (ad es. Età, eziologia dell’amputazione, sesso, altre caratteristiche,
ecc.) (VIII B).

2.4.7.3.3. BACPAR: Evidence Based Clinical Guidelines for the Physiotherapy


Management of Adults with Lower Limb Prostheses, 2012
- Raccomandazioni cliniche basate sull'evidenza per la migliore gestione della
fisioterapia degli adulti con protesi di arto inferiore secondo letteratura e
parere di esperti.
 Durante la riabilitazione protesica i pazienti devono ricevere tanta
fisioterapia quanto le loro esigenze e condizioni richiedono. Opinione di
consenso acquisita dal processo Delphi (4.8).

2.4.7.3.4. Netherlands Society of Physical and Rehabilitation Medicine: Guideline


amputation and prosthetics of the lower extremities, 2012
 Un programma riabilitativo intensivo per il paziente amputato sembra
esitare in una migliore capacità di carico e migliorare il 2-minute walk test
rispetto a un programma di trattamento convenzionale, meno intensivo
(livello 3, B).

Tabella 2.21. Raccomandazioni delle linee guida dopo evento acuto amputazione.
Organizzazione / LINEA GUIDA Giorni /settimana Ore/die
Società /
Autori
Clinical practice guideline Non specificato Adattata al paziente
VA / DoD. for the management of
upper extremity amputation
rehabilitation.
Clinical practice guideline Non specificato Adattata al paziente
VA / DoD. for rehabilitation of
individuals with lower limb
amputation.
BACPAR Evidence Based Clinical Non specificato Adattata al paziente
Guidelines for the
Physiotherapy Management
of Adults with Lower Limb
Prostheses.
Netherlands Society Guideline amputation and Non specificato Tratt. riabilitativo
of PRM prosthetics of the lower intensivo NON
extremities.
specificato

Tab. 2.21. Raccomandazioni delle linee guida dopo evento acuto amputazione.

2.4.7.4. Linea Guida dopo evento acuto di frattura di anca

2.4.7.4.1. NICE: Hip fracture: management, Clinical guideline, 2011


In questa Linea Guida non è stata rintracciata una dichiarazione di conflitto
di interesse, non è dichiarata la multidisciplinarietà / interdisciplinarietà degli
autori, né la presenza di un’associazione di pazienti/familiari nella stesura
152 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

delle linea guida. Non si fa riferimento a livelli di evidenza né a gradi di


raccomandazione.
- Strategie di mobilizzazione
Mobilizzare i pazienti almeno una volta al giorno e garantire una rivalutazione
regolare della fisioterapia (1.7).

- Raccomandazioni per la ricerca (terapia riabilitativa intensiva dopo


frattura dell'anca)
Qual’ è l'efficacia clinica e di costo di ulteriori fisioterapia intensiva e / o terapia
occupazionale dopo frattura dell'anca?
Questo è importante perché il rapido recupero fisico e funzionale è
fondamentale per il recupero dalla frattura dell'anca, in particolare quando
l'obiettivo è riportare il paziente alle autonomie e al domicilio precedenti
all’evento acuto. Il disegno di studio ideale è uno studio controllato
randomizzato per determinare ed efficacia clinica ed efficacia dei costi. La
dimensione ideale del campione dovrà essere compresa tra 400 e 500 pazienti
e l'esito primario dovrebbe essere la funzione fisica e la qualità della vita
correlata alla salute. I risultati dovrebbero includere anche le cadute. I risultati
dovrebbero essere seguiti per un minimo di 1 anno.

2.4.7.5. Meta-analisi e revisioni sistematiche dopo evento acuto frattura


di anca

Tabella 2.22.
Autore Studio Anno Tipologia
Cochrane Interventions aimed at improving and restoring 2011 Systematic
mobility after hip fracture surgery in adults [54]. review
Lara A. HIP4Hips (High Intensity Physiotherapy for Hip 2016 RCT
Kimmel fractures in the acute hospital setting): a
et al. randomised controlled trial [55].
Tab. 2.22. Studi selezionate che trattano Durata - quantità - dose di riabilitazione dopo evento
acuto frattura di anca.

2.4.3.5.1. Cochrane Database of Systematic Reviews - Handoll HHG: Interventions


aimed at improving and restoring mobility after hip fracture surgery in adults, 2011
Questa systematic review valuta gli effetti di diversi interventi riabilitativi per
migliorare la mobilità dopo la chirurgia della frattura dell'anca negli adulti,
con 19 studi inclusi (1589 anziani), piccoli, spesso con difetti metodologici.
Soltanto due studi hanno studiato l’intensità della fisioterapia:
- Fisioterapia giornaliera di due volte al giorno vs un regime standard di una
volta al giorno (Karumo 100 partecipanti, 1977 Finlandia);
- Fisioterapia intensiva comprendente sei ore di fisioterapia a settimana vs
fisioterapia standard di 15/30 minuti ogni giorno della settimana: (Lauridsen
2002 88 partecipanti, Danimarca).
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 153

Il primo non ha riscontrato differenze nel recupero dei pazienti, l'altro ha


riportato un più alto livello di abbandono nel gruppo più intensivo.
- Conclusioni degli autori
-Non ci sono prove sufficienti da studi randomizzati per stabilire le migliori
strategie per migliorare la mobilità dopo la chirurgia della frattura dell'anca.

2.4.7.5.2. Lara A Kimmel: HIP4Hips (High Intensity Physiotherapy for Hip fractures
in the acute hospital setting): a randomised controlled trial
A fronte di numerose raccomandazioni e linee guida per ottimizzare la
gestione di pazienti con frattura di anca (come la riduzione del tempo per la
chirurgia e i progressi nell'analgesia), non ci sono raccomandazioni
sull'intensità della fisioterapia durante la fase acuta post-operatoria dopo
osteosintesi per frattura dell'anca.
Il trial prospettico, randomizzato controllato condotto presso un centro
traumatologico di primo livello a Melbourne, da Marzo 2014 a gennaio 2015,
su 92 pazienti di età pari o superiore a 65 anni con fratture dell'anca isolate,
studia l'effetto di un programma intensivo di fisioterapia per pazienti di età
pari o superiore ai 65 anni con fratture d'anca.
Sono stati esclusi i pazienti con frattura subtrocanterica o patologica, con
divieto di carico sull’arto operato, con deficit di mobilità e di deambulazione
precedente all’evento acuto, o provenienti da case di cura.
Il gruppo controllo ha eseguito la fisioterapia di routine del Reparto di
traumatologia con una sessione di trattamento giornaliera di 30 minuti ogni
giorno per 7 giorni a settimana; il gruppo di studio ha ricevuto lo stesso
trattamento di routine del gruppo controllo con due sessioni giornaliere
aggiuntive di 30 minuti ognuna per 7 giorni alla settimana, per un totale di 90
minuti al giorno per 7 giorni: una sessione eseguita da un assistente sanitario
“allied health assistant14” e l’altra da un fisioterapista.
I risultati sono stati valutati a 5 ° giorno post-operatorio, alla dimissione, e a
6 mesi rispetto a misure di outcome di autonomia nei trasferimenti e nella
mobilità per una dimissione a domicilio o ad una riabilitazione “fast stream”:
- È stato dimostrato che la riabilitazione intensiva (90 minuti) è sicura ed
efficace (rispetto a complicazioni quali lussazioni d’anca, aumento di livelli di
troponina, anemia con necessità di trasfusioni, insufficienza renale acuta,
nuovo ricovero entro 6 mesi);
- Non è stata evidenziata alcuna differenza statisticamente significativa tra il
gruppo controllo della riabilitazione di routine di 30 minuti e quello di studio
di riabilitazione intensiva di 90 minuti, rispetto alla funzione mobilità post-
operatoria al 5 ° giorno;

14 Allied Health Assistants è la figura di “assistente sanitario” che supporta la fornitura di servizi
sanitari, sotto la direzione di Allied Health Professionals”;
154 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

- La durata della degenza in ospedale è stata significativamente inferiore per il


gruppo di fisioterapia intensiva;
- Non si è rilevata differenza tra i due gruppi rispetto ai livelli di dolore o alla
richiesta di oppioidi;
- Questi risultati supportano ulteriormente le linee guida attuali, che
raccomandano la fisioterapia dopo una frattura dell'anca per facilitare una
precoce deambulazione assistita;
- La fisioterapia ospedaliera acuta intensiva è sicura e riduce la degenza
ospedaliera dopo una frattura dell'anca, facilitando il turnover di posti letto;
- Lo studio promuove programmi di fisioterapia intensiva per pazienti con
fratture dell'anca e questo dovrebbe essere considerato nelle linee guida in
futuro.

I limiti dello studio sono il numero relativamente piccolo di pazienti in


ciascun gruppo di studio e la breve durata dell'intervento, limitato alla
degenza ospedaliera in reparto per acuti.

Tabella 2.23. Raccomandazioni delle linee guida, systematic review e randomised


controlled trial dopo evento acuto frattura d’anca.
Autore Linea Guida / Studio Giorni / Settimana Ore /die
NICE Hip fracture: management. Clinical Non specificato. Non
guideline. specif.
Cochrane Interventions aimed at improving and Non risultati utili per
restoring mobility after hip fracture raccomandazioni.
surgery in adults.
Lara HIP4Hips (High Intensity Physiotherapy Studia 7/7; 90
Kimmel et for Hip fractures in the acute hospital RCT. minuti
al. setting): a randomised controlled trial.*. vs 30
Tab. 2.23. Raccomandazioni delle linee guida, systematic review e randomised controlled trial
dopo evento acuto frattura d’anca

2.4.7.6. Linee guida dopo evento acuto cerebrolesione acquisita

Organizz. / Linee Guida Ass. Multi- Livelli di Grado di


Società / Anno pz disc. evidenza* Raccomand.
Autori
Clinical practice
Ontario guideline for the
neuro- rehab.of adults
trauma with moderate 2016 No Sì §.

foundation. to severe TBI.

Occupational
Wheeler et therapy practice 2016 n.v. No Livello 1– ns ‡.
al. guidelin. for 4‡
adults with TBI.
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 155

Brain injury
SIGN rehab. 2013 n.v Sì Livello 1-4 a-d, gpp.
in adults.
Tab. 2.24. Linee Guida selezionate che trattano Durata - quantità - dose di riabilitazione dopo
evento acuto cerebrolesione acquisita; *Livelli di evidenza: Livello 1: A systematic review; meta-
analyses of RCTs; well-powered RCTs. Livello 2: An RCT. Livello 3-1: A pseudo-RCT, that is,
alternate allocation. Livello 3-2: A comparative study with concurrent controls: non-randomised
experimental trial, cohort study, case–control study, and interrupted time series with a control
group. Level 3-3: A comparative study without concurrent controls: historical control study, two
or more single-arm studies, interrupted time series without a parallel control group. Level 4: Case
studies; a cross-sectional study or case series. †Grade of the recommendation: Grade A: Body of
evidence can be trusted to guide practice (level 1 or 2 studies with low risk of bias). Grade B:
Body of evidence can be trusted to guide practice in most situations (level 1 or 2 studies with low
risk of bias, level 1 or 2 studies with moderate risk of bias). Grade C: Body of evidence provides
some support for recommendation(s) but care should be taken in its application (level 3 studies
with low risk of bias, level 1 or 2 studies with moderate risk of bias). Grade D: Body of evidence
is weak and recommendation must be applied with caution (level 4 studies or level 1-3 studies
with high risk of bias). Grade I: Insufficient information to formulate a recommendation. Grade
E: Nil grade system used, alternative approach based on evidence strength and consensus of the
guideline development group. ‡Level of evidence and / or grading system converted to NHMRC
(2008) classification of evidence § divide le raccomandazioni in prioritarie (P) e fondamentali (F)
specificando il livello di evidenza.

2.4.7.6.1. Ontario Neurotrauma Fundation: Clinical Practice Guideline for the


rehabilitation of adults with moderate to severe TBI, 2016
- Durata, intensità e alter caratteristiche nella riabilitazione sub-acuta
 La durata della degenza per la riabilitazione intensiva dopo trauma
cranioencefalico deve essere regolarmente rivalutata, tenendo conto del
raggiungimento degli obiettivi e dei progressi verso l'indipendenza
funzionale. (Nuova raccomandazione; livello di evidenza) C (2.2);
 Per raggiungere l'efficienza ottimale della riabilitazione ospedaliera, gli
individui con lesioni cerebrali traumatiche dovrebbero ricevere un minimo
di 3 ore al giorno di interventi terapeutici, assicurando la concentrazione sui
compiti cognitivi come raccomandato in C2.3, C2.4 e C2.5.
(Raccomandazione Prioritaria, Nuova Raccomandazione; livello evidenza C)
(2.6).

2.4.7.6.2. Wheeler S. et al., American Occupational Therapy Association Inc,


(AOTA): Occupational therapy practice guidelines for adults with traumatic brain
injury, 2016
- Interventi sulle persone in coma o stato vegetativo persistente
 Maggiore complessità, piuttosto che intensità, della stimolazione per
aumentare l'efficacia dell'intervento (C).
156 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

2.4.7.6.3. SIGN: Brain Injury Rehabilitation in Adults: a national clinical guideline,


2013
- Premesse
La revisione sistematica basata sull'evidenza della riabilitazione di lesioni
cerebrali acquisite di grado da moderato a grave, comprendente studi
randomizzati e non randomizzati, ERABI 15, ha concluso che i pazienti con
grave cerebrolesione traggono giovamento da servizi di riabilitazione
ospedalieri dedicati. Questi servizi variano da un istituto all'altro, ma
generalmente includono un tipo di programma di terapia intensiva per le
disabilità fisiche, comportamentali e cognitive. I pazienti che hanno ricevuto
una maggiore intensità di terapia hanno avuto esiti migliori nella maggior
parte degli items di FIM e FAM e hanno avuto degenze più brevi. Un RCT a
singolo cieco in pazienti con GCA da moderata a grave ha confrontato diverse
intensità di trattamento (due contro quattro ore al giorno per un massimo di
sei mesi). Questo ha dimostrato che dopo la seconda settimana la maggior
parte dei pazienti poteva tollerare più di due ore di terapia al giorno. Sebbene
non siano state riscontrate differenze significative tra i due gruppi oltre i tre
mesi, un numero maggiore di pazienti nel gruppo ad alta intensità ha
raggiunto il proprio punteggio FIM massimo a tre mesi e il punteggio GOS
(Glasgow Outcome Scale) a due mesi, sebbene questi risultati non abbiano
avuto un impatto sulla durata complessiva del ricovero. Questo studio
suggerisce che la riabilitazione intensiva potrebbe accelerare la ripresa
generale.
Intensità della riabilitazione è un termine relativo definito in modo diverso
da diversi studi. Alcuni studi sull’intensità della riabilitazione, confrontano
interventi effettuati per una più lungo periodo rispetto ai controlli, mentre
altri la definiscono in termini di dose o frequenza di somministrazione della
riabilitazione.
 Sebbene vi siano raccomandazioni che suggeriscono un'associazione tra
maggiore intensità e intervento precoce e outcome positivi, non è possibile
quantificare una soglia per la raccomandazione;
 Per risultati ottimali, la riabilitazione ad alta intensità con intervento precoce
dovrebbe essere fornita da team multidisciplinari specializzati (B).

Tabella 2.25. Raccomandazioni delle linee guida dopo evento acuto cerebrolesione acquisita.

Autori Linee guida Giorni / Ore / die


Settimana
Ontario neuro- Clinical practice guideline for the Non specificato. Minimo di 3 ore
trauma rehab.of adults with moderate to al giorno,
liv. evid. C.
foundation. severe tbi.

15 Evidence-Based Review of Moderate to Severe Acquired Brain Injury, 2013;


2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 157

Wheeler et al. Occupational therapy practice Non specificato. Non specificato.


guidelin. For adults with tbi.
SIGN Brain injury rehab. in adults. Non specificato. Non specificato.

Tab. 2.25. Raccomandazioni delle linee guida dopo evento acuto cerebrolesione acquisita.

2.4.7.7. Meta-analisi e revisioni sistematiche dopo evento acuto di


cerebrolesione acquisita

Titolo Anno Studio


Effects of Timing and Intensity of Neurorehabilitation on 2018 Systematic
Functional Outcome after Traumatic Brain Injury: A Review and Meta-
Systematic Review and Meta-Analysis [56] Analysis
Systematic review of clinical practice guidelines to identify 2018 Systematic review
recommendations for rehabilitation after stroke and other
acquired brain injuries.
Multi-disciplinary rehabilitation for acquired brain injury 2015 Cochrane review
in adults of working age.
Tab. 2.26. Metanalisi, review e systematic review selezionate che trattano Durata - quantità - dose
di riabilitazione dopo evento acuto cerebrolesione acquisita.

2.4.7.7.1. Königs et al.: Effects of Timing and Intensity of Neurorehabilitation on


Functional Outcome after Traumatic Brain Injury: A Systematic Review and Meta-
Analysis, 2018
- Meta-analisi
Sono stati esaminati 5961 record e sono stati inclusi undici articoli per
revisione sistematica e meta-analisi.
Questo studio esamina sistematicamente le prove sugli effetti dei tempi e
dell'intensità della neuro-riabilitazione sul recupero funzionale dei pazienti
con trauma cranico da moderato a grave (TCE) e riunisce le prove disponibili
utilizzando metodi meta-analitici.
Sono stati ricercati database elettronici per studi clinici prospettici controllati
che valutassero l'effetto della tempistica o dell'intensità dei programmi di
neuro-riabilitazione multidisciplinare sull'esito funzionale di pazienti con
TCE moderato o grave.
La revisione sistematica di un totale di 6 studi randomizzati controllati, 1
studio semi-randomizzato e 4 studi controllati evidenzia prove coerenti per
un effetto positivo della neuro-riabilitazione a esordio precoce nel trauma
Center (d=1.02; P<.001; 95% Intervallo di confidenza [CI], 0.56-1.47), un effetto
positivo della neuro-riabilitazione intensiva nella struttura riabilitativa
sull'esito funzionale rispetto alla terapia tradizionale (d = .67; P < .001; IC 95%;
38-.97).
158 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

- Conclusioni
 Le evidenze disponibili indicano che la neuro-riabilitazione a esordio precoce
nel centro traumatologico e la neuro-riabilitazione più intensiva nella
struttura di riabilitazione promuovono il recupero funzionale dei pazienti
con trauma cranico moderato-grave confrontati con le cure abituali;
 Questi risultati supportano l'integrazione della neuro-riabilitazione precoce
e intensiva nella catena di cura per i pazienti con TCE.

2.4.7.7.2. Jolliffe L et al.: Systematic review of clinical practice guidelines to identify


recommendations for rehabilitation after stroke and other acquired brain injuries,
2018
Questa systematic review del 2018 costituisce una revisione completa di 20
linee guida di pratica clinica da gennaio 2006 in lingua inglese di tutte le
condizioni di lesioni cerebrali acquisite, che ha identificato 2088
raccomandazioni per le migliori pratiche in riabilitazione; è la prima revisione
che riassume le raccomandazioni per singoli interventi di riabilitazione per le
condizioni di lesioni cerebrali acquisite (12 linee guida per l'ictus, 4 per le
lesioni cerebrali traumatiche, le restanti 4 linee guida specifiche per disciplina
(terapia occupazionale n = 2, infermieristica n = 1, trattamento farmacologico
n = 1).

Quantità e intensità di riabilitazione nei pazienti con gravi cerebrolesioni


acquisite sono stati trattati nelle seguenti linee guida selezionate:
- Wheeler Occupational therapy practice guidelines for adults with traumatic
brain injury. Bethesda, MD: American Occupational Therapy Association Inc,
(AOTA), 2016;
- SIGN, 2 Scottish Intercollegiate Guidelines Network (SIGN). Brain Injury
Rehabilitation in Adults: a national clinical guideline. Edinburgh: SIGN, 2013.
Publication 130;
- SIGN, 10 Scottish Intercollegiate Guidelines Network (SIGN). Management
of patients with stroke: rehabilitation, prevention and management of
complications, and discharge planning. A national clinical guideline.
Edinburgh: SIGN, 2010. Publication 118.

- Conclusioni
 Esistono Clinical practice guidelines per guidare la riabilitazione di pazienti
adulti dopo lesione cerebrale, vascolare o traumatica, ma la selezione di linee
guida di alta qualità è difficile. C’è grande differenza nella qualità delle linee
guida, nell’ampiezza e accuratezza delle raccomandazioni e disponibilità
di informazioni sull'applicabilità di queste linee guida;
 I Clinici devono essere consapevoli delle differenze di qualità tra queste linee
guida ed essere pronti a guardare oltre le loro linee guida locali per utilizzare
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 159

le linee guida della massima qualità nella riabilitazione di adulti con una
lesione cerebrale acquisita da ictus o trauma.

2.4.7.7.3. Cochrane Database of Systematic Reviews - Turner-Stokes: Multi-
disciplinary rehabilitation for acquired brain injury in adults of working age, 2015
Le prove per l'efficacia della riabilitazione dopo lesione cerebrale acquisita
(ABI-GCA) negli adulti più giovani non è stata stabilita, perché
verosimilmente questo pone diverse sfide metodologiche nella ricerca.
Questa review analizza 19 studi che hanno coinvolto 3480 persone per
valutare gli effetti della riabilitazione multidisciplinare dopo ABI negli adulti
dai 16 ai 65 anni di età. È stato utilizzato il sistema di Van Tulder per valutare
la forza delle prove, in quanto ha distinto meglio tra prove di diverse qualità
rispetto al sistema standard GRADE su criteri importanti nel contesto della
riabilitazione:

- Risultati rispetto al quesito La maggiore intensità (tempo, competenza o


entrambi) o l'inizio più precoce della riabilitazione portano a maggiori
guadagni?;
- All'interno del sottogruppo di lesioni cerebrali di pazienti con grave
cerebrolesione acquisita da moderata a severa già ricoverati in riabilitazione,
"prove forti" hanno rivelato che programmi più intensi sono associati a guadagni
funzionali precoci;
- L'intervento intensivo (di trattamento quattro versus due ore al giorno per un
massimo di sei mesi) sembra portare a guadagni funzionali in più breve tempo e
l'intervento precoce, già in emergenza e in terapia intensiva, è stato supportato da
prove limitate. L'equilibrio tra intensità e costo-efficacia deve ancora essere
determinato;
- Non tutte le domande in riabilitazione possono essere affrontate da studi
randomizzati controllati o altri approcci sperimentali. In futuro, tali domande
dovranno essere considerate insieme a prove basate sulla pratica raccolte da ampi
studi sistemici di coorte longitudinale condotti nel contesto della pratica clinica
di routine;
- In base alla sintesi del van Tulder del 2003, "prove forti" mostrano che
programmi di riabilitazione più intensivi sono associati a guadagni funzionali più
precoci una volta che i pazienti sono in grado di collaborare. Non ci sono prove
sull’effetto soffitto dell'intensità terapeutica in nessuno dei due questi studi.
Nessuno di questi studi analizza il rapporto costo-efficacia e, al momento, solo
"prove moderate" indicano che una riabilitazione più intensa porta a una
riduzione della durata del ricovero. D'altra parte, la durata della degenza è spesso
influenzata da fattori di esterni che confondono (es difficoltà di dimissione verso
domicilio o altra struttura a valle).
160 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

- Implicazioni per la pratica


- Per i pazienti impegnati nella riabilitazione, l'intervento dovrebbe essere offerto
con quanta più intensità possibile e dovrebbe iniziare il prima possibile, ma
l'equilibrio tra intensità e economicità deve ancora essere determinato.

2.4.7.8. Evidenze dopo evento acuto di lesione midollare

Ente-società-autori Linee guida Anno Multi- Check- GRADE


disciplinare list
Michael G. A Clinical Practice
Fehlings et al., Guideline for the
con AOSpine Management of
North America, Patients With Acute
AO Spine Spinal Cord Injury:
International, Recommendations 2017 Sì COGS GRADE
and the on the Type and
American Timing of
Association and Rehabilitation [57].
Congress of
Neurol.l
Surgeons.
A Clinical Practice
Guidel. for the No
Manag.t of Acute 2017 È una syst. (Systematic
Fehlings et al. SCI: Introd., review review)
Rationale, and Scope
[58]
Tab. 2.27. Linee guida selezionate che trattano Durata - quantità - dose di riabilitazione dopo
evento acuto mielolesione.

2.4.7.8.1. Michael G. Fehlings et al.: A Clinical Practice Guideline for the


Management of Patients with Acute Spinal Cord Injury: Recommendations on the
Type and Timing of Rehabilitation, 2017
L'obiettivo di questo studio è stato quello di sviluppare linee guida per
delineare il tipo e il momento appropriato di riabilitazione nei pazienti con
lesione midollare acuta (LMC) attraverso una revisione sistematica della
letteratura.
Sulla base dei risultati della revisione sistematica, rispetto ai tempi di
riabilitazione in pazienti con lesione acuta del midollo spinale:
 Si suggerisce di offrire la riabilitazione a pazienti con lesione midollare acuta
quando sono medicalmente stabili e possono tollerare l'intensità di
riabilitazione richiesta (studi non inclusi, parere di esperti); Qualità della
prova: nessuno studio incluso. Forza della Raccomandazione: Debole.

- Riassunto delle prove


La revisione sistematica della letteratura per rispondere alla domande chiave
“Qual è l'efficacia comparativa di diverse strategie di riabilitazione, comprese
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 161

diverse intensità e durata del trattamento? “Non ha consentito di identificare


studi che confrontassero direttamente l'impatto dei tempi sull'efficacia della
riabilitazione. Tre studi hanno riportato che un aumento dell’intervallo di
tempo dal trauma all'avvio della riabilitazione era associato ad outcome
peggiori rispetto alle attività di vita quotidiana e alla qualità della vita. Due
di questi studi hanno anche valutato l'associazione tra tempi di riabilitazione
e ri-ospedalizzazione e ulcere da pressione; uno indicava un rapporto
negativo e l'altro un rapporto non significativo.
Questa linea guida ha identificato importanti lacune in letteratura, tra queste
una mancanza di studi che valutano l'impatto dei tempi di trattamento
sull'efficacia della riabilitazione.

2.4.7.8.2. Fehlings MG et al., A Clinical Practice Guideline for the Management of


Acute Spinal Cord Injury: Introduction, Rationale, and Scope, 2017
Rimangono aree controverse relative alle strategie di gestione disponibili per
il trattamento della mielolesione, tra queste il tipo e i tempi della
riabilitazione. Questa mancanza di consenso ha impedito la
standardizzazione delle cure tra i centri di trattamento e tra le varie discipline
che incontrano pazienti con mielolesione.

- Tipo e tempistica della riabilitazione


 Suggeriamo che la riabilitazione sia offerta a pazienti con mielolesione acuta
quando sono medicalmente stabili e possono tollerare l'intensità di
riabilitazione richiesta. (Grado: raccomandazione debole, nessuno studio
incluso).

2.4.7.9. Fehlings et al.: Type and Timing of Rehabilitation Following Acute


and Subacute Spinal Cord Injury: A Systematic Review, 2017 [59]
La systematic review è stata condotta sulla letteratura scientifica pubblicata
fino a marzo 2015 che valuta le strategie di riabilitazione negli adulti con
lesione midollare traumatica acuta o subacuta a qualsiasi livello. La forza
complessiva delle prove degli studi è stata valutata utilizzando i metodi dal
gruppo di lavoro GRADE (Grades of Recommendation Assessment,
Development and Evaluation).
Rispetto al quesito se i tempi di attuazione di una strategia riabilitativa
possono influire sul risultato non sono stati identificati studi che
confrontassero direttamente l'impatto dei tempi sull'efficacia della
riabilitazione.
Rispetto al quesito dell'efficacia di differenti strategie riabilitative a confronto,
compresa l'intensità e la durata di riabilitazione, si evidenzia che tempi,
durata e intensità possono essere riportati come parametri che quantificano
162 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

la dose di terapia riabilitativa o come fattori influenzati dalla gravità della


lesione.
I risultati di questa revisione rigorosa e sistematica rivelano che le evidenze
sono limitate per molte domande fondamentali relative alla riabilitazione
dopo lesione midollare acuta e subacuta. Queste lacune includono il tempo
della riabilitazione, natura dell’intervento riabilitativo specifico), dose
terapeutica (intensità, frequenza, durata), ruolo e caratteristiche del paziente
e della lesione, costo-efficacia ed efficienza dei diversi interventi.

Tabella 2.28. Raccomandazioni delle linee guida dopo evento acuto mielolesione.
Ente / Società Linee guida Giorni / Ore / die
/ Autori settimana
Michael G. A Clinical Practice Guideline for Non specificato. Non specificato.
Fehlings et al., the Management of Patients With
Acute Spinal Cord Injury:
Recommendations on the Type
and Timing of Rehabilitation.
Fehlings et al. A Clinical Practice Guideline for Non specificato. Non specificato.
the Management of Acute Spinal
Cord Injury: Introduction,
Rationale, and Scope.
Tab. 2.28. Raccomandazioni delle linee guida dopo evento acuto mielolesione.

2.5. Discussione

2.5.1. Équipe riabilitativa (team)


Il ruolo fondamentale dell’équipe (team) multi-disciplinare/multi-
professionale in riabilitazione è riconosciuto nella maggior parte delle Linee
Guida e nell’ambito di diverse patologie: la categoria più comune di
raccomandazione sull’organizzazione dei servizi in 18 linee guida riguardanti
cerebrolesioni acquisite vascolari e traumatiche è stato l’utilizzo di un
modello di team multidisciplinare (l'88% ha fornito raccomandazioni) [28].
La definizione multi-professionale è presente nelle Linee Guida più recenti,
tuttavia dall’elenco dei professionisti coinvolti nel team è implicita la
multiprofessionalità, anche quando il team o équipe è definita soltanto inter-
disciplinare o multi-disciplinare.
Nelle linee guida e revisioni nell’ambito dell’ictus il ruolo del team è più
dettagliato e specificato, anche rispetto ai setting, perché più numerose sono
le linee guida e le pubblicazioni inerenti questa patologia.
Qualche difformità sui ruoli nell’ambito del team è verosimilmente da
ascrivere alla diversità di tipologia di organizzazione dei servizi e dei setting
assistenziali nei vari Paesi e dalla tipologia di autori [31]. Alcune figure
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 163

professionali citate da Linee Guida internazionali (recreation therapists,


kinsesiotherapist vocational therapists) non sono istituzionalizzate nel nostro
Paese e i loro ruoli sono vicariati da funzioni di cui si fanno carico altre figure,
quali il fisioterapista, il terapista occupazionale e l’assistente sociale.
Nelle mielolesioni, il lavoro in team multidisciplinari e multiprofessionali è
spesso rintracciabile in letteratura scientifica, senza produzione di
raccomandazioni specifiche in Linee Guida; del resto sono limitate le Linee
Guida riabilitative con caratteristiche di qualità sulla gestione del paziente
mieloleso sono limitate [60].
Quello che le Linee Guida definiscono chiaramente è il ruolo dei componenti
del team, che operano durante la giornata interventi riabilitativi finalizzati a
migliorare l’outcome funzionale del paziente. L’infermiere della
Riabilitazione in particolare in Riabilitazione ha un suo ruolo specifico e
determinante: è raccomandato da numerose Linee Guida, infatti, come parte
integrante della riabilitazione, far applicare al paziente le competenze
acquisite durante le sedute di fisioterapia e di terapia occupazionale,
ripetendole nella vita di reparto per tutto il resto del giorno.
Le Linee Guida internazionali e le raccomandazioni scientifiche pertanto sono
in linea con la normativa italiana, nella quale il ruolo dell’équipe è già
sostenuto dal 1998 e per la quale il Paziente/ la Persona ha un ruolo centrale
nell’organizzazione del proprio percorso riabilitativo. Sono numerose le
raccomandazioni scientifiche sulla condivisione di decisioni che il team deve
avere con il paziente e con la famiglia / caregiver riguardo al programma di
riabilitazione. Allo stesso modo , dal percorso iniziato dalle Linee Guida
sulla Riabilitazione del 1998 in poi, la Persona con disabilità e la sua famiglia
nella sua totalità di bisogni, desideri e relazioni sono al centro del sistema
nella loro interazione con l’ambiente sociale e le istituzioni.

2.5.2. Scale di misura standardizzate come criterio di inclusione /


esclusione per la riabilitazione e criteri di appropriatezza di
inclusione / esclusione della riabilitazione e setting riabilitativi
Dalle linee guida analizzate circa i punti riguardanti scale di valutazioni
standardizzate, criteri di appropriatezza per accesso in riabilitazione in
regime di ricovero e la definizione dei vari setting, si riscontrano poche reali
raccomandazioni, benché le tematiche suddette vengano trattate.
In merito al punto riguardante l’indicazione o meno di scale valutative
standardizzate e validate come strumento discriminante l’accesso in
riabilitazione post stroke, le linee guida reperite non indicano un range / cut
off di punteggio che possa ricondurre il paziente ad un preciso profilo di cura
riabilitativa e determinare il setting assistenziale più appropriato; pur tuttavia
164 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

la maggior parte delle linee guida esaminate sulla gestione dell’ictus


concordano sulla necessità di una valutazione dei pazienti attraverso l’uso di
strumenti standardizzati validati. A tal proposito nelle “VA / DOD Clinical
practice guideline for the management of stroke rehabilitation - 2010” vi è un
richiamo alla linea guida per la riabilitazione post-stroke (AHCPR, 1995) che
già raccomandava “l'uso di strumenti standard validati per la valutazione dei
pazienti colpiti da stroke, al fine di permettere di definire le condizioni
neurologiche del paziente, i livelli di disabilità, il grado di indipendenza
funzionale, la presenza o meno di supporto familiare, la qualità della vita e
dei progressi nel tempo” ; in “NICE 2013 - Stroke rehabilitation in adults.
Clinical guideline” viene riportato che si dovrebbero utilizzare strumenti
validi, affidabili; in “Canadian stroke best practice recommendations, update
2015” viene raccomandato con livello di evidenza B come le valutazioni delle
menomazioni dovrebbero essere condotte utilizzando strumenti di
valutazione standardizzati e validati, argomento questo raccomandato anche
nelle “Canadian stroke best practice recommendations for acute stroke
management: prehospital, emergency department, and acute inpatient stroke
care, update 2018”, anche nelle “linee guida italiane di prevenzione e
trattamento dell’ ictus cerebrale: SPREAD - 2016” si raccomanda come debole
a favore che vengano usati strumenti di misura validati fino ad arrivare alle
linee guida dell’ American Heart Association / American 2016 che indicano
sempre valutazioni standardizzate.
Frequente è il richiamo ad una valutazione specialistica riabilitativa da parte
di un team multidisciplinare a partire dalle linee guida The European Stroke
Organization (ESO) - 2008, per passare alla VA / DOD Clinical practice
guideline for the management of stroke rehabilitation - 2010 che pone come
raccomandazione di tipo C come “i pazienti dovranno essere valutati
formalmente dal clinico specialista del team di riabilitazione coordinato”,
anche nel “Royal College Of Physicians - party, intercollegiate stroke
working,2012. National clinical guidelines for stroke” viene indicata come
raccomandazione che “i pazienti con stroke devono essere valutati e gestiti
dal personale infermieristico e da almeno un membro del team di
riabilitazione specialistica entro 24 ore dall'ammissione in ospedale, e da tutti
i membri rilevanti del team di riabilitazione specialistica entro 72 ore”, così
come in “NICE 2013 - Stroke rehabilitation in adults. Clinical guideline” si
sottolinea la necessità di una valutazione multidisciplinare, mentre
“Canadian stroke best practice recommendations, update 2015”
raccomandano con Livello di Evidenza A una valutazione iniziale condotta
da professionisti della riabilitazione, per concludere con le “linee guida
italiane di prevenzione e trattamento dell’ ictus cerebrale: SPREAD - 2016”
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 165

che raccomandano come forte a favore che “entro le prime 48 ore dal ricovero
è raccomandato attivare il team a cui compete la presa in carico riabilitativa
del paziente che ha subito un ictus”.
Le linee guida esaminate spesso richiamano a scale valutative quali la
Functional Independence Measure (FIM) individuata come strumento
primario di valutazione dello stato funzionale nelle VA / DoD Clinical
practice guideline for the management of stroke rehabilitation - 2010, nelle
Canadian stroke best practice recommendations, update 2015 si sottolinea
come i pazienti con ictus giungano in riabilitazione ospedaliera con una
media di ammissione di 74 punti FIM (IQR inter-quartile range 56-91 punti).
La suddetta scala valutativa è raccomandata anche nelle Canadian stroke best
practice recommendations for acute stroke management: prehospital,
emergency department, and acute inpatient stroke care, update 2018 con
livello di evidenza B, anche nelle linee guida italiane di prevenzione e
trattamento dell’ictus cerebrale: SPREAD - 2016 se ne raccomanda l’uso fino
ad arrivare alle linee guida dell’American Heart Association / American
Stroke Association. Stroke 2016 che vedono l’utilizzo della Functional
Independence Measure (FIM) come forte predittore dello stato funzionale ed
è comunemente usata negli USA perché legata al sistema di rimborso
Medicare / Medicaid. Frequentemente si sottolinea l’importanza della
International Classification of Functioning (ICF) dalle SIGN 2010 alle linee
guida neozelandesi - Clinical guidelines for stroke management 2010 e
australiane Clinical guideline for stroke management 2010 fino ad arrivare
alle linee guida italiane di prevenzione e trattamento dell’ictus cerebrale:
SPREAD - 2016 che ne parlano come schema concettuale di riferimento e a
quelle dell’American Heart Association / American Stroke Association. Stroke
2016.
Per quanto riguarda il Barthel Index , se ne trova traccia come citazione nelle
VA / DOD Clinical practice guideline for the management of stroke
rehabilitation-2010, nelle linee guida italiane di prevenzione e trattamento
dell’ ictus cerebrale: SPREAD - 2016 se ne parla come raccomandazione
debole a favore durante la valutazione per l’approccio riabilitativo e come
raccomandazione forte a favore prima e dopo il trattamento riabilitativo; nelle
linee guida dell’American Heart Association / American Stroke Association,
Stroke 2016 si definisce il Barthel Index come predittore dello stato funzionale
per la dimissione, definizione di riabilitazione ospedaliera e durata della
degenza riabilitativa. Il Barthel Index viene richiamato anche in NICE 2013
associato al National Institutes of Health Stroke Scale (scala NIHSS),
quest’ultima nelle linee guida VA / DoD Clinical practice guideline for the
management of stroke rehabilitation-2010 viene citata e riprendendo una
166 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

analisi delle linea guida per la riabilitazione post-ictus (AHCPR, 1995) viene
riportato come il punteggio NIHSS predica fortemente la probabilità di
recupero di un paziente dopo l'ictus. Un punteggio > 16 prevede una alta
probabilità di morte o grave disabilità, mentre un punteggio di < 6 prevede
una buona ripresa.
In riferimento ai criteri di accesso in riabilitazione, tra le linee guida analizzate
le più complete risultano essere le VA / DOD Clinical practice guideline for
the management of stroke rehabilitation-2010 che sottolineano la necessità di
stabilità clinica, disponibilità a partecipare alla riabilitazione, stato funzionale
precedente adeguato, capacità di miglioramento, ponendo l’accento sul fatto
che i pazienti colpiti da uno stroke acuto dovrebbero ricevere interventi di
riabilitazione se il loro stato funzionale post-stroke risulti essere inferiore allo
stato pre-stroke e qualora esista un potenziale miglioramento. Se lo stato
funzionale pre- e post-stroke è equivalente, o se la prognosi è giudicata scarsa,
i servizi di riabilitazione potrebbero non essere appropriati per il paziente al
momento attuale. Tra le raccomandazioni è riportato che i pazienti con una
disabilità residua dopo l’evento acuto e che non necessitino di servizi di
riabilitazione possono essere dimessi a domicilio. Si raccomanda vivamente
che i pazienti con disabilità da lieve a moderata che necessitino di servizi di
riabilitazione abbiano accesso ad un ambiente con un team di assistenza
riabilitativa coordinato e organizzato, esperto (A). I pazienti con grave
disabilità e per i quali la prognosi per il recupero risulti essere scarsa possono
non beneficiare degli interventi di riabilitazione e possono essere dimessi a
domicilio o in casa di cura in coordinamento con i familiari / assistenti.
Anche Canadian stroke best practice recommendations, update 2015 e le linee
guida dell’American Heart Association / American Stroke Association - 2016
risultano altrettanto valide; nelle prime si richiama alla necessità di stabilità
clinica, di un livello minimo di funzionalità come resistenza per partecipare
alle richieste del programma, capacità di seguire al minimo i comandi one-
step, con la comunicazione supporto se richiesto, sufficiente attenzione,
memoria a breve termine per progredire nel processo di riabilitazione. Si
definiscono anche degli elementi di esclusione dal trattamento riabilitativo
come: grave compromissione cognitiva che impedisca al paziente di
apprendere e partecipare alla terapia; comportamento inappropriato che
possa mettere a rischio se stesso o gli altri; malattia terminale con prevedibile
breve sopravvivenza; non disposizione a partecipare al programma.
Nelle seconde viene riportato come alcuni fattori come l'età avanzata, l’area
cognitiva alterata, il livello funzionale inferiore dopo lo stroke e
l'incontinenza urinaria siano fattori predittivi del bisogno per la cura di una
riabilitazione ospedaliera. La presenza della sindrome da neglect può
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 167

prevedere una degenza riabilitativa più lunga e uno stato funzionale inferiore
alla dimissione.
Suggestive le annotazione presenti nelle linee guida VA / DOD Clinical
practice guideline for the management of stroke rehabilitation - 2010: “I
pazienti con stroke grave o che sono massimamente dipendenti nelle ADL ed
hanno una prognosi sfavorevole per il recupero funzionale non sono
candidati all'intervento riabilitativo” e “I pazienti colpiti da uno stroke
dovrebbero ricevere interventi di riabilitazione se il loro stato funzionale post-
stroke risulti essere inferiore allo stato pre-stroke qualora esista un potenziale
miglioramento. Se lo stato funzionale pre- e post-stroke è equivalente, o se la
prognosi è giudicata scarsa, i servizi di riabilitazione potrebbero non essere
appropriati per il paziente al momento attuale”. Nella Sintesi 13.5 delle linee
guida italiane di prevenzione e trattamento dell’ictus cerebrale: SPREAD -
2016 viene riportato come “i due più̀ potenti predittori di recupero funzionale
ed eventuale dimissione a domicilio sono la gravità iniziale dell’ictus e l’età
del paziente. La gravità iniziale è di gran lunga il più importante. Solo questi
due indicatori hanno un ruolo importante nella determinazione del triage
riabilitativo nel paziente con ictus, anche se non si esclude l’utilizzo di altri
fattori”.
In merito alla distinzione dei vari setting riabilitativi le linee guida più chiare
sono risultate essere:
- le linee guida VA / DOD Clinical practice guideline for the management of
stroke rehabilitation-2010 che riportano come nel corso degli anni,
l'organizzazione e l'erogazione dell'assistenza ai pazienti colpiti da stroke
abbiano assunto svariate forme, dai servizi ambulatoriali minimi a servizi di
degenza intensiva con un team interdisciplinare fino ad arrivare alla
dimissione precoce assistita (early supported discharge-ESD). Per i pazienti con
stroke meno gravi, la dimissione ESD o la riabilitazione interdisciplinare a
domicilio anziché in ospedale possono essere un'opzione praticabile. La
dimissione precoce assistita (ESD) è un modello di assistenza che collega
l'assistenza ospedaliera ai servizi della comunità e consente ai pazienti di
essere dimessi prima con il supporto del team di riabilitazione. La
riabilitazione ospedaliera può assumere molte forme che vanno dai servizi
terapeutici minimi in una casa di cura ai servizi forniti in un'unità di
riabilitazione specializzata. La riabilitazione ospedaliera può avvenire in un
ospedale riabilitativo indipendente o un'unità di riabilitazione all'interno di
una struttura più grande, e può anche fare riferimento a programmi in cui il
paziente è degente durante il trattamento, comprese le case di cura e le
strutture di assistenza cronica.
168 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

- Canadian Stroke Best Practice Recommendations, update 2015: la


riabilitazione post stroke può essere offerta in una vasta gamma di setting,
comprese le cure acute e post-acute, le unità di riabilitazione ospedaliera, le
strutture ambulatoriali, le cliniche comunitarie, i programmi e i centri
ricreativi, i servizi di dimissione precoce assistita (ESD). Nei casi in cui non è
possibile l'ammissione a un centro riabilitativo per stroke (Stroke Rehabilitation
Unit), la riabilitazione ospedaliera è fornita da un'unità di riabilitazione
generale (livello di evidenza B).
- le linee guida dell’American Heart Association / American Stroke
Association - 2016: in tali linee guida viene riportato che per la riabilitazione
dello stroke nell’ambito del Piano di salute pubblico statunitense Medicare
(Medicare & Medicaid Services), esistono differenti ambiti / livelli
assistenziali ove si eroga l’attività riabilitativa o di stabilizzazione clinica in
continuità con l’evento morboso che ha determinato il trattamento in acuzie.
Idealmente, i servizi di riabilitazione vengono erogati da un team
multidisciplinare di operatori sanitari con formazione in neurologia,
infermieristica di riabilitazione, terapia occupazionale (OT), PT (fisioterapisti)
e logopedisti (SLT). Queste squadre sono dirette sotto la guida di medici
esperti in medicina fisica e riabilitativa (fisiatra) o di neurologi con
formazione specialistica nella medicina della riabilitazione. Altri operatori
sanitari che svolgono un ruolo essenziale nel processo includono assistenti
sociali, psicologi, psichiatri e consulenti. L'intensità della cura della
riabilitazione varia ampiamente, a seconda del setting, con la più intensiva
cura riabilitativa fornita dalle strutture di riabilitazione ospedaliera (Inpatient
Rehabilitation Facilities-IRF, unità operative ospedaliere dedicate o strutture
indipendenti che erogano assistenza riabilitativa di tipo intensivo), seguita da
strutture di assistenza infermieristica (Skilled Nursing Facilities -SNF, unità
operative ospedaliere dedicate o strutture indipendenti (free-standing) che
erogano assistenza infermieristica e riabilitativa di tipo estensivo per periodi
brevi), che forniscono la riabilitazione "subacuta".
Gli ospedali per l'assistenza acuta a lungo termine (Long-term Care Hospitals -
LTCH, ospedali che trattano pazienti clinicamente complessi con una degenza
media di almeno 25 giorni) sono un'altra struttura ospedaliera che fornisce
assistenza. Per i pazienti colpiti da stroke che vanno a casa dopo un
ospedalizzazione per acuti, la cura riabilitativa può essere fornita in ambito
comunitario/territoriale da un'agenzia di assistenza sanitaria domiciliare
(Home HealthCare Agencies -HHCA, agenzie responsabili dell’erogazione di
prestazioni/servizi assistenziali di tipo infermieristico o riabilitativo a
beneficiari del programma Medicare in ambito domiciliare) o da ambulatori
e cliniche ambulatoriali.
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 169

Per alcuni pazienti colpiti da stroke, si è proposto il modello di assistenza di


dimissione precoce assistita (ESD) che collega le cure ospedaliere con i servizi
comunitari e consente a determinati pazienti di essere dimessi prima con il
supporto del team di riabilitazione.

In tema di scale di misura standardizzate e di criteri di accesso/esclusione per


la riabilitazione dell’amputato, tra le linee guida reperite vengono in rilievo
le VA / DoD Clinical practice guideline for rehabilitation of lower limb
amputation del 2007, nelle quali vi è un più ricorrente accenno ai criteri di
inclusione/esclusione con un sintetico riferimento a setting riabilitativi più
appropriati; ciò nonostante, non vengono indicate chiaramente scale di
misura standardizzate per l’accesso alla riabilitazione essendo raccomandata,
invece, la necessità di una valutazione fisica e funzionale post-operatoria
attraverso misure standardizzate di ammissione/dimissione per la
dimostrazione dei processi di efficacia della riabilitazione (Amputee Mobility
Predictor-AMP, Functional Independence Measure-FIM, Two-Minute Walk,
TimedUpandGoTest-TUG, Upper Extremity Ergometry).
Le suddette linee guida pur essendo datate 2007 sono state riportate in quanto
nelle più recenti del 2017 (VA / DoD del 2017) ne viene fatto richiamo
riportandone alcune raccomandazioni (in assenza di grado) e, dall’altro per
alcuni aspetti, si propongono altre ulteriori raccomandazioni che, tuttavia,
non specificano scale di misura come discriminanti per l’accesso in
riabilitazione; si suggerisce, poi, che il trattamento in un programma di
riabilitazione ospedaliera sia preferibile in una struttura infermieristica
specializzata, per quanto, invece, le prove attuali non tendano a fare una
raccomandazione per un setting di riabilitazione ospedaliero (IRF- Inpatient
Rehabilitation Facilities) piuttosto che per una struttura infermieristica
specializzata (SNF- Skilled Nursing Facilities).
Nelle linee guida olandesi del 2012, Netherlands Society Of Physical And
Rehabilitation Medicine, Guideline amputation and prosthetics of the lower
extremities, si accenna alla necessità di consulenza riabilitativa specialistica
sia durante la fase pre-operatoria sia durante quella post-operatoria per la
definizione di piani di dimissione e di un eventuale setting riabilitativo,
tenuto conto del livello funzionale, della situazione sociale e dello stato di
salute in generale, nonostante non venga precisato l’utilizzo di scale
valutative standardizzate come discrimen per la riabilitazione stessa.
Sul tema, la BACPAR, (British Association Of Chartered Physiotherapists In
Amputee Rehabilitation), Evidence based clinical guidelines for the
physiotherapy management of adults with lower limb prostheses, riferisce
170 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

l’esigenza di una valutazione iniziale per consentire la definizione di obiettivi


e di un programma riabilitativo.
Infine, nelle VA / DoD del 2014 si sottolinea la necessità di una valutazione
completa e interdisciplinare per sviluppare un piano di trattamento
appropriato.

Per quanto riguarda il tema delle scale di misura standardizzate come criterio
di inclusione / esclusione per la riabilitazione delle gravi cerebro lesioni
acquisite ed eventuale definizione di setting più appropriato, non si è riusciti
ad enucleare l’utilizzo di scale valutative standardizzate come precipuo
strumento di inclusione / esclusione la riabilitazione, ciò che, invece, si è colto
dalle fonti analizzate è la ricorrenza del richiamo alla Glasgow Coma Score
(GCS). Nella Scottish Intercollegiate Guidelines Network, Brain injury
rehabilitation in adults: a national clinical guideline. Edinburgh: SIGN, 2013,
l'indice di severità della lesione più utilizzato è il Glasgow Coma Score (GCS)
che classifica le lesioni in categorie lievi, moderate o gravi in base al livello di
coscienza post trauma. Una serie di strumenti possono essere utilizzati per la
valutazione e nella successiva impostazione degli obiettivi, ad esempio la
Canadian Occupational Performance Measure, la Functional Independence
Measure / Functional Assessment Measure (FIM / FAM) / o l'indice di Barthel,
ma non viene specificato l’uso di queste scale valutative come criterio di
inclusione / esclusione per la riabilitazione. Nelle linee guida Ontario
Neurotrauma Fundation- Clinical Practice Guideline for the rehabilitation of
adults with moderate to severe TBI, 2016 viene riportato come la gestione
iniziale di individui con lesioni cerebrali traumatiche dovrebbe essere guidata
da valutazioni cliniche e protocolli basati sul punteggio GCS (Glasgow Coma
Scale), livello di evidenza C e che i programmi di riabilitazione dei traumi
cranici dovrebbero monitorare aspetti chiave come misure di progressione
del cambiamento funzionale (es. FIM, FAM, DRS, MPAI4, CRS-R) livello di
evidenza C, raccomandazione fondamentale. Nelle linee guida New Zealand
Guidelines Group., Traumatic brain injury: Diagnosis, acute management
and rehabilitation. ACC, 2006 viene riportato che qualora una persona con
trauma cranico encefalico sia ancora in ospedale (inclusa l'unità di terapia
intensiva) 48 ore dopo la lesione, la valutazione da parte di un team
riabilitativo dovrebbe essere richiesta il prima possibile.
Per quanto riguarda i criteri di appropriatezza che definiscano
l’inclusione/esclusione della riabilitazione per gravi cerebrolesioni acquisite,
non si è riusciti a riscontrare dei veri e propri criteri di accesso per questa
categoria, viene sottolineata la necessità di stabilità clinica, la possibilità di
miglioramento attraverso il percorso riabilitativo e la tolleranza alla durata
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 171

del piano di trattamento, almeno come è espresso nelle linee guida canadesi
del 2016-Ontario Neurotrauma Fundation - Clinical practice guideline for the
rehabilitation of adults with moderate to severe tbi.
In riferimento al punto su setting riabilitativi per le gravi cerebro lesioni
acquisite nelle New Zealand Guidelines Group, Traumatic brain injury:
Diagnosis, acute management and rehabilitation, 2006, sono evidenziate fasi
distinte di riabilitazione ciascuna delle quali con un obiettivo diverso in
relazione al trauma cranico encefalico (terapia intensiva / neurochirurgia,
riabilitazione residenziale, riabilitazione non residenziale, supporto
comunitario a più lungo termine).

In merito a linee guida che mettano in luce l’utilizzo di scale valutative


standardizzate come criterio di accesso/inclusione in riabilitazione per i
pazienti mielolesi, e definizione di setting appropriati in letteratura non
abbiamo un chiaro riscontro. Nella linea guida del 2013 pubblicata dall’
Association of Neurological Surgeons and Congress of Neurological
Surgeons sulla gestione dei traumi spinali è presente un capitolo dal titolo
“Clinical assessment following acute cervical spinal cord injury in cui si
evidenzia che gli standard internazionali della American Spinal Injury
Association international (scala ASIA) della American Spinal Injury
Association per la classificazione neurologica e funzionale delle lesioni del
midollo spinale sono raccomandati (Livello II) come lo strumento di esame
neurologico preferito per i clinici coinvolti nella valutazione e nella cura dei
pazienti con lesioni del midollo spinale acuto. La Spinal Cord Independence
Measure (SCIM) è raccomandata (Livello I) come strumento di valutazione
del quadro funzionale, necessario non solo al momento iniziale valutativo ma
anche nel percorso di cura e nel follow-up dei pazienti con lesioni del midollo
spinale. The International Spinal Cord Injury Basic Pain Data Set è
raccomandato (Livello I) come mezzo preferito per valutare il dolore, tra cui
la gravità del dolore, il funzionamento fisico e il funzionamento emotivo, tra
i pazienti mielolesi. Si fa cenno anche ad altre scale valutative (Barthel Index,
la modified Barthel Index, la FIM, la Quadriplegic Index of Function (QIF), la
Spinal Cord Indepen- dence Measure (SCIM), la Walking Index for SCI, la
Spinal Cord Injury Functional Ambulation Inventory, e la SCI Computer
Adaptive Test. Tuttavia la QIF, la Spinal Cord Injury Functional Ambulation
Inventory e la SCIM sono state sviluppate specificamente per i pazienti con
mielolesioni. Dalla suddetta linea guida emerge che si è sostenuto l'uso della
FIM come strumento di valutazione dell'outcome funzionale per i pazienti
mielolesi (livello II di raccomandazione). Diversi gruppi di ricercatori hanno
criticato la FIM e la sua applicabilità a pazienti con problematiche
172 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

neurologiche da mielolesione. Benché ampiamente utilizzata, la FIM non è


stata sviluppata specificamente per i pazienti con mielolesioni.
Tra le patologie analizzate la più critica in termini di reperimento di chiare
linee guida in merito al tema scale di misura standardizzate come criterio di
inclusione / esclusione per la riabilitazione e criteri di appropriatezza della
riabilitazione e setting riabilitativi della è stata quella delle fratture di anca.
Ciò che si è trovato nell’ambito di linee guida EBM è stata la NICE 2011, Hip
fracture: management clinical guideline, in tale linea guida si fa cenno al
management multidisciplinare con identificazione precoce degli obiettivi
individuali per una riabilitazione multidisciplinare al fine di recuperare
l’autonomia e per facilitare il ritorno allo stato pre-frattura. Altro elemento
riscontrato è il considerare una dimissione precoce assistita (ESD) come
possibilità a patto che il paziente sia: clinicamente stabile e con una capacità
mentale di partecipare alla continua riabilitazione, e sia in grado di effettuare
trasferimenti o sia in grado di spostarsi per brevi distanze.

2.5.3.3. Durata / quantità / dose di riabilitazione


Rispetto a quanto raccomandato dalla Normativa Nazionale ed alcune
normative regionali, in termini di dose di riabilitazione dopo un evento acuto,
in diversi setting assistenziali, non è stata riscontrata la stessa forza nelle
Linee Guida, buone pratiche ed evidenze scientifiche.
La difficoltà di giungere a raccomandazioni univoche circa la quantità
ottimale di riabilitazione per lo stroke è da attribuire alla grande eterogeneità
di dose di riabilitazione utilizzata negli studi, in termini di quantità
giornaliera e durata del periodo di ricovero [14, 28, 52]; l'esito della
riabilitazione dopo l'ictus può anche essere influenzato dal modo in cui questi
diversi elementi sono combinati. Ad esempio, il risultato di un certo numero
di minuti di riabilitazione erogati in un periodo di tempo più breve può essere
diverso dallo stesso numero di minuti fornito in un periodo di tempo più
lungo. Inoltre in molti di questi studi gli interventi sperimentali e quelli di
controllo differiscono non solo per quantità di riabilitazione fornita, ma anche
per il tipo di riabilitazione [14].
Molte Linee Guida suggeriscono di adeguare l’intensità della fisioterapia alle
condizioni del paziente, coerentemente con la caratteristica di individualità di
Progetto e Programma Riabilitativo; tra queste anche le Linee Guida italiane
SPREAD, che in una raccomandazione riferendosi ai pazienti idonei al
training intensivo indicano almeno 3 ore di attività riabilitativa individuale al
giorno; in maniera contraddittoria, con pari forza di raccomandazione, la
stessa Linea Guida indica di offrire al paziente livelli di intensità del trattamento
riabilitativo adeguati alle condizioni cliniche ed alle potenzialità di recupero,
attraverso il Progetto Riabilitativo Individuale. La prima raccomandazione
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 173

sembra rimandare più a criteri di accessibilità del paziente verso una tipologia
di setting riabilitativo dopo l’ictus. Anche nelle Linee Guida canadesi del 2016
si raccomandano tre ore al giorno di terapia task-specific, cinque giorni alla settimana,
erogate dal team interprofessionale, ma si raccomanda, in modo contraddittorio e
con livello di evidenza più forte, che i pazienti dovrebbero ricevere la terapia
riabilitativa di intensità e durata adeguate, progettata individualmente per soddisfare
le loro esigenze di recupero ottimale e livelli di tolleranza (Livello di evidenza A).
Anche la Linea Guida NICE indica di somministrare inizialmente almeno 45
minuti di ciascuna terapia riabilitativa per l’ ictus per un minimo di 5 giorni alla
settimana da aumentare successivamente se le condizioni del paziente lo
consentono; questa Linea Guida sottolinea di assicurare se il paziente con ictus
non è in grado di partecipare a 45 minuti di ciascuna terapia riabilitativa, che la
terapia sia comunque offerta 5 giorni a settimana per un tempo più breve a
un'intensità che gli consente di partecipare attivamente. Si evince pertanto che il
minutaggio rigido del trattamento riabilitativo non ha gradi di evidenza, ma
è subordinato alle reali condizioni cliniche del paziente ed ai suoi di tolleranza
e collaborazione.
In merito ai giorni della settimana di trattamento riabilitativo, le Linee Guida
che si esprimono nel dettaglio indicano 5 giorni; soltanto una linea guida
parla di ogni giorno della settimana) [22].
La difficoltà di fornire riabilitazione nel fine settimana è descritta in
letteratura ed è la premessa di studi come quello della review Cochrane sugli
esercizi mediati dal care giver [53]. Dalla letteratura scientifica emergono
numerosi studi che esaminano forme “aumentative” di riabilitazione, come
l’intervento mediato dal care giver e la riabilitazione di gruppo [61]. Un
importante aspetto che si evidenzia nella letteratura scientifica e nelle Linee
Guida esaminate è il significato di “intervento riabilitativo”, che supera il
concetto di riabilitazione somministrata nell’ambito di una seduta frontale:
nel protocollo Cochrane “la riabilitazione è qualsiasi intervento non
farmacologico, non chirurgico che mira a migliorare l'attività dopo l'ictus”. Si
ampliano quindi il luogo di somministrazione, i tempi spesi e gli operatori
erogatori dell’intervento riabilitativo di cui il paziente beneficia durante il
ricovero.
Infine, ai fini di un corretto uso delle Linee Guida e per un utilizzo che tenga
conto di variabili di contesti clinici e organizzativi, anche delle più complete,
si rimanda l’attenzione ad un recente studio che evidenzia le difficoltà di
adempiere alla regola della propria Linea Guida nazionale, per fattori
dipendenti dalle condizioni del paziente e dalla tipologia di organizzazione e
formazione degli operatori [62].
Nella riabilitazione dopo amputazione di arti, pur in presenza di minore
produzione scientifica e Linee Guida, si evidenzia una linea di
174 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

raccomandazione di adeguare l’intervento al paziente, per minimizzare le


potenziali complicanze che potrebbero verificarsi quando il livello di intensità
di fisioterapia è inappropriato. Non si riscontra pertanto un’evidenza di
quantità di tempo di intervento riabilitativo raccomandato nei pazienti
amputati.
Nella riabilitazione dopo frattura di femore / anca, gli studi che trattano
l’intensità/dose di riabilitazione sono pochi e relativi a studi condotti in
Reparti non esclusivamente riabilitativi, perlopiù ortopedici / orto-geriatrici,
da cui è possibile trarre conclusioni per la pratica clinica riabilitativa, così
come è organizzata nel nostro Paese dopo eventi come la frattura di anca.
Nella riabilitazione di pazienti che in Italia vengono ricoverati in Reparti di
Riabilitazione intensiva ad alta specializzazione, con patologie di gravi
cerebrolesioni acquisite e mielolesioni, le evidenze scientifiche e le
raccomandazioni sono molto generiche e poco tecniche rispetto ai tempi
necessari di riabilitazione.
In quale modo l'intensità e la durata della riabilitazione incidono sugli
outcome di una grave lesione cerebrale traumatica, non è chiaro e
probabilmente reso difficoltoso anche da fattori non studiati relativi alle
caratteristiche delle strutture [63].
È plausibile che per queste patologie complesse siano ancora più forti le
limitazioni metodologiche che riguardano la letteratura riabilitativa: a
differenza dei trattamenti medici che possono essere mirati a specifici
sintomi, gli interventi di riabilitazione di solito mirano a esiti multipli e
complessi, come i livelli di attività e partecipazione e l'identificazione di un
risultato primario per tali trattamenti può essere impossibile. Gli obiettivi
associati al trattamento variano tra i partecipanti, quindi le misure di outcome
potrebbero non fornire metriche di miglioramento universali e oggettive;
inoltre, un intervento altamente significativo può sembrare privo di
significato valutato con la misura di esito errata. Per ultimo gli interventi
riabilitativi sono spesso erogati da operatori di più discipline che lavorano in
sinergia, complicando l'applicazione di standard di valutazione di qualità che
non incorporano tale fattore [36]..

Si rimanda per le ulteriori conclusioni alle linee guida Spread sullo stroke,
applicabili anche alle altre patologie trattate:
- “Una organizzazione per processi ha come modalità operativa centrale i percorsi di
cura (clinical pathways). Per clinical pathways o care pathways si intendono percorsi
di cura predefiniti, gestiti da un gruppo multidisciplinare, che ha come obiettivo finale
di garantire la migliore applicazione della evidenza scientifica. La implementazione
di una clinical pathway deve tenere conto obbligatoriamente (contestualizzazione)
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 175

della trasferibilità della evidenza stessa nella realtà organizzativa (strutture,


personale, strumenti, risorse) locale” (Sintesi 21.2);
- “La implementazione di un processo o di una pathway nel contesto operativo
generale o locale è un’azione complessa e spesso ostacolata da varie barriere tra cui in
particolare, la scarsa consapevolezza a livello della popolazione generale, tra i
professionisti, tra gli amministratori ed i politici, del problema ictus, ovverosia dei
gravi esiti in termini personali, sanitari, e sociali e delle moderne opportunità di
prevenzione e trattamento; la svantaggiosa competizione per l’utilizzo delle risorse
con altre patologie con vario impatto sia sociopolitico che mediatico; la riluttanza al
cambiamento tipica dei sistemi sanitari complessi. Linee di indirizzo possono essere
utili anche in tale rapporto” (Sintesi 21.7);
- “La necessità della definizione di modalità e tempi, oltre che di indicatori di qualità,
efficienza ed efficacia, nei quali l’assistenza all’ictus cerebrale viene erogata nel nostro
Paese è supportata da numerose evidenze a carattere anche aneddotico, ma
sicuramente indicative della necessità di trattare una materia altrimenti affidata solo
al buon senso ed alle lacune (o al contrario alla perfezione) della organizzazione dei
servizi extra- ed intraospedalieri” (Sintesi 21.9).

CONCLUSIONI: BUONE PRATICHE IN SINTESI

1) Tutte le linee guida cono concordi sulla necessità di un lavoro del


team riabilitativo multiprofessionale.
2) Come numerose linee guida evidenziano, la qualità dell’intervento
riabilitativo dovrebbe essere garantita dalla multiprofessionalità e
multidisciplinarietà di operatori della riabilitazione con formazione
specifiche per patologia.
3) Il tempo dedicato all’intervento riabilitativo non deve essere
riconducibile esclusivamente al lavoro frontale con il terapista in
palestra (fisioterapista, terapista occupazionale, logopedista, ecc.),
ma deve comprendere il tempo dedicato al paziente da tutti gli altri
operatori del team/ équipe (medici, infermieri, psicologo,
neuropsicologo, assistente sociale, …), per il raggiungimento di
miglioramenti funzionali. Tutte le attività del team sul paziente
devono essere considerate attività riabilitativa.
4) Le linee guida non giungono a raccomandazioni univoche circa la
quantità ottimale di riabilitazione da somministrare al paziente, in
termini di quantità giornaliera (ore) e settimanale e durata del periodo
di ricovero.
5) La quantità / dose della riabilitazione da somministrare al paziente
deve essere adattata alle sue condizioni cliniche e psicologiche, alle
176 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

sue possibilità di recupero e agli obiettivi raggiungibili, secondo un


Progetto e un Programma Riabilitativo Individuale.
6) Come riscontrato in diverse Linee Guida, è sempre opportuno
disporre di strumenti e procedure specifiche per la misurazione di
strutture, partecipazione, funzioni (ICF) al fine di indirizzare il
paziente al più appropriato percorso riabilitativo e registrare e
monitorare l’efficacia degli interventi riabilitativi. In Medicina
Riabilitativa devono essere utilizzati sistemi di misura
standardizzati, validati e quanto più affidabili, utili sia per i criteri di
accesso alla riabilitazione, che per il follow up degli outcome ottenuti,
che potrebbero diventare valore aggiunto nelle verifiche circa la
qualità del trattamento riabilitativo erogato, piuttosto che limitarsi
esclusivamente al parametro di quantità “dose somministrata”.
7) Le scale di misura devono poi essere tradotte in procedure di
valutazione. Infatti, secondo Basaglia N. [11] “Valutare significa
attribuire un significato ad un dato, ad una misura o ad un insieme di misure
in uno specifico contesto”
8) Le Linee Guida sono concordi sulla necessità di continuità
terapeutica riabilitativa tramite i collegamenti con le strutture
ambulatoriali e territoriali.
2. Bp e Lg nell’organizzazione della riabilitazione in regime di degenza 177

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Phys Med Rehabil. 2016 Dec;97(12):2045-2053.
Prof. Valter Santilli

Linee guida, buone pratiche


ed evidenze scientifiche
in Medicina Fisica e Riabilitativa

Capitolo 3

Buone pratiche e linee guida riabilitative


nel trattamento dei disrafismi spinali

Coautori

Andrea Torquati MD, Alessandra Bettinelli MD


Prof. Adriano Ferrari MD, PhD, Claudia Celletti MD, PhD
3. Buone pratiche e linee guida riabilitative
3. Buone pratichedei
nel trattamento e linee guidaspinali
disrafismi riabilitative nel
trattamento dei disrafismi spinali
Coautori
Andrea Torquati 1 MD, Alessandra Bettinelli 1 MD
Coautori
Prof. Adriano
Andrea Ferrari 
Torquati 1 MD, 2
MD, PhD, Claudia
Alessandra Celletti 
Bettinelli 1 MD,3 MD, PhD

Prof. Adriano Ferrari2 MD, PhD, Claudia Celletti3 MD, PhD


1
Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
1 Scuola
Professore Ordinario MED34, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
2
di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
2 Professore
Dirigente Medico di IMED34,
Livello,Università
Medicina Fisica e Riabilitativa, Policlinico
e Reggio Universitario
3
Ordinario degli Studi di Modena Emilia
“Umberto I”, Roma
3 Dirigente Medico di I Livello, Medicina Fisica e Riabilitativa, Policlinico Universitario
“Umberto I”, Roma

ABSTRACT

Introduzione: Per disrafismi spinali o difetti del tubo neurale (DTN) si inten-
de un’ampia serie di patologie congenite di grande interesse riabilitativo, di
variabile gravità clinica e conseguente disabilità, che colpiscono la colonna
vertebrale ed il sistema nervoso contenuto.
Obiettivi: definire lo stato dell’arte in termini di raccomandazioni scientifiche
nell’inquadramento diagnostico e terapeutico della patologia;
Materiali e metodi: Sono stati selezionati testi che coinvolgessero medici spe-
cialisti ed altre figure sanitarie, limitatamente agli anni di pubblicazione dal
2008 al 2018 e tramite key words specifiche della patologia e riferibili ai prin-
cipali trattamenti riabilitativi;
Risultati: Dalla ricerca condotta sono emersi tre testi di linee guida, due dei
quali di indirizzo diagnostico e redatti rispettando in buona misura i criteri
AGREE II ed un terzo di trattazione specificatamente riabilitativa. Sono stati
inoltre inclusi dieci testi di revisione ad integrazione della discussione;
Discussione: Dai testi esaminati è stato possibile reperire raccomandazioni di
grado forte solo in merito alle procedure di diagnostica prenatale, mentre per
ogni approccio riabilitativo specifico per questi pazienti le raccomandazioni
risultano di grado moderato/debole (fisiochinesiterapia e ortesi) o non formu-
labili e comunque non esaustive nelle modalità di applicazione (terapia fisica);
Conclusioni: Dall’analisi della letteratura si è evidenziata l’assenza di linee
guida internazionali specifiche per il trattamento riabilitativo dei pazienti affetti
da disrafismi spinali. Esaminando le revisioni sistematiche a riguardo, le indica-
186 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

zioni riportate risultano essere sommarie e supportate da scarsi livelli di evi-


denza, sottolineando la necessità di un’integrazione a tali risorse.

INTRODUZIONE

Nel novero dei disrafismi spinali o difetti del tubo neurale (DTN) si inserisce
un’ampia serie di patologie congenite, di variabile gravità clinica e conse-
guenti disabilità, che colpiscono la colonna vertebrale ed il sistema nervoso
contenuto. I DTN sono stimati presentarsi tra lo 0.5 ed il 2 per mille gravi-
danze portate a termine; in particolare il mielo-meningocele rappresenta la
seconda causa di disabilità alla nascita dopo la paralisi cerebrale infantile, e
l’anomalia congenita più complessa compatibile con la vita [1]. In un rap-
porto statunitense di sorveglianza epidemiologica delle patologie congenite
del 2014, la più elevata incidenza di spina bifida è stata riscontrata nelle po-
polazioni ispaniche [2]. La prima descrizione dei disrafismi spinali si deve
all’anatomista Caspar Bauhin nel 1592, tuttavia il termine spina bifida è sto-
ricamente associato a Nicolaes Tulp, medico olandese che nel 1641 descrisse
i primi pazienti affetti da tale condizione. Nel 1875 Rudolf Virchow descris-
se per primo la spina bifida occulta [3]. Negli anni l’identificazione di mol-
teplici presentazioni e manifestazioni cliniche dei DTN ha portato a svariati
tentativi di classificazione, particolarmente importanti anche dal punto di
vista prognostico. Basti pensare che la maggioranza dei disrafismi spinali
aperti, comunicanti con l’esterno, si associa a malformazioni del sistema
nervoso centrale, mentre i disrafismi spinali chiusi solo in rari casi portano a
tali alterazioni. Nella descrizione dei disrafismi spinali e dei difetti del tubo
neurale sono spesso presenti infatti anche l’idrocefalo, la sindrome di Ar-
nold- Chiari, la sindrome da ancoraggio midollare, in parte analizzate suc-
cessivamente nella trattazione del capitolo. L’incidenza di queste patologie
alla nascita è notevolmente diminuita in tempi recenti grazie alle moderne
possibilità di screening e diagnosi prenatale e in virtù della crescente presa
di coscienza che dal 1976 [4], ha spinto la classe medica e l’opinione pubblica
alla supplementazione con acido folico durante la gravidanza. Intento del
nostro lavoro è quello di raccogliere e comparare il contenuto delle Linee
Guida Nazionali ed Internazionali facenti riferimento al trattamento riabili-
tativo di bambini ed adolescenti affetti da spina bifida ed altri disrafismi
spinali o difetti del tubo neurale (DTN). Laddove le linee guida considerate
risultassero carenti, datate, o non fornissero una chiara indicazione, sono
stati inclusi studi di revisione e meta-analisi.
3. Bp e Lg riabilitative nel trattamento dei disrafismi spinali 187

3.1. Materiali e metodi

Sono state incluse nella valutazione linee guida che comprendessero tra gli
autori il maggior numero di rappresentanti delle seguenti figure professio-
nali: medici specialisti della riabilitazione, specialisti pediatri, specialisti in
neuropsichiatria infantile, chirurghi ortopedici, fisioterapisti, associazioni di
pazienti e genitori. L’indagine, limitata agli anni di pubblicazione dal 2008 al
2018, è stata eseguita all’interno dei principali motori di ricerca e portali di
letteratura scientifica secondo i seguenti parametri: Medline/Pubmed e PE-
Dro (Physiotherapy Evidence Database): “spina bifida” OR “spinal
dysraphism”AND guidelines [< 10 years]; “spina bifida” OR “spinal
dysraphism” AND recommendations [< 10 years]; “spina bifida” OR “spinal
dysraphism” [title] [review] [< 10 years]; “spina bifida” OR “spinal
dysraphism”AND rehabilitation [< 10 years]; “spina bifida”, “myelomenin-
gocele”, “meningocele”, “lipomyelomeningocele”, “neural tube defects” e
“spinal dysraphism” in associazione a termini riguardanti l’esercizio tera-
peutico, il trattamento ortesico e la riabilitazione in genere, quali “physical
therapy”, “exercise”, “gait”, “scoliosis” “orthosis”, “orthopedic footwear”,
“occupational therapy”; SIMFER-SINPIA, key words: “spina bifida”, “di-
srafismi spinali”. Una sintesi del processo di selezione della letteratura è
rappresentato nella figura 3.1. Il capitolo è stato redatto secondo metodo
PRISMA [5], fatta eccezione per le aree di metodologia statistica non appli-
cabili all’eterogeneità delle pubblicazioni considerate.

Ricerca Bibliografica: Pubmed/PEDro, Cochrane Library, NICE database, SIMFERweb


Solo articoli in lingua inglese o italiana

Risultati della ricerca combinati (n = 2663) Esclusi (n = 2428)


Non specifici per disrafismi spinali (n = 238)
Non contenenti indicazioni riabilitative o
diagnostiche (n = 543)
Duplicati (n = 1231)
Screening degli articoli in base al titolo e
Full-text non accessibile (n = 12)
all’abstract
Non systematic review, meta-analisi o linee
guida (n = 404)

Inclusi (n = 235)

Esclusi (n = 221)
Revisione degli articoli e applicazione dei Presenza di letteratura più recente (n =
criteri di inclusione/esclusione 50)
Non systematic review, review, metana-
lisi o linee guida (n = 171)
Inclusi (n = 14)

Linee Guida (n = 3) Review (n = 11)

Fig. 3.1. Diagramma di flusso di selezione degli studi (come da PRISMA Statement [5]).
188 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

3.2. Risultati

Dalla ricerca eseguita non sono emerse linee guida internazionali in tema di
riabilitazione indirizzate ai bambini ed adolescenti con spina bifida o altri
disrafismi spinali, ma è stato incluso il testo “Linee guida per la riabilitazio-
ne del bambini affetti da spina bifida” redatto dalla Società italiana di medi-
cina fisica e riabilitazione (SIMFER) aggiornato al 2010. Il testo, redatto da
medici specialisti in medicina fisica e riabilitazione, pediatria, neuropsichia-
tria infantile e neurologia, non include altre figure della professione sanita-
ria né coinvolge un’associazione dei pazienti. Le raccomandazioni espresse
si basano sui livelli di evidenza definiti come segue: grado 1) più studi con-
trollati randomizzati o revisioni sistematiche; grado 2) almeno uno studio
randomizzato controllato; grado 3) nessuno studio randomizzato, ma diver-
si studi controllati con risultati tra loro coerenti; grado 4) forte consenso de-
gli esperti (unanimità); grado 5) opinione prevalente degli esperti (maggio-
ranza). Due ulteriori testi di raccomandazione sono stati inseriti per appro-
fondire i temi della diagnosi (“Prenatal Screening, Diagnosis, and Pregnancy
Management of Fetal Neural Tube Defects” del 2014, della società di gineco-
logia ed ostetricia del Canada) e della prevenzione (America 2017, “Folic
Acid Supplementation for the Prevention of Neural Tube Defects: USPSTF
Recommendations”). Entrambi i documenti soddisfano in buona misura i
criteri AGREE II per la stesura di documenti di raccomandazioni [6]. Le ca-
ratteristiche delle linee guida considerate sono sintetizzate in tabella 3.1A.
Alla luce dell’assenza di testi di raccomandazione internazionali, sono state
incluse nella trattazione dieci pubblicazioni internazionali tra review e sy-
stematic review. Una revisione sistematica di Bisaro et al., “Past and current
use of walking measures for children with spina bifida: a systematic revi-
ew”, è stata utilizzata per definire i criteri diagnostici e di valutazione fun-
zionale nei pazienti con spina bifida [7]. Il testo, dichiaratamente realizzato
in osservanza delle linee guida PRISMA [5], analizza 19 diversi strumenti di
valutazione funzionale nei bambini con spina bifida. Diverse raccomanda-
zioni sono state reperite dal testo di revisione del 2008 di Dicianno et al.
“Rehabilitation and Medical Management of the Adult with Spina Bifida”
[8]. Il documento affronta i temi dell’assistenza nello sviluppo, del miglio-
ramento della qualità della vita, dell’istruzione, della mobilità e
dell’approccio riabilitativo alle principali complicanze muscolo-scheletriche,
neurologiche e internistiche. Per quanto riguarda l’esercizio fisico e terapeu-
tico sono stati selezionati una revisione sistematica di Oliveira et al. (“Physi-
cal fitness and exercise training on individuals with Spina Bifida: A system-
atic review”) del 2013 [9], conforme agli standard metodologici PRISMA [5],
3. Bp e Lg riabilitative nel trattamento dei disrafismi spinali 189

ed una revisione della letteratura di Short et al. del 2012, “A review of the
potential for cardiometabolic dysfunction in youth with spina bifida, the
role for physical activity and structured exercise” [10]. Entrambi i testi sot-
tolineano il ruolo favorevole dell’attività fisica, specificatamente adattata, in
questi pazienti, ma non affrontano il tema dell’esercizio terapeutico. Una re-
visione di Ivanyi et al. del 2014, “The effects of orthoses, footwear, and wal-
king aids on the walking ability of children and adolescents with spina bifi-
da”, è stata selezionata come principale riferimento in merito al trattamento
ortesico [11]. Il testo, realizzato in conformità agli standard metodologici
PRISMA [5], riporta evidenze a favore del ruolo delle ortesi di arto inferiore
nell’addestramento al cammino e nelle relative attività di vita quotidiana.
Una revisione sistematica di Dagenais et al. del 2009 (“Effects of electrical
stimulation, exercise training and motor skills training on strength of chil-
dren with meningomyelocele: a systematic review” [12]) ed una più recente
revisione di Mayson et al. (“Functional electrical stimulation cycling in
youth with spinal cord injury: A review of intervention studies” [13]) tratta-
no le possibili applicazioni dell’elettro-stimolazione funzionale. Due recenti
revisioni sistematiche, una di Mummareddy et al. del 2017 (“Scoliosis in
myelomeningocele: epidemiology, management, and functional outcome”
[14]) ed una di Heyns et al. del 2018 (“The prevalence of scoliosis in spina
bifida subpopulations: a systematic review” [15]), sono state incluse nella
trattazione relativa alle scoliosi neurogene associate a disrafismi spinali. Al-
tri testi considerati di particolare rilevanza ai fini di una completa trattazio-
ne sono risultati essere la revisione “Tethered cord syndrome: an updated
review” di Lew et al. del 2008 [16] e “A systematic review on bowel mana-
gement and the success rate of the various treatment modalities in spina bi-
fida patients” di Velde et al. del 2013 [17]. I testi di revisione considerati so-
no riepilogati in tabella 3.1B [5].

Tabella 3.1A. Linee guida.


LINEE GUIDA SOCIETÀ FONTE MD MP GRADE

Prenatal Screening, Diagnosis, and Pregnancy


SOG C, 2014. PubMed Sì Sì Sì
Management of Fetal Neural Tube Defects [18].

Folic Acid Supplementation for the Prevention of


USPSTF,
Neural Tube Defects: USPSTF Recommendations JAMA Sì Sì Sì
[19]. 2017.

Linee guida per la riabilitazione del bambini SIMFER,


SIMFER Sì No No
affetti da spina bifida [20]. 2010.
190 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Tabella 3.1B. Review (PRISMA checklist).

REVIEW PRISMA

Past and current use of walking measures for children with spina bifida: a sys-

tematic review (Bisaro, 2015) [7].

Physical fitness and exercise training on individuals with Spina Bifida: A sys-

tematic review (Oliveira, 2013) [9].

The effects of orthoses, footwear, and walking aids on the walking ability of chil-

dren and adolescents with spina bifida (Ivanyi, 2014) [11].

A systematic review on bowel management and the success rate of the various

treatment modalities in spina bifida patients (Velde, 2013) [17].

Rehabilitation and Medical Management of the Adult with Spina Bifida (Dician-
No
no, 2008) [8].

A review of the potential for cardiometabolic dysfunction in youth with spina bifida, the
No
role for physical activity and structured exercise (Short, 2012) [10].

Effects of electrical stimulation, exercise training and motor skills training on strength of

children with meningomyelocele: a SR (Dagenais, 2009) [12].

Functional electrical stimulation cycling in youth with spinal cord injury: A review of
No
intervention studies (Mayson, 2014) [13].

Tethered cord syndrome: an updated review (Lew, 2008) [16]. No

Scoliosis in myelomeningocele: epidemiology, management, and functional outcome



(Mummareddy, 2017) [14].

The prevalence of scoliosis in spina bifida subpopulations: a systematic review



(Heyns, 2018) [15].
Tab. 3.1A. Caratteristiche delle linee guida considerate. SOGC: Society of obstetricians and gy-
naecologists of Canada. SIMFER: Società italiana di medicina fisica e riabilitazione; USPSTF: US
Preventive Services Task Force; 1B. Caratteristiche delle revisioni della letteratura considerate.
PRISMA [5], Legenda: Sì: rispetta la metodologia PRISMA; No: non segue il metodo PRISMA.

3.3. Discussione

La nostra analisi ha raccolto le principali indicazioni di diagnosi e tratta-


mento riabilitativo, ravvisando la mancanza di linee guida riconosciute a
livello internazionale. Se la letteratura si è infatti espressa sul tema della
diagnosi prenatale e della prevenzione dei disrafismi spinali, la riabilita-
zione di questi pazienti è ancora priva di raccomandazioni validate, ri-
mandando spesso alla gestione dei singoli sintomi senza offrire una visio-
ne d’insieme della patologia. Sono state escluse le raccomandazioni di na-
tura farmacologica poiché assenti dalla maggioranza dei testi o riferibili al
3. Bp e Lg riabilitative nel trattamento dei disrafismi spinali 191

trattamento di manifestazioni della patologia di base già trattate in altri


capitoli.

3.3.1. Raccomandazioni diagnostiche


Eccezion fatta per le forme di spina bifida occulta che possono apparire asin-
tomatiche, i disrafismi spinali sono associati a rilevanti disturbi, variabili in
base alla severità della forma considerata, e la loro diagnosi è già chiara do-
po la nascita. L’ampio spettro delle manifestazioni cliniche dei disrafismi
spinali richiede tuttavia una classificazione più accurata. Il termine spina bi-
fida aperta si riferisce ad un difetto della linea mediana che comunica con
l’ambiente esterno ed include il meningocele ed il mielo-meningocele (ri-
spettivamente protrusione delle membrane meningee e protrusione di
membrane meningee e tessuto nervoso). Il termine spina bifida cistica si ri-
ferisce ad un difetto erniario saccato della linea mediana, che comprende
anch’esso meningocele e mielo-meningocele. Il termine spina bifida occulta
non viene normalmente incluso nelle classificazioni in quanto, trattandosi di
un difetto osseo di sola schisi dell’arco posteriore di una o più vertebre, non
comporta coinvolgimento neurologico (30% di bambini sani affetti) [2]. Una
classificazione che riunisca i maggiori criteri clinici e di neuro-imaging, da
un revisione di Tortori-Donati et al. [21] è riportata in tabella 3.2A.
192 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Tabella 3.2A. Classificazione clinico-radiologica dei disrafismi spinali.


DISRAFISMI SPINALI APERTI
Mielo-meningocele
Mielocele
Emi-mielo-meningocele
Emi-mielocele

DISRAFISMI SPINALI CHIUSI

Con massa sottocutanea lombosacrale Con massa sottocutanea cervicale


Lipoma con difetto nella dura madre Mielo-cistocele cervicale
Lipo-mielo-meningocele Mielo-meningocele cervicale
Lipo-mieloschisi Meningocele
Mielo-cistocele terminale
Meningocele

Senza massa sottocutanea Senza massa sottocutanea


Stati disrafici semplici Stati disrafici complessi
Spina bifida posteriore Fistola dorsale enterica
Lipoma intradurale ed intramidollare Cisti neuro-enterica
Lipoma del filum terminale Malformazioni dei segmenti midollari
Assottigliamento del filum terminale Sinus dermico
Midollo spinale più lungo Sindrome della regressione caudale
Persistenza del ventricolo terminale Disgenesia spinale segmentale

Tab. 3.2A. Classificazione dei disrafismi spinali da Tortori-Donati P. et al. (2000) [21].

3.3.1.1. Diagnosi prenatale (raccomandazioni di grado forte)


Lo screening ecografico garantisce ad oggi la diagnosi prenatale della stra-
grande maggioranza dei disrafismi spinali [2] (RACCOMANDAZIONE:
FORTE).
Se in passato la diagnosi si è avvalsa di indici biochimici quali il dosaggio
dell’alfa-feto-proteina nel siero materno o nel liquido amniotico [22], ad oggi
gli strumenti più accurati sono l'esame ecografico tridimensionale del feto
(gold standard nello screening) e la risonanza magnetica nelle condizioni
che richiedano una caratterizzazione precisa [23-24] (RACCOMANDAZIO-
NE: FORTE).
Un studio di Coniglio S.J. et al. dimostra inoltre la possibilità di eseguire una
diagnosi prenatale del livello di lesione [25] mediante ecografia ad alta riso-
luzione. Una diagnosi precoce, oltre a trattamenti intrauterini o post-natali,
fornisce un quadro più chiaro della situazione alla famiglia, offrendo antici-
patamente gli strumenti psicologici e tecnici per la gestione del caso. La So-
cietà di ostetricia e ginecologia del Canada (SOGC) ha redatto nel 2014 le li-
nee guida in materia di screening e diagnosi dei difetti del tubo neurale [18],
le cui principali indicazioni sono riportate in tabella 3.2B.
3. Bp e Lg riabilitative nel trattamento dei disrafismi spinali 193

3.2B. Raccomandazioni diagnostiche.


Intervento QdE GdR
Screening pre-natale.
Ecografia (US) di routine, encefalica e spinale, del feto (II tri-
mestre) come primo test di screening per difetti del tubo neu- II-2 A
rale (DTN).

Dosaggio dell’alfa-fetoproteina sierica non indicato come


primo test di screening eccetto nelle pazienti con BMI > 35 o in II-2 A
caso di limitazione economica / tecnica all’uso di US.
Diagnosi pre-natale.
Se gli esami di screening (II trimestre) indicano una probabile
diagnosi di DTN, indirizzare la madre ad un’indagine US ad II-2 A
alta risoluzione in centro specializzato.

Considerare la RM prenatale come tecnica addizionale di in-


dagine se è richiesto un quadro più dettagliato del SNC fetale II-2 A
a completamento dell’iter diagnostico.
Tab. 3.2B. Raccomandazioni diagnostiche estratte da “Prenatal Screening, Diagnosis, and Preg-
nancy Management of Fetal Neural Tube Defects” della Society of obstetricians and gynaecol-
ogists of Canada del 2014. Legenda: QdE: Qualità delle evidenze; GdR: Grado delle raccoman-
dazioni; DTN: Difetti del tubo neurale; AFP: Alfa-feto-proteina; AChE: Acetilcolinesterasi; II-2:
studi di coorte affidabili o case-control, da più centri o gruppi di ricerca differenti; A: Ci sono
forti evidenze a sostegno della raccomandazione.

3.3.1.2. Fattori di rischio e prevenzione (raccomandazioni di grado forte)


La supplementazione di acido folico in gravidanza ha rappresentato una
svolta sostanziale nella prevenzione dei DTN [26], riducendo i casi alla na-
scita di oltre il 30% nei paesi industrializzati [27].
Le linee guida americane dell’US Preventive Services Task Force del 2017
[19] offrono una raccomandazione di Grado A alla supplementazione gior-
naliera con 0.4-0.8 mg di acido folico in gravidanza (o anche prima in previ-
sione del concepimento) nella prevenzione dei DTN (RACCOMANDA-
ZIONE: FORTE). Ciò nonostante rimangono numerosi altri fattori di rischio
accertati per lo sviluppo prenatale di disrafismi spinali quali DTN in prece-
denti gravidanze, diabete materno, assunzione di anticonvulsivanti in gra-
vidanza (acido valproico e carbamazepina). Oltre a questi, altri fattori di ri-
schio sono in via di definizione quali obesità, età e deficit di B 12 materni,
diabete gestazionale, esposizione materna e/o paterna a prodotti chimici o
pesticidi [2].
194 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

3.2.1.3. Inquadramento prognostico e valutazione funzionale

3.2.1.3.1. Raccomandazioni di grado moderato-debole


La Functional Mobility Scale (FMS, figura 3.2 [28]) è uno strumento ampia-
mente validato nella classificazione funzionale della deambulazione nel
bambino con gravi cerebrolesioni, ma può essere applicata anche nei pazien-
ti con disrafismi spinali.
Una recente revisione della letteratura di Bisaro et al. [7] identifica infatti la
FMS tra le 19 scale di misurazione adottabili nella valutazione funzionale
della deambulazione.

Fig. 3.2. Functional Mobility Scale (FMS) [28], Strumento di classificazione funzionale della mo-
bilità nel bambino, valutata su tre distanze: 5, 50 e 500 metri. Si esprime con tre valori da 1 (di-
pendente dalla carrozzina fatta eccezione per brevi trasferimenti) a 6 (deambulazione autono-
ma su ogni superficie) per ciascuno dei tre item.

La stessa revisione raccomanda tuttavia come principale strumento di classi-


ficazione la Hoffer Ambulation Scale (HAS) [29], riportata in tabella 3.2D.

3.2D. Hoffer Ambulation Criteria.


HAS Definizione
I Pazienti che riescono a deambulare in ambiente protetto e non protetto,
Deambulanti interno o esterno, anche con ausili. Usano la carrozzina solo per sposta-
in comunità menti prolungati.
II Pazienti che riescono a deambulare solo in spazi chiusi, ambienti protet-
Deambulanti in ti, con l’uso di ausili e / o ortesi. In grado di eseguire i trasferimenti in
ambiente domiciliare carrozzina con nessuna o minima assistenza.
III Pazienti in grado di deambulare solo sotto supervisione e/o assistenza
Deambulanti non durante le sedute di fisioterapia, a scuola o in ospedale. Usano la carroz-
funzionali zina per ogni altro spostamento.
IV
Pazienti non in grado di deambulare, si spostano solo tramite carrozzi-
Non
na, ma possono essere in grado di eseguire i trasferimenti dal letto.
Deambulanti
Tab. 3.2D. Hoffer Classification of Ambulation and Criteria (Hoffer et al [2-29]).
3. Bp e Lg riabilitative nel trattamento dei disrafismi spinali 195

3.2.1.3.2. Good Practice Point


Fatto salvo per le condizioni associate a complicanze più severe e conside-
rando le differenze cliniche tra le varie forme di difetti del tubo neurale, la
prognosi funzionale di questi pazienti dipende principalmente dal livello di
lesione midollare [30]: se nei casi di lesione sacrale o lombare bassa è spesso
possibile auspicare una capacità di deambulare autonomamente, lesioni di
livello L2 o superiori conducono invariabilmente a deficit della mobilità in-
compatibili con il cammino [31].
Va inoltre sempre ricordato come nell’età adulta spesso si possano perdere
le autonomie acquisite, alla luce dell’aggravamento delle deformità o di
complicanze internistiche che rendono l’uso di una carrozzina la scelta più
vantaggiosa in rapporto al dispendio energetico muscolare richiesto per la
deambulazione [32].
La diagnosi del livello di lesione midollare è essenzialmente clinica ed è
possibile già nei primi giorni dopo la nascita, benché sia stato osservato che
valutazioni precoci possano sovrastimare il danno, probabilmente in fun-
zione di una fase di shock spinale o post-chirurgico che può seguire il parto
[2]. Un lavoro di revisione di Apkon et al. [33], riportato in tabella 3.2C in
associazione ai livelli di FMS (Functional Mobility Scale [28]), offre un quadro
riassuntivo delle principali aspettative funzionali operando un parallelo tra
livello di lesione e disabilità motoria. Va tenuto presente che si riconoscono
due diverse manifestazioni cliniche di lesione (I o II tipo secondo Stark [34]).
Le forme di I tipo, o flaccide, sono più comuni nelle lesioni lombari basse e
nelle sacrali. Si presentano con perdita di contrazione muscolare, del tono e
dei riflessi e compromissione del trofismo al di sotto di un determinato me-
tamero spinale. La compromissione del movimento, come quella della sen-
sibilità, può essere completa o parziale.
Nella forma spastica di II tipo sono invece presenti attività contrattile e trofi-
smo e sono possibili alcuni riflessi segmentari, ma manca la capacità di re-
clutare una contrazione muscolare desiderata, isolandola, regolandola in in-
tensità e durata. Può comparire anche un aumento distrettuale del tono mu-
scolare. Idealmente si può scomporre il midollo spinale in tre sezioni: la su-
periore conservata, l’intermedia lesionata con distruzione del II motoneuro-
ne (paralisi di I tipo) e l’inferiore responsabile dell’attività muscolare spasti-
ca (paralisi di II tipo). La forma di II tipo compare quindi più facilmente in
caso di livelli lesionali dorsali o lombari alti.
In alcuni bambini la lesione di I tipo interessa diversi segmenti e l’attività
sotto-lesionale di II tipo risulta invece limitata; in altri, la lesione si presenta
come una sezione completa del midollo; in altri ancora, la lesione è incom-
pleta e il bambino presenta una paraplegia spastica con conservazione di al-
196 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

cuni movimenti volontari. A differenza della spasticità da paralisi cerebrale


infantile, più spesso diurna e accentuata dalla stazione eretta, la spasticità da
lesione di II tipo è più marcata nelle ore notturne, per riduzione delle attività
inibitorie corticali sul midollo spinale, non si associa a verticalizzazione, ma
piuttosto al passaggio posturale supino-prono, e si riduce con la mobilizza-
zione dei segmenti interessati [35].

3.2C. Stratificazione prognostica in base al livello di lesione nei pazienti con DTN.
Prognosi Funzionale Prognosi Funzionale FMS
Livello
Infanzia Età Adulta Infanzia
Stazione eretta possibile, di- Non deambulante, dipendente
T11 – T12 1-1-1
pendente da carrozzina da carrozzina
Deambulazione per brevi tratti
L1 – L2 Dipendente da carrozzina 1-1-1
in ambiente protetto
Deambulazione in ambiente Deambulazione per brevi tratti
L3 – L4 3-2-1
protetto o per brevi tratti con ausilio (deambulatore)
Deambulazione per brevi e me- Deambulazione con ausilio
L5 5-5-5(2)
die distanze (deambulatore)
Deambulazione possibile, può
S1 Deambulazione possibile 6-6-6(3)
richiedere un bastone
Tab. 3.2C. Da Apkon et al., Adv Ped 2014 [33]. FMS: Functional Mobility Scale.

3.3.2. Raccomandazioni Riabilitative


Nei seguenti paragrafi sono state approfondite le evidenze riguardanti la
gestione medica delle principali complicanze muscolo-scheletriche e funzio-
nali dei pazienti con spina bifida. Non sono state trattate le complicanze di
natura internistica già incluse in altri capitoli del presente volume (vedi ad
esempio le complicanze urologiche) o del precedente (vedi ad esempio il ca-
pitolo riguardante le lesioni midollari [36]). Approfondiremo dunque le rac-
comandazioni al trattamento fisioterapico, ortesico e strumentale. I restanti
paragrafi saranno invece dedicati alla disamina di manifestazioni di partico-
lare gravità frequentemente associate a difetti del tubo neurale: la sindrome
da ancoraggio midollare e le scoliosi neurogene. In assenza di vere e proprie
linee guida, le principali indicazioni riscontrate in letteratura sono state sin-
tetizzate in coda ai seguenti paragrafi nella tabella 3.3., senza poter esprime-
re i livelli di evidenza associati. Nei seguenti paragrafi non è stato possibile
inserire raccomandazioni di grado forte alla luce dell’assenza di sufficienti
evidenze in letteratura.
3. Bp e Lg riabilitative nel trattamento dei disrafismi spinali 197

3.3.2.1. Fisioterapia ed esercizio fisico

3.3.2.1.1. Raccomandazioni di grado moderato-debole


Per quanto riguarda la fisioterapia nei pazienti affetti da disrafismi spinali,
non è stato possibile reperire delle raccomandazioni specifiche in letteratura.
Le linee guida SIMFER si propongono di offrire prevalentemente indicazio-
ni di carattere metodologico senza fornire indirizzi pratici. Affinché
l’intervento riabilitativo risulti il più efficace possibile, secondo le linee gui-
da SIMFER esso deve 1) essere tempestivo, cioè essere iniziato precocemente
(compatibilmente alla tolleranza del bambino, alla sua capacità di appren-
dimento ed alla possibilità di una sua interazione positiva con il terapista);
2) essere gestito da un team interdisciplinare che garantisca almeno le se-
guenti competenze: neurologica, fisiatrica, neuropsichiatrica, urologica, pe-
diatrica, ortopedica, ginecologica, endocrinologica; 3) il team operativo deve
comprendere oltre al fisioterapista, il terapista occupazionale, lo psicologo,
l’assistente sociale, l’infermiere professionale; 4) coinvolgere il paziente nella
sua globalità ovvero negli aspetti relativi all'area funzionale motoria, a quel-
la cognitiva ed affettivo-relazionale e sfinterico-sessuale; 5) avere frequenza
e durata commisurati al raggiungimento di un preciso obbiettivo nell'ambito
del progetto riabilitativo [20] (RACCOMANDAZIONE: MODERATA). Il
trattamento fisioterapico domiciliare è inoltre da ritenersi eccezionale ed
esclusivamente legato a condizioni cliniche particolari e momentanee del
bambino, perché contrario al lavoro di equipe ed al setting terapeutico, oltre
che sfavorevole per l’indisponibilità di ambienti, ausili e sussidi adeguati
[20] (RACCOMANDAZIONE: DEBOLE). Ad integrazione dell’argomento
sono state selezionate due revisioni sul tema dell’esercizio fisico, mentre non
è stato possibile reperire testi di raccomandazione in termini di esercizio te-
rapeutico. Va tuttavia sottolineato come l’eterogeneità di presentazione dei
disrafismi spinali deponga per una difficoltà di standardizzazione degli in-
terventi, tale da rendere difficile inquadrare questi ultimi come specifici per
la patologia, a favore del trattamento dei singoli segni e sintomi che la com-
pongono. Per questa ragione riteniamo sia e sarà sempre arduo identificare
una letteratura specifica per questi pazienti piuttosto che per tutti i bambini
ed adolescenti con disturbi della deambulazione, andandosi quindi a so-
vrapporre patologie differenti accomunate da esiti funzionali spesso so-
vrapponibili.
Una revisione sistematica del 2014 di Oliveira et al. [9] rappresenta uno dei
pochi documenti di revisione recenti, emersi dalla nostra ricerca, per quanto
riguarda il tema dell’esercizio fisico. In questo lavoro viene messo in evi-
denza come i pazienti con spina bifida presentino una compromissione car-
198 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

diorespiratoria ed un deficit di forza muscolare rispetto alla popolazione


generale. Dai risultati emersi, risulta esserci un’evidenza moderata che
l’esercizio fisico migliori la performance cardiorespiratoria e la forza musco-
lare, andando indirettamente a migliorare la qualità della vita e le autono-
mie di questi pazienti (RACCOMANDAZIONE: MODERATA).
Vista l’eterogeneità degli interventi proposti negli studi considerati, da ses-
sioni di tapis-roulant domiciliare [37] (RACCOMANDAZIONE: DEBOLE)
fino all’uso di videogame ed ausili computerizzati [38] (RACCOMANDA-
ZIONE: DEBOLE), non è tuttavia possibile identificare un protocollo di trat-
tamento specifico. Un lavoro di revisione di Short et al. del 2012 [10] offre
raccomandazioni più specifiche sul tema. Negli adulti con spina bifida, in
accordo con le linee guida di intervento nei soggetti con mielolesioni [39],
viene raccomandata un’attività fisica aerobica intensa-moderata di almeno
20 minuti due volte alla settimana, associati ad 8-10 ripetizioni di esercizi di
rinforzo dei principali gruppi muscolari da eseguire due volte alla settimana
(RACCOMANDAZIONE: MODERATA). Nel lavoro di revisione di Short et
al queste stesse raccomandazioni vengono considerate applicabili nel bam-
bino con spina bifida, compatibilmente con le loro riserve funzionali (RAC-
COMANDAZIONE: DEBOLE). Indicazioni sovrapponibili emergono dalla
revisione sistematica di Dagenais et al. del 2009 [12].

3.3.2.1.2. Good Practice Point


Benché la nostra ricerca abbia riscontrato un’importante lacuna per quanto
concerne l’approccio fisioterapico specifico nei pazienti con spina bifida,
possono essere reperite indicazioni generali in letteratura e sono stati
espressi molteplici pareri di esperti [40]. In linea di massima, nelle condizio-
ni di spasticità (II tipo secondo Stark [34]) in cui i muscoli risultano accorcia-
ti, questi andranno allungati tramite lento e graduale stretching. Oltre agli
allungamenti muscolari, il trattamento fisioterapico dovrà concentrarsi: sulla
mobilizzazione articolare, al fine di mantenere o riottenere un’escursione
compatibile con le attività residue o potenzialmente raggiungibili; sul trai-
ning posturale del paziente, attivo e passivo [35].
Definire un protocollo di trattamento univoco in questi pazienti risulta tut-
tavia impossibile, secondo il nostro gruppo di studio, alla luce della necessi-
tà di costruire programmi riabilitativi personalizzati per ciascuno di questi
pazienti, così differenti tra loro nelle richieste e nelle riserve funzionali. Nel
progetto terapeutico sarà inoltre possibile valutare sin dall’inizio, conoscen-
do le disabilità preesistenti, quali possano essere i possibili compensi che il
bambino potrà attuare e controllare, fino ad insegnargli come sfruttarli a suo
massimo beneficio. Contemporaneamente si dovranno prevenire tutte quelle
3. Bp e Lg riabilitative nel trattamento dei disrafismi spinali 199

condizioni che invece possano portare nel tempo alla perdita di tali compen-
si (retrazioni muscolari, limitazioni e deformità articolari). Molti esperti
suggeriscono di favorire il lavoro posturale e motorio da proni, per favorire
un favorevole allineamento del rachide e il carico sugli arti superiori e per
incentivare da subito la locomozione orizzontale, compatibilmente il livello
lesionale [35].

3.3.2.2. Terapie fisiche (raccomandazioni di grado moderato-debole)


Le uniche evidenze di rilievo in materia di terapia fisica riguardano
l’elettrostimolazione (FES) come strumento di rinforzo muscolare, associata
e comparata all’esercizio fisico e terapeutico nella revisione sistematica di
Dagenais et al. del 2009 [12] (RACCOMANDAZIONE: MODERATA). La re-
visione dimostra l’efficacia del trattamento, benché gli studi da essa citati
differiscano nelle modalità di applicazione della FES, rendendo difficile de-
finire un protocollo terapeutico specifico.

3.3.2.3. Trattamento ortesico

3.3.2.3.1. Raccomandazioni di grado moderato-debole


I bambini affetti da spina bifida ed altri disrafismi spinali presentano spesso
disabilità neuro-muscolari agli arti inferiori ed alterazioni della deambula-
zione, correlate al livello della lesione ed al coinvolgimento spinale, che si
traducono in restrizioni nelle attività della vita quotidiana. La capacità di
deambulazione autonoma dipende principalmente dal livello di coinvolgi-
mento spinale: più basso è il livello, maggiore è la possibilità che il paziente
ha di deambulare autonomamente e maggiore, quindi, è la possibilità di
mantenere tale autonomia durante l'adolescenza [41]. Altri fattori, come de-
formità ossee, iperattività muscolare, retrazioni muscolo-tendinee, fitness
aerobico, stile di vita attivo ed attività fisica quotidiana, possono influenzare
la capacità di deambulazione [42].
L'utilizzo di ortesi per gli arti inferiori ed ausili per la deambulazione ha lo
scopo di prevenire le deformità del piede, distribuire il carico corporeo, mi-
gliorare l'andatura e la spesa energetica della deambulazione. L'obiettivo fi-
nale è migliorare la capacità di svolgere attività quotidiane legate al cammi-
no, come la posizione eretta, i passaggi ed i trasferimenti, sia dal punto di
vista del bambino che del genitore / caregiver.
Per quanto concerne le raccomandazioni specifiche sul trattamento ortesico
dunque, queste riguardano principalmente l’arto inferiore. Una revisione
sistematica della letteratura recentemente prodotta da Ivanyi et al. [11] ha
200 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

approfondito tale tematica, per quanto il livello di evidenza degli studi rac-
colti sia di tipo C (basso). Sono stati inclusi sei studi che indagavano l’effetto
di ortesi gamba-piede (ankle-foot orthosis) rispetto alla deambulazione a piedi
nudi, ciascuno riferito a popolazioni di pazienti con differenti livelli di le-
sione tra L4 ed S1. Il tipo di ortesi è stato descritto come una AFO rigida, ma
non sono stati forniti dettagli sulla progettazione o l’eventuale utilizzo com-
binato AFO/calzature.
Pur tenendo presente il basso livello di evidenza e l’eterogeneità di manife-
stazioni cliniche tra i diversi livelli di lesione, questi studi hanno rilevato che
per i bambini con lesione lombo-sacrale, camminare con ortesi AFO ha un
effetto positivo sulle proprietà cinematiche e cinetiche della deambulazione,
su lunghezza del passo, velocità del cammino e fitness aerobica [43] (RAC-
COMANDAZIONE: DEBOLE). Dalle rilevazioni cinetiche e cinematiche
eseguite, camminare con AFO avrebbe effetto nel ridurre la flessione di gi-
nocchio in fase di stance o nel prevenire il recurvato di ginocchio, in base a
quale delle due condizioni sia presente in partenza, ma anche favorendo un
aumento della velocità di marcia [43] (RACCOMANDAZIONE: DEBOLE).
Nella stessa revisione sistematica sono stati poi presi in esame ausili per la
deambulazione quali i bastoni antibrachiali. Per i pazienti che presentano
una lesione di livello L5-S1, camminare con bastoni antibrachiali può avere
un effetto favorevole sulla cinematica pelvica e sulla cinematica dell'anca,
rispetto ad una deambulazione condotta senza ausili [44] (RACCOMAN-
DAZIONE: DEBOLE). Oltretutto, è stato visto che nei bambini con livello di
lesione L3-L4 utilizzare i bastoni antibrachiali in uno schema di deambula-
zione a tre tempi (swing-through), che consiste nel portare avanti entrambe le
stampelle prima degli arti, può avere un effetto positivo in termini di veloci-
tà del cammino e spesa energetica della deambulazione, rispetto ad uno
schema alternato a quattro o a due tempi (reciprocal four-point o two-point, fi-
gura 3.3), che prevede l’avanzamento alternato di un bastone con l’arto con-
trolaterale [11]. Tali evidenze suggerirebbero un’inefficacia nell’addestrare
alcuni pazienti ad uno schema di marcia alternato (inclusa la marcia con or-
tesi reciprocanti [45]), che risulterebbe in un maggior dispendio energetico
senza un effettivo guadagno funzionale (RACCOMANDAZIONE: DEBO-
LE).
3. Bp e Lg riabilitative nel trattamento dei disrafismi spinali 201

A B

Fig. 3.3. A Schema di deambulazione in tre tempi (swing-through). B Schema di deambulazione


in due tempi (reciprocal two-point).

3.3.2.3.2. Good Practice Point


In mancanza di precise indicazioni in letteratura riguardo il percorso riabili-
tativo utilizzando il trattamento ortesico, il gruppo di esperti ha sviluppato
tuttavia alcune strategie di trattamento più chiare [35].
La scelta dell’ortesi più adeguata correla col livello lesionale riportato dal
paziente: da S2-S3 a salire caudo-cranialmente, sempre più muscoli degli arti
inferiori vengono coinvolti riportando diversi gradi di paralisi. In particola-
re si possono distinguere diversi scenari:
- Lesione S2-S3: sono consigliate ortesi dinamiche quali scarpe ortopediche
sovramalleolari con forti semirigidi e suola flessibile antisdrucciolo (da uti-
lizzarsi dall’esordio della stazione eretta e della marcia).
- Lesione S1-S2: possono essere usate come ortesi statiche delle docce gam-
ba-piede o coscia-gamba-piede per riconquistare l’allineamento dell’arto
inferiore; queste ultime possono essere rese solidali tra loro tramite una
barra di Denis Brown, che può prevenire le concomitanti sublussazioni
delle anche. Come ortesi dinamiche possono essere utilizzati i tutori gam-
ba piede (AFO), che si oppongono alla flessione dorsale della gamba sul
piede; tutori gamba piede (AFO) articolati alla tibiotarsica con arresto re-
golabile della flessione dorsale e plantare (si concedono 15°-20° di escur-
sione e l’arresto della flessione deve risultare inferiore a 90°); tutori AFO a
spirale semplice, che contribuisco all’allineamento del piede rispetto al gi-
nocchio; tutori AFO a doppia spirale, che favoriscono il varismo del calca-
gno e la supinazione dell’avampiede, o viceversa.
- Lesione L5-S1: sono consigliate ortesi statiche quali docce coscia gamba
piede fisse o a correzione progressiva del valgismo del ginocchio e / o della
flessione plantare del piede. Per quanto riguarda le ortesi dinamiche sono
suggeriti tutori coscia-gamba-piede (KAFO - Knee Ankle Foot Orthosis) ar-
202 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

ticolati alla tibiotarsica con arresto della flessione dorsale a 84°-86°; il seg-
mento della coscia contiene la deformità in valgo del ginocchio.
- Lesione L4-L5: come ortesi statica viene consigliato il divaricatore di Put-
ti, che permette la centratura delle teste femorali mantenendo le anche in
semiestensione (per moderata displasia ed età compresa tra 6 e 18 mesi);
sono consigliate anche le docce coscia gamba piede vincolate ad una barra
divaricante tipo Dennis Brown e il tutore dinamici in abduzione (TDA) ar-
ticolato per la flesso-estensione. Per quanto concerne le ortesi dinamiche
vengono consigliati: tutori coscia-gamba-piede (KAFO) ad appoggio ante-
riore; tutori coscia gamba piede ad appoggio posteriore parziale o totale, in
cui l‘articolazione tibiotarsica deve essere fermata in dorsiflessione a 84°-
86° ed in plantarflessione a 100°; tutori coscia gamba piede con asse poste-
riorizzato al ginocchio (per pazienti che deambulano con l’aiuto di ausili
per l’arto superiore):
- Lesione L3-L4: sono consigliate le medesime ortesi statiche utilizzate nel-
la lesione L4-L5; come ortesi dinamiche sono indicati tutori coscia gamba
piede ad appoggio posteriore, ove si realizza l’arresto del ginocchio a ca-
duta di anello, a ponte posteriore tipo Hoffa o a ponte anteriore tipo
Dubowitz. Tali tutori possono essere collegati ad una cintura pelvica semi-
rigida o rigida con tiranti elastici.
- Lesione L2-L3: sono suggerite le medesime ortesi statiche utilizzate nella
lesione L4-L5. Come ortesi dinamiche sono consigliati tutori coscia gamba
piede articolati, con una presa al bacino tanto più alta quanto più elevato è
il livello spinale o quanto più è inesperto il paziente (l’articolazione deve
consentire flesso-estensione, adduzione-abduzione, intra-extrarotazione; il
ginocchio deve essere fissato in estensione o semiflessione, la tibiotarsica
deve consentire 15°-20° di movimento). Tali ortesi dinamiche permettono
un’autonomia negli spostamenti intra - domiciliari, tuttavia è necessario
fornire al paziente un’adeguata carrozzina per gli spostamenti extra-
domiciliari.
- Lesione L1-L2: le ortesi statiche e dinamiche consigliate sono similari a
quelli della lesione L2-L3. Come ulteriore ausilio possono essere adoperati
tutori reciprocanti tipo RGO ed ARGO, a trasmissione selettiva del movi-
mento di flesso-estensione di coscia, o tipo R2GO, a trasmissione selettiva
combinata della flessione-extrarotazione della coscia per l’arto in sospen-
sione e dell’estensione-intrarotazione per l’arto in carico.
- Lesione T12-L1: vengono consigliate le medesime ortesi statiche e dina-
miche del livello precedente. Sono suggerite inoltre ortesi dinamiche come
tutori coscia gamba piede articolati ad un fianchino toraco-lombare pelvico
a tre, due, o un grado di libertà (tipo parawalker). Per i livelli lesionali T12-
3. Bp e Lg riabilitative nel trattamento dei disrafismi spinali 203

L1 e superiori è possibile l’utilizzo di apparecchi a piattaforma come lo


swivel-walker ed il parapodium, che consentono di conquistare la stazione
eretta ed una forma di locomozione verticale senza l’impiego degli arti su-
periori in ambiente intra-domiciliare; queste ortesi possono essere utilizza-
te anche come tavolo stabilizzatore.

3.3.2.4. Scoliosi neurogene associate a DTN

3.3.2.4.1. Raccomandazioni non formulabili


Ad oggi in letteratura non vi sono specifiche linee guida riguardo il tratta-
mento ortesico con busto o fisioterapico riabilitativo di questo tipo di scolio-
si. I difetti del tubo neurale ed i disrafismi spinali si associano spesso, dal
23% all'88% a scoliosi neurogena [46], con un tasso di prevalenza del 52,8%.
Una recente revisione sistematica di Heyns, Negrini et al. ha rilevato nello
specifico una prevalenza di scoliosi tra i 20 e i 34 gradi Cobb che si attesta al
54% nei pazienti affetti da mielomeningocele [15]. Lo stesso lavoro mette in
evidenza un’insufficiente produzione in letteratura riguardo gli iter diagno-
stici in questi pazienti.
In questi pazienti l'allineamento della colonna andrebbe valutato tenendo
conto delle caratteristiche che la scoliosi può avere in questi casi: esordio in
età precoce, rapida progressione, dolore e parestesie associati, nonché la
presenza curvature anomale [47]. I pazienti affetti da disrafismi spinali han-
no molteplici fattori che li predispongono alla scoliosi: una crescita scheletri-
ca non omogenea dovuta a anomalie congenite della colonna vertebrale
nonché instabilità meccanica dovuta a mancanza delle porzioni posteriori
delle vertebre coinvolte, oltre a vari livelli di paralisi. Trivedi et al. hanno
rilevato come nel 93% dei pazienti affetti da mielomeningocele siano presen-
ti curve scoliotiche toraciche, nel 72% dei pazienti curve lombari superiori
(L1-L3), nel 43% curve lombari basse (L4-L5), nell'8% dei pazienti curve sa-
crali [48], in varie associazioni di coesistenza.
Le opzioni di trattamento per questi pazienti comprendono interventi di
TCR (lisi delle aderenze) e di ricostruzione; tuttavia, non tutti i pazienti be-
neficiano di queste procedure. Un indicatore utile per predire il successo del
rilascio TCR potrebbe essere il grado di curvatura della scoliosi. Inoltre, gli
interventi di artrodesi per via anteriore possono determinare migliori risul-
tati a lungo termine nonostante le maggiori complicanze peri-operatorie [14]
(RACCOMANDAZIONE: DEBOLE).
204 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

3.3.2.4.2. Good Practice Point


In assenza di forti indicazioni sul tema, il gruppo di ricerca ritiene che per-
mangano valide alcune norme di buona pratica clinica. Per il trattamento
conservativo della scoliosi associata a spina bifida andrebbero di norma uti-
lizzati corsetti statici in polietilene, a struttura univalva, con effetto corretti-
vo sul piano frontale e / o sagittale (GPP) [35]. La presa di bacino può essere
ileo-sacrale, sacro-ischiatica o ischio-femorale in funzione della proiezione
del centro di massa del tronco e dell’assetto del bacino, generalmente anti-
verso (GPP) [49]. Il grado di correzione dipenderà dall’equilibratura recipro-
ca delle curve scoliotiche e del capo e laddove vi sia obliquità pelvica sarà
importante che il sistema di postura assicuri una corretta ripartizione della
pressione sia in senso trasversale fra ischio destro e sinistro, che in senso
longitudinale fra tuberosità ischiatiche e radice delle cosce (GPP) [35].
Condizioni che suggeriscono di ricorrere alla chirurgia vertebrale sono:
l’incapacità di arrestare la progressione della deformità; l’impossibilità di
ottenere un bilanciamento in stabilità e comfort del tronco in posizione se-
duta; la comparsa di condizioni che rendano impossibile l’impiego del cor-
setto (ad esempio lesioni cutanee; la difficoltà nell’eseguire le quotidiane cu-
re igieniche o, ad esempio, eventuali operazioni periodiche di cateterismo
intermittente; problemi di compliance nell’uso del corsetto (GPP) [35].

3.3.2.5. Sindrome da ancoraggio midollare (raccomandazioni non formu-


labili)
Attualmente non esistono in letteratura raccomandazioni riabilitative speci-
fiche riguardo tale manifestazione. Il midollo spinale incarcerato è definito
come un’alterazione del normale movimento fisiologico del midollo spinale
all'interno del sacco meningeo che nel tempo può portare ad eventi ischemi-
ci all'interno del midollo stesso, quindi produrre gradi variabili di compro-
missione neurologica. Oltre al danno ischemico, la trazione del cono midol-
lare può alterare meccanicamente le membrane neuronali con conseguente
attività elettrica alterata [50]. La definizione midollo spinale incarcerato è
radiografica: implica che il cono midollare finisca al di sotto del livello di L2
[51] e può manifestarsi con alterazioni del filum terminale (ipertrofia, infil-
trazione adiposa), mielo-meningocele, lipo-mielo meningocele, cisti dermoi-
di e disgenesia lombosacrale. La vera incidenza delle sindromi da midollo
incarcerato rimane poco chiara e, quando non diagnosticate dalla comparsa
dei sintomi, rimangono spesso occulte [52]. I pazienti affetti possono presen-
tare: anomalie cutanee (59%), vescica neurogena (18%), debolezza agli arti
inferiori, parestesia e / o spasticità (12%), dismorfismi del piede, deformità
spinale e dolore localizzato a livello di schiena e arti inferiori (6%), sintomi
3. Bp e Lg riabilitative nel trattamento dei disrafismi spinali 205

urinari. La terapia risolutiva è attualmente chirurgica tramite lisi


dell’ancoraggio midollare. Dopo l'intervento chirurgico, i pazienti con dolo-
re preoperatorio e spasticità tendono a migliorare indipendentemente dalla
durata dei loro sintomi. Tuttavia, il recupero sensori-motorio e della vescica
è inversamente correlato alla durata sintomi [52]. In definitiva, la diagnosi
precoce e l'intervento offrono al paziente le possibilità migliori di outcome.

3.3 Raccomandazioni Riabilitative.


Intervento [Outcome] Fonte
Esercizio fisico.
Attività fisica moderata-intensa [performance cardio-vascolare]
Oliveira et al. [9]
(20 minuti es aerobico + 8-10 ripetizioni rinforzo muscolare 2
(Systematic review).
vv/sett).
Terapia fisica.
Dagenais et al. [12]
Elettrostimolazione (FES) [forza muscolare].
(Systematic review).
Trattamento ortesico.

Ivanyi et al. [11]


Tutori rigidi tipo AFO [cinematica e velocità del passo].
(Systematic review).

Ivanyi et al. [11]


Bastoni antibrachiali [performance, velocità].
(Systematic review).
Ivanyi et al. [11]
Schema di deambulazione in tre tempi [performance, velocità].
(Systematic review).
Tab. 3.3. Raccomandazioni riabilitative nella spina bifida e nei disrafismi spinali in genere, emerse
dalla revisione della letteratura sull’argomento. Legenda: FES: functional electrical stimulation,
AFO: ankle-foot orthoses.

CONCLUSIONI

Dall’analisi della letteratura si palesa la mancanza di linee guida internazio-


nali specifiche per il trattamento riabilitativo dei pazienti affetti da disrafi-
smi spinali ed altri difetti del tubo neurale, benché alcune indicazioni di trat-
tamento possano essere ricavate dalla letteratura riguardante le mielolesioni
e le manifestazioni cliniche ad esse correlate.
Esaminando le revisioni sistematiche riguardanti nello specifico il tratta-
mento riabilitativo, fisioterapico ed ortesico, le indicazioni riportate risulta-
no essere sommarie e supportate da scarsi livelli di evidenza. In questi pa-
zienti, la maggior parte della letteratura si focalizza sul trattamento chirur-
gico spesso tralasciando o non ponendo la corretta attenzione sull’iter riabi-
litativo post-chirurgico. Risulta dunque evidente la necessità di implementa-
re tali evidenze con delle specifiche indicazioni di buona pratica nel tratta-
mento riabilitativo dei pazienti affetti da disrafismi spinali.
206 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

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Prof. Valter Santilli

Linee guida, buone pratiche


ed evidenze scientifiche
in Medicina Fisica e Riabilitativa

Capitolo 4

Buone pratiche e linee guida riabilitative


nel trattamento delle patologie muscolo-scheletriche
e neurologiche mediante terapie fisiche strumentali

Coautori

Lucia Segatori MD, Andrea Bernetti MD, Francesco Agostini MD


Donatella Bonaiuti MD, Francesco Ioppolo MD, PhD
Massimiliano Mangone PhD
4. Buone pratiche e linee guida riabilitative
4. Buone pratiche delle
nel trattamento e linee guida riabilitative nel
patologie
trattamento delle e neurologiche
muscolo-scheletriche patologie muscolo-
mediante terapie
scheletriche fisiche strumentali
e neurologiche mediante terapie
fisiche
Coautori
strumentali
Lucia Segatori 1 MD, Andrea Bernetti 2 MD, Francesco Agostini 1 MD
Donatella Bonaiuti 3 MD, Francesco Ioppolo 4 MD, PhD
Coautori
Massimiliano Mangone 2 PhD
Lucia Segatori¹ MD, Andrea Bernetti2 MD, Francesco Agostini1 MD,
1
Donatella
Scuola Bonaiuti3 in
di Specializzazione MD, Francesco
Medicina Fisica Ioppolo
e Riabilitativa, PhD, Massimiliano
4 MD,Sapienza Università di Roma
2
Mangone²
Ricercatore PhDSapienza Università di Roma
MED34,
3
Direttore UOC Riabilitazione Specialistica, Ospedale San Gerardo, ASST-Monza
4
Dirigente Medico di I Livello, Medicina Fisica e Riabilitativa, Policlinico Universitario
¹ Scuola di Specializzazione
“Umberto I”, Roma in Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
² Ricercatore MED34, Sapienza Università di Roma
³ Direttore UOC Riabilitazione Specialistica, Ospedale s. Gerardo, ASST-Monza
4Dirigente Medico di I Livello, Medicina Fisica e Riabilitativa, Policlinico Universitario
“Umberto I”, Roma

ABSTRACT

Background: Nel trattamento riabilitativo delle patologie muscolo-


scheletriche o neurologiche una delle modalità terapeutiche maggiormente
utilizzata è rappresentata dalla terapia fisica strumentale.
Oggetto: Il nostro studio si pone l’obiettivo di analizzare gli studi più recenti
e ricercare, ove presenti, linee guida (LG) capaci di offrire al medico fisiatra
un supporto alla pratica clinica per un corretto trattamento delle patologie
muscolo-scheletriche o neurologiche tramite terapie fisiche strumentali.
Questo supporto si rende oltremodo necessario per l’esercente la
professione sanitaria che deve ottemperare al dettato della legge Bianco-
Gelli che richiede una applicazione delle raccomandazioni contenute nelle
linee guida / buone pratiche onde beneficiare della non punibilità in caso di
imperizia.
Materiali e metodi: La carenza di LG inerenti la terapia fisica strumentale
riferibili ad ogni patologia di interesse riabilitativo ha richiesto che
all’interno dello studio fossero incluse anche review sistematiche e non,
214 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

meta-analisi, RCTs ed altre tipologie di studio che valutassero pazienti con


diverse patologie di interesse riabilitativo. Inoltre, solo per le onde d’urto e
la laser terapia ci siamo riferiti al consensus statement della Società
Internazionale per il trattamento medico con onde d’urto (ISMST-
International Society for Medical Shockwave Treatment) e alla World
Association for Laser Therapy (WALT).
Risultati: Sono stati considerati 26 studi per l’elettroterapia, 15 per i campi
elettromagnetici, 18 per la termoterapia, 15 per le onde d’urto, 20 per gli
ultrasuoni, 15 per l’energia vibratoria e 21 per la laserterapia. Sono stati
riassunti i risultati relativi alle principali evidenze disponibili in letteratura,
fornendo inoltre una sintesi delle raccomandazioni specifiche per ogni
terapia fisica strumentale.
Conclusioni: La bassa qualità di molti studi scientifici e la mancanza di linee
guida non permette di ottenere adeguate raccomandazioni cliniche per tutte
le patologie di interesse riabilitativo, ma solo per alcune di esse.

INTRODUZIONE

Il management riabilitativo delle patologie di interesse muscolo-scheletrico e


neurologico si avvale, oltre che dell’esercizio terapeutico, che rimane
comunque il gold standard, di un complesso di terapie, sinergiche fra loro,
che vanno a costituire un trattamento individuale settato sulle caratteristiche
personali di ciascun paziente. Da questo punto di vista una delle principali
aree terapeutiche aggiuntive in riabilitazione è rappresentata dalla terapia
fisica strumentale. Con terapia fisica strumentale si intende la
somministrazione di diverse forme di energia a scopo terapeutico. Il termine
“agente o mezzo fisico” definisce, invece, il tipo di energia utilizzata. I mezzi
fisici, impiegati in riabilitazione, sono classificabili come: energie
elettromagnetiche, energie meccaniche e termiche; alcune tipologie di
terapia fisica strumentale possono avere più di un meccanismo fisico di
funzionamento [1]. Gli agenti elettromagnetici comprendono corrente
elettrica e radiazioni elettromagnetiche. La corrente elettrica viene usata con
lo scopo di: indurre la contrazione muscolare, ridurre l’atrofia muscolare e
l’edema, e a scopo antalgico. Le radiazioni elettromagnetiche comprendono
terapie fisiche che si avvalgono dell’uso di laser, radiazioni infrarosse, campi
elettromagnetici. Le energie meccaniche sono rappresentate dall’erogazione
di onde sonore con frequenze specifiche che agiscono sui tessuti target con
effetti di tipo prevalentemente meccanico; sono rappresentate da onde
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 215

d’urto, ultrasuoni ed energia vibratoria. L’energia termica, costituisce una


forma di energia attraverso la quale l’erogazione e/o la produzione del
calore determina effetti terapeutici sul tessuto. Le principali forme di terapia
fisica strumentale sono riassunte in tabella 4.1 [1]. L’impiego di tali terapie si
avvale dell’uso di determinati parametri che regolano l’erogazione
dell’energia somministrata e dai quali non può prescindere un corretto uso e
una corretta prescrizione da parte del medico specialista in Medicina Fisica e
Riabilitativa.

Tabella 4.1. Classificazione degli agenti in base all’effetto prevalente indotto sui tessuti
ENERGIA AGENTE FISICO TERAPIE
Energia Corrente elettrica, TENS, IFC, microcorrenti, HVPC,
elettromagnetica campi elettromagnetici. F.E.S., NMES, PEMF, campi
magnetici.

Energia termica Micro-onde, onde corte. Ipertermia, diatermia a micro-


onde, diatermia ad onde corte,
T.E.C.A.R., laser.
Onde sonore meccaniche. Onde d’urto, ultrasuoni,
Energia meccanica crioultrasuoni.
Vibrazioni. Energia vibratoria.
Tab. 4.1. Tabella riassuntiva le principali energie e terapie strumentali. TENS: transcutaneous
electrical nerve stimulation; IFC: interferential current; HVPC: high voltage pulsed current; FES:
functional electrical stimulation; NMES: neuromuscular electrical stimulation; PEMF: pulsed
electromagnetic field therapy; T.E.C.A.R.: trasferimento energetico capacitivo e resistive [1].

4.1. Materiali e metodi

La ricerca è stata condotta accedendo alle principali banche dati biomediche.


In particolare, la National Library of Medicine (biblioteca degli istituti
governativi americani), che è la maggiore fonte di informazioni del settore
bio-medico, è stata interrogata attraverso Pubmed.
Altri database nei quali sono stati ricercati articoli scientifici sono stati:
Cochrane database e PEDro, utilizzando come filtro di ricerca parole chiave
relative una determinata terapia fisica accostate ai termini “guidelines”,
“review”, “meta-analisi”, “studi sull’uomo” escludendo quindi gli studi in
vitro e nell’animale di laboratorio. Sono state analizzate le pubblicazioni
scientifiche degli ultimi 10 anni fino a Maggio 2018, in lingua inglese,
inerenti le principali terapie fisiche strumentali, quali onde d’urto,
laserterapia, ultrasuoni, elettroterapia antalgica ed elettroterapia di
stimolazione, campi elettromagnetici, ipertermia ed energia vibratoria. Nel
caso di argomenti per i quali le pubblicazioni negli ultimi 10 anni si sono
rivelate carenti, abbiamo ampliato la ricerca agli anni ancora precedenti.
216 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

In letteratura, gli studi riguardo le terapie fisiche strumentali sono molteplici


e spesso conflittuali, infatti, a causa della carenza di linee guida in tale
ambito abbiamo ampliato la nostra ricerca non solo a review e a meta-
analisi, ma in alcuni casi sono stati inclusi studi randomizzati controllati di
qualità elevata e studi di tipo osservazionale, in quanto ritenuti utili nella
definizione dell’uso di alcune terapie fisiche strumentali, quali termoterapia
ed energia vibratoria. Relativamente alle Onde d’urto ed alla Laserterapia
esistono società internazionali che hanno elaborato delle raccomandazioni
specifiche [2-3]. Riguardo review, systematic review, meta-analisi e RCT
abbiamo incluso studi che considerano l’uso di terapie fisiche strumentali
nel trattamento di diverse patologie di competenza del medico specialista in
Medicina Fisica e Riabilitativa e che ne riportino l’efficacia clinica in
relazione anche ad altri trattamenti (farmaci, fisioterapia, placebo). Sono
state infine descritte anche le linee guida delle singole patologie trattate,
estrapolate dal precedente libro “Linee guida ed evidenze scientifiche in
medicina fisica e riabilitativa” (Santilli V., 2017) [4], che menzionano le
raccomandazioni per l’uso dei mezzi fisici. Tali LG vengono trattate
all’inizio di ogni paragrafo dei risultati per singolo mezzo fisico.
In riferimento alla strategia di ricerca, sono state utilizzate diverse parole
chiavi, quali: “shockwave therapy”, “low level laser”, “ultrasound therapy”,
“high intensity laser”, “local vibration”, “whole body vibration”
“diathermy”, “iperthermy”, “T.E.C.A.R.”, “electrotherapy”, “cryo-
ultrasound”, “muscular disease”, “rehabilitation”. Alcuni studi sono stati
esclusi durante l’analisi del full text in quanto incongruenti con i criteri di
inclusione o non pertinenti all’obiettivo del nostro studio.
Le caratteristiche dei singoli studi sono riportate nelle tabelle 4.3., 4.5., 4.7.,
4.9., 4.11., 4.13. e 4.17.

4.1.1. Normativa
Le apparecchiature utilizzate nel settore della medicina fisica e riabilitativa si
configurano come dispositivi medici sulla base della Direttiva 93/42/CEE [5].
A corredo di ogni dispositivo medico la ditta produttrice deve rilasciare la
dichiarazione CE di conformità, nella quale sono contenute:

1. La Classe secondo la Direttiva 93/42 e s.m;


2. Le norme tecniche armonizzate applicate nella progettazione del
dispositivo;
3. Il numero del certificato CE e l’Ente Notificante che lo ha rilasciato.
Ogni Ente Notificante è contraddistinto da un numero che deve essere
apposto dal costruttore nella targa identificativa (es. CExxxx.)
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 217

In quanto dispositivo medico, qualsiasi apparecchiatura utilizzata in


riabilitazione deve essere corredata da indispensabili informazioni che
garantiscano la corretta identificazione del dispositivo stesso e del suo
fabbricante, della sua destinazione d’uso e delle modalità per una sicura
utilizzazione. Nel redigere il testo di tali informazioni il fabbricante dovrà
tenere conto della formazione e delle conoscenze del potenziale utilizzatore
(pubblico, operatore sanitario, medico, ecc.), al fine di garantire
un’utilizzazione del dispositivo appropriata e del tutto sicura. Le informazioni
che il fabbricante fornisce con il dispositivo sono costituite dalle indicazioni
riportate in etichetta e da quelle presenti sulle istruzioni per l’uso; esse devono
essere redatte in lingua italiana, ovviamente quando il prodotto è venduto in
Italia, al momento della consegna all’utilizzatore finale1-2 [6].

4.2. Risultati

4.2.1. Buone pratiche cliniche sul trattamento con elettroterapia

4.2.1.1. Elettroterapia stimolante ed antalgica.


L’elettroterapia è definita come l’impiego di corrente elettrica (passaggio di
cariche attraverso un conduttore) a scopo terapeutico e generalmente viene
distinta in due grandi forme: antalgica e stimolante. Esistono tre grandi tipi
di corrente in base alla forma dell’onda: correnti dirette, alternate e pulsate.
Le correnti dirette (DC) sono anche conosciute come correnti continue e
sono caratterizzate da un flusso di elettroni che viaggia in un’unica
direzione; in medicina si utilizzano esclusivamente le correnti continue a
basso voltaggio e sono quelle che vengono impiegate nella ionoforesi
(elettroterapia mediante la quale è possibile trasferire una sostanza medicata
ionizzata nell’area anatomica interessata attraverso la cute grazie al
passaggio di corrente) e nella stimolazione di muscoli denervati. La corrente
alternata è una corrente che varia nel tempo in intensità e verso, che viene
generalmente impiegata nel controllo del dolore e nella stimolazione
muscolare. La corrente pulsata, invece, è un tipo di corrente caratterizzata
da una serie di impulsi intervallati da pause; le correnti pulsate si dividono
in monofasiche (ovvero, il flusso di cariche è monodirezionale) e bifasiche (il
flusso di cariche si muove in due direzioni). Nell’ambito delle correnti
alternate troviamo: le correnti interferenziali (IFC) prodotte dall’interferenza

1Articolo 5, comma 4, del D. Lgs. 46/97;


2 Lanorma tecnica EN 1041 specifica i requisiti relativi alle informazioni che accompagnano i
dispositivi medici;
218 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

di due correnti alternate a diversa frequenza media che vengono


maggiormente utilizzate a scopo antalgico; correnti pre-modulate in
ampiezza a frequenza media con sequenziali incrementi e decrementi
dell’ampiezza della corrente; correnti di Kotz (dal nome del loro scopritore,
conosciute anche come “correnti russe”) a media frequenza, impiegate nel
potenziamento della forza muscolare. I parametri che bisogna considerare
per una corretta somministrazione dell’elettroterapia sono: la frequenza,
ovvero il numero di impulsi al secondo, misurata in Hz; l’intensità, misurata
in mA, che definisce l’intensità dell’onda del flusso di corrente; la forma, che
descrive la variazione di intensità nel tempo, generalmente definita in
termini geometrici; la modulazione, cioè la variazione dei diversi parametri
nel tempo. Come già menzionato, le correnti terapeutiche vengono
impiegate a scopo antalgico e stimolante. Quelle stimolanti, conosciute
anche con l’acronimo di NMES (neuromuscolar electrical stimulation)
permettono di ottenere il potenziamento della forza muscolare nei muscoli
normalmente innervati e di prevenire, o quanto meno rallentare, il processo
di atrofia nei muscoli denervati. Applicando l’elettroterapia sul muscolo, il
reclutamento delle fibre muscolari, con conseguente contrazione, avviene in
modo differente rispetto a quello che avviene fisiologicamente. Infatti,
durante la stimolazione elettrica si ha dapprima il reclutamento delle fibre
veloci di tipo II (sono più veloci, generano più forza, ma si affaticano
facilmente) ed in seguito quello delle fibre lente di tipo I (generano meno
forza, ma sono più resistenti alla fatica), a differenza della contrazione
muscolare che avviene in condizioni fisiologiche. Questo reclutamento
invertito delle fibre muscolari sarebbe alla base dell’effetto terapeutico
dell’elettroterapia: il reclutamento iniziale delle fibre veloci di tipo II
garantisce lo sviluppo di forza maggiore, soprattutto nei muscoli atrofizzati
e indeboliti dal disuso. Tuttavia, poiché tali contrazioni affaticano
maggiormente il muscolo è consigliabile che il paziente partecipi
attivamente alla terapia contraendo il muscolo trattato in modo da
ottimizzare il pattern di contrazione reclutando per prime anche le fibre
lente di tipo I. Nel caso di muscoli denervati, si applicano correnti non
pulsate o pulsate della durata di 10 ms (o anche di più lunga durata). Per
graduare la forza di contrazione, il clinico aumenta gradualmente l’intensità
di corrente in modo da raggiungere l’effetto desiderato.
La corrente a scopo antalgico maggiormente impiegata nell’ambito
riabilitativo è rappresentata dalla TENS (transcutaneus electrical nerve
stimulation). La TENS è una corrente rettangolare simmetrica o asimmetrica,
la quale può essere impiegata secondo due tecniche: tecnica convenzionale
ad alta frequenza per il trattamento del dolore acuto (teoria del Gate-
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 219

control) con frequenza di 60-100 Hz, intensità < 10 mA e durata dell’effetto


antalgico di circa 60-90’ e tecnica a bassa frequenza impiegata nel dolore
cronico con frequenza di 1-5 Hz, intensità di 15-80 mA e rapida insorgenza
dell’effetto analgesico che si mantiene per un periodo di tempo pari a 24-48
ore [1, 7].
Le controindicazioni maggiori e minori dell’elettroterapia sono riportate in
tabella (tab. 4.2.) [8-9].

Tabella 4.2. Controindicazioni al trattamento con elettroterapia.


Controindicazioni Razionale / Note
Area cervicale Rischio di stimolazione di strutture vagali,
seni carotidei con conseguente ipotensione e
laringospasmo.
Rischio di interferire con la funzione
cardiaca in pazienti cardiopatici. La TENS (a
bassa intensità) può essere applicata con
Area toracica, insufficienza cardiaca cautela sul torace. Tale applicazione è da
evitare nei pazienti con problemi cardiaci.
Non è consigliabile applicare la NEMS sul
torace; quella a bassa intensità può essere
utile nei pazienti con insufficienza cardiaca.
Area cranica Rischio di interferire con le funzioni
cerebrali.

Rischio di interferenza elettronica. La TENS


si può utilizzare nei pazienti solo con
Pace-maker e defibrillatori impiantabili monitoraggio cardiaco dopo terapia (ECG)
che non rilevi interferenze. In caso
contrario, è necessaria l’autorizzazione del
cardiologo.
Area addominale, pelvica, lombare nelle Danni al feto, contrazioni uterine precoci.
donne al primo trimestre di gravidanza Può essere applicata la TENS per minor
rischio di penetrazione in profondità.
Controindicata la TENS con tecnica ad
agopuntura.
Su recenti fratture instabili, interventi La NEMS ad alta intensità, va utilizzata con
chirurgici recenti, osteoporosi cautela, in quanto può indurre delle
dislocazioni dei frammenti ossei.
Rischio di causare episodi epilettici, se gli
Epilessia elettrodi sono posti sul collo o vicino il capo.
Può essere applicata con cautela negli arti o
sul tronco.
Rischio di stimolare la muscolatura liscia e
Sull’addome alterare la funzionalità intestinale. Può
essere applicata con cautela TENS ed
HVPC.
Sull’occhio Effetti non ancora noti.
Sulle gonadi Rischio di alterata gametogenesi, il cui
meccanismo ancora non è noto.
220 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Rischio di aumentato sanguinamento per


Su aree emorragiche incremento del flusso sanguigno nell’area
trattata.
Su aree di trombosi venosa attiva e Rischio di embolizzazione del materiale
tromboflebiti trombotico.

Rischio di aumento e diffusione delle cellule


Su neoplasie maligne neoplastiche per incremento del flusso di
sangue nell’area trattata.

TENS ed IFC non dovrebbero essere


Su aree con alterata sensibilità/deficit applicate. Testare prima la zona da trattare.
cognitivo Possono essere applicate HVPC e NEMS.
Sulla cute danneggiata Rischio di causare dolore, ulteriore danno
cutaneo.
Su area sottoposta a radioterapia nei 6 mesi Rischio di possibile crescita di cellule
precedenti maligne rimanenti nell’area.
Rischio di ischemia e necrosi per alterata
Su aree con alterata circolazione sanguigna domanda d’ossigeno. Possono essere
applicate TENS e HVPC.
Rischio di oscurare la zona di accesso
Su aree infette, di osteomielite all’osso infetto a causa della crescita
tissutale dopo terapia.
Su cicatrici e tessuto adiposo (solo per Impediscono alla corrente di attraversare le
HVPCT) aree a causa dell’alta resistenza elettrica di
queste aree.
Tab. 4.2. Controindicazioni Elettroterapia [8-9]. NMES: neuromuscolar electrical stimulation;
TENS: transcutaneous electrical nerve stimulation; IFC: correnti interferenziali; HVPC: high
voltage pulsed current.

Nella valutazione delle evidenze per l’elettroterapia sono stati inclusi 26


studi di cui 6 revisioni Cochrane [18, 27, 29, 30, 40-41], 14 review (4
systematic review [17, 19, 31, 46], 2 meta-analisi [25, 46], 8 review [16, 20, 28,
32-33, 45, 47-48]), 5 RCT [21-23, 26, 44] e 1 studio osservazionale [24] (Fig.
4.1.). Oltre a questi studi all’interno della discussione sono inserite le
eventuali raccomandazioni, contenute nelle linee guida patologia-specifiche,
relative al trattamento con elettroterapia. (Fig. 4.1.).
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 221

Studi identificati attraverso Studi identificati da


ricerca nei principali database
(316) altre fonti (0)

Studi dopo
eliminazione di
duplicati (178)

Studi esclusi
Studi sottoposti a dopo analisi di
screening (178) titolo ed abstract
(141)

Full text valutati per Full text esclusi a


l’eleggibilità (37) causa di: studi in
vitro, outcome clinici
non riportati, studi
non recenti (11)
Studi inclusi nella
sintesi qualitativa
(26)

Fig. 4.1. Flow chart degli studi analizzati per l’elettroterapia.

Tra le diverse linee guida (LG) che raccomandano l’uso di terapie fisiche
strumentali, troviamo le LG menzionate nel libro “Linee guida ed evidenze
scientifiche in Medicina Fisica e riabilitativa” di Santilli V. Le LG APTA
(American Physical Therapy Association) [10] raccomandano l’uso della
NMES nella fase precoce di riabilitazione del legamento crociato anteriore,
così come le LG KNGF (Royal Dutch Society for Physical Therapy) [11] ne
consigliano l’uso insieme alla riabilitazione convenzionale. Le LG AHA /
ASA 2016 (American Heart Association / American Stroke Association) [12]
ne raccomandano l’uso per il trattamento dei deficit di forza agli arti
inferiori, superiori e per la spalla emiplegica (II, A) nei pazienti con stroke e
le LG SPREAD VIII (Stroke Prevention and Educational Awareness
Diffusion) [13], EBSR [14], VA / DoD (Veterans Health Administration and
Department of Defense) [15] la raccomandano per la spalla emiplegica. Tra
le review troviamo quella di Nussbaum et al. (2017) [16] che fornisce utili
raccomandazioni sui parametri da utilizzare nelle principali patologie
muscoloscheletriche e neurologiche. In modo particolare, tra le patologie
neurologiche, l’ictus rappresenta la patologia in cui più frequentemente si
222 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

ricorre all’uso della NMES. Se utilizzata precocemente, può ridurre la


comparsa di sublussazione della spalla emiplegica nei 6 mesi post-stroke,
aumentare il ROM (Range Of Motion), migliorare la forza, ridurre il dolore
presente a riposo e quello che compare con i movimenti attivi e passivi
dell’arto [16]. È bene iniziare il trattamento il più presto possibile, appena
compare la flaccidità e prima della comparsa del dolore, anche dopo 24-72
ore dall’evento acuto (per i parametri utilizzati nelle singole patologie
consultare la tab. 4.3.). La NMES ha mostrato ottimi risultati anche nella
gestione delle sinergie in flessione di polso, mano e dita nei pazienti con
stroke. È stato, infatti, notato che l’uso della NMES favorisce l’aumento della
forza, del ROM, riduce la spasticità, incrementa l’attivazione corticale e
migliora la performance funzionale [16]. L’uso della NMES per il footdrop
rappresenta un’altra importante applicazione nei pazienti con stroke: è stato
visto come l’elettroterapia stimolante sia in grado di aumentare la
dorsiflessione della caviglia durante la fase di swing del passo, ridurre la
spasticità, aumentare la velocità del passo, migliorare la cinematica dello
schema del passo e l’equilibrio [16]. Tra le patologie muscoloscheletriche
senza dubbio la NEMS trova indicazione nella riabilitazione post-intervento
del legamento crociato anteriore (LCA) [16]. Infatti, permette di limitare
l’atrofia, ridurre il dolore, aumentare la forza muscolare e migliorare la
performance funzionale ed i parametri del ciclo del passo [16]. È consigliato
di iniziare entro la prima settimana post-operatoria [16]. Un’altra patologia
in cui troviamo l’uso della NMES è la sindrome dolorosa patello-femorale, il
cui uso favorisce il reclutamento muscolare e riduce il dolore [16]. Gli autori
consigliano circa 12-15 contrazioni muscolari a seduta [16]. Anche
nell’osteoartrosi del ginocchio, la NMES, trova largo impiego. Il suo utilizzo
migliora la forza, riduce il dolore e garantisce la ripresa funzionale, sono
consigliate 10-15 contrazioni a seduta per 3 sedute settimanali per 4-8
settimane [16]. È molto utilizzata anche del decorso post-operatorio in
pazienti con protesi di ginocchio e di anca, in cui favorisce la graduale
ripresa della forza muscolare, riduce l’ulteriore perdita del volume
muscolare, migliora la velocità del passo e la performance funzionale [16].
Gli autori suggeriscono di iniziare in prima o seconda giornata post-
operatoria con 10-30 contrazioni per 3 giorni a settimana per 6 settimane per
incrementare la forza e 1-2 ore/die per 5 giorni a settimana per 6 settimane
per incrementare la performance funzionale [16]. La NMES trova impiego
anche tra i pazienti ricoverati in terapia intensiva, pazienti con insufficienza
respiratoria (IR) e cardiaca (IC). Diversi studi hanno dimostrato che in tali
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 223

pazienti la NMES migliora la funzione respiratoria e cardiopolmonare,


previene l’atrofia muscolare ed incrementa il livello funzionale [16]. Non vi
è accordo sull’area di posizionamento preciso degli elettrodi; la posizione
degli arti, così come il rapporto ON:OFF e la durata del trattamento variano
in base al tipo di problematica che il paziente presenta [16].
Riguardo alcune patologie summenzionate, come l’osteoartrosi del
ginocchio, già nel 2012 Giggins et al. [17] in una sistematic review aveva
affrontato l’argomento, ma aveva trovato risultati abbastanza scarsi. In
particolar modo, vi è un livello di evidenza D riguardo l’utilità della NMES,
da sola o in combinazione con altri interventi, nella gestione del dolore da
osteoartrosi; la terapia, inoltre non avrebbe nessun impatto sul
miglioramento della performance funzionale; mentre avrebbe un impatto
significativo sull’aumento della forza muscolare del quadricipite, il quale
fungendo da stabilizzatore del ginocchio favorirebbe anche la riduzione del
dolore (livello di evidenza D). La frequenza utilizzata più frequentemente è
pari a 50 Hz, con benefici su dolore e forza muscolare. Gli autori sono
comunque cauti nel dichiarare con certezza la validità dei loro risultati, vista
la scarsa qualità metodologica degli studi inseriti all’interno della review.
Considerata la discordanza tra i due studi, non è possibile al momento
fornire delle adeguate raccomandazioni in merito alla patologia in esame.
Tra le patologie muscolari, una recente revisione Cochrane del 2017 [18]
(Martimbianco et al.) dimostra l’impiego della NMES nella sindrome
patello-femorale. Gli autori hanno trovato un livello di evidenza molto basso
sull’efficacia della NMES sul dolore con durata di circa 15 minuti al giorno.
Sarebbe invece efficace nella riduzione del dolore a breve termine (3-12
settimane di trattamento) quando applicata in associazione all’esercizio e nel
miglioramento della performance funzionale a partire dalle 3-6 settimane di
trattamento. Nel lungo termine, a circa un anno di follow-up, permette di
ottenere giovamenti solo sulla funzione e sul dolore. All’interno della
review vi sono soltanto due studi che valutano la NMES rispetto
all’aumento della forza muscolare e riportano buoni risultati a favore di
quest’ultima. Gli studi sopra riportati hanno però un livello di evidenza
molto basso (D) a causa soprattutto di varie criticità che la review presenta:
gli studi utilizzano devices di elettrostimolazione differenti, i parametri non
sono omogenei, così come i tempi di trattamento. Per tale ragione,
considerata anche la discordanza presente tra alcune delle revisioni prese in
esame, vi è la necessità di ulteriori studi che in futuro indaghino
l’applicazione della NMES nella sindrome patello-femorale. In ambito
sportivo, la NMES viene generalmente impiegata nella pratica clinica ed
224 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

inserita all’interno di programmi di riabilitazione con lo scopo di migliorare


la forza muscolare e favorire così un’ottima ripresa nell’attività sportiva. La
systematic review di Hauger et al. (2017) [19], uno studio di elevata qualità
che si attiene ai criteri del Prisma statement, ha posto l’attenzione sull’uso
della NMES dopo intervento chirurgico al legamento crociato anteriore nei
giovani pazienti. In effetti, lo studio ha dimostrato che l’aggiunta della
NMES favorisce la ripresa della forza muscolare del quadricipite (livello di
evidenza I). In gran parte degli studi inclusi, la NMES viene impiegata
subito dopo una settimana dall’intervento, mentre solo in uno studio, il
trattamento con NMES inizia precocemente per evitare qualsiasi forma di
atrofia muscolare post-intervento. Gli autori hanno ben evidenziato come
punto di debolezza il fatto che tale terapia fisica venisse impiegata nella
riabilitazione del legamento crociato solo per un tempo pari a 6 settimane
dall’intervento, rappresentando una fonte di debolezza dello studio in
quanto, avendo il programma riabilitativo del legamento crociato una
durata che varia dai 6 ai 12 mesi non ci sono evidenze sulla sua efficacia a
lungo termine [19]. Un’altra indicazione dell’elettroterapia stimolante è l’uso
nella muscolatura denervata. Le evidenze a tal riguardo sono abbastanza
scarse e non mostrano grandi risultati sull’efficacia. La review di Salvini et
al. (2012) [20] mostra risultati alquanto incerti: gli studi inclusi riportano,
infatti, esiti contrastanti senza confermare l’azione protettrice
dell’elettroterapia contro l’atrofia nel muscolo denervato. Nello studio di
Pieber et al., un RCT del 2015 [21], troviamo la comparazione tra due tipi di
corrente impiegata nella riabilitazione del muscolo denervato: la corrente
con impulsi rettangolari e quella con impulsi triangolari, con lo scopo di
valutare quale, considerando la durata degli impulsi e polarità, sia la
migliore nel trattamento di pazienti con denervazione muscolare agli arti
superiori o inferiori a causa di lesioni nervose periferiche. In realtà, la
corrente con impulsi triangolari è da preferire in quanto permette di
stimolare soprattutto le fibre muscolari denervate, senza interessamento di
quelle circostanti normalmente innervate. Gli autori hanno trovato che in
caso di lesioni periferiche con danno del muscolo tibiale anteriore, è
preferibile impiegare un tempo minimo di impulsi di 200 ms con polarità
dell’elettrodo negativo (catodo) posto nella zona prossimale del muscolo e
ciò sarebbe dovuto al fatto che l’elettrodo negativo risulterebbe più efficace
nell’attivazione della contrazione muscolare rispetto a quello positivo
(anodo), richiedendo una minore intensità di attivazione per la contrazione
muscolare [21]. Il fatto che venga richiesta una minore intensità di
attivazione, limita la possibilità di danni da ustione a livello cutaneo e la
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 225

sensazione di discomfort da parte del paziente. Questi vantaggi


porterebbero a preferire l’uso della corrente con impulsi triangolari nel
trattamento riabilitativo di muscoli denervati. Infine, tra le varie forme di
elettroterapia stimolanti meritano di essere ricordate le correnti di Kotz (dal
nome del loro scopritore russo, conosciute anche come “protocollo russo” o
“correnti russe”). In letteratura, non vi è chiarezza in riferimento all’uso
delle diverse forme di elettroterapia stimolante; spesso, anche nelle stesse
review, gli autori non differenziano bene il tipo di NMES impiegata e risulta
difficile stabilire quale forma di ES (elettroterapia stimolante) sia la migliore.
Per tale motivo, per maggiore chiarezza abbiamo considerato studi con
grado di evidenza più basso che focalizzano l’attenzione su questo tipo di
elettroterapia, e che non creano confusione tra le varie forme di ES. Il
randomized trial di Selkowitz et al. del 2009 [22] considera 10 soggetti sani
che vengono sottoposti a correnti di Kotz a 2500 e 5000 Hz a livello del
quadricipite femorale. Gli autori hanno evidenziato l’utilità di tali correnti,
già ben note in passato, nell’aumento della forza muscolare, ma hanno
anche mostrato come sorprendentemente siano le correnti a frequenza più
bassa (2500 Hz e durata del ciclo di 400 μs) a sviluppare una forza
muscolare massima maggiore rispetto a quelle con frequenza più alta (5000
Hz e durata del ciclo di 200 μs). In tal modo, con l’uso di correnti alternate a
frequenza più bassa è possibile ottenere il massimo reclutamento muscolare
attraverso un’ampiezza minore di corrente, contrariamente a quello che
accadrebbe utilizzando frequenze e ampiezze maggiori. Il trial
randomizzato di Bellew et al. (2011) [23] ha confrontato quale, tra correnti
interferenziali (IFC), correnti russe e corrente pulsata bifasica modulata
fosse la migliore nell’incremento della forza muscolare ed ha riportato dei
risultati del tutto sorprendenti. In questo studio, infatti, è stato visto come le
IFC e le correnti pulsate bifasiche modulate siano le forme di corrente più
efficaci nell’incremento della forza muscolare rispetto alle correnti russe
utilizzate già da molto tempo nei trattamenti riabilitativi con NMES. Gli
autori commentano le loro scoperte affermando che, a differenza delle
correnti russe, le altre forme di elettroterapia impiegano frequenze, duty
cycle (rapporto tra durata attiva del segnale elettrico e durata totale del
segnale elettrico), durata degli impulsi nettamente minori e sarebbero
proprio questi aspetti a influenzare il reclutamento della forza muscolare
permettendo di ottenere risultati migliori con l’uso di IFC e correnti pulsate
bifasiche modulate. Lo studio in cross-over di Bellew et al. del 2013 [24] fa
un’ulteriore precisazione sull’uso delle correnti pulsate modulate bifasiche
nella stimolazione muscolare: in particolar modo, l’autore fa un breve
226 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

confronto tra le correnti a bassa e quelle a media frequenza affermando che


le correnti a bassa frequenza (1000 Hz) siano più efficaci di quelle a media
frequenza (2273 Hz) nella stimolazione della forza di contrazione muscolare
massimale.
In letteratura le evidenze sull’impiego delle micro-correnti (MENS) sono
abbastanza scarse. Una sola systematic review e meta-analisi, che segue i
criteri del Prisma statement, quella di Sussmilch et al. 2012 [25] contiene una
debole evidenza sulle micro-correnti (MENS) nei pazienti con tendinopatia
d’Achille. Solo con l’associazione di esercizio terapeutico, tali terapie
possono portare alla riduzione del dolore sino a 52 settimane di trattamento
con l’uso di correnti ad onda quadra a 40 μA d’intensità. Un RCT molto
recente di Know et al. (2017) [26] ha evidenziato come le micro-correnti
possono favorire l’aumento della forza e il miglioramento del reclutamento
muscolare durante il movimento. Lo studio, condotto su soggetti anziani, ha
ben mostrato che l’applicazione di micro-correnti per 40 minuti può favorire
l’aumento della forza massima di presa, ma con risultati elettromiografici
che documentano un ridotto numero di reclutamento delle fibre muscolari.
In realtà il fatto che ci sia un reclutamento minore delle fibre muscolari, ma
con aumento della forza di presa, sembra dimostrare che con l’uso delle
MENS, i gruppi muscolari trattati diventino più efficaci nel reclutamento
delle fibre: ovvero si avrebbe lo sviluppo di una forza maggiore reclutando
però solo poche fibre muscolari. Lo studio quindi conferma che l’uso di
micro-correnti (MENS) può aumentare la funzione muscolare nella
popolazione più anziana nel breve termine. La Cochrane di Page et al. [27]
afferma, invece, che le MENS non apportano beneficio nei pazienti con
sindrome da impigment sottoacromiale, anche se con livello di evidenza
basso (30-40 ms, 10 Hz, impulso di 50 ms, durata di 20 min / seduta, a livello
della spalla). Sono però necessari ulteriori studi per gli effetti a lungo
termine di questa metodica di elettroterapia.
Riguardo la Ionoforesi troviamo alcune evidenze: la review di Farr et al. [28]
considera la ionoforesi come una possibile terapia da considerare dopo
intervento di protesi di ginocchio nella gestione del dolore post-operatorio.
Due revisioni Cochrane di Page et al. [27, 29] riportano, invece, delle
evidenze del tutto incerte riguardo l’uso della ionoforesi nelle capsulite
adesiva e nella tendinopatia calcifica di spalla nella gestione del dolore e del
movimento, a causa della scarsa qualità degli studi coinvolti. Anche la
revisione Cochrane di Kroeling et al. [30] sull’elettroterapia applicata per il
dolore cervicale, considera un solo studio sulla Ionoforesi che non riporta
benefici. Infine, la review di Huisstede del 2017 [31], considera un solo
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 227

studio sulla Ionoforesi e non fornisce una forte raccomandazione nel


trattamento della sindrome del tunnel carpale [30]. Logan et al. in una
review del 2017 [32] ha mostrato come la Ionoforesi sia utile nel trattamento
a breve termine nelle patologie ortopediche che non necessitano di
intervento chirurgico, come epicondilite e fascite plantare, ma non ne
supportano l’uso nel lungo termine.
L’elettroterapia ad alto voltaggio (HVPC) viene utilizzata soprattutto per la
guarigione delle ferite e delle ulcere. Il meccanismo che favorisce la
guarigione dei tessuti non è ancora del tutto chiaro, ma a tal proposito sono
state avanzate delle ipotesi, tra cui il passaggio di cariche all’interno di
tessuti dotati di una loro polarità che favorirebbe la guarigione, l’elettrotassi
dei macrofagi, neutrofili e fibroblasti con conseguente attivazione di ATP e
produzione di nuovo DNA, stimolazione dei fibroblasti nella produzione di
collagene, incremento del flusso sanguigno e della densità capillare [33]. A
tal riguardo la review di Polak et al. (2013) [33] mostra come l’HVPC
favorisca la guarigione delle ulcere in stadio IV e velocizzi il processo di
chiusura delle ulcere da pressione in pazienti mielolesi. L’uso del catodo
come elettrodo di trattamento promuove in misura maggiore la crescita del
tessuto di granulazione. Quando è applicata per un periodo di tempo
compreso tra le 2,30 e 7 ore è in grado di promuovere anche la guarigione
delle ulcere croniche [33]. L’elettrodo positivo (anodo) come elettrodo
terapeutico favorisce la fase infiammatoria del processo di guarigione
permettendo la fagocitosi e l’autolisi, mentre l’uso dell’elettrodo negativo
(catodo) come elettrodo terapeutico, stimolando la crescita del tessuto di
granulazione e il processo di epitelizzazione, è utile nel trattamento di
infezioni e infiammazioni [33].
Tra le forme di elettroterapia a scopo antalgico, le maggiori evidenze si
trovano soprattutto per la TENS e in misura minore per gli altri tipi di
elettroterapia. La TENS è raccomandata dalle LG COLORADO (Colorado
Division of Worker’s Compensation) [34] nel Low Back Pain acuto e
subacuto e da quelle toscane (ISS-Istituto Superiore di Sanità-Regione
Toscana, 2015) [35] nel Low Back Pain cronico e associato a radicolopatia.
Troviamo anche la raccomandazione per la cervicalgia acuta e cronica (C) da
parte delle LG SIMFER (Società Italiana Medicina Fisica e Riabilitativa) [36].
Le LG ESCEO (European Society for Clinical and Economie Aspects of
Osteoporosis and Osteoarthritis) [37] e NHMRC (National Health and
Medical Research Council) [38] raccomandano questa terapia per il dolore al
ginocchio da osteoartrosi. È, inoltre, raccomandata dalle LG EBRSR [14], VA
/ DoD [15] ed AHA / ASA [12] per il trattamento del dolore nei pazienti con
stroke (B). Le LG ACS (American Cancer Society) [39] ne raccomandano
228 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

l’uso anche per la gestione del dolore in pazienti sottoposte a chirurgia


mammaria del seno. Una revisione Cochrane molto recente (Gibson et al.
2017) [40] ha trattato l’impiego della TENS confrontandola con altri
interventi terapeutici nella gestione del dolore neuropatico di diversa
eziologia: neuropatia diabetica, neuropatia correlata a tumori, neuropatia
correlata a HIV, arto fantasma, nevralgia post-herpetica, neuropatia post-
stroke, dolore neuropatico post-traumatico o post-intervento. Rispetto alla
laser-terapia, lo studio ha messo in luce come il laser sia più efficace della
TENS nel trattamento a breve termine in pazienti con sindrome del tunnel
carpale (evidenza di qualità molto bassa) [40]. I risultati migliori per tale
patologia si otterrebbero con l’uso di IFC. Vi è un livello di evidenza di
qualità molto basso che afferma che la PENS (Percutaneous Electrical Nerve
Stimulation) può essere migliore rispetto alla TENS nel trattamento del
dolore in pazienti con radicolopatia [40]. È stato indagato anche il confronto
tra TENS e terapia farmacologica in pazienti con nevralgia post-erpetica ed è
emersa una scarsa evidenza sull’efficacia dell’elettroterapia nel
miglioramento della sintomatologia dolorosa. Tale revisione, in merito alla
neuropatia diabetica e il dolore radicolare gli autori non giungono a delle
conclusioni esaustive vista la bassa qualità metodologica degli studi
coinvolti. Infine, nella sindrome dell’arto fantasma un’evidenza molto bassa
dichiara che la mirror therapy non sia poi tanto efficace nella gestione
dolorosa del moncone quanto l’uso della TENS [40]. Tale revisione Cochrane
presenta un livello di qualità molto basso per stabilire con fermezza che la
TENS sia utile nel trattamento del dolore neuropatico. Le maggiori
limitazioni sono da ricercare nella bassa qualità metodologica degli studi
considerati (campione piccolo, bias di randomizzazione, scarsa omogeneità
dei pz e dei parametri impiegati) ed è fondamentale incentivare nuovi studi
che indaghino in questo campo. Riguardo il dolore acuto, la revisione
Cochrane del 2015 di Johnson et al. [41] ha indagato l’efficacia della TENS in
svariate condizioni cliniche di dolore acuto: LBP, angina, dolori
muscoloscheletrici, cefalea, fratture, dolore legato a pratiche chirurgiche. Dal
confronto dei vari studi inclusi è emerso che la TENS sia in grado di ridurre
l’intensità del dolore e garantire un miglioramento per più del 50% in
pazienti con: dolore orofaciale, dolore associato a malattia emofilica, dolore
post-intervento chirurgico, dolore associato a colonscopia [41]. I risultati
sono comunque limitati dall’eterogeneità. È stato anche notato che la TENS
risulta utile nella riduzione del dolore da contrazione uterina post-parto,
dolore associato a colonscopia, dolore da LBP in gravidanza e diversi dolori
ginecologici. Alcuni studi inclusi nella revisione Cochrane comparano anche
TENS ad alta e bassa frequenza senza e con tecnica simil-agopuntura: non vi
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 229

sono differenze tra le due metodiche di trattamento nella riduzione della


sintomatologia dolorosa, ma i migliori risultati si otterrebbero con l’uso di
TENS ad alta frequenza [41]. Dall’analisi interna si è messo in evidenza
come la riduzione del dolore fosse maggiore non tanto dopo il trattamento
con TENS, quanto piuttosto durante il trattamento stesso, quando il device è
in funzione. In conclusione, la TENS ha mostrato risultati migliori rispetto al
placebo nella gestione del dolore acuto in pazienti adulti. Sebbene tale
trattamento dovrebbe essere un’opzione importante da considerare nella
gestione del dolore acuto, rimane comunque argomento di dibattito, viste le
scarse evidenze presenti in letteratura; in ogni caso considerando la sua
sicurezza, il basso costo, la possibilità di auto-somministrazione anche a
domicilio del paziente e la sua facile reperibilità, rimane tutt’ora un’utile
terapia fisica contro il dolore. La revisione Cochrane di Page et al. [27]
riporta l’efficacia sul dolore della TENS nella sindrome da impigment
sottoacromiale con livello di evidenza molto basso (3 Hz, 250 μs, 30 min). La
TENS ha trovato impiego anche nella gestione del dolore in pazienti
amputati, tanto da esser raccomandata dalle LG DUTCH (Netherland
Society of Physical and Rehabilitation) [42]. Nel trattamento del dolore, non
solo la TENS, ma anche altri tipi di elettroterapia possono essere utili, quali
le correnti interferenziali (IFC). Solo le LG EBRSR [13] le raccomandano nel
dolore della spalla emiplegica e per i disturbi di equilibrio ed atassia (B). A
tal riguardo, una recente review (Zeng et al.) [43] ha confrontato diverse
elettroterapie nella gestione del dolore nei pazienti con gonartrosi. Le IFC
hanno mostrato garantire un’ottima risoluzione del dolore, anche a lungo
termine, rispetto alle altre forme di terapia antalgica; inoltre è emerso che le
IFC sarebbero superiori a L-TENS, H-TENS, e NMES nella riduzione del
dolore [43]. Nello studio, l’H-Tens (TENS ad alta frequenza) dimostra
migliori risultati nella gestione del dolore rispetto alla L-Tens (TENS a bassa
frequenza). Sebbene, le raccomandazioni su H-Tens e L-Tens siano incerte,
nessun tipo di elettroterapia analizzata appare dannosa per il paziente [43].
L’evidenza è comunque limitata dal piccolo numero di studi inclusi e
dall’eterogeneità statistica dei risultati. Uno studio molto interessante basato
sull’evidenza della migliore elettroterapia riguardo la gestione del dolore in
pazienti con LBP è lo studio comparativo di Rajfur et al. del 2016 [44] che
confronta diverse elettroterapie tra cui: TENS con tecnica tradizionale e con
tecnica simil-agopuntura, elettroterapia ad alto voltaggio, correnti
interferenziali e correnti diadinamiche. Il dolore si riduce nettamente con
l’uso dell’elettroterapia, soprattutto è emerso che le correnti interferenziali
abbiano la miglior efficacia nella riduzione del dolore rispetto alla TENS e
all’elettroterapia ad alto voltaggio. Non vi sono differenze statisticamente
230 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

significative tra TENS, TENS con tecnica simil ago-puntura ed elettroterapia


ad alto voltaggio [44]. Gli autori hanno notato che non solo vi è il
miglioramento della sintomatologia dolorosa, ma anche il miglioramento
della funzionalità e della disabilità. Le IFC, inoltre, permettono l’aumento
della mobilità della colonna lombare, così come migliori risultati ai test di
valutazione stabilometrica in riferimento all’equilibrio lombare. Le correnti
interferenziali risultano, quindi, il tipo di elettroterapia migliore nella
gestione del dolore in pazienti con LBP, in quanto sono in grado di
penetrare più in profondità, con mantenimento a lungo termine dell’effetto
antalgico e miglioramento della funzionalità rispetto all’elettroterapia ad
alto voltaggio e alla TENS. Scondo questo lavolo l’uso delle correnti
diadinamiche invece appare inutile nelle forme algiche degenerative della
colonna lombare. Ovviamente, essendo questo studio comparativo, i
risultati trovati sono limitati da diversi bias e sono quindi necessarie
ulteriori ricerche riguardo l’applicazione delle elettroterapie nella pratica
clinica.

4.2.1.2. F.E.S. (Functional Electrical Stimulation)


La NMES può essere integrata all’interno di attività funzionali attraverso la
stimolazione della contrazione muscolare, rendendo funzionale un
determinato movimento in pazienti con limitazione delle capacità fisiche di
movimento. Uno degli usi più frequenti è rappresentato dalla F.E.S.
(Functional Electrical Stimulation) nei pazienti con stroke, soprattutto per
quanto riguarda il piede cadente o foot drop. Da diversi anni si è molto
diffusa la pratica di utilizzare dei dispositivi elettrici in sostituzione alle
tradizionali ortesi tipo AFO (ankle foot orthosis), per stimolare la
dorsiflessione durante la fase di swing del passo, oltre a garantire un miglior
input propriocettivo nel controllo posturale, ridurre l’atrofia da disuso e la
spasticità, e promuovere il flusso sanguigno [45]. Esistono devices di
stimolazione a singolo canale (i quali stimolando con elettrodi di superficie
il nervo peroniero comune, attivano i muscoli dorsiflessori di caviglia) e a
doppio o multiplo canale (con reclutamento di più gruppi muscolari,
compresi il quadricipite e gli hamstring). Nonostante gli svantaggi (difficoltà
nell’uso degli elettrodi e devices scomodi da indossare) la letteratura ci ha
mostrato come la F.E.S. abbia notevoli vantaggi rispetto ai vecchi tutori
AFO, quali il fatto che gli stessi pazienti riportino un maggior grado di
soddisfazione rd un miglioramento della qualità di vita. Sono comunque
necessari ulteriori studi che permettano di ottimizzare il timing d’inizio
d’uso di tali dispositivi e gli effetti maggiori a livello funzionale [45]. La
F.E.S. è raccomandata dalle LG AHA / ASA, SPREAD e VA / DoD [12,13,15].
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 231

Più in particolare, la review di Dunning et al. (2015) [46] pone l’attenzione


sull’utilizzo della F.E.S. che permette, attraverso la stimolazione nervosa, la
flessione dorsale del piede durante la fase di swing del ciclo del passo,
grazie all’uso di un dispositivo con elettrodi di superficie a singolo canale
applicato direttamente sulla cute della zona da stimolare. Lo studio ha
mostrato l’aumento della velocità del passo nei pazienti che utilizzano la
F.E.S., così come di altri outcome quali il Time UP and Go, il six Minute
Walking Test, ecc. L’utilizzo dei dispositivi tipo F.E.S. dovrebbe coprire
almeno un arco di tempo pari a 42 settimane, per garantire dei benefici sul
ciclo del passo [46]. Ci sarebbero dei risultati migliori soprattutto per quei
pazienti che iniziano precocemente il traning con la F.E.S. rispetto a quelli
che la iniziano successivamente all’evento ictale. I tutori AFO sono più
scomodi per i pazienti con piede cadente e la percentuale di abbandono è
maggiore rispetto a quelli che fanno uso di F.E.S. [46]. All’interno della
review vi è uno studio che considera anche pazienti con spasticità dei
flessori plantari di caviglia: lo studio ha mostrato come l’uso di dispositivi
elettrici sarebbe di aiuto nella riduzione della spasticità, anche se, per
validare meglio questo aspetto sono necessari ulteriori studi [46]. Tra i
risultati ci sarebbero anche le migliori capacità nel superamento di ostacoli
durante la deambulazione in pazienti che impiegano la F.E.S.; tra gli effetti
indesiderati ci sarebbero una quota più alta di irritazione cutanea che può
essere prevenuta con l’impiego di elettrodi in tessuto [46]. Il rischio di
caduta, inoltre, si riduce nel gruppo di pazienti che usano la F.E.S. in
aggiunta ad un adeguato programma di fisiochinesiterapia, rispetto ai
pazienti che usano tutori AFO [46]. Gli autori sono comunque molto cauti
nel trarre conclusioni, in quanto in tutti gli studi analizzati oltre al
trattamento preso in esame, i pazienti eseguono anche sedute di fisioterapia,
inoltre isolare completamente il beneficio dovuto al solo tutore o alla sola
F.E.S. non è affatto semplice, e sebbene siano stati trovati importanti
risultati, persistono ancora numerosi dubbi, come ad esempio quale sia il
miglior timing d’inizio dell’utilizzo della F.E.S. La review di Chester Ho et
al. [47] riporta diverse applicazioni della F.E.S. nei pazienti con lesione
midollare. L’applicazione di tale terapia ai muscoli dell’arto superiore, sia
con elettrodi superficiali che impiantabili, favorisce l’attività del grasping e
del reaching, con aumento della forza muscolare, riduzione delle
contratture, miglioramento della vascolarizzazione e della vitalità dei tessuti
trattati e conseguente miglioramento nell’esecuzione delle attività di vita
quotidiana (AVQ) [47]. In tali pazienti, la F.E.S. può essere impiegata anche
per favorire il mantenimento della stazione eretta con elettrodi impiantati
stimolanti i muscoli vasto laterale, vasto mediale, hamstring, glutei ed
232 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

erettore spinale lombare; inoltre, è utile nei programmi di training del passo
in pazienti con lesioni midollari incomplete, nei quali migliora la forza
muscolare, la velocità e la lunghezza del passo [47]. L’applicazione di
elettrodi ai muscoli di tronco ed anca favorisce il controllo della postura,
aiuta a normalizzare l’allineamento vertebrale, migliora la ventilazione ed i
volumi respiratori; la stimolazione favorisce anche i trasferimenti a letto o in
carrozzina quando è applicata ai muscoli della core stability, con elettrodi
superficiali o impiantabili, fornendo maggiore stabilità e controllo posturale
[47]. Un’altra importante applicazione nei pazienti con lesione midollare è
rappresentata dalla vescica neurologica. La F.E.S. favorisce la minzione
stimolando la contrazione del muscolo destrusore e inibendo quella dello
sfintere uretrale, mentre nel caso di incontinenza, inibisce la contrazione del
muscolo destrusore. La tecnica di Brindley è quella maggiormente utilizzata
e prevede la contrazione del destrusore attraverso la stimolazione delle fibre
motorie sacrali in burst ripetuti, ciò consente di stimolare
contemporaneamente sia il destrusore che il muscolo sfinteriale, ma mentre
dopo ogni burst il muscolo sfinteriale si rilascia immediatamente, il
destrusore si rilascia più lentamente in modo tale da creare un gradiente di
pressione che favorisce il deflusso di urina e lo svuotamento vescicale [47].
Questo approccio presenta il limite di dover essere eseguito previa
rizotomia delle radici spinali dorsali. Oggi si sta diffondendo l’uso della
stimolazione sensitiva dei nervi genitali mediante protesi che inibiscono
l’attività vescicale e favoriscono la continenza, molto utili per il trattamento
a breve termine [47]. Altre opzioni di trattamento per la continenza vescicale
prevedono la stimolazione dei nervi pudendi e delle radici sacrali [47]. La
F.E.S. ha trovato notevole impiego anche nella popolazione pediatrica per il
trattamento di diverse patologie neurologiche. La review di Bosque et al.
[48], riguardo l’utilizzo di elettroterapia nelle patologie neurologiche
pediatriche, riporta per ogni studio considerato anche lo specifico livello di
evidenza. Lo studio evidenzia l’efficacia della F.E.S. nei bambini e negli
adolescenti con lesioni midollari: l’applicazione di elettrodi ai muscoli
hamstring, plantarflessori, quadricipite e glutei (60 min, 3 volte a settimana,
per 6 mesi) tramite F.E.S. con cicloergometro permette aumento della forza e
del trofismo muscolare (evidenza 2b). Anche i bambini con paralisi cerebrali
infantili (PCI), mielomeningocele e traumi cranici ne possono trovare
giovamento con aumento non solo della forza muscolare, ma anche
miglioramento del pattern posturale (30-60 min; 3-5 volte / settimana; 4-6
mesi) [48]. Riguardo la alterazioni del ciclo del passo, l’uso della F.E.S. nei
bambini con PCI, per 8 settimane dopo 2 settimane di NMES, ha mostrato
un miglioramento dell’angolo di dorsiflessione di caviglia durante la fase di
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 233

swing e riduzione della flessione del ginocchio durante la fase di stance del
ciclo del passo con conseguente riduzione del footdrop (evidenza 2b) [48].
Non vi sono, invece, miglioramenti riguardo la velocità del passo [48]. Gli
autori raccomandano l’uso di tale trattamento nei bambini con PCI, ma con
parziali abilità deambulatorie per un tempo di circa 6 ore al giorno per 3
settimane. L’elettroterapia funzionale ha apportato giovamento anche nel
decondizionamento dei bambini con lesioni midollari con aumento
dell’uptake di ossigeno quando utilizzata per 60 minuti, 3 volte a settimana
per 6 mesi (evidenza 1b); inoltre, in questi pazienti è stato notato anche un
aumento della densità minerale ossea (evidenza 1b).
234 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Tabella 4.3. Sintesi degli studi sull’Elettroterapia.


LIVELLO DI
STUDI PATOLOGIA EVIDENZA PARAMETRI RISULTATI
(quando
indicato)
Elettrodi posizionati Aumento del
su sovraspinato e ROM e forza
delt.post; corrente muscolare;
pulsata bifasica riduce il
Spalla simm. / asimm.; 30- dolore; aiuta a
emiplegica 35 Hz; durat impulsi: prevenire la
250-300 μs; 2-4 h/die comparsa di
per 4-6 sett. rapporto sub-
ON:OFF prima 10:15 lussazione.
s, poi 30:2 s.
Elettrodi posti su Aumento
origine tendine della forza e
muscolo ECP e del ROM;
porzione centrale di riduce la
avambraccio; gomito spaticità;
posto a 90° ed aumento att.
Sinergie arto
Neuromuscular avambraccio corticale e
superiore
Electrical pronato; corrente funzione.
Stimulation for pulsata asimm. bif.;
Treatment of Muscle 30-40 Hz; durata
Impairment: Critical impulso 200-300 μs;
Review and rapporto ON:OFF
Recommendations 10:30-60 s; 30 min/die
for Clinical Practice per 5 giorni/sett. per
(Nussbaum et al., 4-8 sett. (> 8 sett. se
2017). stroke > 6 sett.)
Elettrodi posti su Migliora la
NPC o punto motore dorsiflessione
del TA; corrente della caviglia;
pulsata bifasica; 30- riduce la
50Hz; durata stimolo spasticità;
300μs; rapporto migliora la
Foot drop
ON:OFF 5-10:6-30 s; cinematica del
30 min/die per 5 passo e
die/sett, per 4-5 sett. l’equilibrio.

Elettrodi posti su RF
o sul punto motore
del quadricipite; Riduce
ginocchio flesso a l’atrofia, il
Legamento 65°; corrente alt. bif. dolore;
crociato (30-50 Hz) o corrente aumento forza
anteriore modulata (2500 Hz); muscolare e
durata impulso 250- performance
400 μs; rapporto funzionale.
ON:OFF 6-10:12-50 s;
3 die/sett. per 4-6
sett.
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 235

Elettrodi posti su RF Aiuta il


o VM; corrente reclutamento
pulsata bif., 30-50 Hz; muscolare;
durata impulso 250- riduce il
Sindrome 500 μs; rapporto dolore.
dolorosa ON:OFF 6-10:10-50s;
Patello-femorale 3 die/ sett. per 4-6
sett.

Elettrodi posti su RF Migliora la


o VM, VL; anca flessa forza
a 90° e ginocchio a muscolare;
60°-90°; corr. pulsata Riduce il
Neuromuscular bif.; 50 Hz; durata dolore; Aiuta
Electrical impulso 250-300 μs; la ripresa
Osteoartrosi del
Stimulation for rapporto ON:OFF funzionale.
ginocchio
Treatment of Muscle 10:50 s; 3 die/sett. per
Impairment: Critical 4-8 sett.
Review and
Recommendations Elettrodi posti su RF Aumenta
for Clinical Practice e VM; ginocchio a forza
(Nussbaum et al., 60°-90°; corrente muscolare,
2017). puls. bif (50 Hz) o alt. velocità del
Protesi totale modul. (2500 Hz); passo e
d’anca e protesi durata impulso 250- performance
totale di 400 μs; rapporto funzionale;
ginocchio ON:OFF 5-10:8-80s; 3 limita la
die/sett. per 6 sett. o perdita di
1-2 h/die per 5 volume.
die/sett. per 6 sett.

Ginocchio a 30°-40° Migliora la


(TI), 90° (IC), 65°-90° funzione
(IR); correnti puls. respiratoria e
bif.; 50 Hz; durata cardiopolmon
impulso 300-400 μs; are; previene
rapporto ON:OFF 6- l’atrofia
TI, IR e IC
8:12-24 s (IR), 2-5:4- muscolare;
10 s (TI); 30-60 min, aumenta la
5-7 die/sett. per 6-8 performance
sett. ( IR), ogni funzionale.
giorno (TI), 5-7
die7sett. per 8-10 sett.
(IC).

Riduzione
della
Neuromuscular sintomatologi
electrical a dolorosa;
stimulation in the Osteoartrosi del D (evidenza 50 Hz. aumento della
treatment of knee ginocchio inconsistente) forza
osteoarthritis: a muscolare;
systematic review non migliora
and meta-analysis la peformance
(Giggins et al., 2012). funzionale.
236 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Neuromuscular Azione sul


electrical dolore; azione
stimulation (NMES) sul dolore nel
for patellofemoral breve termine;
pain syndrome Sindrome Livello di 15 minuti / die. nel lungo
(Review) patello-femorale evidenza D termine
(Martimbianco et al., azione su
2017). dolore e
funzione.
Neuromuscular
electrical
stimulation is
effective in
strengthening the Lesione Livello di Aumento
quadriceps muscle legamento evidenza I forza
crociato - muscolare.
after anterior
cruciate ligament anteriore
surgery (Hauger et
al., 2017).

Effects of electrical Non vi è


stimulation and conferma
stretching on the dell’azione
adaptation of protettrice
denervated skeletal Muscolo - - dell’elettrotera
muscle-implications denervato pia sull’atrofia
for physical therapy muscolare.
(Salvini et al., 2012).
Migliore
attivazione
contrazione
muscolare;
minor
intensità di
Optimizing Impulsi triangolari
attivazione
stimulation
per la
parameters in Muscolo -
contrazione
functional electrical denervato
Durata 200 ms muscolare
stimulation of
(rischio
denervated muscles:
minore di
a cross-sectional
ustione);
study (Pieber et al.,
elettrodo
2015).
negativo
(catodo) posto
nella zona
prossimale del
muscolo.
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 237

Effect of Burst
Modulated
Alternating Current 2500 Hz Le correnti
Carrier Frequency con frequenza
on Current Forza del 400μs più bassa
Amplitude Required Quadricipite appaiono
femorale in - migliori;
to Produce
Maximally Tolerated soggetti sani favoriscono il
5000 Hz
Electrically massimo
Stimulated reclutamento
200 μs
Quadriceps Femoris muscolare.
Knee Extension
Torque (Selkowitz
et al., 2009).
1000 Hz, durata Le correnti a
dell’impulso di 2,9 bassa
Muscle force μs, durata di fase di frequenza
production with low 400 ms e 15% di duty sono più
and medium Forza muscolare cycle efficaci di
frequency burst quelle a media
modulated biphasic - 2273 Hz, durata frequenza nel
pulsed currents dell’impulso di 1,22 rinforzo
(Bellew et al., 2013). μs, durata della fase muscolare.
di 120 μs, duty cycle
del 6%
MICRO-CORRENTI
Physical therapies Correnti ad onda Riduzione del
for Achilles quadra dolore, se
tendinopathy: Tendinopatia 40 μA associate ad
systematic review d’Achille 10 Hz esercizio
and meta-analysis - 30’ min/die per 14 terapeutico.
(Sussmillich et al., giorni
2012).
Short-term
microcurrent
electrical Corrente alternata, Aumento
neuromuscular rettangolare, della forza
stimulation to monofasica. muscolare
improve muscle (forza
Ipotrofia - 8 Hz. massima di
function in the
muscolare presa e forza
elderly A
senile 25 μA. generale).
randomized, double-
blinded, sham-
40 minuti.
controlled clinical
trial (Dong et al.,
2017).
Electrotherapymodal 30-40 ms; 10 Hz;
ities for rotator cuff Sindrome da - impulso di 50 s; Nessun
disease (Page et al., impigment durata di 20 beneficio.
2016). sottoacromiale min/seduta.
IONOFORESI
Evidence-Based
Approach of
Treatment Options - - Può essere
for Postoperative utile nel
Knee Pain (Farr et Artroprotesi di dolore post-
al., 2014). ginocchio intervento.
238 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Electrotherapy
modalities for Capsulite Nessun
adhesive capsulitis adesiva di - - beneficio.
(frozen shoulder) spalla
(Page et al., 2014).
Electrotherapymodal Tendinopatia - - Nessun
ities for rotator cuff calcifica di beneficio.
disease (Page et al., spalla
2016).
Electrotherapy for Cervicalgia - - Nessun
neck pain (Kroeling beneficio.
et al., 2013).

Carpal Tunnel
Syndrome:
Effectiveness of - -
Physical Therapy
and Electrophysical Sindrome del Scarso
Modalities. An Tunnel Carpale beneficio.
Updated Systematic
Review of
Randomized
Controlled Trials
(Huisstede et al.,
2017).
The Role of
Therapeutic
Modalities in Patologie - - Utile nel breve
Surgical and ortopediche termine, ma
Nonsurgical (epicondilite e non nel lungo
Management of fascite plantare) termine.
Orthopaedic Injuries
(Logan et al., 2017).
HVPC (high voltage pulsed-current)
Corrente monofasica Anodo:
con doppi picchi di favorisce fase
100 μs; intensità tale infiammatoria
High-Voltage Pulsed da essere percettibile del processo
Current Electrical Ulcere in dal paziente, ma al di di guarigione;
Stimulation in pazienti - sotto della soglia di Catodo:
Wound Treatment mielolesi attivazione favorisce la
(Polak et al., 2013). muscolare; granulazione e
100 picchi/sec; 50-60 l’epitelizazz.
min/die; 3-5 die/sett;
Elettrodo di ritorno
posto su cute sana a
10-20 cm dalla
lesione
TENS (Transcutaneus Electrical Nerve Stimulation)
Lieve efficacia
Transcutaneous solo su
electrical nerve Dolore Livello di - nevralgia
stimulation (TENS) neuropatico evidenza da post-
for neuropathic pain basso a molto herpetica,
in adults (Review) basso dolore arto
(Gibson et al., 2017). fantasma,
radicolopatie.
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 239

Efficacia su:
dolore oro-
facciale, post-
intervento,
post-parto,
Transcutaneous LBP in
electrical nerve gravidanza e
stimulation for acute Dolore acuto - - pratiche
pain (Review) ginecologiche
(Johnson et al., H-TENS
2015). migliore di L-
TENS. Effetti
maggiori
durante il
trattamento.
Electrotherapymodal Sindrome da Livello di 3 Hz; 250 μs; 30 Azione sul
ities for rotator cuff impigment evidenza molto minuti dolore.
disease (Page et al., sottoacromiale basso
2016).
IFC (Interferential frequency current)
Electrical
stimulation for pain Le IFC sono
relief in knee Osteartrosi del - - migliori
osteoarthritis: ginocchio rispetto ad H-
systematic review e L-TENS.
and network meta-
analysis (Zeng et al.,
2014).
IFC > TENS,
Corrente alternate HVPC,
100 μs correnti
Efficacy of Selected 400 Hz diadinamiche;
Electrical Therapies (1°generatore) 50-100 Aumento
on Chronic Low Hz (2° generatore) mobilità della
Back Pain: A Low Back Pain - 20 minuti 5 die / sett. colonna
Comparative 15 sedute per 3 lombare,
Clinical Pilot Study settimane equilibrio;
(Rajfur et al., 2016). Elettrodi posti sulla Riduzione del
zona lombare (linea dolore
AP) lombare.

F.E.S. (Functional Electrical Stimulation)


Migliora lo
Peroneal schema del
Stimulation for Foot Footdrop in - 42 settimane di passo e ne
Drop After Stroke A pazienti con trattamento aumenta la
Systematic Review stroke velocità;
(Dunning et al., Riduzione
2015). spasticità;
Minor rischio
di caduta.
240 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Favorisce il
grasping, la
stazione
eretta; utile
nel training
del passo
Functional Electrical (mielolesioni
Stimulation and Mielolesioni - - incomplete) e
Spinal Cord Injury nel
(Chester et al., 2014). mantenimento
della postura;
utile nella
gestione della
vescica
neurologica.

2b F.E.S. cicloergometro: Aumento


hamstring, della forza e
quadricipite e glutei, del trofismo
60 min, 3 volte/sett. muscolare.
per 6 mesi.

PCI,
Does therapeutic 30-60 min; 3-5 mielomeningo
electrical - volte/settimana; 4-6 cele e traumi
stimulation improve Patologie mesi cranici.
function in children neurologiche Alterata
with disabilities? A pediatriche deambulazion
comprehensive - 2 sett. di NMES+8 e: migliora il
literature review sett. di F.E.S. ciclo del
(Bosque et al., 2016). passo.

Lesioni
midollari: >
2b 60 minuti, 3 volte a uptake di
settimana per 6 mesi. ossigeno e
densità
minerale
ossea.
Tab. 4.3. Sintesi degli studi sull’Elettroterapia.ROM: range of motion; ECP: estensore
comune del polso; NPC: nervo peroniero comune; TA: tibiale anteriore; VM: vasto mediale; VL:
vasto laterale; TI: terapia intensiva; IC: insufficienza cardiaca; IR: insufficienza respiratoria; AP:
ascellare-posteriore; PCI: paralisi cerebrale infantile; NMES: neuromuscolar electrical
stimulation.

4.2.2. Buone pratiche cliniche sul trattamento riabilitativo con


campi magnetici
La magnetoterapia è definita come quella terapia fisica che si basa sull’uso
di campi magnetici a scopo terapeutico [7]. È bene ricordare come il campo
magnetico si generi quando un conduttore viene percorso da corrente
elettrica. Nell’ambito della medicina fisica e riabilitativa si utilizzano dei
dispositivi che producono campi magnetici a bassa frequenza, i quali sono
condizionati dall’intensità di corrente che attraversa il conduttore, dalle
caratteristiche del conduttore ed anche dalle caratteristiche del mezzo fisico
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 241

in cui si trova il conduttore. In natura esistono materie che hanno


comportamenti diversi nei confronti dei campi magnetici: vi sono, infatti,
strutture diamagnetiche, che non vengono attraversate dal flusso del campo
magnetico (mitocondri e nucleo), componenti paramagnetiche, permeabili al
campo magnetico (ossigeno, emoglobina, proteine, enzimi e radicali liberi) e
sostanze ferromagnetiche, con comportamento simile a quelle
paramagnetiche [49]. Sono proprio le sostanze paramagnetiche che
facendosi attraversare liberamente dal flusso del campo magnetico si
allineano secondo le linee vettoriali del campo. Inoltre, quando si espone un
tessuto biologico ad un campo magnetico variabile nel tempo, nello stesso
tessuto si genera un potenziale elettrico: tale effetto prende il nome di effetto
“magneto-elettrico” che è alla base delle reazioni biologiche dei campi
magnetici. Tra gli effetti magneto-elettrici ritroviamo l’orientamento
cellulare dei fibroblasti nella formazione del callo osseo in caso di frattura e
l’effetto piezoelettrico, il principale effetto che garantisce la rigenerazione
del tessuto in caso di fratture e l’aumento della densità ossea in caso di
osteoporosi [49]. La piezoelettricità dell’osso si basa sulla diversa polarità
che presentano le aree ossee sottoposte a compressione, cariche
negativamente, e quelle non sottoposte a compressione, cariche
positivamente. Il campo magnetico, generando una differenza di potenziale
all’interno del tessuto trattato, è in grado di creare un potenziale negativo
nell’area di frattura o nella sede di ritardo di consolidamento, permettendo
così l’apposizione di nuova matrice ossea, l’arrivo di ioni Ca+ e di fibroblasti
ottenendo la riparazione e la crescita del tessuto danneggiato [49]. Altri
effetti che i campi magnetici presentano sono dati dagli effetti “magneto-
meccanici”. Questi ultimi si riferiscono al tipo di orientamento di dipoli
magnetici ai lati della membrana cellulare. Infatti, le molecole che hanno un
momento magnetico sono sottoposte a modifiche dell’orientamento spaziale
facilitando così i diversi processi biologici alla base della sopravvivenza e
funzione cellulare (incontro recettore-ormone, enzima-substrato, ecc). Tra gli
effetti magneto-meccanici ci sarebbe anche il miglior utilizzo dell’ossigeno a
livello tissutale attraverso l’induzione di fenomeni ipossici e stimolo alla
capillarogenesi. Gli effetti termici generati dal campo magnetico sono effetti
secondari e generalmente trascurabili [49]. Per ciò che riguarda il tipo di
segnale elettrico impiegato nella magnetoterapia troviamo: il segnale
rettangolare (segnale pulsato di Bassett, di forma simil quadrata, di durata
di 380 μs e frequenza di 72 Hz) utile in campo ortopedico; il segnale simil-
sinusoidale (di durata pari a 10-20 ms e frequenza di 50-100 Hz) impiegato
maggiormente nel trattamento di patologie con localizzazione non ben
circoscritta come l’osteoporosi e l’algodistrofia [49]. Tutti i segnali possono
242 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

essere erogati con modalità continua o pulsata (Pulsed electromagnetic field-


PEMF). Tra i parametri che bisogna considerare quando si utilizza un
apparecchio di magnetoterapia troviamo la frequenza: in genere, le
frequenze basse (5-72 Hz) sono utilizzate a scopo stimolante, quelle alte
(300-700 Hz) a scopo antalgico. L’intensità è un altro parametro da
considerare e viene misurato in Tesla (T) o in Gauss (G). Per avere un effetto
sul dolore è necessario utilizzare una bassa intensità (20G), mentre per avere
effetti trofici sono necessarie intensità più alte (30G). Il duty cycle
rappresenta, invece, il tempo attivo del campo magnetico in rapporto alle
pause ed è inversamente proporzionale alla frequenza: più è bassa la
frequenza, più sarà alto il duty cycle e viceversa. Il tempo di trattamento
varia in base al tipo di patologia: nel caso di fratture o ritardi di
consolidamento il tempo può essere anche abbastanza lungo (8-10 ore),
mentre in caso di patologie dolorose bastano anche solo 30 minuti di
trattamento. Vi sono due metodiche di trattamento: con solenoide unico o
contrapposto. Nel caso di solenoide unico, si ha un campo magnetico esteso
lungo tutta la struttura del solenoide, molto utile nel trattamento di
patologie diffuse, quali osteoporosi o fratture (solenoide a tunnel) e il
solenoide a disco impiegato nel trattamento di patologie localizzate (ulcere).
La metodica a solenoide contrapposto si basa, invece, sull’uso di due bobine
contrapposte perfettamente parallele tra di loro che generano due campi
magnetici, i quali si concatenano tra di loro. Tale metodica è indicata
prevalentemente per il trattamento di lesioni ben orientate nello spazio
come ad esempio una frattura lineare. [7,49]. Le maggiori controindicazioni
alla magnetoterapia sono riportate in tabella 4.4. [49-50].

Tabella. 4.4. Controindicazioni al trattamento con magnetoterapia.


Controindicazioni Razionale / Note
Pace-maker ed altri devices elettrici. Rischio di interferenza con i dispositivi.
Neoplasie. Aumentato rischio di proliferazione cellulare.
Morbo di Paget. Aumento del metabolismo osseo.
Gravidanza. Rischio di alterazioni di crescita fetale.
Emorragie. Aumento di sanguinamento per
vasodilatazione.
Epifisi fertili. Possibile alterazione dello sviluppo
scheletrico se applicata in corrispondenza
delle epifisi fertili
Insufficienza vascolare locale e tessuti Può essere utilizzata, ma con cautela.
devitalizzati.
Tab. 4.4. Controindicazioni alla magnetoterapia [49-50].
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 243

Nella nostra ricerca sono stati inclusi 15 studi che rispettavano i criteri di
inclusione e di esclusione; in particolare 4 sono Cochrane review [52, 56, 67,
68], 6 sono review (di cui 2 sistematic review [53, 65], 1 meta-analisi [57] e 4
review [55, 62, 66]) e 5 sono RCT [59-61, 63, 64](Fig.2). Oltre a questi studi
all’interno della discussione sono inserite le eventuali raccomandazioni,
contenute nelle linee guida patologia-specifiche, relative al trattamento con
magnetoterapiaestrapolate dal precedente libro.
Studi identificati attraverso
ricerca nei principali database Studi identificati da
(357) altre fonti (0)

Studi dopo eliminazione


di duplicati (90)

Studi sottoposti a Studi esclusi dopo analisi


screening (90) di titolo ed abstract (65)

Full text esclusi a causa


Full text valutati per
di: studi in vitro,
l’eleggibilità (25)
outcome clinici non
riportati, studi non
recenti (10)
Studi inclusi nella
sintesi quantitativa (15)

Fig. 4.2. Flow chart studi analizzati per la magnetoterapia.

L’impiego dei campi magnetici in ambito riabilitativo è incentrato in


particolar modo nel trattamento di patologie ossee, come osteoporosi,
fratture ed artrosi (tab. 4.4.). Ciò è da ricondurre soprattutto all’effetto
piezoelettrico dei campi magnetici nei confronti del tessuto osseo. La
magnetoterapia, inoltre, avrebbe effetto anche sui condrociti stimolando la
sintesi di proteine cartilaginee come i proteoglicani, mostrando non solo un
effetto trofico, ma anche di potenziale prevenzione nei confronti della
progressione del processo degenerativo che caratterizza l’artrosi. In tal
modo l’uso di campi elettromagnetici può aiutare il medico fisiatra nella
gestione di tale patologia, sfruttando non solo gli effetti piezoelettrici, ma
anche quelli trofici ed antalgici. Le LG che raccomandano la magnetoterapia
sono in particolare le LG VA / DoD (VeteransAffairs / Department of
Defense) [51] per la gestione dell’artrosi (grado D). La revisione Cochrane di
Li et al. del 2013 [52] pone l’attenzione sull’uso dei campi elettromagnetici
244 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

nei pazienti con artrosi. In questo studio gli autori hanno incluso sia
l’elettroterapia, sia la terapia con campi magnetici (83 studi) nel trattamento
dell’artrosi. I migliori effetti che si ottengono sono rappresentati soprattutto
dalla riduzione del dolore, mentre non vi sono risultati statisticamente
significativi per quanto riguarda la performance funzionale, il
miglioramento della qualità di vita e la presenza di eventi avversi. I risultati
trovati hanno portato gli autori a sostenere la necessità di ulteriori studi che
sappiano stabilire adeguati parametri di trattamento per la gestione dei
pazienti con artrosi. I trial inclusi nella revisione Cochrane, che impiegano la
magnetoterapia, presentano un tempo totale di seduta che varia dai 30
minuti sino alle 2 ore di trattamento; alcuni studi impiegano forme di
magnetoterapia pulsata a bassa frequenza. Sul tema dell’efficacia della
magnetoterapia nell’artrosi troviamo anche la review del 2012 di Ryang et
al. [53], la quale considera 14 RCT che hanno analizzato l’impego dei campi
elettromagnetici pulsati (PEMF) in pazienti con gonartrosi. I risultati hanno
mostrato come questa terapia non sia più efficace del placebo nella gestione
del dolore. In realtà, quando si analizzano soltanto i trials di alta qualità, sia
il dolore, che la performance funzionale del ginocchio, migliorano a 4 e a 8
settimane dall’inizio del trattamento. Inoltre, si è visto che i trial che
rispettano i livelli di intensità della ICNIRP (International Commission on
Non-Ionizing Radiation Protection), che stabilisce che in caso di esposizione
a campi elettromagnetici, il valore dell’induzione magnetica non deve essere
superiore a 400 mT [54], mostrano avere maggior effetto sulla riduzione del
dolore. Tale revisione quindi sottolinea l’efficacia dei campi elettromagnetici
pulsati nel miglioramento della sintomatologia dolorosa e della performance
funzionale nel management dell’artrosi, ma evidenzia i suoi limiti
nell’assenza di protocolli omogenei tra gli studi analizzati e nella mancata
aderenza ai livelli dell’ICNIRP di alcuni trials.
La recente review di Zwoliǹska et al. [55] revisiona la letteratura recente
riguardo l’impiego dei campi magnetici nei pazienti con artrite reumatoide.
Gli autori riportano buoni risultati soprattutto per quanto riguarda la
riduzione del dolore, del gonfiore e della rigidità mattutina a livello
articolare, ma il limite principale della review è rappresentato dal fatto che
gran parte degli studi inclusi utilizzano parametri completamente differenti
tra di essi, ostacolando in questo modo la possibilità di ottenere risultati di
efficacia il più possibile omogenei.
La magnetoterapia trova impiego anche nel trattamento di pseudoartrosi e
ritardi di consolidamento e a tal proposito, è importante ricordarne
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 245

brevemente la differenza. Le pseudoartrosi si caratterizzano per


l’interruzione del processo di unione, mentre i ritardi di consolidamento
sono fratture che mostrano un processo molto lento di consolidamento, al di
fuori del tempo normalmente impiegato nel processo di consolidazione. Il
meccanismo d’azione dei campi elettromagnetici sulle fratture non è ancora
del tutto chiaro, anche se sono state avanzate delle ipotesi, come ad esempio
la stimolazione dei processi di angiogenesi e mineralizzazione ossea, la
sintesi di nuovo DNA da parte delle cellule e la stimolazione di osteoblasti
(le cellule produttrici di nuova matrice ossea). Vi è una revisione Cochrane
del 2011 di Griffin et al. [56] che pone lo sguardo su queste due
problematiche. Gli autori riportano come l’impiego dei campi
elettromagnetici possa essere utile nei ritardi di consolidamento e nelle
pseudoartrosi nelle ossa lunghe in pazienti adulti, ma l’evidenza rimane
molto bassa. Gli eventi avversi riportati (quali l’irritazione cutanea) non
sono affatto significativi e ciò permette di stabilire l’efficacia e la sicurezza di
tale trattamento. La mancata omogeneità dei protocolli di trattamento
impiegati, il campione piccolo e scarsamente rappresentativo degli studi,
così come la difficoltà nel definire l’avvenuto consolidamento della frattura,
frenano gli autori nel raccomandare fortemente l’uso dei campi
elettromagnetici nella gestione delle fratture non unite e nei ritardi di
consolidamento. La systematic review e meta-analisi di Hanneman et al.
(2014) [57], uno studio che si attiene ai criteri del Prisma statement,
considera 13 RCT che impiegano sia ultrasuoni a bassa intensità sia PEMF
nel trattamento di pazienti con ritardi di consolidamento osseo e
pseudoartrosi, sia dell’arto superiore che inferiore. Tra i due tipi di
trattamento non sono state trovate differenze, ma entrambe le metodiche
hanno dimostrato accelerare il tempo di guarigione mediante valutazione
radiografica della frattura, in particolar modo nelle fratture trattate
conservativamente. È stato notato che con queste terapie, il tempo di
guarigione viene ridotto di circa 27 giorni. Riguardo le fratture dell’arto
superiore il tempo massimo di consolidamento è ridotto di circa 20 giorni
grazie all’uso di PEMF e di ultrasuoni. Non vi è differenza tra tempo di
consolidamento di fratture diafisarie e metafisarie per i due trattamenti,
infatti entrambi sono risultati efficaci nel favorire il consolidamento, anche
se i risultati migliori si ottengono soprattutto nel trattamento di fratture
diafisarie dell’arto inferiore. Le diverse limitazioni della review, sono legate
all’uso di diversi parametri di trattamento, al fatto che non si possa stabilire
quanto i PEMF abbiano un ruolo maggiore rispetto agli US nel favorire la
246 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

guarigione e alle differenze nella valutazione radiografica di


consolidamento delle fratture, le quali influenzano notevolmente i risultati
ottenuti, frenando la completa validità nell’uso clinico delle due metodiche
di trattamento. Tuttavia, gli autori sono d’accordo nel suggerire l’impiego
dei PEMF e degli US a bassa frequenza nella gestione di fratture trattate
conservativamente dell’arto inferiore dove gli studi hanno mostrato le
migliori evidenze. Ulteriormente, Assiotis et al. hanno condotto uno studio
ed una revisione della letteratura nel 2012 [58] sull’uso dei PEMF nei ritardi
di consolidamento e pseudoartrosi di tibia. Secondo il protocollo di tale
studio i PEMF venivano applicati in corrispondenza del sito di frattura per
circa 3 ore al giorno, per un tempo massimo di 36 settimane e l’avvenuto
consolidamento era valutato radiograficamente. Dall’analisi dello studio è
emerso che l’impiego dei PEMF risulta efficace nel favorire il processo di
consolidamento della frattura ed è stato anche visto come, con l’aumento del
tempo di trattamento, la quota di fratture guarite aumenta notevolmente.
Osti et al. in un RCT del 2015 [59] ha studiato l’impiego dei PEMF in
pazienti sottoposti ad artroscopia del ginocchio con meniscectomia parziale
associata a microfratture. I pazienti coinvolti nello studio, dopo l’artroscopia
venivano sottoposti a PEMF (75 Hz e 1,5 mT) per 6 ore al giorno per 60
giorni. È stato notato che l’uso dei PEMF può aiutare il recupero non solo
clinico del singolo paziente, ma anche quello funzionale con ritorno
all’attività sportiva ai livelli precedenti l’intervento nel follow-up di lungo
termine. L’applicazione dei PEMF permetterebbe un effetto
antinfiammatorio con consolidamento osseo grazie alla ridotta produzione
di radicali liberi e stimolazione dell’attività degli osteoblasti. I campi
magnetici infatti andrebbero ad incrementare l’attività anabolica dei
condrociti con aumento della sintesi di matrice; allo stesso tempo limitano
l’effetto catabolico delle citochine infiammatorie e, mediando l’up-
regulation dei recettori di adenosina A2A, potenziano l’effetto
antinfiammatorio [59]. Nello studio di Osti et al è stato anche osservato che i
pazienti trattati con i PEMF presentavano a 5 anni di follow-up una
percentuale minore di alterazioni cartilaginee e questo fa supporre che tale
terapia sia utile anche per ritardare e ridurre i processi di alterazione
artrosica. Vi è un’interessante RCT del 2013 (Shi et al.) [60] che riporta
l’applicazione precoce dei PEMF per circa 8 ore al giorno nel trattamento dei
ritardi di consolidamento di fratture di ossa lunghe trattate chirurgicamente.
Gran parte dei clinici non inizia mai il trattamento con PEMF prima che ci
sia stata la diagnosi di ritardo di consolidazione di frattura, ovvero a partire
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 247

dai 6 mesi dall’evento acuto. In questo studio il trattamento inizia subito


dopo la diagnosi di ritardo di consolidamento, ovvero a circa 16 settimane e
non oltre i 6 mesi dalla frattura. Gli autori hanno riportato ottimi risultati
con una grande percentuale di soggetti che a circa 5 mesi dall’evento acuto
della frattura, iniziando precocemente il trattamento con PEMF (circa 16
settimane dal trauma) mostrano la formazione del callo osseo. Anche se i
meccanismi sottostanti alla formazione precoce del callo osseo già a partire
da poche settimane di trattamento non sono del tutto chiari, è consigliabile
iniziare il trattamento con PEMF sin da subito, a partire da circa 16
settimane dal trauma, potendo così garantire maggiormente la possibilità di
guarigione. Martinezet al. (2013) [61] ha condotto un altro interessante RCT
sull’impiego dei PEMF nelle fratture diafisarie di femore. Il trattamento è
somministrato un’ora al giorno a partire da 6 settimane dal trauma e
continua per 8 settimane. Anche in questo studio l’applicazione precoce ha
riportato buoni risultati con riduzione del tempo di consolidamento. Però a
circa 18 settimane dall’inizio del trattamento i risultati tra uso di PEMF e
gruppo placebo tornano del tutto uguali. Gli autori sono comunque
concordi nello stabilire l’efficacia dell’uso dei PEMF nel trattamento delle
fratture diafisarie di femore, cercando di iniziare la terapia il più
precocemente possibile, in modo tale da garantire un precoce ritorno alle
attività di vita quotidiana.
La magnetoterapia trova largo impiego anche nel trattamento
dell’osteoporosi grazie all’effetto piezoelettrico che ha sull’osso, tale da
garantire la concentrazione di ioni calcio (cariche positive) nelle aree
caratterizzate da fenomeni di rarefazione ossea. A tal proposito, la recente
review di Zhu et al. (2017) [62] concentra l’attenzione sull’uso dei PEMF
nelle donne con osteoporosi in post-menopausa. I trial inclusi nella review
mostrano aumento del BMD nei primi mesi di trattamento, che si riduce
nettamente dopo circa 7-9 mesi tornando ai valori inziali. È stato osservato
come i campi-elettromagnetici mostrino risultati simili alla terapia con
alendronato a circa 24 settimane. I PEMF hanno anche mostrato avere
un’azione sui biomarkers del turnover osseo (60 minuti al giorno, 3 volte a
settimana per 3 mesi): infatti, biomarkers associati a formazione ossea come
osteocalcina e propeptide carbossi-terminale del collagene di tipo I
aumentano; parametri quali 15 Hz e 2 mT per 8 settimane di trattamento,
permettono di mantenere livelli adeguati di fosfatasi alcalina osseo specifica
e ridotti livelli di telopeptide C-terminale del collagene (prodotto di
degradazione del collagene, indice di riassorbimento osseo). Lo studio ha
248 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

riportato anche buoni risultati nella performance funzionale: i pazienti


sottoposti a PEMF mostrano aumento della velocità e della lunghezza del
passo, così come miglioramenti alle scale di valutazione della performance
motoria. È stato anche dimostrato che i campi elettromagnetici siano in
grado di agire sulle cellule osteoblastiche aumentandone l’attività e
permettendo i processi di proliferazione e differenziazione collegati alla
formazione di nuovo tessuto osseo, soprattutto con basse frequenze. Il
trattamento con PEMF ha ben documentato anche l’azione dei campi
magnetici sull’espressione genica con aumento dei fattori di trascrizione e
proteine di controllo del ciclo cellulare [62]. I PEMF possono ridurre
l’espressione di citochine pro-infiammatorie che appaiono notevolmente
aumentate nel periodo post-menopausa a causa della carenza di estrogeni,
riducendo in tal modo la loro attività nei confronti degli osteoclasti [62]. In
questo studio non vengono definiti con precisione i parametri di
trattamento, riportati solo con ampi range (0,2-75 Hz e 1,1 mT - 1 T) senza
tra l’altro definire un confronto tra le diverse forme dell’onda del segnale
elettrico utilizzato per generare il campo magnetico. Riguardo l’efficacia dei
PEMF nel trattamento di donne con osteoporosi nel periodo post-
menopausa, vi è anche un interessante RCT di Liu et al. del 2013 [63] che
mette a confronto il trattamento con PEMF e alendronato valutandone
l’effetto in termini di densità minerale osssea, livello ematico di Vitamina D
e forza muscolare. In tale studio è stato visto come non ci sia molta
differenza in termini di efficacia tra terapia con alendronato e PEMF sul
BMD (Bone Mineral Density-densità minerale ossea), sui livelli ematici di
vitamina D e sul miglioramento della forza muscolare (fattore importante
per prevenire il rischio di caduta e quindi anche di frattura) con
mantenimento dell’effetto per circa 19 settimane dopo interruzione del
trattamento. Secondo gli autori questo RCT ci fa capire che la terapia con
PEMF sembrerebbe efficace quanto quella con Alendronato nel trattamento
delle pazienti con osteoporosi post-menopausa. Elsisi et al. (2015) [64] ha
condotto un RCT confrontando PEMF ed esercizio fisico nella popolazione
anziana. È stato visto come i PEMF siano migliori rispetto all’esercizio fisico
nel trattamento dell’osteoporosi portando ad aumento della densità
minerale e del contenuto minerale osseo sia nel femore che nelle vertebre
lombari. Secondo gli autori, questi risultati positivi sarebbero imputabili non
esclusivamente all’effetto piezoelettrico, ma anche all’aumento della
vascolarizzazione, all’inibizione dei fenomeni di riassorbimento e allo
stimolo che la terapia avrebbe sugli osteoblasti.
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 249

La systematic review di Hug et al. (2011) [65] ha riportato scarse evidenze


sull’impiego dei PEMF whole body nelle patologie muscoloscheletriche: in
modo particolare riguardo la gestione del dolore (osteoartrosi e
fibromialgia) non vi sono evidenze che riportino miglioramenti, tranne per
la performance funzionale; la review ha investigato anche l’azione dei PEMF
sulla fatica in pazienti con sclerosi multipla riportando che vi è riduzione
della fatica dopo il trattamento con effetti anche a lungo termine, ma le
evidenze sono comunque di qualità molto bassa ed ulteriori studi sono
necessari a tal riguardo. Tra gli usi della magnetoterapia troviamo anche il
trattamento del dolore di diversa natura (reumatico, muscoloscheletrico,
low-back pain). La systematic review di Eccles et al. [66] ha valutato
l’efficacia d’impiego dei campi magnetici statici in diversi tipi di dolore, tra
cui il dolore artrosico, fibromialgico, LBP, cervicalgia, dolore neuropatico,
post-polio, da artrite reumatoide, dolore cronico di spalla, dismenorrea,
cefalea cronica, dolore pelvico, tunnel carpale, dolore da fascite plantare e
dolore post-chirurgico. I campi magnetici statici hanno mostrato buoni
risultati con miglioramento del dolore e della performance funzionale nel
trattamento di pazienti con gonartrosi; riduzione del dolore (applicazione 1-
2 giorni prima dell’arrivo del ciclo mestruale) in pazienti con dismenorrea;
miglioramento della sensazione di bruciore, formicolio ed intorpidimento in
pazienti con neuropatia periferica distale (device applicato direttamente
sotto al piede ed indossato per 24 ore per 4 mesi); il dolore si riduce anche
nei pazienti con neuropatia diabetica distale, con incremento della velocità
di conduzione nervosa e della funzione sensoriale e motoria; i PEMF
sembrerebbero ridurre il dolore articolare al ginocchio artrosico con
incremento della funzione fisica e della velocità del passo; miglioramento
del dolore al ginocchio in pazienti con artrite reumatoide; miglioramento del
dolore nei pazienti con fibromialgia a 3 e 6 mesi; risoluzione immediata del
dolore in pazienti con dolore lombare; riduzione del dolore pelvico cronico e
di dolore ed edema nei pazienti sottoposti a liposuzione (utilizzando
magneti statici in ceramica, il cui polo negativo è posto direttamente sopra la
cute dove è stato eseguito l’intervento di liposuzione); riduzione del dolore
in pazienti con LBP (utilizzando magneti statici in samario-cobalto applicati
direttamente nelle aree dolenti); miglioramento del dolore nei pazienti con
sindrome post-polio (posizionamento del device magnetico a livello della
zona dolente per circa 45 minuti). Risultati abbastanza scarsi si hanno,
invece, nel trattamento di patologie quali fascite plantare, sindrome del
tunnel carpale, traumi del polso, cervicalgia, dolore di spalla e cefalea
250 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

cronica [66]. Lo studio mostra un importante effetto dei campi magnetici sul
dolore di natura muscoloscheletrica, fibromialgico e neuropatico, ma il fatto
che non si conosca bene la profondità di penetrazione del campo all’interno
del tessuto target, così come la mancata uniformità nella distribuzione del
campo magnetico sulla cute del paziente e la conoscenza ancora incerta di
quale sia il miglior polo (positivo o negativo) da applicare sul tessuto per
ottenere gli effetti desiderati pongono l’attenzione su ricerche future
riguardo tali problematiche.
Ultimamente, i campi elettro-magnetici stanno trovando impiego anche nel
trattamento di patologie cutanee, tra cui ulcere e ferite. Aziz et al. (2015) ha
condotto due revisioni Cochrane sull’uso delle terapia elettromagnetica nel
trattamento di ulcere venose [67] e da pressione [68]. Come i campi elettro-
magnetici agiscano favorendo la riparazione del tessuto cutaneo non è
ancora molto chiaro, ma diverse ipotesi sono state avanzate come la
migrazione di cellule cariche positivamente nell’area danneggiata che
restaurino le giuste condizioni metaboliche per il mantenimento di un sano
micro-ambiente; i PEMF sono anche in grado di indurre un debole segnale
elettrico all’interno della membrana cellulare danneggiata, innescando una
serie di effetti quali il richiamo di macrofagi e fibroblasti con conseguente
riduzione dello stato infiammatorio della lesione cutanea e incremento della
deposizione di collagene e fibrina che garantiscono la riparazione [67-68]. I
pochi studi inclusi nella review riportano che la guarigione delle ulcere
venose è comunque maggiore con l’uso dei campi elettro-magnetici; vi sono
anche buoni risultati riguardo le modifiche delle dimensioni della ferita,
mentre non vi sono cambiamenti nel tempo totale di guarigione. Inoltre, con
i PEMF si può ottenere anche la riduzione del dolore associato alle ulcere
venose. Per le ulcere da pressione, meglio note come “piaghe da decubito”,
l’evidenza è abbastanza scarsa: i campi elettro-magnetici aiutano la
guarigione delle ulcere, ne riducono la dimensione, ma i bias riguardanti la
metodologia dello studio limitano fortemente gli autori nel validare con
certezza i risultati trovati.
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 251

Tab. 4.5. Sintesi degli studi sui campi magnetici.


STUDI PATOLOGIA LIVELLO DI PARAMETRI RISULTATI
EVIDENZA
Electromagnetic Osteoartrosi del Parametri diversi: Riduzione del dolore;
fields for treating ginocchio e Moderato 50G e 50Hz; 10- scarsi benefici sulla
osteoarthritis (Li et cervicale 25G e 10-15 Hz (in funzione.
al., 2013). fasi progressive);
30 min-2 ore.
Effects of pulsed
electromagnetic Miglioramento
field on knee Osteoartrosi del - - performance
osteoarthritis: a ginocchio funzionale e dolore
systematic review (ICNIRP*).
(Ryang et al., 2012).

The use of magnetic


fields in treatment
of patients with Riduzione dolore,
rheumatoid arthritis. Artrite reumatoide - - rigidità mattutina e
Review of the gonfiore.
literature
(Zwoliǹska et al.,
2016).

Electromagnetic
filed stimulation for
treating delayed Non raccomandato
union or non-union Fratture - - per ritardi di
of long bone consolidamento e
fractures in adults fratture non unite.
(Griffin et al., 2011).

The effects of
low‑intensity pulsed
ultrasound and
pulsed
electromagnetic Riduce il tempo di
fields bone growth Ritardo di consolidamento;
stimul. in acute consolidamento e - - risultati migliori
fractures: a fratture non unite nelle fratture
systematic review diafisarie arto
and meta‑analysis of inferiore.
randomized
controlled trials
(Hanneman et al.,
2014).
252 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Pulsed Favorisce il
electromagnetic consolidamento;
fields for the Ritardo di aumentando il tempo
treatment of tibial consolidamento e - PEMF; di trattamento
delayed unions and fratture non unite 3 ore/die; aumenta la
nonunions. A tibiali 36 settimane. possibilità di
prospective clinical consilidamento
study and review of (effetto
the literature antinfiammatorio).
(Assiotis et al., 2012).

Application of
pulsed Meniscectomia
electromagnetic parziale e PEMF.
fields after microfratture - 75 Hz; Miglioramento
microfractures to the 1,5 mT; clinico e funzionale.
knee: a mid‑term 6 ore/die;
study (Osti et al., 60 giorni.
2015).

Early application of
pulsed electro‑ L’inizio del
magnetic field in the trattamento a 16
treatment of Ritardo di settimane dall’evento
postoperative consolidamento di acuto aumenta la
delayed union of fratture di ossa - PEMF possibilità di
long‑bone fractures: lunghe 8 ore/die. consolidamento.
a prospective
randomized
controlled study
(Shi et al., 2013).

Electromagnetic 0,5-2 mT Riduzione del tempo


stimulation as 5-105 Hz con di consolidamento;
coadjuvant in the segnale Inizio precoce;
healing of Fratture diafisarie sinusoidale a bassa Dopo 18 settimane di
diaphyseal femoral di femore - frequenza; trattamento non vi è
fractures: a 1 ora/die differenza tra terapia
randomized 8 settimane. e placebo.
controlled trial
(Martinez et al.,
2013).

8 Hz 3,82 mT. Simile ad


alendronato a 24 sett.
100 Hz; 2,85 mT; 60 Azione su
Effectsof Pulsed min/die; 3 volte a biomarkers turnover
Electromagnetic Osteoporosi post‑ settimana per 3 osseo.
Fieldson Post‑ menopausa - mesi.
menopausal 15 Hz, 2 mT per 8 Adeguati livelli di
Osteoporosis (Zhu et settimane. fosfatasi alcalina e
al., 2017). ridotti livelli di
telopeptide C-
terminale.
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 253

Pulsed electro‑
magnetic fields for
postmenopausal
osteoporosis and
concomitant lumbar PEMF Uguale efficacia tra
osteoarthritis in Osteoporosi - 8 Hz PEMF ed
southwest China 3,82 mT alendronato sul
using proximal 40 minuti/die BMD, forza
femur bone mineral 6 settimane per un muscolare e livelli di
density as the totale di 30 sedute. Vitamina D.
primary endpoint:
study protocol for a
randomized
controlled trial (Liu
et al., 2013).

Electromagnetic
field versus circuit PEMF > all’esercizio
weight training on Osteoporosi - - fisico con aumento
bone mineral del BMD e contenuto
density in elderly minerale osseo.
women (Elsisi et al.,
2015).

Therapeutic Effects
of Whole‑ Patologie
BodyDevices muscoloscheletric Migliorata
Applying Pulsed he (osteoartrosi e - - performance
Electromagnetic fibromialgia) funzionale; scarsi
Fields (PEMF): A benefici su dolore.
Systematic
Literature Review
(Hung et al, 2011)
Dolore e
Trattamento del 850G per 6 ore al performance
dolore giorno. funzionale nella
gonartrosi.
2700G con Riduzione del dolore
applicazione 1-2 nelle pazienti con
giorni prima dismenorrea.
dell’arrivo del ciclo
mestruale.
A Critical Review of
450G con device Miglioramento
Randomized
che viene applicato sintomatologia nella
Controlled Trials of
direttamente sotto neuropatia distale.
Static Magnets for
al piede ed
Pain Relief (Eccles et
indossato per 24
al., 2005).
ore per 4 mesi).
Miglioramento della
475G 4 mesi di sintomatologia nella
trattamento. neuropatia diabetica.
Miglioramento del
1600G con 4 dischi dolore e performance
magnetici in ferro- funzionale funzione
neodimio-boro. del ginocchio
artrosico.
254 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Trattamento del 1900G e 190mT. Riduzione del dolore


Trattamento del 1900G e 190mT. Riduzione del dolore
dolore - da artrite
dolore - da artrite
reumatoide.
reumatoide.
3950G. Riduzione del dolore
3950G. Riduzione del dolore
nella fibromialgia.
nella fibromialgia.
2000 G a 200mT. Riduzione del dolore
2000 G a 200mT. Riduzione del dolore
lombare.
lombare.
500G 24 ore al Riduzione del dolore
500G 24 ore al Riduzione del dolore
giorno per 1 pelvico cronico.
giorno per 1 pelvico cronico.
settimana.
settimana.
150-400G per 14
150-400G per 14
gg, magneti statici Riduzione
gg, magneti statici Riduzione
in ceramica, polo dell’edema e del
in ceramica, polo dell’edema e del
negativo posto dolore da
negativo posto dolore da
direttam. sopra la liposuzione.
direttam. sopra la liposuzione.
cute dove è stato
cute dove è stato
eseguito l’interv. di
eseguito l’interv. di
liposuzione.
liposuzione.
1800G, 180mT, per Riduzione del dolore
1800G, 180mT, per Riduzione del dolore
3 settimane, nel low back pain.
3 settimane, nel low back pain.
magneti in cobalto-
magneti in cobalto-
samario.
samario.
300-500 G Riduzione del dolore
300-500 G Riduzione del dolore
45 min. nella sindrome post-
45 min. nella sindrome post-
polio.
polio.
Fascite plantare, s.
Fascite plantare, s.
Tunnel carpale,
Tunnel carpale,
- traumi del polso,
- traumi del polso,
cervicalgia, dolore di
cervicalgia, dolore di
spalla e cefalea
spalla e cefalea
cronica: scarsa
cronica: scarsa
efficacia.
efficacia.
Electromagnetic Efficacia scarsa nella
Electromagnetic Efficacia scarsa nella
therapy for treating Ulcere venose - - riduzione del dolore
therapy for treating Ulcere venose - - riduzione del dolore
venous leg ulcers e delle dimensioni
venous leg ulcers e delle dimensioni
(Aziz et al., 2015). dell’ulcera.
(Aziz et al., 2015). dell’ulcera.
Electromagnetic Efficacia scarsa sulla
Electromagnetic Efficacia scarsa sulla
therapy for treating Ulcere da guarigione e
therapy for treating Ulcere da guarigione e
pressure ulcers (Aziz pressione - - riduzione delle
pressure ulcers (Aziz pressione - - riduzione delle
et al., 2015). dimensione delle
et al., 2015). dimensione delle
ulcere.
ulcere.
Tab. 4.5. Sintesi degli studi sui campi magnetici; ICNIRP: International Commision on non-
Tab. 4.5. Sintesi degli studi sui campi magnetici; ICNIRP: International Commision on non-
ioninzing radiation protection; PEMF: Pulsed electromagnetic fields.
ioninzing radiation protection; PEMF: Pulsed electromagnetic fields.

4.2.3. Buone
4.2.3. pratiche
Buone cliniche
pratiche sulsul
cliniche trattamento riabilitativo
trattamento concon
riabilitativo
ipertermia
ipertermia
L’applicazione
L’applicazione di di
calore a scopo
calore a scopo terapeutico,
terapeutico, checheprende
prende il nome
il nome di di
termoterapia, è una delle modalità di trattamento più antiche ed utilizzate.
termoterapia, è una delle modalità di trattamento più antiche ed utilizzate.
Possiamo
Possiamodistinguere
distinguereduedue
forme
formedi di
termoterapia
termoterapia esogena
esogenaed ed
endogena.
endogena.
Viene definita termoterapia esogena l’applicazione di una
Viene definita termoterapia esogena l’applicazione di una fonte fonte di calore
di calore
dall’esterno. Tale trattamento determina lo sviluppo
dall’esterno. Tale trattamento determina lo sviluppo di calore di calore sulla
sulla
superficie cutanea e per una profondità di circa 0,5-1 cm. La termoterapia
superficie cutanea e per una profondità di circa 0,5-1 cm. La termoterapia
endogena,
endogena,invece, permette
invece, lo sviluppo
permette lo sviluppo di calore direttamente
di calore direttamenteall’interno
all’interno
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 255

dell’area trattata, giungendo a profondità maggiori rispetto a quella


esogena. Infatti, per ottenere dei benefici a livello del tessuto target, è bene
considerare non solo la temperatura con la quale si vuole intervenire, ma
anche tenere ben presente la profondità alla quale si vuole indurre calore.
In medicina fisica e riabilitativa, l’ipertermia si può definire come
l’applicazione di calore a scopo terapeutico, con conseguente riscaldamento
in profondità, a differenza di altre metodiche di riscaldamento che
consentono un aumento di temperatura solo nelle aree superficiali dei
tessuti. I benefici dell’ipertermia sono determinati dalla temperatura
raggiunta nel tessuto target; questa temperatura ha un range normalmente
compreso tra 41° e 45°C, in quanto è proprio in questo range che si ottiene il
massimo incremento del flusso locale di sangue, aumento del catabolismo e
rimozione dei cataboliti [49].
Rispetto alle altre forme di termoterapia, l’ipertermia computerizzata e
termostatizzata permette un preciso controllo della temperatura indotta nel
tessuto ad una determinata profondità, il mantenimento di una temperatura
stabile durante il trattamento e la riproducibilità dei parametri di
trattamento. Solo recentemente è stata introdotta, nella pratica clinica,
l’ipertermia a 434 MHz che ha mostrato buoni risultati, attraverso la
riduzione del dolore, soprattutto nel trattamento di patologie muscolo-
scheletriche [49]. Questa terapia fisica strumentale, che si avvale dell’utilizzo
di micro-onde (434 MHz impiegate in Europa, 915 MHz negli USA) per
riscaldare in profondità, è composta da un circuito idraulico con acqua
termostatizzata con un applicatore (bolus) che viene posto a contatto con la
cute, di un termometro a termocoppia e di un sistema computerizzato che
permette, non solo di impostare i parametri di trattamento, ma anche di
mantenere costante la temperatura all’interno del tessuto [49]. La grande
differenza con le altre forme di termoterapia, è che l’ipertermia attraverso la
sorgente endogena garantisce il riscaldamento dei tessuti profondi evitando
un eccessivo riscaldamento superficiale grazie alla sorgente esogena
raffreddante. I parametri di trattamento che vanno considerati sono: la
potenza della sorgente endogena, espressa in Watt e che generalmente varia
tra i 15-70 W; la temperatura del bolus, corrispondente alla temperatura
della sorgente esogena; la temperatura della cute, indicante la temperatura
indotta dal sistema a micro-onde; il delta termico, ovvero la differenza
termica tra cute e bolus (più è elevato questo valore e maggiore è la
profondità di riscaldamento) [49]. L’effetto terapeutico è dato
principalmente dal processo di vasodilatazione, con aumento dell’afflusso di
sangue (con apporto di nutrienti quali l’ossigeno), effetto wash-out, aumento
256 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

del metabolismo cellulare e induzione di heat shock protein (HsP), le quali


sarebbero in grado di proteggere il muscolo da ulteriori danni. Infatti,
l’incremento di queste proteine aumenta i processi di sintesi proteica e
riduce quelli di degradazione [7, 49]. Le controindicazioni sono riportate
nella tabella 4.6. [8-9].

Tabella 4.6. Controindicazioni al trattamento con termoterapia.


Controindicazioni Razionale / Note
Sopra aree corporee dove la sensazione del Rischio di sovradosaggio, ustioni.
calore è alterata.
Su impianti metallici. Rischio di surriscaldamento dell’impianto.
Su impianti in materiale plastico. Rischio di surriscaldamento del materiale
impiantato.
Pazienti con impianti elettronici. Rischio di interferenza causato dal campo
elettromagnetico.
Area addominale, pelvica, lombare nelle Rischio di malformazioni uterine se la
donne in gravidanza. temperatura supera i 39°.
Sopra aree infiammate, edematose, Aumenta la risposta infiammatoria, rischio di
danneggiate, con alterata circolazione. necrosi. È consigliabile iniziare con una bassa
potenza in caso di edema severo.
Sopra le gonadi. Rischio di infertilità.
Su aree con alterata circolazione sanguigna. Il circolo sanguigno già compromesso non è
in grado di dissipare il calore.
Su aree infette e TBC. Aumenta il rischio di proliferazione batterica.
Non usare nei pazienti con febbre.
Pazienti obesi. Il grasso trattiene il calore.
Cute danneggiata, irritata, ferite aperte Aumento dell’infiammazione.
(eczema, ecc.).
Su aree di trombosi venosa attiva e Rischio di infiammare l’area trombotica.
tromboflebite.
Alterata sensibilità / compromissione Rischio di dolore ed ustione.
cognitiva.
Sul regione anteriore del collo e area Rischio non chiaramente noto.
toracica.
Tessuto recentemente sottoposto a Aumenta il rischio di proliferazione di
radioterapia. eventuali cellule neoplastiche.
Su aree emorragiche. Rischio di aumentato sanguinamento.
Su aree ischemiche. Rischio di necrosi legato all’inadeguata
reazione di termoregolazione per l’effetto
termale indotto.
Su neoplasie maligne. Rischio di promuovere la crescita tumorale
Sull’occhio. Rischio di danno oculare per l’aumentata
temperatura.
Su area pelvica e lombare nella fase Rischio di incremento del flusso.
mestruale del ciclo.
Tab. 4.6. Controindicazioni alla termoterapia [8-9].
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 257

Nella ricerca sono stati inclusi 18 articoli, di cui 1 revisione Cochrane [29], 4
systematic review [31, 73, 78, 84], 1 review [79], 8 RCT [69-70, 72, 75-76, 80-
81, 83], 2 studi comparativi [71, 74], un case-series [82], ed 1 lettera [77] (Fig.
4.3).

Studi identificati mediante


ricerca nei principali Studi identificati da
database (127) altre fonti (0)

Studi dopo eliminazione di


duplicati (46)

Studi esclusi dopo


Studi sottoposti a screening
analisi di titolo ed
(46)
abstract (18)

Full text valutati per Full text esclusi a causa


l’eleggibilità (28) di: studi in vitro,
outcome clinici non
riportati, studi non
Studi inclusi nella sintesi recenti (10)
qualitativa (18)

Fig. 4.3. Flow chart degli studi analizzati per la termoterapia.

Dall’analisi degli studi inclusi nella nostra ricerca appare evidente come
l’ipertermia trovi ampio utilizzo nel trattamento delle patologie muscolari
correlate ad attività sportiva. In particolare un RCT di Giombini et al. [69]
dimostra come l’ipertermia sia più efficace rispetto al trattamento con
ultrasuoni nella riduzione del dolore nei pazienti sportivi con tendinopatia
achillea e patellare. Nello specifico, è stato notato che l’applicazione di
ipertermia con frequenza di 434 MHz per 3 volte a settimana, per un mese
garantisce una migliore riduzione della sintomatologia dolorosa alla
palpazione manuale e alla contrazione muscolare in regime isometrico
rispetto agli ultrasuoni nel breve termine. L’effetto è dovuto non solo al
raggiungimento nel tessuto di una temperatura (42°-43°C) tale da
permettere, con il fenomeno della vasodilatazione, l’apporto di nuovi
nutrienti ed il wash-out dei cataboliti, ma anche dal mantenimento di un
certo valore di temperatura per un tempo di 30 minuti. Infatti, è stato
dimostrato che una seduta di 30 minuti sia in grado di garantire un effetto
biologico rilevante [69]. Un altro interessante RCT di Giombini et al. [70],
258 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

studio che si attiene ai criteri del CONSORT statement, confronta l’uso di


ipertermia, ultrasuoni ed esercizio terapeutico nella tendinopatia del
sovraspinoso negli atleti. Il protocollo di tale studio prevede l’applicazione
dell’ipertermia per 3 volte a settimana per 4 settimane. Lo studio conferma
l’efficacia dell’ipertermia nella tendinopatia del sovraspinoso dimostrando
riduzione del dolore e miglioramento del movimento nel breve termine.
Ichinoseki-Sekine et al. nel 2007 [71] ha condotto uno studio comparativo su
tale terapia, andando a misurare la temperatura raggiunta nel muscolo, gli
effetti ottenuti e la sicurezza d’impiego. Il valore massimo di temperatura
raggiunto pari a 45°C, non si associa a nessun tipo di danno, compreso un
eventuale aumento della creatinin-chinasi muscolare. Quando il
macchinario è ancora in funzione, è stato visto che, una volta raggiunto il
picco massimo di temperatura, questa si riduce gradualmente grazie
all’effetto wash-out del circolo sanguigno in modo tale da salvaguardare il
tessuto muscolare da un eccessivo riscaldamento. Lo studio, quindi mostra
come l’uso di ipertermia a 434 MHz sia in grado di favorire il riscaldamento
profondo dei tessuti muscolari, mantenendo la temperatura nel range
terapeutico (41°-45°C), senza causare effetti dannosi. Rabini et al. (2012) [72]
ha, invece, dimostrato che l’ipertermia mostra un’efficacia comparabile a
quella delle infiltrazioni articolari di corticosteroidi nella tendinopatia della
cuffia dei rotatori. Una systematic review del 2017 (Huisstede et al.) [31], sul
trattamento della sindrome del tunnel carpale attraverso diverse modalità
terapeutiche, riporta un unico trial sull’uso dell’ipertermia in tale patologia e
dimostra come questa terapia sia efficace nel miglioramento della
sintomatologia dolorosa con un moderato livello di evidenza.
Tra le forme di termoterapia endogena vi è anche quella con frequenza di
2,45 GHz e lunghezza d’onda dell’ordine di alcuni centimetri nota con il
nome di diatermia a micro-onde [49]. La profondità di penetrazione di
questa modalità terapeutica è tuttavia inferiore rispetto all’ipertermia a 434
MHz [49]. Una systematic review del 2016 (Haik et al.) [73], sull’efficacia di
tale terapia fisica nella sindrome da attrito sotto-acromiale, costruita
secondo i criteri del Prisma statement, include due RCT sull’uso della
diatermia a micro-onde, ma non riporta buoni risultati in termini di
riduzione del dolore e miglioramento della performance funzionale [73].
Rosario et al., in uno studio comparativo del 2013 [74], non ha trovato
grandi risultati con l’uso della diatermia a 2,45 GHz come modalità utile per
lo stretching muscolare. Anche nell’uso di tale terapia nel low back pain
aspecifico, le evidenze presenti (Durmus et al. 2014) [75] in letteratura, non
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 259

hanno mostrato alcuna superiorità rispetto alla terapia con solo esercizio
terapeutico. Anche il trial randomizzato di Ortega et al. (2013) [76] non
mostra alcun beneficio nell’uso della diatermia a micro-onde in pazienti con
cervicalgia cronica non specifica.
Mettendo a confronto i due tipi di termoterapia è emerso, che nella pratica
clinica il trattamento con frequenza di 434 MHz risulti più efficace: in modo
particolare, tale terapia raggiunge prima (10 minuti) il picco massimo di
calore e presenta una profondità leggermente superiore a quella con
frequenza di 2,45 GHz. Inoltre, è stato dimostrato che l’ipertermia con 434
MHz di frequenza agisca sul tessuto muscolare attraverso un effetto
contemporaneo di riscaldamento e raffreddamento: quando la temperatura
aumenta al di sopra del range terapeutico (41°-45°C) [69-70], lo stesso flusso
di sangue garantisce la riduzione della temperatura attraverso un effetto
non solo di wash-out catabolico, ma anche di wash-out termico, limitando
così l’ulteriore incremento della temperatura all’interno del tessuto
muscolare. Questi risultati non sono stati visti con la diatermia a micro-onde
a frequenza di 2,45 GHz (Ichinoseki-Sekine et al., lettera all’editore) [71, 77].
Tra le forme di ipertermia endogena troviamo anche la Diatermia ad onde
corte, che utilizza frequenze di 27 MHz. I macchinari che erogano questo
tipo di calore sono composti da un condensatore che si carica e scarica di
continuo alla frequenza desiderata [49]. La corrente prodotta, determina una
corrente analoga all’interno dell’area anatomica trattata. La potenza va
regolata iniziando da dosi minime, per poi aumentare gradualmente fino a
che il paziente non avverta il calore. Esistono due modalità di trattamento:
capacitiva, con elettrodi che possono esser posti orizzontalmente (in serie),
con conseguente riscaldamento dei tessuti con impendenza maggiore
(grasso, osso, tessuto fibroso), o longitudinalmente (in parallelo), con
riscaldamento dei tessuti con impendenza minore; induttiva, con unico
conduttore (monode), o con conduttore spirale (conduttore tubulare
flessibile), con riscaldamento prevalentemente superficiale [49]. Tra gli studi
trovati per la diatermia ad onde corte vi è una recente systematic review e
meta-analisi (Wang et al, 2017) [78], dotata di buona evidenza, in quanto si
attiene ai criteri del Prisma statement, che focalizza l’attenzione sull’impiego
di tale terapia nei pazienti con osteoartrosi del ginocchio. Lo studio ha
sottolineato come la diatermia ad onde corte sia utile nel miglioramento del
dolore a breve termine, soprattutto con la modalità pulsata; inoltre, è stato
visto che, combinando la diatermia con gli esercizi isometrici, migliori
l’estensione articolare del ginocchio. Invece, non c’è alcun tipo di
260 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

miglioramento sulla rigidità articolare e sulla performance funzionale [78].


Davis et al. (2012) [79], invece, non ha trovato grandi risultati con l’uso della
diatermia ad onde corte, tranne che un modesto effetto sul dolore e sulla
forza muscolare, senza alcun miglioramento sull’infiammazione articolare,
sulla performance del passo e sulla qualità di vita. La diatermia ad onde
corte ha mostrato efficacia anche nel trattamento della sindrome del tunnel
carpale (Incebiyik et al, 2015, randomized trial) [80]. L’applicazione di tale
terapia si è rivelata efficace nel miglioramento di diversi parametri clinici
(test di Phanel, test di Tinel, test di Phanel inverso), riduzione del dolore e
miglioramento della performance funzionale. Secondo gli autori, questi
risultati sarebbero dovuti all’effetto termico della diatermia nei confronti del
circolo sanguigno con conseguente aumento del flusso locale di sangue e
rimozione dei cataboliti, ma soprattutto all’azione del calore nei confronti
dell’ischemia che è considerata un fattore coinvolto nella patogenesi della
sindrome del tunnel carpale [80]. L’efficacia nella sindrome del tunnel
carpale, è confermata anche da una recente systematic review di Huisstede
et al. del 2017 [31], che non solo ribadisce l’efficacia della diatermia ad onde
corte nel breve e medio termine sul dolore e sulla performance funzionale,
ma definisce che la modalità continua risulti più efficace della modalità
pulsata. Una recente revisione Cochrane di Page et al. sulla capsulite adesiva
di spalla, [29] riporta solamente due RCT sull’uso della diatermia ad onde
corte e documenta che l’associazione di diatermia ed esercizio migliori la
performance funzionale ed il movimento articolare, soprattutto
l’intrarotazione e l’extrarotazione, mentre l’associazione di diatermia,
impacchi caldi ed esercizio non risulta affatto utile sul dolore e sul
movimento, rispetto all’associazione di esercizio e massaggi. Ma gli autori,
visto il basso livello di evidenza dei singoli trial inclusi nella revisione
Cochrane, non la considerano come una terapia efficace nel trattamento
della capsulite adesiva [29].
Nella pratica clinica sta iniziando ad avere impiego anche la T.E.C.A.R.
(Trasferimento energetico capacitivo e resistivo), una forma di termoterapia
endogena che impiega frequenze comprese tra 0,45 e 0,6 MHz [49]. Questo
tipo di termoterapia si basa sull’utilizzo di un condensatore, che comprende
due conduttori e una resistenza. Il sistema capacitivo si serve di elettrodi in
ceramica ed è generalmente utilizzato per il trattamento di muscoli e tessuti
molli; il sistema resistivo, invece, si serve di elettrodi in metallo per il
trattamento di strutture a più alta resistenza, quali ossa, tendini e legamenti
[49]. Il randomized trial di Duñabeitia et al. (2018) [81] confronta l’uso di
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 261

T.E.C.A.R con il riposo, nella gestione del recupero funzionale negli atleti
valutandone i parametri biochimici e fisiologici. Lo studio ha mostrato come
ci sia una riduzione della fatica nel gruppo di pazienti sottoposti a
T.E.C.A.R. in concomitanza di una riduzione della frequenza del passo e
aumento della lunghezza, cambiamenti che determinano un pattern del
passo dei runners meno efficiente. Osti et al. (2014) [82] riporta, in un case
series, l’associazione di T.E.C.A.R. e laserterapia a 3 lunghezze d’onda (810-
980-1064 nm) nel trattamento di pazienti con low back pain, con presenza o
meno di irradiazione del dolore agli arti inferiori. La T.E.C.A.R., in
associazione al laser, ha mostrato riduzione della disabilità e del dolore
dopo 8 settimane di follow-up. Il netto miglioramento sarebbe da imputare
prevalentemente agli effetti combinati del laser e della T.E.C.A.R. Tale
studio mostra diversi limiti, tra cui il periodo breve di follow-up e la
mancanza di un gruppo controllo. L’azione della T.E.C.A.R. sul low back
pain è confermata anche dal randomized trial di Notarnicola et al. (2017)
[83], in cui il dolore e la disabilità risultano migliorati a partire da uno-due
mesi dalla fine del trattamento. La systematic review di Wiegerinck et al.
(2012) riporta un solo studio sulla T.E.C.A.R. riguardo il trattamento nella
tendinopatia achillea, ma gli autori non traggono alcuna conclusione in
merito al tipo di trattamento a causa del campione di pazienti troppo piccolo
[84].
262 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Tabella 4.7. Sintesi degli sulla termoterapia.


STUDI PATOLOGIA PARAMETRI RISULTATI
IPERTERMIA 434 HZ
Hyperthermia at 434
MHz in the Treatment
of Overuse Sport Patologie muscolo‑ 434 Hz; 3 volte a
Tendinopathies: A scheletriche settimana per un mese; Efficacia sul dolore
Randomised (tendinopatia 30 minuti; 20-25 W; Tb: nel breve termine.
Controlled Clinical achillea e patellare) 39°-40°C Tc: 42°C.
Trial (Giombini et al.,
2001).

Short‑term
Effectiveness of 434 Hz;
Hyperthermia for 3 volte a settimana per Efficacia sul dolore e
Supraspinatus Tendinopatia del un mese; sul movimento della
Tendinopathy in sovraspinoso 30 minuti; spalla in soggetti
Athletes A Short‑term 50-70 W; atleti.
Randomized Tb 38,5°-37°C;
Controlled Study Tc 38°-40°C.
(Giombini et al., 2006).
Effects of Local
Microwave
Diathermyon Shoulder
Pain and Function in Nessun vantaggio
Patients With Rotator Tendinopatia della - rispetto alle
Cuff Tendinopathy in cuffia dei rotatori infiltrazioni di
Comparison to corticosteroidi.
Subacromial
Corticosteroid
Injections: A Single‑
Blind Randomized
Trial (Rabini et al.,
2012).
Carpal Tunnel
Syndrome:
Effectiveness of
Physical Therapy and 20 min Miglioramento del
Electrophysical Sindrome del 8 sedute dolore ed aumento
Modalities. An Tunnel carpale 2 volte/sett. della performance
Updated Systematic funzionale.
Review of
Randomized
Controlled Trials
(Huisstede et al., 2017).
DIATERMIA A MICRO‑ONDE
Effectiveness of
physical therapy
treatment of clearly Scarsa efficacia su
defined subacromial Attrito sotto‑ - dolore e performance
pain: a systematic acromiale funzionale.
review of randomised
controlled trials (Haik
et al., 2016).
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 263

Comparative study of
stretching modalities Stretching Nessuna efficacia
in healthy women: muscolare - come terapia per lo
Heating and stretching muscolare.
application time
(Rosario et al., 2015).

Does microwave
diathermy have an
effect on clinical Nessuna efficacia nel
parameters in chronic Low Back Pain - trattamento del Low
low back pain? A Back Pain.
randomized‑controlled
trial (Durmus eta al.,
2014).
Microwave diathermy
for treating Cervicalgia cronica Nessuna efficacia sul
nonspecific chronic non specifica - dolore, performance
neck pain: a funzionale,
randomized controlled soddisfazione dei
trial (Ortega et al., pazienti.
2013).
DIATERMIA AD ONDE CORTE

Effects of short‑wave
therapy in patients Osteoartrosi del 27,12 MHz Efficacia sul dolore
with knee ginocchio 1,8-20W Combinata ad
osteoarthritis: A Modalità pulsata. esercizi isometrici
systematic review and migliora l’estensione
meta‑analysis (Wang articolare.
et al., 2017).
Osteoarthritis year in Efficacia moderata su
review: outcome of Osteoartrosi - dolore e forza
rehabilitation (Davis et muscolare.
al., 2012).

Short‑term
effectiveness of short‑ Riduzione del dolore,
wave diathermy Sindrome del 27,12 MHz parametri clinici (test
treatment on pain, Tunnel Carpale 5 die/sett. per 3 di Phanel e Tinel) e
clinical symptoms, and settimane. performance
hand function in funzionale.
patients with mild or
moderate idiopathic
carpal tunnel
syndrome (Incebivik
et al., 2013).
27,12 MHz Migliora il
20 min movimento e la
5 volte/sett. per 2 funzione quando
Electrotherapymodaliti settimane. associata ad
es for adhesive Capsulite adesiva esercizio.
capsulitis (frozen 27,12 MHz Poco utile quando
shoulder) (Page et al., 20 min utilizzato in
2014). Elettrodi posti sulla associazione ad
zona anteriore e impacchi caldi ed
posteriore della spalla esercizio.
affetta.
264 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Carpal Tunnel Modalità continua: Moderata evidenza


Syndrome: 20 min; che la modalità
Effectiveness of 5 giorni/sett; continua sia migliore
Physical Therapy and Sindrome del 3 settimane. di quella pulsata
Electrophysical Tunnel carpale Modalità pulsata: nella riduzione della
Modalities. An 400 μs di durata sintomatologia
Updated Systematic dell’impulso; 82 Hz di dolorosa e nel
Review of frequenza d’impulso; miglioramento della
Randomized 20 min; 5giorni/sett; 3 performance
Controlled Trials settimane. funzionale.
(Huisstede et al., 2017).
Electrotherapymodaliti Migliora la
es for adhesive performance
capsulitis (frozen Capsulite adesiva di - funzionale ed il
shoulder) (Review) spalla movimento quando
(Page et al., 2014). associate ad
esercizio.
Tab. 4.7. Sintesi degli sulla termoterapia.

4.2.4. Buone pratiche cliniche sul trattamento con onde d’urto


L’onda d’urto (OD) è un’onda acustica ad alta energia che presenta sul
fronte di avanzamento una pressione che, in pochi nanosecondi, aumenta
dalla pressione atmosferica ad un valore massimo di picco che può
raggiungere i 100 MPa [85].
In questa premessa è utile distinguere le onde d’urto dalle onde radiali che
rispetto alle onde d’urto si caratterizzano per energie e pressioni di picco
molto più basse (0,1-0,4 MPa) e per un raggiungimento del picco massimo
molto più lento.
Le onde d’urto vengono prodotte da appositi generatori (elettroidraulici,
piezoelettrici ed elettromagnetici) che permettono di focalizzare con
precisione l’onda acustica nell’area da trattare.
Per questa loro peculiarità di concentrare gli effetti dell’onda acustica nella
sede “bersaglio” vengono indicate nella letteratura medica come “focused
extracorporeal shock wave”. L’acronimo internazionale ESWT rimanda alla
terapia fisica strumentale con onde d’urto focalizzate (Extracorporeal Shock
Waves Therapy).
Viceversa le onde radiali o balistiche (Radial Shock Wave Therapy-RSWT) sono
invece onde acustiche il cui fuoco è localizzato sulla testina di emissione
(che verrà posta a contatto con la cute del paziente) e per tal ragione
vengono diffuse in maniera sferica e radiale con dispersione della pressione,
penetrazione tissutale minore, azione più superficiale e volume maggiore di
trattamento.
I principali effetti delle onde d’urto (focalizzate) sono quelli cavitazionali e
meccanici che a livello tissutale si traducono in effetti anti-infiammatori,
antidolorifici, riparativi, neo-angiogenetici e osteogenetici o distruttivi
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 265

(come nel caso della litotrissia renale, per esempio). Le conseguenze


biologiche riscontrate dipendono dal numero di impulsi erogati e dal livello
energetico utilizzato, quindi in ultima analisi dal protocollo di trattamento.
Il principale effetto delle onde radiali, anche tenuto conto della loro azione
più superficiale, è quello di modulazione della nocicezione, ma non sempre
sono in grado di produrre effetti metabolici cellulari, specie sulle strutture
corporee poste più in profondità rispetto alla cute.
I parametri fisici che devono essere considerati per un adeguato impiego
delle onde d’urto sono: il n° di impulsi, la pressione misurata in MPa o bar
(1 MPa = 10 bar = circa 10 atmosfere), l’energia, misurata in mJ (milli Joule) e
la Densità di Flusso di Energia (EDF) misurata in mJ/mm² e che definisce
l’energia rapportata all’area dello spot [85].
Diversamente da altre terapie fisiche nel caso delle onde d’urto è possibile
citare l’esistenza sia di una società internazionale per lo studio delle onde
d’urto l’ISMST (International Society for Medical Shockwave Treatment) che
di una società italiana di terapia con onde d’urto, la SITOD [2, 85]. Entrambe
le società sono state fondate nel 1997. Le indicazioni internazionali della
ISMST e nazionali SITOD sottolineano che l’erogazione di questi trattamenti
sia prerogativa di medici specialisti in: Urologia, Ortopedia, Fisiatria,
Radiologia e Medicina dello Sport. Le onde radiali invece possono essere
erogate da fisioterapisti dopo prescrizione medica [2, 85].
Anche per le onde d’urto la letteratura medica non presenta sempre
conclusioni omogenee riguardo i risultati osservati per ogni possibile ambito
di trattamento.
Le affermazioni riscontrate in questo capitolo sono in parte fornite da 2 delle
seguenti società internazionali: l’ISMST (International Society for Medical
Shockwave Treatment) [2] e la NICE (National Institute for Health and Care
Excellence) [86], oltre che quelle provenienti ad una serie di review ed RCT
pubblicate negli ultimi anni (tab. 4.9.). Sono stati inclusi nel presente studio
15 articoli, di cui: 14 review (3 systematic review [90, 99, 108], 4 meta-analisi
[95, 101-103], 6 review [89, 93-94, 104-106]), 1 Cochrane [96] e un RCT [91]
(fig. 4.4.). Oltre a questi studi all’interno della discussione sono inserite le
eventuali raccomandazioni, contenute nelle linee guida patologia-specifiche,
relative al trattamento con OD.
266 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Studi identificati
attraverso ricerca nei
principali database Studi identificati da
(511) altre fonti (0)

Studi dopo
eliminazione di
duplicati (265)

Studi esclusi dopo


Studi sottoposti a analisi di titolo ed
screening (265) abstract (225)

Full text esclusi a


Full text valutati per
causa di: studi in
l’eleggibilità (40)
vitro, outcome
clinici non
riportati, studi non
Studi inclusi nella
recenti (25)
sintesi qualitativa
(15)

Fig 4.5. Flow chart degli studi analizzati per le onde d’urto.

L’ISMST ha fornito le principali indicazioni e controindicazioni al


trattamento con onde d’urto. I membri della società specificano che le
raccomandazioni da loro fornite non vanno intese come un protocollo fisso
di trattamento, in quanto questo varia molto in base allo scenario clinico del
paziente. Prerequisiti minimi al trattamento con onde d’urto sono: un
adeguato esame clinico del paziente, ed altri esami strumentali utili per
confermare l’ipotesi diagnostica. Questo per rimarcare una cosa
apparentemente ovvia: la necessità di erogare il trattamento nel rispetto
delle indicazioni per le quali quel trattamento è ragionevolmente
appropriato. Per patologie quali le pseudo artrosi, i ritardi di consolidazione
le necrosi avascolari (stadi inziali) e le algodistrofie osse si raccomanda l’uso
di onde d’urto focalizzate ad alta energia con adeguato sistema di
puntamento. Per quanto riguarda invece il trattamento di tessuti molli, tale
società suggerisce l’uso di dispositivi con o senza sistema di focalizzazione,
ribadendo però che occorre prestare particolare attenzione alla profondità
che l’onda meccanica può raggiungere che è diversa tra dispositivi
focalizzanti e non. La conoscenza della profondità alla quale si trova il
“bersaglio del trattamento” di per sé orienterà verso l’uso di un dispositivo
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 267

più adeguato. [2]. Le indicazioni approvate dall’ISMST al trattamento con


onde d’urto sono: la tendinopatia calcifica della cuffia dei rotatori, l’
epicondilite laterale di gomito, la borsite trocanterica, la tendinopatia
patellare, la tendinopatia del tendine d’Achille, la fascite plantare con o
senza sperone calcaneare; tra le patologie ossee ritroviamo: pseudoartrosi,
fratture da stress, ritardo di consolidazione ossea, necrosi avascolare,
osteocondrite dissecante; tra le patologie cutanee sono presenti: ritardo di
guarigione di ferite, ulcere cutanee e ustioni non circonferenziali. Usi clinici
testati empiricamente sono: tendinopatia non calcifica della cuffia dei
rotatori, epicondilite mediale di gomito, tendinopatia degli adduttori,
tendinopatia anserina, tendinopatia dei peronieri, tendinopatia di piede e
caviglia; patologie ossee: edema osseo, malattia di Osgood Schlatter,
sindrome da stress tibiale; patologie cutanee: sindrome miofasciale, strappi
muscolari non discontinui e cellulite; tra le indicazioni eccezionali abbiamo:
osteoartrosi, morbo di Dupuytren, fibromatosi plantare, malattia di De
Quervain, dito a scatto, spasticità, polineuropatie, tunnel carpale, sindrome
da dolore cronico pelvico, disfunzione erettile, sindrome di La Peyronie e
linfedema [2]. Le controindicazioni sono riportate in tabella 4.8. [2].

Tabella 4.8. Controindicazioni al trattamento con onde d’urto.


Controindicazioni OD bassa energia.
Neoplasie maligne nell’area di trattamento.
Gravidanza.
ControindicazionI OD alta energia.
Tessuto polmonare nell’area trattata.
Neoplasie maligne nell’area di trattamento.
Epifisi in crescita.
Coagulopatia.
Gravidanza.
Midollo spinale e tessuto cerebrale nell’area di trattamento.
Tab. 4.8. Controindicazioni onde d’urto [2].

Una delle indicazioni principali delle OD è la tendinopatia calcifica di spalla.


L’utilizzo delle onde d’urto è raccomandato come primo step, tra i
trattamenti non invasivi quando la sintomatologia persiste dopo 6 mesi di
trattamento con metodiche conservative [85]. Il documento Nice 2003 [86]
supporta l’uso delle onde d’urto nel trattamento delle forme di tendinopatia
calcifica di spalla. Tale trattamento può essere efficace, soprattutto per il
miglioramento della sintomatologia dolorosa e della performance
funzionale, ma non ci sono dati che stabiliscano con certezza le dosi di
energia utilizzata. Tra gli effetti collaterali il dolore e gli ematomi nell’area
trattata sono quelli principali. Le linee guida DOA 2014 (Ducth Orthopaedic
268 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Association) [87] raccomandano (livello di evidenza I) l’uso delle OD


focalizzate ad alta energia in presenza di tendinite calcifica nella sindrome
da impingement sottoacromiale; mentre, l’uso di ESWT è sconsigliato nelle
forme non calcifiche. Le linee guida ACOEM (American College of
Occupational and Environment Medicine) del 2016 [88] raccomandano
fortemente (A) l’uso delle OD focalizzate nella tendinopatia calcifica della
cuffia dei rotatori con frequenza di 2 sedute a circa 2 settimane di distanza,
con un range di EFD da 0,28 a 0,55 mJ/mm². Tali linee guida non
raccomandano l’uso delle OD focalizzate nelle forme acute, sub-acute e
croniche (C) non calcifiche di tendinopatia. La review di Moya et al. del 2015
[89] consiglia l’uso delle onde d’urto focalizzate quando ci siano depositi di
calcio negli stadi I e II di Gärtner all’immagine radiografica. L’assenza di
una densa rima calcifica all’interno dell’articolazione è un buon indicatore
per il trattamento con onde d’urto e i risultati, inoltre, appaiono migliori
nelle forme di tendinopatia con depositi calcifici non omogenei [89].
L’applicazione con tecnica fluoroscopica è migliore se il trattamento viene
effettuato nella zona distale del tendine sovraspinoso; gli autori consigliano
la tecnica con sistema di puntamento ad ultrasuoni, anche se quella con
puntamento con sistema di tomografica computerizzata risulta essere più
efficace e precisa [89]. Nei pazienti con vascolarizzazione atipica della testa
omerale, gli autori raccomandano di essere cauti con l’uso della terapia
soprattutto per un’eventuale sviluppo di necrosi della testa omerale (i
protocolli consigliati dagli autori sono in tab. 4.9.). Nelle forme di
tendinopatia non calcifica, il razionale nell’uso delle onde d’urto è
rappresentato dall’ incremento della vascolarizzazione e dal rilascio di
fattori di crescita che possono favorire il processo di guarigione [89]. La
review ha mostrato risultati abbastanza promettenti nelle lesioni interstiziali
parziali anche se questi ultimi appaiano controversi: le onde d’urto
sarebbero efficaci nelle forme con impigment sotto-acromiale in stadio I e II
di Neer, con miglioramenti che si mantengono nel follow-up a lungo
termine, mentre negli altri casi i risultati sono del tutto simili all’utilizzo di
un adeguato programma di esercizio terapeutico [89]. Inoltre, ci sarebbero
buoni risultati anche con l’uso di onde d’urto a bassa energia. Gli autori
sono concordi nello stabilire che le onde d’urto focalizzate possono avere un
ruolo complementare nelle forme di tendinopatia cronica della cuffia dei
rotatori, ma il trattamento è da associare ad un adeguato programma con
esercizi di allungamento e potenziamento muscolare con tecniche
riabilitative che includano esercizi per il funzionamento scapolare. Per
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 269

quanto riguarda le altre patologie di spalla, l’applicazione delle onde d’urto


nella tendinopatia del capo lungo del bicipite brachiale ha ottenuto buoni
risultati. Tali risultati sono stati visti anche nelle forme di osteolisi distale di
clavicola e capsulite adesiva di spalla (tab. 4.9.), ma comunque sono
necessari ulteriori studi per validarne meglio i risultati [89]. La systematic
review di Bannuru et al. del 2014 [90] ha confermato l’evidenza che le onde
d’urto focalizzate ad alta energia ( ≥ 0,28 mJ/mm²) sono molto più efficaci
rispetto a quelle a bassa energia (≤ 0,28 mJ/mm²) nelle forme di tendinopatia
calcifica. I risultati sono dose-dipendenti: le alte energie permettono di
ottenere una risoluzione migliore della tendinopatia in termini di dolore e
funzione articolare con conseguente riduzione e / o scomparsa delle
calcificazioni intra-articolari [90]. Le OD a bassa energia, invece, hanno
maggiore efficacia nel miglioramento della sola funzione articolare, mentre
non hanno mostrato avere alcun effetto sulla riduzione del dolore [90]. Nelle
forme di tendinopatia non calcifica il trattamento non mostra nessuna
efficacia [90]. Gli autori non specificano valori cut-off di densità di flusso
energetico erogato né indicazioni riguardo la frequenza del trattamento.
Ioppolo et al. [91] in un RCT del 2012 ha evidenziato come il trattamento con
onde d’urto risultasse maggiormente efficace nel miglioramento della
sintomatologia dolorosa e della performance funzionale nel gruppo di
pazienti con tendinopatia calcifica del sovraspinoso in stadio I e II di
Gartner che ricevono onde d’urto ad energia più alta (EDF di 0,20 mJ/mm²),
rispetto al gruppo di pazienti che ricevevano onde d’urto ad energia più
bassa (EDF di 0,10 mJ/mm², 2400 n° di impulsi, 1 volta a settimana per 4
settimane). Gli autori riportano inoltre che dopo 6 mesi non vi sono
differenze nei depositi calcifici tra i due gruppi, dimostrando così che la
distruzione dei depositi calcifici non è necessaria per risolvere il dolore [91].
Il fatto che il dolore si riduca anche con dosi più basse può essere spiegato
dall’incremento della sintesi di ossido nitrico che viene prodotto già
impiegando una densità d’energia pari a 0,03 mJ/mm² [91]. L’ossido nitrico
(NO), prodotto dalle ossido-nitrico sintetasi indotte grazie all’energia
veicolata dalle onde d’urto a livello tissutale, rappresenterebbe la molecola
starter per l’innesco di varie reazioni biologiche tra cui i fenomeni
antiinfiammatori e di neo-angiogenesi che sono alla base dei processi di
riparazione e rigenerazione tissutale [85]. L’effetto del trattamento sul
tessuto, quindi, non dovrebbe essere inteso in senso “meccanico”, ovvero
come effetto legato alla degradazione dei depositi calcifici, quanto piuttosto
come effetto “biologico”, attraverso la produzione di fattori di crescita
270 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

endoteliale e cellulare, i quali aumentando l’afflusso di sangue a livello della


giunzione tendinea garantirebbero la rigenerazione tissutale [91].
L’epicondilite (gomito del tennista) è una comune patologia che interessa
l’inserzione tendinea dei muscoli estensori di gomito sull’epicondilo laterale
più frequentemente in seguito ad un sovraccarico funzionale. Secondo il
documento NICE del 2009 [92] il trattamento con onde d’urto può essere
efficace nella riduzione del dolore e nel miglioramento della funzionalità. I
maggiori eventi avversi riportati sono: bruciore, arrossamento locale
momentaneo e danno della cute nell’area trattata. Anche in questo caso, le
raccomandazioni presentano notevoli limitazioni riguardo gli esatti
protocolli impiegati, il tipo di energia e l’uso di anestesia locale. La review di
Thiele et al. (2015) [93] suggerisce nelle forme di epicondilite con persistenza
dei sintomi da tre mesi, l’impiego della terapia con onde d’urto, in particolar
modo quelle a bassa energia senza l’uso di anestesia locale, le quali
sembrerebbero migliorare la sintomatologia del paziente riducendo il dolore
e migliorando il movimento. Gli effetti collaterali più frequentemente
riportati sono: ematomi, petecchie e dolore nell’area trattata. Il trattamento
con onde d’urto è riportato anche in una review del 2014 di Ioppolo et al.
[94], in cui basse dosi energetiche senza uso di anestesia porterebbero a
risultati migliori rispetto al placebo. Tali risultati si discostano nettamente
da quelli riportati nella meta-analisi di Weber et al. (2015) [95], i cui risultati
non dimostrano dei miglioramenti della sintomatologia dolorosa e ciò è
confermato anche da una revisione Cochrane del 2006 di Buchbinder et al.
[96], dove vi è un livello di evidenza platino che dimostra uno scarso
beneficio in termini di dolore e funzione nel trattamento dell’epicondilite. La
revisione Cochrane non specifica l’uso o meno dell’anestesia e la forma
acuta o cronica di epicondilite. I limiti delle evidenze analizzate sono
rappresentati dall’assenza di precisi parametri di trattamento.
Tra le altre patologie dell’arto superiore ritroviamo la sindrome del tunnel
carpale. Nella review di Ioppolo et al. del 2014 [94], l’uso delle onde d’urto,
soprattutto quelle a bassa energia (da 0,03 a 0,08 mJ/mm²) determinerebbe
un effetto anti-infiammatorio a breve termine, garantendo fenomeni di
rigenerazione tissutale a lungo termine grazie alla produzione di NO [94].
Tra le patologie dell’arto inferiore, in cui vi è evidenza sull’uso delle onde
d’urto, oltre la ben nota fascite plantare, vi è una lunga serie di tendinopatie
(tendinopatia d’Achille, tendinopatia patellare, tendinopatia degli
Hamstring, ecc.). La tendinopatia d’Achille include sia la forma “non-
inserzionale”, ovvero quella forma che include la porzione media del
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 271

tendine e che interessa maggiormente gli individui più giovani, sia la forma
di tendinopatia “inserzionale” tipica degli individui più anziani. Nel caso
della tendinopatia d’Achille, il documento NICE del 2016 [97] afferma che le
evidenze sull’efficacia del trattamento con onde d’urto sono limitate sia dal
punto di vista qualitativo che quantitativo. Il documento riporta evidenze
incerte: i migliori risultati clinici sono la riduzione del dolore e il
miglioramento della funzione, ma gli studi clinici coinvolti presentano
importanti limitazioni legate alla qualità metodologica. I maggiori effetti
collaterali notati sono peggioramento o persistenza della sintomatologia
dolorosa nell’area trattata e danno ai tessuti molli. Le linee guida APTA
(American Physical Therapy Association) del 2017 [98] esprimono un
giudizio ancora incerto sull’uso delle OD focalizzate e la dose ottimale da
utilizzare. Una recente e completa systematic review del 2017 di Korakakis
et al. [99], che si attiene ai criteri del Prisma Statement, ha analizzato nel
dettaglio l’efficacia delle onde d’urto nelle diverse tendinopatie dell’arto
inferiore riportandone il livello di evidenza per ogni forma di tendinopatia.
Nella tendinopatia achillea, in particolar modo per quella che interessa la
porzione media del tendine, gli autori hanno trovato un livello di evidenza
C per quanto riguarda l’uso delle OD radiali, le quali risultano comparabili
alla terapia con esercizio eccentrico nel follow-up a breve termine (4
settimane) nella riduzione complessiva del dolore [99]. Inoltre, le OD radiali
sarebbero superiori all’atteggiamento di attesa nel follow-up a medio
termine (4 mesi); mentre abbiamo un livello di evidenza D nell’associazione
terapeutica di OD radiali ed esercizio in regime eccentrico, la cui
associazione sarebbe superiore nella riduzione del dolore, alla terapia con
solo esercizio nel follow-up a 4 mesi (tab. 4.9.). Nelle forme di tendinopatia
achillea inserzionale, gli autori mostrano un livello di evidenza C con
superiorità delle OD radiali rispetto all’esercizio in regime eccentrico nel
miglioramento della sintomatologia dolorosa e della funzione (tab. 4.9.) [99].
Nelle forme di tendinopatia mista o non meglio specificata gli autori sono
concordi nell’affermare che sia le OD focalizzate che quelle radiali sono
superiori al placebo soprattutto nel miglioramento della disabilità. Non è
suggerito alcun tipo di protocollo in quanto tra gli studi analizzati vi è una
sostanziale eterogeneità. L’uso delle OD nella trocanterite mostra bassi
livelli di evidenza: le OD radiali appaiono superiori al trattamento di
controllo (fisioterapia, esercizi di stretching e di potenziamento muscolare)
nel follow-up a breve (3 mesi) e lungo termine (12 mesi) nel miglioramento
della disabilità [99]. Mentre vi è un livello di evidenza C nella superiorità
272 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

delle OD radiali rispetto al trattamento conservativo in termini di recupero


nel breve (1-3 mesi) e medio termine (4 mesi), rispetto alle infiltrazioni intra-
articolari di corticosteroidi nel medio e lungo termine con conseguente
riduzione del dolore e maggior recupero [99]. Sempre con livello di
evidenza C ci sarebbero risultati del tutto simili delle OD radiali rispetto al
trattamento conservativo in termini di recupero funzionale e riduzione del
dolore nel follow-up a lungo termine (12 mesi). Solo nella tendinopatia
patellare troviamo un livello di evidenza B riguardo il fatto che non vi è
differenza nella riduzione del dolore tra l’uso di OD focalizzate e placebo
nel follow-up a breve e medio termine. Vi è un livello di evidenza C nell’uso
di OD focalizzate nella tendinopatia patellare per quanto riguarda il
recupero funzionale [99]. Abbiamo sempre un livello C nella superiorità
delle OD focalizzate rispetto al trattamento conservativo (NSAID e FKT) in
termini di riduzione del dolore e recupero funzionale. Il livello diventa più
basso (D) quando si comparano le OD focalizzate al PRP (Platelet-Rich Plasma)
nella riduzione del dolore a breve termine; il PRP è invece superiore alle OD
focalizzate nel medio e lungo termine nel miglioramento della sintomatologia
dolorosa e nel recupero funzionale (D). Non vi è differenza di efficacia
nell’uso dei due tipi di OD (radiali e focalizzate) in aggiunta all’esercizio in
regime eccentrico sia nel breve che nel medio termine (D). Infine, nella
tendinopatia degli Hamstring le OD radiali danno buoni risultati negli
outcomes funzionali e sul dolore sia nel breve, che nel medio e lungo termine
(tab. 4.9.) [99]. Ci sono, comunque, delle evidenze molto limitate sull’impiego
delle OD nelle tendinopatie dell’arto inferiore, le quali andrebbero sempre
inserite in un programma riabilitativo adeguato per ciascun paziente. La
carenza di protocolli e anche la scarsa metodologia degli studi dovrebbe
incentivare la continua ricerca in questo campo.
La fascite plantare, definita come l’infiammazione della fascia plantare
caratterizzata dal punto di vista clinico dalla presenza di dolore a carico
della porzione inferiore del calcagno, rientra tra le indicazioni di trattamento
con OD, come suggerito dall’ISMST [2]. Secondo il documento NICE del
2009 [100], l’evidenza attuale sulla terapia con onde d’urto è inconsistente e
maggiori studi sono necessari per definire meglio i protocolli di trattamento,
il tipo di energia impiegato e l’uso di anestesia. Le OD possono essere
erogate, in una o più sedute, nei pazienti con forme di fascite plantare
refrattaria; è possibile impiegare l’anestesia locale in quanto il trattamento
può risultare molto doloroso, ma lo stesso uso dell’anestesia può
influenzarne il risultato; le energie impiegate non sono specificate. Il
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 273

documento NICE è comunque concorde nell’affermare che, secondo la


letteratura analizzata, il trattamento è efficace soprattutto per quanto
riguarda il miglioramento della sintomatologia dolorosa [100]. Gli effetti
collaterali maggiori osservati più frequentemente sono: dolore, bruciore e
danno cutaneo locale dell’area trattata. Il resto della letteratura più recente
riporta, invece, dei risultati abbastanza omogenei riguardo l’uso delle OD
nella fascite plantare. La systematic review e meta-analisi di Yin et al. (2014)
[101], una review di alta qualità, che segue il Prisma Statement, ha
dimostrato che nella forma di fascite plantare resistente ai trattamenti
convenzionali (oltre 6 mesi di trattamenti convenzionali che non hanno dato
risultati) l’uso delle OD a bassa energia (< 0,20 mJ/mm²) presentano un’alta
quota di successo rispetto al placebo, sia nella gestione del dolore, che nel
miglioramento della performance funzionale. Diversamente, le OD ad alta
energia (> 0,20 mJ/mm²) non mostrano nessuna efficacia rispetto al placebo.
Risultati simili sono riportati nella meta-analisi di Dizon et al. (2013) [102] in
cui gli autori considerano le OD con EFD di 0,1-0,2 mJ/mm² di moderata-
media energia efficaci nella riduzione del dolore e nel miglioramento della
performance funzionale della fascite plantare cronica. Gli autori hanno
notato che l’entità di riduzione del dolore interessava soprattutto il dolore
mattutino e le alte energie mostravano risultati migliori a tale scopo, ma essi
consigliano comunque l’uso di basse energie. La review di Chang et al.
(2012) [103] conferma che l’uso di OD a bassa energia mostra avere migliori
risultati in termini di efficacia rispetto alle OD ad alta energia, così come
l’uso di OD radiali, le quali addirittura presentano una risoluzione maggiore
del dolore. Le limitazioni inerenti la qualità metodologica di questi studi
dimostrano che ulteriori studi sono comunque necessari per ottenere
adeguati parametri di trattamento ed ulteriori evidenze nell’uso delle OD
nella fascite plantare.
Le indicazioni dell’ISMST considerano anche l’impiego delle OD in diverse
patologie ossee tra le quali troviamo: necrosi avascolare, osteocondrite
dissecante, pseudoatrosi, ritardi di consolidamento e fratture da stress. Le
OD agiscono a livello dell’osso favorendo la sintesi di fattori di crescita per
l’osteogenesi, i fenomeni di neo-angiogenesi e stimolano la produzione di
osteoblasti che appongono nuova matrice ossea [85]. La review del 2015 di
Schaden et al. [104] si focalizza sull’uso delle OD nelle pseudoartrosi.
Diversi studi inclusi attestano che le OD abbiano la stessa efficacia della
chirurgia nel trattamento delle pseudoartrosi. Servendosi di dispositivi
elettroidraulici i risultati si possono notare già in una singola seduta, mentre
274 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

con quelli elettromagnetici sono raccomandate dalle due alle quattro sedute.
Le forme ipertrofiche di pseudoartrosi mostrerebbero, inoltre, possibilità di
consolidazione superiori rispetto alle forme atrofiche, anche se non è
possibile stabilire con certezza delle differenze significative nei risultati
ottenuti con OD tra vari tipi di frattura. La chirurgia sarebbe da preferire
soprattutto in quelle fratture che presentano un gap di mancata unione
superiore a 5 mm. Nelle fratture dove sta iniziando il processo di
consolidazione, le OD incrementano la possibilità di consolidamento
stabilizzando anche la rima di frattura, alla quale ovviamente sarà
necessario associare un sistema di stabilizzazione con gesso o tutore.
Rispetto alla chirurgia, le OD presentano anche rischi minori: gli unici eventi
avversi sono petecchie, gonfiore e dolore che regrediscono nel giro di pochi
giorni. Altri vantaggi sono rappresentati dal fatto che le OD sono un
trattamento con breve durata che può essere efftuato anche in ambulatorio,
senza specifica preparazione del paziente diversamente da quanto accade
per il trattamento chirurgico. Così, gli autori sono concordi nello stabilire
che le OD debbano essere considerate come trattamento di prima scelta nella
gestione di pseudoartrosi, mostrando un’efficacia del tutto simile a quella
della chirurgia, ma essendo quasi del tutto prive di effetti collaterali e più
economiche. Thiele et al. (2015) [105] ha condotto un’interessante analisi
sull’efficacia delle OD focalizzate nel trattamento dell’osteocondrite
dissecante degli adulti. Diversi sono gli studi contenuti nella review che
attestano l’efficacia delle OD soprattutto nelle fasi iniziali della patologia (I e
II stadio). I risultati ottenuti dimostrano riduzione del dolore, gonfiore delle
articolazioni e miglioramento delle immagini radiografiche e di risonanza
magnetica, con regressione dello stadio (molte osteocondriti in stadio II
regredivano allo stadio I). Gli autori, infatti, affermano che anche nel caso
dell’osteocondrite dissecante degli adulti, le OD siano da preferire prima di
qualsiasi intervento invasivo, vista la loro grande efficacia. Vale la pena
citare la review condotta da Furia et al. del 2010 [106], la quale revisiona la
letteratura degli ultimi anni sull’efficacia delle OD nei ritardi di
consolidazione, necrosi avascolare, pseudoartrosi e nelle fratture da stress
(tab. 4.9.). La review riporta dei risultati molto promettenti sull’impiego
delle OD nei ritardi di consolidazione e nelle pseudoartrosi, mostrando
risultati del tutto sovrapponibili alla chirurgia, ma a differenza di
quest’ultima senza complicanze importanti. Le OD stanno trovando
impiego anche nel trattamento delle fratture da stress. Tali fratture si
presentano come fratture parziali o complete che colpiscono maggiormente
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 275

gli atleti e si verificano quando continue tensioni sollecitano la struttura


ossea fino a vincere la resistenza della corticale e provocando in tal modo la
frattura. Gli autori riportano ottimi risultati quando le OD sono utilizzate
nella gestione delle fratture da stress, con buone possibilità di
consolidazione e veloce tempo di recupero e ne raccomandano l’uso negli
atleti [106]. Tra le indicazioni raccomandate dall’ISMST ritroviamo anche la
necrosi avascolare della testa femorale. Le linee guida del 2016 (Roth et al.)
[107] non raccomandano l’uso delle OD focalizzate nel trattamento
dell’osteonecrosi della testa femorale in quanto queste non ne ritardano il
collasso (grado B). Contrariamente alle linee guida, la review di Furia et al.
(2010) [106], già menzionata in precedenza, riporta l’efficacia dell’uso di OD
nella necrosi avascolare della testa femorale con ottimi risultati. Ciò, è
confermato anche dalla recente review di Zhang et al. del 2016 [108], la
quale dimostra che l’uso di OD è maggiormente efficace nei primi stadi
ARCO (Association Research Circulation Osseous, associazione che
promuove lo studio della circolazione ossea ed i suoi disordini) sia nelle
forme primitive che nelle forme secondarie di necrosi avascolare (cortisone,
LES, leucemie, SARS); nei primi stadi, infatti, è possibile ottenere un
risultato migliore in termini di efficacia rispetto al trattamento chirurgico. È
stato anche dimostrato che l’uso delle OD, promuovendo i fenomeni di
neoangiogenesi, la produzione di molecole di adesione e proliferazione,
garantirebbe la salvaguardia del tessuto osseo vitale, contenendo la quota di
tessuto necrotico [108]. La qualità metodologica di questi studi e la mancata
presenza di protocolli di trattamento limitano le evidenze analizzate e
dovrebbero incentivare i ricercatori ad effettuare ulteriori studi.
276 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Tabella 4.9. Sintesi degli studi sulle onde d’urto.


STUDI PATOLOGIA LIVELLO DI PARAMETRI RISULTATI
EVIDENZA

Onde d’urto focali con Quando i sintomi


generatore persistono per più di
elettroidraulico: 2000 6 mesi dopo
impulsi; 0,19-0,32 trattamenti
mJ/mm²; da 1 a 3 conservativi;
sedute a seconda del Stadio I e II di
dispositivo. Gärtner;
Onde d’urto focali con Assenza di rima
generatore densa calcifica:
Tendinopatia - elettromagnetico: 2000 Tendinopatie con
calcifica impulsi; 0,35 mJ/mm²; depositi calcifici non
Current da 1 a 3 sedute in base omogenei (migliori
knowledge on al tipo di dispositivo. risultati);
evidence-based Onde d’urto radiali: Consigliata la tecnica
shockwave 4000 impulsi, 4-5 bar; di puntamento
treatments for da 3 a 5 trattamenti ecografica, tecnica
shoulder secondo il dispositivo con TC più efficace e
pathology impiegato. precisa;
(Moya et al., Intervalli di Attenzione alla
2015). applicazione: 1-2 vascolarizzazione
settimane della testa omerale;
Follow-up: 6-12-18-24 Buon rapporto
settimane dal efficacia/costi;
trattamento Non consigliata
Non consigliato l’uso di l’anestesia.
anestesia.
Impingement stadi I
e II di Neer;
Associare ad esercizi
Tendinopatia - Assenza di dati. di potenziamento e
non calcifica allungamento
muscolare;
Forme interstiziali
parziali.

Tendinopatia
c.l. bicipite
Osteolisi distale - -
di clavicola

Capsulite 4 sessioni a 2500


adesiva impulsi e 0,07-
0,11mJ/mm² di energia.
Riduzione dolore,
High-Energy aumento funzionalità
Extracorporeal di spalla, scomparsa
Shock-Wave 0,28 mJ/mm²: risultati calcificazioni;
Therapy for Tendinopatia - migliori rispetto a basse L’utilizzo della bassa
Treating calcifica cronica energie (rapporto dose- energia migliora la
Chronic Calcific dipendente). funzione articolare,
Tendinitis of the non ha effetto sul
Shoulder dolore.
(Bannuru et al.,
2014).
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 277

Extracorporeal Miglioramento del


Shock-Wave dolore e performance
Therapy for 0,20 mJ/mm², funzionale;
Supraspinatus Nessuna differenza
Calcifying Tendinopatia 0.10 mJ/mm², tra le due densità di
Tendinitis: A calcifica del - energia nella
Randomized sovraspinoso in 2400 impulsi, scomparsa delle
Clinical Trial stadio I e II di calcificazioni;
Comparing Two Gartner 1 volta/settimana per 4 Possibile azione
Different Energy settimane. dell’ossido nitrico nei
Levels (Ioppolo processi di
et al., 2012). riparazione.

Lateral
epicondylitis: Riduzione del dolore
This is still a e miglioramento del
main indication Epicondilite movimento;
for extra- laterale - Onde a bassa energia Eff.coll: ematomi,
corporeal (mancano i parametri). petecchie e dolore;
shockwave È sconsigliato l’uso di
therapy (Thiele anestesia.
et al., 2015).

Efficacy of
physical therapy Nessuno o scarso
for the treatment effetto sul dolore;
of lateral Epicondilite - - I risultati sono
epicondylitis: a laterale influenzati anche da
meta-analysis fattori extra-
(Weber et al., trattamento.
2015).

ARTO INFERIORE
Le OD radiali sono
comparabili all’es.
eccentrico nel follow-
up a medio termine
(4 sett.) per riduzione
The del dolore; le OD
effectiveness of Onde d’urto radiali, sono superiori
extracorporeal Tendinopatia Livello C 2000 impulsi, EFD 0,1 rispetto
shockwave achillea mJ/mm², 8Hz, 3 sedute all’atteggiamento di
therapy in (porzione a intervalli settimanali. attesa nel follow-up a
common lower media) medio termine per
limb conditions: riduzione dolore e
a systematic miglioramento
review disabilità.
including
Le OD radiali +
quantification of
Livello D es.eccentrico sono
patientrated
superiori al solo es.
pain reduction
eccentrico per
(Korakakis et al.,
riduzione dolore.
2017).
2000 impulsi a 2,5 Bar, Le OD radiali sono
Tendinopatia DFE 0,12 mJ/mm², 8 migliori all’es.
inserzionale T. Livello C Hz, 3 sedute a intervalli eccentrico per
Achille settimanali. riduzione dolore e
miglioramento
funzionalità.
278 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

OD focali e radiali
sono superiori al
Tendinopatia Livello D - placebo nel follow-
mista / non up a breve termine (3
specifica mesi) per
miglioramento
disabilità
OD radiali sono
superiori al
trattamento
Livello D - conservativo nel
follow-up a breve e
lungo termine nel
miglioramento della
disabilità
The OD radiali sono
effectiveness of superiori al
extracorporeal trattamento
shockwave conservativo nel
therapy in breve e medio
common lower Trocanterite termine in termini di
limb conditions: recupero percepito
a systematic dal pz;
review OD sono superiori
including alle infiltrazioni di
quantification of Livello C - cortisonici nel follow-
patientrated up a medio e lungo
pain reduction termine nella
(Korakakis et al., riduzione del dolore
2017). e miglioram. del
recupero percepito
dal pz;
OD radiali hanno
risultati uguali al
trattamento
conservativo solo nel
lungo termine nella
riduzione del dolore
e recupero del pz.
Nessuna differenza
tra OD focalizzate e
OD focalizzate Livello B placebo nel follow-
vs placebo nei up a breve e medio
pz con - termine (5-6 mesi) nel
Tendinopatia ridurre il dolore.
patellare (TP)
Nessuna differenza
Livello C tra OD focalizzate e
placebo nel recupero
percepito dal pz.
OD focalizzate OD sono superiori al
vs trattamento trattamento
conservativo conservativo nel
(NSAID, Livello C - lungo termine (2-3
fisioterapia, anni) nella riduzione
potenziamento del dolore,
muscolare, percezione recupero
stretching) nei pz.
pz con TP
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 279

OD focalizzate sono
uguali in termini di
riduzione del dolore
e recupero rispetto al
OD focalizzate PRP nel breve
vs PRP nei pz Livello D - termine (2 mesi);
con TP Nel medio (6 mesi) e
The lungo termine il PRP
effectiveness of è più efficace delle
extracorporeal OD focali nella
shockwave riduzione del dolore
therapy in e nel recupero pz.
common lower OD radiali e focali
limb conditions: hanno uguale
a systematic OD radiali vs efficacia in termini di
review OD focali nei pz Livello D - riduzione dolore e
including con TP miglioramento
quantification of funzione con
patientrated l’aggiunta di es.
pain reduction eccentrico nei pz con
(Korakakis et al., TP sia nel breve che
2017). medio termine (≥14
sett.).
OD radiali danno
Tendinopatia 2500 impulsi, 4 Bar, risultati migliori
prossimale DFE 0,18mJ/mm²,10 negli outcomes
degli Hamstring Livello B Hz, 4 sedute a intervalli funzionali e nella
settimanali riduzione del dolore
nel follow-up a
breve, medio e lungo
termine.

Is Extracorporeal
Shock Wave
Therapy Clinical
Efficacy for
Relief of
Chronic, OD con bassa energia
Recalcitrant sono migliori negli
Plantar Fasciitis? outcome funzionali e
A systematic Fascite plantare nella riduzione del
review and cronica - < 0,20 mJ/mm². dolore.
meta-analysis of
Randomized
Placebo or
Active-
Treatment
Controlled
Trials (Yin et al.,
2014).
Effectiveness of
Extracorporeal Fascite plantare OD a moderata
Shock Wave cronica - 0,1-0,2mJ/mm². energia riducono il
Therapy in dolore e migliorano
Chronic Plantar la funzionalità.
Fasciitis A Meta-
analysis (Dizon
et el. 2013).
280 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Comparative
Effectiveness of
Focused Shock OD a media energia
Wave Therapy danno risultati
of Different migliori senza l’uso
Intensity Levels Fascite plantare - Energia medio-bassa. di anestesia;
and Radial cronica OD focali=OD radiali
Shock Wave in termini di efficacia;
Therapy for La riduzione del
Treating Plantar dolore è direttamente
Fasciitis: A proporzionale
Systematic all’energia utilizzata.
Review and
Network Meta-
Analysis (Chang
et al. 2012).
PATOLOGIE OSSEE
Shock Wave
Ther. as a Treat.t
of Nonunions, Riduzione del tempo
Avascular Fratture da - 2000-6000 impulsi di consolidazione;
Necrosis, and stress 0,3 -0,6 mJ/mm² Minor tempo di
Delayed Healing 10-20 minuti. recupero nei soggetti
of Stress Fract. sportivi.
(Furia et al.
2010).
Adult
osteochondritis Riduzione del dolore
dissecans and Osteocondrite - - e gonfiore delle
focussed ESWT: dissecante articolazioni;
A successful Miglioramento dello
treatment option stadio clinico-
(Thiele et al. patologico.
2015).
Extracorporeal
shockwave Migliori risultati
therapy (ESWT) Pseudoartrosi - - nelle forme
e First choice ipertrofiche;
treatment of Effetti avversi:
fracture non- dolore, gonfiore e
unions? petecchie.
(Schaden et al.
2015)
Extracorporeal OD efficaci sia nelle
shockwave forme idiopatiche che
therapy in Osteonecrosi secondarie; OD>
osteonecrosis of testa femorale - - decompressione
femoral head A chirurgica del core;
systematic OD efficaci nel
review of now dolore ed outcome
available clinical funzionali.
evidences
(Zhang et al.
2016).
Tab. 4.9. Sintesi degli studi dulle onde d’urto; OD: onde d’urto; TP: tendinopatia patellare; PRP:
platelet rich plasma.
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 281

4.2.5. Buone pratiche cliniche sul trattamento con ultrasuoni


Gli Ultrasuoni (US) rappresentano un tipo di onda sonora con frequenza
superiore ai 20.000 Hz, per tale motivo non udibile dall’orecchio umano
(l’uomo è in grado di udire suoni la cui frequenza è compresa tra i 16 e i
20.000 Hz) [1, 7]. L’onda ultrasonora viene generata grazie all’applicazione,
ad un cristallo in materiale piezoelettrico, di corrente elettrica alternata: il
passaggio di corrente elettrica è in grado di causare delle espansioni e
compressioni del cristallo, che funge da vero e proprio trasduttore,
generando così l’onda ultrasonora, data dall’alternarsi di questi fenomeni di
espansione e compressione. La frequenza delle onde sonore generate è la
stessa della corrente elettrica applicata al cristallo. Vi sono sia gli US
continui che pulsati. Gli US pulsati sono generati dall’applicazione di
corrente elettrica alternata solo per un determinato periodo tempo,
alternando così emissione di onde ultrasonore e periodi di pausa. Gli US
continui determinano maggiori effetti termici a livello dei tessuti,
diversamente da quelli pulsati, i quali invece determinano soprattutto effetti
di natura non termica e solo in minima parte anche effetti termici [7]. Prima
di analizzare gli effetti dati dagli US, bisogna fare un breve cenno ai
parametri di utilizzo quali: frequenza, intensità, duty cycle, durata, e
frequenza di trattamento. La frequenza, misurata in Hz, è il numero di cicli
al secondo ed è inversamente proporzionale alla profondità dei tessuti. Visto
che l’onda ultrasonora presenta una frequenza superiore ai 20.000 Hz si
usano Khz e MHz. L’intensità è espressa in W/cm², rappresenta l’energia
trasmessa dall’onda nell’unità di tempo sull’unità di superificie. Il duty
cycle è definito come il rapporto tra la durata dell’impulso e la durata
dell’impulso più la durata dell’intervallo tra due impulsi e viene
generalmente espresso in %. La durata di trattamento e la frequenza variano
da patologia a patologia [7]. L’applicazione degli US si divide in: diretta e
indiretta. La tecnica di applicazione diretta è quella più frequente; si basa
sull’applicazione della testina a contatto diretto con l’area da trattare
attraverso l’interposizione di uno strato in gel che elimini l’eventuale aria
interposta. La tecnica diretta può essere utilizzata sia con manipolo mobile
che fisso (anche se quest’ultimo è in via di abbandono). La tecnica indiretta,
invece, si basa sull’immersione in acqua dell’area trattata eliminando così
qualsiasi forma di interferenza con l’ambiente esterno, essendo l’acqua un
mezzo dotato di buone conducibilità sonore. Quest’ultima tecnica è
consigliata soprattutto per trattare aree anatomiche particolarmente difficili
da gestire con la tecnica diretta. Gli effetti che gli US determinano nei tessuti
282 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

sono fondamentalmente di due tipi, termici e non termici. Gli effetti termici
sono legati prevalentemente alla trasformazione dell’energia meccanica
dell’onda ultrasonora in calore: maggiore sono l’intensità e il coefficiente
d’assorbimento dei tessuti e maggiore sarà l’aumento di temperatura.
L’aumento di temperatura è particolarmente evidente utilizzando la tecnica
fissa di somministrazione degli US. Gli effetti di natura non termica sono
dovuti a fenomeni cavitazionali e non [7]. La cavitazione è data dalla
formazione di bolle in seguito al passaggio delle onde sonore. Le bolle,
entrando in vibrazione, creano aumento del flusso di liquidi nei tessuti
circostanti. L’esplosione di bolle che vengono colpite da altre onde sonore
crea un microgetto, responsabile degli effetti terapeutici. Gli effetti non
cavitazionali non sono ancora del tutto chiari. Gli effetti biologici degli US
sono molteplici: agiscono a livello delle membrane nucleari, lisosomiali e
cellulari aumentandone la permeabilità; favoriscono la degranulazione ed il
rilascio di fattori chemiotattici promuovendo la risposta dei macrofagi e in
tal modo permettono un’azione antinfiammatoria; incrementano la sintesi di
fattori di crescita e proteine da parte dei fibroblasti; incrementano l’afflusso
di sangue promuovendo l’eliminazione di cataboliti e l’apporto di nuovi
nutrienti, permettendo la riduzione della sintomatologia dolorosa e i
fenomeni di guarigione [1, 7].
I crioultrasuoni sono un tipo di terapia fisica strumentale che associa
l’azione meccanica degli US a quella refrigerante della crioterapia. Tale
terapia si serve di una frequenza pari a 1 MHz e di intensità pari a 1-3
W/cm², con temperatura variabile tra i +5°C e -5°C [49]. I crioultrasuoni
permettono di ridurre l’effetto termico degli ultrasuoni, aggiungendo le
proprietà benefiche del freddo (vasocostrizione, riduzione del metabolismo,
effetto antalgico) [49]. Le controindicazioni sono riportate in tabella (tab.
4.10.) [8-9].

Tabella 4.10. Controindicazioni al trattamento con ultrasuoni.


Controindicazioni Razionale / Note
Sopra aree con alterata circolazione. Rischio di aumento dell’area ischemica,
dolore, danno tissutale a causa dell’incapacità
di dissipare il calore da parte del circolo
sanguigno. Si possono usare con cautela gli US
pulsati.
Epifisi fertili. Possono essere usati negli adolescenti a basse
intensità.
Sulle aree di trombosi e tromboflebiti. Rischio di distacco o disgregazione del
trombo.
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 283

Su aree infette e TBC. Non applicare su aree infette sotto tensione


per rischio aumentato di diffusione; se le
lesioni sono aperte utilizzare US pulsati.
Su qualsiasi impianto elettronico (pace- Rischio di malfunzionamento per
maker). surriscaldamento (modalità continua).
Area addominale, pelvica, lombare nelle Rischio di indurre cavitazione nel liquido
donne in gravidanza. amniotico con possibili danni al feto
Sopra le gonadi. Rischio di infertilità (soprattutto maschile).
Su aree emorragiche. Rischio di aumentato sanguinamento per
distruzione coagulo e aumentato rischio di
sanguinamento.
Su neoplasie maligne. Rischio di promuovere la crescita tumorale e
di nuovi vasi sanguigni.
Sull’occhio. Rischio di indurre fenomeni di cavitazione
nell’humor acqueo e danni retinici.
Su area pelvica e lombare nella fase Rischio di incremento del flusso.
mestruale del ciclo.
Sulla colonna spinale dopo intervento di Incremento di fenomeni cavitazionali nel
laminectomia o spina bifida. liquido cerebrospinale. Possono esser utilizzati
con cautela, evitando l’area interessata.
Su impianti plastici ed in cemento. US continui non devono essere mai utilizzati;
US pulsati possono essere utilizzati con
cautela. Rischio di danno agli impianti plastici
per surriscaldamento. Non controindicati, con
precauzione, negli impianti metallici.
Su aree infiammate e / o danneggiate. Rischio aumentato di infiammazione dell’area.
Mai utilizzare US continui. Si possono usare
con cautela quelli pulsati, monitorando i segni
di infiammazione.
Tessuto recentemente sottoposto a Rischio di eventuale crescita di cellule
radioterapia nei 6 mesi precedenti. cancerogene ancora presenti nell’area.
Alterata sensibilità dell’area trattata o Rischio di surriscaldamento e dolore. Si
deficit cognitivo/alterazione nella possono usare US pulsati.
comunicazione.
Su aree cutanee danneggiate. Rischio di ulteriore irritazione e trauma. Si
possono usare US pulsati nelle ferite aperte.
Regione anteriore del collo e carotidi. Effetti sconosciuti.
Applicazione su nervi periferici. Fare attenzione a tale applicazione, in quanto
può dare sensazione di formicolio.
Tab. 4.10. Controindicazioni ultrasuoni [8-9].

Sono stati inclusi 20 studi. Di cui: 6 revisioni Cochrane [27, 109, 110, 115, 121,
125], 10 review (4 meta-analisi [111, 112, 117, 124], 5 systematic review [84,
118, 120, 123, 127], 1 review [119]) ed 4 RCT [126, 128-130] (Fig. 4.5.). Oltre a
questi studi all’interno della discussione sono inserite le eventuali
raccomandazioni, contenute nelle linee guida patologia-specifiche, relative al
trattamento con ultrasuoni.
284 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Studi identificati
attraverso ricerca
nei principali Studi identificati da
database (659) altre fonti (0)

Studi dopo
eliminazione di
duplicati (146)

Studi esclusi dopo


Studi sottoposti a
analisi di titolo ed
screening (146)
abstract (115)

Full text valutati per Full text esclusi a


l’eleggibilità (34) causa di: studi in
vitro, outcome
clinici non
Studi inclusi nella riportati, studi non
sintesi qualitativa recenti (14)
(20)

Fig. 4.5. Flow chart degli studi analizzati per gli ultrasuoni.

Gli ultrasuoni presentano un’ampia gamma di usi nella pratica clinica


riabilitativa (tab. 4.11.). Diversi sono gli impieghi nelle patologie muscolo-
scheletriche. La revisione Cochrane del 2013 di Page et al. [109] ha valutato
l’uso di US nei pazienti con sindrome del tunnel carpale. Rispetto al placebo
gli studi hanno evidenziato un miglioramento globale a breve termine,
soprattutto per quanto riguarda il dolore, le parestesie, così come le prove di
forza (le quali mostrano buoni risultati a circa sette settimane di
trattamento). Inoltre, non vi è differenza tra le due intensità utilizzate (0,8
W/cm² e 1,5 W/cm²) riguardo l’efficacia. Buoni risultati si hanno anche
all’esame elettromiografico, soprattutto per quei pazienti che ricevono US
con intensità più basse (0,8W/cm²) [109]. Tali miglioramenti si mantengono
anche a distanza di circa 6 mesi di follow-up. Riguardo le frequenze
impiegate, gli US a 3 MHz, così come quelli con intensità di 1,5 W/cm²
hanno mostrato, a circa 3 mesi di trattamento, risultati migliori in termini di
riduzione delle parestesie, dolore, negatività all’esame obiettivo (segno di
Tinel) rispetto all’uso di US a 1 MHz [109]. L’uso della frequenza più bassa,
porta, invece, ad un incremento della forza di presa di piccoli e grandi
oggetti [109]. Rispetto ad altri trattamenti conservativi, lo studio ha mostrato
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 285

come gli US fossero superiori al LLLT nella riduzione del dolore,


nell’aumento di forza e nel miglioramento dei parametri elettromiografici
[109]. La terapia di associazione di US, splint ed esercizio, secondo gli autori,
garantisce ottimi risultati a breve e lungo termine. Anche se la review ha
mostrato buoni risultati, la revisione degli articoli e l’analisi della
metodologia non riportano evidenze di elevata qualità tali da poter
affermare con sicurezza l’efficacia degli US, così come la raccomandazione
di determinati parametri. Possiamo concludere affermando che, pur
essendoci un’evidenza alquanto limitata, l’uso degli US è comunque utile
nella gestione del dolore in pazienti con sindrome del tunnel carpale nel
breve e lungo termine. Vi è un’evidenza insufficiente per supportare l’uso di
un regime di US rispetto ad un altro o l’uso degli US come trattamento di
miglior efficacia rispetto ad altri trattamenti conservativi quali splint,
esercizio e farmaci antidolorifici orali. La Cochrane di Van De Bekerom et al.
2011 [110] focalizza l’attenzione sull’impiego degli US nelle distorsioni acute
di caviglia. L’utilità di tale terapia è risultata abbastanza limitata
considerando soprattutto outcomes come dolore, gonfiore, performance
funzionale (in modo particolare la capacità di camminare e caricare sull’arto
interessato) ed il ROM articolare, i quali non mostrano esiti statisticamente
significativi. Al confronto con altri trattamenti, quali l’elettroterapia, gli US
non garantiscono la riduzione del dolore, ma anche in questo caso le
differenze tra le due terapie non sono statisticamente significative. Vista la
scarsa evidenza sull’uso degli US nelle distorsioni acute di caviglia ed il
fatto che la revisione Cochrane presenti molti limiti, anche legati alla
mancanza di adeguati parametri di trattamento, nessuna conclusione può
essere tratta riguardo l’applicazione di tale terapia nel trattamento delle
distorsioni acute di caviglia e nella scelta della dose ottimale da
somministrare al paziente. Ruedi Stueri et al. (2017) [111], nella revisione
sistematica e meta-analisi di 177 RCT, studio di elevata qualità che segue i
criteri del Prisma Statement, ha valutato l’efficacia clinica degli US nella
sindrome da impingement di spalla. Gli ultrasuoni con durata più lunga di
trattamento (8 minuti) presentano un maggior beneficio in termini di dolore
e performance funzionale rispetto a quelli di breve durata (4 minuti) anche
se con evidenza di bassa qualità. Ancora una volta, la scarsa qualità degli
studi clinici compresi nella review ci limita nell’affermare che gli ultrasuoni
possano avere un’utilità nel trattamento di pazienti con impingement di
spalla. Un’altra patologia di spalla è la tendinopatia della cuffia dei rotatori
e a tal riguardo la systematic review di Desmeules et al. (2015) [112] offre un
286 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

ampio sguardo al possibile impiego degli US in tale patologia. Gli 11 RCT


analizzati impiegano US con intensità compresa tra 0,5 e 1,5 W/cm²,
frequenza di 1-3 Mhz, tempo di somministrazione da 3 a 15 minuti, per un
periodo medio di 2-5 settimane. Rispetto ad altri interventi, gli US non
mostrano maggiore efficacia né riguardo la riduzione del dolore, né il
miglioramento funzionale. L’impiego di dosi più elevate (1,5 W/cm²)
permette di ottenere un maggior beneficio, soprattutto quando gli US
vengono somministrati insieme ad altre terapie fisiche (TENS, infrarossi ed
esercizio). Basata su un basso livello di evidenza, la terapia con US non ha
mostrato giovamento e non aggiunge benefici quando è utilizzata insieme
all’esercizio. La Cochrane di Page et al. [27], sulle diverse modalità di terapia
fisica nella patologia della cuffia dei rotatori, aggiunge che la terapia con US
risulta utile soprattutto nella forma di tendinopatia calcifica di spalla, ma
l’associazione con altre modalità terapeutiche non apporta beneficio al
paziente. Tra le atre indicazioni degli US ritroviamo anche il low back pain
(LBP) e la cervicalgia. Solo le LG SIMFER 2011 raccomandano gli US nelle
forme acute e croniche di cervicalgia (B) [113]. Le LG toscane (ISS, 2015) [35]
raccomandano gli US nel low back pain con grado C nelle forme croniche e
SIMFER 2016 [114] li raccomanda in quelle associate a radicolopatia. Una
revisione Cochrane recente (Ebadi et al. 2014) [115] ha messo in luce
l’impiego degli US in pazienti con LBP cronico non specifico. La terapia
eseguita con sedute variabili da un numero minimo di 6 a un massimo di 18,
con US continui con 1 MHz di frequenza ed intensità compresa tra 1 W/cm²
e 2,5 W/cm² ha mostrato una bassa evidenza nella gestione del dolore;
diversamente abbiamo un livello di evidenza moderato riguardo il
miglioramento della performance funzionale rispetto al placebo. Vi è poi un
livello di evidenza molto basso riguardo il miglioramento del ROM in
flessione; mentre è presente un livello di evidenza moderato nel
miglioramento del ROM in estensione rispetto al placebo. Insieme
all’esercizio gli US mostrano un livello di evidenza basso rispetto
all’esercizio da solo, sia nella gestione del dolore, sia nel miglioramento
della funzione. Al confronto con altri trattamenti conservativi
(elettroterapia, manipolazioni, fonoforesi) il livello di evidenza varia da
basso a molto basso senza nessuna differenza significativa tra le varie
opzioni di trattamento nella gestione del dolore. Riguardo i diversi
parametri impiegati, gli autori hanno affermato che non è possibile stabilire
gli esatti parametri, visto la variabilità e l’inconsistenza dei risultati dei
singoli studi. Possiamo affermare che l’uso degli US nei pazienti con LBP
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 287

non è un trattamento efficace visto lo scarso livello di evidenza. Riguardo le


patologie menzionate in precedenza, (distorsioni di caviglia, LBP e
tendinopatia di spalla), anche l’Associazione Italiana di Fisioterapisti (AIFI)
non raccomanda gli US come metodica di trattamento [116]. È stato visto
anche un parziale beneficio nel trattamento con US in pazienti con
osteoartrosi (OA). Le LG VA / DoD (Veterans Affairs / Department of
Defense) ne raccomandano il trattamento in pazienti con coxartrosi (C) [51].
La systematic review e meta-analisi di Zhang et al. del 2015 [117], studio che
si attiene ai criteri del Prisma Statement, conferma come l’applicazione di
US nel trattamento dell’OA di ginocchio abbia dato risultati soddisfacenti:
l’applicazione di US (1 MHz, 0,2-2,5 W/cm²) determina riduzione del dolore
e miglioramento della funzione; non vi è nessuna differenza tra la modalità
con US pulsati e quella continua, così come non vi è nessuna differenza nella
durata del trattamento (4 ed 8 settimane), che deve essere invece valutato di
volta in volta e relazionato alla patologia del singolo paziente. L’uso degli
US è stato considerato anche in altre patologie muscolo-scheletriche: in
modo particolare, l’efficacia degli US sull’epicondilite laterale di gomito è
dimostrata da una systematic review di Dingemanse et al., che documenta
una modesta azione nel medio termine con miglioramento generale della
sintomatologia [118]; inoltre, l’associazione di US e massaggi con frizione ha
dimostrato una modesta efficacia nel breve termine rispetto al LLL [118]. La
review di Marc et al. (2013) [119] dimostra, invece, l’inconsistenza dei
risultati nella forma di tendinopatia achillea non inserzionale. Van der
Windt et al. [120] ha pubblicato una systematic review sull’impiego degli US
nelle patologie muscolo-scheletriche considerando 38 RCT che riguardano
svariate patologie quali epicondilite, dolore di spalla, artrite reumatoide,
distorsioni di caviglia e disturbi temporo-mandibolari. I pazienti con
epicondilite laterale rispondono molto bene alla terapia (1 MHz, 1-2 W/cm²)
con miglioramento della sintomatologia dolorosa; riguardo la tendinopatia
di spalla vi sono risultati clinicamente e statisticamente significativi, ma la
scarsa qualità metodologica degli studi ci limita nell’affermare che ci sia una
buona evidenza nell’uso degli US in tale patologia. Gli studi su patologie
reumatiche, distorsioni di caviglia, dolore all’articolazione temporo-
mandibolare e dolore miofasciale non hanno permesso di trarre adeguate
risposte sull’efficacia della terapia a causa dei notevoli limiti che presentano
i singoli studi con livelli di evidenza del tutto insufficienti. La review
dimostra che vi è soltanto una piccola evidenza nell’uso degli US nel
trattamento dell’epicondilite laterale di gomito, mentre per le altre patologie
288 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

tendinee non possiamo giungere ad adeguate conclusioni riguardo l’uso di


US nelle diverse patologie muscolo-scheletriche (soprattutto distorsioni di
caviglia, patologie reumatiche, dolore miofasciale e disturbi
dell’articolazione temporo-mandibolare). Gli US trovano impiego anche nel
trattamento di ulcere e lesioni cutanee. Vale la pena citare la recente
revisione Cochrane del 2017 di Cullum et al. [121] sull’uso degli US nelle
ulcere venose degli arti inferiori. Al confronto tra US ad alta frequenza (1
Mhz; 1 W/cm²) e terapia standard, gli autori affermano che c’è un livello di
evidenza molto basso riguardo l’uso degli US nella guarigione delle ulcere a
3 settimane. Il livello di evidenza è, invece, moderato nel caso di guarigione
con follow-up a 12 settimane. Il livello di evidenza rimane comunque basso
nel supportare la guarigione delle ulcere a 12 mesi. Gli US a bassa frequenza
mostrano sempre un livello di evidenza molto basso nella guarigione delle
ulcere da 8 a 12 settimane (3 volte a settimana in acqua, 30 KHz, 0,1 W/cm²).
Vista la scarsa qualità metodologica degli studi compresi nella review, non
si possono trarre conclusioni esaustive riguardo l’efficacia degli US nella
guarigione delle ulcere venose degli arti inferiori. Negli ultimi anni, si è
diffusa anche la pratica di impiegare gli US nel favorire la consolidazione
delle fratture nella popolazione adulta. Una recentissima LG del 2017 [122],
non raccomanda l’uso degli US pulsati a bassa intensità (low intensity pulsed
ultrasound-LIPUS) nella gestione di fratture in fase acuta, pseudoartrosi,
fratture da stress ed osteotomie. Ciò è in parte confermato da una recente
systematic review del 2017 [123] sull’uso degli US a bassa intensità, che
afferma che tale trattamento non è consigliato nella gestione di fratture in
fase acuta in quanto presenta una mancata efficacia nella riduzione del
dolore, nella riduzione dei tempi di carico e nella guarigione radiografica.
La systematic review di Leighton (2017) [124], studio di elevata qualità che si
attiene ai criteri del Prisma Statement, precisa che gli US pulsati a bassa
intensità, invece, siano particolarmente utili nel trattamento di
pseudoartrosi, soprattutto dopo 3-6 mesi dall’evento acuto o dalla
stabilizzazione con mezzi di sintesi chirurgici. Inoltre, gli autori hanno
dimostrato come gli US siano efficaci anche nella gestione di fratture non
trattate chirurgicamente. Essi, suggeriscono l’utilizzo di US pulsati
soprattutto in pazienti non candidabili all’intervento chirurgico per rischio
legato ad età, demenza, ipertensione elevata, ventilazione meccanica, acidosi
metabolica, coma ed insufficienza d’organo multipla [124]. La revisione
Cochrane di Griffin et al. [125] include 12 RCT sull’uso di US nelle fratture.
Il trattamento con US a bassa frequenza riduce il tempo di consolidamento
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 289

delle fratture, ma la differenza con il gruppo di controllo non è


statisticamente significativa. Inoltre, i risultati sono migliori nei pazienti con
fratture trattate conservativamente rispetto a quelli trattati chirurgicamente.
Riguardo i ritardi di consolidamento e le fratture non unite, la review non
mostra risultati statisticamente significativi. Si può concludere che non vi è
supporto all’utilizzo di US a bassa frequenza nel trattamento delle fratture,
sia nelle forme complete, sia in quelle da stress, ma sono una valida
alternativa di trattamento nelle pseudoartrosi in determinati pazienti.
Un uso alquanto caratteristico degli US, legato alla trasformazione
dell’energia meccanica in calore, è data dall’applicazione come mezzi fisici
in grado di favorire il rilasciamento e lo stretching dei muscoli. Infatti,
l’applicazione di calore sul tessuto muscolare è in grado di agire sul
collagene di tipo I, consentendo la massima resistenza passiva nel muscolo
[126] e rendendo tale forma di collagene più estendibile. Il calore, inoltre,
aumenta il flusso sanguigno e garantisce in tal modo la rimozione dei
cataboliti [126]. Lo studio di Morishita et al del 2011 [126] ha cercato di
chiarire l’effetto di US e stretching sul ROM e sul dolore valutando la
relazione tra i due effetti. Gli autori hanno coinvolto un campione di 15
soggetti maschi e applicato US a 3 MHz, 1 W/cm², duty cycle 100 %, per 10
minuti a modalità continua. Hanno trovato che l’applicazione di US
garantisce l’aumento del ROM attivo e passivo; inoltre si riesce a
raggiungere un aumento della temperatura cutanea superficiale tale da
determinare l’aumento della soglia dolorifica che accompagna lo stretching,
limitando così anche la sensazione di dolore [126]. L’aumento della “soglia
dolorifica di stretching” è dato dal fatto che gli US, grazie all’emissione
continua di onde determinanti delle micro-vibrazioni all’interno dei tessuti,
possano influenzare la sensibilità dei meccanocettori e dei fusi muscolari, in
modo tale da determinare l’aumento del ROM riducendo
contemporaneamente il dolore [126]. Inoltre, gli US agiscono aumentando
l’elasticità della cute e del muscolo grazie al fatto che il calore sprigionato va
ad agire sulle proprietà viscoso-elastiche del tessuto connettivo. Nakano et
al. nella systematic review del 2012 [127] ha valutato se l’applicazione di
calore potesse favorire lo stretching muscolare e l’aumento del ROM. Gli
studi inclusi impiegavano come frequenza 1-3 MHz, con intensità di 1.5-2
W/cm² e tempo di applicazione che variava da 5 a 7 minuti. L’applicazione
di US più stretching favorisce l’aumento del ROM, anche se in realtà non è
considerata la metodica migliore tra quelle che erogano calore (diatermia,
impacchi caldi, ecc.).
290 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Riguardo i crioultrasuoni riportiamo diversi trial, tra cui quello di


Costantino et al. (2014) che compara l’efficacia dei crioultrasuoni rispetto
alla crioterapia da sola. È stato notato come l’uso di crioultrasuoni sia utile
nella gestione del dolore a 3, 12 e 18 mesi nei pazienti con fascite plantare
cronica con sperone calcaneare resistente a 6 mesi di trattamenti
convenzionali [128]. Tale trattamento trarrebbe la sua efficacia dall’effetto
combinato degli ultrasuoni, i quali agiscono determinando un effetto di
vasodilatazione, seguito dall’effetto di vasocostrizione della crioterapia. Ciò
permette alla crioterapia di controbilanciare l’effetto termico degli
ultrasuoni, migliorando l’effetto meccanico e biologico sulla rigenerazione
tissutale [128]. Il trial di Longo et al. (2007) confermava già l’utilità dei
crioultrasuoni nelle tendinopatie, soprattutto per quanto riguarda la
gestione del dolore, mentre avrebbe scarsa efficacia sulla funzione articolare
[129]. Vulpiani et al. (2015) [130] in un trial randomizzato confronta
l’efficacia di OD e crioultrasuoni nel trattamento dell’epicondilite laterale,
concludendo che i crioultrasuoni presentano scarsa efficacia nella gestione
del dolore a 6 e 12 mesi rispetto alla terapia con OD. Non vi è differenza,
invece, dopo il primo mese di trattamento. Infine, la systematic review di
Wiegerinck et al. (2012), sui possibili trattamenti della tendinopatia achillea,
riporta un solo studio sui crioultrasuoni, ma non trae alcuna conclusione
riguardo l’efficacia della terapia a causa del campione di pazienti troppo
piccolo [84].

Tabella 4.11. Sintesi delle evidenze sugli ultrasuoni.


REVIEW PATOLOGIA LIVELLO DI PARAMETRI RISULTATI
EVIDENZA
Nessuna differenza
di efficacia:
0,8-1,5 W/cm². miglioramento del
dolore, parestesie,
Therapeutic forza, parametri
ultrasound for - elettromiografici.
carpal tunnel Tunnel carpale
Riduzione dolore e
syndrome (Page et
1,5-3 W/cm². delle parestesie
al., 2013).
Migliore rispetto al
LLLT.
- Efficace se associato
ad esercizi e splint.
Therapeutic Scarsi benefici su
ultrasound for acute Distorsioni dolore, gonfiore;
ankle sprains (Van acute di caviglia - - ROM, performance
De Bekerom et al., funzionale.
2011).
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 291

Effectiveness of
conservative
interventions Utile nel dolore,
including exercise, Sindrome da - - funzione e ROM solo
manual therapy and impingement di in associazione a
medical manag. in spalla esercizio.
adults with shoulder
impingement: a
systematic review
(Stueri et al., 2017).

The efficacy of
therapeutic
ultrasound for Scarso beneficio su
rotator cuff Tendinopatia 0,5-1,5 W/cm² dolore e funzione
tendinopathy: A della cuffia dei - 1-3 MHz Maggior beneficio
systematic review rotatori 3-15 minuti. per uso di 1,5 W/cm².
and meta-analysis
(Desmeules et al.,
2014).
Utile nelle forme di
Electrotherapymodal Tendinopatia tendinopatia
ities for rotator cuff della cuffia dei - - calcifica; nessun
disease (Page et al., rotatori beneficio quando
2016). associata ad altre
terapie fisiche.
Bassa Scarso beneficio su
Therapeutic dolore.
ultrasound for LBP Moderata 1-2,5 W/cm² > ROM in estensione.
chronic low-back 1 MHz
pain (Ebadi et al., Bassa US > esercizio.
2014). Bassa/molto US rispetto a
bassa trattamenti
conservativi.
Effects of
therapeutic Riduzione del dolore
ultrasound on pain, e aumento della
physical functions performance
and safety outcomes Osteoartrosi del 1 MHz funzionale.
in patients with ginocchio - 0,2-2,5 W/cm². Nessuna differenza
knee osteoarthritis: tra US pulsati e
A systematic review continui e nella
and meta-analysis durata del
(Zhang et al., 2015). trattamento (4-8
settimane).
Low intensity
pulsed ultrasound Nessun beneficio sul
for bone healing: consolidamento della
systematic review of Fratture in fase - 20 min/die. frattura nè sul
randomized acuta dolore.
controlled trials
(Schandelmaier et
al., 2017).
292 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Evidence for the


effectiveness of
electrophysical Migliora la
modalities for Epicondilite sintomatologia nel
treatment of medial laterale di - - medio termine; utile
and lateral gomito l’associazione con
epicondylitis: a massaggio-frizione.
systematic review
(Dingemanse et al.,
2014).
Healing of fracture
nonunions treated Beneficio su
with low-intensity pseudoartrosi; utili
pulsed ultrasound Pseudoartrosi - - nei pazienti non
(LIPUS): A candidabili
systematic review all’intervento
and meta-analysis chirurgico.
(Leighton et al.,
2017).
Ultrasound therapy Epicondilite,
for musculoskeletal artrite Beneficio soprattutto
disorders: a reumatoide, nell’epicondilite
systematic review dolore di spalla, - - laterale di gomito e
(Van Der Windt et distorsioni di tendinopatia di
al., 1999). caviglia, spalla.
disturbo
temporo-
mandibolare
Bassa 1 W/cm², Guarigione a 3 sett.
1 MHz.
Therapeutic Moderata Guarigione a 12 sett.
ultrasound for Ulcere venose
Bassa 30 KHz 0,1, Guarigione a 12 mesi.
venous leg ulcers
W/cm²,
(Cullum et al., 2017).
Molto bassa 3 volte/sett. in Guarigione a 8-12
acqua. sett.
Ultrasound and 30 mW/cm², Riduce il tempo di
Shock wave therapy 1,5 MHz, consolidamento;
for acute fractures in Fratture - 200 μs impulsi, migliori risultati in
adults (Griffin et al., 20 min/die. fratture trattate per
2014). via conservativa.
The effect of heat
applied with stretch Stretching e 1,5-2 W/cm², Us+ stretching
to increase range of ROM - 1-3 MHz, favoriscono
motion: A systematic 5-7 minuti. l’aumento del ROM.
Review (Nakano et
al., 2012).
Effects of 3 MHz, 1 W/cm²,
Therapeutic duty cycle 100 Garantisce l’aumento
Ultrasound on Stretching e - %, per 10 minuti del ROM e riduce il
Range of Motion ROM a modalità dolore.
and Stretch Pain continua.
(Morishita et al.,
2014).
Tab. 4.11. Sintesi delle evidenze sugli ultrasuoni.
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 293

4.2.6. Buone pratiche cliniche sul trattamento riabilitativo con


energia vibratoria
Le vibrazioni sono sollecitazioni meccaniche di tipo oscillatorio che vengono
applicate a tutto il corpo, Whole Body Vibration (WBV), o a parte di esso,
come nel caso della vibrazione localizzata (segmentale o focale). Da un
punto di vista biomeccanico sono tre i parametri che caratterizzano una
vibrazione: la frequenza, espressa in Hz, l’ampiezza, espressa in mm, e la
durata dei cicli che rappresenta il tempo in cui lo stimolo vibratorio viene
applicato. L’utilizzo dell’energia vibratoria sul tessuto muscolare inizia dagli
anni ’60, quando fu notato che induceva la contrazione di muscoli agonisti e
l’inibizione di muscoli antagonisti, determinando una risposta
neuromuscolare definita "riflesso tonico da vibrazione" (Tonic Vibration
Reflex-TVR). Tale metodica venne allora utilizzata in modo empirico per
ridurre il grado di spasticità in pazienti affetti da ictus [131]. La vibrazione
localizzata è stata largamente utilizzata in ambito terapeutico, soprattutto
con lo scopo di attivare il sistema propriocettivo di singoli gruppi muscolari
o di specifiche articolazioni, sfruttando le proprietà dei recettori sensibili
all’allungamento, i fusi neuromuscolari. Lo scopo principale è quello di
ottenere sequenze di allungamento ed accorciamento delle singole fibre
muscolari di almeno 0,5 millimetri con frequenze variabili tra i 20 e gli 80 Hz
[131]. La massima sensibilità alle vibrazioni nell'uomo si ha per frequenze
variabili tra 200 e 250 Hz. Frequenze minori o maggiori sono, invece,
percepite solo se l’oscillazione è particolarmente ampia. L’intensità degli
stimoli vibratori viene codificata non dalla frequenza di scarica delle fibre
attivate, ma dal numero di fibre nervose sensitive attivate. Per tale motivo
quando si utilizzano frequenze di 250 Hz vengono attivati solo i corpuscoli
di Pacini immediatamente sotto al punto di contatto con la cute del
trasduttore di vibrazione. Poi con l’aumentare dell’ampiezza si attivano i
corpuscoli di Pacini meno vicini al punto di contatto con il trasduttore e i
corpuscoli di Meissner. Il numero di fibre attivato è quindi direttamente
proporzionale all’ampiezza dello stimolo vibrante [131]. Da ciò si può
comprendere come la vibrazione possa essere applicata per evocare una
scarica stabile ad alta frequenza lungo le fibre afferenti del riflesso di
stiramento. Se l'ampiezza oscillatoria della vibrazione non eccede i 2 mm i
muscoli antagonisti non vengono coinvolti. Quindi, stimoli vibratori
applicati sulla giunzione mio-tendinea compresi tra i 100 e i 200 Hz, con
ampiezze comprese tra 1 e 2 mm sono in grado di determinare l’attivazione
di un muscolo senza diffondersi al muscolo antagonista. Inoltre, è stato
notato il coinvolgimento da parte dei propriocettori muscolo-articolari
meccanici di tipo III e IV nel controllo motorio [131]. Queste ultime sono
294 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

abbondantemente rappresentate in sede articolare, muscolare e legamentosa


e sono molto sensibili alle variazioni di forza durante la contrazione
isometrica [131]. L’energia vibratoria, quindi, esplica la sua azione anche
attraverso le afferenze di tipo III e IV modulando il tono muscolare. Questa
modulazione sul tono muscolare dimostra che la vibrazione presenta un
probabile ruolo sul sistema γ statico, il quale garantisce il mantenimento di
uno stato di contrazione di base che non crea ostacolo al movimento
intenzionale, a differenza del sistema γ dinamico, la cui azione esalta il
segnale fusale creando un forte comando di opposizione alla variazione di
pressione. La Whole Body Vibration (WBV) consiste nell’applicazione di
energia vibratoria a tutto il corpo. Trova impiego soprattutto nella
riabilitazione delle patologie neurologiche ed ortopediche, ma anche
nell’ambito sportivo con la funzione di migliorarne le prestazioni.
Le principali controindicazioni sono riportate in tabella (tab. 4.12.) [132-133].

Tabella 4.12. Controindicazioni al trattamento con energia vibratoria.


Controindicazioni Whole Body Vibration.
Patologie vascolari (sindrome di Reynaud, telegectasie vicino l’area di trattamento).
Spirali anticoncezionali e patologie dell’app. riproduttivo.
Presenza di mezzi di sintesi e pace-maker.
Gravidanza.
Alterazioni della conduzione neuromuscolare.
Epilessia.
Algie in fase acuta (lombalgia, cervicalgia) ed ernie.
Post-intervento chirurgico.
Neoplasie.
Controindicazioni Energia Vibratoria Focale.
Gravidanza.
Epilessia.
Trombosi venosa profonda arti inferiori.
Su processi infiammatori e ferite aperte.
Applicazione sull’area cervicale.
Tab. 4.12. Controindicazioni energia vibratoria [132-133].

Nella nostra ricerca, sono stati inclusi 15 lavori scientifici che hanno rispettato
i criteri di inclusione ed esclusione, di cui: 1 revisione Cochrane [148], 4 review
(1 meta-analisi [147], e 3 review [137, 140, 143]) e 10 RCT [134-136, 138-139,
141-142, 144-146] (fig. 4.6.).
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 295

Studi identificati
attraverso ricerca
nei principali Studi identificati da
database (355) altre fonti (0)

Studi dopo
eliminazione di
duplicati (85)
Studi esclusi
dopo analisi di
Studi sottoposti a titolo ed abstract
screening (85) (58)

Full text esclusi a


Full text valutati per causa di: studi in
l’eleggibilità (27) vitro, outcome
clinici non
riportati, studi
Studi inclusi nella non recenti (12)
sintesi qualitativa
(15)

Fig. 4.6. Flow chart degli studi analizzati per l’energia vibratoria.

Uno degli usi più comuni e più studiati, nell’ambito riabilitativo,


dell’energia vibratoria focale o segmentale è rappresentato dal trattamento
della spasticità. Nel management della spasticità solo le LG AHA / ASA [12]
ne raccomandano l’impiego con livello di evidenza A. L’applicazione di
energia vibratoria (120 Hz) ed esercizio terapeutico ai muscoli bicipite
brachiale e flessore ulnare del carpo ha dato ottimi risultati nel movimento
di reaching in pazienti con emiparesi da stroke cronico come riportato dal
RCT di Tavarnese et al. [134]. È stato visto come dopo il trattamento con
energia vibratoria si assista ad un miglioramento del movimento dell’arto
superiore in termini di fluidità, con ridotte anomalie che interferiscano con il
movimento di reaching; inoltre, la terapia consente di regolare lo schema
motorio, ridurre la durata complessiva del movimento che risulta più fluido
ed accurato rispetto al gruppo controllo, migliorare l’esecuzione motoria
complessiva dell’arto superiore (aumento della velocità angolare
dell’articolazione di spalla dopo 2 settimane di trattamento). L’applicazione
di energia vibratoria segmentale permette anche di modulare l’attività
muscolare durante il movimento di reaching dell’arto superiore in pazienti
296 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

con stroke cronico (Paoloni et al. 2014, RCT [135]). Ciò è stato notato
soprattutto per il bicipite brachiale: attraverso uno studio elettromiografico,
tale muscolo, durante il movimento, ha mostrato un reclutamento di forza
inferiore con minor comparsa di fenomeni di co-contrazione muscolare.
Inoltre, è stato visto che, in seguito al trattamento, ci sia anche una quota
minore di pre-attività muscolare generalmente presente nei pazienti con
stroke, la quale altera la normale attività muscolare; si assiste anche ad
aumento del rapporto di modulazione muscolare, consentendo il
miglioramento della performance funzionale e l’incremento della capacità di
eseguire il movimento richiesto. Come precedentemente dimostrato [135]
l’applicazione di energia vibratoria determina a livello centrale una
riorganizzazione tale da ridurre l’inibizione, garantire la facilitazione e
incrementare l’output motorio attraverso delle modifiche di plasticità
sinaptica, giustificando così anche il miglioramento della performance
funzionale del movimento di reaching. Ulteriormente, in un recente studio
di Melchiorri et al. [136] è stato descritto come l’applicazione di manubri
vibranti all’arto superiore alla frequenza di 30 Hz, 5 giorni a settimana per 5
minuti possa incrementare la capacità neuromuscolare, migliorare
l’autonomia nell’utilizzo della sedia a ruote e prevenire danni alla spalla e al
gomito. Una interessante review di Murillo et al. (2014) [137] considera le
varie applicazioni dell’energia vibratoria nella neuroriabilitazione. Secondo
questa ricerca l’energia vibratoria segmentale sembrerebbe essere efficace
nel migliorare la spasticità, promuovere il controllo motorio favorendo le
attività di vita quotidiana, migliorare lo schema del passo, nello specifico se
applicata sul muscolo tibiale anteriore, medio gluteo e peroniero lungo
aumentandone la velocità e il supporto del piede nella fase di stance
(aumento dell’angolo di dorsiflessione del tallone durante la fase di contatto
e riduzione dell’angolo di plantiflessione). L’energia vibratoria può essere
utilizzata anche nella gestione del neglect: applicando la vibrazione ai
muscoli posteriori del collo controlaterali alla lesione, si assiste al
miglioramento del controllo posturale, all’aumento dell’orientamento e della
sensazione corporea nello spazio [137], anche se si tratta di studi singoli.
Buoni risultati sono stati ottenuti anche nei pazienti con lesioni spinali
incomplete: l’applicazione sul retto femorale incrementa l’attività muscolare
prossimale durante la fase di stance del ciclo del passo; nei pazienti con
sclerosi multipla permette di ridurre la spasticità e la fatica; nei pazienti con
morbo di Parkinson migliora le performance del cammino quando è
applicata sulla pianta del piede o a livello dei muscoli erettori del tronco
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 297

(aumento della velocità, cadenza, lunghezza del passo); buoni risultati sono
stati ottenuti anche in pazienti con Distonia in cui è stata vista una
riorganizzazione dell’integrazione propriocettiva a livello delle aree
sensorio-motorie corticali [137]. Questi risultati confermano l’utilità di tale
terapia nelle patologie neurologiche, ma è fondamentale che ulteriori studi
indaghino quale sia la miglior frequenza, ampiezza e tempo di applicazione.
Casale et al., in un RCT del 2014 [138], ha dimostrato come l’applicazione di
energia vibratoria sul muscolo antagonista rispetto al muscolo spastico
favorisca la riduzione della spasticità ed il miglioramento della funzione. Gli
autori, applicando l’energia vibratoria (100 Hz, 30 minuti, 5 volte a
settimana per 2 settimane) sul ventre del muscolo tricipite brachiale
(antagonista) in pazienti con emiplegia, hanno notato un miglioramento
della spasticità e della funzione nel muscolo bicipite brachiale (agonista), che
si manteneva per circa 48 ore, nel gruppo di pazienti che oltre all’energia
vibratoria ricevevano anche il trattamento fisioterapico. Ciò dimostra che
l’applicazione dello stimolo vibrante sul muscolo antagonista inibisce
l’attività spastica del muscolo agonista, migliorando così l’inibizione
reciproca Ia [138].
È importante sottolineare come solo ultimamente sono stati definiti i
parametri d’uso: uno studio del 2016 (Seo et al. [139]) ha dimostrato che una
frequenza di 80 Hz con 0,3 mm di ampiezza sia in grado di inibire il
pathway del riflesso segmentale nei muscoli del polpaccio. Nel trattamento
della spasticità è bene ricordare che può essere impiegata non solo l’energia
vibratoria segmentale, ma anche la WBV (Whole body vibration):
quest’ultima permette di migliorare forza, fatica, spasmi, dolore, rigidità,
attività di vita quotidiana e status emotivo dei pazienti con lesione dei
motoneuroni superiori (Naro et al. 2017) [140].
L’energia vibratoria, come già detto in precedenza, trova largo impiego
anche nella Sclerosi Multipla. Spina et al. (2016) [141] ha mostrato come
applicando cinque volte a settimana, per un’ora al giorno, per tre settimane,
energia vibratoria segmentale in pazienti con diagnosi di Sclerosi Multipla
(con trattamento di muscoli differenti a seconda del tipo di disturbo
presentato dal paziente), ci sia un miglioramento dello schema del passo, in
particolar modo si assiste ad una riduzione del tempo di doppio appoggio,
con conseguente aumento della velocità e della cadenza, con passi più
lunghi in un intervallo di tempo minore. Inoltre, lo studio ha mostrato che la
terapia ha effetti benefici anche sull’equilibrio. I risultati sono migliori nei
pazienti con durata della malattia minore e questo suggerisce che
298 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

l’applicazione di energia vibratoria, in uno stadio precoce della sclerosi


multipla, risulti più efficace. L’energia vibratoria ha mostrato buoni risultati
anche nel trattamento di pazienti con osteoartrosi del ginocchio: lo studio
pilota di Benedetti et al. (2017) [142] afferma che l’applicazione per 5 giorni a
settimana per 2 settimane di energia vibratoria a 150 Hz, sul muscolo
quadricipite, favorisce la riduzione del dolore, l’aumento del ROM articolare
e la performance funzionale; inoltre, è stato visto attraverso l’indagine
elettromiografica, come tale terapia incida sulla fatica muscolare grazie ad
un ampio reclutamento di fibre di tipo II [142]. Ciò sarebbe dovuto al fatto
che l’energia vibratoria, applicata per un determinato periodo di tempo sul
muscolo, sia in grado di indurre un riarrangiamento di tipo plastico del
sistema nervoso motorio [142].
Per quanto riguarda la WBV, in medicina fisica e riabilitativa trova molti
impieghi, tra cui l’uso nel trattamento dell’osteoporosi post-menopausa.
Diversi sono gli studi che si sono occupati di tale argomento, in particolare
citiamo una recente review di Dionello et al. del 2016 [143], basata sui criteri
del Prisma Statement e dotata di elevata qualità metodologica, che tratta
dell’uso della WBV nelle donne nel periodo post-menopausa, apportando
nuove ed interessanti scoperte. L’uso della WBV non solo favorisce
l’aumento del body mass density (BMD) grazie all’effetto piezoelettrico dato
dalle vibrazioni trasmesse al corpo, ma permette anche un incremento delle
funzioni neuromuscolari grazie all’aumento di forza muscolare (prevenendo
così il rischio di caduta e ipotrofia). Inoltre, sarebbero proprio gli osteociti
che attraverso degli stimoli meccanici risponderebbero con la produzione di
nuova matrice ossea [143]. Oltre ai biomarkers generalmente coinvolti nel
processo osteoporotico (fosfatasi alcalina, colecalciferolo, paratormone,
osteocalcina, telo-propeptide tipo I del collagene C- ed N-terminale), vi è
anche la sclerostina i cui valori nel siero sono utili per capire come gli
osteociti rispondano agli stimoli meccanici [143]. Inoltre, i valori ematici
della sclerostina forniscono informazioni tali da poter aiutare a capire come
gli osteociti possano influenzare l’attività muscolare fungendo da veri e
propri meccanocettori del riflesso da stiramento [143]. Viste le notevoli
proprietà della WBV nel trattamento dell’osteoporosi, gli autori sono
concordi nel raccomandare questa terapia. L’efficacia della WBV nel
trattamento delle donne con osteoporosi post-menopausa è dimostrata
anche in un recentissimo RCT di Oliveira et al. del 2018 [144], uno studio di
elevata qualità che si attiene ai criteri del CONSORT, in cui l’energia
vibratoria è posta al confronto con gli esercizi di pilates: la somministrazione
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 299

di WBV 3 volte a settimana, per 6 mesi, con piattaforma vibrante con


oscillazioni sinusoidali di tipo alternante, per 5 minuti mantenendo le
ginocchia semi-flesse, garantisce l’aumento del BMD soprattutto a carico
della colonna lombare e del grande trocantere del femore.

La WBV si sta diffondendo anche come trattamento nelle patologie


respiratorie. A tal proposito vale la pena citare un RCT del 2016 (di buona
qualità metodologica, in quanto rispetta i criteri del CONSORT - Pessoa et
al.) [145], il quale dimostra come la WBV sia utile nei soggetti anziani. Tale
terapia aumenta la pressione massima inspiratoria ed espiratoria, i volumi
polmonare e addominale e favorisce il reclutamento della muscolatura
accessoria; ciò determina una miglior competenza della ventilazione e rende
i soggetti anziani più abili all’esercizio fisico, migliorandone anche le
capacità funzionali e la qualità di vita. Bertucci et al. (2015) [146] hanno
invece condotto un’interessante RCT sull’uso della WBV nei soggetti
sportivi. L’impiego dell’energia vibratoria in associazione ad esercizi di
squat ad alti livelli favorisce l’aumento della spesa energetica e della
potenza metabolica quando si utilizza una frequenza di vibrazione pari a 40
Hz e ampiezza di 2 mm. Inoltre, è stato notato l’aumento della quota di
scambio respiratorio, con incremento dei valori dell’espulsione di CO2,
senza l’aumento dell’uptake di O2: ciò è dovuto fondamentalmente allo
stimolo delle fibre Iα e all’attivazione delle fibre motorie di tipo II (alta
capacità glicolitica e basso livello di ossidazione) che giustificano
l’aumentata produzione di CO2 [146]. Gli autori hanno anche considerato la
quota di sforzo durante l’esercizio ed è emerso che gli sportivi che eseguono
squat con aggiunta di WBV presentano uno sforzo maggiore. Da ciò è stato
tratto che la WBV può esser aggiunta ai programmi di fitness per garantire
l’aumento della spesa energetica soprattutto quando l’obiettivo è quello di
ridurre la massa corporea.

Tra le indicazioni, troviamo anche l’uso nelle paralisi cerebrali infantili. A tal
riguardo vi è una recente systematic review di Saquetto et al. (2015) [147],
review di elevata qualità che segue il Prisma Statement. Nei diversi studi
considerati, la durata dei trattamenti varia da 8 a 24 settimane, con
frequenza di 3-7 sedute a settimana, per una durata di circa 10-60 minuti. Gli
autori rivelano come la WBV sia efficace nel garantire l’aumento della
velocità del passo, la funzione motoria, il controllo della stazione eretta e
l’aumento della densità minerale ossea nel femore. Visti i risultati, gli autori
sono concordi nel suggerire l’aggiunta della WBV nel trattamento
300 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

convenzionale nelle paralisi cerebrali infantili. Un altro possibile impiego


della WBV è rappresentato dal trattamento della fibromialgia. La Cochrane
del 2017 (Bidonde et al.) [148] revisiona 4 trial sull’uso dell’energia
vibratoria nelle donne di età compresa tra i 52 e i 62 anni affette da
fibromialgia. Gli autori riportano dei risultati contrastanti: rispetto al
gruppo controllo, la WBV non mostra nessuna differenza riguardo la qualità
di vita ed il miglioramento dell’equilibrio; quando la terapia è associata
all’esercizio fisico ci sono buoni risultati riguardo il dolore, la fatica, la
rigidità, la forza e la qualità di vita. Data la scarsa qualità metodologica
(campione piccolo, pochi trial inclusi) il livello di evidenza è molto basso e
gli autori non raccomandano la WBV nel trattamento delle donne con
fibromialgia.

Tabella 4.13. Sintesi degli studi sull’energia vibratoria.


STUDI PATOLOGIA LIVELLO DI PARAMETRI RISULTATI
EVIDENZA
ENERGIA VIBRATORIA SEGMENTALE
Segmental muscle 120 Hz (in treni Efficacia sul
vibration improves di 6 s con 1 s di movimento di
reaching movement - pausa); reaching;
in patients with Spasticità 10 μm; miglioramento dello
chronic stroke. A (Stroke) 30 minuti; schema motorio,
randomized 5 giorni a esecuzione motoria.
controlled trial settimana per 2
(Tavarnese et al., settimane.
2013).
Segmental muscle Minore comparsa di
vibration modifies 120 Hz; fenomeni di co-
muscle activation Spasticità - 10 μm; contrazione;
during reaching in (Stroke) 30 minuti; aumento della
chronic stroke: A 5 giorni a performance
pilot study (Paoloni settimana per 2 funzionale e capacità
et al., 2014). settimane. nell’eseguire il
movimento.
Use of vibration Aumenta le capacità
exercise in spinal - 30 Hz; neuromuscolari,
cord injury patients Mielolesioni 5 minuti; migliora l’autonomia
who regularly 5 giorni a nel movimento.
practise sport settimana.
(Melchiorri et al.,
2007).
Stroke: efficacia su
spasticità,
Focal vibration in Patologie deambulazione e
neurorehabilitation neurologiche - - neglet.
(Murillo et al., 2014). Mielolesioni: efficacia
sul ciclo del passo.
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 301

Sclerosi Multipla:
efficacia su fatica e
spasticità.
Parkinson: efficacia
sulla deambulazione.
Distonia:
miglioramento
sensibilità
propriocettiva
Localized 100 Hz
vibration improves 100 Hz; Riduce la spasticità,
function and Spasticità - 30 minuti; migliora la
reduces upper limb 5 volte/sett. per performance
spasticity: a doble- 2 settimane. funzionale del
blind controlled movimento.
study (Casale et al.,
2014).
Localized muscle
vibration reverses
quadriceps muscle Ipotonotrofia 150 Hz; Aumento del ROM,
hypotrophy and del muscolo - 5 giorni/sett. Per performance
improves physical quadricipite in 2 settimane. funzionale e
function: a clinical paziente con riduzione del dolore.
and osteoartrosi
electrophysiological
study (Benedetti et
al., 2017).
The effects of
mechanical focal
vibration on Efficacia su schema
walking impairment Sclerosi - - del passo, equilibrio;
in multiple sclerosis Multipla Utile nelle fasi
patients: A precoci della
randomized, double- malattia.
blinded vs placebo
study (Spina et al.,
2016).
WHOLE BODY VIBRATION
Effects of whole
body vibration
exercises on bone
mineral density of
women with Aumento BMD,
postmenopausal Osteoporosi - - incremento funzioni
osteoporosis without post-menopausa neuromuscolari.
medications: novel
findings and
literature review
(Dionello et al.,
2016).
302 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Effects of Whole- 20 Hz; 31,5 m/s²;


Body Vibration 5 minuti; 3 volte
Versus Pilates a settimana per 6
Exercise on Bone mesi; con Aumento del BMD
Mineral Density in Osteoporosi - piattaforma nella colonna
Postmenopausal post-menopausa vibrante con lombare e femore VS
Women: A oscillazioni esercizi di pilates.
Randomized and sinusoidali di
Controlled Clinical tipo alternante,
Trial (Oliveira et al., mantenendo le
2018). ginocchia semi-
flesse.
35 Hz, 2 mm di
ampiezza con 10
Vibrating Platform sequenze al
Training Improves minuto il primo
Respiratory Muscle mese; 4 mm di Efficacia su
Strength, Quality of ampiezza 15 performance
Life, and Inspiratory Soggetti anziani - sequenze al ventilatorie;
Capacity in the minuto il miglioramento
Elderly Adults: A secondo mese; capacità funzionali,
Randomized 4mm di abilità all’esercizio e
Controlled Trial ampiezza 20 qualità di vita.
(Pessoa et al., 2017). sequenze al
minuto il terzo
mese.
Effect of whole body WBV+squat :
vibration in energy aumento spesa
expenditure and Soggetti sani - 40 Hz; energetica e potenza
perceived exertion sportivi 2 mm. metabolica; favorisce
during intense squat l’espulsione di CO2;
exercise (Bertucci et utile inserimento nei
al., 2015). programmi di fitness.
Whole Body
Vibration exercise WBV+es.fisico:
training for Fibromialgia Evidenza di - migliora la fatica, il
fibromyalgia qualità molto dolore, la rigidità e la
(Bidonde et al., bassa qualità di vita.
2017).
The effects of whole
body vibration on
mobility and Paralisi Aumento velocità del
balance in children cerebrali - - passo, funzioni
with cerebral palsy: infantili motorie, controllo
a systematic review stazione eretta e
with meta-analysis BMD del femore.
(Saquetto et al.,
2015).
Tab. 4.13. Sintesi degli studi sull’energia vibratoria. BMD: body mass density; WBV: whole
body vibration.
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 303

4.2.7. Buone pratiche cliniche sul trattamento con laser

4.2.7.1. Low level laser


Il termine LASER è l’acronimo di “light amplification by stimulated
emission of radiation”. La “luce” laser è una forma di energia che appartiene
al range della luce visibile dello spettro elettromagnetico e che viene
prodotta ed amplificata attraverso il passaggio della luce in una sostanza
(solida, liquida o gassosa) chiamata mezzo attivo che amplifica e quindi
stimola l’emissione di un maggior quantitativo di luce [1]. Rispetto alle altre
forme di energia luminosa il laser differisce per alcune particolari proprietà:
coerenza (le onde conservano la stessa fase nel tempo), monocromaticità (il
raggio laser è caratterizzato da un’unica lunghezza d’onda), direzionalità (i
fasci che compongono il laser sono tra di loro paralleli) e la brillanza (il
raggio laser è in grado di concentrare su superfici ristrette potenze molto
elevate) [1]. Il Low level laser (LLL) che è il tipo di laser più utilizzato
nell’ambito riabilitativo con scopo antalgico, antinfiammatorio e stimolante.
Generalmente, la luce laser viene prodotta utilizzando un mezzo attivo a gas
(He-Ne), a liquidi (impiegato in ambito oncologico), o da fotodiodi. Nei
generatori a gas l’applicazione di corrente elettrica permette agli elettroni
contenuti all’interno di un tubo di “saltare” da un’orbita ad un’altra, ovvero
di passare da un livello energetico più basso ad uno più alto per poi tornare
al livello energetico più basso. Le pareti che rivestono il tubo internamente
sono costituite da specchi; quando gli elettroni tornano al livello energetico
più basso rilasciano dei fotoni, i quali riflettendo da uno specchio all’altro
collidono con altri atomi del gas rilasciando così altri fotoni.
L’amplificazione di questo fenomeno genera l’emissione di un fascio
luminoso coerente, monocromatico e direzionale. Il laser generato da un
dispositivo a diodo è quello più frequentemente utilizzato in medicina.
Questi dispositivi si compongono di due strati di carica opposta in materiale
semiconduttore. Quando gli elettroni vengono attratti dallo strato negativo a
quello positivo avviene l’emissione di fotoni, che riflettendosi nelle pareti a
specchio del dispositivo producono una luce laser monocromatica. Oltre ai
laser a diodo, si stanno diffondendo anche altri tipi di laser, come quelli a
LED (light-emitting diodes) e i laser SLDs (supraluminous diodes) [1]. Tra le
varie lunghezze d’onda, quella compresa tra 600 e 1300 nm è in grado di
penetrare più in profondità nei tessuti e rappresenta anche la più utilizzata
nell’ambito clinico. L’intensità del raggio luminoso viene espressa sotto
forma di potenza e definita come densità di potenza o irradiazione, misurata
304 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

ininW/cm²,
W/cm²,che cheesprime
esprimelalaquantità
quantitàdidipotenza
potenzaenergetica
energeticaper percentimetro
centimetro
quadro
quadrod’area.
d’area.LaLasuddivisione
suddivisioneinindiverse
diverseclassi
classididilaser
lasersisibasa
basaproprio
propriosulla sulla
diversa
diversapotenza:
potenza:lalaclasse
classelaser,
laser,che
chedenota
denotalalapotenza
potenzadel dellaser
lasere ei irischi
rischiadad
essa
essaassociati,
associati,comunemente
comunementeimpiegata impiegataininambitoambitoclinico
clinicoè èlalaclasse
classe3B 3Bche
che
hahauna
unapotenza
potenzacompresa
compresatra trai i5 5e ei i500
500mWatt,
mWatt,quellequellecon conpotenze
potenzepiù più
elevate
elevatevengono
vengonoutilizzate
utilizzateininambito
ambitochirurgico
chirurgico[1]. [1].LaLadensità
densitàdidienergia
energia
rappresenta
rappresentalalaquantità
quantitàdidienergia
energiaper perunità
unitàdidiarea areaed edè èespressa
espressacome come
J/cm².
J/cm². Generalmente,
Generalmente, lele densità densità didi energia
energia più più basse
basse sonosono quellequelle
maggiormente
maggiormentestimolanti,
stimolanti,a adifferenza
differenzadidiquellequellepiùpiùaltealteche
chehanno
hannoazioneazione
distruttiva
distruttivasuisuitessuti.
tessuti.Essa
Essadefinisce
definiscelaladosedosediditrattamento
trattamentoutilizzata
utilizzatanellenelle
varie
variepatologie
patologie[1].[1].I Inotevoli
notevolieffetti
effettichecheilillaser
laseresercita
esercitaa alivello
livellotissutale
tissutale
sono
sonodatidatidalla
dallapresenza
presenzadidispecifici
specificicromofori
cromoforiall’interno
all’internodelle dellecellule.
cellule.I I
cromofori
cromoforiassorbono
assorbonoalcune alcunelunghezze
lunghezzed’onda d’ondadel delraggio
raggiolaserlaserstimolando
stimolando
così
cosìl’innesco
l’innescodidireazioni
reazionibiochimiche
biochimichecome comead adesempio
esempiolalaproduzione
produzionedidi
ATP.
ATP. L’ATP
L’ATP è è una una molecola
molecola altamente
altamente energetica,
energetica, lala cui cui produzione
produzione
giustifica
giustificagran
granpartepartedeideibenefici
beneficidella
dellalaser
laserterapia,
terapia,tra tracui
cuii iprocessi
processididi
guarigione
guarigionetissutale.
tissutale.IlIllaser
laserpromuove
promuoveanche anchelalaproduzione
produzionedidicollagenecollagene
(attraverso
(attraversolalaproduzione
produzionedidiRNA RNAmessaggero
messaggeroche checodifica
codificalalamolecola
molecoladidi
proto-collagene);
proto-collagene);modulamodulai iprocessi
processiinfiammatori,
infiammatori,attraverso
attraversoililrichiamo
richiamoe eilil
wash-out
wash-out didi fattori fattori coinvolti
coinvolti nell’infiammazione;
nell’infiammazione; favorisce favorisce lala
vasodilatazione
vasodilatazionecon conconseguente
conseguenteaumentoaumentodella delladisponibilità
disponibilitàdidiossigeno
ossigenoe e
altri
altrinutrienti
nutrienticellulari
cellulariche chepermettono
permettonolalaguarigione
guarigionetissutale
tissutale[1, [1,7].7].Le
Le
controindicazioni
controindicazionisono sonoriportate
riportateinintabella
tabella(tab.
(tab.4.14.)
4.14.)[8-9]
[8-9]

Tabella
Tabella4.14.
4.14.Controindicazioni
Controindicazionialaltrattamento
trattamentocon
conlaserterapia.
laserterapia.
Controindicazioni
Controindicazioni Razionale
Razionale/ Note/ Note
Sull’occhio.
Sull’occhio. Rischio
Rischiodididanno
dannoallaallaretina.
retina.
SuSuaree
areeemorragiche.
emorragiche. Rischio
Rischiodidiesacerbare
esacerbarelalacondizione
condizionedidi
vasodilatazione
vasodilatazioneindotta
indottadal dallaser.
laser.
Sulla
Sullatiroide.
tiroide. Rischio
Rischiodidiinterferire
interferireconconlelefunzioni
funzioni
ghiandolari.
ghiandolari.
Sopra
Sopraneoplasie.
neoplasie. Rischio
Rischiodidicrescita
crescitatumorale
tumoraleededangiogenesi.
angiogenesi.
InIncaso
casodidipace-maker
pace-makere edefibrillatori
defibrillatori Rischio
Rischiodidiinterferenza
interferenzaelettronica.
elettronica.SiSipuò
può
impiantabili.
impiantabili. utilizzare
utilizzarenei
neipazienti
pazientisolosolocon
conmonitoraggio
monitoraggio
cardiaco
cardiacodopo
dopoterapia
terapia(ECG)
(ECG)che chenon
nonrilevi
rilevi
interferenze.
interferenze.InIncaso
casocontrario,
contrario,è ènecessaria
necessaria
l’autorizzazione
l’autorizzazionedel delcardiologo.
cardiologo.
Area
Areaaddominale,
addominale,pelvica,
pelvica,lombare
lombarenelle
nelle Danni
Dannialalfeto
fetocon
conrischio
rischiodidimalformazioni.
malformazioni.
donne
donneiningravidanza.
gravidanza.

SuSutessuto
tessutorecentemente
recentementesottoposto
sottopostoa a Può
Puòessere
essereutilizzato
utilizzatocon
conmoderazione.
moderazione.
radioterapia.
radioterapia.
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 305

Epilessia.
Epilessia. Rischiodidiindurre
Rischio indurrescatenare
scatenareattacchi
attacchi
epilettici.
epilettici.
Sullegonadi.
Sulle gonadi. Rischiodidiinfertilità.
Rischio infertilità.
Su aree infette.
Su aree infette. Evitare nei pazienticon
Evitare nei pazienti conTBC.
TBC.Altre
Altreinfezioni
infezioni
vannotrattate
vanno trattatecon
concautela
cautelacon
conmonitoraggio
monitoraggio
dellacrescita
della crescitabatterica.
batterica.
InInpazienti
pazienticon
concompromissione
compromissionecognitiva.
cognitiva. Può essere utilizzata,
Può essere utilizzata, ma macon
concautela
cautela
Su aree di trombosi venosa attiva e e
Su aree di trombosi venosa attiva Effetto non del tutto conosciuto. È È
Effetto non del tutto conosciuto.
tromboflebiti.
tromboflebiti. fondamentaleevitare
fondamentale evitareun’eventuale
un’eventuale
embolizzazione.
embolizzazione.
Fotosensibilitàe eLUPUS.
Fotosensibilità LUPUS. Il IlLLL
LLLvavautilizzato
utilizzatocon
concautela
cautelanei
neipazienti
pazienti
con fotosensibilità cutanea inclusi quelli
con fotosensibilità cutanea inclusi quelli con con
XerodermaPigmentosum
Xeroderma Pigmentosume eLUPUS;
LUPUS;è è
consigliabileutilizzare
consigliabile utilizzareLLL
LLLcon
conbassa
bassadensità
densità
energetica. Non inducendo eritema
energetica. Non inducendo eritema sulla cute sulla cute
puòpuòessere
essereutilizzato
utilizzatoanche
anchenelle
nellepersona
personaconcon
fototipochiaro.
fototipo chiaro.
Tab.4.14.
Tab. 4.14.Controindicazioni
Controindicazionilaserterapia
laserterapia[8,[8,9].9].

Sonostati
Sono statiinclusi
inclusinel
nelpresente
presentestudio
studio1313articoli,
articoli,didicui:
cui:3 3revisioni
revisioniCochrane
Cochrane
[150,159,
[150, 159,161]
161]e e1010review
review(4(4systematic
systematicreview
review[154,
[154,160,
160,118,
118,162],
162],1 1review
review
[156],5 5meta-analisi
[156], meta-analisi[151,[151,153,
153,155,
155,157-158])
157-158])(Fig.
(Fig.4.7.).
4.7.).Oltre
Oltrea aquesti
questistudi
studi
all’interno della discussione sono inserite le eventuali
all’interno della discussione sono inserite le eventuali raccomandazioni, raccomandazioni,
contenutenelle
contenute nellelinee
lineeguida
guidapatologia-specifiche,
patologia-specifiche,relative
relativealaltrattamento
trattamentocon con
laserterapia.
laserterapia.
Studiidentificati
Studi identificati
attraversoricerca
attraverso ricerca
neineipricncipali
pricncipali Studiidentificati
Studi identificati
database(781)
database (781) dadaaltre
altrefonti
fonti(0)(0)

Studidopo
Studi dopoeliminazione
eliminazione
dididuplicati
duplicati(129)
(129)

Studiesclusi
Studi esclusidopo
dopo
Studisottoposti
Studi sottopostia a
screening(129)
(129) analisi di titolo eded
analisi di titolo
screening abstract(95)
(95)
abstract

Fulltext
Full textvalutati
valutatiper
per Fulltext
Full textesclusi
esclusia a
l’eleggibilità(34)
l’eleggibilità (34) causadi:di:studi
causa studiinin
vitro,outcome
vitro, outcome
clinicinon
clinici non
Studiinclusi
Studi inclusinella
nella riportati,studi
riportati, studinon
non
sintesi qualitativa
sintesi qualitativa recenti(21)
recenti (21)
(13)
(13)
Fig.4.7.
Fig. 4.7.Flow
Flowchart
chartdegli
deglistudi
studianalizzati
analizzatiper
peril ilLLL.
LLL.
306 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

La società internazionale di laserterapia WALT (World Association for Laser


Therapy) [3] è l’unica società che ha esposto con chiarezza le dosi da
impiegare per le diverse patologie. Tali raccomandazioni (tab. 4.15., 4.16.),
sono state revisionate nel 2010 e riguardano le dosi impiegate sia con l’uso
di Laser a lunghezza d’onda di 904 nm, sia con lunghezza d’onda di 780-860
nm in patologie muscoloscheletriche. La società raccomanda trattamenti
giornalieri per due settimane; inoltre, si consiglia di iniziare con la dose da
essi raccomandata, per poi ridurla del 30% quando l’infiammazione del
tessuto si riduce.

Tabella 4.15. Laser 3B, 780-860 nn [3].


PATOLOGIA PUNTI O JOULE 780-820 NOTE
CM² NM
Sindr. tunnel carpale 2-3 8 Minimo 4 J/punto
Epicondilite laterale 1-2 4 Massimo 100mW/cm²
C.l. bicipite omerale 1-2 6
Sovraspinoso 2-3 8 Minimo 4 J/punto
Sottospinoso 2-3 8 Minimo 4 J/punto
Grande trocantere 2-4 8
Tendine patellare 2-3 8
Tratto ileotibiale 1-2 4 Massimo 100 mW/cm²
Tendine d’Achille 2-3 8 Massimo 100 mW/cm²
Fascite plantare 2-3 8 Minimo 4 J/punto
ARTROSI PUNTI O JOULE NOTE
CM²
Ar. metacar. e interf. 1-2 4
Polso 2-4 8
Ar. omeroradiale 1-2 4
Gomito 2-4 8
Ar. Gleno-omerale 2-4 8 Minimo 4 J/punto
Ar. acromioclavicolare 1-2 4
Ar. 1-2 4
temporomandibolare
Zona cervicale 4-12 16 Minimo 4 J/punto
Zona lombare 4-8 16 Minimo 4 J/punto
Anca 2-4 12 Minimo 6J/punto
Ginocchio mediale 3-6 12 Minimo 4 J/punto
Caviglia 2-4 8
Tab. 4.15. Laser 3B, 780-860 nn [3]. Punto o cm²: area anatomica di trattamento. (Il tempo di
esposizione va da 20 a 300 secondi).

Tabella 4.16. Laser 3B, 904 nm [3].


PATOLOGIA AREA MIN. DOSE NOTE
MIN./PUNTO TOTALE
Sindr.tunnel carpale 2-3 4 Minimo 2J/punto
Epicondilite laterale 2-3 2 Massimo 100mW/cm²
C.l. bicipite omerale 2-3 2
Sovraspinoso 2-3 4 Minimo 2J/punto
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 307

Sottospinoso 2-3 4 Minimo 2J/punto


Grande trocantere 2-3 2
Tendine patellare 2-3 2
Tratto ileotibiale 2-3 2 Massimo 100mW/cm²
Tendine d’Achille 2-3 2 Massimo 100mW/cm²
Fascite plantare 2-3 4 Minimo 2J/punto
ARTROSI PUNTO O CM² JOULES 904 NOTE
NM
Ar. metacar. e interf. 1-2 1
Polso 2-3 2
Ar. omeroradiale 2-3 2
Gomito 2-3 2
Ar. Gleno-omerale 2-3 2 Minimo 1J/punto
Ar. acromioclavicolare 2-3 2
Ar. 2-3 2
temporomandibolare
Zona cervicale 4 4 Minimo 1J/punto
Zona lombare 4 4 Minimo 1J/punto
Anca 2 4 Minimo 2J/punto
Ginocchio mediale 4-6 4 Minimo 1J/punto
Caviglia 2-4 2
Tab. 4.16. Laser 3B, 904 nm. (Il tempo di esposizione va da 30 a 600 secondi) [3].

La letteratura corrente presenta numerosi studi sull’applicazione della


laserterapia in diverse patologie. Le due patologie, dove in letteratura è
possibile trovare un maggior numero di evidenze sono il low back pain
(LBP) e la cervicalgia. Le linee guida sul LBP mostrano evidenze differenti:
in particolar modo, le linee guida Toscane (ISS, Regione Toscana 2015) [35]
raccomandano il laser nelle forme croniche di LBP (C); le linee guida NICE
del 2016 [149] non lo raccomandano nelle forme acute e sub-acute. La
revisione Cochrane del 2008 (Yousefi-Nooraie) [150] analizza l'efficacia del
LLL in pazienti con LBP, sul miglioramento della sintomatologia dolorosa,
del ROM e sull'associazione di LLL all'esercizio fisico. In particolar modo, il
LLL mostra una maggiore efficacia in termini di riduzione del dolore
lombare, con forte livello di evidenza, quando vengono trattati pazienti con
forme di LBP sub-acuto e cronico non specifico [150]. Vi è, invece, un livello
di evidenza moderato sull'efficacia del LLL sul miglioramento del ROM
della colonna lombare e sulla riduzione della disabilità legata al LBP [150].
Vi sono forti evidenze riportate dalla revisione Cochrane che l'associazione
LLL ed esercizio fisico non migliora la sintomatologia dolorosa, il ROM
lombare e il grado di disabilità causato dal LBP in confronto al solo
esercizio.
In generale, sembrerebbe che gli effetti della LLLT, nel trattamento del low
back pain, siano modesti, e quindi, il LLL non dovrebbe sostituire le altre
308 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

terapie antalgiche. A tal riguardo, è necessario sottolineare che l’ampia


variabilità delle dosi impiegate, la scarsa qualità metodologica degli studi
considerati nella Cochrane e soprattutto la mancata aderenza nei protocolli
terapeutici, di molti lavori, alle dosi raccomandate dalla WALT,
rappresentano dei limiti che vanno considerati ai fini di un buon impiego
del LLLT nella pratica clinica quotidiana.
La recente meta-analisi di Glazov (2016) [151], studio di elevata qualità che
rispetta i criteri del Prisma Statement, mette in evidenza un netto
miglioramento del dolore a livello lombare nei pazienti che si sottopongono
a trattamento con LLL impiegando dosi più alte (> 3 J/punto) già a partire
dalla prima settimana di trattamento. Tali risultati sono evidenti soprattutto
nei pazienti con durata del LBP inferiore ai 30 mesi. Lo studio evidenzia
anche come l’impiego del LLLT garantisca ottimi risultati nel miglioramento
complessivo della sintomatologia del paziente soprattutto con l’utilizzo
della tecnica classica di applicazione piuttosto che mediante irradiazione dei
punti di agopuntura (agopunture like).
Riguardo la cervicalgia, le linee guida mostrano raccomandazioni
contrastanti: le LG SIMFER 2011 [108] lo raccomandano (B) nelle forme
acute e croniche; le LG OPTIMA (Ontario Protocol for Traffic Injury
Management) 2016 [152] lo raccomandano soprattutto nelle forme di durata
superiore a 3 mesi (12 sedute per 4 settimane, con emissione continua o
pulsata e lunghezza d’onda di 830-904 nm). La review di Kadhim-Saleh del
2013 [153] ha mostrato che il LLLT è efficace sia nel trattamento del dolore
cervicale di origine miofasciale, sia in quello di origine artrosica e nelle
forme non specifiche di cervicalgia mono- e bilaterali. Ma, anche in questo
studio, sebbene dal punto di vista statistico venga raggiunto il livello di
significatività, dal punto di vista clinico non emerge una significatività tale
da giungere a risultati esaustivi per l’impiego del LLLT. Una systematic
review del 2013 (Gross et al.) [154], studio che si attiene ai criteri del Prisma
Statement, ha dimostrato che l’uso del LLLT rispetto al placebo nella
cervicalgia cronica aspecifica riduce il dolore e la disabilità, migliora la
qualità di vita del paziente nel follow-up a breve e medio termine. Mentre
nelle forme di cervicalgia con radicolopatia l’impiego del LLL può
migliorare la sintomatologia dolorosa, la funzionalità e la qualità di vita solo
nel follow-up a breve termine [154]. Ci sono, invece, delle evidenze non
chiare riguardo le forme di cervicalgia miofasciale: in questo caso, il LLLT
ha mostrato risultati del tutto incerti riguardo l’azione sul dolore e la
mobiltà articolare [154]. Non vi è nessun beneficio nella riduzione del dolore
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 309

con l’impiego del LLLT (830-904 nm) in aggiunta all’esercizio fisico nelle
forme di cervicalgia da sindrome miofasciale [154]. Invece, quando associato
all’esercizio fisico il LLLT (780 nm) ha mostrato buoni risultati nella
riduzione del dolore. Quando combinato al massaggio-frizione profonda il
LLLT non ha mostrato nessun beneficio anche nei pz con cefalea
cervicogenica [154]. Evidenze di qualità da bassa a molto bassa supportano
l’uso del LLLT nei pazienti con cervicalgia su base artrosica o nelle forme
acute. La scelta del laser, ad emissione continua o pulsata, secondo gli autori
può incidere sul beneficio finale (tab. 4.15.). Vale la pena citare anche la
review di Chow [155], in cui vi è una moderata evidenza che il LLL sia
efficace, sia nelle forme acute che croniche di cervicalgia, a breve e medio
termine (tab. 4.15.). Anche in questo caso, gli autori sono molto cauti
nell’affermare con sicurezza i loro risultati, in quanto gli studi coinvolti
riportano protocolli di trattamento molto diversi tra loro limitando così
l’omogeneità dei risultati.
Il low level laser è impiegato anche nel trattamento dei dolori di origine
muscolo-scheletrica. La review di Momezadeh del 2013 [156] analizza
l'efficacia del LLLT nei dolori di origine articolare includendo articolazioni
come ginocchio, colonna cervicale e lombare, articolazione temporo-
mandibolare e artrosi trapezio-metacarpale. Gli autori riportano buoni
risultati soprattutto nella riduzione della sintomatologia dolorosa con una
frequenza dei vari trattamenti compresa tra un minimo di 5 sedute ed un
massimo di 20 per 2-4 settimane. Anche una recente systematic review del
2017 di Clijsen [157], studio di elevata qualità che segue il Prisma Statement,
invita all’uso di tale terapia nei pazienti con dolori di natura
muscoloscheletrica. Da quanto emerge dalla revisione al fine di ottenere un
ottimo beneficio è buona norma attenersi alle dosi raccomandate dalla
società WALT. È stato infatti dimostrato che gli studi che non seguivano tali
dosi riportavano risultati peggiori rispetto. A quelli che si attenevano alle
dosi raccomandate, ma in questo caso la differenza trovata tra i risultati non
era statisticamente significativa. Inoltre, all’interno della review, gli autori
hanno notato come il ginocchio, in misura maggiore, e a seguire polso,
spalla, e colonna lombare tendano a rispondere meglio come aree
anatomiche al trattamento; ma, in realtà la meta-analisi non conferma del
tutto questi dati, infatti i risultati sono deludenti, in quanto è emerso che il
beneficio derivante dal LLLT è completamente indipendente dall’area
anatomica trattata.
310 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Riguardo l’uso del LLL nella patologia artrosica, le LG VA / DoD (Veterans


Affairs / Department of Defense) del 2014 [51] raccomandano il trattamento
con LLL nell’artrosi d’anca (D). La systematic review di Rayegani del 2017
[158], review che rispetta i criteri del Prisma Statement, ha messo ben in
evidenza come tale terapia fosse utile nell’artrosi di ginocchio: i migliori
risultati si ottenevano soprattutto nel miglioramento del dolore a riposo,
durante le attività, nella riduzione della rigidità articolare e nel
miglioramento complessivo al WOMAC score. Molto probabilmente il
protocollo suggerito (tab. 4.15.) presenta dei limiti importanti come la lunga
durata del trattamento: infatti, una durata di oltre 15 minuti può incidere
notevolmente sul beneficio che si vuole ottenere, ma allo stesso tempo può
aumentare il rischio di eventi avversi. Il LLLT ha mostrato benefici anche
nelle patologie di origine infiammatoria, come l’artrite reumatoide. La
revisione Cochrane di Brosseau del 2005 [159] mette ben in evidenza come
l’uso del laser sia utile nel miglioramento del dolore (per una possibile
azione sulle fibre nervose, migliorando l’input a livello del sistema nervoso
centrale) e della rigidità mattutina in pazienti con artrite reumatoide. Tale
efficacia non riguarda il lungo periodo (oltre 4 settimane dal trattamento).
Buoni risultati si ottengono con l’uso di dosi più basse (≤ 3J/cm²), le quali
mostrano aumento nella forza di presa e nella flessibilità, con riduzione del
dolore in misura maggiore rispetto all’impiego di dosi più elevate, che non
mostrano, invece, differenze rispetto al placebo. Per quanto riguarda le
diverse lunghezze d’onda del raggio laser, la review ha mostrato un trend
maggiore nel miglioramento del dolore con l’uso di lunghezze d’onda pari a
630 nm piuttosto che 830 nm. Tra le patologie muscolo-scheletriche
ritroviamo anche le varie patologie di spalla: la systematic review del 2017
di Hawk [160], studio che segue i criteri del Prisma Statement, tratta l’uso
del LLLT nella sindrome da impingement sottoacromiale, tendinopatia della
cuffia dei rotatori, capsulite adesiva e dolore di spalla non specifico. Nella
sindrome da impingement vi è un’evidenza moderata sull’uso del LLLT in
aggiunta all’esercizio terapeutico (10 sedute) nella gestione del dolore e
della disabilità del paziente. Vi è una bassa-moderata evidenza che supporta
l’uso del LLLT nella capsulite adesiva da solo o in combinazione con
l’esercizio nel breve e lungo termine per un periodo di 6 giorni. Nella
tendinopatia della cuffia dei rotatori moderate evidenze indicano che il
LLLT porti a riduzione della sintomatologia antalgica e miglioramento della
funzione a breve termine. Riguardo il dolore di spalla non specifico
sussistono moderate evidenze, le quali indicano che sia il laser con
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 311

emissione continua e / o pulsata sono utili nella riduzione del dolore e nel
miglioramento della performance funzionale di spalla nel breve termine (3
trattamenti a settimana per un totale di 10).
La revisione Cochrane di Rankin del 2017 [161] riguardo il trattamento nella
sindrome del tunnel carpale riporta diverse evidenze. Il laser è in grado di
apportare un maggior giovamento attraverso la riduzione del dolore, il
miglioramento della performance funzionale (evidenze molto basse) e
l’aumento della forza di presa della mano (evidenza bassa). Inoltre, la
terapia con il laser è in grado di garantire buoni risultati all’indagine
elettromiografica, alla quale i pazienti con sindrome del tunnel carpale
vengono sottoposti sia a scopo diagnostico sia per il follow-up di controllo
della patologia (il LLLT favorisce la riduzione della latenza sensitiva e
motoria). Confrontando il LLL con gli ultrasuoni, il trattamento con laser
appare migliore nella riduzione della scala VAS, nell’aumento della
performance funzionale, ma con evidenza di bassa qualità; gli ultrasuoni,
invece, anche se con evidenza di qualità molto bassa appaiono, in misura
maggiore al laser, più utili nel miglioramento dei parametri nell’indagine
elettromiografica (ampiezza motoria e sensitiva) nel periodo di breve
termine [161]. Nel periodo a lungo termine, invece, il laser non mostra alcun
tipo di giovamento [161]. La review confronta anche il LLLT rispetto ad altri
trattamenti come TENS, iniezioni di corticosteroidi ed esercizio dimostrando
la superiorità del laser sulle altre opzioni terapeutiche anche se con evidenze
di qualità bassa o molto bassa. Tra le altre patologie muscoloscheletriche,
troviamo anche l’epicondilite laterale di gomito: Dingemanse et al., in una
systematic review del 2013 [118] hanno dimostrato come l’applicazione di
LLL in aggiunta agli esercizi in regime pliometrico abbia una modesta
efficacia nei pazienti con epicondilite laterale di gomito, mentre c’è
un’efficacia incerta sull’azione nel breve termine.
Nella pratica clinica si sta diffondendo l’uso del LLLT anche per il
trattamento delle disfunzioni dell’articolazione temporo-mandibolare. La
systematic review di Herpich del 2015 [162] ha mostrato come l’impiego di
tale terapia fosse utile soprattutto nel miglioramento della sintomatologia
dolorosa. Secondo gli autori la durata deve variare tra i 16 e i 20 secondi per
un totale di circa 10 minuti di trattamento [162]. Un aumento della durata
del trattamento non porta al miglioramento dell’efficacia. Risultati positivi
sono stati ottenuti quando il LLLT era applicato ai muscoli della
masticazione per un tempo uguale o superiore ai 360 secondi. Nessuno
studio ha mostrato quanto a lungo si mantenesse l’effetto sul dolore [162].
312 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Alcuni studi inclusi nella review hanno trovato che, in seguito al


trattamento con laser il muscolo massetere mostrasse riduzione del dolore
ed aumento dell’attività muscolare durante il movimento di occlusione
(valutato elettromiograficamente), ma anche aumento del ROM e maggior
efficienza nella masticazione [162]. Bisogna comunque essere cauti nel
sostenere la validità di tali scoperte a causa dell’ampia variabilità
metodologica impiegata in ogni singolo studio analizzato nella review.

4.2.7.2. High intensity laser therapy


Negli ultimi anni si è molto diffuso l’uso del Laser ad alta intensità (High
Intensity Laser Therapy-HILT) per il trattamento di diverse patologie [163]. Il
laser a Nd:YAG ad emissione pulsata è quello comunemente utilizzato per
l’hilterapia [163, 49]. Il Nd:YAG è un laser di 4° classe, con 1064 nm di
lunghezza d’onda, il cui mezzo attivo è composto da un cristallo di ittrio e
alluminio, drogato con il neodimio. Tale tipo di laser presenta una potenza
di picco molto elevata (100-3000 W), potenza media dell’ordine di 10 W,
bassa frequenza (10-30 Hz) e durata degli impulsi compresa tra i 70-300 μs
[49]. Queste caratteristiche permettono al laser ad alta intensità di trasferire
nei tessuti trattati una maggiore energia in tempi brevi, con profondità più
elevate e minore effetto fototermico [49]. Tra i parametri da considerare per
garantire un’ottima efficacia del trattamento, oltre a quelli precedentemente
menzionati è bene ricordare: la fluenza, ovvero la quantità di energia in
rapporto all’area di spot espressa in mJ/cm²; la velocità di scansione, che può
essere veloce (in genere 10 cm/ 1,5 s) o lenta (all’incirca 10 cm/ 3 s) [49]. La
modalità di erogazione può essere “per punti” con manipolo statico, per
trattare tender point e trigger point, o a “scansione manuale” con manipolo
mobile, per trattare strutture profonde. Il trattamento con HILT si suddivide
in 3 fasi: nella fase iniziale si utilizzano, dapprima fluenze più basse, per
testare la termotolleranza del paziente ed in seguito fluenze più alte con
velocità di scansione elevate; nella fase intermedia, vengono trattati trigger e
tender point; nella fase finale, il trattamento prevede una scansione più lenta
con valori di fluenza simili a quelli della fase iniziale [49]. Gli effetti che si
ottengono sui tessuti sono: di tipo fotochimico (attivazione delle reazioni
ossidative e produzione di ATP, DNA e RNA); di tipo fotomeccanico ad
azione biostimolante; di tipo fototermico (legato al riscaldamento dei tessuti)
[49]. Sono stati inclusi e revisionati 8 RCT [164-171] (fig. 4.8. e tab. 4.17.).
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 313

Studi identificati
attraverso ricerca nei
Studi identificati da
principali database
altre fonti (0)
(75)

Studi dopo
eliminazione di
duplicati (54)

Studi esclusi dopo


Studi sottoposti a analisi di titolo ed
screening (54) abstract (33)

Full text valutati per Full text esclusi a


l’eleggibilità (21) causa di: studi in
vitro, outcome
clinici non
Studi inclusi nella riportati, studi non
sintesi qualitativa recenti (13)
(8)

Fig. 4.8. Flow chart degli studi analizzati per l’hilterapia.

Il laser ad alta energia, nell’ambito delle rachialgie, è frequente utilizzato nel


trattamento della cervicalgia. A tal proposito, un RCT del 2016 [164]
compara HILT ed esercizio con il trattamento placebo e mostra come l’uso
del laser ad alta energia (tab. 4.15.) insieme all’esercizio sia efficace
nell’aumento del ROM della colonna cervicale, nel miglioramento della
sintomatologia dolorosa e della performance funzionale, quando impiegato
due volte a settimana, per 6 settimane [164]. La maggiore profondità di
penetrazione dell’HILT e la breve durata di emissione, evitano un eccessivo
riscaldamento dei tessuti superficiali con conseguenti fenomeni istolesivi, e
garantisce un effetto fotochimico grazie all’emissione pulsata ad alta
potenza che rilassa i muscoli contratti attraverso dei micro-massaggi nei
tessuti molli [164]. Riguardo il Low Back Pain da discopatia, vi è un recente
RCT di Boyraz et al., [165] che impiega il laser ad alta intensità (tab. 4.15.)
con l’aggiunta di esercizio isometrico per la zona lombare 5 volte a
settimana per 10 sedute totali, confrontandolo con il trattamento con US e
solo esercizio. Lo studio ha evidenziato come sia l’HILT, sia gli US e
l’esercizio risultino trattamenti particolarmente efficaci nella gestione del
314 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

dolore, riduzione della disabilità e miglioramento della performance


funzionale, con effetti a lungo termine soprattutto per HILT e US [165].

Un RCT di Alayat et al. del 2017 [166] ha ben messo in evidenza come l’uso
combinato di HILT, glucosammina, condrointin solfato ed esercizio sia in
grado di migliorare il dolore, la rigidità articolare, la performance
funzionale e ridurre lo spessore della sinovite (valutato ecograficamente) nei
pazienti con gonartrosi dopo 6 settimane di trattamento, 2 volte a settimana
per 6 settimane (tab. 4.15.). Il laser avrebbe, quindi, un effetto
antinfiammatorio attraverso la riduzione della sintesi di prostaglandine, dei
livelli di interleukina 1 e aumenterebbe la risposta dei linfociti e i livelli di
super-ossido-dismutasi [166]. Ciò è particolarmente evidente con il laser ad
alta intensità che è dotato di un maggior grado di penetrazione tissutale e
maggior effetto antinfiammatorio e stimolante [166]. Tra le tendinopatie, il
laser ad alta intensità, trova impiego anche nell’epicondilite laterale come
dimostrato da un recente trial di Dundar et al. [167]. L’uso dell’HILT ha
mostrato riduzione del dolore, con aumento della forza di presa,
performance funzionale e qualità di vita, quando utilizzato per 15 giorni, 15
minuti al giorno. La valutazione ecografica del tendine comune degli
estensori non mostra cambiamenti dello spessore del tendine, né alterazioni
di ecogenicità, o alterazioni della corticale ossea correlabili con i
miglioramenti clinici [167]. L’effetto antalgico sarebbe dovuto alla riduzione
della trasmissione nocicettiva delle fibre nervose (Aδ e C) con produzione di
sostanze morfino-mimetiche, incremento del flusso di sangue e del
metabolismo cellulare in misura maggiore al LLL [167]. Inoltre, gli effetti
fotochimici e fototermici del HILT stimolano la produzione di collagene nei
tendini, incrementano il flusso sanguigno, la permeabilità vascolare e il
metabolismo cellulare permettendo così di aiutare il processo riparativo ed
eliminare gli stimoli algogeni [167]. La mancanza di un follow-up a lungo
termine, un adeguato e preciso timing di trattamento limitano le evidenze
riportate dallo studio sull’efficacia del laser ad alta intensità ed ulteriori
studi sono necessari a tal scopo.

Anche la sindrome da impingment sottoacromiale, trova indicazione per


l’HILT. Pekyavas et al., in un RCT del 2016 [168], dimostra come il laser ad
alta intensità quando associato a terapia manuale, esercizio e kinesiotaping
sia utile nella gestione del dolore, miglioramento del ROM e della qualità di
vita, nei pazienti con impigment sottoacromiale, se utilizzato 3 volte a
settimana per un totale di 15 giorni. L’HILT riduce velocemente il processo
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 315

infiammatorio ed il dolore, inducendo effetti fotochimici e fototermici in


profondità, sino a 3-4 cm, con conseguente aumento del flusso sanguigno,
della permeabilità vasale e del metabolismo cellulare, evitando un eccessivo
e dannoso riscaldamento dei tessuti [168]. Lo studio di Dundar et al., un
RCT del 2014 [169], mostra come l’HILT sia utile anche nel trattamento della
sindrome dolorosa miofasciale del muscolo trapezio. L’applicazione di HILT
per 15 minuti, una volta al giorno per 15 giorni in un periodo di 3 settimane,
insieme all’esercizio, garantisce la riduzione del dolore, il grado di disabilità
e migliora la funzione fisica [169]. L’efficacia dell’HILT, per il trattamento di
tale patologia, sta nel fatto che agendo in profondità, grazie alla
stimolazione di reazioni ossidative, soddisfi la richiesta energetica
muscolare (aumento della spesa energetica per l’iperattività dell’acetilcolina
sulla giunzione neuromuscolare) e riduca lo spasmo; inoltre, l’HILT
attivando i recettori somatosensoriali, ridurrebbe la percezione del dolore
muscolare, aiutando a rilassare maggiormente le strutture muscolari tese
[169].

Anche la sindrome del tunnel carpale può trovare giovamento dal


trattamento con HILT. Lo studio randomizzato di Casale et al. [170],
dimostra come l’uso combinato di LLL e HILT permetta un miglioramento
non solo clinico (riduzione di parestesie, dolore e intorpidimento), ma anche
elettromiografico (conduzione nervosa motoria e sensitiva) rispetto alla
TENS. Ciò è dovuto, fondamentalmente, all’azione combinata dei due tipi di
laser: quello con lunghezza d’onda di 830 nm presenta minor assorbimento
da parte dei cromofori umani (melanina, acqua ed emoglobina), ma
dispersione maggiore; diversamente, quello con lunghezza d’onda di 1064
nm presenta maggiore assorbimento con minima dispersione, oltre al
maggior grado di penetrazione nei tessuti [170]. Infine, la laserterapia ad
alta intensità trova impiego anche nel trattamento della forma idiopatica di
paralisi del nervo facciale, nota anche con il nome di paralisi di Bell [171]. Lo
studio di Alayat et al., un RCT del 2013, [171], mette a confronto l’HILT con
il LLL nel trattamento di pazienti con paralisi di Bell. L’HILT è stato
somministrato 3 volte a settimana per 6 settimane. È stato notato come sia
l’HILT che il LLL siano particolarmente efficaci, quando associati ad
esercizio e massaggio facciale, nel recupero clinico e funzionale del nervo
facciale, con risultati migliori per il laser ad alta intensità, soprattutto
quando utilizzato precocemente dalla diagnosi e molto utile nei pazienti che
non possono fare trattamenti con corticosteroidi [171]. L’HILT, per via della
maggiore lunghezza d’onda (1064 nm), causerebbe un minore e più lento
316 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

assorbimento da parte dei cromofori naturali rispetto al LLL; questo


assorbimento aumenta le reazioni di ossidazione mitocondriale con
produzione di DNA, RNA ed ATP, stimolando in tal modo i fenomeni di
rigenerazione tissutale (effetto fotochimico) [171].

Tabella 4.17. Sintesi degli studi sulla laserterapia.


REVIEW PATOLOGIA LIVELLO DI PARAMETRI RISULTATI
EVIDENZA
Low level Forte evidenza Low back pain sub-acuto e
laser therapy cronico non specifico.
for non- Low back pain Moderata Migliora il ROM della
specific low- evidenza - colonna lombare e riduce la
back pain disabilità.
(Yosefi et al.,
Forte evidenza Il LLL+esercizio non migliora
2008).
il dolore, ROM e disabilità.
Low-level
laser therapy
for chronic
non-specific Risultati migliori nelle forme
low back pain: acute e con durata inferiore
a metaanalysis Low back pain - - ai 30 mesi e a dosi
of randomised maggiori(>3J/punto).
controlled
trials (Glazov
et al., 2016).

Efficacy of
low-level laser
therapy in the
management 820-830 nm,
of neck pain: a 5-9J, Efficacia in cervicalgia acuta
systematic Cervicalgia - 38-39 sec. e cronica sia a breve che a
review and medio termine.
meta-analysis 904 nm,
of randomised 2-2 J,
placebo or 238 sec.
active-
treatment
controlled
trials (Chow et
al., 2009).

Is low-level
laser therapy
in relieving
neck pain Dolore cervicale di origine
effective? Cervicalgia - - miofasciale, artrosico e
Systematic dolore non specifico.
review and
meta-analysis
(Kadhim S et
al., 2013).
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 317

Evidenza di Laser a Riduce il dolore, la disabilità,


qualità emissione migliora la qualità di vita a
moderata. continua o breve e medio termine nella
pulsata. cervicalgia cronica.
Low Level
Evidenza di Nelle forme di cervicalgia
Laser Therapy
qualità bassa. con radicolopatia migliora
(LLLT) for Trigger point
dolore, qualità di vita e
Neck Pain: A cervicali.
funzione.
Systematic Cervicalgia
Review and Evidenza Cervicalgia di origine
Meta- incerta. miofasciale+esercizio non
Regression 30-190 sec. hanno efficacia (tranne LLL a
(Gross et al., 780nn).
2013).
Evidenza di Cervicalgia di origine
10 giorni/7 sett.
qualità bassa / artrosica o forme acute.
molto bassa.

Dolori di Minimo di 5
Low Level origine sedute ad un
Laser Therapy articolare - Massimo di 20 Efficacia sulla sintomatologia
for Painful (ginocchio, per 2-4 dolorosa.
Joints zona lombare, settimane.
(Momenzadeh rizoartrosi)
et al., 2013).

Effects of low-
level laser Patologie
therapy on muscoloschelet Efficace nel dolore di pz
pain in riche che adulti.
patients with interessano: - -
musculoskelet ginocchio, Attenersi alle dosi
al disorders: a polso, spalla, raccomandate dalla WALT.
systematic colonna
review and
meta-analysis
(Clijsen et al.,
2017).

Safety and
Effectiveness
of Low-Level
Laser Therapy 830-904 nm,
in Patients 0,76/50J/cm², Beneficio nel dolore a riposo,
With Knee Osteoartrosi - 4-8000 W, durante le attività e nella
Osteoarthritis: del ginocchio 8-20 sedute, rigidità articolare, WOMAC
A Systematic 6-160 min. score.
Review and
Meta-analysis
(Rayegani et
al., 2017).
318 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Sindrome da impingement
Moderata 10 sedute. (in associazione ad
evidenza es.terapeutico) nella gestione
Patologie di del dolore e della disabilità.
Systematic spalla
Bassa- Capsulite adesiva (LLLT da
Review of
moderata 6 giorni di solo o in combinazione con
Non-drug,
evidenza trattamento. es.terapeutico) nel breve e
Non-surgical lungo termine.
Treatment of
Shoulder
Moderata Tendinopatia della cuffia:
Conditions
evidenza. efficacia su dolore e funzione
(Hawk et al.,
nel breve termine.
2017).
Moderata 3 trattamenti a Dolore di spalla non
evidenza. settimana (10 specifico: efficacia su dolore e
sedute in funzione nel breve termine
totale).

Beneficio nel dolore e rigidità


Low level mattutina.
laser therapy Nessun beneficio nel lungo
(Classes I, II termine.
and III) for Artrite - - Migliori risultati nelle forme
treating reumatoide di artrite della mano con dosi
rheumatoid più basse (≤3J/cm²): aumento
arthritis della forza di presa e
(Review). riduzione del dolore.
(Brosseau et Miglior risultati con 630 nm.
al., 2005).

Evidenza di Beneficio VAS, latenza


qualità molto motoria e sensitiva
Low-level bassa. all’elettromiografia.
laser therapy Evidenza di Aumento forza di presa e
for carpal qualità bassa. pinza.
tunnel -
Tunnel carpale Evidenza di LLL> US nel miglioramento
syndrome
bassa qualità. del dolore e della funzione.
(Rankin et al.,
Evidenza di LLL> TENS, infiltrazioni di
2017).
qualità bassa- cortisonici ed esercizio
molto bassa. terapeutico.

Evidence for
the effect-
tiveness of
electro-
physical Epicondilite
modalities for laterale di - - Utile in associazione ad
treatment of gomito esercizi in regime
medial and pliometrico.
lateral
epicondylitis:
a systematic
review
(Dingemanse
et al., 2014).
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 319

Analysis of
laser therapy
and 10-20 sec (10
assessment min totale di Efficace nel dolore.
methods in Disfunzione trattamento)
the temporomandi -
rehabilitation bolare 360 sec Scarsi risultati nell’attività
of temporo- (applicazione muscolare e nel movimento
mandibular sui muscoli) articolare.
disorder: a
systematic
review of the
literature
(Herpich et al.,
2015).

HILT (High intenisty laser therapy)

1064 nm, 3 Kw,


510-1780
mJ/cm², 120-150
μs, 10-40 Hz,
DC 0,1%
Prima fase:
Efficacy of scansione
high-intensity manuale a 1025
laser therapy J, fluenza di 360
in the mJ/cm² e poi di
treatment of 510 mJ/cm²;
chronic neck Migliora il ROM della
pain: a Cervicalgia - Seconda fase: colonna cervicale e la
randomized trattamento performance funzionale,
double-blind trigger/tender riduce il dolore.
placebo- point, fluenza
control trial di 510 mJ/cm²
(Alayat et al., per un totale di
2016). 200 J
somministrati;

Fase finale:
scanning
manuale lento
con fluenza
uguale alla
prima fase. 2
volte/sett per 6
sett. energia tot:
2250 J in 15
min.
320 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Comparison
of High-
Intensity 1064 nm; Di pari efficacia al
Laser Therapy 3,8 W; trattamento con US ed
and Ultra- 1800 J; esercizio nella riduzione
sound Treat.t Low back pain - 14 minuti; della sintomatologia
in the Patients 5 volte/sett. per dolorosa, disabilità e
with Lumbar 10 sedute. aumento performance
Discopathy funzionale.
(Boyraz et al.,
2015).
1064 nm, 3,8 W,
Efficacy of 510-1780
pulsed mJ/cm², <120
Nd:YAG laser μs,10-30 Hz,
in the DC 0,1%; Migliora il dolore, la
treatment of ginocchio flesso performance funzionale e la
patients Gonartrosi - a 90° per l’area rigidità articolare. Alla
with knee anteriore e valutazione ecografica si
osteoarthritis: prono esteso evidenzia un ridotto spessore
a randomized per l’area di infiammazione sinovitica.
controlled posteriore.
trial ( Alayat Prima fase:
et al., 2017). fluenza di 1430
mJ/cm², 30 Hz
in 30,4 s;

Seconda fase:
fluenza di 1530
mJ/cm², 25 Hz
in 34 s;

Terza fase:
fluenza di 1780
mJ/cm², 20 Hz e
tempo di
applicazione di
36,6 s; tempo
totale di 7
minuti.
2 volte/sett. per
6 settimane.
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 321

Nd:YAG, 1064
nm, 3 kW, 360-
1780 mJ/cm²,
120-150 μs, 10-
40 Hz, DC
0,1%.
Prima fase:
scanning
manuale sul
Effectiveness TCE, tessuti
of high- molli vicino
intensity laser l’epicondilo Migliora la forza nella presa,
therapy and Epicondilite - laterale e la performance funzionale,
splinting muscoli qualità di vita e riduce il
in lateral estensori con dolore.
epicondylitis; energia totale
a prospective, di 625 J, fluenza
randomized, di 510, 810 e
controlled 970 mJ/cm²;
study (Dundar
et al., 2015). Seconda fase:
manipolo con
spaziatore a 90°
sull’area,
fluenza di 360,
510 e 610
mJ/cm², 6 s;

Terza fase:
scanning lento,
parametri
uguali alla
prima fase. 15
min/die per 15
giorni.

1064 nm, 3 kW.


Fase iniziale:
scansione
manuale della
zona muscolare
contratta
Short- (trapezio
termeffects of superiore,
high-intensity sopraspinato,
laser deltoide e
therapy,manu piccolo
al therapy, Sindorme da pettorale), Migliora il dolore, il ROM, la
and Kinesio impigment - braccio in qualità di vita in associazione
taping in sottoacromiale rotazione a terapia manuale,
patients with interna ed kinesiotaping ed esercizio.
subacromial estensione per
impingement esporre la cuffia
syndrome dei rotatori,
(Pekyavas et 1000 J/cm² di
al., 2016). energia;
322 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Seconda fase:
50 J con
trattamento dei
trigger point;

Fase finale:
uguale alla
prima. 3 volte
/sett. per 15
giorni.

1064 nm, 3 kW,


fluenza 360-
1780 mJ/cm²,
120-150 μs, 10-
40 Hz, DC
0,1%;
Effect of high- Prima fase:
intensity laser scansione
therapy in the manuale 100
management cm² per 30 s
of myofascial Sindrome - con fluenza di Migliora la disabilità, la
pain miofasciale del 360, 410 e 510 funzione fisica e riduce il
syndrome of trapezio mJ/cm² per un dolore.
the trapezius: totale di 500 J;
a double- Seconda fase:
blind, trattamento dei
placebo- trigger point
controlled con manipolo e
study (Dundar spaziatore a 90°
et al., 2014). sulla cute,
fluenza di 610
mJ/cm², tempo
di 6s per punto
per un totale di
60 J;

Terza fase:
scansione
manuale per
100 cm² in 60 s,
valori di
fluenza uguali
a quelli della
prima fase. 15
min/die, per 15
giorni, per 3
settimane.
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 323

Pain and
electrophysiol
ogical
parameters are 830-1064 nm,
improved by 250 J/cm², 100s
combined 830- per 25 W, con
1064 high- fascio laser
intensity Sindrome del - perpendicolare Miglioramento clinico ed
LASER in tunnel carpale lungo il decorso elettromiografico rispetto alla
symptomatic del nervo TENS.
carpal tunnel mediano, area
syndrome di spot di circa
versus 1 cm², 5
Transcutaneo volte/sett per 3
us Electrical settimane.
Nerve
Stimulation
(Casale et al.,
2013).
1964 nm, 3 kW,
fluenza di 810-
1780 mJ/cm²,
120-150 μs, 10-
Efficacy of 40 Hz;
high and low applicazione
level laser con manipolo Utile nel recupero clinico e
therapy in the Paralisi di Bell - perpendicolare funzionale del nervo facciale
treatment of alla cute sulle in associazione ad esercizio e
Bell's palsy: A radici massaggio facciale.
randomized superficiali del
double blind nervo del lato
placebocontro affetto, tempo
lled trial di applicazione
(Alayat et al., di 7 s per
2013). punto, con
densità
energetica di 10
mJ/cm². 3 volte
/sett. per 6
settimane.
Tab. 4.17. Sintesi degli studi sulla laserterapia; ROM: range of motion; LLL: low level laser;
WALT: World Association for Laser Therapy; WOMAC score: Western Ontario & McMaster
Universities Arthritis Index.

4.3. Raccomandazioni

Le molteplici evidenze presenti in letteratura hanno portato ad evidenziare,


non sempre con chiarezza, l’efficacia e gli impieghi principali delle terapie
fisiche strumentali nella pratica clinica riabilitativa. La consistente difficoltà
nel reperire studi che dimostrino un elevato livello di evidenza, così come la
presenza di un’ampia eterogeneità nell’impiego dei diversi parametri di
324 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

trattamento non hanno permesso di ottenere delle evidenze esaustive


sull’utilizzo dei mezzi fisici nel trattamento di diverse patologie.
La stessa mancanza di linee guida sottointende questa difficoltà: gli studi
analizzati affrontano tale problematica mettendo in luce il fatto che molto
spesso le peculiarità della patologia, le diverse conseguenze che
quest’ultima ha sul singolo paziente (si pensi all’intensità del dolore, diversa
per ogni paziente oppure alla notevole variabilità dell’impotenza
funzionale) e il diverso timing di follow-up nella gestione della patologia,
rappresentano dei fattori che incidono negativamente sulla possibilità di
standardizzare i parametri di trattamento e stilare delle linee guida che
forniscano le indicazioni adeguate per le singole terapie fisiche. Le
raccomandazioni, da noi fornite, si basano sull’esame critico della qualità
metodologica degli studi revisionati e offrono al medico una maggiore
delucidazione sull’uso delle terapie fisiche strumentali nel trattamento di
patologie diverse, garantendo un orientamento nel campo medico. Alcune
delle linee guida menzionate nella sezione dei risultati, non sono state
inserite tra le raccomandazioni in quanto già trattate nel precedente libro.

4.3.1. Elettroterapia

4.3.1.1. Raccomandazioni di grado forte


Riguardo l’elettroterapia, le migliori evidenze raccomandano l’impiego della
NEMS nel trattamento di: riabilitazione del legamento crociato anteriore,
protesi di ginocchio ed anca [16,19], dove consente la ripresa della forza
muscolare limitandone l’atrofia; nei pazienti con ictus, per la prevenzione
della spalla emiplegica e il miglioramento del foot-drop [16]; nei pazienti
con insufficienza cardiaca e respiratoria, in cui migliora il livello funzionale
[16]. Le MENS sono raccomandate in aggiunta all’esercizio terapeutico per
ridurre il dolore e favorire l’aumento della forza muscolare [25-26].

4.3.1.2. Raccomandazioni di grado moderato-debole


Le correnti di Kotz a bassa frequenza potrebbero essere raccomandate
rispetto a quelle ad alta frequenza, in quanto migliori nel favorire la ripresa
della forza muscolare [22]. Le IFC e le correnti modulate pulsate bifasiche a
bassa frequenza, potrebbero essere raccomandate, per la loro maggiore
efficacia, soprattutto nell’osteoartosi e nel LBP [23, 43-44]. Nel muscolo
denervato, invece, potrebbero essere raccomandate le correnti ad impulsi
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 325

triangolari rispetto a quelle rettangolari [21]. Le HVPC sono le uniche


correnti a poter essere raccomandate nel favorire la guarigione di ulcere e
ferite [33]. La FES potrebbe essere raccomandata nei pazienti con ictus per la
gestione del training del passo, in cui mostra superiorità rispetto ai tutori
tipo AFO [46], ma anche nei pazienti mielolesi e nella riabilitazione di
bambini con PCI per quanto riguarda il miglioramento sul ciclo del passo e
il decondizionamento muscolare [47-48]. La ionoforesi potrebbe essere utile
nel trattamento a breve termine per la gestione di alcune patologie
ortopediche che non necessitano di intervento chirurgico, quali epicondilite
e fascite plantare [32].

4.2.1.3. Terapie non raccomandate


Le MENS non sono raccomandate nella sindrome da impigment di spalla
[27]. La Ionoforesi non è raccomandata nella cervicalgia, nella sindrome del
tunnel carpale [30-31].

4.2.1.4. Raccomandazioni non formulabili


Le evidenze sono inconclusive tra loro riguardo l’uso della NEMS nella
sindrome patello-femorale e l’osteoartrosi di ginocchio [16-17]; l’uso della
TENS nella neuropatia diabetica, correlata a tumori, da HIV, post-herpetica,
post-traumatica ed, in generale nella gestione del dolore acuto
(muscoloscheletrico, post-intervento, fratture) [40]; nella sindrome da
impigment sottoacromiale [27]. Inoltre, non ci sono evidenze esaustive
riguardo l’uso della Ionoforesi nelle patologie di spalla (tendinopatia e
capsulite adesiva) [27, 29].

4.3.2. Campi elettromagnetici

4.3.2.1. Raccomandazioni di grado forte


L’uso dei campi elettromagnetici è raccomandato nel trattamento di
pseudoartrosi e ritardi di consolidamento, soprattutto fratture degli arti
inferiori trattate conservativamente [56-57].

4.3.2.2. Raccomandazioni di grado moderato-debole


Potrebbe essere raccomandato iniziare precocemente l’uso dei PEMF nel
trattamento di fratture delle ossa lunghe degli arti inferiori (circa 16
settimane dal trauma) [60-61]; inoltre, i PEMF avrebbero anche un effetto
326 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

protettivo ed antinfiammatorio sulla cartilagine [58]. I PEMF potrebbero


essere raccomandati, sia nella gestione del dolore di tipo artrosico,
soprattutto in caso di gonartrosi, sia nel trattamento dell’osteoporosi post-
menopausa, la cui efficacia sarebbe comparabile alla terapia con bifosfonati
e all’esercizio fisico [52-53, 62-64]. Potrebbero essere raccomandati anche nel
trattamento del dolore di diversa origine, quali fibromialgia, LBP, artrite
reumatoide, neuropatie [55, 65-66].

4.3.2.3. Terapie non raccomandate


I campi elettromagnetici non sono raccomandati nella fascite plantare,
cervicalgia, tunnel carpale, cefalea cronica e nel trattamento di ulcere venose
e da pressione [65, 67-68].

4.3.3. Termoterapia

4.3.3.1. Raccomandazioni di grado forte


L’ipertermia (434 MHz) è raccomandata nel trattamento di diverse
tendinopatie, soprattutto la tendinopatia del sovraspinoso [70]. La diatermia
ad onde corte (27 MHz) è raccomandata, con parziale beneficio,
sull’osteoartrosi di ginocchio, soprattutto la modalità pulsata [78].

4.3.3.2. Raccomandazioni di grado moderato-debole


L’ipertermia (434 MHz) potrebbe essere raccomandata con parziale efficacia
sulla tendinopatia patellare ed achillea e la sua efficacia nelle patologie di
spalla sembra essere simile alle infiltrazioni con corticosteroidi [69, 72]. La
diatermia ad onde corte (27 MHz), soprattutto con modalità continua, e
l’ipertermia (434 MHz) potrebbero essere raccomandate, invece, con
moderata efficacia, nella sindrome del tunnel carpale [33, 80]. La diatermia
ad onde corte (27 MHz) ed, in misura minore anche la diatermia a micro-
onde (2,45 GHz), potrebbero essere raccomandate nelle patologie muscolo-
tendinee di spalla (impigment sottoacromiale, tendinopatia della cuffia dei
rotatori) [30].

4.3.3.3. Terapie non raccomandate


La diatermia a micro-onde (2,45 GHz) potrebbe non essere raccomandata nel
trattamento di LBP, cervicalgia e come modalità di stretching [74-76].
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 327

4.3.4. Onde d’Urto

4.3.4.1. Raccomandazioni di grado forte


L’uso delle onde d’urto focalizzate è raccomandato: nelle tendinopatie
croniche, quali tendinopatia calcifica di spalla, epicondilite laterale di
gomito e fascite plantare [90, 95, 101]. Nel caso della fascite plantare cronica,
è raccomandato l’uso di onde d’urto a bassa energia (< 0,20 mJ/mm²) [101].

4.3.4.2. Raccomandazioni di grado moderato-debole


Le onde d’urto potrebbero essere raccomandate anche nelle forme non
calcifiche di tendinopatia di spalla in quanto aumenterebbero i processi di
neoangiogenesi ed il rilascio di fattori di crescita [89]; le dosi di energia >
0,28 mJ/mm² rispetto a dosi < 0,28 mJ/mm² sembrerebbero essere più efficaci
nelle forme di tendinopatia calcifica di spalla, con azione di tipo biologico
(aumento dei fattori di crescita e neovascolarizzazione), piuttosto che di tipo
demolitivo sui depositi calcifici [90-91]. Potrebbero essere raccomandate
nella gestione di patologie ossee, quali: pseudoartrosi, ritardi di
consolidamento, fratture da stress, necrosi avascolare primaria e secondaria
e nell’osteocondrite dissecante [2, 99-101, 108]. Le OD a bassa energia
potrebbero essere raccomandate, con modesta efficacia, anche nel
trattamento della sindrome del tunnel carpale, in cui determinerebbero un
effetto antinfiammatorio [91]. Le OD radiali potrebbero essere
raccomandate, con efficacia moderata-bassa nella gestione di trocanterite,
tendinopatia achillea e degli hamstring [2, 99]. Le OD potrebbero essere
raccomandate anche nella tendinopatia patellare [2, 99].

4.3.5. Ultrasuoni

4.3.5.1. Raccomandazioni di grado forte


Gli US sono raccomandati con moderata efficacia nella sindrome del tunnel
carpale, nella quale agiscono migliorando la forza, i parametri
elettromiografici, riducendo il dolore e le parestesie [109]; nell’osteoartrosi
di ginocchio [117].

4.3.5.2. Raccomandazioni di grado moderato-debole


Gli US potrebbero essere raccomandati nell’epicondilite di gomito [118].
Inoltre, gli US potrebbero essere utili come metodica di stretching, anche se
328 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

non sono considerati la metodica migliore tra quelle che aumentano


l’elasticità muscolare [126-127].

4.3.5.3. Terapie non raccomandate


Gli US non sono raccomandati nel LBP, nella tendinopatia achillea
inserzionale e nell’impigment di spalla [111, 115-116, 119].

4.3.5.4. Raccomandazioni non formulabili


Nessuna raccomandazione può essere fornita riguardo l’uso degli US nel
trattamento di distorsioni acute di caviglia, tendinopatia di spalla,
nell’artrite reumatoide, nel onsolidamento di fratture in fase acuta,
pseudoartrosi, ritardi di consolidamento, fratture da stress, ulcere e ferite
vista la scarsa qualità degli studi presenti in letteratura e la presenza di
risultati del tutto incerti [27, 110, 112, 116, 120-122, 124].

4.3.6. Energia vibratoria

4.3.6.1. Raccomandazioni di grado forte


L’energia vibratoria segmentale è particolarmente raccomandata nella
gestione dell’ipertono spastico rendendo il pattern di movimento più fluido
e preciso [134-135]. La WBV, invece, è raccomandata nel trattamento
dell’osteoporosi, soprattutto quella post-menopausa, in cui è in grado di
favorire l’aumento del BMD, delle funzioni neuromuscolari, ed agire anche
sui marker che controllano il turn-over osseo [143-144]. Inoltre, è
raccomandata nella categoria di soggetti anziani per favorire la performance
respiratoria e di conseguenza l’abilità all’esercizio fisico [145]. La WBV, è
raccomandata anche nel trattamento riabilitativo delle PCI per il controllo
della funzione motoria, della stazione eretta, della deambulazione e la
prevenzione dell’osteoporosi [147].

4.3.6.2. Raccomandazioni di grado moderato-debole


L’energia vibratoria segmentale e la WBV potrebbero essere raccomandate
nella gestione del neglect in pazienti con ictus, nel Parkinson dove
migliorerebbe la performance deambulatoria, nella distonia e nella Sclerosi
Multipla, dove favorirebbe l’autonomia e l’equilibrio, oltre al miglioramento
dello schema del passo [137, 139, 140-141]. La WBV potrebbe essere
raccomandata anche nei programmi di fitness, dove verrebbe impiegata per
aumentare la spesa energetica e favorire il metabolismo [146]. L’energia
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 329

vibratoria segmentale potrebbe essere impiegata anche nella gestione del


dolore da gonartrosi con applicazione sul muscolo quadricipite [142].

4.3.6.3. Terapie non raccomandate


La WBV non è raccomandata nella fibromialgia [148].

4.3.7. Laserterapia (LLL) ed hilterapia

4.3.7.1. Raccomandazioni di grado elevato


Il LLL è raccomandato nel trattamento di pazienti con dolore lombare,
soprattutto le forme sub-acute e croniche non specifiche e con l’utilizzo di dosi
più alte (> 3J) [150-151]. Il LLL è raccomandato nel dolore da gonartrosi e
nell’artrite reumatoide, soprattutto nel follow-up a breve termine con maggior
efficacia del LLL di 630 nn rispetto a quello di 830 nn di lunghezza d’onda
[158-159]. Inoltre, per ottenere un maggior beneficio nel trattamento del
dolore derivante da patologie muscolo-scheletriche, quali tendiniti e
osteoartrosi, è fondamentale attenersi alle dosi raccomandate dalla WALT
[157].

4.3.7.2. Raccomandazioni di grado moderato-debole


Il LLL potrebbe essere raccomandato sia per patologie tendinee quali
epicondilite, tendinopatia del capo lungo del bicipite brachiale, del
sovraspinoso, infraspinoso, trocanterite, tendinopatia patellare, achillea,
fascite plantare e tendinopatia del tratto ileotibiale, sia per patologie su base
artritica che coinvolgono mano, polso, gomito, spalla, anca, caviglia [3, 156].
Il LLL potrebbe essere raccomandato nelle forme di cervicalgia artrosica e
non specifica, con modesti risultati soprattutto nelle forme croniche;
potrebbe essere raccomandato anche nelle forme di cervicalgia con
radicolopatia, ma solo nel breve termine [3, 153-155]. Potrebbe essere
raccomandato anche nella gestione di artrosi dell’articolazione trapezio-
metacarpale e della colonna lombare e cervicale [2, 156]. Riguardo la spalla, il
LLL potrebbe essere raccomandato nelle forme di sindrome da impigment,
tendinopatia della cuffia dei rotatori, capsulite adesiva e dolore di spalla non
specifico [160]. Il LLL potrebbe essere raccomandato nel trattamento della
sindrome del tunnel carpale dove aumenterebbe la forza, migliorerebbe i
parametri elettromiografici e ridurrebbe il dolore anche se con debole
evidenza [161]. Potrebbe trovare impiego anche nella gestione delle
disfunzioni temporomandibolari [162].
330 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

L’Hilterapia potrebbe essere raccomandata nella cervicalgia, LBP, gonartrosi,


epicondilite laterale, impigment sottoacromiale, sindrome dolorosa
miofasciale, tunnel carpale e paralisi di Bell [164-171].

4.3.7.3. Terapie non raccomandate


Il LLL non è raccomandato nelle forme miofasciali di cervicalgia e nella
cefalea cervicogenica [154].

4.3.8. Good Practice Point (GPP)


Per alcune forme di terapia fisica strumentale esistono poche evidenze a
fronte di un loro ampio utilizzo nella pratica clinica quotidiana. È il caso in
particolare dell’uso dei crioultrasuoni e della T.E.C.A.R. Da questo punto di
vista potrebbe essere consigliato l’uso di tali terapie in base all’eperienza del
clinico ed alle caratteristiche peculiari del paziente e della patologia da tattare.
In particolar modo, i crioultrasuoni avrebbero effetto sulle tendinopatie, quali
la fascite plantare [128], mentre la T.E.C.A.R. avrebbe efficacia nella gestione
del dolore in pazienti con low back pain, e secondo un recente studio, anche
nella gestione della fatica muscolare negli atleti [81-83].

CONCLUSIONI

Alla conclusione del nostro lavoro emerge che l’assenza di linee guida ed i
presenti studi, spesso di qualità bassa, supportano risultati a volte
inconsistenti con molte evidenze di grado moderato-basso. L’ampia variabilità
dei parametri di trattamento non sempre permette la creazione di un
protocollo standard e la stesura di linee guida risulta alquanto complessa.
Tuttavia, in base alla ricerca condotta è stato possibile fornire alcune
raccomandazioni che definiscano una via di orientamento generale all’uso
delle terapie fisiche strumentali nella pratica clinica quotidiana.
4. Mezzi fisici nelle patologie muscolo-scheletriche e neurologiche 331

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Prof. Valter Santilli

Linee guida, buone pratiche


ed evidenze scientifiche
in Medicina Fisica e Riabilitativa

Capitolo 5

Buone pratiche e linee guida riabilitative


nel trattamento delle gravi cerebrolesioni acquisite

Coautori

Serena V. Capobianco MD, Tullia Sasso D’Elia MD


Paolo Boldrini MD, Angela Marchese MD, Marco Paoloni MD, PhD
5. Buonepratiche
5. Buone pratiche ee linee
linee guida
guidariabilitative
riabilitative nel
nel trattamento
trattamento delledelle gravi
gravi cerebrolesioni
cerebrolesioni acquisite
acquisite
Coautori
Serena V. Capobianco1 MD, Tullia Sasso D’Elia1 MD, Paolo Boldrini2
Coautori
MD,
Serena Angela Marchese
V. Capobianco 1 MD, Marco
MD,3 Tullia Paoloni1 4MD,
Sasso D’Elia  MD,Paolo
PhDBoldrini 2 MD
Angela Marchese 3 MD, Marco Paoloni 4 MD, PhD
1 Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
Past-President
21 Società Italiana
Scuola di Specializzazione di Medicina
in Medicina Fisica
Fisica e Riabilitativa
e Riabilitativa, (SIMFER)
Sapienza Università di Roma
32 U.O.S.
Past-President
Esiti delleSocietà
Gravi Italiana di Medicina
Cerebrolesioni FisicaCentro
Acquisite, e Riabilitativa (SIMFER)
Diurno ADELPHI
43 Ricercatore
U.O.S. EsitiMED34,
delle Gravi Cerebrolesioni
Sapienza UniversitàAcquisite,
di Roma Centro Diurno ADELPHI
4
Ricercatore MED34, Sapienza Università di Roma

ABSTRACT

Background: Le Gravi Cerebrolesioni Acquisite (GCA) sono lesioni cerebrali


acute “dovute a trauma cranioencefalico o ad altre cause (anossia cerebrale,
emorragia, etc.) tali da determinare una condizione di coma (GCS≤8 per più
di 24 ore) e menomazioni senso-motorie, cognitive o comportamentali, che
comportano disabilità grave”. Non esistono protocolli univoci per il
trattamento riabilitativo delle GCA.
Obiettivi: Fornire una panoramica dettagliata della letteratura nazionale ed
internazionale e, in particolare, delle Linee Guida riabilitative più recenti.
Materiali e metodi: Per la stesura di questo lavoro è stata seguita la
PRISMA checklist, escludendo le componenti riguardanti la statistica dei
dati. Sono state selezionate linee guida nazionali ed internazionali, meta-
analisi, revisioni sistematiche della letteratura e Consensus Conference
pubblicate negli ultimi 10 anni, che analizzano il trattamento riabilitativo
delle GCA e che compaiono sui principali motori di ricerca.
Risultati: Sono state riportate le principali raccomandazioni ritrovate in
letteratura inerenti al trattamento riabilitativo delle GCA, mettendole a
confronto ed evidenziando eventuali incongruenze o mancanze.
Conclusioni: Nonostante la presenza di un numero crescente di
pubblicazioni riguardanti la riabilitazione delle GCA, le linee guida sono
spesso poco esaustive. È auspicabile, dunque, che vengano formulate delle
buone pratiche clinico-assistenziali in ambito riabilitativo per assistere il
clinico nella presa in carico quotidiana del paziente con esiti di GCA.
346 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

INTRODUZIONE

Le “Cerebrolesioni acquisite” o “Acquired Brain Injury” (ABI) sono definite


dalla WHO (Ginevra 1986) come “Un danno encefalico che si verifica dopo
la nascita e non è connesso a patologie congenite o degenerative. Tale
menomazione può essere temporanea o permanente e causare disabilità
parziale o funzionale o disagio psicosociale” [1].
Gli obiettivi del presente capitolo sono:
- Ricercare le più recenti evidenze scientifiche in tema di diagnosi e terapia
della Grave Cerebrolesione Acquisita (GCA), con riferimento particolare alla
riabilitazione, espresse sotto forma di raccomandazioni provenienti dalle
più recenti Linee Guida Evidence Based;
- Analizzarle in forma critica al fine di affiancare il Team Riabilitativo nella
presa in carico e definizione di progetto e programma riabilitativo in una
tipologia di pazienti complessa come quella con esiti di GCA.
La stesura di questo capitolo è stata effettuata utilizzando una versione
modificata della PRISMA checklist, adattata alla ricerca di Linee Guida e,
pertanto, escludendo gli item riguardanti la statistica dei dati.
Le Acquired Brain Injury (ABI) possono essere di origine traumatica
(Traumatic Brain Injury-TBI) e non traumatica. Le ABI non traumatiche
originano da cause varie e differenti (vedi Tabella 5.1.), le ABI traumatiche
(TBI) vengono definite come una “alterazione nella funzione cerebrale o
altra evidenza di patologia cerebrale, causate da una forza esterna”. Le TBI
vengono distinte all’esordio in base alla Glasgow Coma Scale (GCS) in tre
gradi: lievi (GCS 13-15), moderate (GCS 9-12) e gravi (GCS ≤ 8) [2]. Le
conseguenze neurologiche di una ABI dipendono prevalentemente
dall’alterazione dell’attività neurale di una o più aree cerebrali e sono
rappresentate prevalentemente da deficit motori, cognitivi, del linguaggio,
della memoria e dell’attenzione [3].
Recentemente si è iniziato a considerare le Cerebrolesioni Acquisite (ABI) un
insieme di patologie croniche nonché una condizione facilitante la comparsa
di disturbi neurodegenerativi o, in generale, patologie neurologiche [4].
5. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della sindrome dolorosa regionale complessa 347

Tab. 5.1. Eziologia delle Gravi Cerebrolesioni Acquisite.


Cause non Traumatiche Cause Traumatiche
Danno anossico (Infarto miocardico, Shock elettrico.
ostruzione delle vie aree).
Danno ipossico. Trauma di testa e / o collo.
Emorragie cerebrali (rottura di Traumi cranio-encefalici senza o con fratture
malformazioni artero-venose; emorragie craniche.
subaracnoidee e parenchimali).
Tumori cerebrali.
Ictus ischemico massivo.
Patologie infettive (meningiti, encefaliti).
Severe alterazioni metaboliche.
Esposizione a sostanze tossiche.
Abuso di droghe e / o alcool.

Le Gravi Cerebrolesioni Acquisite (GCA) sono lesioni cerebrali acute che


esitano in un “danno cerebrale dovuto a trauma cranioencefalico o ad altre
cause (anossia cerebrale, emorragia, etc.), tale da determinare una
condizione di coma (GCS ≤ 8) per più di 24 ore e menomazioni senso-
motorie, cognitive o comportamentali, che comportano disabilità grave”
(Fig. 5.1.) [5-6].
ABI (Aquired
Brain Injury)

TBI (Traumatic Non Traumatic


Brain Injury) Brain Injury

Lieve Moderata Severa Severa GCS ≤ 8 per


(GCS 15-13) (GCS 12-9) (GCS ≤ 8) più di 24 h

GCA
(Grave Cerebrolesione
Acquisita)

Figura 5.1. Definizione delle Gravi Cerebrolesioni Acquisite. GCS: Glasgow Coma Scale.

I disordini della coscienza presenti in una GCA possono essere di vario


genere e attraversare diverse fasi: il coma, lo stato vegetativo, lo stato di
minima coscienza e lo stato confusionale post-traumatico.
Il coma è caratterizzato da uno stato di non responsività non risvegliabile,
che dura almeno 6 ore, nel quale il paziente non risponde normalmente agli
stimoli dolorosi, luminosi o sonori, in assenza di un normale ciclo sonno-
veglia e di movimenti volontari [2].
348 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Lo stato vegetativo (VS) è definito come una condizione di completa


inconsapevolezza di sé e dell’ambiente, accompagnata dalla presenza di cicli
sonno-veglia, con completa o parziale integrità delle funzioni autonomiche
ipotalamiche e del tronco encefalo [2].
Lo stato di minima coscienza (MCS) è caratterizzato da una severa
compromissione della coscienza nella quale, però, sono dimostrabili segni
comportamentali evidenti di coscienza di sé o dell’ambiente [2].
La diagnosi di MCS richiede la presenza di risposte comportamentali
riproducibili eseguibili a comando, risposte sì / no o verbalizzazione
intellegibili (MCS plus) oppure la presenza di movimenti spontanei e
volontari in relazione a specifici stimoli (MCS minus), che indichino un certo
grado di interazione con l’ambiente [7].
Nello stato confusionale post-traumatico il paziente riacquista una
comunicazione sì / no oppure l’abilità ad utilizzare oggetti familiari in
maniera stabile. Persistono disorientamento temporo-spaziale, amnesia
anterograda, alterazioni del giudizio, disturbi percettivi, distraibilità,
disordini del sonno e labilità emotiva [4].
In letteratura non vi è attualmente accordo circa l’utilizzo e la definizione
dei i disturbi della coscienza in base alla durata.
Viene definito prolungato un disturbo della coscienza (Disorder of
Consciousness-DoC) che duri ≥ 28 giorni [8].
Il Royal College definisce persistenti gli stati vegetativi e gli stati di minima
coscienza che si prolungano per più di 4 settimane [2]. Uno stato vegetativo
è classificato come permanente quando è presente da più di 6 mesi dopo una
lesione cerebrale ad eziologia anossica o metabolica, oppure dopo 1 anno in
seguito ad un trauma cranio encefalico (livello di raccomandazione RA,
E1/2) [2]. La definizione di SMC permanente è più complessa e viene
ipotizzato un recupero altamente improbabile dopo 5 anni in assenza di
miglioramenti [2].
Viene però suggerito di non utilizzare i termini persistente e permanente in
quanto essi non aggiungono nessuna informazione alla diagnosi clinica di
stato vegetativo [9]. Inoltre, essi potrebbero implicare un indirizzo
prognostico sfavorevole, che nella grande maggioranza dei casi non può
essere definito con ragionevole certezza; è stato anche rilevato che l’impiego
di tali termini potrebbero ostacolare l’accesso ad alcune tipologie di
trattamento[9]. L’AAN 2018, in effetti, raccomanda di interrompere le
suddette definizioni in favore del termine cronico accompagnato dal
numero di mesi, nel caso in cui lo SV duri più di 3 mesi in una GCA non
traumatica e più di 12 mesi in una GCA traumatica (LR: B) [8].
La corretta diagnosi tra le diverse forme di disturbo della coscienza risulta
fondamentale al fine di intraprendere un adeguato iter riabilitativo. Alcuni
5. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della sindrome dolorosa regionale complessa 349

studi riportano errori diagnostici tra stato vegetativo e MCS, che


raggiungono il 30-40% dei casi [4].
Allo stato attuale, in assenza di programmi (locali, regionali o nazionali) di
monitoraggio epidemiologico sistematico del fenomeno a lungo termine
(come registri o studi prospettici), le stime di frequenza, sia in termini di
incidenza che di prevalenza, sono possibili solo attraverso l’uso combinato
di informazioni e dati eterogenei per origine (locale, nazionale,
internazionale), valore (validità̀ e affidabilità̀) e rappresentatività,
generalizzabilità al setting italiano. A livello nazionale, dati utili possono
essere ricavati dallo studio prospettico multicentrico GISCAR che, tuttavia,
prende in considerazione solo i casi presi in carico presso strutture
riabilitative. Nonostante le limitazioni, si stima che in Italia vi siano almeno
10-15 nuovi casi di GCA all’anno ogni 100.000 abitanti. In termini di
prevalenza, si può ipotizzare che un numero di persone compreso fra i 300 e
800/100.000 abitanti presenti una GCA; questa stima suggerisce un numero
di almeno 150.000 casi nel nostro paese. Per quanto riguarda le GCA a
maggiore impatto disabilitante (stati vegetativi protratti) in Italia si ritiene
che vi siano circa 6 casi/100.000 abitanti che corrispondono a circa 3000 casi
complessivi [10].
Attualmente vi sono molte più possibilità rispetto al passato di trattare
disabilità e limitazione della partecipazione, implementando sia la
collaborazione precoce tra equipe rianimatoria ed equipe riabilitativa sia la
gestione del paziente a lungo termine, tramite la cooperazione con famiglia
ed associazioni [11].
La riabilitazione dei pazienti con Grave Cerebrolesione Acquisita viene
normalmente distinta in tre fasi, riportate nella tabella 5.2. [6].
350 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Tabella 5.2. Fasi riabilitative nelle GCA.

DIMENSIONI FINALITÀ PRINCIPALI


DURATA
FASE di maggiore DEGLI INTERVENTI
interesse RIABILITATIVI
ACUTA Danno Da alcune  Supporto agli interventi
Dal momento del Strutture e ore ad rianimatori e neurochirurgici
trauma fino alla funzioni del alcune nella prevenzione del danno
risoluzione delle corpo e loro settimane. secondario;
problematiche alterazioni  Minimizzazione delle
rianimatorie e (Menomazioni). menomazioni;
neurochirurgiche.  Facilitazione della ripresa di
contatto ambientale;
 Informazione / supporto alla
famiglia.
POST-ACUTA O Strutture e Da alcune  Trattamento delle
RIABILITATIVA funzioni del settimane menomazioni;
Dalla stabilizzazione corpo e loro ad alcuni  Minimizzazione della
delle funzioni vitali alterazioni mesi. disabilità residua;
fino al raggiungimento (Menomazioni)  Informazione e
del massimo livello di Attività addestramento alla gestione
autonomia possibile in (e limitazioni delle problematiche
funzione delle delle attività). disabilitanti;
menomazioni residue,  Supporto / addestramento dei
in cui è possibile famigliari e caregivers.
differenziare una
“Fase riabilitativa
precoce” e “Fase
Riabilitativa
propriamente detta”.
DEGLI ESITI Partecipazione Da alcuni  Facilitazione all’utilizzo
Dalla stabilizzazione (e restrizioni della mesi ad ottimale delle capacità e
della disabilità residua partecipazione). alcuni anni. competenze residue in
al raggiungimento e ambito famigliare, sociale,
mantenimento del lavorativo;
massimo livello di  Modificazione dell’ambiente
integrazione sociale per favorire al meglio
possibile, in funzione l’utilizzo delle capacità
delle menomazioni e residue.
disabilità.
Tab. 5.2. Fasi riabilitative nelle GCA.
5. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della sindrome dolorosa regionale complessa 351

5.1. Materiali e metodi

Sono state selezionate linee guida nazionali ed internazionali, meta-analisi,


revisioni sistematiche della letteratura e Consensus Conference inerenti sia
al trattamento riabilitativo delle GCA nel suo complesso, sia alla
riabilitazione di problematiche specifiche trattate in modo monotematico.
A tal fine è stata condotta una ricerca bibliografica sui principali motori di
ricerca (Medline, PEDro, Cochrane database) da Gennaio a Agosto 2018
utilizzando le seguenti parole chiave: “severe acquired brain injury AND
rehabilitation”; “traumatic brain injury AND rehabilitation”; “disorder of
consciousness AND rehabilitation”; “acquired brain injury AND pituitary
dysfunction”; “acquired brain injury AND paroxysmal sympathetic
hyperactivity”; “coma AND rehabilitation”; “acquired brain injury AND
decannulation protocol”; “acquired brain injury AND POAN”; “acquired
brain injury AND fatigue”; “acquired brain injury AND sleep disorders”.
Sono stati inoltre utilizzati i seguenti filtri: linee guida, meta-analisi,
revisioni sistematiche, revisioni, Consensus Conference. È stata limitata la
ricerca ai lavori pubblicati in lingua inglese o italiana degli ultimi 10 anni
riguardanti soggetti umani in età adulta
Sono stati esclusi i lavori duplicati e / o i lavori citati nella stesura di
raccomandazioni nelle linee guida e le linee guida delle quali esiste una
versione più aggiornata.
Per le LG è stata valutata la presenza di:
- Raccomandazioni formulate secondo un sistema di gradazione del livello
di evidenza scientifica con relativa classe di raccomandazione;
- Il rispetto dei criteri di multidisciplinarietà (MD), multi-professionalità
(MP);
- La presenza di un’associazione di pazienti nel gruppo di lavoro;
- L’utilizzo del sistema AGREE per la valutazione della qualità della LG.
È stato inoltre valutato l’utilizzo delle seguenti checklist per le altre tipologie
di studio clinico: PRISMA per le meta-analisi e le revisioni sistematiche,
CONSORT per gli RCT, STROBE per gli studi osservazionali, AMSTAR per
le revisioni narrative, come indici di qualità dei lavori.

5.2. Risultati

Sono state selezionate cinque linee guida ed una Consensus Conference, che
trattano in generale le GCA sotto il profilo riabilitativo (tabella 5.3).
- L’American Academy of Neurology ha pubblicato ad Agosto 2018 le
“Practice Guideline Update: Disorders of Consciousness”, che tratta i
disturbi della coscienza prolungati. Per esprimere le raccomandazioni sono
352 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

state utilizzate una consensus Delphi modificata e la classificazione delle


evidenze GRADE “AAN 2011”. I conflitti di interesse vengono specificati nel
documento [8];
- Il Royal College of Physician ha pubblicato nel 2013 le “Prolonged
disorders of consciousness National clinical guidelines” con sistema
AGREE: trattano i disturbi di coscienza prolungati nelle ABI. I livelli di
raccomandazione vengono attribuiti con il sistema NSF (National Service
Framework). I conflitti di interesse vengono esplicitati nel documento [2];
- La Ontario Neurotrauma Fundation (ONF) ha redatto nel 2016 la “Clinical
Practice Guideline for the rehabilitation of adults with moderate to severe
TBI” seguendo i criteri AGREE II, dividendo le raccomandazioni in
prioritarie (P) e fondamentali (F) e specificando il livello di evidenza. Il
conflitto di interessi viene dichiarato sul sito internet in una sezione dedicata
[12];
- Esse trattano esclusivamente le TBI di grado moderato e severo, essendoci
spesso una congruenza negli approcci proposti per le due condizioni; in
questo capitolo sono state prese in considerazione tutte quelle
raccomandazioni valide sia per le moderate che per le severe, laddove non
altrimenti specificato;
- La Scottish Intercollegiate Guidelines Network (SIGN) ha pubblicato nel
2013 le “Brain injury rehabilitation in adults - A national clinical guideline”,
con sistema NHS (National Health Service). Il Conflitto di interesse viene
esplicitato su richiesta nei confronti del “SIGN Executive”. Queste Linee
Guida forniscono raccomandazioni sul trattamento post-acuto delle ABI in
soggetti con età superiore ai 16 anni e che riguardano interventi cognitivo-
comportamentali, comunicativi, emotivi e riabilitativi. Le raccomandazioni
esplicitamente relative alle ABI moderate non sono state prese in
considerazione [13];
- Linee Guida “Guidelines for the Management of Severe Traumatic Brain
Injury” pubblicate nel 2017 del Brain Trauma Foundation (BTF), non
seguono la check-list AGREE e dichiarano nel testo l’assenza di conflitto di
interessi (vedi tabella 5.3.) [14];
- La 3° Conferenza Nazionale di Consenso Buona Pratica Clinica Nella
Riabilitazione Ospedaliera Delle Persone Con Gravi Cerebrolesioni
Acquisite redatta dalla Società Italiana Medicina Fisica e Riabilitativa
(SIMFER) del 2010, rispetta i criteri di MP e MD e formula raccomandazioni
in italiano senza tuttavia specificarne il grado. Il gruppo di lavoro non
precisa l’eventuale utilizzo di check-list per selezionare le evidenze né la
presenza di conflitti di interesse [6].
5. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della sindrome dolorosa regionale complessa 353

I livelli di raccomandazione utilizzati in ciascuna linea guida sono riassunti


nella tabella 5.4.
Tabella 5.3. Linee guida e Consensus Conference.

LINEE GUIDA E SOCIETÀ,


FONTE MD MP GRADE
CONSENSUS ANNO

American
Practice Guideline
Academy of
Update: Disorders of Neurology Sì Sì Sì
Neurology,
Consciousness [8].
2018.
Prolonged disorders of Royal College
www.rcplondon.
consciousness National of Physician, Sì Sì [P] No
ac.uk
clinical guidelines [2]. 2013.
Clinical Practice
Ontario
Guideline for the
Neurotrauma https://brainijury
rehabilitation of adults Sì Sì [P] No
Fundation, guidelines.org
with moderate to severe
2016.
TBI [12].
Brain injury rehabilitation
http://www.sign.
in adults A national SIGN, 2013. Sì Sì [P] Sì
ac.uk
clinical guideline [13].
Guidelines for the
Brain Trauma
Management of Severe www.braintraum
Foundation, Sì Sì No
Traumatic Brain Injury a.org
2017.
[14].
3° Conferenza Nazionale
di Consenso Buona
www.Consensus
Pratica Clinica Nella SIMFER,
Conferencegca.co Sì Sì [P] No
Riabilitazione 2010.
m
Ospedaliera Delle
Persone Con GCA [6].
Tab. 5.3. Descrizione delle singole linee guida e Consensus Conference. MD: Multidisciplinare;
MP: Multiprofessionale. [P]: Associazioni pazienti coinvolte.
354 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Tabella 5.4. Livelli di raccomandazione.

ONF
SIGN ROYAL BRAIN
Raccomandazione (INESS-ONF
(NHS COLLEGE TRAUMA
supportata da: Level of
Evidence) (NSF) FOUNDATION
evidence)
Almeno 1 metanalisi,
review sistematica, RCT di A A RA I
alta qualità.
Più di uno studio di alta
B B RB II A
qualità.
Studi di coorte o caso
B C RC II B
controllo.
Case report, case series,
C D E1/E2 III
opinioni di esperti.
Importanza della F: Fundamental
- - -
raccomandazione *. P: Priority
Tab. 5.4. Livelli di raccomandazione in base alla qualità delle evidenze scientifiche utilizzati in
ciascuna linea guida. *: Raccomandazioni F (Fundamental): sono definite come elementi
fondamentali dei proframmi / servizi riabilitativi che dovrebbero essere attuati per costruire un
corretto iter. Raccomadazioni P (Priority): sono definite come le pratiche cliniche più importanti
per implementare e monitorare il decorso riabilitativo.

Sulla base dei criteri utilizzati per la ricerca bibliografica, sono stati, inoltre
considerati i seguenti lavori:
- “Paroxysmal sympathetic hyperactivity after acquired brain injury:
Consensus on conceptual definition, nomenclature, and diagnostic criteria”
è una Consensus internazionale pubblicata nel 2014 che tratta la definizione,
la diagnosi e la valutazione dell’Iperattività Simpatica Parossistica, è stata
sviluppata con il metodo Delphi e redatta da un gruppo multidisciplinare e
multiprofessionale di esperti in materia (tabella 5.5.) [15];
- “Paroxysmal sympathetic hyperactivity: the storm after acute brain injury”
è una review descrittiva che analizza le evidenze riguardo al trattamento
dell’Iperattività Simpatica Parossistica (tabella 5.5.) [16];
- “Assessment scales for disorders of consciousness: evidence-based
recommendations for clinical practice and research” è una review
sistematica realizzata dall’American Congress of Rehabilitation Medicine,
Brain Injury-Interdisciplinary Special Interest Group, Disorders of
Consciousness Task Force. È stata pubblicata nel 2010 e riporta sotto forma
di raccomandazioni le evidenze riguardanti l’utilizzo di scale valutative per
i disturbi della coscienza. Utilizza per definire le evidenze l’American
Accademy of Neurology classification of evidence (tabella 5.5.) [17];
- “Saliva management options for difficult-to-wean people with
tracheostomy following severe acquired brain injury (ABI): A review of the
5. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della sindrome dolorosa regionale complessa 355

literature.” è una review della letteratura pubblicata nel 2015, che tratta la
patofisiologia ed il trattamento dell’ipersalivazione post-GCA (tabella 5.5.)
[18];
- “Tracheostomy Decannulation: When and How?” è una review che
analizza i protocolli di decannulazione, è stata pubblicata nel 2015 su
Research in Otolaryngology (tabella 5.5.) [19];
- “Swallowing disorders in tracheostomised patients: a
multidisciplinary/multiprofessional approach in decannulation protocols”
di Garuti fornisce un protocollo di decannulazione (tabella 5.5.) [20];
- “The practice of tracheostomy decannulation - A systematic review” è una
review sistematica pubblicata nel 2017 che riguarda i protocolli di
decannulazione. Essa utilizza le scale Jadad e Q-Coh per valutare la qualità
degli studi inclusi (tabella 5.5.) [21];
- “The neuropsychological rehabilitation of visual agnosia and Balint's
syndrome” è una review sistematica della letteratura del 2018, realizzata con
il PRISMA Statement, che tratta la riabilitazione dell’agnosia visiva; essa si
basa però su studi condotti su un bassissimo numero di pazienti (tabella
5.5.) [22];
- Trial multicentrico internazionale randomizzato controllato pubblicato
dal The New England Journal of Medicine nel 2016, “RESCUEicp Trial”
valuta l'effetto della craniectomia decompressiva sugli esiti clinici in pazienti
con ipertensione intracranica traumatica refrattaria. Lo studio è stato
effettuato su più di 400 casi di grave trauma cranico valutati a 6 e 12 mesi
secondo l’Extended Outcome Scale Glasgow (tabella 5.5.) [23];
- La review “Interrelation between Neuroendocrine Disturbances and
Medical Complications Encountered during Rehabilitation after TBI” è stata
pubblicata nel 2015 e tratta il management delle complicanze
neuroendocrine nelle TBI (tabella 5.5.) [24];
- La review “A systematic review of fatigue in patients with traumatic brain
injury: The course, predictors and consequences” utilizza la check-list
PRISMA (tabella 5.5.) [25];
- Nella systematic Review del 2017 “Complementary and alternative
interventions for fatigue management after traumatic brain injury: a
systematic review” vengono invece analizzati e valutati studi sulla gestione
della fatica secondo il sistema GRADE, ma non viene utilizzata alcuna
check-list (tabella 5.5.) [26].
- La “Systematic Review of Interventions for Fatigue after Traumatic Brain
Injury: A NIDRR Traumatic Brain Injury Model Systems Study” di Cantor
del 2014 (tabella 5.5.) [27];
356 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

- La Review Cochrane 2015 “Multidisciplinary Rehabilitation for acquired


brain injury in adults of working age” definisce l’importanza di un
approccio riabilitativo multidisciplinare in soggetti tra i 16 ed i 65 anni [28].

Tabella 5.5. Revisioni della letteratura e consensus conference.


AUTORE, CHECK-
TITOLO FONTE
ANNO LIST
Paroxysmal sympathetic hyperactivity
after acquired brain injury: Consensus on Baguley I.J. et Journal of
No
conceptual definition, nomenclature, and al. 2014. Neurotrauma
diagnostic criteria [15].

Paroxysmal sympathetic hyperactivity: Meyfroidt et Lancet


No
the storm after acute brain injury [16]. al., 2017. Neurology

Assessment scales for disorders of


AAN
consciousness: evidence-based Arch Phys Med
AAN, 2010. Classification
recommendations for clinical practice and Rehabil
of evidence
research [17].

Saliva management options for difficult-


Checklin et
to-wean people with tracheostomy
al., Brain Inj No
following severe acquired brain injury
2015.
(ABI): A review of the literature [18].

The practice of tracheostomy Singh et al., Journal of Jadad e Q-


decannulation - A systematic review [21]. 2017. Intensive Care Coh
Swallowing disorders in tracheostomised
patients: a multidisciplinary/ Garuti et al., Multidiscip
No
multiprofessional approach in 2014. Respir Med
decannulation protocols [20].
The neuropsychological rehabilitation of Heutink J et
Neuropsychol
visual agnosia and Balint's syndrome al., Sì
Rehabil
[22]. 2018.
Hutchinson New England
RESCUEicp Trial [23]. PJ et al., Journal of No
2016. Medicine
Interrelation between Neuroendocrine
Disturbances and Medical Complications Renner I et Journal of
No
Encountered during Rehabilitation after al., 2015. Clinical Medicine
TBI [24].
A systematic review of fatigue in patients Neuroscience
Mollayeva et
with traumatic brain injury: The course, Biobehavioural Sì
al., 2014.
predictors and consequences [25]. Reviews
Complementary and alternative Therapeutic
interventions for fatigue management Xu G.Z. et al., Advances in
No
after traumatic brain injury: a systematic 2017. Neurological
review [26]. Disorders
5. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della sindrome dolorosa regionale complessa 357

Systematic Review of Interventions for


Journal of Head
Fatigue After Traumatic Brain Injury: A Cantor et al.,
Trauma No
NIDRR Traumatic Brain Injury Model 2014.
Rehabilitation
Systems Study [27].
Cochrane
Multidisciplinary Rehabilitation for Turner-
Database of
acquired brain injury in adults of Stokes et al., No
Systematic
working age [28]. 2015.
Reviews
Tab. 5.5. Review della letteratura e Consensus Conference. Descrizione delle singole review
della letteratura e Consensus Conference con il tipo di check-list utilizzata.

5.3. Discussione

5.3.1. Riabilitazione della fase acuta

5.3.1.1. Modalità cliniche e strumentali per la diagnosi e la prognosi dei


disturbi della coscienza
In presenza di un disturbo della coscienza, occorre prima di tutto ricercare le
cause di danno cerebrale e la presenza di fattori reversibili che possano
influenzare lo stato di coscienza, in accordo con le linee guida del Royal
College of Physicians del 2013 (LR: E1/E2) [2]. Vengono riportate le seguenti
raccomandazioni di buona pratica clinica degli esperti: eseguire immagini
cerebrali (TC o RM) per escludere emorragie o idrocefalo in atto; eseguire
una valutazione clinica per confermare l’integrità delle vie sensitive, visive
ed uditive; eseguire screening generali per escludere stati infettivi o
metabolici; rivalutare la terapia farmacologica, riducendo o sospendendo se
possibile farmaci psicoattivi che abbiano un impatto sul livello di coscienza;
nel caso in cui si sospetti la presenza di attività epilettica subclinica eseguire
EEG (LR: E1/E2) [2]. Anche le LG AAN 2018 raccomandano
un’identificazione precoce delle problematiche internistiche (LR: B) [8];
inoltre è raccomandata la valutazione di eventuali segni clinici di presenza
di dolore, indipendentemente dal livello di coscienza (LR: B) [8].
La diagnosi di coma, stato vegetativo o di minima coscienza si basa sulla
valutazione clinica eseguita da personale specializzato [2]. Gli errori
diagnostici sono frequenti e principalmente dovuti alla presenza di severi
deficit neurologici (sensitivi, motori, del linguaggio) che inficiano le capacità
del paziente di interagire e fornire adeguate risposte agli stimoli ambientali.
Il Royal College of Physician e l’AAN 2018 raccomandano che la valutazione
dello stato di coscienza debba essere svolta da un team multidisciplinare,
costituito da medici esperti, fisioterapisti, terapisti occupazionali,
logopedisti, neuropsicologi ed infermieri esperti in riabilitazione (Royal
College livello di raccomandazione alto: RA; AAN 2018 LR: B) [2, 8]. La
valutazione andrebbe effettuata con misurazioni standardizzate (AAN 2018
358 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

LR: B), ripetuta nel tempo e possibilmente dopo aver tentato di stimolare il
paziente le volte in cui lo Stato di Coscienza risulti ridotto (AAN 2018 LR: B)
[8]. Sia l’ONF che il Royal College suggeriscono di raccogliere informazioni
circa le risposte del paziente agli stimoli anche da parenti e caregiver, se
necessario attraverso video (LR alto: RA) [2] e di addestrare i familiari a
distinguere le risposte riflesse da quelle volontarie (ONF, LR medio: B) [12].
Inoltre l’AAN 2018 raccomanda l’utilizzo di valutazioni multimodali, come
valutazioni elettrofisiologiche, nei casi dubbi (LR: C; vedi paragrafo 5.3.1.3.)
e di effettuare frequenti rivalutazioni in caso di discrepanza tra lo status
clinico e strumentale (LR: C) [8].
Secondo tutte le linee guida è estremamente complesso individuare elementi
prognostici certi di ripresa della coscienza. Tra i probabili elementi
prognostici proposti dal Royal College troviamo:
- Il tempo: in tutti i disordini della coscienza la possibilità di un recupero
funzionale significativo diminuisce con il tempo. Qualora si verifichi un
recupero nei pazienti in Stato Vegetativo (VS) post-traumatico, esso si
verifica entro 12 mesi dal trauma; se invece l’origine è non traumatica, il
recupero solitamente avviene entro 3 mesi dall’evento. Il recupero dopo
alcuni anni è estremamente raro e collegato ad una pessima prognosi
funzionale [2];
- L’eziologia della cerebrolesione: i pazienti con lesioni non traumatiche
presentano solitamente una finestra di recupero più breve [2];
- I pazienti di età superiore a 39 anni in stato vegetativo senza risposta
bilaterale ai potenziali evocati acustici (PEA) hanno prognosi
significativamente sfavorevole di una ripresa [2];
- Il rapido tempo di risposta agli item proposti nella scala Wessex Head
Injury Matrix (WHIM) è correlato ad un buon recupero della coscienza
[2];
- La precoce comparsa di motilità spontanea e dell’inseguimento di una
mira e la scomparsa degli automatismi orali e del fenomeno degli occhi di
bambola sono forti predittori di rapida ripresa della coscienza [2].

5.3.1.2. Scale Valutative


L’utilizzo di scale valutative è raccomandato in tutte le linee guida;
occorrerebbe somministrarne almeno 3, in almeno 10 occasioni durante un
periodo di 2-3 settimane, ripetendo l’esecuzione dei test ad orari differenti
durante la giornata, come suggerisce il Royal College (livello di
raccomandazione alto: RA) [2, 4, 8, 12].
La Glasgow Coma Scale (GCS) viene raccomandata in tutte le linee guida
per la valutazione iniziale dello stato di coma. Al fine di distinguere tra MCS
e VS dovrebbe essere somministrata la Coma Recovery Scale-Revised (CRS-
5. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della sindrome dolorosa regionale complessa 359

R), come raccomandato con forte grado dal Royal College e con grado
moderato dalle altre linee guida [2, 6, 8, 12, 13, 17]; con maggiori riserve è
raccomandata la Sensory Modality Assessment and Rehabilitation
Techinique (SMART), che valuta attentamente la responsività del paziente
[2, 13, 17]. La Wessex Head Injury Matrix (WHIM) è utile per valutare i vari
stati di coma nelle lesioni cerebrali traumatiche [2, 13, 17]. La Consensus
SIMFER consiglia, inoltre, l’utilizzo del RLA-Levels of Cognitive
Functioning (RLA-LCF) e la Disability Rating Scale (DRS) [6]. Nei pazienti
post-traumatici l’AAN 2018 raccomanda l’esecuzione della DRS a 2-3 mesi
dal trauma (LR: C). I livelli di raccomandazione sono indicati nella tabella
5.6.

Tabella 5.6. Scale valutative.


Royal Consensus ONF, Review SIGN,
College, SIMFER, 2016. AAN, 2018.
AAN, 2010. 2013.
2013. 2010.
Valutazione
R (E1/2) - R (C) E - R
multidisciplinare
Valutazione
ripetuta nel R (RA) R R (C) E R R
tempo
GCS R R R (C) - - -
R nelle
E con minima GCA non
CRS-R R (RA) R - R (B)
riserva traumatiche
(B)
E con
WHIM R (RA) - - moderata - -
riserva
E con
SMART R (RA) - - moderata - -
riserva
R nelle
GCA
DRS - R - - -
traumatiche
(B)
RLA-LCF - R - - - -
Tab. 5.6. Scale valutative. R: Raccomandato. NR: Non Raccomandato. E: efficace. NE: Non
Efficace. NSE: Non Sufficienti Evidenze. -: argomento non trattato. Tra parentesi sono riportati i
livelli di evidenza e raccomandazione (vedi tabella 5.4.).

5.3.1.3. Metodiche strumentali: imaging, EEG e potenziali evocati


Nella valutazione iniziale dei pazienti con Grave Cerebrolesione Acquisita,
oltre all’esame obiettivo e all’applicazione di scale valutative, sarebbe
raccomandato l’utilizzo di esami strumentali di imaging, come riportato
come buona pratica clinica nelle LG Royal College (LR: E1/E2) [2].
360 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Durante la fase acuta può essere indicato effettuare una TC encefalo;


successivamente, a 6-8 settimane, viene raccomandato dalla Consensus
SIMFER e dall’AAN 2108 di eseguire una RM encefalo, per valutare il
numero e la localizzazione delle lesioni cerebrali presenti (LR: B) [6, 8].
L’esecuzione di neuro-immagini è particolarmente utile qualora si assista ad
un peggioramento dello stato di coscienza o funzionale per escludere la
presenza di idrocefalo, ematomi subdurali cronici, comparsa di nuove
lesioni o erniazioni [6].
L’AAN 2018 raccomanda con basso grado l’esecuzione di risonanza
magnetica funzionale per valutare l’attivazione della corteccia uditiva in
risposta ad una voce familiare, con fini prognostici (LR: C) [8].
Al contrario non trova invece indicazione, secondo una raccomandazione di
buona pratica clinica del Royal College, l’esecuzione di neuro-immagini
funzionali (fRMI e PET) nella valutazione routinaria del deficit di coscienza,
questi esami infatti non fornirebbero informazioni sufficientemente
attendibili, sono di lunga durata e non facilmente applicabili [2].
La SPECT può essere effettuata 1-2 mesi dopo un disturbo di coscienza post-
traumatico per comprendere meglio la prognosi a 12 mesi (LR: B) [8].
Secondo il Royal College l’elettroencefalogramma (EEG) a riposo può essere
utile nella diagnosi di attività epilettica subclinica e nell’encefalopatia
metabolica, ma non permette una distinzione tra livelli di coscienza (Buona
Pratica Clinica: E1/E2) [2]. Le LG AAN 2018, invece, riportano che l’EEG può
essere utilizzato come supporto per la prognosi nei pazienti post-traumatici,
eseguito dopo 2-3 mesi dal trauma (LR: C) [8]. L’EEG durante il sonno
presenta più frequentemente tratti di normalità nei MCS rispetto agli VS,
nonostante la ricomparsa in questi ultimi del ciclo sonno-veglia [2].
I potenziali evocati (somatosensitivi, uditivi e visivi) possono essere utili
nella valutazione dell’integrità delle vie sensitive, soprattutto al fine di
evitare errori diagnostici su deficit visivi, ma non sono raccomandati nella
pratica clinica secondo il Royal College (LR: E1/2) [2]; l’AAN 2018
raccomanda solo i potenziali evocati somatosensitivi nelle GCA non
traumatiche a supporto della valutazione prognostica a 24 mesi (LR: B) [8].
Anche la Consensus SIMFER ne raccomanda l’esecuzione con fini
prognostici [6]. Infine i potenziali evocati cognitivi con la P300 possono
essere utilizzati per valutare l’integrità delle funzioni superiori, sono
raccomandati dall’AAN 2018 dopo 2-3 mesi dal trauma nei pazienti post-
traumatici (LR: C), mentre non sono raccomandati dal Royal College [2, 8].
In conclusione non vi è completo accordo nelle linee guida circa l’esecuzione
di metodiche strumentali per valutare la responsività, il clinico “può”
utilizzarle in caso vi siano risultati persistentemente ambigui nella
valutazione comportamentale.
5. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della sindrome dolorosa regionale complessa 361

5.3.1.4. Metodiche di facilitazione della ripresa del contatto: il risveglio


Al fine di stimolare ed accelerare la ripresa del contatto con l’ambiente in
pazienti con disturbi della coscienza, possono essere attuate tre strategie
differenti: l’utilizzo di farmaci neuromodulanti, la neurostimolazione
invasiva o transcranica ed i programmi di stimolazione sensitiva (Tabella
5.7.) [6, 12, 8].
Negli ultimi anni sono stati pubblicati molti studi riguardanti l’utilizzo di
farmaci neuromodulanti. Le principali molecole studiate sono i
dopaminergici (L-dopa, amantadina, bromocriptina), GABAergici
(zolpidem), SNRI (metilfenidato) e SSRI; il loro utilizzo nella pratica clinica
rimane off-label. Secondo le linee guida del Royal College e la Consensus
della SIMFER, nonostante la presenza di alcuni dati di letteratura
incoraggianti, non vi sono sufficienti evidenze per formulare una
raccomandazione, né per escluderne l’utilizzo. L’ONF raccomanda, con
livello medio, il metilfenidato (agonista della dopamina e noradrenalina)
alla dose di 0,10 mg/kg titolato gradualmente fino a 0,25-0,30 mg/kg per
migliorare l’attenzione (LR: P, B), nel caso in cui il paziente non lo tolleri,
può essere considerata la destroanfetamina (LR: C) [12]. L’amantadina
(dopamino-agonista) è tra le molecole più sperimentate e può essere
considerata con medio-alto livello di raccomandazione per il recupero di VS
e MCS (ONF 2016: P, A; SIGN 2013: B; AAN 2018: B) [6, 8, 12, 13]. Solo le LG
AAN 2018 raccomandano l’amantadina con un dosaggio di 200-400 mg/die
nei pazienti con disturbo di coscienza post-traumatico tra le 4 e le 16
settimane dopo l’evento [8]. Le linee guida non contengono
raccomandazioni riguardo allo zolpidem, anche se vi sono studi che hanno
ipotizzato un effetto sulla riduzione della diaschisi e la ripresa della
coscienza [4].
Le tecniche di neurostimolazione, che comprendono le stimolazioni
transcraniche magnetica e a corrente continua, la Deep Brain Stimulation
(DBS) e la stimolazione delle colonne dorsali, non sono raccomandate nella
routine dalle recenti linee guida a causa delle evidenze ancora troppo scarse.
Esse possono essere utilizzate nell’ambito di trial clinici [6, 12, 13].
I programmi di stimolazione sensoriale sono stati proposti in molteplici
studi allo scopo di aumentare la responsività dei pazienti comatosi; essi si
basano sulla capacità cerebrale di attivare fenomeni di neuroplasticità e
adattamento in seguito alla somministrazione di stimoli esterni. Nel corso
degli anni questi programmi sono stati oggetto di critiche poiché potevano
talvolta portare ad una sovrastimolazione del paziente che attivava circuiti
di abituazione, limitando gli effetti sulla responsività. Le linee guida del
Royal College raccomandano, come buona pratica clinica, che i programmi
362 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

di stimolazione siano focalizzati su sensazioni piacevoli, come l’ascolto di


musica favorita dal paziente, l’incontro con un animale di famiglia o il
massaggio. Gli stimoli devono essere somministrati uno alla volta e per
brevi periodi di tempo. Sia il personale sanitario che i familiari devono
essere addestrati per evitare la sovrastimolazione (LR: E1/2) [2, 6].
Infine deve essere tenuto in considerazione che esistono una serie di terapie
non validate, che comprendono terapia iperbarica, nutraceutici e staminali,
che non presentano evidenze di efficacia e possono essere associate a rischi.
Questo tipo di terapie può essere proposta dalle famiglie, è quindi molto
importante informare familiari e caregiver dei rischi e dei limiti di questi
approcci (LR: B) [8].

Tabella 5.7. Metodiche di facilitazione della ripresa del contatto.


SIGN, AAN,
Royal College, Consensus ONF, 2016.
2013. 2018.
2013. SIMFER, 2010.
L-dopa NR NR NR - -
Amantadina NR R R (P;A) R (B) R (B)
Metilfenidato NR NR R (P;B) - -
Destroanfetamina NR NR R (C) - -
Zolpidem NSE - - NSE -
Programmi di
stimolazione R (E1/2) R - NSE -
sensoriale
Tab. 5.7. Metodiche di facilitazione della ripresa del contatto. R: Raccomandato. NR: Non
Raccomandato. E: efficace. NE: Non Efficace. NSE: Non Sufficienti Evidenze. -: argomento non
trattato. Tra parentesi sono riportati i livelli di evidenza e raccomandazione (vedi tabella 5.4.).

5.3.1.5. Informazione e supporto ai familiari


Nei pazienti nei quali il disturbo di coscienza si prolunga oltre i 28 giorni è
raccomandata la discussione della prognosi con i familiari e caregiver
evitando dichiarazioni che suggeriscano una prognosi completamente
negativa (LR: A), data la reale variabilità prognostica (LR: B) [8]. Qualora il
quadro clinico suggerisca come esito una severa disabilità a lungo termine,
si raccomanda di suggerire ai familiari una pianificazione assistenziale a
lungo termine (LR: A) [8].
Riguardo l’evidenza di segni clinici suggestivi della presenza di dolore,
viene raccomandato che i medici spieghino ai familiari che non si può
determinare con certezza il grado di dolore avvertito dal paziente (LR: B)
[8].
Occorre considerare che le famiglie ed i caregiver si trovano spesso in uno
stato emotivo di estremi stress e vulnerabilità, pertanto spiegar loro in
maniera chiara che le probabili fluttuazioni dello stato di coscienza,
5. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della sindrome dolorosa regionale complessa 363

soprattutto nelle prime fasi, non dipendono strettamente dalle terapie


effettuate (LR: B) [8].

5.3.1.6. Iperattività simpatica parossistica


L’Iperattività Simpatica Parossistica (Paroxysmal Sympathetic Hyperactivity -
PSH) è stata definita nel 2014 da Baguley in una Consensus internazionale
come “una sindrome, riscontrabile in un sottogruppo di pazienti
sopravvissuti a GCA, caratterizzata da un parossistico, transitorio e
simultaneo aumento dell’attività simpatica e motoria” (aumento improvviso
della frequenza cardiaca e respiratoria, della pressione arteriosa, della
temperatura corporea e della sudorazione e comparsa improvvisa di una
postura in decorticazione o decerebrazione) [15].
La durata della PSH va da almeno 2 settimane ad alcuni mesi, nei quali si
succedono almeno 2 episodi parossistici al giorno, intervallati da periodi
intercritici liberi. Quando la sindrome scompare, talvolta può esitare in
spasticità o distonia [15].
La formulazione da parte della Consensus internazionale di una definizione
univoca e di criteri diagnostici è relativamente recente ed ha permesso per la
prima volta di riunire sotto la stessa nomenclatura manifestazioni
precedentemente conosciute come “tempeste simpatiche”, “disautonomie”,
“instabilità autonomica con distonia” [15]. All’interno della stessa
Consensus è stato anche proposto uno score clinico per facilitare la diagnosi:
il PSH Assessment Measure [15, 16].
A causa della solo recente acquisizione di una precisa identità nosologica, i
dati di epidemiologia disponibili sono in parte frammentari. Sembra che la
PSH sia molto più frequente nei pazienti con CGA conseguente a trauma
cranico (80%), nel 10% dei casi a lesione post-anossica e nel 5% a stroke. La
sindrome non sembra essere correlata ad una sede specifica di lesione, ma al
danno diffuso ed al carico lesionale complessivo [16].
Non sono disponibili raccomandazioni riguardo alla terapia della PSH in
nessuna linea guida. La qualità delle evidenze è, infatti, molto scarsa, frutto
principalmente di trial non randomizzati, case series e case report e non
sono disponibili raccomandazioni. La review di Meyfroidt riporta che
l’approccio terapeutico dovrebbe essere volto ad evitare la
somministrazione di stimoli trigger, controllare i sintomi, prevenire le
complicanze [16]. La maggior parte delle volte - circa l’80% - i parossismi
sono dovuti a risposte allodiniche a stimoli come dolore, ritenzione urinaria,
movimento; una volta individuato il trigger occorre evitare di scatenarlo.
Spesso è necessario un trattamento multifarmacologico. Gli oppioidi
(morfina e fentanil) sono frequentemente utilizzati come prima linea, sia
come prevenzione che come trattamento in acuto, cercando di evitarne un
364 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

utilizzo cronico. Anche il propanololo viene utilizzato frequentemente; gli


alfa2-agonisti, come la clonidina, possono essere utilizzati da soli o in
associazione con i beta-bloccanti. Altre molecole sperimentate sono:
gabapentin, baclofen, bromocriptina, dantrolene e le benzodiazepine [6] [16].
Dosaggi e livelli di evidenza sono riassunti in tabella 5.8.
La prevenzione delle complicanze prevede il corretto posizionamento dei
pazienti a letto, la fisioterapia, la gestione attenta della temperatura
corporea. Inoltre dovrebbe essere posta particolare cura all’assetto
nutrizionale di questi pazienti, la spesa energetica durante le crisi è, infatti,
tre volte superiore rispetto al riposo. Infine, occorre ricordare che la
presenza di crisi di PSH costituisce un importante fattore di rischio per lo
sviluppo di paraosteoartropatie [16].

Tabella 5.8. Terapia farmacologica dell’iperattività simpatica parossistica.

Consensus
Review
SIMFER,
Meyfroidt et al., 2017.
2010.
MORFINA
Prevenzione: infusione ev; Evidenze consistenti. R
Trattamento: 1-10 mg in bolo ev.
FENTANIL
Evidenze consistenti. R
Prevenzione: patch 12-100 g/h.
PROPANOLOLO R (prima
Evidenze consistenti.
Trattamento: 20-60 mg ogni 4-6 h per os. scelta)
PROPOFOL
Evidenze consistenti, solo
Prevenzione: <4 mg/kg infusione ev; -
in pz intubati.
Trattamento: 10-20 mg in bolo ev.
CLONIDINA
Prevenzione: 100 μg ogni 8-12 h, per os. Max 1200 Evidenze intermedia. R
μg/day.
GABAPENTIN
Prevenzione: 100 mg ogni 8 h, per os; max 4800 Evidenze consistenti. -
mg/day.
BACLOFEN Per os: evidenze limitate
Prevenzione: 5 mg ogni 8 h, per os; max 80 mg/day; Intratecale: evidenze R
In casi gravi intratecale. consistenti.
BENZODIAZEPINE (Diazepam, Lorazepam,
Evidenze intermedie. R
Midazolam, Clonazepam).
DANTROLENE
Trattamento: 0·5-2 mg/kg ev ogni 6-12 h; max 10 Evidenze intermedie. R
mg/kg/die.
Tab. 5.8. Terapia farmacologica della PSH. I livelli di evidenze non sono ottenuti con
metanalisi. Evidenze consistenti: presenza di molteplici pubblicazioni revisionate che ne
mostrano i benefici; evidenze intermedie: incertezza sui benefici; evidenze limitate: dati di
letteratura scarsi o inconcludenti o evidenze di non beneficio del farmaco [16].
5. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della sindrome dolorosa regionale complessa 365

5.3.1.7. Gestione delle problematiche neuroendocrinologiche


La ghiandola pituitaria (GP) è estremamente sensibile a patologie sistemiche
o eventi traumatici che provochino lesioni ipossico-ischemiche a causa sia
del tipo di supporto vascolare sia della posizione anatomica. In seguito ad
un danno cerebrale, in fase acuta si osserva una rapida risposta adattativa al
trauma con produzione di ACTH, GH e Prolattina e conseguente riduzione
dei livelli sierici di LH, FSH e Tireotropina. Tale sistema risulta vitale e
protettivo in fase acuta, ma dannoso nel recupero funzionale del paziente
qualora l’ipersecrezione o l’iposecrezione dipendano invece da un danno
ghiandolare diretto o vascolare [24, 29]. La prevalenza di disfunzioni
endocrine varia tra il 15% ed il 68% dopo TBI, deficit di LH/FSH e di GH
sono significativamente più frequenti del deficit di ACTH, a sua volta più
frequente del deficit di TSH; non esistono, al contrario, dati significativi
sulla prevalenza di deficit ipofisari nelle GCA da altra causa (anossia
cerebrale, emorragia intraparenchimale, infezioni del SNC) [6].
Il rischio di complicanze neuroendocrine è maggiore in caso di TBI severo,
frattura della base cranica, danno assonale diffuso, ipertensione
endocranica, prolungata degenza in Unità di Terapia Intensiva, Emorragia
Sub Aracnoidea ed età avanzata [6]. Le forme più lievi sono frequentemente
transitorie, a differenza dei deficit gravi (panipopituitarismo e deficit severi
di GH e ACTH) che solitamente sono definitivi. L’insorgenza avviene più
frequentemente in fase post-acuta, per normalizzarsi successivamente [6, 12,
24]. La forma tardiva (dopo 1-3 anni dall’evento acuto) di deficit ormonali è
invece molto più rara [6] e nella maggior parte dei casi si assiste ad un
miglioramento clinico entro 5 anni [24].
Di solito i sintomi associati ad una riduzione degli ormoni pituitari sono
aspecifici e comprendono fatica, depressione, ansia e disturbi cognitivi,
difficilmente distinguibili da cause di altra natura [24].
Le problematiche più frequenti sono:
- Diabete insipido;
- Insufficienza adrenocorticale o surrenalica, dovuta ad una riduzione di
ACTH, è la sindrome più severa e necessita di intervento immediato. Si
manifesta precocemente con disequilibrio, fatica, nausea, vomito,
diarrea, globale riduzione delle capacità organiche di risposta allo stress,
con esiti spesso importanti;
- Sindrome da inappropriata secrezione di ADH (SIADH);
- Ipotiroidismo: provoca intolleranza al freddo, costipazione, aumento
di peso, dispnea;
- Iposecrezione di GH: osteoporosi, riduzione della funzionalità cardiaca
e cardiovascolare;
366 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

- Iperprolattinemia: sterilità, aumento di tumore mammario (anche


nell’uomo).

Per tali ragioni è raccomandato con basso livello, in accordo con le Linee
Guida ONF e la Consensus SIMFER, uno screening dell'asse ipotalamo
ipofisario a 3-6 mesi dopo lesione cerebrale traumatica (TBI) o qualora i
sintomi siano indicativi di uno squilibrio o di un deficit ormonale [6, 12]. Si
concorda inoltre sulla necessità di presa in carico da parte di uno specialista
endocrinologo in caso di comparsa di alterazioni neurormonali. Lo
screening deve comprendere gli ormoni riportati in tabella 5.9. In caso di
trauma cranico grave o ESA, nella lettera di dimissione dovrebbe essere
consigliato un controllo degli ormoni ipofisari a distanza di un anno
dall’evento acuto [6].

Tabella 5.9. Screeening per le complicanze neuroendocrinologiche.


Consensus
ONF, 2016. SIMFER,
2010.
Cortisolo sierico (mattina-sera)
R (P,C) R
Cortisolo urinario delle 24 h.
Glicemia. R (P,C) -
TSH, FT3, FT4. R (P,C) R
FSH, LH. R (P,C) R
Testosterone nel maschio,
- R
17-beta estradiolo nella femmina.
IGF-1. R (P,C) R
Prolattina. R (P,C) R
Osmolarità plasmatica, natriemia. R (P,C) R
Tab. 5.9. Screeening per le complicanze neuroendocrinologiche. R: Raccomandato. NR: Non
Raccomandato. E: efficace. NE: Non Efficace. NSE: Non Sufficienti Evidenze. -: argomento non
trattato. Tra parentesi sono riportati i livelli di evidenza e raccomandazione (vedi tabella 5.4.).

5.3.2. Riabilitazione della fase post-acuta

5.3.2.1. Metodologia e organizzazione dei percorsi assistenziali:


indicazioni generali e legislazione
L’organizzazione del percorso assistenziale del paziente con GCA è
attualmente una problematica oggetto di dibattito a livello nazionale ed
internazionale
In Italia, le strutture riabilitative ospedaliere in cui vengono prese in carico
le persone con esiti di GCA dopo la fase acuta, rianimatoria o
neurochirurgica, sono di norma Unità di Riabilitazione Intensiva. Per le
peculiarità dei fabbisogni riabilitativi di queste persone e delle loro famiglie,
5. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della sindrome dolorosa regionale complessa 367

a livello normativo, secondo le “Linee-guida del Ministero della Sanità per


le attività di riabilitazione”, sono state definite strutture specificamente
dedicate di alta specialità riabilitativa: le Unità di Riabilitazione di Terzo
Livello per le Gravi Cerebrolesioni Acquisite (UGC) [30].
Nel 2000 la Regione Veneto, con la DGRV 253/2000 “Atto di indirizzo e
coordinamento per l’organizzazione dei servizi di riabilitazione ospedalieri,
residenziali, distrettuali e domiciliari”, definisce i requisiti e criteri di
accesso alle Unità Gravi Cerebrolesioni [31].
Sempre nel 2000 la Conferenza Nazionale di Consenso “Modalità di
trattamento riabilitativo del traumatizzato cranio encefalico in fase acuta,
criteri di trasferibilità in strutture riabilitative e indicazioni a percorsi
appropriati” raccomanda la necessità di implementare modelli assistenziali
“in rete integrata di servizi” [32].
Nel 2000 la Regione Lazio, con la DGR 15/2/2000 n. 398, distingue per
l’assistenza riabilitativa le seguenti fasi:
- Riabilitazione intensiva post-acuzie: comprende i trattamenti
riabilitativi effettuati in continuità con l’evento acuto, finalizzati a
consentire il massimo recupero possibile;
- Riabilitazione estensiva (sub-acuta): comprende i trattamenti
riabilitativi dei pazienti che hanno superato la fase di acuzie e di
immediata post-acuzie e che necessitano di interventi orientati a
garantire un ulteriore recupero funzionale in un tempo definito (di
norma entro 6 mesi dalla dimissione ospedaliera e/o dalla
riacutizzazione o recidiva dell’episodio patologico);
- Riabilitazione di mantenimento: comprende i trattamenti per pazienti
affetti da esiti stabilizzati di patologie psico-fisiche, orientati a
mantenere l’eventuale residua capacità funzionale o contenere il
deterioramento. Per caratteristiche, richiede forte supporto sociale [30].
Nel 2002 viene pubblicato il “GRACER (Gravi Cerebrolesioni Emilia
Romagna): Un progetto di rete integrata regionale di strutture, presidi e
servizi riabilitativi per le persone affette da Gravi Cerebrolesioni Acquisite
[33], approvato con DGR 19/12/2005 n.2125 nel piano sanitario regionale e
successiva costituzione del comitato tecnico scientifico [34-35].
Nel 2005 la Consensus Conference SIMFER di Verona ribadisce la necessità
di evitare la separazione temporale delle fasi degli interventi riabilitativi
sanitari da quelli socio-assistenziali: interventi a valenza sociale ed
assistenziale devono essere effettuati fin dalla fase acuta, e svilupparsi in
misura progressivamente maggiore nelle fasi successive (post acuta precoce
e tardiva, degli esiti); e, d’altra parte, interventi a valenza sanitaria, che sono
prevalenti nella fase acuta e post-acuta, possono essere necessari anche nelle
fasi tardive della presa in carico. Raccomanda inoltre una organizzazione in
368 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

rete di tutte le strutture ed i soggetti che, in un dato ambito territoriale, sono


coinvolte nella presa in carico della persona con GCA dopo la fase di
ospedalizzazione, ed uno stretto raccordo fra tale rete di servizi e le strutture
ospedaliere di riabilitazione [5].
Con la DGR 14/7/2006 n. 424 sono stati approvati i requisiti minimi
autorizzativi per le strutture sanitarie regionali, tra i quali sono citati i
requisiti specifici per i servizi/reparti di riabilitazione ad alta intensità (RAI),
deputati alla presa in carico dei pazienti affetti dagli esiti di gravi
traumatismi craniocefalici e altre gravi cerebrolesioni acquisite [36]. Con la
DGR 16/4/2007, n. 266 sono definiti i criteri di accesso alle prestazioni di
riabilitazione post-acuzie ospedaliera per i seguenti due livelli di assistenza:
III livello, Unità ad alta specialità riabilitativa (codice 28, 75 Riabilitazione ad
Alta Intensità) e II livello, Unità riabilitative intensive (codice 56) [37].
Tra le Unità ad Alta specialità riabilitativa troviamo:
- RAI (Riabilitazione ad Alta Intensità): assistenza di pazienti in stato
vegetativo o stato di minima coscienza da grave cerebrolesione acquisita
con potenzialità di recupero;
- Unità di neuroriabilitazione ad alta specialità - codice 75: assistenza di
pazienti con postumi di gravi cerebrolesioni.

Le Unità riabilitative intensive: accolgono pazienti a medio impegno


assistenziale con moderati rischi di instabilità medica con necessità di un
regolare contatto individuale con medici specialisti per la valutazione,
l’erogazione e il controllo degli interventi riabilitativi, nonché multiple
necessità di nursing riabilitativo intensivo:
- Lungodegenza ad alta intensità - LAI: pazienti affetti dagli esiti di
gravi encefalopatie acquisite e menomazioni fisiche, cognitive e
comportamentali stabilizzate che, dopo un periodo di ricovero in Unità
operativa complessa di RAI, rianimazione, terapia intensiva,
neurochirurgia, Stroke unit, neurologia, neuroriabilitazione ad alta
intensità, necessitano di attività assistenziale finalizzata al
mantenimento delle condizioni di recupero funzionale acquisite;
- Unità di riabilitazione intensiva - codice 56: interventi riabilitativi per
pazienti con menomazioni e disabilità complesse che richiedono
programmi di riabilitazione intensiva in regime di ricovero [37].

La DGR 12/6/2007 n. 420 definisce le reti di alta specialità per trauma, ictus e
infarto secondo il modello hub e spoke. Nel Lazio è stato pertanto istituito
per la fase acuta il Sistema Integrato per l’Assistenza al Trauma (SIAT)
secondo il modello hub e spoke [38].
5. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della sindrome dolorosa regionale complessa 369

La DGR 19/6/2007 n. 435 definisce i criteri clinici di accesso ai trattamenti di


riabilitazione in assistenza estensiva e di mantenimento in regime non
residenziale. Essi sono:
- Nella Scheda di valutazione multidimensionale adulto anziano
modificata (SVAMA) un punteggio ≤ 2 nelle aree esplorate:
comprensione e produzione linguaggio, udito, vista;
- Nella Ferrara Brain Injury Physical Assessment Schedule (Ferrara
BIPAS) un punteggio che indichi almeno una menomazione lieve [39].

Nel 2009 sono stati pubblicati gli atti dalla Presidenza del Consiglio dei
Ministri della “Conferenza permanente per i rapporti tra lo stato, le regioni e
le province autonome di Trento e Bolzano” a cui poi le Regioni si sono
adeguate. In particolar modo al punto 3 si definisce “La promozione di
modelli organizzativi e assistenziali dei pazienti in stato vegetativo e di
minima coscienza nella fase di cronicità” [40].
Tale documento è stato ripreso dal Dossier 224-2012 della Regione Emilia
Romagna intitolato “Il percorso assistenziale integrato nei pazienti con
Grave Cerebrolesione Acquisita - Fase Acuta e Post-Acuta - Analisi
Comparativa dei modelli organizzativi regionali”, che esamina il grado di
corrispondenza tra gli elementi assistenziali indicati come prioritari dagli
atti di riferimento nazionale, dalle linee guida nazionali, dalle conferenze
nazionali di consenso e i contenuti delle normative vigenti nelle Regioni e
Province autonome partecipanti al progetto in merito all’ assistenza
sanitaria e sociale alle persone con grave cerebrolesione acquisita (GCA).
L’analisi evidenzia una disomogeneità dei modelli organizzativi regionali in
tutte le fasi del percorso assistenziale delle persone con GCA [37].
Il Documento definisce la persona affetta da GCA come “bisognosa di
appropriatezza degli interventi nella fase dell’emergenza e di un tempestivo
ricovero in sede idonea per trattamenti rianimatori o neurochirurgici di
durata variabile da alcuni giorni ad alcune settimane (fase acuta)”. Dopo
questa fase, possono essere necessari interventi medico-riabilitativi di tipo
intensivo, anch’essi da effettuare in regime di ricovero, che possono durare
da alcune settimane ad alcuni mesi (fase post-acuta, precoce o tardiva).
Nella fase post-acuta precoce gli interventi mirano alla stabilizzazione
internistica (equilibrio metabolico-nutrizionale, cardiocircolatorio,
respiratorio; risoluzione delle complicanze intercorrenti), alla prevenzione
delle complicanze, alla diminuzione della menomazione e alla ripresa delle
attività della vita quotidiana. Queste cure si svolgono in genere in strutture
di riabilitazione intensiva di II e III livello (Unità di alta specialità
riabilitativa per le gravi cerebrolesioni). Nella fase post-acuta tardiva, gli
interventi sono prevalentemente orientati al recupero di attività più
370 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

complesse della vita quotidiana e all’addestramento del paziente, dei


familiari e dei caregiver alla gestione delle disabilità a lungo termine [37, 41-
42].
Nella maggior parte dei casi, dopo la fase di ospedalizzazione permangono
sequele che rendono necessari interventi di carattere sanitario e sociale a
lungo termine, volti ad affrontare menomazioni e disabilità persistenti,
nonché difficoltà di reinserimento familiare, sociale, scolastico e lavorativo
(fase degli esiti) [40].
Le indicazioni circa la “gestione di un percorso assistenziale integrato”, la
definizione di un “Progetto Riabilitativo Individuale” in base alla
International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF) e
l’individuazione di un setting riabilitativo adeguato sono confermate anche
nel più recente Piano di Indirizzo per la Riabilitazione (Accordo, ai sensi
dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281) tra il Governo, le
Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, sul documento
concernente "Piano d'indirizzo per la Riabilitazione del 10 febbraio 2011 [43-
45]. Nel mondo la riabilitazione nelle GCA viene gestita in maniera
altrettanto multidisciplinare ed integrata.
Ad esempio nel Regno Unito il Trauma Cranico è stato oggetto di un ampio
documento pubblicato dal NICE (National Institute of Health and Care
Excellence) nel 2014, intitolato “Head injury”, che definisce gli standard di
qualità (“Quality Standard”) che stabiliscono le aree prioritarie per il
miglioramento della qualità dell'assistenza sanitaria e sociale. In particolare
si evidenzia la necessità di garantire a persone con Trauma Cranico ed
alterazioni fisiche o cognitive di durata maggiore delle 72h la riabilitazione
ospedaliera in strutture locali adeguate (ospedali, centri neurologici
specialistici) e previa valutazione prognostica. Grande importanza viene
altresì riconosciuta ai servizi di neuro-community-based [46].
Le Linee Guida della Ontario Neurotrauma Faundation, raccomandano che
ogni individuo con TBI dovrebbe disporre di servizi di riabilitazione
interdisciplinare tempestivi e specializzati (LR: F, C), la valutazione e la
pianificazione della riabilitazione dovrebbero essere effettuate da un team
coordinato e interdisciplinare, composto da logopedisti, terapisti
occupazionali, fisioterapisti, assistenti sociali, neuropsicologi, psicologi,
infermieri, medici e medici fisiatri, personale di supporto alla riabilitazione,
nutrizionisti, terapeuti ricreativi e farmacisti, con un coordinatore (LR: F, C)
[12]. Dovrebbero essere predisposti percorsi e protocolli di cura integrati per
facilitare il passaggio dalla fase acuta a quella riabilitativa, con un ambiente
riabilitativo favorente la privacy e l'igiene del sonno, l'uso di stanze singole,
un ambiente tranquillo e routine familiari (LR: C). Il piano di riabilitazione
dovrebbe essere task-oriented (LR: B). Ci dovrebbe essere un alto grado di
5. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della sindrome dolorosa regionale complessa 371

coinvolgimento del paziente e dei suoi familiari / assistenti e i membri del


team riabilitativo (LR: B) [12].
La Review Cochrane 2015 “Multidisciplinary Rehabilitation for acquired
brain injury in adults of working age” definisce l’importanza di un
approccio riabilitativo multidisciplinare in soggetti tra i 16 ed i 65 anni. Non
sono state utilizzate per la stesura delle Check List specifiche. Per le ABI da
moderati a severi già in riabilitazione, "prove forti" hanno rivelato che
programmi più intensi sono associati a guadagni funzionali precoci e"prove
moderate" suggeriscono che la terapia ambulatoriale continua potrebbe
aiutare a sostenere i miglioramenti ottenuti con la post-acuta precoce. Il
contesto della riabilitazione multidisciplinare sembra influenzare i risultati.
Vi sono evidenze forti in favore di un modello “orientato al contesto” con
una riabilitazione cognitiva completa effettuata insieme ad altri pazienti.
Secondo gli autori i pazienti con lesioni cerebrali da moderate a gravi
traggono beneficio dal follow-up di routine, l'intervento intensivo
sembrerebbe portare a risultati più precoci e la riabilitazione di gruppo in
un ambiente terapeutico rappresenta un approccio efficace [28].

5.3.2.2. Amnesia Post-Traumatica


Le GCA sono di solito associate a difficoltà neuropsicologiche e
comportamentali spesso gravi e progressive, disabilità funzionale e sintomi
neurologici [47]. I sintomi neurocomportamentali sono particolarmente
evidenti nell’immediato post-acuto, dove la problematica principale è
l’Amnesia Post-Traumatica (Post-Traumatic Amnesia-PTA) [48], anche se i
disturbi cognitivo-comportamentali sono in realtà estremamente vari e
diventano una delle principali problematiche nella gestione del paziente
nelle fasi successive. La PTA è un quadro clinico caratterizzato da
confusione, disorientamento spaziale e temporale, difficoltà nel rievocare gli
eventi delle ultime 24 ore e di memorizzarne di nuovi [49]. La durata della
PTA di solito si aggira attorno a 1-14 gg, sino a settimane o addirittura mesi
[50], è correlata alla durata della degenza ed influisce sulla velocità di
recupero, per cui ha un importante valore prognostico [51].
La scala più frequentemente utilizzata (a partire dai 15 anni) per valutare la
PTA è la GOAT (Galveston Orientation and Amnesia Test), creata nel 1979
da S. Levin e coll. La scala presenta 10 domande che valutano l'orientamento
temporale e spaziale, il richiamo biografico e la memoria, lo score massimo è
100 punti. Un punteggio superiore a 78 per tre giorni consecutivi è
considerato la soglia per l'emergenza dall’amnesia post-traumatica [52-53].
Altre scale utilizzate sono la Westmead PTA Scale (WPTAS), e la Orientation
Log (O-Log) [54-55].
372 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

La PTA spesso si accompagna a varie altre problematiche


neurocomportamentali come acatisia (irrequietezza motoria), impulsività,
disinibizione, bassa tolleranza alla frustrazione, labilità emotiva, agitazione,
aggressività fisica e verbale, confusione, disorientamento, perseveranza
motoria e verbale, vagabondaggio, facile tendenza alla delusione e
allucinazioni [56]. Vi sono fattori che possono contribuire e, eventualmente,
peggiorare il quadro clinico tra cui le condizioni premorbose, il dolore, le
comorbilità mediche, l’alterato input sensoriale, l’ansia, i problemi di
attenzione e lo scarso controllo degli impulsi [57-58].
La Monash University of Melbourne sta lavorando alla stesura di una
importante Systematic review sull’efficacia degli interventi farmacologici nei
disturbi neurocomportamentali post-traumatici: il Protocollo è stato
pubblicato, ora si attendono i risultati dello studio [59].
L’unico documento trovato che risponda ai criteri utilizzati per questo
capitolo e che tratti nello specifico la gestione del PTA nella fase post-acuta
precoce delle GCA è costituito dalla Consensus SIMFER 2010, che sottolinea
l’importanza del condizionamento ambientale (ausili esterni passivi per
migliorare l’orientamento spazio-temporale come orologio, televisione
etc…) e della riabilitazione neuropsicologica specifica [6]. In questa ottica si
raccomanda, in accordo con la Giuria della SIMFER, di programmare
quanto più precocemente possibile una valutazione della PTA, utilizzare in
modo sistematico scale che monitorino una PTA anterograda e retrograda,
modificare ambiente e ausili esterni passivi per favorire l’orientamento
spazio-temporale e la memoria prospettica, monitorare con attenzione
l’evoluzione del paziente per evidenziare la risoluzione della PTA e valutare
l’opportunità di iniziare in modo tempestivo un trattamento
neuropsicologico specifico [6].

5.3.2.3. Disfagia e management saliva


Si raccomanda, in accordo con le linee guida SIGN ed ONF e con la
Consensus Conference SIMFER, di eseguire una precoce valutazione
completa della deglutizione in tutti i pazienti con GCA da parte di personale
specializzato. [6, 12-13]. L’ONF 2016 suggerisce, con raccomandazione di
grado moderato, in particolare di svolgere la valutazione anche in pazienti
con leucocitosi e febbre di ndd, immunocompromessi e soprattutto con
basso grado di vigilanza (LR: P, B) [12].
Gli esami strumentali della deglutizione, attraverso FEES o VFS, sono
raccomandati dalle LG ONF e SIGN con basso livello, quando la valutazione
clinica: ha rilevato alterazioni; è rischiosa da effettuare; non fornisce
sufficienti elementi diagnostici [12-13].
5. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della sindrome dolorosa regionale complessa 373

Secondo la Consensus SIMFER il training della deglutizione, svolto da


logopedista, dovrebbe essere iniziato solo in presenza di un adeguato livello
di vigilanza con LCF ≥ 4 [6]. Vengono riportati protocolli di trattamento con
tecniche compensative (adozione di posture), esercizi di deglutizione e
modifica delle consistenze. Essi non vengono raccomandati per mancanza di
evidenze scientifiche dalla SIGN, ma sono raccomandate debolmente
dall’ONF (LR: C), che suggerisce anche di incoraggiare l’autonomia
nell’alimentazione, ove possibile [12-13]. L’accurata igiene orale viene
raccomandata dall’ONF con livello intermedio (LR: B), ma non dalla SIGN
[12-13].
Nei pazienti con severa disfagia l’ONF raccomanda con livello moderato la
precoce sostituzione del sondino naso gastrico con il posizionamento di
PEG, al fine di evitare lo sviluppo di polmoniti ab-ingestis nei pazienti con
ventilazione assistita (LR: B) [12]. Ulteriori raccomandazioni sono contenute
nella tabella 5.9.

Tabella 5.9. Disfagia.


SIGN, Consensus
ONF, 2016.
2013. SIMFER, 2010.
Valutazione disfagia Bed side. R R R (P,B)
Valutazione strumentale (FEES, VFS). R (D) R R(C)
Personale specializzato. R R R (P,B)
Training deglutizione, modifica consistenze,
NSE R R (C)
tecniche compensative.
NMSE faringea. NSE - -
Protocolli di igiene orale. NSE - R(P,B)
Nella disfagia severa precoce posizionamento
- - R (P,B)
di PEG.
Educazione e informazione a caregivers e
- R R (C)
familiari.
Tab. 5.9. Disfagia. R: Raccomandato. NR: Non Raccomandato. E: efficace. NE: Non Efficace.
NSE: Non Sufficienti Evidenze. -: argomento non trattato. Tra parentesi sono riportati i livelli di
evidenza e raccomandazione (vedi tabella 5.4.).

5.3.2.3.1. Scialorrea
L’aumento di saliva che si riscontra nei pazienti con GCA è correlato più
frequentemente ad un’alterazione della deglutizione più che ad un’effettiva
ipersalivazione e viene definito come “diminuita clearance salivare” [18]. Le
evidenze circa il management della saliva in questi pazienti sono molto
scarse, sono riassunte nella review di Checklin del 2015 [18]. Esse prevedono
sostanzialmente il corretto posizionamento del capo con mantenimento
della posizione verticale ed eventuale associazione di terapia farmacologica.
La terapia farmacologica prevede la somministrazione di glicopirrolato
374 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

(anticolinergico dotato di ridotti effetti collaterali sul sistema nervoso


centrale), antidepressivi triciclici (amitriptilina), atropina sublinguale,
infiltrazione di tossina botulinica nelle ghiandole salivari (la cui
somministrazione va attentamente valutata nei pazienti tracheostomizzati)
[18].

5.3.2.4. Nutrizione
I pazienti con GCA possono andare incontro a disordini della nutrizione.
Mentre nella fase post-acuta possono sviluppare una malnutrizione con
severo calo ponderale, nella fase cronica sono descritti casi di obesità [6].
Nella fase immediatamente successiva all’evento, si può innescare un
processo ipermetabolico, nella quale si assiste ad un aumento del consumo
di ossigeno ed un aumento del catabolismo proteico. L’ipermetabolismo è
mediato dalle alterazioni ormonali (aumento di catecolamine e cortisolo) e
dalle citochine pro infiammatorie, inoltre può essere influenzato dalla
presenza di uno stato di male epilettico, agitazione motoria, iperattività
simpatica parossistica, grave spasticità generalizzata e dolore [6].
Si raccomanda con basso grado, in accordo con le LG ONF, una precoce
valutazione dell’idratazione e della nutrizione dei pazienti con GCA (LR: P,
C) [12]. Si raccomanda, inoltre, in accordo con la Consensus SIMFER,
l’esecuzione di test bioumorali come albuminemia, prealbuminemia,
transferrinemia, conta linfocitaria, indice creatinina/altezza, calcolo del
dispendio energetico basale (BEE) e totale e del fabbisogno calorico, con la
formula di Harris-Benedikt o la calorimetria indiretta [6].
La nutrizione parenterale totale è considerata sicura e non è stata correlata
ad iperosmolarità sierica né alterazioni dei livelli di pressione intracranica,
secondo le LG ONF (LR: B) [12]. La nutrizione enterale, tramite PEG, è la
metodica di scelta, raccomandata con livello alto dall’ONF, quando si
prevede che l’alimentazione per os non possa essere ristabilita in meno di 30
giorni [12]; essa andrebbe iniziata il più precocemente possibile, poiché
previene l’atrofia della mucosa intestinale, migliora il profilo ormonale e
contribuisce a migliorare l’outcome completo del paziente (LR: P, A) [12].
Nonostante sia stato dimostrato che il tempo di svuotamento gastrico è
rallentato in circa l’80% nei pazienti con GCA, non sono raccomandati
dall’ONF farmaci per migliorare la dinamica intestinale e viene sconsigliato
l’utilizzo del metoclopramide, che si è rivelato inefficace nel migliorare lo
svuotamento gastrico (LR: A) [6, 12].
Secondo la Consensus SIMFER il fabbisogno calorico dovrebbe raggiungere
le 25-30 Kcal/Kg di peso attuale/die [6]. La nutrizione, secondo la LG ONF,
dovrebbe presentare un alto contenuto proteico, circa 2 g/kg di proteine/die
(LR: B) [12]; inoltre può essere associata una supplementazione di
5. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della sindrome dolorosa regionale complessa 375

aminoacidi a catena ramificata, raccomandati per migliorare il recupero


delle funzioni cognitive (LR: B) [12].
Occorrerebbe effettuare uno screening per ricercare il deficit di zinco e, se
necessario, impostare una supplementazione di zinco per circa 15 giorni
post-acuzie, come raccomanda l’ONF con livello alto (LR: A) [12] e
monitorare settimanalmente il peso dei pazienti, come suggerisce la
Consensus SIMFER [6].

5.3.2.5. Gestione della ventilazione e decannulazione


Molti pazienti con GCA vengono tracheostomizzati durante la fase acuta. La
presenza di cannula tracheostomica non rappresenta una controindicazione
al trasferimento nelle unità di riabilitazione post-acuta, secondo la
Consensus SIMFER [6]. La cannula tracheale dovrebbe essere sostituita
almeno ogni 30 giorni e non dovrebbe essere sempre mantenuta cuffiata, al
fine di evitare le lesioni da pressione e le ischemie tracheali, in accordo con
la Consensus SIMFER [6].
La decannulazione è il processo di rimozione del tubo endotracheale,
quando esso non è più necessario. Essa rappresenta un obiettivo importante
della riabilitazione in quanto migliora la funzione delle corde vocali e della
deglutizione, il comfort e la percezione del proprio aspetto da parte del
paziente, inoltre incentiva la comunicazione tra paziente e caregiver e
migliora la qualità della vita [19]. Nelle linee guida recenti non sono
contenute raccomandazioni circa il protocollo da seguire per realizzare la
decannulazione, questo rappresenta un’importante criticità. Sono state
quindi prese in considerazione 3 review specifiche. Le recenti review hanno
sottolineato le scarse evidenze scientifiche e l’assenza di trial clinici
randomizzati che permettano di orientarsi su un protocollo piuttosto che su
un altro [21]. Le indicazioni espresse di seguito sono quindi da considerarsi
di basso grado.
Nella Consensus SIMFER e nelle review della letteratura viene consigliata
una valutazione accurata per stabilire se il paziente possa essere
decannulato con successo ed in sicurezza. Essa prevede:
- La presenza di un adeguato livello di vigilanza;
- Il monitoraggio dei livelli di saturazione di ossigeno basali in aria
ambiente (che devono essere maggiori del 92%);
- La valutazione del numero di aspirazioni tracheali meccaniche
richieste nelle 24 ore, anche se non è stato stabilito un cut-off.
L’abbondante broncorrea costituisce, infatti, una controindicazione alla
decannulazione;
- La valutazione del riflesso della tosse;
376 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

- L’esecuzione di un Rx torace, al fine di escludere polmoniti in atto che


possono controindicare la decannulazione;
- La FEES per valutare la mobilità delle corde vocali e la pervietà della
trachea;
- La valutazione della deglutizione effettuata da un team
multidisciplinare, eventualmente anche con blu di metilene per mettere
in risalto l’eventuale aspirazione [6, 19-21].

Fondamentale è, inoltre, l’anamnesi del paziente: in casi di ventilazione


meccanica di breve durata e quando non si sospetta una debolezza
neuromuscolare dei muscoli respiratori, si può procedere direttamente alla
chiusura del tubo endotracheale e alla valutazione dei parametri respiratori,
che, se adeguati, consentono la definitiva decannulazione. Nella maggior
parte dei pazienti, però, è necessario un lungo periodo di svezzamento che
consiste nella progressiva e graduale riduzione del lume del tubo
endotracheale, al termine della quale, quando il paziente raggiunge una
buona saturazione in assenza di distress respiratorio per un tempo
prolungato, si può procedere alla decannulazione [19-21].
Per preparare il paziente alla decannulazione possono essere proposti
esercizi di movimento delle labbra, della bocca e della lingua; inoltre
proporre protocolli riabilitativi per la disfagia sembrerebbe velocizzare il
processo di decannulazione [20].
La rimozione del tubo endotracheale dovrebbe essere preferibilmente
effettuata di mattina, mantenendo il paziente strettamente monitorizzato ed
in presenza di personale in grado di ripristinare la ventilazione meccanica in
caso di necessità [21].

5.3.2.6. Incontinenza urinaria e costipazione


L’incontinenza urinaria e fecale sono molto frequenti nelle cerebrolesioni di
origine traumatica e non: circa il 62% dei pazienti presenta incontinenza
urinaria all’ingresso, di cui il 18% la manterrà a 6 mesi dalla lesione,
associata spesso ad alterazione delle funzioni cognitive. L’incontinenza
fecale è tanto più frequente quanto maggiore è la severità del trauma [13].
Le indicazioni circa l’incontinenza post-traumatica sono spesso poco definite
e supportate da studi di scarsa qualità.
Si raccomanda, in accordo con le LG SIGN, di valutare la funzionalità di
vescica (urodinamica) ed intestino all’ingresso con livello di
raccomandazione (LR) basso e nei giorni successivi al ricovero con
rieducazione vescicale (Buona Pratica), al fine di pianificare un approccio
individualizzato [13]. Si raccomanda, in accordo con le LG dell’Ontario,
come importante pratica clinica, seppure la qualità delle evidenze sia bassa
5. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della sindrome dolorosa regionale complessa 377

(LR C), che i pazienti non siano dimessi a domicilio fino a quando non siano
stati forniti gli ausili adeguati e istruiti i caregivers [12]. I farmaci
anticolinergici risultano efficaci, ma vanno somministrati solo in presenza di
“vescica iperreflessica” accertata con esame urodinamico (LR C) [12].
L’autocateterismo intermittente è raccomandato con basso livello di
evidenza (LR C) in quei pazienti con elevato residuo post-minzionale, il
catetere a permanenza può essere considerato come parte del management
vescicale, pur dovendo preferirgli, laddove possibile, il catetere sovrapubico
(LR C). La batteriuria asintomatica deve essere trattata con terapia
antibiotica solo in circostanze eccezionali (gravidanza, procedura urologica
in corso, peggioramento dello stato cognitivo) (LR C) [12].
La costipazione dovrebbe essere gestita con un'adeguata assunzione di
liquidi, l’uso di lassativi naturali o stimolanti, esercizio fisico e posizione
eretta ove possibile, garantendo massima privacy e comfort durante la
defecazione, favorendo la posizione seduta più precocemente possibile ed
utilizzando la stimolazione rettale (LR C). Il management globale dovrebbe
essere pianificato e concordato sempre con il supporto dei caregiver (LR C)
[12-13] (tabella 5.10.).

Tabella 5.10. Incontinenza e costipazione.

SIGN, 2013. ONF, 2016.

Valutazione della funzionalità vescicale con


R (3) R (P,C)
Video Uro Dinamica (VUD).
Rieducazione vescicale. - R (P,C)
Farmaci anticolinergici in “vescica
R (3) R (C)
iperreflessica”.
Autocateterismo in caso di elevato residuo
- R (C)
post-minzionale.
Trattamento batteriuria asintomatica in casi
- R (C)
specifici.
Assunzione liquidi nella costipazione. - R (C)
Lassativi, stimolanti, esercizio fisico nella
- R (C)
costipazione.
Supporto caregivers. - R (C)
Tab. 5.10. Incontinenza e costipazione. R: Raccomandato.NR: Non Raccomandato. E: efficace.
NE: Non Efficace. NSE: Non Sufficienti Evidenze. -: argomento non trattato. Tra parentesi sono
riportati i livelli di evidenza e raccomandazione (vedi tabella 5.4.).

5.3.2.7. Complicanze neurochirurgiche


In fase post-acuta riabilitativa intensiva non è infrequente riscontrare
problematiche di pertinenza neurochirurgica: nelle GCA l'aumento della
pressione intracranica (Intra Cranial Pressure-ICP) è uno dei principali fattori
associati ad un esito sfavorevole e la principale causa di morte prevenibile
378 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

[60-61]. Con l'aumento della pressione intracranica, lo spostamento del


tessuto cerebrale può portare a un'erniazione cerebrale, con conseguente
invalidità o morte. L’Ipertensione intracranica refrattaria (Intra Cranial
Hipertension-ICH), cioè non controllabile con misure terapeutiche di primo
livello, è presente tra il 10 e il 15% dei pazienti [12, 62]. In questo contesto, la
craniectomia decompressiva (Decompressive Craniectomy-DC) sembra essere
una strategia terapeutica efficace [63-64]. Edema cerebrale ed idrocefalo
acuto (incidenza dal 5% al 45%) sono le cause più frequenti [65-66].
L’idrocefalo, in particolare, è definito come una “distensione attiva del
sistema ventricolare del cervello correlata al passaggio inadeguato del
liquido cerebrospinale dalla sua produzione all'interno del sistema
ventricolare al suo punto di assorbimento nella circolazione sistemica” ed è
la complicanza neurochirurgica trattabile più comune durante la
riabilitazione [6, 67]. Può essere a Pressione Intracranica aumentata o
normale (Idrocefalo Normoteso, i cui sintomi tipici sono costituiti da atassia,
declino cognitivo e incontinenza o urgenza urinaria ad esordio lento).
L’indicazione alla craniectomia si riscontra anche in caso di ematoma
subdurale, edema cerebrale dopo ESA, ipertensione endocranica secondaria
a emorragie intracerebrali, trombosi venosa cerebrale e stroke emisferici
dopo infarto del circolo anteriore [6, 68].
La craniectomia decompressiva ha aumentato il tasso di sopravvivenza a un
anno giungendo a valori del 69,6% rispetto al 48,1% con le cure mediche.
Tuttavia la chirurgia ha quasi quadruplicato le probabilità di coma ad un
anno dopo l’intervento chirurgico con maggiori percentuali di disabilità nei
pazienti operati rispetto a quelli trattati farmacologicamente: a 12 mesi quasi
la metà dei pazienti chirurgici era autonoma rispetto al 32% di quelli
sottoposti a trattamento farmacologico [14]. Le complicanze post-acute di
tale procedura sono: infezioni del lembo, igroma sottogaleale, Sinking Skin-
Flap Syndrome e idrocefalo [6].
Come evidenziato dalle LG del Brain Trauma Foundation, si denota
l’impossibilità di fornire raccomandazioni di I livello nel management della
Craniectomia, che non è raccomandata (livello IIA) per migliorare i risultati
a 6 mesi dalla lesione in pazienti TBI gravi con lesioni diffuse, sebbene
questa procedura riduca la Pressione Intracranica ed i giorni di degenza in
Unità di Terapia Intensiva. È raccomandata un'ampia DC fronto-temporo-
parietale (non inferiore a 12 x 15 cm o 15 cm di diametro) rispetto ad una
piccola DC fronto-temporo-parietale per ridurre la mortalità e migliorare i
risultati neurologici nei pazienti con trauma cranico grave [14].
Si raccomanda con forza moderata (LR: II B) l’importanza di un
monitoraggio della Pressione Intracranica nelle GCA di origine traumatica,
per ridurre i tempi di ospedalizzazione e la mortalità a due settimane dal
5. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della sindrome dolorosa regionale complessa 379

trauma. L’indicazione al trattamento viene stabilita per valori di pressione


intracranica superiori a 22 mmHg (LR: IIB), poiché valori superiori sono
associati ad un aumento della mortalità. La gestione dell’ipertensione può,
inoltre, essere stabilita grazie ad un algoritmo decisionale che utilizza una
combinazione di valori di ICP e risultati clinici (LR: III) [14].
La Craniectomia è successivamente seguita da una procedura di
Cranioplastica, associata ad un'alta frequenza di complicanze post-
operatorie.
Si raccomanda, in accordo con le indicazioni della Consensus SIMFER 2010,
l’esecuzione precoce (6 settimane, non oltre le 12 settimane) della
cranioplastica in assenza di chiare evidenze a sostegno di un’esecuzione
tardiva (dopo 3-6 mesi dalla craniectomia). L’Idrocefalo dopo GCA può
comparire sia precocemente sia tardivamente, dopo craniectomia o dopo
cranioplastica, pertanto si raccomanda che ogni paziente trasferito in unità
di riabilitazione post-acuta dopo craniectomia / cranioplastica venga
attentamente monitorato per il possibile sviluppo di complicanze [6].
Dopo cranioplastica è indicata una TC cerebrale e il monitoraggio clinico e
radiologico. Ogni paziente che presenti arresto o rallentamento del recupero
o deterioramento neurologico e/o cognitivo dovrebbe essere sottoposto a
indagini per escludere idrocefalo [6].
In caso di idrocefalo normoteso, secondo la Consensus SIMFER, è preferibile
l’adozione di shunts con valvola programmabile [6].
Nella Review “Interrelation between Neuroendocrine Disturbances and
Medical Complications Encountered during Rehabilitation after TBI” si
evidenzia come la diagnosi precoce e il trattamento (cioè l'impianto di
shunt) siano importanti per prevenire il peggioramento dei segni e dei
sintomi sopra menzionati o, peggio ancora, alterazioni della coscienza e
disfunzione cognitiva globale. Se i sintomi persistono anche dopo l'impianto
di shunt, il medico deve considerare il disturbo neuroendocrino nella sua
diagnosi differenziale (vedi paragrafo su disturbi neuroendocrini) [24]
(tabella 5.11.).

Tabella 5.11. Complicanze neurochirurgiche.


Consensus
BTF, 2016.
SIMFER, 2010.
Craniectomia Decompressiva in pz. Gravi a
NR (II A) -
lesioni diffuse.
Craniectomia Decompressiva ampia. R (II A) -
Monitoraggio Pressione Intracranica. R (II B) -
Trattare Pressione Intracranica (ICP)
R (II B) -
maggiore di 22 mmHg.
Decisioni sulla base di ICP e clinica. R (III) -
380 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Esecuzione precoce di cranioplastica + TC+


- R
monitoraggio.
Shunts con valvola programmabile in
- R
Idrocefalo Normoteso.
Supporto caregivers. - R
Tab. 5.11. Complicanze neurochirurgiche. R: Raccomandato. NR: Non Raccomandato. E:
efficace. NE: Non Efficace. NSE: Non Sufficienti Evidenze. -: argomento non trattato. Tra
parentesi sono riportati i livelli di evidenza e raccomandazione (vedi tabella 5.4.).

5.3.2.8. Menomazioni e disabilità senso-motorie


Nei pazienti con GCA residuano frequentemente deficit neurologici focali,
come alterazioni di forza e sensibilità, deficit dell’equilibrio, della
coordinazione e della deambulazione. In letteratura sono presenti scarse
evidenze riguardo la riabilitazione nei pazienti con grave cerebrolesione
acquisita e post-comatosi, la maggior parte dei protocolli riabilitativi
vengono estrapolati da studi riguardanti pazienti con ictus [13].
Il trattamento riabilitativo dei deficit senso-motori dovrebbe iniziare
precocemente, attraverso un team multidisciplinare, secondo la Consensus
SIMFER [6].
Durante tutte le fasi successive ad una cerebrolesione, soprattutto in fase
acuta e subacuta ed in presenza di un disturbo della coscienza, si
raccomanda con basso grado, in accordo con l’ONF e dalla Consensus
SIMFER, di eseguire mobilizzazioni per il mantenimento dei ROM articolari
e posizionare correttamente il paziente a letto, per prevenire contratture e
decubiti [6, 12].
Le principali raccomandazioni fornite dalle linee guida vengono riportate
nelle tabelle 5.12. e 5.13.

Tabella 5.12. Deficit di forza dell’arto inferiore, dell’equilibrio e della deambulazione.

Consensus SIMFER,
SIGN, 2013. ONF, 2016.
2010.
Esercizi di mantenimento dei
- R R (P, C)
ROM articolari.
Training del cammino con
R - R (C)
terapista.
Treadmill in sospensione. NR (C) NR NR (B)
Idrochinesiterapia nei pazienti
- - R (C)
non deambulanti.
Training Sit-to-stand ripetitivo. R (B) R R (P, B)
Stimolazione uditiva ritmica per
R (1++) - -
la deambulazione.
Cicloergometro. - - R (C)
Training della forza e della
R - R (C)
resistenza.
5. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della sindrome dolorosa regionale complessa 381

Esercizio aerobico per la funzione


- R R (P, A)
cardiovascolare.
Training con robot. - NSE -
Esercizi per l’equilibrio. - - R (P, B)
Realtà virtuale per l’equilibrio. NSE - R (P, B)
Tab. 5.12. Deficit di forza dell’arto inferiore, dell’equilibrio e della deambulazione.
R: Raccomandato. NR: Non Raccomandato. E: efficace. NE: Non Efficace. NSE: Non Sufficienti
Evidenze. -: argomento non trattato. Tra parentesi sono riportati i livelli di evidenza e
raccomandazione (vedi tabella 5.4.).

Tabella 5.13. Deficit di forza dell’arto superiore e della coordinazione.


Consensus
SIGN, 2013. ONF, 2016.
SIMFER, 2010.
Esercizi di mantenimento dei ROM
- R R (P, C)
articolari.
Training ripetitivo orientato ad un
R (B) - R (P, B)
obiettivo e alla coordinazione.
Training della motilità fine della
R (B) - R (P, B)
mano.
Constraint induced therapy. NSE - R (C)
Prevenzione dei traumi di spalla
(corretto posizionamento, reggi- - - R (C)
braccio durante la deambulazione).
Motor Imagery. NSE - -
Tab. 5.13. Deficit di forza dell’arto superiore e della coordinazione. R: Raccomandato. NR:
Non Raccomandato. E: efficace. NE: Non Efficace. NSE: Non Sufficienti Evidenze. -:
argomento non trattato. Tra parentesi sono riportati i livelli di evidenza e raccomandazione
(vedi tabella 5.4.).

5.3.2.9 Spasticità
La spasticità è una problematica estremamente frequente nei pazienti con
GCA, raggiungendo una prevalenza di circa il 75% nei pazienti affetti da
esiti di grave TBI [13].
In ragione di ciò si raccomanda, in accordo con le LG ONF (LR: C), di
effettuare una valutazione completa e multidisciplinare della spasticità e di
eventuali spine irritative (dolore, vescica o alvo neurologici, infezioni
cutanee, lesioni da pressione etc.), utilizzare specifici splint, serial casting ed
ortesi, utilizzare farmaci specifici, considerare nel percorso riabilitativo
ROM articolari, stretching e posizionamenti adeguati [12].
Per quanto riguarda l’utilizzo di splint, serial casting e stretching passivo, si
raccomanda, in accordo con le LG ONF (LR: B) e SIGN (LR: C) e con la
Consensus SIMFER, di considerare questi approcci in caso di contratture e
deformità progressive, poiché essi risultano più utili nel mantenimento dei
ROM articolari e nel loro miglioramento rispetto al solo stretching passivo
[6, 12-13].
382 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Si raccomanda, in accordo con le LG SIGN (LR: B) e ONF (LR: B) e la


Consensus SIMFER, di considerare l’utilizzo di Tossina Botulina per il
trattamento della spasticità di tipo focale nelle cerebrolesioni, sebbene
dall’analisi della letteratura non vi siano ancora chiare evidenze circa il
timing ottimale di intervento (precoce o tardivo), la frequenza dei
trattamenti, le diluizioni, i siti di inoculazione ed i dosaggi [6, 12-13].
Per la Spasticità generalizzata si possono considerare, in accordo con le LG
SIGN (LR: D) e ONF (LR: C), i farmaci antispastici orali come baclofene,
tizanidina e dantrolene, prestando attenzione al loro effetto sedativo e ad
una valutazione costante e multidisciplinare dell’efficacia [6, 12-13].
Nella spasticità severa e generalizzata, quando gli approcci tramite farmaci
orali risultano inefficaci o scarsamente tollerati, in accordo con le LG ONF
(LR: C) e la Consensus SIMFER, si può considerare l’impianto di una Pompa
al Baclofen Intra Tecale (ITB) [6, 12]. Si raccomanda, inoltre, di prestare
particolare attenzione alla gestione dell’igiene in sede di impianto e ad
eventuali complicanze legate a malfunzionamenti della pompa [6].
Nella gestione della spasticità vengono utilizzati anche la Stimolazione
Elettrica Funzionale (FES) muscolare, per ridurre lo squilibrio tra muscoli
spastici e muscoli antagonisti, e l’approccio chirurgico in casi refrattari alla
terapia come ultima possibilità. Attualmente non vi sono sufficienti
evidenze per produrre raccomandazioni in merito [13].
Per ulteriori approfondimenti circa la gestione della Spasticità, si consiglia di
consultare il Capitolo 9 “Linee Guida ed evidenze scientifiche nel
trattamento della spasticità” nel libro “Linee Guida ed evidenze scientifiche
in medicina fisica e riabilitativa” a cura del Prof. Valter Santilli [69].

Tabella 5.14. Trattamento della spasticità.


Consensus
SIGN, 2013. ONF, 2016.
SIMFER, 2010.
Valutazione multidisciplinare della
- R (C) -
Spasticità.
Splint, serial casting, stretching passivo
R (C) R (B) R
ed ortesi.
Tossina Botulinica. R (B) R (B) R

Farmaci Orali. R (D) R (C) R

Baclofen Intra Tecale (ITB). NSE (3) R (C) R

FES e Chirurgia. NSE (3) - -


Tab. 5.14. Trattamento della spasticità. R: Raccomandato. NR: Non Raccomandato. E: efficace.
NE: Non Efficace. NSE: Non Sufficienti Evidenze. -: argomento non trattato. Tra parentesi sono
riportati i livelli di evidenza e raccomandazione (vedi tabella 5.4.).
5. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della sindrome dolorosa regionale complessa 383

5.3.2.10. Deficit sensoriali

5.3.2.10.1. Disturbi visivi


Circa il 30% dei pazienti con GCA sviluppa un deficit della visione [22]. In
tutti i pazienti con GCA dovrebbe essere eseguito uno screening della
funzione visiva, come suggerito dalle LG ONF con basso grado di
raccomandazione (LR: C) [12]. Essi possono infatti riportare alterazioni del
visus, del campo visivo, della coordinazione oculare, diplopia e alterazioni
delle funzioni visuospaziali complesse. Secondo le linee guida ONF la
valutazione dovrebbe comprendere anche la consulenza oftalmologica e
ortottica. Viene suggerita con livello medio una riabilitazione specifica per i
disturbi visivi senza però specificarne le modalità (LR: P, B) [12].
In caso di strabismo o disturbi di convergenza è fondamentale valutare
contemporaneamente l’approccio chirurgico e riabilitativo; l’utilizzo di lenti
prismatiche ed esercizi mirati che stimolino modificazioni delle reti
vestibolo-oculari, infatti, possono determinare un sostanziale miglioramento
sia pre che post chirurgico [22].

5.3.2.10.2. Agnosia visiva e Sindrome di Balint


L’agnosia visiva si presenta nel 1-3% dei pazienti con GCA ed è
caratterizzata dalla difficoltà ad identificare stimoli familiari attraverso la
percezione visiva, in assenza di alterazioni del visus, cognitive e del
linguaggio e mantenendo la capacità di percepire gli stessi stimoli attraverso
altre modalità sensoriali [22]. Esistono almeno 4 tipi di agnosia visiva: la
prosopagnosia (incapacità a riconoscere e ricordare i volti); l’agnosia per gli
oggetti; l’agnosia topografica; l’agnosia per le lettere o alessia. Inoltre, nelle
lesioni cerebrali acquisite a carico delle aree parietali posteriori bilaterali si
sviluppa la Sindrome di Balint, caratterizzata da un deficit di percezione del
campo visivo nel quale risulta impossibile percepire due stimoli
contemporaneamente (simultanagnosia), indirizzare lo sguardo verso un
target (atassia ottica), spostare lo sguardo da uno stimolo ad un altro
(aprassia oculare) [22].
L’impatto di questi disturbi sull’autonomia nelle ADL e sulla qualità della
vita è molto severo [22].
Non esistono raccomandazioni nelle recenti linee guida sul trattamento
riabilitativo dell’agnosia visiva. Una recente review sistematica della
letteratura, basata però su studi condotti su un bassissimo numero di
pazienti, propone soprattutto l’adozione di strategie compensative
(memotecniche, utilizzo costante di piantine per sopperire ai deficit
topografici, addestramento al riconoscimento attraverso i colori) [22]. Le
tecniche di recupero presentano scarse evidenze scientifiche e comprendono
384 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

gli esercizi di movimento oculare, l’utilizzo di molteplici modalità percettive


contemporaneamente. Viene raccomandato un approccio individuale, che
comprenda sia strategie adattative che di recupero [22].

5.3.2.10.3. Deficit vestibolari


Lo screening nei pazienti con GCA dovrebbe comprendere, secondo le LG
ONF con raccomandazione di grado moderato, anche le disfunzioni
vestibolari ed il corrispettivo training riabilitativo (LR: B [12]), non viene
specificato nessun tipo di esercizio in particolare nelle linee guida.

5.3.2.11. Para Osteo Artropatie


I pazienti con ABI possono sviluppare ossificazioni eterotopiche neuro-
geniche (POAN), che determinano anchilosi articolare a causa della
presenza di osso lamellare anomalo maturo nel tessuto molle extra-
scheletrico, e possono ostacolare il recupero funzionale [70-71]. Il
riconoscimento tempestivo di queste formazioni ossee benigne, più
frequenti nelle articolazioni dell'anca, della spalla e del gomito, è essenziale
per pianificare un trattamento appropriato e prevenire successive
complicanze cliniche anche gravi, come dolore, intrappolamento dei nervi
periferici e lesioni da pressione [72-73].
La frequenza nei pazienti con trauma cerebrale si attesta attorno al 8%-23% e
paiono essere più frequenti nelle lesioni traumatiche piuttosto che in quelle
vascolari [74-76].
Sono stati indagati diversi fattori che aumentano il rischio di sviluppo di
ossificazione eterotopica dopo grave trauma cranico: genere maschile o
giovane età, durata del coma, supporto ventilatorio, immobilità, spasticità,
iperattività simpatica parossistica e presenza di fratture, lesioni da pressione
o infezioni urinarie. In una recente Cross-sectional survey del 2017 effettuata
su 687 pazienti con GCA ricoverati in reparti di riabilitazione intensiva, le
POAN sono state riscontrate nel 13,6% dei casi, di cui la maggior parte
coinvolgeva una sola articolazione (non necessariamente correlata al lato
spastico), più frequentemente in uomini giovani e in pazienti in cui era
trascorso più tempo tra il trauma e l’ammissione presso reparti di
riabilitazione. In questi pazienti era più frequente la presenza di spasticità,
coma più lungo e necessità di ventilazione [77]. Le POAN erano presenti nel
17,5% dei pazienti sottoposti a riabilitazione precoce in fase acuta e solo
nell'8,6% dei pazienti non sottoposti a mobilizzazione precoce. Infatti, un
numero significativamente maggiore di pazienti con ossificazioni
eterotopiche (66,6%) ha subìto un programma di mobilizzazione
fisioterapica precoce rispetto ai pazienti senza ossificazione eterotopica
(47,1%) [77].
5. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della sindrome dolorosa regionale complessa 385

La diagnosi precoce può essere complessa poiché le manifestazioni iniziali


(riduzione del movimento di un’articolazione, segni locali di
infiammazione, dolore) mimano altre patologie, prima tra tutte la presenza
di osteoartrite. Si raccomanda pertanto, in accordo con le Linee Guida ONF,
l’esecuzione di uno screening di valutazione ripetuto regolarmente per
evidenziale le POAN (LR: C) [12].
Si raccomanda, in accordo con la Consensus SIMFER, che la diagnosi si
avvalga di accertamenti ecografici, Rx e marker bioumorali, come fosfatasi
alcalina, CPK, PGE2 urinaria delle 24h, inoltre il processo diagnostico
precoce dovrebbe includere una scintigrafia ossea (LR: B) [6, 12]. Bisogna
tenere presente che i segni radiografici si evidenziano solo 4-6 settimane
dopo l’inizio dei segni e dei sintomi [76].
Il trattamento delle POAN è riassunto nella tabella 5.15.

Tabella 5.15. Trattamento delle Para Osteo Artropatie.


Sullivan et al., Consensus
ONF, 2016.
2013 [62]. SIMFER, 2010.
Etidronato E NSE R (C)
FANS:
Indometacina 25 mg x 3 /die o 75 E NSE R (C)
mg/die a rilascio modificato.
Radioterapia in profilassi primaria
(pazienti fortemente a rischio di
sviluppare POAN) o secondaria E NSE -
(pazienti che hanno una POAN, prima
di intervenire chirurgicamente).
Mobilizzazioni caute per mantenere i
NSE - R (P, C)
ROM.
Mobilizzazione in anestesia per
- - R (C)
migliorare i ROM.
Escissione chirurgica, come ultima
E R R (B)
opzione terapeutica.
Tab. 5.15. Trattamento delle Paraosteoartropatie. R: Raccomandato. NR: Non Raccomandato.
E: efficace. NE: Non Efficace. NSE: Non Sufficienti Evidenze. -: argomento non trattato. Tra
parentesi sono riportati i livelli di evidenza e raccomandazione (vedi tabella 5.4.).

5.3.2.12. Valutazione e trattamento delle menomazioni e disabilità


cognitivo-comportamentali
I disturbi cognitivi sono un aspetto molto complesso e discusso della
gestione post-acuta delle GCA, sono molto comuni ed hanno conseguenze
significative sulla riabilitazione dei pazienti, sulla loro qualità di vita e sulla
gestione familiare e sociale [77-78]. La prevalenza non è chiara ed
estremamente variabile in base al tipo di danno subìto [79]. Gli ambiti
cognitivi compromessi sono molti e coinvolgono memoria, attenzione e
386 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

concentrazione, funzioni esecutive, linguaggio e percezione e si associano


spesso a disturbi dell’umore, delle emozioni e del comportamento.
In generale, gli approcci riabilitativi possono essere di tipo “Compensativo”
o “Dispensativo”. Per “Metodo compensativo” si intende un approccio
basato su interventi che mirano a migliorare il funzionamento nella vita
quotidiana fornendo alcune strategie che compensano un deficit senza
ripristinare il normale funzionamento del processo cognitivo, come aiuti
"esterni" (diari o dispositivi elettronici di richiamo) o "interni" come l'uso
della memoria visiva per compensare un deficit di memoria verbale. Il
“Metodo dispensativo” mira invece a ripristinare il normale funzionamento,
spesso attraverso la ripetizione di compiti cognitivi (ad esempio
l’addestramento cognitivo computerizzato). Tali approcci solitamente
vengono inclusi in un contesto riabilitativo più ampio che affronta i
problemi nel loro insieme e mira a far ritornare il soggetto alla
partecipazione sociale e familiare.
Le evidenze sull’efficacia della riabilitazione cognitiva sono molteplici nel
loro insieme, ma molto poche se si considerano i diversi disturbi
separatamente [80-82].
I Test utilizzati per effettuare una valutazione specifica dei suddetti disturbi
sono molteplici, tra cui il Behavioural Assessment of the Dysexecutive
Syndrome (BADS), il Digit Span, lo Stroop Test ed i vari test per saggiare la
memoria.
I disturbi evidenziati sono relativi a:
- Autocoscienza ed Insight;
- Memoria;
- Attenzione;
- Funzioni visuo-spaziali;
- Elaborazione emotiva;
- Funzioni esecutive:
- Inibizione;
- Memoria di lavoro: si distingue in Memoria Verbale e Memoria
Visuo-spaziale;
- Attenzione selettiva;
- Flessibilità;
- Planning;
- Problem solving [83-84].

Le LG SIGN 2013 trattano separatamente i disturbi sopra elencati e


forniscono indicazioni più o meno specifiche sul loro trattamento [13].
Si raccomanda e si sottolinea, in accordo con le LG SIGN, che i deficit di
Autocoscienza ed Insight (studi limitati ma di livello 1+ e 1-), rappresentano
un probabile ostacolo per il raggiungimento degli obiettivi del paziente [85]
5. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della sindrome dolorosa regionale complessa 387

e che un protocollo di addestramento della consapevolezza insieme


all’allenamento alle attività pratiche della vita quotidiana migliora in
maniera significativa ma selettiva autocoscienza e performance funzionale
[13, 86].
I disturbi a carico della Memoria sembra traggano più beneficio da un
approccio di tipo compensativo piuttosto che da uno dispensativo (1+, 3, 4)
con particolare attenzione per quelli gravi, per i quali si consigliano, con
basso livello, sistemi di compenso esterni con una chiara attenzione alle
attività funzionali (LR D) ed alle tecniche che riducono la probabilità di
errori durante l'apprendimento di informazioni specifiche (LR B) [13].
Nei deficit di Attenzione si raccomanda (LR C) che i pazienti in fase post-
acuta dopo TBI ricevano un addestramento strategico relativo alla gestione
dei problemi di attenzione in situazioni funzionali rilevanti per l'individuo
[13].
I pazienti con Deficit delle Funzioni Esecutive dovrebbero essere educati con
strategie meta-cognitive che insegnino loro a gestire le difficoltà attraverso
la pianificazione, la risoluzione dei problemi e la gestione degli obiettivi in
situazioni personali rilevanti (LR B) [13].
Per quanto riguarda le Funzioni visuo-spaziali, le uniche evidenze in questo
ambito si riferiscono a pazienti con esiti di ictus, quindi con Neglect (per
approfondimenti, si consiglia di consultare il Capitolo 4 “Linee Guida ed
evidenze scientifiche nella riabilitazione dell’ictus” nel libro “Linee Guida
ed evidenze scientifiche in medicina fisica e riabilitativa” a cura del Prof.
Valter Santilli [69]); le evidenze relative ad altri tipi di deficit visuo-spaziali
sono estremamente limitate [13].
Per i deficit di Elaborazione Emotiva, sebbene vi siano degli studi che
mostrano un miglioramento significativo nel giudicare gli stimoli emotivi di
base quando questi vengono presentati in modo realistico (con vignette o
video) e nel fare inferenze sociali sulla base del comportamento dello
speaker, la limitata casistica limita la possibilità di giungere a delle
raccomandazioni cliniche [13, 87].
Si raccomanda (LR D) che nel post-acuto gli interventi di riabilitazione dei
deficit cognitivi vengano applicati nel contesto di un programma di
riabilitazione neuropsicologica completo / olistico. Ciò comporterebbe la
presenza di un team interdisciplinare che utilizzi un programma focalizzato
su obiettivi specifici, al fine di migliorare il funzionamento in attività
quotidiane significative [13].
Si raccomanda, come da LG ONF 2016 (LR: C), di ricercare altre condizioni,
personali, premorbose o correlate al trauma, che possano dare
un’alterazione delle funzioni cognitive. Le condizioni di vita e le inclinazioni
pretraumatiche dovrebbero essere considerate quando si propone la
388 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

riabilitazione cognitiva (LR: P, C), che dovrebbe avvenire in fase acuta in


strutture dedicate ed in ambienti poveri di stimoli distraenti (LR: P, B) e con
l’obiettivo di agevolare il ritorno del paziente al proprio contesto di vita (LR:
P, B) [12].
Sotto il profilo farmacologico si raccomanda (LR: B) l’utilizzo
dell’amantadina per migliorare le capacità attentive a patto che la PTA sia
terminata (LR: B) e per accelerare il ritmo del recupero funzionale negli
individui in stato vegetativo o di minima coscienza (LR: P, A) [12].
Per implementare l’Attenzione e, quindi, l’elaborazione delle informazioni,
si raccomanda, in accordo con le LG ONF, con alto livello, di prendere in
considerazione un allenamento metacognitivo che utilizzi attività quotidiane
funzionali (LR: P, A), addestramento al dual-tasking (LR: P, A). Con basso
grado di raccomandazione viene suggerito di applicare la terapia cognitivo-
comportamentale (LR: P, C) e la variazione dell’ambiente per ridurre
l’impatto nelle attività quotidiane dei disturbi attentivi (LR: C). Non sono
invece raccomandati esercizi ripetitivi computerizzati decontestualizzati
(LR: B) e training con suoni casuali e periodici [12].
L’Apprendimento e la Memoria possono essere allenate insegnando
metodiche di compensazione “Interna” (LR: P, A). Esse dovrebbero essere
focalizzate su strategie specifiche con un terapeuta esperto che possa
ulteriormente facilitare l'integrazione funzionale della strategia proposta con
compiti significativi e pratici (LR: B), con anche l’ausilio di supporti e
promemoria ambientali (LR: P, B) [12]. Sono di prioritaria importanza:
definizione di obiettivi specifici, tempistiche adeguate di pratica, metodiche
che riescano a frammentare i compiti complessi in una sequenza di piccoli
compiti semplici, variare gli stimoli presentati, promuovere man mano
compiti più complessi, il tutto utilizzando strategie di insegnamento che
limitino gli errori commessi dal paziente (LR: A), anche con attività di
gruppo. Sotto il profilo farmacologico possono essere presi in
considerazione la rivastigmina (LR: B) nella fase subacuta a cronica di
recupero ed il donepezil (5-10 mg / die) (LR: P; B) [12].
Anche le Funzioni Esecutive risentono positivamente di un approccio
metacognitivo finalizzato alle problematiche di ordine quotidiano,
particolarmente rilevanti per il soggetto (LR: P, A), dell’apprendimento di
capacità di analisi e sintesi di informazioni e monitoraggio dei feedback (LR:
P, A), utilizzando anche gli interventi in gruppo (LR: B) [12].
5. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della sindrome dolorosa regionale complessa 389

5.3.2.13. Disturbi del tono dell’umore

5.3.2.13.1. Depressione
Il rischio di sviluppare depressione nei pazienti con GCA è stato calcolato
come 8 volte superiore rispetto a soggetti sani di pari sesso ed età [12]. Sono
disponibili nelle linee guida solo raccomandazioni di basso grado.
Sarebbe indicato eseguire in tutti i pazienti con GCA uno screening con scale
valutative e valutazione multidisciplinare, secondo l’ONF (LR: P, C) [12]. Le
linee guida non suggeriscono nessuna scala in particolare.
Una volta eseguita la diagnosi è raccomandato impostare un trattamento
precoce, farmacologico e non.
Gli SSRI sarebbero indicati come farmaci di prima linea, secondo le LG ONF
con grado moderato-basso; la maggior parte delle evidenze suggerisce
l’utilizzo della sertralina (dose iniziale di 25 mg/die, titolable fino a 50-200
mg/die) o del citalopram (dose iniziale di 10 mg, titolabile fino a 20-40
mg/die) (LR: P, C) [12]. Nel caso in cui gli SSRI non dovessero essere efficaci,
il paziente dovrebbe essere valutato da uno specialista in psichiatria esperto
in GCA (LR: P, C) [12].
Come seconda linea vengono proposti i farmaci stimolanti come il
metilfenidato, somministrato per breve periodo, che può essere utilizzato
anche in associazione con gli SSRI per aumentarne l’effetto, soprattutto nei
pazienti che presentano apatia e fatica (LR: P, B) [12]. Infine, come farmaci di
terza linea, vengono suggeriti gli antidepressivi triciclici (desipramina), il cui
profilo di tollerabilità e la vasta gamma di effetti collaterali ne limita
fortemente l’utilizzo (LR: C) [12].
In letteratura sono stati proposti numerosi interventi non farmacologici,
secondo la linea guida SIGN nessuno di questi può essere raccomandato
[13], mentre l’ONF li inserisce nelle proprie raccomandazioni riportate nella
tabella 5.16. [12].

Tabella 5.16. Trattamento della depressione.

SIGN, 2013. ONF, 2016.

Psicoterapia e counseling.
NSE (3) R (P, B)

Esercizio fisico.
- R (P, B)

Terapia cognitiva consapevole adattata per


GCA. - R (P, A)

Terapia cognitiva comportamentale


individuale, in gruppo, telefonica. NSE (2+) R (P, B)
390 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Teaching coping skills.


- R (C)

SSRI.
NSE (1+) R (P, C)

Metilfenidato.
- R (P, B)

Triciclici.
- R (C)

Tab. 5.16. Trattamento della depressione. R: Raccomandato. NR: Non Raccomandato. E:


efficace. NE: Non Efficace. NSE: Non Sufficienti Evidenze. -: argomento non trattato. Tra
parentesi sono riportati i livelli di evidenza e raccomandazione (vedi tabella 5.4.).

5.3.2.13.2. Ansia
I sintomi dell’ansia si possono riscontrare in una percentuale variabile tra il
18 ed il 60% dei pazienti con GCA; mentre il 24-27% sviluppa un vero e
proprio disturbo ansioso. Talvolta l’ansia può essere dovuta ad un
concomitante disturbo post-traumatico da stress [12].
Le linee guida ONF e SIGN raccomandano il trattamento psicoterapico di
tipo cognitivo comportamentale (ONF: P, A; SIGN: B) [12-13]. Secondo la
SIGN non vi sono evidenze circa l’efficacia di farmaci [13]; al contrario
l’ONF raccomanda l’utilizzo degli SSRI, anche se con un basso grado di
evidenza (LR: C), riportando la presenza di scarse evidenze sui pazienti con
GCA, a fronte delle molte evidenze riscontrabili nella popolazione generale.
Sarebbe sconsigliato l’utilizzo delle benzodiazepine a causa del loro effetto
sulla vigilanza, le funzioni esecutive e cognitive, la coordinazione motoria
ed il rischio di depressione della funzione respiratoria e di abuso e
dipendenza, come riportato nelle LG ONF [12].

5.3.2.14. Deficit del linguaggio


Nei pazienti con grave cerebrolesione acquisita, secondo le LG SIGN,
dovrebbe essere sempre valutata la presenza di un disturbo del linguaggio,
che si può manifestare come afasia, disartria, aprosodia motoria, disordini
cognitivo-comunicativi (LR: D) [13]. Viene raccomandato, con debole grado,
che il trattamento sia svolto da logopedisti, in accordo con le LG SIGN (LR:
D) [13]. Secondo le linee guida non è possibile fornire raccomandazioni
specifiche in merito al tipo di approccio terapeutico, nonostante la presenza
di evidenze in letteratura. Nella tabella 5.17. sono riassunti i principali
approcci proposti.
5. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della sindrome dolorosa regionale complessa 391

Tabella 5.17. Disturbi del linguaggio.

SIGN, 2013. ONF, 2016.

Valutazione da parte dei logopedisti. R (D) R (P,C)


Terapie cognitivo-linguistiche. NSE (3) R(C)
Terapia computerizzata in associazione alle
NSE (3) -
sedute di logopedia individuale.
Logopedia ad alta intensità. NSE (3) -
Musicoterapia, programma imitativo,
NSE (2) -
biofeedback per la prosodia.
Terapia logopedica di gruppo. NSE (1+) R (B)
Communication partner training. NSE (1+) -
Comunicazione aumentativa ed adattativa. - R (B)
Trattamento Lee Silverman Voice per la
NSE (2+) -
disartria.
Tab. 5.17. Disturbi del linguaggio. R: Raccomandato. NR: Non Raccomandato. E: efficace. NE:
Non Efficace. NSE: Non Sufficienti Evidenze. -: argomento non trattato. Tra parentesi sono
riportati i livelli di evidenza e raccomandazione (vedi tabella 5.4.).

5.3.2.15. Alterazioni del sonno e fatica


La Fatica Post Traumatica (Post Traumatic Brain Injury Fatigue-PTBIF) è un
fenomeno molto comune, che si verifica in generale tra il 20% e l’80% dei
pazienti con TBI durante la fase acuta o cronica, indipendentemente dalla
severità del trauma [88]. Nonostante queste definizioni, la PTBIF è difficile
da chiarire e non vi sono molti studi che la trattino nello specifico nella
popolazione con GCA, ciò per le numerose cause biologiche plausibili di
affaticamento (neuroanatomiche, funzionali, psicologico / psichiatriche,
biochimiche, endocrine, correlate al sonno) e per l’estrema variabilità
lesionale dei pazienti con GCA. A causa del miglioramento delle aspettative
di vita, la “Fatica” sta diventando per questi pazienti un problema cronico
che compromette attività e partecipazione e riduce la qualità di vita [89-90].
La “Fatica fisiologica” è la condizione che segue ad un’attività fisica o
mentale e migliora con il riposo, mentre le “Fatica patologica” si riferisce a
quella condizione in cui non vi è correlazione con l’attività precedentemente
svolta e non migliora con il riposo [91-92]. Sebbene la PTBIF sia stata
collegata a diversi fattori non modificabili, tra cui genere, tipo di trauma e
livello culturale, è stata anche associata a fattori potenzialmente modificabili
tra cui: problemi cognitivi (ad es. elaborazione delle informazioni rallentata,
necessità di aumentare lo sforzo per completare i compiti), carenza di
vitamina D, depressione, dolore, ansia, stress cronico, indice di massa
corporea e disturbi del sonno.
Molto frequenti, infatti, sono anche i disturbi del sonno, che possono
correlarsi alla fatica ed alle alterazioni cognitive nei pazienti con GCA. Sono
392 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

riportati in oltre il 70% dei pazienti dopo trauma cranico (TBI). L’insonnia si
può riscontrare fino al 30% dei casi. Questi tassi, significativamente più alti
di quelli riscontrati nella popolazione generale, possono essere attribuiti ad
alterazioni dei sistemi di regolazione sonno-veglia o alle conseguenze
secondarie del TBI come ansia, depressione, affaticamento o dolore e
contribuire anch’essi alle difficoltà riabilitative di questi pazienti [25, 93-96].
Fatica ed alterazioni del sonno sono talmente connessi da venire trattati
nelle LG ONF insieme (tabella 5.18.), nel tentativo di fornire delle
indicazioni complete e non disgiunte nella gestione del paziente con
cerebrolesione, pertanto si raccomanda di valutare tutti i pazienti con TBI
per fatica e disturbi del sonno (LR: C) da considerarsi anche come probabile
causa di variazioni cognitivo-comportamentali (LR: B) [12].
L’approccio farmacologico all’insonnia dovrebbe prevedere Melatonina 2-5
mg (LR: B), Trazodone 25-100 mg (LR: C) e Benzodiazepine (LR: C) per non
più di 7 giorni, mentre per ridurre la sonnolenza si dovrebbe considerare un
trattamento a breve termine con metilfenidato [12].
Gli interventi non farmacologici possono includere: terapia cognitivo
comportamentale (CBT) per l’insonnia, terapia della luce, esercizio fisico
regolare, strategie di risparmio energetico e igiene del sonno (LR: B) [12].

Tabella 5.18. Disturbi del sonno e fatica.

Tipologia ONF, 2016.

Melatonina R (B)
Trazodone R (C)
Terapia farmacologica disturbi del sonno.
Benzodiazepine R (C)
Metilfenidato R (C)
Approccio Cognitivo-Comportamentale
R (B)
per insonnia.
Esercizio fisico regolare, strategie di
R (B)
risparmio energetico, igiene del sonno.
Valutazione del sonno e della fatica in
R (C)
tutti i pazienti con GCA.
Tab. 5.18. Disturbi del sonno e fatica. R: Raccomandato. NR: Non Raccomandato. E: efficace.
NE: Non Efficace. NSE: Non Sufficienti Evidenze. -: argomento non trattato. Tra parentesi sono
riportati i livelli di evidenza e raccomandazione (vedi tabella 5.4.).

La Fatica viene trattata come argomento singolo in tre importanti Systematic


Reviews abbastanza recenti che, però, focalizzano l’attenzione sul TBI in
generale e non in maniera specifica sulle GCA. In una Systematic Review del
2014 si sottilinea la necessità di ulteriori ricerche e di una corretta
definizione di Fatica Post-Traumatica patologica, al fine di comprendere
meglio i fattori interni ed esterni alla persona da cui può dipendere una
5. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della sindrome dolorosa regionale complessa 393

differente gravità di sintomatologia [13, 25].


Anche nella Systematic Review del 2017 la fatica viene trattata in maniera
specifica ed analizza studi randomizzati controllati sulle metodiche
complementari ed alternative che si possono utilizzare dopo trauma cranio
encefalico, riportate in tabella 5.19. [26]. La Review non utilizza alcuna check
list. Anche in questo caso non è presente una distinzione tra traumi lievi,
moderati o gravi e viene sottolineata la mancanza di studi di alta qualità
[26].

Tabella 5.19. Review Xu et al. 2017, Complementary and alternative interventions for
fatigue management after traumatic brain injury: a systematic review [26].
Tipologia Grado Evidenza

Terapia fisica. Attività fisica in acqua. Molto basso.


Fitness. Molto basso.
Thai-Chi. Basso.
Training aerobico. Basso.
Interventi Cognitivo-Comportamentali. Terapia Cognitivo- Molto basso.
Comportamentale.
Mindfullness. Molto basso.
Addestramento Molto basso.
computerizzato memoria di
lavoro.
Biofeedback Therapy. Flexyx Neurotherapy. Molto basso.
Elettroterapia. Basso.
Fototerapia. Molto basso.
Tab. 5.19. Review Xu et al., 2017.

La Revisione più citata in letteratura è senz’altro quella di Cantor del 2014,


che seleziona 19 studi valutati utilizzando l'American Academy of
Neurology 2011 of Evidence Scheme for therapeutic studies [27]. Dei 19
studi, 8 riguardano approcci di tipo farmacologico, 4 gli interventi basati
sull’attività fisica, 4 gli interventi cognitivo-comportamentali e 3 altri tipi di
trattamento. I risultati sono riportati nella tabella 5.20. Ciò che Cantor
sottolinea è che pochi studi miravano alla fatica come outcome primario e
che non vi sono prove sufficienti per raccomandare un trattamento specifico
nella pratica clinica [27]. Cantor riporta inoltre come, a fronte di un’alta
prevalenza del disturbo “Fatica” nella popolazione con TBI, gli studi siano
scarsi e di scarsa qualità, spesso basati solo su scale soggettive e su una
definizione di “Fatica” parziale ed approssimativa [27].
394 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Tabella 5.20. Review Cantor et al. 2014, Systematic Review of Interventions for Fatigue
After Traumatic Brain Injury: A NIDRR Traumatic Brain Injury Model Systems Study [27].
Tipologia Evidenza
Modafinil. NE.
Efficace (studi molto
Piracetam.
datati).
Terapia farmacologica.
Bassa evidenza di
Creatina.
efficacia.
Donepezil. Potrebbe essere efficace.
Approccio Cognitivo-Comportamentale. NSE.
Terapia Fisica. NSE.
Bassa evidenza di
Biofeedback.
efficacia.
Tab. 5.20. Review Cantor et al., 2014. E: efficace. NE: Non Efficace. NSE: Non Sufficienti
Evidenze.

5.3.2.16. Epilessia
Le linee guida ONF sono le uniche che trattano il management clinico delle
crisi epilettiche post-GCA durante la fase riabilitativa. Esse raccomandano
con basso grado l’utilizzo di farmaci anticonvulsivanti, soprattutto Fenitoina
e Levitiracetam, come profilassi anticomiziale nei primi 7 giorni post-
trauma. Non raccomandano, invece, la profilassi dopo i primi 7 giorni (LR:
C) [12].
Nel caso in cui sia necessario impostare una terapia preventiva antiepilettica
stabile, occorre monitorare attentamente gli effetti dei farmaci sulle
performance cognitive e motorie (LR: C) [12].

5.3.2.17. Informazione ed integrazione di familiari e caregiver nel percorso


riabilitativo
La GCA, data la complessità clinica ed emotiva sia nelle fasi acute sia,
soprattutto, nella gestione cronica, non è il trauma di un individuo solo, ma
diventa il trauma di un intero “sistema famiglia”. Ci sono molti studi che
attualmente valutano i livelli di stress e di fatica che i caregiver ed i familiari
devono affrontare in tutte le fasi di patologia, ma pochi studi, limitati in
qualità e quantità, che affrontino in quale maniera gestire questo tipo di
problematica [97-98].
Si raccomanda, in accordo con le LG ONF (LR C), che, dopo valutazione da
parte del team riabilitativo circa la capacità effettiva di farsi carico del
proprio ruolo, i programmi riabilitativi vengano svolti in collaborazione con
i caregiver adeguatamente formati e supportati con attività che siano in
grado di sostenerli emotivamente [12].
5. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della sindrome dolorosa regionale complessa 395

Si raccomanda, come da Consensus SIMFER 2010, agli operatori di


informare il paziente, la famiglia e il caregiver su condizioni cliniche,
prognosi riabilitativa e attività in modo continuo, chiaro ed onesto, con
tempi e setting adeguati, coinvolgendo queste figure in modo attivo,
mettendo a loro disposizione anche psicologi ed assistenti sociali e
favorendo una maggior integrazione tra le diverse associazioni e la loro
presenza attiva nei reparti di riabilitazione come punto di riferimento per le
famiglie [6]. I parenti e caregiver devono poter godere di un’organizzazione
flessibile degli orari di visita che permetta loro una reale possibilità di stare
accanto al paziente e di effettuare i training necessari. Il personale dovrà
essere adeguatamente formato sui temi della comunicazione, sulle modalità
più appropriate per dare le informazioni e per fronteggiare i conflitti ed il
burnout [6].

5.3.3. Riabilitazione della fase degli esiti

5.3.3.1. Reinserimento extraospedaliero e terapia occupazionale


Una fase estremamente delicata per il paziente con GCA e per la sua
famiglia è il reinserimento extraospedaliero. Questa fase necessita di lunga
preparazione e di un adeguato supporto da parte di tutte le figure coinvolte
nella riabilitazione, degli psicologi, dei terapisti occupazionali e degli
assistenti sociali al fine di rendere questo passaggio quanto più agevole
possibile.
Seondo le LG SIGN, si possono distinguere una fase pre-dimissione, la
dimissione vera e propria ed il rientro a domicilio [13].
La fase pre-dimissione deve essere impostata, però secondo un basso livello
di raccomandazione, a partire dalla presa in carico, aiutando il paziente ed i
familiari a prendere coscienza dello stato di salute e delle disabilità ad esso
correlate, lavorando sulle ADL e la reintegrazione sociale: la pianificazione
programmata della dimissione dalla riabilitazione ospedaliera sino al
domicilio dà esiti positivi e dovrebbe essere parte integrante dei programmi
di trattamento (LR: D), compreso il rilascio della documentazione clinica
utile (Raccomandazione di Buona Pratica Clinica) [13]. La fase pre-
dimissione dovrebbe coinvolgere il paziente ed i caregiver, i servizi sociali e
gli operatori sanitari, tenendo conto anche del contesto in cui il paziente
dovrà risiedere. Devono essere completate le modifiche essenziali del
domicilio ed installati gli ausili necessari prima della dimissione (Buona
Pratica). I sopralluoghi a domicilio pre-dimissione sono considerate una
parte determinante del processo di pianificazione della dimissione per i
pazienti che ne hanno bisogno (LR: D) [13].
396 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Anche in base alle LG ONF, si raccomanda di pianificare con largo anticipo


la dimissione coinvolgendo ed addestrando familiari ed assistenti (LR: C),
rilasciando loro documentazione completa (LR: C) e prevedendo dei
controlli ambulatoriali nel post-dimissione (LR: C). Il paziente dovrebbe
quindi essere reinserito nel contesto sociale gradualmente e dovrebbero
essere effettuate delle variazioni dell’ambiente domestico per creare una
casa “adattata” (LR: C) [12].
La fase post-dimissione è trattata solo nelle LG ONF, pertanto si
raccomanda con medio livello di fornire ai pazienti un supporto psicologico
ed emotivo da parte di professionisti del settore (LR: B). I pazienti
dovrebbero avere facile accesso ad ambulatori dedicati (LR: C), ad ambienti
che favoriscano l’integrazione sociale (LR: B) ed eventualmente al rientro in
ospedale qualora le condizioni cliniche lo richiedano (LR: C) [12].

5.3.3.1.1. Terapia occupazionale


Si raccomanda, in accordo con le LG ONF, che il miglioramento
dell’autonomia nelle ADL dovrebbe essere ottenuto con il riapprendimento
pratico, realistico (LR: C), personalizzato (LR: B) e compensativo e con
l’adattamento dell’ambiente (LR: C) [12]. Si dovrebbe curare anche la
gestione del tempo libero e delle attività ricreative rispettando le inclinazioni
e le passioni del paziente (LR: C) o, in caso di difficoltà, fornendogli contesti
di gruppo per implementarne le capacità sociali (LR: B). Si dovrebbe,
laddove possibile, agevolare il paziente nel recuperare la possibilità di
guidare (LR: C) [12]. Il paziente dovrebbe essere aiutato a riprendere
l’attività lavorativa (LR: C) con della riabilitazione professionale mirata (LR:
C) e/o terapia cognitivo-comportamentale (LR: C); va inoltre promossa
un’attività di supporto nella ricerca del lavoro, anche con training mirato e
reintegro graduale (LR: B). Laddove il rientro a lavoro non sia possibile è
raccomandato l’attuazione di strategie che promuovano comunque
l’integrazione sociale (attività di volontariato etc.) [12].

5.3.3.2. Socializzazione (Social-Housing E Cooperative Learning)


Viene raccomandato che vengano strutturati servizi di supporto per i
pazienti con GCA dopo la dimissione dalle degenze riabilitative, in accordo
con le LG ONF [12]. Essi possono prevedere un percorso di follow-up
telefonico (LR: P, B), servizi di counseling e informazione (LR: C) [12]. I
pazienti, inoltre, dovrebbero avere accesso tempestivamente a servizi di
riabilitazione sul territorio ed eventualmente possibilità di ri-accesso alle
strutture di riabilitazione intensiva, con lo scopo di mantenere e
promuovere il recupero (LR: F, C). Al fine di facilitare la socializzazione,
l’integrazione e l’adattamento è fondamentale promuovere le relazioni di
5. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della sindrome dolorosa regionale complessa 397

supporto tra pazienti secondo il modello della “peer-supported


relationship” (LR: P, B) [12].
Tutti i pazienti con GCA dovrebbero essere valutati per quel che riguarda le
attività ricreative di piacere e svago. La valutazione comprende sia le attività
pre-lesione sia le barriere e le difficoltà incontrate dopo la grave
cerebrolesione acquisita (LR: C [12]). Sulla base della valutazione deve
essere formulato un programma individuale diretto alla ripresa, con
adattamenti, di queste attività e alla ripresa del contatto sociale (LR: P, C
[12]).

5.4. Raccomandazioni riabilitative

Gli approcci riabilitativi alle gravi cerebrolesioni acquisite (GCA) nella


pratica clinica sono molteplici e non sempre suffragati da dati di letteratura
scientifica attendibili. Risulta, quindi, fondamentale la presenza di linee
guida che forniscano al medico riabilitatore raccomandazioni chiare
riguardo i diversi trattamenti disponibili.
Il numero di linee guida recenti disponibili, però, è molto limitato e non
tratta specificatamente le gravi cerebrolesioni acquisite, nonostante vi sia
materiale piuttosto completo riguardante le Aquired Brain Injury e le
Traumatic Brain Injury. Ciò verosimilmente dipende anche da una diversa
classificazione e organizzazione legislativa dei percorsi assistenziali in
ambito internazionale e dall’enorme variabilità clinica del paziente con
GCA. Inoltre va sottolineata, a fronte delle scarse raccomandazioni, la
seppur “relativa giovane età” di questa entità nosologica in quanto questa
patologia si affaccia nel panorama della Sanità soltanto agli inizi degli anni
’90, quando venivano migliorate le reti dei trauma center e le tecniche
neurochirurgiche e rianimatorie.
La maggior parte delle review e delle Linee guida si concentra
essenzialmente sulla fase dell’acuzie e post acuzie, mentre la fase degli esiti,
che impegna tutto il resto della vita del paziente, viene scarsamente valutata
sia in termini qualitativi che quantitativi. Implementare la riabilitazione
nella fase degli esiti risulterebbe utile anche in virtù del fatto che, con
programmi intensivi per cronici, sarebbe a volte possibile raggiungere un
miglioramento dell’outcome anche a distanza di decenni dall’evento [85]
[86].

5.4.1. Raccomandazioni di grado forte


Nelle recenti linee guida sono disponibili pochissime raccomandazioni di
grado forte. Esse riguardano principalmente l’esecuzione della valutazione
clinica dei disturbi della coscienza da parte di un team interdisciplinare e
398 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

l’utilizzo di scale valutative specifiche (in particolare la CRS-R)


somministrate in maniera ripetuta nel tempo (paragrafi 5.3.1.1. e 5.3.1.2.).
Un forte grado di raccomandazione è espresso anche riguardo la modalità di
discussione della prognosi dei disturbi di coscienza con i familiari e sulla
scelta dei setting a lungo termine (paragrafo 5.3.1.5.). È raccomandata con
forte grado l’esecuzione di una valutazione di screening della disfagia
(paragrafo 5.3.2.3.), associata al posizionamento della PEG nel caso in cui vi
sia un severo deficit della deglutizione ed una condizione di malnutrizione
(paragrafo 5.3.2.4.). Viene, inoltre, raccomandata con forte grado
l’esecuzione di Terapia Cognitivo-Comportamentale nei pazienti con
disturbo d’ansia (paragrafo 5.3.2.13.2.).
Per quanto riguarda la riabilitazione dei disturbi cognitivi e
comportamentali, hanno forte raccomandazione la rieducazione con dual-
tasking, l’allenamento metacognitivo individuale nei disturbi dell’attenzione
e delle funzioni esecutive e le metodiche di compensazione interna, con
risvolti ecologici. Risulta altresì fortemente raccomandata nella riabilitazione
cognitiva la definizione di: obiettivi specifici, tempistiche adeguate di
pratica, metodiche che riescano a frammentare i compiti complessi in una
sequenza di piccoli compiti semplici, variazioni degli stimoli presentati,
promozione di compiti man mano più complessi, utilizzando strategie di
insegnamento che limitino gli errori commessi dal paziente (paragrafo
5.3.2.12.). Infine si rammenta la forte raccomandazione di utilizzare una
supplementazione con Zinco, nella fase acuta e subacuta (paragrafo 5.3.2.4.).

5.4.2. Raccomandazioni di grado moderato-debole


Un’importante criticità che emerge dall’analisi della letteratura scientifica
relativa alla riabilitazione delle GCA è la frequentissima proposta di
trattamenti riabilitativi con una bassa classe di raccomandazione o di
evidenza. Tale fenomeno è sicuramente correlato a scarsità di studi
scientifici, casistiche inadeguate, studi datati e spesso non ben disegnati, che
obbligano il riabilitatore ad affidarsi spesso all’esperienza clinica o a
Consensus di esperti. Occorrerà quindi attendere lo sviluppo di nuovi
protocolli e trial scientifici che diano le risposte necessarie per una pratica
clinica adeguatamente supportata da evidenze scientifiche forti nei
molteplici ambiti riguardanti questa patologia.
La maggior parte delle raccomandazioni contenute nelle linee guida sono,
dunque, di grado moderato-debole.
Alcune di esse riguardano la necessità di valutazioni multidisciplinari,
multimodali e ripetute nel tempo, soprattutto qualora vi siano dei dubbi
circa il tipo di disturbo di coscienza, le sue cause e l’eventuale prognosi
(paragrafi 5.3.1.1., 5.3.1.2., 5.3.1.3.).
5. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della sindrome dolorosa regionale complessa 399

Altre raccomandazioni riguardano la formulazione di specifici protocolli


riabilitativi, come ad esempio le strategie terapeutiche per la disfagia
(paragrafo 5.3.2.3.), il trattamento dell’afasia (paragrafo 5.3.2.14.), della
depressione (paragrafo 5.3.2.13.1.), le modalità di informazione a familiari e
care-giver (paragrafo 5.3.2.17.), gli interventi che facilitano il reinserimento
extraospedaliero e la terapia occupazionale (paragrafo 5.3.3.1.), la
promozione della socializzazione ed il follow-up extraospedaliero
(paragrafo 5.3.3.2.). La Terapia Cognitivo-Comportamentale è raccomandata
con grado moderato-debole nei deficit di Attenzione (paragrafo 5.3.2.12.),
Depressione (paragrafo 5.3.2.13.1.), insonnia (paragrafo 5.3.2.15.) e terapia
occupazionale (paragrafo 5.3.3.1.).
Relativamente ai deficit senso-motori, le raccomandazioni sono tutte di
grado moderato-debole, tra cui gli esercizi per il mantenimento del ROM
articolari, di coordinazione e di motricità fine della mano, il training del
passo e l’esercizio aerobico (paragrafo 5.3.2.8.). Inoltre sono di grado
moderato le raccomandazioni riguardanti la valutazione e la comunicazione
ai parenti e caregiver circa eventuali segni clinici di presenza di dolore da
parte del paziente (paragrafo 5.3.1.1. e 5.3.1.5.).
Per quanto riguarda il trattamento della spasticità nelle GCA, le
raccomandazioni in merito all’utilizzo di splint, tossina botulinica e farmaci
antispastici orali sono tutte di grado moderato-debole (paragrafo 5.3.2.9.).
Alcune raccomandazioni di grado moderato-debole riguardano inoltre
l’utilizzo di farmaci come l’amantadina per il miglioramento dello stato di
coscienza (paragrafo 5.3.1.4.), gli antiepilettici a prevenzione delle crisi
comiziali (paragrafo 5.3.2.16.) e la rivastigmina ed il donepezil per
potenziare apprendimento e memoria (paragrafo 5.3.2.12.).
Lo screening dei disturbi dell’asse ipotalamo-ipofisario e delle complicanze
neuroendocrine, sebbene frequenti, risulta avere deboli raccomandazioni
circa i dosaggi sierici da effettuare (paragrafo 5.3.1.6.). Il trattamento
riabilitativo dell’Amnesia Post Traumatica è trattato soltanto dalla
Consensus SIMFER, quindi le raccomandazioni espresse sono considerate di
grado debole [6] (paragrafo 5.3.2.2.).
Sono da considerarsi di grado debole anche le raccomandazioni circa la
gestione delle complicanze legate ad incontinenza urinaria e costipazione
(paragrafo 5.3.2.6.); di grado moderato-debole e debole risultano le
raccomandazioni concernenti le complicanze neurochirurgiche (paragrafo
5.3.2.7.), la gestione delle paraosteoartropatie (paragrafo 5.3.2.11.), il
trattamento delle alterazioni del sonno e la fatica (paragrafo 5.3.2.15.). La
maggior parte delle raccomandazioni riguardanti i disturbi cognitivo-
comportamentali sono di grado debole, eccezion fatta per quelle espresse in
dettaglio nel paragrafo 5.4.1.
400 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

L’agnosia visiva non viene trattata in nessuna linea guida, ma è stata


pubblicata una recente review che raccomanda con debole grado l’adozione
di strategie adattative e di recupero (paragrafo 5.3.2.10.) [20].

5.4.3. Trattamenti non raccomandati


Alcuni approcci valutativi e terapeutici non sono raccomandati poiché
giudicati inutili o controindicati in recenti evidenze scientifiche. Essi
vengono specificati di seguito.
La craniotomia decompressiva non risulta raccomandata (paragrafo 5.3.2.7.).
Nei pazienti con malnutrizione, i farmaci per migliorare la dinamica
intestinale, come il metoclopramide, sono sconsigliati con livello di
raccomandazione alto dall’ONF (LR: A) poiché inefficaci in questo tipo di
pazienti (paragrafo 5.3.2.4.). Nei disturbi dell’attenzione non sono, invece,
raccomandati esercizi ripetitivi computerizzati decontestualizzati (LR: B) e
training con suoni casuali e periodici (paragrafo 5.3.2.12.).
Alcuni trattamenti farmacologici non vengono raccomandati, come ad
esempio l’utilizzo della L-dopa, per stimolare la ripresa della coscienza
(paragrafo 5.3.1.5.).
Un altro approccio non raccomandato è l’utilizzo di benzodiazepine nel
trattamento dell’ansia nei pazienti con GCA a causa del loro effetto sulla
vigilanza, sulle funzioni esecutive e cognitive, sulla coordinazione motoria,
per l’aumentato rischio di depressione della funzione respiratoria e di abuso
e dipendenza (Paragrafo 5.3.2.13.2.).

5.4.4. Raccomandazioni non formulabili


Le linee guida non forniscono raccomandazioni su molte problematiche
riabilitative che si riscontrano nelle GCA. Presumibilmente, essendo la
popolazione dei pazienti molto varia per caratteristiche eziologiche, cliniche
e funzionali, non esiste una metodica applicabile alla totalità dei pazienti.
Verosimilmente occorrerebbe utilizzare approcci terapeutici individualizzati
in base alle caratteristiche dei deficit. Non vi sono, però, dati di letteratura
che consentano una scelta critica del trattamento in base a casistiche di
popolazione.
Non è formulabile la raccomandazione riguardo l’esecuzione di
neuroimmagini funzionali (fRMI e PET) ed esami neurofisiologici
(potenziali evocati, P300) nella valutazione routinaria del deficit di coscienza
in quando viene sconsigliato dal Royal College (E1/E2) e consigliato
debolmente dall’AAN 2018 (Paragrafo 5.3.1.3.).
L’iperattività simpatica parossistica non viene trattata nelle linee guida,
probabilmente a causa dello scarso numero di evidenze e della solo recente
definizione nosologica. Anche riguardo molte delle strategie terapeutiche
5. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della sindrome dolorosa regionale complessa 401

per promuovere la ripresa della coscienza (utilizzo di farmaci o tecniche di


neurostimolazione) non vi sono sufficienti evidenze per poter formulare una
raccomandazione (paragrafo 5.3.1.5.).
Sulla scelta dell’approccio logopedico nella terapia dei disturbi del
linguaggio, non è attualmente possibile formulare una raccomandazione
(paragrafo 5.3.2.14.).
Un’importante criticità è rappresentata dalla mancanza di sufficienti
evidenze riguardo le problematiche legate alla decannulazione: le linee
guida selezionate non trattano l’argomento e le review e le Consensus sono
realizzate con metodologie non standardizzate. Nel paragrafo 5.3.2.5. sono
contenute indicazioni formulate sulle poche evidenze disponibili.

5.4.5. Good Practice Point


Le raccomandazioni di buona pratica clinica evidenziate dalle LG esaminate
vengono espresse in merito all’utilizzo della stimolazione sensoriale per
facilitare il risveglio (paragrafo 5.3.1.5.) ed alla gestione del domicilio del
paziente prima del rientro, per il quale è necessario completare le modifiche
essenziali ad una ripresa completa della quotidianità con anche
l’installazione pre-dimissione degli ausili necessari (paragrafo 5.3.3.1.).
402 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

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Prof. Valter Santilli

Linee guida, buone pratiche


ed evidenze scientifiche
in Medicina Fisica e Riabilitativa

Capitolo 6

Buone pratiche e linee guida riabilitative


nel trattamento della S.L.A.

Coautori

Francesco Rodolfo De Lorenzo MD, Gabriele Fidenzi MD


Prof. Maria Gabriella Ceravolo MD, PhD, Prof. Nino Basaglia MD
Marco Paoloni MD, PhD
6. Buone pratiche e linee guida riabilitative
nel trattamento della S.L.A.

Coautori
6. Buone
Francesco pratiche e linee
Rodolfo De Lorenzo  guidaFidenzi 
MD, Gabriele
1 riabilitative
MD, nel
1

trattamento della
Prof. Maria Gabriella S.L.A.
Ceravolo  MD, PhD, Prof. Nino Basaglia  MD
2 3

Marco Paoloni 4 MD, PhD


Coautori
1
ScuolaFrancesco
di Specializzazione
Rodolfo in
DeMedicina
LorenzoFisica
1 MD, e Riabilitativa, Sapienza
Gabriele Fidenzi Università di Roma
1 MD,
2
Professore Ordinario MED34, Università 2Politecnica delle Marche, Ancona
Prof. Maria Gabriella Ceravolo MD, PhD, Prof. Nino Basaglia3 MD,
3
Direttore Dipartimento4 Interaziendale Neuroscienze e Riabilitazione, Azienda Ospedaliero-
Marco Paoloni MD, PhD
Universitaria, Ferrara
4
Ricercatore MED34, Sapienza Università di Roma
1 Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
2 Professore Ordinario MED34, Università Politecnica delle Marche, Ancona
3 Direttore Dipartimento Interaziendale Neuroscienze e Riabilitazione, Azienda Ospedaliero-
Universitaria, Ferrara
4 Ricercatore MED34, Sapienza Università di Roma

ABSTRACT

Background: La sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è una malattia


neurodegenerativa ad esordio insidioso e progressivo che colpisce il I e II
motoneurone. L’obiettivo del presente studio è la revisione delle linee guida,
meta-analisi e revisioni sistematiche in ambito riabilitativo pubblicate negli
ultimi 10 anni, al fine di migliorare la gestione multidisciplinare del paziente
affetto da sclerosi laterale amiotrofica sulla base delle più recenti evidenze
scientifiche.
Materiali e metodi: Sono state identificate 2 linee guida dall’anno 2008 al
2018, attraverso una ricerca bibliografica condotta sui principali motori di
ricerca (Medline, PEDro, Cochrane Database e SNLG).
Risultati: Sono emersi vari ambiti su cui si concentra la gestione del paziente
con: deficit della funzione respiratoria, disordini della nutrizione, scialorrea,
crampi, spasticità, esercizio terapeutico ed equipaggiamenti per mobilità e
comunicazione.
Conclusioni: Dalla revisione della letteratura è emerso che le
raccomandazioni farmacologiche e fisioterapiche per la gestione sintomatica
della sclerosi laterale amiotrofica presentano nella maggior parte dei casi
evidenze molto basse oppure sole indicazioni di buona pratica.
412 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

INTRODUZIONE

La sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è una malattia degenerativa dei


motoneuroni nella corteccia, nel tronco cerebrale e nel midollo spinale [1].
L'incidenza mondiale della SLA è di circa 1-2,6 casi ogni 100.000 persone
all'anno, mentre la prevalenza è di circa 6 casi ogni 100.000 [2]. Gli uomini
sono più frequentemente colpiti rispetto alle donne con un rapporto che
varia da 1,2 a 1,5 [3]. L'età media di esordio è di 43-52 anni nelle forme
familiari e di 58-63 anni in casi sporadici [4].
I soli fattori di rischio che attualmente hanno mostrato importanti evidenze
sono età avanzata, sesso maschile e storia familiare. Nessun fattore di rischio
ambientale (pesticidi, agenti fisici, virus, sostanze dopanti), oppure fumo,
alimentazione, diabete, traumi cranici sono fino ad ora stati associati con
certezza alla SLA [3-5].
L’eziopatogenesi della SLA è estremamente complessa, è multifattoriale con
associazione di meccanismi di produzione e propagazione del danno
neuronale [6].
La sintomatologia è determinata dalla compromissione sia del I che del II
motoneurone. Tipici segni di deficit del I motoneurone sono iper-reflessia
dei quattro arti, spasticità, cloni (soprattutto di rotula e piede) e presenza di
riflessi patologici. Il coinvolgimento del II motoneurone invece determina
ipostenia, fascicolazioni, crampi e atrofia muscolare. La forma tipica
rappresenta circa il 60-70% dei casi, ha un esordio con sintomi quali la
riduzione di forza alle mani, rigidità, specialmente all’arto superiore, perdita
di destrezza nei movimenti fini delle dita e atrofia soprattutto della mano,
nelle fasi avanzate quest’ultima si diffonde ad avambraccio, spalla e infine
agli arti inferiori. L’associazione di atrofia, debolezza muscolare a mani e
avambracci, leggera spasticità agli arti superiori e/o inferiori, fascicolazioni,
iper-reflessia, ad esordio ed evoluzione asimmetriche, in assenza di disturbi
sensitivi è suggestiva di SLA. I disturbi tipici da compromissione del
motoneurone bulbare complicano la malattia nel 100% dei soggetti e sono
causa della prognosi infausta della stessa. Nel 25% dei casi, tali sintomi sono
presenti fin dall’esordio. Consistono in disturbi di loquela e di deglutizione,
che si associano a progressiva ipotrofia e fascicolazioni linguali e riduzione
della mobilità del velo e dei muscoli faringei. Il paziente mostra inizialmente
difficoltà nel pronunciare fonemi consonantici, poi voce nasale e infine
completa anartria da completa paralisi della lingua; contemporaneamente
presenta difficoltà nella deglutizione di liquidi o di cibi a composizione
mista e, infine, impossibilità alla deglutizione di qualsiasi consistenza, solida
o liquida. La sclerosi laterale amiotrofica può presentarsi anche con sintomi
6. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della S.L.A. 413

cognitivi, che ricorrono, con varia gravità, fino nel 30% dei casi, e includono
disturbi comportamentali, labilità emotiva, sindrome disesecutiva e
demenza fronto-temporale [7-8].
L'età media di insorgenza della SLA è attualmente di 58-60 anni [2]. La
diagnosi si basa sull’anamnesi del paziente e sull’esame obiettivo, deve
essere supportata da indagini strumentali e di laboratorio [9]. All’EMG si
evidenziano segni di denervazione attiva con potenziali di fibrillazione e
fascicolazioni, e segni di denervazione cronica con potenziali di unità
motoria di durata e ampiezza aumentati, morfologia polifasica e ridotto
reclutamento delle unità motorie. L’ENG è utile nell’escludere patologie del
nervo periferico, giunzione neuromuscolare o muscolo. Lo studio dei
potenziali evocati motori (PEM) di solito evidenzia ridotta ampiezza dei
potenziali con normalità o modesta riduzione della conduzione motoria. La
RM è importante nella diagnosi differenziale con patologie che possono
simulare la SLA. La biopsia muscolare va effettuata nei casi in cui si sospetti
una malattia primitiva muscolare.
La classificazione della SLA si basa sui criteri proposti dalla Federazione
Mondiale di Neurologia ad El Escorial, Spagna, nel 1990 e successivamente
aggiornati e migliorati [10-13].

Tabella 6.1. Categorie diagnostiche di SLA [10-13].


SLA clinicamente definita Segni clinici o evidenze elettrofisiologiche di
primo e secondo motoneurone in tre regioni.
SLA clinicamente definita con supporto di Segni clinici di primo motoneurone e/o di
laboratorio secondo motoneurone in una regione ed il
paziente è portatore di mutazione
patogenetica nel gene SOD1.
SLA clinicamente probabile Segni clinici o evidenze elettrofisiologiche di
primo e secondo motoneurone in due regioni
con alcuni segni di primo motoneurone
rostrali ai segni di secondo motoneurone.
SLA clinicamente possibile Segni clinici o elettrofisiologici di primo e
secondo motoneurone in una sola regione
oppure segni di primo motoneurone in
almeno due regioni oppure segni di primo
motoneurone e secondo motoneurone in due
regioni senza segni di primo motoneurone
rostrali ai segni di secondo motoneurone.
Gli studi neuroradiologici e di laboratorio
devono aver escluso altre diagnosi.
Tab. 6.1. Categorie diagnostiche di SLA [10-13].

Per fare diagnosi è necessaria la coesistenza di sintomi indicativi di lesione


sia del I sia del II motoneurone e che siano presenti in regioni corporee
414 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

contigue. La sopravvivenza media dall'inizio alla morte è 3-4 anni [2], l’età
avanzata e l’esordio bulbare sono i fattori prognostici negativi più
importanti.
L’obiettivo del presente lavoro è stato quello di revisionare le recenti linee
guida sul trattamento delle persone affette da SLA, con particolare
riferimento ai trattamenti riabilitativi che abbiano evidenza di efficacia nel
migliorare la qualità della vita dei pazienti affetti da sclerosi laterale
amiotrofica.

6.1. Materiali e metodi

Attraverso una ricerca bibliografica condotta sui principali motori di ricerca


(Medline, PEDro, Cochrane Database e SNLG), utilizzando come parole
chiave “amyotrophic lateral sclerosis”, “ALS”, “SLA”, “Motor neurone
disease”, “rehabilitation”, “recommendation”, “guidelines”. Ultima ricerca
effettuata il 01/07/18. Per redigere il capitolo è stata utilizzata la Prisma
checklist esclusa la componente statistica [14]. Da questa ricerca sono state
identificate 2 linee guida dall’anno 2008 al 2018.

Ricerca Bibliografica: Pubmed/PEDro, Cochrane Library, Medline, SNLG.


Solo articoli in lingua inglese o italiana

Risultati della ricerca combinati (n = 2842)


Esclusi (n = 2745)
Non contenenti indicazioni
riabilitative (n=1647)
Non contenenti indicazioni
Screening degli articoli in base al titolo e
terapeutiche o diagnostiche (n =
all’abstract
657)
Duplicati (n = 438)
Full-text non accessibile (n = 3)
Non systematic review, meta-
Inclusi (n = 97)
analisi o linee guida (n = 21)

Esclusi (n = 76)
Revisione degli articoli e applicazione dei Presenza di letteratura più
criteri di inclusione/esclusione recente (n = 22)
Non systematic review, meta-
analisi o linee guida (n = 54)
Inclusi (n = 21)

Linee Guida (n = 2) Review, systematic review, meta-analisi (n = 19)

Fig. 6.1. Diagramma di flusso di selezione degli studi come da PRISMA Statement [14].
6. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della S.L.A. 415

6.2. Risultati

Tabella 6.2.
SOCIETÀ / DOVE (LINK,
LINEE GUIDA MD MP GRADE
ORGANISMI, ANNO GIORNALE)

Motor neuron disease: Nation. Istit. Of Health



assessment and and Care Excellen., nice.org.u Sì Sì
[P]
management. (NICE), 2016.

EFNS guidelines on
the Clinical
European
Management of European Federation Of
Journal of
Amyotrophic Lateral Neurological Societies, No No No
Neurology 2012,
Sclerosis (MALS) - (EFNS), 2012.
19: 360–375.
revised report of an
EFNS task force.
Tab. 6.2. Caratteristiche delle linee guida. (MD: Multidisciplinarietà, MP: Multiprofessionalità,
[P]: Include associazioni o rappresentanti di pazienti).

Per ciò che concerne la valutazione della qualità delle raccomandazioni, la


EFNS del 2012, utilizza il sistema di valutazione della Federazione europea
delle società neurologiche risultante nelle raccomandazioni di livello A, B o
C [15]. La stessa EFNS sottolinea che laddove mancavano le prove ma il
consenso è chiaro, hanno utilizzato l’acronimo GCPP come Good Clinical
Practice Points. La linea guida NICE del 2016 invece utilizza il Grading of
Recommendations Assessment, Development and Evaluation (GRADE) [16].

Classe I: studio prospettico in un ampio spettro di pazienti con la condizione sospetta,


utilizzando un “gold standard” per la definizione del caso, in cui il test viene applicato in una
valutazione in cieco e consentendo la valutazione di test appropriati di accuratezza diagnostica.
Classe II: uno studio prospettico di uno spettro ristretto di pazienti con la condizione sospetta o
uno studio retrospettivo ben progettato di un ampio spettro di pazienti con una condizione
stabilita (“gold standard”) rispetto a un ampio spettro di controlli, in cui il test è applicato in
una valutazione in cieco e consentendo la valutazione di test appropriati di accuratezza
diagnostica.
Classe III: Evidenza fornita da uno studio retrospettivo in cui I pazienti con la condizione
oppure i controlli stabiliti sono di uno spettro ristretto e in cui il test viene applicato in una
valutazione in cieco.
Classe IV: Qualsiasi disegno in cui il test non è applicato in caso di valutazione in cieco
OPPURE prova fornita dal solo parere di esperti o in serie di casi descrittivi (senza controlli).
Valutazione delle raccomandazioni
Il rating di livello A (stabilito come utile / predittivo o non-utile / predittivo) richiede almeno
uno studio di classe I convincente o almeno due studi di classe II coerenti e convincenti.
Il rating di livello B (stabilito come probabilmente utile / predittivo o non-utile / predittivo)
richiede almeno uno studio convincente di classe II o schiacciante evidenza di classe III.
Il rating di livello C (stabilito come possibilmente utile / predittivo o non-utile / predittivo)
richiede almeno due convincenti studi di classe III.
Tab. 6.3. Schema di classificazione dell'evidenza della linea guida EFNS [15].
416 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

6.2.1. Trattamento dei deficit della funzione respiratoria


Le complicanze respiratorie sono la principale causa di morte nella SLA,
principalmente come conseguenza della debolezza diaframmatica
combinata con aspirazione e infezioni ad essa associate [17].

6.2.1.1. Insufficienza respiratoria


Per ciò che concerne il management della funzione respiratoria dei pazienti
con SLA entrambe le linee guida prese in esame danno solo indicazioni di
buona pratica clinica. EFNS e NICE raccomandano che sintomi e segni di
insufficienza respiratoria (compresi i sintomi di ipoventilazione notturna)
debbano essere controllati ad ogni visita [10]. A tal fine la capacità vitale
forzata, la capacità vitale e l’ossimetria notturna percutanea sono i test più
indicati [10]. In più la NICE raccomanda di trattare il peggioramento della
compromissione respiratoria per cause reversibili (ad esempio, infezioni del
tratto respiratorio o problemi di secrezione) prima di considerare altre
terapie.
Entrambe sottolineano l’importanza del rapporto con il paziente e del suo
completo coinvolgimento nei processi decisionali. Infatti, la EFNS indica
come buona pratica che sintomi e segni di insufficienza respiratoria vengano
discussi con il paziente, e che vengano prese in considerazione in modo
preliminare opzioni di trattamento condivise relative alla fine della vita,
poiché la ventilazione meccanica non pianificata (di emergenza) dovrebbe
essere evitata [10].
La Non-Invasive Positive Pressure Ventilation (NIPPV) deve essere considerata
preferibilmente all’Invasive Mechanical Ventilation (IMV) in pazienti con
sintomi o segni di insufficienza respiratoria [10]. Se i risultati dei test di
funzionalità respiratoria e i sintomi del paziente dovessero indicare che
quest’ultimo beneficerebbe del trattamento con ventilazione non invasiva
questa andrebbe iniziato immediatamente. Secondo la EFNS la NIPPV può
prolungare la sopravvivenza per molti mesi con un livello di evidenza di
grado A e può migliorare la qualità della vita del paziente con evidenza C.
La NICE rafforza il concetto raccomandando che venga considerata
l'introduzione urgente della ventilazione non invasiva per i pazienti che
sviluppano un peggioramento delle funzioni respiratorie, ma anche, che
venga informato il paziente che la ventilazione non invasiva può migliorare
i sintomi associati a insufficienza respiratoria e può prolungare la vita,
tuttavia non interrompe la progressione della malattia di base. La NICE
consiglia inoltre che è buona norma prima di iniziare la ventilazione non
invasiva, che un’équipe multidisciplinare esegua una valutazione globale
prendendo in considerazione: il tipo più appropriato di ventilatore, in base
6. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della S.L.A. 417

alle esigenze del paziente, la tolleranza del trattamento, il rischio e le


possibili conseguenze del guasto del ventilatore, l'alimentazione richiesta,
incluso il back-up della batteria, con quanta facilità il paziente può arrivare
in ospedale, rischi associati al viaggio fuori casa (soprattutto all'estero), se è
necessario un umidificatore, questioni relative alla gestione delle secrezioni.
In modo preliminare l'équipe multidisciplinare dovrebbe approntare un
piano di cura completo e illustrare al paziente che la ventilazione non
invasiva può essere interrotta in qualsiasi momento rassicurarlo che sia lui
che i suoi familiari possono chiedere aiuto e consigli, specialmente se
dipendono da una ventilazione non invasiva per 24 ore al giorno. Il progetto
messo a punto dal team multidisciplinare sempre secondo la linea guida
NICE dovrebbe riguardare: supporto a lungo termine fornito dal team
multidisciplinare, la frequenza iniziale dei test di funzionalità respiratoria e
il monitoraggio della compromissione respiratoria, la frequenza delle
revisioni cliniche dei cambiamenti sintomatici e fisiologici, disposizioni per
la manutenzione del dispositivo e supporto clinico e tecnico di emergenza
24 ore su 24, valutazione della gestione delle secrezioni e della fisioterapia
respiratoria, formazione e supporto per l'uso della ventilazione non invasiva
per la persona, la sua famiglia e gli accompagnatori, opportunità regolari
per discutere i desideri della persona in relazione alla continuazione o al
ritiro della ventilazione non invasiva. Una volta avviata la ventilazione non
invasiva è importante eseguire l'acclimatazione iniziale durante il giorno
quando il paziente è sveglio, dopo di che andrebbe iniziato un trattamento
regolare durante la notte e aumentare gradualmente le ore di utilizzo della
persona secondo necessità [7]. Va portata avanti la ventilazione non invasiva
se le revisioni cliniche mostrano miglioramenti sintomatici e/o fisiologici per
una persona senza grave compromissione bulbare e senza gravi problemi
cognitivi e un miglioramento dei sintomi correlati al sonno per una persona
con grave insufficienza bulbare o con gravi problemi cognitivi che possono
essere correlati a insufficienza respiratoria. Va tentata la strada della
ventilazione non invasiva nei pazienti con grave insufficienza bulbare solo
se possono trarre beneficio da un miglioramento dei sintomi correlati al
sonno o dalla correzione dell'ipoventilazione [7]. Va trattato in modo
separato l'uso della ventilazione non invasiva nei pazienti con una
componente di demenza frontotemporale, l'équipe multidisciplinare
dovrebbe effettuare una valutazione che includa la capacità del paziente di
prendere decisioni e dare il consenso, la gravità della demenza e problemi
cognitivi se il paziente è in grado di accettare il trattamento, ed è in grado di
ottenere miglioramenti nei sintomi correlati al sonno e/o miglioramenti
comportamentali, in questo caso ancora di più che in altri è raccomandato
418 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

un confronto con la famiglia e/o gli accompagnatori del paziente (con il


consenso dello stesso se ha la capacità di darlo) [7].
La EFNS consiglia di non utilizzare l'ossigenoterapia da sola poiché
potrebbe esacerbare la ritenzione di anidride carbonica e la secchezza orale e
di utilizzare l'ossigeno solo se è presente ipossia sintomatica [10].
Altra strategia per fronteggiare l’insufficienza respiratoria nei pazienti con
SLA è la farmacologia, è importante informare i pazienti che i farmaci
possono essere usati per alleviare i sintomi [7]. Il trattamento medico della
dispnea intermittente prevede: per brevi attacchi dispnoici, alleviare l'ansia
somministrando lorazepam 0,5-2,5 mg per via sublinguale; per fasi più
lunghe di dispnea (> 30 min), somministrare morfina 2,5 mg per via orale o
s.c. [9]. Per il trattamento della dispnea cronica invece, iniziare con la
morfina 2,5 mg per via orale da quattro a sei volte al giorno. Per la dispnea
grave, somministrare morfina s.c. o come i.v. infusione, iniziando con 0,5 mg
/ h e titolando. Se necessario, aggiungere midazolam (2,5-5 mg) o diazepam
per il controllo dei sintomi notturni e per alleviare l'ansia [10]. L’utilizzo di
oppioidi e benzodiazepine in caso di dispnea e dell’ansia da essa causata è
raccomandato anche dalla NICE ma quest’ultima ha effettuato una
valutazione indiretta su pazienti in cui le difficoltà respiratorie sono causate
da un meccanismo simile a quello della SLA: atrofia multisistemica, morbo
di Parkinson, paralisi sopranucleare progressiva e atrofia muscolare spinale.
Capitolo a parte è ciò che riguarda l’interruzione della ventilazione e il fine
vita. La fase in cui il paziente desidera interrompere la ventilazione
dovrebbe essere gestita da personale esperto e con una conoscenza
aggiornata della legislazione in merito [7]. Poiché come detto in precedenza
non si dovrebbe mai arrivare alla necessità di mettere in atto misure di
ventilazione in urgenza, entrambe le linee guida ripetono più volte la
necessità di concordare con il paziente un percorso di fine vita e solo la
EFNS considerare la possibilità di passare a cure palliative.

Tabella 6.4. Insufficienza respiratoria.


NICE, 2016. EFNS, 2012.
Lorazepam R (GDG) R (GCPP)
Morfina R (GDG) R (GCPP)
Tab. 6.4. Raccomandazioni farmacologiche. R: Raccomandato, (): Grado di raccomandazione o
livello di evidenza, GCPP: Good Clinical Practice Points, GDG: Multidisciplinary Guideline
Development Group.
6. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della S.L.A. 419

Tabella 6.5. Insufficienza respiratoria.


NICE, 2016. EFNS, 2012.
Valutazione insufficienza respiratoria ad ogni controllo. R (GDG) R (GCPP)
Trattare peggioramento della compromissione respiratoria per
R (GDG) -
cause reversibili prima di altre terapie.
Considerare preventivamente opzioni di trattamento condivise
- R (GCPP)
con paziente e familiari relative al fine vita.
Valutazione globale di équipe multidisciplinare prima di
R (GDG) -
iniziare la ventilazione non invasiva.
NIPPV (Non-invasive Positive Pressure Ventilation). R (GDG) R (GCPP)
Eseguire acclimatazione iniziale alla NIPPV. R (GDG)
Tab. 6.5. Raccomandazioni riabilitative. R: raccomandato, (): Grado di raccomandazione o
livello di evidenza, GCPP: Good Clinical Practice Points, GDG: Multidisciplinary Guideline
Development Group.

6.2.1.2. Tosse
La difficoltà nell'eliminare efficacemente l'espettorato è un problema
importante nei pazienti affetti da sclerosi laterale amiotrofica. L'accumulo di
secrezioni è un fattore prognostico negativo in questi pazienti soprattutto se
trattati con ventilazione non invasiva [18], infatti secondo la EFNS la
gestione attiva delle secrezioni e la fornitura di dispositivi per la tosse
possono aumentare l'efficacia della ventilazione assistita nella SLA.
L’efficacia della tosse va sempre monitorata attraverso misure come il picco
di flusso espiratorio durante la tosse, per identificare i pazienti a rischio di
infezioni respiratorie a causa di una espettorazione inefficace. La EFNS
raccomanda la gestione delle secrezioni attraverso un mucolitico che includa
N-acetilcisteina, con una posologia di 200-400 mg tre volte al giorno. Altre
soluzioni per ovviare a questa problematica sono l’utilizzo di antagonisti del
beta-recettore e un nebulizzatore con soluzione salina e/o un
broncodilatatore anticolinergico e/o un mucolitico e/o furosemide, questi
possono essere usati in associazione. I mucolitici dovrebbero essere usati
solo se è presente un sufficiente flusso di tosse [10].
La NICE consiglia come prima linea di trattamento tecniche che aumentano
il flusso espiratorio durante la tosse come la tosse manuale assistita con
compressioni della parete toracica e addominale sincronizzate con la tosse.
La EFNS concorda con l’utilizzo di questa metodica e aggiunge che questa
tecnica può anche essere eseguita da un fisioterapista. Altre tecniche
prevedono l’aumento del volume massimo accumulato nei polmoni
(Unassisted Breath Stacking) [7]. Per i pazienti con disfunzione bulbare che
non possono beneficiare delle tecniche precedentemente descritte poiché la
loro tosse sarebbe comunque inefficace si può prendere in considerazione
come buona pratica clinica la possibilità di aumentare il volume d’aria
polmonare attraverso ausili (Assisted Breath Stacking) come un pallone
420 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

AMBU (Auxiliary Manual Breathing Unit) [7]. Se tutte queste metodiche


dovessero fallire è buona pratica clinica secondo l’EFNS utilizzare un
insufflatore meccanico, in particolare nel contesto di un'infezione
respiratoria acuta [7-10]. È anche possibile utilizzare un dispositivo di
aspirazione portatile a casa e un umidificatore per ambienti [10].

Tabella 6.6. Tosse (raccomandazioni farmacologiche).


NICE, 2016. EFNS, 2012.
N-Acetilcisteina - R (GCPP)
Antagonisti del Beta-Recettore - R (GCPP)
Nebulizzatore con Soluzione Salina - R (GCPP)
Broncodilatatore Anticolinergico - R (GCPP)
Mucolitico - R (GCPP)
Furosemide - R (GCPP)
Tab. 6.6. Raccomandazioni farmacologiche. R: Raccomandato, (): Grado di raccomandazione o
livello di evidenza, GCPP: Good Clinical Practice Points.

Tabella 6.7. Tosse (raccomandazioni riabilitative).

NICE, 2016. EFNS, 2012.


Tosse manuale assistita R (Very Low) R (GCPP)
Unassisted Breath Stacking R (Very Low) -
Auxiliary Manual Breathing Unit R (Very Low) -
Tab. 6.7. Raccomandazioni riabilitative. R: raccomandato, (): Grado di raccomandazione o
livello di evidenza, GCPP: Good Clinical Practice Points.

6.2.2. Trattamento dei disordini della nutrizione


La disfagia è la causa più importante di perdita di peso nei pazienti con
SLA, altre cause sono la progressiva atrofia muscolare, la debolezza degli
arti superiori e la perdita di appetito [19]. La perdita di peso al momento
della diagnosi è un fattore prognostico indipendente di sopravvivenza nei
malati di SLA [20]. L’EFNS considera buona pratica clinica un attento
management dei disordini della nutrizione, essa infatti consiglia la
valutazione dello stato nutrizionale e quindi del peso corporeo ad ogni
visita. La difficoltà a bere l'acqua è spesso il primo segno di disfagia
significativa. Vanno inoltre valutati e gestiti i fattori che possono contribuire
a problemi di deglutizione, come la postura, la necessità di modificare la
consistenza di cibi e bevande, sintomi respiratori e rischio di aspirazione e/o
soffocamento, paura di soffocare e considerazioni psicologiche (ad esempio,
voler mangiare e bere senza assistenza in situazioni sociali) [7]. I pazienti
devono essere indirizzati da un dietista non appena compare la disfagia e il
logopedista ha il compito di fornire consigli sulle tecniche di deglutizione
[10]. Anche la NICE si occupa della terapia dei disordini della nutrizione
6. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della S.L.A. 421

nella fase pre-gastrostomia con livello di evidenza D e sottolinea


l’importanza dell’approccio multidisciplinare nella valutazione ed
eventualmente implementazione dell’apporto nutrizionale e di liquidi nei
pazienti affetti da SLA anche attraverso supplementi nutrizionali, se
necessario. Altre cause dello scarso appetito in questi pazienti sono
l’eventuale presenza di sintomi gastrointestinali, come nausea o stitichezza
oppure difficoltà di deglutizione, debolezza degli arti, basso tono dell’umore
o depressione [7]. La NICE chiarisce inoltre l’importanza di valutare la
funzione residua del paziente e di valutare la capacità della persona di
mangiare e bere autonomamente tenendo conto della necessità di utensili
modificati e di aiuto con la preparazione di cibi e bevande.
Di grande importanza è un corretto posizionamento e una corretta postura
mentre si mangia e si beve e affrontare situazioni sociali (ad esempio,
mangiare fuori) [7]. La gestione iniziale della disfagia si basa su: consulenza
dietetica, modificazione del cibo e della consistenza dei fluidi (miscelazione
di alimenti, aggiunta di addensanti ai liquidi), prescrizione di integratori ad
alto contenuto proteico e calorico, educazione del paziente e assistenti
nell'alimentazione e tecniche di deglutizione come la deglutizione
sopraglottica e le modifiche posturali [21-22] e la flessione del collo in avanti
sulla deglutizione per proteggere le vie aeree. Quando la nutrizione per via
orale non è più possibile, si deve prendere in considerazione la
gastrostomia, considerata da entrambe le linee guida come buona pratica
clinica. L’EFNS chiarisce le tempistiche della nutrizione artificiale infatti
l’utilizzo di PEG (gastrostomia endoscopica percutanea) oppure della RIG
(gastrostomia inserita sotto guida radiologica) si basa su un approccio
individuale che tiene conto dei sintomi bulbari, della malnutrizione (perdita
di peso superiore al 10%), della funzione respiratoria e delle condizioni
generali del paziente. La NICE consiglia di discutere della gastrostomia con
il paziente fin dalle fasi iniziali e ad intervalli regolari man mano che la SLA
progredisce, tenendo conto delle preferenze e delle problematiche del
paziente, come la capacità di deglutire, la perdita di peso, la funzione
respiratoria, lo sforzo di alimentazione e di bere e il rischio di soffocamento.
Vanno illustrati i benefici del posizionamento precoce di una gastrostomia e
i possibili rischi di una gastrostomia tardiva (ad esempio, bassa massa
corporea critica, complicanze respiratorie, rischio di disidratazione, diversi
metodi di inserimento e un più alto rischio di mortalità e complicazioni) [7].
È importante quando viene indicata la PEG, che i pazienti e i familiari
vengano informati: dei benefici e dei rischi della procedura; che è consentito
continuare a prendere cibo per via orale finché residua una sufficiente
capacità di deglutizione; che posticipare la PEG a uno stadio tardivo della
422 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

malattia può aumentare il rischio della procedura [10]. La RIG è


un'alternativa alla PEG e può essere utilizzata come procedura di scelta o
quando la PEG è considerata pericolosa, per prevenire l'ostruzione del tubo
si consigliano tubi con diametro relativamente grande (ad esempio 18-22
Charrière) sia per la PEG che per la RIG. La profilassi con antibiotici il
giorno dell'operazione può ridurre il rischio di infezione. L'alimentazione
tramite sondino naso-gastrico può essere utilizzata a breve termine e
quando PEG o RIG non sono praticabili poiché rifiutate dal paziente. Per i
pazienti con SLA e demenza frontotemporale, vanno valutate e discusse con
i familiari o con il caregiver: la capacità da parte del paziente di prendere
decisioni e di dare il proprio consenso, la gravità dei problemi cognitivi, la
capacità di sopportare il trattamento [7]. Esistono poche indicazioni
specifiche sull'assunzione calorica ottimale per le persone con SLA. Vi è una
crescente evidenza che i pazienti affetti da SLA hanno uno stato
ipercatabolico e hanno un elevato fabbisogno energetico.
Tabella 6.8. Disordini della nutrizione.

NICE, 2016. EFNS, 2012.


Valutazione dello stato nutrizionale e del peso corporeo ad
- R (GCPP)
ogni visita.
Gestione fattori influenti sulla deglutizione: postura,
consistenza di cibi e bevande, sintomi respiratori, rischio di
R (Very Low) R (GCPP)
aspirazione, soffocamento, paura di soffocare e
considerazioni psicologiche.
Valutazione dietologica e logopedica. R (Very Low) R (GCPP)

Approccio multidisciplinare. R (Very Low) -


Implementazione dell’apporto nutrizionale e di liquidi
R (Very Low) -
attraverso supplementi nutrizionali.

Gastrostomia. R (Very Low) R (GCPP)


Tab. 6.8. Raccomandazioni riabilitative. R: raccomandato, (): Grado di raccomandazione o
livello di evidenza, GCPP: Good Clinical Practice Points.

6.2.3. Trattamento della scialorrea


La perdita di saliva dalla bocca (cosiddetto fenomeno del drooling, o
scialorrea) è un problema fortemente invalidante dal punto di vista sociale
per i pazienti affetti da SLA. La NICE consiglia di valutare una serie di
aspetti che riguardano la scialorrea: il volume e la viscosità della saliva, la
funzione respiratoria del paziente, la deglutizione, la dieta, la postura e la
cura orale, e fornire ai pazienti consigli sulla gestione dei suddetti.
La linea guida EFNS consiglia di trattarla con amitriptilina, iodio orale o
transdermico, o gocce di atropina sublinguale. Anche la NICE considera gli
antimuscarinici come ad esempio l’atropina come farmaco di prima scelta
6. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della S.L.A. 423

nei pazienti senza deficit cognitivi mentre indica il glicopirrolato come


trattamento di prima linea nei pazienti con deficit cognitivo, perché ha meno
effetti collaterali sul sistema nervoso centrale.
Nei casi in cui la scialorrea dovesse essere refrattaria, sia la NICE che l’EFNS
raccomandano le iniezioni di tossina botulinica nella ghiandola parotide e/o
sottomandibolare, queste sono efficaci e generalmente ben tollerate con
grado di evidenza di livello B per la tossina botulinica di tipo B, livello C per
la tossina di tipo A [la NICE tratta solo la tossina botulinica A]. Un’altra
tecnica può esse l’irradiazione delle ghiandole salivari quando il trattamento
farmacologico fallisce. Gli interventi chirurgici non sono raccomandati. In
caso di eccessiva viscosità salivare vanno rivalutati tutti i farmaci, in
particolare tutti quelli usati per la scialorrea, vanno forniti consigli su
deglutizione, dieta, postura, posizionamento, cura orale, aspirazione e
idratazione e va preso in considerazione il trattamento con umidificazione,
nebulizzatori e carbocisteina [7].
La NICE fa anche un approfondimento sugli obiettivi su cui dovrebbe
concentrarsi la ricerca in tal senso sottolineando che la scialorrea colpisce
fino al 50% delle persone con SLA e nel 42% di questi individui il sintomo è
scarsamente controllato. Gli antimuscarinici sono usati come farmaci di
prima linea ma non ci sono evidenze importanti su quale farmaco scegliere e
quale dose somministrare. Infine, la tossina botulinica può essere utilizzata
come farmaco di seconda scelta, sebbene vi siano poche indicazioni su
dosaggio, quali ghiandole salivari iniettare e quale tipo di tossina botulinica
usare [7].

Tabella 6.9. Scialorrea (raccomandazioni farmacologiche).

NICE, 2016. EFNS, 2012.


Amitriptilina - R (GCPP)
Iodio Orale O Transdermico - R (GCPP)
Gocce di Atropina Sublinguale R (Very Low) R (GCPP)
Glicopirrolato R (Low) -
Tossina Botulinica A R (Moderate) R (C)
Tossina Botulinica B - R (B)
Tab. 6.9. Raccomandazioni farmacologiche. R: Raccomandato, (): Grado di raccomandazione o
livello di evidenza, GCPP: Good Clinical Practice Points.
424 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Tabella 6.10. Scialorrea (raccomandazioni riabilitative).

NICE, 2016. EFNS, 2012.


Valutazione di volume e la viscosità della saliva, la funzione
respiratoria del paziente, la deglutizione, la dieta, la postura e
R (GDG) -
la cura orale, e fornire ai pazienti consigli sulla gestione dei
suddetti.
Irradiazione delle ghiandole salivari quando il trattamento
R (GDG) -
farmacologico fallisce.
Tab. 6.10. Raccomandazioni riabilitative. R: raccomandato, (): Grado di raccomandazione o
livello di evidenza, GCPP: Good Clinical Practice Points, GDG: Multidisciplinary Guideline
Development Group.

6.2.4. Trattamento dei crampi


I crampi sono contrazioni involontarie dolorose dei muscoli, i pazienti affetti
da SLA vanno incontro a questa sintomatologia con manifestazioni che
vanno da lievi crampi che non influenzano le attività quotidiane e il sonno,
fino a crampi molto gravi e dolorosi, in particolare durante la notte
disturbando il riposo [23]. L’EFSN ritiene siano buona pratica: Fisioterapia,
esercizio fisico e/o idroterapia senza specificarne tempi e modalità, inoltre
non ci sono studi controllati nella SLA. L’EFNS raccomanda l’utilizzo del
levetiracetam, che ha avuto soddisfacenti risultati in un piccolo studio pilota
open-label [24]. Se non ha successo o se ci sono effetti collaterali, la chinina
solfato (200 mg due volte al giorno) può essere un’alternativa che può
portare del beneficio [25].
La NICE raccomanda di tenere in considerazione i bisogni e le preferenze
della persona e se hanno qualche difficoltà a prendere medicinali (per
esempio, se hanno problemi a deglutire). Come trattamento di prima linea
per i crampi muscolari raccomanda di considerare la chinina solfato, se
questa non è efficace, non tollerata o controindicata, prendere in
considerazione il baclofen come trattamento di seconda linea. Se il baclofen
non è efficace, non tollerato o controindicato, considerare tizanidina,
dantrolene o gabapentin. Infine, consiglia di rivedere i trattamenti per i
problemi muscolari durante le valutazioni multidisciplinari di team,
chiedersi come la persona si sta trovando con il trattamento, se funziona e se
ci sono effetti collaterali avversi.
6. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della S.L.A. 425

Tabella 6.11. Crampi e fatica (raccomandazioni farmacologiche).

NICE, 2016. EFNS, 2012.


Levetiracetam - R (GCPP)
Chinina Solfato R (GDG) R (GCPP)
Baclofen R (GDG) -
Tizanidina R(GDG) -
Dantrolene R (GDG) -
Gabapentin R (Very Low) -
Modafinil - R (A)
Tab. 6.11. Raccomandazioni farmacologiche. R: Raccomandato, (): Grado di raccomandazione
o livello di evidenza, GCPP: Good Clinical Practice Points, GDG: Multidisciplinary Guideline
Development Group.

Tabella 6.12. Crampi (raccomandazioni riabilitative).

NICE, 2016. EFNS, 2012.


Fisioterapia (non meglio specificata) - R (GCPP)
Esercizio Fisico (non meglio specificata) - R (GCPP)
Idroterapia - R (GCPP)
Tab. 6.12. Raccomandazioni riabilitative. R: raccomandato, (): Grado di raccomandazione o
livello di evidenza, GCPP: Good Clinical Practice Points, GDG: Multidisciplinary Guideline
Development Group.

6.2.5. Trattamento della fatica


La fatica è un sintomo frequente e potenzialmente debilitante, comunemente
riportato dai pazienti con malattia del motoneurone [26]. La fatica nella SLA
è stata definita come "debolezza motoria reversibile e stanchezza di tutto il
corpo prevalentemente provocata dallo sforzo muscolare e parzialmente
alleviata dal riposo" [27]. Tale sintomo può essere di origine centrale e/o
periferica [28].
Nella SLA, la fatica può essere vissuta come sensazione pervasiva di
stanchezza o letargia, o come un declino oggettivo nell’abilità di un muscolo
di contrarsi con la massima forza [29-30]. Si distingue dalla sonnolenza
poiché la fatica viene descritta come una sensazione di stanchezza o
esaurimento di forze che non genera necessariamente una voglia di dormire.
Sembra che questa stanchezza sia prevalentemente descritta come generale
(sentimento di stanchezza di tutto il corpo) e fisica (debolezza motoria
reversibile). Il primo tipo di affaticamento è diffuso nella popolazione, e può
essere provato dal paziente prima della diagnosi; però, in seguito allo
sviluppo di SLA, la gravità di questa fatica cambia sostanzialmente. Il
secondo tipo di affaticamento, cioè la stanchezza motoria oggettiva, nota
anche come fatica fisica, è tipica della malattia e non viene normalmente
426 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

vissuta prima dell’insorgere della patologia. Secondo l’EFNS la fatica può


essere contrastata mediante il modafinil con un grado di evidenza di livello
A. Tuttavia, gli effetti a lungo termine nella SLA non sono ancora stati
studiati.

6.2.6. Trattamento della spasticità


Lo sviluppo della spasticità nelle persone affette da SLA aggrava il loro
declino funzionale e riduce la qualità di vita [31]. Essa contribuisce alla
perdita del controllo motorio negli arti superiori e inferiori, rendendoli
rigidi e scoordinati. Anche la spasticità accelera lo sviluppo di contratture
articolari e quindi interferisce con le attività e le cure personali. Ad esempio,
la spasticità degli adduttori dell'anca può interferire con l’igiene. Inoltre,
molte persone con SLA lamentano crampi muscolari dolorosi o spasmi che
possono essere correlati alla spasticità.
Secondo l’EFSN la terapia fisica è il cardine del trattamento della spasticità
nella SLA [32]. Tale trattamento se effettuato regolarmente può aiutare ad
alleviare il dolore da essa causato. Eventualmente possono essere provati
farmaci antispastici come baclofen e tizanidina. Nei pazienti con SLA, dove
è presente spasticità grave intrattabile con dolore associato, il baclofen
intratecale risultava più efficace del farmaco orale ed inoltre ha
notevolmente migliorato la qualità della vita dei pazienti [33-34].
L’idroterapia con esercizi in piscine calde (32-34°C) e la crioterapia sono
considerate buona pratica nel trattamento della spasticità. Inoltre, vengono
utilizzate differenti metodiche come ultrasuoni, elettrostimolazione,
chemodenervazione e in rari casi interventi chirurgici, sebbene non esistano
studi controllati nella SLA. Nella pratica clinica sono prescritti gabapentin
(900-2400 mg ogni giorno), tizanidina (6-24 mg al giorno), memantina (10-60
mg al giorno), dantrolene (25-100 mg al giorno), tetrazepam (100-200 mg al
giorno) e diazepam (10-30 mg al giorno), anche se non sono stati testati
direttamente nella SLA. Infine, la tossina botulinica A è stata utilizzata con
successo nel trattamento di singoli casi riguardanti il trisma e lo stridore
[35]. La NICE raccomanda di considerare baclofen, tizanidina, dantrolene o
gabapentin per trattare rigidità muscolare, spasticità o ipertono nelle
persone con SLA.
6. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della S.L.A. 427

Tabella 6.13. Spasticità (raccomandazioni farmacologiche).

NICE, 2016. EFNS, 2012.


Baclofen R (GDG) R (GCPP)
Baclofen Intratecale - R (GCPP)
Tizanidina R (GDG) R (GCPP)
Gabapentin R (GDG) PC
Memantina - PC
Dantrolene R (GDG) PC
Tetrazepam - PC
Diazepam - PC
Tossina Botulinica A - PC
Tab. 6.13. Raccomandazioni farmacologiche R: Raccomandato, (): Grado di raccomandazione o
livello di evidenza, GCPP: Good Clinical Practice Points, GDG: Multidisciplinary Guideline
Development Group, PC: usati nella pratica clinica ma non testati direttamente sulla SLA.

Tabella 6.14. Spasticità (raccomandazioni riabilitative).

NICE, 2016. EFNS, 2012.


Terapia Fisica (non meglio specificata) - R (GCPP)
Idroterapia - R (GCPP)
Crioterapia - R (GCPP)
Tab. 6.14. Raccomandazioni riabilitative R: raccomandato, (): Grado di raccomandazione o
livello di evidenza, GCPP: Good Clinical Practice Points, GDG: Multidisciplinary Guideline
Development Group.

6.2.7. Esercizio terapeutico


Per ciò che concerne l’esercizio terapeutico nei pazienti affetti da sclerosi
laterale amiotrofica la linea guida EFSN non esprime alcuna
raccomandazione, mentre la NICE si pronuncia genericamente senza entrare
nel merito.
La NICE consiglia l’esercizio terapeutico al fine di mantenere il range
articolare, prevenire le contratture, ridurre la rigidità e ottimizzare funzioni
e qualità della vita. Per formulare un programma appropriato e su misura
per ogni singolo paziente in base alle sue abilità e preferenze, vanno presi in
considerazione parametri come esigenze posturali e faticabilità. Possono
essere presi in considerazione programmi di resistenza muscolare, un
programma assistito attivo o un programma passivo.
Inoltre, la NICE si esprime riguardo l’assistenza e il sostegno da parte dei
familiari e/o gli accompagnatori e che bisognerebbe valutare se quest’ultimi
siano disposti e in grado di aiutare il paziente con i programmi di
allenamento.
428 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Tabella 6.15. Esercizio terapeutico.

NICE, 2016. EFNS, 2012.


Esercizi di Resistenza R (Low) -
Esercizi per igiene articolare (Range of Motion) R (Very Low) -
Tab. 6.15. R: raccomandato, (): Grado di raccomandazione o livello di evidenza, GCPP: Good
Clinical Practice Points.

6.2.8. Il ruolo della terapia occupazionale nella gestione del paziente


affetto da S.L.A.
Sia l’EFNS che la NICE considerano la prescrizione di ausili e adattamenti
per l’autonomia nelle attività della vita quotidiana e nella mobilità come
buona pratica clinica.
Le linee guida NICE, per quanto concerne eventuali dotazioni e adattamenti
che favoriscano le attività di vita quotidiana e la mobilità, raccomandano che
gli operatori sanitari e dell’assistenza sociale, compresi fisioterapisti e
terapisti occupazionali, valutino le capacità residue e prevedano quelli che
potranno essere i peggioramenti al fine di anticipare i futuri bisogni.
Andranno valutate: (i) le AVQ, con particolare riferimento ai seguenti
aspetti: cura della persona, capacità di vestirsi e fare il bagno, svolgimento
dei lavori domestici, preparazione del cibo, capacità di mangiare e bere, e
capacità di continuare con la propria attività lavorativa; (ii) la mobilità e la
prevenzione delle cadute; (iii) l'ambiente domestico e la necessità di
eventuali adattamenti; (iv) la necessità di tecnologie di supporto, come per
esempio i sistemi di controllo ambientale.
Sempre le linee guida NICE raccomandano di fornire attrezzature ed
adattamenti che soddisfino i bisogni della persona, in modo che si possa
partecipare alle attività della vita quotidiana e mantenere un livello di
qualità di vita il più elevato possibile. I soggetti con diagnosi di SLA devono
essere indirizzati precocemente ai servizi specializzati in grado di fornire le
tecnologie assistive adeguate, come i sistemi di controllo ambientale.
Sempre secondo le linee guida NICE, i pazienti dovrebbero essere
indirizzati precocemente ad un servizio specializzato per la prescrizione di
sedia a ruote. Garantire che le attrezzature, gli adattamenti, gli aiuti alla vita
quotidiana, la tecnologia assistiva e le sedie a rotelle soddisfino le mutevoli
esigenze della persona, della famiglia e degli accompagnatori (a seconda dei
casi) per massimizzare la mobilità e la partecipazione alle attività della vita
quotidiana. Andrebbe inoltre garantito un monitoraggio regolare e continuo
della mobilità della persona e delle esigenze e abilità della vita quotidiana
man mano che la patologia progredisce. Rivedere regolarmente la loro
capacità di usare le attrezzature e di adattarle se necessario. Gli operatori
6. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della S.L.A. 429

sanitari, i professionisti dell'assistenza sociale e altri servizi che forniscono


attrezzature dovrebbero collaborare per garantire che tutte le attrezzature
fornite possano essere integrate, ad esempio, l'integrazione di ausili e
dispositivi AAC e sistemi di controllo ambientale con sedie a rotelle.
Abilitare l'accesso e la valutazione finalizzate al finanziamento
dell'adattamento domestico. Se la persona non è idonea al finanziamento, è
opportuno continuare a offrire informazioni e supporto nell'organizzazione
degli adattamenti dell'ambiente domestico.
La sclerosi laterale amiotrofica è caratterizzata non solo dalla progressiva
perdita di motoneuroni, debolezza muscolare generalizzata, atrofia
muscolare, ma anche, in larga parte dei casi, da compromissione della
capacità di comunicazione sin dalle prime fasi, cosa che implica la necessità
di supporto per incoraggiare l’interazione sociale dei pazienti [36-37].
Questo disturbo comunicativo evidenzia una situazione di vulnerabilità, che
porta a compromettere o privare la partecipazione attiva in attività
quotidiane, conducendo la persona a sviluppare problemi emotivi, ansia
generalizzata, frustrazione, paura e tristezza [38-40].
La maggior parte delle difficoltà comunicative nella SLA derivano dalla
disartria. Però, possono anche verificarsi lievi cambiamenti nella funzione
del linguaggio, come evidenziato da una ridotta produzione verbale, una
diminuzione dell'abilità ortografica, difficoltà nell'individuazione delle
parole e difficoltà nella comprensione uditiva di specifiche classi di
linguaggio (ad esempio verbi più dei nomi) e costrutti linguistici più
complessi [41-42]. Il deficit può essere sottile e identificabile solo con test
neuropsicologici [43-44]. La compromissione del linguaggio può ridurre la
qualità della vita dei pazienti e dei caregiver rendendo difficoltosa la
gestione clinica [44]. L’EFSN raccomanda una valutazione regolare (cioè
ogni 3-6 mesi) della parola e della funzione linguistica. In caso di evidenti
deficit comunicativi precoci, i pazienti dovrebbero sottoporsi a test
neuropsicologici completi. L'obiettivo generale dovrebbe puntare ad
ottimizzare l'efficacia della comunicazione, concentrandosi su una
significativa comunicazione interpersonale con il principale caregiver e con
la famiglia. Questo obiettivo dovrebbe includere strategie per una
conversazione efficace e l'introduzione di dispositivi di comunicazione
alternativi adeguati. È raccomandato l'uso di appropriati sistemi di supporto
alla comunicazione (che vanno da schede di puntamento con figure o
parole, a sintetizzatori vocali computerizzati), tali strumenti dovrebbero
venir forniti quando richiesti, con supporti individualizzati e mediante
addestramento all’utilizzo appropriato da parte del malato. Sistemi di
comunicazione aumentativi e alternativi possono migliorare
430 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

sostanzialmente la qualità della vita sia per i pazienti che per i caregiver.
Trattamenti protesici (sollevatore palatale e/o una protesi di aumento
palatale) possono essere utili nella riduzione dell'ipernasalità e nel
miglioramento dell’articolazione della parola, ma non esistono studi
comparativi formali nella SLA. Per i pazienti che richiedono la completa
ventilazione meccanica, possono essere utili dispositivi altamente
tecnologici che includono sistemi di eye-pointing, eye-gaze o head-tracking.
Secondo la NICE, la valutazione delle esigenze di comunicazione e dei
disturbi di linguaggio, effettuata da parte del team multidisciplinare,
dovrebbe considerare l’uso di altri mezzi di comunicazione, quali telefono,
e-mail, Internet e social media. Occorre garantire che la valutazione e il
monitoraggio siano eseguiti da un logopedista. Si raccomanda di fornire
ausili di comunicazione alternativa aumentativa (Augmentative And
Alternative Communication -AAC) che soddisfino i bisogni della persona di
massimizzare la partecipazione alle attività della vita quotidiana e
mantenere la qualità della vita. Può essere utile l'uso di tecnologie di basso
livello, ad esempio un pannello trasparente con alfabeto, parole o immagini,
come l’Eye-transfer (E-TRAN); oppure tecnologie di alto livello, ad esempio,
voce per PC (My TobiiTM) o tablet (Eye GazeTM, Eye Gaze TabletTM). Bisogna
rivedere le esigenze comunicative della persona durante le valutazioni
multidisciplinari del gruppo. La NICE raccomanda di collaborare o
indirizzare la persona con SLA presso un centro specializzato AAC se fosse
necessario l’uso di attrezzatura complessa ad alta tecnologia AAC (ad
esempio, Eye Gaze). Consiglia inoltre di coinvolgere altri professionisti
sanitari, come i terapisti occupazionali, assicurandosi che l'apparecchiatura
AAC sia integrata con altre tecnologie di assistenza, come ad esempio
sistemi di controllo ambientale e personal computer o tablet. Raccomanda
di garantire un monitoraggio regolare e continuo delle esigenze di
comunicazione della persona e delle abilità man mano che la SLA
progredisce, riesaminando la loro capacità di utilizzare le apparecchiature
AAC. Infine, raccomanda di fornire supporto e formazione costanti per i
pazienti affetti da SLA, familiari e accompagnatori, nell'utilizzo di
apparecchiature AAC e di altre strategie di comunicazione.
6. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della S.L.A. 431

Tabella 6.16. Equipaggiamenti per mobilità e comunicazione.

NICE, 2016. EFNS, 2012.


Valutazione regolare (cioè ogni 3-6 mesi) della parola e della
- R (GCPP)
funzione linguistica da parte del terapeuta.
In caso di evidenti deficit linguistici valutazione mediante test
- R (GCPP)
neuropsicologici completi.
Sistemi di comunicazione aumentativi e alternativi possono
migliorare sostanzialmente la qualità della vita sia per i R (GDG) R (GCPP)
pazienti che per gli assistenti.
Eye-pointing, eye-gaze o head-tracking per i pazienti che
- R (GCPP)
richiedono la completa ventilazione meccanica.
Valutazione logopedica. R (GDG) -
Valutazione del terapista occupazionale. R (GDG) -
Monitoraggio regolare e continuo delle esigenze di
comunicazione della persona e delle abilità man mano che la R (GDG) -
SLA progredisce.
Tab. 6.16. Raccomandazioni riabilitative. R: Raccomandato, (): Grado di raccomandazione o
livello di evidenza, GCPP: Good Clinical Practice Points, GDG: Multidisciplinary Guideline
Development Group.

6.3. Discussione e raccomandazioni

6.3.1. Raccomandazioni di grado forte


Nelle linee guida che trattano la SLA sono disponibili le seguenti
raccomandazioni di grado forte. Nell’insufficienza respiratoria l’utilizzo
della Non-invasive Positive Pressure Ventilation (NIPPV) prolunga la
sopravvivenza dei pazienti affetti da SLA e nel trattamento della fatica è
raccomandato l’utilizzo del modafinil.

6.3.2. Raccomandazioni di grado moderato-debole


La maggior parte delle raccomandazioni contenute nelle linee guida sono di
grado moderato/debole. Nell’insufficienza respiratoria l’utilizzo della
NIPPV potrebbe migliorare la qualità della vita del paziente. Nel
trattamento della tosse potrebbero essere raccomandati i trattamenti
fisioterapici di unassisted breath stacking, auxiliary manual breathing unit. Nel
trattamento della scialorrea potrebbero essere indicati trattamenti quali:
glicopirrolato, tossina botulinica B. Nel trattamento dei crampi potrebbe
essere indicato il gabapentin. L’esercizio terapeutico e in particolare gli
esercizi di resistenza e quelli per il range of motion potrebbero essere
raccomandati nelle alterazioni motorie tipiche della sla come indicato nel
relativo capitolo.
432 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

6.3.3. Terapie non raccomandate


Nel trattamento dell’insufficienza respiratoria potrebbe non essere
raccomandata la ventilazione meccanica non pianificata (di emergenza) e
l’utilizzo della sola ossigenoterapia. Nel trattamento della scialorrea
potrebbe non essere raccomandato l’intervento chirurgico.

6.3.4. Raccomandazioni non formulabili


Per quanto riguarda il trattamento della tosse le manovre di tosse
manualmente assistita vengono indicate come buona pratica clinica da una
linea guida e con livello di evidenza D dall’altra. Stesso contrasto lo troviamo
nel management dei disordini della nutrizione nella fase pre-gastrostomia e
nell’utilizzo delle gocce di atropina sublinguale nella scialorrea. Sempre nella
scialorrea l’utilizzo della tossina botulinica A vede un contrasto tra evidenza
di grado B nella NICE e C nell’EFNS. Ricordiamo al lettore che la NICE
utilizza il GRADE [16], mentre l’EFNS, utilizza il sistema di valutazione della
Federazione europea delle società neurologiche [15].

6.3.5. Good Practice Point


Tutte le indicazioni per il corretto management della funzione respiratoria
sia dal punto di vista diagnostico che strumentale e farmacologico descritti
nel relativo paragrafo vengono espressi come punti di buona pratica clinica,
mentre nel trattamento della tosse sono indicati come buona pratica
l’utilizzo di N-acetilcisteina, antagonisti del beta-recettore, nebulizzatore con
soluzione salina, broncodilatatore anticolinergico, mucolitico e furosemide.
È buona pratica l’utilizzo e la gestione della gastrosomia nei disordini della
nutrizione. Nel trattamento della scialorrea sono consigliati l’amitriptilina e
lo iodio orale o transdermico. Nella terapia sintomatica dei crampi è indicato
come buona pratica l’utilizzo di: levetiracetam, chinina solfato, baclofen,
tizanidina, dantrolene. Nella spasticità il trattamento farmacologico con:
baclofen per os e intratecale, tizanidina, gabapentin, memantina, dantrolene,
tetrazepam, diazepam, tossina botulinica A è considerato buona pratica
clinica così come i trattamenti riabilitativi quali terapia fisica, idroterapia e
crioterapia. Sia l’EFNS che la NICE considerano le attrezzature e gli
adattamenti per aiutare le attività della vita quotidiana e della mobilità come
buone pratiche cliniche.

CONCLUSIONI

La revisione della letteratura ha mostrato numerose criticità, le evidenze dei


trattamenti raccomandati sono basse, soprattutto per ciò che concerne i
6. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della S.L.A. 433

trattamenti farmacologici di sintomi quali scialorrea, crampi o spasticità.


Mentre le terapie riabilitative siano esse fisioterapiche o strumentali sono
accennate e non approfondite. Il motivo di tutto ciò va ricercato nelle
problematiche tipiche della patologia in esame, un paziente a cui viene fatta
diagnosi di SLA, va incontro a condizioni depressive che in buona parte dei
casi lo portano a non voler seguire programmi riabilitativi lunghi e
complessi. La sclerosi laterale amiotrofica ha una bassa aspettativa di vita
alla diagnosi e soprattutto nella componente bulbare le disabilità
sopraggiungono in maniera rapida, questo fa sì che i programmi riabilitativi
non possano essere applicati in modo completo. Il lavoro multidisciplinare
come indicato dalle linee guida prese in esame dovrebbe essere la base del
percorso riabilitativo del paziente affetto da SLA. L’eterogenea
sintomatologia di questi pazienti fa sì che debbano essere numerose le
professionalità coinvolte e che queste figure vadano coordinate attraverso
un progetto e un programma condiviso. È perciò utile continuare il
percorso di ricerca al fine di sviluppare trattamenti riabilitativi e
farmacologici che consentano una migliore qualità della vita e una più lunga
autonomia del paziente affetto da sclerosi laterale amiotrofica.

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Prof. Valter Santilli

Linee guida, buone pratiche


ed evidenze scientifiche
in Medicina Fisica e Riabilitativa

Capitolo 7

Buone pratiche e linee guida farmacologiche


e riabilitative nel trattamento del dolore neuropatico

Coautori

Alessandro Di Paolo MD, Simona Scienza MD


Gabriella D’Aurizio MD, Annalisa Di Cesare MD, Roberto Casale MD, PhD
Sergio Mameli MD, PhD
7. Buonepratiche
7. Buone pratiche ee linee
linee guida
guida farmacologiche e
farmacologiche e riabilitative
riabilitative nel trattamento del neldolore
trattamento
del dolore neuropatico
neuropatico
Coautori
Coautori
Alessandro Di Paolo 1 MD, Simona Scienza 1 MD, Gabriella D’Aurizio 1 MD,
Alessandro Di Paolo12 MD, Simona Scienza3 1 MD, Gabriella D’Aurizio4 1 MD,
Annalisa Di Cesare  MD, Roberto Casale  MD, PhD, Sergio Mameli  MD, PhD
Annalisa Di Cesare2 MD, Roberto Casale3 MD, PhD, Sergio Mameli4 MD,
PhD
1
Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
2
Dirigente Medico di I Livello, Medicina Fisica e Riabilitativa, Policlinico Universitario
1 Umberto
Scuola I, Roma
di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
Dirigente
32
Habilita, Hospitals
Medico diand Research,
I Livello, Dept. Fisica
Medicina of Paine Rehabilitation Unit, Zingonia
Riabilitativa, Policlinico di Ciserano (BG)
Universitario
Pain Therapy
Umberto
4
Unit “A. Businco” Hospital, Cagliari, Italy
I, Roma
3 Habilita, Hospitals and Research, Dept. of Pain Rehabilitation Unit, Zingonia di Ciserano (BG)
4 Pain Therapy Unit “A. Businco” Hospital, Cagliari, Italy

ABSTRACT

Background: Scopo del nostro studio è stato quello di definire


raccomandazioni riabilitative per il trattamento di pazienti affetti da dolore
neuropatico attraverso un’analisi critica delle linee guida pubblicate
nell’ultimo decennio.
Materiali e metodi: Le indagini sono state eseguite attraverso i principali
motori di ricerca (Pubmed, PEDRO, Cochrane) utilizzando come key words
“rehabilitation AND neuropathic pain”, “treatment AND neuropathic pain”
e “management AND neuropathic pain”. Sono stati applicati i seguenti filtri:
species (humans), languages (english, french), publication dates (10 years);
sono state considerate esclusivamente guidelines.
Risultati: Delle 13 linee guida analizzate solo quattro seguono il metodo
GRADE. 12 delle 13 linee guida rispettano i caratteri della multidisciplinarietà
e della multiprofessionalità, soltanto 1 linea guida (NeuPsig 2015) segue la
“check list” AGREE. In 12 linee guida si prendono in considerazione
trattamenti a livello farmacologico, con categorie quali anticonvulsivanti,
antidepressivi ed oppioidi. Riguardo gli antiepilettici, 9 delle 12 linee guida
esaminate raccomandano l’uso di gabapentin o pregabalin, per tutti i tipi di
dolore neuropatico. 12 linee guida che trattano della gestione farmacologica
del dolore neuropatico con antidepressivi concordano sull’utilizzo come
prima scelta nei TCA, eventualmente associati a gabapentin od oppioidi.
Come seconda scelta, vengono presi in considerazione i SNRI. Nonostante
una forte evidenza di efficacia, la maggior parte delle linee guida riserva gli
440 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

analgesici oppioidi come agenti di seconda o terza linea, a causa del rischio di
effetti collaterali sull’assunzione a lungo termine. Le 12 linee guida esaminate
prendono in considerazione anche altri trattamenti farmacologici, tra i quali i
“patch” di lidocaina al 5% nel dolore neuropatico localizzato. Deboli
raccomandazioni riguardo l’utilizzo della fisiochinesiterapia ed i mezzi fisici
emergono dalle linee guida esaminate.
Conclusioni: Riguardo la gestione del dolore neuropatico, il trattamento
farmacologico ad oggi svolge il ruolo preponderante. Nuovi studi si rendono
necessari per un ulteriore miglioramento della qualità di vita delle persone
affette da tale sintomatologia dolorosa.

INTRODUZIONE

Scopo del nostro studio, è quello di effettuare un’analisi critica delle linee
guida (LG) pubblicate nell’ultimo decennio che forniscono
raccomandazioni per il trattamento di pazienti affetti da dolore. In
particolare, la nostra attenzione si è focalizzata sul dolore neuropatico.
Secondo la definizione della IASP (International Association for the
Study of Pain), “il dolore è un’esperienza sensoriale ed emozionale
spiacevole associata a danno tissutale, in atto o potenziale, o descritta
in termini di danno [1]”. Esso non può essere descritto come un
fenomeno unicamente sensoriale, ma deve essere visto come la
composizione di una parte percettiva, definita nocicezione, che
costituisce l’aspetto neurobiologico del dolore, e si realizza con una
modalità sensoriale che permette la ricezione ed il trasporto al sistema
nervoso centrale di stimoli potenzialmente lesivi per l’organismo, e di
una parte emozionale, la vera e propria esperienza individuale del
dolore, che è lo stato psichico collegato alla percezione di una
sensazione spiacevole. Nell'uomo l’esperienza del dolore è perciò
determinata anche dalla dimensione affettiva e cognitiva, dalle
esperienze passate, dalla struttura psichica e da fattori socioculturali.
Il dolore è un fisiologico sistema di difesa, un sintomo vitale /
esistenziale essenziale per evitare un danno. Diventa patologico
quando perde la sua funzione protettiva di dolore acuto e diviene
cronico, diventa cioè una malattia vera e propria con meccanismi di
mantenimento completamente differenti da quelli del dolore acuto,
fisiologico ed a carattere protettivo [2]. La prevalenza del dolore
neuropatico, nella popolazione generale in Europa, è stimata essere tra
il 6,9 ed il 10% [3]. Il dolore neuropatico è una lesione o malattia del
sistema nervoso somato-sensoriale. Il dolore neuropatico presenta
tipicamente un carattere urente, o simile ad un formicolio, oppure ad
7. Bp e Lg riabilitative nel trattamento del dolore neuropatico 441

una scossa elettrica, e può essere scatenato anche soltanto da una lieve
stimolazione tattile (allodinia) [4].
I meccanismi che contribuiscono alla genesi del dolore neuropatico, sia
centrale che periferico, sono di vario tipo: meccanico-compressivo e
traumatico; metabolico, endogeno ed esogeno, neurotossico; virale;
infiammatorio e vascolare. Il dolore neuropatico si distingue dagli altri tipi di
dolore per diagnosi, sintomatologia e trattamento. Per la diagnosi
differenziale del dolore neuropatico è utile analizzare l'esatta qualità delle
anomalie somato-sensoriali, vegetative e motorie nella zona interessata, ed
anche nelle aree adiacenti al deficit sensoriale. Strumenti clinici, quali scale di
valutazione funzionale, l’elettromiografia ad ago e lo studio della velocità di
conduzione, possono essere di aiuto al clinico al fine di ipotizzare o meno la
presenza e la qualità del dolore neuropatico; tuttavia la diagnosi rimane
clinica e gli esami sopra menzionati possono solamente confermare o
smentire l’ipotesi fatta, non fanno diagnosi. È importante notare, infatti, che
nonostante l’utilizzo di strumenti di screening circa il 10-20% dei pazienti con
dolore neuropatico non viene identificato, questo evidenzia l’importanza
della visita clinica da parte del medico [5-6]. Le scale di valutazione più
utilizzate sono:

- Leeds Assessment of Neuropathic Symptoms and Signs (LANSS);

- Neuropathic Pain Questionnaire (NPQ);

- Douleur Neuropathique en 4 questions (DN4).

Pertanto il dolore deve essere localizzato “ragionevolmente” in un area


cutanea congrua con una lesione / malattia nervosa sia essa periferica, sia essa
centrale. Il dolore e gli altri segni e sintomi devono essere in questo ambito di
congruità, altrimenti l’ipotesi di dolore neuropatico diventa questionabile.
Dovrebbe essere effettuato quindi, un attento esame obiettivo al fine di
valutare l’area dolorosa a livello del corpo del paziente, individuando
qualsiasi alterazione di colore, consistenza e temperatura e confrontandole
con un'area adiacente non dolorosa [7-9].

7.1. Materiali e metodi

Le indagini sono state condotte attraverso i principali motori di ricerca


(Pubmed, PEDro, Cochrane), ed hanno riportato la presenza di recenti linee
guida (tabella 7.1.), relative al trattamento del dolore neuropatico. Nelle varie
tabelle presenti in questo capitolo le linee guida prese in esame sono state
disposte in ordine cronologico e non di importanza delle stesse. Sono stati
utilizzati i parametri di ricerca “rehabilitation AND neuropathic pain”,
442 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

“treatment AND neuropathic pain” e “management AND neuropathic pain”.


Sono stati applicati i seguenti filtri: species (humans), languages (english,
french), publication dates (10 years); sono stati considerati solo le guidelines.
L’ultima ricerca scientifica, all’interno dei principali motori di ricerca sopra
menzionati, è stata effettuata a luglio 2018. Sono inoltre stati presi in
considerazione articoli che consentissero di agevolare la stesura del lavoro ed
aggiungere informazioni riguardo alle raccomandazioni per il trattamento
del dolore neuropatico.
7. Bp e Lg riabilitative nel trattamento del dolore neuropatico 443

Ricerca Bibliografica: Pubmed/PEDro, Cochrane Library


Solo articoli in lingua inglese, italiana, francese

Risultati della ricerca combinati (n = 88) Esclusi (n = 61)


Non contenenti indicazioni
riabilitative, farmacologiche o
diagnostiche (n = 20)
Screening degli articoli in base al titolo Duplicati (n = 26)
ed all’abstract Full-text non accessibile (n = 5)
Non linee guida (n = 10)

Inclusi (n = 27)

Esclusi (n = 14)
Revisione degli articoli e applicazione dei Presenza di letteratura più
criteri di inclusione/esclusione recente (n = 5)
Non linee guida (n = 9)

Inclusi (n = 13)

Linee Guida (n = 13) TOT. n° 13

Fig. 7.1. Flow chart. Diagramma di flusso secondo PRISMA Statement 2009.

7.2. Risultati

Sono state trovate 13 linee guida, riassunte nella tabella 7.1., delle quali solo 4
seguono il metodo GRADE. Delle 13 linee guida prese in esame, 12 rispettano
i caratteri di multidisciplinarietà e di multiprofessionalità, soltanto 1 linea
guida (NeuPsig 2015) segue la “check list” AGREE (Tab. 7.1.). Le linee guida
della “European Federation of Neurological Societies (EFNS)” del 2010 [10] e
del 2007 [11], sono state prese entrambe in considerazione, in quanto trattano
rispettivamente la gestione farmacologica e non farmacologica del dolore
neuropatico, e la neuro modulazione nel dolore neuropatico. Tra le
raccomandazioni farmacologiche ovviamente non sono state incluse le linee
guida della EFNS del 2007 [11], in quanto, come detto sopra, trattano
esclusivamente della neuro modulazione nel dolore neuropatico.
444 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Tabella 7.1. Linee guida dolore neuropatico.


SOCIETÀ
LINEE GUIDA ORGANISMI, FONTE MD MP GRADE AGREE
ANNO

Guidelines on
European
neurostimulation
EFNS, 2007. Journal of Sì Sì Sì No
therapy for neuropathic
Neurology.
pain.

Croatian
Recommendations for
Medical Acta Clin
neuropathic pain Sì Sì No
Association, Croat. No
treatment.
2008.

Guidelines for the Journal of pain


Linee Guida
Diagnosis and and palliative
America latina, Sì Sì No No
Management of care
2009.
Neuropathic Pain. pharmacother.

Guidelines on the
European
pharmacological No
EFNS, 2010. Journal of Sì Sì No
treatment of
Neurology.
neuropathic Pain.

Les douleurs
neuropathiques
chroniques: diagnostic, sciencedirect.co
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évaluation et traitement m
en médecine
ambulatoire.

Guidelines for the The Journal of


Pharmacological International
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Treatment of Peripheral Medical
Neuropathic Pain. Research.

The evidence for


elsevier
pharmacological
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treatment of
n.
neuropathic pain
.

Evidence-based
Linee Guida
guideline: Treatment of
Americane, neurology.org. Sì Sì No No
painful diabetic
2011.
neuropathy.

Clinical practice
Linee Guida
guidelines for S Afr Fam
Sud Africa, Sì Sì No No
management of Pract.
2012.
neuropathic pain.
7. Bp e Lg riabilitative nel trattamento del dolore neuropatico 445

Neuropathic pain and


guidance.nice.o
pharmacol. NICE, 2013. Sì Sì Sì No
rg.uk.
management.

Pharmacological
Pain Res
management of chronic CPS, 2014. Sì Sì No No
Manag Vol 19.
neuropathic pain.

Pharmacotherapy for
neuropathic pain in NeuPSIG, 2015. Lancet Neurol. Sì Sì Sì Sì
adults.

Peripheral neuropathy:
Mayo Clinic, Mayo Clin
a practical approach to Sì Sì No No
2015. Proc.
diagnosis and
symptom management.

Tab. 7.1. MD: multidisciplinarietà; MP: multiprofessionalità; EFNS: European Federation of


Neurological Societies; SFETD: Société francaise d’étude et traitement de la douleur; MER:
Middle East region; IASP= International Association for the Study of Pain; NICE: National
Institute for Health and Care Excellence; CPS: Canadian Pain Society; NeuPSIG: Neuropathic
Pain Special Interest Group.

7.3. Discussione e raccomandazioni farmacologiche

Sebbene il neurologo e l’algologo siano gli specialisti principalmente coinvolti


nella diagnosi di dolore neuropatico e nella gestione farmacologica dello
stesso, anche il fisiatra è certamente coinvolto nella gestione farmacologica di
questi pazienti quando chiamato ad intervenire su tali disabilità. Pertanto, si
ritiene utile riportare le indicazioni farmacologiche fornite da 12 delle 13 linee
guida esaminate. I farmaci presi in considerazione appartengono alle seguenti
categorie: anticonvulsivanti, antidepressivi, oppioidi, divisi a loro volta in
oppioidi forti e deboli; tali raccomandazioni farmacologiche sono riassunte
rispettivamente nelle tabelle 7.2., 7.3. e 7.4. a fine paragrafo. Inoltre, nei sotto
paragrafi dal titolo “miscellanea”, sono stati presi in considerazione altri
farmaci non appartenenti alle tre categorie farmacologiche sopra menzionate.

7.3.1. Raccomandazioni farmacologiche di grado forte

7.3.1.1. Anticonvulsivanti
Gli anticonvulsivanti sono tra i farmaci più studiati nel trattamento del dolore
neuropatico. Tutte le linee guida esaminate concordano sulla loro efficacia.
Tali farmaci hanno diverse azioni farmacologiche ed interferiscono con i
processi coinvolti nella ipereccitabilità neuronale, mediante decremento della
446 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

trasmissione eccitatoria ed incremento della trasmissione inibitoria. L’uso del


gabapentin è raccomandato fortemente in 9 [12-20] delle 12 linee guida prese
in esame, per tutti i tipi di dolore neuropatico. Le linee guida EFNS [10], la
NICE [21] e la CPS [22] invece non raccomandano l’uso di gabapentin nella
nevralgia del trigemino. La dose raccomandata, secondo tutte le linee guida
[10, 12-22], è compresa tra i 100mg/die ed i 3600mg/die. La Società francese
dello studio e trattamento del dolore (SFETD) del 2010 [15] raccomanda
l’utilizzo del gabapentin nel dolore neuropatico centrale e periferico in
associazione ai TCAs, in quanto il loro effetto sembra essere sinergico.
Secondo le linee guida del Sud Africa del 2012 [18], nella terapia
farmacologica del dolore neuropatico periferico, viene preferito il pregabalin
al gabapentin, data la sua migliore tollerabilità e la sua favorevole
farmacocinetica. Le linee guida della NeuPSIG del 2015 [19] raccomandano
fortemente l’utilizzo sia del gabapentin sia della sua formulazione a lento
rilascio (Enacarbil) nel trattamento di tutti i dolori di tipo neuropatico. Per
quanto riguarda l’uso del pregabalin, forti raccomandazioni emergono da 9
[12-20] delle 12 linee guida prese in esame. Questo farmaco è fortemente
raccomandato per tutti i tipi di dolore neuropatico; solo per la nevralgia del
trigemino la EFNS [10], la NICE [21] e la CPS [22] non ne raccomandano
l’utilizzo. Tutte le linee guida [10, 12-22] sono concordi nello stabilire come
dose massima 600mg/die, eccetto le linee guida del Sud Africa del 2012 [18]
che fissa a 450mg/die la dose massima; inoltre, sempre secondo le linee guida
del Sud Africa del 2012 [18], il pregabalin se utilizzato in associazione con
SNRI o con l'amitriptilina migliora la sua efficacia nel trattamento
farmacologico del dolore neuropatico periferico. Sempre tra i farmaci
anticonvulsivanti, l’utilizzo della carbamazepina nel trattamento della
nevralgia del trigemino è fortemente raccomandato (livello A) dalla EFNS del
2010 [10] e dalle linee guida dell’America latina del 2009 [13]. Quattro linee
guida [12, 18, 21-22] sono concordi con le linee guida della EFNS del 2010 [10]
e dell’America latina del 2009 [13] nell’utilizzo della carbamazepina nel
trattamento della nevralgia del trigemino, fissando una dose massima a 1200
mg/die.

7.3.1.2. Antidepressivi
Dodici [10, 12-22] delle 13 linee guida esaminate prendono in considerazione
la categoria farmacologica degli antidepressivi nella gestione del dolore
neuropatico:
- antidepressivi triciclici (TCAs);
- antidepressivi inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina-
noradrenalina (SNRIs);
- antidepressivi inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRIs);
7. Bp e Lg riabilitative nel trattamento del dolore neuropatico 447

La classe farmacologica di prima scelta, i TCAs, sono raccomandati in


maniera concorde dalle 12 linee guida [10, 12-22], in particolare nella
polineuropatia diabetica, nella nevralgia post-erpetica e nella polineuropatia
periferica e centrale post-stroke. Rispetto agli anticonvulsivanti, i TCAs
agiscono sul dolore continuo e parossistico (Grade A). L'associazione degli
TCAs con gabapentin od oppioidi si mostra maggiormente efficace rispetto
all’ assunzione della singola molecola, permettendo così di ridurne i dosaggi.
Tale classe mostra anche numerosi effetti collaterali, per cui va utilizzata con
cautela in persone anziane, affette da cardiopatia ischemica, glaucoma e
patologia prostatica. Nonostante ciò, l'effetto può essere visibile a dosaggi
ridotti (a partire dai 25mg/die) e con costi minori rispetto al trattamento con
anticonvulsivanti. Tutte le 12 le linee guida [10, 12-22] sono concordi nel
ribadire che il dosaggio iniziale deve essere il più basso possibile, in seguito
titolato, in modo tale da garantire la gestione ottimale del dolore neuropatico
e di ridurre al minimo i possibili effetti collaterali. La desipramina e la
nortriptilina vengono ritenuti di prima scelta nel dolore da neuropatia
periferica, con effetto analgesico indipendente da quello antidepressivo, sin
da bassi dosaggi. Inoltre, risultano la prima scelta in pazienti affetti da
insufficienza renale, a causa della loro metabolizzazione a livello epatico.
All'interno della classe degli TCAs le amine secondarie (desipramina e
nortriptilina) risultano meglio tollerate rispetto alle amine terziarie
(amitriptilina e imipramina), soprattutto nella popolazione anziana,
maggiormente sensibile agli effetti anticolinergici di tipo centrale (disturbi
cognitivi) e periferici (stipsi). Come la classe sopra citata anche gli inibitori
selettivi della ricaptazione della serotonina-noradrenalina (SNRIs) vengono
fortemente raccomandati da tutte le linee guida esaminate [10, 12-22], nelle
neuropatie periferiche, sia localizzate sia diffuse, nelle neuropatie infettive e
nelle neuropatie di origine centrale. La duloxetina, secondo le linee guida
canadesi del 2014 [22], viene raccomandata nella gestione del dolore
neuropatico indotto da chemioterapia. Sempre secondo le linee guida
canadesi del 2014 [22], la venlafaxina viene raccomandata ai fini della
riduzione del dolore neuropatico di origine diabetica, a dosaggi compresi tra
150mg e 225mg al giorno. Secondo le linee guida della Middle East Region
(MER) del 2010 [16], gli SNRIs, quali venlafaxina e duloxetina, sono
fortemente raccomandati come farmaci di seconda scelta. Essi condividono la
stessa azione di inibizione della ricaptazione della serotonina e noradrenalina
degli TCAs ma con migliore profilo di sicurezza, sia a livello di effetti
anticolinergici che cardiovascolari. Maggiori evidenze risultano per la
duloxetina, soprattutto per la neuropatia di origine diabetica [16-17]. La
duloxetina, il farmaco della classe degli SNRIs maggiormente usato nel dolore
neuropatico di origine diabetica, mostra efficacia già a dosaggi di 60mg/die
448 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

[17] e risulta più sicuro, in quanto mostra meno effetti collaterali nell’ anziano
[23-24].

7.3.1.3. Oppioidi
La maggior parte delle linee guida internazionali posiziona gli analgesici
oppioidi come farmaci di seconda o terza linea, principalmente a causa del
rischio di effetti collaterali sull’assunzione a lungo termine e del possibile
rischio di dipendenza. Le linee guida IASP del 2010 [14] e le linee guida
NeuPSIG del 2015 [19] stimano che la frequenza di questi problemi associati
all’assunzione dei vari analgesici oppioidi va dal 5% fino al 50%. Quindi,
prima di prescrivere oppioidi, si deve sempre tener conto del possibile rischio
di abuso (attuale o precedente abuso di sostanze e/o storia familiare di abuso
di sostanze). Le linee guida IASP del 2010 [14] e le linee guida NeuPSIG del
2015 [19] hanno evidenziato l'efficacia degli analgesici oppioidi incluso il
tramadolo in pazienti con diversi tipi di neuropatie e li raccomandano
fortemente come agenti di seconda linea (Grado A). Le linee guida EFNS del
2010 [10] raccomandano fortemente gli oppioidi come agenti di seconda o
terza linea (Livello A) nel trattamento della polineuropatia diabetica e della
nevralgia post-erpetica. È stato dimostrato che il tramadolo riduce il dolore
nella neuropatia diabetica e nelle polineuropatie sensoriali, anche se può
essere meno efficace degli agonisti forti del recettore μ. Il rischio di abuso con
tramadolo appare notevolmente inferiore rispetto agli altri analgesici
oppiacei. La SFETD del 2010 [15] raccomanda il tramadolo per il trattamento
di dolore misto (dolore nocicettivo e neuropatico) in quanto più efficace nel
dolore nocicettivo.

7.3.1.4. Miscellanea
Le linee guida EFNS del 2010 [10] raccomandano l’utilizzo dell'isosorbide
dinitrato in forma spray nel trattamento della polineuropatia diabetica
(Livello A). Le linee guida CPS del 2014 [22], EFNS del 2010 [10], IASP del
2010 [14], la SFETD del 2010 [15], le linee guida dell’America latina del 2009
[13] raccomandano l’utilizzo dei “patch” di lidocaina al 5% nel dolore
neuropatico localizzato (Livello A). In particolare, le linee guida CPS del 2014
[22] ne raccomandano l'utilizzo nella neuropatia post-erpetica.

7.3.2. Raccomandazioni farmacologiche di grado moderato-debole

7.3.2.1. Anticonvulsivanti
Secondo la EFNS del 2010 [10] e le linee guida dell’America latina del 2009
[13] l’oxcarbazepina è moderatamente raccomandata nel trattamento della
nevralgia del trigemino (Livello B). Secondo le linee guida della IASP del 2010
7. Bp e Lg riabilitative nel trattamento del dolore neuropatico 449

[14] l’utilizzo della carbamazepina e dell’oxcarbazepina è raccomandato nel


dolore neuropatico periferico, anche se con scarse evidenze. L’utilizzo della
lamotrigina nel trattamento del dolore neuropatico, viene preso in
considerazione in 5 linee guida [10, 13-14, 17, 22]. Le linee guida dell’America
latina del 2009 [13] raccomandano l’utilizzo della lamotrigina come 4° scelta
nelle neuropatie periferiche (Livello B). La EFNS del 2010 [10] sottolinea una
modesta evidenza nell’utilizzo della lamotrigina nella neuropatia HIV
correlata (Livello B) e nella nevralgia del trigemino (Livello C). La IASP del
2010 [14] raccomanda, anche se con scarse evidenze, l’utilizzo della
lamotrigina nel dolore neuropatico centrale, in particolare post-ictus, e nella
neuropatia diabetica. La CPS del 2014 [22] raccomanda moderatamente
l’utilizzo della lamotrigina come farmaco di 4° scelta nel dolore neuropatico.

7.3.2.2. Miscellanea
Le linee guida americane del 2011 [17] raccomandano l’utilizzo della
clonidina, pentossifillina e mexiletina nella gestione della neuropatia
diabetica (Livello B). Le linee guida MER del 2010 [16] prendono in
considerazione unicamente la mexiletina come rimedio di terza linea. Le linee
guida americane del 2011 inoltre [17] raccomandano moderatamente
l’utilizzo dell'isosorbide dinitrato in forma spray nel trattamento della
polineuropatia diabetica (Livello B) e l’utilizzo della crema alla capsaicina ad
alti dosaggi (8%) nel trattamento della neuropatia diabetica (Livello B). Le
linee guida CPS del 2014 [22] raccomandano, come farmaco di seconda linea,
l'utilizzo della crema alla capsaicina ad alti dosaggi anche per la neuropatia
post-erpetica, previa medicazione anestetica. Le linee guida IASP del 2010
[14] raccomandano l’utilizzo della crema alla capsaicina anche nel
trattamento della polineuropatia HIV-correlata. La tossina botulinica di tipo
A viene presa in considerazione da tre linee guida: le linee guida EFNS del
2010 [10] raccomandano l’utilizzo di tale farmaco nella polineuropatia
periferica (Livello B). Le linee guida IASP del 2010 [14] raccomandano invece,
con deboli livelli di evidenza, la tossina botulinica di tipo A nella
polineuropatia diabetica, ed in ultimo le linee guida NeuPSIG del 2015 [19] la
raccomandano come farmaco di II linea, con deboli livelli di evidenza.
L’utilizzo del baclofene viene debolmente raccomandato dalle linee guida
latino-americane del 2009 [13], dalla Croatian Medical Association (CMA) del
2008 [12] e dalle linee guida EFNS del 2010 [10], unicamente per la nevralgia
del trigemino (Livello C). Le linee guida dell’America latina del 2009 [13]
pongono i “patch” di lidocaina in classe di evidenza C per la neuropatia
periferica diabetica. Raccomandano, inoltre, l’utilizzo di formulazioni
estemporanee di lidocaina 5% + amitriptilina 4% + ketamina 2% nel
trattamento della neuropatia diabetica. Le linee guida CPS del 2014 [22],
450 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

EFNS del 2010 [10], IASP del 2010 [14], le linee guida dell’America latina del
2009 [13], la CMA del 2008 [12], la NICE del 2013 [21] forniscono deboli
raccomandazioni riguardo all’ utilizzo dei cannabinoidi per la gestione del
dolore di origine centrale, in particolare in caso di sclerosi multipla, sia sotto
forma di spray oro-mucosale sia sotto forma di inalazione.

7.3.3. Terapie farmacologiche non raccomandate

7.3.3.1. Anticonvulsivanti
Nonostante tutte le linee guida esaminate raccomandano fortemente l’utilizzo
degli anticonvulsivanti nella gestione del dolore neuropatico, la EFNS [10], la
NICE [21] e la CPS [22] non raccomandano l’uso di gabapentin in una
specifica situazione: nella nevralgia del trigemino. Sempre la EFNS [10], la
NICE [21] e la CPS [22] non raccomandano l’utilizzo di pregabalin per la
nevralgia del trigemino. Le linee guida della NeuPSIG del 2015 [19] non
raccomandano l’utilizzo della carbamazepina e dell’oxcarbazepina nel dolore
neuropatico periferico, la stessa cosa vale per la SFETD del 2010 [15] e per le
linee guida MER [16]. Le linee guida americane del 2011 [17] non
raccomandano l’utilizzo della lamotrigina nella neuropatia diabetica.

7.3.3.2. Antidepressivi
Le linee guida prese in considerazione sono concordi all’unanimità
nell’utilizzo in prima linea degli antidepressivi nel trattamento del dolore
neuropatico, tuttavia la duloxetina, secondo la CPS [22], non viene
raccomandata nel trattamento del dolore neuropatico causato da lesione
midollare o post-ictus.

7.3.3.3. Oppioidi
Gli oppioidi restano farmaci di seconda linea nella gestione del dolore
neuropatico. Le linee guida EFNS del 2010 [10] mettono in guardia sull'uso di
tramadolo nei pazienti anziani a causa del rischio di confusione, inoltre non
raccomandano l’utilizzo di tale farmaco in associazione agli SSRIs.

7.3.3.4. Miscellanea
La CMA del 2008 [12] pone attenzione alle eventuali reazioni localizzate ai
“patch” di lidocaina, controindicando il farmaco nei pazienti epatopatici ed
in terapia antiaritmica.

7.3.4. Raccomandazioni farmacologiche non formulabili

7.3.4.1. Antidepressivi
7. Bp e Lg riabilitative nel trattamento del dolore neuropatico 451

SSRI: unicamente le linee guida IASP del 2010 [14], riportano l'utilizzo di tale
classe, con deboli effetti analgesici (paroxetina, citalopram, escitalopram);
pertanto non vi sono sufficienti studi, tali da poter formulare
raccomandazioni riguardo al loro utilizzo nel dolore neuropatico. Infatti più
che la serotonina, sembrano essere coinvolte la dopamina e la noradrenalina,
per quanto riguarda l’insorgenza del dolore neuropatico; per tale motivo
nella pratica clinica sono di frequente utilizzo i farmaci duali, i quali agiscono
esclusivamente sulla ricaptazione contestuale di serotonina e noradrenalina.

7.3.4.2. Miscellanea
L'assunzione di vitamine, ed in particolare di acido alfa-lipoico, nella
neuropatia periferica, viene considerata unicamente dalle linee guida
americane del 2011 [17] e dalle linee guida della Mayo Clinic del 2015 [20] con
livelli di raccomandazione non formulabili.
Tabella 7.2. Raccomandazioni farmacologiche (Anticonvulsivanti).
452

Linee Linee
Linee
Guida Guida Mayo
Linee CMA, EFNS, SFETD, MER, IASP, Guida NICE, CPS, NeuPSIG,
America Sud Clinic,
Guida 2008. 2010. 2010. 2010. 2010. americane, 2013. 2014. 2015.
latina, Africa, 2015.
2011.
2009. 2012.
R, in
R R R, in R, in
DNC e R, in R, in
(Alta), (Livello R (Livello R, in DN, DN, R, in
Gabapentin in II R (A) ND e DNP e R (A)
in ND A), NR B), in ND DNP NR in NR in DNP
linea nel NPE NPE
e NT in NT NT NT
DNP
R
(Livello
R (A),
R A), in R, in R, in
R come in DNP R, in R, in
(Alta), ND e R, in R (Livello DN, DN, R, in
Pregabalin II linea, e DNC, DNP e ND e R (A)
in ND NPE, DNP* A), in ND NR in NR in DNP
in DNP NR in NPE NPE
e NPE NR in NT NT
NT
NT

R
R
R (Livello R R R
(Livello R, in R, in R, in NR, in
Carbamazepina (Alta), A/C), in (Bassa), (Bassa), - (Alta), -
A), in NT NT NT DNP
in NT NT e in DNP in DNP in NT
NT
ND
R
R
R (Livello R R
(Livello R, in R, in NR, in
Oxcarbazepina (Alta), B/C), in - (Bassa), (Bassa), - - -
B), in NT NT DNP
in NT NT e in DNP in DNP
NT
ND
LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa
R
(Livello R,
R R
B), in come
(Livello (Bassa),
HIVNP, IV
Lamotrigina - B), come - - in NR, in ND - - - -
R linea
IV linea DNC e
(Livello in
in DNP ND
C), in DNP
NT
Tab. 7.2. CMA: Croatian Medical Association; EFNS: European Federation of Neurological Societies; SFETD: Société francaise d’étude et traitement de la
douleur; MER: Middle East region; IASP: International Association for the Study of Pain; NICE: National Institute for Health and Care Excellence; CPS:
Canadian Pain Society; NeuPSIG: Neuropathic Pain Special Interest Group. R: raccomandato; NR: non raccomandato; ND: neuropatia diabetica; NT:
nevralgia del trigemino; DNC: dolore neuropatico centrale; DNP: dolore neuropatico periferico; DNM: dolore neuropatico misto; NPE: nevralgia post
erpetica; PN: polineuropatia; DN: dolore neuropatico; Livello A: raccomandazione di grado forte; Livello B: raccomandazione di grado moderato; Livello
C: raccomandazione di grado debole; Livello U: studi inconcludenti; A: GRADE A (forte raccomandazione); B: GRADE B (raccomandazione moderata);
C: GRADE C (raccomandazione debole).
7. Bp e Lg riabilitative nel trattamento del dolore neuropatico
453
Tabella 7.3. Raccomandazioni farmacologiche (Antidepressivi).
454

Linee Linee
Linee
Guida Guida
CMA, EFNS, SFETD, MER, IASP, Guida NICE, CPS, NeuPSIG, Mayo Clinic,
America Sud
2008. 2010. 2010. 2010. 2010. americane, 2013. 2014. 2017. 2015.
latina, Africa,
2011.
2009. 2012.
R
R
(Livello
(Alta),
R, in A), NP, R (A) R, in R, in R, in R, in
in ND, R (Livello R, in R (Alta),
TCA DNP e e NPE per NP e ND e DNP e DNP e DN, R, in DNP
NPE, B), in ND DN, in DN
DNC (Livello NPE NPE NPE NP NPE
DNC e
B per
DNP
DNC)
R
R, in
(Alta), R come II R R (A), in R, in R, in
R, in R (Livello ND, R, in R (Alta),
SNRI in linea (C), (Livello DNP e DNP e NP e R, in DNP
DNP B), in ND DNP e DN* in DN
DPN e in DNP* A), NPE NP NP DNP
NPE
NPE

R
Livello U, in Non
SSRI (Bassa), R, in DNP
ND evid.
in DNP

Tab. 7.3. CMA: Croatian Medical Association; EFNS: European Federation of Neurological Societies; SFETD: Société francaise d’étude et traitement de la
douleur; MER: Middle East region; IASP: International Association for the Study of Pain; NICE: National Institute for Health and Care Excellence; CPS:
Canadian Pain Society; NeuPSIG: Neuropathic Pain Special Interest Group. R: raccomandato; NR: non raccomandato; ND: neuropatia diabetica; NT:
nevralgia del trigemino; DNC: dolore neuropatico centrale; DNP: dolore neuropatico periferico; DNM: dolore neuropatico misto; NPE: nevralgia post
erpetica; PN: polineuropatia; DN: dolore neuropatico; Livello A: raccomandazione di grado forte; Livello B: raccomandazione di grado moderato; Livello
C: raccomandazione di grado debole; Livello U: studi inconcludenti; A: GRADE A (forte raccomandazione); B: GRADE B (raccomandazione moderata);
C: GRADE C (raccomandazione debole).
LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa
Tabella 7.4. Raccomandazioni farmacologiche (Oppioidi).
Linee Linee
Linee
Guida Guida Mayo
Linee CMA, EFNS, SFETD, MER, Guida NICE, CPS, NeuPSIG,
America IASP, 2010. Sud Clinic,
Guida 2008. 2010. 2010. 2010. americane, 2013. 2014. 2017.
latina, Africa, 2015.
2011.
2009. 2012.
R nel DN
R, in
R in II R in II linea acuto e DN R, in II
Tramadolo R, in II R in I R, in R, in II II R, in II
linea per ND e da cancro, ed R (Livello R, in II linea linea
(e oppiodi linea nel linea per II linea linea linea nel
in PN DNC esacerbazione B), in ND per DNP nel
deboli) DNM DNM* linea DNP nel DN
e NPE episodica del DNP
DN
DN
R in I
e II
R in II linea
linea R molto
NPE (con R, in
in PN, R in II R, in debole (e R, in II
Oppioidi capsaicina), R, in II R, in III
e in linea in ND in solo in linea
forti - e DNP, II R, in II linea - linea linea nel
II/III terapia II/III ambito nel
(morfina) III linea in linea nel DN*
linea combinata linea specialistico) DNP
ND e DNC DN
in in DN
NPE e
7. Bp e Lg riabilitative nel trattamento del dolore neuropatico

DNC
Tab. 7.4. CMA: Croatian Medical Association; EFNS: European Federation of Neurological Societies; SFETD: Société francaise d’étude et traitement de la
douleur; MER: Middle East region; IASP: International Association for the Study of Pain; NICE: National Institute for Health and Care Excellence; CPS:
Canadian Pain Society; NeuPSIG: Neuropathic Pain Special Interest Group. R: raccomandato; NR: non raccomandato; ND: neuropatia diabetica; NT:
nevralgia del trigemino; DNC: dolore neuropatico centrale; DNP: dolore neuropatico periferico; DNM: dolore neuropatico misto; NPE: nevralgia post
erpetica; PN: polineuropatia; DN: dolore neuropatico; Livello A: raccomandazione di grado forte; Livello B: raccomandazione di grado moderato; Livello
C: raccomandazione di grado debole; Livello U: studi inconcludenti; A: GRADE A (forte raccomandazione); B: GRADE B (raccomandazione moderata);
C: GRADE C (raccomandazione debole).
455
456 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

7.4. Discussione e raccomandazioni riabilitative

Nonostante la terapia farmacologica rappresenti il punto fondamentale nel


trattamento del dolore neuropatico, è di frequente riscontro, nella pratica
clinica, la concomitante prescrizione, da parte dello specialista, di trattamenti
non farmacologici, riassunti nella tabella 7.5, mirati a ridurre la
sintomatologia algica e quindi a migliorare la qualità di vita del paziente.
Dalle 13 linee guida esaminate [10-22], sebbene non emergano forti evidenze
o raccomandazioni per trattamenti di tipo riabilitativo, nella fattispecie la
neuromodulazione trova largo impiego in quanto spesso restituisce al
paziente una regressione del dolore refrattario alla terapia farmacologica.
Essa agisce a livello dei nervi sensitivi periferici (reperiti con sonda
ecografica) interferendo con la trasmissione dell’impulso nervoso attraverso
la scarica di correnti elettriche a basso voltaggio. La somministrazione di tali
correnti avviene o a livello percutaneo con apposito ago-sonda (PENS:
Percutaneous Electrical Nerve Stimulation o PRF: Radiofrequenze Pulsate)
oppure a livello sottocutaneo con impianto di dispositivi stimolatori (PNS).

7.4.1. Raccomandazioni riabilitative di grado moderato-debole


Per quanto riguarda la fisiochinesiterapia nella neuropatia diabetica e nel
dolore neuropatico periferico sembrano esserci solo deboli raccomandazioni
rispettivamente nelle linee guida americane del 2011[17] e nelle linee guida
del Sud Africa del 2012 [18]. Ad ogni modo, nessuna delle 13 linee guida [10-
22], descrive protocolli dettagliati riguardo al tipo di fisioterapia, né in termini
di tipo di esercizi, né in termini di sedute. In letteratura, ricordiamo un
articolo di Casale R. et al., “La riabilitazione delle neuropatie periferiche.
Indicazioni per un percorso diagnostico-riabilitativo” [9], che raccomanda
nell’ambito del trattamento fisico e riabilitativo, mobilizzazioni sia attive sia
passive, in quanto favoriscono la funzione trofica, metabolica e circolatoria
del muscolo, delle parti molli, dell’osso e delle articolazioni, contribuendo alla
riduzione della sintomatologia algica. Per quanto riguarda la laserterapia e la
magnetoterapia, soltanto le linee guida americane del 2011 [17] forniscono
deboli raccomandazioni (Livello B) sul loro utilizzo, nel trattamento della
neuropatia diabetica, senza tuttavia specificare alcun protocollo di
esecuzione. Riguardo all’utilizzo di correnti antalgiche nel dolore di tipo
neuropatico, emergono sempre deboli raccomandazioni da cinque delle
tredici linee guida [11-12, 15, 17-18]. In particolare, la CMA del 2008 [12] e le
linee guida americane del 2011 [17], forniscono deboli raccomandazioni in
merito alla stimolazione nervosa elettrica transcutanea (TENS), nella gestione
della neuropatia diabetica. La SFETD del 2010 [15], e le linee guida del Sud
7. Bp e Lg riabilitative nel trattamento del dolore neuropatico 457

Africa del 2012 [18] raccomandano debolmente l’utilizzo della TENS nel
dolore neuropatico in generale. La EFNS del 2007 [11] raccomanda l’utilizzo
della TENS (GRADE C) e dell’elettro-agopuntura (GRADE B) nel dolore
neuropatico, mediante sessioni di 20-30 minuti ripetute più volte nell’arco
della settimana. Sempre deboli evidenze emergono in merito alla
stimolazione del midollo spinale (SCS) nel trattamento del dolore neuropatico
periferico, della nevralgia post-erpetica, nel trattamento della “failed back
surgery syndrome” (FBSS) e nel trattamento della “complex regional pain
syndrome” (CRPS) (Grade B). Le linee guida della EFNS del 2007 [11] in ultimo
raccomandano, con scarso grado di evidenza: la stimolazione cerebrale
profonda (DBS) nel dolore neuropatico dell’amputato e nel dolore
neuropatico facciale; la stimolazione della corteccia motoria (MCS) nel dolore
neuropatico centrale post-ictus e nel dolore neuropatico facciale centrale e
periferico (GRADE C); la stimolazione transcranica magnetica ripetitiva
(rTMS) nel dolore neuropatico centrale e periferico (GRADE B). Le linee guida
dell’America latina del 2009 [13], la SFETD del 2010 [15] e le linee guida del
Sud Africa del 2012 [18], seppur debolmente, raccomandano la concomitante
instaurazione di una terapia di tipo cognitivo comportamentale, nella
gestione del dolore neuropatico, in maniera tale che il paziente guadagni
consapevolezza della sua condizione, e quindi sviluppi ed acquisisca nuove
abilità, utili per affrontare meglio la propria sintomatologia ed in conclusione
migliorare la propria qualità di vita. L’agopuntura viene presa in
considerazione rispettivamente da tre linee guida: la CMA del 2008 [12], le
linee guida dell’America latina del 2009 [13] e la SFETD del 2010 [15], senza
tuttavia mostrare forti evidenze.

7.4.2. Raccomandazioni riabilitative non formulabili


Nessuna evidenza o raccomandazione emerge, dalle tredici linee guida prese
in esame [10-22], riguardo l’utilizzo della termoterapia, degli ultrasuoni e
della fitoterapia nella gestione del dolore neuropatico.
458

Tabella 7.5. Raccomandazioni riabilitative nel dolore neuropatico.


Linee Linee
Linee CPS Mayo
Guida EFNS MER IASP Guida NICE
CMA, SFETD Guida , NeuPSIG Clinic
Americ , , , Sud ,
2008. , 2010. americane 2014 , 2017. ,
a latina, 2010. 2010. 2010. Africa, 2013. 2015.
, 2011. .
2009. 2012.

Non Non
Agopuntura - R (B) - - - - - - - -
evid. evid.

Non
Fitoterapia - - - - - - - - - - -
evid.

Terapia
R
cognitivo
- R* - R (B) - - - (Debole) - - - -
comportamental
, in DNP
e
R R
Fisioterapia/ Non
- - - - - (Livello B), (Debole) - - - -
Massoterapia evid.
in ND , in DNP

R
Non
Laser - - - - - (Livello B), - - - - -
evid.
in ND

R
Magnetoterapia - - - - - - (Livello B), - - - - -
in ND
LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa
Non
Termoterapia - - - - - - - - - - -
evid.

Non
Ultrasuoni - - - - - - - - - - -
evid.

R
(B/C),
R R R
Correnti in
(Debole) R (B) (Livello B), (Debole) -
antalgiche DNP,
, in ND in ND , in DNP
NPE,
DNF
Tab. 7.5. CMA: Croatian Medical Association; EFNS: European Federation of Neurological Societies; SFETD: Société francaise d’étude et traitement de la
douleur; MER: Middle East region; IASP: International Association for the Study of Pain; NICE: National Institute for Health and Care Excellence; CPS:
Canadian Pain Society; NeuPSIG: Neuropathic Pain Special Interest Group. R: raccomandato; NR: non raccomandato; ND: neuropatia diabetica; NT:
nevralgia del trigemino; DNC: dolore neuropatico centrale; DNP: dolore neuropatico periferico; DNM: dolore neuropatico misto; NPE: nevralgia post
erpetica; PN: polineuropatia; DN: dolore neuropatico; Livello A: raccomandazione di grado forte; Livello B: raccomandazione di grado moderato; Livello
C: raccomandazione di grado debole; Livello U: studi inconcludenti; A: GRADE A (forte raccomandazione); B: GRADE B (raccomandazione moderata);
C: GRADE C (raccomandazione debole).
7. Bp e Lg riabilitative nel trattamento del dolore neuropatico
459
460 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

7.5. Raccomandazioni farmacologiche

7.5.1. Raccomandazioni farmacologiche di grado forte


- Anticonvulsivanti: farmaci di prima scelta nel trattamento del dolore
neuropatico;
- Carbamazepina solo nella nevralgia del trigemino;
- Antidepressivi (TCAs, SNRIs): farmaci di prima scelta nel trattamento del
dolore neuropatico;
- Oppioidi: seconda scelta nel trattamento del dolore neuropatico.

7.5.2. Raccomandazioni farmacologiche di grado moderato-debole


- Oxcarbazepina nel trattamento della nevralgia del trigemino;
- Lamotrigina nel trattamento del dolore neuropatico;
- Carbamazepina nel trattamento del dolore neuropatico;
- Oxcarbazepina nel trattamento del dolore neuropatico;
- “Patch” di lidocaina nel trattamento del dolore neuropatico;
- Cannabinoidi nel trattamento del dolore neuropatico.

7.5.3. Non raccomandate


- Gabapentin e pregabalin nella nevralgia del trigemino;
- Lamotrigina nella neuropatia diabetica;
- Duloxetina nel trattamento del dolore neuropatico causato da lesione
midollare o post-ictus;
- Tramadolo in associazione agli SSRIs negli anziani;
- “Patch” di lidocaina nei pazienti epatopatici ed in terapia antiaritmica.

7.5.4. Non formulabili


- SSRIs nel trattamento del dolore neuropatico;
- Acido alfa-lipoico nel trattamento del dolore neuropatico.

7.6. Raccomandazioni riabilitative

7.6.1. Raccomandazioni riabilitative di grado moderato-debole


- Fisiochinesiterapia, massoterapia nel trattamento del dolore neuropatico;
- Agopuntura nel trattamento del dolore neuropatico;
- Laserterapia nel trattamento del dolore neuropatico;
- Correnti antalgiche nel trattamento del dolore neuropatico;
- Terapia cognitivo-comportamentale nel trattamento del dolore neuropatico;
- Magnetoterapia nel trattamento del dolore neuropatico.
7. Bp e Lg riabilitative nel trattamento del dolore neuropatico 461

7.6.2. Non formulabili


- Termoterapia nel trattamento del dolore neuropatico;
- Ultrasuoni nel trattamento del dolore neuropatico;
- Fitoterapia nel trattamento del dolore neuropatico.

CONCLUSIONI

Si stima che, nella popolazione generale italiana, circa 325150 persone, siano
affette da dolore neuropatico, escludendo i pazienti con radicolopatie
lombari. Volendo includere anche quest’ultima categoria, il numero
totale salirebbe a circa 712000 persone [25]. Il trattamento
farmacologico, in tutte le linee guida, rappresenta ancora l'opzione
principale nella gestione del dolore neuropatico, mentre appare quasi
completamente negletta l’importanza dell’approccio riabilitativo sia
con mezzi fisici che con il movimento terapeutico. La nostra
comprensione della neuropatia, come anche gli stessi meccanismi che
generano il dolore, sicuramente sono cresciuti notevolmente nell’arco
degli ultimi decenni, ma sfortunatamente questa crescita non è andata
di pari passo ad un miglioramento dell'efficacia del trattamento sia
farmacologico che, in questo contesto, anche riabilitativo. Il dolore
neuropatico cronico è una malattia disabilitante con un impatto
negativo sulla qualità della vita e sull’aspetto psichico delle persone
affette da tale sintomatologia. Anche se alcune organizzazioni
professionali hanno prodotto linee guida per la diagnosi ed il
trattamento del dolore neuropatico, diversi problemi ne limitano la
loro applicabilità nella routine clinica, a partire dalla stessa efficacia
delle evidenze e delle raccomandazioni su cui si basano queste linee
guida. A tal proposito è utile ricordare che le linee guida sono stilate
sulla base di soli lavori in doppio cieco randomizzato, su gruppi di
pazienti selezionati, quasi inesistenti nella normale pratica clinica,
motivo per il quale si sta sviluppando negli ultimi anni una tendenza
a pubblicare articoli definiti “in the real world” ovverosia in pazienti
non selezionati, per provare l’efficacia di un farmaco. Lo sviluppo di
nuovi interventi farmacologici, insieme a programmi più specifici e
dettagliati, inerenti alla gestione riabilitativa del dolore neuropatico,
sono auspicabili ai fini di un corretto approccio verso tale condizione
patologica e di conseguenza ai fini di un miglioramento della qualità
di vita delle persone che ne sono affette.
462 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

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15 pp. 289-290.
Prof. Valter Santilli

Linee guida, buone pratiche


ed evidenze scientifiche
in Medicina Fisica e Riabilitativa

Capitolo 8

Buone pratiche e linee guida riabilitative


nel trattamento delle demenze

Coautori

Angela Salomè MD, Giorgio Di Giacomo MD


Prof. Maria Gabriella Ceravolo MD, PhD, Prof. Cesare G. Cerri MD
Marco Paoloni MD, PhD
8. Buone pratiche e linee guida riabilitative
8. Buone pratiche delle
nel trattamento e linee guida riabilitative nel
demenze
trattamento delle demenze
Coautori
Angela Salomè 1 MD, Giorgio Di Giacomo 1 MD
Prof. Maria Gabriella Ceravolo 2 MD, PhD, Prof. Cesare G. Cerri 3 MD
Coautori
Marco Paoloni 2 MD, PhD
Angela Salomè1 MD, Giorgio Di Giacomo1 MD,
1
Prof.
Scuola di Maria GabriellainCeravolo
Specializzazione Medicina MD,
2
Fisica PhD, Prof. Cesare
e Riabilitativa, G. Cerri
Sapienza
3 MD,
Università di Roma
2
Marco Ordinario
Professore Paoloni MD,
2
MED34,PhD
Università Politecnica delle Marche, Ancona
3
Professore Ordinario MED34, Università degli Studi di Milano-Bicocca
4
Ricercatore MED34, Sapienza Università di Roma
1 Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
2 Professore Ordinario MED34, Università Politecnica delle Marche, Ancona
3 Professore Ordinario MED34, Università degli Studi di Milano-Bicocca
4 Ricercatore MED34, Sapienza Università di Roma

ABSTRACT

Background: La demenza è diventata una delle problematiche emergenti


più diffuse nella popolazione oltre i 65 anni, con un costo sociale
elevatissimo. Nonostante la sua prevalenza, la gestione della patologia e del
paziente risulta spesso difficoltosa a partire dalla diagnosi fino alla gestione
dei caregivers.
Obiettivi: Comparare le evidenze presenti in letteratura per riassumere le
raccomandazioni per la buona pratica clinica.
Materiali: Abbiamo condotto una revisione generale della letteratura,
selezionando le evidenze più importanti e le raccomandazioni pubblicate
negli ultimi 10 anni.
Risultati: Abbiamo individuato 12 linee guida internazionali che affrontano
tutti gli aspetti della diagnosi e della gestione della demenza nelle sue
varianti e abbiamo confrontato le loro raccomandazioni suddividendole per
tipo di intervento. Abbiamo incluso nello studio l’approccio alla patologia
(screening, diagnosi e valutazione cognitiva), gli interventi terapeutici più
utilizzati (farmacologici e non farmacologici) e la gestione dell’ambiente e
delle persone che si relazionano con il malato e la gestione delle fasi finali
della malattia.
Conclusione: La letteratura risulta dettagliata sulla diagnosi e sul
trattamento farmacologico, benché non sempre efficace, ma appare
dispersiva sui trattamenti prettamente riabilitativi.
468 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

INTRODUZIONE

“La demenza è una sindrome causata da danno cerebrale (di solito di natura
cronica o progressiva), in cui vengono violate molte funzioni corticali
superiori, tra cui memoria, pensiero, orientamento, comprensione,
conteggio, capacità di apprendimento, linguaggio e giudizio” [1]. La sua
prevalenza è in costante aumento a causa dell’invecchiamento generale della
popolazione mondiale e dell’aumento della longevità e, contrariamente alle
stime iniziali, sta aumentando anche nei paesi a bassa e media
industrializzazione. Nel 2015 il numero delle persone affette da demenza nel
mondo era stimato in 47.5 milioni di persone e si prevede che tale dato sia
destinato a raggiungere i 75.6 milioni nel 2030 e 131.5 milioni nel 2050 [2].
L’incidenza aumenta esponenzialmente con l’aumento dell’età: la demenza
colpisce circa il 5% della popolazione sopra i 65 anni e più del 30% degli
ultra ottantenni, per un totale di 9.9 milioni l’anno in tutto il Mondo (49% in
Asia, 25% in Europa, 18% nelle Americhe e 8% in Africa) [3]. Questa
condizione causa elevati costi per la sanità ed ha un alto impatto
sull’utilizzo di risorse, con un costo stimato per l’assistenza sanitaria pari
all'1% del PIL globale [2]. Il riconoscimento e la valutazione della demenza e
lo sviluppo di piani di cura efficaci e completi sono fondamentali per ridurre
i costi e i carichi della malattia.
Le demenze si presentano come un gruppo di patologie molto eterogenee
tra loro per eziologia, neurofisiologia, esordio, progressione, prognosi e
manifestazioni cliniche. L’ICD-10 offre una classificazione completa delle
demenze (Tabella 8.1) [1].

Tabella 8.1. Classificazione delle demenze

GRUPPO CARATTERISTICHE

Demenza nella malattia di Alzheimer


Presenza di demenza con esordio insidioso e lento
- Esordio precoce
deterioramento; assenza di segni clinici che suggeriscano
- Esordio tardivo
un decadimento dovuto a patologie sistemiche; assenza
- Atipica o mista
di segni neurologici focali.
- Non specificata

Demenza vascolare
- Esordio precoce
Presenza di demenza con decadimento cognitivo che
- Multi-infartuale
coinvolge la memoria e l’intelletto; esordio improvviso
- Subcorticale
con presenza di segni neurologici focali; la
- Mista corticale e subcorticale
comprensione e il giudizio sono solitamente conservati.
- Altro tipo
- Non specificata
8. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle demenze 469

Demenza in altre patologie


- Malattia di Pick
- Creutzfeldt-Jakob
Presenza di demenza associata alla presenza delle
- Malattia di Huntington
caratteristiche specifiche di ogni sindrome.
- Malattia di Parkinson
- HIV
- Altre patologia specifiche

Demenza non specificata -

Tab. 8.1. Classificazione delle demenze e caratteristiche principali, ICD-10 [1].

La malattia d’Alzheimer, responsabile del 50-75% di tutti i casi di demenza,


è una malattia neurodegenerativa progressiva caratterizzata da declino
cognitivo, disturbi della personalità e del comportamento e perdita di
autonomia spesso talmente gravi da portare all’istituzionalizzazione [4]; è
caratterizzata sul piano istologico da diffusa rarefazione neuronale,
riduzione delle ramificazioni dendritiche e presenza di placche senili e
degenerazione neurofibrillare. La teoria patogenetica più accreditata è la
cascata dell’amiloide; tuttavia anche l’iperfosforilazione della proteina tau, il
danno sinaptico e lo stress ossidativo hanno un ruolo centrale. Nel 90% dei
casi la malattia è di tipo sporadico con esordio tardivo e si presenta come
una patologia multifattoriale in cui sono stati evidenziati fattori protettivi e
predisponenti come sesso, età, scolarità e polimorfismi di alcuni geni come
l’ApoE. Nel 10% dei casi, caratterizzati per lo più da un esordio più precoce,
è presente familiarità e nel 5% di questi si ha una trasmissione autosomica
dominante a penetranza quasi completa [5]. Le altre demenze primarie come
la demenza fronto-temporale, la malattia di Pick, la degenerazione cortico-
basale, la paralisi sopranucleare progressiva, la demenza a corpi di Lewy, la
demenza associata a Parkinson e la malattia di Huntington sono molto più
rare, con patogenesi e fattori di rischio poco conosciuti.
Le demenze vascolari sono la forma secondaria più frequente, responsabili
di circa il 20% dei casi: sono caratterizzate da esordio improvviso e
deterioramento a gradini per l’accumularsi di lesioni ischemiche e/o
emorragiche, la cui localizzazione e estensione risulta molto importante.
Presentano una sintomatologia fluttuante, caratterizzata da confusione
notturna, depressione, deficit focali. Vedono come fattori di rischio gli stessi
delle malattie cerebrovascolari (età, sesso maschile, ipertensione,
iperlipidemia, fibrillazione atriale, fumo, patologie cardiovascolari) che sono
quindi in gran parte modificabili. Nel 15% dei casi si riscontrano forme
miste, dove la patologia vascolare è associata a malattia di Alzheimer.
Nei restanti casi la demenza può essere secondaria a malattia da prioni,
infezioni, malattie autoimmuni, farmaci e sostanze tossiche, malattie
470 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

endocrine e metaboliche, malattie carenziali, traumi e tumori, caratterizzati


da quadri clinici specifici, a volte reversibili con trattamento mirato [6].

8.1. Razionale dello studio

La letteratura scientifica offre pochi studi che confrontino le


raccomandazioni sulla pratica clinica nella demenza in relazione a tutti gli
aspetti relativi alla diagnosi e alla gestione di questa patologia; abbiamo
quindi condotto una revisione critica delle linee guida esistenti estraendo le
raccomandazioni che abbiano una valutazione di qualità almeno moderata e
riassumendo le raccomandazioni chiave per le quali esiste un accordo.

8.2. Materiali e metodi

Abbiamo condotto una ricerca generale sui principali motori di ricerca


(Medline, PEDro, Cochrane database, EMBASE, Google Scholar), su siti
governativi e sui siti delle società scientifiche internazionali. Sono state prese
in considerazione linee guida internazionali, metanalisi e revisioni
sistematiche della letteratura degli ultimi 10 anni riguardanti la diagnosi e il
trattamento delle demenze con attenzione per i trattamenti riabilitativi. Sono
state usate le parole chiave: “dementia”, “guideline”, “rehabilitation”,
“management” e “good practice”. Sono stati considerati i lavori basati su
evidenze di letteratura scientifica, preferibilmente con raccomandazioni
formulate secondo un sistema di gradazione che valuti il livello di evidenza
scientifica e la forza di raccomandazione, redatte in lingua inglese o italiana
rispettando i criteri di multidisciplinarietà e multiprofessionalità. Sono stati
esclusi invece i lavori citati e presi in considerazione nella stesura di
raccomandazioni nelle linee guida, le revisioni di linee guida, gli articoli che
non contenevano raccomandazioni specifiche e articoli focalizzati solo sulla
pre-demenza e sul Mild Cognitive Impairment (MCI).
La ricerca ha fornito oltre 1.000 risultati.
La selezione delle linee guida pubblicate in inglese o in italiano negli ultimi
10 anni e l’esclusione di articoli duplicati o di evidenza scientifica bassa ha
fornito 21 linee guida; poiché alcune di queste sono riconducibili allo stesso
gruppo di lavoro abbiamo deciso di considerarle come un’unica linea guida,
arrivando così a sezionare 12 lavori (Tabella 8.2.).
Per ciascuna problematica riabilitativa è stato effettuato un confronto critico
delle raccomandazioni presenti nelle diverse linee guida; abbiamo infine
espresso delle raccomandazioni sulla base della presenza o meno di
consenso tra le diverse linee guida e della valutazione del livello di
8. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle demenze 471

attendibilità delle stesse attraverso l’uso dello strumento AGREE II.


Abbiamo infine redatto questo capitolo seguendo le indicazioni della
PRISMA Checklist, escludendo gli item relativi alla statistica.

1022 articoli identificati 61 articoli identificati


mediante ricerca in Medline, attraverso altre fonti
Cochrane, PEDro

10831 articoli sottoposti a


controllo per eliminazione
duplicati

349 articoli sottoposti a 323 articoli esclusi per bassi


screening livelli di evidenza

5 articoli esclusi per


26 valutati per l’eligibilità
ultraspecializzazione
dell’argomento trattato

21 valutati inclusi nella


sintesi qualitativa

Fig. 8.1. Flow-chart per la selezione degli articoli inclusi nello studio.

8.3. Risultati

Le linee guida selezionate sono riassunte nella Tabella 8.2. Abbiamo


valutato in ognuna di esse la presenza di un team multiprofessionale e
multidisciplinare e la presenza di associazioni di pazienti, l’eventuale
conflitto di interessi e la strategia utilizzata per redigerle in particolare l’uso
di un sistema di gradazione delle evidenze e delle raccomandazioni. Sono
state valutate qualitativamente con lo strumento AGREEII e sono state
incluse solo se avevano uno score maggiore di 5, indicativo di qualità
almeno moderata.
472 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Tabella 8.2. Linee guida selezionate nello studio.

GRUPPO NAZIONE
LINEE GUIDA MP MD AP GRADE AGREE
(SIGLA) E ANNO

Clinical Practice
Guideline
Guidelines and
Adaptation Australia,
Principles of Care Sì Sì Sì Sì Sì
Committee 2016.
for People with
(CPGDA).
Dementia [8].

Ministry of Health
Clinical Practice Singapore,
of Singapore Sì Sì Sì Sì Sì
Guidelines [9]. 2013.
(MOH(S)).

European
EFNS guidelines Federation of Europa,
Sì Sì No Sì Sì
[10-12]. Neurological 2012.
Sciences (EFNS).

Fourth Canadian
Consensus Canadian
Conference on the Consensus Canada,
Sì Sì Sì Sì Sì
Diagnosis and Conference 2012.
Treatment of (CCC).
Dementia [13-19].

The NICE-SCIE
Guideline on
National Institute
Supporting People
for Health and Regno
with Dementia Sì Sì Sì No Sì
Clinical Excellence Unito, 2011.
and Their Carers
(NICE).
in Health and
Social Care [20].

Clinical practice
with anti- British Association
dementia drugs: a for Psycho Regno
Sì Sì Sì Sì Sì
revised (second) pharmacology Unito, 2011.
consensus (BAP).
statement [21].
8. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle demenze 473

American College
Genetic
of Medical
counseling and
Genetics and
testing for
National Society USA, 2011. No Sì No No Sì
Alzheimer
of Genetic
disease: practice
Counselors
guidelines [22].
(ACMG).

Clinical Practice Clinical Research


Guideline for Centre for
Corea del
Dementia Part I: Dementia of South No Sì No No Sì
Sud, 2011.
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Guideline for California


Alzheimer’s Workgroup on
USA, 2011. No No No No Sì
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Clinical Practice
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Guidelines. Malesia,
Malaysia Sì Sì Sì No Sì
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Current
pharmacologic
American College
treatment of
of Physicians USA, 2008. Sì Sì No Sì Sì
dementia: a
(ACP).
clinical practice
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Clinical Practice
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Queensland
Care Pathways for
University of Australia,
People with Sì Sì Sì Sì Sì
Technology 2008.
Dementia Living
(QUT).
in the Community
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Tab. 8.2. Linee guida selezionate nello studio. MP: multi-professionale. MD: multi-disciplinare.
AP: studio che ha coinvolto un’associazione dei pazienti. GRADE: Grading of Recommendations
Assessment, Development and Evaluation. AGREE Sì: lo studio ha seguito il metodo con uno
score > 5.

Le Clinical Practice Guidelines for Dementia in Australia [8], pubblicate a


febbraio 2016 con la partecipazione delle Australian and New Zealand
Society for Geriatric Medicine, The Royal Australian and New Zealand
College of Psychiatrists, Australian College of Rural and Remote Medicine,
474 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Occupational Therapy Australia e Exercise & Sports Science Australia, sono


state redatte usando il processo ADAPTE [28] a partire da raccomandazioni
già presenti in un’altra linea guida di alta qualità [20] adattate al contesto
australiano attraverso revisioni sistematiche della letteratura per verificare
se le raccomandazioni riflettessero le più recenti evidenze scientifiche; le
raccomandazioni sono classificate come “evidence based
recommendations”, “consensus based recommendations” o “practice
points”. Ogni raccomandazione basata sulle evidenze è supportata dal
grado di qualità delle evidenze che varia da molto basso ad alto, valutato
secondo il sistema Grading of Recommendations Assessment, Development and
Evaluation (GRADE). Non c’è conflitto di interesse dichiarato.
Le linee guida del Ministry of Health Singapore [9] sono state pubblicate
nell’aprile 2013 con la collaborazione di Alzheimer’s Disease Association,
Academy of Medicine of Singapore, Clinical Neuroscience Society of
Singapore, College of Family Physicians of Singapore, College of Physicians,
Academy of Singapore, National Neuroscience Institute, Singapore Medical
Association, Singapore Psychiatric Association, Society for Geriatric
Medicine, Singapore; Hanno coinvolto un team multidisciplinare e
multiprofessionale e le associazioni di pazienti. Trattano anche il MCI e
l’esordio precoce. Esprimono le raccomandazioni con una gradazione da A a
GPP (Good Practice Point) per la forza della raccomandazione e classificano il
livello delle evidenze da 1++ a 4. Non c’è conflitto di interesse dichiarato.
La European Federation of Neurological Sciences [10-12] ha redatto e
pubblicato nel 2010 le “EFNS guidelines for the diagnosis and management
of Alzheimer’s disease” con lo scopo di aggiornare la versione precedente
del 2008 con raccomandazioni basate sulle nuove evidenze; In questa linea
guida non viene trattato il Mild Cognitive Impairment (MCI) né le demenze
non-Alzheimer. Il gruppo di lavoro ha revisionato evidenze derivanti da
articoli originali, meta-analisi e revisioni sistematiche pubblicate prima di
maggio 2009, le evidenze sono state classificate a seconda della forza (classi
di evidenza I, II, III, e IV) e le raccomandazioni graduate secondo la guida
EFNS (grado A, B o C). Quando era presente chiaro consenso ma con
mancanza di evidenza la raccomandazione è stata etichettata come buona
pratica. Nel 2012 la stessa società ha pubblicato le “EFNS-ENS Guidelines on
the diagnosis and management of disorders associated with dementia” che
revisiona forme di demenza di tipo non-Alzheimer (demenza vascolare,
demenza frontotemporale, demenza a corpi di Lewy, sindrome
corticobasale, paralisi sopranucleare progressiva, demenza nel Parkinson,
malattia di Huntington, malattia da prioni, idrocefalo normoteso, encefalite
limbica e altri disordini tossici e metabolici). Sono state analizzate evidenze
scientifiche pubblicate prima di giugno 2011 e classificate in livelli di
8. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle demenze 475

evidenza; per le raccomandazioni è stata usata la stessa classificazione. Non


c’è conflitto di interesse dichiarato e il team di ricerca è stato
multiprofessionale e multidisciplinare.
Il Third Canadian Consensus Conference on the Diagnosis and Treatment of
Dementia [13-19] ha avuto luogo a Montreal nel 2006 coinvolgendo la
comunità accademica Canadese che lavorava nella ricerca e nella cura
dell’Alzheimer, attenendosi nella struttura e nell’organizzazione alle linee
guida stabilite dalla collaborazione AGREE. Hanno avuto il supporto del
Canadian Institutes of Health Research, Fonds de la Recherche en Santé du
Québec, Alzheimer Society of Canada, Canadian Neurological Society,
Canadian College of Family Physicians, Canadian Academy of Geriatric
Psychiatrists, Quebec Research Network on Aging e Canadian Geriatric
Society. Le linee guida sono state sviluppate usando una revisione
sistematica della letteratura con criteri specifici per la selezione degli studi e
valutazione della qualità. Sono stati selezionati studi pubblicati da gennaio
1996 fino a dicembre 2005. Per ottenere il consenso era necessario l’80% o
più di accordo tra i partecipanti. Hanno graduato la forza delle
raccomandazioni secondo i criteri della Canadian Task Force on Preventive
Health Care e dalla Consensus sono stati sviluppati una serie di 6 articoli
case-based pubblicati su CMAJ che sottolineano le raccomandazioni più
importanti e che si focalizzano su fattori di rischio e prevenzione dell’AD,
MCI, diagnosi, management della demenza da lieve a moderata, trattamento
farmacologico, demenza grave. Nel maggio 2012 a Montreal si è svolto il
Fourth Canadian Consensus Conference on the Diagnosis and Treatment of
Dementia con lo scopo di aggiornare le strategie diagnostiche, i trattamenti
sintomatici e definire l’approccio alle forme rapidamente progressive e ad
esordio precoce. Esperti e delegati di diverse discipline e associazioni di
pazienti si sono riuniti per discutere e approvare la revisione delle linee
guida del 2006. Il sistema GRADE è stato usato per valutare il consenso e le
raccomandazioni e codificare la forza delle raccomandazioni (forte o debole)
e i livelli di evidenza (A, B, C). Il processo ha seguito i criteri AGREE (20
criteri su 23 rispettati).
Il National Institute for Health and Clinical Excellence [20] ha pubblicato nel
2006 le linee guida dal titolo “Dementia: supporting people with dementia
and their carers in health and social care” poi revisionate nel 2012, nel 2016 e
nel 2018. Queste linee guida sono state sviluppate dal National
Collaborating Centre for Mental Health in collaborazione con il Social Care
Institute for Excellence (SCIE), utilizzando sia un Gruppo di sviluppo delle
linee guida multiprofessionale e multidisciplinare che si è occupato di
revisionare la letteratura e formulare le raccomandazioni secondo il sistema
476 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

AGREE II che un gruppo di revisione delle linee guida indipendente


incaricato di supervisionare lo sviluppo della linea guida. I team includono
associazioni di pazienti. Non è dichiarato conflitto di interesse. Fornisce
specifiche raccomandazioni su malattia d’Alzheimer, demenza a corpi di
Lewy, demenza frontotemporale, demenze vascolari e miste, ma anche
raccomandazioni che possono applicarsi a tutti i tipi di demenza. Non è
presente un sistema di gradazione delle raccomandazioni ma per ogni
raccomandazione è espresso la percentuale di consenso.
La British Association for Psychopharmacology [21] ha pubblicato nel 2011
la linea guida dal titolo “Clinical practice with anti-dementia drugs: a
revised (second) consensus statement from the British Association for
Psychopharmacology”. Un meeting di esperti multidisciplinare e
multiprofessionale comprensivo di una rappresentanza di pazienti, si è
riunito nel gennaio 2010 a Manchester per revisionare la versione
precedente delle linee guida 2006 sull’uso in pratica clinica dei farmaci anti
demenza. Sono stati inclusi nella revisione tutti gli articoli rilevanti
pubblicati entro dicembre 2009. I livelli di evidenza sono stati classificati
secondo gli standard approvati da I a IV e la forza delle raccomandazioni
secondo il GRADE da A a D. Non c’è conflitto di interessi dichiarato.
L’American College of Medical Genetics [22] pubblica nel 2011 le linee guida
dal titolo “Genetic counseling and testing for Alzheimer disease: Joint
practice guidelines of the American College of Medical Genetics and the
National Society of Genetic Counselors” che si focalizzano sulla genetica
dell’Alzheimer fornendo le indicazioni per definire il rischio genetico nei
pazienti con malattia d’Alzheimer e individuando i pazienti che potrebbero
beneficiare di test genetici. Non usa classificazioni delle evidenze e delle
raccomandazioni.
Il Clinical Research Centre for Dementia of South Korea [23] nel 2011
pubblica la “Clinical practice Guideline for dementia”, svolgendo un’analisi
sistematica delle linee guida pubblicate dal 1997 al 2007, selezionando 4
linee guida secondo i criteri di selezione del Korean Guideline Instrument
for Evaluation e il sistema AGREE. Il gruppo di lavoro ha deciso di adattare
precedenti linee guida straniere attraverso la metodologia proposta dalla
collaborazione ADAPTE. Le raccomandazioni seguono il sistema GRADE e
indicano i livelli di evidenza.
Il California Workgroup on Guidelines [24] ha pubblicato nel 2011 la
“Alzheimer’s Disease Management Guideline: Update 2008”: questa
seconda revisione tratta della gestione della malattia d’Alzheimer post
diagnosi, includendo i trattamenti farmacologici e non farmacologici della
malattia e dei disturbi comportamentali e il declino funzionale. Quaranta
8. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle demenze 477

esperti, provenienti da tutta la California, sono stai divisi in 4 gruppi di


lavoro per revisionare la letteratura dal 2002 al 2008. Le linee guida rivisitate
sono divise in 4 sezioni: valutazione, trattamento, educazione e supporto del
paziente e della famiglia, considerazioni legali. Le raccomandazioni non
seguono il sistema di grading. Le raccomandazioni seguono un livello di
forza correlato al livello delle evidenze.
Il Ministry of Health Malaysia [25] nel 2009 pubblica le linee guida dal titolo
“Management of Dementia” che costituiscono la seconda edizione delle
clinical practice guideline del 2003. Il gruppo di lavoro ha incluso un team
multidisciplinare del ministero della salute della Malesia. Questo
documento è stato adattato dalle linee guida NICE-SCIE del 2006 usando il
sistema AGREE, integrando nuove evidenze. Sia le raccomandazioni che le
evidenze hanno un sistema di GRADE.
L’American College of Physicians [26] ha pubblicato nel 2008 le linee guida
dal titolo “Current Pharmacologic Treatment of Dementia: A Clinical
Practice Guideline from the American College of Physicians and the
American Academy of Family Physicians”, selezionando studi dal 1986 al
2006. Due revisori indipendenti hanno valutato la qualità degli studi da
includere con l’uso del Jadad score. Le raccomandazioni seguono il modello
GRADE.
La Queensland University of Technology [27] ha pubblicato nel 2008 le
“Clinical Practice Guidelines and Care Pathways for People with Dementia
Living in the Community” che sono state sviluppate sotto la direzione di un
team multidisciplinare e in consultazione con i consumatori: hanno
effettuato una revisione sistematica della letteratura e delle linee guida
esistenti attraverso il sistema AGREE. Le raccomandazioni estratte sono
graduate a secondo del livello di evidenza.

8.4. Discussione

8.4.1. Screening
Lo screening generale dei pazienti a rischio di sviluppo di demenza non è
raccomandato [8, 9, 20, 25]. Invece è utile lo screening degli individui che
presentano comorbidità associate allo sviluppo di demenza (ictus, deficit
dell’apprendimento, sindrome di Down) [8 ,9, 10, 20, 25] anche ripetuto nel
tempo. Lo screening genetico dovrebbe essere richiesto solo in persone a
rischio di sviluppare una demenza autosomica dominante [9, 11, 20, 22, 23]
solo dopo aver ottenuto il consenso [11, 22, 23] ed aver effettuato una
consulenza genetica [11, 22]. Infine lo studio del genotipo
478 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

dell’Apolipoproteina E (ApoE) [9, 11, 14, 22] non risulta efficace nel predire
il rischio di malattia.

8.4.2. Diagnosi
C’è completo accordo tra le linee guida che per porre diagnosi debbano
essere utilizzati i criteri diagnostici stabiliti dalla consensus internazionale
[9, 10, 14, 20, 21, 25]. L’utilizzo del DSM-IV è raccomandato da 4 linee guida
[9, 14, 20, 25]; altri criteri diagnostici consigliati includono l’ICD-10 [20, 25] e
il NINCDS-ADRDA [14, 25]. La diagnosi deve essere posta da medici esperti
nella valutazione della demenza [8, 9, 20, 25, 27]. Alcuni gruppi di lavoro
raccomandano moderatamente di consultarsi con un centro specializzato
nella gestione della demenza [20] o con uno specialista (geriatra, psichiatra
geriatrico o neurologo) [8, 27]. La diagnosi dei sottotipi di demenza è più
complessa e deve essere posta da medici esperti utilizzando i criteri
standardizzati internazionali [9, 20, 21, 25, 27]. Nove linee guida trattano
l’utilizzo dell’imaging e di test ausiliari nella diagnosi di demenza: c’è
completo accordo che in ogni percorso di diagnosi e valutazione della
demenza debba essere effettuato almeno una volta un esame di imaging,
nello specifico TC o RM ma con livelli di evidenza diversi (da moderato a
forte) [9, 10, 12, 14, 21, 23, 25, 27]. L’imaging funzionale non è raccomandato
tra gli esami di routine dal Ministero della Salute della Malesia [25], mentre
altri gruppi suggeriscono l’utilizzo di tecniche quali la TC a emissione di
fotone singolo e la tomografia ad emissione di positrone se la diagnosi è
incerta dopo aver effettuato le indagini classiche o se si presenta la necessità
di differenziare il sottotipo di demenza che il paziente presenta [11, 12, 20,
21, 23]. La biopsia del tessuto cerebrale deve essere eseguita solo in casi
estremamente selezionati [11, 20, 23]. Solo il gruppo EFNS tratta l’imaging
amiloideo, non raccomandandolo per l’utilizzo clinico routinario [12].
L’analisi del liquor cefalorachidiano [20, 23, 25] e l’EEG [8, 11, 20, 25] non
deve essere eseguita tra i test di routine; tuttavia alcuni gruppi ne
sostengono l’utilizzo in casi selezionati con presentazioni atipiche [10, 11, 20,
21, 23]. I test genetici, inclusa l’ApoE, non sono raccomandati di routine [9,
10, 20, 22, 23, 25].

8.4.3. Informare il paziente


Anche se c’è consenso tra le linee guida sulla necessità di informare il
paziente sulla diagnosi con tempestività e sensibilità risulta essere una
buona pratica priva di evidenze a sostegno [8, 9, 13, 20, 25, 27]. È presente
anche accordo sulla necessità di usare un lessico appropriato e rispettoso [8,
9, 20, 25]. C’è consenso sull’ importanza di domandare al paziente il suo
8. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle demenze 479

desiderio di conoscere la diagnosi e con quali persone condividere tale


informazione ma con diversi livelli di evidenza [8, 9, 20, 25]. L’offerta di
supporto, educazione e informazioni al paziente e ai suoi familiari [8, 10, 16,
24, 25, 27] senza ritardi di alcuna sorta [9, 10, 16] varia il suo livello di
evidenza tra alto e buona pratica.

8.4.4. Valutazione cognitiva


La valutazione cognitiva è necessaria per porre diagnosi e valutare la
severità della malattia. Otto linee guida raccomandano fortemente di
eseguire una valutazione cognitiva per tutti gli individui i cui caregiver o
loro stessi lamentino un decadimento [8, 9, 11, 16, 20, 23, 24, 27], utilizzando
strumenti validi e standardizzati. In alcune linee guida sono raccomandati
strumenti adattati anche alle popolazioni indigene o analfabete [8, 25, 27]. È
raccomandato ripetere la valutazione cognitiva per follow up della malattia
e del trattamento [9-11, 20, 23, 24, 27]. Sei linee guida raccomandano
l’esecuzione di test neuropsicologici, in aggiunta alle valutazioni standard,
nei casi moderati o dubbi di demenza o nei casi ad esordio precoce o
rapidamente progressivi [9-11, 14, 20, 23, 25].

8.4.5. Comorbidità
La valutazione e il trattamento delle comorbidità e delle cause
potenzialmente reversibili di decadimento cognitivo sono raccomandate
fortemente da cinque linee guida [8, 9, 11, 14, 20]. Sette linee guida
raccomandano debolmente l’esecuzione di esami ematochimici approfonditi
(emocromo completo, TSH, elettroliti, calcio, glicemia a digiuno e vitamina
B12 e i livelli di folati) [9, 11, 14, 20, 23, 25, 27].
Alcune linee guida affrontano anche la ricerca di sifilide e HIV
sconsigliandola come indagine di routine, a meno che il paziente abbia
un’anamnesi suggestiva per un’infezione di questo tipo [9-11, 20, 25].

8.4.6. Trattamenti non farmacologici


Sei linee guida raccomandano fortemente la valutazione e la gestione delle
ADLs (Activities Of Daily Living) anche con l’aiuto del terapista
occupazionale [8, 9, 12, 20, 24, 27]: un’importante raccomandazione
condivisa da tre gruppi consiste nel valutare le ADLs e documentarne i
cambiamenti nel tempo [8,20,24]. È raccomandato valutare l’ambiente
domestico ed apportare eventuali modifiche [8, 9, 20]. I gruppi del CCC [17],
della QUT [27] e della CPGDA [8] e della NICE [20] raccomandano ma con
forza differente di promuovere e mantenere la funzionalità e
480 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

l’indipendenza. Quattro linee guida raccomandano la ricerca e la denuncia


dell’abuso dei pazienti affetti da demenza [8, 20, 24, 27]. È raccomandato
redigere i progetti e i programmi riabilitativi incorporando tutti gli aspetti
clinici, sociali ed affettivi delle persone colpite. [20, 24, 25]. Cinque linee
guida consigliano di assegnare i pazienti a servizi locali di supporto come
parte del trattamento [8, 12, 16, 20, 24].
Gli articoli presentano raccomandazioni deboli sull’esercizio e le attività
ricreative [8, 9, 16, 24]. Quattro linee guida trattano i programmi di
stimolazione cognitiva, ma non tutte concordano che ci siano sufficienti
evidenze per proporre raccomandazioni [10, 16, 20, 25]. L’argomento della
guida di autoveicoli è trattato da sei linee guida: la possibilità di guidare
deve essere valutata al momento della diagnosi e ad intervalli regolari; il
grado di questa evidenza è però inconsistente [10, 11, 16, 24, 27]. Quattro
linee guida concludono che devono essere fornite informazioni sulle risorse
comunitarie e mediche, ma il grado di evidenza è inconsistente [9, 11, 20,
27]. L’assistenza in strutture dedicate è trattata da cinque linee guida con
raccomandazioni contrastanti [8, 12, 16, 20, 27].

8.4.7. Trattamenti farmacologici


I nootropi (anche noti come “farmaci intelligenti”) possono essere utilizzati
in associazione ai trattamenti non farmacologici [9, 25]. Sei linee guida,
basandosi su evidenze non sempre concordanti, raccomandano di valutare
la farmacoterapia in base ai rischi, ai benefici e agli effetti collaterali [8, 9, 12,
16, 20, 26]. Le linee guida raccomandano gli inibitori delle colinesterasi nella
demenza tipo Alzheimer lieve-moderata e moderata-severa [8, 9, 10, 16, 20,
21, 24, 25, 26]. C’è accordo sull’utilizzo della memantina (un inibitore
dell’acido N-metil-D-aspartico) nella demenza lieve [8, 9, 17, 20] e nella
demenza moderata-severa (raccomandazione forte basata su evidenze di
elevata qualità) [8, 9, 10, 17, 20, 21]. Il Ministero della Salute di Singapore [9]
raccomanda fortemente la prescrizione di un inibitore della acetil-
colinesterasi nella demenza vascolare, mentre il CCC [16] raccomanda
specificatamente il donepezil come opzione di trattamento. C’è accordo
sull’utilizzo dell’inibitore dell’acetilcolinesterasi nel trattamento della
demenza con corpi di Lewy (DLB) (livello di evidenza moderato-forte) [9,
21]: la rivastigmina è l’agente principalmente utilizzato [11, 25].
Per quanto riguarda la demenza vascolare, numerose linee guida offrono
deboli raccomandazioni sull’identificazione e sul trattamento farmacologico
dei fattori di rischio vascolari [9, 16, 25].
Raccomandazioni contrastanti supportano la combinazione di inibitori della
colinesterasi e memantina nella demenza moderata-severa [8, 16, 17, 21, 25].
8. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle demenze 481

Il MOH(S) [9] suggerisce inoltre di tenere in considerazione gli antagonisti


del NMDA nella terapia della demenza vascolare, mentre il CCC [16] non
sostiene tale intervento. Solo la EFNS tratta l’uso degli antagonisti del
NMDA, sostenendo che non c’è un livello di evidenza sufficiente per
stabilire una raccomandazione a favore o contro il suo impiego [11].
Il donezepil non è raccomandato dalle linee guida NICE [20] e dalla British
Association for Psychopharmacology [21] ed il suo livello di evidenza è
ritenuto troppo basso dal MOH(S) [9] per consigliarne o sconsigliarne l’uso.
Nella demenza fronto-temporale (FTD) c’è accordo unanime tra le linee
guida che la terapia con inibitori dell’acetilcolinesterasi può essere dannosa
[11, 21, 25]. La EFNS [11] e il MOH(M) [25] sconsigliano anche l’uso della
memantina. La EFNS inoltre sconsiglia l’impiego degli inibitori selettivi del
reuptake della serotonina (SSRI) e degli agonisti della dopamina [11]
(raccomandazione debole). Varie linee guida trattano altre farmacoterapie,
quali l’utilizzo di vitamine ed integratori: la Gingko Biloba non è
raccomandata [9, 11, 16, 21, 25]; tutte le linee guida sconsigliano il
trattamento con omega-3 [9, 12, 20, 25], acido folico [9,16,21,25], vitamina
B12 [9, 16, 21, 25] e vitamina E [9, 10, 16, 20, 21, 25] e sconsigliano gli
antinfiammatori steroidei e non-steroidei [9, 10, 16, 20], l’acido
acetilsalicilico [9, 10, 16, 20], le statine [9, 10, 16, 21] e la terapia ormonale
sostitutiva [9, 10, 16, 20, 21].

8.4.8. Valutazione e trattamento dei sintomi comportamentali e


psicologici
Le linee guida raccomandano che i sintomi comportamentali e psicologici
nella demenza (BPSD) debbano essere valutati alla diagnosi e ad intervalli
regolari successivamente [8, 9, 11, 16, 20, 23, 24, 27]; consigliano inoltre di
ricercare fattori precipitanti del comportamento sui quali sia possibile
intervenire [13, 16] e di identificare e trattare il delirio [10, 20, 23]. È
raccomandato dare priorità al trattamento non farmacologico, da associare
alla terapia farmacologica in un secondo momento [9, 10, 16, 17, 24]. La
farmacoterapia deve essere introdotta con attenzione, conoscendo i possibili
effetti collaterali [9, 16, 20]; i pazienti e le loro famiglie devono essere
informati dei rischi e dei benefici prima di iniziarla [9, 10, 25]. Gli
antipsicotici possono essere prescritti per trattare psicosi severe ed
agitazione, con forti raccomandazioni sull’utilizzo di agenti atipici [10, 17,
25]. Le dosi iniziali devono essere basse con un’attenta titolazione [10, 16,
20]. La terapia con antipsicotici deve essere rivalutata ed aggiustata il prima
possibile [9, 16, 17, 25]. C’è accordo generalizzato, basato su livelli di
482 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

evidenza moderati, che gli stabilizzatori dell’umore dovrebbero essere


considerati di prima linea nel trattamento dei BPSD associati alla DLB [9].
Le linee guida presentano un sufficiente accordo riguardo le modifiche
ambientali [8, 9, 20, 24]. Quattro linee guida trattano la musicoterapia,
consigliandola [8, 9, 16, 20, 25]. Le NICE consigliano inoltre la Pet Therapy
[20]. Il CCC suggerisce l’uso di benzodiazepine con livelli di evidenza bassi
[17]. La CPGDA [8] consiglia l’utilizzo di risperidone e olanzapina nel
trattamento delle psicosi e dell’agitazione. Il MOH(S) raccomanda
debolmente l’uso di nootropi nei BPSD associati alla FTD [9]. Una sola linea
guida [8] suggerisce l’utilizzo di analgesici nella gestione dei disturbi
comportamentali (basso livello di evidenza).
Quattro linee guida trattano l’aromaterapia [8, 9, 16, 20, 25], ma solo il CCC
[16] e le NICE [20] la consigliano. Quattro linee guida trattano la massage
therapy, ma solo tre ne raccomandano l’utilizzo [8, 9, 16]. Due linee guida
trattano la bright light therapy [16, 25], ma solo il CCC ne raccomanda
l’utilizzo con livelli di evidenza bassi [16]. L’uso della stimolazione
multisensoriale, anche conosciuto come terapia Snoezelen, non trova
consenso tra le linee guida [9, 16, 17, 20, 25]. Gli antipsicotici sono
generalmente non preferibili nel trattamento della DLB [16, 20]. Non ci sono
sufficienti evidenze per consigliare o sconsigliare l’utilizzo di trazodone [17].
Si raccomanda di testare gli inibitori dell’acetilcolinesterasi o gli antagonisti
del recettore NMDA per i BPSD nella malattia di Alzheimer se il trattamento
antipsicotico si dimostra inefficace; tuttavia, tale raccomandazione trova
livelli di evidenza inconsistenti nelle linee guida [9, 16, 20, 25].
Gli stabilizzatori dell’umore sono fortemente sconsigliati dal MOH(S) [9];
non c’è accordo sull’uso degli SSRI nei BPSD relativi alla FTD [8, 9, 21, 25].

8.4.9. Valutazione e trattamento dei cambiamenti dell’umore


Le linee guida raccomandano di valutare la presenza di depressione
associata alla demenza [8, 9, 11, 16, 20, 23, 25]. Quattro linee guida
concordano che gli antidepressivi debbano essere utilizzati al fallimento
della terapia non farmacologica o in casi severi [8, 9, 20, 25]: gli SSRI sono
preferibili (raccomandazione moderata-forte) [8, 10, 17, 25].
Le linee guida concordano che la terapia comportamentale e la psicoterapia
debbano essere i trattamenti di scelta nella gestione della depressione
(livello di evidenza moderato) [9, 20, 25]. La reminescence therapy è
debolmente raccomandata da tre linea guida [8, 9, 25]. Cinque linee guida
trattano la necessità di valutare il livello di dolore del paziente
(raccomandazione debole-moderata) [8, 9, 20, 25, 27]. Due linee guida
8. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle demenze 483

raccomandano debolmente uno protocollo a gradini per il trattamento del


dolore (livello di evidenza basso) [9, 25]. Il CCC raccomanda la cura del
sonno e la prescrizione di benzodiazepine in casi selezionati [16] (evidenza
debole). Non c’è consenso sulla ricerca di disturbi ansiosi [9, 16, 20, 25]. Gli
antidepressivi triciclici sono fortemente sconsigliati [8, 10, 16, 20].

8.4.10. Supporto al caregiver


È fortemente raccomandata da cinque linee guida la valutazione routinaria
dei bisogni del caregiver [8, 9, 16, 20, 25]; trova inoltre simile accordo la
necessità di individuare interventi multidisciplinari e personalizzati [8, 9, 20,
27]. La terapia comportamentale cognitiva è raccomandata, nonostante
presenti livelli di raccomandazione significativamente differenti tra le varie
linee guida [8, 9, 11, 16, 20, 24, 25, 27] tre linee guida concordano che debba
essere offerta l’assistenza di sollievo [8, 9, 20].
L’impatto economico della gestione del paziente con demenza deve essere
previsto e bisogna discuterne i possibili benefici (raccomandazione debole)
[9, 20, 27].

8.4.11. Pianificazione decisionale e assistenza avanzata


C’è sostanziale consenso tra i vari gruppi di lavoro circa la valutazione della
capacità e dei cambiamenti nella competenza legale nel tempo che è
raccomandata [8, 9, 16, 27] ma presenta tuttavia un livello di evidenza
debole. Si dovrebbe valutare l'uso delle direttive avanzate e l'identificazione
dei sostituti per le decisioni mediche e legali [10, 24, 25, 27]. I pazienti
dovrebbero essere incoraggiati ad ottenere una procura duratura qualora
siano ancora in possesso di capacità decisionale [9, 10, 16, 20, 24].

8.4.12. Cure palliative


C’è accordo sul fatto che lo staff medico debba discutere le problematiche
delle fasi terminali con i pazienti e le loro famiglie [8, 20, 24, 27]. Si
incoraggiano la nutrizione e l’idratazione per via orale [8, 20, 25]. I pazienti
devono dichiarare espressamente i propri desideri in caso di necessità di
rianimazione cardiopolmonare [8, 9, 20, 25]. La nutrizione enterale deve
essere scoraggiata [8, 9, 20, 25, 27].
484 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

8.5. Raccomandazioni farmacologiche e riabilitative

8.5.1. Raccomandazioni forti a favore


È raccomandato lo screening genetico nelle famiglie con mutazione
autosomica dominante e lo screening clinico in pazienti con comorbidità.
È raccomandato porre diagnosi secondo i criteri diagnostici stabiliti dalla
consensus internazionale, con il supporto di imaging anatomico e personale
medico esperto nella materia.
È raccomandato informare il paziente rispettando i suoi desideri e i suoi
tempi e fornire al paziente e ai caregivers informazioni, educazione e
supporto.
È raccomandato eseguire una valutazione cognitiva per appurare ogni
deficit cognitivo riferito, è necessario utilizzare test standardizzati e
approvati per le varie popolazioni; sono raccomandati i test neuropsicologici
di approfondimento. È raccomandata la valutazione delle comorbidità e
delle cause potenzialmente reversibili di decadimento cognitivo meritevoli
di trattamento specifico.
È raccomandato valutare l’autonomia nelle ADL e l’ambiente domestico e
apportare modifiche dove necessario; è raccomandato promuovere e
mantenere l’indipendenza e la funzionalità attraverso programmi
riabilitativi personalizzati e vigilare sull’abuso dei pazienti.
È raccomandato l’uso degli inibitori delle colinesterasi nella demenza di tipo
Alzheimer lieve-moderata e moderata-severa e l’uso della memantina nella
demenza di tipo Alzheimer lieve moderata e moderata severa; è
raccomandato il trattamento dei fattori di rischio vascolari.
È raccomandato valutare regolarmente i sintomi comportamentali e
psicologici nella demenza. Gli antipsicotici sono raccomandati per psicosi
severe ed agitazione, preferendo agenti atipici. Gli stabilizzatori dell’umore
sono raccomandati nel trattamento dei BPSD associati alla Demenza a corpi
di Lewy. L’uso degli inibitori dell’acetilcolinesterasi o gli antagonisti del
recettore NMDA sono raccomandati per i BPSD nella malattia di Alzheimer.
È raccomandato valutare la presenza di depressione e il trattamento con
SSRI è da preferire.
È raccomandato la valutazione del benessere e dei bisogni del caregiver; è
raccomandato un intervento multidisciplinare e personalizzato.
È raccomandato preparare le famiglie e i pazienti alle problematiche di fine
vita; è raccomandato incoraggiare i pazienti ad esprimere i desideri circa la
rianimazione cardio polmonare.
8. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle demenze 485

8.5.2. Raccomandazioni di grado moderato-debole a favore


Potrebbe essere raccomandato l’uso di imaging funzionale, analisi del liquor
e EEG solo in casi selezionati con presentazioni atipiche.
Potrebbe essere raccomandato effettuare esami ematochimici diagnostici di
approfondimento; la ricerca della sifilide e del virus dell’HIV potrebbe
essere raccomandata solo in casi suggestivi di infezione.
Potrebbe essere raccomandato l’esercizio fisico, le attività di svago e i servizi
locali di supporto. Potrebbe essere raccomandate le modifiche ambientali, la
musicoterapia, la Pet Therapy e i massaggi. Potrebbe essere raccomandato
l’uso degli inibitori delle colinesterasi nella demenza a corpi di Lewy e nella
demenza vascolare, l’uso della memantina nella demenza vascolare;
potrebbe essere raccomandato l’uso in combinazione di inibitori della AChE
e memantina nella demenza di tipo Alzheimer o mista. Potrebbe essere
raccomandato l’uso di terapia comportamentale e della reminiscence
therapy; potrebbe essere raccomandata la valutazione del dolore e la relativa
terapia.
Potrebbe essere raccomandata la terapia cognitiva comportamentale.
Potrebbe essere raccomandato la valutazione delle capacità giuridica, la
ricerca di un sostituto legale e l’ottenimento di una procura.

8.5.3. Interventi non raccomandati


Non è raccomandato lo screening nella popolazione generale né lo studio
del genotipo ApoE. Non è raccomandato eseguire test genetici di routine,
l’imaging amiloideo, e la biopsia cerebrale.
Non è raccomandato l’uso di inibitori della AChE e memantina nella
demenza di tipo frontotemporale; non sono raccomandati i trattamenti con
omega 3, acido folico, vitamina E, vitamina B12, antinfiammatori steroidei e
non steroidei, statine e terapia ormonale sostitutiva. Non è raccomandato
l’uso degli stabilizzatori dell’umore e non sono raccomandati gli
antipsicotici nella LBD. Non sono raccomandati gli antidepressivi triciclici
nel trattamento dei cambiamenti dell’umore.
Non è raccomandata la stimolazione multisensoriale.
Non è raccomandata la nutrizione enterale.

8.5.4. Raccomandazioni non formulabili


Non sono formulabili raccomandazioni riguardo la stimolazione cognitiva,
la valutazione della capacità di guida e l’assistenza in strutture dedicate.
486 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Non c’è accordo su quale molecola tra gli inibitori delle acetilcolinesterasi
sia da preferire nel trattamento farmacologico.
Non sono formulabili raccomandazioni riguardo l’uso degli SSRI nei BPSD
relativi alla FTD, la bright light therapy e l’uso dell’aromaterapia.

CONCLUSIONI

La letteratura fornisce un adeguato numero di studi sulla valutazione e la


diagnosi della demenza, mentre le raccomandazioni sulla gestione e sul
trattamento spesso mancano di profondità, consistenza e/o consenso. Solo la
metà delle linee guida analizzate tratta lo screening, che dovrebbe essere
limitato a casi selezionati ad alto rischio. I test cognitivi, effettuati con
strumenti standardizzati sono raccomandati da numerose linee guida.
Nonostante sia presente una miriade di test diagnostici, la letteratura
fornisce pochi consigli su quali siano preferibili; inoltre alcuni di questi test
sono specifici delle regioni che hanno prodotto le linee guida e non hanno
quindi un livello di evidenza chiaro.
È importante discriminare le demenze primarie da quelle secondarie in
quanto queste ultime possono usufruire di un trattamento specifico.
Effettuare almeno una volta un esame di imaging è ben supportato dalle
linee guida: la TC e la RM sono le opzioni di prima scelta, anche se non si
specifica la modalità preferibile.
Numerose linee guida trattano la condivisione di informazioni con i pazienti e
le famiglie, concordando che sia fondamentale stabilire una comunicazione
aperta e precoce e fornire educazione e supporto; tuttavia, poiché queste
pratiche mancano di livelli di evidenza, la loro raccomandazione è solitamente
debole.
Oltre due terzi delle linee guida discutono le strategie di trattamento non
farmacologico: molte raccomandazioni mancano di consistenza e sono
generalmente deboli o basate su studi con bassi livelli di evidenza, il che
rende difficile per i caregiver determinare l’approccio da utilizzare.
Per quanto riguarda il trattamento farmacologico dei sintomi cognitivi della
demenza, gli inibitori delle colinesterasi sono fortemente raccomandati per
la demenza nell’Alzheimer e nella DLB; anche la memantina è fortemente
raccomandata per la demenza nell’Alzheimer moderata-severa. L’impatto
dei farmaci sulla cognizione e sulla funzionalità globale è modesto e ci sono
diverse opinioni riguardo il rapporto costo-beneficio.
Le linee guida sul trattamento farmacologico dei BPSD supportano l’utilizzo
giudizioso degli antipsicotici atipici, ma non specificano indicazioni,
dosaggi e titolazione né regimi di sospensione. La terapia cognitiva
8. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle demenze 487

comportamentale o la psicoterapia sono raccomandate da numerose linee


guida per il trattamento dei disturbi d’umore, nonostante i benefici di questa
terapia nei pazienti con demenza non siano ben definiti.
Il trattamento riabilitativo nei pazienti affetti da demenza assume un
significato diverso rispetto a quello della maggior parte delle patologie; non
mira al recupero delle funzioni perse né all’acquisizione di nuove
competenze e strategie compensative a causa della natura degenerativa
della patologia stessa con coinvolgimento dell’apprendimento, ma mira ad
adattare l’ambiente al paziente per aumentare e mantenere l’autonomia.
La metà delle linee guida tratta la pianificazione della cura avanzata, con
accordo unanime sul suo utilizzo; tuttavia la forza delle raccomandazioni è
variabile. Nonostante la demenza sia una patologia progressiva e terminale,
la terapia palliativa è trattata solo da un terzo delle linee guida: le
raccomandazioni mancano però di chiarezza e consistenza. Non sono
attualmente disponibili linee guida sulla pianificazione e sull’assistenza
delle fasi terminali con livello di evidenza sufficientemente elevato per
fornire raccomandazioni.
La letteratura ad oggi presenta numerose linee guida di pratica clinica con
elevati livelli di evidenza per la diagnosi e il trattamento della demenza;
nonostante i confronti diretti siano complicati dalle variazioni nei modelli di
grading, la maggior parte di queste concorda su molti dei punti chiave che
possono sostenere la buona pratica clinica.
Saranno necessari ulteriori studi che approfondiscano l’utilità degli approcci
riabilitativi e neurocognitivi alla demenza.
488

Tabella 8. 3.

INTERVENTO CPGDA MOH(S) EFNS CCC NICE BAP ACMG CRCSK CWG MOH(M) ACP QUT

SCREENING

Screening generale dei


Rd NR (2B) NR NRf
pazienti a rischio.

Screening dei pazienti


Rd Rd (C) Rf (1B) R Rd
con comorbidità.

Screening genetico per


NRd (B) Rf (1B) R R Rd (D)
demenza autosomico
dominante.

Studio dell’ApoE. NRf (1B) NRf (1B) NRf (E) NR

DIAGNOSI

Utilizzo dei criteri


diagnostici stabiliti dalla Rf (1B) Rf (IA) Rf (1A) R Rf (1A) Rf
consensus
internazionale.

Utilizzo del DSM-IV. Rf (1B) Rf (1A) R Rf

Utilizzo dell’ICD-10. R Rf
LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa
INTERVENTO CPGDA MOH(S) EFNS CCC NICE BAP ACMG CRCSK CWG MOH(M) ACP QUT

Utilizzo del NINCDS-


Rf (1B) Rf
ADRDA.

Medici esperti nella


valutazione della Rd Rd (gpp) Rd (gpp) R Rd (D) Rf
demenza.

Centro specializzato
Rd Rd (D) R
nella gestione della
demenza.

Specialista (geriatra,
psichiatra geriatrico o Rd Rd (GPP) Rd
neurologo).

Diagnosi dei sottotipi di


8. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle demenze

demenza con criteri Rd (D) R Rf (1A) Rd Rf


standardizzati
internazionali.

Esame di imaging (TC o


Rf Rf (B) Rf (B) Rf (B) R Rf (A) Rf Rf Rd
RM).

Rd Rf (B) Rf (A) NRd


Imaging funzionale.
489
490

INTERVENTO CPGDA MOH(S) EFNS CCC NICE BAP ACMG CRCSK CWG MOH(M) ACP QUT

Imaging alternativo se la
Rd (D) Rd (C) R R Rd
diagnosi è incerta.

Imaging amiloideo
NRf (IA)
nell’utilizzo clinico
routinario.

Analisi del liquor


NR NRf NRd
routinario.

Rd NRf (A) NR NRd


EEG routinario.

Analisi del liquor ed


R (fB) R Rd (B) Rf Rf
EEG in casi selezionati.

Biopsia solo in casi Rf (B) R Rf


selezionati.

Test genetici. NRf (B) NRf (B) NR NR NRd NRd

INFORMARE IL PAZIENTE

Chiedere il desiderio di
Rd Rd (B) Rd (B) R Rd
conoscere la diagnosi e
con chi condividerla.
LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa
INTERVENTO CPGDA MOH(S) EFNS CCC NICE BAP ACMG CRCSK CWG MOH(M) ACP QUT

Supporto, educazione e
informazione al paziente Rf Rd Rf (A) Rf (A) R R Rd Rd
e ai care-givers.

COMORBIDITÀ

Valutazione e
trattamento delle
Rf Rf Rf (A) Rf (IA) R
comorbidità e delle
cause potenzialmente
reversibili demenza.

Esami ematochimici
8. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle demenze

Rd (B) Rd (GPP) Rd (B) R Rd Rd Rd


approfonditi.

Ricerca di sifilide e HIV


Rd (B) Rd (GPP) R Rd
se il paziente ha
un’anamnesi suggestiva.

TRATTAMENTI NON FARMACOLOGICI

Promuovere e
Rd Rd (B) Rf (A) R
mantenere funzionalità
e indipendenza
491
492

INTERVENTO CPGDA MOH(S) EFNS CCC NICE BAP ACMG CRCSK CWG MOH(M) ACP QUT

Valutazione
dell’ambiente domestico Rd Rd (B) R
ed eventuali modifiche.

Rf Rf (B) Rf (A) R R
Valutazione delle ADLs.

Esercizio ed attività
Rd Rd (C) Rd (B) R
ricreative.

Programmi di Rd (B) Rd (gpp) R Rd


stimolazione cognitiva.

Ricerca e denuncia di
Rd R R Rd
abuso dei pazienti.

Valutazione della Rd (D) Rd (gpp) Rd (C) R Rd


possibilità di guidare.
LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa
INTERVENTO CPGDA MOH(S) EFNS CCC NICE BAP ACMG CRCSK CWG MOH(M) ACP QUT

Assegnare i pazienti a
servizi locali di Rd Rd (GPP) Rd (C) R R
supporto.

TRATTAMENTI FARMACOLOGICI

Nootropi in associazione
Rf (A) Rd
a trattamenti non
8. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle demenze

farmacologici.

Valutazione dei rischi,


dei benefici e degli R Rf (A) Rd (gpp) Rf (IA) R Rd
effetti collat. dei farmaci.

Inibitori dell’AChE nei


casi lievi-moderati e
R Rf (A) Rf (A) Rf (IA) R Rf (A) R Rf Rd
moderati-severi di
demenza tipo
Alzheimer.
493
494

INTERVENTO CPGDA MOH(S) EFNS CCC NICE BAP ACMG CRCSK CWG MOH(M) ACP QUT

Memantina nella
R Rf (A) Rf (IA) R
demenza lieve.

Memantina nella
R Rf (A) Rf (A) Rf (IA) R Rf (A) Rf
demenza moderata-
severa.

Combinazione di
inibitori della AChE e R Rf (A) Rd (2B) R Rd (B) Rf
memantina.

Trattamento dei fattori Rd (gpp) Rd (B) Rd (IB) R Rd


di rischio vascolari.

Inibitore delle AChE


nella demenza Rf (A) Rf (A) Rf (IB) NR Rf (A)
vascolare.

Rf (A) Rf (IB) R R
Donepezil.

Antagonisti del NMDA


nella demenza Rf (A) NR Rf (A)
vascolare.

Inibitore dell’AChE
Rd (B) Rd (B) NR Rf (A) Rf
nella demenza con corpi
di Lewy.
LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa
INTERVENTO CPGDA MOH(S) EFNS CCC NICE BAP ACMG CRCSK CWG MOH(M) ACP QUT

Inibitori dell’AChE nella


demenza fronto- Rd (C) NRd (B) NR NRf
temporale.

Memantina nella
Rd (C) NRd (B) NRd
demenza fronto-
temporale.

SSRI e degli agonisti


Rd (B) NR Rd (B)
della dopamina.

NRf (B) NRf (A) NR NRf (A) NRf


Gingko Biloba.

Omega-3. NRf (B) NRf (A) NR NRf


8. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle demenze

Acido folico. NRf (B) NR NRf (A) NRf

Vitamina B12. NRf (B) NR NRf (A) NRf

Vitamina E. NRf (B) NRf (A) NR NR NRf (A) NRf

Antinfiammatori NRf (A) NRf (A) NR NR


steroidei e non-steroidei.

Acido acetilsalicilico. NRf (A) NRf (A) NR NR


495
496

INTERVENTO CPGDA MOH(S) EFNS CCC NICE BAP ACMG CRCSK CWG MOH(M) ACP QUT

Statine. NRf (A) NRf (A) NR NR NRf (A)

Terapia ormonale NRf (A) NRf (A) NR NR NRf (A)


sostitutiva.

VALUTAZIONE COGNITIVA

Valutazione cognitiva
Rf Rf (A) Rf (A) Rf (IA) Rf R Rd
per decadimento riferito
dai caregiver.

Test neuropsicologici nei


casi moderati o dubbi di Rf Rf (A) Rf (A) Rf (IA) R Rd Rf
demenza.

VALUTAZIONE E TRATTAMENTO DEI SINTOMI COMPORTAMENTALI E PSICOLOGICI

Valutazione alla
Rf Rf (A) Rf (B) Rf (IB) R Rf R Rd
diagnosi e ad intervalli
regolari.

Ricerca dei fattori


precipitanti del Rd (C) Rf (IB)
comportamento.

Identificare e trattare il Rf (A) R Rf


delirio.
LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa
INTERVENTO CPGDA MOH(S) EFNS CCC NICE BAP ACMG CRCSK CWG MOH(M) ACP QUT

Il trattamento non
farmacologico
prioritario, associato poi Rd (B) Rd (C) Rd (IB) R
alla terapia
farmacologica.

Rd Rd (C) R R
Modifiche ambientali.

Musicoterapia. Rd Rd (B) Rd (2B) R Rd

Aromaterapia. NR NRf (A) Rd (2B) R NRf

Pet therapy. R
8. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle demenze

Rd Rd (B) R R NRf
Massage therapy.

Bright light therapy. R NRf

Stimolazione NRf (A) NR NR NR


multisensoriale.

Antipsicotici nelle
psicosi severe ed R Rf (A) Rf (A) R Rf
agitazione.
497
498

INTERVENTO CPGDA MOH(S) EFNS CCC NICE BAP ACMG CRCSK CWG MOH(M) ACP QUT

Antipsicotici nella
NRf NR NR
demenza a corpi di
Lewy.

Benzodiazepine. R

Trazodone. I (2B)

Stabilizzatori NR
dell’umore.

Uso degli SSRI nella


demenza fronto- I I I (2B) I I
temporale.

Risperidone e
olanzapina nel R
trattamento delle psicosi
e dell’agitazione.

Inibitori dell’AChE o
antagonisti del recettore
NMDA nella malattia di
Rf (Gpp) Rf (1B) R Rf
Alzheimer se
trattamento
antipsicotico inefficace.
LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa
INTERVENTO CPGDA MOH(S) EFNS CCC NICE BAP ACMG CRCSK CWG MOH(M) ACP QUT

Inibitori dell’AChe o
antagonisti del recettore
Rd (B)
NMDA nella DLB e
nella demenza fronto-
temporale.

Analgesici nella gestione


dei disturbi Rd
comportamentali.

VALUTAZIONE E TRATTAMENTO DEI CAMBIAMENTI DELL’UMORE

Valutare la presenza di Rf Rf (A) Rf (A) R Rd


depressione.

Terapia
8. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle demenze

comportamentale e
Rf Rf (A) R Rd
psicoterapia nella
gestione della depress.

Rd Rd (B) Rd
Reminiscence therapy.

SSRI in caso di
fallimento della terapia
Rd Rd (B) Rd (B) Rf
non farmacologica o in
casi severi.
499
500

INTERVENTO CPGDA MOH(S) EFNS CCC NICE BAP ACMG CRCSK CWG MOH(M) ACP QUT

NRf
NRf (A) NRf (A) NR
Antidepressivi triciclici. (A)

Valutare il dolore. Rd R R Rd Rd

Cura del sonno e


prescrizione di Rf (2A)
benzodiazepine in casi
selezionati.

SUPPORTO AL CAREGIVER

Valutazione routinaria Rd Rf (A) Rf (B) R Rf


dei bisogni del caregiv.

Interventi personalizzati
Rd Rf (A) R Rd
e multitarget.

Terapia
Rd Rf (A) Rf (B) Rf (B) R R Rf Rd
comportamentale
cognitiva.

Discutere l’impatto
economico della
Rf (gpp) R Rd
gestione del paziente
con demenza.
LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa
INTERVENTO CPGDA MOH(S) EFNS CCC NICE BAP ACMG CRCSK CWG MOH(M) ACP QUT

Rd Rd (gpp) R
Assistenza di sollievo.

PIANIFICAZIONE DECISIONALE E ASSISTENZA AVANZATA

Valutazione della
Rd
capacità e della Rd (gpp) Rd (2B) Rd
(GPP)
competenza legale nel
tempo.

Identificazione dei
sostituti per le decisioni Rd (B) R Rd Rd
mediche e legali.

Rd (gpp) Rd (GPP) Rd (2B) R R


Ottenimento di procura.
8. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle demenze

CURE PALLIATIVE

Discutere le
problematiche delle fasi Rd R R Rd
terminali con i pazienti e
le loro famiglie.

Nutrizione e idratazione
Rd R Rd
per via orale.
501
502

INTERVENTO CPGDA MOH(S) EFNS CCC NICE BAP ACMG CRCSK CWG MOH(M) ACP QUT

Rd Rd (gpp) NR NRd NRd


Nutrizione enterale.

Espressione di desiderio
di rianimazione Rd Rd (gpp) R Rd
cardiopolmonare.

Rf: fortemente raccomandato; Rd: debolemente raccomandato; I: raccomandazione incerta; NRf = fortemente non raccomandato; NRd: debolmente non
raccomandato. Tra parentesi è espresso il livello di grade.
LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa
8. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle demenze 503

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http://eprints.qut.edu.au/17393.
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Adaptation: ADAPTE, 2009.
Prof. Valter Santilli

Linee guida, buone pratiche


ed evidenze scientifiche
in Medicina Fisica e Riabilitativa

Capitolo 9

Buone pratiche e linee guida riabilitative


nel trattamento della paralisi del nervo facciale

Coautori

Alessia Cardarola MD, Teresa Paolucci MD, PhD


Paola Colonnelli FT
9. Buone pratiche e linee guida riabilitative
9. Buone pratiche e della
nel trattamento linee guida riabilitative
paralisi del nervo nel
facciale
trattamento della paralisi del nervo facciale
Coautori
Alessia Cardarola 1 MD, Teresa Paolucci 2 MD, PhD, Paola Colonnelli 3 FT
Coautori
1

Alessia Cardarola1 MD, Teresa Paolucci2 MD, PhD, Paola Colonnelli3 FT
Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
2
Dirigente Medico di I Livello, Medicina Fisica e Riabilitativa, Policlinico Universitario
1 Scuola di Specializzazione
“Umberto I”, Roma in Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
23 Dirigente
Fisioterapista,
MedicoPoliclinico Universitario
di I Livello, “Umberto
Medicina Fisica I”, Roma
e Riabilitativa, Policlinico Universitario
“Umberto I”, Roma
3 Fisioterapista, Policlinico Universitario “Umberto I”, Roma

ABSTRACT

Background: Alla luce dell’attuale orientamento normativo Italiano in ambito


medico-legale, occorre attenersi alle raccomandazioni delle linee guida e delle
buone pratiche cliniche per impostare un corretto trattamento riabilitativo.
Obiettivo: Confrontare le raccomandazioni fornite dalle linee guida (LG)
degli ultimi 10 anni, ove presenti, in ambito riabilitativo nelle paralisi facciali
di diversa eziologia e fornire indicazioni utili per formulare delle indicazioni
di buona pratica clinica, alla luce delle recenti evidenze scientifiche, laddove
non vi fossero LG.
Fonti dei dati: Revisione sistematica delle linee guida pubblicate dal 2008 al
2018 e delle revisioni sistematiche, con e senza meta-analisi, pubblicate dal
2013 al 2018, disponibili in versione completa in lingua inglese utilizzando i
database Medline, PEDro, Cochrane, Google Scholar, NICE e riviste
scientifiche online, utilizzando i parametri di ricerca “facial palsy” AND / OR
“rehabilitation”, “facial paralysis” AND / OR “rehabilitation”, “facial palsy”
AND / OR “exercise”, “facial paralysis” AND / OR “exercise”, “facial palsy
treatment”, “facial paralysis treatment”.
Selezione degli studi: Sono stati incluse solo le linee guida e le revisioni
sistematiche che hanno preso in considerazione il trattamento
fisiokinesiterapico e / o con l’impiego di mezzi fisici nella riabilitazione delle
paralisi facciale.
Conclusioni: Le linee guida riportate riguardano esclusivamente le paralisi
di Bell. Le revisioni sistematiche hanno evidenziato una insufficienza di studi
di elevata qualità.
508 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

INTRODUZIONE

La paralisi facciale (PF) è caratterizzata da un quadro clinico complesso e


spesso poco trattato in ambito riabilitativo.
L’incidenza della patologia è compresa tra i 23-35 casi per 100000 abitanti,
colpisce entrambe i generi senza sostanziali differenze tra i sessi, e con picchi
di maggior frequenza tra i 30 e 50 anni e tra i 60 e i 70 anni [1].
Segni clinici caratteristici dell’interessamento del VII nervo cranico possono
comprendere: incapacità espressiva del volto, lagoftalmo con segno di Bell
(evidente rotazione del bulbo oculare verso l'alto e verso l'esterno alla
chiusura palpebrale), riduzione della piega naso-labiale, chiusura parziale
della narice dell’emilato coinvolto, drop-down dell’angolo della bocca,
ridotta continenza orale, disgeusia e ageusia a carico del terzo anteriore della
lingua, alterata percezione sonora a causa del coinvolgimento del muscolo
stapediale. Il coinvolgimento dei muscoli mimici implica notevoli
ripercussioni sulla funzione espressivo-comunicativa e, inoltre, la perdita
dell’euritmia del volto determina un’alterazione dell’immagine di sé.
Entrambi questi aspetti sono alla base del notevole impatto psico-sociale di
questa patologia.
La paralisi facciale può essere sovranucleare o sottonucleare. Nel primo caso
è caratterizzata dal risparmio della porzione sovra orbitaria vicariata dalla
innervazione centrale controlaterale [2]; la paralisi periferica può essere
completa ed interessare tutto l’emivolto oppure solo alcuni gruppi muscolari,
a seconda del livello lesionale a carico dei rami nervosi coinvolti.
Le cause di paralisi facciali possono essere molteplici. Esistono forme
congenite come la Sindrome di Möbius [3] (ipoplasia congenita del muscolo
depressore dell'angolo della bocca o assenza dei muscoli facciali e della
relativa innervazione), e numerose forme acquisite primitive e secondarie.
La forma più comune di paralisi del VII nervo cranico è rappresentata
indubbiamente dalla paralisi di Bell, un tempo considerata idiopatica ma
della quale è nota attualmente l'eziologia virale da Herpes Simplex [4].
Altre patologie ad eziologia infettiva sono in grado di provocare paralisi del
nervo facciale, quali:

- La Sindrome di Ramsey-Hunt (da Herpes Zoster) [5];


- Meningiti (da Mycobacter Tubercolosis e Brucella);
- Otiti (otite esterna maligna, otite media acuta, otite media purulenta cronica,
colesteatoma).

Oltre all'eziologia infettiva, riconosciamo anche cause di natura


infiammatoria, come per la Sindrome di Guillan Barrè o per la rara sindrome
9. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della paralisi del nervo facciale 509

di Melkersson-Rosenthal (diplegia facciale ricorrente, edema facciale e pliche


linguali).
Cause intracraniche di paralisi facciale possono essere accidenti vascolari che
coinvolgono le arterie vertebrale, basilare e meningea media. Lesioni
neoplastiche benigne o maligne, primitive o secondarie, in sede intracranica,
intra-temporale (tumori glomici; colesteatoma; neurinomi del nervo facciale;
carcinomi dell’osso temporale o extratemporale (carcinomi della ghiandola
parotide; neurinomi del nervo facciale extracranico) possono provocare
lesioni di natura compressiva o infiltrativa del VII nervo cranico.
Esiti paretici a carico del nervo facciale possono essere conseguenti non già a
patologie coinvolgenti primariamente il nervo facciale, bensì a lesioni
iatrogene in corso di interventi chirurgici [6]. Esempi classici sono
rappresentati dall'asportazione dei neurinomi del nervo acustico e delle
neoplasie parotidee [7].
Non da ultimo, occorre considerare la possibile natura traumatica delle
lesioni nervose, in particolar modo in caso di fratture della rocca petrosa,
ferite penetranti, paralisi neonatali.
Pertanto il quadro clinico e la prognosi dipendono dall’origine della lesione
(centrale o periferica), dal tipo di danno neurologico (neuroaprassia,
assonotmesi, neurotmesi), dalle complicanze (es. lesioni corneali da
lagoftalmo, sincinesie e co-contrazioni), dall’eziologia della paralisi e dalla
presenza di eventuali comorbidità.
In questo ampio spettro di possibili paralisi facciali, alla luce dell’attuale
orientamento normativo Italiano in ambito medico-legale (Legge, 08/03/2017
n° 24, G.U. 17/03/2017), occorre attenersi alle raccomandazioni delle linee
guida e delle buone pratiche cliniche per potersi orientare per un corretto
inquadramento diagnostico e terapeutico. A tal fine nel nostro studio
abbiamo effettuato un’analisi critica delle linee guida (LG) e delle evidenze
scientifiche dell’ultimo decennio e delle evidenze scientifiche dell’ultimo
quinquennio.

9.1. Materiali e metodi

È stata condotta una ricerca sui principali motori di ricerca Medline, PEDro,
Cochrane, NICE e riviste scientifiche online, utilizzando i parametri di ricerca
“facial palsy” AND / OR “rehabilitation”, “facial paralysis” AND / OR
“rehabilitation”, “facial palsy” AND “exercise”, “facial paralysis” AND
“exercise”, “facial palsy treatment”, “facial paralysis treatment”.
510 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Sono stati indicati come limiti della ricerca: tipologia di articolo (linee guida),
disponibilità del testo (testo completo) lingua (inglese), data di pubblicazione
(ultimi 10 anni), specie (umani).
La ricerca è stata ulteriormente estesa, con i criteri sovra citati, alle revisioni
sistematiche, con e senza meta-analisi, utilizzando gli stessi termini per la
ricerca ma indicando tra i limiti: tipologia di articolo (revisioni sistematiche,
revisioni e meta-analisi), disponibilità del testo (testo completo), lingua
(inglese), data di pubblicazione (ultimi 5 anni), specie (umani).

9.2. Risultati

Dalla ricerca di linee guida sono risultate 2 LG delle quali riguardanti


prettamente le paralisi facciali e che danno indicazioni riabilitative.
Le linee guida selezionate sono:

- Management of Bell palsy: clinical practice guideline, pubblicate dal


Canadian Medical Association Journal nel 2014 [8];
- Clinical Practice Guideline: Bell’s palsy, pubblicate dal American Academy
of Otolaryngology-Head and NeckSurgery Foundation nel 2013 [9].

Nella prima delle linee guida [8] viene impiegato il metodo GRADE mentre
nella seconda [9] vengono indicati diversi livelli di raccomandazioni (Vedi
tabella 9.2.). Delle due solo la seconda si è avvalsa di un team
multidisciplinare e multiprofessionale, costituito da chirurghi specialisti del
distretto testa e collo, neurologi, medici di famiglia, fisioterapisti, un paziente
e dei metodologi.
Le caratteristiche principali delle linee guida sono state sintetizzate nella
tabella 9.1.
Dall’ulteriore ricerca di evidenze scientifiche sono emerse 13 revisioni
sistematiche di cui una meta-analisi e 10 revisioni. Queste sono state
selezionate utilizzando la Prisma check-list (vedi flow chart). Sono state prese
in considerazione le revisioni in cui sono riportati i risultati del trattamento
riabilitativo inteso come fisiochinesiterapia o trattamento con mezzi fisici
delle paralisi facciali.
Al termine della selezione sono emerse 14 revisioni sistematiche (vedi tabella
9.3.), di queste 1 è una comparazione di linee guida, e una meta-analisi. Le
revisioni semplici emerse con i sopra riportati criteri di ricerca sono 10 (vedi
tabella 9.4.).
Dalla revisione della letteratura, secondo i criteri sovra menzionati, non
emergono linee guida che si occupino nello specifico della riabilitazione delle
9. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della paralisi del nervo facciale 511

paralisi faciali nei pazienti con esiti di stroke. Ricercando sui principali motori
di ricerca “stroke AND facial palsy” “stroke AND facial paralysis” sono
emerse una revisione sistematica del 2015 di Dai et al. [10] ed una revisione
del 2017 di Schimmel et al. [11].

N° di record identificati mediante


ricerca nelle banche dati: 135

N° di record dopo
eliminazione dei
duplicati: 64

N° di record sottoposti N° di record


a screening: 24 esclusi:40

N° di articoli full-text
N° di articoli full-text esclusi,
valutati per
riportandone le motivazioni: 10
l’eleggibilità: 16
Esclusivamente chirurgici

N° di studi Esclusivamente farmacologici


inclusi nella
sintesi Non trattavano effettivamente
qualitativa: la riabilitazione
6

Fig. 9.1. Prisma flow chart.

Tabella 9.1.

LINEA GUIDA SOCIETÀ/ORGANISMI MULTI MULTI GRADE

ANNO/ LINK DISCIPLINARE PROFESSIONALE

Management of Canadian Medical


Bell palsy: clinical Association Journal, No No Sì
practice guideline 2014.
[8].
Clinical Practice American Academy of
Guideline: Bell’s Otolaryngology-Head and Sì Sì No
Palsy [9]. NeckSurgery Foundation,
2013.
Tab. 9.1. Linee guida.
512 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Indicazione Definizione Implicazione


Fortemente I vantaggi dell’approccio raccomandato Il clinico dovrebbe seguire
raccomandato superano ampiamente gli effetti negativi e la raccomandazione a meno
la qualità delle evidenze a supporto sono di di un approccio alternativo
grado A o B. In alcune specifiche razionale.
circostanze, quando è impossibile ottenere
studi di elevata qualità, è possibile
esprimere una raccomandazione forte
anche in presenza di studi di qualità
inferiore se comunque i vantaggi
dell’approccio raccomandato superano
ampiamente gli effetti negativi.

Raccomandato I vantaggi dell’approccio raccomandato Il clinico dovrebbe


superano gli effetti negativi e la qualità comunque generalmente
delle evidenze a supporto sono di grado B o seguire le indicazioni ma
C. In alcune specifiche circostanze, quando dovrebbe rimanere allertato
è impossibile ottenere studi di elevata sulla possibilità di nuove
qualità, è possibile esprimere una informazioni a riguardo e
raccomandazione anche in presenza di dovrebbe essere sensibile
studi di qualità inferiore se comunque i alle preferenze del paziente.
vantaggi dell’approccio raccomandato
superano gli effetti negativi.
Opzionale Gli studi condotti in merito sono di scarsa Il clinico dovrebbe
qualità (grado D) oppure gli studi di più dimostrarsi flessibile nel
elevata qualità dimostrano solo lievi decidere favorevolmente al
vantaggi rispetto ad altri trattamenti. trattamento opzionale e il
paziente dovrebbe avere un
ruolo influente nel processo
decisionale.
Non Assenza di evidenze e/o ruolo incerto nel Il clinico deve sentirsi
raccomandato bilancio rischi/benefici. limitato nello scegliere il
trattamento non
raccomandato, dovrebbe
essere attento alle novità di
trattamento ed il paziente
dovrebbe avere un ruolo
decisionale sostanziale.
Tab. 9.2. Definizioni impiegate per la formulazione delle indicazioni sulla base delle evidenze.

Tabella 9.3.

SYSTEMATIC SOCIETÀ/ORGANISMI FONTE ANNO PRISMA


REVIEW PAESE

Southern Illinois American


Common Questions University–Springfield Academy of
2014 No
About Bell Palsy [12]. Family Medicine Family
Residency Program. Physicians
9. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della paralisi del nervo facciale 513

Peripheral Facial
Nerve Palsy: How University of Eastern Otology &
2012 No
Effective Is Piedmont. Neurotology
Rehabilitation? [13].

Physical therapy for


Bell’s palsy Universidade Federal de
Cochrane 2012 Sì
(idiopathic facial São Paulo.
paralysis) [14].

Acupuncture for
Sichuan University. Cochrane 2010 Sì
Bell’s palsy [15].

Effectiveness of
electrical stimulation Physical
for rehabilitation of University of Sydney. Therapy 2017 No
facial nerve paralysis Reviews
[16].
Quality of Life Before
and After Different
Treatment Modalities
Radboud University. Laryngoscope 2016 No
in Periph. Facial
Palsy: A Systematic
Review [17].
Tab. 9.3. Revisioni sistematiche.

Tabella 9.4.

REVIEW SOCIETÀ/ORGANISMI FONTE ANNO

PAESE
A proposal for new
neurorehab. intervention on
Moebius Syndrome patients
University of Parma,
after ‘smile surgery’. Proof Neuroscience and
Université de Lyon. 2017
of concept based on mirror Biobehavioral Reviews
neuron system properties
and hand-mouth synergistic
activity [18].
Contemporary Solutions for
American Society of
the Treatment of Facial PRSJournal 2015
Nerve Paralysis [19]. Plastic Surgeons.
Universidade
Estadual de
Effects of Exercises on Bell’s Londrina, Private
Palsy: Systematic Review of Physiotherapy
Otology & Neurotology 2008
Randomized Controlled Practice, Jacarei and
Trials [20]. Universidade
Federal de Sao Paulo,
Sao Paulo, Brazil.
514 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Facial nerve damage


following surgery for
cerebellopontine angle Medical University Neurologia i
2011
tumours. Prevention and of Warsaw. Neurochirurgia Polska
comprehensive treatment
[21].
Management of Synkinesis
and Asymmetry in Facial University of Iranian Journal of
2014
Nerve Palsy: A Review Medical Sciences. Otorhinolaryngology,
Article [22].
Latest advances in the
Oregon Health and
management of facial Facial plastic surgery 2017
Science University.
synkinesis [23].
Neurological
Management of peripheral Department, Eur Arch
2008
facial nerve palsy [24]. Krankenanstalt Otorhinolaryngol (2008)
Rudolfstiftung.
Recent progress in facial University of Current Opinion in
paralysis: advances and Washington School Otolaryngology & Head 2010
obstacles [25]. of Medicine. and Neck Surgery
Habilitation of Facial Nerve
Dysfunction After Resection Medical College of
Otolaryngol Clin 2012
of a Vestibular Wisconsin.
Schwannoma [26].
Pediatric Facial Nerve Harvard Medical Facial Plast Surg Clin N
2014
Rehabilitation [27]. School. Am
Tab. 9.4. Revisioni.

9.3. Discussione

9.3.1. Linee guida ed evidenze scientifiche sulle paralisi facciali


sovranucleari
Dalla revisione della letteratura, secondo i criteri sovra menzionati, non
emergono linee guida che si occupino nello specifico della riabilitazione delle
paralisi faciali nei pazienti con esiti di stroke. Ricercando sui principali motori
di ricerca “stroke AND facial palsy” “stroke AND facial paralysis” sono
emerse una revisione sistematica del 2015 di Dai et al. [10] ed una revisione
del 2017 di Schimmel et al. [11] nelle quali si fa riferimento alla disfagia e alla
disartria conseguente al deficit dei muscoli masticatori compresi quelli
innervati dal VII nervo cranico In entrambe le revisioni si conclude che la
riabilitazione focalizzata al rinforzo ed al ripristino della coordinazione della
muscolatura masticatoria può rivelarsi utile poiché il recupero spontaneo è
raro e incompleto. Ciò nonostante si evidenzia la criticità della mancanza di
protocolli di riconosciuta efficacia.
9. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della paralisi del nervo facciale 515

La disfagia e la disartria nel paziente con ictus cerebri correlata è alla paralisi
del nervo faciale solo in parte, limitatamente alla motilità e alla competenza
labiale. Per le indicazioni di trattamento riabilitativo relativo alla disfagia ed
alla disartria post ictale si rimanda al relativo capitolo del manuale” (Santilli
V. 2017 [28]).

9.3.2. Linee guida ed evidenze scientifiche sulle paralisi facciali di


tipo periferico

9.3.2.1. Paralisi di Bell

9.3.2.1.1. Indicazioni diagnostiche


Le linee guida americane [8] attribuiscono una forte raccomandazione verso
la diagnosi clinica della paralisi di Bell e ne indica le principali caratteristiche:

- Esordio acuto (entro 72h) di paralisi o paresi monolaterale del volto;


- Esclusione di altre cause di paralisi facciale ad insorgenza acuta come ictus,
tumori parotidei, tumori del basicranio, tumori a carico del nervo faciale,
infezioni;
- Patologia autolimitante;
- Può interessare uomini e donne in egual misura, la fascia d’età maggiormente
colpita è quella tra i 15 ed i 45 anni, maggiormente nei soggetti diabetici, con
compromissione del sistema immunitario o in gravidanza.

L’impiego di indagini di laboratorio e di metodiche di imaging non è


raccomandato in casi di recente insorgenza mentre il riscontro
elettromiografico / elettroneurografico è considerato opzionale solo nei casi
di paralisi completa.
Entrambe le LG [8, 29] sono concordi nel riservare ulteriori indagini
diagnostiche da parte di specialisti in ambito delle paralisi facciali, ad i casi
che mostrano segni di peggioramento clinico o che non migliorano a 3 mesi.
Inoltre il team canadese specifica che è fortemente raccomandata la ricerca di
neoplasie in questi casi.
Nella revisione sistematica di Albers et al. [12] del 2014 viene raccomandata
l’impiego della risonanza magnetica nei casi in cui i sintomi peggiorino o
siano fluttuanti o persistano per più di 2 mesi al fine di escludere altre cause
di paralisi facciali (Livello di Evidenza C).
516 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

9.3.2.1.2. Indicazioni di trattamento


I trattamenti presi in considerazione sia dalle LG che dalla letteratura
comprendono sia la terapia farmacologica che riabilitativa con varie
metodiche.

- Trattamento farmacologico
Il trattamento farmacologico consiste nell’impiego di corticosteroidi ed
antivirali. A tal proposito entrambe le linee guida raccomandano fortemente
l’impiego di corticosteroidi già a partire dalle prime 72h. le linee guida
americane indicano 10 giorni di trattamento con prednisolone al dosaggio di
50mg o 5 giorni di prednisone a 60mg e successivi 5 giorni di decalage.
Le LG canadesi indicano un dosaggio complessivo di prednisone di 450mg,
quindi sostanzialmente sovrapponibili sebbene raccomandino la
somministrazione entro le 48h.
Entrambe le LG si pronunciano fortemente contro il trattamento antivirale in
monoterapia, mentre la terapia combinata antivirale e steroidea è solo
debolmente raccomandata o opzionale nei casi di paralisi grave.
Nella revisione sistematica di Albers et al. [12] del 2014 viene raccomandata la
somministrazione precoce di prednisone 60-80 mg/die per una settimana
(livello di evidenza A). La combinazione di steroidi e antivirali non ha
dimostrato un effetto sinergico e, pertanto non può essere raccomandato in
modo routinario. Tuttavia, in casi severi (House-Brackmann di livello IV o
maggiore), la combinazione di Valaciclovir (Valtrex 1 g 3volte/die per una
settimana) può essere proposto come trattamento farmacologico.

- Trattamento riabilitativo
Le LG non raccomandano la fisioterapia nei casi acuti, solo le LG canadesi [9]
raccomandano debolmente l’esercizio terapeutico nei casi che cronicizzano
(durata maggiore di 9 mesi [30]).
Le linee guida americane [8] precisano che nella letteratura cui fanno
riferimento, non vi è una precisa definizione di ciò che si intende per terapia
fisica per le paralisi di Bell. Si fa riferimento, piuttosto, a diverse modalità di
trattamento che includono trattamenti termali, elettroterapia, massaggio,
esercizio facciale e biofeedback e la maggior parte degli studi combinano più
di un trattamento.
Secondo la revisione sistematica di Albers et al. [12] del 2014 la terapia fisica
non comporta né benefici né effetti avversi nel trattamento della paralisi di Bell
(Livello di Evidenza B). Nella fattispecie sono state prese in considerazione le
principali tecniche quali elettrostimolazioni, esercizio e massaggio senza fare
distinzioni tra gli effetti dei singoli trattamenti né delle singole tecniche di
esercizio o trattamento manuale.
9. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della paralisi del nervo facciale 517

Kabat
Nella LG canadese si fa riferimento allo studio randomizzato controllato
italiano del 2010 [31] nel quale viene descritta la tecnica del metodo Kabat
come un metodo consistente nel facilitare la risposta volontaria imprimendo
una forza lungo linee diagonali rispetto all’asse sagittale del corpo, coerente
con l’andamento delle fibre muscolari. Vengono presi in considerazione tre
fulcri regionali considerazione: superiore, intermedio e inferiore. Il fulcro
superiore (fronte e occhi) è collegato tramite un asse verticale a quello
intermedio (naso), mentre il fulcro inferiore corrisponde alle aree funzionali
dell'articolazione, masticatoria e mimica e si trova lungo un asse orizzontale.
Quindi, l’azione sul fulcro superiore coinvolge anche gli altri due fulcri. La
stimolazione di questi tre fulcri è effettuato utilizzando contrazioni
controlaterali bilaterali e la stimolazione propriocettiva comprendente
l’allungamento, la contrazione contro massima resistenza, contatto manuale e
input verbali. Nel fulcro superiore, l'attivazione dei muscoli corrugatore dalla
fronte e orbicolare è effettuata attraverso trazioni verso l’alto o verso il basso,
sul piano verticale. Nel fulcro intermedio, l’attivazione del muscolo elevatore
comune dell’ala del naso e il labbro superiore vengono eseguiti anche
utilizzando movimenti di trazione, in questo caso contrario al normale
direzione, seguendo una linea verticale. Per il fulcro più basso, sul muscolo
risorio ed il muscolo orbicolare della bocca le manovre vengono eseguite sul
piano orizzontale, mentre, per il muscolo mentoniero lungo il piano verticale.
Nella revisione sistematica di Teixeira [14] del 2012 si afferma genericamente
che gli esercizi faciali hanno alcuni benefici nei casi di paralisi facciale
idiopatica cronica ma nel testo vengono citati due articolo di riferimento di cui
uno solo fa riferimento alla tecnica Kabat ed è lo stesso articolo citato dalle LG
canadesi (Barbara 2010 [31]). L’altro articolo citato si riferisce agli esercizi
facciali genericamente come “trattamento tradizionale”.

Elettrostimolazioni
Nelle linee guida canadesi si pone controindicazione all’impiego delle
elettrostimolazioni e si fa riferimento allo studio condotto da Alakram et al. del
2011 [32] nel quale viene venivano analizzati 2 gruppi di 16 pazienti totali pre-
trattamento (gruppo controllo) e post trattamento (gruppo di studio) con
diagnosi di paralisi di Bell insorta da meno di 30 giorni. Ciascun gruppo veniva
sottoposto a 3 sedute settimanali che comprendevano: 5 minuti di termoterapia
con impacchi caldi, 10 minuti di massaggio su volto, collo e compartimento
intra-orale della guancia, 10 minuti di esercizi di mimica. Al gruppo di studio
veniva somministrata corrente TENS con modalità pulsatile alla frequenza di
10 Hz e durata di 10 microsecondi. Per reclutare il maggior numero di fibre,
l’intensità è stata settata in base all’entità di stimolazione necessaria a produrre
una minima contrazione muscolare visibile nel lato non affetto. Le sedi di
applicazione sono state trattate separatamente per evitare l’insorgenza di
sincinesie. Questo studio, nel quale l’elettrostimolazione è stata impiegata in
518 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

concomitanza a trattamento manuale ed esercizio terapeutico attivo, non ha


condotto a risultati statisticamente significativi.
Nella revisione sistematica di Teixeira [14] del 2012 si afferma che
l’elettrostimolazione non aiutano nella ripresa funzionale e forse causano
maggiori complicanze. Gli studi a cui fa riferimento la revisione sistematica
sono stati considerati dagli autori di moderata qualità.
Nella revisione di Katie A Fargher et al. [16] non sono state trovate evidenze
scientifiche a supporto dell’impiego dell’elettrostimolazione.

Mime therapy
La Mime Therapy è la forma più comune di fisioterapia offerta ai pazienti e
consiste in massaggio, rilassamento, inibizione delle sincinesie e delle co-
contrazioni ed esercizi di espressione facciale [33]. Occorre precisare che nelle
linee guida viene indicato il termine massage ma non si specifica la tecnica
impiegata. L’indicazione debole nella LG canadese al trattamento fisioterapico
nelle paralisi di Bell croniche è stata basata sullo studio randomizzato
controllato di Heymans [34]. In questo studio viene descritto il trattamento di
Mime therapy dettagliatamente per modalità e durata del trattamento. Nella
revisione sistematica “Effects of Exercises on Bell_s Palsy: Systematic Review
of Randomized Controlled Trials” [20] viene riportata anche la durata delle
sedute eseguite nello studio di Beurskens and Heymans di 45 minuti [35].

Biofeedback (Mirror BFB, EMG-BFB)


Gli esercizi terapeutici che sfruttano il meccanismo di biofeedback, ovvero di
controllo da parte del paziente stesso, possono essere eseguiti sia allo specchio
(Mirror BFB) che con l’ausilio di elettrodi a registrazione elettromiografica
(EMG-BFB). Le apparecchiature elettromiografiche impiegate nell’EMG-BFB
possono essere tarate, in base alle capacità residue di contrazione del paziente,
per emettere segnali acustici al superamento della soglia impostata. Le tecniche
di biofeedback vengono sfruttate sia nelle fasi di recupero funzionale che nella
prevenzione e nel trattamento di sincinesie e co-contrazioni [36].
Nella revisione sistematica di dalla revisione di Cardoso et al. [20], sebbene
negli studi citati i risultati ottenuti con tali trattamenti evidenzino
miglioramenti significativi nella simmetria del volto ma non relativamente alle
sincinesie, questi risultano di scarsa qualità.

Agopuntura
Nelle linee guida americane [8] ed in base alla revisione sistematica cinese
Acupuncture for Bell’s palsy [15] il trattamento con agopuntura non è
raccomandato a causa della scarsa qualità degli studi.
Nella revisione sistematica di Teixeira [14] del 2012 si prende in considerazione
il trattamento combinato di agopuntura ed esercizi facciali. Sono stati presi in
considerazione 2 studi (ritenuti dagli autori di bassa qualità) in base ai quali
tale trattamento combinato sembra essere utile nel ridurre i casi di recupero
incompleto.
9. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della paralisi del nervo facciale 519

Tabella 9.5. Management of Bell palsy: clinical practice guideline CAN.

TRATTAMENTO SEVERITÀ RACCOMANDAZIONE FORZA CONFIDENZA


Qualsiasi Impiego raccomandato Forte Moderata
Corticosteroidi severità
Qualsiasi Raccomandazione contro Forte Moderata
Antivirali severità l’impiego in monoterapia
Corticosteroidi + PF da lievi a Raccomandazione contro Debole Moderata
antivirali moderate l’impiego
PF da severe a Impiego raccomandato Debole Moderata
complete
Acute; Nessuna Non Molto bassa
Esercizi fisioterapia Qualsiasi raccomandazione applicabile
severità
Acute; Raccomandazione contro Debole Molto bassa
Elettrostimolazione Qualsiasi l’impiego
severità
Decompressione PF da severe a Raccomandazione contro Debole Molto bassa
chirurgica complete l’impiego
Misure di protezione Qualsiasi Impiego raccomandato Forte Molto bassa
oculare per severità
lagoftalmo
PF Raccomandato nelle PF Forte Molto bassa
Videat specialistico Progressive che non migliorano o
peggiorano
PF Raccomandato nelle PF Forte Molto bassa
Ricerca di neoplasie Progressive che non migliorano o
peggiorano
Tab. 9.5. Riassunto linee guida canadesi.

Tabella 9.6. Clinical Practice Guideline: Bell’s Palsy USA.


TEST/TRATTAMENTO AZIONE Livello di
raccomandazione
Anamnesi ed esame Escludere cause evidenziabili di PF in Forte raccomandazione
obiettivo pazienti con PF ad insorgenza acuta
Test di laboratorio Non prescrivere di routine in pz con paralisi Raccomandazione contro
di Bell di nuova insorgenza
Imaging Non prescrivere di routine in pz con paralisi Raccomandazione contro
di Bell di nuova insorgenza
Corticosteroidi Prescrivere corticosteroidi orali entro le 72h Forte raccomandazione
dall’esordio dei sintomi in pz con età >16aa
Antivirali Non prescrivere in monoterapia in pz con Forte Raccomandazione
paralisi di Bell di nuova insorgenza contro
Corticosteroidi + antivirali Valutare la terapia combinata entro le 72h Opzionale
dall’esordio dei sintomi in pz con età >16aa
Misure di protezione Implementare le misure di protezione Forte raccomandazione
oculare per lagoftalmo oculare in caso di incompleta chiusura
EMG-ENG in PF incomplete Non prescrivere in pz con paralisi di Bell Raccomandazione contro
incomplete
EMG-ENG in PF complete Valutare in caso di Paralisi di Bell complete Opzionale
Decompressione chirurgica Nessuna raccomandazione Nessuna
raccomandazione
Agopuntura Nessuna raccomandazione Nessuna
raccomandazione
Fisioterapia Nessuna raccomandazione Nessuna
raccomandazione
520 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Rinviare a videat neurologico in caso di: Raccomandazione


1) nuovi segni neurologici o peggioramento
Follow-up 2) sviluppo di segni oculari
3) recupero incompleto a 3 mesi
dall’insorgenza
Tab. 9.6. Riassunto linee guida statunitensi.

9.3.2.2. Altre paralisi facciali


Non vi sono al momento linee guida in ambito riabilitativo riguardanti altre
paralisi facciali, pertanto è stato necessario far riferimento alle evidenze
scientifiche presenti nelle revisioni sistematiche. Purtroppo molte delle
review analizzate fanno riferimento a studi con campioni non omogenei per
patologia che comprendono anche i casi di paralisi di Bell.

9.3.2.2.1. Indicazioni di trattamento riabilitativo


Nell’ambito del trattamento riabilitativo in letteratura vengono considerate
varie opzioni. Nella revisione sistematica di Baricich et al. del 2012
“Peripheral Facial Nerve Palsy: How Effective Is Rehabilitation?” [13] è stato
attribuito un Livello C di raccomandazione all’inserimento della Mime
therapy nel progetto riabilitativo. Nello stesso studio viene evidenziata la
necessità di ulteriori RCT ben strutturati. Nella review di Kunert et al. del
2011 “Facial nerve damage following surgery for cerebello-pontine angle
tumours: Prevention and comprehensive treatment” [21] vengono prese in
analisi specificatamente le paralisi conseguenti a neoplasie cerebro-pontine
nelle quali, come in tutte le neoplasie, sono sconsigliati i mezzi fisici ma
vengono presi in esami gli esercizi terapeutici anche con meccanismo a
feedback. Questi ultimi vengono consigliati ma evidenziando il rapporto con
il timing specifico: nei casi di paralisi completa dopo resezione di neoplasie
cerebro-pontine non è indicato l’esercizio terapeutico precoce sia poiché non
vi è innervazione, sia perché aumenta il rischio di sviluppare successive
sincinesie; nei casi di paralisi incompleta può essere utile l’esercizio
terapeutico precoce. Nella revisione di Ryan M. Garcia et al. [19] è stato
evidenziato un miglioramento nella qualità della vita e nella mimica nei
pazienti con paralisi facciale flaccida, con ipertono o mista, sottoposti a
terapia fisica (Livello di evidenza: Terapeutico, IV). I trattamenti sono
personalizzati in base caratteristiche cliniche del paziente, sebbene i risultati
siano alterati dal recupero spontaneo. Le strategie di trattamento
comprendono la rieducazione funzionale, il massaggio dei tessuti molli, lo
stretching passivo e gli esercizi attivi. Nella revisione di Maya G. Sardesai et
al. [37] viene evidenziato come, sebbene alcuni tipi di fisioterapia siano
ampiamente utilizzati, negli studi sono riportati trattamenti diversi e vi sono
dati di outcome limitati a riguardo. Nella revisione di Kelli L. Rudman et al.
9. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della paralisi del nervo facciale 521

[26] viene trattata la riabilitazione chirurgica e fisioterapica delle paralisi


facciali in esito di neurinoma del nervo acustico. In questa revisione si fa
riferimento in particolare allo studio retrospettivo di Linndsay RW et al. [38]
nel quale sono stati presi in esame 160 pazienti sottoposti a trattamento
riabilitativo comprendente il massaggio (non viene specificata la tecnica),
esercizi attivi assistiti, esercizio terapeutico neuromuscolare allo specchio e/o
EMG-BFB, rilassamento/meditazione e limitazione dei movimenti massivi. I
risultati di tale studio dimostrano un significativo miglioramento dei
movimenti e la diminuzione delle sincinesie. La principale limitazione
consiste, però nella scarsa disponibilità di terapisti correttamente formati.

9.3.3. Gestione delle complicanze: sincinesie e co-contrazioni


Le sincinesie rappresentano una possibile complicanza nella
riabilitazione delle paralisi facciali e consistono in movimenti involontari
che accompagnano i movimenti facciali volontari. Esse sono spesso il risultato
di re-innervazioni aberranti e ipersensibilizzazione dei nuclei del nervo
faciale. Nella ricerca delle evidenze scientifiche sono emerse in particolare
due revisioni che sono incentrate sulla gestione delle sincinesie nelle paralisi
facciali [23, 39] a tal proposito la terapia fisica focalizzata al recupero del
controllo motorio, ed in particolar modo l’esercizio terapeutico allo specchio
e/o EMG-BFB, si è rivelata efficace. Nella revisione del 2017 [22] si
raccomanda l’impiego della tossina botulinica nel trattamento delle sincinesie
nelle paralisi facciali infiltrando specifici target responsabili delle contrazioni
involontarie al fine di rilassare l’emivolto affetto e facilitare la mimica
volontaria. Non vengono menzionati, però, né i dosaggi né i tempi di
somministrazione e né gli effetti collaterali.

CONCLUSIONI

9.4. Raccomandazioni per la diagnosi ed il trattamento delle


paralisi di Bell

9.4.1. Raccomandazioni di grado forte (non riabilitative)


Le raccomandazioni di grado forte sono esclusivamente di tipo profilattico e
farmacologico.
Si raccomanda fortemente la protezione oculare con impiego di colliri a base
di acido ialuronico, bendaggio notturno completo dell’occhio e bendaggio di
sostegno della palpebra inferiore in caso di lagoftalmo al fine di contrastare
l’istaurarsi di lesioni corneali. Si raccomanda fortemente il trattamento
corticosteroideo entro le 48-72h dall’insorgenza delle paralisi di Bell.
522 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

I protocolli di trattamento proposti sono:

- 10gg di prednisone: da iniziare entro 72h, 50mg per 5 gg, a seguire 60mg per
5 gg e successivo decalage (LG USA [9]);
- 10gg di prednisone dosaggio complessivo di 450mg entro le 48h (LG
CANADA [8].

9.4.2. Good Practice Point


Si raccomanda come buona pratica clinica il trattamento riabilitativo in caso
di paralisi di Bell cronica (durata >30gg). Dalla letteratura non si evidenzia
quale tipo di trattamento riabilitativo sia da prediligere. In base alle revisioni
sistematiche analizzate, le tecniche di trattamento secondo Kabat e la Mime
therapy hanno dato risultati favorevoli sebbene i dati attualmente disponibili
non siano sufficienti per dare raccomandazioni di grado più elevato.

9.4.3. Terapie non raccomandate


Non si raccomanda l’impiego dell’elettrostimolazione in quanto non è stata
provata l’efficacia e sono stati riportati effetti avversi, quali lo sviluppo di
sincinesie.

9.4.4. Raccomandazioni non formulabili


Non è possibile esprimere una raccomandazione nei confronti dell’agopuntura
per esiguità e scarsa qualità degli studi in merito.

Tabella 9.7. Raccomandazioni di grado forte.


Protezione oculare
Trattamento corticosteroideo entro le 48-72h
TERAPIE NON RACCOMANDATE
Elettrostimolazione
RACCOMANDAZIONI NON FORMULABILI
Agopuntura
GOOD PRACTICE POINT
Terapia fisica e riabilitativa Kabat
Mime therapy
BFB
Tab. 9.7. Raccomandazioni di grado forte.
9. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della paralisi del nervo facciale 523

9.5. Raccomandazioni per la diagnosi ed il trattamento delle


paralisi nucleari e sovranucleari di altro tipo

9.5.1. Raccomandazioni di grado forte


Non vi sono raccomandazioni di grado forte nella riabilitazione delle paralisi
facciale di natura differente dalla paralisi di Bell.

9.5.2. Raccomandazioni di grado moderato-debole


Vi è raccomandazione di grado moderato-debole all’impiego dell’esercizio
terapeutico nelle forme di paralisi facciale di natura differente dalla paralisi
di Bell. Il livello di raccomandazione è correlato alla insufficienza di
letteratura di alta qualità in merito.
Nel contesto dell’esercizio terapeutico si consiglia rieducazione funzionale, il
massaggio dei tessuti molli, lo stretching passivo e gli esercizi attivi.

9.5.3. Terapie non raccomandate


Vi è raccomandazione contro l’esercizio terapeutico precoce nelle paralisi
facciali conseguenti all’asportazione di lesioni cerebro-pontine al fine di
conseguire un sufficiente recupero dal punto di vista della reinnervazione e
per evitare di incorrere in sincinesie. Pur tuttavia occorre evidenziare che non
viene indicato cosa si intenda per “precoce”.
Vi è raccomandazione contro l’impiego di terapie fisiche con azione
biostimolante nei casi di paralisi facciali ad etiologia neoplastica.

Tabella 9.8. Raccomandazioni di grado moderato-debole.


Esercizio terapeutico Rieducazione funzionale
Massaggio dei tessuti molli
Stretching passivo
Esercizi attivi
TERAPIE NON RACCOMANDATE
Esercizio terapeutico precoce nelle paralisi facciali conseguenti all’asportazione di lesioni
cerebro-pontine
Terapie fisiche con azione biostimolante nei casi di paralisi facciali ad etiologia neoplastica
Tab. 9.8. Raccomandazioni di grado moderato-debole.
524 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

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256, 2014.
Prof. Valter Santilli

Linee guida, buone pratiche


ed evidenze scientifiche
in Medicina Fisica e Riabilitativa

Capitolo 10

Buone pratiche e linee guida riabilitative


nel trattamento delle rachialgie da causa specifica

Coautori

Giovanni Pintabona MD, Chiara Malpetti MD, Annalisa Di Cesare MD


10. Buone pratiche e linee guida riabilitative
nel trattamento delle rachialgie da causa specifica
10. Buone pratiche e linee guida riabilitative nel
Coautori
trattamento delle rachialgie da causa
Giovanni Pintabona  MD, Chiara Malpetti  MD, Annalisa Di Cesare  MD
1 1 2

specifica
1
Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
2
Coautori
Dirigente medico di I Livello, Medicina Fisica e Riabilitativa, Policlinico Universitario
“Umberto I”, Roma
Giovanni Pintabona¹ MD, Chiara Malpetti¹ MD, Annalisa Di Cesare² MD

¹ Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma


² Dirigente medico di I Livello, Medicina Fisica e Riabilitativa, Policlinico Universitario
“Umberto I”, Roma

ABSTRACT

Background: La spondilolistesi degenerativa e la stenosi degenerativa del


canale vertebrale lombare sono due entità patologiche causa di lombalgia
nella popolazione adulta ed anziana.
Obiettivi: Scopo di questo lavoro è individuare le strategie terapeutiche
farmacologiche e riabilitative da utilizzare in pazienti con lombalgia da
causa specifica, tramite una analisi critica delle più recenti linee guida.
Materiali e metodi: L’analisi sistematica della letteratura scientifica è
stata effettuata tramite utilizzo dei principali database (PubMed,
Medline, Cochrane, PEDro, Scholar). Le key-words analizzate sono state:
“degenerative spondylolisthesis”, ”lumbar spinal stenosis”, “conserva-
tive treatment”, “non-operative treatment”, “rehabilitation”, “guide-
lines”, “recommendations”. Sono state considerate in ordine progressivo:
le linee guida, le metanalisi e le revisioni sistematiche. Sono stati utilizzati
come filtri la pubblicazione antecedente al massimo di quindici anni, la
stesura in lingua inglese e la presenza di full text. Sono stati poi scartati
gli articoli incentrati sul trattamento chirurgico.
Risultati: Sono state individuate due linee guida elaborate dalla North
American Spine Society (NASS) e una italiana. Dalla loro analisi non è
emersa una concorde modalità circa il trattamento riabilitativo.
530 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Conclusioni: Il trattamento riabilitativo per le rachialgie da causa speci-


fica necessita a tutt’oggi di ulteriori studi che consentano di definire uni-
vocamente una linea in modo da poterne trarre un valido ausilio per la
pratica clinica.

INTRODUZIONE

Si parla di Specific Low Back Pain nel caso in cui sia possibile ricondurre la
sintomatologia dolorosa lombare ad una causa specifica: le cause più fre-
quenti sono la spondilolistesi degenerativa e la stenosi degenerativa del
canale vertebrale lombare [1-3]. La spondilolistesi degenerativa consiste in
uno scivolamento secondario di una vertebra rispetto ad una vertebra adia-
cente, associato a instabilità vertebrale segmentale [6, 8], conseguente ad in-
voluzione degenerativa faccettale o discale. È una patologia tipica dell’adulto
/ anziano e la sua incidenza è maggiore per il genere femminile [2, 4, 5]. La
stenosi degenerativa del canale vertebrale lombare viene definita dalle linee
guida americane come una condizione patologica in cui vi è un restringi-
mento anatomico del canale vertebrale con conseguente compressione delle
strutture nervose e vascolari, a seguito di cambiamenti degenerativi del ra-
chide [3]. Se sintomatica, causa una sindrome clinica con dolore gluteo e/o
lungo gli arti inferiori, con o senza dolore lombare [3]. L’incidenza della ste-
nosi degenerativa del canale vertebrale lombare è sottostimata, poiché la mag-
gior parte dei pazienti, presentando solo una stenosi parziale, risultano asin-
tomatici [7].
L’obiettivo di questo capitolo è raccogliere e comparare il contenuto delle li-
nee guida nazionali ed internazionali trattanti l’argomento, al fine di indivi-
duare le strategie farmacologiche e riabilitative da attuare nei pazienti con
rachialgia da causa specifica (spondilolistesi degenerativa e stenosi degenera-
tiva del canale vertebrale lombare).

10.1. Materiali e metodi

I lavori scientifici presi in esame in questo capitolo sono stati ricercati sui prin-
cipali data base (PubMed, Medline, Cochrane, PEDro, Scholar) inserendo i
termini “degenerative spondylolisthesis”, “lumbar spinal stenosis”, “conser-
vative treatment”, “non operative treatment”, “rehabilitation”, “guidelines”,
“recommendations”. I filtri di ricerca sono stati: documenti provvisti di full
text, in lingua inglese o italiana pubblicati negli ultimi quindici anni (ultima
ricerca effettuata: luglio 2018). Sono stati poi eliminati gli articoli doppi, quelli
riguardanti esclusivamente la diagnosi o il trattamento chirurgico e quelli re-
lativi al “non specific low back pain”. I lavori così selezionati comprendono
10. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle rachialgie da causa specifica 531

tre linee guida, di cui due internazionali e una italiana, presentanti tutte i ca-
ratteri di multidisciplinarietà, multiprofessionalità ed utilizzo del metodo
GRADE per la valutazione della qualità di evidenza degli studi, in linea con
le direttive dell’Istituto Superiore di Sanità (tabella 10.1.). La ricerca è stata
successivamente estesa alle meta-analisi e revisioni sistematiche pubblicati
negli ultimi quindici anni per quei trattamenti riabilitativi che, pur essendo
largamente utilizzati nella pratica clinica, non risultavano citati dalle linee
guida o per i quali non fosse riportata evidenza di efficacia.

Tabella 10.1. Linee guida nella riabilitazione delle rachialgie.


LINEE GUIDA SOCIETÀ FONTE MD MP GRADE
Diagnosis and treatment of degen-
NASS,
erative lumbar spondylolisthesis PubMed Sì Sì Sì
(2016).
[2].
Diagnosis and treatment of degen- NASS,
PubMed Sì Sì Sì
erative lumbar spinal stenosis [3]. (2013).
SIMFER-SIMG-
Diagnostic therapeutic flow-charts
SIN-SIOT, Simfer Sì Sì Sì
for low back pain patients [1].
(2006).
Tab. 10.1. Caratteristiche delle linee guida considerate (MD: multi-disciplinarietà, MP: multi-pro-
fessionalità, GRADE: presenza dei criteri di valutazione delle raccomandazioni secondo meto-
dica GRADE).

Fig. 10.1. PRISMA 2009 Flow Diagram.


532 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

10.2. Risultati

10.2.1. Caratteristiche generali delle linee guida


Le NASS 2016 [2], linee guida stilate dalla North American Spine Society, trat-
tano specificatamente della spondilolistesi degenerativa; rispondono ai criteri
di multidisciplinarietà, multiprofessionalità e seguono il sistema GRADE.
Le NASS 2013 [3], rispondono ai criteri di multidisciplinarietà, multiprofes-
sionalità, seguono il sistema GRADE e trattano specificatamente la stenosi del
canale vertebrale lombare. Vengono rinnovate approssimativamente ogni 5
anni. I gradi di raccomandazione utilizzati da entrambe le linee guida ameri-
cane comprendono:

- A: Buon livello di evidenza (Studi di livello I) a favore o contro la raccoman-


dazione di eseguire la procedura;
- B: Modesto livello di evidenza (Studi di II o III livello) a favore o contro la
raccomandazione di eseguire la procedura;
- C: Scarso livello di evidenza (Studi di IV o V livello) a favore o contro la rac-
comandazione di eseguire la procedura;
- I: Livello di evidenza insufficiente o conflittuale che non permette una racco-
mandazione a favore o contro l’esecuzione della procedura.

Le SIMFER 2006 [1], meno recenti delle linee guida americane, ma comunque
allo stesso livello per quanto riguarda gli standard richiesti di multidiscipli-
narietà, multiprofessionalità e utilizzo del sistema GRADE.
I gradi di raccomandazione utilizzati dalle linee guida italiane comprendono:

- A: L’indicazione ad eseguire o a non eseguire la procedura è fortemente rac-


comandata per tutti i pazienti. Si applica a raccomandazioni sostenute da
prove di buona qualità, di tipo I o II, o a raccomandazioni relative a problemi
o trattamenti non valutabili con RCT, o relative a dati ovvi della esperienza
clinica e non confutabili;
- B: Si nutrono dubbi sul fatto che l’esecuzione della procedura debba sempre
essere raccomandata per tutti i pazienti, ma si ritiene che la sua esecuzione
debba essere attentamente considerata;
- C: Esiste una sostanziale incertezza a favore o contro la raccomandazione di
eseguire la procedura. Si riferisce a procedure valutabili con studi controllati
randomizzati per le quali non sono stati reperiti studi oppure gli studi repe-
riti avevano risultati contrastanti, per cui non possono essere tratte conclu-
sioni sulla base dei dati di letteratura.

10.2.2. Confronto delle raccomandazioni


Nei paragrafi seguenti si procede ad una trattazione delle raccomandazioni
farmacologiche e riabilitative ottenute dal confronto di linee guida (SIMFER
10. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle rachialgie da causa specifica 533

2006, NASS 2013, NASS 2016) multidisciplinari, multiprofessionali e seguenti


un sistema chiaro e trasparente di rating delle evidenze (GRADE), ma non
sono state coinvolte associazioni di pazienti. Nessuna delle linee guida inse-
rite ha utilizzato la AGREE Reporting Check-list per la stesura.

10.2.2.1. Raccomandazioni farmacologiche


Nei pazienti con rachialgia da causa specifica obiettivo principale nella fase
iniziale del percorso riabilitativo è la riduzione della sintomatologia dolorosa.
A tale scopo il trattamento farmacologico si è dimostrato fondamentale. Le
linee guida americane sulla stenosi lombare degenerativa affermano che non
ci sono evidenze scientifiche che permettono di raccomandare o meno il trat-
tamento con farmaci antiinfiammatori steroidei, miorilassanti ed analgesici
(Grado I). Questo risultato è legato soprattutto alla mancanza di studi che in-
cludono gruppi di controllo non trattati con terapia farmacologica [3]. Mentre
l'argomento non viene preso in considerazione nelle linee guida sulla spondi-
lolistesi degenerativa [2]. Nelle linee guida italiane, invece, l’argomento viene
trattato in maniera ampia, dal momento che si estende il concetto ad una ge-
nerica pain killer therapy (Grado C) che comprende, oltre alla terapia farma-
cologica, anche la terapia manuale (mobilizzazioni/manipolazioni, massaggio
terapeutico) [1]. Le classi farmacologiche prese in considerazione sono il pa-
racetamolo con o senza oppioidi (Grado A), i Farmaci Anti-infiammatori Non
Steroidei (FANS) (Grado A), i miorilassanti (Grado A/B) e gli antidepressivi
(Grado A). Per tutti questi farmaci non vengono tuttavia specificati né dosag-
gio né durata del trattamento e non sono peraltro specificati l’ordine di som-
ministrazione o eventuali combinazioni tra gli stessi. Per quanto riguarda i
farmaci miorilassanti bisogna considerare che essi, oltre a non avere evidenza
di maggiore efficacia rispetto alle altre terapie farmacologiche, facilitano il ri-
schio di cadute e provocano sonnolenza (Grado A) e quindi devono essere
usati con cautela nei pazienti anziani. Inoltre sul loro utilizzo viene fatta una
distinzione in base al grado di disabilità del paziente con stenosi lombare:
mentre per un paziente con bassa disabilità tali farmaci possono essere racco-
mandati con Grado A, essi scendono a un Grado B di raccomandazione nel
caso di pazienti con alto livello di disabilità [1]. I farmaci antidepressivi, pur
essendo presenti nelle linee guida italiane (Grado A) [1], non vengono invece
presi in considerazione dalle linee guida americane.
Per quanto riguarda gabapentin e tramadolo, farmaci spesso utilizzati nella
pratica clinica, le linee guida italiane affermano che non ci sono evidenze
scientifiche né in senso positivo né in senso negativo (Grado B), mentre non
vengono citati dalle linee guida americane.
534 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

I farmaci corticosteroidei per via orale, pur essendo anch’essi ampiamente


utilizzati, non sono considerati nelle linee guida italiane né nelle linee guida
d’oltreoceano, motivo per cui non è possibile trarre conclusioni certe circa la
loro efficacia nel trattamento della sintomatologia dolorosa derivante dalle
patologie esaminate in questo capitolo.
Da recenti studi è emerso che l’infiltrazione di farmaci corticosteroidei per via
epidurale (Epidural Steroid Injection) potrebbe avere un ruolo positivo in ter-
mini di riduzione del dolore nei pazienti con stenosi degenerativa del canale
lombare ed infatti viene usata con sempre maggior frequenza come tecnica
poco invasiva, potenzialmente sicura e meno costosa della chirurgia sia in ter-
mini meramente economici che di impegno da parte del paziente [10]. Tra le
linee guida americane solo la linea guida NASS del 2013, più specifica per la
stenosi degenerativa del canale vertebrale lombare, produce una raccoman-
dazione in merito al trattamento infiltrativo epidurale con farmaci corticoste-
roidei. Essa raccomanda di eseguire le infiltrazioni epidurali interlaminari di
corticosteroidi nei pazienti che presentano claudicatio neurogena o segni e
sintomi di radicolopatia in quanto determinano una riduzione del dolore a
breve termine (da 2 settimane a 6 mesi), riscontrando però un conflitto di evi-
denze per quanto riguarda la loro efficacia sul follow up a lungo termine (21,
5-24 mesi) (Grado B) [3]. Inoltre le stesse linee guida affermano che un proto-
collo di infiltrazioni epidurali transforaminali radioguidate o di infiltrazioni
caudali di farmaci corticosteroidei determina una riduzione del dolore a me-
dio termine (3-36 mesi) nei pazienti con radicolopatia o claudicatio neurogena
da stenosi lombare (Grado C) [3]. Tale protocollo prevede che le infiltrazioni
epidurali vengano eseguite in presenza di un peggioramento della sintoma-
tologia dolorosa oppure quando essa recidiva con l’obiettivo di controllare la
sintomatologia dolorosa per un periodo di tempo prolungato al fine di otte-
nere una buona risposta terapeutica al trattamento conservativo [3].
Le linee guida italiane, invece, affermano che non c’è sufficiente evidenza
(Grado B) per l’utilizzo di questa terapia nel trattamento del dolore associato
a stenosi lombare [1]. Per quanto riguarda il ruolo dell’infiltrazione epidurale
di corticosteroidi nei pazienti con dolore lombare dovuto a spondilolistesi de-
generativa, né le linee guida italiane né quelle americane trattano l'argomento
e quindi non si possono trarre conclusioni in merito.
Le raccomandazioni farmacologiche trattate sono riassunte nella tabella 10.2.
10. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle rachialgie da causa specifica 535

Tabella 10.2. Raccomandazioni Farmacologiche.


NASS 2016 NASS 2013 SIMFER 2006
R G R G R G
Paracetamolo con o senza oppioidi
- R A
Anti-infiammatori non steroidei
- INC I R A
Miorilassanti
- INC I R A/B
Antidepressivi
- INC I R A
Infiltrazione epidurale di corticosteroidi
INC I R B/C INC B

Tab. 10.2. Raccomandazioni farmacologiche nelle Rachialgie. Sono riportate le terapie in fun-
zione dell’indicazione terapeutica; Legenda. In alto: R: raccomandazione, G: GRADE; in tabella:
R: raccomandato, INC: raccomandazione incerta, Grado di raccomandazione: A-B-C-I (NASS);
Grado di raccomandazione: A-B-C (SIMFER).

10.2.2.2. Raccomandazioni riabilitative


Recenti revisioni sistematiche tendono a voler approfondire la disputa tra
trattamento chirurgico e conservativo [17-18]. L’argomento è stato approfon-
dito nel 2016 per la stenosi degenerativa del canale vertebrale lombare da una
revisione sistematica Cochrane. In pazienti con stenosi lombare sintomatica,
non si è osservato un chiaro beneficio clinico nel follow-up a breve e lungo
termine tra coloro che si erano sottoposti a intervento chirurgico rispetto a
quei pazienti che avevano invece effettuato un trattamento conservativo. Non
è quindi possibile stabilire quale sia l'approccio migliore, anche considerando
che il tasso di eventi avversi (tra cui fratture dei processi spinosi, ischemia
coronarica, distress respiratorio, stroke, rischio di re-intervento, morte da
edema polmonare) risulta compreso tra il 10 e il 24% nei pazienti sottoposti
ad intervento chirurgico, mentre non si sono osservati eventi avversi per
quanto riguarda il trattamento conservativo [11].
Le linee guida NASS del 2013 sulla stenosi degenerativa del canale vertebrale
lombare, inoltre, affermano che il trattamento medico/interventistico (conser-
vativo) potrebbe determinare un miglioramento clinico a lungo termine (2-10
anni) in un’alta percentuale di pazienti (Grado C). Questo tipo di trattamento
può essere però preso in considerazione per pazienti con una stenosi lombare
lieve-moderata (Grado C), mentre in caso di stenosi lombare moderata-severa
la scelta si dovrebbe orientare maggiormente sulla chirurgia (Grado B). Essa
si è infatti dimostrata efficace nel migliorare l’outcome nel follow up a lungo
536 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

termine (> 4 anni) (Grado C) [3]. Mentre le linee guida NASS del 2016 specifi-
che per la spondilolistesi degenerativa non approfondiscono l’argomento.
Tuttavia gli autori affermano che, qualora la spondilolistesi degenerativa si
presenti con sintomi riferibili a stenosi lombare, si può utilizzare un approccio
conservativo in quanto tale quadro clinico è sovrapponibile a quello della ste-
nosi lombare degenerativa (Work Consensus Opinion) [2].
Gli interventi di maggior interesse sono stati suddivisi per categoria e rias-
sunti schematicamente in tabella 10.3.

10.2.2.2.1. Fisioterapia
La fisioterapia è parte fondamentale del programma riabilitativo dei pazienti
con rachialgia da causa specifica. Tuttavia gli obiettivi da raggiungere diffe-
riscono in base alla patologia sottostante.
Per la stenosi degenerativa del canale vertebrale lombare le linee guida ita-
liane consigliano di utilizzare le cosiddette terapie pain killer (Grado C) che
prevedono, oltre alla terapia farmacologica (vedi paragrafo dedicato), le tera-
pie manuali di mobilizzazione/manipolazione del rachide (Grado A), il mas-
saggio terapeutico (Grado A) ed un programma di esercizi definiti anch’essi
pain killer, non specificandone però dettagliatamente la tipologia (Grado A).
Inoltre non c’è evidenza che il riposo a letto migliori la sintomatologia algica
(Grado A). Obiettivi fondamentali della riabilitazione sono recuperare l’arti-
colarità della colonna lombare e migliorare l’autonomia di marcia con esercizi
graduali e progressivi (Grade C). Per quanto concerne invece le ADL semplici
e complesse e l’attività lavorativa si consiglia di evitare di percorrere lunghe
distanze, preferendo l’uso della bicicletta (Grado A), mentre per quanto ri-
guarda l'attività fisica si consiglia di praticare attività aerobiche leggere fuori
carico (Grado B).
Per la spondilolistesi degenerativa le linee guida italiane seguono una linea
di condotta analoga a quella consigliata per la stenosi degenerativa del canale
vertebrale lombare per quanto concerne la terapia pain killer (Grado C), esclu-
dendo però le manipolazioni / mobilizzazioni e specificando di eseguire eser-
cizio terapeutico di stabilizzazione vertebrale (Grado C): tali esercizi incre-
mentano la stabilità neuromotoria della colonna e sono basati sul migliora-
mento della propriocezione, coordinazione, controllo dei movimenti fini e
rinforzo dei muscoli stabilizzanti (in particolare multifido e trasverso dell’ad-
dome) [1]. Anche in tal caso non c’è evidenza che il riposo a letto migliori la
sintomatologia dolorosa (Grado A). Inoltre per quanto concerne le ADL sem-
plici e complesse ed l’attività lavorativa bisogna evitare carichi eccessivi e mo-
vimenti ripetitivi di reaching (Grado A). Mentre per quanto riguarda l’attività
10. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle rachialgie da causa specifica 537

fisica viene raccomandata una attività aerobica fuori carico ed in assenza di


ampie escursioni articolari (Grado B) [1].
La fisioterapia (terapia fisica ed esercizio terapeutico) non viene presa in con-
siderazione dalle linee guida americane del 2016 sulla spondilolistesi degene-
rativa [2]. Mentre le linee guida NASS del 2013 sulla stenosi degenerativa af-
fermano che non ci sono evidenze scientifiche sufficienti per raccomandarla
o meno come unico approccio terapeutico (Grado I). Tuttavia gli autori affer-
mano che, anche in assenza di evidenze scientifiche, potrebbe essere utile ef-
fettuare una periodo di fisioterapia come parte integrante di un programma
riabilitativo nei pazienti con stenosi degenerativa del canale vertebrale lom-
bare e claudicatio neurogena (Work Consensus Opinion) [3].
Le mobilizzazioni e le manipolazioni vertebrali sono tecniche manuali ese-
guite al fine di mantenere o recuperare una corretta biomeccanica articolare
in distretti che presentano delle limitazioni di movimento [12]. Le manipola-
zioni / mobilizzazioni vengono consigliate dalle linee guida italiane per la ste-
nosi degenerativa del canale vertebrale lombare, mentre sono sconsigliate in
caso di spondilolistesi degenerativa (Grado A) [1]. Le linee guida della NASS
del 2013 invece affermano che non ci sono sufficienti evidenze scientifiche per
raccomandare o meno il trattamento manipolativo in caso di stenosi lombare
(Grado I) [3], mentre nelle linee guida NASS del 2016, specifiche per la spon-
dilolistesi degenerativa dell'adulto, il gruppo di lavoro si trova d’accordo nel
riscontrare una mancanza di letteratura in merito all’argomento [2].

10.2.2.2.2. TENS
Tra gli interventi con terapie fisiche che possono rientrare nel programma ria-
bilitativo di un paziente con rachialgie, il più utilizzato è la TENS (Trans Cu-
taneous Electrical Nerve Stimulation), elettroterapia utilizzata per il controllo
del dolore in diverse patologie muscoloscheletriche acute o croniche [13].
Come per le altre terapie con mezzi fisici, le linee guida italiane si mostrano
incerte riguardo l’utilizzo della TENS (Grado B) [1]. Anche le linee guida ame-
ricane, riguardo la sua efficacia, affermano che non ci sono prove sufficienti
per poter elaborare una raccomandazione a favore o contro tale metodica
(Grado I) [2-3].

10.2.2.2.3. Trazioni
La trazione vertebrale consiste nell'applicazione di forze al fine di determi-
nare un allontanamento dei corpi vertebrali, con conseguente allungamento
delle strutture muscolari e legamentose ed ampliamento del canale vertebrale
e dei forami di coniugazione allo scopo di facilitare la decompressione radi-
538 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

colare e la riduzione del dolore ad esse legato [14]. Nonostante i benefici sog-
gettivi riferiti dai pazienti trattati con questa metodica, ancora una volta i ri-
sultati ottenuti nella pratica clinica si discostano da quello che le linee guida
internazionali e nazionali si trovano a raccomandare. Le linee guida NASS del
2016 non prendono in considerazione tale tecnica, mentre quelle del 2013 af-
fermano che non ci sono prove sufficienti per poter elaborare una raccoman-
dazione a favore o contro tale metodica riabilitativa (Grado I) [3]. Anche le
linee guida italiane affermano che non c’è evidenza sufficiente per raccoman-
dare o meno questa tipologia di trattamento riabilitativo in caso di rachialgia
da causa specifica (Grado B) [1].

10.2.2.2.4. Corsetto
L'utilizzo del corsetto nei pazienti con lombalgia da stenosi lombare ha come
obiettivo la riduzione della sintomatologia dolorosa vertebrale e l'incremento
della autonomia di marcia. I meccanismi ipotizzati con cui agirebbe il corsetto
lombosacrale sarebbero la riduzione della lordosi lombare, con il conseguente
incremento dello spazio a livello del canale vertebrale e dei forami di coniu-
gazione, il miglioramento della stabilità della colonna lombare e la riduzione
della pressione intradiscale con conseguente incremento dello spazio del ca-
nale vertebrale e dei forami di coniugazione. Inoltre, nella spondilolistesi, il
razionale dell'utilizzo del corsetto è ridurre l’instabilità segmentale vertebrale
[15]. Le linee guida NASS del 2013 sulla stenosi degenerativa del canale ver-
tebrale lombare raccomandano l’utilizzo del corsetto lombosacrale in quanto
riduce la sintomatologia dolorosa ed aumenta l’autonomia di marcia. Tutta-
via non vi è alcuna evidenza per quanto riguarda il mantenimento di tali ri-
sultati a lungo termine dopo la rimozione del corsetto (Grado B) [3]. Le linee
guida NASS del 2016 specifiche per la spondilolistesi degenerativa affermano
invece che, a causa della carenza di letteratura scientifica a riguardo, non è
possibile formulare raccomandazioni [2]. Le linee guida italiane raccoman-
dano l'utilizzo dei supporti lombari (Grado C) e di ortesi (Grado B) sia per
quanto concerne la stenosi lombare, che per la spondilolistesi degenerativa,
non specificando, però, la durata del trattamento. Per quanto riguarda la ti-
pologia delle ortesi, gli autori raccomandano una ortesi di tipo rigido in caso
di spondilolistesi degenerativa, mentre non specificano il tipo di ortesi da uti-
lizzare in presenza di stenosi degenerativa lombare [1].

10.2.2.2.5. Agopuntura
L’agopuntura è un tipo di medicina complementare e alternativa, accettata in
tutto il mondo per il trattamento del dolore acuto e cronico. Studi sul suo
10. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle rachialgie da causa specifica 539

meccanismo d’azione hanno rivelato che il rilascio di oppioidi endogeni a li-


vello del SNC giocano un ruolo essenziale nel mediarne l’effetto analgesico
[16]. Le linee guida italiane affermano che, sia in caso di stenosi degenerativa
del canale vertebrale lombare sia di spondilolistesi degenerativa, non ci sono
abbastanza evidenze per raccomandarla o sconsigliarla (Grado B) [1]. Anche
le linee guida NASS del 2013, specifiche per la stenosi degenerativa del canale
vertebrale lombare, conferiscono all’agopuntura un grado di raccomanda-
zione incerto (Grado I) [2] mentre, per quanto riguarda la spondilolistesi de-
generativa, tale pratica non viene presa in considerazione dalle linee guida
americane.

Tabella 10.3. Raccomandazioni Riabilitative.


NASS 2016 NASS 2013 SIMFER 2006
R G R G *R G **R G
Fisioterapia
Esercizio fisico - INC I R A R A
Massoterapia - - R A R A
Manipolazioni/
- INC I R A NR A
Mobilizzazioni Vertebrali

Esercizi ROM Lombare - - R C -


Esercizi di stabilizzazione ver-
- - - R C
tebrale lombare
Apparecchiature
TENS - INC I INC B INC B
Trazioni - INC I INC B INC B
Terapie complementari
Corsetto/Ortesi - R B R B/C R B/C
Agopuntura - INC I INC B INC B
Tab. 10.3. Raccomandazioni riabilitative nelle Rachialgie. Legenda. In alto: R: raccomandazione,
G: GRADE; in tabella: R: raccomandato, INC: raccomandazione incerta, NR: non raccomandato;
GRADE: I: Insufficiente, D: Molto Basso, C: Basso, B: Moderato, A: Alto. *Stenosi del canale ver-
tebrale lombare, **Spondilolistesi.

10.3. Discussione e raccomandazioni riabilitative

10.3.1. Raccomandazioni di grado forte


Premettendo che tutte le linee guida esaminate in questo capitolo si possono
considerare di qualità elevata, in quanto rispondono ai criteri di multiprofes-
sionalità, multidisciplinarietà ed utilizzo del metodo GRADE, pur in assenza
di associazioni di pazienti, esse non risultano comunque dirimenti circa la
540 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

possibilità di trarre delle raccomandazioni di grado forte in merito ai tratta-


menti farmacologici e riabilitativi utilizzati nella gestione dei pazienti con ra-
chialgia da causa specifica. Infatti, il risultato derivante da tale confronto, non
permette di estrapolare trattamenti riabilitativi che siano consigliati da tutte
e tre le linee guida utilizzate.

10.3.2. Raccomandazioni di grado moderato-debole


L’utilizzo del corsetto e/o di ortesi rigide viene raccomandato con un grado
debole sia per la stenosi degenerativa del canale vertebrale lombare che per
la spondilolistesi degenerativa. Il trattamento farmacologico per via sistemica
(vedi paragrafo) viene raccomandato con un grado debole per la gestione
della sintomatologia dolorosa nei pazienti con rachialgia da causa specifica.
Riguardo alle infiltrazioni epidurali di farmaci corticosteroidei, invece, esse
vengono raccomandate con un grado debole esclusivamente per il tratta-
mento a breve termine del dolore lombare associato a stenosi degenerativa
del canale vertebrale lombare.

10.3.3. Terapie non raccomandate


Nelle linee guida italiane le manipolazioni e le mobilizzazioni vertebrali, pur
rientrando nella pain killer therapy, citata per tutti i dolori riferibili alla colonna
compreso il generico low back pain, non sono raccomandate per la spondilo-
listesi degenerativa, e anzi gli autori si sbilanciano in questo caso fino a scon-
sigliarle. I colleghi americani si riservano invece la possibilità di approfondire
ulteriormente le indagini in merito a questo trattamento, sottolineando la ne-
cessità di ulteriori studi.

10.3.4. Raccomandazioni non formulabili


Le evidenze riguardo esercizio fisico, terapia fisica strumentale (TENS), ma-
nipolazioni / mobilizzazioni vertebrali (in caso di stenosi lombare), infiltra-
zioni epidurali di corticosteroidi nei pazienti con spondilolistesi degenera-
tiva, trazioni vertebrali e agopuntura non ci permettono di formulare racco-
mandazioni , sia nel trattamento della spondilolistesi degenerativa che della
stenosi degenerativa del canale vertebrale lombare, in quanto le linee guida
americane denunciano la necessità di ulteriori studi prima di potersi sbilan-
ciare a favore o contro tali metodiche di trattamento.

CONCLUSIONI

Negli ultimi anni la letteratura scientifica ha prodotto numerose evidenze


nell’ambito dell’inquadramento diagnostico e del trattamento chirurgico dei
pazienti con rachialgie specifiche. Tuttavia permangono notevoli criticità nel
10. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle rachialgie da causa specifica 541

formulare indicazioni efficaci dal punto di vista riabilitativo a causa della ca-
renza di studi di buona qualità in merito a questi argomenti. Si ribadisce che
l’intervento riabilitativo dovrebbe avere gli stessi obiettivi dell’intervento chi-
rurgico e cioè la riduzione della sintomatologia dolorosa, il recupero della
mobilità globale e segmentale, ed il recupero delle ADL.
La scelta di una terapia conservativa nel caso di lombalgia da causa specifica
costituisce oggi un argomento di ampio dibattito tra le figure professionali
direttamente interessate.
Le linee guida prese in esame mostrano la mancanza di raccomandazioni di
grado forte in merito ai trattamenti riabilitativi e farmacologici ad oggi usati
in pratica clinica. Inoltre dalla revisione della letteratura si nota come i proto-
colli di fisioterapia siano spesso menzionati in modo generico, senza una de-
scrizione degli esercizi, la cui selezione è demandata al terapista. Inoltre il ri-
corso a mezzi fisici, pur molto utilizzati nella pratica clinica, non trovano ri-
scontri di provata efficacia nella letteratura esaminata. Il sempre maggior ri-
corso alla terapia chirurgica in tali patologie potrebbe giustificare la scarsa
produzione scientifica in ambito conservativo.
La scelta del trattamento conservativo-riabilitativo acquisirebbe maggior rile-
vanza se fossero ad esso dedicati un maggior numero di studi mirati alla ria-
bilitazione come alternativa alla chirurgia e non solo come terapia successiva
ad essa. Per quanto riguarda i trattamenti che non vengono presi in esame
nelle linee guida o che non sono esaustivamente trattati, ma che rientrano
nella comune pratica clinica, si rendono necessari ulteriori studi di approfon-
dimento.
542 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Bibliografia

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claudication, Cochrane Database of Systematic Reviews 2013; Issue 8.
[18] Macedo L.G. et al., Physical therapy interventions for degenerative lumbar spinal stenosis:
a systematic review, Physical Therapy 2013; 93(12):1646-1660.
Prof. Valter Santilli

Linee guida, buone pratiche


ed evidenze scientifiche
in Medicina Fisica e Riabilitativa

Capitolo 11

Buone pratiche e linee guida riabilitative


nel trattamento delle fratture da fragilità
e per la prevenzione delle cadute

Coautori

Chiara D’Ercole MD, Prof. Maria Gabriella Ceravolo MD, PhD


Federica Alviti MD
11. Buone pratiche e linee guida riabilitative
11. nel trattamento
Buone pratichedelle fratture
e linee guidadariabilitative
fragilità nel
etrattamento
per la prevenzione delle cadute
delle fratture da fragilità e per
la prevenzione delle cadute
Coautori
Chiara D’Ercole 1 MD, Prof. Maria Gabriella Ceravolo 2 MD, PhD
Coautori
Federica Alviti 3 MD
Chiara D’Ercole 1 MD, Prof. Maria Gabriella Ceravolo2 MD, PhD,
Federica Alviti3 MD
1
Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
2
Professore Ordinario MED34, Università Politecnica delle Marche, Ancona
3
Ricercatore MED34, Sapienza Università di Roma
1 Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
2 Professore Ordinario MED34, Università Politecnica delle Marche, Ancona
3 Ricercatore MED34, Sapienza Università di Roma

ABSTRACT

Background: Le fratture da fragilità nell’anziano sono strettamente correlate


ad una scarsa resistenza strutturale dell’osso associata ad un aumentato
rischio di caduta. Negli ultimi anni si sta assistendo ad un progressivo
incremento dell’incidenza considerando il generale invecchiamento della
popolazione. Nella gestione dei pazienti a rischio di frattura da fragilità, la
riabilitazione muscolo-scheletrica dovrebbe essere utilizzata da sola o in
associazione alla terapia farmacologica, per migliorare la salute
dell’apparato muscolo-scheletrico così da ridurre il rischio di cadute, di
frattura primaria e secondaria.
L’obiettivo del nostro studio è di analizzare le evidenze presenti in
letteratura riguardo la riabilitazione delle fratture da fragilità e le possibili
strategie riabilitative volte a ridurre il rischio di caduta. Non verranno
invece trattate le fratture, cosiddette patologiche, da lesioni tumorali
primitive o secondarie, oggetto di altra linea guida.
Materiali e metodi: Attraverso una ricerca sui principali motori di ricerca
(Pubmed, Pedro, Cochrane, Scholar, NICE), sono state selezionate le linee
guida redatte negli ultimi 15 anni e le meta-analisi o le review sistematiche
pubblicate negli ultimi cinque anni.
Risultati: Per le fratture vertebrali sono state selezionate 3 linee guida, 10
meta-analisi. Quattro linee guida e 3 meta-analisi hanno analizzato il
trattamento riabilitativo dopo frattura del femore, due linee guida il
546 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

trattamento riabilitativo delle fratture di radio. Per la prevenzione delle


cadute sono state individuate 9 linee guida.
Conclusioni: La prevenzione delle cadute nell’anziano richiede un
approccio multidisciplinare, l’esercizio fisico regolare è risultato avere un
ruolo determinante. Per i pazienti con frattura vertebrale, è indicato un
primo approccio conservativo, farmacologico e non, e un approccio
chirurgico in caso di dolore persistente, mentre non si osservano evidenze
sull’uso del busto. Per i pazienti con frattura del femore è indicata
un’adeguata copertura antidolorifica e la mobilizzazione nelle prime 24 ore.
È buona pratica clinica, dopo frattura del radio, consigliare esercizi per l’arto
superiore da effettuare a casa senza supervisione.

INTRODUZIONE

La frattura da fragilità (la cui definizione esclude le fratture craniofacciali, di


mano, caviglia e piede) è definita come una frattura che insorge
spontaneamente o dopo un trauma minore, come una caduta, ed è la più
seria complicanza dell’osteoporosi. Secondo l’Organizzazione Mondiale
della Sanità, le fratture da fragilità sono una delle principali sfide per i
sistemi sanitari dei Paesi occidentali, per il loro crescente numero legato
all’aumento della popolazione anziana. Le fratture nell’anziano, soprattutto
dello scheletro appendicolare, sono legate a una scarsa qualità dell’osso
associata ad un aumentato rischio di caduta, evento frequente dopo i 65
anni. Ogni anno, infatti, circa il 20-35% dei pazienti con più di 60 anni cade
accidentalmente in tutto il mondo [1].
Circa l’80% delle fratture nelle donne nel periodo post-menopausale sono
dovute all’osteoporosi. Il rischio di una nuova frattura, nell’anno successivo
alla frattura del femore, è del 5-10% [2] e del 20% dopo frattura vertebrale [3].
Le fratture vertebrali più frequenti sono quelle da compressione (66%) il cui
meccanismo d’azione riconosce, nell’adulto affetto da osteoporosi, minime
sollecitazioni assiali o in flessione [4]. Sono fratture stabili dove il muro
posteriore risulta intatto ma possono andare incontro a collasso. Il tratto
toraco-lombare, zona di transizione dove la cifosi toracica incontra la
fisiologica lordosi lombare, rappresenta la sede maggiormente interessata
(60%) [5]. Ogni anno in tutto il mondo si registrano circa 1,4 milioni di
fratture vertebrali da compressione [6]. Nei pazienti con osteoporosi, il 30-
50% della popolazione femminile e il 20-30% della popolazione maschile
presenta una frattura vertebrale nel corso della vita [7].
La frattura del femore è uno dei più comuni traumi tra i pazienti anziani,
molte fratture di femore sono trattate chirurgicamente ma solo il 30% dei
11. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle fratture da fragilità 547

pazienti recupera le capacità funzionali preoperatorie [8] mentre il 35% dei


pazienti non recupera la deambulazione autonoma [9]. La frattura del
femore, inoltre, si associa ad un alto rischio di mortalità, circa un terzo dei
pazienti muore entro un anno [10].
La frattura distale di radio presenta una distribuzione bimodale. Il primo
picco d’incidenza è durante l’età pediatrica, dove rappresenta il 25% di tutte
le fratture; il secondo picco si osserva in età senile dove la frattura distale di
radio rappresenta il 18% di tutte le fratture [11]. Nell’anziano più spesso
insorge dopo trauma a bassa intensità come la caduta a mano aperta ed estesa.
Il meccanismo traumatico alla base della frattura dell’anziano evidenzia come
i fattori di rischio principali siano l’osteoporosi e le cadute accidentali [12]. Il
rischio di caduta aumenta sia con l'aumentare dell’età [13] che con il numero
di fattori di rischio tra i quali la storia di precedenti cadute, deficit di forza,
alterazioni dell’andatura e dell'equilibrio, disturbi visivi, aritmie, depressione,
deficit cognitivi, assunzione di farmaci anti-ipertensivi, farmaci psicotropi e
il morbo di Parkinson [14-16].
Pertanto, nella gestione delle fratture da fragilità del paziente anziano,
un’adeguata riabilitazione post chirurgica e la messa a punto di programmi
riabilitavi multidisciplinari, finalizzati alla gestione dei rischi individuali,
potrebbero fornire un beneficio clinico nella prevenzione delle cadute [17].

11.1. Materiali e metodi

La ricerca in letteratura è stata indirizzata alla selezione delle linee guida


redatte negli ultimi 15 anni e meta-analisi o review sistematiche pubblicate
negli ultimi cinque anni. Sono stati esclusi lavori di cui non era possibile
ottenere il testo completo. Per la ricerca è stata utilizzata una combinazione
di parole chiave: “fracture”, “vertebral”, “femur”, “radius”, “guidelines”,
“exercise”, “rehabilitation”, “falls”.
Attraverso una ricerca sui principali motori di ricerca (Pubmed, PEDro,
Cochrane, Scholar, NICE), sono state selezionate linee guida nazionali ed
internazionali, meta-analisi e revisioni sistematiche della letteratura che
analizzavano il trattamento riabilitativo dei pazienti con frattura vertebrale,
frattura del femore e del radio, e la prevenzione delle cadute. Ad una prima
analisi, sono stati selezionati gli articoli redatti in lingua inglese o italiana.
Successivamente sono stati considerati i lavori basati su evidenze di
letteratura scientifica, preferibilmente con raccomandazioni formulate
secondo un sistema di gradazione che valuti il livello di evidenza scientifica
e la classe di raccomandazione. Per le linee guida è stata posta attenzione
all’utilizzo dello strumento AGREE, al rispetto dei criteri di
548 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

multidisciplinarietà, multiprofessionalità, alla presenza di associazione di


pazienti tra gli autori. Per le meta-analisi e le review sistematiche è stato
valutato l’utilizzo della check-list PRISMA. Sono stati esclusi invece i lavori
citati e presi in considerazione nella stesura di raccomandazioni nelle linee
guida e le linee guida delle quali esiste una versione più aggiornata (Flow
chart, fig.11.1.).
Per ciascuna problematica riabilitativa è stato effettuato un confronto critico
delle raccomandazioni presenti in letteratura.

11.2. Risultati

Record identificati Ulteriori record


mediante ricerca identificati
nelle banche dati: n° mediante altre
341 fonti: n° 24

Dopo eliminazione dei


duplicati: n° 244

Record sottoposti a screening: n° 152

Studi full-text valutati per


eleggibilità: n° 48
Frattura
vertebrale:
n° 3 linee guida
Studi inclusi: n° 31 n° 10 meta-analisi

Frattura femore: Frattura radio: Prevenzione cadute:


n° 4 linee guida n° 2 linee guida n° 9 linee guida
n° 3 meta-analisi

Figura 11.1. Flow chart.


11. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle fratture da fragilità 549

Tabella 11.1. Linee guida frattura vertebrale.


SOCIETÀ/
LINEE GUIDA ORGANISMI, FONTE MD / MP / PZ AGREE/MC
ANNO
Management of
Scottish
osteoporosis
Intercollegiate
and the No / Livello di
Guidelines SIGN Sì / Sì / Sì
prevention of evidenza
Network ,
fragility
2015.
fractures [18].
Pv and Pbk for
National
treating
Institute for
osteoporotic
Health and Care NICE Sì / Sì / No
vertebral No / No
Excellence ,
compression
2013.
fractures [19].
The Treatment The American
of Osteoporotic Academy of
Spinal Orthopaedic AAOS Sì / No / No No / GRADE
Compression Surgeons,
Fractures [20]. 2011.
Tabella 11.2. Linee guida frattura del femore.
National
The
Institute for
management of
Health and Care NICE Sì / Sì / No No / GRADE
hip fracture in
Excellence,
adults [21].
2017.
The American
Management of
Academy of
Hip Fractures in
Orthopaedic AAOS Sì / Sì / No No / GRADE
the Elderly [22].
Surgeons,
2014.
Management of Association of
proximal Anaesthetists
femoral of Great Britain AAGBI Sì / No / No No / No
fractures [23]. and Ireland,
2011.
Scottish
Management of
Intercollegiate
hip fracture
Guidelines SIGN Sì / Sì / No No / Sì
in older people
Network,
[24].
2009.

Tabella 11.3. Linee guida frattura del radio.


SOCIETÀ/
AGREE/
LINEE GUIDA ORGANISMI, FONTE MD/MP/PZ
MC
ANNO
National clinical
guideline on
Danish Health
the treatment of DHA Sì / Sì / No Sì / GRADE
Authority, 2016.
distal radial
fractures [25].
Guideline on The American Academy Of
No /
Treatment of Distal Orthopaedic Surgeons, AAOS Sì / Sì / No
GRADE
Radius Fractures [26]. 2009.
550 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Tabella 11.4. Linee guida prevenzione cadute.


SOCIETÀ/
LINEE GUIDA ORGANISMI FONTE MD/MP/PZ/CI AGREE/MC
ANNO
Interventions to
Prevent Falls in
Community-
Dwelling Preventive
Older Adults Services Task
USPSTF - / - / No Sì
US Preventive Force,
Services Task 2018.
Force
Recommendation
Statement [27].
The Korean
Evidence-based
Association of
guidelines for fall
Internal KAIM Sì / Sì / No Sì / Sì
prevention in
Medicine,
Korea [28].
2017.
Prevention of fall-
related injuries in
J
the elderly: An The Eastern
TRAUM
Eastern Association for
A
Association for the the Surgery of No / No / No No / GRADE
ACUTE
Surgery of Trauma,
CARE
Trauma practice 2016.
SURG
management
guideline [29].
The Royal
Guidelines for
Australian
preventive
College of
activities in RACGP Sì / Sì / No Sì / Sì
General
general practice
Practitioners,
[30]..
2016.
Falls in older The National
people: assessing Institute for
NICE Sì / Sì / Sì GRADE
risk and Clinical
prevention [31]. Excellence, 2013.

Summary of the
Updated
American
Geriatrics America
The American
Society/British n
Geriatrics
Geriatrics Society Geriatric Sì / Sì / No No / Sì
Society’s,
Clinical Practice s
2010.
Guideline for Society’s
Prevention of Falls
in Older Persons
[32].

Physical Activity
and Public Health
The American
in Older Adults:
College of
Recommendation
Sports Medicine
From the ACSM/
and the - / - / No No / Sì
American College AHA
American Heart
of Sports Medicine
Association,
and the American
2007.
Heart Association
[33].
11. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle fratture da fragilità 551

The National
Collaborating
Clinical practice
Centre for
guideline for the NCC-
Nursing and
assessment and NSC/
Supportive Care Sì / Sì / No Sì / Sì
prevention of falls GDG
and the
in older people
Guideline
[34].
Development
Group, 2004.
Tab. 11.1., 11.2., 11.3., 11.4. Descrizione delle linee guida. MD: Multi-disciplinare; MP: Multi-
professionale. PZ: associazione pazienti; MC: metodo di classificazione SIGN: Scottish
Intercollegiate Guidelines Network; NICE: National Institute for Health and Care Excellence;
AAOS: American Academy Of Orthopaedic Surgeons; AAGBI: Association of Anaesthetists of
Great Britain and Ireland; DHA: Danish Health Authority; USPSTF: US Preventive Services
Task Force; KAIM: The Korean Association of Internal Medicine; RACGP: The Royal Australian
College of General Practitioners; ACSM/AHA: The American College of Sports Medicine and
the American Heart Association; NCC-NSC/ GDG: The National Collaborating Centre for
Nursing and Supportive Care and the Guideline Development Group.

11.2.1. Raccomandazioni espresse in base al trattamento dopo


frattura vertebrale
L’analisi in letteratura ha mostrato la presenza di tre linee guida (Tab. 11.1.)
e 10 meta-analisi sul trattamento del paziente con frattura vertebrale da
compressione. Nessuna linea guida utilizza lo strumento AGREE.
Le linee guida più recenti sono quelle pubblicate dalla Scottish
Intercollegiate Guidelines Network (SIGN) nel 2015, dal titolo “Management
of osteoporosis and the prevention of fragility fractures”.
La NICE ha pubblicato nel 2013 una linea guida sul trattamento chirurgico
delle fratture vertebrali dal titolo “Percutaneous vertebroplasty and
percutaneous balloon kyphoplasty for treating osteoporotic vertebral
compression fractures”.
L’American Academy Of Orthopaedic Surgeons (AAOS), dopo l’analisi
delle linee guida precedenti e delle nuove evidenze in letteratura ha
pubblicato nel 2011 le linee guida in inglese “The Treatment of Osteoporotic
Spinal Compression Fractures”. Le raccomandazioni sono formulate in base
alle evidenze secondo il metodo GRADE.
Delle 10 meta-analisi analizzate solo due sono state elaborate utilizzando la
checklist PRISMA.

Tabella 11.5. Confronto delle evidenze sul trattamento fratture vertebrali.


Trattamento SIGN NICE AAOS
Calcitonina NSE - R (moderato)
Ibandronato - - R (limitata)
Ranelato di stronzio - - R (limitata)
Alendronato R
Risedronato R - -
552 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Zoledronato R
Pamidronato NSE - -
Teriparatide NSE - -
Riposo a letto - - INC
Oppioidi - - INC
Analgesici - - INC
Terapie alternative e - - INC
/ o complementari
Nerve root block di - - R (limitata)
L2
Busto - - INC
Esercizi R - INC
supervisionati o non
supervisionati
TENS R - INC
Vertebroplastica NSE R R (forte)
Cifoplastica NSE R R (moderata)
Tab. 11.5. Confronto delle evidenze sul trattamento fratture vertebrali; R: Raccomandato; NR:
Non Raccomandato; NSE: Non Sufficienti Evidenze; INC: inconclusivo; -: non trattato.

11.2.1.1. Trattamento conservativo


Le linee guida meno recenti pubblicate dall’AAOS nel 2011, affermano che
l’esecuzione di esercizi supervisionati e non, la TENS, il riposo a letto, l’uso
del busto, gli analgesici, gli oppioidi e le terapie alternative presentano
evidenze inconclusive e pertanto non possono essere raccomandate. L’unico
trattamento conservativo raccomandato dalle linee guida AAOS, anche se
con evidenza limitata, è il blocco della radice nervosa di L2 nei pazienti con
frattura vertebrale L3 o L4.
Nel 2015, alla luce di una nuova revisione della letteratura, le linee guida
SIGN raccomandano la TENS e l’esecuzione di esercizi supervisionati e non,
per ridurre il dolore e migliorare la qualità della vita. Il limite è quello di
non chiarire il protocollo di utilizzo della TENS e la tipologia degli esercizi
preferire. Per la prevenzione secondaria delle fratture vertebrali, le linee
guida AAOS raccomandano l’uso di calcitonina per 4 settimane (B) mentre
le evidenze sono limitate per l’ibadronato (D) e il ranelato di stronzio (D). Le
più recenti linee guida SIGN raccomandano l’utilizzo del risedronato,
zoledronato o alendronato per la prevenzione delle fratture vertebrali, non
vertebrali o di femore in donne in postmenopausa con precedenti fratture
vertebrali. Di contro tali linee guida concludono invece, che le evidenze in
letteratura sono insufficienti per poter consigliare la terapia con calcitonina,
pamidronato o teriparatide.
11. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle fratture da fragilità 553

11.2.1.2. Trattamento chirurgico dopo frattura vertebrale


La linea guida meno recente è quella pubblicata dall’AAOS nel 2011 ed è
l’unica linea guida sul trattamento delle fratture vertebrali ad utilizzare il
metodo GRADE. L’AAOS raccomanda sia la vertebroplastica (A) che la
cifoplastica (B) e tale raccomandazione viene confermata anche due anni
dopo nelle linee guida della NICE. Secondo quest’ultimo lavoro, pubblicato
nel 2013, andranno sottoposti a trattamento chirurgico i pazienti con dolore
intenso ad insorgenza recente, localizzato in corrispondenza della frattura
vertebrale e non responsivo ad un adeguato trattamento conservativo.
La revisione della letteratura effettuata nel 2015 dalle linee guida della SIGN
non consente di formulare una raccomandazione per il trattamento
chirurgico poiché le evidenze in letteratura sono insufficienti.
A partire dal 2015 ad oggi sono state pubblicate solo due meta-analisi. Dalla
meta-analisi di Liang et al. [35] si evince che la cifoplastica risulta più
efficace della vertebroplastica nel ridurre il dolore, migliorare la
funzionalità, l’angolo di cifosi e l’altezza anteriore e media della vertebra. Il
rischio di stravaso di cemento è invece minore nei pazienti sottoposti a
vertebroplastica. Gli autori sottolineano, però, la necessità di studi ulteriori.
Nel 2017 è stata pubblicata la meta-analisi da Feng et al. [36], che confronta
la vertebroplastica con palloncino rispetto a quella con radiofrequenza
(RFK). La RFK sembra migliorare la VAS di circa 4 punti, l’angolo di cifosi e
la funzionalità dopo intervento chirurgico ma non a distanza di 12 mesi;
inoltre, si osserva un’incidenza più bassa di complicanze come lo stravaso di
cemento. Gli autori, però, sottolineano l’eterogeneità dei risultati e la
necessità di ulteriori studi.

Tabella 11.6. Confronto delle meta-analisi sul trattamento chirurgico.


Autore, N° di studi Metodo Risultati (p value)
anno (n° pazienti) d’intervento
Liang, KP: riduce il dolore, la disfunzione
32 RCT, KP vs VP
2016 [35]. (P<.01) e l’angolo cifotico (P<.01).
3274.
RFK riduce di 3.96 punti la VAS
(P=0.0007).
VP con palloncino
vs
Feng, 6 RCT, Recupero postoperatorio:
VP con
2017 [36]. 833. Migliore nei pazienti sottoposti a RFK.
radiofrequenza
(RFK)
RFK riduce l’angolo di cifosi di 0.92°
più della VP.
Tab. 11.6. Confronto delle meta-analisi sul trattamento chirurgico. RCT: Randomized
Controlled Trial; VP: vertebroplastica; KP: cifoplastica; RFK: radiofrequenza.
554 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

11.2.1.3. Trattamento chirurgico rispetto al trattamento conservativo dopo


frattura vertebrale
La ricerca in letteratura ha mostrato la presenza di 8 diverse meta-analisi che
hanno confrontato l’efficacia del trattamento conservativo rispetto al
trattamento chirurgico. Le meta-analisi di Guo et al. [40] e Anderson et al.
[44] utilizzano il PRISMA statement. Tutte le meta-analisi sono in accordo
nell’affermare che il trattamento chirurgico sia più efficace nel ridurre il
dolore, migliorare la funzionalità e la qualità della vita rispetto ad un
trattamento conservativo o il placebo.

Tabella 11.7. Confronto delle meta-analisi sul trattamento conservativo vs chirurgico.


Autore,
N° di studi Metodo
anno Risultati (p value)
(n° pazienti) d’intervento
VAS: MD, 1.13; 95% CI: 1.70, 0.56.
Qualità della vita: MD, 0.05; 95% CI: 0.02,
Zhao,
16 RCT, VP vs CT 0.08.
2017 [37].
2046. Funzionalità: MD, 2.50; 95% CI: 3.40, 1.60.

VAS: 0.82, 95% CI: 0.374–1.266, P<0.001.


Funzionalità 1.273, 95% CI: 1.028–1.518,
Yuan, 10 RCT, KP/VP or CT P<0.001.
2016 [38]. 1254. Qualità della vita: 1.545, 95% CI: 1.293–
1.798, P<0.001.
Dolore:
A 1-2 settimane: 21.4 (95% CI, da 22.3 a
Mattie, 11 RCT, VP vs CT OR 20.5);
2016 [39]. (1048). PLACEBO 2-3 mesi: 21.2 punti (95% CI, da 21.6 a
20.8);
12 mesi: 21.1(95% CI, da 21.7 a 20.5).
Dolore:
Breve termine: MD -2.05, 95% CI -3.55 a -
0.56, P=0.007;
Medio termine: MD -1.70, 95% CI -2.78 a
-0.62, P=0.002;
Lungo termine: MD -1.24, 95% CI -2.20 a
Guo*,
11 RCT, Trattamento - 0.29, P=0.01.
2015 [40].
(1401). chirurgico Disabilità
Vs Breve termine: MD -4.97, 95% CI -8.71 a
CT -1.23, P=0.009.
Qualità della vita:
Breve termine: MD 5.53, 95% CI 1.45 a
9.61, P=0.008.
VAS:
Breve termine: 0.30 (95%CI 0.09, 0.51);
Medio termine: 0.28 (95%CI 0.14, 0.42);
Li, 8 RCT VP/KP rispetto al Lungo termine: 0.26 (95%CI 0.12, 0.41).
2015 [41]. (987). trattamento Funzionalità della colonna:
conservativo Breve termine: 0.32 (95%CI 0.10, 0.54);
o ad altri trattamenti Medio termine: 0.24 (95%CI 0.05, 0.42);
Lungo termine: 0.26 (95% CI 0.14, 0.38).
11. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle fratture da fragilità 555

VAS:
1 settimana: 2.55, 95% CI: 3.08 a 2.02, P <
0.00001;
Tian, 5 RCT. VP vs CT
2014 [42]. 12 settimane: 0.90, 95% CI: 1.22 a 0.57, P
< 0.00001;

24 settimane: 1.75 (95% CI: 2.30 a 1.19, P


< 0.00001;

48 settimane: 1.12, 95% CI: 1.43 a 0.81, P


< 0.00001.
Dolore:
Liu, 5 RCT, VP vs CT - 1 mese: non si osservano differenze
2013 [43]. (291 PVP- significative;
286 CT). - a 3-6-12 mesi: il dolore migliora nei
pazienti sottoposti a vertebroplastica.
VAS:
0.73 (CI 0.35, 1.10) a <12 settimane;
0.58 (CI 0.19, 0.97) da 6 fino a 12 mesi, a
favore della vertebroplastica (p<0.001).
Anderson*, 6 RCT (877). VP o KP Vs CT o
2013 [44]. trattamento placebo Funzionalità:
1.08 (CI 0.33, 1.82) a < 12 settimane;
1.16 (CI 0.14, 2.18), da 6 a 12 mesi.

- Fratture secondarie:
- Non si osservano differenze significativa
0.065 (CI 0.57, 0.70).
Tab. 11.7. Confronto delle meta-analisi sul trattamento conservativo vs chirurgico. VP:
vertebroplastica; KP: cifoplastica; CT: trattamento conservativo. * PRISMA statement.

11.2.1.4. Il busto dopo frattura vertebrale


Le linee guida prodotte dall’AAOS affermano che in letteratura le evidenze
sono inconsistenti per poter raccomandare l’utilizzo del busto, mentre nelle
linee guida SIGN e NICE il busto non è preso in considerazione.
La nostra ricerca ha individuato due diverse meta-analisi.
La meta-analisi di Jin et al. [45], utilizza il metodo GRADE e confronta un
gruppo di pazienti che utilizza il busto dalle 3 settimane fino a 12 mesi e un
gruppo di controllo al quale non è stato prescritto il busto. La meta-analisi
conclude che l’uso del busto è in grado di ridurre il dolore, migliorare
l’angolo di cifosi e la qualità della vita, ma gli autori sottolineano che la
qualità dell’evidenze è bassa o molto bassa.
La meta-analisi di Rzewuska et al. [46] confronta diversi approcci
conservativi tra cui l’utilizzo dello Spinomed e del busto soft. Gli autori
concludono che le evidenze, anche se molto scarse, sono a favore dello
SpinoMed nel migliorare l’attività e partecipazione dei pazienti, mentre il
busto soft è più efficace nel ridurre dolore e disabilità a medio termine.
556 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Tabella 11.8. Confronto delle meta-analisi sull’efficacia del busto nei pazienti con frattura vertebrale.
Autore,
N° di studi
anno Metodo d’intervento Risultati (p value)
(n° pazienti)
Dolore: SMD, -1.10; 95% CIs, -1.61
to -0.59; P<0.001

4 RCT, Angolo cifosi: SMD, -0.91; 95%


Jin,
(181). Busto vs no busto. CIs, -1.21 to -0.61; P<0.001
2016 [45].
Qualità della vita: SMD, -1.24; 95%
CIs, -2.10 to -0.38; P=0.005

Busto:
Dolore (SMD): -1.47, 95 % (CI) -
Antidolorofici, 1.82, -1.13; I2 = 0 %]
Rzewuska, 5 RCT, mobilizzazioni
2015 [46]. (350). passive, riposo o Riduzione disabilità (pooled SMD:
ortesi. -1.73, 95 % CI -2.09, -1.37; I2 = 0 %)

Tab. 11.8. Confronto delle meta-analisi sull’efficacia del busto nei pazienti con frattura
vertebrale. RCT: randomizes controlled trial; SMD: standardized mean difference; CI:
confidence interval

11.2.2. Raccomandazioni espresse in base al trattamento dopo


frattura del femore
Per la frattura del femore abbiamo individuato quattro linee guida (tab.
11.2.) e tre meta-analisi.
Nessuna linea guida utilizza lo strumento AGREE, sono state però
formulate secondo i criteri di multidisciplinarietà e di multiprofessionalità,
quest’ultimo ad eccezione della linea guida prodotta dall’AAGBI. Le linee
guida più recenti sono quelle pubblicate nel 2017 dal National Institute for
Health and Care Excellence (NICE) dal titolo “The management of hip
fracture in adults”, le quali si focalizzano sul trattamento dei pazienti con
frattura intra-capsulare scomposta del collo femore. Tale linea guida,
insieme a quelle pubblicate nel 2014 dall’American Academy Of
Orthopaedic Surgeons (AAOS) ha utilizzato il metodo GRADE.
Nel 2011 è stata pubblicata la consensus prodotta da un gruppo di esperti e
approvata dall’Association of Anaesthetists of Great Britain and Ireland
(AAGBI) dal titolo “Management of proximal femoral”.
Le linee guida meno recenti sono state pubblicate dallo Scottish
Intercollegiate Guidelines Network (SIGN) nel 2009 con titolo “The
Management of hip fracture in older people”.
11. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle fratture da fragilità 557

Trattamento AAOS NICE AAGBI SIGN


Intervento ch. Moderato R R R
entro le prime
24/48 ore
Mobilizzazione - R(24h) R(48h) R(24h)
precoce, salvo
controindicazioni
Terapia Forte R - -
antidolorifica
postoperatoria
Approccio Forte R R R(B)
multidisciplinare
Misure di - - R -
prevenzione
delle cadute
secondarie
Nutrizione Moderata - - R(A)
Riabilitazione e Moderata - - -
terapia
occupazionale
Intensa Forte - - -
fisioterapia alla
dimissione
Profilassi - - R(A)
meccanica
Profilassi Moderata - - R(A)
farmacologica
Tab. 11.9. Confronto delle evidenze sul trattamento fratture vertebrali. R: Raccomandato; NR:
Non Raccomandato; NSE: Non Sufficienti Evidenze; INC: inconclusivo; -: non trattato; (): gradi
di raccomandazione.

11.2.2.1. Gestione del paziente


Secondo le linee guida NICE, AAGBI e SIGN è raccomandata una gestione
orto-geriatrica del paziente anziano con frattura del femore, cioè un
percorso clinico-assistenziale integrato che affronta la complessità del
quadro mediante una presa in carico multi-professionale. Le linee guida
AAOS, invece, affrontano il problema del paziente anziano con demenza da
lieve a moderata e consigliano un approccio interdisciplinare finalizzato al
miglioramento delle capacità funzionali.

11.2.2.2. Trattamento chirurgico dopo la frattura del femore


Le linee guida specificano quale anestesia e quale approccio chirurgico
preferire in base al tipo di frattura ma questo esula dai nostri obiettivi.
Tuttavia, l’intervento chirurgico entro le prime 24/48 ore è raccomandato da
tutte e quattro le linee guida.
558 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

“L’intervento chirurgico è la miglior terapia analgesica dopo frattura del


femore” così affermano le linee guida redatte dall’AAGBI. Nel post-
operatorio l’American Academy Of Orthopaedic Surgeons raccomanda
fortemente un’adeguata gestione del dolore, ma gli autori non specificano
quale trattamento o terapia farmacologica preferire, sostenendo l’efficacia di
un approccio multiplo (Neuro-stimolazione, anestesia locale / regionale /
epidurale, riposo, ecc.). Le linee guida NICE consigliano la
somministrazione di paracetamolo ogni 6 ore, se non controindicato,
aggiungendo eventualmente gli oppioidi qualora il paracetamolo da solo
non dovesse garantire un’adeguata copertura antidolorifica; non sono
invece raccomandati i FANS.

11.2.2.3. Trattamento conservativo dopo frattura del femore

11.2.2.3.1. Mobilizzazione
Le linee guida NICE, SIGN e AAGBI sono in accordo sulla necessità di
iniziare la mobilizzazione entro le prime 24 ore dopo l’intervento chirurgico.

11.2.2.3.2. Programma riabilitativo


Solamente le linee guida AAOS definiscono la necessità di un trattamento
riabilitativo. Il programma riabilitativo dovrà comprendere la terapia
occupazionale e la fisioterapia, finalizzata al miglioramento della
funzionalità e alla riduzione del rischio di cadute. Inoltre, secondo gli autori,
evidenze forti in letteratura raccomandano di proseguire la fisioterapia in
modo assiduo anche dopo la dimissione del paziente.
Tre meta-analisi hanno analizzato il programma riabilitativo dopo frattura
del femore, tutte e tre utilizzano il metodo PRISMA (tab. 11.7.)
La meta-analisi di Auais et al. [49] pubblicata nel 2012 ha analizzato 11 RCT
che confrontavano l’efficacia di un programma riabilitativo esteso anche
dopo la dimissione del paziente rispetto alle cure tradizionali. Gli autori
concludono che l’esecuzione di un programma riabilitativo dopo frattura del
femore consente di migliorare alcuni aspetti funzionali come l’equilibrio, il
Timed “Up & Go” Test e la velocità del cammino.
Due meta-analisi hanno analizzato l’efficacia di due differenti tipologie di
esercizio soprattutto per quanto riguarda il recupero della mobilità.
In particolare, la meta-analisi pubblicata nel 2016 da Diong et al. [47], ha
analizzato 13 RCT che confrontavano un programma di esercizi strutturato
(esercizi di equilibrio, esercizi di resistenza, esercizi ad alta intensità, esercizi
da effettuare a casa, esercizi senza carico) rispetto alle cure tradizionali. Gli
autori concludono che un programma riabilitativo strutturato migliora di
11. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle fratture da fragilità 559

poco la mobilità del paziente rispetto ai controlli. La meta regressione dei


dati, però, ha permesso agli autori di sottolineare che i risultati migliori in
termini di mobilità si osservano dopo l’esecuzione di esercizi contro
resistenza progressiva, probabilmente perché migliorando la forza degli arti
inferiori migliora la velocità del cammino e la capacità di effettuare le scale.
La meta-analisi di Lee et al. [48], ha analizzato esclusivamente RCT dove gli
esercizi progressivi contro resistenza venivano confrontati rispetto alla
terapia convenzionale. Dall’analisi di 8 RCT gli autori concludono che gli
esercizi contro resistenza progressiva migliorano la capacità funzionali, la
capacità di svolgere le attività di tutti i giorni, l’equilibrio e la forza degli arti
inferiori ma considerando il numero esiguo e l’aumento dell’incidenza di
frattura del femore, gli autori concludono che sono necessari nuovi studi su
larga scala.
A fronte di queste due ultime meta-analisi a favore di esercizi contro
resistenza, data la scarsità di studi anche le linee guida AAOS affermano la
necessità di ulteriori evidenze per poter chiarire la durata del programma
riabilitativo e il tipo di esercizi da preferire.

Tabella 11.10. Confronto delle meta-analisi sul programma riabilitativo.

Autore, N° di studi Metodo


Risultati (p value)
anno (n° pazienti) d’intervento
13 RCT, Programma
Diong*, Mobilità: 0.35; 95% CI 0.12-0.58;
(1903). esercizi strutturati
2016 [47]. P = 0.002.
Vs controllo
Funzionalità: 0.408; 95% 0.238-0.578;
P < .001.
Esercizi di ADLs: 0.238; 95% CI 0.040-0.437;
resistenza con P = 0.019.
aumento Equilibrio: 0.554; 95% CI 0.310-0.797;
Lee*, progressivo della P < .001.
2017 [48]. 8 RCT, forza Forza arti inferiori: 0.421; 95% CI
(587). Vs Trattamento 0.101-0.741; P = 0 .010.
standard Performance: 0.841; 95% CI 0.197-1.484;
P = 0.010.
Funzionalità self reported: 0.449; 95% CI
0.061-0.958; P = .084.
Forza muscoli estensori ginocchio: 0.47;
Programma di 95% Cl 0.27-0.66.
riabilitazione da Equilibrio: 0.32; 95% CI 0.15-0.49.
Auais*,
effettuare a casa Performance: 0.53; 95% CI 0.27-0.78.
2012 [49].
VS Trattamento Timed “Up & Go” Test: 0.83; 95% CI
11 RCT. standard 0.28-1.4.
Fast gait speed: 0.42; 95% CI0.11-0.73.
Tab. 11.10. Confronto delle meta-analisi sul programma riabilitativo; *PRISMA statement; RCT:
randomized controlled trail; CI: confidence interval.
560 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

11.2.2.3.3. Nutrizione
Le linee guida redatte dalla SIGN raccomandano (A) la somministrazione di
preparati proteici ad alto valore energetico arricchiti di vitamine e sali
minerali, mentre l’AAOS mostra evidenze moderate a favore di un supporto
nutrizionale utile per ridurre la mortalità.

11.2.3. Raccomandazioni espresse in base al trattamento dopo


frattura distale del radio
Le raccomandazioni per il trattamento riabilitativo dei pazienti con frattura
di radio sono state formulate da due diverse linee guida (tab.3). La più
recente è stata pubblicata da un gruppo di lavoro danese nel 2016, con il
titolo “National clinical guideline on the treatment of distal radial fractures”
e utilizza lo strumento AGREE. Nel 2009 l’American Academy Of
Orthopaedic Surgeons (AAOS) ha pubblicato una linea guida dal titolo
“Guideline on The Treatment of Distal Radius Fracture”. Entrambi i lavori
sono stati prodotti secondo i criteri di multi-disciplinarietà e multi-
professionalità, e hanno utilizzato il metodo GRADE.

Tabella 11.11. Confronto delle evidenze sul trattamento della frattura del radio.
Trattamento AAOS DHA
Esercizi da effettuare a casa. Limitate Buona pratica
Non prescrivere sercizi supervisionati
da un fisioterapista o terapista - Buona pratica
occupazionale.
Esercizi di mobilizzazione delle dita. Consensus -
No mobilizzazione precoce del polso Moderate -
dopo fissazione.
Ultrasuoni e/o crioterapia. Limitata -
Vitamina C. Moderate -
Tab. 11.11. Confronto delle evidenze sul trattamento della frattura del radio.

Le linee guida affrontano i vari aspetti del trattamento chirurgico e


conservativo della frattura distale del radio ma abbiamo improntato la
nostra analisi sugli aspetti di pertinenza esclusivamente riabilitativa.
La linea guida dell’American Academy Of Orthopaedic Surgeons (AAOS)
afferma che, dopo trattamento chirurgico, non è necessaria una precoce
mobilizzazione del polso (evidenza moderata), il limite della
raccomandazione è la mancanza di indicazione in merito al timing di inizio
della riabilitazione.
È buona pratica clinica, secondo la linea guida danese, non prescrivere
esercizi da effettuare sotto supervisione del fisioterapista o del terapista
occupazionale ma piuttosto consigliare al paziente esercizi da effettuare in
autonomia a casa, tuttavia mancano indicazioni sul tipo di esercizio. Gli
11. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle fratture da fragilità 561

autori della linea guida AAOS sono in accordo nel consigliare esercizi per la
mobilizzazione delle dita della mano (consensus), mentre affermano che le
evidenze sull’utilizzo del laser e o la crioterapia sono limitate. La linea
guida conclude con la raccomandazione di prescrivere la vitamina C
(evidenza moderata) per la prevenzione della Sindrome dolorosa regionale
complessa.

11.2.4. Raccomandazioni espresse in base al trattamento per la


prevenzione delle cadute nell’anziano
Nell’intervallo di tempo dal 2004 al 2018 sono state pubblicate 9 linee guida
che affrontano il problema della prevenzione delle cadute negli anziani
(tab.4). La più recente linea guida è quella prodotta dalla Preventive Services
Task Force nel 2018. Nel biennio 2016-2017 sono state pubblicate tre linee
guida: la linea guida del Korean Association of Internal Medicine, la linea
guida dell’Eastern Association for the Surgery of Trauma e la linea guida del
Royal Australian College of General Practitioners. La linea guida coreana e
quella australiana utilizzano lo strumento AGREE (Appraisal of Guidelines
REsearch & Evaluation in Europe) e analizzano le evidenze attraverso il
metodo GRADE. Nel 2013 la NICE ha pubblicato la line guida “Falls in older
people: assessing risk and prevention” che aggiornava le raccomandazioni
formulate precedentemente nel 2004.
Nel 2010 sono state pubblicate due linee guida rispettivamente da un
gruppo di geriatri francesi e un gruppo di geriatri americani. I primi hanno
elaborato una linea guida basata sull’evidenza utilizzando lo strumento
AGREE. I geriatri americani hanno pubblicato la linea guida dal titolo
“Summary of the Updated American Geriatrics Society/British Geriatrics
Society Clinical Practice Guideline for Prevention of Falls in Older Persons”.
Nel 2007 l’American College of Sports Medicine in collaborazione con
l’American Heart Association hanno pubblicato un documento dal titolo
Physical Activity and Public Health in Older Adults: Recommendation
From the American College of Sports Medicine and the American Heart
Association“. La linea guida meno recente è quella commissionata dalla
NICE nel 2004 dal titolo “Clinical practice guideline for the assessment and
prevention of falls in older people”. Tale linee guida è stata elaborata dal
National Collaborating Centre for Nursing and Supportive Care (NCC-NSC)
e dal Guideline Development Group (GDG) utilizzando lo strumento
AGREE (tab. 11.4.).
562

Tabella 11.12. Confronto delle evidenze sulla prevenzione delle cadute.

NCC-NSC/
USPSTF KAIM EAST RACGP NICE FRENCH AGS/BGS ACSM/AHA
GDG
Identificare rischio di
C E (1) Evidenza forte A (I) C C A - C
caduta.
Screening tests. - E (1) Evidenza debole A (I) C C - - C
Vitamina D e calcio. R (B) E (2) Evidenza debole - NR(I) C B - NR
Es. regolare. R(B) A (1) Evidenza debole I R C A A (IIa) A
Es. di equilibrio. - A (1) - I R - A A (IIa) D
Es. rinforzo muscolare. - - - I R - A A (IIa) D
Es. di stretching. - A (1) - - - - - B (IIB) -
TAI CHI. - - - - - - C - -
Es. aerobici. - A (1) - - - - - A (IIa) -
Camminata. - - - - Veloce NR C - A (I) -
Intervento
R(C) - - - C C B - A
multifattoriale.
Protettori dell’anca. - - Evidenza debole - NR - NR (I) - NR
Ridurre i pericoli
- - Evidenza debole C - C B - A
domestici.
Pacemaker- terapia
- - - - C - - - B
psicotropa.
Terapia cognitivo /
comportamentale- - - - - NR - - - NR
valutazione oculistica.
Tab. 11.12. Confronto delle evidenze sulla prevenzione delle cadute. R: Raccomandato; NR: Non Raccomandato; -: non trattato. A, B, C, D, E: gradi di
raccomandazione; (): livelli di evidenza.
LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa
11. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle fratture da fragilità 563

11.2.4.1. Identificazione del rischio di caduta e test di screening


La Korean Association of Internal Medicine, la Royal Australian College of
General Practitioners e la Eastern Association for the Surgery of Trauma
raccomandano l’identificazione della popolazione anziana ad alto rischio di
caduta, sia in base all’anamnesi sia mediante test di valutazione del
cammino e dell’equilibrio, le prime due linee guida sono state elaborate
utilizzando lo strumento AGREE. Le restanti linee guida sottolineano che le
evidenze sull’efficacia di un programma di screening sono basse (C), tra
queste anche le linee guida formulate dal NCC-NSC/ GDG e dai geriatri
francesi che utilizzano lo strumento AGREE.

11.2.4.2. Integrazione con vitamina D e calcio


La linea guida coreana e quella francese, insieme alle linee guida prodotte
da USPFTS, EAST e AGS/BGS mostrano scarse evidenze a favore della
somministrazione della Vitamina D e del calcio per la prevenzione delle
cadute. Le linee guida NICE non raccomandano la vitamina D e il calcio,
sostenendo che seppure vi siano evidenze a favore del loro utilizzo per la
prevenzione delle cadute, non sembrerebbero ridurre il rischio di frattura.
Nonostante la debole evidenza in letteratura, la più recente linea guida
pubblicata nel 2018 specifica quale dovrebbe essere il dosaggio ottimale: 600
U.I die di vitamine D per i pazienti con età compresa tra i 51 e i 70 anni e 800
U.I. die per i pazienti con più di 70 anni, quest’ultimo consigliato anche
dalle linee guida prodotte dall’AGS/BGS.

11.2.4.3. Esercizio regolare


Per i pazienti anziani ad alto rischio di caduta è fortemente raccomandato
l’esercizio fisico regolare. Le linee guida sono in accordo nel raccomandare
sia esercizi di rinforzo muscolare che esercizi per l’equilibrio. Come attività
utile a migliorare l’equilibrio, la linea guida prodotta da AGS/BGS propone
il Tai chi. L’American College of Sports Medicine e l’American Heart
Association raccomandano attività che consentono di mantenere o
potenziare la forza muscolare almeno 2 giorni a settimana (IA), inoltre,
propongono esercizi aerobici, esercizi di resistenza ed esercizi per la
flessibilità. Gli esercizi di stretching andranno svolti almeno 2 volte a
settimana per un minimo di 10 minuti (IIb, B). In base al paziente,
ACSM/AHA raccomandano di svolgere attività aerobica da moderata (es.
camminata lenta), 30 minuti die per 5gg a settimana, a intensa (camminata
veloce) 20 minuti die per 3gg a settimana (IA). Le linee guida NICE, invece,
non raccomandano la camminata veloce poiché non si osservano sufficienti
evidenze in letteratura.
564 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

11.2.4.4. Intervento multifattoriale


Le linee guida raccomandano una valutazione multifattoriale del paziente e
una presa in carico e trattamento multidisciplinare così da ridurre tutti
fattori di rischio per eventuali cadute.
Le due linee guida pubblicate e commissionate rispettivamente dalla NICE
raccomandano la rivalutazione dell’eventuale terapia farmacologica
psicotropa del paziente e l’individuazione dei pazienti che potrebbero
beneficiare di un pacemaker. Non ci sono, invece, evidenze per
raccomandare una valutazione oculistica o un approccio cognitivo /
comportamentale.

11.2.4.5. Protettori per l’anca


Ci sono due tipi principali di protettori per l’anca [50]: una protezione
composta di un guscio resistente che ha il ruolo di dissipare la forza
dell'impatto nei tessuti molli e una protezione compressibile che assorbe
l’energia. Entrambi vengono posizionati nella regione laterale dell'anca.
Le linee guida non raccomandano il loro utilizzo poiché in letteratura si
osservano poche evidenze sulla loro efficacia.

11.2.4.6. Pericoli domestici


Le linee guida raccomandano di informare il paziente sui pericoli domestici
così da poter intervenire e ridurre tutti i possibili fattori di rischio. Nessuna
delle linee guida chiarisce a quali aspetti dell’ambiente domestico porre
attenzione.

11.3. Discussione e raccomandazioni riabilitative

11.3.1. Raccomandazioni di grado forte

11.3.1.1. Frattura vertebrale


È raccomandata la terapia farmacologica con risedronato, zoledronato o
alendronato per la prevenzione delle fratture vertebrali, non vertebrali o di
femore in donne in post-menopausa con storia di frattura vertebrale.

11.3.1.2. Frattura di femore


È raccomandata la presa in carico del paziente da parte di un gruppo
multidisciplinare, un’adeguata terapia antidolorifica e la prosecuzione della
fisioterapia alla dimissione. Tali raccomandazioni sono formulate sia dalla
linea guida NICE che AAOS, entrambe sono linee guida prodotte da un
11. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle fratture da fragilità 565

gruppo di esperti multi-disciplinare e multi-professionale, dove


l’organizzazione delle evidenze è avvenuta utilizzando il sistema GRADE.
Il limite delle linee guida è quello di non fornire un programma chiaro di
esercizi, anche se la meta-analisi del 2016, formulata secondo il PRISMA
statement, raccomanda l’esecuzione di esercizi contro resistenza.

11.3.1.3. Prevenzione cadute


È raccomandata l’identificazione della popolazione anziana ad alto rischio
di caduta, sia in base all’anamnesi sia mediante test di valutazione del
cammino e dell’equilibrio. Per i pazienti a rischio di caduta è raccomandato
l’esercizio regolare che preveda sia esercizi di stretching che esercizi per
migliorare l’equilibrio ed esercizi di tipo aerobico. Tali raccomandazioni
sono formulate dalle linee guida KAIM e RACGP, che utilizzano lo
strumento AGREE, come raccomandazioni di grado forte.

11.3.2. Raccomandazioni di grado debole

11.3.2.1. Frattura vertebrale


Potrebbe essere raccomandata una terapia conservativa che preveda
l’esecuzione di esercizi, supervisionati da un fisioterapista, o in autonomia,
la gestione del dolore mediante l’utilizzo della TENS o il nerve root block di
L2 e una terapia farmacologica con calcitonina.
Potrebbe essere raccomandata la vertebroplastica o la cifoplastica per i
pazienti con dolore non responsivo al trattamento conservativo, come
sostenuto dalle linee guida NICE e AAOS, le quali presentano un sistema
chiaro di rating delle evidenze (GRADE).

11.3.2.2. Frattura di femore


Tutte le linee guida sono in accordo nel sostenere che potrebbe essere
raccomandato un intervento chirurgico entro le prime 24/48 ore con
l’impostazione di un’adeguata profilassi farmacologica e meccanica (SIGN).
Dopo l’intervento chirurgico, potrebbe essere raccomandato un progetto
riabilitativo che preveda sia la fisioterapia che la terapia occupazionale
(AAOS) con particolare attenzione all’educazione del paziente per la
prevenzione delle cadute (AAGBI). L’integrazione nutrizionale potrebbe
essere raccomandata con l’obiettivo di migliorare la funzionalità e ridurre la
mortalità (AAOS).

11.3.2.3. Frattura di radio


Potrebbero essere raccomandato non mobilizzare precocemente
l’articolazione dopo intervento chirurgico, prescrivere esercizi di
566 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

mobilizzazione delle dita, la crioterapia o gli ultrasuoni per il controllo del


dolore e, infine, la vitamina C per la prevenzione della sindrome dolorosa
regionale complessa. Tali raccomandazioni sono state formulate solo dalla
linea guida prodotta dall’AAOS.
Potrebbe essere raccomandata la prescrizione di esercizi per l’arto superiore
da effettuare a casa senza supervisione del fisioterapista o del terapista
occupazionale, come sostenuto della linea guida prodotta dal DHA che
utilizza lo strumento AGREE e ha organizzato le evidenze secondo il
sistema GRADE.

11.3.2.4. Prevenzione cadute


Potrebbe essere raccomandato un trattamento multifattoriale, cioè una presa
in carico da parte di team riabilitativo così da gestire i singoli fattori di
rischio. Ad esempio, potrebbe essere raccomandata la rivalutazione della
terapia farmacologica psicotropa o l’individuazione della necessità di
posizionamento di un pacemaker o potrebbe essere raccomandato
intervenire sui possibili pericoli presenti nell’ambiente domestico.

11.3.3. Terapie non raccomandate

11.3.3.1. Frattura vertebrale da compressione


Non si osservano evidenze sufficienti per prescrivere il pamidronato o la
teriparatide.

11.3.3.2. Prevenzione cadute


Non è raccomandato l’uso dei protettori dell’anca.

11.3.4. Raccomandazioni non formulabili

11.3.4.1. Frattura vertebrale da compressione


Le evidenze sono inconclusive per il riposo a letto, gli oppioidi, gli
analgesici, le terapie alternative o l’uso del busto.

11.3.4.2. Prevenzione cadute


Le evidenze sono contrastanti sulla somministrazione di vitamina D e calcio,
non raccomandato dalla linea guida NICE e dalla linea guida NCC-NSC /
GDG e raccomandate con grado debole dalle altre linee guida. Inoltre, non si
osservano evidenze sufficienti per prescrivere il tai chi, raccomandato solo
dalle linee guida AGS / BGS con livello di evidenza C.
11. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle fratture da fragilità 567

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Prof. Valter Santilli

Linee guida, buone pratiche


ed evidenze scientifiche
in Medicina Fisica e Riabilitativa

Capitolo 12

Buone pratiche e linee guida riabilitative


nel trattamento delle lesioni croniche da sport

Coautori

Marialucia De Angelis MD, Silvia Sbardella MD


Francesco Agostini MD, Luca Di Sante MD, PhD
Annalisa Di Cesare MD, Federica Alviti MD
12. Buone pratiche e linee guida riabilitative
12. Buone pratiche e delle
nel trattamento linee guida
lesioniriabilitative
croniche da nelsport
trattamento delle lesioni croniche da sport
Coautori
Coautori De Angelis 1 MD, Silvia Sbardella 1 MD, Francesco Agostini 1 MD
Marialucia
Marialucia
Luca Di Sante De2 Angelis
MD,
1 MD, Silvia Sbardella
PhD, Annalisa Di Cesare 2 MD,
1 MD, Francesco 3Agostini1
Federica Alviti  MD
MD, Luca Di Sante MD, PhD, Annalisa Di Cesare2 MD, Federica Alviti3
2

1
ScuolaMD
di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
2
Dirigente Medico di I Livello, Medicina Fisica e Riabilitativa, Policlinico Universitario
1 “Umberto
Scuola I”, Roma
di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
3
Ricercatore MED34, Sapienza Università di Roma
2 Dirigente Medico di I Livello, Medicina Fisica e Riabilitativa, Policlinico Universitario
“Umberto I”, Roma
3 Ricercatore MED34, Sapienza Università di Roma

ABSTRACT

Background: Le lesioni croniche da sport sono sindromi dolorose croniche


dell'apparato locomotore favorite da carichi di lavoro eccessivi per intensità
e / o durata. Ogni disciplina sportiva ha tipiche lesioni da sovraccarico che si
manifestano nelle strutture maggiormente coinvolte nel gesto atletico.
Circa il 50% di tutte le lesioni da sport sono provocate dal sovraccarico
funzionale secondario a sollecitazioni di elevata intensità ripetute per tempi
prolungati.
Obiettivo: L’obiettivo del presente lavoro è di effettuare una revisione delle
principali evidenze scientifiche nell’ambito del trattamento conservativo
delle sindromi da sovraccarico funzionale nell’atleta. In particolare saranno
oggetto di studio la fascite plantare, la sindrome femoro-rotulea, la pubalgia,
la discinesia scapolare e le fratture da stress, le quali, secondo dati
epidemiologici, si riscontrano con maggior frequenza.
Materiali e metodi: per la stesura di questo lavoro è stata seguita la
PRISMA checklist, escludendo le componenti riguardanti la statistica dei
dati Sono state selezionate linee guida nazionali ed internazionali,
metanalisi, revisioni sistematiche della letteratura e consensus conference
pubblicate negli ultimi 10 anni, che analizzano il trattamento riabilitativo
delle lesioni croniche da sport e che compaiono sui principali motori di
ricerca.
Risultati: Dall’analisi della letteratura emerge un’importante criticità,
ovvero, la difficoltà di individuare un unico protocollo standardizzato per
574 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

ogni singola patologia in virtù dell’eziopatogenesi multifattoriale che le


caratterizza. È stato comunque possibile riconoscere l’efficacia di alcune
specifiche modalità di trattamento.

INTRODUZIONE

Le lesioni croniche da sport, conosciute anche come lesioni da “over-use”,


sono causate da microtraumi ripetuti durante il gesto atletico e
rappresentano circa il 50% di tutte le patologie sportive [1]. Ricorrono in
particolare in sport quali calcio, corsa, pallavolo, rugby, tennis, nuoto [2-4],
soprattutto quando l’atleta varia la modalità, l’intensità o la durata
dell’allenamento. Possono coinvolgere diversi distretti anatomici
presentandosi sottoforma di tendinopatie, borsiti e sindromi da sovraccarico
funzionale [2].
Studi epidemiologici definiscono la popolazione femminile come la più
colpita da lesioni da overuse rispetto alla maschile, ciò sembra essere
correlato a variazioni costituzionali in termini di lassità legamentosa, di
resistenza muscolare e di livelli ormonali che determinano una diversa
risposta fisiologica ai microtraumi e all’allenamento [3].
Oltre al dolore ed all’impotenza funzionale, le lesioni croniche da sport
presentano un elevato impatto psicologico sull’atleta a causa dell’inevitabile
allontanamento dagli allenamenti nonché dal campo di gara [4]. Per lo
sportivo amatoriale, e ancor più per il professionista, è fondamentale non
solo la risoluzione della sintomatologia dolorosa per un rapido ritorno alla
pratica sportiva ma anche e soprattutto la prevenzione dell’insorgenza di
patologie legate al sovraccarico funzionale attraverso l’individuazione e la
correzione dei potenziali fattori di rischio.
Di seguito la revisione della letteratura delle più frequenti patologie da
overuse da noi selezionate sulla base dei dati epidemiologici.
Lo scopo di questo capitolo sarà quello di confrontare e riassumere le
maggiori evidenze presenti in letteratura, in modo da poter guidare il
medico specialista in Medicina Fisica e Riabilitativa nel management delle
lesioni croniche da sport.

12.1. Materiali e metodi

La stesura del presente capitolo, è stata effettuata utilizzando la PRISMA


checklist, escludendo le componenti riguardanti la statistica dei dati. Per
ogni specifica patologia è stata verificata la presenza di evidenze scientifiche
prodotte negli ultimi 10 anni; è stata verificata la presenza di linee guida, e,
12. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni croniche da sport 575

laddove queste risultassero assenti, incomplete, datate o non fornissero una


chiara raccomandazione, sono state prese in considerazione revisioni
sistematiche, meta-analisi e studi randomizzati controllati (RCTs) e
consensus conference. Per ogni singolo studio è stato verificato l’utilizzo del
sistema AGREE per le linee guida, PRISMA per le metanalisi e le revisioni
sistematiche, CONSORT per gli RCT, STROBE per gli studi osservazionali,
AMSTAR per le revisioni narrative, come indici di qualità dei lavori.
Sono state escluse pubblicazioni delle quali esistesse una versione più
aggiornata e quelle menzionate per definire una raccomandazione
all’interno delle linea guida. La ricerca è stata effettuata attraverso i
principali motori di ricerca: PubMed, Cochrane database, PEDro e Google
Scholar, utilizzando come filtro di ricerca per la tipologia di evidenza
“guideline”, “review”, “meta-analisi”, “randomized controlled trials” e
ricerca su “studi umani” e prodotti in lingua inglese. Sono stati esclusi studi
su animali ed in vitro. Qualora le evidenze fossero state carenti, abbiamo
ampliato la ricerca agli anni precedenti. In merito alle strategie di ricerca,
sono state utilizzate diverse parole chiave, quali: “overuse injuries” OR
“overtraining syndrome” AND guidelines; “overuse injuries” OR
“overtraining syndrome” AND raccomandations; “overuse injuries” OR
“overtraining syndrome” AND epidemiology; “ripetitive strain injuriy” OR
“overuse syndrome” AND guidelines; “ripetitive strain injuriy” OR
“overuse syndrome” AND raccomandations; “ripetitive strain injuriy” OR
“overuse syndrome” AND epidemiology. Alcuni studi sono stati esclusi
durante l’analisi del full text in quanto incongruenti con i criteri di
inclusione o non pertinenti all’obiettivo del nostro studio. Le caratteristiche
dei singoli studi sono riportate nelle tabelle all’interno dei relativi capitoli.
Di seguito vengono riportate le principali evidenze presenti in letteratura
per ciascuna delle patologie oggetto della presente trattazione. Nella
revisione della letteratura, verrà specificata la metodologia utilizzata per
ogni singolo studio.

12.2. Risultati

12.2.1. Buone pratiche riabilitative nel trattamento della fascite


plantare
La fascia plantare è una robusta lamina di tessuto connettivo posta nel piano
superficiale della pianta del piede subito al di sotto dello strato
sottocutaneo. Anatomicamente si estende dal tubercolo mediale della
tuberosità calcaneare da cui si dipartono tre gruppi di fibre: laterale, mediale
576 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

e centrale che si dirigono anteriormente fondendosi e ricoprendo il primo


strato di muscoli intrinseci del piede e raggiungendo le teste metatarsali,
soprattutto le fibre centrali, dove si connettono ai legamenti plantari delle
articolazioni metatarso-falangee ed alle guaine fibrose degli adiacenti
tendini dei muscoli flessori delle dita [5].
La fascia plantare profonda svolge un ruolo fondamentale nel
mantenimento dell’arco longitudinale mediale e nella trasmissione delle
forze dalla zona calcaneare prossimale a quella distale delle dita durante la
deambulazione, il salto o la corsa, secondo il windlass mechanism (il
meccanismo del verricello). Questo meccanismo biomeccanico si realizza
nella fase propulsiva della deambulazione, quando la flessione dorsale
dell’articolazione MTF fa sì che la linguetta aponeurotica si avvolga attorno
alla testa metatarsale in modo tale da tendere l’aponeurosi ed aumentare
l’altezza della volta plantare [5].
Un’aponeurosi plantare eccessivamente tesa ed iper-sollecitata può andare
incontro ad alterazioni da sovraccarico e condurre allo sviluppo di una
fascite plantare [5].
La fascite plantare (FP), è una sindrome dolorosa del piede che colpisce più
frequentemente adulti attivi tra i 30 e i 50 anni, influenzandone fortemente
la qualità della vita [6]. Attualmente è considerata una patologia
degenerativa che interessa l’inserzione della banda mediale della fascia
plantare sul tubercolo mediale del calcagno [7]. Tuttavia la reale eziologia
della fascite plantare non è ancora chiaramente definita e secondo alcuni
autori sarebbe meglio classificarla come una “fasciosi” in virtù della
degenerazione cronica [8].
In ambito sportivo, la letteratura più recente, colloca la FP al terzo posto tra
le patologie muscolo-scheletriche, dopo la sindrome da stress tibiale mediale
e la tendinopatia dell’achilleo [9]. Negli atleti praticanti la corsa, sia a livello
amatoriale che tra gli ultra maratoneti [10], la FP presenta un’incidenza
compresa tra 4.5 e il 10% [9]. In una revisione sistematica del 2013 viene
messa in luce l’elevata prevalenza dei disordini da overuse a livello di
caviglia e piede anche nei ginnasti, tra i quali varia tra il 1.7% ed il 38% in
funzione del sesso degli atleti e del loro livello sportivo ovvero se amatoriali
o di élite. La FP è, inoltre, di frequente riscontro anche nella danza, nel calcio
[11].
Uno studio retrospettivo sulle lesioni da sovraccarico funzionale “over-use”
nei podisti in età compresa tra 13 e 18 anni ha messo in luce, non solo che
più della metà degli atleti ha già riportato una prima sindrome da overuse,
ma anche che l’8% di questi ha sviluppato una fascite plantare, con una
incidenza maggiore nelle ragazze [12].
12. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni croniche da sport 577

Clinicamente il sintomo predominante è il dolore a livello inserzionale, più


intenso durante i primi passi al mattino o dopo un lungo periodo di riposo;
può essere uni o bilaterale [5].
Si riconoscono fattori di rischio di natura intrinseca ed estrinseca; i primi
sono correlati alle caratteristiche anatomo-funzionali quali un piede cavo o
piatto, una pronazione eccessiva, una sproporzionata torsione laterale tibiale
o un sovrappeso importante, rigidità o debolezza a carico dei muscoli soleo,
gastrocnemio e del tendine d’Achille; nonché a fenomeni degenerativi della
pianta del piede come l’atrofia o l’invecchiamento del cuscinetto adiposo
plantare e la riduzione di flessibilità della fascia. Tra i fattori estrinseci si
annoverano l’utilizzo di calzature non idonee e lo svolgimento di un
training non adeguato da parte dell’atleta ovvero un eccessivo e rapido
incremento dell’intensità, durata e frequenza dell’attività fisica o superfici di
allenamento non idonee [7].
Questi fattori, combinati tra loro, portano ad un patologico sovraccarico
della fascia plantare, in particolare nella sua zona di inserzione calcaneare,
causando dei veri e propri microtraumi che, in seguito, possono condurre ad
un ispessimento della fascia plantare con perdita della sua normale
elasticità, una riduzione della vascolarizzazione e l’infiammazione
peritendinea, fattori questi che sembrano concorrere allo sviluppo della
fascite plantare [7].
Il trattamento della fascite plantare ha come obiettivo la riduzione del
dolore, il ripristino della funzionalità della fascia e, soprattutto in ambito
sportivo, mira a consentire un rapido ritorno alla pratica dell’attività fisica
[13]. Ad oggi si tratta di un argomento ampiamente discusso, in quanto
diverse sono le strategie terapeutiche proposte, dagli esercizi di stretching,
fans, ortesi, onde d’urto, infiltrazioni locali fino all’intervento chirurgico nei
casi non responder.

12.2.1.1. Materiali e metodi


Lo scopo del presente lavoro è stato quello di analizzare, la letteratura degli
ultimi 10 anni utilizzando le seguenti parole chiave: “plantar fasciitis”,
“chronic plantar fasciitis”, “heelpain”, “plantar heel pain syndrome”, “hee
lspur syndrome”, “plantar fasciopathy”, “pain ful heel syndrome”,
“athletes”, “guidelines”, “raccomandations”, “cryoultrasound”,
“extracorporeal shock waves”, “stretching”, “injections”, “taping”.
578 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

12.2.1.2. Risultati
Dai risultati della ricerca sono state evidenziate: 2 linee guida, 1 cochrane, 3
meta-analisi di RCTs, 5 revisioni sistematiche, di cui 2 con meta-analisi e 3
RCTs.

Bibliografia identificata attraverso la ricerca nelle banche dati:


Medline/PEDro, Cochrane library, SimferWeb.
Inclusi solo gli studi in lingua inglese o italiana
Esclusi n = 239

Risultati della ricerca combinati Non contententi indicazioni


riabilitative o diagnostiche n = 189
n = 289
Riguardanti trattamenti chirurgici
della FP n = 37

Full-text non accessibile n = 13


Screening degli articoli in base al
titolo e all’abstract
Inclusi n = 50
Esclusi n = 37

Presenza letteratura più recente: 19

Revisione degli articoli e Non revisioni sistematiche, meta-


applicazione dei criteri di inclusione analisi o linee guida: 18
Inclusi n = 13

Linee guida RCTs Revisioni Cochrane Meta–analisi


2 3 sistematiche 1 3
5
:2

Fig. 12.1. Diagramma di flusso di selezione degli studi.

La componente specializzata in patologie ortopediche della Società


Americana di Fisioterapia (APTA) ha redatto nel 2008 e successivamente
revisionato nel 2014 LG per il trattamento della FP nel lavoro dal titolo
“HeelPain-PlantarFasciitis: Clinical Practice Guidelines Linked to the
International Classification of Function, Disability, and Health from the
Orthopaedic Section of the American Physical Therapy Association” (tab.
12.1.) [14]. Gli autori hanno utilizzato per definire il livello di evidenza degli
studi selezionati i criteri del “Centro di Medicina basata sull’Evidenza” di
12. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni croniche da sport 579

Oxford; per formulare la forza delle raccomandazioni hanno utilizzato il


metodo di Sackett modificato da MacDermid. All’interno del testo vengono
espresse raccomandazioni, non solo sulle modalità di intervento nel
paziente con FP, ma anche riguardo le metodiche diagnostiche, i criteri
classificativi ed i fattori di rischio determinanti la FP.
La Società Americana di Chirurghi di Piede e Caviglia (ACFAS) ha
revisionato nel 2010 le proprie linee guida pratiche, pubblicate nel 2001,
fornendo raccomandazioni terapeutiche basate sul consenso di esperti che
trattano nella pratica clinica la FP e sulla revisione della letteratura: “The
Diagnosis and Tretament of Heel Pain: A Clinical Practice Guideline-
Revision 2010” (tab. 12.1.) [15]. Gli autori hanno utilizzato il modello di
League per definire il livello di evidenza degli studi ed il grado delle
raccomandazioni fornite [5]. Nel testo vengono considerati tre differenti
pathway di dolore plantare: il primo che rimanda a cause neurologiche,
artritiche o traumatiche, il secondo che si identifica con la FP ed il terzo che
riporta ad una tendinopatia del tendine d’Achille; per ognuno di questi
viene fornito un algoritmo diagnostico - terapeutico ed espresse
raccomandazioni sulle opzioni terapeutiche disponibili.

SOCIETÀ /
LINEE GUIDA FONTE MD MP GRADE
ANNO
Journal of
APTA,
HeelPain- Orthopaedic&
Revisional, No No No
PlantarFasciitis. Sports Physical
2014.
Therapy.
The Diagnosis and ACFAS,
The Journal of Foot
Tretament of Heel Revision, No No No
& Ankle Surgery.
Pain. 2010.
Tab. 12.1. Descrizione delle Linee Guida. MD: multidisciplinare; MP: multiprofessionale;
Modalità di Classificazione GRADE: 1 grado di classificazione A, B, C, D; 2 grado di
classificazione A, B, C; 3 grado di raccomandazione: Forte, Moderato, Debole, Inconclusivo,
Consensus; APTA: Orthopaedic Section, American Physical Therapy Association; ACFAS:
American College of Foot and Ankle Surgeons.
580 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Tabella 12.2A. Raccomandazioni terapeutiche riabilitative.


Grado di
Raccomand.
Scelta Terapeutica Modalità di Intervento LG LG
APTA ACFAS
(2014) (2010)
Mobilizzazione dei tessuti molli e delle
Terapia Manuale A I
articolazioni.
A livello della fascia plantare e dei mm soleo e
gastrocnemio. L’utilizzo di un cuscinetto
Stretching e paddimg A B
plantare può aumentare i benefici dello
stretching.
Taping antipronazione +/- taping a livello dei
Taping A X
mm gastrocnemio e soleo.
Potenziamento della forza muscolare per i
Esercizio Terapeutico e
muscoli preposti alla pronazione e
Rieducazione F X
all’attenuazione delle forze durante le attività
Neuromuscolare
sotto carico.
Utilizzo del dry needlinhg a livello dei trigger
Dry Needling F X
poiny non può essere raccomandato.
Su misura o di fabbrica, per supportare l’arco
mediale longitudinale ed ammortizzare a
Ortesi su misura livello della pianta, soprattutto in coloro che A B
rispondono positivamente ai trattamenti con
taping antipronazione.
Per un tempo di 1-3 mesi, in coloro che
Tutori Notturni A B
lamentano costante dolore al risveglio.
“Rocker bottom shoes” in associazione ad
Calzatura ortesi plantari ed una rotazione della tipologia C /
di calzatura durante la settimana.
Tab. 12.2A. Raccomandazioni sulle possibili strategie terapeutiche riabilitative per la FP;
Legenda: LG: linee guida, APTA: Società Americana di Fisioterapia, A: forte evidenza, B:
moderata evidenza, C: debole evidenza, D: evidenza discordante, E: evidenza teorica, F:
opinione degli esperti, I: insufficienti evidenze, /: non specificato, X: non menzionato; ACFAS:
American College of Foot and Ankle Surgeons.
12. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni croniche da sport 581

Tabella 12.2B. Raccomandazioni terapeutiche riabilitative.


Grado di
Raccomand.
Mezzo Fisico Modalità di Intervento LG LG
APTA ACFAS
(2014) (2010)

Elettroterapia D X

Ultrasuoni +/- crioterapia. C X

ESWT Radiali o focalizzate +/- esercizi di stretching. / B

Laserterapia a basso Al fine di ridurrre dolore e la limitazione


C X
potenza dell’attività fisica.

Fonoforesi Con gel di ketoprofone. C X

Tab. 12.2B. Raccomandazioni sui possibili mezzi fisici da prescrivere al paziente con FP;
Legenda: LG: linee guida, APTA: Società Americana di Fisioterapia, ACFAS: American College
of Foot and Ankle Surgeons; A: forte evidenza, B: moderata evidenza, C: debole evidenza, D:
evidenza discordante, E: evidenza teorica, F: opinione degli esperti, /: non fornito, X: non
menzionato.

Tabella 12.2C. Raccomandazioni terapeutiche riabilitative.


Grado di
Raccomand.
Farmaco Modalità di Intervento LG LG
APTA ACFAS
(2014) (2010)

Fans Trattamento per os. N.R. I

Infiltrazione intralesionale +/- lidocaina +


Corticosteroidi / B
stretching.

Infiltrazione intralesionale +/- lidocaina +


Prp / /
stretching.

Tossina Botulinica Non Specificato. X I

Tab. 12.2C. Raccomandazioni sui possibili mezzi fisici da prescrivere al paziente con FP;
Legenda: LG: linee guida, APTA: Società Americana di Fisioterapia, A: forte evidenza, B:
moderata evidenza, C: debole evidenza, D: evidenza discordante, E: evidenza teorica, F:
opinione degli esperti, N.R: non raccomandato, /: non fornito, X: non menzionato. PRP: plasma
arricchito in piastrine.
582 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

12.2.1.2.1. Fans
Le linee guida della APTA pubblicate nel 2008 presentavano un’intera e
corposa sezione dedicata ai farmaci antinfiammatori (fans e corticosteroidi),
che manca nella revisione pubblicata nel 2014, dove si rinviene solo un breve
accenno ai corticosteroidi. Secondo gli autori, infatti, l’uso dei fans non
troverebbe indicazioni dal momento che il substrato istologico della
patologia non ne giustifica l’utilizzo, ed inoltre mancano studi che abbiano
trattato singolarmente l’effetto degli antinfiammatori non steroidei sulla FP.
Quest’ultimi infatti sono stati generalmente studiati in associazione ad altre
terapie come l’infiltrazione con corticosteroidi e l’utilizzo di ortesi o tutori
notturni [14].
La Società Americana di Chirurghi di Piede e Caviglia (ACFAS) fa un breve
accenno ai FANS come eventuale opzione terapeutica durante la prima fase
del trattamento della FP. Gli autori tuttavia affermano di non disporre delle
opportune evidenze per fornire una raccomandazione sul loro utilizzo [15].
Da quanto emerge dalla letteratura, l’utilizzo della terapia con FANS è non
trova indicazione trattandosi questa di un processo su base degenerativa più
che infiammatoria [13].

12.2.1.2.2. Infiltrazioni
Nella revisione delle linee guida della APTA del 2014, l’utilizzo delle
infiltrazioni con corticosteoridi, non viene raccomandata a causa della
mancanza di evidenze scientifiche a supporto e dei rischi ad essa correlati:
algia nel sito di iniezione, infezioni, atrofia del grasso sottocutaneo,
cambiamenti della pigmentazione della pelle, rottura della fascia, danno a
carico dei tessuti nervosi e muscolari limitrofi [14].
Le linee guida ACFAS, di contro, raccomandano l’infiltrazione con
corticosteroidi sia in una prima fase di trattamento della FP che
secondariamente in associazione ad ortesi, tutori notturni e ad esercizi di
stretching [15].
La Cochrane del 2017 fornisce un’analisi accurata di 39 studi per un totale di
2492 pazienti in cui le infiltrazioni con corticosteroidi vengono confrontate
con altre terapie conservative quali: le ortesi, la fisioterapia, le onde d’urto
ed i FANS. Gli autori, utilizzando il metodo GRADE per la formulazione
delle raccomandazioni, mettono in luce la mancanza di studi di elavata
qualità sull’efficacia nel miglioramento della sintomatologia dolorosa
plantare dopo infiltrazione di corticosteroidi, che peraltro sembrerebbe
essere efficace solo a breve termine. La mancanza di evidenze scientifiche di
elevata qualità non ha consentito la formulazione di raccomandazioni [16].
12. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni croniche da sport 583

Una scelta terapeutica di recente utilizzo è l’infiltrazione intratendinea di


plasma ricco di piastrine (PRP), un preparato di sangue intero autologo con
un’aumentata concentrazione piastrinica. Una revisione sistematica e meta-
analisi di 10 RCTs, pubblicata nel 2017 seguendo la check-list PRISMA, ha
valutato l’efficacia del trattamento infiltrativo con PRP e con corticosteroidi
(metileprednisolone / triamcinolone / desametasone), in associazione ad
esercizi di stretching. Dai risultati ottenuti si evidenzia una maggiore
efficacia del trattamento con PRP in termini di miglioramento della
sintomatologia dolorosa, valutata con la scala VAS, e della funzionalità,
valutata con la scala FADI e AOFAS, a distanza di tre mesi, ma non si
rilevano variazioni ai follow-up a lungo termine (tab. 12.3.) [17].
Yang W. et al., seguendo i criteri del PRISMA Statement, presentano una
meta-analisi di 9 RCTs nei quali vengono messi a confronto 2 gruppi di
pazienti sottoposti l’uno a terapia iniettiva con corticosteroidi l’altro con
PRP; dai risultati ottenuti emerge che a breve termine (2-4 settimane) non si
evidenziano differenze significative tra le due scelte terapeutiche nella
riduzione del dolore valutato mediante scala VAS, mentre, a 24 settimane si
osserva un maggior miglioramento del dolore nei pz trattati con infiltrazioni
di PRP (tab. 12.3.) [18].
584 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Tabella 12.3.
Autore, N° di
Metodo di
mese ed RCT Risultati VAS FADI AOFAS
trattamento
anno (n° pz)

1 mese N.S. N.S. N.S.


Stretching + PRP vs
Maggiore
10RCTs Stretching + Miglioramento
riduzione del
Singh, di cui 5 Corticosteroidi dello score
dolore nel
aprile, 2017 di alta (Metilprednisolone, maggiore nel
3 mesi gruppo N.S.
[17]. qualità Desametasone, gruppo trattato
trattato con
(n=517) Triamcinolone +/- con PRP (p =
PRP
lidocaina e simili). 0.03)
(p = 0.04).
6 mesi N.S. N.S.

2-4 sett. N.S. / /

4-24 sett. N.S. N.S. N.S.


PRP vs Corticosteroidi
Yang, (Metilprednisolone, Maggiore
9RCTs riduzione del
ottobre, 2017 Desametasone,
(n=416) dolore nel
[18]. Triamcinolone +/- 24
lidocaina e simili). gruppo / /
Sett.
trattato con
PRP
(p = 0.03).
Tab. 12.3. Caratteristiche degli studi di meta-analisi sul confronto PRP e corticosteroidi;
Legenda: N.S: nessuna differenza statisticamente significativa, SMD: standard mean difference,
WMD: weighted mean difference.

12.2.1.2.3. Onde d’urto extracorporee (ESWT)


Nel 2000 la FDA ha approvato l’utilizzo delle onde d’urto extracorporee per
il trattamento della fascite plantare [8]. La revisione delle linee guida della
Società Americana di Chirurghi di piede e caviglia pubblicata nel 2010
raccomanda le ESWT come trattamento di terza scelta, da proporre al
paziente laddove altre terapie conservative e meno invasive abbiano fallito,
ma soprattutto come alternativa all’intervento chirurgico [15].
Nello studio pubblicato da Saxena et al., nel 2012 sono state confrontate le
ESWT con la fasciotomia plantare endoscopica; le onde d’urto vengono
raccomandate, con livello di evidenza II, come possibile trattamento di
prima scelta [19].
Tuttavia, la società di fisioterapia americana nella propria revisione delle
linee guida del 2014 definisce, con un livello di evidenza I, che il trattamento
12. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni croniche da sport 585

con le ESWT non è più efficace nella riduzione del dolore plantare rispetto
allo stretching e alla terapia con ultrasuoni [14].
Una meta-analisi del 2017 di Sun et al., in linea con il PRISMA Statement,
analizza 9 RCTs che mettono a confronto la terapia con onde d’urto
focalizzate (FSW) o radiali (RSW) con il placebo. Nel lavoro scientifico viene
messa in luce una importante riduzione del dolore, valutata con la scala
VAS, nei pazienti trattati con FSW e le raccomandano laddove le terapie
conservative tradizionali siano risultate non efficaci, mentre gli autori non
riescono a fornire una valutazione conclusiva sull’efficacia della terapia con
RSW, a causa dell’eterogeneità rilevata negli studi analizzati in termini di:
metodologia di trattamento, criteri per definire il successo terapeutico,
differente campione numerico di pazienti (tab. 12.4.) [20].
Nello stesso anno e con la medesima metodologia (PRISMA items) è stata
pubblicata una meta-analisi di Lou et al. per valutare l’efficacia della terapia
con ESWT in pazienti con fascite plantare recidivante. Dall’esame dei 9
RCTs, in cui le ESWT vengono paragonate al placebo, queste risultano
particolarmente utili nella diminuzione del dolore in un’elevata percentuale
di pazienti (40.5% - 60%). In particolare a 12 settimane dalla fine del
trattamento, gli autori hanno evidenzato una riduzione del valore della VAS
del 60% dal valore iniziale. In accordo con Sun et al., in questo studio
scientifico viene confermata la possibilità di utilizzare le ESWT solo
secondariamente all’impiego delle altre opzioni terapeutiche riabilitative
disponibili (tab. 12.4.) [21]. Salvioli et al. nel 2017 hanno pubblicato,
seguendo i criteri GRADE, una revisione sistematica con meta-analisi, in cui
hanno preso in esame 20 studi al fine di analizzare le diverse opzioni
terapeutiche disponibili. In particolare per le onde d’urto hanno eseguito
una meta-analisi di 10 RCTs in cui queste venivano confrontate con placebo,
dimostrando una riduzione del dolore nel gruppo dei pazienti trattati, senza
poter fornire però fornire indicazioni sull’efficacia tra le due differenti
tipologie di onde d’urto (ESWT / FSW) (tab. 12.4.) [22].
586 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Tabella 12.4.
Autore,
N° RCTs Metodo di
mese ed VAS
(n° pz) trattamento
anno
Riduzione del valore nei pz trattati con
Sun, ESWT vs Placebo ESWT (SMD= 1.01, 95% CI: -0.01 a 2.03, p =
9 RCTs 0.05).
marzo
(n = 935).
2017 [20]. FSW vs Sham Riduzione del valore nei pz trattati con FSW
(SMD= 1.29, 95% CI: 0.39 a 2.19, p = 0.005).
Riduzione del valore nei paz trattati con
ESWT, dopo 12 settimane.
Lou, ESWT senza (RR = 1.50, 95% CI: 1.27-1.77, p < 0.001).
9RCTs
agosto anestesia locale vs Riduzione del valore > 60% durante il primo
(n = 1174).
2017 [21]. Placebo passo al mattino nei paz trattati con ESWT,
dopo 12 settimane.
(RR= 1.32, 95% CI, 1.11 - 1.56, p = 0.76).
Salvioli,
10RCTs (n = ESWT o FSW vs Riduzione del dolore nei pazienti trattati
maggio
1114). Placebo (SMD= -0.26; 95% CI, -0.38, -0.14, p< 0.0001).
2017 [22].
Tab. 12.4. Caratteristiche degli studi di meta-analisi sul confronto ESWT (FSW o RSW) e
Placebo; Legenda: ESWT: onde d’urto extracorporee generiche, FSW: Onde d’urto
extracorporee focalizzate, SMD: standard mean difference, WMD: weightedmeandifference,
RR: rischio relativo.

Un più recente trial clinico randomizzato, pubblicato a gennaio del 2018, ha


paragonato, secondo una metodologia non specificata, i risultati clinici
ottenuti e le variazioni di spessore della fascia in due gruppi di pazienti
sottoposti ad ESWT o ad infiltrazione di corticosteroidi. Le ESWT sono
risultate maggiormente efficaci a 12 settimane con riduzione del valore di
VAS e miglioramento del 100-points score, il cui totale deriva da 70 punti
corrispondenti alla valutazione del dolore e 30 a quella della funzionalità
[23]. Gli autori hanno valutato lo spessore della fascia nei pazienti trattati
con ESWT mediante la sonda ecografica e, a distanza di 4 settimane, si
presentava ancora aumentato, andando a diminuire gradualmente nelle
successive 8 settimane (tab. 12.5.) [24].
12. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni croniche da sport 587

Tabella 12.5. RCT di Lai et al., Gennaio 2018 [24].


SPESSORE
N° VAS della fascia
Gruppo Metodo di trattamento (cm)
pz
4 sett 12sett 4sett 12sett

2 sedute di ESWT a distanza


55 di 2 settimane (1500 colpi, 3.40 ± 1.34 ± 0.46 ± 0.38 ±
ESWT
intensità: 0.07 - 0.32 mJ/mm2 1.08 1.24 0.08 0.07
per seduta).

Infilitrazione ecoguidata di
20mg di triamcinolone 4.10 ± 2.98 0.43 0.39 ±
Corticosteroidi 55
acetonide + 2ml di 0.81 0.84 ±0.09 0.07
2%Xylocaina.

Tab. 12.5. Caratteristiche del trial clinico randomizzato ESWT vs Infiltrazione di corticosteroidi;
Legenda: ESWT: onde d’urto extracorporee generiche, VAS: Visual Analogic Scale.

12.2.1.2.4. Ultrasuonoterapia
La terapia con ultrasuoni rappresenta un’opzione terapeutica prescritta
frequentemente al paziente con FP ed è in genere associata ad esercizi di
stretching [25].
Le linee guida APTA forniscono un grado di raccomandazione C alla terapia
con ultrasuoni nel paziente con dolore plantare o FP [14].
Un trial clinico randomizzato pubblicato nel 2014 da Costantino et al.,
secondo una metodica non specificata, valuta l’efficacia dei crioultrasuoni
sulla riduzione del dolore rispetto alla sola crioterapia in un gruppo di
pazienti affeti da FP cronica, in presenza di sperone calcaneare. Dai risultati
ottenuti emerge che la crioultrasuonoterapia, rispetto alla sola crioterapia,
determina un più sostanziale miglioramento della sintomatologia dolorosa a
distanza di 3, 12 e 18 mesi (tab. 12.6.) [26].
588 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Tabella 12.6. RCT di Costantino et al., Febbraio 2014 [26].


VAS

Gruppo Metodo di trattamento
pz 3mesi 12mesi 18mesi

1seduta giornaliera per 10 gg


della durata di 20 min:
emissione continua, contatto
A:
42 diretto con la cute, utilizzo 3.26 ± 2.17 ± 1.57 ±
Crioultrasuonoterapi
del dispositivo con testa 2.3 1.77 2.06
a
mobile alla temperatura di -
2°C, emissione di ultrasuoni
alla potenza di 2.4 Watt/cm2.
1seduta giornaliera per 10 gg
della durata di 20 min:
emissione continua, contatto
6.26 ± 6.52 ± 6.38 ±
B: Crioterapia 42 diretto con la cute, utilizzo
1.06 0.83 0.94
del dispositivo con testa
mobile alla temperatura di -
2°C.
Tab. 12.6. Caratteristiche del trial clinico randomizzato Crioultrasuonoterapia vs Crioterapia
nel pz con FP in presenza di sperone calcaneare; Legenda: VAS: Visual Analogic Scale.

12.2.1.2.5. Laser terapia a basso potenza (LLLT)


La laserterapia a bassa potenza (LLLT) viene raccomandata dalla società
americana di fisioterapisti (APTA) seppur con deboli evidenze [14].
Salvioli et al., nella loro revisione con meta-analisi del 2017, prendono in
esame 2 RCTs (n = 94) in cui la LLLT viene paragonata al placebo mettendo
in evidenza una riduzione del valore di VAS nel gruppo trattato rispetto a
quello di controllo (tab. 12.7.) [22].
In un trial clinico controllato randomizzato pubblicato nel 2018 da Cinar et
al., gli autori confrontano l’azione della LLLT con quella delle ESWT in
associazione alle usuali terapie conservative prescritte per la FP (plantare
prefabbricato in silicone per 3 mesi, stretching m. gastrocnemio e pianta del
piede per 3 settimane). Sono stati reclutati 76 partecipanti e suddivisi in 3
gruppi: 25 nel gruppo ESWT, 24 in quello LLLT e 17 in un gruppo controllo.
Dai dati ottenuti, si evidenzia una maggiore efficacia della LLLT a breve
termine rispetto alle ESWT che presentano, invece, una maggiore efficacia
nel follow up a tre mesi (tab. 12.7.) [27].
12. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni croniche da sport 589

Tabella 12.7.
Autore,
N° di studi (n°
mese ed Metodo di trattamento VAS/NRS-p
pz)
anno

Laserterapia ad
Meta- arseniurio di gallio
Riduzione dell’intensità del
analisi : 6 settimane, 18sessioni,
dolore nel gruppo trattato
Salvioli et 147s/sessione.
2RCT’s (n= 94) (MD= -23.52, 95% CI: -33.60; -
al., Laserterapia diodica: più
13.43, p < 0.00001)
maggio di 3settimane, 6settimane,
2017 [22]. 10min/sessione
VS PLACEBO

Plantare prefabbricato in A tre settimane A tre mesi


silicone per 3 mesi, Maggiore
Riduzione
stretching riduzione
Gruppo ESWT dell’intensità
m.gastrocnemio e pianta dell’intensità
(n= 26) del dolore
per 3 settimane (3vv/die), del dolore
MD= 1.6
1seduta/sett di ESWT per 3 MD= 2.2
(CI: 0.7 - 2.6).
sett -dose tot: 2000mJ/mm2 (CI: 0.8 - 3.7).
Plantare prefabbricato in
RCT di silicone per 3 mesi, Maggiore
Riduzione
Cinar et stretching riduzione
Gruppo LLLT dell’intensità
al., 2018 m.gastrocnemio e pianta dell’intensità
(n= 24) del dolore
[27]. per 3 settimane (3vv/die), del dolore
MD= 4.4
10 sedute di LLLT MD= 3.8
(CI: 3.3 - 5.5).
(3sed/sett, 5-6’/sed) dose: 0 - (CI: 2.7 - 4.8).
5.6j/cm2
Plantare prefabbricato in Riduzione Riduzione
silicone per 3 mesi, dell’intensità dell’intensità
Gruppo
stretching del dolore del dolore
Controllo: (n= 17)
m.gastrocnemio e pianta MD= 2.0 MD= 2.7
per 3 settimane (3vv/die). (CI: 0.7 - 3.3). (CI: 0.9 - 3.9).
Tab. 12.7. Caratteristiche degli studi analizzati sul LLLT; Legenda: VAS= Visual Analogic Scale,
NRS-p= valore numeric della scala del dolore, MD= Mean Difference, CI= intervallo di
confidenza, LLLT= laser terapia a bassa Potenza; ESWT= onde d’urto extracorporee.

12.2.1.2.6. La terapia manuale


Le linee guida APTA [14], raccomadano con grado A, la terapia manuale nel
trattamento della fascite plantare. Analogamente Mischke at al., nel loro
lavoro di revisione sistematica del 2017, prodotta seguendo la metodologia
PRISMA, hanno analizzato 8 lavori scientifici (383 pazienti) con la finalità di
descrivere gli effetti funzionali e sintomatici della terapia manuale,
590 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

definendola come l’intervento svolto dal fisioterapista sul paziente e


comprendente: mobilizzazione dei tessuti molli, rilascio miofasciale e dei
trigger point, manipolazioni/mobilizzazioni dell’articolazione, stretching
manuale, tecniche di messa in tensione-rilassamento. Gli autori evidenziano
la presenza di forti evidenze a favore di questa scelta terapeutica che
sembrerebbe essere efficace a lungo termine [28].

12.2.1.2.7. Altre terapie conservative


Le linee guida APTA raccomandano, con grado A, le ortesi su misura o di
fabbrica, soprattutto in coloro che rispondono positivamente ai trattamenti
con taping antipronazione; in particolare le ortesi antipronazione, infatti,
come è noto l’iperpronazione causa un aumento dello stress a carico della
fascia plantare [29]. Con il medesimo livello di raccomandazione le LG APTA
raccomandano i tutori notturni per gli individui che hanno costante dolore
nel momento in cui compiono il primo passo al mattino [14]. Le linee guida
ACFAS forniscono riguardo le ortesi un grado di raccomandazione B [8]. A tal
proposito Salvioli et al. nella revisione sistematica con meta-analisi del 2017,
prendono in considerazione 2 RCTs (n = 144) in cui vengono confrontate le
ortesi prefabbricate, quelle su misura ed il placebo, riportando dati a favore
del gruppo di intervento in termini di riduzione del dolore [22] (tab. 12.8.).
Recentemente è stata introdotta la terapia con radiofrequenza pulsata sotto
guida ecografica (USGPRF); 1 RCT ne dimostra l’efficacia sulla riduzione del
dolore rispetto al placebo seguendo un protocollo che prevede l’emissione di
radiofrequenze pulsate per 5 minuti a livello dei trigger points del polpaccio,
previa anestesia locale su un campione di 100 pz [30]. Un secondo RCT (n =
70) analizzato, analizza l’utilizzo della radiofrequenza convenzionale (PRFE),
in cui ai pazienti è stato chiesto di indossare un device che emette radiazioni
elettromagnetiche non-ionizzanti direttamente sul sito sintomatico per 7 notti
consecutive, i risultati ottenuti evidenziano un miglioramento della
sintomatologia rispetto al placebo [31].
Per lo stretching del polpaccio e della fascia plantare (2 RCTs, n = 112) non
sono state evidenziate differenze rispetto al placebo (tab. 8) [22]. Questo dato
si discosta ampliamente dalle linee guida APTA che invece lo raccomandano
con grado A; soprattutto quello specifico per la fascia endei muscoli soleo e
gastrocnemio per la riduzione del dolore a breve termine (da una settimana a
4 mesi) [14]. La Società Americana di Chirurghi di Piede e Caviglia (ACFAS)
analogamente lo raccomanda con grado B [8].
Per quanto riguarda l’applicazione del taping, invece, Salvioli et al. riportano
1 RCT (n = 92) sul low-dye taping, applicato lungo fascia verso le articolazioni
metatarsofalangee per 7 giorni, concludendo che questo non determina una
12. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni croniche da sport 591

riduzione significativa del dolore rispetto al placebo. In un secondo RCT (n =


20), preso in esame dagli autori, viene, invece, paragonato il taping calcaneare,
che massimizza l’altezza dell’arco longitudinale mediale, al placebo
riportando un miglioramento rilevante della sintomatologia dolorosa nel
gruppo trattato [22]. Su questa scelta terapeutica le linee guida APTA
raccomandano, con grado A, il taping antipronazione, in associazione al
taping della fascia e del polpaccio per un’immediata riduzione della
sintomatologia dolorosa (dall’insorgenza della sintomatologia a 3 settimane)
[14].
Infine la società americana di fisioterapia (APTA) con grado di
raccomandazione F, sconsiglia l’applicazione degli aghi da dry needling a
livello dei trigger point [14]. Salvioli et al., al contrario, riportano 1 RCT (n =
84) in cui tale applicazione (1 seduta / sett per 6 settimane), paragonata al
placebo, ha determinato una riduzione del dolore [22].

Systematic review with meta-analysis di Salvioli et al., Maggio 2017 [22].

N° RCTs e Qualità
N° pz Metodo di trattamento RISULTATO
TRATTAMENTO evidenza

Ortesi prefabbricate
(spugna di polietilene);
Ortesi su misura (costruite
sul piede del pz durante la
Miglioramento
stazione eretta, forma in
dell’intensità del
polipropilene + spugna
dolore (VAS) nel
2RCTs rigida sotto la pianta
144 gruppo di Bassa
Ortesi vs Placebo OPPURE total contact
intervento. (MD -
insole (TCI) in etilene vinil
6.96 [-13.74; -
acetato (EVA) mediante la
0.18]).
quale veniva applicata una
maglia sulla superficie
plantare del piede del pz
prono).
Stretching del polpaccio in
piedi su una superficie di Alcun
legno inclinata per miglioramento
5min/die per 14gg OPPURE significativo a
2RCTs stretching passivo del favore del
112 Moderata
stretching vs Placebo polpaccio o della fascia gruppo di
plantare, dorsiflessione del intervento (SMD
piede e del primo dito in - 0.37 [-0.74;
2sedute da 30sec/sessione 0.01]).
per più di 4gg.
Tab. 12.8. Caratteristiche della meta-analisi efefttuata da Salvioli et al.; Legenda: VAS: Visual
Analogic Scale, MD: Mean Difference, SMD: standard meandifference.
592 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

12.2.1.3. Discussione e raccomandazioni riabilitative

TERAPIA
STUDIO Infiltr
Usgper
FA Cortico ESWT US LLLT T.M. Ortesi Stretch Tape
f/Prfe
NS /PRP

LG
APTA, N.R N.R./ R R
R (I) R (C) R (A) R (A) R (A) -
(2014). . N.M. (C) (A)

LG
R (B) N.
ACFAS, R (I) R (B) N.M. R (I) R (B) R (B) R (B) -
/N.M. M.
(2010).

Cochr., N.R/
- - - - - - - - -
(2017). N.M.

Singh et
N.M./E
al. Rev
- a3 - - - - - - - -
Sist,
mesi
(2017).
W.Y.
Yang et N.M./
al. Meta- - E a 24 - - - - - - - -
analisi, sett. /
(2017).
Sun et al
meta-
- - E - - - - - - -
analisi,
(2017).
Lou et al
Meta-
- - E - - - - - - -
analisi,
(2017).
N.E.
Salvioli et (low-
al Meta- dye) –
- - E - E - E N.E. E/E
analisi, E
(2017). (Calca
n.)

Costant.
et al.
- - - E - - - - - -
RCT,
(2014)
12. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni croniche da sport 593

TERAPIA

Infiltr
Usgper
STUDIO FA Cortico ESWT US LLLT T.M. Ortesi Stretch Tape
f/Prfe
NS /PRP

Cinar et
al. RCT, - - E - E - - - - -
(2018).

Mischke
et al. Rev
- - - - - E - - - -
Sist,
(2017).
Tab. 12.9. Sintesi delle raccomandazioni ed evidenze; Legenda: LG: linee guida, APTA: Società
Americana di Fisioterapia, ACFAS: American College of Foot and Ankle Surgeons; R:
raccomandato, N.R.: non raccomandato, N.M: non menzionato, E: efficace, N.E.: non efficace.

12.2.1.3.1. Raccomandazioni non formulabili


Non è stato possibile formulare raccomandazioni riguardo l’applicazione
della radiofrequenza pulsata guidata da sonda ecografica (USGPRF) e della
radiofrequenza convenzionale (PRFE) poiché sebbene si siano dimostrati
efficaci nella riduzione del dolore ad oggi in letteratura è presente solo 1
RCT per ciascuno studio. Anche in merito all’utilizzo del dry needling non è
stato possibile formulare raccomandazione a causa sia del basso livello di
evidenza degli studi sia perché i risultati dei pochi studi attualmente
disponibili sono contrastanti.
Analogamente la prescrizione di FANS per os, a causa della scarsità delle
evidenze scientifiche e della bassa qualità degli studi presenti in letteratuta
come evidenziato dalla revisione delle linee guida APTA del 2014.
Controverso rimane il ruolo dello stretching a carico della pianta del piede e
del muscolo gastrocnemio in quanto studi di elevata qualità hanno posizioni
contrapposte a riguardo: la meta-analisi di Salvioli et al che prende in
considerazione solo 2 RCT’s lo definisce un analogo del placebo; le linee
guida APTA invece lo raccomandano (grado A).

12.2.1.3.2. Raccomandazioni di grado forte


Può essere raccomandata, come affermano Mirschke et al., in accordo con le
linee guida APTA, la terapia manuale intesa come esclusivo utilizzo di
tecniche manuali quindi mobilizzazione dei tessuti molli, manipolazioni e
allungamenti. Analogamente la prescrizione delle ortesi può essere
raccomandata in quanto si trovano in accordo al riguardo sia la società
594 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

APTA che la ACFAS, oltre che i dati forniti dalla meta-analisi di Salvioli et
al. Non è stato possibile però definire, tra quelle su misura o le
prefabbricate, quale rappresenti l’opzione migliore.
Il trattamento con onde d’urto viene raccomandato sia nelle linee guida
della Società Americana di Chirurghi di piede e caviglia del 2012 sia nelle
più recenti revisioni sistematiche e metanalisi, in particolare queste vengono
raccomandate come seconda scelta dopo il fallimento di terapie conservative
meno invasive. Inoltre le onde d’urto focali si sono dimostrate più efficaci
delle radiali in termini di riduzione del dolore. In merito al protocollo da
utilizzare ancora oggi in ambito scientifico manca una linea guida chiara e
condivisa.

12.2.1.3.3. Raccomandazioni di grado moderato


L’infiltrazione di PRP potrebbe rappresentare una scelta terapeutica nel
paziente con fascite plantare, sebbene sia la meta-analisi di Yang et al e la
revisione sistematica di Singh et al. Entrambe redatte secondo il prisma
statement sottolineano la sua effiacacia nella riduzione del dolore a breve
termine.
La LLLT si è dimostrata efficace nella riduzione del dolore come riportato
dalla metanalisi di Salvioli et al. Deboli raccomandazioni vengono fornite
dalle linee guida APTA per l’applicazione del LLLT che vengono
confermate dal trial clinico randomizzato di Cinar et al., nel quale però, non
vengono specificati i criteri seguiti per lo studio.

12.2.1.3.4. Raccomandazioni di grado debole


I crioultrasuoni potrebbero essere scelti, e vanno preferiti alla sola
crioterapia come affermano Costantino et al. nel loro RCT. Le linee guida
APTA forniscono all’applicazione di ultrasuonoterapia nel paziente con FP
un grado di raccomandazione C.
L’infiltrazione di corticosteroidi dai risultati della Cochrane del 2017, sono
emerse solamente evidenze di bassa qualità rispetto alla efficacia nella
riduzione del dolore a breve termine, mentre la società APTA non esprime
raccomandazioni per assenza di studi scientifici di elevata qualità che
consentano di formularle. L’unica LG che ne raccomanda l’utilizzo è quella
redatta dalla societa dei chirurghi di caviglia e piede.
L’utilizzo del taping nel trattamento della fascite plantare è supportato con
grado di raccomandazione A dalle LG APTA, mancano tuttavia ulteriori
studi di elevata qualità che chiariscano la metodica di applicazione.
12. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni croniche da sport 595

12.2.1.4. Good Practice Point


Le raccomandazioni di buona pratica clinica che emergono dalla revisione
delle evidenze scientifiche possono essere espresse in merito all’utilizzo in
prima battuta della terapia manuale associata allo stretching della fascia
plantare e dei muscoli del polpaccio, eventualmente in associazione alla
terapia fisica in particolare LLLT e crioultrasuoni. La presenza di
un’iperpronazione podalica spesso causa di aumento dello stress sulla fascia
plantera può trovare giovamento mediante ortesi plantare antipronazione il
cui utilizzo trova ampio consenso in ambito scientifico. Le onde d’urto la cui
efficacia è supportata da numerose evidenze trovano indicazione nei casi
non responder alle suddette terapie. In merito alla terapia infiltrativa
l’utilizzo del Prp sebbene risulti efficace nella riduzione del dolore le
evidenze sono limitate ai follow up a breve termine, sono necessari quindi
ulteriori studi con follow-up a lungo termine per poter dare indicazioni al
suo utilizzo. Al contrario le infiltrazioni con corticosteroidi sembrano non
essere indicate per il trattamento di tale patologia sia per gli effetti solo nel
breve follow up ma anche per i possibili effetti collaterali ad essa correlati.

12.2.2. Buone pratiche riabilitative nel trattamento della sindrome


femoro-rotulea
La sindrome femoro-rotulea (SFR) è frequente causa di dolore anteriore di
ginocchio negli atleti. Tipicamente si associa ad attività quali il salto, la corsa
e il movimento di “squatting”(accovacciamento) e in circa il 25% dei casi
costringe gli atleti ad interrompere l’attività sportiva per diverso tempo [32].
Secondo Crossley et al. (2014), la SFR sembra essere correlata all’aumento
del rischio di insorgenza di osteoartrosi patello-femorale [33]. La
periodizzazione dell’allenamento e l’aumento graduale dei carichi di lavoro
rappresentano fattori protettivi nei confronti dell’insorgenza di questa
patologia da sovraccarico [34].
Un criterio diagnostico fondamentale, in quanto presente nell’80% dei casi
di SFR, è la presenza di dolore intorno o dietro alla rotula, aggravato da
attività che caricano l’articolazione femoro-rotulea durante la flessione del
ginocchio (quali accovacciamento, saltare, camminare per lunghi tratti,
correre). Criteri diagnostici aggiuntivi ma non essenziali sono: A) scrosci
articolari durante i movimenti di flessione del ginocchio; B) dolore alla
palpazione della paletta rotulea; C) presenza di versamento articolare; D)
dolore nel sedersi o nell’alzarsi dalla posizione seduta [35].
In aggiunta al sovraccarico funzionale, l’eziologia della SFR è legata a fattori
articolari intrinseci, alterazioni biomeccaniche dell’arto inferiore ed errori di
allenamento rotuleo [36-37].
596 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Diversi studi hanno dimostrato che il male allineamento della rotula


all’interno della troclea femorale, valutato mediante risonanza magnetica
sotto carico, era associato a SFR [38]; inoltre sembra esserci una correlazione
positiva tra il male allineamento della rotula e il dolore al ginocchio [39]. Il
cosiddetto maltracking rotuleo è sostenuto da uno squilibrio di contrazione
del vasto laterale rispetto al mediale (ipotrofico) e da retrazione dei tessuti
molli circostanti in particolare la bendelletta ileo-tibiale [40].
Le alterazioni della biomeccanica dell’arto inferiore possono essere
secondarie a debolezza dei muscoli dell’anca (abduttori e rotatori esterni),
che determina instabilità statica della pelvi, e valgismo dinamico (eccessiva
intrarotazione e adduzione del femore e caduta dell’anca controlaterale), o
presenza di piede pronato o piatto con conseguente intrarotazione tibiale e
quindi valgismo dinamico [36].
La diagnosi della SFR è clinica, gli esami strumentali quali Rx a 30 - 60 - 90
gradi di flessione e la risonanza magnetica funzionale della rotula possono
essere utili per fare diagnosi differenziale con lesioni o distorsioni
traumatiche legamentose o meniscali, patologie reumatiche e osteoartrosi
[41]. Il trattamento conservativo della SFR si avvale di differenti opzioni
terapeutiche quali esercizio terapeutico, interventi combinati, utilizzo di
ortesi, taping e terapie fisiche. Nel presente paragrafo verranno analizzate le
evidenze scientifiche relative presenti in letteratura.

12.2.2.1. Materiali e metodi


È stata condotta una ricerca di studi pubblicati in lingua inglese usando i
database Google Scholar, Medline, Cochrane Database, Ovid Database. Le
parole chiave utilizzate sono state: “patellofemoral pain conservative
treatment” OR “patellofemoral pain syndrome conservative treatment”
AND guidelines [< 5 years]; “patellofemoral pain conservative treatment”
OR “patellofemoral pain syndrome conservative treatment” AND
raccomandations [< 5 years]; “return to sport”; “return to play”; “anterior
knee pain in athletes”; “runners knee”.

12.2.2.2. Risultati
Dall’analisi della letteratura effettuata, sono emerse 1 Consensus
Conference, 1 “best practice” (revisione), 5 revisioni sistematiche, 2 revisioni
sistematiche con meta-analisi, 4 Cochrane e 2 RCTs; ad oggi, non esistono
linee guida riguardanti il trattamento conservativo della SFR.
12. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni croniche da sport 597

Bibliografia identificata attraverso la ricerca nelle banche dati: n = 239


- Medline: 64
- Cochrane library: 71
- SPORTdiscus: 104
Inclusi solo gli studi in lingua inglese o italiana

Risultati dopo lo screening dei


duplicati n = 205

Esclusi n = 170

Screening degli articoli in base al Riguardanti studi esclusivamente


titolo e all’abstract sulla biomeccanica della SFR: 102
Inclusi n = 35
Riguardanti trattamenti chirurgici
della SFR: 68

Revisione degli articoli e Esclusi n = 20


applicazione dei criteri di inclusione
Inclusi n = 15 Presenza letteratura più recente: 18

Non revisioni sistematiche, meta-


analisi o linee guida: 2

Consensus Conference: 1 Revisioni sistematiche: 6

Revisioni sistematiche e RCTs: 2


meta-analisi: 2

Cochrane: 4
Fig 12.2. Diagramma di flusso di selezione degli studi.

Nel 2015 una Consensus tenutasi a Manchester [42] (tab. 12.10.), sul
trattamento conservativo della SFR, sono stati coinvolti 35 esperti, inclusi
fisioterapisti, medici, podologi, biomeccanici, epidemiologi e terapisti
sportivi che sulla base delle evidenze pubblicate tra gennaio 2010 e giugno
2015 hanno formulato alcune raccomandazioni inerenti il trattamento
conservativo della SFR (tab. 12.11.). Dai risulati della consensus l’esercizio
terapeutico è risultato essere appropriato sia a breve a che lungo termine, le
ortesi plantari risultano appropriate per la gestione del dolore nel breve
598 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

termine, sull’efficacia del taping e dell’agopuntura gli esperti hanno dato


parere incerto, mentre le terapie fisiche e le mobilizzazioni lombari e del
ginocchio sono state definite inappropriate.

AUTORI/
CONSENSUS FONTE MD MP GRADE
ANNO
Patellofemoral pain consensus
statement from the 4th Br J
Crossley et
International Patellofemoral Sports Sì Sì /
al., 2015.
Pain Research Retreat, Med
Manchester (Part 2) [42].
Tab. 12.10. Descrizione della Consensus. MD: multidisciplinare; MP: multiprofessionale;
Modalità di Classificazione GRADE: 1 grado di classificazione A, B, C, D; 2 grado di
classificazione A, B, C; 3 grado di raccomandazione: Forte, Moderato, Debole, Inconclusivo,
Consensus; /: non specificato.

Tabella 12.11. Raccomandazioni terapeutiche riabilitative secondo la Consensus [41].

Raccomandazione

Scelta Terapeutica Modalità di Intervento Riduzione del Miglioramen.


dolore funzionalità
B M L B M L
Potenziamento forza muscolare
Esercizio terapeutico dei muscoli dell’anca e del Ap. Ap. Ap. Ap. Ap. Ap.
ginocchio.
Riallineamento mediale di
Taping Inc. Inc. Inc. / / /
rotula.
Taping + esercizi
/ / Inc. / / /
(non meglio specificati).
Interventi combinati Tutore di rotula da solo o
associato ad esercizi (non meglio Inc. Inc. / / / /
specificati).
Per stabilizzare il mesopiede e
Ortesi plantari assistere la flessione dorsale Ap. / / Inc / /
della caviglia.

Terapia fisica Ultrasuoni, TENS, laser. Inp / / Inp / /

Agopuntura. / Inc. / / / /

Altre terapie Mobilizzazioni del ginocchio. Inp / / / / /

Mobilizzazioni lombari. Inp / / Inp / /


Tab. 12.11. Raccomandazioni sulle possibili strategie terapeutiche riabilitative per la SFR;
Legenda: B: breve termine, M: medio termine, L: lungo termine, Ap.: raccomandazione
appropriata, Inc.= raccomandazione incerta, /= dato non pervenuto, Inp= raccomandazione
inappropriata.
12. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni croniche da sport 599

12.2.2.2.1. Esercizio terapeutico


Sono state analizzate due revisioni sistematiche [43-44], una Cochrane [45],
una revisione sistematica con mata-analisi [46] e una consensus [47].
La revisione di Santos et al. [43] esamina 12 RCTs (è stata utilizzata la PEDro
scale per l’analisi della qualità metodologica degli studi) da cui emerge un
accordo comune in merito all’efficacia del rinforzo dei muscoli dell’anca e
del quadricipite femorale mediante aumento progressivo del carico di
lavoro. Un’importante criticità che emerge da questo lavoro è l’eterogenità
dei protocolli utilizzati nei vari studi in termini di durata e frequenza delle
sedute riabilitative, nonché per il numero delle ripetizioni per ciascuna
sessione, risulta pertanto difficile stabilire un unico protocollo di esercizi
standardizzato per ogni singolo paziente.
A simile conclusione arriva la Cochrane di van der Heijden RA et al. [45] che
prende in considerazione 31 RCTs che valutano l’efficacia dell’esercizio
terapeutico rispetto ad altri trattamenti conservativi in pazienti con SFR. La
revisione confronta i risultati ottenuti da: esercizi fatti con supervisione vs
esercizi fatti a casa senza supervisione; esercizi a catena cinetica chiusa vs
esercizi a catena cinetica aperta (non si specifica se per anca o ginocchio);
esercizi per l’anca e per il ginocchio (non si specifica la tipologia) vs esercizi
per il ginocchio; esercizi per l’anca vs esercizi per il ginocchio; un
programma di esercizi ad alta intensità vs uno a bassa intensità (non si
specifica la tipologia di esercizi). Dalla revisione emerge una consistente
evidenza, seppur considerata di bassa qualità vista l’eterogenità degli studi,
sull’efficacia dell’esercizio terapeutico nella riduzione del dolore e nel
miglioramento della funzionalità del ginocchio.
La revisione e meta-analisi di Lack et al. [46] (redatta seguendo la PRISMA
checklist) prende in considerazione 12 RCTs nei quali si valuta l’efficacia di
diversi protocolli di esercizio terapeutico sul miglioramento del dolore e
della funzione a breve termine. Dai risultati ottenuti emerge una maggiore
efficacia degli esercizi di rinforzo del quadricipite femorale a catena cinetica
chiusa in associazione ad esercizi di rinforzo dei muscoli prossimali
dell’anca, abduttori e rotatori esterni attraverso esercizi a catena cinetica
aperta rispetto al rinforzo del solo quadricipite [46].
Secondo la revisione di Alba-Martin et al. [44], oltre al rinforzo muscolare , è
sempre raccomandato l’inserimento di esercizi di allungamento dei muscoli
del ginocchio e dell’anca tra cui quadricipite, ischiocrurali e tensore della
fascia lata per migliorare la funzionalità ed il ROM del ginocchio e per la
riduzione del dolore (la revisione prende in considerazione 10 studi clinici la
cui validità metodologica è stata valutata con la scala CASPe).
600 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Barton et al. [47], hanno redatto “The best practice guide to conservative
management of patellofemoral pain”, seguendo un “metodo misto” ottenuto
confrontando i risultati derivanti da 13 revisioni (considerate di alta qualità
con livello di evidenza 1) e l’opinione di 17 esperti internazionali, di cui 14
fisioterapisti e 3 preparatori atletici (con almeno 5 anni di esperienza sulla
SFR).
Gli autori propongono di associare all’esercizio terapeutico attivo, il rinforzo
del quadricipite con EMG biofeedback sul muscolo vasto mediale obliquo
qualora si evidenzi un ritardo nell’attivazione rispetto al vasto laterale.
Tuttavia a riguardo non ci sono evidenze che dimostrino un effettivo
miglioramento della sintomatologia dolorosa e / o della funzionalità del
ginocchio neanche dopo 4 settimane di trattamento [47].

12.2.2.2.2. Taping
In merito all’utilizzo del taping nel trattamento conservativo della sindrome
femoro rotulea sono state selezionate due revisioni sistematiche [48-49] , due
Cochrane [50-51], una revisione sistematica con meta-analisi [52] e un RCT
[53].
Nella revisione di Logan et al. [48] vengono analizzzati 5 RCTs (con livello 1 e
2 di evidenza secondo il PEDro database) che confrontavano l’efficacia di un
trattamento con taping (kinesiotaping, McConnell o placebo) e rinforzo
muscolare con un trattamento con solo rinforzo muscolare. Dalla revisione
emerge che il taping, combinato con un programma di esercizi, riduce
maggiormente il dolore rispetto al trattamento con solo esercizio terapeutico.
La revisione e meta-analisi di Chang et al. [52] prende in considerazione 11
articoli (classificati di alta qualità secondo la “Jadad quality score”) che
valutavano l’efficacia del taping sul miglioramento del dolore (tramite scala
VAS), della flessibilità muscolare (misurando il ROM del ginocchio con un
goniometro), dell’allineamento rotuleo (misurato tramite il calibro modificato
di Vernier), della propriocezione (mediante dinamometro), della funzione
motoria (tramite specifici test funzionali), dell’attività muscolare (mediante
EMG) e infine valutavano il miglioramento della qualità della vita (con la
scala SF-36). Dalla revisione emerge che in caso di male allineamento della
rotula è più indicato il bendaggio con la tecnica di McConnell, mentre in caso
di debolezza del quadricipite e / o squilibrio di attivazione tra vasto mediale e
vasto laterale sarebbe preferibile utilizzare il Kinesiotaping. Entrambi
comunque hanno dimostrato un significativo miglioramento nell’attivazione
muscolare, nella funzione motoria e nella qualità di vita.
La Cochrane di Callaghan et al. [50] analizza 5 RCTs che confrontavano
l’efficacia del trattamento con taping rispetto ai controlli (nessun
12. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni croniche da sport 601

trattamento o un taping placebo) sul miglioramento del dolore e della


funzione in gruppi di pazienti con SFR. Il taping poteva essere l’unico
intervento o essere associato ad altri interventi come esercizi a casa (non si
specifica la tipologia). Dalla revisione emerge che non c’è un’evidenza
statisticamente significativa sul miglioramento del dolore; uno studio
dimostrava risultati contraddittori sul miglioramento della funzione.
Petersen et al. [53] nel loro studio randomizzato controllato hanno valutato
l’efficacia dell’utilizzo del tutore rotuleo (abbinato ad un programma di
esercizi a casa per 15 minuti con supervisione per 6 settimane) sulla
riduzione del dolore in pazienti con SFR. Le misure di outcome utilizzate
erano la NAS (numeric analog pain scores), la KOOS (Knee Injury and
Osteoarthritis Outcome Score) e la Kujala score. I risultati da loro evidenziati
sono stati un miglioramento di tutti gli outcome fino a 12 settimane di
follow up.
La Cochrane di Smith et al. [51] del 2015 include 5 RCTs in cui si valutava
l’efficacia, in termini di riduzione del dolore e miglioramento della funzione
del ginocchio, in pazienti trattati con tutore rotuleo associato ad esercizi di
rinforzo e pz trattati con soli esercizi di rinforzo. A causa dell’eterogeneità
degli studi, non è stato possibile stabilire il livello di efficacia del tutore
rotuleo sugli outcomes valutati.
La revisione di Swart et al. [49] aveva come scopo valutare l’effetto
aggiuntivo dell’utilizzo di un ortesi per il ginocchio oltre all’esercizio fisico e
lo stretching. Gli autori prendono in considerazione 8 RCTs considerando
come misure di outcome il miglioramento del dolore (tramite scala VAS) e
della funzione del ginocchio (mediante specifici test funzionali). Dalla
revisione emergono evidenze contrastanti sull’efficacia di un trattamento
aggiuntivo con ortesi rispetto al solo esercizio terapeutico e stretching.

12.2.2.2.3. Ortesi plantari


In merito all’utilizzo delle ortesi plantari nel trattamento conservativo della
SFR gli studi sono in numero esiguo, un solo RCT è stato incluso nel
presente lavoro [54].
Lo studio di Matthews et al. [54] del 2017 segue il protocollo SPIRIT
(Standard Protocol Items: Recommendations for Interventional Trials) e
l’RCT è stato redatto seguendo la metodologia CONSORT. Lo scopo dello
studio era quello di verificare l’efficacia dell’utilizzo di ortesi plantari,
fabbricate in vinil-etilene acetato con un supporto dell’arco plantare, rispetto
all’esercizio in pazienti con SFR. Sono stati arruolati 220 pazienti con SFR (di
età compresa tra 18 e 40 anni) e suddivisi in due gruppi: un gruppo veniva
trattato con ortesi e l’altro con esercizi a catena cinetica aperta per l’anca. Le
602 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

misure di outcome, con follow up a 12 settimane includevano la valutazione


del dolore mediante l’NPS (numerical pain rating scale) ed il recupero
funzionale attraverso test specifici. Da questo studio emerge che il
trattamento con ortesi è più efficace rispetto agli esercizi per l’anca; si è
inoltre valutato che quanto più è largo e mobile il mesopiede, con tendenza
alla pronazione, tanto più è efficace il trattamento con ortesi in supinazione
(le misurazioni sono state fatte con apposita strumentazione) [54].

12.2.2.2.4. Terapia fisica


In letteratura sono pochi gli studi a riguardo. Come emerge dal lavoro di
Barton et al. [47], l’utilizzo del biofeedback sul vasto mediale in associazione
all’esercizio terapeutico risulta essere una terapia adiuvante nella gestione
del dolore. Una Cochrane del 2017 di Martinbianco et al. [55] valuta
l’utilizzo della NMES nella SFR dimostrandone l’efficacia sulla riduzione del
dolore a breve termine (con 3-12 settimane di trattamento) quando applicata
in associazione all’esercizio e nel miglioramento della performance
funzionale a partire dalle 3-6 settimane di trattamento. In merito all'aumento
della forza muscolare, l'applicazione di NMES per 4 ore al giorno per 4
settimane, in aggiunta ad esercizi in regime isometrico o isotonico, non
apporta risultati significativi. Il livello di evidenza di questi studi risulta
essere molto basso (livello di evidenza D) a causa dell'eterogeità dei
protocolli utilizzati. Per ulteriori approfondimenti si rimanda al relativo
capitolo riguardante la terapia fisica.
12. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni croniche da sport 603

12.2.2.3. Discussione e raccomandazioni riabilitative

TERAPIA
Terapia
fisica
Altre terapie
STUDIO Interventi Ortesi (TENS,
Esercizio Taping (agopuntur,
combinati plantari Laser,
terapeutico mobilizzaz)
biofeedback,
NMES)

R
Consensus,
(es.
(2015) R R NR NR NR
terapeutico,
[42].
taping)

Best Practice,
2015 R R R NR R NR
[47].

Santos et al.
E - - - - -
[43].

Van der
Heijden et al. E - - - - -
[45].

Lack et al.
E - - - - -
[46].

Alba Martin
E - - - - -
et al. [44].

E
Logan et al. (taping +
- - - - -
[48]. es.
terapeutico)

Chang et al.
- E - - - -
[52].

Callagan et
- NE - - - -
al. [50].
604 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

TERAPIA
TERAPIA
Terap.
Terap.fisica
fisica
STUDIO
STUDIO (TENS,
(TENS, Altre
Altreterapie
terapie
Esercizio
Esercizio Interventi
Interventi Ortesi
Ortesi
Taping
Taping Laser,
Laser, (agopunt.,
(agopunt.,
terapeutico
terapeutico combinati
combinati plantari
plantari
biofeedbac,
biofeedbac, mobiliz.)
mobiliz.)
NMES)
NMES)

Petersen
Petersenetetal.
al.
-- EE -- -- -- --
[53].
[53].

EE
Smith
Smithetetal.
al. (tutore
(tutore
-- -- -- -- --
[51].
[51]. didi
rotula)
rotula)
NE
NE
Swart
Swartetetal.
al. (tutore
(tutore
-- -- -- -- --
[49].
[49]. didi
rotula)
rotula)

Matthews
Matthewsetet
-- -- -- EE -- --
al.[54].
al. [54].

Nussbaum
Nussbaumetet
-- -- -- -- EE(NMES)
(NMES) --
al.[21].
al. [21].

Martinbianco
Martinbianco
-- -- -- -- EE(NMES)
(NMES) --
etetal.
al.[55].
[55].

Tab.
Tab.12.12.
12.12.Sintesi
Sintesidelle
delleraccomandazioni
raccomandazionied edevidenze;
evidenze;Legenda:
Legenda:R:R:raccomandato,
raccomandato,N.R.:
N.R.:non
non
raccomandato,
raccomandato,N.M.:
N.M.:non
nonmenzionato,
menzionato,E:E:efficace,
efficace,N.E.:
N.E.:non
nonefficace.
efficace.

Ad
Ad oggi
oggi non
non esistono
esistono linee
linee guida
guida per
per ilil trattamento
trattamento conservativo
conservativo delladella
sindrome
sindrome femoro-rotulea
femoro-rotulea ee lele evidenze
evidenze sonosono spesso
spesso di di bassa
bassa qualità
qualità ee
contraddittorie.
contraddittorie. Inoltre
Inoltre come
come evidenziato
evidenziato da da Saltychev
Saltychev etet al.,
al., nella
nella loro
loro
recente
recenterevisione
revisione(2018),
(2018),laladifficoltà
difficoltànella
nellastandardizzazione
standardizzazionedel delprotocollo
protocollo
riabilitativo
riabilitativoèèdovuto
dovutoalla
allamultifattorialità
multifattorialitànella
nellapatogenesi
patogenesidelladellaSFR.
SFR.Infatti
Infatti
dalla
dallarevisione
revisioneemerge
emergelalamancanza
mancanzadi dievidenze
evidenzeriguardo
riguardol’efficacia
l’efficaciadidi una
una
singola
singolamodalità
modalitàdiditrattamento
trattamentostandard
standardper
pertutti
tuttii ipazienti.
pazienti.

12.2.2.3.1.
12.2.2.3.1.Terapie
Terapienon
nonraccomandate
raccomandate
Non
Nonsono
sonoraccomandate
raccomandatelelemobilizzazioni
mobilizzazionipatello-femorali,
patello-femorali,del
delginocchio
ginocchiooo
lombari.
lombari.
12. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni croniche da sport 605

12.2.2.3.2. Raccomandazione non formulabili


L’utilizzo dei tutori rotulei e di ortesi plantari con sostegno della volta
longitudinale e/o antipronazione non è supportato da evidenze scientifiche
di elevata qualità ed inoltre gli studi scientifici sull’argomento sono in
numero esiguo [54]. I risultati relativi all'applicazione di NMES sono tra
loro discordanti e derivano da studi con basso livello di evidenza (D).

12.3.1.3.3. Raccomandazione di grado forte


Tutti i lavori scientifici concordano nel raccomandare l’esercizio terapeutico,
combinando esercizi a catena cinetica aperta per l’anca, abduttori e rotatori
esterni, e a catena cinetica chiusa per il ginocchio, per ridurre il dolore e
migliorare la funzione nel breve, medio e lungo termine.
L’applicazione del taping rotuleo (con lo scopo di riallineamento mediale
della rotula) è raccomandato per ridurre il dolore nel breve termine. Inoltre
possono essere utilizzate terapie combinate (esercizio terapeutico, taping)
per ridurre il dolore nella SFR nel breve e medio termine, come indicato
nella Consensus del 2015 [42 ].

12.2.3. Buone pratiche riabilitative nel trattamento della pubalgia


Per pubalgia si intende “qualsiasi sintomo riferito dal paziente in regione
inguinale, pubica, adduttoria che influenza l’attività sportiva e / o
interferisce con le attività di vita quotidiana e che richiede cure mediche”
[56].
Tale patologia si può presentare in diversi sport ma è prevalente nel calcio
dove si presenta nel 69% dei casi [57], e negli sport in cui gli atleti eseguono
rapidi cambi di direzione durante l'esecuzione del gesto atletico come
succede nei corridori, nei giocatori di hockey sul ghiaccio, baseball e football
americano [58]. Generalmente coinvolge con maggiore frequenza gli uomini
rispetto alle donne non solo a causa del minor numero di donne che
praticano sport di alto livello, ma anche a causa delle differenze anatomiche
della regione pelvica [59].
La prima criticità incontrata nel trattare questo argomento è la mancanza di
accordo sulla terminologia utilizzata. In letteratura vengono utilizzati
termini quali sports hernia, osteite pubica, atheletic pubalgia e groin pain
per indicare la presenza di sintomatologia algica riferita in regione
inguinale, pubica e retto-adduttoria.
La mancanza di accordo sulla terminologia può essere spiegata dal fatto che
la “pubalgia” in realtà rappresenta l’espressione di un quadro
sintomatologico determinato da diverse cause associate a numerosi quadri
diagnostici riguardanti non solo l’apparato muscolo-scheletrico ma anche
606 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

patologie a carico dell’apparato ginecologico, urogenitale, gastrointestinale e


a patologie neurologiche [56].
Una consensus conference, tenuta a Milano nel febbraio del 2016, alla quale
hanno partecipato 41 esperti di diverse specialità mediche tra cui 16
ortopedici, 3 medici dello sport, 7 chirurghi generali, 5 fisiatri, 4
fisioterapisti, 2 radiologi, 1 fisiologo sportivo e 3 istruttori fisici, ha cercato di
fornire un’indicazione unanime per la definizione, la valutazione clinica e
diagnostico-strumentale della pubalgia.
In un primo documento la consensus propone 11 diverse eziologie per la
pubalgia, includendo 63 possibili manifestazioni cliniche [56].
I risultati della consensus conference suggeriscono un’ulteriore
suddivisione in tre categorie principali basate sia sulla patogenesi che
sull'insorgenza dei sintomi:

- Pubalgia di origine traumatica, in cui l'insorgenza del dolore è dovuta a


qualsiasi trauma acuto e questa ipotesi è supportata da anamnesi, esami
clinici e imaging;

- Pubalgia dovuta a sovraccarico funzionale, caratterizzata da insorgenza


progressiva, non riferibile ad un trauma o ad una causa scatenante specifica;

- Pubalgia di lunga durata o cronica, in cui la coorte di sintomi riportata dal


paziente continua per un lungo periodo (oltre 12 settimane) ed non risponde
a terapia conservativa.

Una seconda consensus conference tenutasi a Doha in Qatar nel novembre


2014, alla quale parteciparono 24 esperti di diverse discipline provenienti da
14 nazioni, effettuata utilizzando il metodo Delphi, suggerisce una
classificazione della pubalgia sulla base della struttura anatomica interessata
e sulla sintomatologia correlata (tab. 12.13.) [60].
12. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni croniche da sport 607

Tabella 12.13.
Possibili cause di pubalgia negli atleti Sintomatologia
Pubalgia correlata a tendinopatia degli Dolorabilità dei muscoli adduttori dell’anca e
adduttori. dolore al test di adduzione contro resistenza.

Dolorabilità del muscolo ileo psoas, dolore


Pubalgia correlata a tendinopatia alla flessione dell’anca contro resistenza e/o
dell’ileopsoas. dolore allo stretching dei muscoli flessori
dell’anca.
Dolorabilità del canale inguinale, nessuna
ernia inguinale presente alla palpazione,
Pubalgia correlata a dolore a livello della
dolore aggravato dal test di resistenza dei
regione inguinale.
muscoli addominali o da manovre di
Valsalva/tosse/starnuti.
Dolorabilità nella zona della sinfisi pubica e
Pubalgia correlata alla sinfisi pubica.
delle strutture ossee ad essa adiacenti.
Tab. 12.13. Possibili cause di pubalgia e relativa sintomatologia.

Riguardo la patogenesi della pubalgia da sovraccarico negli atleti, la teoria


più accreditata è la presenza di uno squilibrio muscolare, caratterizzato da
ipertono dei muscoli adduttori dell’anca e l’ipotonia dei muscoli addominali
(in particolare del retto) [61]. Il dolore è generalmente unilaterale e tende a
regredire spontaneamente entro poche settimane di riposo assoluto.
Tuttavia, in assenza di un trattamento riabilitativo adeguato, i continui
microtraumi possono determinare la cronicizzazione della tendinopatia.
L’esame clinico è fondamentale per la diagnosi e gli esami strumentali quali
ecografia, Rx e risonanza magnetica possono aiutare nella diagnosi
differenziale. Riportiamo di seguito i risultati della nostra ricerca fornendo
al lettore un quadro delle raccomandazioni sulle possibili strategie
terapeutiche da proporre all’atleta con pubalgia.

12.2.3.1. Materiali e metodi


La ricerca delle evidenze scientifiche è stata condotta utilizzando le seguenti
parole chiave: “overuse groin pain conservative treatment”, “overuse atletic
pubalgia conservative treatment” AND guidelines; “overuse groin pain
conservative treatment”, “overuse atletic pubalgia conservative treatment”
AND raccomandations; “groin pain soccer”; “return to sport”; “return to
play”.
608 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

12.2.3.2. Risultati
Dai risultati della nostra ricerca sono state evidenziate: 1 Cochrane, 1
revisione sistematica, 1 revisione con meta-analisi e 2 RCTs.

Bibliografia identificata attraverso la ricerca nelle banche dati: n = 959


- Medline: 408
- Cochrane library: 142
- SPORTdiscus: 409
Inclusi solo gli studi in lingua inglese o italiana

Risultati dopo lo screening dei


duplicati n = 58

Esclusi n = 30
Screening degli articoli in base al
Non specifici per pubalgia: 13
titolo e all’abstract
Inclusi n = 28 Non contenenti indicazioni
riabilitative ma solo chirurgiche: 17

Revisione degli articoli e Esclusi n = 23


applicazione dei criteri di inclusione
Inclusi n = 5 Presenza letteratura più recente: 7

Non revisioni sistematiche, meta-


analisi, RCTs o linee guida: 16

Revisioni sistematiche: 1 Revisione sistematica e RCTs: 2


Meta-analisi: 1

Cochrane: 1

Fig. 12.3. Diagramma di flusso di selezione degli studi.

Almeida et al. [62] nel loro lavoro di revisione, redatta secondo il “Cochrane
Handbook for Systematic Reviews of Interventions”, hanno individuato due
RCTs riguardanti l’efficacia del trattamento conservativo della pubalgia di
12. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni croniche da sport 609

vecchia data dovuta a tendinopatia dei muscoli adduttori sul miglioramento


della sintomatologia dolorosa valutato mediante scala VAS.
Il primo RCT preso in considerazione è quello di Holmich et al. [63]
(pubblicato nel 1999). Lo studio è stato condotto su un campione di 68 atleti
(di età compresa tra i 18 e i 50 anni) divisi in due gruppi di trattamento con
follow up a 16 settimane: un gruppo effettuava esercizi di rinforzo dei
muscoli adduttori e addominali in associazione ad esercizi di coordinazione,
l’altro gruppo fisioterapia passiva comprendente massaggio trasverso
profondo, laserterapia, TENS e stretching dei muscoli dell’anca e degli
hamstring. Dallo studio emerge che la rieducazione attiva svolta in gruppo e
con supervisione, risulta essere migliore rispetto al solo trattamento passivo,
con grado di evidenza moderato [63].
Nel lavoro di Weir et al. [64] del 2010, secondo RCT preso in considerazione
nella suddetta revisione, il campione era formato da 54 atleti (età compresa
tra 18 e 50 anni): un gruppo riceveva il trattamento attivo (ET) proposto
nello studio di Hölmich et al. (rinforzo dei muscoli adduttori e addominali
ed esercizi di coordinazione) ma in questo caso svolto senza supervisione,
mentre l’altro gruppo riceveva un trattamento di tipo multimodale (MMT)
che prevedeva l’utilizzo della terapia manuale (non specifica la modalità di
trattamento) abbinata al calore (tramite paraffina riscaldata) e lo stretching
dei muscoli adduttori dell’anca di entrambe le gambe. Entrambi i protocolli
prevedevano un successivo ritorno alla corsa con follow up a 16 settimane (o
a 24 settimane se al primo follow up gli atleti non erano pienamente guariti).
Gli outcome considerati sono stati: il tempo di ritorno in campo e il
miglioramento del dolore (tramite scala VAS). Nessuna differenza
statisticamente significativa è stata evidenziata tra i due gruppi riguardo al
numero di atleti tornati a svolgere pienamente l’attività sportiva (50% degli
atleti per il gruppo MMT e 55% degli atleti per il gruppo ET). È stato invece
evidenziato un più rapido ritorno allo sport degli atleti del gruppo MMT
(ritorno in campo dopo 12.8 settimane) rispetto agli atleti del gruppo ET
(ritorno in campo dopo 17.3 settimane).
Per quanto riguarda il miglioramento del dolore, le misure di outcome
oggettive per stabilire il successo del trattamento sono state: 1) assenza di
dolore alla palpazione dei tendini degli adduttori a livello dell’inserzione sul
pube e assenza di dolore all’adduzione contro resistenza, 2) assenza di
dolore durante o dopo l’attività sportiva praticata allo stesso livello di
performance pre-pubalgia, 3) ritorno allo stesso sport e allo stesso livello
senza pubalgia. Nessuna differenza statisticamente significativa, tra i due
gruppi, è emersa al follow up a 4 mesi [64].
610 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

King et al. [65], nella loro revisione con meta-analisi, redatta seguendo la
metodologia PRISMA prendono in considerazione otto studi riguardo il
trattamento sia conservativo che chirurgico della pubalgia dovuta a dolore
a livello della sinfisi pubica e del tessuto osseo adiacente, tendinopatia degli
adduttori e degli addominali. Dalla revisone, emerge che il trattamento
conservativo con approccio multimodale comprendente terapia manuale,
elettroterapia, esercizio terapeutico, crioterapia e agopuntura (non si
specifica il protocollo), consente un più rapido recupero della forza e della
flessibilità dei muscoli dell’anca e un miglioramento del controllo del tronco
rispetto al trattamento chirurgico [65]. Inoltre gli autori sottolineano ancora
una volta la difficoltà diagnostica quando si parla di pubalgia nell’atleta a
causa delle numerose strutture anatomiche interessate [65].
La revisione sistematica di Serner et al. [66] del 2015 (non viene specificata la
metodologia utilizzata per la redazione della stessa), ha individuato solo
quattro studi di alta qualità (secondo la “Downs and Black scale”) sulla
pubalgia da sovraccarico nei calciatori: due studi riguardanti il trattamento
chirurgico (uno studio prospettico in cui si effettuava tenotomia dei muscoli
adduttori e un RCT che comprendeva la risoluzione dell’ernia in
laparoscopia con o senza tenotomia degli adduttori) e due RCTs, gli stessi di
cui abbiamo parlato precedentemente riferendoci alla revisione di Almeida
et al. (Holmich 1999 e Weir 2011) [62].

12.2.3.3. Discussione e raccomandazioni riabilitative

Tabella 12.14. Evidenze terapeutiche riabilitative secondo gli RCTs selezionati [62-63].

Scelta Terapeutica Modalità di Intervento Evidenza

I fase: Impacchi caldi con


paraffina a 60° per 10’ + terapia
manuale (massaggio e stretching
degli adduttori).

Approccio multimodale II fase: potenziamento e Efficace


stretching dei muscoli adduttori,
addominali e fascia lombare.

III fase: graduale riallenamento


al gesto atletico.

Terapia fisica Laser, TENS. Poco efficace

Tab. 12.14. Evidenze sulle possibili strategie terapeutiche riabilitative per la pubalgia.
12. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni croniche da sport 611

Ad oggi non sono presenti in letteratura linee guida sul trattamento


conservativo della pubalgia ed inoltre le attuali evidenze scientifiche sono
poco numeorse e di bassa qualità, per tale ragione risulta alquanto difficile
stabilire una specifica e univoca modalità di trattamento. Gli RCTs presi in
considerazioni dalle revisioni più recenti sono datati e rimangono tutt’oggi
gli unici di alta qualità.

12.2.3.3.1. Raccomandazione di grado moderato


Può essere utilizzato un approccio multimodale che comprenda: l’utilizzo
del calore, la terapia manuale con massaggio e streatching degli adduttori.
Successivamente, in assenza di dolore, l’atleta comincerà un programma di
esercizi finalizzati al potenziamento e streaching degli adduttori, degli
addominali e della regione lombare per poi procedere con un programma di
graduale riallenamento al gesto atletico così come emerge dall’RCT di Weir
et al. del 2011 [64].

12.2.3.3.2. Raccomandazione di grado debole


Possono essere utilizzate terapie fisiche adiuvanti quali elettroterapia e
terapie alternative quali l’agopuntura secondo King et al. [65]. Per ulteriori
approfondimenti si rimanda al relativo capitolo riguardante la terapia fisica.

12.2.3.4. Good Practice Point


Le raccomandazioni di buona pratica clinica che emergono dalla revisione
delle evidenze scientifiche sulla rabilitazione della pubalgia, ed in
particolare quella relativa alla tendinopatia degli adduttori, possono essere
espresse nei confronti di un trattamento multimodale che comprende la
terapia manuale, la crioterapia, elettroterapia in particolare la TENS, lo
stretching ed il rinforzo dei muscoli adduttori, degli addominali e della
regione lombare.

12.2.4. Buone pratiche riabilitative nel trattamento della discinesia


scapolare
In tutti gli individui la normale funzionalità scapolare è essenziale per
consentire un’ottimale attività della spalla, ciò assume particolare rilevanza
per gli atleti che svolgono uno sport overhead [67]. La scapola rappresenta
un elemento fondamentale di connessione all’interno della catena cinetica
della spalla consentendo il trasferimento di velocità, energia e forze dal
segmento prossimale in direzione distale [68]. Inoltre i movimenti scapolari,
sincroni con i movimenti della testa omerale, svolgono un ruolo essenziale
612 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

al fine di mantenere la testa omerale all’interno della cavità glenoidea


durante i movimenti del braccio.
La discinesia scapolare, da dyskinesis dove ‘dys’ sta per ‘alterazione di’ e
‘kynesis’ per ‘movimento’, è la perdita del controllo della normale motilità
scapolare [67]. Un’alterazione della funzionalità scapolare si presenta con
cambiamenti a carico dell’angolazione gleno-omerale, della tensione a livello
dell’articolazione acromion-claveare, delle dimensioni dello spazio
subacromiale, dell’attivazione muscolare, della posizione e motilità
dell’omero [67].
In ambito sportivo la discinesia scapolare interessa dal 60% al 100% degli
atleti con patologie a carico della spalla. Tuttavia questa è riscontrabile
anche in individui asintomatici [69]. La discinesia scapolare potrebbe infatti,
rappresentare sia la causa sia l’effetto delle patologie della spalla nonché un
meccanismo adattativo nell’ambito degli sport overhead. Diversi sono i
fattori determinanti l’alterazione del controllo dinamico scapolare:
affaticamento muscolare, disfunzioni neurologiche (ad es. a carico del nervo
toracico lungo, del nervo accessorio e dello scapolare dorsale), processi
patologici a livello della componente intrarticolare gleno-omerale o
subacromiale (come la sindrome da impingement interno e subacromiale), la
patologia della cuffia dei rotatori, le capsuliti adesive, l’instabilità
glenomerale e le artriti glenomerali [70]. Inoltre la sindrome da
impingement subacromiale e la tendinopatia della cuffia dei rotatori, che
rappresentano dal 44% al 65% di tutte le patologie muscolo scheletriche
causa di dolore alla spalla, insieme all’instabilità di spalla e alla cervicalgia,
sono strettamente correlate all’alterazione della posizione e dei movimenti
scapolari [71]. Un’anormale statica e cinematica scapolare può determinare
la rottura della catena cinetica non solo durante le attività sportive overhead
ma anche in quelle giornaliere che sollecitano la colonna cervicale e la spalla
[72]. Alcuni autori correlano la discinesia scapolare alla cervicalgia e al
dolore di spalla, ribadendo quel ruolo di collegamento mediato dalla
scapola tra il complesso della spalla e la colonna cervicale [73].
L’identificazione della discinesia scapolare in un paziente è resa possibile
attraverso specifici test funzionali, test dinamici della discinesia scapolare
(SDTs) [74], volti ad evidenziare alterazioni dei movimenti scapolari quali
ad esempio prominenza del bordo mediale o inferomediale della scapola,
una precoce elevazione della scapola durante elevazione del braccio e/o una
rapida rotazione verso il basso durante la discesa di questo [72]. La
prevalenza della discinesia di scapola negli atleti overhead è pari al 61% e al
12. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni croniche da sport 613

33% nei non overhead. Tra gli sport overhead con possibile coinvolgimento
scapolare si annoverano: football, baseball, pallavolo, tennis, nuoto,
pallacanestro, pallacanestro in sedia a rotelle, pallanuoto, pallamano, lancio
del giavellotto, il calcio (solo il portiere), ginnastica, badminton, squash,
racquetball e softball [75]. Il gesto atletico richiede una serie complessa di
movimenti finemente coordinati, indispensabile per trasferire in modo
efficiente l’energia cinetica dalla terra, che rappresenta il punto d’appoggio,
ai segmenti distali (la mano) e soprattutto alla palla [68]. In letteratura si
parla del “paradosso del lanciatore”: che rappresenta la capacità
dell’articolazione gleno-omerale di raggiungere gradi estremi di
movimento, iperabduzione ed extrarotazione, e contemporaneamente
garantire la stabilità articolare [76]. In questa specifica popolazione di atleti
si rinvengono sovente alcune alterazioni come una riduzione del movimento
di rotazione verso l’alto della scapola o della flessibilità a carico del muscolo
piccolo pettorale, che costituiscono, un forte fattore di rischio per
l’insorgenza del dolore cronico di spalla. Dal momento che la discinesia
scapolare può rappresentare un meccanismo adattativo all’attività sportiva
overhead, il trattamento riabilitativo, in particolare nello sportivo, deve
essere mirato a correggere gli squilibri biomeccanici, che rappresentano la
risposta al sovraccarico funzionale, rispettando, entro certi limiti, gli
adattamenti fisiologici ‘specifici’ indotti dal gesto atletico necessari per una
buona performance [76]. Il trattamento della discinesia scapolare è, ad oggi,
oggetto di discussione tra gli esperti, vista l’ampia varietà di differenti
opzioni terapeutiche disponibili che non trovano sempre una evidente
raccomandazione. Va inoltre sottolineato che un non corretto approccio
terapeutico può condurre all’instaurarsi di una condizione di dolore cronico
con conseguete riduzione della performance.

12.2.4.1. Materiali e metodi


La finalità della presente analisi è stata quella di prendere visione, con i
medesimi criteri di ricerca già esplicati in precedenza, dei lavori scientifici
presenti in letteratura inserendo una combinazione dei seguenti termini:
“scapular dyskinesis”, “athletes”, “scapular imbalance”, “scapular
dyskinesia”, “shoulder”, “raccomandation”, “guidelines”, “rehabilitation”,
“treatment”, “stretching”, “mobilisation”, “physical exercise”.
614 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

12.2.4.2. Risultati
Dai lavori scientifici selezionati sono stati ottenuti: 1 consensus statement, 1
systematic review e 2 review.

Bibliografia identificata attraverso la ricerca nelle banche dati:


Medline/PEDro, Cochrane library, SimferWeb.
Inclusi solo gli studi in lingua inglese o italiana

Esclusi n = 175

Risultati della ricerca combinati Non contententi indicazioni


riabilitative o diagnostiche n = 49
N = 200
Riguardanti trattamenti chirurgici
delle sindromi causa della
discinesia scapolare n = 108

Screening degli articoli in base al Studi preliminari n = 3


titolo e all’abstract
Inclusi n = 25 Full-text non accessibile n = 15

Revisione degli articoli e Esclusi n = 21


applicazione dei criteri di inclusione
Inclusi n = 4 Presenza letteratura più recente: 10

Non revisioni sistematiche, meta-


analisi o linee guida: 11

Consensus Conference: 1 Review: 2 Revisioni sistematiche: 1

Fig. 12.4. Diagramma di flusso di selezione degli studi.

AUTORI/
CONSENSUS FONTE MD MP GRADE
ANNO
The 2013 consensus
Kibler et al., Br J Sports
statement from the ‘scapular Sì No /
2013. Med
summit’ [70].
Tab. 12.15. Descrizione della Consensus. MD: multidisciplinare; MP: multiprofessionale;
Modalità di Classificazione GRADE: 1 grado di classificazione A, B, C, D; 2 grado di
classificazione A, B, C; 3 grado di raccomandazione: Forte, Moderato, Debole, Inconclusivo,
Consensus; /: non specificato.
12. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni croniche da sport 615

Kibler et al. nella loro consensus del 2013 [70] (tab. 12.15.), costituita da un
team di fisioterapisti ed ortopedici esperti di patologie della spalla, hanno
analizzano il coinvolgimento della scapola nelle patologie di spalla più
frequenti (l’impingement, le lesioni della cuffia dei rotatori, del labbro
glenoideo superiore e dell’articolazione acromion-clavicolare) negli atleti
praticanti il nuoto e gli sport di lancio. Dai risultati ottenuti dalla Consensus
emerge che la riabilitazione della discinesia scapolare, deve prevedere nelle
fasi iniziali il recupero della flessibilità articolare e muscolare, in
associazione ad allenamenti finalizzati alla ripresa del gesto atletico. In
particolare l’attivazione muscolare deve avvenire mediante specifici pattern
motori, volti a mantenere la scapola in retrazione, attraverso il
potenziamento del muscolo dentato anteriore e del trapezio inferiore (tab.
12.16.) e l’inibizione della contrazione delle fibre del trapezio superiore. A
tal proposito, molro frequentemente si riscontra uno stato di inibizione alla
contrazione del trapezio inferiore contemporaneo a quello di rigidità,
spasmo ed iperattività del trapezio superiore, piccolo pettorale e grande
dorsale. Gli autori concludo che gli esercizi scapolari, pur consentendo il
miglioramento dei sintomi e della funzionalità ed evitando la chirurgia al
50% dei pazienti con patologia di spalla, devono essere inclusi in un
programma riabilitativo più ampio che vada ad attivare l’intera catena
cinetica scapolo-omerale. Puntualizzano inoltre la necessità di adattare la
riabilitazione alla condizione patologica globale del cingolo scapolo toracico
e nel tentativo di capire il corretto coinvolgimento della scapola nelle
diverse attività sportive prese in esame, ne deducono la necessità di ulteriori
studi [70].

Tabella 12.16. Proposta di programma riabilitativo: gli esercizi scapolari (Consensus 2013) [69].
Fase Modalità di Intervento
Esercizi a basso carico/bassa attivazione con braccio sotto il livello
della spalla, per attivare in maniera significativa i muscoli retrattori
Iniziale
della scapola (>20% della massima contrazione isometrica
volontaria).
Esercizi con carico aumentato a prediligere l’attività contrattile del
trapezio inferiore e del dentato anteriore. Ulteriori esercizi possono
Intermedia
essere svolti per attivare la catena cinetica omo e controlaterale ed
incrementare la resistenza a livello distale.
Allenamento con i pesi atto a lavorare definitivamente e su una
Finale
corretta retrazione e stabilizzazione della scapola.
Tab. 12.16. Programma di riabilitazione con esercizio fisico a livello scapolare proposto dalla
Consensus del 2013. (Non viene fornito alcun livello di evidenza o grado di raccomandazione a
riguardo).
616 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Cools et al. nella loro review del 2013: “Rehabilitation of scapular


dyskinesis: from the office worker to the elite overhead office” riportano,
senza fornire dettagli sulla metodologia utilizzata per il lavoro scientifico,
un algoritmo [77] riabilitativo mirato al ripristino della flessibilità dei tessuti
molli e della performance muscolare. Nella review viene indicato lo
stretching come scelta terapeutica, in particolare a carico del piccolo
pettorale e della capsula posteriore.
Il recupero della performance muscolare, invece, viene suddiviso dagli
autori in tre fasi. La prima mira al ripristino del controllo cosciente della
muscolatura, attraverso esercizi propriocettivi ed eventuale applicazione di
taping, ed al recupero di una postura di riposo corretta coinvolgendo la
colonna in toto. Il secondo step prevede un ulteriore potenziamento del
controllo muscolare, ad esempio durante lo svolgimento di attività basilari,
ed incremento della forza a carico della muscolatura scapolare, soprattutto
laddove l’esame clinico effettuato avesse rilevato dei deficit. In questo
momento del programma riabilitativo l’atleta overhead dovrebbe, come
riportato nella review, anche gradualmente iniziare ad eseguire esercizi di
rotazione esterna ed interna con intensità e carico crescente per prepararsi
quindi alla fase conclusiva della riabilitazione.
L’ultima fase, è il ritorno in campo dell’atleta, si prevede quindi
l’introduzione di esercizi sport specifici. Cools et al., infine raccomandano di
proseguire lo stretching del muscolo piccolo pettorale, delle strutture
posteriori della spalla e di rafforzare continuamente il muscolo trapezio e la
cuffia dei rotatori così da prevenire l’insorgenza del dolore cronico di spalla
da overuse [73].

12.2.4.3. Discussione e raccomandazioni riabilitative


Dall’analisi della letteratura emerge la totale assenza di linee guida per il
trattamento della discinesia scapolo-omerale, argomento ampiamento
discusso tra gli esperti, che ad oggi è carente di evidenze scientifiche di
buona qualità. Punto chiave del trattamento riabilitativo dopo un’accurata
anamnesi ed esame obiettivo volto alla valutazione degli squilibri muscolari
alla base della patologia sembra essere l’adattamento della riabilitazione alla
condizione patologica globale del cingolo scapolo toracico associata al
ripristino di eventauli squilibri posturali. All’unanimità gli autori delle
diverse pubblicazioni scientifiche evidenziano la necessià di un numero più
consistente di studi di elevato rigore metodologico.
12. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni croniche da sport 617

TERAPIA

STUDIO
Rinforzo Muscolare Stretching

Kibler et al.,
Consensus, R N.M.
(2013).

Cools et al.,
Review, E E
(2013).
Tab. 12.17. Sintesi delle raccomandazioni ed evidenze; Legenda: R.: raccomandato, N.M.: non
menzionato, E: efficace.

12.2.4.3.1. Raccomandazioni di grado forte


Può essere raccomandato, un protocollo di esercizi di rinforzo muscolare, in
particolare a carico del trapezio inferiore e del dentato anteriore all’interno
di un programma riabilitativo più ampio finalizzato alla risoluzione del
quadro determinante la discinesia e che coinvolga l’intera catena cinetica.

12.2.4.3.2. Raccomandazioni di grado moderato


Potrebbero essere raccomandati una serie di esercizi di stretching a carico
del muscolo piccolo pettorale e della capsula posteriore finalizzati alla
risoluzione del deficit di flessibilità e di metodiche per il rinforzo della
muscolatura, come emerge dalla review di Cools et al. [73]

12.2.4.4. Good Practice Point


Le raccomandazioni di buona pratica clinica che emergono dalla revisione
delle evidenze scientifiche possono essere espresse per l'utilizzo di un
protocollo riabilitativo che comprenda lo stretching, in particolare a carico
del piccolo pettorale e della capsula posteriore. Esercizi propriocettici e di
rinforzo muscolare laddove l'esame clinico abbia evidenziato degli squilibri.
Attenzione va anche posta nei confronti dell'assetto posturale dell'atleta ed
eventuali alterazioni andranno corrette in maniera specifica a seconda del
caso specifico.
618 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

12.2.5. Buone pratiche riabilitative nel trattamento delle fratture da


stress
Le fratture da stress sono tra le lesioni da overuse più comuni in ambito
sportivo. Possono interessare tutti i segmenti scheletrici in funzione del sito
maggiormente sottoposto a sollecitazione. Sebbene nel 95% dei casi siano a
carico degli arti inferiori soprattutto tra podisti, ballerini e ginnasti, altre
sedi di frattura sono la colonna vertebrale nel cricket e gli arti superiori nel
nuoto e negli sport di lancio [78]. In generale coloro che svolgono
costantemente un esercizio fisico ad alta intensità, come gli atleti e le reclute
militari, presentano un aumentato rischio di sviluppare una frattura da
stress [79]. Questa rappresenta l’espressione clinica degli effetti di una serie
di ripetute forze tensive a livello osseo che superano le potenzialità
riparative, infatti, a seguito di continui microtraumi, l’attività osteoblastica
di apposizione ossea non è in grado di controbilanciare quella osteoclastica
di riassorbimento; si oscilla quindi tra il normale processo di
rimodellamento del tessuto osseo in risposta a forze fisiologiche e la frattura
traumatica vera e propria in cui la forza applicata supera completamente la
resistenza ossea [80]. Sebbene l'esatto meccanismo potogenetico non sia
stato ancora del tutto compreso, si riconosce una eziologia multifattoriale, in
cui si combinano tra loro fattori di natura biomeccanica, intrinseci ed
estrinseci; un’anamnesi positiva per una pregressa frattura da stress, il sesso
femminile, determinate peculiarità del ciclo mestruale (età del menarca,
amenorrea o oligoamenorrea) ed una ridotta densità ossea vengono
comunemente considerati fattori intrinseci; tra i fattori estrinseci si
annoverano, invece, una dieta povera di calcio e vitamina D, l’uso di
contraccettivi orali ed un aumento improvviso di intensità dell’attività
sportiva non associato ad adeguato periodo di recupero.
Clinicamente la frattura da stress si presenta con dolenzia locale, dolore
sotto carico, alla percussione diretta o indiretta e dolore notturno. La
conferma diagnostica è, in genere, data dalla scintigrafia ossea trifasica al
Tecnezio99-m; la RM è attualmente utilizzata per definire la severità della
lesione, in quanto consente di differenziare tra edema midollare e periostale.
Ecografia, TC e RX risultano metodiche non adeguate [81]. A tal proposito
Kahanov et al., nella loro revisione del 2015 confermano l’elevata sensibilità
della scintigrafia, ma indicano la RM come il gold standard nella diagnosi
proprio per la capacità di mostrare sia il tessuto molle che l’edema osseo,
senza dover esporre il paziente ad un’elevata dose di radiazioni come
avviene nella scintigrafia. Limitate sono le evidenze scientifiche riguardo
12. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni croniche da sport 619

l’uso degli ultrasuoni ai fini diagnostici nelle fratture da stress. La TC risulta


essere una metodica utile ma priva della sensibilità propria della RM per la
valutazione dei tessuti molli. Infine, l’esame radiografico sebbene consenta
di valutare il margine corticale e la presenza di una rima di frattura questi
segni non compaiono prima di 3 settimane dall’insorgenza dei sintomi [80].
Il trattamento delle fratture da stress è un argomento ampiamento discusso;
fondamentale è la riduzione immediata dell’attività fisica ed il riposo così da
poter arrestare il danno e consentire ai normali processi fisiologici la
riparazione ossea. In merito alla gestione globale dell'atleta vengono
proposti in letteratura diverse opzioni terapeutiche dalle farmacologiche
all’applicazione dei mezzi fisici, con la finalità di evitare l’intervento
chirurgico.

12.2.5.1. Materiali e metodi


Obiettivo di questa trattazione è stato quello di prendere in esame, mediante i
medesimi criteri di ricerca già indicati, la letteratura degli ultimi 10 anni
attraverso le seguenti parole chiave: “stressfractures”, “stress disorder”,
“cumulative trauma disorders”, “bone stress injury”, “athletes”, “guidelines”,
“raccomandations”, “low intensity pulsed ultrasound”, “extra-corporeal
shockwaves”, “electrical stimulation”, “electro-magnetic stimulation”,
“calcium”, “vitamin D”, “drugs”, “bisphosphonates”, “teriparatide”,
“NSAIDs”.
Dai risultati della ricerca sono state evidenziate: 1 meta-analisi di RCTs, 1
revisioni sistematiche e una revisione con meta-analisi, 5 revisioni, e 1 RCT.

12.2.5.2. Risultati
Sono state estrapolate evidenze scientifiche sulle possibilità terapeutiche
conservative da poter inserire all’interno di un programma riabilitativo per
l’atleta con frattura da stress.
620 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Revisione degli articoli e applicazione dei criteri di inclusione


Bibliografia identificata attraverso la ricerca nelle banche dati:
Medline/PEDro, Cochrane library, SimferWeb.
Inclusi solo gli studi in lingua inglese o italiana

Risultati della ricerca combinati n=178 Esclusi n=135

Non contenenti indicazioni


riabilitative n=103

Riguardanti solo l’opzione


Screening degli articoli in base al titolo
chirurgica n=32
e all’abstract
Inclusi n = 43

Esclusi n= 34

Revisione degli articoli e Presenza di letteratura più


applicazione dei criteri di inclusione recente n= 11
Inclusi n= 9
Non revisioni sistematiche,
meta-analisi, RCT’s o linee
guida n=23

Meta-analisi Review: 5 Systematic RCT:1 Systematic


di RCTs: 1 Review: 1 Review con
Meta-
analisi: 1

Fig. 12.5. Diagramma di flusso di selezione degli studi.

12.2.5.2.1. Mezzi Fisici


La terapia con onde d’urto extracorporee (ESWT) rappresenta una valida
opzione nel trattamento delle fratture da stress [83-84]. La presenza di
meccanorecettori nel sito bersaglio dell’onda generatasi determina una
modificazione dell’espressione genica, che nel tessuto osseo mette capo ad
una maggiore produzione di bone-morphogenetic protein e alla
differenziazione cellulare in osteoblasti [84]. L’applicazione di ESWT
nell’atleta con frattura da stress viene confermata nella review pubblicata
nel 2015 da Leal et al. Gli autori, infatti, mediante una rassegna della
letteratura più recente a riguardo affermano la possibilità di utilizzare le
onde d’urto focalizzate di media ed alta energia: 1-2 sedute con emissione di
12. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni croniche da sport 621

2000 impulsi da 0.2mJ/mm2 sul sito della frattura. Per di più definiscono le
ESWT un approccio sicuro ed efficace nelle fratture da stress ad alto rischio
che, secondo la classificazione di Frederickson, sono quelle più
frequentemente non responsive alle altre opzioni conservative e più a
rischio, quindi, di venir risolte chirurgicamente [83].
In accordo con Leal at al., si presenta la revisione pubblicata nel 2010 da
Furia et al., in cui viene eseguita un’ampia analisi che conferma l'efficacia
delle ESWT nel trattamento di differenti patologie quali ad esempio la
necrosi avascolare, la pseudoartrosi e le fratture da stress.
Gli autori citano, inoltre, un’altra opzione terapeutica per le fratture da
stress: ultrasuoni pulsati a bassa intensità (LIPUS); questi rappresentano una
metodica sicura e non invasiva, ma la loro azione nel favorire la guarigione
ossea non sembrerebbe supportata da evidenze scientifiche [81]. La FDA ed
il NICE hanno approvato l’applicazione dei LIPUS nel trattamento delle
fratture sebbene l’esatto meccanismo d’azione degli ultrasuoni sul tessuto
osseo non sia ancora ben chiaro. A tal riguardo, nel novembre 2014 Gan T.Y.
et al hanno pubblicato un RCT’s (N = 23) in cui hanno valutato, in una
popolazione di adulti, l’applicazione dei LIPUS rispetto al placebo nelle
fratture da stress agli arti inferiori. Dai risultati ottenuti, gli autori
evidenziano la non efficacia di questa metodica per il tipo di patologia
esaminata e di popolazione considerata (tab. 12.18.) [84].

Tabella 12.18. RCT’s di Gan et al., Novembre 2014 [83].


OUTCOME CLINICI

N gg di N gg di N gg dolore N gg dolore
METODO DI RISULTATO
Dolore Dolore alla in posizione durante la
TRATTAM.
notturno deambul. seduta corsa

Gruppo trattato
(N=10): frequenza
di 1.5% ± 5%
16.2 23.4 26.3 79.8
MHz; 20’/die a
Per gli outcome
casa per 4
clinici non si
settimane
osservano
Gruppo controllo
differenze
(N=23): Placebo
statisticamente
(analogo device
11.4 26.1 29.0 54.7 significative tra
non erogante,
i due gruppi.
20’/die a casa per
4 settimane

P 0.441 0.807 0.937 0.807

Tab. 12.18. Caratteristiche del RCT’s di Gan et al.


622 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Nel 2017 è stata pubblicata nel British Medical Journal una revisione
sistematica di 26 RCT’s, secondo la metodica GRADE, in cui viene
paragonata l’efficacia dei LIPUS al placebo nel favorire la guarigione ossea.
Gli outcome valutati sono stati: i giorni necessari per il rientro a lavoro e per
il carico completo sull’arto interessato; la riduzione della VAS a 3 o 6
settimane; il numero di successivi interventi chirurgici sulla frattura e la
valutazione radiografica della guarigione. Dai risultati ottenuti emerge
l’assenza di differenze statisticamente significative tra i due gruppi in ogni
outcome esaminato [85].
La stimolazione elettromagnetica rappresenta un’ulteriore opzione
terapeutica nel trattamento delle fratture da stress; in una meta-analisi di
RCTs (N = 15), seguendo gli items PRISMA, pubblicata ad agosto 2016 da
Aleem et al, viene paragonata la stimolazione elettromagnetica al placebo
nella guarigione ossea, in particolare in termini di riduzione del dolore, di
recupero funzionale e di mancata consolidazione della frattura accertata
all’immagine radiografica. Mediante una valutazione con metodica GRADE,
gli autori riportano: evidenze di moderata qualità a favore della
stimolazione elettromagnetica nella riduzione del dolore e del rischio di
mancata consolidazione; evidenze di bassa qualità sull'efficacia della
stimolazione elettromagnetica sul recupero funzionale rispetto al placebo
[86] (tab. 12.19.).
Per ulteriori approfondimenti sull’impiego dei mezzi fisici nelle fratture da
stress si rimanda al capitolo dedicato.

Tabella 12.19. Meta-analisi di RCT’s di I.S.Aleem et al., Agosto 2016 [85].


N
RCT’s Qualità dell’evidenza
(n Risultato (GRADE)
OUTCOME
pazien
ti)

4 (n= Valutato con VAS: MD= -7.67mm,


Dolore Moderata
195) 95%CI: -13.92 a -1.43; p=0.02.

2 (n= Valutata mediante SF-36 score: MD


Funzione Debole
316) – 0.88, 95%CI: -6.63 a 4.87, p=0.76.

Valutata al follow up a 12 mesi: RR


0.65, 95%CI 0.53 a 0.81, p<0.01
Mancata 15 (n=
(riduzione del rischio relativo del Moderata
Consolidazione 1247)
35% e del rischio assoluto del 15%
di tale reperto).
Tab. 12.19. Caratteristiche della meta-analisi di I.S. Aleem et al.; Legenda: N= numero dei trials,
n= numero dei pazienti.
12. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni croniche da sport 623

12.2.5.2.2. Terapie Farmacologiche


Tenforde et al. [87] nel 2010 hanno effettuato, una revisione della letteratura
per valutare la correlazione tra l’assunzione di vitamina D e calcio con
l'aumento della densità ossea e la riduzione dell'incidenza delle fratture da
stress negli atleti. Dai risultati della revisione emerge che l’assunzione di più
di 1500 mg di calcio/die sia efficace nel ridurre l'insorgenza di fratture da
stress nelle atlete. Gli autori puntualizzano sulla necessità di ulteriori studi
che consentano di prendere in esame altre popolazioni, prima fra tutte
quella maschile [87]. La revisione sistematica di Kahanov et al., fornisce dati
in accordo riguardo la supplementazione di calcio (1500-2000mg) e di
vitamina D (800 - 1000 UI) come elementi di prevenzione nell’insorgenza
delle fratture da stress [80].
La revisione della letteratura di Shima et al., pubblicata nel 2009, sull’uso dei
bifosfonati negli atleti con fratture da stress evidenzia il ruolo controverso di
questa opzione terapeutica [88]. Nel testo viene citato un solo RCT’s (n=324)
in cui viene confrontato l’uso del risedronato per os al placebo in un gruppo
di reclute militari, va sottolineato che più di un terzo dei pazienti ha aderito
alla terapia in maniera discontinua per timore degli effetti collaterali; i dati
ottenuti mostrano la mancata riduzione dell’incidenza delle fratture da
stress nel gruppo trattato [89]. Kahanov et al., affermano che i bifosfonati
trovano indicazione nel trattamento delle fratture da stress, nonostante
permangano numerose criticità a riguardo quali una deposizione ossea a
lungo termine anormale e la mancanza dell’approvazione della FDA per
questa scelta terapeutica [80].
Per quanto riguarda l'utilizzo degli anti-infiammatori non steroidei (FANS),
mancano in letteratura evidenze a rigurdo essendo presenti unicamente
trials su modelli animali che per di più dimostrano la riduzione sia del
riassorbimento che della riapposizione ossea a lungo termine nel campione
dei topi trattato con ibuprofene (30mg/kg/die) rispetto a quello a cui è stato
somministrato il placebo [89].

12.2.5.2.3. Variazioni dell’attività fisica


La prima fase del protocollo riabilitativo nell’atleta con frattura da stress,
come affermano Kahanov et al. nella loro revisione del 2015, prevede la
riduzione dell’abituale attività fisica svolta, un adeguato periodo di riposo,
sedute fisioterapiche e l’assunzione di analgesici per os diversi dai FANS,
che sembrerebbero essere correlati con un rallentamento della guarigione
ossea [80]. Dopo due settimane dal momento in cui l’atleta non riferisce più
dolore durante la deambulazione, gli autori propongono l’inizio di una
624 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

seconda fase riabilitativa costituita da esercizi di potenziamento della


resistenza muscolare, di flessibilità, di stabilizzazione del cingolo pelvico; di
training propriocettivo e, quando necessario, della correzione dello schema
del passo. Il ritorno all’attività fisica regolare coincide con l’assenza di
dolore sotto carico; in media la maggior parte delle fratture da stress
guarisce dopo 8 settimane di trattamento conservativo con una variabilità
temporale che è funzione della gravità della frattura [82].

12.2.5.3. Discussione e raccomandazioni riabilitative


Dall’analisi della letteratura emerge la totale assenza di linee guida per il
trattamento delle fratture da stress ed inoltre la produzione scientifica a tal
riguardo non sempre soddisfa i criteri richiesta dall’ISS. Di seguito verrano
espresse le raccomandazioni derivanti dall’analisi della letteratura
scientifica da noi effettuata.

TERAPIA

Stimolazione Vit. D +
STUDIO ESWT LIPUS Bifosfonati
Elettromagnetica Calcio

Meta-analisi di
Aleem et al., E - - - -
(2016).

Revisione di
- E N.E. - -
Furia et al., (210).

Revisione di Leal
- E - - -
et al., (2015).

RCT di Gan et al.,


- - N.E. - -
(2014).

Review di
Schandelmaier et - - N.E. - -
al., (2017).

Revisione di
Kohonov et al., - - - E N.E.
(2015).

RCT di Lappe et
- - - E -
al., (2008).
12. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni croniche da sport 625

Revisione di
Tenforde et al., - - - E -
(2010).

Review di Shima
- - - - N.E.
et al., (2009).

RCT di Milgrom
- - - - N.E.
et al., (2004).

Tab. 12.20. Sintesi delle raccomandazioni ed evidenze; Legenda: N.R.: non raccomandato, N.M:
non menzionato, E: efficace, N.E.: non efficace.

12.2.5.3.1. Raccomandazioni non formulabili


Non è stato possibile formulare una raccomandazione riguardo
l’applicazione dei LIPUS, in quando sebene la FDA ed il NICE abbiano
approvato il loro utilizzo nelle fratture da stress, una revisione pubblicata
sul British Medical Journal nel 2017, secondo la modalità GRADE, non
evidenzia differenze statisticamente significative tra questa scelta
terapeutica ed il placebo.

12.2.5.3.2. Terapie non raccomandabili


La somministrazione di bifosfonati non è stata approvata dalla FDA, ed
inoltre come emerge dalle revisioni di Shima et al., e di Kohonov et al., non
ci sono evidenze sull'efficacia della terapia con bifosfonati sulla riduzione
dell’incidenza delle fratture da stress nei pazienti trattati con questi farmaci.

12.2.5.3.3. Raccomandazioni di grado moderato


Potrebbe essere raccomandata la stimolazione elettromagnetica al fine di
ridurre il dolore ed il rischio di mancata consolidazione, come si evince dalla
meta-analisi di RCTs di Aleem et al.
Le ESWT ad medio-alta energia potrebbero essere raccomandate per
favorire il processo di guarigione ossea come emerso dalle due revisioni
sistematiche esaminate
L’assunzione per os di vitamina D (800 UI/die) e calcio (1500 mg/die)
potrebbe essere raccomandata, come emerge dalle review di Tenforde et al e
di Kohonov et al, non solo al fine di accelerare la risoluzione del quadro
clinico, ma anche di prevenirne una recidiva.
626 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

12.2.5.4. Good Practice Point


Le raccomandazioni di buona pratica clinica che emergono dalla revisione
delle evidenze scientifiche possono essere espresse sull'utilizzo dell'ESWT e
della stimolazione eltromagnetica nel trattamento delle fratture da stress,
eventualmente in associazione alla somministrazione di vitamina D (800
UI/die) e calcio (1500 mg/die).

12.3. Discussione e conclusioni


L’analisi delle evidenze scientifiche riguardo il trattamento riabilitativo delle
lesioni croniche da sport trattate in questo capitolo ha messo in luce la
mancanza di linee guida o laddove presenti queste risultano di scarsa
qualità e / o non applicabili mancando dei requisiti richiesti dall’ISS. Altro
dato importante emerso è la grande variabilità dell’eziopatogenesi di
ciascuna delle patologie sopradescritte a cui corrisponde un’ampia varietà di
trattamenti riabilitativi che rende difficile l’individuazione di protocolli
standards adatti alle diverse tipologie di pazienti. Sono necessari ulteriori
studi di alta qualità al fine di fornire migliori evidenze scientifiche,
necessarie per l’elaborazione di raccomandazioni cliniche.
12. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni croniche da sport 627

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Prof. Valter Santilli

Linee guida, buone pratiche


ed evidenze scientifiche
in Medicina Fisica e Riabilitativa

Capitolo 13

Buone pratiche e linee guida riabilitative


nel trattamento delle lesioni muscolari

Coautori

Francesco Agostini MD, Valeria Conte MD


Luca Di Sante MD, PhD, Andrea Bernetti MD
13. Buone pratiche e linee guida riabilitative
13. Buone pratichedelle
nel trattamento e linee guida
lesioni riabilitative nel
muscolari
trattamento delle lesioni muscolari
Coautori
Francesco Agostini 1 MD, Valeria Conte 1 MD, Luca Di Sante 2 MD, PhD
Coautori
Andrea Bernetti 
Francesco Agostini3 1MD
MD, Valeria Conte1 MD, Luca Di Sante2 MD, PhD,
Andrea Bernetti3 MD
1
Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
2
Dirigente Medico di I Livello, Medicina Fisica e Riabilitativa, Policlinico Universitario
“Umberto I”, Roma
1 Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
2 Dirigente
Ricercatore MED34, Sapienza Università di Roma
3
Medico di I Livello, Medicina Fisica e Riabilitativa, Policlinico Universitario
“Umberto I”, Roma
3 Ricercatore MED34, Sapienza Università di Roma

ABSTRACT

Background: Il trattamento riabilitativo delle lesioni muscolari non sempre


segue precisi protocolli ed è spesso incentrato su pratiche empiriche con
basso livello di evidenza scientifica. Anche le linee guida internazionali sono
spesso controverse e focalizzate sulla diagnosi piuttosto che sulla terapia
riabilitativa, nonostante il trattamento sia nella maggior parte dei casi di tipo
conservativo.
Oggetto: Ricerca e valutazione delle evidenze e delle raccomandazioni
presenti in letteratura relative alla riabilitazione delle disabilità associate alle
lesioni muscolari.
Materiali e metodi: La ricerca bibliografica è stata condotta su Medline,
PEDro, Cochrane Database e Google Scholar. Sono state analizzate tutte le
linee guida pubblicate negli ultimi 10 anni presenti in letteratura, citandone
la metodologia. In assenza delle stesse sono state selezionate le più recenti
review, meta-analisi, RTCs e consensus conference.
Partecipanti: Pazienti aventi una lesione muscolare.
Risultati: La ricerca ha generato sette linee guida, due meta-analisi, due
sistematic review, quattro consensus conference ed nove review delle quali
quattro Cochrane. I risultati ottenuti dalla ricerca bibliografica sono stati
riassunti in raccomandazioni di grado differente a seconda della forza delle
evidenze disponibili.
Conclusioni: Il trattamento conservativo delle lesioni muscolari rappresenta
oggigiorno il modus operandi di riferimento, con buoni risultati sia in
relazione ai tempi riabilitativi che alle performance sportive post-infortunio.
636 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Tuttavia sono necessari studi di qualità più elevata, in particolare


relativamente all’utilizzo delle terapia fisiche strumentali ed alle tecniche di
fisiatria interventistica.

INTRODUZIONE

Le lesioni muscolari costituiscono una delle principali cause di infortunio,


rappresentando tra il 10 e il 55% di tutti gli infortuni sportivi in acuto [1]. I
distretti maggiormente colpiti da lesioni muscolari sono rappresentati dai
muscoli componenti la catena cinetica posteriore di coscia, dal retto femorale
e dal gastrocnemio che posseggono caratteristiche favorenti la lesione come
la biarticolarità, una percentuale elevata di fibre muscolari veloci ed una
conformazione pennata del ventre muscolare. Tuttavia non sono infrequenti
anche lesioni a carico di altri distretti [2]. La diagnosi delle lesioni muscolari,
in base al quadro clinico, è relativamente semplice, tuttavia è fondamentale
descriverne le caratteristiche principali al fine di elaborare un adeguato
protocollo riabilitativo, di predirne in maniera più accurata i tempi di
recupero e di reinserimento nell’attività sportiva nonché il possibile rischio
di recidiva. Attualmente la diagnostica per immagini, in particolare
ecografia e Risonanza Magnetica (RM), è applicata di routine per una
adeguata diagnosi e stadiazione delle lesioni muscolari [3]. In particolare,
l’esame ecografico consente di diagnosticare una lesione strutturale
muscolare circa 36-48 ore dopo il trauma, a causa della raccolta emorragica
edematosa che si osserva generalmente dopo 24-48 ore dal trauma stesso [4].
Recenti studi hanno inoltre dimostrato come la combinazione di RM ed
ecografia sia superiore rispetto alla sola RM nel misurare con precisione
l'entità del danno strutturale [5]. Esistono in letteratura diverse
classificazioni delle lesioni muscolari basate sulla diagnostica per immagini,
tuttavia in generale possiamo distinguere le lesioni muscolari in base al
meccanismo traumatico di tipo diretto od indiretto. Nel caso di un trauma
diretto, nel quale una forza esterna viene applicata al muscolo, le strutture
interne ed esterne vengono compresse l'una contro l'altra. La lesione quindi
sarà il risultato di diverse componenti quali l'intensità dell'impatto, il
muscolo colpito, il suo stato di contrazione / rilassamento ed il momento
traumatico. Nell’ambito dei traumi indiretti, distinguiamo lesioni non
strutturali, più comuni, dove non è possibile riconoscere un vero e proprio
danno anatomico, e lesioni strutturali. Il meccanismo legato a questo tipo di
lesioni è spesso correlato ad un improvviso allungamento passivo del
muscolo durante la fase di contrazione o da una contrazione eccessivamente
rapida del muscolo partendo da uno stato di completo rilasciamento [6]. Nel
13. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni muscolari 637

linguaggio comune spesso vengono accostati, ai diversi gradi di lesione,


termini come contrattura, stiramento, distrazione e strappo, che però non
trovano riscontro nella letteratura scientifica e nella quotidiana pratica
clinica, non potendo essere quindi utilizzati per una classificazione adeguata
delle lesioni muscolari e di conseguenza per impostare un adeguato
protocollo riabilitativo. Al fine di meglio distinguere le differenti tipologie
di lesione muscolare attualmente è corretto riferirsi alla classificazione
“Terminology and classification of muscle injuries in sport: The Munich
consensus statement”. In questa classificazione si distinguono, all’interno
delle lesioni dirette non strutturali, quelle dovute ad un disordine
conseguente alla fatica muscolare (I) e quelle causate da un disordine neuro-
muscolare (II). Le prime vengono nuovamente suddivise in lesioni da fatica
o da cambio di protocollo di allenamento (1A) e lesioni da eccessiva e
prolungata contrazione eccentrica (1B). All’interno invece delle lesioni da
disordine neuro-muscolare, riconosciamo lesioni associate a patologie del
rachide (2A), spesso non diagnosticate come per esempio un disturbo
doloroso intervertebrale minore (DDIM), e quelle causate da un alterato
controllo neuromotorio, in particolare dall’alterata attivazione dei muscoli
antagonisti (2B). Per quanto riguarda le lesioni strutturali, queste vengono
classificate in lesioni muscolari parziali (III), nuovamente suddivise in
lesioni parziali minori (3A) e moderate (3B) e lesioni sub/totali (IV). Le
lesioni successive ad un trauma diretto vengono invece distinte in
contusioni lievi, moderate e severe in relazione alla limitazione del range of
motion (> 1/2, compreso tra 1/2 e 1/3, < 1/3), e lacerazioni. Tale classificazione
viene rappresentata in maniera più approfondita in tabella 13.1. [7]. Dal
punto di vista del trattamento, le lesioni muscolari sono generalmente
trattate con discreto successo attraverso un approccio di tipo conservativo.
L’obiettivo primario del trattamento riabilitativo è di riportare il paziente ad
un livello funzionale sovrapponibile a quello pre-lesionale, in aggiunta ad
un rischio minimo di re-infortunio. È stato osservato come, senza un
adeguato percorso riabilitativo che differenzi i diversi interventi attuabili
nelle diverse fasi post-lesionali, le conseguenze di una lesione muscolare
implichino un alterato controllo neuromuscolare, una debolezza muscolare
persistente o una ridotta estensibilità dell'unità muscolo-tendinea, dovuta, in
parte, a tessuto cicatriziale residuo e / o a cambiamenti adattativi nella
biomeccanica e nei modelli motori dei diversi movimenti. Oltre a trattare
questi potenziali deficit, un progetto riabilitativo dovrebbe anche correggere
i fattori modificabili, che possono aver contribuito a facilitare il danno
originale, attraverso l'applicazione di esercizi terapeutici e tecniche manuali,
come per esempio le mobilitazioni articolari e la mobilizzazione dei tessuti
638 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

molli. Lo scopo di questo capitolo sarà quello di presentare, confrontare e


riassumere le più recenti linee guida e le maggiori evidenze presenti in
letteratura trattanti l’argomento, in modo da poter determinare le buone
pratiche relative al management del paziente con tale condizione.

Tabella 13.1A. Classificazione delle lesioni muscolari secondo Mueller-Wohlfahrt H.W. et


al., 2012.
Lesione Indiretta

Non
Strutturale.
Tipologia I: Fatica da II: Disordine
disordine neuro-
muscolare. muscolare.
Classificazione 1A: Lesione da 1B: DOMS 2A: associate a 2B:
fatica. (Delay Onset patologie del associate
Muscle Soreness) rachide. ad un
Lesione da alterato
eccessiva e controllo
prolungata neuro-
contrazione motorio.
eccentrica.

Definizione Aumento localizzato del tono muscolare, doloroso, all'interno del


muscolo. 1B: aumento diffuso del tono muscolare e del dolore dopo
l'attività fisica.
Sintomi Indolenzimento, pesantezza e rigidità del muscolo, solitamente in
aumento durante l'esercizio fisico, a volte presente a riposo.
Esame clinico Alla palpazione è possibile apprezzare una rigidità di alcuni fasci.
L'esercizio di stretching migliora i sintomi, tranne in 2A in cui lo
stretching può essere doloroso. 1B: l'intero muscolo è rigido alla
palpazione.
Ecografia/RM Ecografia: spesso negativa; alterazioni iper- o ipo-ecogenene
transitorie nel tempo, dopo 3-5 giorni; Power Doppler US: negativo;
RM: negativa; a volte evidenza di limitato edema.
Prognosi 5-15 giorni.
Tabella 13.1B.
Lesione Indiretta

Strutturale.

Tipologia III: Lesione IV: Lesione


muscolare muscolare (sub)
parziale. totale.
Classificazione 3A: Lesione 3B: Lesione 4: Lesione
parziale parziale subtotale o
minore. moderata. totale o
avulsione
tendinea.
13. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni muscolari 639

Definizione 3A: Lesione parziale minore che coinvolge uno o più fascicoli
primari all'interno di un fascio secondario.
3B: Lesione parziale moderata che coinvolge almeno un fascio
secondario, con meno del 50% del muscolo coinvolto.
4: Lacerazione totale parziale con oltre il 50% del muscolo
coinvolto, o una rottura completa del muscolo o che coinvolge la
giunzione ossea tendinea.
Sintomi 3A: Dolore acuto, evocato da uno specifico movimento: il dolore è
ben localizzato, facile da apprezzare alla palpazione e, a volte,
preceduto da una sensazione di schiocco.
3B: Dolore acuto, evocato da un movimento specifico. Può essere
apprezzato uno schiocco, seguito immediatamente da dolore
localizzato e disabilità funzionale, fino ad indurre l'atleta a cadere.
4: Dolore opprimente esacerbato da un movimento specifico;
schiocco e disabilità funzionale appaiono immediatamente.
Esame clinico 3A: Alla palpazione non è possibile rilevare il difetto strutturale in
quanto troppo piccolo. I sintomi diventano più evidenti durante lo
stretching e contro la resistenza.
3B: Alla palpazione, possono essere apprezzati il dolore localizzato
e il difetto strutturale, con possibile evidenza di ematoma pochi
giorni dopo, specialmente quando è coinvolto l'epimisio. Il test di
stretching è positivo e la contrazione contro resistenza è solitamente
impossibile.
4: L'interruzione all'interno del muscolo può essere palpata e
l'ematoma si manifesta precocemente. La funzione della giunzione
muscolo-tendinea è persa.
Ecografia/RM 3A: Ecografia: area leggermente iperecogena che, in seguito,
diventa disomogenea e ipoecogena, ben localizzata, con qualche
disordine strutturale; è possibile rilevare una piccola area anecoica
nella muscolatura: RM: imbibizione, edema e lieve segnale
omogeneo di iperintensità per l'edema interstiziale e peri-fasciale o
piccolo stravaso emorragico.
3B: Ecografia: area iperecogena che diventa marcatamente
disomogenea, con evidenza di disordine strutturale e un'ampia area
anecogena all'interno e all'esterno del muscolo. RM: il muscolo è
ingrossato a causa di imbibizione, di edema, con iperintensità
disomogenea correlata a edema interstiziale e peri-fasciale o
stravaso emorragico.
4: Ecografia: aree disomogenee e disorganizzate, iso o iperecogene.
Successivamente disomogeneità e marcati cambiamenti strutturali,
retrazione delle estremità del muscolo rotto, e ampia area
anecogena all'interno del muscolo e tra i muscoli e le estremità
muscolari. RM: retrazione del muscolo, fluido iper-intenso causato
da stravaso emorragico tra le due estremità muscolari.
Prognosi 3A: Lesioni prossimali, centrali e distali: 15-18 giorni.
3B: Lesioni prossimali, centrali e distali: 25-35 giorni.
4: ≥ 60 giorni.
Tab. 13.1A. B. Classificazione delle lesioni muscolari secondo Mueller-Wohlfahrt H.W. et al.,
2012.
640 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

13.1. Materiali e metodi

La ricerca bibliografica è stata condotta fino al 3 luglio 2018 attraverso i


principali motori di ricerca (Medline, PEDro, Cochrane Database e Google
Scholar), e riviste scientifiche online utilizzando i parametri di ricerca
“muscle injury”, “muscle lesion”, “muscle strain”, “guidelines”,
“rehabilitation”, “recommendation”, “treatment”. Inoltre sono state
consultate banche dati specifiche per le linee guida quali guideline.gov,
guidelines.co.uk e who.int/publications/guidelines/en e i siti internet delle
principali società scientifiche italiane ed internazionali trattanti l’argomento.
La ricerca è stata inoltre allargata a revisioni sistematiche, meta-analisi,
RTCs, revisioni descrittive e consensus conference trattanti l’argomento.
Sono stati esclusi i documenti: redatti da più di dieci anni, dei quali non
fosse possibile reperire il testo completo, non in lingua inglese o italiana, con
una metodologia non adeguatamente descritta o che non fornivano elementi
evidence based, a confronto con le altre evidenze. Il risultato di tale ricerca
ha generato sette linee guida, due meta-analisi, due sistematic review,
quattro consensus conference ed nove review delle quali quattro Cochrane.

Documenti identificati (n = 257)

Documenti vagliati Documenti esclusi


(n = 83) (n = 114)

Articoli full-text valutati per l’ammissibilità


Documenti esclusi
(n = 31)
(n = 52)

Studi inclusi nella sintesi qualitativa


(n = 24)

Fig. 13.1. Flow chart.

13.2. Risultati

Le caratteristiche dei principali documenti inclusi sono state sintetizzate in


tabella 13.2.
13. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni muscolari 641

Tabella 13.2.
AUTORI /
LINEE GUIDA / REVIEW /
SOCIETÀ /
META-ANALISI/ DOVE MD MP
ORGANISMI,
CONSENSUS
ANNO
GRADE /
Linee guida.
AGREE

Muscle injuries clinical guide 3.0 FC Barcelona, No /


aspetar.com. Sì Sì
[8]. Aspetar, 2015. No

Muscle injuries: a brief guide to Transl Med


Maffulli N. et No /
classification and management UniSa. 2014 Sep Sì No
al., 2015. No
[9]. 1; 12:14-8.

The national
collegiate
Sport medicine handbook. No /
athletic ncaa.org. Sì Sì
Guidelines [10]. No
association,
2014.
Muscles,
Ligaments and
ISMuLT Guidelines for muscle Maffulli N. et No /
Tendons Journal Sì No
injuries [11]. al., 2013. No
2013; 3 (4): 241-
249.
Clinical practice guide for
muscular injuries: epidemiology,
Valle X., 2011. Br J Sports Med. Sì Sì Sì / No
diagnosis, treatment and
prevention [12].

Acute management of soft tissue Bleakley C.M.


acpsm.org. No No Sì /No
injuries. Guidelines [13]. et al., 2010.

Hamstring strain injuries:


J Orthop Sports
recommendations for diagnosis, Heiderscheit No /
Phys Ther. 2010 Sì Sì
rehabilitation, and injury B.C. et al., 2010. No
Feb; 40(2):67-81.
prevention [14].

Meta-analisi. PRISMA

Efficacy of rehabilitation
(lengthening) exercises, platelet-
rich plasma injections, and other Br J Sports Med
conservative interventions in Pas et al., 2015. 2015; 49:1197– Sì Sì No
acute hamstring injuries: an 1205.
updated systematic review and
meta-analysis [15]
642 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Kinesio Taping in Treatment


and Prevention of Sports Sports Med 2012;
Williams et al.,
Injuries. A Meta-Analysis of the 42 (2): 153-165. No No No
2012.
Evidence for its Effectiveness
[16].
Systematic review.
Criteria for progressing
rehabilitation and determining Sports Med. 2017
Hickey J.T. et
return-to-play clearance Jul; 47(7):1375- Sì No Sì
al., 2016
following hamstring strain 1387.
injury: A systematic review [17].

Determinants of Return to Play


After the Non-operative Am J Sports Med.
Fournier-Farley
Management of Hamstring 2016 Aug; 44(8): Sì Sì Sì
C. et al., 2016.
Injuries in Athletes: A 2166-72.
Systematic Review [18].

Cochrane review. C.C.

Cold-water immersion Cochrane


(cryotherapy) for preventing and Bleakley C. et Database Syst
Sì Sì Sì
treating muscle soreness after al., 2012. Rev. 2012 Feb 15;
exercise. Cochrane review [19]. (2):CD008262.

Cochrane
Rehabilitation for hamstring Mason D.L. et Database Syst
Sì Sì Sì
injuries. Cochrane review [20]. al., 2012. Rev. 2012 Dec 12;
12:CD004575..
Cochrane
Stretching to prevent or reduce
Herbert R.D. et Database Syst
muscle soreness after exercise. No Sì Sì
al., 2011. Rev. 2011 Jul 6;
Cochrane review [21].
(7):CD004577.
Cochrane
Interventions for preventing
Goldman E.F. Database Syst
hamstring injuries. Cochrane Sì No Sì
et al., 2010. Rev. 2010 Jan 20;
review [6].
(1):CD006782.
Review. AMSTAR

Rehabilitation of hamstring Rev Bras Ortop.


Ramos G.A. et
muscle injuries: a literature 2017 Jan-Feb; No No No
al., 2017.
review [22]. 52(1): 11–16.

Journal of Sport
Rehabilitation and return to Erickson L.N.,
and Health
sport after hamstring strain Sherry M.A., No No No
Science 6 (2017)
injury. Review [23]. 2017.
262–270.
13. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni muscolari 643

Hamstring muscle injuries, a Asian J Sports


Valle X. et al.,
rehabilitation protocol purpose. Med. 2015 Dec; Sì No No
2015.
Review [24]. 6(4): e25411.

Classification and grading of


Hamilton B. et Br J Sports Med
muscle injuries: a narrative Sì No No
al., 2014. 2014; 0:1–7.
review [25].

ISRN Orth. Vol


Treatment of SkeletalMuscle Baoge L. et al., 2012, Article ID
Sì Sì No
Injury: A Review [26]. 2012. 689012, 7 pag

Consensus Conference.
Non-operative treatment of
J Exp Orthop.
muscle injuries - Hotfiel T. et al.,
2018 Jun 22; Sì No -
recommendations from the 2018.
5(1):24.
GOTS expert meeting [27].
Italian consensus conference on BMJ Open Sport
guidelines for conservative Bisciotti G.N. et Exerc Med. 2018
Sì Sì -
treatment on lower limb muscle al., 2018. May 24;
injuries in athlete [28]. 4(1):e000323.
Muscle injuries in sports: a new
Sports Med. 2017
evidence-informed and expert Valle X. et al.,
Jul; 47(7):1241- Sì No -
consensus - based classification 2017.
1253.
with clinical application [29].
Mueller-
Terminology and classification Br J Sports Med.
Wohlfahrt
of muscle injuries in sport: The 2013 Apr; Sì No -
H.W. et al.,
Munich consensus statement [7]. 47(6):342-50.
2012.
Tab. 13.2. Caratteristiche dei principali documenti inclusi (MD: Multi-disciplinarietà, MP:
Multi-professionalità, [P]: include associazione o rappresentanti dei pazienti, C.C.: Cochrane
Collaboration).

La più recente linea guida prodotta, riguardanti le lesioni muscolari, nasce


dalla collaborazione del Barcellona Football Club con la Fondazione Aspetar
[8], dall’omonimo ospedale situato a Doha in Qatar, specializzato in
patologie ortopediche / traumatologiche ed afferenti la medicina dello sport.
Si tratta di una linea guida sintetica principalmente incentrata
sull’inquadramento diagnostico ed il trattamento, conservativo e non, in
merito alle più comuni lesioni muscolari in ambito calcistico
professionistico. Non viene citata né tantomeno spiegata la metodologia
della ricerca utilizzata, né vengono fornite delle vere e proprie
raccomandazioni.
Maffulli et al. [9], nel 2015, hanno elaborato linee guida circa la diagnosi,
clinica e strumentale, la classificazione ed il trattamento chirurgico e
644 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

conservativo delle lesioni muscolari. Tale documento rappresenta un


aggiornamento delle linee guida dell’Italian Society of Muscles Ligaments
and Tendons (ISMuLT) [11].
La National Collegiate Athletic Association (NCAA) [10], nel 2014, ha
elaborato un documento costituito da un insieme di linee guida di interesse
nella gestione dell’infortunio sportivo muscolare dell’atleta collegiale,
affrontando tutte le tematiche inerenti non solo l’infortunio in sé, ma anche
gli aspetti psicologici e motivazionali dell’atleta, all’equipaggiamento,
nell’ottica di una gestione a 360 gradi. Anche in questo documento non si fa
menzione alcuna circa il grado delle raccomandazioni fornite.
Valle et al. [12], nel 2011, hanno elaborato una dettagliata descrizione circa il
management del paziente con lesione muscolare, toccando tutti gli aspetti,
inclusa la prevenzione del reinfortunio, non fornendo chiare
raccomandazioni, ma attribuendo, ad ogni fonte inserita, un punteggio in
base alla valenza metodologica utilizzata nella stesura dell’articolo. In
questo modo indirettamente viene attribuito un grado di raccomandazione.
La Association of Chartered Physiotherapists in Sports and Exercise
Medicine (ACPSM) [13], produce nel 2010, una linea guida riguardante
l’utilizzo del protocollo PRICE (Protection, Rest, Ice, Compression, Elevation) in
caso di lesione muscolare. All’interno del documento vengono fornite
raccomandazioni in maniera chiara, nonché il grado delle stesse mediante
GRADE.
Heiderscheit et al. [14], nel 2010, redigono una dettagliata descrizione circa il
percorso diagnostico e terapeutico delle sole lesioni muscolari coinvolgenti
gli hamstring. Non vengono fornite raccomandazioni, né tantomeno il grado
delle stesse o delle fonti utilizzate.
Relativamente alle altre evidenze reperite in letteratura, Pas et al. [15], con
l’intento di aggiornare una loro revisione del 2012 [30] sugli interventi
terapeutici per gli infortuni acuti del bicipite femorale, per la quale aveva
riscontrato una mancanza di studi di alta qualità, in seguito alla
pubblicazione di nuovi studi, rianalizzano l'efficacia dei trattamenti
conservativi per le lesioni dei soli hamstring fino a metà febbraio 2015,
includendo studi randomizzati controllati (RCT) sull'effetto di interventi
conservativi rispetto a un gruppo di controllo o altro intervento. Il rischio di
valutazione di bias è stato eseguito utilizzando la Modified Downs And Black
Scale con un punteggio massimo di 28, valutando in questo modo la qualità
degli studi presi in considerazione. La meta-analisi è stata eseguita, ove
possibile. Non è stata seguita la check-list PRISMA.
Williams et al. [16], con la loro meta-analisi hanno valutato l'efficacia del
taping neuro-muscolare nel trattamento e nella prevenzione delle lesioni
13. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni muscolari 645

sportive, effettuando una ricerca sui principali database e siti web di


medicina sportiva, secondo la metodologia della Cochrane Collaboration.
Hickey et al. [17], nel 2016, mediante una revisione sistematica, tentano di
identificare la progressione della riabilitazione e i criteri ritorno all’attività
sportiva dopo lesione degli hamstring ed esaminare i tassi di reinfortunio.
Gli autori hanno effettuato una revisione della letteratura sui principali
motori di ricerca e redatto il capitolo seguendo la PRISMA check-list.
Fournier-Farley et al. [18], nel 2016, riassumono, in una revisione
sistematica, l’attuale letteratura sui fattori che influenzano il ritorno
all’attività sportiva dopo un infortunio al bicipite femorale negli atleti,
utilizzando la PRISMA check-list nella produzione del documento.
Bleakley et al. [19], in una Cochrane pubblicata nel 2012, al fine di
determinare gli effetti dell'immersione in acqua fredda nella gestione del
dolore muscolare dopo l'esercizio, hanno confrontato studi randomizzati,
circa l'effetto dell'immersione in acqua fredda dopo l'esercizio con un
intervento passivo (riposo / nessun intervento), immersione a contrasto,
immersione in acqua calda, recupero attivo o compressione. Gli outcome
primari erano dolore o dolorabilità alla palpazione e il recupero soggettivo
alle attività precedenti l’infortunio, in assenza di segni o sintomi.
Mason et al. [20], in una Cochrane pubblicata nel 2012, hanno confrontato
studi clinici randomizzati che indagavano l'effetto di almeno un intervento
riabilitativo rispetto ad un altro o ad un gruppo controllo con l’obiettivo di
valutare l'efficacia di tutte le strategie riabilitative impiegate al fine di
promuovere il ritorno all’attività sportiva pre-infortunio in termini di forza,
range of motion e funzione in individui con lesioni degli hamstring,
indipendentemente dal sito, dalla gravità, dall'insorgenza o dal livello di
cronicità.
Herbert et al. [21], in una Cochrane pubblicata nel 2011, hanno revisionato la
letteratura sui principali motori di ricerca, al fine di determinare gli effetti
dello stretching, prima o dopo l'esercizio fisico, sullo sviluppo di
indolenzimento muscolare ad insorgenza ritardata, utilizzando studi
randomizzati trattanti qualsiasi tecnica di stretching pre-esercizio o post-
esercizio progettata per prevenire o trattare l'indolenzimento in questione.
Goldman et al. [6], in una Cochrane pubblicata nel 2010, hanno valutato gli
effetti di interventi riabilitativi, utilizzati in studi randomizzati, al fine di
prevenire lesioni ai muscoli ischio-crurali in individui fisicamente attivi.
Ramos et al. [22], nel 2017, in una review descrittiva, presentano una
panoramica completa dei possibili approcci riabilitativi nel management del
paziente con lesione muscolare degli ischio-crurali. Sono stati inclusi studi
con evidenze di alta qualità, come revisioni sistematiche, meta-analisi e
646 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

studi randomizzati controllati, senza però una vera e propria valutazione


della metodologia degli stessi. Nella stesura del capitolo non è stata
utilizzata la AMSTAR check-list.
Erickson et al. [23], nel 2017, pubblicano una review con lo scopo di
descrivere l'epidemiologia, i fattori di rischio, la diagnosi differenziale e la
prognosi delle lesioni muscolari acute degli hamstring. Gli autori inoltre
propongono una guida clinica per il trattamento riabilitativo delle stesse al
fine di aiutare i clinici nel processo decisionale durante la valutazione ed il
management dell’atleta infortunato, al fine di guidare il ritorno alla attività
sportiva. Non viene tuttavia specificata la metodologia utilizzata nella
stesura del documento, né tantomeno la qualità delle evidenze utilizzate.
Valle et al. [24], in una revisione pubblicata nel 2015, propongono un
protocollo di riabilitazione post lesioni muscolari degli ischio-crurali
esplorando le diverse opzioni di gestione. Non vi è tuttavia specificata
nell’articolo, la metodologia utilizzata nella ricerca delle evidenze, né la
forza.
Hamilton et al. [25], in una revisione nel 2014, forniscono un quadro che
percorre la progressione storica della classificazione e della valutazione delle
lesioni muscolari per illustrare criticamente i punti di forza, i punti deboli, le
contraddizioni o le controversie.
Baoge et al. [26], in una review pubblicata nel 2012, espongono tutte le
opzioni terapeutiche sia conservative che chirurgiche attuabili in seguito a
lesione muscolare, fornendo anche raccomandazioni a riguardo, non
specificandone però il grado. Non vengono inoltre utilizzate check-list
specifiche per la valutazione delle evidenze nella stesura del documento.
Hotfield et al. [27], in una consensus conference durante il GOTS Expert
Meeting del 2016 a Spreewald (Germania), avviato dalla Società tedesco-
austriaca-svizzera per la medicina ortopedica, traumatologica e sportiva
(GOTS), si sono concentrati sul tema delle lesioni muscolari e tendinee. Il
comitato era composto da ventidue medici specialisti, nove dei quali sono
stati delegati a un sottocomitato incentrato sul trattamento non chirurgico
delle lesioni muscolari. Le raccomandazioni e le dichiarazioni che sono state
sviluppate sono state esaminate dall'intero comitato di consenso e votate dai
membri.
Bisciotti et al. [28], in una consensus conference del 2018, forniscono lo stato
dell'arte riguardante la biologia e l'eziologia, la classificazione, la
valutazione clinica e il trattamento conservativo delle lesioni muscolari degli
arti inferiori negli atleti. Alla consensus hanno partecipato settanta esperti
con diversi background in ambito chirurgico e riabilitativo. È stata proposta
una nuova classificazione delle lesioni muscolari basata su indagini
13. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni muscolari 647

radiologiche eseguite mediante ultrasonografia e risonanza magnetica


fortemente legata a fattori prognostici e sono stati discussi, nell’ambito della
valutazione clinica l'anamnesi, l'ispezione e l'esame clinico delle quali
vengono fornite chiare indicazioni. Sono state inoltre affrontate tematiche
come il trattamento conservativo, del quale vengono fornite indicazioni in
base alla gravità della lesione, la terapia strumentale e il trattamento
farmacologico.
Valle et al. [29], nel 2017, tramite una consensus conference che ha coinvolto
tre diversi centri (dipartimento medico dell'F.C. Barcelona, Aspetar e Duke
Sports Science Institute) di tre diversi continenti (Europa, Asia e Nord-
America), si prefiggono lo scopo di descrivere un sistema di classificazione
per le lesioni muscolari con facile applicazione clinica, con un adeguato
raggruppamento di lesioni con compromissione funzionale simile e con un
potenziale valore prognostico, al fine ultimo di migliorare la comunicazione
tra gli operatori sanitari e facilitare la riabilitazione e il processo decisionale
di ritorno al gioco.
Mueller-Wohlfahrt et al. [7], nel 2012, in una consensus conference, al fine di
valutare la terminologia attualmente utilizzata del danno muscolare atletico
e fornire una terminologia e una classificazione chiare delle lesioni
muscolari, hanno chiesto a trenta scienziati madrelingua e medici di squadre
sportive professionistiche nazionali e di prima divisione, di compilare un
questionario sul tema. I risultati di questo lavoro sono rappresentati nella
tabella 13.1.
Le raccomandazioni e le evidenze scientifiche in merito al management delle
lesioni muscolari sono riassunte in tabella 13.3. Le diverse tempistiche di
utilizzo delle stesse sono specificate nel testo.

Tabella 13.3A.
FC Maffulli Ncaa Maffulli Valle Bleakley Heiderscheit
Barcel., N. et al., , N. et al., X., C.M. et B.C. et al.,
Asp., 2015. 2014. 2013. 2011. al., 2010. 2010.
2015.

PRICE R R R R R (A) R (H)

POLICE R R
(Protection,
Optimal Load,
Ice,
Compression,
Elevation)

FANS (i) NR (H)

Stretching R R R R R R (H)
648 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Terapia R R R (H)
manuale
Esercizi R R R R R (H)
isometrici
Esercizi R R R R R R (H)
eccentrici
Esercizi R R R (H)
concentrici
Esercizi R R
isocinetici
Core R R R R R (H)
stability
Esercizi R R R R R (H)
coordinaz.
ed
equilibrio
Taping R R
neuro-
muscolare
Neural R R R (H)
mobilizati
on (neuro-
dyn.)
Laser R
terapia R
Ultrasuon R R R R (H)
o terapia
Elettrotera R R R (H)
pia
antalgica
Termo- R R
terapia
endogena
Idro- (i)
chinesitera
pia
Esercizi R R
multi-task
Esercizi
pliometrici
R R
, balistici e
isoinerzial
i
Mantenim R R R
ento
Cardiovas
colare
Infiltr. NR (i)
Platelet
Rich
Plasma
13. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni muscolari 649

Tabella 13.3B.
Pas et al., Williams et Hickey Fournier- Bleakley C. Mason
2015. al., 2012. J.T. et Farley C. et al., 2012. D.L. et
al., 2016 et al., al., 2012.
2016.
E
PRICE

FANS NE (H)

Stretching E (H) E (H) E (H) E (H)


Esercizi E (H) E (H)
isometrici
Esercizi E (H) E (H) E (H) E (H)
eccentrici

Core stability (i)


Esercizi
coordinaz. ed
(i) E (H) (i)
equilibrio
Taping neuro- E
muscolare
Infiltr. Platelet NE (H)
Rich Plasma

Tabella 13.3C.
Herbert Goldman Ramos Erickson Valle Hamilton Baoge
R.D. et al., E.F. et al., G.A. et L., X. et B. et al., L. et
2011. 2010. al., 2017. Sherry al., 2014. al.,
M.A., 2015. 2012.
2017.
E E E
PRICE
(H)
NE (i)
FANS
(H)
E E (H) E E E
Stretching
(H)
Terapia E (H) E E E
manuale (H)
Esercizi E E E
isometrici (H)
Esercizi E (H) E E E E
eccentrici (H)
Esercizi E E E E
concentrici (H)
650 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Esercizi E E E
isocinetici (H)
E (H) E E
Core stability
(H)
Esercizi E (H) E E E
coordinaz. ed
(H)
equilibrio
Neural E
mobilization
(neurodynami
cs)

Laser terapia E

Ultrasuono E
terapia
Esercizi
pliometrici,
E E
balistici e
isoinerziali (H)
Infiltr. Platelet NE (i)
Rich Plasma (H)

Tabella 13.3D.
Hotfiel T. et al., Bisciotti G.N. et Valle X. et al., Mueller-Wohlfahrt
2018. al., 2018. 2017. H.W. et al., 2012.

PRICE R R
FANS NR (i)
Stretching R
Terapia manuale R

Esercizi
isometrici R
Esercizi R
eccentrici
Esercizi R
concentrici
Esercizi R
isocinetici
Neural R
mobilization
(neurodynamics)

Laser terapia R

Ultrasuono R R
terapia
Onde d’urto R
focalizzate
13. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni muscolari 651

Termo-terapia R
endogena
Infiltr. Platelet (i) (i)
Rich Plasma
Infiltr. anestetico NR
locale
Infiltrazione di NR NR
corticosteroidi.
Terapia NR
iperbarica
Tab. 13.3A. B. C. D. Raccomandazioni ed evidenze scientifiche in merito al management delle
lesioni muscolari. R: Raccomandato; NR: Non Raccomandato; E: Efficace; NE: Non Efficace; (i):
incerto; (H): dato valido solo per lesione degli hamstring; (A-B-C-D-E): grado di
raccomandazione o di evidenza.

17.3. Discussione

Dall’analisi della letteratura si evince come non sia sempre facile trovare una
conformità sull’approccio al trattamento riabilitativo delle lesioni muscolari,
sicuramente in relazione al reperimento di documenti di differenti setting
metodologici e selezione delle evidenze incluse, nonché non sempre in
accordo tra loro riguardo le tematiche trattate. Le linee guida inserite nel
nostro lavoro [8-14], pur trattando in maniera esaustiva tutti gli aspetti
riguardanti la fisiopatologia, la diagnosi, il trattamento conservativo o
chirurgico, spesso non forniscono chiare e mirate raccomandazioni, né
tantomeno il grado delle stesse, tranne che dalla ACPSM [13], che tuttavia
rappresenta una linea guida mono-professionale e monotematica focalizzata
esclusivamente sull’utilizzo del protocollo PRICE. Inoltre, dalla ricerca
effettuata, si denota come siano state pubblicate diverse meta-analisi e
review sistematiche che però non sempre affrontano l’argomento in maniera
completa ed esaustiva, ma sono spesso focalizzate solo su alcuni aspetti del
trattamento delle lesioni muscolari.
Due dei lavori inclusi [17-18] sono stati prodotti seguendo la PRISMA check-
list, mentre le Cochrane review [19-21, 6] sono state redatte secondo la
metodologia della Cochrane Collaboration, che ne denota il valore
metodologico nonché la veridicità dei contenuti espressi. Numerosi autori
[14, 15, 17, 18, 20, 6, 24, 25] concentrano il loro elaborato sul trattamento
riabilitativo delle sole lesioni degli hamstring, data la loro elevata incidenza,
tralasciando totalmente gli altri gruppi muscolari. La quasi totalità dei
documenti illustra, in maniera più o meno dettagliata, le diverse modalità di
classificazione delle lesioni muscolari, proponendone in qualche caso anche
una diversa visione ed interpretazione. Muller-Wohlfahrt et al. [7], Hamilton
et al. [25] e Valle et al. [29], infatti, lo pongono come elemento centrale del
652 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

proprio elaborato, tralasciando, in maniera volontaria, le altre tematiche


inerenti l’argomento in questione, concentrandosi quindi sui vantaggi che
un comune e dettagliato linguaggio possa avere nel management del quadro
lesionale muscolare. Il tema dell’esercizio fisico, nella prevenzione e nella
cura delle lesioni muscolari, viene abbondantemente affrontato da quasi la
totalità degli autori, anche nella sua componente propriocettiva, con le sue
diverse modalità, finalità e tempistiche. Alcuni autori [15, 24, 26-28] hanno
inoltre affrontato differenti approcci quali la questione, sicuramente ancora
dibattuta, delle infiltrazioni di PRP, di cortisonici, o di anestetici locali,
dimostrando un certo grado di incertezza a riguardo. Williams et al. [16]
invece, ha incentrato il proprio lavoro sull’utilizzo del taping neuro-
muscolare nelle lesioni sportive. Tale metodica, trattata anche da altri autori
[9, 12], pur non trovando alcuna chiara raccomandazione, viene considerata
efficace nel diminuire il sintomo dolore nel contesto di lesioni di differenti
distretti muscolari. Una certa attenzione all’utilizzo delle energie fisiche
nell’approccio terapeutico alle lesioni muscolari, è stata dimostrata da alcuni
autori [9, 11, 12, 22, 28] in maniera però del tutto incompleta. Vengono
esplicati i meccanismi d’azione e gli effetti biologici degli stessi, ma non
vengono specificate le modalità di applicazione, il numero di sedute, in
quali fasi del processo di guarigione utilizzarle, né tantomeno la durata
complessive di trattamento. Questa defezione rispecchia sicuramente
l’estrema eterogeneità dei protocolli terapeutici utilizzanti mezzi fisici in
materia di lesioni muscolari presenti in letteratura. Una particolarità che
sicuramente colpisce nell’affrontare questo argomento, è che molto spesso
vengono utilizzati atleti professionisti come gruppi di pazienti di
riferimento, assolutamente non rappresentativi, per indici biometrici, massa
muscolare, capacità atletiche, stile di vita, compliance al trattamento ed in
ultimo la possibilità di essere seguito personalmente da uno staff medico,
rispetto della popolazione comune. Probabilmente potrebbe essere
necessaria la distinzione tra linee guida / buone pratiche per atleti
professionisti o meno, come del resto viene fatto dalla NCAA [10], che però,
dal canto suo, non fornisce esplicitamente precise raccomandazioni, né
tantomeno fornisce il grado delle stesse.

17.4. Raccomandazioni

17.4.1. Raccomandazioni di grado forte


Dal punto di vista diagnostico è raccomandato l’utilizzo dell’esame
ecografico come metodologia di primo livello, dopo 36-48 ore dall’evento
traumatico, per la diagnosi, stadiazione e valutazione, anche nel tempo,
13. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni muscolari 653

delle lesioni muscolari, in quanto metodica veloce, economica, dinamica e


priva di radiazioni. Viene inoltre specificato come in alcuni casi si renda
necessario l’utilizzo della RM, meno operatore-dipendente, al fine di poter
valutare i tessuti profondi con una sensibilità maggiore soprattutto per le
piccole lesioni. Mediante l’utilizzo di color e power doppler è altresì
possibile quantificare la quota di sangue all'interno del muscolo, andando
così a studiare l'iper-vascolarizzazione all'interno del tessuto cicatriziale
riparativo della lesione che ne denota quindi un certo grado di instabilità [5].
Nelle prime fasi di una lesione muscolare è raccomandato l’utilizzo del
protocollo PRICE. Il muscolo lesionato deve essere tenuto a riposo e
salvaguardato da carichi eccessivi che potrebbero compromettere o
rallentare il processo di guarigione. Il riposo è necessario al fine di ridurre la
richiesta metabolica del sito lesionale, al fine di prevenire l'estendersi
dell’ematoma e l’aumento del gonfiore. Il ghiaccio viene utilizzato per
ridurre la temperatura, la richiesta metabolica, il sanguinamento nonché al
fine di inibire la trasmissione nervosa dolorifica. La compressione viene
utilizzata al fine di limitare la diffusione dell'edema all'interno del sito di
lesione e quindi ridurre la formazione di tessuto cicatriziale non funzionale,
favorendo così l'omeostasi dei liquidi interstiziali. L'innalzamento dell'area
lesionata riduce la pressione locale e favorisce il drenaggio dell'essudato
infiammatorio attraverso il sistema linfatico, riducendo la quota di edema
[31]. In aggiunta a tale trattamento, numerosi autori, affiancano la terapia
manuale al fine di ridurre l’edema peri-lesionale.
In una fase successiva le raccomandazioni di grado forte riguardano
approcci finalizzati principalmente all’aumento dell’elasticità, del tono e
della forza della fibra muscolare come lo stretching prima e successivamente
gli esercizi isometrici, isotonici (eccentrici e concentrici) ed ultima fase
isocinetici. Una particolare attenzione viene più volte posta, fin dalle
primissime fasi, al potenziamento del controllo del tronco, inizialmente
mediante esercizi di core stability, poi con un training propriocettivo con
esercizi di coordinazione ed equilibrio. Nelle ultime fasi sono raccomandati
esercizi pliometrici, balistici ed isoinerziali
Le terapie fisiche strumentali che, grazie alle loro proprietà antalgiche e di
bio-stimolazione locale, vengono maggiormente utilizzate e che sono
raccomandate nelle prime fasi post-acuzie sono l’elettroterapia antalgica,
l’ultrasuono-terapia e la laser-terapia.
Il mantenimento cardio-vascolare, eventualmente anche in ambiente
acquatico, viene raccomandato al fine di rendere più brevi i tempi
riabilitativi e di reinserimento sportivo grazie al mantenimento dello status
654 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

cardio-polmonare necessario per soddisfare le crescenti richieste


metaboliche tipiche di un percorso di recupero post-lesionale.

17.4.2. Raccomandazioni di grado moderato-debole


Nelle prime fasi potrebbe essere utilizzato il protocollo POLICE (Protection,
Optimal Load, Ice, Compression, Elevation), in alternativa al PRICE, come
descritto da Maffulli et al. [9, 11] che raccomandando il gradualmente re-
inserimento di stress meccanici controllati e mirati a seconda del sito
lesionato che rappresenta quindi l’unica vera novità [32]. Applicare un
programma di esercizi multi task potrebbe essere raccomandato nelle fasi
tardive del protocollo riabilitativo delle lesioni muscolari.
Anche il taping neuro-muscolare potrebbe essere raccomandato nel
management del dolore del paziente con lesione muscolare, poiché descritto
come intervento efficace, ma da un ridotto numero di autori, e con basso
livello di evidenza. Allo stesso modo, potrebbe essere raccomandata la
terapia neurodinamica, descritta come neural mobilization.
Relativamente all’utilizzo di altre terapie fisiche strumentali, la termoterapia
endogena potrebbe essere raccomandata nelle prime fasi di recupero come
descritto da alcuni autori. Anche l’utilizzo delle onde d’urto focalizzate
(ESWT), potrebbe essere raccomandato per ridurre il dolore nel trattamento
delle DOMS ed eventualmente come terapia adiuvante nelle lesioni
strutturali al fine di ridurre l’edema ed il dolore, migliorando ed
accelerando il processo riparativo ed il rimodellamento tissutale [33].

17.4.3. Terapie non raccomandate


Non è raccomandato l’utilizzo di FANS per via sistemica in quanto
potrebbero aumentare il sanguinamento, le dimensioni dell’ematoma e
rallentare il processo riparativo. Non è raccomandato il trattamento delle
lesioni muscolari tramite infiltrazioni di anestetico locale e corticosteroidi,
nonché l’utilizzo della terapia iperbarica, non essendoci in letteratura alcun
razionale al loro utilizzo.

17.4.4. Raccomandazioni non formulabili


Relativamente all’idrochinesiterapia non si è in grado di esprimere una
raccomandazione in quanto tale metodica viene descritta come incerta nel
management delle lesioni muscolari. Inoltre non si è in grado di esprimere
raccomandazioni relativamente alla terapia infiltrativa con PRP, il cui
utilizzo è stato studiato per il trattamento adiuvante la rigenerazione
13. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni muscolari 655

muscolare in seguito a lesione, mediante il rilascio di fattori di crescita (FGF-


2, TGF-β1, PDGF e IGF-1) al fine di una rapida rigenerazione muscolare, una
migliore funzione contrattile e una riduzione dei tempi di recupero, viste le
discordanze presenti in letteratura.

17.4.5. Good Practice Point


Per il trattamento delle lesioni muscolari molte delle linee guida ed evidenze
sono relative al trattamento delle lesioni degli hamstring. Si consiglia
comunque di riferirsi alle raccomandazioni relative al trattamento di questo
gruppo muscolare in mancanza di raccomandazioni specifiche anche per gli
altri gruppi muscolari.
L’approccio all’atleta infortunato, specialmente se professionista, deve
essere condotto da un team multiprofessionale e multi-disciplinare,
coordinato da un medico specialista, che consideri diversi aspetti dell’atleta,
come quello posturale, nutrizionale e psicologico, anche con lo scopo di
evitare un possibile re-infortunio.

CONCLUSIONI

La diagnosi di lesione muscolare si basa sull’anamnesi, sull'esame clinico e


la diagnostica per immagini. In particolare l’ecografia muscoloscheletrica,
eventualmente integrata con esame RM, può risultare utile al fine di
classificare, stadiare, monitorare e fornire una prognosi lesionale più
accurata possibile, anche alla luce delle sempre più dettagliate classificazioni
che costantemente vengono aggiornate e della sempre più alta necessità,
soprattutto in ambito professionistico, di elaborare un programma
riabilitativo, di stabilire la prognosi e quindi la tempistica del possibile
reinserimento nella attività sportiva. Il trattamento conservativo rappresenta
sicuramente l’approccio terapeutico raccomandato nella maggior parte delle
lesioni muscolari, con risultati eccellenti sia in relazione ai tempi riabilitativi
che alle performance sportive post-infortunio. Andrebbero però affrontate in
maniera più completa tutte le strade percorribili non esulando dall’utilizzo
dei mezzi fisici o di terapie infiltrative, bagaglio imprescindibile del medico
Fisiatra, che spesso vengono trattate marginalmente, infatti sebbene tale
metodiche siano raccomandate in alcuni casi, non vengono tuttavia
esplicitati i parametri e le modalità di trattamento specifiche. Il trattamento
deve essere personalizzato e graduale al fine di ottenere un buon recupero e
ridurre le possibilità di re-infortunio anche in relazione a quelle che sono le
caratteristiche della lesione, ma soprattutto quelle che sono le caratteristiche
656 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

e le peculiarità di ciascun paziente. Sono tuttavia necessari ulteriori studi di


qualità elevata in merito al trattamento delle lesioni muscolari al fine di
fornire migliori evidenze scientifiche, base necessaria per elaborare le
raccomandazioni cliniche contenute nelle linee guida.

Bibliografia
13. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle lesioni muscolari 657

Bibliografia
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Society for Medical Shockwave Treatment, 2016.
Prof. Valter Santilli

Linee guida, buone pratiche


ed evidenze scientifiche
in Medicina Fisica e Riabilitativa

Capitolo 14

Buone pratiche e linee guida riabilitative nel trattamento


della sindrome dolorosa regionale complessa

Coautori

Chiara D’Ercole MD, Federica Alviti MD


14. Buone pratiche
14. Buone pratiche e linee guida
guidariabilitative
riabilitative nel
trattamento della
nel trattamento sindrome
della dolorosa
sindrome dolorosa
regionalecomplessa
regionale complessa

Coautori
Coautori
Chiara
ChiaraD’Ercole 1 MD,
D’Ercole 1
Federica
MD, Alviti
Federica 2 MD
Alviti 2
MD

1
Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
1 Scuola
2
di Specializzazione
Ricercatore in Medicina
MED34, Sapienza Fisica
Università dieRoma
Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
2 Ricercatore MED34, Sapienza Università di Roma

ABSTRACT

Background: La sindrome dolorosa regionale complessa (CRPS) è un dolore


invalidante che può insorgere dopo un trauma delle estremità, un ictus o, in
alcuni casi, senza causa apparente. Si distinguono una forma di tipo I,
secondaria all’attivazione del sistema nervoso simpatico e la forma di tipo II,
che insorge in seguito ad una lesione nervosa.
Materiali e metodi: Attraverso una ricerca sui principali motori di ricerca
(Pubmed, PEDro, Cochrane, Scholar, NICE), sono state selezionate le Linee
Guida redatte negli ultimi 10 anni e le Meta-Analisi o le Review Sistematiche
pubblicate negli ultimi cinque anni.
Risultati: Due linee guida, 2 meta-analisi, 1 RCT e uno studio retrospettivo
analizzano il trattamento dei pazienti con Sindrome dolorosa regionale
complessa.
Conclusioni: Nei pazienti con Sindrome dolorosa regionale complessa le
maggiori evidenze si osservano sul trattamento farmacologico con
bifosfonati meno chiaro è invece l’approccio riabilitativo.
664 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

INTRODUZIONE

La sindrome dolorosa regionale complessa (CRPS) è un dolore invalidante che


può insorgere dopo un trauma delle estremità, un ictus o, in alcuni casi, senza
causa apparente [1]. Si distinguono due sottotipi di CRPS: il tipo I,
precedentemente noto come distrofia simpatica reflessa [2], secondario ad una
risposta infiammatoria esagerata per l’eccessiva attivazione del sistema
nervoso simpatico [3]. Il tipo II, precedentemente noto come causalgia, insorge
in seguito ad una lesione nervosa[4]. Il tipo I colpisce tra il 5 e il 10% dei
pazienti dopo trauma dell’estremità [5] e presenta le caratteristiche del dolore
neuropatico; mentre il tipo II interessa il 20% dei pazienti con emiparesi [6].
La patogenesi è multifattoriale: infiammazione, sensitivizzazione periferica e
stimolazione simpatica afferente [7], si ipotizza anche un’origine centrale con
riorganizzazione corticale [8].
La diagnosi è clinica. I criteri proposti dell’International Association for the
Study of Pain (IASP) [9] del 1994 erano poco specifici e a rischio di sovra-
diagnosi.
Pertanto, Harden et al. nel 2010 hanno proposto dei nuovi criteri: i criteri di
Budapest, attualmente ampiamente accettati dalla letteratura scientifica.
Secondo quest’ultimi la diagnosi di CRPS può essere effettuata in presenza di
dolore continuo e sproporzionato rispetto alla noxa patogena, presenza di
almeno un sintomo in tre delle quattro seguenti categorie (sensitiva,
vasomotoria, sudomotoria / edema, motoria / trofica), almeno un segno al
momento della valutazione clinica in due o più delle seguenti categorie
(sensitiva, vasomotoria, sudomotoria / edema, motoria / trofica) ed, infine,
assenza di una possibile diagnosi alternativa [10].
Le donne sono colpite tre-quattro volte più degli uomini e anche se può
insorgere a qualunque età, l’incidenza aumenta con l'avanzare degli anni [11].
La CRPS provoca una grave disabilità e la gestione terapeutica rimane ad oggi
una sfida [12].

14.1. Materiali e metodi

La ricerca in letteratura è stata indirizzata alla selezione delle Linee Guida


redatte negli ultimi 10 anni e meta-analisi o review sistematiche pubblicate
negli ultimi cinque anni. Sono stati esclusi lavori di cui non era possibile
ottenere il testo completo. Per la ricerca è stata utilizzata una combinazione di
parole chiave: “guidelines”, “rehabilitation”, “complex regional pain
syndrome”.
14. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della s. dolorosa regionale complessa 665

Attraverso una ricerca sui principali motori di ricerca (Pubmed, PEDro,


Cochrane, Scholar, NICE), sono state selezionate linee guida nazionali ed
internazionali, meta-analisi e revisioni sistematiche della letteratura che
analizzavano il trattamento riabilitativo dei pazienti con Sindrome dolorosa
regionale complessa. Ad una prima analisi, sono stati selezionati gli articoli
redatti in lingua inglese o italiana. Successivamente sono stati considerati i
lavori basati su evidenze di letteratura scientifica, preferibilmente con
raccomandazioni formulate secondo un sistema di gradazione che valuti il
livello di evidenza scientifica e la classe di raccomandazione. Per le linee
guida è stata posta attenzione all’utilizzo dello strumento AGREE, al rispetto
dei criteri di multidisciplinarietà, multiprofessionalità, alla presenza di
associazione di pazienti tra gli autori. Per le meta-analisi e le review
sistematiche è stato valutato l’utilizzo della check-list PRISMA. Sono stati
esclusi invece i lavori citati e presi in considerazione nella stesura di
raccomandazioni nelle linee guida e le linee guida delle quali esiste una
versione più aggiornata (Flow chart, fig. 14.1.).
Per ciascuna problematica riabilitativa è stato effettuato un confronto critico
delle raccomandazioni presenti in letteratura.

14.2. Risultati
Stusi identificati mediante Ulteriori studi identificati
ricerca nelle banche dati: n° 30 mediante altre fonti: n° 24

Dopo eliminazione dei duplicati: n° 32

Studi sottoposti a screening: n° 22

Studi full-text valutati


per eleggibilità: n° 8

Studi inclusi: n° 2

CRPS:
n° 2 linee guida
n° 2 meta-analisi
n° 1 RCT
n°1 studio retrospettivo
Fig. 14.1. Flow chart.
666 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Tabella 14.1. Linee guida.


SOCIETÀ/
MD/MP/ AGREE/
LINEE GUIDA ORGANISMI, FONTE
PZ/CI GRADE
ANNO
Evidenced based
guidelines for complex
BMC Neurology, BioMed Sì / Sì / Sì /
regional pain No / No
2010. Central. Sì
syndrome type 1.

Complex regional pain


syndrome in adults
the Royal College of the Royal
UK guidelines for
Physicians, 2012 College of
diagnosis, referral and Sì / Sì / Sì No / No
(Ultima revisione Physicians
management in
Luglio 2018). .
primary and
secondary care.
Tab. 14.2. Linee guida sindrome dolorosa regionale complessa. MD: Multidisciplinare; MP:
Multiprofessionale. PZ: associazione pazienti.

14.2.1. Raccomandazioni espresse in base al trattamento della


Sindrome dolorosa regionale complessa
Dal 2010 al 2018 sono state pubblicate due linee guida sulla Sindrome
dolorosa regionale complessa, 2 meta-analisi, 1 RCT e 1 studio retrospettivo.
Le linee guida rispondono, come evidenziato in tabella 14.2., solamente ai
criteri di multidisciplinarietà e multiprofessionalità. La prima è stata
pubblicata da un gruppo di studio olandese nel 2010 e come chiarito anche
dal titolo “Evidenced based guidelines for complex regional pain syndrome
type 1” riguarda solamente la prima forma di CRPS, ovvero la distrofia
simpatica riflessa [13], causata da una risposta infiammatoria esagerata per
l’eccessiva attivazione del sistema nervoso simpatico. Tale linee guida è
stata prodotta con l’aiuto di rappresenti dei pazienti facenti parte della
“Dutch association of post traumatic dystrophy patients”. La seconda e più
recente linee guida è stata pubblicata nel 2012 con il titolo “Complex
regional pain syndrome in adults UK guidelines for diagnosis, referral and
management in primary and secondary care”, questa esprime delle
raccomandazioni sul trattamento farmacologico della CRPS basandosi sulle
evidenze espresse dalle linee guida NICE e IASP sul dolore neuropatico.
La sindrome dolorosa regionale complessa è menzionata come forma di
dolore neuropatico periferico, anche in altre linea guida presenti in
letteratura, quest’ultime affrontano in generale il problema della terapia del
dolore neuropatico periferico senza però distinguere il trattamento per
patologia. Pertanto, per un ‘analisi più dettagliata a riguardo si rimanda al
capitolo specifico.
14. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della s. dolorosa regionale complessa 667

14.2.1.2. Diagnosi strumentale


La diagnosi di CRPS è prevalentemente clinica. Tre metodiche diagnostiche
(Rx, scintigrafia trifasica e risonanza magnetica) sono utilizzate nella pratica
clinica per ottenere informazioni aggiuntive nel caso si sospetti una CRPS di
tipo I. La meta-analisi pubblicata da Cappello et al. nel 2012 ha confrontato
la sensibilità e specificità di queste tre metodiche diagnostiche. La meta-
analisi conclude che la scintigrafia trifasica è la metodica diagnostica con
maggiore sensibilità ma presenta valore predittivo negativo. La meta-analisi
di Ringer et al., secondo la quale la presenza una scintigrafia trifasica
positiva non correla sempre con la presenza di una CRPS I.

Tab. 14.3. Meta-analisi.


Autore, Metodo Risultati (p value)
N° di studi
anno d’intervento
La scintigrafia
Ringer*, sensibilità 0.87 (95% CI, 0.68–0.97)
12 RCT trifasica nei pazienti
2012. specificità 0.69 (95% CI,0.47–0.85)
con CRPS di tipo I.
La scintigrafia trifasica ha una
Cappello, 24 RCT Confronto tra RM,
maggiore sensibilità e valore predittivo
2012. scintigrafia trifasica
negativo.
e Rx.
Tab. 14.3. Confronto delle meta-analisi sulla diagnosi strumentale; * PRISMA statement.

14.2.1.3. Terapia farmacologica


Le uniche due linee guida presenti in letteratura sono in accordo nel
sostenere l’efficacia dei bifosfonati nel trattamento della CRPS, soprattutto
in fase acuta. Se le linee guida del 2010 non erano in grado di chiarire
dosaggio, frequenza e durata del trattamento, le linee guida inglesi
raccomandano l’utilizzo di alendronato (40 mg per os, per otto settimane,
7,5 mg ev, per 3 giorni) o di clodronato (300 mg, ev per 10 giorni) o di
pamidronato (60 mg, ev in unica somministrazione). Studi recenti, un trial
randomizzato controllato (RCT) [14] e uno studio retrospettivo [15], hanno
valutato l’efficacia del neridronato nel trattamento dei pazienti con CRPS di
tipo I. L’efficacia del neridronato è stata valutata sia rispetto al placebo che
rispetto al clodronato e pamidronato. Gli studi concludono che i bifosfonati
rappresentano un trattamento efficace nel management della CPRS tipo I, in
particolare il pamidronato, clodronato e da recenti studi il neridronato (100
mg ev al giorno ogni 3 giorni per un totale di 400 mg).
Il dolore è uno dei sintomi più invalidanti per il paziente. Le linee guida
pubblicate nel 2010 affermano che non vi sono evidenze sull’efficacia di
farmaci antidolorifici (paracetamolo, FANS) mentre si osservano evidenze
668 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

deboli per gli oppioidi, gli antidepressivi, alcuni antiepilettici


(carbamazepina, pregabalin e fentoina), capsaicina ed anestetici locali per
via epidurale, questi ultimi mostrano evidenza limitata anche nelle linee
guida inglesi.
La somministrazione endovenosa, invece, di anestetici come la ketamina a
basso dosaggio, è efficace nel ridurre il dolore come sostenuto da entrambe
le linee guida.
Tra gli antiepilettici, le linee guida olandesi fanno un discorso a parte per il
gabapentin che al dosaggio da 600 a 1800 mg al giorno, nelle prime otto
settimane, sarebbe in grado di ridurre il dolore ma non l’iperestesia e
l’allodinia. Le linee guida inglesi affermano, invece, che la somministrazione
di gabapentin al dosaggio di 1800 mg al giorno presenta evidenze limitate.
La letteratura mostra pareri discordanti anche sull’utilizzo della crema di
dimetisuffossido (DMSO) al 50%: se le linee guida olandesi sostengono la
sua efficace soprattutto nelle forme ad esordio “caldo” di CRPS di tipo I, le
più recenti linee guida inglesi sostengono che non vi sia evidenza in
letteratura. Meno frequentemente possono osservarsi forme a esordio
“freddo”, caratterizzate sostanzialmente solo dal dolore, tale forma ha
prognosi peggiore in termini di durata di malattia e di disabilità permanente
[16]. Le forme fredde, secondo le linee guida olandesi, rispondono meglio
alla terapia con N-acetilcisteina (600 mg per 3 volte die) la quale non è
invece menzionata nelle linee guida inglesi.
Tra i sintomi di CRPS si osservano anche i disordini del movimento come la
distonia e gli spasmi muscolari. Entrambe le linee guida affermano la
mancanza di evidenze sull’efficacia della tossina botulinica nel trattamento
della distonia; inoltre le linee guida olandesi aggiungono che non vi sono
evidenze per l’uso del baclofen intratecale per la distonia e dei miorilassanti
per il trattamento degli spasmi muscolari.
In merito all’utilizzo dei corticosteroidi e della calcitonina le attuali
evidenze, oltre a non fornire chiare indicazioni sul dosaggio, metodo di
somministrazione e durata della terapia, mostrano inoltre pareri discordanti.
14. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della s. dolorosa regionale complessa 669

Tabella 14.4. Confronto delle evidenze sul trattamento farmacologico.


Trattamento BMC Royal College of Physicians
Neurology
Bifosfonati Livello 1 Evidenza forte
Paracetamolo Livello 4 Nessuna evidenza
NSAIDs Livello 3 Nessuna evidenza
Oppioidi per os Livello 2 -
Antidepressivi Livello 4 -
Anestetici locali via epidurale Livello 2 Evidenza limitata
Dosaggio sub-anestetico di ketamina ev Livello 2 Evidenza moderata
Antiepilettici (carbamazepina, Livello 4 -
pregabalin e phenytoin)
Capsaicina Livello 4 -
Gabapentin (600- 1800 mg ogni 24 h per Livello 2 Evidenza limitata (NE)
8 sett)
DMSO (dimethylsulphoxide) Livello 2 Evidenza moderata (NE)
cream (50%)
N-acetylcysteine (600 mg 3cp/die) Livello 2 -
Miorilassanti orali Livello 2 -
Tossina botulinica Livello 2 Nessuna evidenza
Calcitonina Livello 1 Evidenze discordanti
Corticosteroidi Livello 2 Nessuna evidenza
Tab. 14.4. Confronto delle evidenze sul trattamento farmacologico. NE: non efficace.

14.2.1.3. Trattamento invasivo


Tra le forme invasive di trattamento, le evidenze sull’efficacia dell’azione
antidolorifica della ketanserina (10-20 mg ev) sono ad oggi contrastanti.
Infatti, le linee guida del 2010 olandesi ne sostenevano l’efficacia, mentre la
revisione delle linee guida inglesi del 2018 riporta la presenza di pareri
contrastanti che non consentono la formulazione di chiare indicazioni
terapeutiche. Entrambe le linee guida confermano la non efficacia della
somministrazione di farmaci simpaticolitici per via endovenosa (come la
guanetidina) e per via percutanea.
Le linee guida olandesi del 2010 pongono indicazione alla stimolazione
midollare spinale per i pazienti con CRPS I cronico e refrattario al
trattamento conservativo, in quanto efficace nel ridurre il dolore, migliorare
la qualità della vita ma poco efficace sul miglioramento della funzionalità.
La revisione della letteratura effettuata più recentemente dalle linee guida
inglesi del 2018 sottolinea la necessità di ulteriori studi di elevata qualità.
La chirurgia rappresentando uno stimolo doloroso potrebbe peggiorare la
sintomatologia della CRPS; pertanto andrebbe evitata se non strettamente
necessaria. Quando inevitabile, le linee guida olandesi sostengono l’efficacia
sul dolore della simpatectomia se effettuata entro tre mesi dal trauma
iniziale ma l’effetto antidolorifico non si mantiene a lungo termine. In
670 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

presenza di gravi complicanze, come la sepsi o un severo deficit della


funzionalità, l’amputazione è raccomandata dalle linee guida olandesi.

Tabella 14.5. Confronto delle evidenze sul trattamento invasivo.


Trattamento BMC Neurology the Royal College of
Physicians
10-20 mg of ketanserina ev Livello 1 Evidenze discordanti
Simpaticolitici ev Livello 1 (NE) Evidenza forte (NE)
(guanetidina, (guanetidina)
lidocaina,clonidina,
droperidolo e reserpina)
Simpaticolitici percutanei Livello 2 -
Int. Ch di interruzione via Livello 2 -
simpatica
Amputazione Livello 2 -
Stimolazione spinale Livello 2 Evidenza limitata
Tab. 14.5. Confronto delle evidenze sul trattamento invasivo. NE: non efficace.

14.2.1.4. Trattamento riabilitativo


Tra le diverse forme di approccio riabilitativo le linee guida della Royal
College of Physicians mostrano evidenze forti e moderate rispettivamente
per la Graded Motor Imagery e la Mirror Therapy. La Graded Motor Imagery è
definita come un programma completo il cui obiettivo è di attivare
sequenzialmente le reti dei motoneuroni corticali per migliorare
l'organizzazione neurale [17] e ridurre la sensazione di dolore [18]. Si
compone di 3 stadi: allenamento a distinguere le parti destre e sinistre del
corpo, il motor imagery cioè l’immaginare il movimento del corpo da fermi e
la Mirror Therapy che consiste nel far muovere simmetricamente e in
maniera ripetitiva gli arti superiori o inferiori, osservando l’arto sano ad uno
specchio posizionato lungo l’asse sagittale del corpo. Il paziente avrebbe,
così, la sensazione di vedere una motilità normale dell’arto malato.
Entrambe le linee guida mostrano evidenze limitate in merito all’efficacia
della terapia occupazionale, la fisioterapia, la stimolazione magnetica
transcranica, il Qigong, la terapia cognitivo comportamentale.
Le evidenze in letteratura mostrano, invece, la non efficacia della
magnetoterapia, dell’agopuntura e la terapia cognitivo comportamentale.
14. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della s. dolorosa regionale complessa 671

Tabella 14.6. Confronto delle evidenze sul trattamento riabilitativo.


Trattamento BMC Neurology Royal College of Physicians
Terapia Occupazionale Livello 3 Evidenza limitata
- Fisioterapia
- TENS
- Approccio riabilitativo
multidisciplinare Livello 4 Evidenza limitata
- Stimolazione magnetica
transcranica
- Qigong
Terapia cognitivo - Nessuna evidenza
compartamentale
Mirror Therapy - Evidenza moderata
Graded Motor Imagery Evidenza forte
- Linfodrenaggio - Evidenza moderata (NE)
- Magnetoterapia
Agopuntura - Evidenza limitata (NE)
Tab. 14.6. Confronto delle evidenze sul trattamento riabilitativo. NE: non efficace.

14.3. Discussione e raccomandazioni riabilitative

14.3.1. Raccomandazioni di grado forte a favore


Entrambe le linee guida prese in esame raccomandano la terapia
farmacologica con bifosfonati. Le più recenti linee guida consigliano
l’utilizzo di alendronato (40 mg per os, per otto settimane, 7,5mg ev, per 3
giorni) o di clodronato (300 mg, ev per 10 giorni) o di pamidronato (60 mg,
ev in unica somministrazione).
È raccomandato il Graded Motor Imagery secondo la Royal College of
Physicians.

14.3.2. Raccomandazioni di grado debole a favore


Potrebbe essere raccomandata la terapia farmacologica con neridronato (100
mg ev al giorno ogni 3 giorni, per un totale di 400 mg), come sostenuto da
studi recenti.
Potrebbe essere raccomandata una terapia farmacologica con anestetici
locali per via epidurale o un dosaggio sub-anestetico di ketamina ev. Tali
farmaci sono consigliati da entrambe le linee guida.
Potrebbe essere raccomandata una terapia farmacologica con oppioidi per
os, antidepressivi, antiepilettici, capsaicina, N-acetilcisteina o miorilassanti
proposti solo dalla linea guida BMC Neurology con livello di evidenza tra 2
e 4.
Potrebbe essere raccomandato un trattamento invasivo con simpaticolitici
percutanei, l’intervento chirurgico di interruzione della via simpatica o
672 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

l’amputazione. Questi trattamenti invasivi sono raccomandati solo dalla


linea guida BMC Neurology con livello di evidenza 2. Entrambe le linee
guida sostengono che potrebbe essere raccomandato un approccio invasivo
di stimolazione spinale nei pazienti con CRPS I cronica e refrattaria ad altri
trattamenti.
Potrebbe essere raccomandato un trattamento riabilitativo con la Mirror
Therapy, come indicato dalla linea guida Royal College of Physicians con
evidenza moderata.
Potrebbe essere raccomandata la terapia occupazionale, la fisioterapia, la
TENS, l’approccio riabilitativo multidisciplinare, la stimolazione magnetica
transcranica o il Qigong. Tali approcci riabilitativi presentano evidenza
limitata sia nelle linee guida della BMC Neurology sia dalla linea guida
della Royal College of Physicians.

14.3.3. Terapie non raccomandate


Non è raccomandata, in quanto non efficace, la terapia con simpaticolitici ev
(guanetidina, lidocaina, clonidina, droperidolo e reserpina).

14.3.4. Raccomandazioni non formulabili


In letteratura si osservano evidenze contrastanti sull’efficacia del
paracetamolo, FANS, dell’agopuntura, tossina botulinica per il trattamento
della distonia nei pazienti con CRPS, corticosteroidi, gabapentin, DMSO,
ketanserina ev, il linfodrenaggio, la magnetoterapia.
La linea guida della Royal College of Physicians sostiene che non ci sono
evidenze in letteratura per raccomandare la terapia cognitivo
comportamentale.
14. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della s. dolorosa regionale complessa 673

Bibliografia

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chronic pain: A systematic review and 504 meta-analysis, J Pain, 2013; 14(1): 3-13.
Prof. Valter Santilli

Linee guida, buone pratiche


ed evidenze scientifiche
in Medicina Fisica e Riabilitativa

Capitolo 15

Buone pratiche e linee guida riabilitative


nel trattamento del diabete

Coautori

Stefano Floridia MD, Arianna V. Bai MD


Marco Paoloni MD, PhD, Tiziana Filardi MD
15. Buone pratiche e linee guida riabilitative
nel trattamento
15. Buone pratichedel diabete
e linee guida riabilitative nel
trattamento del diabete
Coautori
Stefano Floridia 1 MD, Arianna V. Bai 1 MD, Marco Paoloni 2 MD, PhD
Coautori
Tiziana Filardi 3 MD
Stefano Floridia1 MD, Arianna V. Bai1 MD,
Marco Paoloni2 MD, PhD, Tiziana Filardi3 MD
1
Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
2
Ricercatore MED34, Sapienza Università di Roma
1 Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
3
Dottoranda in Scienze endocrinologiche, Sapienza Università di Roma
2 Ricercatore MED34, Sapienza Università di Roma

3 Dottoranda in Scienze endocrinologiche, Sapienza Università di Roma

ABSTRACT

Background: Il diabete e le sue complicanze rappresentano una problematica


in aumento nella popolazione mondiale e una sfida per il medico riabilitatore.
Obiettivi: Obiettivo di questo lavoro è individuare le strategie terapeutiche e
riabilitative da attuare in rapporto al paziente diabetico, mediante un confronto
delle linee guida più recenti, al fine di guidare l’operatore sanitario nella sua
corretta gestione.
Materiali e metodi: Sono state analizzate le pubblicazioni scientifiche dal 2010
ad oggi, valutando i criteri di multiprofessionalità e multidisciplinarietà, il
livello di evidenza secondo il sistema GRADE o similari, infine è stato
considerato l’eventuale coinvolgimento delle associazioni dei pazienti.
Risultati: Da quanto emerge, i principali trattamenti riabilitativi consistono nel
ricorso all’attività fisica aerobica, contro resistenza, e di training statico e
dinamico all’equilibrio, nel ricorso ad eventuale terapia elettro-stimolatoria
antalgica, nell’uso del massaggio connettivale per il ripristino della
vascolarizzazione del piede, nell’uso di dispositivi di scarico per la prevenzione
e il trattamento dell’ulcera nelle sue varie stadiazioni.
Conclusioni: Dall’analisi della letteratura emergono diverse mancanze inerenti
al timing, alle strategie, all’organizzazione del setting riabilitativo del paziente
diabetico, pertanto occorrerebbe impegnarsi in ulteriori studi atti a formulare
raccomandazioni più significative.
678 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

INTRODUZIONE

Il diabete mellito è una malattia cronica complessa caratterizzata


dall’aumento della concentrazione di glucosio nel sangue. Responsabile di
questa condizione è un difetto nella produzione o nell’azione dell’insulina,
ormone secreto a livello delle beta cellule pancreatiche, indispensabile per il
metabolismo degli zuccheri [1]. Secondo l’ultimo report della World Health
Organization del 2016, sono circa 422 milioni nel mondo le persone adulte
affette da diabete, contro 108 milioni del 1980 [2]. Si stima che, entro il 2035,
la prevalenza globale del diabete salirà a quasi 600 milioni [3]. La prevalenza
globale di tale patologia è quasi raddoppiata dal 1980, passando dal 4,7%
all’8,5% nella popolazione adulta, specie nei paesi a basso-medio reddito [2].
Nel 2015, secondo i dati dell’IDF, il diabete ha causato circa 5 milioni di morti
[3].
Esistono diverse forme di diabete, tra queste ricordiamo:

- Il diabete di tipo 1, il quale riguarda il 5-10% dei casi ed esordisce


generalmente in età infantile o adolescenziale. È causato dalla distruzione beta
cellulare, su base autoimmune o idiopatica, a cui consegue una carenza
insulinica assoluta. La variante LADA, Latent Autoimmune Diabetes in
Adults, ha decorso lento e compare nell’adulto. Le manifestazioni iniziali sono,
in genere, poliuria, polidipsia, polifagia, dimagrimento [4]. L’esordio più
comune fino a qualche anno fa era rappresentato dalla chetoacidosi diabetica;

- Il diabete di tipo 2 è la forma più comune e rappresenta il 90% dei casi.


Generalmente si sviluppa a partire dai 40 anni, si associa a sovrappeso o obesità
nell’80% dei casi ed è caratterizzato da predisposizione genetica. Questo tipo
di diabete è causato da un deficit parziale della secrezione insulinica, che si
instaura su una condizione di insulino-resistenza. I segni e i sintomi più
frequenti comprendono astenia, nicturia, poliuria, dimagrimento, riduzione
del visus, lenta guarigione delle ferite, infezioni genito-urinarie [5]. Tuttavia,
nella gran parte dei casi, i pazienti sono asintomatici ed il riscontro di
iperglicemia è casuale, in corso di esami effettuati per altre condizioni morbose;

- Il diabete gestazionale, il quale esordisce nel secondo o terzo trimestre di


gravidanza ed è causato da difetti analoghi a quelli del diabete tipo 2. Questa
condizione si verifica nel 4% delle gravidanze. Generalmente tende a
scomparire al termine della gravidanza, tuttavia, può ripresentarsi, spesso a
distanza di tempo, con le caratteristiche del diabete di tipo 2 [6];

- Altri tipi di diabete: difetti genetici della beta cellula (Maturity Onset Diabetes
of the Young-MODY); difetti genetici dell’azione insulinica; malattie del
pancreas esocrino (pancreatiti, neoplasie, pancreasectomia, fibrosi cistica);
15. Bp e Lg riabilitative nel trattamento del diabete 679

endocrinopatie (acromegalia, sindrome di Cushing, feocromocitoma); diabete


indotto da farmaci o sostanze tossiche (glucocorticoidi, immunosoppressori,
farmaci per il trattamento dell’HIV / AIDS); sindromi genetiche rare associate
a diabete (es. Down, Klinefelter, Turner);

- L’alterata glicemia a digiuno (Impaired Fasting Glucose-IFG, glicemia a digiuno


100-125 mg/dl) e la ridotta tolleranza glucidica (Impaired Glucose Tolerance-IGT,
glicemia 2 ore dopo carico orale di glucosio 140-199 mg/dl) sono condizioni
associate ad elevato rischio di sviluppare diabete tipo 2 e malattia
cardiovascolare [7].

La diagnosi di diabete è definita:

- In presenza di sintomi tipici della malattia (poliuria, polidipsia, calo


ponderale), la diagnosi di diabete è posta al riscontro, anche in una sola
occasione, di glicemia casuale > 200 mg/dl (indipendentemente dall’assunzione
di cibo);

- In assenza di sintomi tipici della malattia, la diagnosi di diabete deve essere


posta al riscontro, confermato in almeno due occasioni, di: glicemia a digiuno
> 126 mg/dl (almeno 8 ore di digiuno), oppure glicemia > 200 mg/dl 2 ore dopo
carico orale di glucosio (eseguito con 75 g), oppure emoglobina glicata > 48
mmol/mol (6,5%) [8].

Il diabete può essere responsabile di numerose complicanze e può aumentare


il rischio complessivo di morte prematura. Tra le complicanze croniche del
diabete si annoverano malattie cardio-vascolari, ictus, insufficienza renale,
retinopatia, neuropatia, piede diabetico [9].
Oltre al trattamento farmacologico per il controllo glicemico, la riabilitazione
gioca un ruolo importante nella gestione del paziente con diabete e delle sue
complicanze. Obiettivo di questo capitolo è sottolineare l’importanza
dell’esercizio fisico come strumento di prevenzione e di trattamento del diabete
e focalizzare l’attenzione del lettore sull’armamentario di interventi utili nella
gestione delle complicanze di maggior pertinenza riabilitativa: la neuropatia
periferica, l’arteriopatia periferica e il piede diabetico.

15.1. Materiali e metodi

Obiettivo di questo lavoro è, sulla base delle linee guida e delle evidenze
presenti in letteratura, il ruolo del trattamento riabilitativo nel diabete, in
particolare nella neuropatia periferica, nell’arteriopatia periferica diabetica e
del piede diabetico. È stata condotta una ricerca sui principali motori di ricerca
680 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Medline, PEDro, Cochrane Database, Scholar, PBLG, NICE e riviste scientifiche


online, utilizzando i parametri di ricerca “diabetes guidelines, diabetes foot care
guidelines, diabetic neuropathy guidelines, peripheral artery disease and
diabetes, diabetes rehabilitation, diabetes rehabilitation management, diabetic
foot ulcer guidelines”.
Nella stesura di questo documento sono state prese in considerazione le
raccomandazioni e / o le indicazioni provenienti da:

• Linee guida pubblicate dal 2010 a giugno 2018

Sono state escluse dalla nostra ricerca le linee guida antecedenti e che non
contenessero raccomandazioni o riferimenti relativi all’ambito riabilitativo.
Nelle linee guida, per ogni trattamento preso in esame, è specificato anche il
livello di raccomandazione (basato o meno su un sistema tipo GRADE, che
prevede la gradazione delle evidenze sulla base della letteratura a supporto
delle stesse).
Per la stesura di questo capitolo è stata presa in considerazione la PRISMA
check-list per systematic reviews and meta-analyses, escludendo gli items
relativi i calcoli statistici.

Records identificati tramite Altri records identificati


motore di ricerca (n = 70) attraverso altre fonti (n = 20)

Records dopo rimozione doppioni (n = 81)

Records screenati (n = 53) Records esclusi (n = 28)

Articoli full-text valutati Articoli full-text esclusi, con


per l’ammissibilità (n = 32) motivi (n = 21)

Studi inclusi nella sintesi qualitativa (n = 25)

Studi inclusi nella sintesi quantitativa (n = 19)

Fig. 15.1. PRISMA 2009 Flow Diagram.


15. Bp e Lg riabilitative nel trattamento del diabete 681

15.2. Risultati

15.2.1. Caratteristiche generali delle linee guida


- ADA 2018 [8]: una consensus di esperti ha vagliato i vari topics dalla quale
sono state estrapolate le raccomandazioni riportate nelle linee guida.
L’opinione degli esperti non rappresenta tuttavia la presa di posizione
della ADA. Per dimostrare il livello di evidenza è stato utilizzato un
sistema GRADE modificato (A ciascuna raccomandazione è stato
assegnato un livello di evidenza da A ad E). La Professional Practice
Committee, composta da numerosi professionisti di ogni ambito, è
responsabile degli “Standards of Medical Care in Diabetes”. Ogni conflitto
di interesse è stato escluso;
- IDF 2017 [3]: queste linee guida rispondono ai criteri di multidisciplinarietà
e multiprofessionalità ma non ricorrono al sistema di raccomandazione
GRADE;
- JOSLIN 2017 [10]: le linee guida hanno individualizzato i goals di
trattamento nei pazienti diabetici adulti, escludendo le donne in
gravidanza. Lo scopo di queste linee guida è quello di supportare la
pratica clinica dei professionisti e informare i pazienti in merito alle
raccomandazioni sul diabete. Lo sviluppo delle linee guida è stato
approvato dalla Clinical Oversight Committee. Queste linee guida non
rispettano il sistema GRADE;
- AMD/SID 2018 [11]: i Consigli Direttivi SID e AMD, recependo la necessità
di un continuo e rapido aggiornamento degli Standard italiani, hanno
nominato un comitato di revisione. Il compito dei componenti di questo
coordinamento è stato quello di aggiornare rapidamente le linee-guida,
anche avvalendosi della consulenza e dell’esperienza di colleghi e dei
gruppi di studio delle due società. In queste linee guida è stato adottato il
sistema GRADE;
- DA 2016 [12]: linee guida multidisciplinari e multiprofessionali, rispettano
il sistema GRADE, vedono coinvolte le associazioni dei pazienti;
- SVS/AMPA/SVM 2016 [13]: è stato adottato il sistema GRADE. Sono state
analizzate 5 systematic reviews. Le aree analizzate hanno compreso:
prevenzione delle ulcere, dispositivi di scarico, diagnosi di osteomielite,
trattamento delle ulcere e PAD;
- WHS 2016 [14]: la forza dell’evidenza a supporto di ciascuna
raccomandazione è indicata come livello I, II o III. I lavori analizzati dagli
autori hanno compreso: meta-analisi, systematic reviews, RCTs,
retrospective series reviews, clinical case series a partire dal 2006. Ogni
682 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

raccomandazione è stata sottoposta al vaglio degli esperti mediante


consensus utilizzando il metodo Delphi;
- IWGDF 2015 [15]: ogni gruppo di lavoro ha effettuato una revisione
sistematica della letteratura disponibile su ciascun argomento. I revisori
hanno incluso solo studi controllati che arruolassero persone con diabete.
Sono state usate regole severe per evitare qualsiasi conflitto di interesse. Il
rischio di bias è stato valutato utilizzando l’algoritmo della SIGN e schede
di punteggio Dutch Cochrane Centre. In seguito alla revisione sistematica,
gli esperti hanno formulato raccomandazioni basate sul sistema GRADE.
La forza di ogni raccomandazione è stata valutata come “forte” o “debole”
in base alla qualità delle evidenze (alta, moderata, bassa);
- NICE 2015 [16]: linee guida multidisciplinari e multiprofessionali, rispettano
il sistema GRADE, vedono coinvolte le associazioni dei pazienti;
- AACE/ACE 2015 [17]: tutti gli autori sono membri della AACE ed esperti in
materia di diabete. Le linee guida sono state approvate dalla AACE
Publications Committee. Le raccomandazioni sono basate, secondo il
sistema GRADE, sulla qualità delle evidenze supportate (Grado A, B e C) o
sull’opinione di esperti quando mancano evidenze cliniche certe (Grado D);
- ICSI 2014 [18]: linee guida multidisciplinari e multiprofessionali, rispettano
il sistema GRADE, vedono coinvolte le associazioni dei pazienti;
- CDA 2013 [19]: 120 volontari esercenti le professioni sanitarie hanno
partecipato allo sviluppo delle linee guida. La qualità delle linee guida è
stata analizzata mediante lo strumento AGREE II. A ciascuna
raccomandazione è stato assegnato un livello di evidenza. Dopo aver
formulato nuove raccomandazioni o modificato quelle esistenti ad ogni
raccomandazione è stato assegnato un grado da A a D secondo il sistema
GRADE. Ogni conflitto di interesse è stato escluso;
- WI 2013 [20]: linee guida multidisciplinari e multiprofessionali, non
rispettano il sistema GRADE;
- RNAO 2013 [21]: rispettano i criteri di multidisciplinarietà e
multiprofessionalità, non utilizzano il sistema GRADE;
- OSTEBA 2012 [22]: la qualità delle linee guida è stata analizzata mediante lo
strumento AGREE. Gli autori sono esperti di diabete. Lo sviluppo delle linee
guida ha visto la partecipazione dei pazienti e delle loro famiglie. Per la
classificazione dei livelli di evidenza e i gradi di raccomandazione è stata
adottata la scala SIGN e la classificazione Oxford per i quesiti diagnostici;
- IDSA 2012 [23]: linee guida multidisciplinari, multiprofessionali e rispettanti
il sistema GRADE;
- COMM. OF AUSTRALIA 2011 [24]: i diversi componenti le società
scientifiche hanno condotto una revisione sistematica della letteratura sui
15. Bp e Lg riabilitative nel trattamento del diabete 683

principali motori di ricerca. Ogni raccomandazione è stata formulata


mediante un metodo basato sull’evidenza. Il sistema adottato per la
valutazione del grado di evidenza è il NHMRC grade. Laddove la qualità
delle evidenze non è stata definita si è ricorsi all’opinione degli esperti;
- AAN 2011 [25]: è stata condotta una revisione sistematica della letteratura
dal 1960 all’agosto 2008 e gli studi sono stati classificati secondo la
classificazione delle evidenze dell’AAN. A ciascuna raccomandazione è
stato correlato un livello di evidenza. La domanda base per ciascuna items
è stata la seguente: “Qual è l’efficacia del trattamento per ridurre il dolore
e migliorare la qualità di vita nei pazienti con neuropatia diabetica
periferica?”;
- SIGN 2010 [26]: linee guida multidisciplinari, multiprofessionali e rispettanti
il sistema GRADE.

15.2.2. Confronto delle Raccomandazioni

15.2.2.1. Diabete ed attività fisica

15.2.2.1.1. Attività fisica ed esercizio


L'adozione e il mantenimento dell'attività fisica sono foci fondamentali per la
gestione della glicemia e della salute generale in individui con diabete e
prediabete [27]. Raccomandazioni e precauzioni variano a seconda delle
caratteristiche individuali e dello stato di salute [28]. Il termine attività fisica
è generico ed include tutti quei movimenti che aumentino il consumo di
energia; l’esercizio è invece una forma di attività fisica più specifica,
strutturata e progettata per migliorare la forma fisica. È stato dimostrato che
l'esercizio può migliorare il controllo glicemico, ridurre i fattori di rischio
cardiovascolari e il tasso di mortalità in generale, può inoltre contribuire alla
perdita di peso e a migliorare il benessere dell’individuo. L'attività fisica è
importante per i pazienti con il DM di tipo 1 quanto lo è per la popolazione
in generale, mentre trova un ruolo chiaro e specifico nella gestione della
glicemia e nella prevenzione delle complicanze per i pazienti affetti da DM di
tipo 2 [8].

15.2.2.1.2. Raccomandazioni pre-esercizio


È consigliabile raccogliere una storia clinica accurata che consideri l’età del
paziente e il precedente livello di attività fisica, valutare i fattori di rischio
cardiovascolare, individuare preventivamente eventuali condizioni le quali
possano controindicare alcuni tipi di esercizio o predisporre a lesioni. In
questi ultimi casi si dovrebbe procedere con valutazioni aggiuntive [19, 29] e
684 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

si dovrebbe consigliare ai pazienti di esercitarsi con cautela, personalizzando


il programma di esercizio in base alle esigenze di ogni individuo [8].
Certamente, i pazienti ad alto rischio dovrebbero essere incoraggiati ad
iniziare con brevi periodi di esercizio a bassa intensità, per poi aumentare
lentamente l'intensità e la durata, in base alla propria tolleranza [8]. È stato
dimostrato che, grazie a programmi di esercizio strutturati della durata di
almeno 8 settimane, è possibile ridurre l’emoglobina glicata in media dello
0,66% in persone con DM di tipo 2, anche senza un significativo cambiamento
nel BMI [30]; tali riduzioni sono risultate maggiori per maggiori intensità di
esercizio fisico [8] e grazie alla combinazione di esercizio aerobico e contro
resistenza negli adulti con DM di tipo 2 [11, 31, 32]. Per i pazienti con DM di
tipo 1 esistono anche dati considerevoli in merito ai benefici per la salute
ottenuti con il regolare esercizio (ad es. aumento del fitness cardiovascolare,
maggiore forza muscolare, migliorata sensibilità all'insulina, ecc.) [29].

15.2.2.1.3. Attività aerobica


Le linee guida prese in considerazione concordano nel raccomandare alla
maggior parte degli adulti con diagnosi di DM di tipo 1 e tipo 2 [8, 11, 18, 19,
22, 28] di praticare 150 minuti o più di attività aerobica settimanale, di
intensità variabile da moderata a vigorosa, distribuita in almeno 3 giorni a
settimana, intervallati da non più di 2 giorni consecutivi senza attività.
Allenamenti di durata minore (minimo 75 minuti a settimana) ma di intensità
maggiore o sedute di aerobic interval training (esercizio fisico discontinuo,
caratterizzato da una successione di esercizi che alternano bassa ed alta
intensità) possono essere sufficienti per i più giovani e per i soggetti
fisicamente in forma [8, 11, 28]. Le sessioni di attività aerobica dovrebbero
durare idealmente almeno 10 minuti, con l'obiettivo di praticare circa 30
minuti al giorno o più, quasi tutti i giorni della settimana nel caso di adulti
con DM di tipo 2. L'esercizio quotidiano, o almeno, se possibile, con non più
di due giorni di distanza tra le sessioni d'esercizio, è raccomandato per
diminuire l'insulino-resistenza indipendentemente dal tipo di diabete [33, 34],
e per ridurre il grasso addominale, soprattutto nei bambini e nei giovani
adulti [35, 36]. L'allenamento aerobico aumenta la densità mitocondriale, la
sensibilità all'insulina, gli enzimi ossidativi, la conformità e la reattività dei
vasi sanguigni, la funzione polmonare, la funzione immunitaria e l’output
cardiaco [34]. È per questo che l’attività aerobica, da moderata ad intensa, è
associata a valori di rischio cardiovascolare e di mortalità generale
sostanzialmente inferiori, sia nel DM di tipo 1 che di tipo 2 [37]. Nel DM di
tipo 1, l'allenamento aerobico aumenta l'idoneità cardiorespiratoria,
diminuisce l’insulino-resistenza e migliora i livelli lipidici e la funzione
15. Bp e Lg riabilitative nel trattamento del diabete 685

endoteliale [38]. Negli individui con DM di tipo 2, l'allenamento regolare


riduce l’A1C, i trigliceridi, la pressione arteriosa e la resistenza all'insulina
[39]. Per ottenere i massimi benefici per la salute dai programmi di attività
fisica, è raccomandata la partecipazione a programmi di allenamento con la
periodica supervisione di professionisti [8, 19, 28].

15.2.2.1.4. Esercizio contro resistenza


C’è omogeneità di parere anche in merito alla raccomandazione per cui gli
adulti affetti da diabete, compresi gli anziani, dovrebbero praticare 2-3
sessioni a settimana di allenamento contro resistenza in giorni non
consecutivi, sia nel DM di tipo 1 [8, 28] e di tipo 2 [8, 10, 11, 19, 28].
L'allenamento contro resistenza (o di forza) include esercizi con pesi liberi,
con macchine isotoniche, con fasce elastiche o esercizi che sfruttano il peso
corporeo. Ciascuna sessione d’allenamento contro resistenza dovrebbe essere
composta da almeno un set (gruppo di esercizi costituito da movimenti
ripetitivi e consecutivi) di cinque o più tipi di esercizi differenti che
coinvolgano ampi gruppi muscolari [10, 28]. Viene raccomandato a qualsiasi
intensità per la sua efficacia nel migliorare la forza e l'equilibrio [8]: vantaggio
essenziale considerando il fatto che il diabete risulta essere un fattore di
rischio indipendente per la riduzione della forza e della funzionalità
muscolare [40]. Nei pazienti con DM di tipo 2, apporta benefici per la
composizione della massa corporea, la salute mentale, la densità minerale
ossea, la sensibilità all'insulina, la pressione sanguigna, i profili lipidici e la
salute cardiovascolare [41, 42]. L’esercizio contro resistenza negli adulti con
DM tipo 2 aumenta la forza di circa il 50% [41] e migliora l’emoglobina glicata
dello 0,57% [43]. L'effetto dell’esercizio contro resistenza sul controllo
glicemico nel DM tipo 1 non è chiaro, tuttavia, può aiutare a minimizzare il
rischio di ipoglicemia indotta da esercizio fisico nel diabete di tipo 1 [44].
Quando si praticano esercizio contro resistenza ed esercizio aerobico in una
stessa sessione di allenamento, anticipando la fase contro resistenza, è
dimostrata una minore incidenza di ipoglicemia post esercizio rispetto a
quando l'esercizio aerobico è eseguito per primo, una riduzione maggiore
dell’emoglobina glicata [45], mentre non è stata evidenziata nessuna
differenza nei markers di rischio cardiovascolare [46]. L’introduzione di un
programma di attività fisica in soggetti non allenati, gravemente obesi e con
vario grado di sarcopenia relativa, tramite esercizi graduali contro resistenza
quali piccoli pesi, può consentire l’avvio di attività aerobiche, favorendo il
potenziamento muscolare, l’aumento della capacità aerobica e il calo
ponderale [11].
686 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

15.2.2.1.5. Esercizi di flessibilità ed equilibrio


Allenamenti volti a migliorare la flessibilità e l’equilibrio sono raccomandati
da 2 a 3 volte a settimana, soprattutto per gli anziani affetti da diabete [8, 28].
Lo stretching aumenta la flessibilità e l’escursione di movimento articolare ma
non influenza il controllo glicemico; gli esercizi per l’equilibrio invece
migliorano l'andatura e prevengono le cadute [49]. Yoga e Tai Chi sono
raccomandati in quanto combinano il potenziamento di flessibilità, forza
muscolare ed equilibrio [8, 28]. I benefici di questi allenamenti sono meno
consolidati, sebbene pare che lo yoga possa promuovere il miglioramento nel
controllo glicemico, nei livelli lipidici, e nella composizione corporea degli
adulti con DM di tipo 2 [51]. Il Tai Chi può migliorare il controllo glicemico,
l'equilibrio e i sintomi neuropatici in adulti con diabete e neuropatia [52], ma
va sottolineato che mancano ancora studi di soddisfacente qualità a riguardo.

15.2.2.1.6. Raccomandazioni in pazienti in sovrappeso o obesi


Per i pazienti in sovrappeso e obesi con DM di tipo 2, dovrebbe essere
prescritto un programma d’intervento costituito da dieta, attività fisica e
terapia comportamentale, avente come obiettivo la perdita di più del 5% del
peso [8]. Questi pazienti dovrebbero allenarsi dai 6 ai 7 giorni a settimana e
raggiungere un target di 60-90 minuti di attività fisica giornaliera [10].

15.2.2.1.7. Raccomandazioni nei giovani


Dato il limitato numero di dati sui giovani affetti da diabete, è raccomandato
a questi di raggiungere gli stessi obiettivi di attività fisica fissati per i giovani
in generale [8, 28]. Bambini e adolescenti affetti da DM di tipo 1 e tipo 2 [8, 28]
o prediabete [28], dovrebbero essere incoraggiati a praticare 60 minuti al
giorno o più di attività aerobica, di intensità variabile da moderata a vigorosa,
associata ad un intensivo rinforzo muscolare [8, 28] ed esercizi volti al
potenziamento della massa ossea [8], per almeno 3 giorni a settimana [8, 28].

15.2.2.1.8. Raccomandazioni nei pazienti a rischio di sviluppo di DM


I pazienti con condizioni di alto rischio di sviluppo di DM di tipo 2
dovrebbero intraprendere un intensivo programma di prevenzione basato su
due obiettivi principali: raggiungere e mantenere una perdita di peso minimo
del 7% del peso iniziale e praticare 150 minuti di attività fisica di intensità
moderata a settimana (come una camminata a ritmo sostenuto) [8, 11, 12, 17,
28]. È stato dimostrato che un intervento intensivo sullo stile di vita (Diabetes
Prevention Program) in pazienti con prediabete potrebbe ridurre l'incidenza
del DM di tipo 2 del 58% in 3 anni [53]. L'obiettivo di perdita di peso è stato
fissato al 7% in quanto ritenuto facile da raggiungere e mantenere,
15. Bp e Lg riabilitative nel trattamento del diabete 687

probabilmente anche perché compatibile con una riduzione del rischio di


sviluppo del diabete. All’interno dei 150 minuti è da prevedersi anche un
massimo di 75 minuti di esercizio contro resistenza [54]. Gli effetti preventivi
dell'esercizio fisico sembrano estendere la prevenzione anche al diabete
mellito gestazionale (GDM) [55].

15.2.2.1.9. Gestione degli episodi di ipoglicemia associati all’esercizio fisico


Nel caso di pazienti con DM di tipo 1 bisogna impostare un programma che
rispetti la gestione glicemica, in quanto ogni individuo ha un effetto variabile
sulla glicemia in risposta all'esercizio. [8, 22, 28]. Attività articolate, come
l'interval training o gli sport da campo, sia individuali che di squadra, sono
associati ad una maggiore stabilità della glicemia, rispetto ad allenamenti di
tipo prevalentemente aerobico [57]. L’assunzione supplementare di
carboidrati e/o la riduzione della dose di insulina sono in genere necessarie
per mantenere la glicemia stabile, durante e dopo l’attività fisica; per questo
motivo, risultano necessari frequenti controlli durante l’esercizio fisico [8, 11,
28]. Il target di glicemia pre-esercizio dovrebbe stanziarsi orientativamente
tra 90 e 250 mg/dl (5,0 e 13,9 mmol/L) [28]. Per prevenire l’ipoglicemia durante
l’attività aerobica, di intensità da bassa a moderata, svolta per 30-60 minuti,
quando i livelli di insulina circolante sono bassi (cioè a digiuno o condizioni
basali), è necessario assumere circa 10-15 g di carboidrati [58]. Per le attività
svolte con iperinsulinemia relativa (dopo bolo di insulina), può essere
necessario assumere circa 30-60 g di carboidrati per ora di esercizio [59]. In
alternativa all’integrazione di carboidrati, deve essere considerata la
riduzione dell’insulina basale e/o in bolo: abbassando adeguatamente i livelli
di insulina durante l'attività si può ridurre o eliminare la necessità di
assumere carboidrati. Individui che assumono insulina e/o farmaci
secretagoghi potrebbero avere la necessità di provvedere ad un’aggiunta di
carboidrati se i livelli di glucosio pre-esercizio risultino minori di 100 mg/dL
(5,6 mmol/L), a meno che non siano in grado di adattare le dosi di insulina
durante l'allenamento (ad es. con una pompa per insulina o riducendo il
dosaggio insulina pre-esercizio), o di adeguare l'intensità e la durata
dell’esercizio alle variazioni nell’attività di vita quotidiana [28, 29]. In alcuni
pazienti, può verificarsi un'ipoglicemia post esercizio la quale può durare per
diverse ore a causa dell'aumento della sensibilità all'insulina creata
dall’esercizio stesso. L'ipoglicemia è meno comune nei pazienti con diabete
non trattati con insulina o farmaci secretagoghi, e in questi casi non viene
consigliata nessuna misura preventiva di routine. Altra raccomandazione per
i pazienti con DM che praticano attività fisica è la riduzione di insulina basale,
688 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

l’abitudine di fare spuntini notturni e/o il continuo monitoraggio della


glicemia per evitare il rischio di ipoglicemia notturna [28].

15.2.2.1.10. Gestione degli episodi di iperglicemia associati all’esercizio fisico


L’iperglicemia indotta dall’esercizio fisico è molto più comune nei pazienti
affetti da DM di tipo 1. Questo effetto collaterale può essere modulato con
una somministrazione aggiuntiva di insulina o con un raffreddamento
aerobico. Non viene raccomandato l’esercizio in pazienti con iperglicemia ed
elevati livelli di chetonemia: l’attività fisica dovrebbe essere rimandata o
sospesa se la chetonemia supera il valore di 1.5 mmol/L [28]. Il rischio di
iperglicemia viene ridotto se l’attività fisica intensa viene intervallata da
attività aerobica ad intensità moderata. Lo stesso risultato si ottiene
combinando attività di resistenza seguita da attività aerobica.

15.2.2.1.11. Raccomandazione per le donne a rischio di DM di tipo 2 e diabete


gestazionale (GDM)
Alle donne in gravidanza con rischio di sviluppare un GDM viene
raccomandato di praticare 20-30 minuti di attività fisica da moderata ad
intensa fino a tutti i giorni della settimana. È stato dimostrato che la regolare
attività fisica in gravidanza, nella maggior parte delle donne, migliora il
benessere cardiovascolare e generale, riducendo il rischio di sviluppare
complicazioni quali la pre-eclampsia o un parto cesareo e l’insorgenza del
GDM. Nelle pazienti con un GDM diagnosticato, l’attività fisica aerobica e di
resistenza, migliora l’azione dell’insulina e il controllo della glicemia. L’unica
accortezza da tenere per quest’ultime, è quella di monitorare gli effetti
insulino-sensibilizzanti dell’esercizio fisico, i quali potrebbero aumentare il
rischio di ipoglicemia in donne in trattamento insulinico [28].

15.2.2.1.12. Esercizio in presenza di specifiche complicazioni a lungo termine del


diabete

- Retinopatia
Se è presente una retinopatia diabetica proliferativa o una grave retinopatia
diabetica non proliferativa, l'esercizio aerobico ad alta intensità o l'esercizio
contro resistenza potrebbero essere controindicati a causa del rischio di
innescare un’emorragia del corpo vitreo o il distacco della retina [29]. Può
essere appropriata una consultazione con un oculista prima di impegnarsi in
un intenso regime di esercizio.
15. Bp e Lg riabilitative nel trattamento del diabete 689

- Neuropatia periferica
L’alterata sensazione dolorifica a livello delle estremità determina un
aumentato rischio di rottura della pelle, dunque di infezione e di
neuroartropatia di Charcot. Pertanto è necessario assicurarsi che la neuropatia
non cambi la sensazione cinestetica o propriocettiva durante l'attività fisica. Gli
studi hanno dimostrato che il cammino di intensità moderata non può portare
ad un aumentato rischio di ulcere del piede o di reulcerazione in pazienti affetti
da neuropatia periferica che usano calzature appropriate [61]. Inoltre, è stato
riportato che 150 minuti/settimana di esercizio moderato possano migliorare
gli esiti in pazienti con neuropatia prediabetica [62].

- Neuropatia autonomica
La neuropatia autonomica può aumentare il rischio di lesioni provocate
dall'esercizio o di eventi avversi attraverso la diminuzione della reattività
cardiaca all'esercizio, l'ipotensione posturale, una termoregolazione alterata, la
compromissione della visione notturna a causa di una ridotta reazione
pupillare, e una maggiore suscettibilità all'ipoglicemia [63]. Perciò, individui
con neuropatia diabetica autonomica dovrebbero essere sottoposti ad
un’indagine cardiaca approfondita prima di iniziare attività fisica più intensa
di quella a cui sono abituati [8].

15.2.2.2. La neuropatia diabetica periferica


La neuropatia diabetica periferica (DPN) è una polineuropatia simmetrica
sensitivo-motoria. La prevalenza di tale complicanza è stimata intorno al 20%
nei pazienti diabetici adulti [11]. La neuropatia periferica in un paziente
diabetico è caratterizzata dall’incapacità nel percepire i cambiamenti di
temperatura, la vibrazione, la propriocezione, la pressione e, in casi più
severi, il dolore [3]. Il quadro clinico della DPN può essere variabile in quanto
il paziente può presentare sia sintomi “positivi” che “negativi”. I sintomi
positivi rappresentano la sensazione soggettiva del paziente e sono il
formicolio, l’iperestesia, il bruciore, l’allodinia. I sintomi negativi si osservano
oggettivamente all’esame clinico e sono l’intorpidimento, l’assenza di
sensibilità, la debolezza muscolare degli arti inferiori [3]. Il dolore
neuropatico insorge specialmente di notte e a riposo, ed è percepito
soprattutto agli arti inferiori. Per la diagnosi di neuropatia diabetica dolorosa
è necessario che sia presente il dolore neuropatico e che questo sia riferibile
alla PDN, quindi con la stessa localizzazione dei deficit sensitivi. Siccome è
possibile avere un quadro asintomatico, la diagnosi deve considerarsi clinica
[3].
Tale complicanza ha un carattere progressivo ed è responsabile della perdita
della sensibilità protettiva, esponendo i piedi al rischio di ulcerazioni, se
sottoposti a continui traumi. Il coinvolgimento delle fibre motorie può
690 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

comportare invece l’atrofia dei piccoli muscoli del piede (muscoli intrinseci): è
responsabile delle deformità con flessione delle articolazioni interfalangee,
estensione delle metatarso-falangee e compressione delle teste metatarsali,
compromettendo, in tal modo, la funzione motoria e causando instabilità.
Queste deformità, strutturandosi, creano delle aree di iperpressione che
predispongono alla formazione dell’ulcera. Il coinvolgimento del sistema
nervoso autonomico determina inoltre l’alterazione della vasoregolazione, la
quale si traduce in cambiamenti del turgore della cute, responsabili, a loro volta,
di secchezza, fessurazioni e aree ipercheratosiche. La disregolazione del
meccanismo di sudorazione può comportare la presenza di aree umide e
l’instaurarsi di infezioni fungine [3].
I pazienti con DM di tipo 1 dovrebbero essere sottoposti ad una valutazione
neurologica completa a 5 anni dalla diagnosi di diabete e successive valutazioni
annuali, mentre coloro i quali sono affetti da DM di tipo 2 dovrebbero essere
indagati con un primo esame neurologico al momento della diagnosi,
successivamente ogni anno [8].

15.2.2.2.1. Raccomandazioni diagnostiche

- Screening
Nel confronto tra le linee guida, risulta accordo sull’utilizzo del monofilamento
di Semmes-Weinstein per la valutazione della sensibilità tattile e pressoria [64],
del diapason per la sensibilità vibratoria [65], della puntura di spillo per la
discriminazione sensitiva, del batuffolo di cotone per la sensibilità tattile, la
valutazione dei riflessi achillei [3, 15]. Tali test clinici possono essere inseriti in un
sistema strutturato a punteggio. Da segnalare, per semplicità e brevità di
esecuzione, il Diabetic Neuropathy Index (DNI) che comprende l’ispezione del
piede, la valutazione dei riflessi achillei e della sensibilità vibratoria con diapason
all’alluce (tabella 15.1.) [11].

Punteggio per ogni lato


ISPEZIONE DEL PIEDE Normale = 0
Deformità Alterato = 1
Cute secca (Se ulcera: +1)
Callosità
Infezione
Ulcera
RIFLESSO ACHILLEO Presente = 0
Presente con rinforzo = 0.5
Assente = 1
SENSIBILITA’ VIBRATORIA ALL’ALLUCE Presente = 0
Ridotta = 0.5
Assente = 1
Test positivo > 2 punti.

Tab. 15.1. Diabetic Neuropathy Index (DNI).


15. Bp e Lg riabilitative nel trattamento del diabete 691

Sono inoltre disponibili strumenti di screening per distinguere il dolore


neuropatico dal dolore nocicettivo, tra cui il DN4 (Figura 15.1.), un questionario
che ha dimostrato buona specificità e sensibilità per la diagnosi di neuropatia
diabetica dolorosa [11].

Domanda 1. Il dolore presenta una o più delle seguenti caratteristiche?


Sì No
1) Bruciante / Urente
2) Sensazione di freddo doloroso
3) Scariche elettriche
Domanda 2. Il dolore è associato, nella stessa area, a uno o più dei seguenti sintomi?
Sì No
4) Formicolio
5) Punture di spillo
6) Intorpidimento
7) Sensazione di prurito
Domanda 3. Il dolore è localizzato in un territorio dove l’esame obiettivo evidenzia:
Sì No
8) Ipoestesia al tatto
9) Ipoestesia alla puntura
Domanda 4. Il dolore è provocato o accentuato da:
Sì No
10) Sfioramento della pelle
Sì = 1 punto No = 0 punti Punteggio del pz: _ / 10
Un punteggio ≥4 suggerisce la natura neuropatica del dolore.
Figura 15.2. Questionario di screening del dolore neuropatico DN4

Nei pazienti con diabete possono tuttavia manifestarsi neuropatie periferiche di


altra natura. Tali condizioni dovrebbero essere escluse prima di formulare la
diagnosi di DPN. A tal fine può risultare utile richiedere le seguenti indagini di
laboratorio: l’emocromo completo, l’assetto lipidico, l’assetto tiroideo, i livelli di
vitamina B12 (acido metilmalonico e/o omocisteina se B12 basso-normale),
l’elettroforesi delle proteine sierica e delle urine [10].
Gli esami elettrofisiologici non sono necessari per lo screening della
polineuropatia diabetica, mentre sono indispensabili per la diagnosi
differenziale, qualora le caratteristiche cliniche siano atipiche [10, 11].

- Monofilamento di Semmes-Weinstein
La valutazione della sensibilità del piede deve essere effettuata in un ambiente
tranquillo e rilassato. In primo luogo, bisogna poggiare il monofilamento sulle
692 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

mani del paziente, in modo che riconosca la sensazione e sappia cosa aspettarsi.
Il paziente non deve essere in grado di vedere dove l’esaminatore applichi il
filamento. Questo deve essere perpendicolare alla cute e la forza di applicazione
deve essere tale da piegarlo. La durata totale dell’applicazione deve essere di
circa 2 secondi. Il filamento deve essere applicato sul perimetro, non sul sito
dell’ulcera, del callo, del tessuto cicatriziale o necrotico. Si procede col chiedere
al paziente se avverte la pressione e dove la percepisce. Bisogna ripetere questa
applicazione due volte sullo stesso sito, alternandola con almeno un’applicazione
finta. Se il paziente risponde correttamente a due su tre applicazioni, la
sensibilità è conservata in ogni sito. Nel caso in cui due delle tre risposte siano
errate, la sensibilità è da considerarsi assente. Il paziente viene quindi dichiarato
a rischio di ulcerazione [3, 64].

- Diapason
La valutazione va fatta in ambiente tranquillo e rilassato. Bisogna applicare il
diapason dapprima sui polsi, in modo che il paziente riconosca la sensazione e
sappia cosa aspettarsi. Il paziente non deve essere in grado di vedere dove
l’esaminatore applichi il diapason; esso deve essere applicato
perpendicolarmente su di una parte ossea, sul lato dorsale della falange distale
del primo dito o più prossimalmente. Bisogna ripetere questa applicazione due
volte sullo stesso sito, alternandola con almeno un’applicazione finta. Il test è
positivo se risponde correttamente ad almeno due su tre applicazioni, negativo
con due sulle tre risposte errate [3, 65].

15.2.2.2.2. Raccomandazioni terapeutiche


Tutte le linee guida concordano nell’ottimizzare il controllo della glicemia per
prevenire o ritardare lo sviluppo della neuropatia nei pazienti con DM di tipo
1 [8], e rallentare la sua progressione nei pazienti con DM di tipo 2 e con altre
comorbidità [8].
In passato, diversi farmaci sono stati sperimentati per il trattamento
patogenetico della PDN, tra cui: gli inibitori dell’aldoso-reduttasi (sorbinil,
epalrestat) per aumentare la velocità di conduzione dei nervi motori e
sensitivi, gli antiossidanti (glutatione), i vasodilatori (calcio-antagonisti, ACE
inibitori, nitrati), i prodotti finali della glicosilazione avanzata non enzimatica
(aminoguanidina) e i Nerve Growth Factors (NGF, analoghi di ACTH, rhNGF)
[3]. Tuttavia, nonostante i numerosi studi effettuati sia in modelli animali che
nell’uomo, non ci sono, al momento, evidenze a sostegno dell’efficacia di tali
terapie nel prevenire o nel modificare la storia naturale della PDN.
In merito alla gestione del dolore neuropatico, nelle forme lievi è possibile
ricorrere ad analgesici come acetaminofene, ibuprofene, paracetamolo, acido
acetilsalicilico [22]. Sono attualmente disponibili diversi farmaci con efficacia
confermata da trial clinici randomizzati controllati per il trattamento del
15. Bp e Lg riabilitative nel trattamento del diabete 693

dolore neuropatico. Tuttavia, la terapia della PDN dolorosa è associata a


frequenti eventi avversi, soprattutto nel paziente anziano, per cui è necessario
un attento monitoraggio. C’è un largo consenso tra le linee guida sull’uso in
prima linea degli antidepressivi triciclici, degli alfa2-delta ligandi (pregabalin
e gabapentin) e degli inibitori del reuptake della serotonina e norepinefrina
[3, 8, 16, 17, 19, 22, 25, 26]. Tuttavia, ad eccezione della duloxetina e del
pregabalin (e del gabapentin, in Italia) nessuno di questi farmaci è
specificamente autorizzato per il trattamento del dolore neuropatico. Il
pregabalin è raccomandato come trattamento farmacologico iniziale per il
dolore neuropatico nel diabete [25, 66]. Anche il gabapentin e il valproato di
sodio possono essere usati come un approccio iniziale efficace, tenendo conto
delle comorbidità del paziente e delle potenziali interazioni farmacologiche
[25, 67, 68]. Altri antiepilettici come oxcarbazepina, lamotrigina e lacosamide
non trovano impiego nella neuropatia diabetica [25, 69, 70, 71].
Sebbene non approvato dalla Food and Drug Administration, anche gli
antidepressivi triciclici ed inibitori del reuptake della serotonina e
norepinefrina come amitriptilina, venlafaxina e duloxetina sono efficaci, ma
dovrebbero essere usati con cautela dato il maggior rischio di gravi effetti
collaterali. Non ci sono dati a sufficienza per prediligere uno di questi farmaci
sugli altri [25, 72-74]. La venlafaxina potrebbe essere aggiunta al gabapentin
per una migliore risposta [25, 75]. Altri farmaci appartenenti a queste
categorie come desipramina, imipramina, fluoxetina, o la combinazione di
nortriptilina e flufenazina non sono raccomandati [25, 76, 77].
Dati gli alti rischi di dipendenza e altre complicazioni, l'uso di oppioidi, tra
cui tapentadolo (approvato dalla Food and Drug Administration per il
trattamento del dolore da PDN) o tramadolo, dextrometorfano, morfina
sulfato, ossicodone, potrebbe essere tenuto in considerazione, ma non viene
raccomandato come terapia di prima o seconda linea. Non ci sono prove a
sufficienza circa l’uso del topiramato [25, 78-81].
Altre opzioni terapeutiche di minore impiego sono rappresentate dalla
capsaicina, dall’isosorbide dinitrato spray, dal cerotto Lidoderm. Clonidina,
pentoxifillina e mexiletina sono sconsigliate. Non ci sono evidenze a
sufficienza per raccomandare o meno l’utilità di composti vitaminici e
dell’acido alfa-lipoico [25].

15.2.2.2.3. Raccomandazioni riabilitative


Per quanto concerne la terapia fisica, la stimolazione elettrica per-
/transcutanea del nervo (PENS/TENS) e la neurostimolazione a modulazione
di frequenza (FREMS) vengono considerate nella gestione del dolore
neuropatico in alternativa o in aggiunta alla terapia farmacologica [82]; invece
694 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

il trattamento con campi elettromagnetici, il laser a bassa intensità, la Reiki


terapia non trovano applicazione, né ci sono evidenze sufficienti per
raccomandare o meno l’uso dell’elettroterapia in combinazione
all’amitriptilina [25].
Nonostante alcuni tentativi di impiego nella pratica clinica, esistono pochi
studi circa l’efficacia dell’agopuntura e della terapia cognitivo-
comportamentale [83].
Onde evitare il decondizionamento motorio nei pazienti con neuropatia
diabetica periferica a grandi fibre occorre prescrivere cicli fisioterapici con
esercizi di rinforzo muscolare e di training alla deambulazione [17]. Gli studi
riguardo l’efficacia degli esercizi di training statico e dinamico all’equilibrio,
dal momento che non esistono consistenti dati nel lungo termine, dimostrano
che il ricorso a strumenti rivolti alla rieducazione della propriocezione e del
controllo posturale con feedback visivi hanno un certo razionale se si
interviene tempestivamente e se inseriti in più ampio programma
riabilitativo, specie per quanto concerne il rischio di cadute [84].

15.2.2.3. L’arteriopatia periferica nel paziente diabetico


Tradizionalmente la neuropatia periferica è stata considerata responsabile del
piede diabetico, in realtà i dati epidemiologici dimostrano una elevata
prevalenza della vasculopatia periferica nei pazienti diabetici. La AOP
associata o no a neuropatia periferica è presente nel 50% dei casi di lesioni agli
arti inferiori [85]. La presenza di neuropatia può mascherare i sintomi clinici
della vasculopatia periferica come la claudicatio ed il dolore a riposo, per cui
un’ulcera restia alla guarigione e/o la gangrena del piede possono essere i
primi segni di una vasculopatia misconosciuta. L’elevata prevalenza della
AOP nei soggetti diabetici è dovuta alla natura stessa della malattia
considerata un “equivalente di malattia cardiovascolare”, tuttavia nei Paesi
sviluppati il numero delle amputazioni maggiori si è ridotto a fronte di un
aumento degli interventi di vascolarizzazione distale [86].
La vasculopatia nel soggetto diabetico è una patologia ostruttiva su base
aterosclerotica sistemica a rapida progressione e con maggiore incidenza di
calcificazioni vascolari [87]. I pazienti diabetici con AOP sono in genere più
giovani, con un maggiore BMI, e con un maggior numero di comorbidità
rispetto ai non diabetici. Nel diabetico sono maggiormente interessati le
estremità distali, le pareti arteriose sono spesso calcifiche e prevalgono le
occlusioni rispetto alle stenosi. Il fenomeno compensativo della
neoangiogenesi, nel paziente con diabete, è ridotto e con esso la capacità di
formazione di circoli collaterali [88].
15. Bp e Lg riabilitative nel trattamento del diabete 695

Sia nel DM di tipo 1 che di tipo 2, i meccanismi responsabili della disfunzione


endoteliale sono riconducibili alla iperglicemia che inibisce la produzione di
ossido nitrico, allo stress ossidativo, alla formazione dei prodotti di
glicosilazione avanzata e ad alterati livelli di proteina C reattiva. Va
specificato che, nel DM di tipo 2 vige un persistente stato pro-infiammatorio
endoteliale che altera la funzione vascolare [89] e uno stato procoagulativo,
dovuto ad aumentata stimolazione dell’aggregazione piastrinica e alterato
equilibrio tra fattori pro- ed anticoagulanti: questi fattori hanno un ruolo
eziologico centrale nella patologia aterosclerotica [90]. Nel diabetico sono
maggiormente coinvolti i vasi dal ginocchio in giù, le arterie infrapoplitee, le
arterie tibiali e la peroniera fino ad interessare le arterie plantari; l’arteriopatia
è più spesso simmetrica e multisegmentale e le stenosi possono interessare
anche i vasi collaterali [91].
La prognosi negativa delle lesioni ulcerative ischemiche diabetiche è
probabilmente legata alla presenza di comorbidità (infezioni, neuropatia,
insufficienza renale). Circa il 27% dei pazienti diabetici con AOP nei 5 anni
successivi va incontro ad una progressione della malattia, il 4% ad un
intervento di amputazione maggiore, circa il 20% ad un evento
cardiovascolare (IMA, ictus). Anche l’insufficienza renale cronica e il
trattamento dialitico che ne consegue, sono strettamente correlati alla AOP e
al rischio di ulcerazione ed amputazione (rischio 4,7 volte più alto) nei
pazienti diabetici [92].

15.2.2.3.1. Raccomandazioni diagnostiche


La valutazione inizia dalla ricerca dei polsi arteriosi periferici (femorale,
popliteo, pedidio, e tibiale posteriore), la sola diagnosi clinica è tuttavia
insufficiente [93]. L’indice pressorio caviglia braccio (ABI index), definito dal
rapporto tra pressione sistolica alla caviglia e pressione sistolica al braccio, è
uno dei test di riferimento riproducibili. Esso è considerato un fondamentale
strumento di screening in tutti i diabetici > 50 anni, anche più giovani in
presenza di altri fattori di rischio cardiovascolari. Valori compresi tra 0,91-
1,30 sono indice di normalità, tra 0,70-0,90 indice di compromissione iniziale,
0,40-0,69 compromissione significativa, < 0,40 compromissione grave [94]. In
presenza di un’ulcera un valore di ABI index > 0,7 è indice di una perfusione
ridotta ma sufficiente per la guarigione. Un valore > 1,30 indica che le arterie
sono scarsamente compressibili per la presenza di calcificazioni di parete, ma
non esclude la presenza di AOP [95]. Un test usato, per superare il problema
delle calcificazioni, è la misurazione del TBI index (rapporto pressione
sistolica all’alluce e pressione sistolica brachiale) [96]. Questo è possibile
perché i vasi delle dita sono solitamente risparmiati dalle calcificazioni. Un
696 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

TBI < 0,75 è indicativo di AOP, ma valori assoluti > 50 mmHg sono predittivi
di una guarigione di ulcera nei pazienti diabetici. Tuttavia, in presenza di
gangrena, questo test appare di difficile applicazione. L’ossimetria
transcutanea (TcPO2) è una misura della severità della AOP, in presenza di
ulcere, gangrena, claudicatio e del potenziale riparativo della lesione [97]. Il
valore di riferimento è 50 mmHg. Occorre tuttavia valutare condizioni quali
l’edema periferico o la cellulite diffusa che possono alterare la rilevazione. Per
completare lo studio morfologico-funzionale dell’albero vascolare non
invasivo è fondamentale l’ecocolordoppler (elevata sensibilità e specificità)
[98]. Una corretta valutazione non può limitarsi ai soli vasi degli arti inferiori,
ma occorre esaminare anche i vasi epiaortici, l’aorta addominale e le arterie
renali. Questa metodica fornisce fondamentali informazioni
sull’emodinamica della AOP, ma va sottolineato che è strettamente operatore
dipendente e limitata dalle condizioni del paziente. Ulteriori
approfondimenti possono essere effettuati mediante AngioRM o AngioTC.
L’arteriografia rappresenta la prima fase dell’approccio terapeutico e non è
da considerarsi come una tecnica esclusivamente diagnostica.

15.2.2.3.2. Raccomandazioni terapeutiche


Al momento attuale non sono presenti in letteratura dati sul trattamento
medico della vasculopatia periferica nel diabetico come alternativa alla
rivascolarizzazione. È importante sottolineare il ruolo della correzione dei
fattori di rischio cardiovascolari soprattutto nella fase perioperatoria e nel
follow-up dopo la rivascolarizzazione.
Nella AOP degli arti inferiori nel diabetico l’uso di prostanoidi, inteso come
infusione endovena di analogo stabile della prostaciclina (PGI2)
Iloprost/Alprostar per 3-4 settimane, non rappresenta una alternativa alla
rivascolarizzazione chirurgica. In pazienti diabetici con età > 50 anni
asintomatici per AOP si può ricorrere, come prevenzione primaria, alla
monoterapia con aspirina (75-100 mg) a lungo termine.

Per la prevenzione secondaria vanno distinti i vari stadi:


- AOP sintomatica: aspirina + clopidogrel;
- AOP con claudicatio intermittens e riduzione della capacità di esercizio
fisico: cilostazolo + ASA o clopidogrel;
- AOP sintomatica ed ischemia critica/ dolore a riposo/ lesioni ischemiche in
attesa di rivascolarizzazione: ASA o clopidogrel;
- Prima e dopo PTA: ASA + clopidogrel per 1 mese poi singola antri-
aggregazione a lungo termine;
- Dopo by-pass: ASA + clopidogrel per 1 anno.
15. Bp e Lg riabilitative nel trattamento del diabete 697

Il ruolo dei più moderni anticoagulanti è ancora da valutare soprattutto in


termini di rischio di sanguinamento [99]. Per i pazienti diabetici con ischemia
critica non rivascolarizzabile è stato proposto l’uso delle cellule staminali
totipotenti ed indifferenziate, dal momento che, favorendo il processo di
neoangiogenesi, potrebbe amplificare il meccanismo della riparazione.
Occorrono tuttavia ulteriori esperienze prima che questa metodica entri nel
bagaglio terapeutico della AOP. Il ricorso all’amputazione primaria è
indicato in presenza di uno stato settico legato alla gangrena del piede non
gestibile con antibioticoterapia, e laddove una necrosi estesa impedisca una
ripresa funzionale del piede in fase post riparativa. Talvolta,
indipendentemente dalla presenza di lesioni, l’amputazione si rende
necessaria in presenza di un deficit funzionale (esiti di ictus, arto in flessione
ecc.), per garantire una migliore qualità della vita a questi pazienti. Nei
pazienti allettati con piede diabetico, i quali hanno una contrattura spastica
degli arti in posizione antalgica, l’amputazione primaria può rappresentare
un’opzione terapeutica appropriata. Obiettivo primario dell’amputazione è
ottenere la guarigione dell’estremità più distalmente possibile, al fine di
consentire una più facile ripresa della deambulazione. Di fronte ad una
lesione ulcerativa in un paziente diabetico con AOP occorre valutare l’utilità
di una procedura di rivascolarizzazione e della metodica da scegliere
(percutanea o chirurgica) sulla base del potenziale riparativo della lesione,
delle condizioni locali del piede e della sua funzionalità post riparativa, delle
condizioni dell’albero vascolare (deficit perfusivi coronarici e/o carotidei
hanno la precedenza rispetto alla rivascolarizzazione periferica) e delle
condizioni generali del paziente (età e aspettativa di vita, comorbidità,
presenza di fattori di rischio cardiovascolari, insufficienza renale cronica in
trattamento dialitico etc.). La rivascolarizzazione percutanea (PTA) nei
pazienti diabetici con PAD mostra risultati positivi in merito alla fattibilità,
l’efficacia tecnica, il ridotto numero di complicanze e la percentuale di
salvataggio dell’arto. Essa è proponibile anche in soggetti con comorbidità,
ridotta aspettativa di vita, significativo coinvolgimento tissutale a carico del
piede [100]. La chirurgia classica è indicata in caso di coinvolgimento della
femorale comune e delle sue biforcazioni o di occlusioni estremamente
lunghe (a parere dell’operatore) degli assi femoro-poplitei ed infrapoplitei
[101]. Obiettivo principale della rivascolarizzazione è la riapertura di tutte le
arterie occluse. In caso di impossibilità tecnica occorre mirare alla
ricanalizzazione della wound related artery, secondo il concetto di
“angiosoma”. Il successo di una procedura di rivascolarizzazione è descritto
secondo criteri squisitamente tecnici (di almeno uno dei vasi di gamba fino al
piede), criteri perfusionali (delta tcPO2 pre- e post-rivascolarizzazione), esiti
698 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

clinici (guarigione della lesione con o senza amputazione minore,


amputazioni maggiori e decessi). Il follow up deve essere clinico, ossimetrico
e/o ultrasonografico e deve svolgersi con rigidi schemi temporali: 1, 6, 12 mesi
dal trattamento e successivamente ogni 12 mesi. Tutti i pazienti con AOP
dovrebbero essere sottoposti al trattamento aggressivo dei fattori di rischio
cardiovascolari.

15.2.2.3.3. Raccomandazioni riabilitative


L’esercizio fisico, sotto stretto controllo di personale qualificato, ha un ruolo
importante nell’ambito terapeutico dell’AOP [102]. Semplici passeggiate,
esercizi alle gambe, tapis roulant possono alleggerire il quadro
sintomatologico. Laddove è presente la claudicatio, tuttavia, bisogna tener
conto che il cammino prolungato può generare il dolore, pertanto è
consigliato alternare l’attività al riposo. Uno studio clinico randomizzato del
2011 sottolinea l’importanza del massaggio connettivale come strumento per
aumentare la circolazione sanguigna ai piedi e ridurre i sintomi della
claudicatio nei pazienti con AOP allo stadio I e II secondo Leriche-Fountaine
e DM di tipo 2. Dopo 30 minuti di massaggio, è stato dimostrato infatti che la
stimolazione a carico del tessuto connettivo sottocutaneo, in particolare di
quello fasciale che avvolge la muscolatura, influisce sui meccanismi di
regolazione neurovegetativa. Mediante stimoli di trazione tangenziali alla
cute, a seconda delle zone cutanee trattate, si attiva un arco riflesso cutaneo-
viscerale tale da aumentare la vasodilatazione a carico della circolazione
linfatica e sanguigna e ridurre l’ipertono muscolare, mediante l’azione del
sistema nervoso parasimpatico. Il massaggio connettivale, pertanto, può
rappresentare un’opzione terapeutica sia nei pazienti asintomatici che in
quelli che hanno difficoltà a prendere parte a qualsiasi tipo di esercizio [103].

15.2.2.4. Il piede diabetico


La gravità e la frequenza del piede diabetico variano a seconda delle diverse
condizioni socio-economiche: le ulcere del piede sono abbastanza diffuse, con
un’incidenza del 2-4% annua nei Paesi sviluppati e superiore nei Paesi in via
di sviluppo [104]. I principali fattori di rischio responsabili del piede diabetico
sono la neuropatia sensitiva periferica, le deformità legate alla neuropatia
motoria, i traumi minori e l’arteriopatia obliterante periferica. L’ulcera,
suscettibile di infezione, può rappresentare un’urgenza medica. Solo i due
terzi delle ulcere guariscono [105-106], mentre circa il 28% di queste lesioni è
destinato all’amputazione, minore o maggiore, dell’arto inferiore [107]. Sono
circa più di 1 milione i pazienti diabetici che vanno incontro ad amputazione
ogni anno [104].
15. Bp e Lg riabilitative nel trattamento del diabete 699

La minoranza delle ulcere è puramente di natura ischemica, la maggior parte


sono neuro-ischemiche. In quest’ultimo caso la sintomatologia algica può
essere assente in seguito alla neuropatia periferica. Le ulcere ischemiche e
neuro-ischemiche sono più comuni a livello delle punte dei piedi o dei bordi
laterali. Le ulcere neuropatiche, invece, sono più frequentemente localizzate
sulla superficie plantare o nelle zone sovrastanti una deformità ossea; la
profondità è valutabile previo debridement [108]. Esistono numerosi sistemi
di classificazione delle ulcere diabetiche: il sistema SINBAD (sito, ischemia,
neuropatia, infezione batterica, area e profondità), il sistema PEDIS (Perfusion,
Extent / Size, Depth / Tissue Loss, Infection, Sensation), il sistema di
classificazione dell'Università del Texas sono i più adatti a documentare la
gravità delle ulcere del piede [20].
La più frequente complicanza di un’ulcera è l’infezione, la quale rappresenta
una grave minaccia per l’arto interessato e necessita di rapido trattamento. La
presenza di infezione è valutabile da almeno due segni o sintomi di flogosi
(rossore, calore, indurimento, dolore/dolorabilità) o secrezioni purulente. Le
infezioni dovrebbero essere classificate come lievi (dovute specie a cocchi
gram-positivi aerobi), moderate o gravi (polimicrobiche). Se non trattata
adeguatamente, l’infezione può diffondersi ai tessuti sottostanti, tra cui le
ossa (osteomielite). Nel sospetto di infezione e osteomielite, oltre a valutare i
sintomi sistemici, è possibile eseguire il probe-to-bone test, la valutazione dei
markers infiammatori sierici (VES), l’esame microbiologico tissutale, esami
strumentali come l’Rx, la RM, la scintigrafia con leucociti marcati, SPECT, PET
o ricorrere alla biopsia ossea [110].
Altra grave complicanza del piede diabetico è la neuroatropatia di Charcot,
malattia degenerativa su base infiammatoria caratterizzata da un progressivo
riassorbimento osseo delle articolazioni del piede (più raro l'interessamento
di altre articolazioni), associato talvolta a crolli strutturali e a marcate
deformità diagnosticabili, oltre che clinicamente, con RX dinamici; nei casi
più gravi si giunge al ricorso di interventi di chirurgia correttiva o ad
amputazione [3].

15.2.2.4.1. Prevenzione
Secondo i dati di letteratura gli interventi adottati per la prevenzione delle
ulcere sono: autogestione, educazione del paziente, calzature terapeutiche,
chirurgia del piede, la combinazione di due o più di questi interventi nella
cura integrata del piede [15].
Fondamentale è la raccolta anamnestica per valutare precedenti storie di
ulcere o amputazione degli arti inferiori, malattia delle arterie periferiche,
deformità del piede, piede di Charcot. Altri fattori da valutare sono le
700 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

condizioni pre-ulcerative come calli, vesciche, emorragie, cattiva igiene del


piede, taglio delle unghie improprio, calzature inadeguate, calzini sporchi,
presenza di infezioni fungine [15, 108].
I pazienti a rischio richiedono lo screening del piede più frequentemente
rispetto a quelli non a rischio. La visita del piede va fatta a tutti i livelli, da
tutti gli operatori sanitari (MMG, diabetologi, podologi, infermieri, ecc.) [3].

CATEGORIA CARATTERISTICHE FREQUENZA


0 Assenza di neuropatia 1 volta l’anno
periferica
1 Neuropatia periferica Ogni 6 mesi
2 Neuropatia periferica con PAD Ogni 3-6 mesi
con o senza deformità distali
3 Neuropatia periferica e storia Ogni 1-3 mesi
di ulcere distali o pregressa
amputazione d’arto
Tab. 15.2. Screening.

Trattare ogni condizione pre-ulcerativa è fondamentale. Questo comprende:


la rimozione dei calli, la protezione di vesciche e il loro drenaggio, il
trattamento delle unghie incarnite o ispessite, il trattamento di emorragie in
caso di necessità e la terapia antifungina in caso di infezioni. Importante è
ricordare al paziente di non camminare a piedi nudi, in calzini o in pantofole
dalla suola sottile, sia in ambiente intra che extra domiciliare. Occorre che
ciascun paziente, i familiari e / o i caregivers ricevano un’educazione specifica
per la gestione del piede diabetico e vengano istruiti ad ispezionare
quotidianamente i propri piedi e l’interno delle calzature, lavare i propri piedi
tutti i giorni, asciugando bene lo spazio tra le dita, non utilizzare alcun tipo
di riscaldamento per scaldare i piedi, evitare l’uso di sostanze chimiche per
rimuovere i calli, usare creme emollienti per ammorbidire la cute, tagliare le
unghie in maniera dritta, controllare la temperatura dei piedi, usare calzature
del numero giusto [15, 111].

- Controversie
Da quanto emerge dall’analisi della letteratura le controversie principali
riguardano su chi, come, e quando eseguire lo screening, sottolineando la
scarsa quantità di studi nell’ambito della prevenzione. Oltretutto, i costi e il
rapporto costo/beneficio non è stato analizzato per molte procedure
sopracitate. Un altro problema che emerge riguarda quali strategie adottare al
fine di aumentare la compliance di questi pazienti e ridurre il rischio di
ulcerazione. Un altro dato da tenere in considerazione è l’importanza della cura
integrata da parte di un team multidisciplinare per la gestione del paziente e la
15. Bp e Lg riabilitative nel trattamento del diabete 701

riduzione del rischio di ulcerazione. In tutti i paesi ci dovrebbero essere almeno


tre livelli di gestione del piede diabetico: I) medico generico, podologo,
infermiere; II) diabetologo, chirurgo, chirurgo vascolare, emodinamista,
podologo e infermiere, in collaborazione con tecnico ortopedico e protesista;
III) un centro di riferimento di livello 2, specializzato nella gestione del piede
diabetico, con più esperti di diverse discipline.

15.2.2.4.2. Raccomandazioni terapeutiche

- Trattamento locale della lesione


Le linee guida internazionali concordano sull’ispezionare frequentemente
l’ulcera, sbrigliarla con bisturi, detergerla con acqua o soluzione salina,
selezionare medicazioni per controllare l’eccesso di essudato e mantenere
l’ambiente umido [20].
Per le ulcere non ischemiche è preferibile creare un ambiente umido, mentre
nelle ulcere ischemiche occorre mantenere un ambiente asciutto usando una
medicazione asciutta, non aderente, fino a che l’ulcera non venga rivalutata
[21].
Nelle ulcere che non dimostrino miglioramenti (riduzione > 50% della
superficie dell’ulcera) dopo un minimo di 4 settimane, bisogna considerare
l’uso di una terapia a pressione negativa e l’ossigeno-terapia iperbarica
sistemica per favorire il processo di guarigione delle ferite [3, 15]. Non ci sono
sufficienti evidenze in merito all’utilizzo di prodotti biologicamente attivi come
collagene, fattori di crescita, fattori stimolanti i granulociti, bio-ingegneria
tissutale, argento o altri agenti antimicrobici. I pediluvi sono sconsigliati in
quanto portano a macerazione della cute. L’elettrostimolazione percutanea è
consigliata. Alcuni studi hanno dimostrato che l’uso delle onde d’urto,
mediante l’aumentata stimolazione dell’ossido nitrico sintetasi e del VEGF,
determina un processo di neo-vascolarizzazione e pertanto di rigenerazione
tissutale delle ulcere. Il ricorso ad altri mezzi fisici come magnetoterapia o
ultrasuoni è sconsigliato [3].

- Trattamento dell’infezione
In presenza di un’ulcera superficiale occorre detergere, eseguire il debridement
del tessuto necrotico e del callo sovrastante, iniziare la terapia antibiotica
empirica orale per 1-2 settimane indirizzata contro Staphylococcus aureus e
streptococchi. In presenza di un’infezione profonda o di coinvolgimento dei
tessuti molli (flemmone, gangrena, fascite necrotizzante), invece, occorre in
primis valutare la necessità di un’amputazione per rimuovere il tessuto
necrotico, incluso osso infetto ed eventuale drenaggio di ascessi, valutare la
presenza di PAD ed iniziare terapia antibiotica empirica parenterale per 3
settimane ad ampio spettro (Gram positivi e negativi, aerobi e anaerobi) con
eventuale variazione sulla scorta di antibiogramma. Le ulcere non infette non
devono essere trattate con terapia antibiotica. Per il trattamento
702 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

dell’osteomielite è raccomandato un trattamento antibiotico di 6 settimane nei


pazienti che non subiscono la rimozione dell’osso infetto, e di una settimana
per chi subisce la rimozione [23, 110].

- Controllo metabolico
Ottimizzare il controllo glicemico con uso di insulina se necessario e, se
presenti, trattare edema e malnutrizione [15].

- Chirurgia
Quando l’approccio conservativo fallisce l’approccio chirurgico, come ad
esempio la tenotomia del flessore, l’allungamento del tendine d’Achille,
l’artroplastica, la resezione singola o totale delle teste metatarsali, l’osteotomia,
ha debole riscontro in letteratura [112‐114]. La decompressione nervosa è
sconsigliata [115]. Ciò che bisognerebbe definire è dopo quanto tempo il
trattamento conservativo debba essere rivisto e se vi sono delle condizioni pre‐
ulcerative ad alto rischio in cui, invece, lo scarico chirurgico dovrebbe
rappresentare il primo step.

15.2.2.4.3. Raccomandazioni riabilitative

- Dispositivi di scarico
Il primo trattamento dell’ulcera plantare neuropatica dell’avampiede senza
ischemia o infezione è un dispositivo di scarico a gambaletto ad altezza
ginocchio non rimovibile: il Total Contact Cast (TCC).
Il TCC è un dispositivo minimamente imbottito che, distribuendo le pressioni
in maniera uniforme su tutta la superficie plantare, consente di ridurre i tempi
di guarigione delle ulcere di circa 6 settimane. Gli svantaggi di questo
dispositivo sono: l’applicazione da parte di personale addestrato, talvolta
irritazione cutanea, ispezione giornaliera del piede non sempre possibile,
disturbi del sonno, balneazione difficile, mancata tolleranza nei periodi caldi,
costi relativamente elevati [15, 21, 116].
Quando questo dispositivo è controindicato (presenza di ischemia, infezione),
si possono utilizzare dispositivi rimovibili alti al ginocchio con appropriata
interfaccia piede‐dispositivo, i cosiddetti Removable Cast Walkers (RCW). Questi
sono più tollerati dal paziente, bensì il tasso di guarigione rispetto ai TCC è
minore, anche in virtù della minore tenuta degli stessi da parte dei pazienti
[117].
Quando questi dispositivi a gambaletto sono controindicati o non tollerati dal
paziente, è possibile ricorrere a tutori in talismo o a calzature temporanee su
misura che meglio scarichino la sede dell’ulcera [15].
Tra questi ricordiamo gli scotchcast boots, dispositivi imbottiti che rivestono il
piede e la caviglia e possono essere resi irremovibili; gli healing sandals
dispositivi leggeri e stabili, progettati per limitare la dorsiflessione delle
articolazioni metatarsofalangee migliorando la distribuzione della pressione a
15. Bp e Lg riabilitative nel trattamento del diabete 703

livello delle teste metatarsali (svantaggi: possono aumentare il rischio di caduta


nei pazienti con scarso equilibrio); le half-shoes che offrono un supporto solo al
meso e retropiede; le mabal shoes a metà tra gli healing sandals e i TCC [21].
Nelle ulcere non plantari si può considerare lo scarico con calzature
temporanee, distanziatori fra le dita o ortesi [15].
Se non si hanno a disposizione altre misure di scarico biomeccanico, si può
ricorrere alla schiuma di lattice con feltro adesivo in apposite calzature [15]. È
utile che il paziente limiti la stazione eretta e la deambulazione e, se necessario,
faccia ricorso a bastoni canadesi, deambulatori o carrozzine, tutti ausili che
richiedono una forza adeguata a carico degli arti superiori [21]. Quando è
presente una deformità o una condizione pre-ulcerativa, bisogna prendere in
considerazione la prescrizione di scarpe terapeutiche, plantari su misura o
ortesi apicali. Le linee guida internazionali scoraggiano l’utilizzo di scarpe
convenzionali o terapeutiche standard, tuttavia, nei Paesi in via di sviluppo,
laddove è difficile accedere all’uso di questi dispositivi si può promuovere
l’uso di scarpe da ginnastica piuttosto che camminare a piedi nudi [15, 21].
Onde evitare la recidiva di un’ulcera, nel contesto di una cura integrata, è utile
ricorrere a calzature terapeutiche che abbiano l’effetto di ridurre la pressione
plantare durante la deambulazione (vale a dire il 30% di riduzione rispetto alla
pressione plantare) [15]. Il tempo di applicazione di questi dispositivi di scarico
prevede, per non incorrere in una situazione di inerzia terapeutica, una
rivalutazione della lesione e del dispositivo dopo 4-6 settimane. Se l’ulcera non
mostra segni di miglioramento, inteso come una riduzione di almeno il 50%
della superficie originaria, la modalità di scarico va rivista e/o l’aderenza al
trattamento incoraggiata [15].

- Controversie
Molti studi su tali dispositivi non valutano direttamente il grado di scarico
raggiunto dall’intervento. Tuttavia, tali misure, non solo migliorano la nostra
comprensione della prevenzione e della cura delle ulcere, ma suggeriscono
anche come migliorare i risultati. Il TCC gessato in vetroresina non
necessariamente è il trattamento gold standard, tutori rimovibili prefabbricati
resi irremovibili hanno dimostrato essere efficaci quanto il TCC. Oltretutto, la
maggior parte degli studi si è concentrata sul trattamento delle ulcere plantari
dell’avampiede, neuropatiche non complicate. Non sono disponibili dati sul
valore dello scarico nella guarigione delle ulcere plantari complicate, delle
ulcere metatarsali e del tallone, nonostante siano le più comuni. Pazienti a
rischio che non hanno ancora sviluppato un’ulcera del piede sono stati poco
studiati in relazione all’effetto delle calzature e delle procedure di scarico. I
costi e il rapporto costo/beneficio hanno ricevuto poca attenzione.

15.2.2.4.4. Trattamento della neuroartropatia di Charcot


Obiettivo terapeutico fondamentale nella neuroartropatia di Charcot è la
prevenzione; occorre intercettare prima possibile gli stadi precoci del quadro
704 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

sintomatologico al fine di ottenere un piede plantigrado e stabile, allo scopo


di prevenire la ricorrenza di ulcere e amputazioni [3]. Il dispositivo TCC è il
principale trattamento, anche se oramai non molto usato. Il RCW reso
irremovibile è una valida alternativa. Questa opzione è riservata ai medici che
non hanno esperienza o abilità nel gestire i pazienti ad intervalli frequenti per
la cura con TCC, ai pazienti che non hanno la possibilità economica di
usufruire del TCC e ai pazienti con un edema significativo o un’infezione che
precluda l’uso del TCC. Il dilemma sui dispositivi removibili è dato dalla
bassa compliance in relazione ad essi. Un’altra alternativa è rappresentata dal
CROW (Charcot Restraint Orthotic Walker) un dispositivo “a conchiglia”
interamente imbottito che riveste il piede, la caviglia e la gamba, simile ad
uno scarpone da sci. Pur essendo ingombrante offre un ottimo supporto per
scaricare le ulcere del piede, lo svantaggio è che blocca l’articolazione tibio-
tarsica [118]. Per non poggiare il carico, il paziente può fare ricorso all’uso di
bastoni canadesi, knee walker, carrozzine [21].
Il dispositivo di scarico è indossato per circa 4-6 mesi, o talvolta per un
periodo più lungo, fino alla fase di quiescenza, ovvero quando
l'infiammazione si è attenuata e la differenza di temperatura tra i due piedi è
inferiore a 2 gradi Celsius o 4 gradi Fahrenheit: ciò indica il ristabilimento
dell'equilibrio osteoblatico / osteoclastico. Una volta che la differenza di
temperatura tra i piedi è minore di un grado Celsius, si possono prescrivere
calzature permanenti. Il paziente richiederà un attento follow-up a lungo
termine, in quanto la ricorrenza del processo di Charcot è alta e anche il piede
controlaterale può andare incontro a cambiamenti simili. La neuroartropatia
di Charcot nell’avampiede è più suscettibile al trattamento conservativo e ha
un tasso di recidiva minore rispetto alla caviglia e al retropiede.
L’uso dei bifosfonati è sconsigliato, a meno che non faccia parte di una
sperimentazione clinica. La chirurgia è generalmente consigliata in presenza
di osteomielite, per rimuovere protuberanze ossee o correggere le deformità
che non possono essere trattate con calzature terapeutiche e/o ortesi
personalizzate [3, 118].
15. Bp e Lg riabilitative nel trattamento del diabete 705

Tabella 15.3. Linee guida nella riabilitazione del paziente diabetico.

LINEE GUIDA SOCIETÀ FONTE MD MP GRADE

Standards of medical care American Diabetes Care Diabetes Sì


Sì Sì
in diabetes [8]. Association, (2018). Journals modificato
International
IDF Clinical Practice Società
Diabetes
Recommendations on the Italiana di Sì Sì No
Federation,
Diabetic Foot [3]. Diabetologia
(2017).
Joslin Diabetes
Clinical guideline for adults
Center & Joslin Joslin Sì Sì No
with diabetes [10].
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Società
Standard italiani per la cura
Amd/Sid, (2018). Italiana di Sì Sì Sì
del diabete mellito [11].
Diabetologia
General practice
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management of type 2 Sì Sì
(2016). Australia [P]
diabetes [12].
The management of
diabetic foot: A clinical
practice guideline by the
Society for Vascular
Svs/Ampa/Svm,
Surgery in collaboration vascular.org Sì Sì Sì
(2016).
with the American
Podiatric Medical
Association and the Society
for Vascular Medicine [13].
WHS guidelines update: Wound
Diabetic foot ulcer Whs, (2016). repair and Sì Sì No
treatment guidelines [14]. regeneration
Linee Guida dell’IWGDF
2015 sulla Prevenzione e International
Management del Piede Working Group On
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prevention and Nice, (2015). Nice Sì Sì
[P]
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Clinical practice guidelines
Società
for developing a Diabetes
Aace/Ace, (2015). Italiana di Sì Sì Sì
Mellitus comprehensive
Diabetologia
care plan [17].
706 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Institute For
Diagnosis and Management
Clinical Systems Sì
of Diabetes Mellitus in ICSI Sì Sì
Improvement, [P]
Adults, Type 2 [18].
(2014).
Clinical practice guidelines
Società
for the prevention and Canadian Diabetes Sì
Italiana di Sì Sì
management of Diabetes in Association, (2013). [P]
Diabetologia
Canada [19]
Best Practice Guidelines: Wounds
woundsinter
Wound management in International, Sì Sì No
national.com
diabetic foot ulcers [20] (2013).
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Management of Foot Ulcers
Rnao, (2013). rnao.ca Sì Sì No
for People with Diabetes –
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Clinical Practice Guideline

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Clinical Practice Guideline
for the Diagnosis and
Idsa, (2012). idsociety.org Sì Sì Sì
Treatment of Diabetic Foot
Infections [23].
Prevention, Identification
and Management of Foot Commonwealth Of Diabetes Sì
Sì No
Complications in Diabetes Australia, (2011). Australia [P]
[24].
Evidence-based guideline:
American Academy
Treatment of Sì
Of Neurology, Neurology Sì Sì
painful diabetic neuropathy modificato
(2011).
[25].
Scottish
Management of diabetes: a
Intercollegiate
national clinical guideline Sign Sì Sì Sì
Guidelines
[26].
Network, (2010).
Tab. 15.3. Caratteristiche delle linee guida considerate (MD: multi-disciplinarietà, MP: multi-
professionalità, [P]: include associazione o rappresentanti dei pazienti/genitori, GRADE: presenza
dei criteri di valutazione delle raccomandazioni secondo metodica GRADE (GRADE Working
Group, 2004).

15.3. Discussione e raccomandazioni riabilitative e / o


farmacologiche

15.3.1. Raccomandazioni di grado forte


Tutte le linee guida analizzate confermano l’importanza dell’esercizio fisico
come strumento di prevenzione e di trattamento nel paziente diabetico.
15. Bp e Lg riabilitative nel trattamento del diabete 707

Tenendo conto dei dati anamnestici del paziente e della presenza di eventuali
fattori di rischio cardiovascolare, gli esercenti le professioni sanitarie
dovrebbero stilare un programma personalizzato di esercizi in base alle
esigenze dell’individuo.
L’attività aerobica e contro resistenza nel paziente affetto da DM di tipo 2
sono raccomandati, in accordo con le linee guida italiane [11], con grado di
evidenza A; in accordo con le linee guida americane e canadesi [8, 19]
vengono raccomandati con grado di evidenza B. Per i pazienti a rischio di
sviluppo di DM e in sovrappeso/obesi, il ricorso alla dieta e all’attività fisica
moderata risulta raccomandato con grado di evidenza A dalle linee guida
americane, italiane e australiane [8, 11, 24].
In merito alla neuropatia diabetica periferica, la terapia farmacologica con
Pregabalin rappresenta l’approccio più efficace, raccomandato con grado di
evidenza A da tutte le linee guida da noi considerate [8, 17, 19, 22, 25, 26]. Il
ricorso al Gabapentin [17, 22, 26], all’amitriptilina, alla venlafaxina e alla
duloxetina [8, 17, 22, 26] è consigliato con evidenza forte dalla maggior parte
delle società scientifiche.

15.3.2. Raccomandazioni di grado moderato-debole


Le linee guida americane e canadesi [8, 19] affermano inoltre che la rilevanza
dell'attività fisica aerobica e contro resistenza nei pazienti affetti da DM di
tipo 1 risulta comparabile a quella della popolazione in generale, dunque è
raccomandabile con evidenza di grado C. Gli esercizi di flessibilità ed
equilibrio potrebbero essere raccomandati in tutti i pazienti affetti da DM, e
di rinforzo muscolare nei pazienti giovani, in accordo con le linee guida ADA
[8]; questi esercizi acquistano maggiore evidenza, di grado B, nell’ambito del
ricondizionamento motorio del paziente neuropatico.
Nella terapia del dolore neuropatico il valproato di sodio [19, 25], l’isosorbide
dinitrato spray [19], il cerotto lidoderm [25] e il ricorso all’elettroterapia [25]
mostrano un’evidenza di grado B secondo le linee guida canadesi e dei
neurologi americani.
Il trattamento locale dell’ulcera nel piede diabetico è raccomandato in
maniera differente a seconda del grado di lesione. Le società scientifiche
canadesi, dei chirurghi vascolari americani e dell’IWGDF [13, 15, 19]
affermano che, nelle lesioni superficiali, il debridement del tessuto necrotico
e la creazione di un ambiente umido rappresentano le principali soluzioni con
evidenza di grado B, associate all’intervento con elettrostimolazione
percutanea [15]. Nel caso in cui si verifichi una sovrainfezione si ricorre alla
terapia antibiotica [11, 15]; qualora si precipiti in un quadro di osteomielite si
ricorre alla rimozione dell’osso infetto (amputazione) [15]. Minori evidenze si
708 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

raccolgono riguardo ad interventi chirurgici quali le tenotomie, gli


allungamenti del tendine achilleo, l’artroplastica, la resezione delle teste
metatarsali, l’osteotomia [15].
In ambito riabilitativo, tra i dispositivi di scarico, i TCC rappresentano il gold
standard con evidenze di grado moderato in accordo con le linee guida
italiane, i chirurghi vascolari americani, il gruppo internazionale del piede
diabetico, le linee guida australiane e scozzesi [11, 13, 15, 24, 26]. Qualora ci
siano controindicazioni all’utilizzo di questi dispositivi, nonostante le minori
evidenze, vengono preferiti i dispositivi RCW [13, 15, 26]. Da menzionare, con
debole raccomandazione, le calzature su misura, i distanziatori delle dita, i
plantari, le ortesi, la schiuma di lattice con feltro [8, 11, 13, 15, 26].

15.3.3. Terapie non raccomandate


Totalmente contrari sono i pareri riguardo l’impiego nel dolore neuropatico
di oxacarbazepina, lamotrigina, lacosamide, clonidina, pentoxifillina,
mexiletina, mezzi fisici (campi elettromagnetici, laser terapia) e Reiki terapia
[16, 25].
Neanche la decompressione del nervo viene indicata come efficace [15].
Infine, nella gestione del piede diabetico si sconsiglia l’uso di scarpe
convenzionali [15, 20, 26].

15.3.4. Raccomandazioni non formulabili


Nel trattamento del dolore neuropatico non viene menzionato un grado di
raccomandazione valido per i seguenti farmaci: gli analgesici, il topiramato,
la desipramina, l’imipramina, la fluoxetina, la nortriptilina + flufenazina, le
vitamine e l’acido alfa-lipoico [22, 25]. Molta discordanza sussiste nella
considerazione terapeutica degli oppioidi, la cui raccomandazione va dal
grado forte (GRADE A) per le linee guida spagnole del 2012 [22], alla non
raccomandazione delle recenti linee guida americane 2018 [8].
Nel trattamento della neuropatia diabetica l’utilizzo degli inibitori
dell’aldeide reduttasi, gli antiossidanti, i vasodilatatori, i prodotti finali della
glicosilazione avanzata e i nerve growth factors potrebbero essere
raccomandati secondo la linea guida internazionale sul piede diabetico [3],
anche se non esiste alcun grado di evidenza espresso.
Passando ad occuparci del piede diabetico, emerge dissonanza tra le evidenze
per l’uso della NPWT, della terapia iperbarica, dei fattori di crescita, degli
innesti e colture cellulari: per quest’ultime alcune linee guida asseriscono
raccomandazione incerta [15, 16, 19, 20], altre negano la raccomandazione [11,
15, 16].
15. Bp e Lg riabilitative nel trattamento del diabete 709

15.4. Linee guida sull’esercizio fisico nel trattamento del diabete


Attività aerobica
AACE/ ADA, AMD/S
COM. OST
ACE, 2018. ID, CDA, ICSI, JOSL,
AUST, EBA,
2015. 2018. 2013. 2014. 2017.
2013. 2012.

R G R G R G R G R G R G R R G
Attività _ _ _ _
_ _ R C _ _ R C _ R A
aerobica DM1
Attività
_ _ R B R A R B _ _ R A _ _ _
aerobica DM2
Esercizio contro resistenza
Es. contro _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
resistenza _ _ R C
DM1
Es. contro _ _ _ _ _ _
resistenza _ _ R B R A R B R
DM2
Riduzione vita sedentaria
Riduzione _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
sedentarietà _ _ R B
DM2
Esercizi di flessibilità ed equilibrio
Stretching _ _ R C _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
Pazienti in sovrappeso o obesi
Calo _ _ _ _ _ _ _ _
ponderale + _ _ R A R _ _
esercizio
Pazienti giovani
Att. aerobica + _ _ _ _ _ _ _ _
_ _ R C _ _ _
rinforzo musc.
Pazienti a rischio sviluppo di DM
Dieta + attività
fisica R B R A R A _ _ R A _ _ _ _ _
moderata
Gestione ipoglicemia associata all’esercizio fisico
Controllo
glicemia + _ _ _ _ _ _
_ _ R B R B _ _ _
attività
moderata
Tab. 15.4. Linee guida sull’esercizio fisico nel trattamento del diabete. Sono riportate le terapie
in funzione dell’indicazione terapeutica. (Legenda. In alto: R: raccomandazione, G: GRADE /
GRADE modificato; in tabella: R: raccomandato; GRADE: D: Molto Basso, C: Basso, B:
Moderato, A: Alto).
710

15.5. Linee guida nel trattamento della neuropatia diabetica


AMD SIGN
AACE AAN ADA CDA IDF JOSLIN NICE OSTEBA
SID 2010
ACE 2015 2011 2018 2013 2017 2017 2013 2012
2018 R G
R G R G R G R G R R R R G*
R G
Trattamento del dolore neuropatico
_
Analgesici _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ INC D
_
R
Pregabalin R A R A R A _ _ R A R _ R R A
A
R
Gabapentin R A R B R B _ _ R B R _ R R A
A
_
valproato di sodio R A R B _ _ _ _ R B _ _ _ _ _
_
INC _
Topiramato _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ NR _ _
D _
_
Oxcarbazepina, lamotrigina, e lacosamide _ _ NR B _ _ _ _ _ _ _ _ NR _ _
_
TCAs e SNRIs
R
(Amitriptilina, venlafaxina*, R A R B R A** _ _ R B R _ R/ NR* R A
A
duloxetina**)
Desipramina, imipramina, fluoxetina INC _
_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
nortriptilina + flufenazina D _
Oppioidi, (tapentadolo o tramadolo*,
R
dextrometorfano, morfina sulfato**, _ _ R B NR E _ _ R B R _ R*/ NR** R A
B
LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

ossicodone)
Capsaicina*, isosorbide dinitrato spray**, R _
_ _ R B _ _ _ _ _ _ R* _ _
cerotto Lidoderm B** _
_
Clonidina, pentoxifillina e mexiletina _ _ NR B _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
_
INC _
Vitamine e acido alfa-lipoico _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
D _
_
PENS/ TENS/ FREMS _ _ R B _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
_
_
Campi elettromagnetici _ _ NR B _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
_
_
Laser a bassa intensità _ _ NR B _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
_
_
Reiki terapia _ _ NR B _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
_
Trattamento del decondizionamento motorio
_
15. Bp e Lg riabilitative nel trattamento del diabete

Esercizi di rinforzo muscolare R B _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _


_
_
Training deambulazione ed equilibrio R B _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
_
Tab. 15.5. Linee guida nel trattamento della neuropatia diabetica. Sono riportate le terapie in funzione dell’indicazione terapeutica. (Legenda. In alto: R:
raccomandazione, G: GRADE/GRADE modificato, G*: grado di raccomandazione secondo SIGN; in tabella: R: raccomandato, INC: raccomandazione incerta,
NR: non raccomandato; GRADE: D = Molto Basso, C = Basso, B: Moderato, A: Alto).
711
15.6. Linee guida nel trattamento del piede diabetico
712

ADA AMD/SID Australia CDA IDF IWGDF JOSLIN NICE SIGN SVS WHS WI
2018 2018 2011 2013 2017 2016 2017 2015 2010 AMPA 2016 2013
SVM
2016
R G R G R G R G R R FR QE R R R G R G FR R FE R

Trattamento locale della lesione (a seconda del grado di lesione)

Debridement _ _ _ _ R EO R B R R F B _ R _ _ R B 1 R I R
Creare ambiente R
_ _ _ _ R EO R B R R F B _ _ _ _ R B 1 R I
umido
NPWT _ _ R B R B _ _ R INC D M _ R R B R B 1 R I INC

Terapia iperbarica _ _ _ _ R B INC D _ INC D M _ NR _ _ R B 1 R I INC

Fattori di crescita _ _ _ _ _ _ INC D R NR F B _ NR _ _ R B 2 R I INC

Innesti/ colture INC


_ _ NR B R B INC D R NR F B _ R _ _ R C 2 R I
cellulari
Elettrostimolazione R
_ _ _ _ _ _ _ _ _ R F B _ R _ _ _ _ _ R I
percutanea
Altri mezzi fisici _ _ _ _ _ _ _ _ _ NR F B _ NR _ _ _ _ _ _ _ _

Trattamento dell’infezione (a seconda del grado di lesione)

Antibioticoterapia _ _ R B _ _ _ _ R R F B R R _ _ _ _ _ R I R

Amputazione _ _ _ _ _ _ _ _ R R F B _ _ _ _ _ _ _ R II R

Chirurgia (a seconda del grado di lesione)


Tenotomia del _
_ _ _ _ _ _ _ _ _ R D B _ _ _ _ _ _ _ _ _
flessore
Allungamento _
_ _ _ _ _ _ _ _ R R D B _ _ _ _ _ _ _ R II
tendine achilleo
Artroplastica _ _ _ _ _ _ _ _ _ R D B _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa
Resezione teste _
_ _ _ _ _ _ _ _ R R D B _ _ _ _ _ _ _ _ _
metatarsali
Osteotomia _ _ _ _ _ _ _ _ _ R D B _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
Decompressione _
_ _ _ _ _ _ _ _ _ NR D B _ _ _ _ _ _ _ _ _
nervo
Dispositivi di scarico

TCC _ _ R B R B _ _ R R F A _ R R B R B 1 R I R

RCW _ _ _ _ _ _ _ _ R R D M _ R R B R C 2 _ _ R
Dispositivi R
_ _ _ _ R EO _ _ _ R D M _ _ _ _ _ _ _ _ _
removibili
Calzature su misura R B R B _ _ _ _ _ R F B R _ R B R B 1 R I R

Distanziatori R
_ _ R B _ _ _ _ R R D B _ _ _ _ _ _ _ R I
dita/plantari/ortesi
Schiuma di lattice R
_ _ _ _ _ _ _ _ R R D B _ _ _ _ _ _ _ _ _
con feltro
15. Bp e Lg riabilitative nel trattamento del diabete

Scarpe convenzionali _ _ _ _ _ _ _ _ _ NR F B _ _ NR B NR C 2 _ _ NR
Tab. 15.6. Linee guida nel trattamento del piede diabetico. Sono riportate le terapie in funzione dell’indicazione terapeutica. (Legenda. In alto: R:
raccomandazione, G: GRADE/GRADE modificato, FR: forza della raccomandazione, QE qualità delle evidenze, FE: forza evidenza; in tabella: R: raccomandato,
INC: raccomandazione incerta, NR: non raccomandato; GRADE: D: Molto Basso, C: Basso, B: Moderato, A: Alto; EO: osservazione degli esperti; FR: F/1 forte,
D/2 debole; QE: A alta, M moderata, B bassa; FE: forza evidenza: I, II, III, IV).
713
714 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

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Prof. Valter Santilli

Linee guida, buone pratiche


ed evidenze scientifiche
in Medicina Fisica e Riabilitativa

Capitolo 16

Buone pratiche e linee guida riabilitative


nel trattamento delle vasculopatie
(arteriopatie ed anomalie congenite vascolari)

Coautori

Nicolò Scappatura MD, Claudia Celletti MD, PhD


Sandro Michelini MD, PhD
16. Buone pratiche e linee guida riabilitative
16.nel trattamento
Buone delle
pratiche vasculopatie
e linee guida riabilitative
(arteriopatie ed anomalie congenite vascolari)
nel trattamento delle vasculopatie
(arteriopatie ed anomalie congenite
Coautori
vascolari)
Nicolò Scappatura  MD, Claudia Celletti  MD, PhD
1 2

Sandro Michelini 3 MD, PhD


Coautori
1
Scuola di Specializzazione in
1 Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
Nicolò Scappatura MD, Claudia Celletti MD, PhD, Sandro Michelini
2 3
2
Dirigente Medico di I Livello, Medicina Fisica e Riabilitativa, Policlinico Universitario
MD, PhD
“Umberto I”, Roma
3
Responsabile U.O. di Riabilitazione, Ospedale “San Giovanni Battista ACISMOM”, Roma
1 Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma

2 Dirigente Medico di I Livello, Medicina Fisica e Riabilitativa, Policlinico Universitario

“Umberto I”, Roma


3 Responsabile U.O. di Riabilitazione, Ospedale “San Giovanni Battista ACISMOM”, Roma

ABSTRACT

Background: L’arteriopatia periferica degli arti inferiori rappresenta una


delle più frequenti manifestazioni della malattia aterosclerotica; è una
malattia cronica in cui stenosi o occlusioni delle arterie periferiche
provocano un flusso sanguigno insufficiente a livello degli arti
inferiori. L'aterosclerosi delle grandi arterie è la causa del 20% di tutti gli
ictus ischemici con meccanismo in genere embolico. Si definisce sintomatica
una stenosi carotidea associata a TIA o minor stroke nel territorio
corrispondente verificatosi nei 6 mesi precedenti. Le anomalie vascolari
costituiscono un gruppo eterogeneo di patologie dell’apparato circolatorio
caratterizzate da alterazioni morfo-strutturali e/o funzionali di varia natura,
gravita ed estensione che possono interessare ogni tipo di vaso ematico e/o
linfatico, di qualunque calibro o distretto anatomico.
L’obiettivo del nostro studio è di portare alla luce le principali evidenze che
forniscano al medico specialista in medicina fisica e riabilitativa le
indicazioni per una corretta gestione del paziente affetto da arteriopatia
periferica degli arti inferiori, stenosi della carotide e anomalie vascolari.
Materiali e metodi: Attraverso una ricerca sui motori di ricerca Pubmed e
Google Scholar, sono state selezionate le linee guida redatte negli ultimi 10
anni e le meta-analisi o le review sistematiche pubblicate negli ultimi 5 anni.
724 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Risultati: Per le arteriopatie periferiche degli arti inferiori sono state


selezionate 6 linee guida e 1 meta-analisi; per la stenosi della carotide sono
state selezionate 4 linee guida; per le anomalie vascolari sono state
selezionate 5 linee guida.
Conclusioni: Riguardo l'aspetto riabilitativo nelle arteriopatie periferiche
degli arti inferiori, emergono forti evidenze scientifiche per la
raccomandazione di esercizio fisico supervisionato. Di scarsa qualità sono
invece le raccomandazioni in merito all'esercizio fisico non supervisionato,
in alternativa all'esercizio supervisionato nel caso in cui quest'ultimo non
fosse possibile. Nella gestione della stenosi della carotide, l'approccio
terapeutico, sia farmacologico che chirurgico, è ampiamente affrontato nel
panorama scientifico internazionale. Altrettanto non si può dire per
l'approccio riabilitativo, le cui raccomandazioni sono totalmente
assenti. Riguardo le anomalie vascolari, le raccomandazioni farmacologiche
e / o chirurgiche sono ancora molto carenti e non supportate da forti
evidenze scientifiche. Ancora più critica è la situazione nel panorama
riabilitativo, nel quale solamente due linee guida forniscono
raccomandazioni, le quali non sono però supportate da alcun livello di
evidenza e limitate peraltro alle malformazioni venose e linfatiche.

INTRODUZIONE

Nel presente capitolo, data la vastità dell'argomento, sono state prese in


considerazione tre patologie interessanti il distretto arterioso: l'arteriopatia
periferica degli arti inferiori, la stenosi della carotide e le anomalie vascolari.
L’Arteriopatia periferica degli arti inferiori rappresenta una delle più frequenti
manifestazioni della malattia aterosclerotica [1]; è una malattia cronica in cui
stenosi o occlusioni delle arterie periferiche provocano un flusso sanguigno
insufficiente a livello degli arti inferiori [2]. Si manifesta soprattutto in
soggetti trai 55-70 anni e la sua prevalenza aumenta con l'età. L'incidenza
nel sesso femminile è circa la metà rispetto al sesso maschile, ma diventa
sovrapponibile nell'età avanzata. Fumo, diabete, età avanzata, dislipidemia
e ipertensione arteriosa rappresentano i principali fattori di rischio [1]. La
claudicatio intermittens (IC) è considerata il sintomo più tipico di
arteriopatia periferica degli arti inferiori in una serie di manifestazioni
cliniche [2]. Può avere diverse presentazioni, categorizzate secondo la
classificazione di Fontaine o Rutherford. La classificazione di Fontaine [3]
identifica 4 stadi della malattia: 1°: asintomatico; 2°: claudicatio intermittens;
3°: dolore a riposo; 4°: ulcere cutanee o gangrena. Il 2° stadio viene
ulteriormente suddiviso in due categorie: 2°a: claudicatio lieve con
16. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle vasculopatie 725

intervallo libero di marcia > 200 metri; 2°b: claudicatio moderata-severa con
intervallo libero di marcia < 200 metri. La classificazione di Rutherford [3]
identifica ulteriori sottogruppi di pazienti in base alla gravità del quadro
clinico. La claudicatio viene suddivisa in 3 categorie: lieve con intervallo
libero di marcia > 200 metri, moderata (< 200 metri) e severa (< 100 metri).
Vengono inoltre distinte due categorie di lesioni trofiche cutanee: quella
caratterizzata da perdite tissutali minori e quella con perdite tissutali
maggiori o gangrena. Anche con un simile livello di estensione della
patologia ci può essere una grande variabilità nella sintomatologia tra i
diversi pazienti [3]. Esiste un'associazione significativa tra arteriopatia
periferica degli arti inferiori e attività giornaliera limitata, diminuzione della
qualità della vita e aumento della mortalità [4-6]. L'ankle brachial index (ABI)
[3] è uno strumento non invasivo per la diagnosi e la sorveglianza
dell’arteriopatia periferica degli arti inferiori, nonché un buon indicatore di
aterosclerosi generalizzata e rischio cardiovascolare. Un ABI ≤ 0,90 è
associato ad un rischio cardiovascolare e di morte aumentato di 2-3 volte.
Un ABI > 1,40 è indicativo di irrigidimento arterioso (calcificazione
arteriosa). È un metodo valido di valutazione del rischio cardiovascolare in
diversi gruppi etnici, indipendentemente dai fattori di rischio.
Tabella 16.1.
Stadio 1 Paziente asintomatico
Stadio 2a Claudicatio intermittens lieve
Stadio 2b Claudicatio intermittens moderata-severa
Stadio 3 Dolore a riposo
Stadio 4 Ulcere cutanee o gangrena
Tab. 16.1. Classificazione di Fontaine.

Tabella 16.2.
GRADO CATEGORIA CLINICA
0 0 Paziente asintomatico
I 1 Claudicatio intermittens lieve
I 2 Claudicatio intermittens moderata
I 3 Claudicatio intermittens severa
II 4 Dolore a riposo
III 5 Perdite tissutali minori
III 6 Perdite tissutali maggiori
Tab. 16.2. Classificazione di Rutherford.

L'aterosclerosi delle grandi arterie è la causa del 20% di tutti gli ictus
ischemici con meccanismo in genere embolico. Si definisce sintomatica una
stenosi carotidea associata a TIA o minor stroke nel territorio corrispondente
verificatosi nei 6 mesi precedenti [7]. Nei pazienti con sintomi neurologici di
726 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

ischemia cerebrale è indicata una visita neurologica per stabilire se i sintomi


sono riferibili al territorio carotideo (manifestazioni emisferiche o oculari) o
ad altro territorio interessato. Più frequentemente l'eziopatogenesi è
embolica a partenza dalla placca carotidea, mentre più di rado le
manifestazioni neurologiche sono il risultato di ipo-perfusione cerebrale (ad
esempio in caso di grave stenosi carotidea e ipotensione concomitante) e in
tal caso i TIA sono chiamati a basso flusso, mentre le manifestazioni
cerebrali ischemiche permanenti sono definite ictus emodinamici [7].

Le Anomalie vascolari costituiscono un gruppo eterogeneo di patologie


dell’apparato circolatorio caratterizzate da alterazioni morfo-strutturali e/o
funzionali di varia natura, gravita ed estensione che possono interessare
ogni tipo di vaso ematico e/o linfatico, di qualunque calibro o distretto
anatomico [8]. Le anomalie vascolari sono errori nello sviluppo embrionale
dei vasi, su base genetica multifattoriale. Le anomalie vascolari vengono
classificate secondo la nuova classificazione adottata dall’ISSVA nel 2014 che
costituisce un’evoluzione, integrata e dettagliata, di quella del 1996 [8].
Tabella 16.3.
Tumori vascolari
Benigni
Localmente aggressivi o borderline
Maligni
Malformazioni vascolari semplici
Malformazioni capillari
Malformazioni linfatiche
Malformazioni venose
Malformazioni artero-venose
Fistole artero-venose
Malformazioni vascolari combinate
Malformazioni capillaro-venose
Malformazioni capillaro-linfatiche
Malformazioni linfatico-venose
Malformazioni capillaro-artero-venose
Malformazioni capillaro-linfatico-artero-venose
Altre combinazioni
Malformazioni dei vasi maggiori
Malformazioni vascolari associate ad altre anomalie congenite
Tab. 16.3. Classificazione ISSVA (2014) delle anomalie vascolari.

Una collocazione particolare merita un gruppo di malformazioni definibili


come Malformazioni Complesse o Sindromiche [9]. Si caratterizzano per alcune
peculiarità: possibile coesistenza di 2 o più differenti componenti istologiche
(malformazioni combinate); possibili localizzazioni multiple o disseminate,
con componenti cutanee associate a componenti viscerali; possibile
16. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle vasculopatie 727

coesistenza di anomalie non vascolari; connotazione genetica accertata o in


fase di definizione. Insorgenza sporadica per mutazione somatica o
trasmissione ereditaria. L’anomalia vascolare in questi quadri malformativi
può non essere la caratteristica prioritaria. Un elemento comune a molte
sindromi e l’ipertrofia / gigantismo scheletrico e di altre componenti
tissutali. Pertanto le malformazioni complesse possono essere suddivise in 2
grandi gruppi: malformazioni associate ad ipertrofia e / o gigantismo
(gruppo A) e malformazioni non associate ad ipertrofia e / o gigantismo
(gruppo B) [9].

I Criteri distintivi clinici, epidemiologici, diagnostici e terapeutici delle


sindromi del gruppo A sono:

1.A. Klippel-Trenaunay-Weber (KTWS), questa patologia è anche nota come


sindrome angio-osteoipertrofica. Clinicamente si manifesta con arto
inferiore e / o superiore, anomalie venose (superficiali e / o profonde),
malformazione capillare, malformazione linfatica, ipertrofia scheletrica e
delle parti molli. Epidemiologia: ignota. È compresa nell’Elenco Malattie
Rare (codice esenzione RN1510). Eziopatogenesi: sporadica; in alcuni
soggetti sono state identificate mutazioni somatiche nel gene PIK3CA e
mutazioni germinali dei geni AGGF1 e RASA1 [10-11]. Occasionalmente,
sono stati descritti casi familiari che supportano il modello di ereditarietà
dominante o paradominante, quest’ultimo detto anche modello del second-
hit (la mutazione germinale deve essere accompagnata da una seconda
mutazione somatica affinché il fenotipo si manifesti). Diagnosi: valutazione
ecodoppler circolo venoso profondo, angioRM, monitoraggio ortopedico.
Terapia: varicectomie, scleroterapia, laser, epifisiodesi.

2.A. Parkes Weber (PKWS). Spesso confusa o inclusa nella precedente.


Clinica: arto inferiore o superiore, malformazione capillare, shunts A-V,
ipertrofia scheletrica e delle parti molli. Epidemiologia: ignota.
Eziopatogenesi: correlata, in una elevata percentuale di casi, ad una
mutazione in eterozigosi del gene RASA1 compatibile con il modello si
trasmissione dominante. [12]. Diagnosi: ecocolordoppler, angioRM,
monitoraggio ortopedico. Terapia: conservativa, laser / embolizzazione in
casi selezionati, epifisiodesi.

3.A. CLOVES. Acronimo di Congenital Lipomatous Overgrowth Vascular


anomalies, Epidermal nevi, Spinal anomalies. Clinica: distribuzione a mosaico
delle lesioni, lipomi proliferanti al dorso, nevi epidermici e malformazione
capillare, linfangioma e / o malformazione a-v (spinale o paraspinale),
anomalie mani o piedi con ipertrofia scheletrica e delle parti molli [13-14].
728 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Epidemiologia: ignota. Meno di 100 casi descritti. Non e compresa


nell’elenco ministeriale delle malattie rare. Eziopatogenesi: studi recenti
dimostrerebbero una correlazione alle mutazioni attivanti del gene PIC3CA,
presenti in mosaico a livello somatico in una fase precoce dello sviluppo
embrionale (post-zigotiche), che causerebbe l’incremento di attività della
fosfoinositide-3-kinasi. Nell’ipotesi eziopatogenetica di questa sindrome
sembra proporsi il concetto di geni mutati compatibili con la sopravvivenza
solo in mosaicismo. Diagnosi: angioRM. Terapia: asportazione chirurgica
lipomi/linfangiomi (eventuale scleroterapia), correzione chirurgica anomalie
mani e piedi (amputazioni di minima), embolizzazione su MAV spinali.

4.A Proteus (PS). Confusa spesso con la precedente. Clinica: mosaicismo e


progressività deformante delle lesioni, anomalie scheletriche agli arti e alle
estremità, iperostosi, dimorfismo del volto, ritardo mentale, malformazioni
vascolari di vario tipo, lipomi, nevi epidermici con aspetto cerebriforme
(collagenomi), associata a tumori rari, sopravvivenza limitata.
Epidemiologia: Estremamente rara (< 1 caso per milione di abitanti). È
compresa nell’elenco Malattie Rare (codice esenzione RN1170).
Eziopatogenesi: correlata ad una mutazione attivante del gene AKT1, la
c.49G, che causa la sostituzione amminoacidica p.(Glu17Lys), riscontrabile
in mosaicismo, come per la precedente, esclusivamente nei tessuti affetti
[15]. Diagnosi: angioRM, monitoraggio cerebrale ed ortopedico,
monitoraggio ecografico addominale (tumori rari) Terapia: conservativa.

5.A Malformazione Capillare Diffusa con Ipertrofia (DCMO). Di recente


identificazione [16]. Clinica: malformazione capillare reticolare diffusa con
demarcazione ad un emisoma associata ad ipertrofia di un arto o dell’intero
emisoma. Epidemiologia ed eziopatogenesi: ignote. Diagnosi: valutazione
ecodoppler circolo venoso, monitoraggio ortopedico. Terapia: conservativa,
laser su malformazione capillare.

6.A Cutis Marmorata Teleangectasica Congenita (CMTC). Clinica:


malformazione capillare reticolare diffusa su cute atrofica (a volte ulcerata)
con demarcazione ad un emisoma associata ad ipertrofia o ipotrofia di un
arto o dell’intero emisoma. Tendenza alla attenuazione [17]. Epidemiologia:
ignota. Descritto un unico caso presumibilmente associato ad una variante
omozigote del gene ARL6IP6, la c.192G>A che causa la terminazione
prematura della proteina p.(Trp64*), secondo il modello di trasmissione
autosomico recessivo. È compresa nell’elenco Malattie Rare (codice
esenzione RN0540). Diagnosi: valutazione ecodoppler del circolo venoso.
Terapia: conservativa.
16. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle vasculopatie 729

7.A Macrocefalia-Malformazione Capillare (M-CM). Clinica: malformazione


capillare diffusa (e centro-facciale), ipertrofia di un arto ed anomalie mano o
piede, grave dimorfismo craniofacciale con macrocefalia (possibile ritardo
mentale riscontrabile entro i 2 anni). Epidemiologia: ignota. Eziopatogenesi:
in gioco vi sarebbe la mutazione del gene PIK3CA a livello somatico [18].
Diagnosi: RM / TC cerebrale e cranio-facciale. Terapia: conservativa.

8.A Sindrome di Beckwith-Wiedemann (BWS). Clinica: emipertrofia, lipomi,


macroglossia, onfalocele, visceromegalia, malformazione capillare centro
facciale [19]. Epidemiologia ed eziopatogenesi: ignote. A livello genetico, la
BWS sembrerebbe essere causata da mutazioni o delezioni di geni specifici
come CDKN1C, H19 e KCNQ1OT1. Anche l'ipermetilazione e le variazioni
nella regione di controllo dell'imprinting di H19/IGF2 (ICR1) sul cromosoma
11p15.5, che regola l'espressione di H19 e IGF2, sono state associate alla
BWS. I modelli di ereditarietà possibili includono quello autosomico
dominante con espressività variabile, la disomia uniparentale o le
delezioni/inversioni del cromosoma 11 di origine paterna. È compresa
nell’elenco Malattie Rare (codice esenzione RN0820). Diagnosi: RM cerebrale
e addominale. Terapia: conservativa.

9.A Sindrome di Stewart-Bluefarb (SBS) o Pseudokaposi Sarcoma (PKS). Definita


anche come acroangiodermatite. Clinica: caratterizzata da malformazione
capillare ben delimitata “a placca”, localizzata all’arto inferiore nella sede di
shunts artero-venosi, associata ad ipertrofia ossea e delle parti molli [20-21].
Epidemiologia: ignota. Eziopatogenesi: una delle ipotesi ammette che alla
base vi sia un aumento locale della pressione venosa, determinato dalla
presenza degli shunts, che stimolerebbe la proliferazione endoteliale.
Diagnosi: ecocolordoppler, angioRM. Terapia: conservativa, laser e
embolizzazioni in casi selezionati.

10.A CLAPO. Acronimo di Capillary Malformation of the Lower Limb,


Lymphatic Malformation of the Faces and Neck, Asymmetry and partial /
generalized Overgrowth [22]. Clinica: caratterizzata da malformazione
capillare limitata al labbro inferiore associata ad ipertrofia progressive dello
stesso (macrocheilia), malformazione linfatica (talvolta venosa) al volto o
alla lingua, asimmetria e parziale o totale ipertrofia di un segmento corporeo
non correlata con malformazione vascolare. Non e associata a ritardo
mentale. Epidemiologia: ignota. Eziopatogenesi: ignota. Probabilmente
causata da mosaicismi somatici. Diagnosi: angioRM. Terapia: plastica
labiale, trattamento chirurgico e/o sclerosante della componente linfatica.
730 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

I Criteri distintivi clinici, epidemiologici, diagnostici e terapeutici delle


sindromi del gruppo B sono:

1.B Sindrome Blue Rubber Bleb Noevus (BRBN) o Sindrome di Bean. Clinica:
lesioni circoscritte di tipovenoso disseminate alla cute, mucose e ai visceri
interni, tratto gastro-enterico (tenue in primis), anemia, sideropenia.
Epidemiologia: estrema rarità, non più di 200 i casi documentati riportati in
letteratura. È compresa nell’elenco Malattie Rare (codice esenzione RN0150).
Eziopatogenesi: sporadica, ma sono state descritte famiglie in cui si e
evidenziata una trasmissione ereditaria autosomico dominante. È stato
individuato nel cromosoma 9p il gene mutato, recettore della tirosina kinasi,
TIE2 [23]. Diagnosi: angioRM addominale, gastro-colonscopia, video
capsula, monitoraggio crasi ematica Terapia: chirurgica nelle complicanze
occlusive intestinali, foto termocoagulazione laser o argon plasma per via
endoscopica, terapia medica con Somatostatina o Rapamicina in casi
selezionati [24].

2.B Sindrome di Osler-Weber-Rendu (OWR) o Teleangectasia Emorragica


Ereditaria (HHT) (tipo 1-5). Clinica: malattia ereditaria autosomica
dominante, teleangectasie cutaneo-mucose disseminate, shunts a-v viscerali
(polmonari in primis), epistassi / emoftoe. Epidemiologia: prevalenza nella
popolazione di 1-8 casi su 5-8.000 individui. È compresa nell’elenco Malattie
Rare (codice esenzione RG0100). Eziopatogenesi: correlata a mutazioni
eterozigoti di geni, coinvolti nello sviluppo del sistema circolatorio e nella
riparazione dei tessuti: l’endoglin (ENG) localizzato nel cromosoma 9 e
l’activin receptor-like type-1 (ACVRL1) che risiede nel cromosoma 12, il
growth differentiation factor 2 (GDF2) nel cromosoma 10 ed il gene SMAD
family member 4 (SMAD4) sul cromosoma 18 [25]. Diagnosi: angioRM/TC
polmonare [26]. Terapia: trattamento dell’epistassi con fotocoagulazione
laser, embolizzazione delle MAV polmonari, talidomide e bevacizumab in
casi selezionati [27].

3.B Sindrome di Cobb. Clinica: associazione metamerica di malformazione


cutanea capillare con malformazione a-v spinale o paraspinale,
sintomatologia neurologica di vario tipo [28]. Epidemiologia: di estrema
rarita con meno di 50 casi riportati in letteratura (probabile mancato
riconoscimento in molti casi). Eziopatologia: ignota. Diagnosi: angioRM / TC
spinale Terapia: conservativa (cortisonici), embolizzazione / chirurgia in casi
selezionati [29].

4.B Sindrome di Bonnet-Dechaume-Blanc o Sindrome di Wiburn-Mason o Sindrome


Congenita Retino Cefalo-Facciale (CRC). Clinica: triade caratterizzata come la
16. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle vasculopatie 731

precedente dalla combinazione di malformazioni vascolari superficiali e


profonde, in questo caso cutaneo-retinico-encefaliche di tipo esclusivamente
artero-venoso. Sintomatologia variabile oculare e neurologica. Epidemiologia:
la sindrome e di estrema rarità (meno di 50 casi accertati e descritti in
letteratura) [30]. Eziopatogenesi: ignota. Diagnosi: angioRM / TC,
monitoraggio oculistico. Terapia: conservativa, embolizzazione / tecniche
stereotassiche in casi selezionati su MAV cerebrali.

5.B Sindrome di Sturge-Weber (SW). Clinica: malformazione capillare (PWS)


fronto-oculare, glaucoma, malformazione capillaro-venosa leptomeningea
(calcificazioni, ipotrofia emisferica), attacchi epilettici. Epidemiologia: e
accreditata nell’ambito della popolazione una prevalenza non inferiore a 1:
20-50.00. È compresa nell’elenco Malattie Rare (codice esenzione RN0770).
Eziopatogenesi: la sindrome e sporadica, legata a mutazione somatica
individuata recentemente del gene GNAQ nel cromosoma 9q21 [31-32].
Diagnosi: angioRM cerebrale, monitoraggio oculistico e neurologico.
Terapia: antiepilettica, aspirina a basso dosaggio, terapia del glaucoma, laser
sulla manifestazione cutanea, chirurgia sui foci epilettogeni in casi
selezionati.

6.B Sindrome di Maffucci. Clinica: malformazione venosa associata ad


encondromi, localizzazione prevalente alle mani, frequente trasformazione
maligna (condrosarcomi). Epidemiologia: di estrema rarità, sono riportati in
letteratura non più di 200 casi. È compresa nell’elenco Malattie Rare (codice
esenzione RN0960). Eziopatogenesi: mutazione del gene IDH1 e IDH2 in
mosaicismo somatico [33-34]. Diagnosi: RX (fleboliti), monitoraggio
ortopedico (evoluzione maligna: condrosarcoma), sorveglianza per possibili
tumori maligni rari. Terapia: osteotomie mirate, courrettage e packing con
innesti ossei, amputazioni di minima. Scleroterapia e fotocoagulazione laser
sulla componente vascolare.

7.B Anomalia vascolare fibro-adiposa (FAVA). Clinica: malformazione venosa


extra-fasciale e intramuscolare associata a displasia fibroadiposa prevalente
[35]. Epidemiologia: ignota (sindrome di recente identificazione).
Eziopatogenesi: ignota. Diagnosi: angioRM. Terapia: resezione chirurgica
della muscolatura coinvolta (scleroterapia inefficace per la scarsa
componente vascolare).

8.B Sindrome con malformazioni capillari-malformazioni artero-venose (CM-AVM)


[9]. Clinica: multiple malformazioni capillari con aspetto di macule vascolari
di colore rosso-roseo, rotonde od ovalari, del diametro di 1-3 cm, in numero
superiore a 3, che raramente superano le 15 unita. Le macchie vascolari
732 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

possono essere di colore rosso-bruno o grigio, talora possono presentare


alone bianco. Si associano MAV e fistole artero-venose, specie a livello
intracranico e spinale. Epidemiologia: la sindrome e autosomica dominante.
Si tratta di una sindrome estremamente rara con prevalenza di 1/10.000
pazienti. Diagnosi: RM cerebro-spinale e nei casi dubbi test genetico per la
ricerca di varianti in eterozigosi del gene RASA1. Appartiene al gruppo
delle RASpatie. Terapia: chirurgia endo-vascolare.

Tabella 16.4.
Gruppo A Gruppo B
Associate ad ipertrofia e / o gigantismo Non associate ad ipertrofia e / o gigantismo
Klippel-Trenaunay (KTS) Sindrome Blue Rubber Bleb Noevus (BRBN)
Parkes Weber (PKWS) Sindrome di Osler-Weber-Rendu (OWR) o
Teleangectasia Emorragica Ereditaria (HHT)
CLOVES Sindrome di Cobb
Proteus (PS) Sindrome di Bonnet-Dechaume-Blanc o
Sindrome di Wiburn-Mason
Malformazione Capillare Diffusa con Sindrome di Sturge-Weber
Ipertrofia (DCMO)
Cutis Marmorata Teleangectasica Congenita Sindrome di Maffucci
(CMTC)
Macrocefalia Malformazione Capillare (M- Anomalia fibro-adiposa (FAVA)
CM)
Emipertrofia-lipomatosi o Beckwith- Sindrome con malformazioni
Wiedemann (BWS) capillarimalformazioni artero-venose (CV-
AVM)
Stewart-Bluefarb (SBS) o Pseudokaposi
Sarcoma (PKS)
CLAPO Capillary malformation Limphatic
malformation Asymmetry Partial /
generalized Overgrowth
Tab. 16.4. Malformazioni complesse o sindromiche.

16.1. Materiali e metodi

Sono state prese in considerazione le principali linee guida internazionali


presenti in letteratura negli ultimi 10 anni relative all'arteriopatia periferica
degli arti inferiori, alla stenosi della carotide e alle malformazioni vascolari.
Inoltre, sono state incluse le più recenti meta analisi e revisioni sistematiche
restringendo la finestra temporale a 5 anni. È stata condotta una ricerca sui
motori di ricerca Pubmed e Google Scholar utilizzando i parametri di ricerca
“arterial”, “artery”, “rehab*”, “arteriopathy”, “obliterative arteriopathy”,
“lower extremities”, “claudication”, “atherosclerotic disease”, “carotid”,
“vascular”, “arteriovenous”, “vasculopahty”, “vascular anomalies”,
“vascular malformations”, “arterio venous malformation*”. Articoli privi di
full text, articoli non in lingua inglese o italiana sono stati esclusi dalla
16. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle vasculopatie 733

ricerca. L'ultima ricerca effettuata risale a Giugno 2018 applicando i seguenti


filtri: "guideline", "meta-analysis", "systematic reviews", "full text", "10 years"
per le linee guida, "5 years" per le meta analisi, "humans". Sono stati messi in
risalto i punti in comune, le differenze e i possibili punti critici. Nelle linee
guida, per ogni trattamento preso in esame è specificato il livello di
raccomandazione basato o meno su un sistema tipo GRADE, che prevede la
gradazione delle evidenze sulla base della letteratura a supporto delle
stesse. Per la stesura di questo capitolo è stata presa in considerazione la
PRISMA Checklist per systematic reviews and meta-analyses, escludendo
gli items relativi i calcoli statistici.

Records identificati
AOP (n = 1233)
Stenosi carotide (n = 1148)
Anomalie vascolari (n = 959)

Records dopo rimozione


doppioni
AOP (n = 1078)
Stenosi carotide (n =987)
Anomalie vascolari (n =833)

Records screenati Records esclusi


AOP (n = 1078) AOP (n = 1042)
Stenosi carotide (n =987) Stenosi carotide (n = 945)
Anomalie vascolari (n =833) Anomalie vascolari (n = 806)

Articoli full-text valutati per l’ammissibilità Articoli full-text esclusi, con motivi
AOP (n = 36) AOP (n = 29)
Stenosi carotide (n = 42) Stenosi carotide (n = 38)
Anomalie vascolari (n = 27) Anomalie vascolari (n = 22)

Studi inclusi nella sintesi qualitativa


AOP (n = 7)
Stenosi carotide (n = 4)
Anomalie vascolari (n = 5)

Fig. 16.1. PRISMA 2009 Flow Diagram.

16.2. Risultati

16.2.1. Caratteristiche delle linee guida e meta-analisi

La tabella 16.5. riassume le caratteristiche delle linee guida delle meta analisi
nella riabilitazione delle vasculopatie.
734 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Tabella 16.5. Linee guida nelle arteriopatie e nelle malformazioni vascolari congenite
SOCIETÀ /
LINEE GUIDA FONTE MD MP GRADE
TITOLO ANNO
Arteriopatia
ESC/ESVS, PubMed
periferica degli Sì No Sì
2017 [3].
arti inferiori.
Arteriopatia
ACC/AHA,
periferica degli siapav.it/linee-guida Sì No Sì
2016 [36].
arti inferiori.
Arteriopatia
SVS,
periferica degli PubMed No No Sì
2015 [37].
arti inferiori.
Arteriopatia
SICVE,
periferica degli sicve.it Sì No Sì
2015 [1].
arti inferiori.
Arteriopatia
IUA,
periferica degli siapav.it/linee-guida Sì No Sì
2015 [38].
arti inferiori.
Arteriopatia
CEVF,
periferica degli siapav.it/linee-guida Sì No Sì
2013 [39].
arti inferiori.
ESC/ESVS,
Stenosi carotide. PubMed Sì No Sì
2017 [3].
ESVS,
Stenosi carotide. PubMed No No Sì
2017 [40].
SICVE,
Stenosi carotide. 2015 [7]. sicve.it Sì No Sì

ASA/ACCF/AHA/A
ANN/AANS/ACR/A
SNR/CNS/SAIP/
Stenosi carotide. SCAI/SIR/SNIS/SVM PubMed Sì No Sì
/SVS,
2011 [41].

AASABCEP,
Anomalie
2017 [42]. PubMed Sì No Sì
vascolari.

SISAV,
Anomalie
2015 [9]. PubMed Sì No Sì
vascolari.

SICVE,
Anomalie
2015 [8]. sicve.it Sì No Sì
vascolari.

Treatment
guidelines of
lymphatic
Anomalie
malformations of the PubMed Sì No No
vascolari.
head and neck,
2011 [43].
16. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle vasculopatie 735

Treatment guideline
for hemangiomas
Anomalie and vascular
PubMed Sì No No
vascolari. malformations of the
head and neck,
2010 [44].

META-
TITOLO, ANNO FONTE AUTORE
ANALISI

Intensive walking
exercise for lower
Arteriopatia extremity peripheral
periferica degli arterial disease: A PubMed Xiafei L.Y.U. et al.
arti inferiori. systematic review
and meta-analysis,
2016 [45].
Tab. 16.5. Caratteristiche delle linee guida considerate (MD: multi-disciplinarietà, MP: multi-
professionalità, GRADE: presenza dei criteri di valutazione delle raccomandazioni secondo
metodica GRADE).

16.2.2. Confronto delle raccomandazioni sull’arteriopatia periferica


degli arti inferiori

16.2.2.1. Raccomandazioni terapeutiche

16.2.2.1.1. Terapia medica

- Antiaggreganti
Nella gestione del paziente asintomatico, in cui è già stata posta la diagnosi di
patologia, le linee guida ESC / ESVS [3] non raccomandano l'utilizzo di
farmaci antiaggreganti, le linee guida ACC / AHA [36], IUA [38] e CEVF [39]
li raccomandano, per le linee guida SICVE [1] la raccomandazione è incerta,
mentre le linee guida SVS [37] non danno alcuna raccomandazione in merito.
Tutte le linee guida esaminate (ESC / ESVS [3], ACC / AHA [36], SVS [37],
SICVE [1], IUA [38], CEVF [39]) sono, invece, concordi nel raccomandare una
monoterapia antiaggregante nei pazienti con arteriopatia periferica degli arti
inferiori sintomatica, negli stadi iniziali, per ridurre il rischio di infarto
miocardico, ictus e morte per cause vascolari. I farmaci e i dosaggi che
vengono raccomandati sono i seguenti: aspirina 75-100 mg/die nelle linee
guida ESC / ESVS [3] e IUA [38], aspirina 75-325 mg/die nelle linee guida
ACC / AHA [36] e SVS []37, aspirina 100-300 mg/die nelle linee guida SICVE
[1] e CEVF [39], clopidogrel 75 mg/die nelle linee guida ESC / ESVS [3], ACC /
AHA [36], SVS [37], SICVE [1] e CEVF [39], ticlopidina 250-500 mg/die nelle
linee guida SICVE [1] e CEVF [39]. Le linee guida ESC / ESVS [3]
raccomandano (2bB), dopo rivascolarizzazione chirurgica, aspirina o
736 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

clopidogrel [aspirina + clopidogrel in pazienti con coronaropatia acuta o


intervento percutaneo sulle coronarie eseguito < 1anno] finché sono tollerati
oppure gli anticoagulanti orali (antagonisti della vitamina K) finché sono
tollerati. Secondo le linee guida ACC / AHA [36] la terapia con doppio
antiaggregante (aspirina + clopidogrel) può essere ragionevole nei pazienti
con sintomatici dopo rivascolarizzazione (2bC).

- Anticoagulanti
Le linee guida ESC / ESVS [3] sono le uniche a prendere in considerazione il
paziente affetto da arteriopatia periferica degli arti inferiori che richiede
contemporaneamente un trattamento anticoagulante. Nei pazienti con
arteriopatia periferica degli arti inferiori e fibrillazione atriale, la terapia
anticoagulante orale è raccomandata (1A) quando il punteggio CHA2DS2-
VASc [3] è ≥ 2, e dovrebbe essere considerata in tutti gli altri pazienti (2aB).
Nei pazienti con arteriopatia periferica degli arti inferiori che hanno
un'indicazione per terapia anticoagulante orale (ad esempio AF o valvola
protesica meccanica), devono essere considerati solo gli anticoagulanti orali
(2aB). Dopo rivascolarizzazione endo-vascolare, l'aspirina o il clopidogrel
devono essere considerati in aggiunta alla terapia anticoagulante orale per
almeno 1 mese se il rischio di sanguinamento è basso rispetto al rischio di
occlusione dello stent o del trapianto (2aC), mentre se il rischio di
sanguinamento è elevato deve essere presa in considerazione la sola terapia
anticoagulante orale (2aC). Gli anticoagulanti orali e la monoterapia
antiaggregante possono essere considerati oltre 1 mese in pazienti ad alto
rischio ischemico o quando vi è un'altra indicazione stabile per il trattamento
a lungo termine (2bC).
Statine. Per quanto riguarda il controllo dei livelli di lipidi, le linee guida
esaminate (ESC / ESVS [3], ACC / AHA [36], SVS [37], IUA [38], CEVF [39]
sono concordi nel raccomandare l'utilizzo di statine, o comunque di ridurre i
valori di LDL in generale, nei pazienti con arteriopatia periferica degli arti
inferiori. Solamente le linee guida SICVE [1] non forniscono alcuna
raccomandazione in merito. Le linee guida ESC / ESVS [3], ACC / AHA [36],
IUA [38] e CEVF [39] raccomandano l'utilizzo di statine in tutti i pazienti con
diagnosi di arteriopatia periferica degli arti inferiori, mentre le linee guida
SVS [37] le raccomandano (1A) solo in pazienti sintomatici.
Antipertensivi. Per quanto riguarda la gestione dell'ipertensione arteriosa,
vengono raccomandati gli ACE-inibitori o i bloccanti dei recettori
dell'angiotensina dalle linee guida ESC / ESVS [3], ACC / AHA [36] e CEVF
[39]; i β-bloccanti dalle linee guida SVS [37]; i calcioantagonisti dalle linee
guida CEVF [39]; le linee guida SICVE [1] e quelle IUA [38] non forniscono
alcuna indicazione sulla terapia antipertensiva.
Altri farmaci. Per quanto riguarda la deambulazione senza dolore sono
raccomandati il cilostazolo dalle linee guida SVS [37] e SICVE [1], la
pentossifillina dalle linee guida SVS [37], il naftidrofurile e la L-propionil-
carnitina dalle linee guida SICVE [1].
Tabella 16.6. Raccomandazioni farmacologiche (monoterapia antiaggregante) nell’arteriopatia periferica degli arti inferiori.
ESC/ESVS HCC/AHA SVS SICVE IUA CEVF
R C L R C L R C L R C L R C L R C L
Paziente asintomatico
2a C
Aspirina NR 3 A R1R2 - INC3 - - R5 2 C R 1 C
2b B
R1 2a C
Clopidogrel NR 3 A - INC3 - - - R 1 C
R2 2b B
Ticlopidina - - - INC 3 - - - R 1 C
Paziente sintomatico
Aspirina R 1 A R 1 A R 1 A R4 1 A R 1 A R 1 B
Clopidogrel R 1 A R 1 A R 1 C R4 1 A - R 1 B
Ticlopidina - - - R4 1 A - R 1 B
Tab. 16.6. Raccomandazioni sulla monoterapia antiaggregante in pazienti affetti da arteriopatia periferica degli arti inferiori asintomatici e sintomatici.
(Legenda. In alto: R: raccomandazione, C: classe di raccomandazione, L: livello di evidenza; in tabella: NR: non raccomandato, R: raccomandato, INC:
raccomandazione incerta). 1 se ABI ≤ 0.90; 2 se ABI 0.91-0.99; 3 è raccomandata la sola correzione dei fattori di rischio (classe 2a, livello di evidenza A); 4 da soli in
pazienti con claudicatio lieve (grado categoria 1) e in aggiunta all’esercizio terapia e a farmaci che migliorano l’autonomia di marcia (cilostazolo, naftidrofurile,
L-propionil-carnitina) in pazienti con claudicatio moderata (grado 1 - categoria 2); 5 se è presente almeno un fattore di rischio.
16. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle vasculopatie
737
Tabella 16.7. Altre raccomandazioni farmacologiche nell’arteriopatia periferica degli arti inferiori.
738

ESC/ESVS HCC/AHA SVS SICVE IUA CEVF


R C L R C L R C L R C L R C L R C L
Dislipidemia
Statine R 1 A R 1 A R 1 A - * R 1 B
Ipertensione arteriosa
ACE-i R 2a B R 2a A - - - R 1 B
Bloccanti recettori R 1 B
R 2a B R 2a A - - -
angiotensina
β-bloccanti - - R 1 B - - -
Calcio- antagonisti - - - - - R 1 B
Miglioramento della deambulazione
Cilostazolo - - R 2 A R 1 A - -
Pentossifillina - - R 2 A - - -
Naftidrofurile - - - R 1 A - -
L-propionil-carnitina - - - R 1 A -

Tab. 16.7. Raccomandazioni farmacologiche per il trattamento della dislipidemia e dell'ipertensione arteriosa e per il miglioramento della deambulazione in
pazienti affetti da arteriopatia periferica degli arti inferiori. (Legenda. In alto: R: raccomandazione, C: classe di raccomandazione, L: livello di evidenza; in
tabella: R: raccomandato). * la raccomandazione (livello di evidenza 1, grado B) riguarda i valori di LDL nel sangue (< 100 mg o < 70 mg se aterosclerosi in altri
distretti) e non specificatamente il tipo di farmaco da utilizzare.
LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa
16. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle vasculopatie 739

16.2.2.1.2. Chirurgia
Le linee guida ESC / ESVS [3] non forniscono raccomandazioni precise su
quando ricorrere alla rivascolarizzazione con tecnica endo-vascolare e
quando alla chirurgia open, ma si limitano a raccomandare il ricorso alla
rivascolarizzione in caso di compromissione delle attività della vita
quotidiana nonostante la terapia fisica (2aC) e in caso di ischemia acuta
degli arti inferiori (ALI) con insorgenza di deficit neurologici o senza
deficit neurologici con valutazione caso per caso (1C). In presenza di
ischemia cronica degli arti inferiori (CLTI), per il salvataggio degli arti, la
rivascolarizzazione è indicata ogni volta che è possibile (1B).
Secondo le linee guida ACC / AHA [36] le procedure endo-vascolari sono
un’efficace opzione di rivascolarizzazione in pazienti con claudicatio che
limita lo stile di vita dovuta ad occlusione aorto-iliaca emodinamicamente
significativa (1A) e sono procedure ragionevoli come opzione di
rivascolarizzazione in pazienti con claudicatio limitante lo stile di vita
dovuta ad occlusione femoro-poplitea emodinamicamente significativa
(2aB). La loro utilità in pazienti con claudicatio a causa di malattia arteriosa
infra-poplitea isolata invece non è nota (2bC) e non dovrebbero essere
eseguite in pazienti per prevenire la progressione verso l'ischemia critica
degli arti (CLI) (3B). L'uso della terapia endo-vascolare può essere
ragionevole in pazienti con lesioni da ischemia critica che non guariscono o
gangrena (2b) e in caso di CLI con dolore ischemico a riposo (2aB). Le
procedure di rivascolarizzazione chirurgica tramite bypass sono un'opzione
ragionevole per i pazienti con claudicatio limitante lo stile di vita con
risposta inadeguata alla guideline-directed management and therapy (GDMT),
rischio peri-operatorio accettabile e fattori tecnici che comportano dei
vantaggi rispetto alle procedure endovascolari (2aB) e non devono essere
eseguite unicamente per prevenire la progressione verso l'ischemia critica
degli arti (3B). Un approccio graduale alle procedure chirurgiche è
ragionevole nei pazienti con CLI e dolore ischemico a riposo (2aC).
Nei pazienti con ischemia acuta, la strategia di rivascolarizzazione deve
essere determinata dalle risorse locali e dai fattori del paziente (per esempio
l’eziologia e il grado di ischemia) (1C) e i pazienti devono essere monitorati
e trattati (per esempio con la fasciotomia) per la sindrome compartimentale
dopo rivascolarizzazione (1C).
La trombolisi a catetere è efficace per i pazienti con ALI e arto salvabile (1A)
e nei pazienti con arto recuperabile; la trombectomia percutanea meccanica
può essere utile come terapia aggiuntiva alla trombolisi (2aB). Nei pazienti
con ALI dovuta a causa embolica e con un arto salvabile, la trombo-
embolectomia chirurgica può essere efficace (2aC).
740 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Le linee guida SVS [37] raccomandano (1B) di non ricorrere a trattamenti


invasivi in assenza di sintomi, indipendentemente dai valori emodinamiche
o dai risultati di imaging che dimostrano la presenza della patologia. Viene
raccomandato un approccio individualizzato per selezionare un trattamento
invasivo in caso di claudicatio intermittens (1C) a cui ricorrere quando vi è
una disabilità funzionale o limitante lo stile di vita, quando la terapia
farmacologica o l'esercizio fisico, o entrambi, hanno avuto esito negativo e
quando i benefici del trattamento superano i potenziali rischi (1B). Si
raccomanda di ricorrere alle procedure endovascolari in caso di occlusione
aorto-iliaca focale, dell'arteria iliaca comune, dell'arteria iliaca esterna (1B) e
dell'arteria femorale superficiale che non coinvolgono l'origine della
biforcazione femorale che causano claudicatio intermittens (1C). Si
raccomanda, invece, la ricostruzione chirurgica diretta (bypass, endo-
arterectomia) in pazienti con rischio chirurgico ragionevole e occlusione
aorto-iliaca diffusa non suscettibili ad un approccio endo-vascolare, in
pazienti con malattia occlusiva e aneurismatica combinata (1B), in caso di
patologia diffusa dell'arteria femoro-poplitea, di piccolo calibro (<5 mm), o
calcificazione estesa dell'arteria femorale superficiale, se hanno anatomia
favorevole per bypass (bersaglio dell'arteria poplitea, buon deflusso) e
hanno una media o basso rischio operativo (1B).
Secondo le linee guida SICVE [1] la rivascolarizzazione è indicata in
presenza di claudicatio severa (grado 1-categoria 3) come trattamento di
prima scelta se non sono presenti controindicazioni (per esempio anatomia
sfavorevole o comorbidità rilevanti) (2aB) e in tutti i casi di ischemia critica
(gradi 2 e 3) (1A). La rivascolarizzazione endo-vascolare è indicata sia nella
lesione aorto-iliaca segmentaria (2aB) che nella lesione aorto-iliaca estesa
(2aB), ma in quest’ultima si deve valutare il singolo caso. La
rivascolarizzazione chirurgica, invece, è indicata in caso di complessità
anatomica (2aB), di lesione aorto-iliaca estesa (con valutazione del singolo
caso) (2aB) e di lesioni aorto-iliache estese o complesse (2bC).
Le linee guida IUA [38] si limitano a raccomandare la rivascolarizzazione
nei casi di CLI in cui essa sia fattibile (2B).
Nelle linee guida CEVF [39] si raccomanda (1C) solamente di considerare la
possibilità di rivascolarizzazione, endo-vascolare o chirurgica, in pazienti
che hanno un'anatomia favorevole e dopo almeno sei mesi della migliore
terapia fisica e farmacologica.
16. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle vasculopatie 741

16.2.2.2. Raccomandazioni riabilitative

16.2.2.2.1. Esercizio supervisionato


Le linee guida ESC / ESVS [3] raccomandano, nel paziente con claudicatio,
un allenamento fisico supervisionato (1A). Quando le attività della vita
quotidiana sono gravemente compromesse, la rivascolarizzazione deve
essere considerata in associazione alla terapia fisica (2aB).
Le linee guida ACC / AHA [36] raccomandano (1A), nel paziente con
claudicatio, un programma di esercizio supervisionato per migliorare lo
stato funzionale e la qualità della vita e per ridurre i sintomi alle gambe. Il
programma di esercizio supervisionato prevede lo svolgimento dello stesso
in ospedale o in una struttura ambulatoriale, l’utilizzo di un esercizio
intermittente a piedi come modalità di trattamento e la supervisione da
parte di un operatore sanitario qualificato; l'allenamento: 1) viene eseguito
per un minimo di 30-45 minuti / sessione e le sessioni vengono eseguite
almeno 3 volte/settimana per un minimo di 12 settimane; 2) prevede periodi
intermittenti di deambulazione alternati a periodi di riposo; 3) prevede
periodi di riscaldamento e di raffreddamento che precedono e seguono ogni
sessione di camminata. Il programma di esercizio supervisionato dovrebbe
essere preso in considerazione come opzione di trattamento per la
claudicatio prima di una possibile rivascolarizzazione (1B).
Le linee guida SVS [37] raccomandano (1A) come terapia di prima linea, nel
paziente con claudicatio, un programma di esercizio supervisionato
consistente nel camminare almeno tre volte a settimana (30-60 min /
sessione) per almeno 12 settimane.
Le linee guida SICVE [1] raccomandano l’esercizio terapia nei pazienti con
claudicatio lieve (grado 1-categoria1) che non rispondono alla terapia mono-
antiaggregante con ASA 100/300 mg/die oppure ticlopidina 250/500 mg/die
oppure clopidogrel 75 mg/die (1A), nei pazienti con claudicatio moderata
(grado1-categoria2) in associazione alla terapia antiaggregante e ai farmaci
che migliorano l'autonomia di marcia (cilostazolo, naftidrofurile, L-
propionil-carnitina) (1A) e nei pazienti con claudicatio severa (grado 1-
categoria 3) in cui la rivascolarizzazione è controindicata a causa di
anatomia sfavorevole o comorbilità rilevanti (2aB).
Il protocollo di esercizio supervisionato prevede:
Giorno 0 (giorno prima dell’inizio di un programma di esercizio fisico):
1. Riscaldamento di 10 min in cyclette;
2. Treadmill test massimale (diagnostico): carico di lavoro costante
(velocità 3,2 km/h, pendenza 12-15%) e rilevazione dei parametri:
distanza libera da claudicatio (ICD, initial claudicatio distance),
742 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

distanza assoluta (Absolute Claudicatio Distance-ACD), tempo di


recupero (Recovery Time O Test Di Stradness-RT);
3. Valutazione della capacità deambulatoria: esercizio sub massimale
(velocità 1,5 km/h, pendenza 6-8%) e misurazione della distanza
assoluta; gli stessi parametri saranno utilizzati per le sessioni di
lavoro.
Giorni 1-8:
1. Riscaldamento di 10 min in cyclette;
2. Singola sessione di lavoro: il pz cammina sino al 60-70% della
capacità deambulatoria (test sub-massimale); nel diabetico 50% per
evitare ischemie silenti da sforzo.
3. Riposo e periodo di recupero; sosta in piedi o seduto per 1 minuto o
sino a quando il pz è in grado di riprendere a deambulare
(indicativamente l’RT misurato durante il test massimale);
4. Sessione di lavoro giornaliera: ripetizione di sequenze esercizio-
riposo-esercizio sino ad un totale di 1-2 km percorsi o di 30 min di
cammino effettivo;
5. Raffreddamento: riposo seduto sino a normalizzazione di tutti i
parametri cardiovascolari.
Giorno 9:
1. Nuova rilevazione della capacità deambulatoria (vedi giorno 0);
2. Singola sessione di lavoro: test sub-massimale basato sulla nuova
capacità deambulatoria (incremento del programma di esercizio);
3. Riposo-recupero-sessione di lavoro giornaliera.
Dopo 6 settimane viene ripetuto il treadmill test massimale e la rilevazione
dei parametri (ICD, ACD, RT).
Le linee guida IUA [38] raccomandano (1C), nel paziente con claudicatio,
l'esercizio terapia supervisionata.
Le linee guida CEVF [39] raccomandano che il paziente con claudicatio,
prima di considerare la possibilità di rivascolarizzazione endo-vascolare o
chirurgica, dovrebbe aver ricevuto un addestramento fisico supervisionato e
una farmacoterapia per la migliorare la capacità di deambulazione e aver
eseguito almeno sei mesi della migliore terapia fisica e farmacologica (1C).

16.2.2.2.2. Esercizio non supervisionato.


Le linee guida ESC / ESVS [3] raccomandano, nel paziente con claudicatio,
un allenamento senza supervisione quando l'esercizio fisico supervisionato
non è fattibile o disponibile (1C).
Secondo le linee guida ACC / AHA [36], quando l'esercizio fisico
supervisionato non è fattibile o disponibile, un programma di esercizi
16. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle vasculopatie 743

strutturato a casa o in comunità con tecniche di cambiamento


comportamentale può essere utile per migliorare la capacità di
deambulazione e lo stato funzionale del paziente (2aA). Il programma si
svolge presso il domicilio del paziente piuttosto che in un contesto clinico, è
auto-diretto con la guida degli operatori sanitari i quali prescrivono un
regime di esercizio simile a quello di un programma supervisionato, può
incorporare tecniche di cambiamento comportamentale quali l'assistenza
sanitaria o l'uso di monitor di attività; bisogna assicurarsi che il paziente
comprenda come iniziare e mantenere il programma e come progredire
nella difficoltà del camminare aumentando la distanza o la velocità.
Nei pazienti con arteriopatia periferica degli arti inferiori, strategie
alternative di terapia fisica, tra cui l’ergometria della parte superiore del
corpo, il ciclismo e la camminata senza dolore o a bassa intensità che eviti
l’insorgenza della claudicatio moderata-severa, possono essere utili per
migliorare la capacità di deambulazione e lo stato funzionale (2aA).
Le linee guida SVS [37], quando un programma di esercizio supervisionato
non è disponibile, o per un beneficio a lungo termine dopo il completamento
di un programma di esercizio supervisionato, raccomandano (1B) un
esercizio a domicilio, con un obiettivo di almeno 30 minuti di cammino da
tre a cinque volte a settimana. Inoltre, nei pazienti sottoposti a terapia di
rivascolarizzazione per claudicatio intermittens, consigliano l'esercizio
supervisionato o domiciliare per benefici funzionali aggiuntivi (1B).
Le linee guida SICVE [1] raccomandano l’esercizio non supervisionato, negli
stessi casi in cui è raccomandato l’esercizio supervisionato, quando
quest’ultimo non è possibile.
Il protocollo di esercizio domiciliare prevede che al paziente venga
raccomandato di eseguire quotidianamente attività fisica seguendo lo
schema utilizzato durante il protocollo supervisionato. Ogni mese il
paziente dovrebbe verificare la massima capacità deambulatoria e rivolgersi
allo specialista in caso di peggioramento. Molti pazienti potrebbero avere
controindicazioni all’esercizio (severa CAD, limitazioni muscolo-
scheletriche o danni neurologici); altri potrebbero non essere disposti a
partecipare alle sessioni supervisionate se vivono molto lontano dalla sede
dove si effettua l’esercizio, se un programma adatto di riabilitazione non è
disponibile nella loro zona o se le spese a cui sono esposti sono troppo alte.
La prevalenza di controindicazioni ad un programma di esercizio varia dal 9
al 34%. La limitazione maggiore è la scarsa disponibilità dei pazienti a
partecipare ad un programma sorvegliato.
Le linee guida IUA [38] raccomandano gli esercizi non supervisionati
quando non è possibile eseguire gli esercizi supervisionati (1C).
744 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Una meta-analisi [45] sull’esercizio di deambulazione intensiva ha


evidenziato come, rispetto alla terapia tradizionale, l'esercizio di
deambulazione intensiva ha migliorato i punteggi di MWD (distanza
massima di cammino), PFWD (distanza di cammino libera da dolore), 6-
MWD (distanza di cammino in 6 minuti) e WIQ (Walking Impairment
Questionnaire) nei pazienti con arteriopatia periferica degli arti inferiori con
IC. Nei pazienti arteriopatia periferica degli arti inferiori senza IC, l'esercizio
intensivo a piedi potrebbe migliorare i punteggi del 6-MWD e WIQ, ma non
del MWD (probabilmente per l’alto tasso di abbandono e perché erano stati
coinvolti pazienti con patologie concomitanti cardiache e polmonari).
Un’analisi per sottogruppi ha rilevato che il miglioramento delle prestazioni
di deambulazione era significativamente associato alle differenze nella
PFWD al basale: l'esercizio di deambulazione intensivo ha portato a
maggiori miglioramenti nei pazienti arteriopatia periferica degli arti
inferiori con IC e prestazioni di camminata al basale migliori, indicando che
il ricorso precoce di un esercizio di deambulazione intensiva può
determinare una migliore efficacia nei pazienti con arteriopatia periferica
degli arti inferiori. La presente meta-analisi ha anche dimostrato che i
miglioramenti nella capacità di deambulazione erano comparabili in base
alle diverse lunghezze del programma di esercizio. Da questa meta-analisi si
evince come l'esercizio debba essere effettuato senza dolore o fino a
comparsa di dolore lieve, data l'efficacia simile e la conformità
potenzialmente migliore rispetto all’esercizio effettuato fino alla comparsa
di dolore medio-severo, in quanto alcuni studi [46] hanno evidenziato come
camminare fino al dolore sub-massimale o massimale potrebbe indurre
risposte infiammatorie che potrebbero esacerbare l'aterosclerosi. Inoltre, da
altri studi [47-48] si evince come i miglioramenti nella capacità di
camminare valutati in due gruppi di pazienti con IC che hanno eseguito
esercizi con carico di lavoro massimale rispettivamente fino al 40% o all'80%
erano simili. Il meccanismo mediante il quale l'esercizio a piedi esercita
effetti benefici sulle prestazioni del cammino è parzialmente compreso [49].
Vi sono evidenze che sia coinvolta una migliore circolazione collaterale [50-
51]. Sono stati dimostrati aumenti significativi nel flusso sanguigno del
polpaccio in condizioni di riposo e in condizioni massimali di esercizio dopo
6 mesi di allenamento controllato su tapis roulant [51]. L'esercizio aerobico a
lungo termine comporta un’'insufficienza relativa di ossigeno e migliora
l'espressione dell’hypoxiainducible factor-1 e del vascular endothelial growth
factor, che a sua volta induce l'angiogenesi [52-53]. Tuttavia, altri studi [54-
55] hanno dimostrato che il miglioramento della capacità di deambulazione
è stato correlato con l'alterata attività metabolica dei muscoli scheletrici
16. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle vasculopatie 745

valutata mediante biopsia muscolare. Un altro possibile meccanismo può


essere spiegato dall’aumentata attività della sintetasi dell'ossido nitrico e
dall’aumento della dilatazione endotelio-dipendente dei vasi [56-58], dai
miglioramenti della capacità cardiopolmonare [59], dal miglioramento della
tolleranza al dolore e dall’adattamento psicologico all’esercizio [60].
I risultati hanno indicato che gli effetti a breve termine dei programmi di
allenamento più brevi (3 mesi) e più lunghi (> 6 mesi) erano comparabili. In
conclusione, questa revisione suggerisce che la terapia intensiva a piedi
dovrebbe svolgere un ruolo importante nella cura standard dei pazienti con
arteriopatia periferica degli arti inferiori. Inoltre, il coinvolgimento precoce
nell'esercizio di deambulazione intensiva può determinare un maggiore
beneficio terapeutico per i pazienti con arteriopatia periferica degli arti
inferiori. Per quanto riguarda i parametri del programma di allenamento, la
meta-analisi indica che l'esercizio effettuato fino a comparsa del dolore da
lieve a moderato è paragonabile l'esercizio effettuato fino a comparsa del
dolore da moderato a massimo e che un programma di esercizi di 3 mesi
può essere preferito a un programma più lungo per il trattamento di
pazienti con arteriopatia periferica degli arti inferiori, ma sono necessarie
ulteriori prove per dimostrare questo argomento.
Tabella 16.8. Raccomandazioni riabilitative nell’arteriopatia periferica degli arti inferiori.
746

ESC/ESVS HCC/AHA SVS SICVE IUA CEVF


R C L R C L R C L R C L R C L R C L
Esercizio fisico
Rα 1 A
Supervisionato R 1 A R 1 A R 1 A R 1 C R 1 C
Rβ 2a B
Non supervisionato R* 1 C R* 2a A R* 1 B R* - - R* 1 C - - -
Tab. 16.8. Raccomandazioni riabilitative in pazienti affetti da arteriopatia periferica degli arti inferiori. (Legenda. In alto: R: raccomandazione, C: classe di
raccomandazione, L: livello di evidenza; in tabella: R: raccomandato). α La raccomandazione riguarda i pazienti con claudicatio lieve (grado 1 - categoria1) che
non rispondono alla terapia mono-antiaggregante con ASA 100-300 mg/die oppure ticlopidina 250-500 mg/die oppure clopidogrel 75 mg/die e i pazienti con
claudicatio moderata (grado1 - categoria2) in associazione alla terapia antiaggregante e ai farmaci che migliorano l'autonomia di marcia (cilostazolo,
naftidrofurile, L-propionil-carnitina). β La raccomandazione riguarda i pazienti con claudicatio severa (grado 1 - categoria 3) in cui la rivascolarizzazione è
controindicata a causa di anatomia sfavorevole o comorbidità rilevanti. * quando l'esercizio fisico supervisionato non è fattibile o disponibile.
LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa
16. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle vasculopatie 747

16.2.2. Confronto delle raccomandazioni sulla stenosi della carotide

16.2.2.1. Raccomandazioni terapeutiche

16.2.2.1.1. Antiaggreganti e chirurgia


Le indicazioni terapeutiche in caso di stenosi della carotide dipendono dalla
percentuale di stenosi e dalla presenza o meno di sintomatologia. Le linee
guida ECS / ESVS [3] sono quelle che affrontano in maniera più completa i
vari di casi. In caso di stenosi < 60% non associata a recenti sintomi di ictus e
/ o TIA si ricorre alla best medical therapy (1A), mentre in caso di stenosi
all'imaging del 60-99% si ricorre alla sola best medical therapy in caso di
aspettativa di vita < 5anni e/o anatomia sfavorevole (1A) oppure, in caso di
aspettativa di vita > 5anni e anatomia favorevole, alla endo-arteriectomia
associata alla best medical therapy (2aB) o allo stenting associato best
medical therapy (2bB). In presenza di recente sintomatologia riferita ad ictus
e / o TIA causata da una stenosi < 50% è raccomandata la best medical
therapy (1A); se la stenosi è del 50-69% è raccomandata l'endo-arteriectomia
associata alla best medical therapy (2aB) o lo stenting associato best medical
therapy (2bB); mentre se la stenosi è del 70-99% è raccomandata l'endo-
arteriectomia associata alla best medical therapy (1A) oppure, se c'è un alto
rischio per l'endo-arteriectomia, lo stenting associato alla best medical
therapy (2aB). Come best medical therapy nel paziente asintomatico è
raccomandata (2aC) l'assunzione di aspirina 75-100 mg/die oppure
clopidrogrel 75 mg/die a tempo indeterminato finché sono tollerati; dopo
stenting è raccomandata (1A) l'assunzione di aspirina 75-100 mg/die +
clopidogrel 75 mg/die per il primo mese poi aspirina 75-100 mg/die o
clopidogrel 75 mg/die a tempo indeterminato finché sono tollerati; dopo
l'intervento chirurgico è raccomandata (1A) l'assunzione di aspirina 75-100
mg/die o clopidogrel 75 mg/die a tempo indeterminato finché sono tollerati
(in caso di recente ictus minore o TIA bisogna assumere aspirina 300 mg o
clopidogrel 300/600 mg per tutta la fase acuta).
Le linee guida ESVS [40] affrontano parzialmente il discorso della
sintomatologia associata alla percentuale di stenosi della carotide,
limitandosi a fornire raccomandazioni, in relazione alla percentuale di
stenosi, ai soli casi sintomatici. In presenza di recenti sintomi di ictus e/o TIA
associati ad una stenosi < 50%, le linee guida ESVS [40] raccomandano di
ricorrere all'endo-arteriectomia carotidea o allo stenting carotideo solo dopo
fallimento della "best medical therapy" e comunque dopo una valutazione
multidisciplinare del paziente (2bC). Se la sintomatologia è causata da una
stenosi del 51-99% è raccomandato ricorrere, preferibilmente entro 14 giorni
748 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

dall'insorgenza dei sintomi (1A) all'endo-arteriectomia (2aA) oppure allo


stenting se ci sono controindicazioni all'endo-arteriectomia (2aB) e nei pz
<70 anni (2bA). In queste linee guida come "best medical therapy" nel
paziente asintomatico è raccomandata con un Alto livello di evidenza (1A)
l'assunzione di aspirina 75-325 mg/die oppure clopidrogrel 75 mg/die per la
prevenzione di infarto miocardico tardivo e altri eventi cardiovascolari.
Invece, come "best medical therapy" nel paziente sintomatico è
raccomandata con un Alto livello di evidenza (1A) l'assunzione di
clopidogrel 75 mg/die o aspirina 75 mg/die + dipiridamolo 200 mg 2volte/die
a rilascio modificato; se si è intolleranti al dipiridamolo o al clopidogrel,
deve essere usata l'aspirina in monoterapia (75-325 mg/die); in caso di
intolleranza all'aspirina e al clopidogrel, somministrare il dipiridamolo con
rilascio modificato 200 mg due volte al giorno. Dopo intervento di endo-
arteriectomia carotidea, è raccomandata con un Moderato livello di
evidenza (1B) l'assunzione di aspirina a basso dosaggio (75-325 mg/die)
piuttosto che a dosi più elevate (> 625 mg/die). Dopo posizionamento di
stent carotideo si raccomanda con un Moderato livello di evidenza (1B) una
doppia terapia antiaggregante con aspirina 75-325 mg/die e clopidogrel 75
mg/die che deve essere proseguita per almeno 4 settimane dopo il
posizionamento dello stent e, quindi, la terapia antiaggregante preventiva
secondaria a lungo termine ottimale deve essere portata avanti per un
tempo indefinito. La doppia terapia antiaggregante con aspirina e
clopidogrel non è raccomandata (3C) nei pazienti sottoposti ad endo-
arteriectomia carotidea o stent carotideo se non è indicato per motivi
cardiaci.
Le linee guida SICVE [7] raccomandano in linea di massima con un Alto
livello di evidenza (2bA) l'endo-arteriectomia o lo stenting , da eseguirsi solo
in centri con operatori esperti, in caso di stenosi asintomatica con
un'occlusione > 60% del lume del vaso; in caso di stenosi sintomatica con
occlusione del 50-69% del lume si raccomanda con un Moderato livello di
evidenza (1B) indifferentemente l'endo-arteriectomia e lo stenting , anche se
l'endo-arteriectomia è raccomandata con un Alto livello di evidenza (2aA) in
presenza di placca ulcerata e/o età avanzata e/o sesso maschile e/o pazienti
diabetici; infine, in caso di sintomatologia recente causata da un'occlusione
del 70-99% viene raccomandata l'endo-arteriectomia (1A) o lo stenting (1B).
Tuttavia le linee guida SICVE [7] raccomandano lo stenting carotideo, a
discapito dell'endo-arteriectomia, in caso di severa comorbidità cardiaca o
polmonare (2aA), oppure in caso di precedente radioterapia o intervento al
collo, tracheostomia, restenosi post- endo-arteriectomia o post-stenting,
stenosi o biforcazione molto alta o molto bassa al collo, paralisi laringea
16. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle vasculopatie 749

controlaterale (2aC). In ogni caso queste linee guida raccomandano con un


Alto livello di evidenza (1A) la rivascolarizzazione entro 15 giorni dal
sintomo ischemico. La terapia mono-antiaggregante piastrinica è indicata
con un Alto livello di evidenza (1A) a lungo termine nei pz con aterosclerosi
carotidea, anche dopo intervento di endo-arteriectomia; la doppia terapia
antiaggregante piastrinica non è indicata dopo endo-arteriectomia carotidea
(3A) mentre è indicata dopo stenting (1B).
Anche le linee guida ASA / ACCF / AHA / AANN / AANS / ACR / ASNR /
CNS / SAIP / SCAI / SIR / SNIS / SVM / SVS [41] affrontano parzialmente
affrontano parzialmente il discorso della sintomatologia associata alla
percentuale di stenosi della carotide. Esse raccomandano, nei pazienti non
sintomatici con stenosi del 70-99%, sia l’endo-arteriectomia (2aA) che lo
stenting (2bB), anche se, quando la rivascolarizzazione è indicata, in caso di
anatomia del collo sfavorevole per la chirurgia arteriosa, è ragionevole
scegliere lo stenting rispetto all’endo-arteriectomia (2aB). Relativamente ai
pazienti sintomatici, queste linee guida raccomandano l’endo-arteriectomia
se il diametro del lume dell'arteria carotide interna omolaterale è ridotto di
più del 70%, come documentato da imaging non invasivo (1A) o più del
50% come documentato da angiografia del catetere (1B), oppure lo stenting
come alternativa all’endo-arteriectomia quando il diametro del lume
dell'arteria carotide interna è ridotto di oltre il 70% come documentato da
imaging non invasivo o più di 50 % come documentato dall'angiografia del
catetere (1B). Quando la rivascolarizzazione è indicata, è raccomandato
(2aB) intervenire entro 2 settimane. Tranne che in circostanze straordinarie,
la rivascolarizzazione carotidea attraverso endo-arteriectomia o stenting,
non è raccomandata con un Alto livello di evidenza (3A) quando
l'aterosclerosi riduce il lume di meno del 50%; la rivascolarizzazione non è
raccomandata (3C) anche per i pazienti con occlusione totale cronica della
carotide bersaglio. Relativamente alla terapia antiaggregante, l'aspirina 81-
325 mg/die è raccomandata con un Alto livello di evidenza (1A) prima
dell’endo-arteriectomia; oltre il primo mese dopo l’intervento di endo-
arteriectomia l’aspirina 75-325 mg/die, il clopidogrel 75 mg/die o la
combinazione di aspirina 25 mg a basso dosaggio + il dipiridamolo 200 mg a
rilascio prolungato per due volte/die devono essere assunti come profilassi a
lungo termine contro eventi cardiovascolari ischemici (1B). La terapia anti-
piastrinica con aspirina 75-325 mg/die, è raccomandata per i pazienti con
aterosclerosi ostruttiva o non ostruttiva che coinvolge la carotide
extracranica per la prevenzione di infarto miocardico e altri eventi
cardiovascolari ischemici (1A); negli stessi pazienti che hanno sviluppato un
ictus ischemico o TIA, la terapia anti-piastrinica con sola aspirina 75-325 mg
750 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

/die, con solo clopidogrel 75 mg/die o la combinazione di aspirina 25 mg +


dipiridamolo 200 mg a rilascio prolungato due volte /die è raccomandato e
preferito rispetto alla combinazione di aspirina + clopidogrel (1B). I farmaci
antiaggreganti sono raccomandati rispetto agli anticoagulanti orali nei
pazienti con aterosclerosi delle arterie carotidi extracraniche con sintomi
ischemici (1B) o senza (1C), anche se in quelli che hanno un'indicazione di
anticoagulazione, come la fibrillazione atriale o una valvola cardiaca
meccanica protesica, può essere utile somministrare un antagonista della
vitamina K (come il warfarin, aggiustato per la dose per raggiungere un
target normalizzato internazionale [INR] di 2.5 [range 2.0 a 3.0]) per la
prevenzione di eventi ischemici tromboembolici (2aC).

16.2.2.1.2. Statine
Per quanto riguarda il trattamento della dislipidemia, le statine sono
raccomandate dalle linee guida ESC / ESVS [3] con un livello Alto di
evidenza (1A) in tutti i pazienti, sintomatici e non, e si raccomanda con un
Basso livello di evidenza (1C) di ridurre le LDL-C a <1,8 mmol /L (70 mg
/dL) o di diminuirle di ≥50% se i valori basali sono 1,8-3,5 mmol /L (70-135
mg /dL).
La terapia con statine è anche raccomandata con un Alto livello di evidenza
(1A) dalle linee guida ESVS [40] per la prevenzione a lungo termine di ictus,
infarto miocardico e altri eventi cardiovascolari in pazienti, sintomatici e
non, con malattia. Inoltre, i pazienti devono iniziare la terapia con statine
prima di un intervento di endo-arteriectomia o stenting e queste ultime non
devono essere sospese durante il periodo peri-operatorio e dovrebbero
essere protratte a lungo termine (1B).
L'assunzione di statine è raccomandata con un livello Moderato di evidenze
nei pazienti asintomatici (2aB) e in quelli sintomatici (1B) anche dalle linee
guida SICVE [7].
Secondo le linee guida ASA / ACCF / AHA / AANN / AANS / ACR / ASNR
/ CNS / SAIP / SCAI / SIR / SNIS / SVM / SVS [41] il trattamento con un
farmaco statine è raccomandato (1B) per tutti i pazienti con aterosclerosi
della carotide extracranica per ridurre il colesterolo <100 mg/dL; in caso di
ictus ischemico le statine sono raccomandate (2aB) per ridurre il colesterolo
LDL a un livello vicino o inferiore a 70 mg/dL. Se il trattamento con una
statina non raggiunge l'obiettivo prefissato, può essere efficace (2aB)
intensificare la terapia farmacologica con un altro farmaco tra quelli con
evidenza di miglioramento dei risultati (es. sequestranti acidi o niacina). Per
i pazienti che non tollerano le statine, la terapia con sequestranti degli acidi
16. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle vasculopatie 751

biliari e /o niacina è ragionevole (2aB). Secondo queste linee guida la


somministrazione di statine in pazienti che hanno subito un intervento di
endo-arteriectomia per la prevenzione di eventi ischemici è ragionevole
(2aB) indipendentemente dai livelli sierici di lipidi.

16.2.2.1.3. Antipertensivi
Nella gestione dell'eventuale ipertensione arteriosa di questi pazienti, le
linee guida ESC / ESVS [3] raccomandano con un moderato (2aB) livello di
evidenza l'utilizzo degli ACE-I o dei bloccanti dei recettori dell'angiotensina
come farmaci antipertensivi di prima linea.
Le linee guida ESVS [40] raccomandano con un alto (1A) livello di evidenza,
in tutti i pazienti con stenosi extracranica della carotide interna, sintomatici
e non, di mantenere la pressione arteriosa a lungo termine <140/90 mmHg.
Si deve essere cauti nel ridurre significativamente la pressione sanguigna
immediatamente prima dell'endo-arteriectomia carotidea o dello stenting,
ma si raccomanda con un Basso livello di evidenza (2aC) di trattare
l'ipertensione non controllata con valori >180/90 mmHg.
La linee guida SICVE [7] non riportano alcuna raccomandazione in merito
alla terapia antipertensiva nel paziente con stenosi della carotide.
Le linee guida ASA / ACCF / AHA / AANN / AANS / ACR / ASNR / CNS /
SAIP / SCAI / SIR / SNIS / SVM / SVS [41] raccomandano con un livello
Moderato di evidenza (1A) il trattamento antipertensivo per i pazienti con
ipertensione arteriosa e aterosclerosi asintomatica della carotide extracranica
per mantenere la pressione sanguigna al di sotto di 140/90 mm Hg. In
relazione all’endo-arteriectomia, la somministrazione di farmaci
antipertensivi è raccomandata con un livello Basso di evidenza (1C) per
controllare la pressione arteriosa prima e dopo la procedura.
Tabella 16.9. Raccomandazioni terapeutiche nella stenosi della carotide.
752

ASA/ACCF/AHA/AANN/AANS/ACR/ASNR/CNS/SAIP/
ESC/ESVS ESVS SICVE
SCAI/SIR/SNIS/SVM/SVS
R C L R C L R C L R C L
R1 1 R3 1 B
Statine - R 1 A BB
R2 2a R4 2a B
Antipertensivi - R5 1 A R 1 B R 1 A
Antiaggreganti*
-in pz asintomatico R 2a C R 1 A R 1 A
-dopo stenting R 1 A R 1 A R 1 B R 1 A
-dopo chirurgia R 1 A R 1 B R 1 A
Chirurgia
No recenti sintomi di stroke / TIA
R7 2a A
Endo-arteriectomia R6 2a B - R6 2b A
R8 2a A
Stenting R6 2b B - R6 2b A R8 2b B
Sì recenti sintomi di stroke / TIA
R9 1 A
R9 1 R11 1 A R14 1 A
Endo-arteriectomia AB R13 2a A 15
R10 2a R12 2b C R 1 B
R10 1 B
R9 2a B R11 2a B R9 1
Stenting BB R16 1 B
R10 2b B R12 2b C R10 1
Tab. 16.9. Raccomandazioni farmacologiche per il trattamento della stenosi della carotide. * Il tipo di antiaggregante e il rispettivo dosaggio sono specificati nel testo.
1 / 2: Pz con stenosi carotidea sintomatica / asintomatica. 3 Pazienti con stenosi della carotide extracranica per ridurre LDL < a 100 mg / dL. 4 Pazienti con stenosi della

carotide extracranica che causa ictus ischemico per ridurre LDL a un livello vicino o inferiore a 70 mg / dL. 5 Cautela nel ridurre significativamente la pressione del
sangue immediatamente prima dell'endo-arteriectomia carotidea o stent nel primo periodo dopo l'insorgenza dei sintomi, ma l'ipertensione non controllata (> 180/90
mmHg) deve essere trattata (2aC). 6 / 7 Se stenosi all'imaging 60-99% / > 70% e aspettativa di vita >5 anni e anatomia favorevole. 8 Se stenosi all’imaging > 70% e
aspettativa di vita < 5 anni e/o anatomia sfavorevole. 9 / 10 / 11: Con stenosi 70-99% / 50-69% / 50-99%. 12 Con stenosi <50% e sintomi ricorrenti nonostante la terapia. 13
Con stenosi 50-69% se placca ulcerata e/o età avanzata e/o sesso maschile e/o diabetici. 14 Il diametro dell'arteria carotide interna omolaterale è ridotto di più del 70%
come documentato da imaging non invasivo. 15 Diametro dell'arteria carotide interna omolaterale è ridotto più del 50% come documentato da angiografia del
LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

catetere. 16 In pazienti sintomatici a rischio medio-basso di complicanze associate all'intervento endo-vascolare quando il diametro dell'arteria carotide interna è
ridotto di oltre il 70% come documentato da imaging non invasivo o più del 50 % come documentato dall'angiografia del catetere.
16. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle vasculopatie 753

16.2.2.2. Raccomandazioni riabilitative


Nessuna delle linee guida esaminate prende in considerazione alcun
trattamento riabilitativo in pazienti affetti da stenosi della carotide.

16.2.3. Confronto delle raccomandazioni sulle anomalie vascolari

16.2.3.1. Raccomandazioni terapeutiche


Le linee guida SISAV [9] sono quelle che affrontano, ancora una volta, in
maniera più completa la questione terapeutica nelle malformazioni
vascolari. Le raccomandazioni terapeutiche nelle varianti delle
malformazioni vascolari di cui si occupano le linee guida prese in esame
sono riportate di seguito.

16.2.3.1.1. Emangiomi infantili


Secondo le linee guida SISAV [9], l’indicazione al trattamento è limitata agli
emangiomi infantili a rischio di vita, a rischio di danno funzionale, di danno
estetico rilevante e/o permanente e agli emangiomi infantili ulcerati (1B). La
terapia medica sistemica è caratterizzata dalla somministrazione di
propanololo come farmaco di prima scelta (1A) al dosaggio di 1-3
mg/Kg/die in 2 somministrazioni (1B), di prednisone come farmaco di
seconda scelta al dosaggio di 2-3 mg/Kg/die in mono somministrazione per
1-2 mesi (1B), di vincristina come farmaco di terza scelta al dosaggio di 0.05
mg/Kg e.v. se il peso corporeo è < 10 kg e 75-1,5 mg/m2 e.v. se il peso
corporeo è >10 kg settimanalmente per 3-4 dosi (1B) e di interferon-α come
farmaco di quarta scelta al dosaggio di 1M UI/m 2 aumentato sino a 3 M nel
corso del primo mese con una durata della somministrazione da 2 a 12 mesi
(1B). La terapia topica con timololo o propanololo è raccomandata come
prima scelta negli emangiomi superficiali non complicati (1B). La
laserterapia con l’utilizzo del Dye laser è raccomandata negli emangiomi
superficiali limitati allo spessore del derma (1C), negli emangiomi ulcerati
(1C) e nelle teleangectasie residue post-involuzione (1A). L’utilizzo del YAG
laser o del laser a diodi è, invece, raccomandato in caso di lesioni profonde
(1C). La chirurgia costituisce il trattamento di seconda scelta nel primo anno
di vita, oppure è sequenziale al trattamento farmacologico (1C); è
raccomandata nella fase involuta o nella fase di involuzione (1C).
754 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

16.2.3.1.2. Emangiomi congeniti


Secondo le linee guida SISAV [9], l’emangioma congenito rapidamente
involutivo (RICH) non richiede alcun trattamento perché è rapidamente
involutivo (no evidenza); l’emangioma congenito non involutivo (NICH) e
l’emangioma congenito parzialmente involutivo (PICH) dovrebbero essere
trattati con l’embolizzazione e / o chirurgia e la suddetta terapia è indicata
nella prima infanzia (no evidenza).

16.2.3.1.3. Emangioendotelioma kaposiforme (EEK)


Secondo le linee guida SISAV [9], quando possibile, la terapia chirurgica è il
gold standard (no evidenze). In caso contrario si può ricorrere alla terapia
medica: in presenza di EEK senza FKM si somministra prednisolone per os 2
mg/kg/die per 3-4 settimane come prima scelta oppure aspirina o altro
antiaggregante alla dose di 2-5 mg/kg/die (no evidenze); in presenza di EEK
con FKM si somministra vincristina 0.05 mg/kg e.v. settimanalmente per 20-
24 settimane + prednisolone per os 2-3 mg/kg/die o metilprednisolone ev 1.6
mg/kg/die per 20-24 settimane come prima scelta oppure ticlopidina e
clopidogrel, acido aminocaproico e tranexamico (no evidenze).

16.2.3.1.4. Tufted angioma (TA)


Secondo le linee guida SISAV [9], in presenza di TA senza fenomeno di
Kasabach-Merritt (FKM) si somministra prednisolone per os 2 mg/kg/die
per 3-4 settimane come prima scelta oppure aspirina o altro antiaggregante
alla dose di 2-5 mg/kg/die (no evidenze); in presenza di TA con FKM si
somministra vincristina 0.05 mg/kg e.v. settimanalmente per 20-24 settimane
+ prednisolone per os 2-3 mg/kg/die o metilprednisolone e.v. 1.6 mg/kg/die
per 20-24 settimane come prima scelta oppure ticlopidina e clopidogrel,
acido aminocaproico e tranexamico (no evidenze).

16.2.3.1.5. Malformazioni capillari


Secondo le linee guida SISAV [9], la laserterapia è la prima scelta nelle forme
pure (1C). Nelle forme miste capillaro-venose, arteriolo-capillari e nelle
forme teleangectasiche è raccomandata la scleroterapia (1C), mentre nelle
forme ipertrofiche è indicata la chirurgia (1C). Secondo le linee guida SICVE
[8] la laserterapia è la prima scelta nelle forme pure (2aB). Nelle forme miste
capillaro-venose, arteriolo-capillari e nelle forme teleangectasiche è
raccomandata la scleroterapia (2aB), mentre la chirurgia è indicata (2aC)
nelle correzioni delle ipertrofie del massiccio facciale associate a
malformazioni capillari, nelle malformazioni capillari ipertrofiche
16. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle vasculopatie 755

nell'adulto in presenza di vegetazioni polipoidi, in caso di angiocheratomi


ipertrofici radicalmente asportabili.

16.2.3.1.6. Malformazioni venose


Secondo le linee guida SISAV [9], per ciò che concerne la terapia
conservativa, la profilassi con eparina frazionata è raccomandata solo in casi
selezionati (1C) e le medicazioni locali sono necessarie nelle malformazioni
venose superficiali complicate da lesioni ulcerative cutanee o emorragie (no
evidenze). Il trattamento invasivo, tra cui la scleroembolizzazione, la
laserterapia, la chirurgia vascolare e la chirurgia non vascolare, invece, è
indicato in presenza di alterazioni cliniche o complicanze di grado severo:
emorragie, insufficienza venosa cronica, dolore invalidante, deficit
funzionali, deformità estetiche, sindrome osteo-angiodistrofica
(specialmente durante la crescita), compromissione di organi vitali,
tromboembolie (no evidenze).
Secondo le linee guida SICVE [8], per ciò che concerne la terapia
conservativa, la profilassi con eparina frazionata è indicata (no evidenze) in
tutti i pazienti con malformazioni venose che evidenziano notevole
estensione, presenza di vene embrionarie, segni clinici di coagulazione
intravascolare localizzata o di grave stasi venosa, alterazioni trombofiliche.
Le medicazioni locali sono necessarie in caso di lesioni ulcerative cutanee o
emorragiche (no evidenze). L'unica raccomandazioni in merito al
trattamento invasivo riguarda il ricorso alla chirurgia vascolare per
l'asportazione, il più precocemente possibile, delle vene embrionarie per
prevenire la sindrome osteo-angiodistrofica (2aB).

16.2.3.1.7. Malformazioni linfatiche


Le linee guida SISAV [9], nelle forme extratronculari macrocistiche
raccomandano la scleroterapia ecoguidata come trattamento di prima scelta,
mentre la chirurgia escissionale come trattamento di seconda scelta (1A).
Nelle forme extratronculari microcistiche è indicata la laserterapia (2aB), la
chirurgia (2aB) oppure la scleroterapia (2bC). Nelle malformazioni linfatiche
tronculari degli arti inferiori che causano linfedema primario sono
raccomandati gli antibiotici, gli antimicotici, la dietilcarbamazina, i diuretici
e i benzopironi (1A), mentre la chirurgia è raccomandata per interventi
funzionali o interventi exeretici (1A).
756 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

16.2.3.1.8. Malformazioni artero-venose (MAV)


Le linee guida SISAV [9] raccomandano la chirurgia o l’embolizzazione sono
per escludere il nido (1C), mentre la semplice legatura vasi afferenti ed
efferenti alla MAV è da evitare (1C).
Le linee guida SICVE [8] raccomandano la chirurgia o l’embolizzazione (1B)
nelle forme extratronculari (più frequenti), mentre la semplice legatura vasi
afferenti ed efferenti alla MAV è da evitare (3C).

16.2.3.1.9. Malformazioni sindromiche


Le uniche linee guida a dare raccomandazioni di carattere terapeutico sono
quelle SISAV [9].
Gruppo A. La correzione del difetto vascolare deve tener conto sia di
problemi funzionali sia della compromissione estetica maggiore
(dismorfismo) (1C). Le proposte terapeutiche devono tener conto delle
possibili opzioni singolarmente utilizzabili o in combinazione: chirurgia,
laser (transdermico o intra lesionale), scleroterapia (eco o flebo assistita)
(1C). Il trattamento ortopedico anche preventivo deve essere proposto in
caso di ipermetria e/o gigantismo (1C). Gruppo B. Laser / Scleroterapia /
Embolizzazioni / Terapia medica per la BRBN (1C); Embolizzazione (HHT
su FAV polmonari Cobb CRC) (1C); Laser terapia / Terapia medica (HHT
SW) (1C); Chirurgia (Maffucci FAVA) (1C).

16.2.3.1.10. Malformazioni cavernose cerebrali


Per ciò che concerne il trattamento delle malformazioni cavernose cerebrali,
le linee guida Angioma Alliance Scientific Advisory Board Clinical Experts
Panel [42] ritengono ragionevole la terapia antiepilettica per la prima crisi
ritenuta dovuta alla lesione (1B). La chirurgia è raccomandata per lesioni
sintomatiche facilmente accessibili (2bB), per lesioni profonde se
sintomatiche o dopo una precedente emorragia (2bB), per lesioni del tronco
cerebrale dopo un secondo sanguinamento sintomatico poiché potrebbero
avere un decorso più aggressivo (2bB). Le indicazioni per la resezione a
livello del tronco cerebrale dopo un singolo sanguinamento invalidante o
per le malformazioni cavernose spinali hanno un Basso livello di evidenza
(2bC). La chirurgia può essere presa in considerazione in caso di epilessia
refrattaria (2aB). La chirurgia non è raccomandata (3B) per lesioni
asintomatiche, ma può essere presa in considerazione in lesioni
asintomatiche solitarie, se facilmente accessibili e localizzate in aree non
nobili, per prevenire future emorragie (2bC). La radiochirurgia è
raccomandata (2bB) per lesioni solitarie con precedente emorragia
sintomatica, se la lesione si trova in aree eloquenti che comportano un
16. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle vasculopatie 757

rischio chirurgico elevato; non è raccomandata per i lesioni asintomatiche e


per lesioni che sono chirurgicamente accessibili (3C).
Le linee guida stilate nel 2010 da Jia Wei Zheng et al. [44] si occupano,
specificatamente, del trattamento delle malformazioni vascolari localizzate a
livello di testa e collo, senza però riportare alcun livello di evidenza. Le
indicazioni terapeutiche delle varianti delle malformazioni vascolari di testa
e collo di cui si occupano queste linee guida sono riportate di seguito.

- Emangiomi infantili
La terapia medica sistemica è caratterizzata dalla somministrazione di β-
bloccanti come farmaci di prima scelta, di prednisone come farmaco di
seconda scelta al dosaggio di 3–5 mg/kg ogni giorno per 6-8 settimane per 2-3
cicli all'occorrenza, di vincristina come farmaco di terza scelta al dosaggio di
0,5-1 mg/kg e.v. 1 volta/settimana per 6 settimane e di interferon-α come
farmaco di quarta scelta solo in caso di insuccesso dei precedenti farmaci. La
terapia intralesionale si avvale del triamcinolone per lesioni più localizzate
(es. orbita) al dosaggio di 1-2 mg/kg di peso corporeo (max 60 mg) a intervalli
mensili, a seconda del età del paziente e dimensione della lesione e della
bleomicina A5 al dosaggio di massimo 8mg con possibilità di ripetere
l'iniezione ogni 2-3 settimane in caso di emangiomi proliferanti che
rispondono male agli steroidi e/o alla terapia laser. La terapia topica si avvale
di imiquimod con 1 applicazione a giorni alterni per 3-5 mesi per emangiomi
piccoli o medi in siti poco appariscenti , in quanto vi è rischio di
iperpigmentazione. La laserterapia con l’utilizzo del Dye laser è indicata per
emangiomi proliferanti superficiali. L’utilizzo del YAG laser è, invece,
indicato per emangiomi più grandi e profondi. La chirurgia è indicata per
emangiomi proliferanti che sono situati nel naso e nel labbro e che non
rispondono bene ad altri trattamenti, che sono situati sulle palpebre e che
danneggiano la vista e l'estetica, che si sviluppano sulla fronte e sul cuoio
capelluto, che sanguinano ripetutamente.

- Emangioendotelioma kaposiforme (EEK)


È indicato l'utilizzo di steroidi e/o vincristina.

- Malformazioni capillari
La laserterapia è indicata come unico trattamento.

- Malformazioni venose
È indicato soltanto il trattamento invasivo ed in particolare: la
scleroembolizzazione con Bleomicina A5 per lesioni superficiali delle mucose
(lingua, orofaringe, laringe) e per lesioni profonde a basso drenaggio e con
Etanolo per lesioni profonde ad alto drenaggio; la laserterapia con laser
Nd:YAG per lesioni superficiali delle mucose (lingua, orofaringe, laringe) e
758 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

per irradiare le lesioni profonde ad alto drenaggio dopo esposizione


chirurgica; la chirurgia estetica per lesioni superficiali delle mucose (lingua,
orofaringe, laringe); la chirurgia vascolare per lesioni profonde ad alto
drenaggio con possibile associazione alla scleroterapia.

- Malformazioni linfatiche
Nelle forme extratronculari macrocistiche la scleroterapia percutanea con
bleomcina A5 1.5/2 mg/ml o con Etanolo o Doxyciclina oppure con OK432 è
indicata come trattamento di prima scelta. La chirurgia escissionale è
normalmente indicata come complementare alla scleroterpia; è indicata però
come trattamento di prima linea nelle grandi malformazioni, seguita da
scleroterapia sulle lesioni residue. Nelle forme extratronculari microcistiche la
scleroterapia con Bleomicina A5 1mg/ml seguita dalla laserterapia è indicata
per lesioni superficiali, mentra la chirurgia è indicata per lesioni superficiali
estese e/o multiple oppure in residui di lesione superficiale dopo scleroterapia
e laserterapia; per lesioni profonde è sconsigliata per rischio di deformità oro-
maxillofacciali.

- Malformazioni artero-venose
È indicato eseguire un'arteriografia preliminare prima di qualsiasi
trattamento. L'embolizzazione con Etanolo al dosaggio di 1 ml/kg per ogni
procedura è indicata; l'etanolo puro è indicato per le fistole e i nidi, mentre
per le lesioni infiltrative è indicato l'utilizzo di etanolo e contrasto in rapporto
1:1. La chirurgia è indicata in caso di fallimento dell'embolizzazione oppure
se l'accesso endo-vascolare non è possibile.

Le linee guida stilate nel 2011 da Qin Zhou et al. [43] si occupano,
esclusivamente, del trattamento delle malformazioni vascolari linfatiche
localizzate a livello di testa e collo, senza, tra l'altro, riportare alcun livello di
evidenza.
Nelle forme extratronculari macrocistiche è indicata la scleroterapia con
bleomicina A5 oppure OK432 se c'è compromissione funzionale; la chirurgia
escissionale deve essere solo complementare alla scleroterapia. La
scleroterapia è indicata, in combinazione con la laserterapia, nelle forme
extratronculari microcistiche di lingua e mucosa orale con bleomicina A5 al
dosaggio di 8 mg in 5 ml di soluzione fisiologica + 2 ml lidocaina cloridrato
2% + 1 ml di desametasone (5mg) somministrando 1 ml/cm 2 di soluzione e
massimo 8 mg per ciascuna iniezione e massimo 40 mg totali nell'adulto,
con massimo 2 iniezioni a distanza di 3/4 settimane, oppure con OK432 al
dosaggio di 0,1 mg /10 ml con massimo 20 ml (se la lesione non si riduce
dopo 3-6 settimane si possono somministrare 30ml).
Tabella 16.10. Raccomandazioni farmacologiche nelle anomalie vascolari.
Jia Wei Zheng et al.
AASABCEP SISAV SICVE Qin Zhou et al.

C L C L R C L
R C L R C L R R

EMANGIOMI INFANTILI (EI)


Terapia per os, ev, intralesionale*
Propanololo - R 1 A - - R - -
Prednisone - R 1 B - - R - -
Triamcinolone - - - - R - -
Vincristina - R 1 B - - R - -
Interferon-α - R 1 B - - R - -
Bleomicina A5 - - - - R - -
Terapia topica
Β-bloccanti - Ra 1 B - - -
Imiquimod - - - - R - -
Laserterapia
Dye laser - Rb 1 A - - R - -

YAG laser/laser a diodi - Rc 1 C - - R - -


16. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle vasculopatie

Chirurgia - R 1 C - - R - -
EMANGIOENDOTELIOMA KAPOSIFORME (EEK)
Terapia medica* - R - - - - R - -
Chirurgia - R - - - - -
TUFTED ANGIOMA (TA)
Terapia medica* - R - - - - -
MALFORMAZIONI CAPILLARI
Laserterapia - Rd 1 C R 2a B - R - -
Scleroterapia - Re 1 C R 2a B - -
759

Chirurgia - Rf 1 C R 2a C - -
MALFORMAZIONI VENOSE
Eparina frazionata - R 1 C R - - - -
Scleroembolizz. - R - - - - R - -
Laserterapia - R - - - - R - -
760

Chirurgia non vasc. - R - - - - R - -


Chirurgia vascolare - R - - R 2a B - R - -
MALFORMAZIONI LINFATICHE
Extratronculari macrocistiche
Scleroterapia - R 1 A - R - - R - -
Chirurgia - R 1 A - R - - R - -
Extratronculari microcistiche
Laser - R 2a B - R - - R - -
Chirurgia - R 2a B - - R - -
Scleroterapia - R 2b C - R - - R - -
Malformazioni linfatiche tronculari arti inferiori: Linfedema Primario
Farmacologica* - R 1 A - - -
Chirurgica - R 1 A - - -
MALFORMAZIONI ARTERO-VENOSE
Chirurgia - R 1 C R 1 B - R - -
Embolizzazione - R 1 C R 1 B - R - -

Legatura vasi afferenti ed


- NR 1 C NR 3 C - -
efferenti alla MAV

MALFORMAZIONI CAVERNOSE CEREBRALI


Antiepilettici Rg 1 B - - - -
Rh 2b
Chirurgia BC - - - -
Ri 2b
Radiochirurgia R 2b B - - - -

Tab. 16.10. Raccomandazioni farmacologiche in pazienti con anomalie vascolari. (Legenda. In alto: R: raccomandazione, C: classe di raccomandazione,
L: livello di evidenza; in tabella: R: raccomandato, NR: non raccomandato). * Per via di somministrazione e dosaggi vedere testo. A: Negli angiomi
superficiali non complicati. B: Nelle teleangectasie residue post-involuzione. C: Nelle lesioni profonde. D: Nelle forme pure. E: Nelle forme miste
capillaro-venose, arteriolo-capillari e nelle forme teleangectasiche. F: Nelle forme ipertrofiche. G: Se la prima crisi è dovuta alla lesione. H: In caso di
epilessia refrattaria; di lesione sintomatica facilmente accessibile; di lesioni profonde se sintomatici o dopo un'emorragia precedente; di lesioni del
LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

tronco cerebrale dopo un secondo sanguinamento sintomatico. I: Dopo un singolo sanguinamento invalidante; in lesioni asintomatiche solitarie se
facilmente accessibile in area non raffinata.
16. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle vasculopatie 761

16.2.3.2. Raccomandazioni riabilitative

16.2.3.2.1. Malformazioni venose


Secondo le linee guida SISAV [9] l’elasto-compressione è utile soprattutto
nelle malformazioni che interessano arti inferiori, particolarmente nelle
forme tronculari con quadri di insufficienza venosa cronica. Il
linfodrenaggio manuale trova indicazione nelle malformazioni combinate
emolinfatiche. L’uso di tutori ortopedici è utile per migliorare la funzionalità
e la qualità di vita nelle forme di malformazioni venose associate ad
anomalie scheletriche (ad esempio i plantari correttivi nelle malformazioni
venose con dismetrie degli arti inferiori). Le linee guide SICVE [8]
forniscono le stesse raccomandazioni di quelle SISAV, senza però riportare
alcuna evidenza.

16.2.3.2.2. Malformazioni linfatiche


Secondo le linee guida SISAV [9], nelle malformazioni linfatiche tronculari
degli arti inferiori che causano linfedema primario, è raccomandata la
terapia fisica combinata multimodale caratterizzata dalla skin care, dal
linfodrenaggio manuale e meccanico, dai bendaggi funzionali, dagli esercizi
isotonici e dal life style (1A).

16.2.3.2.3. Malformazioni sindromiche


Per nessuna di queste malformazioni complesse o sindromiche sono
presenti linee guida riabilitative.
Tabella 16.11. Raccomandazioni riabilitative nelle anomalie vascolari.
762

Jia Wei Zheng et al.


AASABCEP SISAV SICVE Qin Zhou et al.

R C L R C L R C L R C L R C L
Malformazioni venose
Elastocompressione - Rα - - Rα - - - -
Linfodrenaggio - Rβ - - Rβ - - - -
Tutori ortopedici - Rµ - - Rµ - - - -
Malformazioni linfatiche

Terapia fisica combinata


- R 1 A - - -
multimodale

Tab. 16.11. Raccomandazioni riabilitative in pazienti con anomalie vascolari. (Legenda. In alto: R: raccomandazione, C: classe di raccomandazione,
L: livello di evidenza; in tabella: R: raccomandato).
α: Nelle malformazioni che interessano arti inferiori, particolarmente nelle forme tronculari con quadri di insufficienza venosa cronica.
β: Nelle malformazioni combinate emolinfatiche. µ Per migliorare la funzionalità e la qualità di vita nelle forme di malformazioni venose associate
ad anomalie scheletriche (ad esempio i plantari correttivi nelle malformazioni venose con dismetrie degli arti inferiori).
LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa
16. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle vasculopatie 763

16.3. Discussione e raccomandazioni

16.3.1. Arteriopatia periferica degli arti inferiori

16.3.1.1. Raccomandazioni di grado forte a favore

16.3.1.1.1. Farmacologiche

- Antiaggreganti
Le linee guida esaminate (ESC / ESVS[3], ACC / AHA [36], SVS [37], SICVE
[1], IUA [38] raccomandano una monoterapia antiaggregante nei pazienti con
arteriopatia periferica degli arti inferiori sintomatica, negli stadi iniziali, per
ridurre il rischio di infarto miocardico, ictus e morte per cause vascolari.
Anticoagulanti. Le linee guida ESC / ESVS[3] raccomandano la terapia
anticoagulante orale (1A) nei pazienti con arteriopatia periferica degli arti
inferiori e fibrillazione atriale, quando il punteggio CHA2DS2-VASc è ≥2.

- Statine
Le linee guida ESC / ESVS[3], ACC / AHA [36], SVS [37], raccomandano
l'utilizzo di statine nei pazienti con arteriopatia periferica degli arti inferiori.
Antipertensivi. Le linee guida ACC / AHA [36] raccomandano gli ACE-
inibitori o i bloccanti dei recettori dell'angiotensina.

- Altri farmaci
Per quanto riguarda la deambulazione senza dolore sono raccomandati il
cilostazolo dalle linee guida SVS [37] e SICVE [1], la pentossifillina dalle linee
guida SVS [37], il naftidrofurile e la L-propionil-carnitina dalle linee guida
SICVE [1].

16.3.1.1.2. Chirurgiche
Le linee guida ACC / AHA [36] raccomandano le procedure di
rivascolarizzazione endo-vascolare in pazienti con claudicatio che limita lo
stile di vita dovuta ad occlusione aorto-iliaca emodinamicamente
significativa (1A).
La trombolisi a catetere è raccomandata nei pazienti con ischemia acuta
degli arti (ALI) e arto salvabile (1A) e nei pazienti con arto recuperabile.
Secondo le linee guida SICVE [1], la rivascolarizzazione è raccomandata in
tutti i casi di ischemia critica (gradi 2 e 3) (1A).
764 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

16.3.1.1.3. Riabilitative

- Esercizio supervisionato
Le linee guida ESC / ESVS [3] raccomandano, nel paziente con claudicatio, un
allenamento fisico supervisionato (1A).
Le linee guida ACC / AHA [36] raccomandano (1A), nel paziente con
claudicatio, un programma di esercizio supervisionato per migliorare lo stato
funzionale e la qualità della vita e per ridurre i sintomi alle gambe. Il
programma di esercizio supervisionato prevede lo svolgimento dello stesso in
ospedale o in una struttura ambulatoriale, l’utilizzo di un esercizio
intermittente a piedi come modalità di trattamento e la supervisione da parte
di un operatore sanitario qualificato; l'allenamento: 1) viene eseguito per un
minimo di 30-45 minuti / sessione e le sessioni vengono eseguite almeno 3
volte/settimana per un minimo di 12 settimane; 2) prevede periodi
intermittenti di deambulazione alternati a periodi di riposo; 3) prevede
periodi di riscaldamento e di raffreddamento che precedono e seguono ogni
sessione di camminata.
Le linee guida SVS [37] raccomandano (1A) come terapia di prima linea, nel
paziente con claudicatio, un programma di esercizio supervisionato
consistente nel camminare almeno tre volte a settimana (30-60 min / sessione)
per almeno 12 settimane.
Le linee guida SICVE [1] raccomandano l’esercizio terapia nei pazienti con
claudicatio lieve (grado 1-categoria1) che non rispondono alla terapia
monoantiaggregante con ASA 100/300 mg/die oppure ticlopidina 250/500
mg/die oppure clopidogrel 75 mg/die (1A) e nei pazienti con claudicatio
moderata (grado1-categoria2) in associazione alla terapia antiaggregante e ai
farmaci che migliorano l'autonomia di marcia (cilostazolo, naftidrofurile, L-
propionil-carnitina) (1A).
Il protocollo di esercizio supervisionato prevede:
Giorno 0 (giorno prima dell’inizio di un programma di esercizio fisico):
Riscaldamento di 10 min in cyclette;
Treadmill test massimale (diagnostico): carico di lavoro costante (velocità 3,2
km/h, pendenza 12-15%) e rilevazione dei parametri: distanza libera da
claudicatio (Initial Claudicatio Distance-ICD), distanza assoluta (Absolute
Claudicatio Distance-ACD), temoi di recupero (Recovery Time O Test Di
Stradness-RT);
Valutazione della capacità deambulatoria: esercizio sub massimale (velocità
1,5 km/h, pendenza 6-8%) e misurazione della distanza assoluta; gli stessi
parametri saranno utilizzati per le sessioni di lavoro.
Giorni 1-8:
Riscaldamento di 10 min in cyclette;
Singola sessione di lavoro: il paziente cammina sino al 60-70% della capacità
deambulatoria (test submassimale); nel diabetico 50% per evitare ‘ischemie
silenti da sforzo’.
16. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle vasculopatie 765

Riposo e periodo di recupero; sosta in piedi o seduto per 1 minuto o sino a


quando il pz è in grado di riprendere a deambulare (indicativamente l’RT
misurato durante il test massimale);
Sessione di lavoro giornaliera: ripetizione di sequenze esercizio-riposo-
esercizio sino ad un totale di 1-2 km percorsi o di 30 min di cammino
effettivo;
Raffreddamento: riposo seduto sino a normalizzazione di tutti i parametri
cardiovascolari.
Giorno 9:
Nuova rilevazione della capacità deambulatoria (vedi giorno 0);
Singola sessione di lavoro: test sub-massimale basato sulla nuova capacità
deambulatoria (incremento del programma di esercizio);
Riposo-recupero-sessione di lavoro giornaliera.
Dopo 6 settimane viene ripetuto il treadmill test massimale e la rilevazione
dei parametri (ICD, ACD, RT).

- Esercizio non supervisionato


Le linee guida ACC / AHA [36], quando l'esercizio fisico supervisionato non è
fattibile o disponibile, un programma di esercizi strutturato a casa o in
comunità con tecniche di cambiamento comportamentale è raccomandato per
migliorare la capacità di deambulazione e lo stato funzionale del paziente
(2aA). Il programma si svolge presso il domicilio del paziente piuttosto che in
un contesto clinico, è auto-diretto con la guida degli operatori sanitari i quali
prescrivono un regime di esercizio simile a quello di un programma
supervisionato, può incorporare tecniche di cambiamento comportamentale
quali l'assistenza sanitaria o l'uso di monitor di attività; bisogna assicurarsi
che il paziente comprenda come iniziare e mantenere il programma e come
progredire nella difficoltà del camminare aumentando la distanza o la
velocità.
Nei pazienti con arteriopatia periferica degli arti inferiori, strategie alternative
di terapia fisica, tra cui l’ergometria della parte superiore del corpo, il
ciclismo e la camminata senza dolore o a bassa intensità che eviti l’insorgenza
della claudicatio moderata-severa, sono raccomandati per migliorare la
capacità di deambulazione e lo stato funzionale (2aA).

16.3.1.2. Raccomandazioni di grado moderato-debole a favore

16.3.1.2.1. Farmacologiche

- Antiaggreganti
Secondo le linee guida ACC / AHA [36], IUA [38] e CEVF [39] potrebbero
essere raccomandati nella gestione del paziente asintomatico, in cui è già stata
posta la diagnosi di patologia.
766 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Una monoterapia antiaggregante nei pazienti con arteriopatia periferica degli


arti inferiori sintomatica, negli stadi iniziali, per ridurre il rischio di infarto
miocardico, ictus e morte per cause vascolari potrebbe essere raccomandata
secondo le linee guida CEVF [39].
Dopo rivascolarizzazione chirurgica, aspirina o clopidogrel [aspirina +
clopidogrel in pazienti con coronaropatia acuta o intervento percutaneo sulle
coronarie eseguito <1anno] potrebbero essere raccomandati (2bB) dalle linee
guida ESC / ESVS[3], finché sono tollerati, oppure gli anticoagulanti orali
(antagonisti della vitamina K), finché sono tollerati.
Secondo le linee guida ACC / AHA [36] la terapia con doppio antiaggregante
(aspirina + clopidogrel) potrebbe essere raccomandata nei pazienti sintomatici
dopo rivascolarizzazione (2bC).

- Anticoagulanti
Secondo le linee guida ESC / ESVS[3] la terapia anticoagulante orale potrebbe
essere raccomandata (2aB) in tutti i pazienti diversi dai pazienti con
arteriopatia periferica degli arti inferiori e fibrillazione atriale, quando il
punteggio CHA2DS2-VASc è ≥2. Nei pazienti con arteriopatia periferica degli
arti inferiori che hanno un'indicazione per terapia anticoagulante orale (ad
esempio fibrillazione atriale o valvola protesica meccanica), potrebbero essere
raccomandati solo gli anticoagulanti orali (2aB). Dopo rivascolarizzazione
endo-vascolare, l'aspirina o il clopidogrel potrebbero essere raccomandati in
aggiunta alla terapia anticoagulante orale per almeno 1 mese se il rischio di
sanguinamento è basso rispetto al rischio di occlusione dello stent o del
trapianto (2aC), mentre se il rischio di sanguinamento è elevato potrebbe
essere presa in considerazione la sola terapia anticoagulante orale (2aC). Gli
anticoagulanti orali e la monoterapia antiaggregante potrebbero essere
raccomandati oltre 1 mese in pazienti ad alto rischio ischemico o quando vi è
un'altra indicazione stabile per il trattamento a lungo termine (2bC).

- Statine
Secondo le linee guida IUA [38] e CEVF [39] l'utilizzo di statine, o comunque
la riduzione dei valori di LDL in generale, potrebbe essere raccomandato nei
pazienti con arteriopatia periferica degli arti inferiori.

- Antipertensivi
Gli ACE-inibitori o i bloccanti dei recettori dell'angiotensina potrebbero
essere raccomandati dalle linee guida ESC / ESVS[3] e CEVF [39].
I β-bloccanti potrebbero essere raccomandati dalle linee guida SVS [37].
I calcioantagonisti potrebbero essere raccomandati dalle linee guida CEVF
[39].
16. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle vasculopatie 767

16.3.1.2.2. Chirurgiche
La rivascolarizzione potrebbe essere raccomandata dalle linee guida ESC /
ESVS[3] in caso di compromissione delle attività della vita quotidiana
nonostante la terapia fisica (2aC) e in caso di ischemia acuta degli arti
inferiori (ALI) con insorgenza di deficit neurologici o senza deficit
neurologici con valutazione caso per caso (1C). In presenza di ischemia
cronica degli arti inferiori (CLTI), per il salvataggio degli arti, la
rivascolarizzazione potrebbe essere raccomandata ogni volta che è possibile
(1B).
Secondo le linee guida ACC / AHA [36] le procedure di rivascolarizzazione
endo-vascolare potrebbero essere raccomandate come opzione di
rivascolarizzazione in pazienti con claudicatio limitante lo stile di vita
dovuta ad occlusione femoro-poplitea emodinamicamente significativa
(2aB). L'uso della terapia endo-vascolare potrebbe essere raccomandata in
pazienti con lesioni da ischemia critica che non guariscono o gangrena (2b) e
in caso di CLI con dolore ischemico a riposo (2aB).
Le procedure di rivascolarizzazione chirurgica tramite bypass potrebbero
essere raccomandate per i pazienti con claudicatio limitante lo stile di vita
con risposta inadeguata alla guideline-directed management and therapy
(GDMT), rischio peri-operatorio accettabile e fattori tecnici che comportano
dei vantaggi rispetto alle procedure endo-vascolari (2aB).
La trombectomia percutanea meccanica potrebbe essere raccomandata come
terapia aggiuntiva alla trombolisi (2aB). Nei pazienti con ALI dovuta a causa
embolica e con un arto salvabile, la trombo-embolectomia chirurgica
potrebbe essere raccomandata (2aC).
Secondo le linee guida SVS [37], le procedure endo-vascolari potrebbero
essere raccomandate in caso di occlusione aorto-iliaca focale, dell'arteria
iliaca comune, dell'arteria iliaca esterna (1B) e dell'arteria femorale
superficiale che non coinvolge l'origine della biforcazione femorale che
causano claudicatio intermittens (1C).
La ricostruzione chirurgica diretta (bypass, endo-arteriectomia) potrebbe
essere raccomandata in pazienti con rischio chirurgico ragionevole e
occlusione aorto-iliaca diffusa non suscettibili ad un approccio endo-
vascolare, in pazienti con malattia occlusiva e aneurismatica combinata (1B),
in caso di patologia diffusa dell'arteria femoro-poplitea, di piccolo calibro
(<5 mm), o calcificazione estesa dell'arteria femorale superficiale, se hanno
anatomia favorevole per bypass (bersaglio dell'arteria poplitea, buon
deflusso) e hanno una media o basso rischio operativo (1B).
Secondo le linee guida SICVE [1], la rivascolarizzazione potrebbe essere
raccomandata in presenza di claudicatio severa (grado 1-categoria 3) come
768 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

trattamento di prima scelta se non sono presenti controindicazioni (per


esempio anatomia sfavorevole o comorbidità rilevanti) (2aB).
La rivascolarizzazione endo-vascolare potrebbe essere raccomandata sia
nella lesione aorto-iliaca segmentaria (2aB) che nella lesione aorto-iliaca
estesa (2aB), ma in quest’ultima si deve valutare il singolo caso.
La rivascolarizzazione chirurgica, invece, potrebbe essere raccomandata in
caso di complessità anatomica (2aB), di lesione aorto-iliaca estesa (con
valutazione del singolo caso) (2aB) e di lesioni aorto-iliache estese o
complesse (2bC).
Secondo le linee guida IUA [38] la rivascolarizzazione potrebbe essere
raccomandata in tutti i casi di CLI in cui essa sia fattibile (2B).
La rivascolarizzazione, endo-vascolare o chirurgica, secondo le linee guida
CEVF [39], potrebbe essere raccomandata (1C) in pazienti che hanno
un'anatomia favorevole e dopo almeno sei mesi della migliore terapia fisica
e farmacologica.

16.3.1.2.3. Riabilitative

- Esercizio supervisionato
Secondo le linee guida SICVE [1] potrebbe essere raccomandato nei pazienti
con claudicatio severa (grado 1, categoria 3) in cui la rivascolarizzazione è
controindicata a causa di anatomia sfavorevole o comorbidità rilevanti (2aB).
Secondo le linee guida IUA [38], nel paziente con claudicatio, l'esercizio
terapia supervisionata potrebbe essere raccomandata (1C).
Secondo le linee guida CEVF [39], nel paziente con claudicatio, prima di
considerare la possibilità di rivascolarizzazione endo-vascolare o chirurgica,
potrebbe essere raccomandato un addestramento fisico supervisionato e una
farmacoterapia per la migliorare la capacità di deambulazione e seguire
almeno sei mesi della migliore terapia fisica e farmacologica (1C).

- Esercizio non supervisionato


Secondo le linee guida ESC / ESVS [3], un allenamento senza supervisione
potrebbe essere raccomandato nel paziente con claudicatio quando l'esercizio
fisico supervisionato non è fattibile o disponibile (1C).
Secondo le linee guida SVS [37], quando un programma di esercizio
supervisionato non è disponibile, o per un beneficio a lungo termine dopo il
completamento di un programma di esercizio supervisionato, potrebbe essere
raccomandato (1B) un esercizio a domicilio, con un obiettivo di almeno 30
minuti di cammino da tre a cinque volte a settimana. Inoltre, nei pazienti
sottoposti a terapia di rivascolarizzazione per claudicatio intermittens,
potrebbe essere raccomandato l'esercizio supervisionato o domiciliare per
benefici funzionali aggiuntivi (1B).
16. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle vasculopatie 769

Secondo le linee guida IUA [38] gli esercizi non supervisionati potrebbero
essere raccomandati quando non è possibile eseguire gli esercizi
supervisionati (1C).
Secondo le linee guida SICVE [1] l’esercizio non supervisionato potrebbe
essere raccomandato (no evidenze), negli stessi casi in cui è raccomandato
l’esercizio supervisionato, quando quest’ultimo non è possibile.

16.3.1.3. Terapie non raccomandate di grado forte e moderato-debole

16.3.1.3.1. Farmacologiche

- Antiaggreganti
Nella gestione del paziente asintomatico, in cui è già stata posta la diagnosi di
patologia, le linee guida ESC / ESVS [3] non raccomandano l'utilizzo di
farmaci antiaggreganti.

16.3.1.3.2. Chirurgiche

Secondo le linee guida ACC / AHA [36] le procedure di rivascolarizzazione


endo-vascolare non dovrebbero essere eseguite in pazienti per prevenire la
progressione verso l'ischemia critica degli arti (3B).
Secondo le stesse linee guida le procedure di rivascolarizzazione chirurgica
tramite bypass non dovrebbero essere eseguite unicamente per prevenire la
progressione verso l'ischemia critica degli arti (3B).

16.3.1.4. Raccomandazioni incerte

16.3.1.4.1. Farmacologiche

- Antiaggreganti
Nella gestione del paziente asintomatico, in cui è già stata posta la diagnosi di
patologia, l'utilizzo di farmaci antiaggreganti è incerto secondo le linee guida
SICVE [1].
770 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

16.3.1.5. Raccomandazioni non formulabili

16.3.1.5.1. Farmacologiche

- Antiaggreganti
Nella gestione del paziente asintomatico, in cui è già stata posta la diagnosi di
patologia, le linee guida SVS [37] non danno alcuna raccomandazione in
merito.

- Statine
Le linee guida SICVE [1] non forniscono alcuna raccomandazione in merito.

- Antipertensivi
Le linee guida SICVE [1] e quelle IUA [38] non forniscono alcuna indicazione
sulla terapia antipertensiva.

16.3.1.6. Meta-analisi
Una meta-analisi [45] sull’esercizio di deambulazione intensiva ha
evidenziato come, rispetto alla terapia tradizionale, l'esercizio di
deambulazione intensiva ha migliorato i punteggi di MWD (distanza
massima di cammino), PFWD (distanza di cammino libera da dolore), 6-
MWD (distanza di cammino in 6 minuti) e WIQ (Walking Impairment
Questionnaire) nei pazienti con arteriopatia periferica degli arti inferiori con
IC. Nei pazienti arteriopatia periferica degli arti inferiori senza IC, l'esercizio
intensivo a piedi potrebbe migliorare i punteggi del 6-MWD e WIQ, ma non
del MWD (probabilmente per l’alto tasso di abbandono e perché erano stati
coinvolti pazienti con patologie concomitanti cardiache e polmonari). Il
miglioramento delle prestazioni di deambulazione era significativamente
associato alle differenze nella PFWD al basale: l'esercizio di deambulazione
intensivo ha portato a maggiori miglioramenti nei pazienti arteriopatia
periferica degli arti inferiori con IC e prestazioni di camminata al basale
migliori, indicando che il ricorso precoce di un esercizio di deambulazione
intensiva può determinare una migliore efficacia nei pazienti con
arteriopatia periferica degli arti inferiori. L'esercizio deve essere effettuato
senza dolore o fino a comparsa di dolore lieve, data l'efficacia simile e la
conformità potenzialmente migliore rispetto all’esercizio effettuato fino alla
comparsa di dolore medio-severo, in quanto alcuni studi hanno evidenziato
come camminare fino al dolore sub-massimale o massimale potrebbe
indurre risposte infiammatorie che potrebbero esacerbare l'aterosclerosi. Nel
meccanismo mediante il quale l'esercizio a piedi esercita effetti benefici sulle
16. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle vasculopatie 771

prestazioni del cammino è coinvolta una migliore circolazione collaterale.


Sono stati dimostrati aumenti significativi nel flusso sanguigno del
polpaccio in condizioni di riposo e in condizioni massimali di esercizio dopo
6 mesi di allenamento controllato su tapis roulant. Un altro possibile
meccanismo può essere spiegato dall’aumentata attività della sintetasi
dell'ossido nitrico e dall’aumento della dilatazione endotelio-dipendente dei
vasi, dai miglioramenti della capacità cardiopolmonare, dal miglioramento
della tolleranza al dolore e dall’adattamento psicologico all’esercizio.
I risultati hanno indicato che gli effetti a breve termine dei programmi di
allenamento più brevi (3 mesi) e più lunghi (> 6 mesi) erano comparabili. In
conclusione, questa revisione suggerisce che la terapia intensiva a piedi
dovrebbe svolgere un ruolo importante nella cura standard dei pazienti con
arteriopatia periferica degli arti inferiori. Inoltre, il coinvolgimento precoce
nell'esercizio di deambulazione intensiva può determinare un maggiore
beneficio terapeutico per i pazienti con arteriopatia periferica degli arti
inferiori. Per quanto riguarda i parametri del programma di allenamento, la
meta-analisi indica che l'esercizio effettuato fino a comparsa del dolore da
lieve a moderato è paragonabile l'esercizio effettuato fino a comparsa del
dolore da moderato a massimo e che un programma di esercizi di 3 mesi
può essere preferito a un programma più lungo per il trattamento di
pazienti con arteriopatia periferica degli arti inferiori, ma sono necessarie
ulteriori prove per dimostrare questo argomento.

16.3.2. Stenosi della carotide

16.3.2.1. Raccomandazioni di grado forte a favore

16.3.2.1.1. Farmacologiche e chirurgiche

- Chirurgia, antiaggreganti, anticoagulanti


Le linee guida ECS/ESVS [3] raccomandano la best medical therapy (1A) in
caso di stenosi <60% non associata a recenti sintomi di ictus e/o TIA oppure in
caso di stenosi all'imaging del 60-99% in pazienti con aspettativa di vita <
5anni e/o anatomia sfavorevole (1A).
In presenza di recente sintomatologia riferita ad ictus e / o TIA causata da una
stenosi < 50% è raccomandata la best medical therapy (1A), mentre se la
stenosi è del 70-99% è raccomandata l'endo-arteriectomia associata alla best
medical therapy (1A).
Come best medical therapy dopo stenting è raccomandata (1A) l'assunzione
di aspirina 75-100 mg/die + clopidogrel 75 mg/die per il primo mese e poi
772 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

aspirina 75-100 mg/die o clopidogrel 75 mg/die a tempo indeterminato finché


sono tollerati; dopo l'intervento chirurgico è raccomandata (1A) l'assunzione
di aspirina 75-100 mg/die o clopidogrel 75 mg/die a tempo indeterminato
finché sono tollerati (in caso di recente ictus minore o TIA bisogna assumere
aspirina 300 mg o clopidogrel 300/600 mg per tutta la fase acuta).
Le linee guida ESVS [40], se la sintomatologia è causata da una stenosi del 51-
99%, raccomandano, preferibilmente entro 14 giorni dall'insorgenza dei
sintomi (1A), l'endo-arteriectomia (2aA) oppure lo stenting nei pz < 70 anni
(2bA).
Come "best medical therapy" nel paziente asintomatico è raccomandata (1A)
l'assunzione di aspirina 75-325 mg/die oppure clopidrogrel 75 mg/die per la
prevenzione di infarto miocardico tardivo e altri eventi cardiovascolari.
Invece, come "best medical therapy" nel paziente sintomatico è raccomandata
(1A) l'assunzione di clopidogrel 75 mg/die o aspirina 75 mg/die +
dipiridamolo 200 mg 2 volte/die a rilascio modificato; se si è intolleranti al
dipiridamolo o al clopidogrel, deve essere usata l'aspirina in monoterapia (75-
325 mg/die); in caso di intolleranza all'aspirina e al clopidogrel,
somministrare il dipiridamolo con rilascio modificato 200 mg due volte al
giorno.
Le linee guida SICVE [7] raccomandano (2bA) l'endo-arteriectomia o lo
stenting, da eseguirsi solo in centri con operatori esperti, in caso di stenosi
asintomatica con un'occlusione >60% del lume del vaso; in caso di stenosi
sintomatica con occlusione del 50-69% del lume si raccomanda l'endo-
arteriectomia (2aA) in presenza di placca ulcerata e/o età avanzata e/o sesso
maschile e/o pazienti diabetici; infine, in caso di sintomatologia recente
causata da un'occlusione del 70-99% viene raccomandata l'endo-arteriectomia
(1A).
Lo stenting carotideo è raccomandato, a discapito dell'endo-arteriectomia, in
caso di severa comorbidità cardiaca o polmonare (2aA).
La terapia mono-antiaggregante piastrinica è raccomandata (1A) a lungo
termine nei pz con aterosclerosi carotidea, anche dopo intervento di endo-
arteriectomia.
Le linee guida ASA / ACCF / AHA / AANN / AANS / ACR / ASNR / CNS /
SAIP / SCAI / SIR / SNIS / SVM / SVS [41] raccomandano l’endo-arteriectomia
(2aA) nei pazienti non sintomatici con stenosi del 70-99%.
Relativamente ai pazienti sintomatici è raccomandata l’endo-arteriectomia se
il diametro del lume dell'arteria carotide interna omolaterale è ridotto di più
del 70%, come documentato da imaging non invasivo (1A).
Relativamente alla terapia antiaggregante, l'aspirina 81-325 mg/die è
raccomandata (1A) prima dell’endo-arteriectomia. La terapia anti-piastrinica
con aspirina 75-325 mg/die, è raccomandata per i pazienti con aterosclerosi
ostruttiva o non ostruttiva che coinvolge la carotide extracranica per la
prevenzione di infarto miocardico e altri eventi cardiovascolari ischemici
(1A).
16. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle vasculopatie 773

- Statine
Per quanto riguarda il trattamento della dislipidemia, le linee guida ESC /
ESVS[3] le raccomandano (1A) in tutti i pazienti, sintomatici e non.
Le linee guida ESVS [40] raccomandano le statine (1A) per la prevenzione a
lungo termine di ictus, infarto miocardico e altri eventi cardiovascolari in
pazienti, sintomatici e non, con malattia.

- Antipertensivi
Le linee guida ESVS [40] raccomandano (1A), in tutti i pazienti con stenosi
extracranica della carotide interna, sintomatici e non, di mantenere la
pressione arteriosa a lungo termine <140/90 mmHg.
Le linee guida ASA / ACCF / AHA / AANN / AANS / ACR / ASNR / CNS /
SAIP / SCAI / SIR / SNIS / SVM / SVS [41] raccomandano (1A) il trattamento
antipertensivo per i pazienti con ipertensione arteriosa e aterosclerosi
asintomatica della carotide extracranica per mantenere la pressione
sanguigna al di sotto di 140/90 mmHg.

16.3.2.1.1. Riabilitative

Nessuna delle linee guida esaminate prende in considerazione alcun


trattamento riabilitativo in pazienti affetti da stenosi della carotide.

16.3.2.2. Raccomandazioni di grado moderato-debole a favore

16.3.2.2.1. Farmacologiche e chirurgiche

- Chirurgia, antiaggreganti, anticoagulanti


Secondo le linee guida ECS/ESVS [3], in caso di stenosi all'imaging del 60-99%
non associata a recenti sintomi di ictus e/o TIA in pazienti con aspettativa di
vita > 5anni e anatomia favorevole, potrebbe essere raccomandata la endo-
arteriectomia associata alla best medical therapy (2aB) oppure lo stenting
associato alla best medical therapy (2bB).
In presenza di recente sintomatologia riferita ad ictus e / o TIA causata da una
stenosi del 50-69% potrebbe essere raccomandata l'endo-arteriectomia
associata alla best medical therapy (2aB) oppure lo stenting associato best
medical therapy (2bB). Se la stenosi è del 70-99% e c'è un alto rischio per
l'endo-arteriectomia, potrebbe essere raccomandato lo stenting associato alla
best medical therapy (2aB).
Come best medical therapy nel paziente asintomatico potrebbe essere
raccomandata (2aC) l'assunzione di aspirina 75-100 mg/die oppure
clopidrogrel 75 mg/die a tempo indeterminato finché sono tollerati.
Secondo le linee guida ESVS [40], in presenza di recenti sintomi di ictus e/o
TIA associati ad una stenosi < 50%, potrebbe essere raccomandata l'endo-
774 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

arteriectomia carotidea o lo stenting carotideo solo dopo fallimento della "best


medical therapy" e comunque dopo una valutazione multidisciplinare del
paziente (2bC).
Se la sintomatologia è causata da una stenosi del 51-99% e ci sono
controindicazioni all'endo-arteriectomia, potrebbe essere raccomandato,
preferibilmente entro 14 giorni dall'insorgenza dei sintomi, lo stenting (2aB).
Dopo intervento di endo-arteriectomia carotidea, potrebbe essere
raccomandata (1B) l'assunzione di aspirina a basso dosaggio (75-325 mg/die)
piuttosto che a dosi più elevate (> 625 mg/die). Dopo posizionamento di stent
carotideo potrebbe essere raccomandata (1B) una doppia terapia
antiaggregante con aspirina 75-325 mg/die e clopidogrel 75 mg/die che deve
essere proseguita per almeno 4 settimane dopo il posizionamento dello stent
e, quindi, la terapia antiaggregante preventiva secondaria a lungo termine
ottimale deve essere portata avanti per un tempo indefinito.
Secondo le linee guida SICVE [7], in caso di stenosi sintomatica con
occlusione del 50-69% del lume potrebbero essere raccomandati (1B)
indifferentemente l'endo-arteriectomia e lo stenting. In caso di sintomatologia
recente causata da un'occlusione del 70-99% potrebbe essere raccomandato lo
stenting (1B).
Lo stenting carotideo potrebbe essere raccomandato, a discapito dell'endo-
arteriectomia, in caso di precedente radioterapia o intervento al collo,
tracheostomia, restenosi post-endo-arteriectomia o post-stenting, stenosi o
biforcazione molto alta o molto bassa al collo, paralisi laringea controlaterale
(2aC).
La doppia terapia antiaggregante piastrinica potrebbe essere raccomandata
dopo stenting (1B).
Secondo le linee guida ASA / ACCF / AHA / AANN / AANS / ACR / ASNR /
CNS / SAIP / SCAI / SIR / SNIS / SVM / SVS [41], in caso di anatomia del collo
sfavorevole per la chirurgia arteriosa, potrebbe essere raccomandato lo
stenting rispetto all’endo-arteriectomia (2aB).
Relativamente ai pazienti sintomatici, l’endo-arteriectomia potrebbe essere
raccomandata se il diametro del lume dell'arteria carotide interna omolaterale
è ridotto di più del 50% come documentato da angiografia del catetere (1B),
oppure lo stenting come alternativa all’endo-arteriectomia quando il diametro
del lume dell'arteria carotide interna è ridotto di oltre il 70% come
documentato da imaging non invasivo o più di 50 % come documentato
dall'angiografia del catetere (1B).
Quando la rivascolarizzazione è indicata, potrebbe essere raccomandato (2aB)
intervenire entro 2 settimane.
Oltre il primo mese dopo l’intervento di endo-arteriectomia l'aspirina 75-325
mg/die, il clopidogrel 75 mg/die o la combinazione di aspirina 25 mg a basso
dosaggio + il dipiridamolo 200 mg a rilascio prolungato per due volte/die
potrebbero essere raccomandati come profilassi a lungo termine contro eventi
cardiovascolari ischemici (1B).
16. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle vasculopatie 775

Nei pazienti con aterosclerosi ostruttiva o non ostruttiva che coinvolge la


carotide extracranica che hanno sviluppato un ictus ischemico o TIA, la
terapia anti-piastrinica con sola aspirina 75-325 mg/die, con solo clopidogrel
75 mg/die o la combinazione di aspirina 25 mg + dipiridamolo 200 mg a
rilascio prolungato due volte /die potrebbe essere raccomandata rispetto alla
combinazione di aspirina + clopidogrel (1B). I farmaci antiaggreganti
potrebbero essere raccomandati rispetto agli anticoagulanti orali nei pazienti
con aterosclerosi delle arterie carotidi extracraniche con sintomi ischemici
(1B) o senza (1C), anche se in quelli che hanno un'indicazione di
anticoagulazione, come la fibrillazione atriale o una valvola cardiaca
meccanica protesica, potrebbe essere utile somministrare un antagonista della
vitamina K (come il warfarin, aggiustato per la dose per raggiungere un
target normalizzato internazionale [INR] di 2.5 [range 2.0 a 3.0]) per la
prevenzione di eventi ischemici tromboembolici (2aC).

- Statine
Per quanto riguarda il trattamento della dislipidemia, secondo le linee guida
ESC / ESVS[3], potrebbe essere raccomandata (1C) la riduzione le LDL-C a <
1,8 mmol/L (70 mg/dL) o la riduzione ≥50% se i valori basali sono 1,8-3,5
mmol /L (70-135 mg/dL).
Secondo le linee guida SICVE [7] l'assunzione di statine potrebbe essere
raccomandata nei pazienti asintomatici (2aB) e in quelli sintomatici (1B).
Secondo le linee guida ASA / ACCF / AHA / AANN / AANS / ACR / ASNR /
CNS / SAIP / SCAI / SIR / SNIS / SVM / SVS [41] il trattamento con statine
potrebbe essere raccomandato (1B) per tutti i pazienti con aterosclerosi della
carotide extracranica per ridurre il colesterolo <100 mg/dL; in caso di ictus
ischemico le statine potrebbero essere raccomandate (2aB) per ridurre il
colesterolo LDL a un livello vicino o inferiore a 70 mg/dL. Se il trattamento
con una statina non raggiunge l'obiettivo prefissato, potrebbe essere
raccomandato (2aB) intensificare la terapia farmacologica con un altro
farmaco tra quelli con evidenza di miglioramento dei risultati (es.
sequestranti acidi o niacina). Per i pazienti che non tollerano le statine, la
terapia con sequestranti degli acidi biliari e /o niacina potrebbe essere
raccomandata (2aB). La somministrazione di statine in pazienti che hanno
subito un intervento di endo-arteriectomia per la prevenzione di eventi
ischemici potrebbe essere raccomandata (2aB) indipendentemente dai livelli
sierici di lipidi.

- Antipertensivi
Nella gestione dell'eventuale ipertensione arteriosa di questi pazienti,
secondo le linee guida ESC / ESVS[3], l'utilizzo degli ACE-I o dei bloccanti dei
recettori dell'angiotensina come farmaci antipertensivi di prima linea
potrebbe essere raccomandato (2aB).
Secondo le linee guida ESVS [40], si deve essere cauti nel ridurre
significativamente la pressione sanguigna immediatamente prima dell'endo-
776 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

arteriectomia carotidea o dello stenting, ma potrebbe essere raccomandato


(2aC) il trattamento dell'ipertensione non controllata con valori >180/90
mmHg.
Secondo le linee guida ASA / ACCF / AHA / AANN / AANS / ACR / ASNR /
CNS / SAIP / SCAI / SIR / SNIS / SVM / SVS [41], in relazione all’endo-
arteriectomia, la somministrazione di farmaci antipertensivi potrebbe essere
raccomandata (1C) per controllare la pressione arteriosa prima e dopo la
procedura.

16.3.2.2.1. Riabilitative
Nessuna delle linee guida esaminate prende in considerazione alcun
trattamento riabilitativo in pazienti affetti da stenosi della carotide.

16.3.2.3. Terapie non raccomandate di grado forte e moderato/debole

16.3.2.3.1. Farmacologiche e chirurgiche

- Chirurgia, antiaggreganti, anticoagulanti


Le linee guida ESVS [40] non raccomandano (3C) la doppia terapia
antiaggregante con aspirina e clopidogrel nei pazienti sottoposti ad
endoarterectomia carotidea o stent carotideo, se non è indicato per motivi
cardiaci.
Le linee guida SICVE [7] non raccomandano (3A) la doppia terapia
antiaggregante piastrinica dopo endoarterectomia carotidea.
Secondo le linee guida ASA / ACCF / AHA / AANN / AANS / ACR / ASNR /
CNS / SAIP / SCAI / SIR / SNIS / SVM / SVS [41], tranne che in circostanze
straordinarie, la rivascolarizzazione carotidea attraverso endoarterectomia o
stenting, non è raccomandata (3A) quando l'aterosclerosi riduce il lume di
meno del 50%; la rivascolarizzazione non è raccomandata (3C) anche per i
pazienti con occlusione totale cronica della carotide bersaglio.

16.3.2.3.2. Riabilitative
Nessuna delle linee guida esaminate prende in considerazione alcun
trattamento riabilitativo in pazienti affetti da stenosi della carotide.
16. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle vasculopatie 777

16.3.3. Anomalie vascolari

16.3.3.1. Raccomandazioni di grado forte a favore

16.3.3.1.1. Farmacologiche

- Emangiomi infantili
Le linee guida SISAV [9] raccomandano la somministrazione per via sistemica
di propanololo come farmaco di prima scelta (1A).

- Malformazioni linfatiche
Le linee guida SISAV [9], nelle malformazioni linfatiche tronculari degli arti
inferiori che causano linfedema primario, raccomandano gli antibiotici, gli
antimicotici, la dietilcarbamazina, i diuretici e i benzopironi (1A).

16.3.3.1.2. Chirurgiche

- Emangiomi infantili
Secondo le linee guida SISAV [9] la laserterapia con l’utilizzo del Dye è
raccomandata nelle teleangectasie residue post-involuzione (1A).

- Malformazioni linfatiche
Le linee guida SISAV [9] raccomandano la scleroterapia ecoguidata come
trattamento di prima scelta nelle forme extratronculari macrocistiche, mentre
la chirurgia escissionale è raccomandata come trattamento di seconda scelta
(1A). Nelle malformazioni linfatiche tronculari degli arti inferiori che causano
linfedema primario, la chirurgia è raccomandata per interventi funzionali o
interventi exeretici (1A).

16.3.3.1.3. Riabilitative

- Malformazioni linfatiche
Le linee guida SISAV [9], nelle malformazioni linfatiche tronculari degli arti
inferiori che causano linfedema primario, raccomandano la terapia fisica
combinata multimodale caratterizzata dalla skin care, dal linfodrenaggio
manuale e meccanico, dai bendaggi funzionali, dagli esercizi isotonici e dalle
modificazioni dello stile di vita (1A).
778 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

16.3.3.2. Raccomandazioni di grado moderato-debole a favore

16.3.3.2.1. Farmacologiche

- Emangiomi infantili
Secondo le linee guida SISAV [9] potrebbe essere raccomandato il prednisone
come farmaco di seconda scelta al dosaggio di 2-3 mg/Kg/die in mono
somministrazione per 1-2 mesi (1B), la vincristina come farmaco di terza
scelta al dosaggio di 0.05 mg/Kg e.v. se il peso corporeo è <10 kg e 75-1,5
mg/m2 e.v. se il peso corporeo è >10 kg settimanalmente per 3-4 dosi (1B) e
l'interferon-α come farmaco di quarta scelta al dosaggio di 1M UI/m2
aumentato sino a 3 M nel corso del primo mese con una durata della
somministrazione da 2 a 12 mesi (1B). La terapia topica con timololo o
propanololo potrebbe essere raccomandata come prima scelta negli
emangiomi superficiali non complicati (1B).

- Emangiomi congeniti
Secondo le linee guida SISAV [9], l’emangioma congenito rapidamente
involutivo (RICH) non richiede alcun trattamento perché è rapidamente
involutivo (no evidenza); l’emangioma congenito non involutivo (NICH) e
l’emangioma congenito parzialmente involutivo (PICH) dovrebbero essere
trattati con l’embolizzazione e/o chirurgia e la suddetta terapia è indicata
nella prima infanzia.

- Emangioendotelioma kaposiforme (EEK)


Secondo le linee guida SISAV [9], quando possibile, la terapia chirurgica è il
gold standard. In caso contrario potrebbe essere raccomandata la terapia
medica: in presenza di EEK senza FKM si somministra prednisolone per os 2
mg/kg/die per 3-4 settimane come prima scelta oppure aspirina o altro
antiaggregante alla dose di 2-5 mg/kg/die; in presenza di EEK con FKM si
somministra vincristina 0.05 mg/kg e.v. settimanalmente per 20-24 settimane
+ prednisolone per os 2-3 mg/kg/die o metilprednisolone ev 1.6 mg/kg/die per
20-24 settimane come prima scelta oppure ticlopidina e clopidogrel, acido
aminocaproico e tranexamico.

- Tufted angioma (TA)


Secondo le linee guida SISAV [9], in presenza di TA senza FKM potrebbe
essere raccomandato somministrare prednisolone per os 2 mg/kg/die per 3-4
settimane come prima scelta oppure aspirina o altro antiaggregante alla dose
di 2-5 mg/kg/die; in presenza di TA con FKM potrebbe essere raccomandata
vincristina 0.05 mg/kg e.v. settimanalmente per 20-24 settimane +
prednisolone per os 2-3 mg/kg/die o metilprednisolone ev 1.6 mg/kg/die per
16. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle vasculopatie 779

20-24 settimane come prima scelta oppure ticlopidina e clopidogrel, acido


aminocaproico e tranexamico.

- Malformazioni venose
Secondo le linee guida SISAV [9], per ciò che concerne la terapia conservativa,
la profilassi con eparina frazionata potrebbe essere raccomandata solo in casi
selezionati (1C). Le medicazioni locali potrebbero essere raccomandate nelle
malformazioni venose superficiali complicate da lesioni ulcerative cutanee o
emorragie.
Secondo le linee guida SICVE [8], per ciò che concerne la terapia conservativa,
la profilassi con eparina frazionata potrebbe essere raccomandata in tutti i
pazienti con malformazioni venose che evidenziano notevole estensione,
presenza di vene embrionarie, segni clinici di coagulazione intravascolare
localizzata o di grave stasi venosa, alterazioni trombofiliche. Le medicazioni
locali potrebbero essere raccomandate in caso di lesioni ulcerative cutanee o
emorragiche.

- Malformazioni cavernose cerebrali


Secondo le linee guida Angioma Alliance Scientific Advisory Board Clinical
Experts Panel [42] potrebbe essere raccomandata la terapia antiepilettica per
la prima crisi ritenuta dovuta alla lesione (1B).

16.3.3.2.2. Chirurgiche

- Emangiomi infantili
Secondo le linee guida SISAV [9] la laserterapia con l’utilizzo del Dye laser
potrebbe essere raccomandata negli emangiomi superficiali limitati allo
spessore del derma (1C) e negli emangiomi ulcerati (1C). L’utilizzo del YAG
laser o del laser a diodi potrebbe, invece, essere raccomandato in caso di
lesioni profonde (1C). La chirurgia potrebbe essere raccomandata come
trattamento di seconda scelta nel primo anno di vita, oppure come opzione
sequenziale al trattamento farmacologico (1C); potrebbe essere raccomandata
nella fase involuta o nella fase di involuzione (1C).

- Malformazioni capillari
Secondo le linee guida SISAV [9], la laserterapia potrebbe essere
raccomandata come prima scelta nelle forme pure (1C). Nelle forme miste
capillaro-venose, arteriolo-capillari e nelle forme teleangectasiche potrebbe
essere raccomandata la scleroterapia (1C), mentre nelle forme ipertrofiche la
chirurgia (1C).
Secondo le linee guida SICVE [8] la laserterapia potrebbe essere
raccomandata come prima scelta nelle forme pure (2aB). Nelle forme miste
780 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

capillaro-venose, arteriolo-capillari e nelle forme teleangectasiche potrebbe


essere raccomandata la scleroterapia (2aB), mentre la chirurgia potrebbe
essere raccomandata (2aC) nelle correzioni delle ipertrofie del massiccio
facciale associate a malformazioni capillari, nelle malformazioni capillari
ipertrofiche nell'adulto in presenza di vegetazioni polipoidi, in caso di
angiocheratomi ipertrofici radicalmente asportabili.

- Malformazioni venose
Secondo le linee guida SICVE [8] la chirurgia vascolare potrebbe essere
raccomandata per l'asportazione, il più precocemente possibile, delle vene
embrionarie per prevenire la sindrome osteo-angiodistrofica (2aB).
Secondo le linee guida SISAV [9] il trattamento invasivo, tra cui la
scleroembolizzazione, la laserterapia, la chirurgia vascolare e la chirurgia non
vascolare, invece, potrebbe essere raccomandato in presenza di alterazioni
cliniche o complicanze di grado severo: emorragie, insufficienza venosa
cronica, dolore invalidante, deficit funzionali, deformità estetiche, sindrome
osteo-angiodistrofica (specialmente durante la crescita), compromissione di
organi vitali, tromboembolie.

- Malformazioni linfatiche
Secondo lelinee guida SISAV [9], nelle forme extratronculari microcistiche
potrebbe essere raccomandata la laserterapia (2aB), la chirurgia (2aB) oppure
la scleroterapia (2bC).

- Malformazioni artero-venose
Secondo le linee guida SISAV [9] potrebbe essere raccomandata la chirurgia o
l’embolizzazione sono per escludere il nido (1C).
Secondo le linee guida SICVE [8] la chirurgia o l’embolizzazione potrebbero
essere raccomandate (1B) nelle forme extratronculari.

- Malformazioni sindromiche
Gruppo A
Secondo le linee guida SISAV [9] potrebbero essere raccomandate,
singolarmente o in combinazione, la chirurgia, il laser (transdermico o
intralesionale) e la scleroterapia (eco o flebo assistita) (1C). Il trattamento
ortopedico, anche preventivo, potrebbe essere raccomandato in caso di
ipermetria e/o gigantismo (1C).
Gruppo B
Secondo le linee guida SISAV [9] potrebbero essere raccomandati il laser /
scleroterapia / embolizzazioni / terapia medica per la BRBN (1C);
l'embolizzazione (HHT su FAV polmonari Cobb CRC) (1C); la laser terapia /
terapia medica (HHT SW) (1C); la chirurgia (Maffucci FAVA) (1C).
16. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle vasculopatie 781

- Malformazioni cavernose cerebrali


Secondo le linee guida Angioma Alliance Scientific Advisory Board Clinical
Experts Panel [42] la chirurgia potrebbe essere raccomandata per lesioni
sintomatiche facilmente accessibili (2bB), per lesioni profonde se sintomatiche
o dopo una precedente emorragia (2bB), per lesioni del tronco cerebrale dopo
un secondo sanguinamento sintomatico poiché potrebbero avere un decorso
più aggressivo (2bB). La resezione a livello del tronco cerebrale dopo un
singolo sanguinamento invalidante o per le malformazioni cavernose spinali
potrebbe essere raccomandata (2bC). La chirurgia potrebbe essere
raccomandata in caso di epilessia refrattaria (2aB), in caso di lesioni
asintomatiche solitarie, se facilmente accessibili e localizzate in aree non
nobili, per prevenire future emorragie (2bC). La radiochirurgia potrebbe
essere raccomandata (2bB) per lesioni solitarie con precedente emorragia
sintomatica, se la lesione si trova in aree eloquenti che comportano un rischio
chirurgico elevato.
Le linee guida stilate nel 2010 da Jia Wei Zheng et al. [44] si occupano,
specificatamente, del trattamento delle malformazioni vascolari localizzate a
livello di testa e collo, senza però riportare alcun livello di evidenza. Le
indicazioni terapeutiche delle varianti delle malformazioni vascolari di testa e
collo di cui si occupano queste linee guida sono riportate di seguito.
Emangiomi infantili
La terapia medica sistemica è caratterizzata dalla somministrazione di β-
bloccanti come farmaci di prima scelta, di prednisone come farmaco di
seconda scelta al dosaggio di 3–5 mg/kg ogni giorno per 6-8 settimane per 2-3
cicli all'occorrenza, di vincristina come farmaco di terza scelta al dosaggio di
0,5-1 mg/kg e.v. 1 volta/settimana per 6 settimane e di interferon-α come
farmaco di quarta scelta solo in caso di insuccesso dei precedenti farmaci. La
terapia intra-lesionale si avvale del triamcinolone per lesioni più localizzate
(es. orbita) al dosaggio di 1-2 mg/kg di peso corporeo (max 60 mg) a intervalli
mensili, a seconda del età del paziente e dimensione della lesione e della
bleomicina A5 al dosaggio di massimo 8mg con possibilità di ripetere
l'iniezione ogni 2-3 settimane in caso di emangiomi proliferanti che
rispondono male agli steroidi e/o alla terapia laser. La terapia topica si avvale
di imiquimod con 1 applicazione a giorni alterni per 3-5 mesi per emangiomi
piccoli o medi in siti poco appariscenti, in quanto vi è rischio di
iperpigmentazione. La laserterapia con l’utilizzo del Dye laser è indicata per
emangiomi proliferanti superficiali. L’utilizzo del YAG laser è, invece,
indicato per emangiomi più grandi e profondi. La chirurgia è indicata per
emangiomi proliferanti che sono situati nel naso e nel labbro e che non
rispondono bene ad altri trattamenti, che sono situati sulle palpebre e che
danneggiano la vista e l'estetica, che si sviluppano sulla fronte e sul cuoio
capelluto, che sanguinano ripetutamente.
Emangioendotelioma kaposiforme (EEK)
È indicato l'utilizzo di steroidi e/o vincristina.
782 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Malformazioni capillari
La laserterapia è indicata come unico trattamento.
Malformazioni venose
È indicato soltanto il trattamento invasivo ed in particolare: la
scleroembolizzazione con bleomicina A5 per lesioni superficiali delle mucose
(lingua, orofaringe, laringe) e per lesioni profonde a basso drenaggio e con
Etanolo per lesioni profonde ad alto drenaggio; la laserterapia con laser
Nd:YAG per lesioni superficiali delle mucose (lingua, orofaringe, laringe) e
per irradiare le lesioni profonde ad alto drenaggio dopo esposizione
chirurgica; la chirurgia estetica per lesioni superficiali delle mucose (lingua,
orofaringe, laringe); la chirurgia vascolare per lesioni profonde ad alto
drenaggio con possibile associazione alla scleroterapia.
Malformazioni linfatiche
Nelle forme extratronculari macrocistiche la scleroterapia percutanea con
bleomcina A5 1.5/2 mg/ml o con etanolo o doxyciclina oppure con OK432 è
indicata come trattamento di prima scelta. La chirurgia escissionale è
normalmente indicata come complementare alla scleroterpia; è indicata però
come trattamento di prima linea nelle grandi malformazioni, seguita da
scleroterapia sulle lesioni residue. Nelle forme extratronculari microcistiche la
scleroterapia con bleomicina A5 1mg/ml seguita dalla laserterapia è indicata
per lesioni superficiali, mentre la chirurgia è indicata per lesioni superficiali
estese e/o multiple oppure in residui di lesione superficiale dopo scleroterapia
e laserterapia; per lesioni profonde è sconsigliata per rischio di deformità oro-
maxillofacciali.
Malformazioni artero-venose
È indicato eseguire un'arteriografia preliminare prima di qualsiasi
trattamento. L'embolizzazione con etanolo al dosaggio di 1 ml/kg per ogni
procedura è indicata; l'etanolo puro è indicato per le fistole e i nidi, mentre
per le lesioni infiltrative è indicato l'utilizzo di etanolo e contrasto in rapporto
1:1. La chirurgia è indicata in caso di fallimento dell'embolizzazione oppure
se l'accesso endo-vascolare non è possibile.
Le linee guida stilate nel 2011 da Qin Zhou et al. [43] si occupano,
esclusivamente, del trattamento delle malformazioni vascolari linfatiche
localizzate a livello di testa e collo, senza, tra l'altro, riportare alcun livello di
evidenza.
Nelle forme extratronculari macrocistiche è indicata la scleroterapia con
bleomicina A5 oppure OK432 se c'è compromissione funzionale; la chirurgia
escissionale deve essere solo complementare alla scleroterapia. La
scleroterapia è indicata, in combinazione con la laserterapia, nelle forme
extratronculari microcistiche di lingua e mucosa orale con bleomicina A5 al
dosaggio di 8 mg in 5 ml di soluzione fisiologica + 2 ml lidocaina cloridrato
2% + 1 ml di desametasone (5mg) somministrando 1 ml/cm2 di soluzione e
massimo 8 mg per ciascuna iniezione e massimo 40 mg totali nell'adulto, con
massimo 2 iniezioni a distanza di 3-4 settimane, oppure con OK432 al
16. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle vasculopatie 783

dosaggio di 0,1 mg / 10 ml con massimo 20 ml (se la lesione non si riduce


dopo 3-6 settimane si possono somministrare 30ml).

16.3.3.2.3. Riabilitative

- Malformazioni venose
Secondo le linee guida SISAV [9] e SICVE [8] l’elastocompressione potrebbe
essere raccomandata soprattutto nelle malformazioni che interessano arti
inferiori, particolarmente nelle forme tronculari con quadri di insufficienza
venosa cronica. Il linfodrenaggio manuale potrebbe essere raccomandato
nelle malformazioni combinate emolinfatiche. L’uso di tutori ortopedici
potrebbe essere raccomandato per migliorare la funzionalità e la qualità di
vita nelle forme di malformazioni venose associate ad anomalie scheletriche
(ad esempio i plantari correttivi nelle malformazioni venose con dismetrie
degli arti inferiori.

16.3.3.3. Terapie non raccomandate di grado forte e moderato-debole

16.3.3.3.1. Chirurgiche

- Malformazioni artero-venose
Secondo le linee guida SISAV [9] la semplice legatura vasi afferenti ed
efferenti alla MAV è da evitare (1C).
Secondo le linee guida SICVE [8] la semplice legatura vasi afferenti ed
efferenti alla MAV è da evitare (3C).

- Malformazioni cavernose cerebrali


Secondo le linee guida Angioma Alliance Scientific Advisory Board Clinical
Experts Panel [42] la chirurgia non è raccomandata (3B) per lesioni
asintomatiche. La radiochirurgia non è raccomandata per i lesioni
asintomatiche e per lesioni che sono chirurgicamente accessibili (3C).

16.3.3.4. Raccomandazioni non formulabili

- Malformazioni sindromiche
Per nessuna malformazione complessa o sindromica sono presenti linee guida
riabilitative.
784 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

CONCLUSIONI

Nell’arteriopatia periferica degli arti inferiori l’utilizzo della terapia


antiaggregante, il tipo di farmaco e il rispettivo dosaggio nel paziente
sintomatico sono raccomandati dalle principali linee guida esaminate e tali
raccomandazioni sono supportate da elevate evidenze scientifiche.
Discordanza tra le linee guida, invece, emerge nelle raccomandazioni relative
alla terapia antiaggregante nel paziente asintomatico, non supportate, tra
l’altro, da elevate evidenze scientifiche. Nella maggior parte dei casi, la qualità
degli studi che supportano le raccomandazioni in merito alla terapia
antipertensiva, antilipemizzante e per il miglioramento dell’autonomia nella
deambulazione è elevata, nonostante tutte le singole terapie non vengano
prese in considerazione dalle linee guida esaminate. Riguardo l’aspetto
riabilitativo, emergono forti evidenze scientifiche per la raccomandazione di
esercizio fisico supervisionato nei pazienti affetti da questa patologia, anche se
la maggior parte delle linee guida esaminate non ne chiariscono a fondo le
caratteristiche fondamentali (tempo complessivo di trattamento, tempo di
trattamento settimanale, numero di sessioni, tempo della singola sessione,
tempo di recupero, ecc.). Di scarsa qualità sono invece le raccomandazioni in
merito all'esercizio fisico non supervisionato, in alternativa all'esercizio
supervisionato nel caso in cui quest'ultimo non fosse possibile, viste le scarse
evidenze scientifiche. Sono complessivamente necessari ulteriori studi per la
conferma dell'efficacia del tipo di esercizio proposto.
Per quanto concerne le stenosi della carotide, l'approccio terapeutico, sia
farmacologico che chirurgico, è ampiamente affrontato nel panorama
scientifico internazionale. Emergono raccomandazioni unanimi, supportate da
forti evidenze scientifiche, per ciò che riguarda la terapia farmacologica
antiaggregante e quella volta a controllare i principali fattori di rischio come
ipertensione arteriosa e dislipidemia. Evidenze scientifiche medio/alte
supportano anche le raccomandazioni chirurgiche espresse dalle varie linee
guida per ciò che concerne la scelta delle varie tecniche in rapporto alla
percentuale di stenosi e delle comorbidità del singolo paziente. Altrettanto
non si può dire per le raccomandazioni riabilitative, che risultano purtroppo
totalmente assenti.
Per le anomalie vascolari, le raccomandazioni riguardo la terapia
farmacologica e/o chirurgica di queste patologie sono ancora molto carenti e
non supportate da forti evidenze scientifiche. Ancora più critica è la situazione
nel panorama riabilitativo, nel quale solamente due linee guida (SISAV e
SICVE) forniscono raccomandazioni non supportate da alcun livello di
evidenza e limitate peraltro alle malformazioni venose e linfatiche.
16. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle vasculopatie 785

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Prof. Valter Santilli

Linee guida, buone pratiche


ed evidenze scientifiche
in Medicina Fisica e Riabilitativa

Capitolo 17

Buone pratiche e linee guida riabilitative


nel trattamento delle neoplasie

Coautori

Rosanna Izzo MD, Giovanni Scibilia MD, Monica Pinto MD


Andrea Bernetti MD, Prof. Maria Gabriella Ceravolo MD, PhD
Teresa Paolucci MD, PhD
17. Buone pratiche
17. Buone praticheeelinee
lineeguida
guida riabilitative nel
riabilitative
trattamento delle
nel trattamento delleneoplasie
neoplasie
Coautori
Coautori
RosannaIzzo 
Rosanna Izzo
1 1 MD, Giovanni Scibilia MonicaPinto 
MD,Monica
MD, Giovanni Scibilia 1 1MD, Pinto2 2MD
MD, Andrea
Bernetti
Andrea MD, Prof.
Bernetti 
3 3
MD,Maria Gabriella
Prof. Maria Ceravolo
Gabriella Ceravolo 
4 4
MD,Teresa
MD, PhD, PhD Paolucci5
MD, Paolucci 
Teresa PhD 5 MD, PhD

1
Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
Scuola
21
Dirigente Medico di I Livello,
di Specializzazione SSD Medicina
in Medicina Fisica Riabilitativa, Istituto
e Riabilitativa, Nazionale
Sapienza Tumori,
Università IRCSS
di Roma
2 “Fondazione G. Pascale”, Napoli
Dirigente Medico di I Livello, SSD Medicina Riabilitativa, Istituto Nazionale Tumori, IRCSS
3
“Fondazione
Ricercatore MED34, Sapienza
G. Pascale”, Università di Roma
Napoli
43
Ricercatore
Professore Ordinario MED34, Universitàdi
MED34, Sapienza Università Politecnica
Roma delle Marche, Ancona
54
Professore
Dirigente Medico di IMED34,
Ordinario Livello, Università
Medicina Fisica e Riabilitativa,
Politecnica Policlinico
delle Marche, Ancona Universitario
“UmbertoMedico
5 Dirigente I”, Roma
di I Livello, Medicina Fisica e Riabilitativa, Policlinico Universitario
“Umberto I”, Roma

ABSTRACT

Background: Scopo del nostro lavoro è stato quello di ricercare le principali


linee guida degli ultimi 10 anni relative ai tumori del polmone, tumori del
colon-retto, tumori della prostata, tumori testa-collo, tumori del sistema
nervoso centrale e periferico, tumori ossei primitivi e metastatici, mieloma
multiplo, sarcomi dei tessuti molli e tumori dell’età evolutiva, al fine di
approfondire la valutazione e il trattamento delle disabilità associate alla
patologia oncologica. Il tumore della mammella non è stato analizzato,
perché già trattato nel precedente volume.
Materiali e metodi: i lavori sono stati selezionati dai motori di ricerca
Pubmed, PEDro, Cochrane, Google Scholar, ed analizzati secondo la
metodologia statistica utilizzata; per alcuni tipi di tumore, non essendo
disponibili linee guida, sono state prese in considerazione le più recenti
revisioni e meta-analisi, o in assenza di queste, i più recenti studi
randomizzati controllati a riguardo degli ultimi 5 anni.
Risultati: In ambito riabilitativo, sono state riscontrate 8 linee guida per i
tumori testa collo, 3 linee guida per i tumori del SNC, 2 linea guida per i
tumori ossei secondari, 1 linea guida per i tumori del colon, 2 linee guida
per il tumore della prostata, 1 linea guida per i mielomi, 1 linea guida per la
gestione dei tumori dell’età evolutiva. Non sono state rilevate linee guida
794 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

con raccomandazioni riabilitative per i tumori del polmone, i sarcomi dei


tessuti molli e i tumori ossei primitivi.
Conclusioni: La conoscenza e l’applicazione delle linee guida nel campo
della riabilitazione oncologica risulta di grande rilevanza clinica,
considerando i successi della medicina e il miglioramento della
sopravvivenza associato al cancro degli ultimi anni, al fine di poter gestire,
con il programma riabilitativo più appropriato, ciascun paziente nel modo
migliore possibile.

INTRODUZIONE

I dati internazionali di incidenza e mortalità relativi alla patologia


oncologica negli ultimi anni sono notevolmente aumentati: secondo una
recente ricerca condotta dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul
Cancro, pubblicata nel 2016 [1], i paesi occidentali sono quelli che
continuano ad avere i tassi di incidenza più elevati, in particolare per i
tumori del polmone, colon, mammella e prostata, mentre i paesi più poveri
spiccano per maggiore incidenza di tumore allo stomaco, fegato, esofago e
cervice uterina; il tasso di mortalità per tumori è in calo nei paesi occidentali,
mentre risulta in notevole aumento nei paesi più poveri. In Italia, i dati
epidemiologici dell’Associazione Italiana dei Registri Tumori (AIRTUM) nel
2016 hanno riportato ben 365.000 nuovi casi di tumore, con un tasso di
sopravvivenza che è fra i più alti rispetto agli altri paesi Europei [2]. In
quest’ottica si inserisce la riabilitazione oncologica, che negli ultimi anni ha
sviluppato un ruolo sempre più centrale nella gestione delle disabilità
causate dalla patologia tumorale, al fine di garantire la presa in carico del
paziente oncologico per una ottimale gestione delle complicanze, generiche
e organo specifiche, causate da tale malattia. Il crescente interesse di questa
branca della riabilitazione deriva inoltre dalla necessità di migliorare la
qualità di vita dei pazienti oncologici, la cui sopravvivenza è notevolmente
aumentata, e garantire una migliore tollerabilità ai trattamenti farmacologici
in continua evoluzione.
Le complicanze cliniche associate alla patologia oncologica causa di
disabilità possono essere distinte, secondo la classificazione di Schieroni et
al. del 2005, in complicanze comuni a tutti i tipi di tumore e complicanze
organo-specifiche [3]. Al primo gruppo appartengono le disabilità associate
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 795

ai trattamenti chemioterapici, radioterapici, farmacologici, la fatigue, il


dolore, la sindrome ipocinetica, la malnutrizione/cachessia, l’osteoporosi, le
sindromi paraneoplastiche, le turbe cognitive, della memoria,
dell’attenzione e quelle psichiche [4]; al secondo gruppo appartengono tutte
quelle complicanze specifiche dell’organo interessato dalla patologia
tumorale primitiva [4]. Da ricordare infine che esistono molte altre
complicanze che possono influenzare negativamente il processo
riabilitativo, come ad esempio quelle cardiocircolatorie, respiratorie o
ematologiche, spesso dovute alla tossicità dei farmaci chemioterapici
utilizzati o alla stessa radioterapia [4].
Per ciò che concerne le fasi di intervento riabilitativo, l’American Cancer
Society già nel 2001 [5] ha delineato degli schemi di intervento, suddivisi in
5 fasi: I) Pretrattamento e valutazione, II) Trattamento, III) Post
Trattamento/esiti, IV) Ripresa della malattia, V) Fase Terminale. Per
ciascuna di queste fasi, esistono dei sintomi specifici che richiedono un
intervento riabilitativo appropriato, da personalizzare in quello che è il
Progetto Riabilitativo Individuale [4, 5].
Scopo del nostro lavoro è stato quello di ricercare le principali linee guida
internazionali relative alla riabilitazione oncologica dei principali tumori
d’impatto epidemiologico, in particolare i tumori del polmone, colon,
prostata, testa-collo, tumori del SNC, tumori ossei primitivi e metastatici,
mielomi, sarcomi dei tessuti molli, i tumori dell’età evolutiva, ed
evidenziarne le eventuali differenze e punti critici al riguardo, al fine di
poter fare maggior chiarezza sull’argomento, per una migliore gestione del
paziente oncologico. Il percorso riabilitativo associato al tumore della
mammella in tale capitolo non verrà trattato, in quanto già oggetto di
approfondimento nel precedente volume “Linee Guida ed Evidenze
Scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa” di V. Santilli (Cap.24, pag.
643-664) [6]. Per la stesura di questo capitolo, inoltre, un valido supporto ci è
stato fornito dal volume “La Riabilitazione in Oncologia. La presa in carico
multidisciplinare e i percorsi riabilitativi diagnostico-terapeutici dei pazienti
affetti da tumore” a cura della Dott.ssa Schieroni, con il Patrocinio SIMFER
[4], al quale più volte faremo riferimento nel corso del capitolo.
796 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

17.1. Materiali e metodi

La nostra strategia di ricerca è stata quella di cercare le principali linee guida


internazionali presenti in letteratura negli ultimi 10 anni relative alla
riabilitazione oncologica dei sopra citati tumori; per alcuni tipi di tumore,
non essendo disponibili linee guida, sono state prese in considerazione le
più recenti review e meta-analisi, o in assenza di queste i più recenti studi
randomizzati controllati (Randomized Controlled Trials- RCTs) a riguardo
degli ultimi 5 anni, mettendo in risalto ancora una volta i punti in comune,
le differenze e i possibili punti critici. I motori di ricerca utilizzati sono stati:
Pubmed, Cochrane, PEDro e la Google Scholar, usando delle parole chiavi
adattate per ogni motore di ricerca, e facendo ulteriori ricerche specifiche a
partire dalle referenze bibliografiche dei lavori trovati. Gli articoli di review
e meta-analisi sono stati selezionati utilizzando la PRISMA check-list,
specifica per ogni tipo di tumore.

17.2. Risultati

Le caratteristiche delle principali linee guida degli ultimi anni sono state
sintetizzate nella tabella 17.1.

LINEA GUIDA MP MD SISTEMA STATISTICO


TUMORI DEL COLON-RETTO
ACS Cure per la sopravvivenza nei tumori Sì Sì LOE** (I, IA, IB, IC, IIA, IIB, IIC, III, 0,
colon-retto (2015). 2A).
TUMORI TESTA COLLO
UKNM Disfonia e Disfagia nei tumori testa- Sì Sì Multidisciplinary Consensus.
collo (2016).
UKNM Riabilitazione del cavo orale nei Sì Sì Multidisciplinary Consensus.
tumori testa-collo (2016).
UKNM Tumori base cranica (2016). Sì Sì Multidisciplinary Consensus.
ACS Tumori testa-collo (2016). Sì Sì* LOE.
NICE Tumori vie aeree e digestive superiori Sì Sì* GRADE.
(2016).
Giapponesi Tumori testa-collo (2017). Sì NS LOE, Grado di Raccomandazione*** (A,
B, C, D).
SFORL (2014). Sì Sì Grado di Raccomandazione (A, B, C,
D).
American Academy ORL-MXL Disfonia nei Sì Sì* Metodo Oxford Centre for Evidence-
tumori tiroidei (2013). Based Medicine (A, B, C, D).
TUMORI DEL SISTEMA NERVOSO CENTRALE
EANO Cure palliative nei gliomi (2017). NS Sì European Federation of Neurological
Societies (EFNS) Guidelines.
(LOE: Very low, Low, Moderate e High
Quality of evidence).
EFNS-EANO Task Force Gestione gliomi a Sì No European Federation of Neurological
basso grado di malignità (2010). Societies (EFNS) Guidelines.
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 797

EANO Metastasi cerebrali (2017). Sì No Grado di raccomandazione (A, B, C,


Good Practice Point).
MIELOMA MULTIPLO
British Society for Hematology (2017). Sì Sì GRADE.
TUMORI OSSEI/METASTASI OSSEE
EAPC (2016). Sì Sì GRADE.
Giapponesi (2016). NS Sì Delphi.
TUMORE DELLA PROSTATA
ACS Cure per la sopravvivenza nel tumore Sì Sì LOE (I, IA, IB, IC, IIA, IIB, IIC, III,0,2A).
della prostata (2014).
ICSM (2015). NS Sì LOE, Grado di Raccomandazione (A, B,
C, D).
TUMORI ETA’ EVOLUTIVA
SIGN (2014). Sì Sì* LOE, Grado di Raccomandazione (A, B,
C, D).
Tab. 17.1. Caratteristiche delle linee guida in riabilitazione oncologica. Legenda: MP:
Multiprofessionalità; MD: Multidisciplinarietà; NS: Non specificato; *Associazione o
rappresentante dei pazienti; **Level of Evidence; ***Gradi di raccomandazione A, B, C, D.

17.2.1. Tumori del Polmone


I tumori del polmone rappresentano, dopo il melanoma, la più frequente
neoplasia e la maggiore causa di mortalità per cancro nel mondo [7]. Essi
vengono distinti in due grandi gruppi: i carcinomi a piccole cellule (Small
Cell Lung Cancer), e quelli non a piccole cellule (Not Small Cell Lung Cancer), a
loro volta suddivisi in base ai diversi istotipi, di cui gli adenocarcinomi e
carcinomi squamocellulari costituiscono la maggior parte di essi. I sintomi
associati alla crescita dei tumori dipendono principalmente dalla loro sede e
dimensione: una lesione cancerosa a crescita centrale nelle vie respiratorie
causerà più frequentemente tosse, dispnea, emottisi, sintomi ostruttivi,
mentre una lesione periferica si potrà associare più spesso allo sviluppo di
versamento pleurico [4]. Il trattamento della patologia, in base alla sua
stadiazione, prevede interventi di resezione più o meno estesi, trattamenti
chemio e radioterapici. Le disabilità organo specifiche associate ai tumori
del polmone derivano principalmente dall’insufficienza respiratoria, spesso
già presente al momento della diagnosi, essendo molto spesso i pazienti dei
fumatori; l’insufficienza respiratoria tuttavia può insorgere anche di seguito
agli interventi chirurgici di resezione polmonare che si rendono necessari
nel trattamento di tale patologia. Per un approfondimento generale sulla
riabilitazione respiratoria si rimanda al capitolo sulla riabilitazione nelle
insufficienze respiratorie presente nel libro “Linee Guida ed Evidenze
Scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa” di V. Santilli (Cap.22, pag.
583-601) [6].

Attualmente non esistono in letteratura linee guida relative alla


riabilitazione oncologica dei tumori toraco-polmonari, ma disponiamo di un
798 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

ampio numero di revisioni e meta-analisi a riguardo. Di seguito vengono


riportati i risultati delle principali review e meta-analisi degli ultimi 5 anni
sull’argomento, utilizzando come parole chiavi nei motori di ricerca “lung
cancer”, “rehabilitation”, “exercise”, “pulmonary rehabilitation”,
“guidelines”.

17.2.1.1. Riabilitazione pre-chirurgica


Il ruolo della riabilitazione respiratoria nei pazienti oncologici viene
ampiamente discusso in letteratura: in particolare, negli ultimi anni si è
posta sempre più attenzione sui benefici ottenuti dalla sua applicazione
preventiva all’intervento chirurgico toraco-polmonare. In una recente
review del 2017, Li Tung-Chou et al. raccomandano un’attività riabilitativa
pre-chirurgica, la quale migliorerebbe la funzionalità polmonare, e la
percentuale di pazienti che da inoperabili si rendono poi sottoponibili
all’intervento chirurgico [8]; similmente Garcia et al. in una meta-analisi del
2016 affermano che la riabilitazione pre-chirurgica, mediante esercizi
respiratori, training muscolare ed esercizi per l’igiene bronchiale, ridurrebbe
le complicanze e la durata del ricovero post intervento di resezione [9]; alle
medesime conclusioni giungono anche altre review della letteratura [10-17].
Kendall et al. invece, in una review del 2017 concludono che non è chiaro il
ruolo della riabilitazione pre-chirurgica nel ridurre le complicanze e la
durata della degenza post-resezione, specificando che ulteriori studi sono
necessari per far chiarezza sull’argomento [10].

17.2.1.2. Riabilitazione post-chirurgica


Per ciò che concerne la riabilitazione respiratoria post-intervento di
resezione, tutte le review e meta-analisi analizzate [8-17] concordano nel
consigliare un programma riabilitativo individualizzato che preveda esercizi
respiratori, attività aerobica, esercizi di rinforzo muscolare, una corretta
igiene bronchiale, ed esercizi per il recupero dei ROM articolari della spalla
e del rachide cervico-dorsale. Rivas-Perez et al. specificano inoltre i
protocolli consigliati da utilizzare, in particolare si raccomanda un
programma settimanale di 3 sedute, dai 30 ai 90 minuti, a seconda della
capacità del paziente, con esercizi aerobici individualizzati, ed esercizi di
rinforzo muscolare [11].
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 799

17.2.1.3. Fatigue
Il trattamento della fatigue associata al tumore polmonare viene affrontato
da diversi lavori in letteratura, mettendo in evidenza i benefici determinati
dall’attività fisica nella riduzione di tale sintomo [17]. Un’interessante
Cochrane del 2013 relativa al ruolo dell’esercizio fisico in pazienti con
tumore polmonare monitorati per 12 mesi post-intervento di resezione
chirurgica, ha evidenziato i benefici dell’attività fisica in tali pazienti, in
particolare nel miglioramento della capacità aerobica valutata con il six-
minute walking test (6-MWT), mentre la funzionalità polmonare calcolata
attraverso la FEV1, la qualità di vita e la forza muscolare degli arti inferiori
non sarebbero migliorate significativamente in tali pazienti [14].

Records identificati mediante Records identificati mediante


Pubmed, Pedro, Scholar, Cochrane altre risorse (Google) (n = 120)
(n = 177)

Records Totali (n = 297) Records duplicati esclusi


(n = 190)

Records selezionati dopo aver Full-text esclusi (n = 98) Linee Guida NON
rimosso i duplicati (n = 107) riabilitative: 3
Review/meta-analisi/RCTS non riabilitativi:
93
Cochrane non specifiche: 2
Full-text eleggibili (n = 9)

Linee Guida riabilitative (n = 0)

Review e Meta-analisi (n = 8)
Cochrane (n = 1)

Fig. 17.1. Flow Chart ricerca linee guida riabilitative ed evidenze scientifiche nei tumori del
polmone.

Outcome Risultati dopo riabilitazione Evidenza


Capacità Migliorata Driessen, 2017 [16].
aerobica (six- Migliorata* Rivas-Perez, 2015 [11].
minute walk Migliorata Crandall, 2014 [13].
test). Migliorata Cavalheri, 2013 [14].
Qualità della Migliorata Rivas-Perez, 2015 [11].
vita. Migliorata Crandall, 2014 [13].
Non migliorata Cavalheri, 2013 [14].
Migliorata Payne, 2013 [15].
800 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Funzione Migliorata Rivas-Perez, 2015 [11].


Polmonare Migliorata Crandall, 2014 [13].
(FEV1). Non migliorata Cavalheri, 2013 [14].
Forza Migliorata Rivas-Perez, 2015 [11].
muscolare Migliorata Crandall, 2014 [13].
arti inferiori. Non migliorata Cavalheri, 2013 [14].
Migliorata Payne, 2013 [15].
Migliorata mediante esercizio aerobico + rinforzo
muscolare + esercizi di flessibilità per aumentare i Paramanandam, [17].
Fatigue ROM
Non migliorata
Payne, 2013 [15].

Timing della Risultato atteso / contenuti Evidenza


riabilitaz.
Riabilitazion Migliora la funzione polmonare, aumenta la % di
Li, 2017 [8].
e Pre- pazienti operabili.
chirurgica. Incerta riduzione delle complicanze e della durata
Driessen, 2017 [16].
del ricovero post-resezione.
Riduce le complicanze e la durata del ricovero
post resezione; prevede esercizi respiratori + Kendall, 2017 [10].
training muscolare + igiene bronchiale.
Migliora funzione polmonare, riduce il tempo di
ricovero e l’insorgenza di complicanze post Garcia, 2016 [9]
operatorie.
Migliora la funzione polmonare, aumenta la % di
Granger, 2016 [12].
pazienti operabili.
Consigliata. Rivas-Perez, 2015 [11].
Consigliata: esercizi respiratori + esercizio aerobico
Crandall, 2014 [13].
+ rinforzo muscolare.
Riabilitazion Riduce le complicanze post-operatorie, facilita il
Li, 2017 [8].
e Post recupero polmonare.
chirurgica. Riduce le complicanze e la durata del ricovero
Driessen, 2017 [16].
post-resezione.
Prevede esercizi respiratori + training muscolare +
igiene bronchiale + esercizi per il recupero Kendall, 2017 [10].
dell’articolarità di spalla.
Riduce le complicanze post-operatorie, facilita il
Granger, 2016 [12].
recupero polmonare.
Consigliata. Rivas-Perez, 2015 [11].
Consigliata: esercizi respiratori + esercizio aerobico
Crandall, 2014 [13].
+ rinforzo muscolare.
Tab. 17.2. Revisioni Sistematiche e Meta-analisi nella riabilitazione dei tumori del polmone.
Legenda: *: Protocollo standard consigliato: 3volte/settimana 30-90 minuti di esercizio aerobico
individualizzato + esercizi di rinforzo.

17.2.2. Tumori del colon-retto


Le neoplasie del colon rappresentano per frequenza il terzo tumore negli
uomini ed il secondo nelle donne [4]. La riabilitazione gioca un ruolo
importante nei pazienti sottoposti a derivazione intestinale (colostomia o
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 801

ileostomia) temporanea, per i quali è previsto di regola un trattamento


riabilitativo sfinteriale al fine di permettere il recupero dell’incontinenza
fecale [4]. Tale evenienza sarebbe più frequente nei casi di chirurgia in
quanto l’anastomosi è a maggior rischio di deiscenza. Apparentemente
l’attuazione di un trattamento riabilitativo prima della ricanalizzazione
appare offrire i migliori risultati, in quanto permetterebbe ai pazienti un più
facile apprendimento ed un più rapido recupero dell’attività sfinteriale [4].
Gli interventi di resezione dei tumori del retto sono causa di maggiori
complicanze funzionali e disabilità secondarie. In tali pazienti infatti è
possibile osservare disturbi della motilità intestinale, della vescica e della
sfera sessuale conseguenti a lesioni a livello dell’innervazione simpatica e
parasimpatica della pelvi o di altre strutture anatomiche dell’apparato
genito-urinario [4]. Nell’uomo un danno all’innervazione simpatica
conseguente alla legatura dell’arteria mesenterica inferiore potrebbe
manifestarsi con eiaculazione retrograda, mentre un danno ai nervi erigendi
del plesso parasimpatico può causare impotenza funzionale [4]. Nella
donna, invece, il danno sessuale può manifestarsi con riduzione della libido,
secchezza vulvare ed anorgasmia [4]. Bisogna inoltre segnalare che i
pazienti sottoposti a cicli di chemioterapia neo-adiuvante o adiuvante (in
particolare con i derivati del platino) possono sviluppare una neuropatia
periferica post-chemioterapica.

Ad oggi in letteratura non vi sono linee guida specifiche sulla riabilitazione


dei tumori del colon-retto. Tuttavia – utilizzando i motori di ricerca
Pubmed, PEDro, Cochrane e Google Scholar, e le seguenti parole chiave:
“colorectal”, “rectal”, “cancer”, “tumor”, “neoplasms”, “rehabilitation”,
“exercise”, “guidelines” negli ultimi 10 anni – abbiamo ritrovato una linea
guida dell’American Cancer Society (ACS) del 2015 [18] indirizzata ai
medici di Medicina Generale per la cura del paziente sopravvissuto al
tumore del colon-retto, la quale riporta un moderato numero di
raccomandazioni di pertinenza riabilitativa. Tale linea guida ha utilizzato il
sistema di grading LOE (Level of Evidence). Di seguito vengono riportate le
raccomandazioni delle linee guida ACS 2015 assieme ai risultati delle
principali meta-analisi e revisioni sistematiche degli ultimi 5 anni sulla
riabilitazione dei tumori del colon-retto.

17.2.2.1. Riabilitazione pre-operatoria


Vi è evidenza che l’esercizio pre-operatorio migliori la capacità funzionale
ed in misura minore la funzionalità cardiorespiratoria in previsione della
802 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

resezione chirurgica del tumore del colon-retto, sebbene siano necessari


ulteriori studi per stabilire la tipologia di esercizio più idonea [19]. In una
recente revisione sistematica sulla pre-riabilitazione in pazienti sottoposti a
chirurgia oncologica addominale, gli autori segnalano la necessità di
standardizzazione dei programmi per via dell’eterogeneità degli approcci
proposti (trimodale o unimodale), della tipologia di esercizio e delle misure
degli outcome funzionali (6 minutes walking test, soglia anaerobica e
VO2max, SF-36 system, hospital anxiety and depression score) [20]. In
particolare, dei 9 studi totali inclusi, 2 studi hanno proposto approccio
trimodale (comprensivo di esercizio fisico, supplementazione nutrizionale,
supporto psicologico) e 7 studi un approccio unimodale (soltanto esercizio
fisico pre-operatorio) [20]. Tra gli interventi pre-riabilitativi riportati si
annoverano: a) stretching muscolare in associazione con l’esercizio aerobico;
b) ciclismo; c) combinazione tra passeggiate, ciclismo, jogging e nuoto; d)
allenamento cardio-fitness con step (step trainer). L’intensità dell’esercizio è
stata mantenuta uniforme o gradualmente incrementata, e la sua durata è
stata variabile da 15 a 60 minuti, svolti in sessioni quotidiane o di 2-3 sedute
settimanali [20].

17.2.2.2. Chirurgia e riabilitazione


In una meta-analisi del 2013, Li et al. sostengono che l’associazione tra
riabilitazione post-operatoria precoce (cosiddetta fast-track rehabilitation1) e
chirurgia laparoscopica per i tumori del colon-retto sia più affidabile
rispetto al protocollo che associa le strategie convenzionali di cura
perioperatoria (solo mobilizzazione precoce) alla resezione laparoscopica, in
quanto mostrerebbe un tasso di complicanze chirurgiche inferiore, a fronte
di un sovrapponibile rischio di deiscenze anastomotiche, infezioni della
ferita chirurgica, ostruzione intestinale e necessità di un nuovo ricovero [21].
Kim D.-W. et al. invece affermano che le linee guida disponibili sulle cure
peri-operatorie sono attualmente limitate, sottolineando che ai fini della
pianificazione di un’adeguata riabilitazione post-operatoria precoce è
opportuno riconoscere le sostanziali differenze tra la chirurgia del colon e la
chirurgia rettale [22].

1 La Fast-track rehabilitation (o riabilitazione post-operatoria precoce), sviluppata da Kehlet,

Basse et al. negli anni ’90, è una modalità di riabilitazione mirata ad alleviare la risposta allo
stress, ridurre le complicanze e facilitare la mobilizzazione post-operatoria, accelerare il
recupero, riducendo di conseguenza la durata della degenza ospedaliera, senza interferire con
la sicurezza del paziente [23, 24];
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 803

17.2.2.3. Disfunzioni gastro-intestinali


Le linee guida ACS 2015 raccomandano: a) di indagare circa la frequenza e
l’urgenza delle evacuazioni o di perdite involontarie di feci; b) valutare circa
la presenza di ulcerazioni rettali, sanguinamenti o incontinenza rettale; c)
trattare i sintomi in modo similare a quelli della popolazione generale; d)
indirizzare i pazienti con sintomi rettali persistenti (sanguinamento,
disfunzione sfinteriale, urgenza rettale) verso lo specialista di competenza
(livello di evidenza III) [18]. In letteratura scientifica vi è evidenza che la
riabilitazione del pavimento pelvico sia utile nella gestione dell’incontinenza
fecale correlata all’intervento chirurgico di resezione anteriore delle basse
vie (Low Anterior Resection) [25]. L’allenamento dei muscoli del pavimento
pelvico, noto come Pelvic Floor Muscle Training (PFMT), è stato visto essere
associato ad un miglioramento della funzionalità intestinale (riduzione della
frequenza degli episodi di incontinenza fecale e della sua severità) e della
qualità di vita in pazienti sottoposti a chirurgia per tumore del colon-retto,
sebbene siano necessari nuovi RCTs per rafforzare tale evidenza [26]. I
programmi di PFMT riportati negli studi in letteratura hanno mostrato una
variabilità nella tipologia degli interventi, ed in particolare sono stati
adottati: a) un programma riabilitativo multimodale (comprendente
kinesiterapia pelvica-perineale + biofeedback manometrico per il
potenziamento muscolare + riabilitazione volumetrica +
elettrostimolazione); b) il biofeedback-EMG intra-anale per il rinforzo
muscolare; c) il biofeedback a pressione manometrica per migliorare la
coordinazione; d) il biofeedback manometrico per migliorare la
coordinazione, il rinforzo muscolare e la stimolazione sensoriale; e) PFMT
senza biofeedback [26]. La durata dell’intervento può oscillare da 3
settimane a 20 mesi, e la frequenza delle sessioni è stata giornaliera (da 1 a 4
volte al giorno) per i pazienti addestrati ad auto-allenarsi a domicilio, e da 1
a 7 sedute settimanali per quelli trattati in regime di ricovero [26]. Nel caso
di fallimento delle terapie conservative, le evidenze scientifiche sulla
gestione della sindrome da resezione anteriore 2 mediante impianto di
neurostimolazione sacrale hanno mostrato un tasso di successo nel 74.4%
dei casi [27].

2
La sindrome da resezione anteriore (nota in letteratura come “Anterior Resection Syndrome”,
in sigla ARS) è data dall’insieme di sintomi (quali urgenza ed incontinenza fecale, alterazioni
della conformazione e della frammentazione delle feci, e defecazione ostruttiva) che si
manifestano in circa il 50% dei pazienti dopo intervento chirurgico di resezione anteriore del
retto [27];
804 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Invece, per la gestione del tenesmo in pazienti con neoplasia rettale in stadio
avanzato, le attuali evidenze sull’efficacia degli interventi palliativi
segnalano la necessità di un approccio multimodale mediante la
combinazione tra interventi di tipo farmacologico (diltiazem, nifedipina,
metadone, mexiletina cloridrato, bupivacaina, e lidocaina), anestesiologico
(simpatectomia lombare, blocco neurolitico del plesso ipogastrico superiore
con approccio trans-discale postero-mediano) ed endoscopico (laserterapia
endoscopia con Nd-TAG laser) [28].

17.2.2.4. Deficit cognitivi


L’ACS 2015 raccomanda: a) effettuare uno screening per i deficit cognitivi e
le problematiche che possono peggiorare le funzioni cognitive (tra le quali
ansia, stress e depressione) mediante scale di valutazione come il Mini
Mental State Examination (MMSE) o la Functional Assessment of Cancer
Therapy Cognitive (FACT-Cog); b) indirizzare i pazienti con screening
positivo verso un addestramento neuro-cognitivo di tipo formale (livello 0)
[18].

17.2.2.5. Alterazioni del gusto ed igiene del cavo orale


È raccomandato (con livello 0): a) il monitoraggio dell’eventuale perdita del
gusto o comparsa di secchezza della mucosa del cavo orale; b) l’impiego di
preparazioni di saliva artificiale o farmaci per alleviare la sintomatologia; c)
fare attenzione ad effettuare una regolare igiene orale mediante
spazzolatura con dentifricio al fluoro e l’utilizzo del filo interdentale [18].

17.2.2.6. Aspetti psicologici


L’ACS 2015 raccomanda: a) di indagare sui sintomi legati all’ansia, allo
stress ed alla depressione (almeno una volta all’anno) utilizzando scale
semplici come la Distress Thermometer3, in particolar modo nei pazienti
portatori di stomia (frequente nei casi di neoplasie rettali) o con disfunzioni
sessuali(livello I/0); b) gestire lo stress/la depressione mediante colloqui,
farmaco-terapia, o prescrivendo l’esercizio fisico; c) se tali approcci risultano
insufficienti, indirizzare i pazienti verso uno specialista [18].

3La Distress Thermometer è una scala di valutazione dello stress simile alla scala di valutazione
del dolore che prevede l’assegnazione di un punteggio da 0 (assenza di stress) a 10 (stress
estremo) [29]; secondo tale scala un punteggio maggiore o uguale a 4 suggerirebbe un livello di
stress con significatività clinica [29];
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 805

17.2.2.7. Fatigue
Per la gestione della fatica neoplastica le linee guida ACS 2015
raccomandano, con livello di evidenza I: a) un’accurata valutazione
mediante scale validate come la MD Anderson Symptom Inventory
(MDASI), la Brief Fatigue Inventory (BFI), la Functional Assessment of
Cancer fatigue Therapy-General (FACT-G7) o la FACT for patients with
Colo-rectal Cancer(FACT-C); b) fornire un supporto psico-sociale e/o un
approccio riabilitativo mente-corpo [18]; c) effettuare 150 minuti di attività
fisica a settimana associati ad esercizi di stretching seguendo le linee guida
ACS Nutrition & Physical Activity Guidelines for Cancer Survivors [30].
Infatti numerosi RCTs e meta-analisi hanno documentato che l’attività fisica
migliora la capacità aerobica, previene le perdite muscolari ed il
decondizionamento, può indurre effetti positivi sul ciclo sonno-veglia,
sull’umore, sulla composizione corporea e sul sistema immunitario (livello I)
[18]. Le cure di supporto raccomandate per i pazienti che sviluppano fatica
cronica prevedono l’ottimizzazione dello status nutrizionale, la prevenzione
della perdita di peso corporeo, il bilanciamento del riposo con l’attività
fisica, ed attività di ripristino dell’attenzione come l’esposizione ad ambienti
naturali ed a piacevoli distrazioni come la musica [31]. Tuttavia, ci teniamo a
sottolineare che molti pazienti possono non essere pronti ad affrontare 150
minuti di attività fisica a settimana raccomandati; per cui bisogna prestare
attenzione a far aumentare gradualmente il livello di esercizio fisico,
ponendosi tale soglia (150 minuti/settimana) come obiettivo da raggiungere
[18].
In una meta-analisi del 2014, Cramer et al. affermano che non sia possibile
formulare raccomandazioni sull’esercizio terapeutico da proporre ai
pazienti con neoplasia del colon-retto a causa dell’insufficienza di evidenze
e della mancanza di dati certi, sebbene vi siano forti evidenze degli effetti
positivi a breve termine sulla forma fisica dopo l’esercizio aerobico [32].

17.2.2.8. Aspetti nutrizionali


I pazienti dovrebbero rivolgersi ad un dietologo/dietista/nutrizionista al fine
di apportare le dovute modifiche alla dieta, ed assicurarsi che l’introito di
calcio ed i livelli sierici di Vitamina D siano conformi ai livelli raccomandati
[18]. Una dieta ideale dovrebbe prevedere un elevato apporto di verdure,
frutta, e cereali integrali, oltre che un ridotto consumo di grassi saturi, ed
un’appropriata quantità di fibre alimentari [18]. Oltretutto, un aumentato
consumo di carni rosse e processate, grani raffinati e dessert glucidici è
806 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

significativamente associato ad una ridotta sopravvivenza e ad un aumento


del tasso di recidiva di neoplasie del colon-retto [18].

17.2.2.9. Neuropatia periferica


Sulla gestione della neuropatia periferica vi è mancanza di forti evidenze.
L’ACS 2015 raccomanda: a) di valutare, mediante scale validate (come la
Total Neuropathy Score), la comparsa di sintomi periferici nei soggetti in
terapia con oxaliplatino (i pazienti a più alto rischio sono quelli che fanno
dosaggi complessivi di oltre 900mg/m2), in pazienti con neuoropatia pre-
esistente, alcolisti o diabetici (livello 0); b) trattare mediante duloxetina
(grado di raccomandazione moderato); c) rivolgersi presso lo specialista
fisiatra o algologo [18]. Non è raccomandato invece l’utilizzo di
antidepressivi triciclici, gabapentin, gel topici a base di baclofen,
amitriptilina o chetamina, a causa delle scarse evidenze in letteratura (livello
0) [18].

17.2.2.10. Dolore
Il fattore di rischio maggiormente incriminato nello sviluppo di dolore
cronico nei pazienti con neoplasie del colon-retto è l’irradiazione pelvica che
contribuisce all’insorgenza di proctiti croniche. L’ACS 2015 raccomanda di
valutare l’eventuale comparsa di complicanze chirurgiche in sede
incisionale; b) considerare l’utilizzo di analgesici oppioidi e, ove disponibile,
afferire al servizio di algologia (livello I) [18]. Sebbene non vi siano linee
guida specifiche per la gestione del dolore nei sopravvissuti al cancro del
colon-retto, alcune revisioni sistematiche hanno dimostrato l’efficacia degli
interventi di psicoterapia cognitivo-comportamentali, dell’attività fisica e
della fisioterapia per la gestione del dolore in altre categorie di pazienti
oncologici o con sindromi dolorose (livello I) [33, 34].

17.2.2.11. Disfunzioni sessuali


Le linee guida ACS 2015 raccomandano di raccogliere notizie anamnestiche
circa segni e sintomi di disfunzioni urogenitali/sessuali (disfunzione erettile,
dispareunia, secchezza vaginale, incontinenza), tenendo presente che le
donne sottoposte a radioterapia del pavimento pelvico hanno un alto rischio
di infertilità e gli uomini in chemioterapia con oxaliplatino sono a rischio di
gonado-tossicità (livello di evidenza limitato) [18]; per cui in quest’ultimi
risulta necessario valutare la funzionalità delle cellule di Leydig ed
eventualmente cominciare una terapia sostitutiva con testosterone (livello 0).
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 807

Per le donne con secchezza vulvare e/o dispareunia è raccomandato l’uso di


creme idratanti o lubrificanti a base di acqua o silicone durante i rapporti
(livello IC) [18]. Per gli uomini con disfunzione erettile è raccomandato il
trattamento con inibitori della 5-fosfodiesterasi per via orale (livello IA) [18].

17.2.2.12. Disfunzioni Urinarie


L’ACS 2015 segnala con livello di evidenza IC di: a) effettuare uno screening
per disfunzione urinaria mediante la valutazione di incontinenza,
frequenza, urgenza, disuria o ematuria nei pazienti sottoposti a chirurgia, e
gestire il paziente come se avesse un rischio intermedio; b) raccomandare gli
esercizi di Kegel per l’incontinenza urinaria da stress [35, 36], fatto salvo i
casi in cui la denervazione sia avvenuta durante l’intervento chirurgico; c)
raccomandare l’utilizzo di farmaci anticolinergici per l’incontinenza da
stress; d) raccomandare l’impiego di farmaci antimuscarinici per l’urgenza
minzionale o l’incontinenza di tipo misto; e) valutare la cateterizzazione in
pazienti con vescica ipocontrattile; f) limitare l’assunzione di caffeina e
alcool ed evitare cibi che possano irritare la vescica (come il limone o il
pomodoro); g) indirizzare i pazienti con ritenzione urinaria post-operatoria
prolungata o con ematuria persistente presso una visita specialistica
urologica [18].

17.2.2.13. Cardiotossicità post-chemioterapica


Monitorizzare i pazienti obesi o con storia di pregressa coronaropatia
sottoposti a chemioterapia con 5-fluoro-uracile o capecitabina mediante
controlli cardio-vascolari (livello 0) [18].
In definitiva, le attuali evidenze scientifiche sarebbero a favore dell’esercizio
fisico in tutte le fasi della riabilitazione (pre-operatoria, post operatoria
precoce, e durante la sopravvivenza), in quanto esso appare avere effetti
positivi sulla capacità funzionale in termini di riduzione del rischio di
recidiva o di mortalità legato al cancro, miglioramento della mobilità, dei
sintomi legati alla fatica e della qualità del sonno, arricchendo così la qualità
di vita dei pazienti con neoplasia colon-rettale in fase avanzata (stadio IV)
[31]. Nella stragrande maggioranza degli studi è stato effettuato un esercizio
di tipo aerobico, mediante ciclo-ergometro, cyclette, camminate, rinforzo
808 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

muscolare, programma di esercizio REST (Rapid, Easy, Strength Training4) ed


esercizi con bande elastiche [37].

Records identificati mediante Records identificati mediante


Pubmed, Pedro, Scholar, Cochrane altre risorse (Google) (n = 0)
(n = 443)

Records Totali (n = 443) Records duplicati esclusi


(n = 50)

Records selezionati dopo aver Full-text esclusi (n = 392) Linee Guida NON
rimosso i duplicati (n = 393) riabilitative: 91
Articoli di pertinenza non riabilitativa: 301

Full-text eleggibili (n = 1)

Linee Guida con raccomandazioni


riabilitative (n = 1)

Fig. 17.2. Flow Chart ricerca linee guida riabilitative ed evidenze scientifiche nei tumori del
colon-retto

Aspetti Raccomandazione Evidenza


considerati/Al
terazioni
funzionali
Riabilitazione Riabilitazione pre-operatoria
pre-operatoria  Approccio trimodale (esercizio + nutrizione + supporto
psicologico);
 Approccio unimodale (esercizio fisico): Hijazi Y.
- Stretching muscolare + esercizio aerobico; et al.,
- Ciclismo; Systematic
- Passeggiate + ciclismo + jogging + nuoto; Review,
- step trainer; 2017 [20].
Intensità: uniforme o aumentata gradualmente;
Durata: 15 - 60 minuti;
Numero di sedute settimanali: 2-7.

4 Il REST (Rapid, Easy, Strength Training) è un programma di allenamento a domicilio che


prevede una camminata monitorata con un contapassi, in combinazione con una serie di
movimenti delicati di resistenza (effettuati mediante una banda elastica) che possono essere
svolti in piedi o in posizione da seduta; tale forma di esercizio richiede solo pochi minuti al
giorno, a fronte di un costo minimo per il paziente [38].
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 809

Esercizio Esercizio fisico in tutte le fasi della riabilitazione (pre-


Fisico operatoria, post operatoria precoce, e durante la
sopravvivenza).
Wang C.L.
Nella stragrande maggioranza degli studi è stato effettuato
et al.,
un esercizio di tipo aerobico:
Systematic
- Ciclo-ergometro;
Review,
- Cyclette, camminate;
2016 [37].
- Rinforzo muscolare;
- Programma REST (Rapid, Easy, Strength Training);
- Esercizi con bande elastiche;
Disfunzioni Indagare su frequenza e urgenza evacuazioni o perdite
gastro- intestinali;
intestinali Valutare presenza di ulcerazioni rettali, sanguinamenti o
LOE III
incontinenza rettale;
(DEBOLE)
Trattare i sintomi come la popolazione generale;
[18].
Indirizzare i pazienti con sintomi rettali persistenti verso lo
specialista di competenza.

Riabilitazione del pavimento pelvico per la gestione Visser


dell’incontinenza fecale correlata alla Low Anterior W.S. et al.,
Resection. Systematic
Review,
2014 [25].
Pelvic Floor Muscle Training (PFMT) per ridurre la
frequenza e la severità dell’incontinenza fecale:
- Programma riabilitativo multimodale (kinesiterapia
pelvica-perineale + biofeedback manometrico per il
potenziamento muscolare + riabilitazione volumetrica +
elettrostimolazione);
Lim K.Y.
- Biofeedback-EMG intra-anale per il rinforzo muscolare;
et al.,
- Biofeedback a pressione manometrica per migliorare la
Systematic
coordinazione;
Review,
- Biofeedback manometrico per migliorare la
2015 [26].
coordinazione, il rinforzo muscolare e la stimolazione
sensoriale;
- PFMT senza biofeedback;
Durata: da 3 settimane a 20 mesi;
Frequenza: giornaliera (1-4 volte al dì) a domicilio; 1 - 7
sedute settimanali in regime di ricovero.
Per la gestione della sindrome da resezione anteriore 
Ramage L.
Impianto di neurostimolazione sacrale in caso di fallimento
et al.,
delle terapie conservative.
Systematic
Review,
2015 [17].
Per la gestione del tenesmo approccio multimodale:
terapia farmacologica (diltiazem, nifedipina, metadone, Ní Laoire
mexiletina cloridrato, bupivacaina, lidocaina) +/- et al.,
simpatectomia lombare o blocco neurolitico del plesso Systematic
ipogastrico superiore +/- laserterapia endoscopica. Review,
2017 [28].
810 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Deficit Effettuare uno screening per i deficit cognitivi, l’ansia, lo


LOE 0
cognitivi stress e la depressione mediante scale (MMSE, FACT-Cog);
(DEBOLE)
Indirizzare i pazienti con screening positivo verso un
[18].
addestramento neuro-cognitivo di tipo formale.
Alterazioni del Monitorare l’eventuale perdita del gusto o la comparsa di
cavo orale secchezza della mucosa del cavo orale;
LOE 0
Impiegare preparazioni di saliva artificiale o farmaci per
(DEBOLE)
alleviare la sintomatologia;
[18].
Effettuare una regolare igiene orale mediante spazzolatura
con dentifricio al fluoro e utilizzo del filo interdentale.
Aspetti Indagare almeno una volta l’anno su ansia, stress e
psicologici depressione utilizzando scale semplici (Distress
LOE I/0
Thermometer);
(FORTE)
Gestire stress e depressione mediante colloqui, terapia
[18].
farmacologica, esercizio fisico o indirizzando i pazienti verso
uno specialista (in casi selezionati).
Fatigue Valutare la presenza di fatica mediante scale validate
(MDASI, BFI, FACT-G7, FACT-C);
Fornire un supporto psico-sociale e/o un approccio
riabilitativo mente-corpo;
Effettuare una regolare attività fisica settimanale associata
ad esercizi di stretching, incrementando gradualmente LOE I
l’intensità e la durata dell’esercizio fisico (target: 150 (FORTE)
minuti/settimana); [18].
Ottimizzare lo status nutrizionale;
Prevenire la perdita di peso corporeo;
Bilanciare il riposo con l’attività fisica;
Praticare attività di ripristino dell’attenzione (esposizione ad
ambienti naturali ed a piacevoli, distrazioni).
Neuropatia Valutare, mediante scale validate (Total Neuropathy Score),
periferica la comparsa di sintomi periferici nei soggetti in terapia con LOE 0
oxaliplatino, in pazienti con neuoropatia pre-esistente, (DEBOLE)
alcolisti o diabetici; Rivolgersi presso lo specialista fisiatra o [18].
algologo.
Duloxetina. LOE non
specificato
(MODER
ATO) [18].
Antidepressivi triciclici, gabapentin, gel topici a base di LOE 0
baclofen, amitriptilina o chetamina NON raccomandati a (NON
causa delle scarse evidenze in letteratura. RACCOM
ANDATO
) [18].
Dolore Valutare l’eventuale comparsa di complicanze locali in sede
incisione chirurgica;
LOE I
Considerare l’utilizzo di analgesici oppioidi e afferire al
(FORTE)
servizio di algologia (ove disponibile);
[18].
Psicoterapia cognitivo-comportamentali, attività fisica e
fisioterapia.
Disfunzioni Raccogliere notizie anamnestiche circa segni e sintomi di LOE
sessuali disfunzioni urogenitali/sessuali (disfunzione erettile, limitato
dispareunia, secchezza vaginale, incontinenza). [18].
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 811

Valutare la funzionalità delle cellule di Leydig ed LOE 0


eventualmente cominciare una terapia sostitutiva con (DEBOLE)
testosterone negli uomini in chemioterapia con oxaliplatino. [18].
Per le donne con secchezza vulvare e/o dispareunia è LOE IC
raccomandato l’uso di creme idratanti o lubrificanti a base di (FORTE)
acqua o silicone durante i rapporti. [18].
Inibitori della 5-fosfodiesterasi per gli uomini con LOE IA
disfunzione erettile. (FORTE)
[18].
Disfunzioni Effettuare uno screening per disfunzione urinaria mediante
urinarie la valutazione di incontinenza, frequenza, urgenza, disuria o
ematuria nei pazienti sottoposti a chirurgia, e gestire il
paziente come se avesse un rischio intermedio
Esercizi di Kegel per l’incontinenza urinaria da stress
(eccetto i casi in cui la denervazione sia avvenuta durante
l’intervento chirurgico)
Farmaci anticolinergici per l’incontinenza da stress LOE IC
Farmaci antimuscarinici per l’urgenza minzionale o (MODER
l’incontinenza di tipo misto ATO) [18].
Valutare la cateterizzazione in pazienti con vescica
ipocontrattile
Limitare l’assunzione di caffeina e alcool ed evitare cibi che
possano irritare la vescica (limone, pomodoro)
Visita specialistica urologica per i pazienti con ritenzione
urinaria post-operatoria prolungata o con ematuria
persistente.
Cardiotossicità Monitorizzare i pazienti obesi o con storia di pregressa
LOE 0
post- coronaropatia sottoposti a chemioterapia con 5-fluoro-
(DEBOLE)
chemioterapic uracile o capecitabina mediante controlli cardio-vascolari.
[18].
a
Tab. 17.3. Linee guida ed evidenze scientifiche nei tumori del colon-retto. Legenda: Livello di
evidenza definito secondo i criteri LOE (Level of Evidence) dell’American Cancer Society come
livello I (metanalisi di RCTs), livello IA (RCTs sui sopravvissuti al tumore del colon-retto),
livello IB (RCTs basati sui sopravvissuti tra diversi tipi di neoplasia), livello IC (RCTs non
basati su sopravvissuti al tumore, ma sulla popolazione generale che ha sperimentato specifici
effetti tardivi o a lungo termine), livello IIA (Trial non randomizzati controllati basati sui
sopravvissuti al tumore del colon-retto), livello IIB (Trial non randomizzati controllati basati sui
sopravvissuti tra diversi tipi di neoplasia), livello IIC (Trial non randomizzati controllati non
basati su sopravvissuti al tumore, ma sulla popolazione generale che ha sperimentato specifici
effetti tardivi o a lungo termine), livello III (Studio caso-controllo o studio prospettico di coorte)
e livello 0 (parere dell’esperto, osservazione, pratica clinica, revisione della letteratura o studio
pilota).

17.2.3. Tumori della prostata


Il tumore della prostata rappresenta uno dei tumori più frequenti nella
popolazione maschile, costituendo la terza causa di morte per tumore negli
Stati Uniti [39]. La storia clinica di tale neoplasia è piuttosto variabile, in
base alle dimensioni e allo sviluppo del tumore: da una lesione di piccole
dimensioni intraghiandolare, alle forme con diffusione localizzata alle
vescicole seminali, collo vescicale, uretra, ureteri, fino alle forme pluri-
812 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

metastatiche localizzate principalmente alla colonna e al bacino. Il


trattamento prevede diversi approcci: la terapia chirurgica, la terapia
ormonale e la radioterapia [4].

Le principali conseguenze, con le relative disabilità, di una prostatectomia


radicale prevedono: impotenza, incontinenza urinaria permanente o
transitoria, riduzione della lunghezza peniena e stenosi vescico-uretrale;
l’osteoporosi, con le sue possibili complicanze, rappresentano le disabilità
principali associate alla terapia ormonale [4].

Le parole chiave utilizzate nei principali motori di ricerca sono state


“prostate cancer”, “rehabilitation”, “sexual”, “exercise”, “incontinence”,
“prostatectomy”, “pelvic floor”, “survivorship” e “guidelines”. È stata
ritrovata una sola linea guida dell’American Cancer Society (ACS) del 2014
[40] per la cura del paziente sopravvissuto al tumore della prostata, che
riporta un moderato numero di raccomandazioni di pertinenza riabilitativa.
Tale linea guida ha utilizzato i criteri LOE (Level Of Evidence). Viene inoltre
riportata una linea guida specifica per la riabilitazione sessuale nei pazienti
con tumore prostatico, elaborata durante il 4° Congresso Internazionale
sulla Medicina Sessuale (ICSM 2015) [41, 42]. Infine, vengono riportati i
risultati delle principali meta-analisi e revisioni sistematiche degli ultimi 5
anni relative ai percorsi riabilitativi per la gestione dell’incontinenza
urinaria secondaria ad intervento chirurgico per tumore prostatico.

17.2.3.1. Aspetti educazionali


Nei pazienti con tumore della prostata le linee guida ACS consigliano di
discutere col paziente dei trattamenti a cui dovrà sottoporsi e dei loro possibili effetti
collaterali (EO); si consiglia di mantenere un peso corporeo ottimale, limitando il
consumo di cibi e bevande ipercaloriche, e promuovendo un incremento
dell’attività fisica di almeno 150 minuti a settimana, incluso esercizi con pesi
(LOE III, 0) [40]. Le linee guida ACS consigliano inoltre: a) una dieta ricca in
frutta e verdure, e povera in grassi saturi; b) un introito di vitamina D di almeno
600UI/die; c) un consumo adeguato di calcio (non superiore a 1200mg/die) (LOE
III, 0) [40]. Infine l’ACS consiglia di limitare il consumo di alcool a non più di 2
bicchieri/die ed esorta alla cessazione del fumo di sigaretta (LOE III, 0) [40].

17.2.3.2. Ematuria ed anemia


Le linee guida ACS raccomandano, in caso di ematuria, una valutazione
approfondita per escludere il cancro alla vescica, inclusa la cistoscopia (LOE
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 813

IIC); le medesime linee guida raccomandano una valutazione annuale dei


valori sierici di emoglobina, per escludere la presenza di anemia (EO) [40].

17.2.3.3. Disfunzioni intestinali


Nelle linee guida ACS si raccomanda di discutere col paziente delle possibili
disfunzioni intestinali; in caso di sanguinamento rettale, si consiglia di
richiedere una consulenza specialistica, e in caso di screening negativo per il
tumore del colon-retto, si raccomanda di prescrivere emollienti delle feci,
steroidi topici o antiinfiammatori (EO) [40].

17.2.3.4. Valutazione cardiovascolare e metabolica


La valutazione del rischio cardiovascolare e metabolico si rende necessario
per gli uomini che ricevono ADT (androgen deprivation therapy - terapia
antiandrogenica); si consiglia inoltre di seguire le linee guida USPSTF (US
Preventive Services Task Force) per la valutazione e lo screening dei fattori di
rischio cardiovascolare, con monitoraggio della pressione arteriosa, del
profilo lipidico e della glicemia [40].

17.2.3.5. Aspetti psicologici (ansia / depressione)


Le linee guida ACS raccomandano la valutazione periodica di eventuali
stati depressivi e ansiosi associati alla valutazione del PSA (Prostatic Specific
Antigen) (almeno una valutazione all’anno), e di gestire tali condizioni con
terapia farmacologica appropriata; se tali condizioni persistono si
raccomanda consulenza specialistica (EO) [40].

17.2.3.6. Osteoporosi secondaria


Nelle linee guida ACS si raccomanda la valutazione del rischio
osteoporotico mediante MOC-DEXA e calcolo del FRAX-score, in particolare
negli uomini che ricevono terapia antiandrogenica; in tali pazienti si
raccomanda terapia con bisfosfonati settimanale (alendronato 70 mg per os)
o annuale (zolendronato 5 mg per via e.v.). In ultima istanza la FDA ha
approvato anche il denosumab nel trattamento dei pazienti ad alto rischio di
sviluppo di osteoporosi (LOE 2A) [40].

17.2.3.7. Disfunzioni sessuali


Le linee guida ICSM 2015, specifiche per la riabilitazione sessuale,
raccomandano: a) di discutere col paziente della possibilità di disfunzione
erettile post-prostatectomia (EO); b) l’utilizzo di validi strumenti di
814 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

valutazione del recupero della funzione erettile, in particolare i questionari


International Index of Erectile Function (IIEF) ed Expanded Prostate Cancer Index
Composite questionnaires (EPIC) (I,A); c) la valutazione di possibili fattori
predittivi di disfunzione erettile (DE) quali l’età, la funzionalità erettile
precedente all’intervento chirurgico, il risparmio dei nervi bilateralmente (II,
B) [41, 42]. Si specifica inoltre che non è possibile preferire una tecnica
chirurgica a un'altra (ad esempio tecniche laparoscopiche vs robot assistite)
per facilitare il recupero della disfunzione erettile (II, C). Si consiglia di
informare il paziente sui meccanismi fisiopatologici della disfunzione
erettile post chirurgica (EO), specificando al paziente che il recupero della
DE può richiedere anni (II, C) [41, 42].
Secondo le linee guida ICSM 2015 esistono dati conflittuali relativamente
alla possibile efficacia riabilitativa degli inibitori della fosfodiesterasi 5 (I,A)
e su specifici regimi terapeutici per la riabilitazione sessuale (III,C) [41, 42],
mentre le linee guida ACS raccomandano la prescrizione di inibitori della
fosfodiesterasi di tipo 5 e la riabilitazione peniena (EO) [40]. Le linee guida
ICSM 2015 inoltre specificano che i pazienti di sesso maschile che si
sottopongono a riabilitazione sessuale potrebbero sviluppare altri disordini,
come modificazioni dell’orgasmo, mancata eiaculazione, riduzione della
libido, malattia di Peyronie e modifiche della dimensione del pene (III, B)
[41, 42]. Infine le linee guida ACS incoraggiano le coppie a discutere dei
problemi relativi all’intimità sessuale, con consulenza specialistica (EO) [40].

17.2.3.8. Disfunzioni Urinarie


Le linee guida ACS raccomandano: a) di discutere col paziente delle
disfunzioni urinarie (alterazioni del flusso urinario, difficoltà a svuotare la
vescica) e dell'incontinenza [40]; b) lo svuotamento vescicale a tempi
predefiniti, prescrivendo farmaci anticolinergici (tra cui l’ossibutinina) per
affrontare i problemi come la nicturia, la frequenza o l'urgenza minzionale
[40]; c) l’uso di alfa-bloccanti (tra i quali la tamsulosina) in caso di flusso
urinario lento [40]; d) la riabilitazione del pavimento pelvico in caso di
incontinenza urinaria post-prostatectomia, istruendo i pazienti agli esercizi
di Kegel [40]; e) di effettuare una consulenza urologica in caso di perdite
persistenti o altri sintomi urinari, al fine di eseguire una valutazione
approfondita (mediante test urodinamici, cistoscopia) e discutere delle
opzioni di trattamento incluso il posizionamento chirurgico di uno “sling
uretrale” o sfintere urinario artificiale (EO) [40].
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 815

Per ciò che concerne le più recenti revisioni e meta-analisi relative


all’argomento, la letteratura ha fornito risultati piuttosto discordanti tra di
loro. Una Cochrane del 2015 [43] riporta risultati incerti sui benefici della
riabilitazione del pavimento pelvico nei pazienti pre-prostatectomia,
sull’elettrostimolazione (ES) dei nervi pudendi post-prostatectomia, e sugli
stessi esercizi di rinforzo del pavimento pelvico associati a biofeedback post-
intervento chirurgico; gli unici consigliati in caso di IU severa sono i
dispositivi esterni di clump del pene. Diversamente, in una review del 2016,
Capogrosso et al. [44] riportano i benefici della riabilitazione del pavimento
pelvico pre–prostatectomia, risultando quest’ultima efficace nel migliorare
la continenza urinaria nel post operatorio a breve termine (3 mesi), ma non
nel lungo termine (6 mesi); vengono consigliati inoltre esercizi di rinforzo
del pavimento pelvico associati a biofeedback (BF) nel post-operatorio, e
l’impiego di duloxetina ed anticolinergici come supporto farmacologico. In
una meta-analisi del 2015, Chang et al. [45] riportano risultati simili a
Capogrosso et al. [43] per ciò che concerne la riabilitazione pre-
prostatectomia, mentre secondo Wang et al. [46] quest’ultima non
risulterebbe efficace nel migliorare la continenza urinaria né precoce né a
medio/lungo termine nel post-operatorio. Ping Zhu et al. [47] riportano i
scarsi benefici dell’elettrostimolazione, mettendo in evidenza che i pazienti
trattati con l’ES, in associazione agli esercizi di rinforzo del pavimento
pelvico, mostravano risultati del tutto simili ai pazienti trattati con soli
esercizi. Infine, Sountoulindes et al. [48] consigliano la riabilitazione del
pavimento pelvico sia pre- che post-intervento chirurgico, in associazione al
BF e all’ES, la duloxetina nelle IU da stress e gli anticolinergici nella vescica
iperattiva.

17.2.3.9. Sintomi vasomotori


Le linee guida ACS raccomandano la valutazione dei sintomi vasomotori in
particolare nei pazienti che ricevono terapia anti-androgenica; per tali
sintomi, sebbene non approvati dalla FDA per tale indicazione, si consiglia
la prescrizione di inibitori selettivi del reuptake della
serotonina/noradrenalina o il gabapentin (EO) [40].
816 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Records identificati mediante


Pubmed, Pedro, Scholar, Cochrane Records identificati mediante
(n = 29) altre risorse (Google) (n = 0 )

Records Totali Records duplicati esclusi


(n = 29) (n = 1)

Records selezionati dopo aver Full-text esclusi (n = 24)


rimosso i duplicati Linee Guida NON riabilitative: 3
(n = 28) Linee Guida non in lingua inglese: 1
Articoli scientifici: 15
Cochrane non specifiche: 5
Full-text eleggibili
(n = 4)

Linee Guida riabilitative (n = 3)

Cochrane (n = 1)

Fig. 17.3. Flow Chart ricerca linee guida riabilitative ed evidenze scientifiche nei tumori della
prostata

Aspetti considerati / Raccomandazioni delle linee guida ACS 2015 Livello di


Alterazioni Funzion. [40] evidenza
Aspetti educazionali Discutere col paziente dei trattamenti a cui LOE 0
deve essere sottoposto e dei loro effetti (DEBOLE)
collaterali.
Variazioni del Peso Mantenere un peso ottimale, limitando il LOE III,0
corporeo consumo di cibi e bevande ipercaloriche, e (DEBOLE)
promuovendo un incremento dell’attività
fisica.
Attività fisica Incoraggiare attività fisica per almeno 150 LOE III,0
minuti/settimana, incluso esercizi con pesi. (DEBOLE)
Dieta Consigliare una dieta ricca in frutta e verdure, LOE III,0
povera in grassi saturi; un introito di vitamina (DEBOLE)
D di almeno 600 UI/die e un consumo
adeguato di calcio (non superiore a 1200
mg/die).
Consumo di Alcool Limitare il consumo di alcool a non più di 2 LOE III,0
bicchieri / die. (DEBOLE)
Fumo di sigaretta Consigliare la cessazione del fumo di LOE III,0
sigaretta. (DEBOLE)
Screening Rispettare le linee guida relative allo screening LOE I (FORTE)
e diagnosi precoce della American Cancer
Society (cancer.org/professionals); nei pazienti
sottoposti a radioterapia con rischio maggiore
di sviluppare tumori vescicali e del colon-
retto, seguire le linee guida di screening.
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 817

Ematuria Eseguire una valutazione approfondita per LOE IIC


escludere il cancro alla vescica, inclusa la (MODERATO)
cistoscopia.

Anemia Controllo annuale dell’anemia, monitorando i LOE 0 (GOOD


livelli emoglobinici. PRACTICE
POINT)
Disfunzioni intestinali Discussione col paziente; nei pazienti con LOE 0 (GOOD
sanguinamento rettale, chiedere consulenza PRACTICE
specialistica, e in caso di screening negativo POINT)
per il tumore del colon-retto, prescrivere
emollienti delle feci, steroidi topici o
antiinfiammatori.
Valutazione Valutazione del rischio specifico per gli A: ipertensione
cardiovascolare e uomini che ricevono terapia anti-androgena; B, I: diabete di
tipo II
metabolica seguire le linee guida USPSTF per la
A, B: dislipidemia
valutazione e lo screening dei fattori di rischio
cardiovascolare, con monitoraggio della
pressione arteriosa, del profilo lipidico e della
glicemia.
Aspetti psicologici Valutare periodicamente sintomi quali LOE 0 (GOOD
l'angoscia, la depressione, l’ansia del PSA (con PRACTICE
POINT)
cadenza almeno una volta l’anno); gestire
l'angoscia e la depressione con una terapia
farmacologica appropriata; al persistere dei
sintomi, richiedere consulenza specialistica.
Osteoporosi Valutazione del rischio specifico per gli LOE 2A (GOOD
secondaria uomini che ricevono terapia anti-androgenica PRACTICE
POINT)
mediante MOC-DEXA e calcolo del FRAX-
score.
Per gli uomini ad alto rischio, prescrivere una
terapia con bisfosfonati settimanale
(alendronato 70 mg per os) o annuale
(zolendronato 5 mg per via e.v.). Anche il
Denosumab è stato approvato dalla FDA per
trattare gli uomini ad aumentato rischio di
osteoporosi.
Disfunzione sessuale/ Discutere le funzioni sessuali con i pazienti, LOE 0 (GOOD
immagine corporea utilizzando strumenti convalidati, come lo PRACTICE
POINT)
SHIM, per monitorare la funzione erettile nel
tempo; la disfunzione erettile può essere
affrontata attraverso la riabilitazione peniena
o la prescrizione di inibitori della
fosfodiesterasi di tipo 5 (tra cui sildenafil,
vardenafil, tadalafil); consulenza urologica o
con psicoterapeuta.
Intimità sessuale Incoraggiare le coppie a discutere della loro LOE 0 (GOOD
intimità sessuale, con consulenza specialistica; PRACTICE
POINT)
prescrivere farmaci per la disfunzione erettile;
consigliare i pazienti al fine di migliorare la
disfunzione erettile negli uomini e i sintomi
post-menopausali nelle donne.
818 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Disfunzione urinaria Discutere col paziente delle funzioni urinarie LOE 0 (GOOD
(es. flusso urinario, difficoltà a svuotare la PRACTICE
POINT)
vescica) e dell'incontinenza; consigliare lo
svuotamento vescicale a tempi predefiniti,
prescrivendo farmaci anticolinergici
(ossibutinina) per affrontare i problemi
come la nicturia, la frequenza o l'urgenza
minzionale. Consigliare alfa-bloccanti
(tamsulosina) in caso di flusso urinario lento.
Consigliare la riabilitazione del pavimento
pelvico in caso di incontinenza post-
prostatectomia, istruendo il paziente agli
esercizi di Kegel; in caso di perdite persistenti
o altri sintomi urinari richiedere consulenza
urologica e discutere delle opzioni di
trattamento (“sling uretrale” o sfintere
urinario artificiale).
Sintomi vasomotori Rischio specifico per gli uomini che ricevono LOE 0 (GOOD
terapia con blocco androgenico; anche se non PRACTICE
POINT) / I per il
approvato dalla FDA per tale indicazione, si
gabapentin
consiglia la prescrizione di inibitori selettivi
(FORTE)
del reuptake della serotonina/noradrenalina o
di gabapentin.
Tab. 17.4. Linee guida per la cura dei sopravvissuti ai tumori della prostata. Legenda: Livello di
evidenza definito secondo i criteri LOE (Level of Evidence) dell’American Cancer Society come
livello I (meta-analisi di RCTs), livello IA (RCTs sui sopravvissuti al tumore della prostata),
livello IB (RCTs basati sui sopravvissuti tra diversi tipi di neoplasia), livello IC (RCTs non
basati su sopravvissuti al tumore, ma sulla popolazione generale che ha sperimentato specifici
effetti tardivi o a lungo termine), livello IIA (Trial non randomizzati controllati basati sui
sopravvissuti al tumore della prostata), livello IIB (Trial non randomizzati controllati basati sui
sopravvissuti tra diversi tipi di neoplasia), livello IIC (Trial non randomizzati controllati non
basati su sopravvissuti al tumore, ma sulla popolazione generale che ha sperimentato specifici
effetti tardivi o a lungo termine), livello III (Studio caso-controllo o studio prospettico di
coorte), livello 0 (parere dell’esperto, osservazione, pratica clinica, revisione della letteratura o
studio pilota) e livello 2A (linee guida NCCN sulla pratica clinica in Oncologia); A:
raccomandazione di grado ELEVATO a favore secondo l’USPTF (US Preventive Task Force); B:
raccomandazione di grado MODERATO a favore secondo l’USPTF; I: raccomandazione NON
FORMULABILE secondo l’USPTF.

Raccomandazioni delle linee guida ICSM 2015 [41-42]. Livello di


evidenza /
Grado di
Raccomandaz.

Discutere col pz della possibilità di disfunzione erettile post EO


prostatectomia.
Utilizzo di validi strumenti di valutazione del recupero della funzione I, A
erettile (International Index of Erectile Function ed Expanded Prostate
Cancer Index Composite questionnaires).
Non è possibile preferire una tecnica chirurgica a un'altra (es. II, C
laparoscopiche vs robot assistite) per facilitare il recupero della
disfunzione erettile.
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 819

Valutare i fattori predittivi di DE: età, funzionalità erettile precedente II, B


all’intervento chirurgico, risparmio dei nervi bilateralmente.
Il pz dovrebbe essere informato sui meccanismi fisiopatologici della DE EO
post chirurgica.
Il recupero della DE può richiedere anni. II, C
Esistono dati conflittuali relativamente alla possibile efficacia I, A
riabilitativa degli inibitori della fosfodiesterasi di tipo 5.
Al momento i dati della letteratura non sono in grado di supportare uno III, C
specifico regime terapeutico per la riabilitazione sessuale.
Gli uomini che si sottopongono a riabilitazione sessuale potrebbero II, B
sviluppare altri disordini, come modificazioni dell’orgasmo, mancata
eiaculazione, riduzione della libido, malattia di Peyronie, e modifiche
della dimensione del pene.
Tab. 17.5. Linee Guida nella riabilitazione delle disfunzioni sessuali nel tumore della prostata.
Legenda: EO: Expert Opinion.

Risultati Evidenza
Efficacia incerta della riabilitazione del pavimento
pelvico, dell’elettrostimolazione dei nervi pudendi
Anderson C.A. et al., Cochrane, 2015
post-prostatectomia e degli esercizi di rinforzo del
[43].
pavimento pelvico associati a biofeedback post-
chirurgia.
Efficacia a breve termine (3 mesi) della
riabilitazione del pavimento pelvico pre-
prostatectomia. Capogrosso P. et al., Systematic
Consigliano esercizi di rinforzo della muscolatura Review, 2016 [44].
del pavimento pelvico + biofeedback nel post-
operatorio, duloxetina e anticolinergici.
Efficacia a breve termine della riabilitazione pre- Chang S.I. et al., Meta-analisi, 2015
prostatectomia. [45].
Riabilitazione pre-operatoria NON efficace. Wang W. et al., Meta-analisi, 2014 [46].
Scarsa efficacia dell’elettrostimolazione. Zhu Y.P. et al., Meta-analisi, 201 [47].
Consigliano la riabilitazione del pavimento pelvico
pre- e post-chirurgia + biofeedback ed Sountoulindes P.etal.,
elettrostimolazione; duloxetina nell’incontinenza SystematicReview, 2013 [48].
da stress; anticolinergici nella vescica iper-reattiva.
Tab. 17.6. Evidenze Scientifiche nella riabilitazione delle disfunzioni urinarie nel tumore della
prostata.

17.2.4. Tumori Testa-collo


I tumori testa-collo rappresentano un gruppo di tumori piuttosto eterogeneo
per sede e istotipo, con un tasso di mortalità e morbidità tutt’oggi molto
elevato; facciamo riferimento principalmente a carcinomi squamo-cellulari,
che costituiscono circa il 90% di tutti i tumori testa-collo, e per il restante
10% a linfomi, melanomi e tumori delle ghiandole salivari. Le sedi più
frequentemente interessate sono il cavo orale, l’orofaringe, la laringe e
l’ipofaringe; il nasofaringe, raro nel mondo occidentale, raggiunge tassi di
820 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

incidenza molto elevati nel nord Africa e in Asia. I trattamenti dei tumori
testa collo, a seconda della loro stadiazione, prevedono interventi di tipo
chirurgico, con eventuale dissezione linfonodale del collo mono o bilaterale,
trattamenti chemio e radioterapici [49].

Le principali disabilità organo specifiche associate ai tumori testa collo


comprendono: la disfagia, la disfonia, le paresi dei nervi cranici (VII, XI, XII),
con associate neuropatie, la riduzione della mobilità della spalla e del
rachide cervico-dorsale, con associato dolore e alterazioni posturali,
problematiche cicatriziali, edema e linfedema del volto e del collo,
l’insufficienza respiratoria [4].

Le principali linee guida internazionali che si sono occupate del trattamento


riabilitativo oncologico dei tumori del distretto testa-collo sono 8, e nello
specifico: le United Kingdom National Multidisciplinary Guidelines
(UKNMG) del 2016, relative al trattamento della disfonia e disfagia, ed alla
riabilitazione del cavo orale [50, 51]; dello stesso gruppo (UKNMG) le linee
guida relative ai tumori della base cranica [52]; le linee guida dell’American
Cancer Society del 2016 [53], le linee guida del National Institute for Health
and Care Excellence (NICE) del 2016 relative ai tumori delle vie aeree e
digestive superiori [54], le linee guida giapponesi del 2017 [55], quelle
dell’American Academy dei Chirurghi Otorino-laringoiatri e Maxillo-facciali
del 2013 per il trattamento della disfonia nei tumori della tiroide [56], le
linee guida della Società Francese d’Otorinolaringoiatria e dei Chirurghi
della testa e del collo (SFORL) sul dolore somatico nei pazienti con tumori
testa collo del 2014 [57]; sebbene non di interesse strettamente fisiatrico,
citiamo anche le United Kingdom National Multidisciplinary Guidelines del
2016 relative alla gestione nutrizionale dei pazienti con tumore testa-collo
[58]. Le parole chiavi utilizzate nei motori di ricerca sono state “head and
neck cancer” “rehabilitation”, “guidelines”, “exercise”.

Di tutte le linee guida sopra elencate, solo quelle dell’American Cancer


Society [53] risultano piuttosto complete per una gestione globale del
paziente con tumore testa collo; le restanti linee guida si focalizzano più
spesso su specifici sintomi e aspetti di disabilità determinati da tali tumori.

17.2.4.1. Disfagia
La valutazione e il trattamento della disfagia è uno dei temi affrontati da
quasi tutte le linee guida: in particolari si consiglia una valutazione
logopedica, con associati esercizi di profilassi e di insegnamento di manovre
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 821

di deglutizione compensatorie (Livello di evidenza IIA per l’American


Cancer Society, Raccomandazione grado B per l’American Academy,
raccomandazione generica per NICE e UKNMG).

17.2.4.2. Disfonia
Per il trattamento della disfonia, le United Kingdom National
Multidisciplinary Guidelines del 2016 raccomandano l’uso di dispositivi a
scambio di calore e umidità post laringectomia, e l’uso di palloncini ad
espansione radiale continua; le linee guida dell’American Academy
raccomandano inoltre gli interventi di laringoplastica, reinnervazione delle
corde vocali ed eventuale riposizionamento delle stesse (grado B).

17.2.4.3. Alterazioni funzionali del cavo orale


La perdita di numerosi elementi dentali, sia conseguente all’intervento
chirurgico che alla radioterapia, altera profondamente sia la capacità di
alimentazione che le attività sociali ad essa correlate: la riabilitazione orale
mediante impianti osteointegrati viene espressamente citata e raccomandata
nello specifico dalle sole United Kingdom National Multidisciplinary
Guidelines per la riabilitazione del cavo orale. Per il trattamento della
xerostomia post trattamento radioterapico, l’American Cancer Society
consiglia di evitare cibi ricchi in saccarosio/caffeina/spezie, e bere acqua di
rubinetto ricca in fluoro (EO); le linee guida United Kingdom consigliano
inoltre un trattamento radioterapico a intensità ridotta in caso di xerostomia
severa.

17.2.4.4. Distonia, spasmi muscolari e trisma


Il trattamento della distonia e degli spasmi muscolari viene affrontato dalle
sole Linee Guida dell’American Cancer Society, che raccomandano l’uso
della Tossina Botulinica (LOE IIA). Il trattamento del trisma viene
raccomandato dall’ACS (EO, IIA), e dall’United Kingdom National
Multidisciplinary Guidelines.

17.2.4.5. Neuropatie periferiche


Per il trattamento delle neuropatie vengono invece raccomandati farmaci
quali il Pregabalin, il Gabapentin e la Duloxetina (EO); viene inoltre
consigliato il trattamento riabilitativo delle neuropatie vestibolari (IIA).
822 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

17.2.4.6. Fatigue
Per ciò che concerne la fatigue associata alla patologia tumorale, essa viene
citata dalle sole linee guida dell’ACS, che raccomanda genericamente la
pratica di attività fisica per la gestione di tale sintomo (IA).

17.2.4.7. Disfunzioni neuromotorie dell’arto superiore


Gli esercizi di mobilizzazione e rinforzo progressivo dei muscoli della
spalla, in particolare dopo la procedura di dissezione dei linfonodi del collo,
vengono fortemente raccomandati dall’American Cancer Society (IA), dalle
linee guida NICE, e dalle linee guida Giapponesi del 2017 (grado B). Le linee
guida dell’American Cancer Society citano inoltre il trattamento delle
paralisi del nervo accessorio spinale, raccomandando esercizi di
mobilizzazione della spalla per il recupero dei ROM articolari (IA).

17.2.4.8. Linfedema del collo


Le linee guida dell’ACS raccomandano altresì il trattamento del linfedema
del collo con drenaggi manuali e ove possibile con bendaggi compressivi
(IIA).

17.2.4.9. Paralisi del nervo faciale


Le linee guida dell’United Kingdom specifiche per i tumori della base
cranica citano il trattamento della paralisi del nervo faciale.

17.2.4.10. Dolore
Per ciò che riguarda il trattamento del dolore somatico associato ai tumori
testa collo, le linee guida francesi SFORL del 2014 citano la prescrizione di
una riabilitazione funzionale al fine di ridurre il dolore muscolo-scheletrico,
prevenire le anchilosi e i disordini posturali, e favorire il recupero delle
capacità funzionali (EO). Il trattamento del dolore dovrebbe prevedere un
approccio multidisciplinare, incluso la psicoterapia (terapia cognitivo-
comportamentale o psicoanalitica) in caso di dolore cronico, e terapie per il
benessere della mente e del corpo (EO). La valutazione del dolore dovrebbe
prevedere l’uso di scale specifiche per la definizione dell’intensità del dolore
e la valutazione dell’efficacia del trattamento (Grado A). La scala
diagnostica DN4 (dolore neuropatico in quattro domande) dovrebbe essere
utilizzata per la valutazione del dolore neuropatico (Grado A), il quale
dovrebbe essere trattato secondo il seguente algoritmo terapeutico (EO):
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 823

- Lesioni focali→ 1°step: trattamenti topici, lidocaina in compresse;


2°step: cerotti a base di capsaicina;
- Lesioni Diffuse → monoterapia orale con pregabalin o gabapentin;
amitriptilina o clomipramina.
Il trattamento va monitorato ogni 2 settimane/1 mese. In caso di fallimento
della terapia si cambia molecola in monoterapia, o si associano due o più
farmaci di classe differente. Infine, in caso di ulteriore fallimento della
terapia si può consigliare la neurostimolazione, i farmaci SNARI
(Antidepressant Serotonin or Noradrenalin Reuptake Inhibitor), altri
antiepilettici o gli oppioidi.

Records identificati mediante


Pubmed, Pedro, Scholar, Cochrane Records identificati mediante
(n = 27) altre risorse (Google) (n = 2)

Records Totali Records duplicati esclusi


(n = 29) (n = 2)

Records selezionati dopo aver Full-text esclusi (n = 19) Linee Guida NON
rimosso i duplicati (n = 27) riabilitative: 3
Articoli scientifici: 15
Cochrane non specifiche: 1
Full-text eleggibili (n = 8)

Linee Guida riabilitative (n = 8)

Fig. 17.4. Flow Chart ricerca linee guida riabilitative nei tumori testa-collo

Linee guida Giapponesi, ACS, UKNM, UKNM, NICE, American


(Anno) (2017) [54] (2016) [52]. (2016) (2016) (2016) Academy
(Livelli di [49-50]. [51]. [53]. ORL-
evidenza) MXL,
(2013) [55].
Team multi- G G
disciplinare.

Logopedia IIA G
pre-chirurgica.

Esercizi di IIA R R R (B)


profilassi e di
deglutizione.
824 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Uso di R
dispositivi a
scambio di
calore e
umidità (post-
laringectomia.
Palloncini ad R
espansione
radiale
continua.
Radioterapia a R
intensità
ridotta
(xerostomia).
Riabilitazione G (nei
Nervo Faciale. tumori
base
cranica)
Valutazione e EO (IIA) G
trattamento
Trisma.
Riabilitazione G
orale mediante
impianti
osteointegrati
Laringoplast./ R (B)
Reinnervazion
e corde vocali
/
Riposizioname
nto corde
vocali.
Trattamento Pregabalin
Distonia / /
spasmi Gabapenti
muscolari / n;
Neuropatie. Duloxetin
a (EO);
Tossina
Botulinica
(IIA)
Trattamento IIA
Linfedema
(drenaggi
manuali/
bendaggi
compressivi).
Trattamento Esercizi
Paralisi N. per
Spinale migliorare
Accessorio. i Rom (IA)
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 825

Riabilitazione IIA
Neuropatia
Vestibolare.
Mobilizzazion R (B) R
e e rinforzo
progressivo IA
muscoli della
spalla (dopo
dissezione dei
Linfonodi del
collo).
Attività fisica IA
per il
trattamento
della Fatigue.
Trattamento Evitare
Xerostomia. cibi ricchi
in
saccarosio
/ caffeina /
spezie;
Bere acqua
di
rubinetto
ricca in
Fluoro
(EO)
Trattamento Antibiotici
osteonecrosi. /
disinfez.
con
clorexidin
a;
Ossigeno
Iperbarico
(EO)
Esercizi di R
apertura della
bocca (post-
radioterapia)
Tab. 17.7. Linee guida nella riabilitazione dei tumori testa-collo. Legenda: R: Raccomandato; G:
Good practice point; EO: Expert Opinion.

17.2.5. Tumori del Sistema Nervoso Centrale (SNC) e del Sistema


Nervoso Periferico (SNP)
I tumori primitivi del SNC hanno un’incidenza di circa 10/12 casi ogni
100.000 abitanti [4]: i meningiomi (35%) e i gliomi (29%) sono quelli in
assoluto più frequenti; i tumori spinali invece sono più rari, con un rapporto
1:7 rispetto ai tumori intracranici [4]; anche in questo caso i meningiomi
826 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

sono i più frequenti, seguiti da neurinomi ed ependimomi. I tumori


secondari del SNC sono molto più frequenti rispetto a quelli primitivi (fino a
10 volte): essi si sviluppano principalmente a livello degli emisferi, più
raramente a livello cerebellare e del tronco [4].I tumori benigni o a basso
grado di malignità (meningiomi, ependimomi di I e II grado, astrocitomi di I
e II grado) hanno un comportamento clinico e un decorso riabilitativo molto
diverso dai tumori ad alto grado di malignità (gliomi di III e IV grado:
astrocitoma anaplastico, glioblastomi) [4]. Nei tumori gliali a basso grado di
malignità si possono ipotizzare obiettivi a medio-lungo termine e può essere
richiesto ai pazienti maggior impegno nell’aderenza e persistenza ai
programmi riabilitativi mirando fino alla partecipazione alla vita sociale e
lavorativa. Al contrario, nei tumori della serie gliale ad alta malignità risulta
essenziale puntare su obiettivi a breve termine e sul recupero funzionale
immediato, essendo spesso il loro decorso caratterizzato da complicazioni e
recidive sin dalle prime fasi [4].
Tra la fase immediatamente post-chirurgica e prima dell’avvio dei
trattamenti adiuvanti (chemio- e radio-terapia) esiste una finestra temporale
propriamente riabilitativa nella quale la variazione dello stato funzionale è
massima. In tutte le altre fasi l’intervento riabilitativo ha solitamente
carattere di mantenimento o di palliazione [4]. Dalla nostra indagine sui
principali motori di ricerca, utilizzando le parole chiave “brain tumors”,
“glioma”, “brain metastases”, “guidelines”, “guideline”, “rehabilitation”
negli ultimi 10 anni, abbiamo selezionato tre linee guida con
raccomandazioni relative alla riabilitazione dei tumori intracranici del SNC,
rispettivamente una sulle cure palliative negli adulti con glioma (European
Association for Neuro-Oncology, EANO 2017) [59], una sulla gestione dei
gliomi a basso grado di malignità (European Federation of Neurological
Societies-European Association for Neuro-Oncology (EFNS-EANO 2010)
[60] ed una sulla diagnosi ed il trattamento delle metastasi cerebrali (EANO
2017) [61], ed una review sulla riabilitazione dei tumori del midollo spinale
[62].

17.2.5.1. Tumori del SNC intracranici


Di seguito vengono riportate le raccomandazioni contenute nelle linee guida
di interesse in ambito riabilitativo.
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 827

17.2.5.1.1. Dolore e Cefalea


Le linee guida EANO 2017 per le cure palliative negli adulti con glioma
raccomandano per la gestione della cefalea l’impiego dei corticosteroidi, in
particolare il desametasone, come cardine del trattamento (livello di
evidenza DEBOLE) e di considerare l’utilizzo di analgesici e co-analgesici
(livello DEBOLE) [59]. Inoltre, nei pazienti in fase terminale della malattia è
bene valutare la bilancia tra i benefici (alleviamento della sintomatologia) ed
i potenziali effetti collaterali dei corticosteroidi (tra cui il delirium) [59]. Le
linee guida EANO 2017 sulla gestione delle metastasi cerebrali
raccomandano nei pazienti metastatici sintomatici l’utilizzo di
desametasone in duplice somministrazione giornaliera ad un dosaggio
totale tra 4 e 32 mg/die (Good Practice Point) [61]; nei pazienti asintomatici
l’utilizzo di corticosteroidi non è raccomandato, mentre vengono
raccomandati nei pazienti sottoposti a radioterapia o radioterapia
stereotassica, al fine di ridurre gli effetti collaterali acuti e subacuti da esse
causate (Good Practice Point).

17.2.5.1.2. Epilessia
Le linee guida EANO 2017 raccomandano nei pazienti con epilessia in fase
terminale e con controindicazioni alla somministrazione per via orale,
l’utilizzo di midazolam per via intranasale o donazepam buccale (livello
DEBOLE) [59]. Le linee guida EFNS-EANO 2010 raccomandano: a) di non
utilizzare a scopo profilattico gli antiepilettici induttori enzimatici prima
dell’insorgenza di una crisi epilettica (Grado A); b) di avviare il trattamento
con antiepilettici induttori enzimatici dopo la prima crisi epilettica (Grado
A); c) di individualizzare il trattamento con antiepilettici induttori
enzimatici in funzione del tipo di crisi, della terapia medica e delle
comorbidità del paziente (Good Practice Point); d) l’impiego di antiepilettici
non-induttori enzimatici in pazienti che necessitano di trattamento
chemioterapico (Grado B) [60]. Nei pazienti con metastasi cerebrali le linee
guida EANO 2017 non raccomandano la prescrizione di anticonvulsivanti in
maniera profilattica (Grado A) [61]; inoltre, raccomandano di evitare gli
antiepilettici induttori enzimatici in pazienti che necessitano di
concomitante chemioterapia o target-therapy (Grado B) [61].

17.2.5.1.3. Trombo-embolismo venoso


Le linee guida EANO 2017 raccomandano: a) di avviare la profilassi per gli
episodi di trombo-embolia venosa mediante eparina a basso peso
828 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

molecolare (E.B.P.M.) entro le 24 ore post-chirurgia (livello di evidenza


ELEVATO); b) che la profilassi primaria non vada prolungata oltre il
periodo post-operatorio (livello di evidenza ELEVATO); c) di pianificare
individualmente la durata della profilassi secondaria (livello MODERATO)
[59]. Per i pazienti con metastasi cerebrali, le linee guida EANO 2017
raccomandano l’impiego di E.B.P.M. sia per la profilassi primaria sia per la
profilassi secondaria (Grado di raccomandazione A), con una durata
variabile tra 3 e 6 mesi (Good Practice Point) [61]. Inoltre la profilassi
antitrombotica è raccomandata nei pazienti metastatici sottoposti ad
intervento chirurgico (Grado di raccomandazione B) [61].

17.2.5.1.4. Fatigue
Le linee guida EANO 2017 affermano che attualmente non esistono
evidenze né a supporto di terapie farmacologiche (livello di evidenza
ELEVATO) né degli interventi non-farmacologici (livello di evidenza
ELEVATO) per la gestione della fatica nei pazienti con glioma [59, 63].

17.2.5.1.5. Disturbi dell’umore e del comportamento


Secondo le linee guida EANO 2017, le evidenze scientifiche sulla terapia
farmacologica (metilfenidato, donepezil) dei disturbi dell’umore del
comportamento sono limitate (livello DEBOLE) [59]. Tuttavia un intervento
psicosociale multimodale potrebbe migliorare i sintomi depressivi (livello
MODERATO) [59].

17.2.5.1.6. Deficit neurologici


I pazienti con tumori cerebrali potrebbero beneficiare di una riabilitazione
precoce dopo la chirurgia (livello DEBOLE) [59, 64-66]. Nei pazienti
metastatici è opportuno ridurre il dosaggio degli steroidi una volta che il
massimo miglioramento neurologico sia stato ottenuto (Good Practice Point)
[61].

17.2.5.1.7. Deficit cognitivi


La terapia farmacologica per la gestione del declino cognitivo non è
raccomandata (livello MODERATO) [59]. La riabilitazione cognitiva ha
effetti positivi modesti e dovrebbe essere considerata nei soggetti giovani
affetti da glioma con prognosi relativamente favorevole (livello
MODERATO) [59, 67-69], e nei pazienti con glioma stabile affetti da disturbi
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 829

o deficit cognitivi (opinione dell’esperto) [59]. Secondo le linee guida EANO


2010la riabilitazione cognitiva può essere utile (livello B) [60].

17.2.5.1.8. Diagnosi e follow-up


Le linee guida EANO 2010 consigliano la somministrazione di test neuro-
psicologici alla diagnosi e per il monitoraggio del trattamento (Good
Practice Point) [60].

Records identificati mediante


Pubmed, Pedro, Scholar, Cochrane Records identificati mediante
(n = 98) altre risorse (Google) (n = 0)

Records Totali (n = 98) Records duplicati esclusi


(n = 23)

Records selezionati dopo aver Full-text esclusi (n = 72) Linee Guida NON
rimosso i duplicati (n = 75) riabilitative: 6
Articoli scientifici: 66

Full-text eleggibili (n = 3)

Linee Guida con raccomandazioni


riabilitative (n = 3)

Fig.17.5. Flow Chart ricerca linee guida riabilitative nei tumori del Sistema Nervoso Centrale.

Società e Anno EANO 2017 [59] EFNS-EANO 2010 [60] EANO 2017 [61]
(Livello di evidenza) (Grado di (Grado di
raccomandazione) raccomandazione)
Dolore e Corticosteroidi Desametasone
Cefalea (DEBOLE). (2v/die; da 4 a 32
Analgesici e co- mg) (Good
analgesici (DEBOLE). Practice Point).
Epilessia Midazolam intranasale No Profilassi con NO Profilassi con
e donazepam orale Antiepilettici prima di Anticonvulsivanti
(DEBOLE). un primo episodio (A). (A).
Antiepilettici dopo il Evitare
primo episodio (A). Antiepilettici
Antiepilettici NON- induttori
induttori enzimatici nei enzimatici nei
pazienti sottoposti a pazienti che
chemioterapia (B). necessitano di
chemioterapia (B).
830 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Trombo- Profilassi con Eparina a Eparina a basso


embolia venosa basso P.M. entro le 24h P.M. sia come
dopo la chirurgia profilassi primaria
(ELEVATO). che secondaria
NO EVIDENZE di (A).
eparina a basso PM Durata da 3 a 6
dopo il post-operatorio mesi (Good
(ELEVATO). Practice Point).
Profilassi secondaria Profilassi nei
individuale pazienti sottoposti
(MODERATA). a chirurgia (B).
Fatigue NO EFFICACIA DI
terapia farmacologica
(ELEVATO).
NO EFFICACIA DI
interventi NON
farmacologici
(ELEVATO).
Disturbi Metil-fenidato e
dell’umore e donazepam (DEBOLE).
del Intervento Psicosociale
comportamento Multimodale
(MODERATA).
Deficit Riabilitazione Ridurre il
Neurologici PRECOCE dopo la dosaggio degli
chirurgia (DEBOLE). steroidi una volta
che il massimo
miglioramento
neurologico è
stato ottenuto
(Good Practice
Point).
Deficit Terapia Medica NON Riabilitazione Cognitiva
Cognitivi RACCOMANDATA (B).
(MODERATA).
Riabilitazione
Cognitiva
(MODERATA).
Riduzione dei Farmaci
di Supporto
(ESPERTO).
Diagnosi e Test Neuropsicologici
follow-up (Good Practice Point).
Tab. 17.8. Linee guida nella riabilitazione dei tumori del Sistema Nervoso Centrale.

17.2.5.2. Tumori del SNC extracranici


L’85% delle mielolesioni di origine oncologica sono rappresentate da
metastasi (i tumori primitivi sono più frequentemente localizzati a livello di
polmone, mammella, rene, prostata, tiroide) [62]. I tumori primitivi (in
maggioranza ependimomi ed astrocitomi) generalmente hanno sede
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 831

intradurale e sono intramidollari, mentre i tumori secondari sono più


comunemente extramidollari [62]. I pazienti con tumori primitivi del
midollo spinale che completano un programma riabilitativo hanno una
mediana di sopravvivenza a 9.5 mesi, una sopravvivenza del 47.5% ad un
anno ed una sopravvivenza a 5 anni del 10.5%, mentre i pazienti con tumori
secondari hanno una mediana di sopravvivenza di 2.8 mesi con una
sopravvivenza ad 1 anno del 21.4% e sopravvivenza a 5 anni del 3.6% [62].
Relativamente ai tumori extracranici del SNC è stata selezionata una
revisione sulla riabilitazione dei tumori del midollo spinale secondo Raj V.S.
et al. del 2013 [62]. I pazienti con tumore del midollo spinale infatti possono
beneficiare dei programmi di ricovero riabilitativo, nonostante le loro
comorbidità legate alla neoplasia in sé per sé o alla gestione della stessa ed
alle loro sequele neurologiche. A tal proposito, è importante andare a
rilevare le comorbidità legate al tumore:
a) Innanzitutto è opportuno valutare e trattare i fattori organici che
possono contribuire alla fatica, tra i quali l’anemia, che in genere è
multifattoriale e può essere indotta dalla chemioterapia, o legata a
deficit vitaminici (carenza di ferro, folati e/o vitamina B12),
l’insufficienza renale, o la soppressione midollare. Sono da tenere in
considerazione anche altri fattori contribuenti alla fatigue come la
depressione, le infezioni, i fattori metabolici correlati al tumore, gli
effetti della radioterapia (ipotiroidismo indotto dalla terapia radiante,
effetti centrali), la sedazione legata ai farmaci che agiscono sul SNC ed
alla terapia del dolore.
b) Devono essere presi in considerazione anche il ridotto apporto calorico
correlato con la riduzione dell’appetito ed il malessere, la competizione
tra il tumore e l’ospite per i nutrienti, ed i fattori correlati alle sindromi
paraneoplastiche che possono influenzare l’appetito.
c) Particolare attenzione va posta all’identificazione di eventuali disturbi
dell’umore, quali ansia, depressione o delirium.
d) Anche la dispnea risulta frequente. Tra i fattori che possono influenzare
la respirazione vi sono la cachessia ed il deficit dei muscoli della
respirazione, l’ascite maligna con conseguente limitazione delle
escursioni diaframmatiche, le metastasi polmonari, le eventuali
comorbidità cardio-respiratorie pre-esistenti.

Nel formulare gli obiettivi di un programma riabilitativo per un paziente


con tumore del midollo spinale va posta particolare attenzione alla prognosi
ed alla percezione individuale della qualità di vita. Un’appropriata gestione
832 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

delle disfunzioni vescicali ed intestinali è importante per la prevenzione di


complicanze maggiori e di alterazioni della sensibilità cutanea [62]. L’uso di
spirometria incentivante, la supplementazione nutrizionale ottimale, la
gestione dell’umore e l’educazione alla cura cutanea contribuiscono ad
incrementare la sopravvivenza di 20 settimane [62]. Le valutazioni cliniche
devono tenere conto di come l’immobilità, gli effetti della terapia
antidolorifica e la malnutrizione possano incidere sulla motilità gastro-
intestinale e sullo stato nutrizionale. I pazienti che utilizzano la manovra di
Valsalva per innescare la motilità intestinale potrebbero anche soffrire di
rachialgia. Non è ragionevole considerare l’utilizzo del catetere vescicale a
permanenza nei pazienti che non possono mingere spontaneamente o che
hanno controindicazioni al cateterismo intermittente (trombocitopenia o
leucopenia severa) [62]. Nei casi di dissinergia sfinteriale detrusoriale e di
iperreattività detrusoriale neurogenica, invece, può essere appropriato
(utile) posizionare il catetere vescicale a permanenza, nonostante
l’incrementato rischio di complicanze (infezioni delle vie urinarie o calcolosi
vescicale) [62].

Altro aspetto importante è rappresentato dalla gestione delle complicanze


neurologiche:
a) Il dolore senza dubbio è una delle più comuni complicanze, e può essere
secondario a compressione midollare, plessopatia o radicolopatia. Può
essere esacerbato dall’esercizio fisico. Per la sua gestione sono
disponibili vari interventi terapeutici tra cui il rinforzo della stabilità
vertebrale, le terapie fisiche (il calore, la crioterapia, l’ultrasuonoterapia
e la stimolazione elettrica) e la terapia farmacologica (FANS,
anticonvulsivanti, antidepressivi triciclici, steroidi e oppioidi). Sebbene
esista un potenziale rischio di disseminazione metastatica legato
all’incremento del flusso sanguigno, l’effetto clinico della riduzione del
dolore potrebbe far propendere a favore dell’utilizzo delle terapie
fisiche specie nei pazienti che presentano una malattia che è già di per sé
significativamente in fase metastatica [62]. Per il dolore neuropatico è
indicato l’utilizzo sia del gabapentin che del pregabalin [62].
b) La disfunzione intestinale legata alla sindrome del primo motoneurone
può manifestarsi con costipazione, peraltro associata alla terapia medica
con oppioidi, ed aggravata da immobilità e malnutrizione. Il trattamento
medico prevede l’impiego di emolienti per le feci, lassativi e supposte in
combinazione con la stimolazione digitale, quest’ultima eseguita
prestando sempre la massima attenzione all’integrità ed alla fragilità
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 833

della mucosa. L’obiettivo del programma è quello di prevenire


l’incontinenza fecale e permettere un’adeguata evacuazione
dell’intestino entro 60 minuti dall’inizio delle operazioni [62]. Tale
programma dovrebbe essere programmato in maniera costante 30
minuti dopo il pasto al fine di trarre vantaggio dal riflesso gastro-colico,
ed effettuato almeno una volta ogni due giorni [62].
Nei casi di intestino neurogeno (reflex bowel) legato ad una sindrome
del secondo motoneurone diventano necessari gli agenti stimolanti la
formazione della massa di feci solide, da assumere per via orale, in
modo da poter eseguire l’evacuazione manuale con cadenza giornaliera
[62].
c) Nella gestione delle disfunzioni vescicali gli obiettivi sono: a) garantire
lo svuotamento efficace della vescica; b) mantenere di un’adeguata
pressione intra-vescicale; c) prevenire l’idronefrosi ed il reflusso vescico-
ureterale; d) sostenere la continenza sociale; e) ridurre il rischio di
insufficienza renale o infezioni delle vie urinarie [62]. Gli interventi
prevedono lo svuotamento temporizzato, il cateterismo intermittente ed
il cateterismo a permanenza [62].
d) Le alterazioni della sensibilità cutanea (ipo- o an-estesia) possono
incrementare il rischio di lesioni da decubito. Quest’ultime possono
essere prevenute evitando la prolungata posizione seduta e
l’immobilità. Inoltre, è necessario istruire i pazienti nell’adozione di
tecniche per ridurre la pressione nei punti di contatto ed informandoli
sull’importanza della nutrizione [62]. Oltretutto a scopo preventivo è
utile effettuare il lavaggio delicato della cute con acqua o con acqua e
sapone nel campo di irradiazione allo scopo di prevenire le radiodermiti
nei pazienti sottoposti a radioterapia [62].
e) I programmi di riabilitazione per le disfunzioni sessuali dovrebbero
includere una valutazione del livello neurologico della lesione midollare
neoplastica e l’impatto di quest’ultima sulla sessualità del paziente,
indagando sulla presenza o meno del riflesso bulbo-cavernoso [62]. Gli
interventi terapeutici prevedono l’educazione del paziente, la consulenza,
farmaci orali e dispositivi di assistenza (condom in letteratura “vacuum
device”, agenti intrauretrali, terapia iniettiva intracavernosa) [62].

Infine, in merito alla riabilitazione dei tumori del SNP non sono state
identificate linee guida in letteratura internazionale; pertanto per la gestione
del paziente con lesione nervosa periferica di origine neoplastica si rimanda
834 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

al precedente volume “Linee Guida ed Evidenze Scientifiche in Medicina


Fisica e Riabilitativa” di V. Santilli (Cap.20, pag. 541-559) [6].

17.2.6. Tumori primitivi e secondari dell’osso

17.2.6.1. Tumori primitivi


I tumori primitivi dell’osso sono un gruppo di neoplasie piuttosto rare,
costituendo circa lo 0.2% di tutte le forme di patologia tumorale: l’incidenza
si aggira intorno a 0.9/100.000 casi per abitante, con un tasso di
sopravvivenza a 5 anni del 67.9% circa [70]. L’incidenza segue una
distribuzione bimodale, con un primo picco nella seconda decade di età, e
un secondo picco dopo i sessant’anni; tale distribuzione è correlata a
specifici sottotipi istologici. Alcuni di questi tumori ossei fanno parte di
sindromi genetiche complesse, altri derivano dalla trasformazione di lesioni
inizialmente benigne. I tumori primitivi dell’osso più frequenti sono
rappresentati dagli osteosarcomi, i sarcomi di Ewing, e i condrosarcomi.
L’osteosarcoma è un tumore maligno che si localizza principalmente a
livello del femore distale, tibia prossimale, omero prossimale e perone
prossimale; si sviluppa a partire dalle metafisi ossee, e molto più raramente
dalle diafisi. Tipico dell’età adolescenziale, è molto più raro dopo i 50 anni;
al momento della diagnosi molto spesso si associano già metastasi
polmonari. Il trattamento prevede un approccio chirurgico più o meno
demolitivo, associato a un trattamento citoriduttivo; la radioterapia si
utilizza nelle fasi avanzate, pressoché a scopo antalgico e palliativo [4].

Il sarcoma di Ewing è un tumore maligno più frequente in età infantile; le sedi


maggiormente interessate sono il femore, la tibia, l’omero, la colonna e il
bacino. Il trattamento si avvale della chirurgica, e della chemio e radioterapia
[4].

Il condrosarcoma è una neoplasia maligna dell’età adulta; se ne distinguono


numerosi sottotipi con diverse caratteristiche citologiche; i trattamenti sono
di tipo chirurgico, chemio e radioterapico [4].

Le disabilità correlate ai tumori primitivi dell’osso derivano principalmente


dagli interventi ortopedici più o meno demolitivi, che possono variare da
procedure conservative meno invasive con applicazioni di protesi, associate
o meno a interventi ricostruttivi, fino a operazioni più radicali con
amputazioni e necessità di successiva protesizzazione [4].
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 835

Non esistono attualmente in letteratura linee guida riabilitative specifiche


per le disabilità causate da tali tumori, ma solo lavori di revisione e meta-
analisi. Per le linee guida generiche sulla riabilitazione del paziente
amputato si rimanda al precedente volume “Linee Guida ed Evidenze
Scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa” (Cap.19, pag 509-537) [6]. Le
parole chiavi che sono state utilizzate nei motori di ricerca sono state “bone
tumors”, “cancer”, “rehabilitation”, “sarcoma”, “osteosarcoma”.

17.2.6.1.1. Esercizio fisico


Una review generica sui sarcomi (sia ossei che dei tessuti molli) del 2017
discute il ruolo dell’esercizio fisico, raccomandando esercizi di resistenza a
intensità moderata (per circa 30-60min/gg), per un periodo di almeno 18-24
mesi; gli autori raccomandano inoltre un inizio precoce di intervento
riabilitativo, precedente all’intervento chirurgico [71]. Un lavoro
estremamente interessante è quello di Shehadeh et al. del 2013, che si pone
l’obiettivo di elaborare un protocollo riabilitativo nei pazienti con
osteosarcoma sottoposti a intervento chirurgico di tipo conservativo [72]. Il
protocollo riabilitativo, diviso in base alla sede del tumore e al tipo di
intervento chirurgico eseguito, prevede uno schema temporale con
interventi nell’immediato post-operatorio, nelle settimane successive e
infine nel lungo termine (6 settimane). In ciascun tempo sono contemplati
interventi specifici, come l’uso dei tutori, gli esercizi di rinforzo muscolare, il
training deambulatorio, il recupero dei ROM articolari [72].

17.2.6.1.2. Bifosfonati
Denduliri et al. in una review del 2016, raccomandano l’uso dei bifosfonati
nella prevenzione dell’osteoporosi e delle metastasi ossee nei pazienti con
osteosarcomi [73].

17.2.6.2. Tumori secondari


Le metastasi rappresentano la forma più comune di tumore osseo,
rappresentando talora il primo sintomo del tumore primitivo stesso che
metastatizza. Lo scheletro assiale è quello più frequentemente coinvolto. Le
neoplasie che metastatizzano a livello osseo più soventemente sono il
tumore della mammella, della prostata, del polmone, della tiroide, del rene,
e più raramente i tumori del colon e dello stomaco. Le metastasi a loro volta
possono essere distinte in osteolitiche e osteoaddensanti: le prime sono
dovute all’attivazione osteoclastica da parte di fattori rilasciati dalle cellule
836 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

neoplastiche, molto frequenti nel caso del carcinoma della mammella, le


seconde, frequenti soprattutto nel carcinoma prostatico, sono caratterizzate
da un’eccessiva attivazione osteoblastica, che induce una successiva
deposizione ossea; tuttavia, molto spesso i tumori presentano entrambe le
componenti.
La sintomatologia delle metastasi ossee si caratterizza per la presenza di
dolore (con componente sia nocicettiva che neuropatica) e possibile
presenza di fratture patologiche, che si possono poi associare a compressioni
neurologiche; ulteriori complicanze che ne possono derivare sono
l’ipercalcemia e l’eventuale aplasia midollare da invasione midollare del
tumore.

Le disabilità associate alle metastasi ossee sono oggetto di approfondimento


di due linee guida: in particolare quelle della European Association for
Palliative Care (EAPC) del 2016 per la valutazione degli interventi di
cifoplastica e vertebroplastica [74] e le linee guida giapponesi del 2016 [75].
Dello stesso gruppo EAPC esiste una review del 2017 che focalizza l’uso dei
bifosfonati e del denosumab nei pazienti con metastasi ossee [76]. Le parole
chiavi utilizzate sono state “metastatic cancer”, “bone metastases”,
“rehabilitation”.

17.2.6.2.1. Cifoplastica, vertebroplastica, ablazione con radiofrequenza


Le linee guida EAPC del 2016 si focalizzano sulle metodiche interventistiche,
raccomandando la cifoplastica, mentre l’ablazione con radiofrequenza e la
vertebroplastica sarebbero due interventi scarsamente raccomandati. Le linee
guida Giapponesi citano l’ablazione con radiofrequenza con livello di
raccomandazione basso (livello C), similmente alla vertebroplastica (livello C)
[75].

17.2.6.2.2. Bifosfonati e Denosumab


Le linee guida Giapponesi raccomandano l’uso dei bifosfonati e denosumab
per le metastasi ossee da tumore della mammella (livello A), della prostata
(livello A), per il mieloma (livello A) e per altri tumori che possono dare
metastasi ossee (livello C) [75]. La review del gruppo EAPC del 2017
raccomanda l’utilizzo sia dei bifosfonati sia del denosumab, nella
prevenzione dell’osteoporosi e delle possibili fratture associate alla presenza
delle metastasi [76]. Citiamo inoltre la G.U.115/2015 relativa alla terapia con
bifosfonati o denosumab nella prevenzione delle fratture nei pazienti in
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 837

corso di terapia con Inibitori delle Aromatasi nel cancro della mammella e di
blocco androgenico nel cancro della prostata. Gli effetti collaterali della
terapia con bifosfonati e denosumab sono citati dalle linee guida giapponesi,
specificando l’osteonecrosi della mandibola, la possibile tossicità renale,
l’ipocalcemia e l’eventuale insorgenza di una sindrome simil-influenzale.

17.2.6.2.3. Radioterapia e oppioidi


La radioterapia (livello A) e i farmaci analgesici sia oppioidi che non (livello
C) sono raccomandati dalle linee guida giapponesi [75].
Infine, ricordiamo che esistono linee guida specifiche per il trattamento
dell’osteoporosi associata ai pazienti con metastasi ossee, che prevedono
interventi esclusivamente di tipo farmacologico (come l’acido zolendronico,
o il denosumab al dosaggio di 120mg/28gg) in pazienti selezionati, per cui
non sono state inserite nel presente capitolo [77-83].

Records identificati mediante


Pubmed, Pedro, Scholar, Cochrane Records identificati mediante
(n = 19) altre risorse (Google) (n = 0)

Records Totali (n = 19) Records duplicati esclusi


(n = 2)

Records selezionati dopo aver Full-text esclusi (n = 14) Linee Guida NON
rimosso i duplicati (n = 17) riabilitative: 1
Articoli scientifici: 10
Cochrane non specifiche: 3

Full-text eleggibili (n = 3)

Linee Guida riabilitative (n = 2)

Review
(n = 1)

Fig. 17.6. Flow Chart ricerca linee guida riabilitative per la gestione dei pazienti con metastasi
ossee.
838 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

EAPC, 2017 [76]. EAPC, 2016 [74]. Giapponesi, 2016 [75].


Forza raccomandazione,
Livello di evidenza
Bifosfonati R R*
Denosumab R
Ablazione radiofrequenza Scarsamente R R (C)
Cifoplastica R**
Vertebroplastica Scarsamente R R (Debole, C)
Chirurgia R (IIIb)
Chirurgia per fratture R (Ic)
Radioterapia R (Forte, A)
Farmaci Non Oppioidi R (Forte, C)
Farmaci Oppioidi R (Forte, C)
Riabilitazione R*** (Debole, C)
Tab. 17.9. Linee guida ed evidenze scientifiche per la gestione delle disabilità nei pazienti con
metastasi ossee; Legenda: R: raccomandato; *: raccomandato con diverso livello di evidenza nei
vari tumori, ovvero K mammella (Forte, LOE A), K prostata (Forte, LOE A), Mieloma (Forte,
LOE A), altri tumori (Debole, LOE C); **: raccomandazione specifica per i pazienti con tumori
vertebrali /metastasi vertebrali; ***: la riabilitazione viene raccomandata per il miglioramento
della qualità di vita e della sindrome da disuso

17.2.7. Mieloma Multiplo


I mielomi multipli costituiscono circa l’1% dei tumori in età adulta, e il 10%
delle neoplasie ematopoietiche; essi derivano da una trasformazione
cancerosa dei linfociti di tipo B, sebbene siano riportate disregolazioni anche
delle altre linee linfocitarie (come in NK e i linfociti T) [84]. La patologia si
può manifestare sintomatica ex novo, o preceduta da una fase di
gammopatia monoclonale di incerto significato (MGUS). Il quadro clinico è
caratterizzato dal cosiddetto CRAB (Increased Calcium, Renal Insufficiency,
Anaemia or Bone Lesion), ossia lesioni ossee che possono determinare dolore,
ipercalcemia, danno renale e un quadro anemico. Il dolore osseo, dovuto a
lesioni osteolitiche, rappresenta il sintomo più frequente al momento della
diagnosi; si localizza principalmente a livello della colonna vertebrale e delle
coste, e talora può essere causa di fratture patologiche. La presenza di tali
fratture, o di masse plasmocitotiche a livello vertebrale o costale, può essere
causa di neuropatie da compressione midollari o radicolari; inoltre, le
neuropatie associate ai mielomi possono essere causate anche da anticorpi
diretti verso specifiche strutture nervose (come gli anticorpi contro una
componente della mielina), o infine per deposizione di sostanza amiloide
presso tali strutture. La terapia si basa su diversi approcci, a seconda dello
stadio della neoplasia, prevedendo in primis il trapianto con cellule
staminali autologhe, i trattamenti chemio e radioterapici, e le terapie
palliative di supporto [4].
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 839

La riabilitazione oncologica del paziente affetto da mieloma multiplo è stata


oggetto di approfondimento da parte di una sola linea guida inglese, la
British Society for Hematology del 2017 [85]: in particolare tale linea guida
focalizza l’attenzione sul trattamento dell’osteoporosi, le complicanze
neurologiche, il dolore, la fatigue. Le parole chiavi utilizzate nei motori di
ricerca sono state “myeloma”, “multiple myeloma”, “haematological
malignancies”, “rehabilitation”, “exercise”.

17.2.7.1. Osteoporosi secondaria


Il trattamento dell’osteoporosi viene fortemente consigliato (Grado 1B) con
la prescrizione di esercizi di carico, l’utilizzo dei bifosfonati, i supplementi
di calcio e vitamina D e i consigli dietetici appropriati. È inoltre da prendere
in considerazione la terapia ormonale sostitutiva in pazienti selezionati (di
entrambi i sessi), previa consulenza specialistica (Grado 2B).

17.2.7.2. Neuropatie periferiche


La valutazione delle neuropatie periferiche prevede il dosaggio della
vitamina B12, lo screening per la valutazione del diabete, della funzionalità
renale e tiroidea (Grado 2C). Il trattamento si avvale di una terapia
farmacologica con pregabalin o gabapentin (Grado 1B), e della riduzione o
possibile eliminazione dei farmaci chemioterapici neurotossici; in casi
selezionati è possibile eseguire consulenza algologica (Grado 2C).

17.2.7.3. Fatigue
Tale linea guida fa riferimento inoltre al trattamento delle cause secondarie
della fatigue (Grado 2C), incoraggiando il ruolo dell’esercizio fisico a partire
dal momento della diagnosi (Grado 2C).

17.2.7.4. Dolore
Il trattamento del dolore è lo stesso consigliato dalle linee guida per la
gestione del mieloma del 2011 (Grado 2C) [86], e prevede: a) un approccio
multimodale (bifosfonati, RT, psicoterapia) (Grado 3B); b) paracetamolo
1gr/die, in caso di dolore lieve (Grado 3B); c) da evitare l’uso dei FANS
(Grado 4C); d) l’uso del tramadolo solo in caso di dolore moderato (VAS <
5/10) (Grado 4C); e) l’uso dell’ossicodone solo in caso di dolore moderato
severo cronico (VAS > 4/10) (Grado 3B); f) l’uso di cerotti a base di fentanil o
buprenorfina solo in caso di dolore severo cronico (Grado A, livello Ib); g)
gli oppioidi s.c. (ossicodone) sono raccomandati in caso di dolore severo
840 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

acuto (VAS > 6/10) (Grado 4C); h) il gabapentin o pregabalin, la lidocaina o


gli SNRI (duloxetina o amitriptilina) sono raccomandati in caso di dolore
cronico (Grado 3B); i) il ricorso alla vertebroplastica o alla cifoplastica è da
considerarsi in caso di dolore persistente (Grado 3B).

17.2.7.5. Esercizio Fisico


In letteratura vengono discussi i possibili benefici dell’esercizio fisico nei
pazienti con mieloma multiplo: una Cochrane del 2014 relativa al ruolo
dell’esercizio aerobico nei pazienti con neoplasie ematologiche (incluso il
mieloma) riporta i benefici sulla qualità di vita, la funzionalità fisica, la
fatigue, mentre i miglioramenti sulla forza muscolare non sarebbero
evidenti [87]; Persoon et al. in una meta-analisi del 2013 riportano dei
benefici limitati sulla funzione fisica, qualità di vita e sulla forza degli arti
superiori, mentre la fatigue e la forza muscolare degli arti inferiori
risulterebbero migliorati in seguito all’esercizio fisico [88]. Gan et al. invece,
in una review del 2016, riportano miglioramenti incerti sulla fatigue, la
qualità di vita e la funzione fisica nei pazienti sottoposti a un regolare
esercizio fisico [89].

Records identificati mediante


Pubmed, Pedro, Scholar, Cochrane Records identificati mediante
(n = 15) altre risorse (Google) (n = 0)

Records Totali (n = 15) Records duplicati esclusi


(n = 1)

Records selezionati dopo aver Full-text esclusi (n = 10) Linee Guida NON
rimosso i duplicati (n = 14) riabilitative: 1
Articoli scientifici: 8
Cochrane non specifiche: 1

Full-text eleggibili (n = 4)

Linee Guida riabilitative (n = 1)

Cochrane (n = 1)
Review e Meta-analisi (n = 2)

Fig. 17.7. Flow Chart ricerca linee guida riabilitative nel mieloma multiplo.
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 841

Complicanze Raccomandazioni Grado


Ridurre il rischio osseo con esercizi di carico, bisfosfonati,
1B
supplementi di Calcio/vitamina D e consigli dietetici.
Osteoporosi
Considerare terapia ormonale sostitutiva in pazienti selezionati
2B
(sia maschi che femmine), previa consulenza specialistica.
Valutazione Neuropatie periferiche: dosaggio vitamina B12,
2C
screening per diabete, funzionalità renale e funzionalità tiroidea.
Neuropatie Trattamento Neuropatie Periferiche: ridurre o eliminare farmaci
periferiche chemioterapici neurotossici, somministrare pregabalin o 1B
gabapentin.
In casi selezionati contattare algologo. 2C
Il trattamento del dolore secondo le Linee Guida per la gestione
del mieloma del 2011.
2C
(Onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/j.1365-
2141.2011.08574.x/epdf) prevede:
 Approccio multimodale (bifosfonati, radioterapia,
3B
psicoterapia);
 Paracetamolo 1000mg/die; 3B
 Evitare i FANS; 4C
 Tramadolo in caso di dolore moderato (VAS < 5/10); 4C
Dolore  Ossicodone in caso di dolore moderato-severo cronico (VAS >
3B
4/10);
 Cerotti a base di fentanil o buprenorfina in caso di dolore
A, Ib
severo cronico;
 Oppioidi s.c. (ossicodone) in caso di dolore severo acuto (VAS
4C
> 6/10);
 Gabapentin o pregabalin, Lidocaina o SNRI (duloxetina o
3B
amitriptilina) in caso di dolore cronico;
 Considerare la vertebroplastica o la cifoplastica in caso di
3B
dolore persistente.
Trattare le cause secondarie di fatigue. 2C
Fatigue Consigliare attività fisica regolare a partire dal momento della
2C
diagnosi.
Tab. 17.10. Linee guida per la gestione delle complicanze nei pazienti affetti da mieloma
multiplo.

17.2.8. Sarcomi dei tessuti molli


I sarcomi dei tessuti molli (STM) sono un gruppo di neoplasie maligne che
originano dai tessuti mesodermici a livello delle estremità, del tronco, del
retroperitoneo o della regione testa-collo, e arrivano ad includere più di 50
sottotipi istologici [90]. Si tratta di tumori relativamente rari: nel 2014 sono
stati registrati circa 12.020 nuovi casi negli USA [91], con un tasso di
sopravvivenza a 5 anni di circa il 65.3%; dati più o meno simili sono riportati
dai registri Italiani tumori. Il trattamento dei STM include un approccio
chirurgico e radioterapico, soprattutto nelle forme localizzate di neoplasia, e
di tipo chemioterapico, sia con farmaci citotossici che con nuove forme di
target-therapy, nelle forme più avanzate e metastatiche. Le disabilità
842 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

associate a questa tipologia di tumori sono quindi da correlare sia agli


interventi chirurgici, spesso ampiamente demolitivi, sia alla tossicità dei
farmaci chemioterapici e alla radioterapia.

Non esistono attualmente in letteratura linee guida specifiche per la gestione


riabilitativa oncologica delle disabilità da STM; per tale ragione sono state
analizzate le principali review e meta-analisi a riguardo. Le parole chiavi
utilizzate nei principali motori di ricerca sono state: “sarcoma”, “soft tissue
sarcoma”, “rehabilitation”, “exercise”.

17.2.8.1. Esercizio fisico


Il ruolo dell’esercizio fisico viene ampiamente discusso in letteratura:
Gerrand et al. in una review del 2017 affrontano nello specifico l’argomento,
consigliando un programma riabilitativo che includa esercizi aerobici e di
rinforzo muscolare; esercizi propriocettivi, di stabilizzazione articolare, di
resistenza, stretching capsulare, recupero dei ROM articolari; controllo
posturale, esercizi per la core stability, training del passo; training
deambulatorio e un programma di esercizi domiciliari [92]. Gli stessi autori
raccomandano un programma riabilitativo pre-intervento chirurgico, che
sarebbe utile nel ridurre le complicanze chirurgiche, i tempi e i costi di
ricovero; infine viene esortato un programma di stretching muscolare
durante il trattamento radioterapico, al fine di ridurre le contratture e i
fenomeni fibrotici [92]. Assi et al. in un lavoro del 2017 discutono anch’essi il
ruolo dell’esercizio fisico nei pazienti con STM, raccomandando esercizi di
resistenza a intensità moderata (per circa 30-60min/gg), per un totale di circa
150min/settimanali, per un periodo di almeno 18-24 mesi; anche in questo
caso gli autori concordano in un precoce intervento riabilitativo, che
dovrebbe cominciare in fase antecedente all’intervento chirurgico [71].
Similmente agli autori precedenti, Tobias et al. in una review del 2015,
raccomandano una mobilizzazione precoce, esercizi di rinforzo muscolare e
recupero dei ROM, esercizi di stretching per la prevenzione delle
contratture, la valutazione della cute e delle cicatrici, con relativo massaggio
di queste ultime; il trattamento del dolore cronico, del linfedema; la
valutazione del livello di amputazione e del rischio cardiovascolare
associato; la necessità di protesizzazione e il successivo training
deambulatorio [93]. Secondo tali autori, la fase riabilitativa antecedente
l’intervento chirurgico dovrebbe prevedere esercizi che migliorano la fitness
e l’endurance, e andare a valutare l’eventuale presenza di linfedema,
osteoporosi, patologie cardiovascolari o polmonari; anemia,
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 843

trombocitopenia, pregresse TVP; barriere architettoniche a domicilio. In tale


fase è fondamentale la collaborazione tra fisiatra, fisioterapista e terapista
occupazionale [93].
Infine, in un’interessante review del 2016, Smith suddivide le strategie
riabilitative in base alla tipologia di sarcoma: in particolare vengono
affrontati i sarcomi delle estremità, i tumori desmoidi e i tumori dei nervi
periferici [94]. Per i primi vengono riportate le medesime raccomandazioni
già citate nei precedenti lavori; per i tumori desmoidi si fa riferimento nello
specifico al trattamento degli spasmi muscolari (con gabapentin/pregabalin,
ed eventualmente con tossina botulinica) associato al trattamento del dolore
con farmaci oppioidi; sono inoltre consigliati l’esercizio fisico e la terapia
occupazionale; infine per i tumori dei nervi periferici si raccomanda la
gestione del dolore neuropatico, la prescrizione di ortesi e gli esercizi di
rinforzo muscolare [94].

Records identificati mediante


Pubmed, Pedro, Scholar, Cochrane Records identificati mediante
(n = 41) altre risorse (Google) (n = 0)

Records Totali (n = 41) Records duplicati esclusi


(n = 3)

Records selezionati dopo aver Full-text esclusi (n = 32) Articoli non di


rimosso i duplicati (n = 38) pertinenza riabilitativa: 29
Articoli non in lingua inglese: 1
Articoli privi di full text: 1
Cochrane non-specifiche: 1
Full-text eleggibili (n = 6)

Review e Meta-analisi (n = 6)
Cochrane (n = 0)
Fig. 17.8. Flow Chart ricerca evidenze scientifiche nella riabilitazione dei sarcoma dei tessuti
molli.

17.2.9. Tumori dell’età evolutiva


I tumori dell’età evolutiva rappresentano un gruppo piuttosto eterogeneo di
neoplasie, costituendo la seconda causa di morte dopo i traumatismi nella
fascia di età 1-14 anni [4]. Secondo i dati del registro italiano tumori
AIRTUM nel periodo 2003-2008 il tasso d’incidenza dei tumori in età
pediatrica è stato di 180 nuovi casi per milione di bambini [95]. I tumori
844 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

dell’età evolutiva si differenziano da quelli dell’età adulta per diverse


caratteristiche, cliniche ed epidemiologiche: tra i tumori più frequentemente
riscontrati in età pediatrica ricordiamo tumori originanti da cellule
embrionarie quali il neuroblastoma, il medulloblastoma, il nefroblastoma
(tumore di Wilms), l’epatoblastoma; i sarcomi quali il sarcoma di Ewing, il
rabdomiosarcoma; i tumori del SNC quali i gliomi e gli astrocitomi, e infine i
tumori di origine ematopoietica, in particolare la leucemia linfatica acuta e
più raramente i linfomi (in particolare quelli di tipo Hodgkin in età
adolescenziale) [4]. La prognosi di tali tumori è notevolmente cambiata negli
ultimi anni, raggiungendo livelli elevati di sopravvivenza per alcuni tipi di
neoplasie (in particolare le leucemie linfatiche acute), più bassi per altri (i
sarcomi e i tumori cerebrali). L’incremento della sopravvivenza di tali
pazienti ha messo in evidenza, nel medio e lungo termine, lo sviluppo di
diverse disabilità, conseguenti alle terapie oncologiche utilizzate: in
particolare, oltre alle disabilità conseguenti al trattamento chemio e
radioterapico, sono da annoverare le conseguenze associate al trapianto di
midollo, e le problematiche relative alla crescita [96]. Il ruolo della
riabilitazione nell’ambito delle disabilità associate ai tumori dell’età
evolutiva è un campo piuttosto complesso, e ancora parzialmente esplorato,
che prevede il trattamento delle sequele cardio-respiratorie, neurocognitive,
endocrinologiche, muscolo-scheletriche e nefrologiche, che vanno gestite
attraverso un team multidisciplinare che tenga conto di tutti questi aspetti
[4, 97]. Le parole chiavi utilizzate nei motori di ricerca sono state “childhood
cancer”, “cancer children”, “pediatric cancer”, “children” “adolescent”,
“rehabilitation”, “guidelines”.

In ambito di linee guida riabilitative, attualmente esiste una sola linea guida
del 2014, del gruppo scozzese SIGN (Scottish Intercollegiate Guidelines
Network) [98], che prende in revisione quelle che sono le principali
disabilità, nel medio e lungo termine, associate ai tumori dell’età pediatrica,
senza trattare nello specifico di una tipologia tumorale. In tabella vengono
riassunti i principali tipi di disabilità, con i relativi trattamenti e livelli di
evidenza. In particolare viene citata, sebbene con livello di evidenza basso
(III/D), la prevenzione (mediante esame MOC-DXA) e il trattamento
dell’osteoporosi (con terapia ormonale sostitutiva) nei bambini trattati
cronicamente con cortisonici che hanno sviluppato ridotta densità ossea. Si
sottolinea altresì la prevenzione e il trattamento della sindrome metabolica,
nei bambini sottoposti a trapianto midollare, anche in questo caso con livello
di evidenza basso (III/D).
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 845

17.2.9.1. Fatigue
Uno dei sintomi più difficili da gestire in età pediatrica è sicuramente la
fatica, che si associa spesso a declino cognitivo, alterazioni del sonno,
riduzione della forza muscolare. In letteratura vengono menzionati diversi
approcci, in primis l’esercizio fisico, il massaggio leggero (touch therapy), la
massoterapia [99], e altri tipi di terapie alternative, come la musicoterapia
[100]. Fondamentale è il supporto psicologico ed educazionale, che va
sempre praticato. L’esercizio fisico, in particolare se eseguito insieme ai
genitori, sembrerebbe essere associato a maggiori benefici nel bambino
[101]; tuttavia non sempre è di facile praticità, in particolare nei bambini
sottoposti a trapianto di midollo, nei quali le sequele del trapianto (come
l’immunosoppressione, le infezioni ricorrenti, l’allettamento prolungato)
portano a deficit di forza e funzionalità muscolare, e una ridotta capacità
cardio-respiratoria [102]. Rispetto agli studi in letteratura riguardanti i
pazienti adulti con cancro, in cui si rileva maggiore uniformità nel
consigliare l’esercizio fisico nel trattamento della fatigue, nell’età pediatrica i
risultati della letteratura appaiono più discordanti [103]; l’esercizio fisico
viene comunque consigliato, quando possibile, al fine di migliorare la forza
muscolare, l’osteopenia, la funzione immunitaria [104].

17.2.9.2. Neuropatie periferiche


Le neuropatie da tossicità farmacologica rappresentano un altro sintomo di
difficile gestione in età evolutiva: la reversibilità di tale sintomatologia
dipende dalla durata e dai dosaggi utilizzati nel trattamento chemioterapico
[105]. Le neuropatie in età evolutiva molto spesso rispondono poco al
trattamento con gabapentin e carbamazepina; recentemente sono state
proposte terapie alternative come l’agopuntura, con benefici parziali [106].

17.2.9.3. Riabilitazione neuro-cognitiva


Oltre alle neuropatie, sono da considerare gli aspetti neuro-cognitivi e
neuromotori del bambino, in particolare nei bambini con tumori cerebrali.
Un’interessante review sottolinea come nella gestione di tali pazienti la
multidisciplinarietà del trattamento giochi un ruolo di fondamentale
importanza [107]. In particolare vengono citati il fisiatra pediatrico, il
fisioterapista, il terapista occupazionale, il logopedista, il nutrizionista,
l’insegnante, lo psicologo; vengono menzionati programmi riabilitativi di 3
846 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

ore giornaliere, e valutazioni con scale funzionali quali la Pediatric Evaluation


of Disability Inventory (PEDI) [107].
Infine, nei bambini con tumori ossei sottoposti ad amputazione sono da
considerare tutte le problematiche già citate relative agli amputati [4].

Records identificati mediante


Pubmed, Pedro, Scholar, Cochrane Records identificati mediante
(n = 54) altre risorse (Google) (n = 0)

Records Totali (n = 54) Records duplicati esclusi


(n = 1)

Records selezionati dopo aver Full-text esclusi (n = 37) Linee Guida NON
rimosso i duplicati (n = 53) riabilitative: 1
Articoli di pertinenza non riabilitativa: 36

Full-text eleggibili (n = 16)

Linee Guida riabilitative (n = 1)

Review e Meta-analisi (n = 12)


Cochrane (n = 1)
RCT (n = 2)

Fig. 17.9. Flow Chart ricerca linee guida riabilitative nei tumori dell’età evolutiva.
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 847

Raccomandazioni delle linee guida SIGN 2014 [98]. Livello di evidenza / Grado
di raccomandazione
Fattori di rischio Effetti collaterali Screening/Trattamento
tardivi
Effetti del Predisposizione Ripresentazione Screening specifico per ogni
Tumore genetica del tumore singolo tumore; Promuovere
Primitivo RT, chemioterapia primitivo in altre uno stile di vita sano (III/C).
sedi.
Infertilità - PER ENTRAMBI
I SESSI: Ipogonadismo Valutazione in base al
RT craniale Ipogonadico sesso(III).
RT pelvica Disfunzioni Supporto psicologico (III-
sessuali IV/D).
- PER IL SESSO M:
Chemioterapia
RT gonadica/Total Azospermia Analisi seminale +
Body Azospermia criopreservazione, FSH,
inibina B (III/ D).
- PER IL SESSO F:
Chemioterapia Ipogonadismo
RT ipergonadotropo Valutazione puberale, FSH;
addominopelvica Disfunzioni uterine induzione puberale con
terapia ormonale sostituiva/
criopreservazione ovociti
(III/D).
Cardiotossicità Chemioterapia Scompenso Ecocardio con misurazione FE
(antracicline) cardiaco (III/D).
Ogni 2-3 anni se la dose di
Antracicline > 250mg/m2, ogni
5 anni se < 250mg/m2
Promuovere uno stile di vita
sano.
Osteoporosi Chemioterapia Osteoporosi DXA dopo 2 anni dalla fine
(CCS, MTX) (Osteonecrosi con i del trattamento (III/D)
RT craniale CCS) Valutazione terapia ormonale
Trapianto di sostitutiva
midollo Promuovere uno stile di vita
Disfunzioni sano.
endocrine (deficit
GH,
ipogonadismo)
Sindrome Dopo trapianto di Obesità Valutazione BMI annuale
Metabolica midollo Dislipidemia (III/D).
Tumori SNC Resistenza Valutazione glicemia,
(dopo RT craniale all’insulina insulinemia e profilo lipidico
e deficit di GH) Malattia ogni 2 anni se obeso o
Cardiovascolare sovrappeso; ogni 5 anni se
normopeso.
Deficit RT craniale Declino cognitivo Valutazione
cognitivi Disfunzione Psico- Neuropsicologica: pre-
848 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

sociale trattamento e poi valutazione


annuale (III/D).
Alterazioni Craniofaringiomi Deficit GH Regolare monitoraggio
della crescita RT cranica Arresto della dell’altezza; Test di
crescita funzionalità pituitaria (II/B-
C).
Disfunzioni RT collo, colonna, Ipotiroidismo Regolare monitoraggio
Tiroidee total body Primario dell’altezza;
Test di funzionalità tiroidea:
alla fine del trattamento e
annualmente (II/B).
Tab. 17.11. Linee guida per la riabilitazione dei tumori dell’età evolutiva Legenda: RT:
radioterapia; CCS: corticosteroidi; MTX: metotrexato

17.3. Raccomandazioni
Per ciascun tumore vengono elencati i lavori di elevata qualità, specificando
le check-list utilizzate. I conflitti di interesse vengono citati dalle sole linee
guida ICSM relative alla riabilitazione sessuale nel tumore della prostata, e
nei due lavori dell’EAPC per le metastasi ossee: in entrambi i casi si specifica
che non ci sono conflitti di interesse da parte degli autori.

17.3.1. Tumori del polmone


Gli unici lavori considerati di elevata qualità (rispetto della check-list
PRISMA) sono quelli di Garcia et al. [9], Crandall et al. [13], Driessena et al.
[18] e la Cochrane review di Cavalheri et al. [14].

17.3.1.1. Raccomandazioni di grado forte a favore


Si raccomanda:
- Una riabilitazione pre-chirurgica, mediante esercizi respiratori, training
muscolare ed esercizi per l’igiene bronchiale, al fine di ridurre le
complicanze e la durata del ricovero post intervento di resezione [9, 13];
- Una riabilitazione post-chirurgica, mediante un programma riabilitativo
individualizzato che preveda esercizi respiratori, attività aerobica,
esercizi di rinforzo muscolare, una corretta igiene bronchiale, ed esercizi
per il recupero dei ROM articolari della spalla e del rachide cervico-
dorsale [13, 18].

17.3.1.2. Raccomandazioni di grado moderato a favore


Si potrebbe raccomandare l’esercizio fisico nel trattamento della fatigue [17].

17.3.1.3. Raccomandazioni non formulabili


17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 849

Le attuali evidenze risultano inconclusive in merito al ruolo dell’esercizio


fisico post resezione polmonare, per ciò che concerne il miglioramento della
funzionalità polmonare (calcolata attraverso la FEV 1), la qualità di vita e la
forza muscolare degli arti inferiori [14].

17.3.2. Tumori del colon-retto


Le linee guida ACS 2015 non hanno a specifici quesiti clinici e le
raccomandazioni in esse incluse non sono state valutate sistematicamente
mediante lo strumento AGREE II; pertanto non è possibile affermare che
esse forniscano raccomandazioni di grado forte. Tuttavia è possibile
considerare delle buone pratiche, che illustreremo di seguito nel
sottoparagrafo “raccomandazioni di grado forte a favore”, sulla base dei
risultati delle revisioni sistematiche/meta-analisi che hanno adottato le linee
guida PRISMA.

17.3.2.1. Raccomandazioni di grado forte a favore


Secondo le evidenze scientifiche valutate di elevata qualità (in accordo con
la PRISMA check-list) sono raccomandati:
- L’esercizio pre-operatorio, in quanto migliora la capacità funzionale e la
funzionalità cardiorespiratoria in previsione della resezione chirurgica;
tuttavia sono necessari ulteriori studi per stabilire la tipologia di
esercizio più idonea (Boereboom et al., 2016) [19].
- La riabilitazione del pavimento pelvico per la gestione dell’incontinenza
fecale correlata alla “Low Anterior Resection” (Lin K-Y et al., 2014) [26].
- Il Pelvic Floor Muscle Training (PFMT) per ridurre la frequenza e la
severità dell’incontinenza fecale, mediante (Visser WS et al., 2015) [25]:
a) Programma riabilitativo multimodale (kinesiterapia pelvica-
perineale + biofeedback manometrico per il potenziamento
muscolare + riabilitazione volumetrica + elettrostimolazione);
b) Oppure biofeedback-EMG intra-anale per il rinforzo muscolare;
c) Oppure biofeedback a pressione manometrica per migliorare la
coordinazione;
d) Oppure biofeedback manometrico per migliorare la coordinazione,
il rinforzo muscolare e la stimolazione sensoriale;
e) Oppure PFMT senza biofeedback.
La durata può variare da 3 settimane a 20 mesi, con una frequenza delle
sedute giornaliera (1-4 volte al dì) a domicilio, o da 1 a 7 sessioni
settimanali in regime di ricovero [25].
850 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

- Per la gestione della sindrome da resezione anteriore, in caso di


fallimento delle terapie conservative è indicato l’impianto di
neurostimolazione sacrale, con un tasso di successo del 74.4% dei casi
(Ramage S et al., 2015) [27].
- Per la gestione del tenesmo è necessario un approccio multimodale
tramite la combinazione di interventi di tipo farmacologico (diltiazem,
nifedipina, metadone, mexiletina cloridrato, bupivacaina, lidocaina),
anestesiologico (simpatectomia lombare o blocco neurolitico del plesso
ipogastrico superiore) e laserterapia endoscopica (Ní Laoire et al., 2017)
[28].

17.3.2.2. Raccomandazioni di grado moderato a favore


Potrebbe essere raccomandato:
- Indagare (almeno una volta l’anno) sui sintomi legati all’ansia, allo stress
ed alla depressione utilizzando scale semplici (Distress Thermometer) [18];
- Gestire stress e depressione mediante colloqui, terapia farmacologica,
esercizio fisico o indirizzando i pazienti verso uno specialista (in casi
selezionati) [18].
- Per la gestione della fatigue:
 Valutare la presenza di fatica mediante scale validate (MDASI, BFI,
FACT-G7, FACT-C) [18];
 Fornire un supporto psico-sociale e/o un approccio riabilitativo
mente-corpo [18];
 Effettuare una regolare attività fisica settimanale associata ad esercizi
di stretching, incrementando gradualmente l’intensità e la durata
dell’esercizio fisico. Obiettivo: raggiungere 150 minuti/settimana [18].
 Ottimizzare lo status nutrizionale [18];
 Prevenire la perdita di peso corporeo [18];
 Bilanciare il riposo con l’attività fisica [18];
 Praticare attività di ripristino dell’attenzione (esposizione ad
ambienti naturali ed a piacevoli, distrazioni) [18];
- Duloxetina per la gestione della neuropatia periferica [18];
- Valutare l’eventuale comparsa di complicanze locali in sede incisione
chirurgica [18];
- Per la gestione del dolore, considerare l’utilizzo di analgesici oppioidi,
afferire al servizio di algologia (ove disponibile), e prescrivere la
psicoterapia cognitivo-comportamentale, attività fisica e fisioterapia
[18];
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 851

- Per le donne con secchezza vulvare e/o dispareunia è raccomandato


l’uso di creme idratanti o lubrificanti a base di acqua o silicone durante i
rapporti [18];
- Valutare la prescrizione di inibitori della 5-fosfodiesterasi per gli uomini
con disfunzione erettile [18];
- Effettuare uno screening per disfunzione urinaria mediante la
valutazione di incontinenza, frequenza, urgenza, disuria o ematuria nei
pazienti sottoposti a chirurgia, e gestire il paziente come se avesse un
rischio intermedio [18];
- Esercizi di Kegel per l’incontinenza urinaria da stress (eccetto i casi in
cui la denervazione sia avvenuta durante l’intervento chirurgico) [18];
- Farmaci anticolinergici per l’incontinenza da stress [18];
- Farmaci antimuscarinici per l’urgenza minzionale o l’incontinenza di
tipo misto [18];
- Valutare la cateterizzazione in pazienti con vescica ipocontrattile.
- Limitare l’assunzione di caffeina e liquidi ed evitare cibi che possano
irritare la vescica (limone, pomodoro) [18];
- Visita specialistica urologica per i pazienti con ritenzione urinaria post-
operatoria prolungata o con ematuria persistente [18].
-

17.3.2.3. Raccomandazioni di grado debole a favore


Potrebbe essere raccomandato:
- Indagare su frequenza e urgenza evacuazioni o perdite intestinali [18];
- Valutare presenza di ulcerazioni rettali, sanguinamenti o incontinenza
rettale [18];
- Indirizzare i pazienti con sintomi rettali persistenti verso lo specialista di
competenza [18];
- Effettuare uno screening per deficit cognitivi, ansia, stress e depressione
mediante scale (MMSE, FACT-Cog), ed indirizzare i pazienti con
screening positivo verso un addestramento neuro-cognitivo di tipo
formale [18];
- Monitorare l’eventuale perdita del gusto o la comparsa di secchezza
della mucosa del cavo orale [18];
- Impiegare preparazioni di saliva artificiale o farmaci per alleviare la
sintomatologia [18];
- Effettuare una regolare igiene orale mediante spazzolatura con
dentifricio al fluoro e utilizzo del filo interdentale [18];
852 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

- Valutare, mediante scale validate (Total Neuropathy Score) la comparsa di


sintomi periferici nei soggetti in terapia con oxaliplatino, in pazienti con
neuoropatia pre-esistente, alcolisti o diabetici [18]. Nei casi selezionati
rivolgersi presso lo specialista fisiatra o algologo [18];
- Raccogliere notizie anamnestiche circa segni e sintomi di disfunzioni
urogenitali/sessuali (disfunzione erettile, dispareunia, secchezza
vaginale, incontinenza) [18];
- Valutare la funzionalità delle cellule di Leydig ed eventualmente
cominciare una terapia sostitutiva con testosterone negli uomini in
chemioterapia con oxaliplatino [18];
- Monitorizzare i pazienti obesi o con storia di pregressa coronaropatia
sottoposti a chemioterapia con 5-fluoro-uracile o capecitabina mediante
controlli cardio-vascolari [18].

17.3.2.4. Terapie non raccomandate di grado debole


Per la gestione della neuropatia periferica potrebbe non essere
raccomandato l’impiego di antidepressivi triciclici, gabapentin, gel topici a
base di baclofen, amitriptilina o chetamina (a causa delle scarse evidenze in
letteratura).

17.3.2.5. Raccomandazioni non formulabili


In letteratura internazionale (Hijazi Y. et al., 2017) sono stati proposti
un’eterogeneità di approcci riabilitativi in previsione dell’intervento
chirurgico (pre-riabilitazione): approccio trimodale (esercizio fisico,
supplementazione nutrizionale e supporto psicologico) e approccio
unimodale (solo esercizio fisico) [20].
Tra gli interventi pre-riabilitativi sono stati riportati:
a) Stretching muscolare in associazione con l’esercizio aerobico;
b) Ciclismo;
c) Associazione tra passeggiate, ciclismo, jogging e nuoto;
d) Step-trainer.
L’intensità dell’esercizio è stata mantenuta uniforme o gradualmente
incrementata, e la sua durata è stata variabile da 15 a 60 minuti, svolti in
sessioni quotidiane o di 2-3 sedute settimanali (Hijazi Y. et al., 2017) [20].

Sebbene le attuali evidenze scientifiche sarebbero a favore dell’esercizio


fisico in tutte le fasi della riabilitazione (pre-operatoria, post operatoria
precoce, e durante la sopravvivenza), non è possibile formulare
raccomandazioni a riguardo, a causa della scarsità di studi [32]. Nella
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 853

maggioranza degli studi è stato effettuato un esercizio di tipo aerobico,


mediante ciclo-ergometro, cyclette, camminate, rinforzo muscolare,
programma di esercizio REST (Rapid, Easy, Strength Training) ed esercizi con
bande elastiche [19, 20, 32].

17.3.3. Tumori della prostata


Gli unici lavori di elevata qualità (rispetto della PRISMA e CONSORT
cheklist rispettivamente) sono la review di Chang et al. [45] e la Cochrane
review di Anderson et al. [43]. Le linee giuda ACS [40] e quelle sulla
riabilitazione sessuale [41, 42] non rispecchiano i criteri GRADE.

17.3.3.1. Raccomandazioni di grado moderato a favore


Si potrebbero raccomandare:
- La valutazione del rischio cardiovascolare e metabolico nei pazienti
sottoposti a terapia antiandrogenica; seguire le linee guida USPSTF per
la valutazione e lo screening dei fattori di rischio cardiovascolare, con
monitoraggio della pressione arteriosa, del profilo lipidico e della
glicemia [40];
- I dispositivi esterni di clump del pene in caso di incontinenza urinaria
severa [43];
- L’utilizzo di validi strumenti di valutazione del recupero della
funzionalità erettile (come l’International Index of Erectile Function and
Expanded Prostate Cancer Index Composite questionnaires) [41];
- La riabilitazione del pavimento pelvico pre–prostatectomia, nel
migliorare la continenza urinaria nel post operatorio a breve termine (3
mesi), ma non nel lungo termine (6 mesi); esercizi di rinforzo del
pavimento pelvico associati a biofeedback (BF) nel post-operatorio, e
l’impiego di duloxetina ed anticolinergici come supporto farmacologico
[45, 47, 48].

17.3.3.2. Raccomandazioni di grado debole a favore


Si potrebbe raccomandare di:
- Mantenere un peso ottimale, limitando il consumo di cibi e bevande
ipercaloriche, e promuovendo un incremento dell’attività fisica di
almeno 150min/settimana, incluso esercizi con pesi [40];
- Seguire una dieta ricca in frutta e verdure, e povera in grassi saturi; un
introito di vitamina D di almeno 600UI/die e un consumo adeguato di
calcio (non superiore a 1200mg/die) [40];
- Limitare il consumo di alcool a non più di 2 drink/die[40];
854 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

- Cessare di fumare [40];


- In caso di ematuria, una valutazione approfondita per escludere il
cancro alla vescica, inclusa la cistoscopia [40];
- Valutare i fattori predittivi di disfunzione erettile, quali l’età, la
funzionalità erettile precedente all’intervento chirurgico, il risparmio dei
nervi bilateralmente [41, 42];
- Comunicare al paziente che il recupero della disfunzione erettile può
richiedere anni [41, 42];
- Comunicare al paziente che al momento i dati della letteratura non sono
in grado di supportare uno specifico regime terapeutico per la
riabilitazione sessuale [41, 42];
- Spiegare ai pazienti che si sottopongono a riabilitazione sessuale che
potrebbero sviluppare altri disordini, come modificazioni dell’orgasmo,
mancata eiaculazione, riduzione della libido, malattia di Peyronie, e
modifiche della dimensione del pene [41, 42];
- Specificare che esistono dati conflittuali relativamente alla possibile
efficacia riabilitativa degli inibitori della fosfodiesterasi 5 [41, 42];
- Chiarire che al momento non è possibile preferire una tecnica chirurgica
a un'altra (es. laparoscopiche vs robot assistite) per facilitare il recupero
della disfunzione erettile [41, 42];

17.3.3.3. Good Practice Point


Sarebbe consigliato:
- Discutere col paziente della possibilità di insorgenza della
disfunzione erettile post prostatectomia, e dei suoi meccanismi
fisiopatologici [41, 42];
- Effettuare una valutazione annuale di valori sierici di emoglobina,
per escludere la presenza di anemia [40].
- Discutere col paziente delle possibili disfunzioni intestinali [40];
- In caso di sanguinamento rettale, richiedere una consulenza
specialistica, e in caso di screening negativo per il tumore del colon-
retto, prescrivere emollienti delle feci, steroidi topici o
antiinfiammatori [40];
- La valutazione periodica di eventuali stati depressivi e ansiosi
associati alla valutazione del PSA (almeno una volta all’anno), e di
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 855

gestire tali condizioni con terapia farmacologica appropriata; se tali


condizioni persistono si raccomanda consulenza specialistica [40];
- Incoraggiare le coppie a discutere dei problemi relativi all’intimità
sessuale, con consulenza specialistica [40];
- Di discutere col paziente a) delle disfunzioni urinarie (es. alterazioni
del flusso urinario, difficoltà a svuotare la vescica) e
dell'incontinenza; b) lo svuotamente vescicale a tempi predefiniti,
prescrivendo farmaci anticolinergici (tra cui l’ossibutinina) per
affrontare i problemi come la nicturia, la frequenza o l'urgenza
minzionale; c) l’uso di alfa-bloccanti (tra cui la tamsulosina) in caso
di flusso urinario lento; d) la riabilitazione del pavimento pelvico in
caso di incontinenza urinaria post-prostatectomia, istruendo i
pazienti agli esercizi di Kegel; e) consulenza urologica in caso di
perdite persistenti o altri sintomi urinari, al fine di eseguire una
valutazione approfondita (test urodinamici, cistoscopia) e discutere
delle opzioni di trattamento incluso il posizionamento chirurgico di
uno “sling uretrale” o sfintere urinario artificiale [40];
- La valutazione del rischio osteoporotico mediante MOC-DEXA e
calcolo del FRAX-score, in particolare negli uomini che ricevono
terapia antiandrogenica [40];
- La terapia con bisfosfonati settimanale (alendronato 70 mg per o.s.)
o annuale (zolendronato 5 mg per via e.v.); ed il trattamento con
denosumab nei pazienti ad alto rischio di frattura/osteoporosi [40];
- La valutazione dei sintomi vasomotori in particolare nei pazienti
che ricevono terapia antiandrogenica; per tali sintomi, sebbene non
approvati dalla FDA, si consiglia la prescrizione di inibitori selettivi
del reuptake della serotonina/noradrenalina o il gabapentin [40].

17.3.3.4. Raccomandazioni non formulabili


Le attuali evidenze risultano inconclusive e contrastanti tra di loro per ciò
che concerne i benefici della riabilitazione del pavimento pelvico nei
pazienti pre-prostatectomia [43, 45], per l’elettrostimolazione dei nervi
pudendi post-prostatectomia, e per gli stessi esercizi di rinforzo del
pavimento pelvico associati a biofeedback post-intervento chirurgico [43].

17.3.4. Tumori testa-collo


Le uniche linee guida di elevata qualità sono quelle NICE, che rispecchiano i
criteri di MP, MD, sistema GRADE e associazione dei pazienti [54].
856 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

17.3.4.1. Raccomandazioni di grado forte a favore


Si raccomandano:
- Esercizi di mobilizzazione e rinforzo progressivo dei muscoli della
spalla, in particolare dopo la procedura di dissezione dei linfonodi del
collo [54];
- Il trattamento della disfagia e della disfonia [54].

17.3.4.2. Raccomandazioni di grado moderato a favore


Si potrebbero raccomandare:
- L’attività fisica per la gestione della fatigue [53];
- Il trattamento della disfagia mediante valutazione logopedica, esercizi
di profilassi e di insegnamento di manovre di deglutizione
compensatorie [50, 53, 57];
- Il trattamento della disfonia mediante l’uso di dispositivi a scambio di
calore e umidità post laringectomia, e l’uso di palloncini ad espansione
radiale continua; interventi di laringoplastica, reinnervazione delle
corde vocali ed eventuale riposizionamento delle stesse [50];
- Il trattamento delle paralisi del nervo accessorio spinale, con esercizi di
mobilizzazione della spalla per il recupero dei ROM articolari [53];
- Il trattamento del linfedema del collo con drenaggi manuali e ove
possibile con bendaggi compressivi [53];
- Il trattamento della distonia e degli spasmi muscolari con l’uso della
tossina botulinica [53];
- La riabilitazione delle alterazioni funzionali del cavo orale mediante
impianti osteointegrati [51];
- Un trattamento radioterapico a intensità ridotta in caso di xerostomia
severa [51];
- Il trattamento riabilitativo delle neuropatie vestibolari [53];
- Il trattamento della paralisi del nervo faciale [52];
- La valutazione del dolore mediante l’uso di scale specifiche, in
particolare la scala diagnostica DN4 per la valutazione del dolore
neuropatico [57].

17.3.4.3. Good Practice Point


Sarebbero consigliati:
- Il trattamento della xerostomia post-trattamento radioterapico, evitando
cibi ricchi in saccarosio/ caffeina/ spezie, e invitando a bere acqua di
rubinetto ricca in fluoro [53];
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 857

- Il trattamento del trisma [51, 53];


- Il trattamento del dolore mediante un approccio multidisciplinare,
incluso la psicoterapia (terapia cognitivo-comportamentale o
psicoanalitica) in caso di dolore cronico, e terapie per il benessere della
mente e del corpo [57];
- Il trattamento del dolore somatico mediante una riabilitazione
funzionale al fine di ridurre il dolore muscolo-scheletrico, prevenire le
anchilosi e i disordini posturali, e favorire il recupero delle capacità
funzionali [57];
- Il trattamento del dolore neuropatico secondo il seguente algoritmo
terapeutico [57]:
 Lesioni focali → 1°step: trattamenti topici, lidocainain compresse;
2°step: cerotti a base di capsaicina;
 Lesioni Diffuse → monoterapia orale con pregabalin o gabapentin;
amitriptilina o clomipramina.
Il trattamento va monitorato ogni 2 settimane/1 mese; in caso di
fallimento della terapia si cambia molecola in monoterapia, o si
associano 2 o più farmaci di classe differente. Infine in caso di ulteriore
fallimento della terapia si può consigliare la neurostimolazione, i
farmaci SNARI (Antidepressant Serotonin or Noradrenalin Reuptake
Inhibitor), altri antiepilettici o gli oppioidi.

17.3.5. Tumori del SNC e del SNP


Nessuna delle linee guida sulla riabilitazione dei tumori del SNC ha seguito
la metodologia GRADE per la valutazione della qualità delle evidenze e la
formulazione delle raccomandazioni.

17.3.5.1. Raccomandazioni di grado forte a favore


È raccomandato:
- Avviare il trattamento con antiepilettici induttori enzimatici dopo la
prima crisi epilettica [60];
- Avviare la profilassi per gli episodi di trombo-embolia venosa mediante
eparina a basso peso molecolare (E.B.P.M.) entro le 24 ore post-chirurgia
[59]; la profilassi primaria non va prolungata oltre il periodo post-
operatorio [59].
- Per i pazienti con metastasi cerebrali, l’impiego di E.B.P.M. sia per la
profilassi primaria sia per la profilassi secondaria [61].

17.3.5.2. Raccomandazioni di grado moderato a favore


858 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Potrebbe essere raccomandato/a:


- L’impiego di antiepilettici non-induttori enzimatici in pazienti che
necessitano di trattamento chemioterapico [60];
- Pianificare individualmente la durata della profilassi secondaria per gli
episodi di trombo-embolia venosa [59];
- La profilassi antitrombotica nei pazienti metastatici sottoposti ad
intervento chirurgico [61];
- Un intervento psicosociale multimodale per il miglioramento dei
sintomi depressivi [59];
- La riabilitazione cognitiva nei soggetti giovani affetti da glioma con
prognosi relativamente favorevole [59, 60, 67-69].

17.3.5.3. Raccomandazioni di grado debole a favore


Potrebbe essere raccomandato/a:
- Per la gestione della cefalea:
o Impiegare i corticosteroidi (in particolare il desametasone) come
cardine del trattamento [59];
o Considerare l’utilizzo di analgesici e co-analgesici [59];
o Nei pazienti in fase terminale, valutare i benefici ed i potenziali
effetti collaterali della terapia corticosteroidea [59];
- Nei pazienti con epilessia in fase terminale e con controindicazioni alla
somministrazione per via orale, l’utilizzo di midazolam per via
intranasale o donazepam buccale [59];
- La riabilitazione precoce dopo la chirurgia [59, 64-66].

17.3.5.4. Good Practice Point


Sarebbe consigliato/a:
- Per la gestione del dolore da metastasi cerebrali, l’utilizzo di
desametasone in duplice somministrazione giornaliera ad un dosaggio
totale da 4 a 32 mg al dì [61];
- L’individualizzazione del trattamento con antiepilettici induttori
enzimatici in funzione del tipo di crisi, della terapia medica e delle
comorbidità del paziente [60];
- Nei pazienti con metastasi cerebrali, la durata della profilassi (primaria
e secondaria) con E.B.P.M. dovrebbe variare tra i 3 ed i 6 mesi [61];
- Nei pazienti metastatici, ridurre il dosaggio degli steroidi una volta
ottenuto il massimo miglioramento neurologico [61];
- La riabilitazione cognitiva nei pazienti con glioma stabile affetti da
disturbi o deficit cognitivi [59];
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 859

- La somministrazione di test neuro-psicologici all’atto della diagnosi e


durate il follow-up del trattamento [60].

17.3.5.5. Terapie non raccomandate di grado forte


Non è raccomandato/a:
- L’utilizzo a scopo profilattico gli antiepilettici induttori enzimatici prima
dell’insorgenza di una crisi epilettica [60];
- Nei pazienti con metastasi cerebrali, la prescrizione di anticonvulsivanti
in profilassi primaria [61].

17.3.5.6. Terapie non raccomandate di grado moderato


Potrebbe non essere raccomandato/a:
- L’utilizzo di antiepilettici induttori enzimatici in pazienti metastatici che
necessitano di concomitante chemioterapia o target-therapy [61];
- La terapia farmacologica per la gestione del declino cognitivo [59].

17.3.5.7. Terapie non raccomandate di grado debole


Potrebbe non essere raccomandato l’utilizzo di corticosteroidi nei pazienti
con metastasi cerebrali asintomatici [61].

17.3.5.8. Raccomandazioni non formulabili


Le attuali evidenze sulle terapie farmacologiche e non-farmacologiche per la
gestione della fatica nei pazienti con glioma non consentono la formulazione
di raccomandazioni a supporto o meno [59, 63]. Anche le evidenze
scientifiche sulla terapia farmacologica dei disturbi dell’umore
(metilfenidato, donepezil) e del comportamento sarebbero in atto limitate
[59].

17.3.6. Tumori ossei primitivi


Non sono stati riscontrati lavori di elevata qualità (rispetto delle check-list).

17.3.6.1. Raccomandazioni di grado moderato a favore


Si potrebbero raccomandare:
- Esercizio fisico, con esercizi di resistenza a intensità moderata (per circa
30-60min/gg), per un periodo di almeno 18-24 mesi [71];
- Inizio precoce dell’intervento riabilitativo, precedente all’intervento
chirurgico [71];
860 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

- Applicazione di un protocollo riabilitativo, diviso in base alla sede del


tumore e al tipo di intervento chirurgico eseguito, con l’uso dei tutori,
gli esercizi di rinforzo muscolare, il training deambulatorio, il recupero
dei ROM articolari [72];
- L’uso dei bifosfonati nella prevenzione dell’osteoporosi e delle metastasi
ossee (nei pazienti con osteosarcomi) [73].

17.3.7. Metastasi ossee5


I lavori dell’EAPC sono entrambi di elevata qualità (PRISMA check-list, e
sistema GRADE) [74, 76].

17.3.7.1. Raccomandazioni di grado forte a favore


Si raccomanda:
- L’uso dei bifosfonati e del denosumab nel trattamento delle metastasi da
tumore della mammella, della prostata, e nei mielomi multipli [75, 76];
- L’uso della radioterapia [75].

17.3.7.2. Raccomandazioni di grado moderato a favore


Si potrebbero raccomandare:
- Il trattamento chirurgico delle fratture metastatiche [75];
- L’uso dei farmaci oppioidi e non nel trattamento del dolore associato a
metastasi ossee [75];
- L’intervento di cifoplastica (sia nei tumori vertebrali primitivi che
metastatici) [74].

17.3.7.3. Raccomandazioni di grado debole a favore


Si potrebbe raccomandare:
- L’intervento di ablazione con radiofrequenza [74, 75];
- L’intervento di vertebroplastica [74, 75].

17.3.8. Mieloma multiplo


Le linee guida della British Society for Hematology rispecchiano il sistema
GRADE; l’unico lavoro di review di elevata qualità (che rispetta la
CONSORT check-list) è quello di Persoon et al. [88].

5 *Il trattamento delle lesioni ossee sedi primarie del mieloma multiplo è citato in questo
paragrafo perché assimilabile a quello delle metastasi osteolitiche.
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 861

17.3.8.1. Raccomandazioni di grado forte a favore


Si raccomanda:
- Il trattamento dell’osteoporosi mediante riduzione del rischio osseo con
esercizi di carico, bisfosfonati, supplementi di calcio/vitamina D e
consigli dietetici [85];
- L’uso di cerotti a base di fentanil o buprenorfina in caso di dolore severo
cronico [85].

17.3.8.2. Raccomandazioni di grado moderato a favore


Si potrebbero raccomandare:
- Terapia ormonale sostitutiva in pazienti selezionati (sia maschi che
femmine), previa consulenza specialistica [85];
- Valutazione delle neuropatie periferiche mediante dosaggio vitamina
B12, screening per diabete, funzionalità renale e tiroidea [85];
- Trattamento delle neuropatie periferiche, riducendo o eliminando i
farmaci chemioterapici neurotossici, o somministrando pregabalin o
gabapentin (Grado 1B); eventualmente contattare algologo [85];
- Una regolare attività fisica a partire dal momento della diagnosi [85];
- Il trattamento delle cause secondarie di Fatigue [85];
- Esercizio fisico nel miglioramento della fatigue e della forza muscolare
degli arti inferiori [88].

17.3.8.3. Raccomandazioni di grado debole a favore


Si potrebbero raccomandare:
- Approccio multimodale al dolore mediante uso di bifosfonati,
Radioterapia, psicoterapia [85];
- L’uso del Paracetamolo 1gr/die in caso di dolore lieve [85];
- L’uso della vertebroplastica o della cifoplasitca in caso di dolore
persistente [85];
- Gabapentin o Pregabalin, Lidocaina o SNRI (duloxetina o amitriptilina)
in caso di dolore cronico [85];
- Ossicodone in caso di dolore moderato/severo cronico (VAS > 4/10) [85];
- Esercizio fisico nel miglioramento della funzione fisica, della qualità di
vita e della forza degli arti superiori [87-88].

17.3.8.4. Terapie non raccomandate di grado moderato/debole


Potrebbero non essere raccomandati:
- L’uso dei FANS [85];
- Il tramadolo in caso di dolore moderato (VAS < 5/10) [85];
862 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

- Gli Oppioidi s.c. (ossicodone) in caso di dolore severo acuto (VAS >
6/10) [85].

17.3.9. Sarcomi dei tessuti molli


Non sono stati riscontrati lavori di elevata qualità (rispetto delle check-list).
17.3.9.1. Raccomandazioni di grado moderato a favore
Si potrebbero raccomandare:
- Un programma riabilitativo che includa esercizi aerobici e di rinforzo
muscolare; esercizi propriocettivi, di stabilizzazione articolare, di
resistenza, stretching capsulare, recupero dei ROM articolari; controllo
posturale, esercizi per la core stability, training deambulatorio e un
programma di esercizi domiciliari [92];
- Un programma riabilitativo pre-intervento chirurgico, utile nel ridurre
le complicanze chirurgiche, i tempi e i costi di ricovero [92];
- Un programma di stretching muscolare durante il trattamento
radioterapico, al fine di ridurre le contratture e i fenomeni fibrotici [92];
- Esercizi di resistenza a intensità moderata (per circa 30-60min/gg), per
un totale di circa 150min/settimanali, per un periodo di almeno 18-24
mesi [93];
- La valutazione della cute e delle cicatrici, con relativo massaggio di
queste ultime; il trattamento del dolore cronico, del linfedema; la
valutazione del livello di amputazione e del rischio cardiovascolare
associato; la necessità di protesizzazione e il successivo training
deambulatorio [93];
- Valutare l’eventuale presenza di comorbidità quali l’osteoporosi, le
patologie cardiovascolari o polmonari; l’anemia, la trombocitopenia, le
pregresse TVP e infine la presenza di barriere architettoniche a
domicilio [93];
- Trattamento degli spasmi muscolari (con gabapentin/pregabalin, ed
eventualmente con tossina botulinica) associato al trattamento del dolore
con farmaci oppioidi nei tumori desmoidi [94];
- La gestione del dolore neuropatico, la prescrizione di ortesi e gli esercizi
di rinforzo muscolare nei tumori dei nervi periferici [94].

17.3.10. Tumori dell’età evolutiva


I lavori di elevata qualità che sono stati riscontrati sono quelli di Nunes et al.
[99] e Fountain et al. [107] che hanno seguito la PRISMA checklist, e Braam
et al. [103] e Tsai et al. [100] che hanno seguito il sistema GRADE.
17. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle neoplasie 863

17.3.10.1. Raccomandazioni di grado forte a favore


Si raccomanda:
- L’esercizio fisico, il massaggio leggero (touch therapy), la massoterapia
e la musicoterapia nel trattamento della fatigue [99, 100].
- La riabilitazione neuro-cognitiva multidisciplinare (fisiatra pediatrico,
fisioterapista, terapista occupazionale, logopedista, nutrizionista,
insegnante, psicologo) con programmi riabilitativi di 3 ore giornaliere, e
valutazioni con scale funzionali quali la PEDI [107].

17.3.10.2. Raccomandazioni di grado moderato a favore


Si potrebbero raccomandare:
- Valutazione dello stato di crescita mediante regolare monitoraggio
dell’altezza ed eventuale test di funzionalità pituitaria [98];
- Valutazione della funzionalità tiroidea, alla fine del trattamento e
annualmente [98].

17.3.10.3. Raccomandazioni di grado debole a favore


Si potrebbero raccomandare:
- Promozione di uno stile di vita sano [98];
- Valutazione dello stato di infertilità in base al sesso, mediante analisi
seminale + criopreservazione, misurazione FSH, inibina B [98];
- Valutazione puberale, misurazione dei livelli di FSH [98];
- Induzione puberale con terapia ormonale sostituiva/ criopreservazione
ovociti [98];
- Valutazione degli effetti cardiologici dei trattamenti antitumorali
mediante ecocardiogramma con misurazione della FE ogni 2-3 anni se la
dose di Antracicline è maggiore di 250mg/m2, ogni 5 anni se inferiore
250mg/m2 [98];
- Valutazione dell’osteoporosi mediante DXA dopo 2 anni dalla fine del
trattamento e promozione di uno stile di vita sano; valutare la possibilità
di utilizzo di una terapia ormonale sostitutiva [98];
- Valutazione di eventuale sindrome metabolica mediante misurazione
del BMI annuale e misurazione di glicemia, insulinemia e profilo
lipidico ogni 2 anni se sovrappeso/obeso, ogni 5 anni se normopeso [98];
- Valutazione Neuropsicologica: pre-trattamento e poi valutazione
annuale [98];
864 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

- Esercizio fisico nel miglioramento della qualità di vita, della forza


muscolare, della fitness cardiopolmonare [103], dell’osteopenia e della
funzione immunitaria [104];
- Trattamento delle neuropatie mediante gabapentin e carbamazepina,
terapie alternative come la mobilizzazione nervosa e l’agopuntura [106].

CONCLUSIONI

La gestione delle disabilità causate dalla patologia oncologica rappresenta


un nuovo campo di applicazione della riabilitazione, attualmente in ampia
espansione. In tema di linee guida, molti sono i punti su cui bisognerà fare
chiarezza in futuro, a partire da quei tumori per i quali non abbiamo ancora
linee guida riabilitative specifiche (es. i tumori del polmone, i tumori ossei
primitivi, i sarcomi dei tessuti molli), ma solo lavori di review e meta-
analisi. La conoscenza e l’applicazione delle linee guida in questo nuovo
campo riabilitativo risulta di grande rilevanza, considerando i successi della
medicina e il miglioramento della sopravvivenza associato al cancro degli
ultimi anni, al fine di poter gestire, con il programma riabilitativo più
appropriato, ciascun paziente nel modo migliore possibile.

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Prof. Valter Santilli

Linee guida, buone pratiche


ed evidenze scientifiche
in Medicina Fisica e Riabilitativa

Capitolo 18

Buone pratiche e linee guida riabilitative nel trattamento


delle sindromi vertiginose di origine vestibolare

Coautori

Andrea Di Luzio MD, Marianna D’Andrea MD, Francesco Ioppolo MD, PhD
18. Buone
18. Buone pratiche
praticheeelinee
lineeguida
guidariabilitative
riabilitative nel
nel trattamento delle sindromi vertiginose
trattamento delle sindromi vertiginose di
di origine vestibolare
origine vestibolare
Coautori
Coautori
Andrea Di Luzio 1 MD, Marianna D’Andrea 1 MD, Francesco Ioppolo 2 MD, PhD
Andrea Di Luzio1 MD, Marianna D’Andrea1 MD, Francesco Ioppolo2 MD,
1 PhD
Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
2
Dirigente Medico di I Livello, Medicina Fisica e Riabilitativa, Policlinico Universitario
1 Scuola di Specializzazione
“Umberto I”, Roma in Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
2 Dirigente Medico di I Livello, Medicina Fisica e Riabilitativa, Policlinico Universitario

“Umberto I”, Roma

ABSTRACT

Background: Le vertigini e più in generale i disturbi dell’equilibrio e della


vista correlati ai movimenti del capo sono tra i principali sintomi associati
alla condizione di “disfunzione del sistema vestibolare”. L’obiettivo del pre-
sente lavoro è quello di confrontare le linee guida esistenti in questo ambito
(valutandole secondo il metodo AGREE II e GRADE) e nel caso non ve ne
fossero di recenti, di approfondire i contenuti delle meta-analisi, delle revi-
sioni sistematiche, pubblicati negli ultimi 10 anni, per offrire un supporto ai
sanitari che si dedicano alla riabilitazione dei disturbi dell’equilibrio basato
sulle più recenti evidenze scientifiche. Questo supporto si rende oltremodo
necessario per il fisiatra, che in quanto medico, deve ottemperare al dettato
della legge Bianco-Gelli che richiede una applicazione delle raccomandazio-
ni contenute nelle linee guida onde beneficiare della non punibilità in caso
d’imperizia.
Materiali e metodi: È stata condotta una revisione sistematica della lettera-
tura scientifica su 3 databases disponibili online. Sono stati considerati meta-
analisi, revisioni sistematiche, trials clinici randomizzati, studi di coorte,
studi case control e case series pubblicati in inglese negli ultimi 10 anni. Dal-
la selezione sono risultati un numero complessivo di 24 articoli, considerati
rilevanti per l’obiettivo dello studio.
874 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Risultati-conclusioni: Sulla base di forti evidenze scientifiche (grado A), è


emerso che la riabilitazione vestibolare dovrebbe essere offerta a tutti i pa-
zienti con disfunzione vestibolare uni o bilaterale acuta, subacuta e cronica.
Inoltre evidenze scientifiche di grado moderato (grado B) sottolineano
l’importanza di una riabilitazione guidata dal terapista e specifica per il sin-
golo paziente, a seconda del tipo di deficit funzionale e degli obiettivi prefis-
sati. I medici dovrebbero prescrivere un protocollo terapeutico domiciliare
che consiste in un set di esercizi da svolgere 3 volte al giorno per un totale di
almeno 12 minuti complessivi (grado D). In linea generale i pazienti senza
importanti morbilità e con disfunzione vestibolare unilaterale acuta o suba-
cuta dovrebbero essere sottoposti a sessioni di riabilitazione guidata una
volta alla settimana per 2-3 settimane, al contrario i pazienti con disfunzione
vestibolare unilaterale cronica dovrebbero beneficiare di sessioni riabilitati-
ve settimanali per 4-6 settimane; mentre nei pazienti con disfunzione bilate-
rale la terapia deve essere mantenuta per 8-12 settimane. Oltre alle sessioni
riabilitative supervisionate dal terapista, il paziente dovrebbe seguire un
protocollo riabilitativo domiciliare. Le linee guida raccolte quindi si propon-
gono come un utile strumento per i clinici, i ricercatori e i policy makers, con
il fine di sintetizzare le ultime raccomandazioni in questo ambito e sostenere
l’importanza della riabilitazione vestibolare nei pazienti con disfunzione
unilaterale o bilaterale acuta, subacuta o cronica.

INTRODUZIONE

Le vertigini e più in generale i disturbi dell’equilibrio risultano essere tra le


sintomatologie più comuni e tra i disturbi meno tollerati dai pazienti. Alla
base di questi sintomi molte volte non si riscontra una vera e propria malat-
tia o una lesione organica ma il più delle volte essi rappresentano una “di-
sfunzione” del sistema vestibolare. Il sistema vestibolare è un complesso si-
stema senso-motorio i cui compiti sono: rilevare l’accelerazione di gravità
(tramite le macule otolitiche) e mettere in atto meccanismi di compensazione
tramite risposte anti-gravitarie al fine di mantenere la stazione eretta; rileva-
re le accelerazioni angolari della testa (tramite i canali semicircolari) al fine
di stabilizzare il campo visivo durante i movimenti del capo. Tutto ciò av-
viene attraverso i riflessi vestibolo-spinali ed i riflessi vestibolo-oculomotori.
A livello delle strutture tronco-cerebellari vengono raccolti ed integrati tra
loro i dati sensoriali visivi, uditivi, tattili e propriocettivi al fine di restituire
al soggetto l’esperienza senso-motoria. Le forti correlazioni tra il sistema ve-
stibolare e quello neurovegetativo spiegano il forte impatto anche emotivo
che spesso le vertigini provocano nel paziente [1]. Sulla base dei dati risul-
tanti dall’indagine promossa dalla National Health and Nutrition Examina-
18. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle sindromi vertiginose 875

tion dal 2001 al 2004 è emerso che il 35.4% degli adulti negli USA presentano
una disfunzione del sistema vestibolare e l’incidenza aumenta con l’età [2].
Le vertigini sono uno dei principali fattori di rischio per le cadute accidenta-
li, si è visto infatti che l’incidenza delle cadute è maggiore nei soggetti con
disfunzione vestibolare rispetto ai soggetti sani della stessa età [3]. A questo
si aggiungono i costi diretti e indiretti ad esse legati [4, 5].
A dire il vero risulta difficile stimare l’esatta incidenza e prevalenza delle
disfunzioni vestibolari. Per quanto riguarda la neurite vestibolare, una delle
più comuni cause di disfunzione vestibolare, è stata riportata una incidenza
approssimativa di 15 casi su 100.000 [6, 7]. Kroenke et al. sulla base di risul-
tati tratti da una meta-analisi, hanno stimato che circa il 9% di 7 milioni di
visite all’anno per vertigine sono per neuriti vestibolari o labirintiti. Va sot-
tolineato però che nei risultati non sono incluse patologie come lo schwan-
noma vestibolare o la disfunzione bilaterale del sistema vestibolare e questo
di conseguenza sottostima il numero di persone con disfunzione vestibolare.
Nel 2008 grazie alla National Health Interview Survey è stata studiata e ri-
portata la prevalenza della disfunzione vestibolare bilaterale che corrispon-
deva a 28 casi su 100000 adulti americani [8]. Dall’indagine risultò che il 44%
dei soggetti con disfunzione vestibolare bilaterale avevano cambiato le loro
abitudini di guida in auto e circa il 55% ha riferito di aver avuto una riper-
cussione sulla vita sociale e di riscontrare difficoltà nella vita quotidiana.
Sebbene la disfunzione vestibolare sia meno comune nei bambini con una
prevalenza stimata dello 0,45% [9], dal 20% al 70% di tutti i bambini con
sordità neurosensoriale presentano un deficit del sistema vestibolare misco-
nosciuto [10]. La National Health and Nutrition Examination Survey ha rile-
vato inoltre che la prevalenza dei disturbi vestibolari aumenta con l’età, con-
siderando che circa l’85% degli ultraottantenni soffrono di disturbi del si-
stema vestibolare [2]. Secondo Dillon et al. la prevalenza dei disturbi
dell’equilibrio nelle persone con più di 70 anni è del 75%. In aggiunta è stato
stimato che il rischio di caduta nelle persone con disfunzione vestibolare ri-
sulta essere 8 volte più alto rispetto alle persone non affette, con un aumento
della mortalità e morbidità [2, 4]. In aggiunta i soggetti con disfunzione ve-
stibolare bilaterale presentano un rischio di caduta 31 volte maggiore rispet-
to ai soggetti sani. Il 25% dei pazienti con un disturbo vestibolare ha riporta-
to di aver avuto un recente infortunio correlato alla caduta [8]. The Centers
for disease control and prevention (CDC) riporta che i costi correlati alle ca-
dute accidentali hanno superato i 19 miliardi di dollari nel 2000 e che si sti-
ma saranno destinati ad aumentare fino a circa 55 miliardi di dollari all’anno
nel 2020.
876 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Fatto questa lunga premessa si può ben capire l’importanza che la terapia
dei disturbi vestibolari ha anche come ricaduta economica oltre che in ter-
mini di salute pubblica in senso più stretto. Per tali motivi la riabilitazione
vestibolare ha acquisito in questi ultimi anni un’importanza sempre più cen-
trale nella terapia dei disturbi vestibolari poiché, come vedremo più avanti,
anche in quei casi di disturbo vestibolare acuto la riabilitazione permette di
favorire i processi spontanei di adattamento, facilitando le esperienze senso-
riali del paziente e facendo riprendere al più presto le abituali attività quoti-
diane, portando anche ad una limitazione nell'uso di farmaci vestiboloplegi-
ci, sostituendoli con farmaci neurotropi. Permette inoltre di agire sul senso
di “instabilità” che più delle volte residua per molto tempo dopo un episo-
dio vertiginoso velocizzando i tempi di recupero. Nei casi invece di sintoma-
tologia cronica la riabilitazione vestibolare risulta essere il principio cardine
per la cura del disturbo vestibolare con ripercussioni importantissime anche
per quanto riguarda la prevenzione delle cadute soprattutto nel soggetto
anziano [3].
Da un punto di vista storico, si può dire che la terapia riabilitativa della ver-
tigine nasce meno di sessanta anni fa, grazie agli inglesi Cawthorne [11] e
Cooksey [12] i quali propongono esercizi fisici da utilizzare nei pazienti af-
fetti da danni labirintici post-chirurgici. Negli anni ‘60 e ‘70 sono soprattutto
autori di lingua francese a presentare e pubblicare metodiche di riabilitazio-
ne vestibolare [13] in particolare il francese Sterkers [14], che mette a punto
la tecnica del point de mire, ed il belga Norré [15] il quale propone il suo Ve-
stibular habituation training. Dai primi anni ‘90 assume particolare rilievo nel
campo della terapia riabilitativa della vertigine, la scuola statunitense, per
merito in particolare del lavoro della Dott.ssa Susan Herdman, presso la
Emory University di Atlanta [16]. In Italia le tecniche di riabilitazione vesti-
bolare si diffondono a partire dagli anni ‘80, grazie soprattutto ai validi con-
tributi originali di autori come Alpini [1], Guidetti [17], Vicini e Vannucchi
[18], tanto che nel corso del Congresso SIO del 1983, la stessa A.O.O.I. giun-
ge a proporre un proprio protocollo riabilitativo [19].
Si definisce riabilitazione vestibolare, un approccio terapeutico funzionale
che sfrutta tecniche basate sul movimento volte a migliorare i segni, sintomi
e le limitazioni funzionali secondarie ai disturbi vestibolari [20]. La riabilita-
zione vestibolare si basa su fenomeni fisiologici di plasticità neuronale capa-
ci di compensare un danno vestibolare. Sfrutta una serie di esercizi che tipi-
camente sono divisi in 4 tipi di esercizi differenti: 1 esercizi volti a promuo-
vere la fissità dello sguardo (esercizi di stabilità dello sguardo) 2 esercizi di
adattamento funzionale alla sintomatologia (esercizi di adattamento com-
presi gli esercizi optocinetici) 3 esercizi per migliorare l’equilibrio e
18. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle sindromi vertiginose 877

l’andatura 4 esercizi di resistenza. I meccanismi che contribuiscono in modo


fondamentale al ripristino della funzione vestibolare sono: l’adattamento, la
sostituzione e l’abitudine allo stato patologico. L’Adattamento è un processo
che porta ad un cambiamento a lungo termine dell’attività neuronale. Le
strategie adattative agiscono sul guadagno del sistema residuo con lo scopo
di recuperare una funzione parzialmente compromessa e sono indicate prin-
cipalmente nei danni monolaterali. I meccanismi di sostituzione servono a
sostituire la funzione vestibolare compromessa, utilizzando altri sistemi sen-
soriali alternativi, come la vista e il sistema propriocettivo per il manteni-
mento dell’equilibrio. Infatti, il SNC, dopo avere imparato ad utilizzare in-
formazioni che provengono dai sistemi sensoriali integri, elabora una nuova
strategia posturale. Le strategie sostitutive comunque non possono reinte-
grare completamente una funzione labirintica diminuita o persa in quanto i
riflessi vicarianti, per quanto esaltati, agiscono in un campo frequenziale più
limitato rispetto a quelli labirintica. L’abitudine si basa sul concetto che la
ripetuta stimolazione di un sistema ne riduca l’intensità e la durata della ri-
sposta nel tempo. Gli esercizi di abitudine vengono utilizzati per controllare
i sintomi, vertigini, nausea e vomito associati ad alcuni movimenti. Durante
gli esercizi di abitudine l’individuo deve eseguire dei movimenti ripetuti del
capo e del corpo al fine di indurre dei sintomi da lievi a moderati e questo
porterà ad una riduzione della sintomatologia nel tempo. Gli esercizi atti a
migliorare il guadagno del riflesso vestibolo-oculomotore (VOR) rientrano
nell’ambito degli esercizi di adattamento e di sostituzione. Il principio alla
base è quello di indurre dei movimenti del capo mantenendo la fissità dello
sguardo con l’obiettivo di migliorare l’acuità visiva durante i movimenti ra-
pidi della testa. Gli esercizi di riabilitazione vestibolare classici sono il point
de mire cioè il fissare un punto mentre il capo esegue dei movimenti in fles-
so-estensione, rotazione destra-sinistra e inclinazione laterale, la lettura di-
namica e i movimenti saccadici per migliorare la stabilizzazione dello
sguardo. Sia gli esercizi di adattamento che quelli di sostituzione vengono
eseguiti attraverso movimenti del capo sul piano orizzontale o verticale. Ba-
lance and gait training rientra nell’ambito degli esercizi riabilitativi più co-
munemente utilizzati. Vengono proposti esercizi volti a stimolare il recupe-
ro della stazione eretta, i meccanismi della marcia e della deambulazione e il
potenziamento del sistema propriocettivo e visivo al fine di vicariare il si-
stema vestibolare danneggiato. Essi comprendono esercizi di equilibrio ad
occhi chiusi, utilizzando una pedana o cambiando la base d’ appoggio del
paziente, ad es. mantenere la stazione eretta su di un solo piede, aumentan-
do così la difficoltà dell’esercizio. Inoltre è importante promuovere l’attività
fisica aerobica che spesso viene evitata per paura del peggioramento della
878 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

sintomatologia. Una recente revisione sistematica pubblicata nel 2015 ha


evidenziato forti evidenze a supporto della riabilitazione vestibolare nei pa-
zienti con disfunzione unilaterale al fine ridurre la sintomatologia e migliore
la capacità funzionale [21]. Moderate evidenze sono state riscontrate
sull’efficacia della riabilitazione nel trattamento dell’instabilità posturale e
dei disturbi visivi negli individui con disfunzione vestibolare bilaterale [22].

18.1. Materiali e metodi

È stata condotta una revisione sistematica della letteratura scientifica con-


dotta sui principali databases disponibili online (Pubmed, Cochrane Libra-
ry) utilizzando per Pubmed i seguenti parametri di ricerca: “vestibular peri-
pheral hypofunction” AND " vestibular rehabilitation" AND "clinical practi-
ce guidelines" or "evidence-based guidelines". Per Cochrane library sono sta-
ti utilizzati come parametri di ricerca “vertigo” or “vestibular” or “exerci-
ses”. Sono stati considerati meta-analisi, revisioni sistematiche, trials clinici
randomizzati, studi di coorte, studi case control, and case series. Come crite-
ri di inclusione sono stati considerati articoli pubblicati in lingua inglese ne-
gli ultimi 10 anni. I criteri di esclusione comprendevano articoli privi di full
text, non in lingua inglese e articoli che non affrontavano il tema della riabi-
litazione. Sono stati esclusi documenti riportanti la denominazione di Linee
Guida ma non rispondenti ai criteri di multi-disciplinarietà né di multi-
professionalità o non disponibili in lingua inglese o italiana. Le caratteristi-
che delle principali linee guida considerate sono riportate in tabella 18.1.
Argomento di grande importanza nella riabilitazione vestibolare è la scelta
del target di paziente e della finestra temporale necessaria a far ottenere i
migliori risultati nella minor tempo possibile. Nelle linee guida “Vestibular
Rehabilitation for Peripheral Vestibular Hypofunction: An Evidence-Based
Clinical Practice Guideline”, prodotte dall’American Physical Therapy As-
sociation (APTA) nel 2016 e focalizzate sul trattamento del disturbo vestibo-
lare periferico, sono stati esclusi i pazienti con patologie di origine centrale
(trauma cerebrale, concussione cerebrale, sclerosi multipla e malattia di Par-
kinson). Sono stati inoltre esclusi gli studi nei quali il gruppo di pazienti
coinvolto, prima di iniziare lo studio era affetto da vertigine parossistica be-
nigna; al contrario sono stati considerati gli studi nei quali il gruppo dei pa-
zienti oltre alla vertigine parossistica benigna presentavano segni di disfun-
zione del sistema vestibolare periferico. Per contro le seconde linee guida
“Clinical Practice Guideline: Benign Paroxysmal Positional Vertigo (Upda-
te)”, redatte da Otolaryngology-Head and Neck Surgery nel 2017 si sono fo-
calizzate sulla riabilitazione vestibolare nei pazienti con vertigine parossisti-
ca benigna. Sono state inoltre considerate patologie specifiche come la ma-
18. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle sindromi vertiginose 879

lattia di Meniere o la neurite vestibolare anche se non sono state considerate


come parole chiave nell’ambito della ricerca scientifica, in quanto questa
verteva sulla disfunzione del sistema vestibolare nel suo insieme.

Tabella 18.1.
GRA
LINEE GUIDA SOCIETÀ FONTE MD MP
DE
Vestibular Rehabilitation for
Neurology Section,
Peripheral Vestibular Hypo-
American Physical
function: An Evidence- Pubmed Sì Sì Sì
Therapy Association,
Based Clinical Practice
2016.
Guideline [23].
International guidelines for
Journal of Vestibular
education in vestibular re- Pubmed Sì Sì No
Research, 2011.
habilitation therapy [24].
Clinical Practice Guideline: Otolaryngology–
Benign Paroxysmal Posi- Head and Neck Sur- Pubmed Sì Sì Sì
tional Vertigo (Update) [25]. gery, 2017.
Tab. 18.1. Caratteristiche delle linee guida considerate (MD: Multi-disciplinarietà, MP: Multi-
professionalità, [P]: include associazione o rappresentanti dei pazienti/genitori, GRADE: Pre-
senza dei criteri di valutazione delle raccomandazioni secondo metodica GRADE [4]).

PubMed n = 827
Cochrane Library = 24
Total Citations n= 851

Screening degli articoli in base al titolo e


all’abstract

Duplicati esclusi (n = 34)

Inclusi (n = 539)

Esclusi (n = 515)
Revisione degli articoli e applicazione dei Non contenenti indicazioni terapeu-
criteri di inclusione/esclusione tiche o diagnostiche sui disturbi ve-
stibolari (n=499)
Non in inglese (n = 16)
Inclusi (n = 24)

Fig. 18.1. Diagramma di flusso di selezione degli studi (come da PRISMA Statement).

La selezione, sintetizzata in Figura 18.1., ha evidenziato un’ampia produzio-


ne sull’argomento, benché il numero effettivo di linee guida di interesse ria-
bilitativo sia ridotto.
880 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

18.2. Raccomandazioni diagnostiche

La diagnosi di ipofunzione vestibolare deve essere confermata da test che


valutano la funzione vestibolare (prove caloriche o rotazionali) come con-
fermato dalle seguenti linee guida. La disfunzione vestibolare unilaterale
viene diagnosticata sulla base della riduzione di funzionalità di un labirinto,
valutata attraverso prove caloriche, di almeno il 25 %.
Jongkees ha descritto per primo una formula che potesse calcolare il grado
di asimmetria funzionale tra i due labirinti.
Le prove rotazionali sono state utilizzate per la diagnosi dei disturbi vestibo-
lari bilaterali e per la valutazione del sistema vestibolo-oculare ad alte fre-
quenze al di sopra di 1 HZ.
18. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle sindromi vertiginose 881

Tabella 18.2. Clinical Practice Guideline: Benign Paroxysmal Positional Vertigo (Update) [25].
Qualità delle Forza della
Raccomandazione
Evidenze Raccomandazione
Il medico deve diagnosticare la vertigine parossistica benigna
quando le vertigini sono associate a movimenti di torsione e
il nistagmo è provocato dalla manovra di Dix-Hallpike, ese-
guita attraverso un rapido spostamento del paziente dalla
Livello I Grado A
posizione seduta a quella supina con il capo ruotato a 45 gra-
di verso il lato da esaminare e il collo esteso a 20 gradi. La
manovra dovrebbe essere quindi ripetuta verso il lato oppo-
sto qualora la manovra iniziale risultasse essere negativa.
Il medico dovrebbe indagare nei pazienti con vertigine pa-
rossistica benigna i fattori che potrebbero modificare il trat-
Livello III Grado C
tamento, come ad es. la presenza di disturbi dell’equilibrio,
patologie del SNC, l’aumentato rischio di cadute.
Il medico non dovrebbe richiedere o considerare le immagini
radiografiche nei pazienti che rispondono ai criteri diagnosti- Livello II Grado B
ci di vertigine parossistica benigna.
I medici dovrebbero trattare la vertigine parossistica benigna
associata alla canalolitiasi del canale semicircolare posteriore Livello I Grado A
con manovre di liberazione.
I medici non dovrebbero prescrivere limitazioni posturali
dopo le manovre di liberazioni nei pazienti con vertigine pa- Livello I Grado A
rossistica posizionale benigna.
I pazienti con vertigine parossistica posizionale benigna do-
vrebbero essere seguiti e monitorati attentamente già Livello I Grado B
all’inizio del trattamento.
La riabilitazione vestibolare dovrebbe essere offerta a tutti i
Livello III Grado B
pazienti con vertigine parossistica posizionale benigna.
I medici dovrebbero limitare il trattamento farmacologico
con farmaci che sopprimono il sistema vestibolare (antista-
Livello III Grado C
minici e/o benzodiazepine) nei pazienti con vertigine parossi-
stica posizionale benigna.
I pazienti dovrebbero essere rivalutati dopo un mese dall’
inizio del trattamento al fine di documentare la risoluzione o Livello III Grado C
la persistenza dei sintomi.
I medici dovrebbero valutare i pazienti che non rispondono
al trattamento o che presentano segni di disfunzione del si- Livello III Grado A
stema vestibolare periferico o segni di patologie del SNC.
I medici dovrebbero informare i pazienti riguardo i rischi
legati alla patologia e quindi l’importanza del trattamento e Livello III Grado C
del relativo follow up.
Tab. 18.2. Raccomandazioni diagnostiche per pazienti affetti da vertigine parossistica posizio-
nale benigna.
882 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

18.3. Risultati

18.3.1. Raccomandazioni riabilitative


Di seguito vengono riportate le raccomandazioni terapeutiche per il tratta-
mento riabilitativo dei disturbi vestibolari periferici, estrapolate dalle linee
guida APTA Guidelines: Vestibular Rehabilitation for Peripheral Vestibular
Hypofunction: An Evidence-Based Clinical Practice Guideline [23] che risul-
tano essere al momento le linee guida più complete nell’ambito della riabili-
tazione vestibolare.

18.3.1.1. Raccomandazioni riabilitative in pazienti con disfunzione vesti-


bolare acuta e subacuta
La disfunzione vestibolare acuta unilaterale rappresenta una delle principali
cause di vertigine. Questa può essere causata dalla neurite vestibolare ma
anche da traumi, interventi chirurgici o altre lesioni a carico dell’VIII paio
dei nervi cranici o del labirinto. Un’altra causa di vertigini periferiche è la
malattia di Meniere. La disfunzione vestibolare unilaterale acuta si traduce
in uno squilibrio del tono vestibolare che si manifesta con vertigini, nausea,
instabilità dell’andatura e la comparsa di un nistagmo con la fase rapida che
batte verso il lato malato. Anche se generalmente il nistagmo e le vertigini si
risolvono nell’arco di poche ore o al massimo due settimane, la mancanza di
equilibrio e la sensazione di instabilità, specialmente durante i movimenti
del capo, possono persistere per molti mesi e cronicizzarsi. La riabilitazione
vestibolare è stata usata negli ultimi anni come uno strumento per raggiun-
gere il più velocemente possibile la guarigione.
Forti evidenze scientifiche supportano il ruolo della riabilitazione vestibola-
re, eseguita durante la degenza ospedaliera e/o attraverso un protocollo
domiciliare [26] o utilizzando corsi di Nintendo Wii Fit Balance Board exer-
cises [27] nel fornire un chiaro beneficio ai pazienti con ipofunzione vestibo-
lare unilaterale acuta o subacuta e quindi tutti i pazienti sintomatici dovreb-
bero essere trattati. Nello specifico studi di I-II livello hanno affrontato il te-
ma della riabilitazione vestibolare nei pazienti con disfunzione vestibolare
acuta o subacuta unilaterale (definita come una asimmetria di almeno il 50%
tra i due vestiboli) dopo intervento ablativo per Schwannoma [28], con ma-
lattia di Meniere [29] o con neurite vestibolare acuta [30] dimostrando risul-
tati statisticamente significativi a favore della riabilitazione vestibolare ese-
guita nella prima settimana dopo l’intervento o l’insorgenza dei sintomi ri-
spetto al gruppo di controllo. La riabilitazione vestibolare consisteva in eser-
cizi di stabilizzazione dello sguardo, esercizi per la postura e l’equilibrio, ba-
sati sui risultati del Motion Sensitivity Test e dei Cawthorne-Cooksey exerci-
ses ed eseguiti per 1 minuto fino ad un massimo di 20 minuti da eseguire
18. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle sindromi vertiginose 883

per un totale di 4-5 volte al giorno. I pazienti già dal terzo giorno mostrava-
no dei miglioramenti valutati attraverso lo score della Dizziness Handicap
Inventory [30], ed una minore incidenza di vertigini e di instabilità posturale
dopo l’intervento [28] e dopo la sesta settimana di riabilitazione [26]. Studi
di III livello inoltre hanno dimostrato il ruolo della riabilitazione quando
eseguita prima dell’intervento chirurgico, nei pazienti con Schwannoma ve-
stibolare nel permettere un recupero dell’equilibrio più velocemente rispetto
ai pazienti non trattati [31].

18.3.1.2. Raccomandazioni riabilitative in pazienti con disfunzione vesti-


bolare unilaterale cronica
Anche per i pazienti con disfunzione vestibolare unilaterale cronica forti
evidenze scientifiche supportano la riabilitazione vestibolare come terapia.
Studi di I-II livello infatti hanno dimostrato miglioramenti statisticamente
significativi valutati attraverso il Dynamic Visual Activity [32], con il Sensory
Organization Test, per la valutazione del grado di stabilità posturale [33], con
il Dizziness Handicap Inventory [20], la Berg Balance Scale, la Visual Analog
Scale ed il Modified Clinical Test for Sensory Interaction on Balance [33].
La riabilitazione vestibolare permette inoltre di ottenere un recupero del de-
ficit di fissazione dello sguardo misurato attraverso il test dell’acuità visiva
[32]. Gli esercizi di riabilitazione includevano esercizi basati sul principio di
adattamento e sostituzione al fine di migliorare la stabilizzazione dello
sguardo mentre il gruppo di controllo eseguiva degli esercizi che consiste-
vano in movimenti saccadici degli occhi con il capo fermo. In entrambi i
gruppi gli esercizi venivano eseguiti 4-5 volte al giorno per 20-30 minuti as-
sociati ad esercizi per l’equilibrio e l’andatura per un totale di 20 minuti
giornalieri. Il programma poteva subire delle modifiche individuali. I pa-
zienti quindi venivano valutati ambulatorialmente una volta a settimana
[32]. Shepard e Telian sottolineano l’importanza di un programma riabilita-
tivo specifico per il singolo paziente rispetto ad una riabilitazione caratteriz-
zata da esercizi generici [34].

18.3.1.3. Raccomandazioni riabilitative in pazienti con disfunzione vesti-


bolare bilaterale
La riabilitazione vestibolare ha dimostrato risultati soddisfacenti anche nei
pazienti con ipofunzione vestibolare bilaterale [35-36] con miglioramento
nella stabilità posturale e nel Dizziness Handicap Inventory. Rine et al. [37]
studiarono per la prima volta gli effetti della riabilitazione vestibolare nei
bambini con ipofunzione vestibolare bilaterale riportando risultati sovrap-
ponibili a quelli raggiunti nell’adulto anche se sono necessari ulteriori studi
a riguardo. In letteratura pochi sono gli studi che hanno valutato come la
884 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

modalità di esecuzione delle tecniche riabilitative (intensità e frequenza)


possa incidere sugli outcomes previsti nei pazienti con ipofunzione vestibo-
lare unilaterale o bilaterale. Cohen et al. hanno paragonato due gruppi di
pazienti che eseguivano gli stessi esercizi vestibolari ma con un diverso li-
vello di intensità. Un gruppo eseguiva gli esercizi che consistevano in rapidi
movimenti del capo (con una frequenza di circa 1-2 Hz) mentre l’altro grup-
po eseguiva lenti movimenti del capo (con una frequenza approssimativa di
0.04 Hz), 5 volte al giorno per un totale di 4 settimane. I ricercatori dimostra-
rono un miglioramento nell’intensità e nella frequenza della sintomatologia
vertiginosa in entrambi i gruppi. Da cui si è potuto dedurre che l’intensità
della riabilitazione vestibolare (la frequenza dei movimenti del capo) non
incida sul grado di recupero del paziente. Lo studio presenta dei limiti infat-
ti non è chiaro se i due gruppi svolgessero i movimenti del capo con la stes-
sa frequenza.

18.3.1.4. Raccomandazioni riabilitative basate sui movimenti saccadici ed


esercizi di inseguimento in pazienti con ipofunzione vestibolare periferi-
ca (unilaterale o bilaterale)
Dagli studi è emerso che gli esercizi oculari saccadici o di inseguimento sen-
za isolamento (cioè senza movimento della testa) non dovrebbero essere
prescritti come terapia specifica per la stabilità dello sguardo nei pazienti
con ipofunzione vestibolare unilaterale o bilaterale ma di prescrivere ed ef-
fettuare esercizi di adattamento e di sostituzione.
Tre studi di livello I hanno utilizzato i movimenti oculari saccadici o smooth
pursuit isolati (cioè senza movimento della testa) come esercizi di controllo
(placebo). I movimenti oculari saccadici e quelli di inseguimento sono stati
usati in tutti e tre questi studi tramite saccadi volontarie e movimenti oculari
all'inseguimento senza movimento della testa, del tipo usato quando si legge
o si segue un oggetto in movimento. La saccade volontaria ed i movimenti
oculari d'inseguimento non devono essere confusi con i movimenti oculari
compensatori (saccadici o ad alta velocità, movimenti di fase lenta che si ve-
rificano dopo un impulso dato alla testa (alta accelerazione della testa ma ad
una piccola ampiezza) in alcuni pazienti con ipofunzione vestibolare che po-
tenzialmente potrebbero essere facilitati dallo sguardo esercizi di stabilità. In
uno studio, i pazienti in attesa di resezione dello schwannoma vestibolare
sono stati assegnati in modo casuale a un gruppo di esercizi (riabilitazione
vestibolare, n = 11) o a un gruppo di controllo (n = 8) [28].
Gli esercizi sono iniziati 3 giorni dopo la resezione degli schwannomi vesti-
bolari e sono proseguiti fino a quando i pazienti sono stati dimessi dall'o-
spedale (media = 6° giorno postoperatorio). Il gruppo di controllo ha esegui-
to movimenti oculari verticali e orizzontali. I pazienti di entrambi i gruppi
18. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle sindromi vertiginose 885

hanno camminato almeno una volta al giorno. Il gruppo di riabilitazione ve-


stibolare era più anziano (età media 59 anni vs 48 anni nei controlli, ma en-
trambi i gruppi erano simili sotto altri aspetti. Entrambi i gruppi hanno rife-
rito di aver avuto più capogiri dopo l'intervento chirurgico rispetto a prima
e più ondeggiamento posturale il terzo giorno postoperatorio rispetto al pe-
riodo preoperatorio. Da 5 a 6, i pazienti nel gruppo di controllo hanno ripor-
tato un disequilibrio soggettivo significativamente maggiore rispetto al
gruppo vestibolare che eseguiva esercizi di stabilizzazione dello sguardo.
Inoltre, nessuno dei gruppi di controllo era in grado di camminare e girare
la testa senza perdita di equilibrio, mentre il 50% dei gruppi di esercizi era
in grado di camminare e girare la testa senza perdere l'equilibrio. Herdman
et al. [32] in uno studio di livello I in pazienti con ipofunzione vestibolare
unilaterale cronica, hanno usato movimenti oculari saccadici come esercizio
per il gruppo di controllo. Il gruppo con patologia vestibolare è stato diviso
in un gruppo di 13 pazienti sottoposti ad esercizi di adattamento e di sosti-
tuzione supervisionati per migliorare la stabilità dello sguardo, mentre il
gruppo di controllo composto da 8 pazienti ha eseguito movimenti oculari
saccadici contro un Ganzfeld (un grande sfondo informe) con la testa stazio-
naria. Gli esercizi venivano eseguiti da 4 a 5 volte al giorno per 20-30 minuti
più 20 minuti di esercizi di andatura ed equilibrio per 4 settimane, con mo-
nitoraggio dell'aderenza e dei progressi. In media, non vi era alcun cambia-
mento nell'acuità visiva dinamica nel gruppo di controllo e nessun soggetto
di controllo ha raggiunto la normale acuità visiva dinamica per la sua età. Al
contrario, il gruppo in trattamento con esercizi di adattamento e di sostitu-
zione ha mostrato un miglioramento nell'acuità visiva dinamica e 12 dei 13
individui hanno migliorato la loro acuità visiva dinamica alla rispetto alla
normalità. Lo stesso disegno sperimentale è stato utilizzato per esaminare
l'effetto degli esercizi in pazienti con ipofunzione vestibolare bilaterale ed i
pazienti che eseguivano gli esercizi di controllo oculare saccadico non mo-
stravano alcun miglioramento nell'acuità visiva dinamica, mentre quelle che
eseguivano esercizi di stabilità dello sguardo miglioravano significativa-
mente [35]. Pertanto, gli esercizi di movimento oculare saccadico non hanno
facilitato il recupero della stabilità dello sguardo misurata con la Dynamic
Visual Acuity.

18.3.1.5. Raccomandazioni per la riabilitazione vestibolare effettuata sotto


il controllo del terapista
Diversi studi di I [38] e II livello [39, 41] dimostrano che è possibile ottenere
maggiori risultati attraverso una riabilitazione vestibolare specifica per sin-
golo paziente e guidata da un terapista rispetto ad una riabilitazione basata
su esercizi generici e su di un protocollo domiciliare non supervisionato. La
886 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

riabilitazione vestibolare guidata infatti sembra promuovere l’aderenza da


parte del paziente al protocollo riabilitativo permettendo quindi il raggiun-
gimento degli obiettivi prefissati. Le evidenze scientifiche infatti dimostrano
un maggior tasso di abbandono quando la riabilitazione viene eseguita sen-
za controllo medico. I pazienti che potrebbero trarre maggiore giovamento
dalla riabilitazione supervisionata sono i pazienti con deficit cognitivo e con
disfunzioni della motilità di grado moderato / severo. Inoltre la riabilitazio-
ne vestibolare sotto controllo del terapista si è dimostrata essere molto utile
nei pazienti a rischio di cadute. Bisogna comunque considerare l’aumento
dei costi e del tempo speso per svolgere una riabilitazione supervisionata.

18.3.1.6. Raccomandazioni per la sospensione della riabilitazione vestibo-


lare
Non ci sono studi che hanno stabilito quando sia opportuno sospendere la
riabilitazione vestibolare nei pazienti con ipofunzione vestibolare periferica
unilaterale o bilaterale. Infatti la durata del trattamento riabilitativo dipende
dal singolo protocollo e non tiene conto dei risultati raggiunti dal paziente.
Solo pochi studi hanno fornito dei criteri specifici per la sospensione del
trattamento, come ad esempio la perdita di almeno il 30% delle sedute di te-
rapia o il deterioramento dello stato clinico [42]. I principali motivi di ab-
bandono del programma riabilitativo sono: la malattia, la paura di ritornare
in clinica, la paura di non riuscire a completare il protocollo riabilitativo,
conflitti familiari o lavorativi, perdita di interesse o di motivazione. Secondo
Szturm [38] gli effetti avversi indotti dalla riabilitazione come nausea e ver-
tigini scompaiono nell’arco di 2-5 settimane e quindi il peggioramento dei
sintomi durante le prime settimane del programma di riabilitazione vestibo-
lare non dovrebbe essere necessariamente considerato un motivo per la so-
spensione della terapia. Qualora i sintomi persistessero dopo 5 settimane la
terapia dovrebbe essere sospesa. Come regola generale, per i pazienti senza
particolari comorbidità e disfunzione vestibolare unilaterale acuta e subacu-
ta sono sufficienti da 2 a 3 sedute di riabilitazione vestibolare una volta a set-
timana; i pazienti con disfunzione unilaterale cronica necessitano di un pro-
gramma riabilitativo da svolgere una volta a settimana per 4-6 settimane. In
caso di disfunzione bilaterale è necessario un programma riabilitativo più
lungo rispetto ai pazienti con disfunzione unilaterale una seduta a settimana
per 8-12 settimane). In conclusione prima di sospendere la terapia riabilita-
tiva sarebbe consigliabile consultare il parere di altri terapisti.
18. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle sindromi vertiginose 887

18.3.1.7. Raccomandazioni riguardo i fattori che possono modificare i ri-


sultati della riabilitazione vestibolare
È stato valutato l’impatto di diversi fattori non correlati alla malattia, come
l’età, il sesso, il tempo dall’insorgenza dei sintomi all’inizio della riabilita-
zione, la presenza di comorbidità, l’utilizzo di farmaci vestibolo-soppressori.
Diversi studi di I [32], III [43] livello hanno valutato quanto l’età possa in-
fluenzare l’esito della riabilitazione vestibolare in pazienti con disfunzione
vestibolare unilaterale o bilaterale, dimostrando che l’età non influisce sugli
outcomes previsti [32]. Oltre all’età sembra che neanche il sesso possa in-
fluenzare gli esiti della riabilitazione vestibolare nei pazienti con disfunzio-
ne vestibolare unilaterale. Non ci sono chiare evidenze in letteratura riguardo le
tempistiche di inizio trattamento, si è visto infatti che la riabilitazione vestibolare
permette di ottenere risultati soddisfacenti indipendentemente da quando venga
iniziata sia nei pazienti con disfunzione vestibolare unilaterale [3, 44, 45] che in
quelli con disfunzione bilaterale [35]. Tuttavia studi di I [20, 28] e III livello sugge-
riscono che la riabilitazione vestibolare se eseguita nella fase acuta subito dopo
l’intervento di resezione per schannoma o subito dopo la comparsa dei sintomi
permette di migliorare la stabilità posturale, la percezione di disabilità (basata sul
Dizziness Handicap Inventory) e ridurre la sintomatologia. Nonostante ciò altri studi
di I e III livello.
Per quanto riguarda l’effetto dato dalla presenza di altre patologie sui risultati del-
la riabilitazione; studi di II e III livello hanno dimostrato come sindromi ansiose /
depressive possano avere un impatto sugli outcomes previsti nei pazienti con di-
sfunzione vestibolare unilaterale [43], determinando maggiori difficoltà nel recu-
pero dell’equilibrio e punteggi più bassi misurati attraverso il Dynamic gait Index
[30]. Di conseguenza oltre alla terapia fisica sarebbe opportuno in questi pazienti
un adeguato supporto psicologico [30].
Tra le diverse comorbidità che possono inficiare i risultati dello studio, oltre a pa-
tologie psichiatriche vi è anche la neuropatia periferica, come dimostra uno studio
di II livello condotto da Aranda et al. I pazienti con neuropatia periferica infatti
mostravano difficoltà nel mantenimento della stazione eretta ad occhi chiusi o ad
occhi aperti sia su superficie stabile che instabile. Due studi di I e II livello hanno
studiato l’impatto dell’emicrania sui risultati della riabilitazione vestibolare e
hanno visto che i pazienti con disfunzione vestibolare e emicrania presentavano
esiti peggiori in termini di qualità della vita misurata attraverso Dizziness Handicap
Inventory. Al contrario in uno studio di I livello la presenza di emicrania sembre-
rebbe un fattore positivo per il raggiungimento dei risultati attesi dalla riabilita-
zione.
Per quanto riguarda le interazioni determinate dall’uso concomitante di altre te-
rapie farmacologiche uno studio II livello ha scoperto che i pazienti con ipofun-
888 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

zione vestibolare che venivano trattati quotidianamente con valium o meclizina


non avevano raggiunto avuto alcun miglioramento nella stabilità posturale do-
poun periodo di 6 settimane di riabilitazione [39]. Inoltre su è visto che nei pazien-
ti che assumevano farmaci ad azione centrale come antidepressivi, antipsicotici,
anticonvulsivanti o vestibolo-soppressori richiedevano una terapia riabilitativa
più lunga rispetto ai pazienti che non assumevano tali farmaci. Per quanto ri-
guarda le tempistiche correlate alla riabilitazione questa dovrebbe essere eseguita
precocemente subito dopo un episodio di vertigine acuta permettendo quindi di
raggiungere migliori risultati.

18.3.1.8. Raccomandazioni sul rapporto rischio/beneficio della riabilitazione ve-


stibolare in termini di qualità della vita e aspetti psicologici
La perdita della funzione vestibolare si traduce in instabilità posturale, disturbi
visivi, vertigini o sensazione soggettiva di perdita di equilibrio. Secondo Loss et
al., i pazienti affetti da disfunzione vestibolare bilaterale, anche se non sottoposti a
riabilitazione vestibolare, presentano una compromissione importante sia della
qualità di vita che a livello lavorativo, con aumento delle ore lavorative perse a
causa della disabilità indotta dalla vertigine. Al fine di valutare il miglioramento
della qualità di vita dopo riabilitazione vestibolare si utilizza il Dizziness Handicap
Inventory che inizialmente fu ideato per misurare il grado di handicap correlato
alle vertigini. Altri autori utilizzano Activities-Specific Balance Confidence Scale per
misurare i miglioramenti in termini di capacità di mantenere l’equilibrio nel corso
del trattamento (studio di I livello [22], studi di II livello Badaracco et al. [46], Meli
et al. [47], studi di III livello Brown et al. [48]. I miglioramenti raggiunti nel Dizzi-
ness Handicap Inventory Score e Activities-Specific Balance Confidence Scale suggeri-
scono che dopo un trattamento riabilitativo i pazienti presentano una netta ridu-
zione della sintomatologia. I principali effetti collaterali associati alla riabilitazione
vestibolare erano la nausea, la cervicalgia e la cinetosi. Secondo Telian et al. in uno
studio di II livello la gran parte dei pazienti (82%) riferì dei miglioramenti anche
se il 12 % riportò di sentirsi peggio dopo la riabilitazione vestibolare.

18.4. Discussione e raccomandazioni riabilitative

Le seguenti raccomandazioni sono il risultato delle linee guida per il trattamento


riabilitativo dei disturbi vestibolari “Vestibular Rehabilitation for Peripheral Ve-
stibular Hypofunction: and Evidence-Based Clinical Practice Guideline” e delle
“Clinical Practice Guideline: Benign Paroxysmal Positional Vertigo (Update)” che
rispondono ai criteri di multidisciplinarietà, multiprofessionalità e seguono un
sistema di rating delle evidenze e delle raccomandazioni (sistema GRADE), basa-
18. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle sindromi vertiginose 889

te su studi elaborati secondo le check-list specifiche come ad esempio il sistema


PRISMA per le meta-analisi / revisioni sistematiche.

18.4.1. Raccomandazioni riabilitative di grado forte


Il trattamento riabilitativo è fortemente raccomandato nei pazienti con disfunzio-
ne vestibolare unilaterale acuta, subacuta e cronica.
Il trattamento riabilitativo è fortemente raccomandato nei pazienti con disfunzio-
ne vestibolare bilaterale.
Il trattamento riabilitativo con manovre liberatorie è fortemente raccomandato nei
pazienti con vertigine parossistica posizionale benigna associata alla canalolitiasi
del canale semicircolare posteriore.

18.4.2. Raccomandazioni riabilitative di grado moderato


Protocolli riabilitativi specifici per il singolo paziente sono moderatamente
raccomandati.
L’esecuzione di programmi riabilitativi guidati dal fisioterapista è modera-
tamente raccomandata.
Il trattamento riabilitativo (no manovre liberatorie) è moderatamente rac-
comandato nei pazienti con vertigine parossistica posizionale benigna.

18.4.3. Raccomandazioni riabilitative di grado debole


Vi sono deboli raccomandazioni riguardo l’identificazione di fattori che po-
trebbero modificare l’esito della terapia riabilitativa.

18.4.4. Raccomandazioni riabilitative non raccomandate


Gli esercizi per la stabilizzazione dello sguardo nei pazienti con disfunzione
vestibolare periferica unilaterale o bilaterale non sono raccomandati.
La prescrizione di limitazioni posturali dopo le manovre di liberazione nei
pazienti con vertigine parossistica posizionale benigna non è raccomandata.

18.4.5. Raccomandazioni riabilitative non formulabile


Non ci sono raccomandazioni riguardo l’esecuzione di esercizi per la stabi-
lizzazione dello sguardo nei pazienti con disfunzione vestibolare periferica
unilaterale o bilaterale.
Non sono emerse raccomandazioni riabilitative riguardo la prescrizione di
un protocollo riabilitativo domiciliare basato su di un protocollo di esercizi
da svolgere 3 volte al giorno per un totale di almeno 12 minuti complessivi
giornalieri nei pazienti con disfunzione vestibolare acuta o subacuta e mi-
nimo 20 minuti giornalieri nei pazienti con disfunzione vestibolare cronica.
890 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Non ci sono raccomandazioni per la sospensione della terapia al raggiungi-


mento degli obiettivi prefissati o alla scomparsa o stabilizzazione della sin-
tomatologia.

Tabella 18.3. APTA Guidelines: Vestibular Rehabilitation for Peripheral Vestibular Hypofunction:
An Evidence-Based Clinical Practice Guideline [23].

Qualità delle Forza della


Raccomandazione
Evidenze Raccomandazione

Il trattamento riabilitativo è fortemente raccomandato nei pazien-


Livello I Grado A
ti con disfunzione vestibolare unilaterale acuta o subacuta.
Il trattamento riabilitativo è fortemente raccomandato nei pazien-
Livello I Grado A
ti con disfunzione vestibolare unilaterale cronica.
Il trattamento riabilitativo è fortemente raccomandato nei pazien-
Livello I Grado A
ti con disfunzione vestibolare bilaterale.
Gli esercizi per la stabilizzazione dello sguardo nei pazienti con
disfunzione vestibolare periferica unilaterale o bilaterale non so- Livello I Grado A
no raccomandati.
Esercizi riabilitativi specifici per il singolo pazienti a seconda del
Livello II Grado B
tipo di deficit funzionale sono moderatamente raccomandati.
La riabilitazione vestibolare guidata dal terapista è moderata-
mente raccomandata nei pazienti con deficit del sistema vestibo- Livello I-III Grado B
lare unilaterale o bilaterale.
Non ci sono raccomandazioni per la prescrizione di un protocollo
terapeutico domiciliare basato su di un protocollo di esercizi da
svolgere 3 volte al giorno per un totale di almeno 12 minuti com-
Livello V Grado D
plessivi giornalieri nei pazienti con disfunzione vestibolare acuta
o subacuta e minimo 20 minuti giornalieri nei pazienti con di-
sfunzione vestibolare cronica.
Non ci sono raccomandazioni per la sospensione della terapia al
raggiungimento degli obiettivi prefissati o alla scomparsa o stabi- Livello V Grado D
lizzazione della sintomatologia.
Vi sono deboli raccomandazioni riguardo l’’identificazione di
Livello I-III Grado C
fattori che potrebbero modificare l’esito della terapia riabilitativa.
Tab. 18.3. Raccomandazioni per il trattamento riabilitativo dei disturbi vestibolari.

CONCLUSIONI

Considerando l’importanza della riabilitazione vestibolare in campo medi-


co, le linee guida raccolte si propongono come utile strumento per i clinici, i
ricercatori e policy makers sintetizzando le ultime scoperte e raccomanda-
zioni in questo ambito. Queste raccomandazioni dovrebbero essere comun-
que considerate soltanto come linee guida e non come vere e proprie impo-
sizioni. Inoltre è opportuno sottolineare che l’aderenza a queste raccoman-
dazioni non sortirà lo stesso effetto in tutti paziente laddove non tutti po-
trebbero giovarne beneficio. Nelle criticità attuali rispetto le buone pratiche
18. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle sindromi vertiginose 891

e le linee guida nella riabilitazione vestibolare, possiamo annoverare la pre-


senza di un numero esiguo di studi che affrontano in maniera dirimente ed
esaustiva la riabilitazione vestibolare. Tra le altre criticità riportiamo la non
standardizzazione dei protocolli riabilitativi ed il mancato confronto tra i
tempi e le procedure da applicare, la scarsa evidenza delle tempistiche ri-
spetto all’inizio della terapia in relazione all’insorgenza dei sintomi e la
mancanza di un sistema standardizzato di valutazione dei risultati ottenuti.
Non sono ben chiari al momento neanche i tempi di sospensione e recupero
al termine del percorso riabilitativo. Non vengono inoltre standardizzati i
fattori che possono incidere sulla riuscita del protocollo riabilitativo (es. ses-
so, età, comorbilità ecc.). In ultima analisi vi è al momento solo uno studio
che ha valutato la riabilitazione vestibolare nei bambini. Per cui si può af-
fermare che: i ricercatori dovrebbero concentrare i loro sforzi nella ricerca di
un range temporale ottimale per iniziare riabilitazione vestibolare attraverso
studi che esaminino l'intervento precoce rispetto a quello ritardato; i ricerca-
tori dovrebbero identificare i fattori che predicano quali pazienti non trar-
ranno beneficio della riabilitazione vestibolare e quali pazienti avranno bi-
sogno della riabilitazione vestibolare per ottimizzare i risultati ottenuti con
altre terapie; con l'avvento di nuovi strumenti diagnostici, dovrebbe essere
possibile valutare il funzionamento di ciascun componente dell'apparato ve-
stibolare per cui i ricercatori dovrebbero esaminare i risultati della riabilita-
zione vestibolare in pazienti con danni al canale semicircolare rispetto ai
componenti otolitici dell'apparato vestibolare; i ricercatori dovrebbero esa-
minare i risultati della riabilitazione nei bambini con disfunzione vestibolare
confermata sulla base di test vestibolari. Dovrebbero inoltre studiare ed in-
dividuare un periodo critico di sviluppo dell'equilibrio nei bambini per una
più ottimale fornitura della riabilitazione vestibolare. Ciò è particolarmente
importante alla luce del numero di bambini che ricevono impianti cocleari in
giovane età e visto che la procedura chirurgica può influire sulla funzione
vestibolare. Vi sono prove sufficienti che gli esercizi vestibolari rispetto a
quelli con placebo siano efficaci, quindi gli sforzi futuri dovrebbero essere
indirizzati alla ricerca comparativa sull'efficacia tra diversi protocolli riabili-
tativi. I ricercatori dovrebbero confrontare direttamente diversi tipi di eser-
cizio vestibolare in ampi studi clinici per determinare approcci di allena-
mento ottimali e dovrebbero includere misure per valutare e capire l'impatto
della supervisione nell’ efficacia della riabilitazione vestibolare. Dovrebbero
esaminare l'impatto della frequenza, dell'intensità, del tempo e del tipo di
esercizi sui risultati della riabilitazione con determinazione della difficoltà
degli esercizi e come far progredire i pazienti in modo sistematico. Dovreb-
bero determinare la durata ottimale della riabilitazione vestibolare per risul-
892 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

tati favorevoli e i fattori che influiscono sul recupero funzionale. I ricercato-


ri dovrebbero esaminare ed effettuare studi che includano il ritorno
all’attività lavorativa che può essere difficile per i pazienti con ipofunzione
vestibolare e valutare quindi la modifica del tipo di lavoro o della tecnologia
assistiva per consentire il ritorno al lavoro in tempi e modi più idonei con la
produzione di criteri valutativi per il ritorno al lavoro ed anche indicatori
per il ritorno alla guida sicura.

Appendice

Tabella 18.4.
Review, Systematic Review, Meta-analisi Autore Fonte

Vestibular Rehabilitation Therapy: Review of Indica- Clin Neu-


Byung In Han.
tions, Mechanisms, and Key Exercises (2011) [49]. rolgy
The effectiveness of exercise-based vestibular rehabilita-
F1000Researc
tion in adult patients with chronic dizziness: A system- Burak Kundakci.
h
atic review (2018) [50].
Physical Therapy for Posterior and Horizontal Canal
Daniele Leite Ro- Int Arch Oto-
Benign Paroxysmal Positional Vertigo: Long-term Effect
drigues. rhinolaryngol
and Recurrence: A Systematic Review (2017) [51].
Tab. 18.4. Riassunto della principale letteratura esaminata.

Tabella 18.5. Principali esercizi riabilitativi.


Esercizi per migliorare la capacità di fissazione dello sguardo
1. Movimenti di flesso-estensione e rotazione
della testa a destra e sinistra con movimenti
ampi e non troppo veloci, a velocità crescente
sui vari piani, mantenendo la fissazione di un
target all’altezza degli occhi. In una fase suc-
cessiva l’esercizio verrà ripetuto ma con mo-
vimenti della mira in direzione opposta a
quella della testa per aumentare il guadagno
del VOR.
2. Esercizi per i movimenti saccadici e il riflesso
Gli esercizi dovrebbero essere ripetuti
vestibolo oculare: fissazione di un target ga-
da 3 a 4 volte al giorno per un totale di
rantendo l’allineamento del capo, quindi spo-
20 minuti complessivi
stare lo sguardo verso un altro target e poi
ruotare il capo verso il target stesso.
3. Esercizi per la ricerca della mira: Il paziente
fissa un target, garantendo il capo allineato,
chiude gli occhi, allontana lentamente il ca-
po dal bersaglio immaginando di mantenere
fisso lo sguardo sul target. Quindi apre gli
occhi per vedere se è stato capace di mante-
nere lo sguardo fisso sul target, in caso con-
trario provvede ad aggiustare la mira.
18. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle sindromi vertiginose 893

Esercizi per il miglioramento del controllo posturale


 Il paziente è invitato ad osservare immagini
con prospettiva alterata, mantenendo buoni
input somato-sensoriali (ad esempio ese-
guendo l’esercizio a piedi nudi) mantenendo
l’equilibrio, Il paziente è quindi invitato a
passare dalla posizione seduta a quella eretta
e poi a camminare sempre mantenendo la
stimolazione visiva.

 Mantenere il controllo posturale su base di


Il paziente deve mantenere la posizio-
appoggio mobile o instabile (ad es tavoletta
ne per almeno 20 secondi.
inclinabile, tappeto o cuscino) ad occhi aperti
o chiusi.

 Esercizi di marcia su superfici instabili o in


ambienti con scarsa visuale.

 Marcia libera dopo rotazione con stop brusco.

 Marcia lungo i diametri di un cerchio o un


Il paziente deve ripetere il percorso
percorso a spirale.
per almeno 2-3 volte.

 Marcia con rotazione a destra o sinistra a co-


mando.

 Oscillazioni antero-posteriori sulle sole cavi-


glie fissando un target, mantenendo il busto
dritto, senza flettere le ginocchia.

 Rotazione sul proprio asse ripetuta più volte,


nei due sensi.

Esercizi per il miglioramento delle vertigini (Habi- Compiere 5 ripetizioni per ogni lato.
tuation therapy) Effettuare un set di 5 ripetizioni la
 Posizione eretta con un braccio alzato sopra la mattina, il pomeriggio e la sera per un
testa e gli occhi rivolti verso il braccio alzato. tempo complessivo di 10 minuti, per
Ripetere lo stesso esercizi con il braccio oppo- 14 giorni dopo un episodio di vertigi-
sto. ne.
 Dalla posizione eretta, flettere il tronco fino a
toccare con la mano il piede opposto seguen-
do una linea diagonale, ripetere lo stesso mo-
vimento con il braccio opposto.
 Brandt-Daroff exercise: il paziente seduto sul
bordo del lettino, quindi si lascia cadere sul
lato sinistro con il capo e lo sguardo volti ver-
so destra. Quindi mantenere la testa alzata a
45 gradi per circa 30 secondi. Ritornare in po-
sizione seduta, mantenendola per 30 secondi.
Ripetere l’esercizio sul lato destro [52].
894 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Vestibular Habituation Training (VHT) di Norré


[53]:
Paziente seduto si lascia cadere in posizione su-
pina. Da supino ruota in decubito sinistro. Dal
decubito sinistro ruota in decubito destro. Da su-
pino ritornare alla posizione seduta.
Gli esercizi vanno ripetuti ogni giorno,
In piedi si gira verso destra poi a sinistra.
per almeno 15 giorni con intervalli di
Da seduto con il naso sul ginocchio sinistro porta- 30 secondi tra l'uno e l'altro
re l’orecchio destro sulla spalla destra.
Da seduto con il naso sul ginocchio destro, porta-
re l’orecchio sinistro sulla spalla sinistra.
Da seduto ruotare la testa in senso antiorario.
Da seduto ruotare la testa in senso orario.
Da seduto piegarsi in avanti.
Da seduto alzarsi in piedi.
Da seduto muovere la testa avanti e indietro
Passare dalla posizione seduta a quella supina,
con il capo esteso ruotato fuori del lettino a sini-
stra
Passare dalla posizione precedente a quella sedu-
ta
Passare dalla posizione seduta a quella supina,
col capo esteso al di fuori del lettino e ritornare
seduti.

Tecnica Five (VHT) [53]:


 Scuotere velocemente la testa a destra e a si-
nistra 20 volte di seguito, poi fermarsi e fissa-
re un punto davanti a se.
 Voltare la testa verso destra, stendersi rapi-
damente all'indietro mantenendo la testa ver-
so destra; fissare un punto sulla parete sino
alla scomparsa delle eventuali vertigini, poi
rialzarsi e fissare un punto davanti.
 Stendersi rapidamente all'indietro e fissare un
punto del soffitto, fino alla scomparsa delle
eventuali vertigini; dopo una pausa rimettersi
seduto e fissare un punto davanti.

Tab. 18.5. Vestibular Rehabilitation Therapy: Review of Indications, Mechanisms, and Key Ex-
ercises, 2011 [49].
18. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle sindromi vertiginose 895

Manovra liberatoria secondo Semont

Copyright Alpini D., Brugnoni G., Medicina fisica e riabilitativa nei disturbi di equilibrio,
Springer, 2007.

a) Il paziente viene sdraiato dal lato che provoca la vertigine. Quindi la


testa viene ruotata verso l’alto di circa 105°, per permettere lo spo-
stamento delle particelle pesanti alla base del canale semicircolare
posteriore; questa posizione elicita vertigine e nistagmo e viene
mantenuta per almeno 5 minuti;
b) Il terapeuta prende con saldamente la testa del paziente;
c) Il terapeuta porta con decisione il paziente dal lato opposto con una
rotazione contemporanea della testa verso il basso di 195°.

Abitualmente, in questa nuova posizione, dopo pochi secondi, compaiono


ancora vertigine e un nistagmo definito da Semont “liberatorio” perché
esprimerebbe l’efficacia della manovra. Quando il nistagmo scompare, il te-
rapeuta riporta lentamente il paziente seduto, raddrizzando il capo solo alla
fine. La riposizione del capo in asse con il vettore gravitazionale comporta,
secondo Semont, la fuoriuscita delle particelle pesanti dal canale verso
l’utricolo. Questa fuoriuscita determinerebbe la reazione vertiginosa violen-
ta che abitualmente avviene anche in questo momento [1].
896 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Manovra liberatoria secondo Epley

Copyright Alpini D., Brugnoni G., Medicina fisica e riabilitativa nei disturbi di equilibrio,
Springer, 2007.

a) Il paziente si posiziona seduto sul lettino;


b) Il paziente viene portato in posizione supina con la testa estesa oltre il
bordo del letto. L’operatore si posiziona dietro al paziente e un assi-
stente al suo lato. Il paziente rimane sdraiato con una lieve ipere-
stensione del capo ed una contemporanea rotazione di 105° verso il
lato leso. In questa posizione appaiono vertigine e nistagmo. Il pa-
ziente rimane in questa posizione circa 30 secondi,
c) La testa del paziente viene ruotata dal lato opposto verso il labirinto
sano, di 90°,
d) Contemporaneamente alla rotazione della testa, anche il tronco e le
gambe ruotano verso il lato sano. Si osserva solitamente a questo
punto un nistagmo “liberatorio”,
e) Il paziente completa la rotazione delle gambe e ritorna seduto, tenen-
do la testa ruotata dal lato opposto rispetto al labirinto leso [1].
18. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle sindromi vertiginose 897

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[53] Otoneurologia 2000 Marzo 2006 / n. 23.
Prof. Valter Santilli

Linee guida, buone pratiche


ed evidenze scientifiche
in Medicina Fisica e Riabilitativa

Capitolo 19

Buone pratiche e linee guida riabilitative nel trattamento


dell’incontinenza urinaria non neurologica

Coautori

Roberta Segneri MD, Laura Troilo MD, Francesco Ioppolo MD, PhD
Prof. Cesare G. Cerri MD, Paolo Di Benedetto MD
19. Buone pratiche e linee guida riabilitative
19. nel trattamento
Buone pratichedell’incontinenza urinaria nel
e linee guida riabilitative
non neurologica
trattamento dell’incontinenza urinaria non
neurologica
Coautori
Roberta Segneri 1 MD, Laura Troilo 1 MD, Francesco Ioppolo 2 MD, PhD,
Prof. Cesare G. Cerri 3 MD, Paolo Di Benedetto 4 MD
Coautori
1
Roberta
Scuola Segneri1 MD,
di Specializzazione Laura Troilo
in Medicina Fisica eMD,
1 Francesco
Riabilitativa, Ioppolo
Sapienza
2 MD, PhD,
Università di Roma
2
Prof. Medico
Dirigente Cesare diG.I Cerri
Livello,MD,
3 Paolo
Medicina Di eBenedetto
Fisica 4 MD
Riabilitativa, Policlinico Universitario
“Umberto I”, Roma
13 Scuola
Professore Ordinario MED34,
di Specializzazione Università
in Medicina degli
Fisica studi di Milano-Bicocca
e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
24 Dirigente
Specialista in Medicina
Medico FisicaMedicina
di I Livello, e Riabilitativa
Fisicae einRiabilitativa,
Neurologia,Policlinico
Azienda Ospedaliero-
Universitario
Universitaria
“Umberto di Udine
I”, Roma
3 Professore Ordinario MED34, Università degli studi di Milano-Bicocca
4 Specialista in Medicina Fisica e Riabilitativa e in Neurologia, Azienda Ospedaliero-

Universitaria di Udine

ABSTRACT

Obiettivi: L’obiettivo di questo capitolo è revisionare le più recenti linee


guida riguardanti la gestione e il trattamento dell’incontinenza urinaria (UI),
in modo tale da offrire ai sanitari, medici e non, che operano in questo
settore un supporto alla pratica clinica fornendo loro una sintesi delle
concordanze e delle differenze salienti presenti tra le varie linee guida.
Questo supporto si rende oltremodo necessario per il fisiatra, che in quanto
medico, deve ottemperare ai dettati della legge Bianco-Gelli che richiede una
applicazione delle raccomandazioni contenute nelle linee guida onde
beneficiare della non punibilità in caso di imperizia.
Materiali e metodi: In questa revisione sono state esaminate ed incluse le
linee guida pubblicate negli ultimi 10 anni, valutandole secondo il metodo
AGREE II e verificando l’utilizzo o meno del metodo GRADE. Attraverso i
database e motori di ricerca sono state selezionate le linee guida
internazionali esistenti, accertandone i limiti di inclusione definiti in
precedenza. Sono state esaminate nello specifico le linee guida elaborate
dall’EAU (European Association of Urology) aggiornate al febbraio 2018 e al
2016 specifiche per gli uomini, dall’ICI (International Continence Society)
aggiornate al 2013, dalla NICE (National Institute for Health and Care
Excellence) 2013 con un update del novembre 2015 per le donne, e del 2010
con un update del giugno 2015 per gli uomini (entrambi gli aggiornamenti
904 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

citati rimandano comunque alle linee guida degli anni di pubblicazione 2013
per le donne e 2010 per gli uomini), dalla ACP (American College of
Physicians) aggiornate al 2014 specifiche per le donne, riguardanti la
gestione generale di tutti i tipi di incontinenza e relative a uomo e/o donna,
inoltre sono state esaminate le linee guida elaborate dalla CUA (Canadian
Urological Association) aggiornate al 2017, dalla AUA/SUFU (American
Urological Association) pubblicate nel 2012 con ulteriore modifica nel 2014
(non considerata l’ultima versione esistente pubblicata nel 2017 che si
focalizza su linee guida in riferimento esclusivamente al trattamento
chirurgico), dall’Associazione degli Urologi Giapponesi pubblicate in prima
battuta il 15 ottobre 2008 come traduzione in inglese di due linee guida
originariamente pubblicate in giapponese (come specificato nell’abstract
della linea guida) e con una successiva versione identica pubblicata l’anno
successivo (2009), e pubblicate dagli stessi autori nel 2017, ma relative
esclusivamente agli uomini, in riferimento alla gestione dell’incontinenza da
vescica iperattiva; per finire sono state esaminate le linee guida
dell’Associazione degli Uro-ginecologi Olandesi aggiornate al 2014,
specifiche per la gestione dell’incontinenza da sforzo.
Risultati: Si evidenzia un accordo generale delle linee guida sull'uso di
trattamenti conservativi/riabilitativi improntati sul cambiamento dello stile di
vita e tecniche comportamentali per la gestione di prima linea
dell’incontinenza urinaria, seguiti poi da un approccio prettamente
farmacologico come seconda linea di trattamento, terminando con un ruolo
limitato delle metodiche più invasive utilizzate come terza linea di
trattamento nel paziente non complicato e che non necessita di intervento
chirurgico. Qualche discrepanza è emersa nella linea farmacologica
sull’utilizzo degli estrogeni intra-vaginali e degli antidepressivi nell’
incontinenza da sforzo, e nelle metodiche più invasive riguardanti le tecniche
di elettrostimolazione funzionale superficiale e l’utilizzo della tossina
botulinica intra-vescicale, anche in relazione al profilo di efficacia.
Conclusioni: Non tutte le linee guida valutate utilizzano il metodo GRADE
per formulare le raccomandazioni; non tutte presentano evidenze cliniche di
alta qualità, basandosi, alcune di esse, esclusivamente sull’opinione ed
accordo degli esperti. Tutto ciò si traduce in una diversità nel presentare la
forza delle raccomandazioni riguardanti le varie modalità di trattamento.

INTRODUZIONE

L’incontinenza urinaria (UI), secondo l’International Continence Society


(I.C.S.), è definita come “Una condizione in cui la perdita involontaria di
urina dall’uretra è obiettivamente dimostrabile e costituisce un problema
19. Bp e Lg riabilitative nel trattamento dell’incontinenza urinaria 905

igienico e sociale”(ICS 2002) [1], riaggiornata poi a “Qualsiasi perdita


involontaria di urina” (ICS 2005) [2], per poter accorpare le condizioni in cui
l’incontinenza non è percepita come problema igienico-sociale, e quindi
soffermandosi solo ed esclusivamente sulla condizione oggettiva dichiarata
e riscontrata. L’incontinenza è ancora un tabù, un segreto da non riferire.
Non se ne parla con il medico, con gli amici e persino con il proprio partner.
È considerato un problema subissato, sottostimato, probabilmente per
problemi di vergogna, reticenza e paura di giudizio. Solo circa il 25% delle
persone affette da incontinenza si rivolge poi effettivamente al medico. Si
stima che nel mondo circa 200 milioni di persone soffrano di incontinenza e
nello specifico nei 27 Paesi dell’Europa oltre 36 milioni, di cui il 60% sono
donne. In Italia circa 5 milioni, pari al 7,1% della popolazione, soffre di
incontinenza, di cui il 1,5-15% sono uomini e 14-68% sono donne [3]. Dati
più specifici internazionali indicano una prevalenza di 1,7-36,4% nelle
popolazioni statunitensi e 1,5-15,2% nelle popolazioni asiatiche, con
prevalenza dipendente dall'età e dal sesso [4]. Si è obiettivato che la
prevalenza dell’incontinenza urinaria abbia un andamento in crescendo:
meno presente durante l’età giovane-adulta (20-30%), poi un rapido
incremento in corrispondenza della media età (30-40%) e infine un costante
incremento dopo i 65 anni (30-50%) [5]. Le donne, come sopra descritto,
rappresentano la popolazione maggiormente afflitta dalla UI e si stima che
circa una donna su tre soffra di questo disturbo, parliamo di circa il 12 - 53%,
con una media del 35,14 %, cosa che è dovuta principalmente alla
predisposizione anatomica degli organi di pertinenza femminili [6].
Nell’uomo il problema è sicuramente meno frequente, ma si calcola che una
percentuale variabile dal 2 al 3% della popolazione maschile sia affetta da
una qualche forma di incontinenza.
L’incontinenza urinaria può essere suddivisa in 4 categorie [7]:
- Incontinenza urinaria da sforzo (stress incontinence, SUI);
- Incontinenza urinaria da urgenza (urge incontinence, UUI) con o senza
sindrome della vescica iperattiva (overactive bladder - OAB);
- Incontinenza urinaria di tipo misto (mixed incontinence, MUI);
- Incontinenza da rigurgito (overflow incontinence, OFI);
e classificata in base alla sua presentazione nel sesso femminile o maschile:
- Incontinenza urinaria femminile;
- Incontinenza urinaria maschile;
con un rapporto 9:1 sbilanciato verso il sesso femminile [5].
Per incontinenza urinaria da sforzo, si intende la perdita involontaria di
urina durante uno sforzo, in assenza di attività contrattile del detrusore e
quindi secondaria ad una disfunzione / debolezza sfinteriale. È presente
906 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

un’alterazione dei meccanismi di chiusura uretrale per cui il brusco


aumento della pressione addominale, in occasione di uno sforzo come un
colpo di tosse o uno starnuto, si trasmette alla parete vescicale che
compressa dall’esterno fa aumentare la pressione interna rispetto alla
pressione di chiusura uretrale. Questa è la forma di incontinenza più
frequente nella donna (circa il 50% dei casi) principalmente dovuta alla
presenza nel sesso femminile di maggiori fattori di rischio come il parto
naturale, la pluriparità e l’avvento della menopausa, tutti eventi che
indeboliscono le strutture coinvolte nella continenza.
Per incontinenza urinaria da urgenza si intende la perdita involontaria ed
incontrollata di urina, accompagnata dalla travolgente ed impellente
sensazione di dover urinare. Questa incontinenza può essere secondaria ad
una condizione definita come la sindrome della vescica iperattiva,
caratterizzata da contrazioni incontrollate detrusoriali per cui la
muscolatura va incontro ad attivazione involontaria determinando un
aumento pressorio intra-vescicale tale da superare la pressione di chiusura
uretrale. Questa è di sicuro la forma di incontinenza più frequente nel sesso
maschile, difatti l’ostruzione uretrale secondaria ad iperplasia prostatica
determina una progressiva ipertrofia delle cellule muscolari della vescica
che le rende ipereccitabili e soggette ad autoeccitarsi al di fuori del normale
controllo neurologico della minzione.
Per incontinenza di tipo misto si definisce la presenza di incontinenza
urinaria da sforzo e di incontinenza da urgenza in contemporanea in
percentuale variabile a seconda delle alterazioni patologiche esistenti nello
specifico paziente.
Per incontinenza da rigurgito si intende la perdita goccia a goccia di urina
dovuta ad un eccessivo riempimento della vescica che non riesce a svuotarsi
completamente e ritrova le sue cause in una debolezza intrinseca muscolare o
ostruzioni esterne come masse tumorali e/o adenomi prostatici nell’uomo [7].
Molteplici sono i fattori di rischio e le possibili cause che possono
determinare l’insorgenza dell’incontinenza urinaria, e sono suddivisibili in
generali non legati al sesso e non modificabili come l’età, difatti con
l’avanzare dell’età (oltre i 60 anni) è più facile che si verifichi questa
condizione, eventuali danni da chirurgia e traumatismi permanenti che
possono lesionare una o più componenti del sistema urinario, l’inarrestabile
deterioramento cognitivo, o modificabili come la presenza e la conduzione
di stili di vita che favoriscono l’incontinenza come l’obesità, poiché
l’aumento del peso corporeo e un BMI (Body Mass Index) elevato si è
valutato avere una stretta correlazione con l’incontinenza urinaria, il fumo
di sigaretta dato che sembra che la nicotina possa avere un’azione irritativa
19. Bp e Lg riabilitative nel trattamento dell’incontinenza urinaria 907

sul muscolo detrusore, l’assunzione di eccessive dosi di sostanze contenenti


caffeina e l’introito di quantità importanti di liquidi e bibite gassate; è
possibile altresì ricondurre l’incontinenza alla presenza di situazioni
patologiche come la presenza di infezioni urinarie, calcoli all’apparato
urinario, neoformazioni vescicali o limitrofi, stipsi cronica e patologie di
origine psichiatrica. Alcuni farmaci sono potenzialmente associati ad
incontinenza quali benzodiazepine, antipsicotici e antagonisti α-adrenergici
che possono diminuire la pressione uretrale, parasimpaticomimetici,
agonisti serotoninergici, antidepressivi e terapia ormonale sostitutiva che
possono portare ad una iperattività detrusoriale, farmaci anti-Parkinson,
anticolinergici, agonisti α-adrenergici che possono ridurre il completo
svuotamento vescicale, e diuretici che possono aumentare in maniera
eccessiva la quantità di urina [8].
Nello specifico nel sesso femminile le cause più frequenti di incontinenza si
riscontrano nella gravidanza, parto per via vaginale, pluriparità, insorgenza
della menopausa e presenza di fibromi e masse uterine. Nell’uomo le cause
più frequenti di incontinenza sono essenzialmente relative a problemi legati
alla prostata come adenomi prostatici, iperplasia prostatica e masse
tumorali, nonché l’arrivo della andropausa [9].

In tabella 19.1. vengono riassunti i tipi di incontinenza e i relativi sintomi e


cause più comuni.
908 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Tabella 19.1.

Tipi di incontinenza Cause più comuni Sintomi più frequenti

STRESS INCONTINENCE (SUI)

Gravidanza, pluriparità,
parto vaginale
Menopausa
Piccolo quantitativo di urine
Chirurgia del pavimento
Incontinenza da sforzo perso durante uno sforzo
pelvico (20% post
come starnuto o colpo di tosse
prostatectomia)
Neoformazioni uterine
Obesità
URGE INCONTINENCE (UUI)

Infezioni urinarie
Incontinenza da urgenza Bisogno improvviso e urgente
Masse tumorali vescicali
Con o senza di urinare con impossibilità di
Calcoli e infiammazione
Sindrome della Vescica reprimere lo stimolo e perdita
Farmaci diuretici o ipnotici
iperattiva involontaria conseguente
Iperplasia prostatica

MIXED INCONTINENCE (MUI)


Componenti
sintomatologiche della SUI e
Incontinenza mista Cause riportate in entrambe i UUI che però non sono
Presenza contemporanea di tipi di incontinenza SUI e equivalenti.
SUI e UUI UUI Vi è sempre la
preponderanza di una
rispetto all’altra
OVERFLOW INCONTINENCE (OFI)

Iperplasia prostatica
Flusso povero, gocciolamento
Ostruzioni vescicali
Incontinenza da rigurgito incontrollabile, sensazione di
Stipsi
incompleto svuotamento
Malformazioni uretrali

Tab. 19.1. L’incontinenza urinaria, tipi principali, cause e sintomi più comuni.

Per quanto concerne la corretta diagnosi dell’incontinenza urinaria,


L’International Consultation on Incontinence (ICI) ha messo a punto
specifiche linee guida sull’iter diagnostico dell’incontinenza urinaria che
prevedono un colloquio approfondito con il paziente, seguito da visita
medica ed esame obiettivo. Il percorso diagnostico prevede, a seguire, un
esame delle urine, l’urinocoltura e il diario minzionale sul quale il paziente
deve annotare sintomi e frequenza minzionale.
Sotto indicazione specialistica si può indirizzare il paziente ad eseguire
esami più approfonditi quale l’esame urodinamico specie se in presenza di
fallimento di una data terapia o come esame propedeutico alla chirurgia.
19. Bp e Lg riabilitative nel trattamento dell’incontinenza urinaria 909

Iter diagnostico per incontinenza urinaria.


Anamnesi ed esame fisico del paziente
Colloquio con il paziente annotando dettagliatamente i sintomi riportati e sottolineando
eventuali comorbidità/prestazioni chirurgiche/eventi che possano essere ricondotti
all’incontinenza. Valutare digitalmente la contrazione muscoli pavimento pelvico, i genitali e
valutare presenza o meno di prolassi, ernie, stipsi attraverso esplorazione rettale, ostruzioni
vie urinarie, disturbi neurologici.
Stress test: far eseguire al paziente spinte e colpi di tosse per verificare incontinenza da
stress.
Diario minzionale
Registrazione di assunzioni di liquidi, tempi e volumi di svuotamento urinario, episodi di
perdita, utilizzo di pannolini o assorbenti, grado di urgenza o incontinenza. Aggiornamento
del diario a cadenza quotidiana includendo eventuali variazioni di attività normalmente
eseguite.
Analisi ematochimici, esame delle urine ed urinocoltura
Verificare la presenza di eventuali infezioni urinarie in corso con relativa carica batterica.
Ecografia
Valutazione della morfologia vescicale e rilevamento di eventuali presenze di masse
tumorali o calcoli urinari. L’ecografia indaga anche la presenza del residuo minzionale.

VALUTAZIONE FUNZIONALE con ESAMI URODINAMICI


Uroflussometria
Fornisce una valutazione del flusso urinario registrando il volume corrente di urina che
viene eliminata durante la minzione.
Cistometria
Consente la registrazione della pressione intra-vescicale permettendo di verificare la
presenza di eventuali contrazioni anomale.
Studio pressione/flusso
Valutazione ostruzione uretrale, valutazione contrattilità sfintere.

VALUTAZIONE ANATOMICA BASSE VIE URINARIE


Cistouretrografia
Esame radiografico vie urinarie inferiori con mezzo di contrasto.
Uretrocistoscopia
Indagine e visione interna di uretra e vescica con cistoscopio.
Appendice 19.1. Iter diagnostico per incontinenza urinaria.

Il trattamento dell'incontinenza urinaria dipende dal tipo della stessa, dalla


gravità del problema, dalla causa sottostante e da quali misure si adattano
meglio allo stile di vita del paziente. Inoltre, alcuni approcci terapeutici sono
ottimali per gli uomini, mentre altri sono più adatti per le donne. L'obiettivo
di ogni trattamento per l'incontinenza urinaria consiste sicuramente nel
migliorare la qualità di vita del paziente. Nella maggior parte dei casi, la
prima linea di trattamento è conservativa, con modifiche dello stile di vita e
tecniche riabilitative, o minimamente invasiva. L'allenamento e gli esercizi
muscolari del pavimento pelvico per la gestione dell'incontinenza urinaria
erano pratiche già utilizzate e descritte in diversi testi antichi. I cosiddetti
910 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

“esercizi del cervo (deer exercises)” hanno fatto parte della routine nella
disciplina del taoismo cinese per oltre 6000 anni; i testi degli antichi indiani
anche riportano esercizi simili come parte delle pratiche yoga; Ippocrate e
Galeno descrivono esercizi del pavimento pelvico praticati nell’antica Grecia
e a Roma. Si pensava difatti che rafforzare questi gruppi muscolari portasse
a longevità, salute, elevazione spirituale e carica sessuale. Nell’epoca
moderna le prime descrizioni di esercizi del pavimento pelvico risalgono al
1936 con uno scritto di Margaret Morris, ballerina coreografa ed insegnante
britannica nata nel 1891 a Londra, che correlava miglioramenti
dell’incontinenza urinaria con movimenti di contrazione e rilassamento dei
gruppi muscolari del pavimento pelvico; ma è nel 1948 con il Prof. Arnold
H. Kegel, ginecologo negli USA, che diventano pratica regolare per il
trattamento dell’incontinenza (da lui il nome comune “esercizi di Kegel” per
indicare tutte le pratiche riabilitative relative al pavimento pelvico).
I farmaci nel trattamento dell’incontinenza possono essere più o meno
necessari a seconda della causa principale che sta dietro la problematica, la
quale deve essere valutata per decidere poi la classe di farmaci giusta da
utilizzare, come si analizzerà più avanti. Se i sintomi sono però più gravi e
tutti i trattamenti conservativi non efficaci, può essere raccomandato un
approccio più invasivo / chirurgico.
Il successo terapeutico dipende, in primo luogo, dalla corretta diagnosi.
Nella maggior parte dei casi, è possibile ottenere grandi miglioramenti e
risoluzione dei sintomi.

L’obiettivo del presente lavoro è quello di individuare e selezionare le linee


guida più recenti riguardanti la gestione dell’incontinenza urinaria non
neurologica ed effettuarne una revisione dettagliata che possa essere seguita
nella pratica clinica, facendo emergere il grado di raccomandazione di ogni
singolo trattamento proposto ed eventuali discordanze e/o concordanze
presenti tra le diverse linee guida. Questo supporto si rende oltremodo
necessario per il fisiatra, che in quanto medico, deve ottemperare ai
contenuti della legge Gelli-Bianco che richiede una applicazione delle
raccomandazioni contenute nelle linee guida onde beneficiare della non
punibilità in caso di imperizia.

19.1. Materiali e metodi

Per questo lavoro sono state selezionate in totale 10 linee guida pubblicate
dall’anno 2009 al febbraio 2018, attraverso ricerche bibliografiche effettuate
dal gennaio 2018 all’aprile 2018, nelle principali banchi dati per linee guida e
19. Bp e Lg riabilitative nel trattamento dell’incontinenza urinaria 911

sui principali motori di ricerca: Google Scholar, Medline, Cochrane library,


PEDro, e riviste scientifiche on-line. Le Keywords inserite per raffinare la
ricerca sono state: “urinary incontinence”, “stress incontinence”, “urge
incontinence”, “guidelines”, “women”, “men”, “non neurogenic”,
“rehabilitation”, “management”, “physiotherapy”, “pelvic floor muscle
training”, “PFMT”, “non surgical”. Le selezioni adottate sono state verso i
documenti provvisti di full-text degli ultimi 9 anni, scritti in lingua inglese o
italiana. Sono stati eliminati dalla ricerca tutti gli articoli che
comprendevano approcci di tipo chirurgico per la risoluzione di tutti i tipi
di incontinenze, le incontinenze di tipo neurologico e le enuresi del paziente
pediatrico. Di seguito è riportata la flow chart con le caratteristiche della
ricerca effettuata.

Record identificati mediante Record identificati attraverso


ricerche nelle banche dati n: 284 altre fonti n: 37

Record dopo eliminazione dei


duplicati n: 247

Record sottoposti a screening Record esclusi


n:239 n:14

Articoli full-text valutati per


l’eligibilità: 16

Studi inclusi nella sintesi Linee guida stress


qualitativa n: 10 linee guida incontinence n: 5

Linee guida urge/OAB Linee guida mixed


incontinence n: 8 incontinence n: 4

Fig. 19.1. Flow chart.

Sono stati valutati gli aspetti di multidisciplinarietà e multiprofessionalità


delle linee guida per definirne la qualità metodologica, e l’utilizzo o meno
del metodo GRADE per la valutazione della qualità degli studi su cui si
basano le raccomandazioni presentate.

19.2. Risultati

Nella tabella 19.2. sono riportate le linee guida (LG) selezionate con le varie
caratteristiche specificate per ognuna.
912 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Tabella 19.2. Linee guida per l’incontinenza urinaria non neurologica.


SOCIETÀ
LINEE GUIDA ORGANISMI, FONTE MD MP GRADE METODO
ANNO USATO
EAU Guidelines on
Assessment and
European
non-surgical
EAU*, 2018. Association Sì Sì No Raccomand.
management of
of Urology
urinary
incontinence.
EAU Guidelines in
Management of non-
neurogenic male EAU
lower urinary tract EAU*, 2016. Guidelines Sì Sì Sì -

symptoms (LUTS),
inc. benign prostatic
obstruction (BPO)
Evaluation and
5th
Treatment of
International
Urinary
ICI*, 2013. Consultation Sì Sì Sì -
Incontinence, Pelvic
on
organ Prolapse and
Incontinence
Faecal Incontinence.
Dutch guidelines for
physiotherapy in Maastricht
Int Uro-
patients with stress University, Livelli di
gynecol Sì Sì No
urinary Maastricht, The Evidenza
Journal
incontinence: an Netherlands, 2013.
update.
CUA guidelines on
CUA guidelines, doi.org/10.54
adult overactive Sì Sì Sì -
2017. 89/cuaj.4586
bladder.
Nonsurgical
Management of
Urinary American
Incontinence in College of
ACP clinical
Women: A Clinical Physicians Sì Sì No Raccomand.
guidelines, 2014.
Practice Guideline Ann Intern
From the American Med
College of
Physicians.
Diagnosis and
AUA: American
treatment of
Urological
Overactive Bladder The Journal
Association, Sì Sì Sì -
(Non-Neurogenic) in Of Urology
Education and
Adults: AUA/SUFU
Research, 2012.
Guideline.
Clinical guidelines The Japanese International
for overactive Urological Journal of Sì Sì Sì -
bladder. Association, 2008. Urology
Lower urinary tract
nice.org.uk/g
symptoms in men: NICE, 2010. Sì Sì No Raccomand.
uidance/cg97
management.
19. Bp e Lg riabilitative nel trattamento dell’incontinenza urinaria 913

Urinary
nice.org.uk/g
incontinence in
NICE, 2013. uidance/cg17 Sì Sì No Raccomand.
women:
1
management.
Clinical guidelines
for male lower
The Japanese International
urinary tract
Urological Journal of Sì Sì Sì -
symptoms and
Association, 2017. Urology
benign prostatic
hyperplasia.

Tab. 19.2. Linee guida per l’incontinenza urinaria non neurologica; MD: Multidisciplinarietà;
MP: Multiprofessionalità.

N.b. Il sottotipo di incontinenza di tipo misto viene valutato e trattato in


base alla prevalenza dei disturbi riportati dal paziente che virano o verso i
sintomi specifici dell’incontinenza da sforzo o verso i sintomi tipici
dell’incontinenza da urgenza; per questo motivo ci si approccia con la
medesima strategia che sarà descritta di seguito per le due tipologie di
incontinenza trattando i sintomi predominanti che determinano maggiore
fastidio e disagio nel paziente.

Tutte le linee guida selezionate per questa revisione sono eccellenti e ben
strutturate in riferimento a molti dei domini di pertinenza della check-list
AGREE II; non aderiscono comunque rigorosamente a tutti gli item previsti,
ricevendo per questo un punteggio basso all’analisi completa della check-list
per valutare la qualità delle linee guida [10].
Di seguito viene riportata per ogni linea guida un dettaglio sulla modalità di
ricerca, studi grazie alla quale è stata estrapolata e sistemi di riferimento per
la valutazione delle varie raccomandazioni presentate.
EAU 2018 [11], Guidelines on Assessment and non surgical management of
urinary incontinence: la ricerca è stata aggiornata da una data cut-off delle
precedenti linee guida (Giugno 2010) ad Aprile 2016 ed ha incluso ricerche
sui motori Medline, EMBASE e la libreria Cochrane. Sono stati considerati
5721 articoli in lingua inglese; l'estrazione dei dati è stata poi effettuata per
studi rilevanti, sia da membri delle linee guida che panel members, e
sintetizzata da un senior panel member per arrivare a una serie di
dichiarazioni di evidenza per ogni argomento. Le raccomandazioni sono
state poi strutturate attraverso i vari consensi. Per l’aggiornamento 2017
delle linee guida, il grado di raccomandazione è stato cambiato dal vecchio
sistema “A”, “B” e “C” a raccomandazioni “forti” o “deboli”. Ciò è basato su
un Sistema GRADE modificato Oxford, che è stato adottato nel 2017.
EAU 2016 [12], Guidelines in Management of non neurogenic male lower
urinary tract symptoms (LUTS), inc. benign prostatic obstruction (BPO),
914 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

2016: la ricerca era limitata a studi che rappresentavano solo livelli elevati di
evidenza (cioè revisioni sistematiche con meta-analisi, studi randomizzati
controllati (RCT) e studi prospettici non randomizzati pubblicati in lingua
inglese. I database cercati includevano Medline, EMBASE e le librerie
Cochrane, coprendo un intervallo di tempo che andava dal 1° gennaio 2014
al 31 maggio 2015. Sono stati identificati un totale di 1172 risultati, sottoposti
a screening. Inoltre, le sezioni specifiche della linea guida sono state
aggiornate mediante una revisione sistematica basata su argomenti o
domande prioritarie dal pannello delle linee guida. Queste revisioni sono
state eseguite utilizzando la metodologia standard Cochrane delle revisioni
sistematiche. I riferimenti utilizzati in questo testo sono stati valutati in base
al loro livello di evidenza (LE) e le linee guida sono state fornite di un grado
di raccomandazione (GR) secondo un sistema di classificazione modificato
dal Centro di Oxford per livelli di evidenza della medicina basata
sull'evidenza. Le sezioni della linea guida risultanti dalle revisioni
sistematiche sono state sottoposte a revisione paritetica. Le raccomandazioni
sono state applicate ad uomini di età pari o superiore a 40 anni che
cercavano un aiuto da parte di professionisti per LUTS (Lower Urinary Tract
Symptoms) in condizioni non neurogeniche e non maligne come nel caso
dell’ostruzione prostatica benigna, iperattività detrusoriale / iperattività
vescicale, o poliuria notturna. Pazienti con altri tipi di LUTS (es. malattie
neurologiche concomitanti, giovane età, pregressa malattia di LUTS o
chirurgia) di solito richiedono un trattamento più esteso che non è stato
contemplato nelle presenti linee guida.
ICI 2013 [13], Evaluation and Treatment of Urinary Incontinence, Pelvic
organ Prolapse and Faecal Incontinence: le dichiarazioni di consenso si sono
basate sull’ accurata revisione della letteratura disponibile e sull'opinione
soggettiva globale di esperti riconosciuti, che fanno parte di commissioni
focalizzate. I singoli rapporti del comitato sono stati sviluppati e sottoposti a
revisione mediante presentazione e commenti aperti. Il comitato scientifico,
composto dal presidente di tutte le commissioni, ha quindi poi perfezionato
le dichiarazioni finali di consenso. Queste dichiarazioni di consenso
pubblicate nel 2013 vengono periodicamente rivalutate alla luce
dell'esperienza clinica, del progresso tecnologico e della ricerca.
Dutch Guidelines 2014 [14], Dutch guidelines for physiotherapy in patients
with stress urinary incontinence: an update: dal 1998 al settembre 2012 sono
state fatte ricerche sui seguenti database: PubMed, Medline, Embase,
CINAHL, PEDro e il database Cochrane, per pubblicazioni relative alla SUI.
È stata eseguita un'ulteriore tracciabilità di ulteriori pubblicazioni pertinenti.
La qualità metodologica dei singoli studi è stata classificata seguendo il
19. Bp e Lg riabilitative nel trattamento dell’incontinenza urinaria 915

criteri EBRO (Evidence-Based Guideline Development) al fine di formulare


raccomandazioni e valutare la qualità di altri aspetti, oltre alle prove
scientifiche, che sono importanti per formulare le raccomandazioni, come il
raggiungimento del consenso generale, l'efficienza (costi), la resource
availability, le competenze e la formazione richieste dal terapeuta, gli aspetti
organizzativi e gli sforzi per armonizzare la linea guida con altre linee guida
mono o multidisciplinari. Questa linea guida multidisciplinare e
multiprofessionale, è stata elaborata non seguendo il metodo GRADE ma
proponendo le raccomandazioni secondo livelli di evidenza.
CUA 2017 [15], Guidelines on adult overactive bladder: Una revisione
completa degli studi sull’OAB è stata eseguita utilizzando PubMed, Medline
e i database Cochrane Library. Inoltre, sono state cercate le bibliografie di
tutti gli articoli pertinenti per evitare l'esclusione di articoli significativi.
L'attenzione si è concentrata su revisioni sistematiche, meta-analisi e
raccomandazioni basate sull'evidenza, quando disponibili. Sono stati
incorporati dati dai più recenti consensi della International Continence
Society (ICS), della American Urological Association (AUA), della European
Association of Urology (EAU), della National Institute for Health and Care
Excellence (NICE). Tutti gli articoli sono stati esaminati utilizzando i livelli
basati sull'evidenza, con il sistema di classificazione Oxford per le
raccomandazioni. Dove la letteratura era incoerente o scarsa, è stata creata
un'opinione di consenso per fornire linee guida appropriate. La linea guida
multiprofessionale e multidisciplinare è stata elaborata seguendo il metodo
GRADE per la valutazione delle raccomandazioni.
ACP 2014 [16], Nonsurgical Management of Urinary Incontinence in
Women: A Clinical Practice Guideline From the American College of
Physicians: Questa linea guida si basa su una revisione sistematica delle
evidenze che hanno affrontato domande chiave relative alla diagnosi e alla
gestione non chirurgica dell’incontinenza sia sul trattamento non
farmacologo che su quello farmacologico. La revisione sistematica è stata
effettuata dal Centro di pratica basato sull'evidenza del Minnesota. La
ricerca bibliografica comprendeva studi in lingua inglese pubblicati tra il
1990 e il dicembre 2011 identificati con Medline, Cochrane Library, Scirus e
Google Scholar, nonché ricerche manuali di elenchi di riferimento da
revisioni sistematiche. La letteratura è stata aggiornata a dicembre 2013,
concentrandosi sui trattamenti più rilevanti per le cure primarie. I dati sono
stati estratti utilizzando un modulo standardizzato e la qualità dello studio è
stata valutata in base alla Guida ai metodi per l'efficacia e le valutazioni di
efficacia comparativa. Questa linea guida multidisciplinare e
multiprofessionale, valuta le prove e le raccomandazioni utilizzando il
916 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

sistema di classificazione delle linee guida dell’American College of


Physicians, suddividendole in forti (strong) o deboli (weak) a seconda della
valutazione rischi/benefici.
AUA / SUFU 2012 [17], modificato 2014, Diagnosis and treatment of
Overactive Bladder (Non-Neurogenic) in Adults: AUA / SUFU Guideline: Le
principali fonti di questa linea guida multidisciplinare e multiprofessionale,
sono le revisioni sistematiche e i dati condotti dall'Agenzia per Ricerca sulla
salute e qualità (AHRQ) e Evidence Report / Technology assessment. Sono stati
valutati 187 articoli con titolo Trattamento della vescica iperattiva nelle
donne (2009). Le ricerche sono state eseguite su PubMed, Medline, EMBASE
e CINAHL per la lingua inglese, su studi pubblicati dal gennaio 1966 a
ottobre 2008. L'AUA ha condotto ricerche bibliografiche aggiuntive per
acquisire trattamenti non trattati in dettaglio dal rapporto AHRQ e articoli
pertinenti pubblicati tra ottobre 2008 e dicembre 2011. La revisione ha
prodotto 151 articoli dopo l'applicazione dei criteri di inclusione/esclusione.
Altri 72 sono stati identificati nel febbraio 2014 per aggiornare ed ultimare la
ricerca. La proposta delle raccomandazioni segue il metodo GRADE.
Japan Urology Association 2009 [18], Clinical guidelines for overactive
bladder: la ricerca clinica su cui si basa questa linea guida di tipo
multidisciplinare e multiprofessionale, è degli ultimi 10 anni ed interessa
documenti presenti sui motori Medline e Cochrane Library. Sono stati
classificati i documenti in base ai risultati ottenuti attraverso studi
randomizzati o studi clinici non soggetti a randomizzazione e sono state
classificate le raccomandazioni in base al valore di supporto degli studi
randomizzati o meno, elaborandole secondo il metodo GRADE.
NICE 2010 [19], con update 2015, Lower urinary tract symptoms in men:
management: nel 2010, il gruppo di sviluppo della linea guida ha formulato
le seguenti raccomandazioni per la ricerca sulla base della sua revisione
delle prove, per migliorare l'orientamento NICE e la cura del paziente in
futuro. La NICE ha prodotto una guida sulle componenti per una buona
esperienza del paziente nei servizi di NHS (sistema sanitario nazionale in
vigore nel Regno Unito) per adulti. Tutti gli operatori sanitari dovrebbero
seguire le raccomandazioni sull'esperienza del paziente ne servizi NHS per
adulti.
NICE 2013 [20], con update 2015, Urinary incontinence in women:
management: le nuove raccomandazioni per il 2013, ulteriormente
aggiornate al 2015, si affiancano alle raccomandazioni originali della linea
guida del 2006. È importante sottolineare che tutte le raccomandazioni del
2006 sono altrettanto rilevanti e importanti ora come lo erano quando sono
state originariamente pubblicate. La NICE ha incaricato il Centro nazionale
19. Bp e Lg riabilitative nel trattamento dell’incontinenza urinaria 917

di collaborazione per la salute delle donne e dei bambini per sviluppare


questa linea guida. Il centro ha istituito un gruppo di sviluppo della linea
guida, che ha esaminato le prove e sviluppato le raccomandazioni.
Japan Urology Association 2017 [21], Clinical guidelines for male lower
urinary tract symptoms and benign prostatic hyperplasia: le linee guida
sono state sviluppate dai membri del comitato della JUA e dalla Società
giapponese di medicina interna. I membri hanno esaminato i riferimenti
pertinenti recuperati dai database PubMed e Japan Centra Revuo Medicina,
rilasciati tra il 2010 e il 2016. Altre fonti di informazione includevano le
precedenti linee guida, le linee guida BPH pubblicata dall'American
Urological Association e l'European Association of Urology. Le
raccomandazioni proposte sono state elaborate secondo il metodo GRADE e
la linea guida rispetta i criteri di multidisciplinarietà e multiprofessionalità.

Di seguito verranno riportate le varie raccomandazioni riguardo il


trattamento riabilitativo e/o farmacologico dell’incontinenza urinaria
tenendo presente le suddivisioni tra i vari sottotipi di incontinenza e
tenendo presente la suddivisione uomo/donna. Nelle tabelle 19.3., -4., -5., -6.,
sono riassunte le varie opzioni di trattamento presenti nelle linee guida con
il relativo grado di raccomandazione. Non verrà riportato l’iter terapeutico
dell’incontinenza urinaria da rigurgito (OFI), citata nella classificazione
iniziale, in quanto di gestione principalmente farmacologica/chirurgica e
quindi che non può appoggiandosi ad un trattamento comportamentale-
riabilitativo per la sua risoluzione.
918 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Tabella 19.3. Stress Incontinence Sui-Uomo. LINEE GUIDA

EAU, ICI, NICE,


TRATTAMENTI DUTCH,
2018. 2013. 2010.
2014.
Trattamenti Conservativi

Trattamento comorbidità e
Strong - R
aggiustamento terapia. L4
Costipazione. Weak - - -
Sistemi di contenimento. Strong - R -
Lyfestyle Changes

Riduzione caffeina. - D - L4
PRIMA LINEA
Esercizio fisico. - D - L3
DI TRATTAMENTO
Introito fluidi. Weak D - L4
Dieta e Perdita di peso. Strong D - L4
Fumo. Strong D - L4
Behavioural Therapy

Svuotamento programmato
Strong - -
-
Bladder training. - - - -
PFMT L1
Strong B R

PMFT + Biofeedback. - - - L4
Drug Therapy
SECONDA LINEA DI
TRATTAMENTO Antidepressivi. Strong - - -
Terapia combinata. - - -
Others Treatments

Neuromodulazione
- - -
tibiale o sacrale. -
TERZA LINEA
Stimolazione elettrica con
DI TRATTAMENTO
elettrodi di superficie locali. NR - -
NR

Stimolazione magnetica. - - - -

Tab. 19.3. Stress Incontinence SUI Uomo; L: Livello di evidenza; strong: grado forte di
Raccomandazione; weak: grado debole di Raccomandazione; R: Raccomandato; NR: non
Raccomandato; A-B-C-D: GRADE.
19. Bp e Lg riabilitative nel trattamento dell’incontinenza urinaria 919

Tabella 19.4. Stress Incontinence Sui-Donna. LINEE GUIDA

TRATTAMENTI EAU, ICI, NICE, DUTCH, ACP 2014,


2018. 2013. 2013. 2014.
Trattamenti
Conservativi
Trattamento
comorbidità e L4 -
Strong - -
aggiustamento
terapia.
Costipazione. Weak - - - -
Sistemi di - -
Strong - R (1.6.1)
contenimento.
Lyfestyle
PRIMA LINEA Changes
DI TRATTAMENTO
Riduzione L4 -
Strong B -
caffeina.
Esercizio fisico. - - L3 -
Introito fluidi. Weak - - L4 -
Dieta e Perdita L4 Strong
Strong A -
di peso.
Fumo. Strong - - L4 -
Behavioural
Therapy
Svuotamento Strong - -
- -
programmato.
Blaldder - -
- - -
training.
PFMT. Strong A R L1 Strong
PMFT + L4 Weak
-
Biofeedback.
Coni vaginali. Evidenze
B - L1 Insuff.

Drug Therapy
Antidepressivi. Strong B R - NR
SECONDA LINEA DI Estrogeni - NR
Strong B NR
TRATTAMENTO intravaginali.
Terapia -
- -
combinata. -
Others
Traeatments
Neuromodul. - -
- -
TERZA LINEA tibiale o sacrale.
DI TRATTAMENTO Stimolazione
elettrica con NR
NR - R
elettrodi di
superficie locali.
Stimolazione -
NR - -
magnetica.

Tab. 19.4. Stress Incontinence SUI Donna L: Livello di evidenza; strong: grado forte di
Raccomandazione; weak: grado debole di Raccomandazione; R: Raccomandato; NR: non
Raccomandato; A-B-C-D: GRADE.
920 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Tabella 19.5. Urge Incontinence UUI / OAB-Uomo. LINEE GUIDA


Jap. EAU, ICI, NICE, EAU Jap.
TRATTAMENTI CUA AUA/SUFU Urol. 2018. 2013. 2010. (male), Urol.
2017 2012 Ass., 2016. Ass.,
2009. 2017
Trattamenti
Conservativi
Trattamento
comorbidità e Strong - R A B
B - -
aggiustamento
terapia.
Costipazione B - - Weak - R A B
Sistemi di Strong - R A B
- - -
contenimento.
Lyfestyle
PRIMA LINEA Changes
DI Riduz. caffeina. Strong D R A -
B - ACC
TRATTAM.
Esercizio fisico. C - ACC - D R A C
Introito fluidi. B - ACC Weak D R A B
Dieta e Perdita Strong D R A C
C - ACC
di peso.
Fumo. D - ACC Strong D - A C
Behavioural
Therapy
Svuotamento Strong C - - -
C -
programmato.
Blaldder Strong - R A B
B ACC
training. C
PFMT. B - - - - - B
PMFT + - - - - -
B ACC
Biofeedback.
Drug Therapy
Antimuscar.
(Tolterodina, Strong B R B B
A B A
Solifenacina,
SECONDA Oxybutinina).
LINEA β3 agonisti Strong - - B C
A B -
DI TRATTAM. (Mirabegron).
Antidepressivi. - - C - - - - C
Capsaicina - - - - -
- - C
intravescicale.
ά-bloccanti
- - ACC
(opb). - C R A A
5-areduttasi
- - -
(opb). - C R A A
Fosfodiesterasi
- - -
(opb). - - - A -
Combinata
Antimusca. + ά-
bloccanti B
B ACC -
5-aeduttasi + ά- Strong - - A A
bloccanti.
19. Bp e Lg riabilitative nel trattamento dell’incontinenza urinaria 921

Others
Treatments
Tossina B - - -
TERZA LINEA botulinica intra- A B C -
DI vescicale.
TRATTAM. Neuromodul. - -
B C ACC
tibiale o sacrale. - C -
Stimolazione - -
elettrica con - - -
- - ACC
elettrodi di
superficie locali.
Stimolazione - - - - -
- - ACC
magnetica.

Tab. 19.5. Urge incontinence UUI / Overactive bladder aob / incl. benign prostatic ostruction-
Uomo; ACC: Accordo fra gli esperti; strong: grado forte di Raccomandazione; weak: grado
debole di Raccomandazione; R: Raccomandato; A-B-C-D: GRADE; (opb): only for prostatic
obstruction.

Tabella 19.6. Urge Incontinence UUI/OAB-Donna. LINEE GUIDA

Jap. EAU, ICI, NICE, ACP,


TRATTAMENTI CUA AUA/SUFU Urol. 2018. 2013. 2010. 2014.
2017 2012 Ass.,
2009.
Trattamenti
Conservativi

Trattamento
comorbidità e Strong - - -
B - -
aggiustamento
terapia.
Costipazione. B - - Weak - - -
Sistemi di Strong - R -
- - -
contenimento.
PRIMA LINEA Lyfestyle
DI Changes
TRATTAMENTO

Riduzione Strong B R -
B - ACC
caffeina.
Esercizio fisico. C - ACC - - - -
Introito fluidi. B - ACC Weak - R -
Dieta e Perdita Strong A R Strong
B - ACC
di peso.
Fumo. D - ACC Strong - - -
Behavioural
Therapy
Svuotamento Strong - - -
C -
programmato.
Blaldder Strong A R Weak
B ACC
training. C
PFMT. B ACC - - - -
PMFT + - - - -
- ACC
Biofeedback.
922 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Drug Therapy
Antimuscar.
(Tolterodina, Strong A R Strong
A B A
Solifenacina,
SECONDA LINEA Oxybutinina).
DI R
TRATTAMENTO β3 agonisti Strong - Se anti- Strong
(Mirabegron). A B - muscar.
contro-
indicati
Antidepressivi. - - C - - - -
Capsaicina - - - -
- - C
intravescicale.
Estrogeni - - R -
- - -
intravaginali.
Terapia - - - -
B - -
combinata.
Others
Treatments
Tossina C R -
TERZA LINEA botulinica A B C -
DI intravescicale.
TRATTAMENTO Neuromodul.
tibiale o B C ACC Strong A NR -
sacrale.
Stimolazione
elettrica con
elettrodi di - - ACC - - NR -
superficie
locali.
Stimolazione NR - - -
- - ACC
magnetica.

Tab. 19.6. Urge Incontinence UUI / Overactive Bladder Aob-Donna; ACC: Accordo fra gli
esperti; strong: grado forte di Raccomandazione; weak: grado debole di Raccomandazione; R:
Raccomandato; NR: non raccomandato; A-B-C-D: GRADE

19.3. Discussione e raccomandazioni riabilitative e / o


farmacologiche

19.3.1. Discussione
La gestione dell’incontinenza urinaria, seppur non rientrando nella
categoria di patologie estremamente gravi, è molto complessa dato il
profondo impatto che questo disturbo ha sul quadro emotivo, psicologico e
sociale del paziente che ne è afflitto. È stato infatti dimostrato che convivere
con l’incapacità di controllare la fuga di urina possa determinare sia un
distress psicologico che cambiamenti comportamentali in negativo,
predisponendo a sintomi e patologie come ansia e depressione [22].
19. Bp e Lg riabilitative nel trattamento dell’incontinenza urinaria 923

Da non trascurare anche l’aggravio economico che carica il Sistema Sanitario


Nazionale; di seguito vengono riportati i dati elaborati del 2011:

I costi dell’incontinenza per il servizio sanitario nazionale al 2011 [5]:


- Presidi ad assorbenza e traverse 300.000.000 di euro;
- Cateterismo a intermittenza 43.550.000 euro;
- Cateteri foley 14.500.000 euro;
- Tutori per uretero cutaneo stomia 3.500.000 euro;
- Sacche urina 20.000.000 euro;
- Cateteri esterni: condom 10.000.000 euro;
- Stomie: Sacche per urostomia monopezzo 5.600.000 euro. Urostomia
2 pezzi 9.000.000 euro (sacca + placca). Per l’urostomia il totale è di
14.600.000 euro.

Per le ragioni suddette, è necessario individuare tempestivamente il


disturbo ed impostare una adeguata terapia specifica per il tipo e il grado
del problema.
Le linee guide valutate ed analizzate sono tutte concordi nel presentare un
unico algoritmo terapeutico per la gestione dell’incontinenza urinaria, che
essa sia SUI, UUI / OAB o MUI, e che prevede una prima linea di
trattamento che mira a correggere lo stile di vita del paziente, applicare una
terapia di tipo comportamentale ed effettuare trattamenti di tipo
riabilitativo, in successione una seconda linea di trattamento che prevede
l’introduzione di terapia farmacologica qualora non avesse avuto esito
positivo la prima linea di trattamento e/o non risultasse appropriata al
singolo caso, e in ultima istanza una terza linea di trattamento che inserisce
nel programma una serie di tecniche più invasive e meno tollerate dal
paziente ma che sono di aiuto nel caso in cui fallissero gli altri due approcci.

La prima linea di trattamento comprende nello specifico tre categorie di


approccio:
1) Il trattamento conservativo quale l’individuazione e la valutazione delle
comorbidità che possono essere responsabili della eventuale insorgenza
dell’incontinenza urinaria (es. insufficienza cardiaca, insufficienza renale
cronica, BPCO, diabete, malattie neurologiche come stroke e sclerosi
multipla, decadimento cognitivo e patologie psichiatriche, disturbi del
sonno per esempio apnee notturne, depressione e sindrome metabolica) e gli
aggiustamenti della terapia in atto, la gestione della stipsi cronica e l’utilizzo
924 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

di sistemi di contenimento che rappresentano importanti ausili per i pazienti


affetti da incontinenza urinaria quando il trattamento in atto non risolve il
problema o se i rischi del trattamento da affrontare superano i benefici (I tipi
di contenimento includono: tamponi, cateteri urinari, dispositivi di raccolta
esterni, mollette peniene, pannolini o assorbenti, poi nello specifico valutati
per l’uomo o per la donna);
2) I cambiamenti dello stile di vita che comprendono la riduzione
dell’assunzione di bevande contenenti caffeina in quanto possono
peggiorare i sintomi di urgenza e frequenza, lo svolgimento di una
moderata attività fisica che possa garantire una adeguata tonicità muscolare
generale, riduzione dell’introito di liquidi e bevande gassate, dieta e perdita
di peso in quanto l’incontinenza aumenta proporzionalmente con il
crescendo del BMI, difatti la proporzione di pazienti che si sottopone a
chirurgia per incontinenza, che sono sovrappeso o obesi, è più alta della
popolazione generale, ed infine la cessazione di fumo di sigarette;
3) La terapia comportamentale che si avvale di trattamenti di tipo
conoscitivi-riabilitativi:

- Bladder training: esercitazione della vescica. Obiettivo della esercitazione


della vescica è migliorare il controllo della vescica e aumentare la quantità di
urina che la vescica può trattenere senza il senso di urgenza o perdite. Il
programma insegna a trattenere l’urina per periodi più lunghi, è un
programma rieducativo su base comportamentale: si fa compilare al paziente
un diario minzionale con annotate quota di liquidi assunti, numero quantità e
ora delle minzioni e se queste avvengono con urgenza o con perdita. Si
insegna al paziente a ritardare lo svuotamento facendo un programma che
consista nell’allungare progressivamente i tempi tra uno svuotamento e
l’altro. L’intervallo di partenza si decide in base al quadro clinico del paziente
ma di solito il traguardo finale è di almeno 4 ore tra 2 svuotamenti; variante
del Bladder training è l’Habit training (svuotamento programmato) di solito
utilizzato per i disabili motori e cognitivi e consigliato in caso di incontinenza
grave; questa terapia comportamentale si basa sullo svuotamento
programmato della vescica deciso in base al diario minzionale. In base a
questo l’intervallo tra una minzione e l’altra può essere ridotto o aumentato
per prevenire il riempimento della vescica.
- PFMT (Pelvic Floor Muscle Training): riabilitazione dei muscoli del
pavimento pelvico. Esercizi di rinforzo pelvi-perineale teorizzati dal
ginecologo Arnold H. Kegel negli anni ’40. Obiettivo di questi esercizi è la
presa di coscienza della muscolatura perineale, eliminare ogni sinergia e co-
contrazione all’attività perineale, rinforzare in maniera selettiva ed
automatizzare l’attività perineale durante la vita quotidiana. Si suddividono
in 2 tipi di esercizi: Il primo tipo consiste in una serie di contrazioni e
19. Bp e Lg riabilitative nel trattamento dell’incontinenza urinaria 925

rilasciamenti senza l’impegno dei muscoli glutei, addominali e adduttori per


cui il paziente deve avere la sensazione di sollevare l’ano verso l’alto,
trattenendo saldamente in questa posizione per circa 2 secondi per poi
rilasciare la muscolatura per circa 4/5 secondi ripetendo il tutto per circa 8-10
volte. Si incita il paziente ad aumentare man mano i secondi di contrazioni
fino ad arrivare a 10 secondi (il tempo di contrazione deve essere la metà del
tempo di riposo). Il secondo tipo di esercizio consiste nel contrarre in modo
rapido ed energico i muscoli del pavimento pelvico e rilasciarli subito dopo
ripetendo il tutto 10 volte;
- Biofeedback perineale (biological feedback): si basa sull’utilizzo di apparecchi
computerizzati di misura collegati a sonde vaginali e/o anali, che sono in
grado di trasformare l’attività muscolare eseguita dal paziente in segnali
visivi e sonori di ritorno che quindi permettono al paziente stesso di verificare
il proprio lavoro e la sua correttezza. Attraverso questa ginnastica attiva, il
paziente è in grado di coscientizzare, riconoscere e contrarre correttamente la
muscolatura del pavimento pelvico.

La seconda linea di trattamento prevede l’inserimento di farmaci, nello


specifico suddivisi in base alla loro efficacia nei vari sottotipi di
incontinenza:

Per la UUI/OAB:
- Gli anti-muscarinici che agiscono bloccando sia i recettori muscarinici che
nicotinici andando a determinare un effetto di rilassamento vescicale in
quanto il muscolo detrusore viene inibito e ridotta la contrattilità incontrollata
B3 agonisti che si legano ai recettori B3 presenti sulle cellule muscolari della
vescica attivandoli e provocando quindi un rilasciamento dei muscoli della
vescica provocando un incremento della capacità della vescica, un
cambiamento della modalità di contrazione della stessa con conseguente
riduzioni contrazioni e un più limitato numero di minzioni indesiderate;
- Capsaicina intravescicale estratta dal capsicum annum (peperoncino rosso),
categorie dei vanilloidi, ha un effetto neurotossico di desensibilizzazione fibre
C per deplezione di sostanza P e Calcitonin Gene Related Peptide (CGRP) e
riduzione dell’iperattività del detrusore per desensibilizzazione;
- Inibitori fosfodiesterasi (uomo): inibitori della 5-fosfodiesterasi, che catalizza la
rottura del legame ciclico del cGMP trasformandolo in GMP. L’ipotesi più
accreditata è che questo induca un blocco della via NO/cGMP che favorisce la
contrazione della muscolatura liscia vescicale ottenendo così un effetto
favorente la continenza.
- A-bloccanti (uomo): rilassano la muscolatura della prostata e del collo della
vescica agendo bloccando i recettori α1-adrenergini presenti nel tessuto
urogenitale (prostata, collo vescicale);
926 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

- Inibitori 5-alpha reduttasi (uomo): inibiscono l’attività dell’enzima 5-alpha


reduttasi bloccando la trasformazione di testosterone in DHT e quindi
inibendo la proliferazione cellulare prostatica;
- Estrogeni intra-vaginali (donna): azione trofica sulle cellule epiteliali di
rivestimento vescico-uretrali e sulla mucosa vaginale.

Per la SUI:
- Antidepressivi. La duloxetina è un principio attivo che impedisce ai
neurotrasmettitori 5-idrossitriptamina di essere riassorbiti dalle cellule
nervose del cervello e del midollo spinale. Viene solitamente impiegato per il
trattamento della depressione (SNRI) è un inibitore della ricaptazione della
serotonina e noradrenalina (SRNI). L’azione della duloxetina è duplice
inibendo il reuptake sia della serotonina che della noradrenalina non è però
accertato il meccanismo attraverso cui agirebbe per favorire la continenza,
anche se esistono lavori che suggeriscono una sua azione sui neuroni
presinaptici del nucleo di Onuf. I dati clinici evidenziano quindi un effetto di
rinforzo sui meccanismi di chiusura uretrale;
- Estrogeni intra-vaginali (donna). Vedi sopra.

La terza linea di trattamento comprende le tecniche proposte ed utilizzate in


ultimo step, data la loro invasività e la poca tolleranza da parte del paziente:

- Elettrostimolazione perineale funzionale (FES) [23]: stimolazione passiva dei


muscoli del pavimento pelvico mediante sonda anale o vaginale munita di
elettrodi di superficie che conducono corrente continua indolore. Le correnti
bifasiche sono indicate nel trattamento long term mentre le correnti
unidirezionali nei trattamenti short term. Le frequenze utilizzate sono
comprese tra 5 e 10 Hertz per l’instabilità detrusoriale, e tra 30 e 60 per
l’ipovalidità uretro-perineale; la durata dell’impulso tra 0,2 e 1,0 m/sec;
- Neuromodulazione tibiale: stimolazione del nervo tibiale posteriore che
avviene in prossimità della caviglia. Questo nervo contiene fibre che
originano dalla regione sacrale S3 dalla quale partono fibre per l’innervazione
della vescica. Il razionale della tecnica è che, stimolando i nervi parasimpatici
che originano a livello spinale S2-S4, si determina una stimolazione riflessa a
livello detrusoriale e del collo vescicale modificandone quindi le attività
muscolari. La stimolazione percutanea del nervo tibiale posteriore è stata
approvata dalla FDA nel 2000. Un ago di 34 Gauge viene inserito per via
percutanea a circa 5 cm cranialmente al malleolo mediale della caviglia destra
o sinistra e poco posteriormente rispetto al margine tibiale. Un elettrodo di
superficie viene poi posizionato sulla superficie mediale del calcagno ipsi-
laterale. L'ago e l'elettrodo vengono connessi ad uno stimolatore elettrico di
basso voltaggio, di 9 volt. La corrente di stimolazione varia da 1 a 10
milliampere con una frequenza fissa di 20 Hz ed un'ampiezza di pulsazione
di 300 millisecondi. Questa corrente viene incrementata finché non si nota la
19. Bp e Lg riabilitative nel trattamento dell’incontinenza urinaria 927

flessione dell'alluce o l'apertura a ventaglio di tutte le dita del piede. In genere


la risposta motoria si accompagna ad una risposta sensoriale di irradiazione,
di formicolio, che si estende alla pianta del piede. Durante la seduta,
l'aumento dello stimolo elettrico è consentito ogni volta che si verifica
l'affievolimento di questa sensazione, per una condizione di adattamento.
Sono necessarie circa 10-12 settimane di trattamento per osservare risultati
positivi. L’impianto può essere temporaneo o permanente;
- Neuromodulazione sacrale: stimolazione delle fibre sacrali S2-S3-S4 attraverso
l’introduzione di un ago spinale da 20 Gauge che viene inserito
perpendicolare al sacro con inclinazione rispetto al piano cutaneo di 60°-80°.
Dopo l’inserzione dell’ago nel forame sacrale scelto si procede alla
connessione con il neuro stimolatore esterno. I parametri di stimolazione
utilizzati sono PW: 210µsec e Hz 25. L’ampiezza dello stimolatore elettrico
varia di solito da 1 a 6 Volts e si manifesta attraverso un aumento della
contrazione del pavimento pelvico ed una contrazione specifica dello sfintere
osservabile dall’orifizio anale. Ad ogni radice nervosa sacrale stimolata
corrisponde generalmente uno specifico movimento del perineo, dello
sfintere anale e dell’arto inferiore ipsi-laterale. La stimolazione di S2 provoca
un movimento del perineo e dello sfintere anale ed anche una rotazione
laterale della gamba ed una contrazione dell’alluce. La stimolazione di S3
provoca una flessione plantare dell’alluce, mentre stimolando S4 non si
osservano movimenti degli arti e dei piedi. Durante la stimolazione sacrale i
pazienti possono avvertire una parestesia vescicale, vaginale (o scrotale) ed
anale. L’impiego può essere temporaneo o permanente;
- Stimolazione magnetica perineale: stimolazione e rinforzo muscoli del
pavimento pelvico attraverso l'utilizzo di un campo magnetico con un
apparecchio omologato dalla FDA nel 1998. Consiste in un dispositivo
formato da una poltrona che concentra un campo magnetico pulsato nella
zona pelvica del paziente. Il trattamento consta di circa 15 sedute di circa 20
minuti l’una, 2 o 3 volte/settimanali;
- Tossina botulinica intra-vescicale: infiltrazione nel detrusore in diversi siti con
dosi di tossina botulinica tipo A. Agisce inibendo il rilascio di
neurotrasmettitore acetilcolina dalle vescicole interferendo con l’impulso
nervoso e causando quindi paralisi flaccida del muscolo detrusore.

Di seguito verranno riportate nello specifico le raccomandazioni dei vari


trattamenti che le linee guida propongono per i diversi tipi di incontinenza e
in base alla loro appropriatezza nel sesso maschile o femminile,
prediligendo quindi uno rispetto ad un altro per le caratteristiche e
l’efficacia valutate in ogni singolo caso. Nella maggior parte dei casi le linee
guida analizzate riportano concordanze sull’utilizzo e meno di uno stesso
trattamento, rari i casi in cui le discordanze sono evidenti ed importanti.
928 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

19.3.1.1. Confronto fra raccomandazioni: SUI-UOMO (EAU, 2018; ICI,


2013; NICE, 2010; DUTCH, 2014)

19.3.1.1.1. Prima linea di trattamento (raccomandazioni comportamentali-


riabilitative)
Valutando la prima linea di trattamento, tra i trattamenti conservativi, nella
LG EAU 2018 si sottolinea la forza della raccomandazione secondo la quale
è possibile che il miglioramento delle comorbidità può ridurre la severità dei
sintomi di tipo urinario e che in ogni paziente affetto da incontinenza
urinaria va raccolta un’anamnesi dettagliata della sua terapia farmacologica
[11]; tale indicazione è condivisa anche dalle LG NICE 2010 che
raccomandano l’annotazione delle comorbidità e la considerazione delle
terapie in atto prima di prescrivere farmaci per i sintomi del basso tratto
urinario [19]. La LG Dutch 2014 attribuisce un livello 4 (accordo tra gli
esperti) nella rivalutazione e aggiustamento delle condizioni generali
cliniche di base del paziente [14]. La LG EAU 2018 riporta una forte
associazione incontinenza urinaria e stipsi, che può essere migliorata
attraverso trattamento comportamentale, fisico e farmacologico, anche se il
grado di raccomandazione risulta debole per l’insufficienza delle evidenze;
inoltre consigliano fortemente di informare i soggetti adulti con
incontinenza urinaria e/o ai familiari riguardo le opzioni di trattamento
prima di decidere i sistemi di contenimento da scegliere [11]. La LG NICE
2010 raccomanda l’uso temporaneo di prodotti di contenimento come
tamponi o dispositivi di raccolta per raggiungere la continenza fino alla
definizione di diagnosi, di un piano di management e scegliere
adeguatamente il dispositivo di contenimento in base alle caratteristiche
individuali e ai bisogni del paziente [19]. Le LG EAU 2018 incoraggiano
fortemente gli adulti obesi a perdere peso e a mantenere il risultato
raggiunto e a smettere di fumare; raccomandano invece debolmente a
valutare il tipo e la quantità di liquidi assunti [11]. I cambiamenti dello stile
di vita in generale ricevono invece, dalla LG ICI 2013 un GRADE D [13] e
dalla LG Dutch 2014 livelli di Evidenza tipo 3/4 [14].
Per i trattamenti comportamentali, le LG EAU 2018 raccomandano
fortemente la terapia riabilitativa per i muscoli del pavimento pelvico nei
pazienti che hanno subito intervento di prostatectomia radicale per
accelerare il recupero dei sintomi di incontinenza urinaria [11]; la NICE 2010
raccomanda PFMT sotto super visione nei pazienti prostatectomizzati
consigliando loro di continuare gli esercizi per almeno 3 mesi prima di
considerare altre opzioni di trattamento [19]; la LG ICI 2013 attribuisce alla
19. Bp e Lg riabilitative nel trattamento dell’incontinenza urinaria 929

PFMT un GRADE B (pazienti post prostatectomia radicale) [13]. Solo nella


LG Dutch 2014 [14] si è raggiunto un accordo degli esperti per il trattamento
PFMT adiuvato dal biofeedback.

19.3.1.1.2. Seconda linea di trattamento (raccomandazioni farmacologiche)


Affrontando in questa sezione il trattamento farmacologico, esso va offerto
al paziente laddove le opzioni di management conservativo non abbiano
avuto successo o non siano state appropriate. L’unica LG che raccomanda
fortemente l’utilizzo della duloxetina è la EAU 2018 specificando che viene
proposta a pazienti selezionati con sintomi di incontinenza urinaria da stress
dove non è indicata la terapia chirurgica, e che può essere iniziata e poi
successivamente interrotta con dosaggio a scalare a causa degli alti effetti
avversi come nausea, vomito, bocca secca, costipazione, vertigini, insonnia,
sonnolenza e stanchezza; nei pazienti con SUI post prostatectomia, la LG
EAU 2018 ripota un RCT che suggerisce un più veloce recupero della
continenza usando duloxetina sia da sola o in associazione con PFMT.
La duloxetina è l’unico farmaco indicato per l’incontinenza urinaria da
sforzo. Il farmaco è comunque abbastanza ben tollerato anche se la sua
efficacia non è sempre adeguata nelle incontinenze da stress iatrogene (cioè
dovute a una terapia, generalmente chirurgica) [11].

19.3.1.1.3. Terza linea di trattamento (raccomandazioni riguardanti altre terapie)


Le LG EAU 2018 non raccomandano l’utilizzo della FES, poiché in base alla
valutazione di 6 RCTs si è concluso che, seppur potenziando gli effetti della
PFMT ed essendo più efficaci rispetto al gruppo trattato in cieco, riportano
più effetti avversi nei pazienti, come dolore e discomfort piuttosto che
benefici [11]. Anche la LG Dutch 2014 sconsiglia l’utilizzo della FES, data la
mancanza di benefici addizionali rispetto alla semplice PFMT [14].

19.3.1.2. Confronto fra raccomandazioni: SUI-DONNA (EAU, 2018; ICI,


2013; NICE, 2013; DUTCH, 2014; ACP, 2014)

19.3.1.2.1. Prima linea di trattamento (raccomandazioni comportamentali-


riabilitative)
Le LG EAU 2018 raccomandano fortemente il trattamento delle comorbidità
e la rivalutazione delle terapie farmacologiche in atto nelle pazienti affette
da incontinenza urinaria. Riguardo i dispositivi di contenimento,
consigliano l’utilizzo di assorbenti, pannolini e device intra-vaginali [11]. La
930 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

LG NICE 2013 specifica, raccomandando, che: i prodotti come gli assorbenti,


gli orinatoi a mano e gli ausili per il bagno non possono essere considerati
come “trattamento” per l’incontinenza urinaria. Essi vanno usati solo come
una strategia in attesa di trattamento, un supporto per la terapia di base, un
management per l’incontinenza urinaria a lungo termine solo dopo che sono
state affrontate tutte le opzioni di trattamento [20].
Appaiono forti le raccomandazioni delle LG EAU 2018 [11], ICI 2013 [13] e
ACP 2014 [16] riguardo la dieta e la perdita di peso per favorire il
miglioramento dell’incontinenza urinaria da stress. Riguardo la regolare
attività fisica nella LG EAU 2018 viene considerato che essa rafforza i
muscoli del pavimento pelvico e probabilmente riduce il rischio che si
sviluppi un’incontinenza urinaria; tuttavia è anche possibile che l’esercizio
fisico pesante possa aggravare una condizione di preesistente incontinenza
urinaria (per esempio le atlete possono riportare l’esperienza di UI durante
l’attività fisica ma non durante le comuni attività). L’attività fisica strenua
non predispone a UI per le donne in là con l’età, ma l’esercizio moderato è
associato con un basso grado di UI nell’età media o nelle donne anziane [11].
La LG EAU 2018, fra le terapie comportamentali, ottiene consensi la PFMT
sotto super visione che risulta un trattamento efficace di prima linea e va
eseguito per un periodo di almeno 3 mesi nelle donne con SUI e MUI; è
efficace per la cura ed il miglioramento dell’incontinenza e per il
miglioramento della qualità della vita [11]. La LG ICI 2013 vi attribuisce un
GRADE A [13], la LG NICE 2013 raccomanda la PFMT sotto supervisione
specificando, oltre alla durata minima di 3 mesi, che il programma deve
comprendere almeno 8 contrazioni ripetute per 3 volte al giorno; gli esercizi,
inoltre, devono essere svolti costantemente affinché siano efficaci [20]; la LG
ACP 2014 vi attribuisce un forte grado di raccomandazione [16]. Un accenno
va fatto all’utilizzo dei coni vaginali che ottengono un GRADE B nella LG
ICI 2013 [13]; generalmente le donne iniziano la terapia inserendo prima il
cono più leggero in posizione eretta; l’obiettivo è riuscire a mantenere il
cono più pesante all’interno della vagina per 20 minuti, eseguendo le
normali attività quotidiane. In teoria, quando un cono viene inserito in
vagina, la sensazione di perdita del cono (dovuta alla gravità) genera un
forte feedback che induce a contrarre i muscoli perineali deputati ala
continenza.

19.3.1.2.2. Seconda linea di trattamento (raccomandazioni farmacologiche)


Il Farmaco di elezione è la duloxetina ed è stato studiato per il
miglioramento della SUI nelle donne adulte per un miglioramento
19. Bp e Lg riabilitative nel trattamento dell’incontinenza urinaria 931

temporaneo o quando opzioni più efficaci come la chirurgia non possono


essere applicate. La LG EAU 2018 raccomanda fortemente l’uso della
duloxetina [11]; la LG ICI 2013 vi attribuisce un GRADE B [13]; la LG NICE
2013 raccomanda di non utilizzare la duloxetina come prima linea di
trattamento in donne con SUI predominante e non utilizzarla di routine
nemmeno come seconda linea di trattamento, sebbene può essere offerta
come seconda linea di trattamento se le pazienti preferiscono il trattamento
farmacologico a quello chirurgico o non sono candidabili al trattamento
chirurgico. Nel momento in cui viene prescritta informare le pazienti
riguardo agli eventi avversi [20].
Riguardo agli estrogeni vaginali, la LG EAU 2018 dichiara che sembrano
migliorare i sintomi dell’UI nel breve tempo e si raccomanda quindi la
somministrazione nelle donne in post-menopausa con incontinenza urinaria
e sintomi di atrofia vulvo-vaginale [11]. La LG ICI 2013 vi attribuisce un
GRADE B [13].
La LG ACP 2014 invece non raccomanda alcun trattamento farmacologico
nell’incontinenza da stress dichiarando che né la duloxetina né gli estrogeni
intra-vaginali migliorano la continenza e che anzi i cerotti di estrogeni sono
associati ad addirittura un peggioramento del disturbo [16].

19.3.1.2.3. Terza linea di trattamento (raccomandazioni riguardanti altre terapie)


Nella LG EAU 2018, le FES con elettrodi di superficie (pelle, vagina, ano)
non vengono raccomandate da sole nel trattamento della SUI. Prove
inconsistenti non chiariscono se da sole possono apportare benefici
all’incontinenza urinaria [11]. Nella LG NICE 2013 la FES può essere
considerata in donne che non possono contrarre attivamente la muscolatura
del pavimento pelvico in modo da motivare e far aderire le pazienti alla
terapia. Si raccomanda di non usare le FES in combinazione con la PFMT
[20].

19.3.1.3. Confronto fra raccomandazioni UUI / OAB-UOMO (CUA, 2017;


AUA / SUFU, 2012; Japp, 2008; EAU, 2018; ICI, 2013; NICE, 2010; EAU,
2016; Japp, 2017)

19.3.1.3.1. Prima linea di trattamento (raccomandazioni comportamentali-


riabilitative)
Anche in questo caso si prendono in considerazione tutte le linee di
trattamento e le varie raccomandazioni dichiarate nelle diverse LG. Il
trattamento delle comorbidità ed aggiustamento della terapia viene, in
932 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

maniera concorde, raccomandato da quasi tutte le linee guida, nello


specifico con GRADE B nella LG CUA 2017 [15], con grado di
raccomandazione forte nella LG EAU 2018 [11], raccomandato nella LG
NICE 2010 [19], con GRADE A nella LG EAU 2016 [12] e con GRADE B nella
LG Japp 2017 [21].
La valutazione e risoluzione della stipsi cronica è altrettanto raccomandata
ricevendo un GRADE B nella LG CUA 2017 [15] e nella LG Japp 2017 [21],
GRADE A nella LG EAU 2016 [12] e raccomandazione valida nella LG NICE
2010 [19]. L’unica raccomandazione debole ci viene dalla LG EAU 2018 per
la scarsità di evidenze sull’argomento [11].
Tutte le linee guida, tranne la AUA / SUFU 2012 in cui l’argomento non
viene trattato, sono concordi nell’affermare che i cambiamenti apportati allo
stile di vita quali riduzione caffeina, fumo, esercizio fisico introito liquidi e
dieta / perdita di peso abbiano una raccomandazione forte per il
miglioramento dell’incontinenza urinaria [17]. Solo la LG ICI 2013
attribuisce a tutti i suddetti tipi di cambiamento un GRADE D [13] e la LG
EAU 2018 valuta come debole la riduzione dell’introito dei liquidi [11].
Nel settore della terapia comportamentale/riabilitativa, tutte le linee guida
sono concordi nell’affermare che il Bladder Training sia un trattamento
fortemente raccomandato nell’incontinenza urinaria da urgenza.
Lo svuotamento programmato che nella LG CUA 2017 riceve un Grade D
[15], viene valutato come fortemente raccomandato nella LG EAU 2018 per
quegli adulti cognitivamente compromessi [11]. La PFMT riceve invece
pareri discordanti in quanto raccomandato con GRADE B nella LG CUA
2017 [15] e nella LG Japp 2017 [21], GRADE C nella LG AUA / SUFU 2012
[17] e poi non inserito come terapia appropriata dalle altre linee guida. La
concomitanza PFMT + biofeedback raggiunge un accordo fra esperti nelle
LG Japp 2008 [18], un GRADE B nella LG CUA 2017 [15] e un GRADE C
nella LG AUA / SUFU 2012 [17]. Non trattato invece nelle restanti 5 linee
guida.

19.3.1.3.2. Seconda linea di trattamento (raccomandazioni farmacologiche)


Nell’ambito farmacologico, tutte le linee guida sono concordi nell’impostare
la terapia con Anti-muscarinici (es. Tolterodina, Ossibutinina, Darifenacina);
la LG CUA 2017 [15] e la LG Japp 2008 [18] attribuiscono un GRADE A, la
LG AUA / SUFU 2012 [17], LG ICI 2013 [13], LG EAU 2016 [12] e LG Japp
2017 [21] danno un GRADE B; la LG NICE 2010 [19] e LG EAU 2018 [11]
raccomandano fortemente questo tipo ti trattamento. Sono considerati
19. Bp e Lg riabilitative nel trattamento dell’incontinenza urinaria 933

farmaci ben tollerati con comunque eventuali effetti avversi quali secchezza
delle fauci, midriasi, offuscamento vista, stipsi e sonnolenza.
I b3 agonisti, nella fattispecie il Mirabegron, vengono consigliati con
altrettanta forza dalle varie linee guida ricevendo GRADE A nella LG CUA
2017 [15], GRADE B nella LG AUA / SUFU 2015 [17] e LG EAU 2016 [12],
GRADE C nella LG Japp 2017 [21] ed una forte raccomandazione nella LG
EAU 2018 [11]. Meno tollerati degli anti-muscarinici per effetti avversi quali
tachicardia, ipertensione e aritmie.
Gli antidepressivi triciclici menzionati con GRADE C nelle LG Japp 2017 [21]
e 2008 [18], sono relativi però al trattamento dell’incontinenza nei bambini,
non vengono riportati validi risultati sugli adulti oltre ad essere ancora poco
chiaro il meccanismo di azione su questo disturbo.
Trovandoci nella sezione dedicata all’uomo, si individuano molti riscontri
positivi e concordanze tra le linee guida sull’utilizzo dei farmaci per
l’iperplasia prostatica quali gli a-bloccanti, inibitori 5 a reduttasi e inibitori
fosfodiesterasi in monoterapia e/o in combinazione tra loro, che ricevono
ottime raccomandazioni dalla LG NICE 2010 [19], GRADE A dalla LG EAU
2016 [12] e LG Japp 2017 [21], forte raccomandazione nella LG EAU 2018
[11], accordo tra gli esperti nella LG AUA / SUFU 2012 [17] e GRADE B nella
LG CUA 2017 [15].
La capsaicina intravescicale riceve un GRADE C solo nella LG Japp 2008
[18], non viene invece considerata nelle restanti 7 linee guida.

19.3.1.3.3. Terza linea di trattamento (raccomandazioni riguardanti altre terapie)


La tossina botulinica riceve un buon consenso come terza linea di
trattamento pari ad un GRADE A nella LG CUA 2017 [15], GRADE B nella
LG AUA / SUFU 2012 [17] e LG ICI 2013 [13], GRADE C nella LG Japp 2008
[18], e raccomandata nella LG NICE 2010 [19] dove viene sottolineato lo
specifico utilizzo per i pazienti che hanno capacità e volontà ad indossare e
praticare l’auto-cateterismo.
Un buon consenso anche per le tecniche di neuromodulazione sacrale e
tibiale viene ritrovato tra LG CUA 2017 [15] con GRADE B e accordo tra gli
esperti nella LG Japp 2009 [18]. GRADE C per la LG AUA / SUFU 2012 [17] e
LG ICI 2013 [13]. La stimolazione magnetica viene citata solo nella LG Japp
2008 [18] che raggiungendo un accordo tra gli esperti come tecnica in grado
di migliorare la funzionalità della muscolatura pelvica.
934 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

19.1.1.4. Confronto fra raccomandazioni UUI/OAB DONNA (CUA, 2017;


AUA / SUFU, 2012; Japp, 2008; EAU, 2018; ICI, 2013; NICE, 2013; Japp,
2017; ACP, 2014)

19.1.1.4.1. Prima linea di trattamento (raccomandazioni comportamentali-


riabilitative)
Come primo step di proposta terapeutica, forte la raccomandazione
riportata dalla LG EAU 2018 nell’effettuare un miglioramento delle
comorbidità già presenti nelle pazienti ed un conseguente aggiustamento
della terapia di base [11], supportata da un GRADE B della LG CUA 2017
[15]. Agire sulla stipsi cronica risulta essere un’altra valida raccomandazione
terapeutica, presentata con un GRADE B nella LG CUA 2017 [15] e
consigliata, anche se con debole qualità di evidenza, nella LG EAU 2018 [11].
I sistemi di contenimento femminile confermano la loro efficacia come
prima proposta di trattamento e sono fortemente raccomandati nella LG
EAU 2018 [11] e nella LG NICE 2013 [20].
I cambiamenti dello stile di vita, seppur non citati nella LG AUA / SUFU
2012, ricevono un consenso pressoché generale nel determinare un
miglioramento dell’incontinenza urinaria, ancor meglio se i programmi di
cambiamento diventano parte integrante della quotidianità a lungo termine;
tra tutti, miglior consenso è attribuito alla perdita di peso nelle donne obese
o in forte sovrappeso [17].
Importante il settore delle terapie riabilitative che incontra gli accordi di
tutte le linee guida nell’essere il trattamento di scelta per la UUI / OAB, nello
specifico il Bladder Training è la strategia di punta per questo tipo di
incontinenza, ricevendo forti raccomandazioni generali; solo nella LG ACP
2014 viene dichiarata una scarsità di evidenze sull’argomento e quindi
valutata con una raccomandazione di tipo debole [16]. Discordanti le
valutazioni sullo svuotamento programmato che seppur fortemente
raccomandato nella LG EAU 2018 [11], riceve un GRADE C nella LG CUA
2017 [15] e LG AUA / SUFU 2012 [17]. GRADE B per il PFMT dalla LG CUA
2017 [15], solo se però si raggiunge una contrazione di 10 secondi per un
numero totale di almeno 45 contrazioni al giorno; di scarsa qualità la
raccomandazione per PFMT della LG AUA / SUFU 2012 con un GRADE C
[17], e presente un accordo tra gli esperti di un eventuale beneficio di questi
esercizi nella LG Japp 2008 [18]. L’associazione con biofeedback non riceve
pressoché consensi di efficacia.
19. Bp e Lg riabilitative nel trattamento dell’incontinenza urinaria 935

19.1.1.4.2. Seconda linea di trattamento (raccomandazioni farmacologiche)


Concordi tutte le linee guida nel dichiarare estremamente efficaci nel
trattamento della UUI / OAB i farmaci anti-muscarinici e i β3 agonisti, per
cui non viene effettuata una distinzione nell’essere consigliati nel sesso
femminile piuttosto che nel maschile. Nella LG NICE 2013 viene fatto un
appunto di iniziare la terapia con b3 agonisti solo qualora non risultasse
efficace o non fosse raccomandato l’utilizzo di anti-muscarinici [20].
Gli antidepressivi triciclici e la capsaicina intra-vescicale ricevono un
GRADE C solo dalla LG Japp 2008 [18], e trovano le stesse spiegazioni già
citate nella sezione uomo.
Nello specifico nella donna invece troviamo la raccomandazione all’utilizzo
degli estrogeni intra-vescicali solo nella LG NICE 2013 soprattutto nelle
donne con atrofia della mucosa vaginale [20]; non citati invece dalle altre
restanti linee guida.

19.1.1.4.3. Terza linea di trattamento (raccomandazioni riguardanti altre terapie)


Questa sezione è quella con maggiori discordanze tra le diverse linee guida,
difatti se troviamo raccomandazioni forti per le tecniche di
neuromodulazione sacrale o tibiale nella LG CUA 2017 [15], LG ICI 2013 [13]
e LG EAU 2018 [11], nella LG NICE 2013 [20] al contrario sono fortemente
non raccomandate e nella LG AUA / SUFU 2012 sono indicate solo nelle
incontinenze di base molto severe ma comunque non ben supportate da una
buona compliance da parte delle pazienti in quanto la sensazione soggettiva
di dolore superava di gran lunga i potenziali benefici [17].
Buon consenso riceve l’utilizzo della tossina botulinica tipo A intra-vescicale
nella LG NICE 2013 [20], LG AUA / SUFU 2012 [17] e LG CUA 2017 [15], in
cui viene specificato l’importanza nel dire alle pazienti la possibilità di
dover ricorrere a cateterismo e quindi aumentare le probabilità di infezioni
urinarie.
Non ricevono raccomandazioni invece la stimolazione elettrica con elettrodi
di superficie e la stimolazione magnetica.

19.3.2. Raccomandazioni
Tutte le linee guida considerate raccomandano l’approccio all’incontinenza
urinaria non neurologica (che essa sia SUI, UUI / OAB o MUI), valutata in
questo capitolo, secondo tre steps successivi: un iniziale trattamento
conservativo/riabilitativo, una seconda linea basata sull’intervento
farmacologico in caso non fosse stato risolutivo il primo descritto, ed un
ultima fase di trattamento basata sull’uso di tecniche più invasive e meno
936 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

tollerate dal paziente qualora non si fosse ottenuto il successo terapeutico


attraverso le prime due fasi.

Di seguito si descrivono nello specifico le varie raccomandazioni per i


diversi tipi di incontinenza e a seconda che essa sia presente nell’uomo o
nella donna, con relativa tabella esplicativa:

19.3.2.1. Raccomandazioni SUI-UOMO

19.3.2.1.1. I linea di trattamento


È raccomandato (raccomandazioni di grado forte):
- Trattare le comorbidità e adeguare la terapia farmacologica in atto nel
paziente;
- Utilizzare sistemi di contenimento per arginare l’incontinenza come
pannoloni, condom, clamps penieni o cateteri urinari;
- Ridurre il peso corporeo in situazione di sovrappeso;
- Ridurre il consumo di nicotina da fumo di sigaretta;
- Riabilitazione dei muscoli del pavimento pelvico in uomini che hanno
subito prostatectomia radicale.
Potrebbe essere raccomandato (raccomandazioni di grado debole-
moderato):
- Gestire la costipazione del paziente;
- Ridurre l’introito di fluidi e/o bevande gassate.
Pratica raccomandata in base all’esperienza degli esperti (accordo tra
esperti):
- Associare PFMT con biofeedback.

19.3.2.1.2. II linea di trattamento


È raccomandato (raccomandazioni di grado forte):
- Utilizzare antidepressivi nello specifico la duloxetina a bassi dosaggi iniziali
(40 mg).

19.3.2.1.3. III linea di trattamento


Non è raccomandato (non raccomandazione di grado forte):
- Utilizzare stimolazioni elettriche con elettrodi di superficie.
19. Bp e Lg riabilitative nel trattamento dell’incontinenza urinaria 937

Tabella 19.7. SUI-uomo: Trattamenti prima linea.


Trat. Sistemi Rid. Riduzione Ridur. Ridur. PFMT +
comorbidità di contenimenti Peso fumo di PFMT stipsi liquidi biofeedba
corp. sigaretta ck
RACC. RACC. FORTE RACC. RACC. RACC. RACC. RACC. ACCOR
FORTE FORTE FORTE FORTE DEB. DEB. DO
ESPERTI
Trattamenti seconda linea.
Duloxetina 40 Mg
RACC. FORTE
Trattamenti terza linea.
Elettrostimolazione di superficie
NON RACC. FORTE
Tab. 19.7. SUI Uomo.

19.3.2.2. Raccomandazioni SUI-DONNA

19.3.2.2.1. I linea di trattamento


È Raccomandato (raccomandazioni di grado forte):
- Trattare le comorbidità e adeguare la terapia farmacologica in atto nel
paziente;
- Utilizzare sistemi di contenimento per arginare l’incontinenza come
pannoloni, cateteri urinari e device intra-vaginali;
- Ridurre il peso corporeo in situazione di sovrappeso;
- Ridurre il consumo di nicotina da fumo di sigaretta;
- PFMT;
- Utilizzo di coni vaginali.
Potrebbe essere raccomandato (raccomandazioni di grado debole-
moderato):
- Gestire la costipazione della paziente;
- Ridurre l’introito di fluidi e/o bevande gassate.
Pratica raccomandata in base all’esperienza degli esperti (accordo tra
esperti):
- Riduzione dell’introito di caffeina;
- Associare PFMT con biofeedback.

19.3.2.2.2. II linea di trattamento


Raccomandazioni non formulabili perché in contrasto tra le varie LG:
- Utilizzo degli estrogeni intra-vaginali;
- Utilizzo di antidepressivi.

19.3.2.2.3. III linea di trattamento


Non è raccomandato (non raccomandazioni di grado forte):
- Utilizzare la stimolazione magnetica.
Raccomandazioni non formulabili perché in contrasto tra le varie LG:
- Utilizzare stimolazioni elettriche con elettrodi di superficie.
938 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Tabella 19.8. SUI-donna: Trattamenti prima linea.

Trattam. Sist. Rid. Rid. Coni Ridur. Ridur. Ridur. PFMT +


Co- conteni Peso fumo PFMT vaginali stipsi liquidi caffeina BFB
morbidità mento corp. sigar.

Racc. Forte Racc. Racc. Racc. Racc. Racc. Racc. Racc. Acc. Acc.
Forte Forte Forte Forte Forte Deb. Deb. Esper. Esperti
Trattamenti seconda linea.

Antidepress. Estrogen
i
vaginali
RACC. NON RACC.
FORMULABILI NON
FORMU
LABILI
Trattamenti terza linea.
Magneto stimolazione Elettrostimolazione di superficie

NON RACC. FORTE RACC. NON FORMULABILI

Tab. 19.8. SUI-Donna.

19.3.2.3. Raccomandazioni UUI / OAB-UOMO

19.3.2.3.1. I linea di trattamento


È Raccomandato (raccomandazioni di grado forte):
- Trattare le comorbidità e adeguare la terapia farmacologica in atto nel
paziente;
- Utilizzare sistemi di contenimento per arginare l’incontinenza come
pannoloni, condom, claps penieni o cateteri urinari;
- Riduzione dell’introito di caffeina;
- Effettuare Bladder Training.

Potrebbe essere raccomandato (raccomandazioni grado debole-moderato):


- Gestire la costipazione del paziente;
- Effettuare esercizio fisico moderato aspecifico;
- Ridurre il peso corporeo in situazione di sovrappeso;
- Ridurre il consumo di nicotina da fumo di sigaretta;
- PFMT.
Pratica raccomandata in base all’esperienza degli esperti (accordo tra
esperti):
- Associazione PFMT con biofeedback.

19.3.2.3.2. II linea di trattamento


È Raccomandato (raccomandazioni di grado forte):
- Utilizzare farmaci anti-muscarinici;
- Utilizzare farmaci b3 agonisti;
19. Bp e Lg riabilitative nel trattamento dell’incontinenza urinaria 939

- Utilizzare farmaci per il trattamento dell’ostruzione da ipertrofia prostatica


quali ά-bloccanti, 5a reduttasi e fosfodiesterasi;
- Utilizzare terapia combinata con anti-muscarinci + ά-bloccanti e 5° reduttasi
+ ά-bloccanti.
Potrebbe essere raccomandato (raccomandazioni di grado debole):
- Utilizzare la capsaicina intra-vescicale;
- Utilizzare farmaci antidepressivi.

19.3.2.3.3. III linea di trattamento


È Raccomandato:
- Effettuare l’infiltrazione di tossina botulinica intra-vescicale.
Potrebbe essere raccomandato:
- Effettuare la neuromodulazione tibiale o sacrale.

Tabella 19.9. UUI / OAB-Uomo: Trattamenti prima linea.


Trat. Sistemi Rid. Rid. Bladde Eser. Ridur Ridur. Ridur. PFM
comorbid conteniment Peso fumo r train. fisico . liquid caffeina PFM T+
ità i corp. aspecif. stipsi . T BFB

RACC. RACC. FORTE RACC RACC RACC. RACC. RACC. RACC. RACC. RACC. ACC.
FORTE . DEB. . DEB. FORTE DEBOL DEB. DEB. FORTE DEB. ESPER
E TI

Trattamenti seconda linea.


Anti- β3-agonisti Farmaci per Terapia Terapia Capsaicin
muscarinici l’iperplasia Combinata Combinata a intra- Antidepress.
Anti- 5alfareduttasi + vescicale
prostatica
muscarinici άbloccanti
+
άbloccanti
RACC. FORTE RACC. RACC. FORTE RACC. RACC. FORTE RACC. RACC.
FORTE FORTE DEBOLE DEBOLE
Trattamenti terza linea
Tossina botulinica intra-vescicale Neuromodulazione tibiale / sacrale

RACC. FORTE RACC. DEBOLE

Tab. 19.9. UUI / OAB-Uomo.

19.3.2.4. Raccomandazioni UUI / OAB-DONNA


19.3.2.4.1. I linea di trattamento
È raccomandato (raccomandazioni di grado forte):
- Trattare le comorbidità e adeguare la terapia farmacologica in atto nella
paziente;
- Utilizzare sistemi di contenimento per arginare l’incontinenza come
pannoloni, cateteri urinari e device intra-vaginali;
- Riduzione dell’introito di caffeina;
- Ridurre il peso corporeo in situazione di sovrappeso;
- Effettuare Bladder Training.
940 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Potrebbe essere raccomandato (raccomandazioni di grado debole):


- Gestire la costipazione del paziente;
- Ridurre l’introito di fluidi e/o bevande gassate;
- PFMT;
- Effettuare esercizio fisico moderato aspecifico.
Pratica raccomandata in base all’esperienza degli esperti (accordo tra
esperti):
- Associare PFMT con biofeedback;
Raccomandazioni non formulabili perché in contrasto tra varie LG:
- Ridurre il consumo di nicotina da fumo di sigaretta.

19.3.2.4.2. II linea di trattamento


È raccomandato (raccomandazioni di grado forte):
- Utilizzare farmaci anti-muscarinici;
- Utilizzare farmaci b3 agonisti;
- Utilizzare estrogeni intra-vaginali;
- Utilizzare una poli-terapia farmacologica combinando tra loro i vari farmaci;
Potrebbe essere raccomandato (raccomandazioni di grado debole):
- Utilizzare la capsaicina intra-vescicale;
- Utilizzare farmaci antidepressivi.

19.3.2.4.3. III linea di trattamento


È raccomandato (raccomandazioni di grado forte):
- Effettuare l’infiltrazione di tossina botulinica intravescicale.
Non è raccomandato (non raccomandazioni di grado forte):
- Effettuare la stimolazione magnetica.
Raccomandazioni non formulabili perché in contrasto tra varie LG:
- Effettuare la neuromodulazione sacrale o tibiale;
- Effettuare la stimolazione elettrica con elettrodi di superficie.
19. Bp e Lg riabilitative nel trattamento dell’incontinenza urinaria 941

Tabella 19.10. UUI / OAB-donna: Trattamenti prima linea.


Trat. Sist. Riduz Riduz.fum Bladde Eser. Ridu Ridur. Ridur. PFMT
comorbidi contenime . Peso o r fisico r. liquid caffein PFM + BFB
tà nti corp. trainin aspec. stipsi i a T
g
RACC. RACC. RACC. RACC. RACC. RACC. RAC RACC. RACC. RAC ACC.
FORTE FORTE FORT NON FORTE DEB. C. DEBO FORTE C. ESPER
E FORMULA DEB. LE DEB. TI
B.

Trattamenti seconda linea.


Anti- B3-agonisti Estrogeni Terapia Capsaicina Anti-depress.
muscarinici vaginali Combinata intra-
vescicale
RACC. FORTE RACC. FORTE RACC. FORTE RACC.FORT RACC. DEB. RACC. DEB.
E

Trattamenti terza linea.


Tossina botulinica intra- Neuromodulazione Stimolazion Elettro-stimolazione di superficie
vescicale tibiale / sacrale e Magnetica

RACC. FORTE RACC. NON NON RACC. NON FORMULABILE


FORMULABILE RACC.
FORTE
Tab. 19.10. UUI/OAB Donna

Un piccolo inciso va fatto sull’utilizzo del Biofeedback nel programma di


riabilitazione del paziente con incontinenza urinaria. Come sopra specificato
e descritto, questa tecnica si avvale di evidenze ottenute da rapporti di
commissioni di esperti o opinioni e/o esperienze cliniche di persone
autorevoli, non godendo quindi di studi clinici direttamente applicabili di
buona qualità. Nella pratica clinica e nei testi medici universitari più
accreditati si evidenzia invece un utilizzo del biofeedback importante e
precoce nell’iter del trattamento riabilitativo dell’incontinenza urinaria per
facilitare la percezione e la consapevolezza del pavimento pelvico, cosa che
determina poi, con gli esercizi successivi, il successo terapeutico.

19.4. Ulteriori studi

Parallelamente alla ricerca e valutazione delle linee guida appena esposte, il


presente lavoro è stato arricchito dalle più recenti ed aggiornate revisioni
sistematiche, meta-analisi e revisioni Cochrane, riportate in tabella 19.11.,
che hanno dato un valore aggiunto al panorama della gestione
dell’incontinenza urinaria.
Anche per queste ultime sono stati applicati criteri di ricerca specifici,
effettuando un primo filtro quale la valutazione nel titolo e / o abstract di
termini come sistematic review e / o meta-analisi; è stato inoltre ricercato il
rispetto o meno per l’elaborazione dei suddetti studi del metodo PRISMA
come valutatore della qualità dell’elaborato.
942 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

COCHRANE SYSTEMATIC SOCIETÀ


FONTE
REVIEW ORGANISMI, ANNO

Pelvic floor muscle training versus


no treatment, or inactive control Cochrane Database of Systematic Reviews
cochranelibrary.com
treatments, for urinary incontinence 2014, Issue5.
in women. Sistematic Review.

SYSTEMATIC REVIEW

Physical Therapy Department, School of


Health Professions, Sackler Faculty of
Medicine, Tel-Aviv University, Tel Aviv,
Pelvic Floor Muscle Training for Israel;
Neurourology and
Female Stress Urinary Incontinence: Urogynecology and Pelvic Floor Unit, Lis
Urodynamics
Five Years Outcomes. Maternity Hospital, Tel Aviv Sourasky
Medical Center, Sackler Faculty of
Medicine
2017.
Clinical Review &
Nonsurgical Management of Education JAMA
2017 American Medical Association.
Urinary Incontinence in Women. Clinical Guidelines
Synopsis
Management of female stress
University of Sassari, ospdele s.maria della
urinary incontinence: a care Maturitas
speranz, Battipaglia, Italy, 2017.
pathway and update.
META-ANALISYS
A meta-analysis of pelvic floor School of Health Sciences, Wuhan
muscle training for the treatment of University, Wuhan, China, wileyonlinelibrary.com
urinary incontinence. Int J Gynecol Obstet, 2017.
Pelvic floor muscle training in
groups versus individual or home
The International Urogynecological
treatment of women with urinary Int Urogynecol J
Association, 2017.
incontinence: systematic review and
meta-analysis.

Tab. 19.11. Cochrane, revisioni sistematiche, meta-analisi.

“Pelvic floor muscle training versus no treatment, or inactive control


treatments, for urinary incontinence in women (Review)”, 2014 [24]: questa
revisione, celaborata secondo il modello PRISMA, fornisce un valido
supporto nel definire la PFMT come trattamento migliore rispetto a nessun
trattamento, rispetto al placebo o trattamenti di controllo attivi per le donne
con incontinenza urinaria da stress; non presenti informazioni sulle donne
con incontinenza urinaria da urgenza o con incontinenza urinaria mista. Le
donne con SUI trattate con PFMT avevano maggiori probabilità di riportare
miglioramenti sul disturbo, riportare una migliore qualità della vita, e
ridurre gli episodi di perdita di urina al giorno, rispetto ai controlli. Le
donne erano anche più soddisfatte del trattamento attivo e i loro esiti
sessuali erano migliori. Nel complesso, viene sostenuta la diffusa
raccomandazione alla PFMT nei programmi di gestione conservativa di
19. Bp e Lg riabilitative nel trattamento dell’incontinenza urinaria 943

prima linea per le donne con incontinenza da stress. Tuttavia i risultati a


lungo termine della PFMT sono ancora incerti data la limitazione dei follow-
up oltre la fine del trattamento. La review dichiara inoltre non essere noto al
momento un vantaggio economico a lungo termine, quindi espone la
necessità di uno studio pragmatico, ben condotto ed esplicitamente riferito,
che confronti PFMT con il controllo per indagarne l'efficacia clinica a lungo
termine.
“Pelvic Floor Muscle Training for Female Stress Urinary Incontinence: Five
Years Outcomes”, 2017 [25]: in questa review sono stati valutati lo stato
clinico, i sintomi del tratto urinario inferiore e la qualità della vita, 5 anni
dopo il completamento di un programma di PFMT per SUI femminile.
Duecentotto donne sono state sottoposte a un programma PFMT come
prima linea di gestione della SUI e sono state invitate poi a partecipare a uno
studio sui risultati basato su questionari 5 anni dopo il trattamento. Sebbene
le pazienti presentassero tassi relativamente elevati di aderenza al
trattamento, questa caratteristica non era comunque associata a risultati
terapeutici superiori in favore dell’esecuzione di programmi di PFMT. La
review dichiara essere necessari ulteriori studi per stabilire l'efficacia a
lungo termine di PFMT per SUI.

“Nonsurgical Management of Urinary Incontinence in Women”, 2017 [26]:


questa review ha studiato ed analizzato 905 articoli e ha trovato prove di
alta qualità a supporto della riabilitazione della pelvi nelle donne con SUI e
MUI. Ha evidenziato il basso rischio di eventi avversi, e il PFMT viene
raccomandato come prima linea di terapia per le donne con questi tipi di UI.
Al contrario, per le donne con urgenza, le raccomandazioni sul trattamento
non sono così chiare, con raccomandazioni di trattamento di prima linea per
l'allenamento della vescica supportato da solo prove di bassa qualità, anche
se con meno avversi effetti. Vi è un'elevata qualità di evidenza per l'uso di
diversi farmaci per le donne che non hanno risposto al training della vescica
ma ci sono possibili eventi avversi. La perdita di peso è fortemente
raccomandata come trattamento a basso rischio e con un livello di evidenza
elevato per tutti i tipi di incontinenza.
“Management of female Stress urinary incontinence: a care pathway and
update”, December 2017 [27]: in questa revisione recentissima, vengono in
luce tre nuove possibili strategie per il trattamento della SUI quali: una
associazione con Lactobacili acidophili + estriolo + PFMT come prima
proposta terapeutica; L’utilizzo della laserterapia come rigenerante cellulare
grazie all’effetto termogenico che induce neoangiogenesi e neoformazione di
collagene, e risulta essere una terapia estremamente efficace già dopo la
prima seduta aumentando ancora dopo 3 sedute ed avendo benefici nei
944 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

successivi almeno 6 mesi (non ancora valutato e quindi incerto l’effetto a


lungo termine); terapia vaginale topica combinata con PFMT, che va a
migliorare la contrattilità detrusoriale, il trofismo e il tono della mucosa
vaginale e il rischio di infezioni urogenitali (non valutata e quindi ancora
incerta l’efficacia a lungo termine).
“A meta-analysis of pelvic floor muscle training for the treatment of urinary
incontinence”, 2017 [28]: in questa meta-analisi, elaborata secondo il metodo
PRISMA, si raccomanda il PFMT per rafforzare i muscoli del pavimento
pelvico come trattamento di prima linea per tutti i tipi di incontinenza
urinaria. Tuttavia, una revisione della letteratura presa in considerazione, ha
trovato prove insufficienti per quanto riguarda l'uso di interventi
conservativi tipo PFMT, concludendo che sono ancora necessari studi clinici
per guidare la pratica clinica sulla prevenzione e la gestione dell'UI nella
popolazione anziana. Altre revisioni sistematiche hanno rilevato che la
PFMT ha invece rilevanza per il trattamento dell’incontinenza urinaria, ma
gli studi si sono rivelati obsoleti e ormai superati. Di conseguenza, vi è una
mancanza di supporti adeguati che ci indichino la PFMT come mezzo per
alleviare i sintomi dell’incontinenza urinaria; per tale motivo in questo
ambito sono necessarie maggior numero di ricerche. Comunque l’uso
regolare di PFMT ha migliorato i sintomi dell’incontinenza urinaria, con
benefici maggiori quando l'esercizio è intenso; nonostante ciò, non vi è
accordo sul tipo, sulla durata o sulla frequenza ottimale della PFMT. La
qualità della vita delle donne con UI potrebbe essere migliorata con la
PFMT, anche se gli effetti a lungo termine sono ancora poco chiari; sono
quindi necessari ulteriori studi per valutare l'efficacia a lungo termine della
PFMT sia per prevenire che per trattare l'UI, con enfasi posta sull'uso di
strumenti accurati per la misurazione dei risultati ottenuti.
“Pelvic floor muscle training in groups versus individual or home treatment
of women with urinary incontinence: systematic review and meta-analysis”,
2017 [29]: in questa recente meta-analisi si continua a dare primaria
importanza alla PFMT come prima opzione di trattamento dei sintomi di
incontinenza urinaria nelle donne, sia che essa sia da stress, da urgenza o
mista. La PFMT può essere svolta in gruppo, individualmente e a casa, e
non c’è un’opinione comune su quale approccio sia più efficace per il
trattamento conservativo dell’incontinenza urinaria. Nonostante
l'eterogeneità dei protocolli PFMT e la grande varietà di strumenti di
raccolta utilizzati negli studi analizzati in questa revisione sistematica, è
stato possibile verificare, attraverso una meta-analisi che la PFMT è una
tecnica efficace per il miglioramento dei sintomi dell’incontinenza urinaria
femminile sia in gruppo che individualmente, e che non vi è alcuna
differenza significativa tra i due tipi di approcci. Tuttavia, la PFMT svolta in
19. Bp e Lg riabilitative nel trattamento dell’incontinenza urinaria 945

gruppo può trattare più donne per un tempo più breve e ad un costo
inferiore e ciò la rende una scelta preferibile per il sistema della sanità
pubblica.

CONCLUSIONI

L’analisi delle line guida prese in considerazione ha presentato una


conformità di consensi per quanto riguarda la proposta terapeutica
dell’incontinenza urinaria, indicando un approccio iniziale basato su
cambiamenti comportamentali, dello stile di vita ed esecuzione di terapia
riabilitativa del pavimento pelvico che ormai da anni ha assunto un ruolo
fondamentale e di indubbia efficacia nella gestione delle disfunzioni
perineali diventando parte integrante del percorso terapeutico, un approccio
secondario più specialistico attraverso l’utilizzo di farmaci, e a seguire
eventuali terapie più invasive se non si fosse riscontrato il successo con le
due linee precedenti.
Effettuando un’osservazione critica che si avvale dell’esperienza dei clinici
che nella pratica di tutti i giorni affrontano il reale confronto con il paziente
incontinente, è d’obbligo fare un appunto riguardo il trattamento
farmacologico con anti-muscarinici e b3-agonisti per cui viene data una forte
raccomandazione dalla maggior parte delle linee guida che trattano la urge
incontinence / OAB: questi farmaci sono classificati in fascia C e quindi
completamente a carico economico del paziente, come cita la Nota 87
dell’AIFA, secondo cui gli unici farmaci a carico del SSN e quindi in fascia
A, sono quelli in cui la condizione di incontinenza è correlata a patologie del
sistema nervoso centrale come il Parkinson, sclerosi multipla, spina bifida,
tumori, ictus, traumi cranici, ecc. [30]; la spesa per molti pazienti diventa
quindi considerevole, e corrisponde ad una media annua di circa 550 euro a
persona. Poiché sono esclusi da questo calcolo tutti i costi indiretti pro
capite, in realtà la spesa è sicuramente maggiore [31]. Seppur quindi
fortemente raccomandati, spesso il paziente vira la propria scelta su tecniche
più invasive che rientrano nei servizi erogati dal SSN ma che possono
sottoporlo a eventuali effetti avversi, o rinuncia all’utilizzo dei suddetti
farmaci aggravando quindi la propria condizione di incontinenza. Questo
inciso crediamo sia necessario per comprendere i discostamenti che spesso si
osservano nella pratica clinica rispetto alle raccomandazioni presentate dalle
linee guida, e che possono per questo creare un accesso ad un eventuale
ripercussione medico-legale che non vede seguito l’iter raccomandato.
946 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Da sottolineare alcune criticità che si sono rilevate valutando le differenti


linee guida, come la non uniformità di linguaggio nel presentare le diverse
indicazioni di trattamento, variabilmente valutate con metodo Grade, forza
delle raccomandazioni, livelli di evidenza o accordo tra esperti. Inoltre le
sezioni di trattamento esposte nelle tabelle dei confronti non sempre
vengono prese in considerazione da tutte le linee guida, lasciando quindi
incomplete e non dettagliate le varie indicazioni terapeutiche.
Di sicuro è stata obiettivata la necessità di un lavoro di equipe
nell’approcciarsi al paziente con incontinenza urinaria; non si può
prescindere dal coinvolgere le figure dei fisiatri, ginecologi, urologi,
fisioterapisti, terapisti occupazionali e psicologi per approccio completo
dall’inizio della scoperta del problema, alla diagnosi, gestione e risoluzione
finale che essa sia totale o parziale.
Un appunto va fatto sulla gestione dell’incontinenza urinaria a lungo
termine in quanto le più recenti acquisizioni sopra riportate nelle
review/cochrane/meta-analisi riflettono una ancor radicata incertezza per gli
eventuali risultati ottenuti nel tempo attraverso l’esecuzione delle tecniche
di riabilitazione del pavimento pelvico come prima linea di proposta
terapeutica. Necessari quindi ancora studi a lungo termine riguardo queste
tecniche per valutarne la reale efficacia.
Obiettivi futuri sono sicuramente quelli di incentivare programmi di
prevenzione con educazione del paziente, di ridurre il disagio psicologico
che può ancora essere causa di una mancanza di corretta compliance
terapeutica da parte del paziente e di considerare l’integrazione anche di
nuove proposte terapeutiche ben tollerate dai pazienti come esplicato nelle
ultime review.
19. Bp e Lg riabilitative nel trattamento dell’incontinenza urinaria 947

Bibliografia

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[31] Pieri V., I costi dell'incontinenza urinaria in Italia: primi risultati di una ricerca su un
tema sottovalutato, Evento per il quindicesimo anno della Fondazione Italiana
Continenza (FIC), Milano, Nov 2016.
Prof. Valter Santilli

Linee guida, buone pratiche


ed evidenze scientifiche
in Medicina Fisica e Riabilitativa

Capitolo 20

Buone pratiche e linee guida riabilitative


nel trattamento della fibrosi cistica

Coautori

Manoj Bronzato MD, Andrea Mineo MD


Giuseppe Cimino MD, PhD, Claudia Celletti MD, PhD
20. Buone pratiche e linee guida riabilitative
nel trattamento
20. Buone pratichedella fibrosi
e linee guidacistica
riabilitative nel
trattamento della fibrosi cistica
Coautori
Manoj Bronzato 1 MD, Andrea Mineo 1 MD, Giuseppe Cimino 2 MD, PhD
Coautori
Claudia Celletti 3 MD, PhD
Manoj Bronzato1 MD, Andrea Mineo1 MD,
Giuseppe Cimino² MD, PhD, Claudia Celletti3 MD, PhD
1
Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
2
Centro Fibrosi Cistica, Policlinico Universitario “Umberto I”, Roma
3
Dirigente Medico di I Livello, Medicina Fisica e Riabilitativa, Policlinico Universitario
1 Scuola di Specializzazione
“Umberto I”, Roma in Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
² Centro Fibrosi Cistica, Policlinico Universitario “Umberto I”, Roma
³ Dirigente Medico di I Livello, Medicina Fisica e Riabilitativa, Policlinico Universitario
“Umberto I”, Roma

ABSTRACT

Background: La fibrosi cistica è una malattia multiorgano a trasmissione


autosomica recessiva con una prevalenza mondiale di 1 caso su 2500
individui nati vivi [1].
Data la natura multi-sistemica, la gestione riabilitativa di questi pazienti è
molto complessa necessitando di un approccio globale che consideri le
molteplici problematiche che colpiscono i soggetti, in particolare le
complicanze respiratorie, muscoloscheletriche e urinarie.
Materiali e metodi: Sono state analizzate le principali indicazioni riabilitative
presenti in letteratura in merito alla gestione dei pazienti con fibrosi cistica;
.in particolare si è posta attenzione a determinati aspetti della gestione
riabilitativa quali: le tecniche di disostruzione delle vie aeree, l’ottimizzazione
della terapia inalatoria, la gestione della NIV, la gestione e prevenzione delle
complicanze muscolo scheletriche, la prescrizione dell’esercizio fisico e la
gestione dell’incontinenza urinaria. La ricerca bibliografica è stata condotta
su Medline, PEDro, Cochrane Database e Google Scholar. Sono state
analizzate tutte le linee guida pubblicate dal 2008 ad oggi (giugno 2018),
citandone la metodologia.
Risultati: Sono state individuate in totale 5 linee guida contenenti indicazioni
riabilitative. I risultati ottenuti dalla ricerca bibliografica sono stati riassunti
in raccomandazioni di grado differente a seconda della forza delle evidenze
disponibili.
952 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Conclusioni: Nella maggior parte degli ambiti valutati non sono emerse
chiare indicazioni riabilitative e quelle presenti sono supportate da livelli di
evidenza deboli. Pertanto, da questa revisione, appare evidente che sarà
necessario condurre degli studi metodologicamente validi per determinare i
percorsi riabilitativi più efficaci nella gestione di questi pazienti.

INTRODUZIONE

La fibrosi cistica è una malattia multiorgano con una trasmissione autosomica


recessiva ed una prevalenza nel mondo di 1 su 2500 individui nati vivi ed una
frequenza nel portatore sano di 1:25 [1].
La malattia è causata da una mutazione del gene che codifica per una proteina
chiamata CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane Conductance Regulator) , una
protein-chinasi che regola il trasporto degli elettroliti come il cloro e il
bicarbonato e che è presente sulla superficie delle cellule epiteliali che
rivestono le vie aeree, il dotto pancreatico e altri tessuti; quando questa è
assente o in quantità ridotta si hanno turbe nelle funzioni di trasporto ionico
a carico degli epiteli di rivestimento, cui seguono anomalie delle secrezioni
esocrine e questo predispone alla produzione di secrezioni più dense,
ostruzioni ed eventuali danni d’organo. Sono state identificate più di 2000
mutazioni sebbene non tutte abbiamo conseguenze dal punto di vista
funzionale. Le secrezioni sierose sono caratterizzate da un’alta
concentrazione di sodio cloruro e per questo il dosaggio del cloro nel sudore
costituisce un test diagnostico di altissima sensibilità.
La malattia polmonare è la principale causa di morbidità e mortalità nelle
persone con fibrosi cistica, essendo responsabile del 90% dei decessi [3].
Le manifestazioni respiratorie compaiono di solito nei primi mesi di vita con
le caratteristiche di una bronchiolite. Successivamente la tosse diviene
produttiva, compare tachipnea, broncospasmo e dispnea ingravescente
(rientramenti inspiratori a livello del giugulo, degli spazi intercostali, a livello
dell’epigastrio), aumento del diametro toracico antero-posteriore;
all’auscultazione si apprezzano rantoli fini crepitanti e spesso qualche sibilo
espiratorio. Il reperto radiologico iniziale è caratterizzato da iperdistensione
del distretto toraco-polmonare; la funzionalità respiratoria mostra
progressivamente i segni caratteristici del deficit ostruttivo. Le esacerbazioni
ripetute (bronchiti e broncopolmoniti) accompagnate ad un aumento della
tosse diurna e notturna con abbondanti secrezioni a carattere muco
purulento, tachipnea, dispnea, ippocratismo digitale, perdita di peso,
sviluppano nel tempo le caratteristiche della bronco-pneumopatia cronica
ostruttiva.
20. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della fibrosi cistica 953

La manifestazione clinica più precoce della fibrosi cistica a livello


dell’apparato gastrointestinale è l’ileo da meconio che compare nel 15% dei
neonati e si presenta con vomito, distensione addominale e mancata
emissione di meconio entro le prime 24 ore di vita.
Il reflusso gastroesofageo è frequente nei bambini ed è favorito dalla
pneumopatia cronica ostruttiva che causa un appiattimento del diaframma,
un aumento dell’angolo sterno-vertebrale e l’incremento della pressione
addominale durante la tosse; inoltre può essere indotto dalle posizioni di
drenaggio fisioterapico e da farmaci che influiscono sul tono dello sfintere
esofageo inferiore.
L’insufficienza pancreatica è causata dall’ostruzione dei dotti, ed è già
presente in età neonatale nel 60% dei pazienti; colpisce in età più avanzata
circa l’85% dei soggetti. L’insufficiente secrezione enzimatica pancreatica
determina disturbi della digestione, malassorbimento dei grassi (steatorrea)
ed arresto della crescita. La diagnosi di insufficienza pancreatica viene
effettuata mediante il dosaggio dei grassi fecali (v.n. < 3-5 gr/die), la
valutazione della chimotripsina fecale (v.n. > 8.4 U/g), dell’elastasi fecale (v.n.
> 200 μg/g), ed il sondaggio duodenale dopo stimolazione con secretina o
pancreozimina. Alcuni pazienti con funzionalità pancreatica conservata
possono presentare episodi ricorrenti di pancreatite acuta o subacuta.
L’epatopatia secondaria alla colestasi è di frequente riscontro (25%) e nel
tempo può evolvere in cirrosi biliare con ipertensione portale nel 2-5% dei
pazienti; la milza aumenta di volume e può essere evidente clinicamente un
ipersplenismo (leucopenia, piastrinopenia).
La diagnosi si basa su sintomi clinici suggestivi di FC insieme a test di
conferma biochimici o genetici; il test del sudore si basa sulla determinazione
della concentrazione di cloro e sodio nel sudore raccolto dopo stimolazione
locale con pilocarpina. Sono da considerarsi normali i livelli di cloro e sodio
inferiori a 40 mmol/L e patologici quelli superiori a 60 mmol/L. Tra 40 e 60
mmol/L i risultati si considerano ai limiti.
Individui con sintomi atipici sono diagnosticati da test di laboratorio che
identificano complicanze quali pancreatiti e polipi nasali [4]. Attualmente non
c’è una cura per la fibrosi cistica, ma i trattamenti disponibili hanno permesso
di aumentare la sopravvivenza e la qualità di vita delle persone affette.
Il registro US dei pazienti con fibrosi cistica ha confrontato i dati di individui
con fibrosi cistica tra il 1985 e il 2006; la sopravvivenza media nel 2006 era di
36.9 anni mentre nel 1985 era di 25 anni [5]. Importanza è stata data alla
diagnosi precoce così come alla gestione efficace della malattia. In particolare,
negli ultimi 20 anni il miglior controllo delle infezioni delle vie aeree, della
mobilizzazione delle secrezioni e la riduzione dell’infiammazione hanno
954 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

contribuito alla riduzione della morbilità e mortalità correlate a questa


malattia [6].
L’obiettivo di questo capitolo è quello di effettuare una sintesi delle linee
guida e delle raccomandazioni presenti in letteratura in merito alla gestione
medico-riabilitativa dei pazienti con fibrosi cistica. Sono state prese in
considerazione le linee guida pubblicate dal 2008 fino ad oggi 07/07/2018.
Trattandosi di una malattia multi-sistemica che compromette la funzione di
vari apparati ci si è concentrati sulle raccomandazioni riguardanti la gestione
di specifici aspetti quali:

- Tecniche di disostruzione delle vie aeree;


- Gestione dell’esercizio fisico;
- Complicanze muscoloscheletriche;
- Incontinenza urinaria;
- Ottimizzazione della terapia inalatoria;
- Gestione della ventilazione non assistita (NIV).

20.1. Materiali e metodi

Sono state prese in considerazione le linee guida dal 2008 fino al 06.07.2018. È
stata condotta una ricerca su Pubmed e PEDro utilizzando come termine
chiave: “cystic fibrosis”, “cystic fibrosis rehabilitation”. Inoltre, sono state
consultate banche dati specifiche per le linee guida quali guideline.gov,
guidelines.co.uk e who.int/publications/guidelines/en e i siti internet delle
principali società scientifiche italiane ed internazionali trattanti l’argomento.
Sono stati esclusi i documenti: redatti prima del 2008, dei quali non fosse
possibile reperire il testo completo, non in lingua inglese o italiana.
Sono state trovate 5 linee guida, 4 delle quali molto recenti, contenenti
raccomandazioni riabilitative.
20. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della fibrosi cistica 955

Records identificati tramite motore di


ricerca (n = 1122)

Records dopo rimozione documenti precedenti al


2008 = 413
(n = 408)

Articoli full text


(n = 393)

Linee guida, meta-analisi,


systematic review (n = 67)

Linee guida (n = 5)

Fig. 20.1. Prisma Flow chart.

20.2. Risultati

Le linee guida trovate dalla ricerca bibliografica sono elencate nella tabella 1
Le linee guida dell’APSR (Asian Pacific society of Respirology) sono state
redatte da un team multidisciplinare e multiprofessionale composto da
fisiatri e fisioterapisti. Contengono al suo interno raccomandazioni di
carattere riabilitativo, ma non utilizzano il sistema GRADE per qualificare la
qualità delle stesse, bensì il metodo NHMRC evidence hierarchy. Le
raccomandazioni che forniscono sono comunque accompagnate da vari livelli
di evidenza che vanno dal “debolmente raccomandato(C) al “fortemente
raccomandato (A)”.
Le linee guida della Sociedade de Brasileira de Pneumologia e Tisiologia sono
state redatte da un gruppo multidisciplinare e multi professionale di 18
specialisti che hanno valutato vari aspetti della gestione dei pazienti con
fibrosi cistica (a partire dalla diagnosi alla gestione di vari aspetti quali
956 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

trattamento delle complicanze respiratorie) non utilizzano il sistema GRADE,


ma l’OXFORD Centre for Evidence-Based Medicine guidelines e i livelli di
evidenza sono compresi tra 1 (il più elevato) a 5 (il più basso).
Le linee guida della NICE, sono state redatte e pubblicate a ottobre 2017 da
un team multi-disciplinare e multi-professionale e forniscono delle
raccomandazioni, basate sul sistema GRADE, in merito alla diagnosi e alla
gestione e prevenzione di tutte le complicanze a cui un paziente con fibrosi
cistica va incontro. Le raccomandazioni fornite non sono però accompagnate
da alcun livello di evidenza.
Le linee guida della European Cystic Fibrosis Society nel 2017 e pubblicate nel
gennaio 2018, sono state redatte da un team multidisciplinare e
multiprofessionale e forniscono raccomandazioni sulla diagnosi e la gestione
delle diverse complicanze a cui vanno incontro i malati, senza però fornire
alcun livello di raccomandazione né chiarimenti sulla metodologia utilizzata
per redarle.
Le linee guida della Cystic Fibrosis Foundation (2009) [7] utilizzano lo United
States Preventive Services Task Force grading scheme (USPSTF) per qualificare la
validità delle raccomandazioni fornite. Queste linee guida contengono solo
raccomandazioni in merito alla scelta e la modalità di somministrazione delle
tecniche di clearance delle vie aeree. Le raccomandazioni di queste linee
guida sono graduate in base alla forza delle stesse dalla A (quelle di forza
maggiore) a I (laddove la metodica vada attentamente valutata da caso a
caso), passando per il grado D (metodica non raccomandata).
20. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della fibrosi cistica 957

Tabella 20.1. Linee guida.


LINEE GUIDA SOCIETÀ FONTE MD MP GRADE
Physiotherapy for
cystic fibrosis in APSR (Asian Pacific
Australia and New Society of PubMed Sì Sì No
Zealand: A clinical Respirology), 2016.
practice guideline.
Brazilian guidelines Sociedade Brasileira
for the diagnosis de Pneumologia e PubMed Sì Sì No
and treatment of Tisiologia, 2017.
cystic fibrosis.
Diagnosis and National Institute for nice.org.uk/
management of Health and Care guidance Sì Sì Sì
cystic fibrosis. Excellence. 2017.
Cystic Fibrosis
Pulmonary Cystic Fibrosis PubMed Sì Sì No
Guidelines: Airways Foundatione, 2009.
clearance therapies.
ECFS Best practice European Cystic
guidelines: the 2018 Fibrosis Society, 2018 PubMed No No No
revision [8]. [8].
Tab. 20.1. Caratteristiche delle linee guida considerate (MD: Multi-disciplinarietà, MP: Multi-
professionalità).

Tabella 20.2.
APSR (Asian Braz. guid. Diag. and Cystic Fibr. ECFS Best
Pacific Society of for the manag. of Pulm. practice
Resp.), 2016. diag. and cystic fibr. Guidel.: guidelines:
treat. of (NICE), 2017. Airways the 2018
cystic clearance revision [8].
fibros. therap, 2009.
PEP therapy R(B) R (2) R R (B) R
ACBT R(B) R (2) R R (B) R
Drenaggio R(B) R (2) R R (B) R
posturale
HFCWO NR NR NR R (B)
Esercizio R(B) R (2) R R (B) R
aerobico
Esercizio fisico R(C)
sotto carico
Esercizio di
rinforzo R(B)
muscolare
Screening per
l’incontinenza R(C)
urinaria
Rinforzo del R(C)
pavimento
pelvico
Biofeedback R (C)
Stimolazione R (C)
elettrica
958 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Mineralometria
ossea tra gli 8- R(C) R (4) R
10 anni
Bifosfonati R (1) R
Inal. Dornase R(A) R (1) R
alfa
Inalazione di
soluzione R(B) R (1) R
salina
ipertonica
NIV R (B) R (2)

Tab. 20.2. Raccomandazioni in merito alle metodiche utilizzate nella gestione dei pazienti con
fibrosi cistica. R: Raccomandato; NR: Non Raccomandato; (): grado di raccomandazione o di
evidenza.

20.3. Discussione

La fibrosi cistica è una malattia genetica caratterizzata da disidratazione del


liquido che riveste le vie aeree e una compromessa clearance muco-ciliare. Di
conseguenza c’è un compromesso meccanismo di disostruzione dei patogeni
dal polmone e i pazienti sperimentano infezioni e infiammazioni croniche
dell’apparato respiratorio. La disostruzione dalle secrezioni delle vie aeree è
sempre stata una terapia fondamentale per gli individui affetti e sono state
sviluppate svariate tecniche di clearance (ACT). Essendo queste tecniche
invasive, e necessitando di tempo e sforzo da parte del paziente, è importante
che venga raccomandata quella più appropriata sulla base delle evidenze
disponibili per quanto concernono l’efficacia e la sicurezza [7]. La fibrosi
cistica è una malattia complessa che colpisce molti organi, sebbene l’85% della
mortalità sia dovuto al coinvolgimento polmonare. La fisiopatologia della
malattia polmonare inizia precocemente nella vita con un ridotto fluido
superficiale che ricopre le vie aeree dovuto a una compromessa clearance
muco-ciliare con una conseguente ostruzione di quelle di piccolo calibro
provocata dal muco, che, a causa del difetto genetico che colpisce i pazienti,
si presenta più vischioso. L’infezione cronica e l’esagerata risposta
infiammatoria ostruiscono ulteriormente le vie aeree con batteri così come
detriti cellulari provenienti dalla lisi di un considerevole numero di neutrofili.
La rapida degradazione di queste cellule e il rilascio dei contenuti
intracellulari, compresi DNA e filamenti di actina provenienti dai neutrofili
incrementa ulteriormente la viscosità e l’adesività delle secrezioni aeree.
Queste secrezioni, contenendo batteri patogeni e citochine infiammatorie,
perpetuano il danno a carico delle vie aeree reclutando nuove cellule
infiammatorie. È intuitivo che per preservare la salute del polmone, gli
individui con fibrosi cistica debbano disostruire regolarmente le vie aree da
20. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della fibrosi cistica 959

queste secrezioni riducendo così anche l’infezione e la flogosi. Questi


individui diventano dipendenti dalla tosse e da altre tecniche disostruttive,
che sono pertanto state considerate per lungo tempo lo strumento più
importante nella gestione della malattia polmonare nei malati di fibrosi cistica
[7]. Sono disponibili varie tecniche di clearance delle vie aeree (ACT). L’Active
Cycle of Breathing Technique (ACBT) consiste in un respiro controllato che
prevede esercizi di espansione toracica e espirazioni forzate. L’ACBT è
efficace per disostruire le vie aeree dalle secrezioni con risultati comparabili a
quelli di altre ACT largamente utilizzate. L’ACBT può essere utilizzata da
tutti i pazienti che possono seguire delle istruzioni ed è utile in tutti gli stadi
della malattia. La PEP therapy consiste in un respiro contro pressione
positiva di una colonna d’acqua di 10-20 cm praticato usando una maschera
o un boccaglio. Una Cochrane ha concluso che la PEP therapy è tanto efficace
quanto altre forme di ACT [9]. Un recente studio comparativo ha dimostrato,
inoltre, che questa metodica è superiore all’High Frequency Chest Wall
Oscillation (che richiede, tra l’altro, un equipaggiamento molto più costoso).
Tuttavia, nella maggior parte dei casi ci sono scarse evidenze in merito alla
superiorità di una metodica rispetto ad un’altra. [8] svariate revisioni
sistematiche infatti hanno mostrato come nessuna tecnica disostruttiva sia
migliore di un’altra, pertanto le scelte di trattamento dovrebbero essere
individualizzate [9, 17].
Le linee guida APSR affermano come la misura della capacità di esercizio
fisico sia un fattore predittivo di sopravvivenza in pazienti bambini e adulti
affetti da FC. Programmi di esercizio strutturati per questi pazienti
migliorano la fitness e la mobilità toracica, mantengono la densità minerale
ossea e possono rallentare il declino della funzionalità polmonare [10,11]. Uno
studio della durata di 9 anni comprendente oltre 200 pazienti mostra come i
pazienti con livelli più elevati di attività fisica (intendendo qualsiasi tipo di
attività fisica) abbiano un declino più lento della FEV1 (volume espiratorio
massimo nel 1° secondo) rispetto a quelli che svolgevano meno attività fisica
[12]. Inoltre, le linee guida APSR affermano come sia l’esercizio aerobico che
anaerobico abbiano effetti benefici. In particolare, l’esercizio aerobico è in
grado di migliorare la capacità massima di esercizio fisico, la resistenza e la
qualità di vita [13].
L’esercizio anaerobico invece ha dimostrato effetti positivi sui livelli di lattato,
sul picco di forza e sulla massa magra. Inoltre, entrambi i tipi di esercizio
potrebbero avere effetti positivi sulla funzionalità polmonare.
Il programma di esercizio ideale per questi pazienti non è ancora stato
stabilito, perciò in assenza di linee guida specifiche l’esercizio aerobico
dovrebbe essere prescritto come viene prescritto negli individui sani e nei
960 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

pazienti con altre patologie croniche, perciò dovrebbe avere una frequenza
dai 3 ai 5 giorni a settimana, con una durata di minimo 30 minuti a seduta e
una frequenza cardiaca che raggiunga il 75% della frequenza cardiaca
massima. Dovrebbe inoltre prevedere una combinazione di esercizio aerobico
e anaerobico [9].
Una criticità viene rappresentata dal fatto che in questi pazienti l’esercizio
fisico può provocare desaturazione, anche in quelli con un buon livello di
funzionalità polmonare. La supplementazione di ossigeno durante l’esercizio
aumenta la durata dello stesso, ma non ne è stato dimostrato un beneficio a
livello clinico.
Le linee guida JBP sottolineano come l’esercizio fisico aerobico e anaerobico
possa migliorare la postura e la funzionalità dell’individuo, così come la
sicurezza in sé stessi [14]. Raccomandano, pertanto, una frequenza di 3-5
sedute a settimana con una durata di 20-30 minuti [15]. L’esercizio viene
raccomandato anche durante l’ospedalizzazione. Sottolineano però che
questo non può sostituire la fisioterapia toracica [16].
Secondo le linee guida NICE l’esercizio fisico aumenta sia la funzionalità
polmonare che la fitness complessiva dell’individuo. Il programma di
esercizio dovrebbe essere individualizzato tenendo conto delle capacità e
delle preferenze del soggetto, inoltre il programma di esercizio dovrebbe
essere rivalutato regolarmente al fine di monitorare i progressi del soggetto e
di assicurarsi che il programma continui ad essere appropriato per il suo
bisogno [17].
Secondo le linee guida ECFS l’esercizio fisico dovrebbe essere incluso nel
management riabilitativo di qualsiasi paziente affetto da FC,
indipendentemente dall’età e dalla gravità della patologia. Infatti una
riduzione della capacità di esercizio è associata a declino della funzione
polmonare e della sopravvivenza [8].
La prevalenza riportata dell’incontinenza urinaria nelle ragazze e nelle donne
con fibrosi cistica va dal 22 al 74% contro il 13% delle donne sane di pari età
[18,19]. Per quanto riguarda gli uomini con fibrosi cistica, la letteratura è
limitata, con una prevalenza riportata dell’8-15%, in confronto al 7,5% della
popolazione sana [20]. Non si sa se la causa di incontinenza urinaria nella FC
sia la tosse cronica, il sovraccarico del pavimento pelvico durante le tecniche
di disostruzione delle vie aeree, l’esercizio fisico o le sottostanti differenze
strutturali. Le persone con FC e incontinenza riportano aumentati livelli di
ansietà e depressione con un impatto negativo sulla qualità di vita [21]. Uno
screening per l’incontinenza dovrebbe essere parte della cura routinaria
fisioterapica sia per i maschi che per le femmine [9]. Il trattamento
dell’incontinenza urinaria in donne con la FC attraverso continence
20. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della fibrosi cistica 961

physiotherapist, con esercizio, stimolazione elettrica, biofeedback e


allenamento vescicale determina miglioramenti nella forza del pavimento
pelvico, riduzione nelle perdite e miglioramento della qualità di vita [22].
Riscontri positivi si sono inoltre ottenuti con correzione chirurgica
dell’incontinenza urinaria severa in donne con FC [23].
Al fine di ottimizzare la funzione del pavimento pelvico, i pazienti
dovrebbero essere istruiti ad effettuare la terapia di disostruzione delle vie
aeree in posizioni che mantengano neutrale la spina dorsale lombare con
l’aggiunta di un supporto perineale in quelli con incontinenza urinaria [24].
Le complicanze muscoloscheletriche nei pazienti affetti da FC sono il risultato
di anormalità multifattoriali della mineralizzazione ossea, dell’alterazione dei
meccanismi di respirazione e degli squilibri muscolari secondari alla
patologia polmonare. Diversi studi presenti in letteratura riportano come una
percentuale compresa fra il 43% e il 94% di questi pazienti soffra di dolore
spinale [9], che affligge pazienti con diversi gradi di malattia. Il dolore
muscoloscheletrico nella FC è associato a ridotta qualità di vita, aumento dei
sintomi respiratori, disturbi del sonno, ansia, depressione e ridotta capacità
di eseguire tecniche di clearance delle vie aeree ed esercizio fisico [9]. Questi
pazienti presentano inoltre diversi fattori di rischio per alterata
mineralizzazione ossea. Studi longitudinali dimostrano come negli
adolescenti affetti da FC la formazione di massa ossea durante la pubertà sia
diminuita rispetto ai soggetti sani, risultando in un minor picco di massa
ossea [9]. Una meta-analisi riporta nella fibrosi cistica una prevalenza di
osteoporosi del 23,5% e di osteopenia del 38% [25]. Gli individui più colpiti
risultano quelli con maggiore severità di patologia polmonare, diminuita
attività fisica e bassa capacità aerobica. In questi soggetti si sono riscontrati
un livello minore di densità minerale ossea, la prevalenza maggiore di
fratture vertebrali e i gradi più severi di cifosi [26]. Le linee guida APSR
riportano come la migliore terapia non farmacologica per aumentare la
densità minerale ossea (BMD) nei soggetti sani risulti essere l’esercizio sotto
carico, che stimola la deposizione ossea, ne previene la perdita e ne migliora
la qualità strutturale [27]. Esistono alcune evidenze riguardo i benefici
derivanti da un’attività fisica precoce, queste linee guida sottolineano come i
bambini e gli adolescenti dovrebbero eseguire esercizi sotto carico ad alto
impatto per 30 minuti tre volte a settimana [9]. Gli anni pre-pubertà e quelli
immediatamente successivi sono molto importanti per aumentare il picco di
massa ossea, in quanto un quarto di questo viene guadagnato nei 2 anni
intorno allo scatto di crescita puberale [28, 29]. Nei pazienti affetti da FC si
sono riscontrati inoltre cambiamenti riguardanti la forza, la lunghezza
muscolare e il reclutamento neuromuscolare. La ridotta massa magra
962 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

muscolare è associata al malassorbimento e al decondizionamento. La


debolezza muscolare è stata anche documentata come conseguenza
dell’infiammazione sistemica presente in questi pazienti e della mancanza di
attività fisica [9]. Una revisione sistematica australiana dimostra come
programmi di allenamento per la forza muscolare di moderata o elevata
intensità e di durate differenti abbiano prodotto un significativo aumento
della forza muscolare negli arti inferiori [30]. I fisioterapisti dovrebbero avere
le capacità per gestire le diverse complicanze muscoloscheletriche legate alla
FC, quali artropatie, infortuni legati all’attività sportiva, dolore di origine
vertebrale e dolore associato alla tosse. I risultati di alcuni studi riguardanti
la terapia manuale per il management del dolore e della disabilità sono
incoraggianti [9]. Le linee guida ECFS e JBP sottolineano come sia necessario
eseguire una valutazione della BMD tramite mineralometria ossea
computerizzata con metodica DEXA a partire dall’età di 8 anni [8]. Secondo
le linee guida ECFS i fattori di rischio che contribuiscono allo sviluppo di una
bassa mineralizzazione ossea sono rappresentati da infezioni polmonari,
malnutrizione, mancanza di esercizio sotto carico, pubertà ritardata, terapie
con glucocorticoidi, ipogonadismo e carenza di vitamina D, calcio e vitamina
K. Per questo i fattori di rischio dovrebbero essere minimizzati e dovrebbe
essere ottimizzata l’assunzione con la dieta di calcio e vitamina D, con
l’obbiettivo di migliorare la salute ossea. L’uso di bifosfonati dovrebbe essere
valutato caso per caso in questi pazienti prendendo in considerazione la BMD
(Z/T score < 2), la storia di fratture agli arti dovute a traumi di bassa intensità
o fratture vertebrali da compressione. Va considerato, inoltre, se il paziente
sia in attesa o abbia effettuato un trapianto d’organo e se sia in trattamento
con corticosteroidi da più di 3 mesi [31]. Le linee guida JBP raccomandano
l’assunzione di vitamina D, vitamina K, e calcio in caso di osteopenia (Z-score
tra -1.0 e -2.5), mentre in caso di osteoporosi (Z-score < -2.5) raccomandano
l’uso di bifosfonati [16]. La terapia inalatoria è un importante trattamento per
la malattia respiratoria dei pazienti con fibrosi cistica. Un’efficace terapia
inalatoria è fondamentale per il successo della terapia di disostruzione /
clearance delle vie aeree e vice versa; pertanto i fisioterapisti dovrebbero
essere adeguatamente istruiti nella somministrazione di tale terapia al fine di
massimizzare l’efficacia di entrambi [9]. I principali determinanti della
deposizione per i farmaci nebulizzati sono il pattern respiratorio durante
l’inalazione, la dimensione delle goccioline e l’età/condizione generale del
polmone [32]. Un respiro più lento permette una più desiderabile deposizione
periferica, migliora l’omogeneità della deposizione stessa e aumenta la
deposizione generale del farmaco [33]. Lenti respiri continui intervallati da
occasionali respiri profondi sono stati tradizionalmente raccomandati per
20. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della fibrosi cistica 963

promuovere una migliore deposizione [34]. Tuttavia, lo specifico device che


viene utilizzato può determinare l’ottimale pattern respiratorio [35]. Dati i
variabili comportamenti fisico chimici dei farmaci nebulizzati nella fibrosi
cistica, è importante utilizzare una combinazione di nebulizzatore /
compressore che sia efficace per la specifica preparazione [32]. I farmaci
nebulizzati dovrebbero essere assunti attraverso un boccaglio per
massimizzare la distribuzione degli stessi nelle vie aeree ed evitare il filtro
nasale [36]. Le eccezioni sono rappresentate da giovani bambini che
potrebbero essere incapaci di usare un boccaglio efficacemente, o nei casi in
cui i seni nasali siano un target della terapia o nei pazienti con dispnea acuta.
I broncodilatatori dovrebbero essere somministrati da inalatori predosati e
muniti di distanziatore tranne che nei pazienti che sono troppo dispnoici o
sono incapaci di seguire le istruzioni [32].
Inalatori predosati con distanziatore dovrebbero essere usati per la
somministrazione dei corticosteroidi per via inalatoria. I pazienti dovrebbero
essere incoraggiati a risciacquare la bocca e a fare gargarismi dopo le sedute
per ridurre il rischio di candidosi [36]. Combinando le tecniche di
disostruzione delle vie aeree (ACT) con la terapia inalatoria si può ridurre
l’onere legato al tempo di trattamento della fibrosi cistica. Tuttavia, gli studi
hanno riportato risultati conflittuali/discordanti in merito a questa pratica per
quanto riguarda la deposizione polmonare, la broncodilatazione, la dispnea,
la tosse e la produzione di muco [9]. La combinazione di PEP con terapia
inalatoria (soluzione ipertonica o isotonica, salbutamolo) è comunemente
usata dai fisioterapisti. Qualcuno combina anche la terapia inalatoria con il
posizionamento e le tecniche di respirazione quali ACBT (Active Cycle Of
Breathing Technique) o il drenaggio autogeno. Ci sono ricerche insufficienti che
investigano la combinazione di terapia inalatoria e ACT per dare
raccomandazioni su questa pratica [9]. Il timing ottimale per l’inalazione di
dornase alfa, un farmaco mucolitico somministrato per aerosol nei pazienti
con fibrosi cistica, in relazione alle ACT è stato investigato in una Cochrane
systematic review [37]. Le meta-analisi hanno mostrato che l’inalazione di
dornase alfa dopo ACT ha effetti simili sulla FEV1, la capacità vitale forzata e
la qualità di vita comparata con l’inalazione precedente alle ACT. Tuttavia, il
flusso meso-espiratorio, era significativamente migliore con l’inalazione di
dornase alfa precedente alle ACT, basandosi su un insieme di dati provenienti
da due piccoli studi in bambini con ben preservata funzione polmonare
[38,39]. Un intervallo di tempo più lungo tra la somministrazione di dornase
alfa e l’ACT sembra essere inoltre più efficace dell’inalazione
immediatamente precedente le ACT [40]. Non sembrano esserci effetti nocivi
sulla qualità del sonno o la tosse notturna se questo intervallo di tempo viene
964 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

prolungato in modo tale che la somministrazione di dornase alfa venga fatta


prima di coricarsi [41]. In assenza di forti evidenze che indichino che un
regime sia migliore di un altro, il timing dell’inalazione di dornase alfa in
relazione alla ACT o il momento del giorno in cui effettuarla, possono essere
basati su ragioni pragmatiche o sulla preferenza individuale. Il timing
dell’inalazione di soluzione salina ipertonica in relazione all’ACT (prima,
durante o dopo) non sembra avere sostanziali effetti sulla funzione
polmonare dopo una singola sessione di trattamento [42]. Tuttavia, i
partecipanti erano più soddisfatti con l’intera sessione di trattamento quando
la soluzione salina ipertonica era inalata prima o durante l’ACT, e
percepivano questo timing di somministrazione come più efficace.
Un certo numero di studi descrittivi testimonia l’utilizzo con successo della
terapia ventilatoria non invasiva (NIV) per stabilizzare i pazienti con FC e
insufficienza respiratoria acuta [9], con ridotta ipercapnia, frequenza
respiratoria e dispnea. Sebbene la NIV non inverta il deterioramento
respiratorio che si verifica nella fase finale della malattia, può permettere al
paziente di essere stabilizzato per un intervallo di tempo sufficiente a ricevere
un trapianto di polmone. L’uso della NIV per i pazienti con fibrosi cistica che
non sono in attesa di trapianto è stata inoltre riportata laddove possa essere
utile la palliazione della dispnea negli ultimi stadi di malattia [43]. L’ipossia
e l’ipercapnia si verificano comunemente durante il sonno nelle forme di
fibrosi cistica da moderata a severa e possono esitare in insufficienza
respiratoria acuta durante il giorno [44]. Sono stati riportati effetti positivi a
breve termine della NIV durante il sonno nella fibrosi cistica [45, 46]. Più a
lungo termine la NIV ha prodotto miglioramenti nella PaCO2 nelle ore
diurne, riduzione nel numero di giorni di ospedalizzazione e miglioramento
dei sintomi [47, 48]. In un trial randomizzato controllato, la somministrazione
di NIV a domicilio per un periodo di 6 settimane ha prodotto un significativo
miglioramento della qualità di vita, dei sintomi respiratori, della dispnea,
della ventilazione notturna e in un incremento nella performance
dell’esercizio fisico [49]. Le tecniche di disostruzione / clearance delle vie
aeree sono onerose per pazienti che sono indisposti, a causa dell’aumentata
domanda ventilatoria, delle alterazioni negli scambi gassosi e della dispnea
[9]. Due studi crossover randomizzati controllati riportano che una singola
sessione di NIV può alleviare il lavoro dei muscoli respiratori durante l’ACT
sia negli adulti che nei bambini con fibrosi cistica, risultando in un
alleviamento della dispnea e in una minore desaturazione [50, 51]. Effetti
analoghi, quali miglior ventilazione, ridotta desaturazione e migliorata
performance nella deambulazione, sono stati osservati con l’applicazione
della NIV durante l’esercizio fisico. Questo può risultare utile in pazienti in
20. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della fibrosi cistica 965

attesa di trapianto nei quali il mantenimento della capacità di esercizio è un


obiettivo importante [9]. La ventilazione non invasiva apporta un flusso
d’aria ad elevato flusso e relativamente bassa umidità che può sopraffare la
capacità della mucosa delle alte vie aeree di scaldare e umidificare l’aria
inspirata [52]. I livelli di umidità durante la NIV sono abbastanza bassi da
provocare essicamento delle vie aeree [53]. Questo è di grande importanza in
pazienti con un eccesso di secrezioni, che sono ad alto rischio di ritenzione
dell’espettorato. Pertanto, dovrebbe essere presa in considerazione
l’umidificazione e il riscaldamento dell’aria quando si utilizza la NIV in
pazienti con fibrosi cistica. La NIV dovrebbe essere presa in considerazione
in tutti quei pazienti con insufficienza respiratoria che sono in lista per
trapianto di polmone (C).

20.4. Raccomandazioni riabilitative

20.4.1. Raccomandazioni di grado forte-moderato a favore


 La tecnica di active cycle of breathing technique (ACBT) è una forma
efficace di clearance delle vie aeree e può essere utilizzata da persone
con malattia acuta e cronica del polmone indipendentemente o in
associazione con altre ACT;
 La PEP terapia, la PEP oscillante e il drenaggio autogeno sono
tecniche efficaci che possono essere utilizzate indipendentemente;
 Le ACT dovrebbero essere praticate per tutta la durata della vita;
 L’esercizio fisico potrebbe essere raccomandato lungo tutto il corso
della vita;
 Il drenaggio posturale modificato è raccomandato nei neonati e nei
giovani bambini dove non è possibile una partecipazione attiva
nell’ACT;
 L’esercizio fisico dovrebbe essere utilizzato per:
- Ridurre l’impedenza meccanica dell’espettorato;
- Ottenere dei miglioramenti a breve termine nella funzione
polmonare;
- Facilitare l’espettorazione;
 Gli inalatori con dosi predosate e con spaziatore dovrebbero essere
usati per la somministrazione di corticosteroidi inalatori;
 Una soluzione salina ipertonica dovrebbe essere somministrata
prima o durante le ACT;
 Laddove possibile, i farmaci nebulizzati dovrebbero essere
somministrati tramite boccaglio;
966 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

 In pazienti con deficit ventilatorio notturno sintomatico


bisognerebbe: provare la NIV notturna;
 La NIV è una utile aggiunta alle ACT in quei pazienti con malattia
severa in cui la dispnea e la fatica limitano l’efficacia delle ACT stesse;
 La NIV è un’utile aggiunta all’esercizio in pazienti con malattia
severa dove la dispnea e la fatica contribuiscono al
decondizionamento e limitano l’efficacia dell’allenamento.

20.4.2. Raccomandazioni di grado moderato-debole a favore


 Il programma di esercizio dovrebbe essere personalizzato secondo le
capacità e le preferenze del soggetto e dovrebbe avere una frequenza
di almeno 3 volte a settimana e una durata di almeno mezz’ora;
 In pazienti con severa desaturazione durante l’esercizio (pO2 < 90%)
dovrebbe essere considerata la supplementazione di ossigeno
durante lo stesso [9];
 Donne con FC e sintomi di incontinenza urinaria da stress
dovrebbero essere istruite sugli esercizi di rafforzamento e endurance
per migliorare il controllo del pavimento pelvico;
 Uomini e donne con FC dovrebbero essere visitati preliminarmente
per valutare l’eventuale presenza di sintomi di incontinenza urinaria
da stress;
 La clearance delle vie aeree dovrebbe essere effettuata in posture che
mantengono neutrale il rachide lombare per ottimizzare la funzione
del pavimento pelvico;
 A partire dagli 8 anni di età, potrebbe essere raccomandata una
valutazione muscoloscheletrica annuale comprensiva di
mineralometria ossea computerizzata con metodica DEXA. Una
valutazione precoce sarebbe giustificata in caso di dolore, disabilità o
in caso di rischio di diminuita densità minerale ossea;
 L’attività fisica regolare potrebbe essere raccomandata in questi
pazienti per tutta la vita, comprendendo esercizi sotto carico per
migliorare la densità minerale ossea. Potrebbe essere raccomandata
la prescrizione di programmi di allenamento per la forza muscolare
con l’obbiettivo di migliorare la massa muscolare. Tuttavia non sono
ancora stati definiti dei protocolli ben definiti di allenamento per la
forza muscolare in questi bambini, per cui serviranno ulteriori
ricerche a tal proposito;
 Potrebbe essere raccomandata l’ottimizzazione dell’assunzione di
vitamina D e calcio con la dieta. L’assunzione di bifosfonati potrebbe
essere raccomandata valutando caso per caso in pazienti con bassi
20. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della fibrosi cistica 967

livelli di BMD, storia di fratture da fragilità, pazienti sottoposti a


trapianto d’organo e pazienti che assumo terapie prolungate a base
di corticosteroidi;
 Per ottimizzare la somministrazione della dose e il tempo di
trattamento, la tecnica inalatoria dovrebbe essere adattata al device
utilizzato e tenere in considerazione la posizione del corpo e la
concomitante ACT;
 I broncodilatatori dovrebbero essere somministrati mediante
inalatori di “pre-dosati” a meno che non ci sia un bisogno clinico per
la nebulizzazione;
 Un sistema di umidificazione e riscaldamento dovrebbe essere
incorporato nel circuito per tutte le applicazioni di NIV nei pazienti
con CF.

20.4.3. Terapie non raccomandate


 Il drenaggio posturale in head down position non dovrebbe essere usato
routinariamente:
- Nei bambini con CF;
- In pazienti di qualsiasi età con noto o sospetto MRGE.

20.4.4. Raccomandazioni incerte


 High frequency chest wall oscillation (HFCWO). Questo dispositivo
ha dimostrato di essere meno efficace di altre metodiche quali la PEP
pur avendo, dal punto di vista economico, dei costi economici molto
maggiori. Pertanto le raccomandazioni a favore del suo impiego sono
molto discutibili [17].

CONCLUSIONI

La gestione riabilitativa della fibrosi cistica rappresenta una sfida avvincente


complessa per i fisiatri, i terapisti ed il personale infermieristico che ha a che
fare con i pazienti con questa malattia. Trattandosi di una patologia multi
sistemica, devono essere presi in considerazione vari aspetti nella gestione
riabilitativa dei pazienti.
Per quanto riguarda la gestione della malattia polmonare e l’utilizzo di
tecniche di clearance delle vie aeree, queste ultime sono state considerate per
lungo tempo lo strumento più importante nella gestione della malattia
polmonare dei malati di fibrosi cistica e dovrebbero, verosimilmente, essere
praticate per tutta la durata della vita anche se, al momento, nessuna si è
dimostrata essere superiore alle altre, cosicché la scelta deve essere
968 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

individualizzata per ogni singolo paziente [9, 17]. In particolare, il drenaggio


posturale head down position non dovrebbe essere usato routinariamente nei
bambini e in tutti coloro con sospetta MRGE. L’ottimizzazione della terapia
inalatoria è a sua volta cruciale per il successo della terapia di disostruzione
delle vie aeree. Dall’analisi della letteratura recente emergono alcune possibili
indicazioni: laddove possibile i farmaci nebulizzati dovrebbero essere
somministrati tramite boccaglio, gli inalatori predosati e con spaziatore
dovrebbero essere usati per la somministrazione di corticosteroidi inalatori e
una soluzione salina ipertonica dovrebbe essere somministrata prima o
durante le ACT.
La terapia ventilatoria non invasiva (NIV) dovrebbe essere presa in
considerazione in quei pazienti con deficit ventilatorio notturno sintomatico,
inoltre la NIV è un’utile aggiunta alle ACT in quei pazienti con malattia
severa in cui la dispnea e la fatica limitano l’efficacia dell’allenamento.
L’esercizio fisico assume una grande importanza in questi pazienti perché
permette di ottenere un miglioramento a breve termine della funzione
polmonare riducendo l’impedenza meccanica dell’espettorato e
facilitandone, quindi, l’espettorazione. L’esercizio fisico, sia aerobico che
anaerobico, viene raccomandato dalle linee guida APSR e JBP in quanto
apportatore di svariati benefici quali, in particolare, il mantenimento della
densità minerale ossea e il rallentamento del declino della funzionalità
polmonare con un miglioramento della capacità massima di esercizio fisico
della resistenza e della qualità di vita. Le modalità con cui dovrebbe essere
prescritto sono analoghe a quelle con cui viene consigliato agli individui sani
ed ai pazienti con altre patologie croniche ovvero: frequenza dai 3 ai 5 giorni
a settimana, durata minia di 30 minuti a sedute e una frequenza massima che
raggiunga il 75% della massimale. Per quanto riguarda le complicanze
muscolo scheletriche, tra le più frequenti vi è l’osteoporosi che, in base alle
linee guida APSR trova nell’esercizio sotto carico, soprattutto se eseguito
prima dello scatto di crescita puberale, la migliore prevenzione. Altre
complicanze muscoloscheletriche, a cui vanno incontro i pazienti affetti da
fibrosi cistica, sono la debolezza muscolare, le artropatie, gli infortuni legati
all’attività sportiva, il dolore di origine vertebrale e il dolore associato alla
tosse. In generale, per la gestione di questo tipo di complicanze, le linee guida
APSR raccomandano che, a partire dagli 8 anni, venga effettuata una
valutazione muscoloscheletrica routinaria annuale, e nel caso siano presenti
dolore, disabilità o un aumentato rischio di osteoporosi, questo tipo di
valutazioni andrebbe fatto ancora più precocemente.
Per la gestione dell’incontinenza urinaria, sia i maschi che le femmine
dovrebbero essere sottoposti a screening, trattandosi di un disturbo che,
20. Bp e Lg riabilitative nel trattamento della fibrosi cistica 969

specialmente nelle donne, ha un’elevata incidenza ed influisce pesantemente


sulla qualità di vita. Il trattamento dell’incontinenza urinaria si giova di
molteplici trattamenti, quali la stimolazione elettrica, il biofeedback,
l’allenamento vescicale e, nei casi più gravi la correzione chirurgica, che
determinano una riduzione delle perdite e un miglioramento della qualità di
vita. Più nello specifico, per ottimizzare la funzione del pavimento pelvico, le
tecniche di clearance delle vie aeree dovrebbero essere effettuate in posture
che mantengano neutrale il rachide lombare.
Dalla nostra revisione della letteratura recente, emerge una carenza di
indicazioni chiare e validate da livelli di evidenza soddisfacenti per quanto
riguarda molti aspetti della gestione riabilitativa dei pazienti con fibrosi
cistica. Nella maggior parte dei casi le indicazioni sono generiche e supportate
da livelli di evidenza scarsi, pertanto la gestione dei pazienti rischia di essere
molto improvvisata.
È auspicabile che in futuro vengano condotti degli studi di buona qualità al
fine di redigere delle buone pratiche cliniche per la gestione di questi pazienti.
970 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

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Prof. Valter Santilli

Linee guida, buone pratiche


ed evidenze scientifiche
in Medicina Fisica e Riabilitativa

Capitolo 21

Buone pratiche e linee guida riabilitative


nel trattamento delle patologie del piede nel bambino

Coautori

Claudia Piscitello MD, Alessandra Bettinelli MD


Teresa Paolucci MD, PhD, Prof. Adriano Ferrari MD, PhD
Massimiliano Murgia MD
21. Buone pratiche e linee guida riabilitative
nel trattamento
21. Buone pratichedelle patologie
e linee del piede nel
guida riabilitative
nel bambino delle patologie del piede nel
trattamento
bambino
Coautori
Claudia Piscitello 1 MD, Alessandra Bettinelli 1 MD, Teresa Paolucci 2 MD, PhD
Coautori
Prof. Adriano Ferrari 3 MD, PhD, Massimiliano Murgia 2 MD
Claudia Piscitello1 MD, Alessandra Bettinelli1 MD,
1
Teresa
Scuola Paolucci2 MD,
di Specializzazione PhD, Prof.
in Medicina Adriano
Fisica FerrariSapienza
e Riabilitativa,
3 MD, PhD,
Università di Roma
2
Massimiliano Murgia 2 MD
Dirigente Medico di I Livello, Medicina Fisica e Riabilitativa, Policlinico Universitario
“Umberto I”, Roma
Scuola
31
Professore Ordinario MED34,
di Specializzazione Università
in Medicina degli
Fisica Studi di Modena
e Riabilitativa, e Reggio
Sapienza Emilia di Roma
Università
2 Dirigente Medico di I Livello, Medicina Fisica e Riabilitativa, Policlinico Universitario “Um-
berto I”, Roma
3 Professore Ordinario MED34, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

ABSTRACT
Background: Il piede, durante la crescita, può essere interessato da altera-
zioni strutturali di diversa natura ed importanza che possono pregiudicarne
il corretto sviluppo anatomico e funzionale. Le deformità del piede più fre-
quenti nel bambino sono rappresentate da: piede piatto, piede cavo, piede
torto congenito e metatarso addotto.
Obiettivi: Raccogliere e mettere a confronto i dati riguardanti criteri diagno-
stici e trattamenti riabilitativi delle patologie prese in esame, estrapolati dal-
le più accreditate linee guida internazionali, da studi di revisione e meta-
analisi allo scopo di fornire un protocollo chiaro su diagnosi e trattamento
rieducativo.
Materiali e metodi: La ricerca è stata condotta sui principali motori di ricer-
ca: Medline / Pubmed e PEDro (Physiotherapy Evidence Database). Sono stati
applicati anche filtri riguardanti il range temporale degli studi al fine di
prendere in considerazione i trattamenti più recenti ed aggiornati (2008-
2018). Sono stati esclusi il materiale scientifico privo di full-text e quello che
trattava esclusivamente l’aspetto chirurgico, come gli articoli scritti in lingua
diversa dall’inglese e dall’italiano. La stesura del capitolo è stata realizzata
seguendo i criteri della PRISMA check-list.
Risultati: Sono state riscontrate 1 linea guida e 5 review per il piede piatto, 2
review per il piede cavo, 1 linea guida e 5 review per il piede torto congenito
e infine 2 review per il metatarso addotto.
976 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Discussione: Per quanto riguarda il piede piatto, come riportato nella linea
guida ACOFAS, non sempre è indicato il trattamento. La decisione si basa
sull’esistenza o meno di una sintomatologia clinica e sull’esito dell’esame
obiettivo. In presenza di dolore, invece, le opzioni a disposizione includono:
fisioterapia, ortesi plantari e in alcuni casi soluzioni chirurgiche.
Per il piede cavo si possono distinguere due tipi di approcci: conservativo e
chirurgico. Tuttavia, non esistono chiare evidenze a favore di uno di essi. Il
trattamento conservativo si basa principalmente sull’utilizzo di ortesi e di
calzature ammortizzate che hanno lo scopo di ridistribuire correttamente il
carico sulla pianta del piede.
Per il piede torto, le linee guida olandesi sono le uniche che includono la
trattazione della riabilitazione di tale patologia nei primi sei mesi di vita.
Vengono raggiunti benefici simili nel trattamento chirurgico (postero-medial
release) come in quello conservativo (Metodo Ponseti, che prevede
l’applicazione settimanale di gessi seriati, dai 5 ai 6, allo scopo di correggere
progressivamente la deformità).
Per il metatarso addotto emergono diversi tipi di trattamento, a seconda che
sia flessibile, semi-flessibile o rigido. Il metatarso addotto flessibile e quello
semi-flessibile sono trattati conservativamente tramite stretching e utilizzo
di calzature adeguate, ortesi e docce. Per il metatarso adotto rigido il tratta-
mento è prettamente chirurgico.
Conclusioni: Dai risultati del nostro lavoro è emerso che gli studi presenti in
letteratura sono esigui e non sottoposti a revisione. Pertanto è necessario
approfondire la ricerca in questo campo e successivamente procedere alla
stesura di “buone pratiche cliniche”, riconosciute dalla comunità scientifica,
che consentano nell’ambito della riabilitazione di guidare le figure profes-
sionali alla corretta gestione del paziente.

INTRODUZIONE

Il piede costituisce la base d’appoggio del corpo. Il suo primo abbozzo inizia
a formarsi al secondo mese di gravidanza e la sua crescita continua fino
all’età di 12-13 anni [1]. Durante questo periodo il piede può essere interes-
sato da alterazioni di diversa importanza che possono pregiudicarne il cor-
retto sviluppo anatomico e funzionale. Le deformità del piede più frequenti
nel bambino sono rappresentate da: piede piatto, piede cavo, piede torto
congenito e metatarso addotto.
21. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle patologie del piede nel bambino 977

21.1. Materiali e metodi

Obiettivo di questo studio è raccogliere i dati riguardanti i trattamenti riabi-


litativi delle patologie sopracitate, forniti dalle più accreditate linee guida
internazionali e, nel caso in cui esse risultino insufficienti, incomplete o su-
perate, includere studi di revisione e meta-analisi.
Intento del nostro lavoro è quello di raccogliere e comparare il contenuto
delle linee guida nazionali ed internazionali facenti riferimento al tratta-
mento riabilitativo di bambini ed adolescenti affetti da piede piatto, piede
cavo, piede torto e metatarso addotto. Laddove le linee guida considerate
risultano carenti, datate, o non forniscono una chiara indicazione, sono stati
presi in considerazione studi di revisione e meta-analisi. Sono state incluse
nella valutazione linee guida che comprendono tra gli autori il maggior nu-
mero di rappresentanti delle seguenti figure professionali: medici specialisti
della riabilitazione, specialisti ortopedici, specialisti pediatri, specialisti in
neuropsichiatria infantile, fisioterapisti, logopedisti, associazioni di pazienti
e genitori.
La ricerca è stata condotta sui principali motori di ricerca: Medline/Pubmed
e PEDro (Physiotherapy Evidence Database): “flat foot” OR “pes planus” OR
“clubfoot” OR “pes cavus” OR “metatarsus adductus”AND guidelines [< 10
years]; “flat foot” OR “pes planus” OR “clubfoot” OR “pes cavus” OR “met-
atarsus adductus” AND recommendations [< 10 years]; “flat foot” OR “pes
planus” OR “clubfoot” OR “pes cavus” OR “metatarsus adductus” [title]
[review] [< 10 years]; “flat foot” OR “pes planus” OR “clubfoot” OR ”pes
cavus” OR “metatarsus adductus”AND “rehabilitation” [< 10 years]; “flat
foot” OR “pes planus” OR “clubfoot” OR “pes cavus” OR “metatarsus ad-
ductus” in associazione a termini riguardanti l’esercizio terapeutico, il trat-
tamento ortesico e la riabilitazione in genere, quali “physical therapy”, “ex-
ercise”, “gait”, “orthosis”, “orthopedic footwear”, “occupational therapy”;
National Institute for Health and Clinical Excellence (key words: “flat foot”,
“pes planus”, “clubfoot”, “pes cavus”, “metatarsus adductus”); Best Practice
BMJ, key words: “flat foot”, “pes planus”, “clubfoot”, “pes cavus”, “meta-
tarsus adductus”; Cochrane Library, key words: “flat foot”, “pes planus”,
“clubfoot”, “pes cavus”, “metatarsus adductus”; ultima ricerca effettuata:
giugno 2018.
Sono stati applicati anche filtri riguardanti il range temporale degli studi al
fine di prendere in considerazione i trattamenti più recenti e aggiornati (dal
2008 al 2018). Laddove la ricerca avesse escluso materiale di evidenza scien-
tifica rilevante e nel caso in cui non fossero presenti studi aggiornati per una
978 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

determinata patologia, sono stati presi in considerazione anche lavori con


data di pubblicazione al di fuori del range in esame.
Sono state, invece, escluse: le pubblicazioni prive di full-text e quelle che
trattavano esclusivamente l’aspetto chirurgico e infine gli articoli in lingua
diversa dall’inglese e dall’italiano.
La stesura del capitolo è stata realizzata seguendo i criteri della PRISMA
check-list (Fig. 21.1.).

Ricerca Bibliografica: Pubmed/PEDro, Cochrane Library


Solo articoli in lingua inglese o italiana

Risultati della ricerca combinati Esclusi (n = 3159)


(n=3494) Non contenenti indicazioni tera-
peutiche o diagnostiche (n = 1054)
- Piede piatto (n = 854) Duplicati (n = 311)
- Piede cavo (n = 197) Full-text non accessibile (n =52)
- Piede torto congenito (n = Non systematic review, meta-
1471) analisi o linee guida (n = 1742)
- Metatarso addotto (n = 118)

Screening degli articoli in base al titolo e


all’abstract

Inclusi (n = 335)

Esclusi (n = 321)
Presenza di letteratura più recente
Revisione degli articoli e applicazione (n = 109)
dei criteri di inclusione/esclusione Non systematic review, meta-
analisi o linee guida (n = 212)

Inclusi (n = 14)

Linee Guida (n = 2) Review, systematic review, meta-analisi (n = 12)


- Piede piatto (n = - Piede piatto (n = 3)
1) - Piede cavo (n = 2)
- Piede torto con- - Piede torto congenito (n = 5)
genito (n = 1) - Metatarso addotto (n = 2)

Fig. 21.1. Diagramma di flusso di selezione degli studi (come da PRISMA Statement [2]).
21. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle patologie del piede nel bambino 979

21.2. Risultati

In base ai criteri sopracitati sono stati inclusi: una linea guida e tre revisioni
sistematiche per il piede piatto; due revisioni sistematiche per il piede cavo;
una linea guida e quattro revisioni sistematiche per il piede torto congenito,
due revisioni sistematiche per il metatarso addotto (Tabelle 21.1A.-21.1B.).

LINEE GUIDA SOCIETÀ FONTE MD MP GRADE

Diagnosis and Treatment of Pediatric


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Flatfoot (2004) [3].

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treatment of primary idiopathic club- NOV Pubmed Sì Sì Sì
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Tabella 21.1B.
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Expanded age indication for Ponseti method for correction of con- J Foot and
genital idiopatic talips equinovarus: a sistematic review (2018) Digge V. Ankle
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Paediatric Metatarsus Adductus And Skewfoot Deformity (2010) Hutchinson Clin Pod
[17]. B. Med Surg
Tab. 21.1B. Revisioni, revisioni sistematiche e meta-analisi considerate.

La linea guida ACOFAS Diagnosis and Treatment of Pediatric Flatfoot (2004) è


stata redatta da un team composto da medici specializzati in ortopedia e
traumatologia e da podiatri (è perciò multi-disciplinare, ma non multi-
professionale). Essa offre gli strumenti per identificare il piede piatto e per
distinguerne le forme lassa e rigida. Fra questi in prima battuta l’esame
obiettivo, poi le tecniche di imaging e la gait analysis. Una volta fatta la dia-
gnosi, questa linea guida differenzia i tipi di approccio (conservativo e chi-
rurgico) da seguire in base alle caratteristiche del piede [3].
La review di Dare D.M. “Pediatric Flatfoot: cause, epidemiology, assess-
ment, and treatment”, del 2014, è stata curata da un gruppo di chirurghi or-
topedici. Non segue i criteri della PRISMA check-list. Come la precedente,
descrive i tipi di piede piatto e i fattori predisponenti alla sua insorgenza.
Mette in evidenza la grande importanza dell’esame obiettivo come strumen-
to fondamentale per la diagnosi primaria. Questa può essere integrata con
ulteriori esami strumentali. Una volta inquadrato il caso, la review identifica
il trattamento conservativo come appannaggio della forma lassa e quello
chirurgico come unica soluzione al tipo rigido [5].
La review di Carr B.J. “Pediatric Pes Planus: A State-of-the-Art-Review”
(2010) non segue i criteri della PRISMA check-list. Essa è stata stilata da spe-
cialisti in ortopedia, fa una chiara descrizione dei due principali tipi di piede
piatto e dei loro sottotipi. Anche questa review nello studio del piede piatto
mette in luce il ruolo preponderante dell’esame obiettivo che può essere ap-
profondito attraverso ulteriori esami diagnostici. I trattamenti a disposizione
del medico sono conservativo per il tipo lasso e chirurgico per la forma rigi-
da [6]. La review Cochrane “Non surgical interventions for paediatric pes
planus” contiene il confronto di trial clinici in cui sono stati esaminati 305
bambini. Lo scopo degli studi era quello di valutare l’efficacia dell’uso del
plantare nel trattamento del piede piatto e di valutare se vi fossero differen-
21. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle patologie del piede nel bambino 981

ze tra quello fatto su misura e il modello standard. Da questa review è emer-


so che le evidenze provenienti dagli studi effettuati sono troppo esigue per
tracciare delle conclusioni definitive e che è necessario approfondire la ricer-
ca in questo campo [18]. Anche la review di MacKenzie A.J. “The efficacy of
Nonsurgical Interventions of Pediatric Flexible Flat Foot: A Critical Review”
(2012), che rispetta in maniera soddisfacente la PRISMA check-list, si pone
come scopo quello di valutare l’efficacia dei trattamenti conservativi sul
piede piatto e, come la Cochrane, conclude che le evidenze ottenute sono
ancora troppo scarse e che quindi risulta necessario approfondire ulterior-
mente gli studi [19].
Per quanto riguarda il piede cavo, gli studi selezionati da questo lavoro sono
alquanto limitati. La review Cochrane “Interventions for the prevention and
treatment of pes cavus” (2007) si pone l’obiettivo di valutare l’efficacia dei
trattamenti conservativi nel piede cavo e, in particolare, confronta l’utilizzo
dei plantari su misura rispetto ai modelli prefabbricati, evidenziando una
maggiore efficacia di quest’ultimi [11]. Lo studio di Kennedy R.A. “Gait in
children and adolescents with Charcot-Marie-Tooth disease: a systematic
review (2016)” soddisfa abbastanza bene i criteri elencati nella PRISMA
check-list. È stata redatta da un team composto da neurologi e fisioterapisti.
Essa descrive le modificazioni del ciclo del passo in bambini e adolescenti
con piede cavo secondario alla sindrome di Charcot Marie Tooth [17].
Per quanto concerne il piede torto, la Linea Guida della società NOV, “Gui-
deline on the diagnosis and treatment of primary idiopathic clubfoot” (2017)
[20], che rispetta i criteri della multidisciplinarietà e della multiprofessionali-
tà ed il sistema GRADE, è la prima linea guida stilata in merito alla diagnosi
e al trattamento del piede torto congenito. La revisione sistematica “Prenatal
Diagnosis of Clubfoot: A Review of Current Available Methodology” (2017)
[4], di Faldini ed altri specialisti ortopedici segue i criteri della PRISMA
check-list con 27 studi eleggibili ed inclusi e pone l’attenzione sulle corrette
tempistiche e le metodiche di diagnosi prenatale. La revisione descrittiva
“Treatment of idiopathic clubfoot: an historical review” (2006) [12], di Dobbs
ed altri medici specialisti ortopedici e pediatri, non segue le più recenti
check-list per le revisioni, ma tratta di tutte le tecniche storicamente impor-
tanti nella cura del piede torto. La revisione Cochrane “Interventions for
congenital talipes equinovarus (Clubfoot) (Review)” (2014) [13], stilata da
medici specialisti in ortopedia, pediatria e specialisti in riabilitazione, in cui
vengono inclusi 14 studi ove primeggia il metodo Ponseti rispetto al metodo
Kite. La revisione sistematica Ponseti method in the management of clubfoot
under 2 years of age: a systematic review” (2017) [14], con 12 studi inclusi
tramite il Pirani scoring system ed il Dimeglio scoring system da Ganesan ed al-
982 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

tri specialisti, pone in evidenza l‘effettiva efficacia del metodo Ponseti se


condotto entro i primi anni di vita. La revisione sistematica molto recente:
Expanded age indication for Ponseti method for correction of congenital
idiopatic talips equinovarus: a sistematic review” (2018) [15], redatta da
Digge e da altri specialisti ortopedici che include 10 studi ma che non riporta
i criteri della PRISMA check- list, i, evidenzia l’efficacia del metodo Ponseti
anche su pazienti trattati più tardivamente.
Per quanto riguarda il metatarso addotto, la revisione sistematica “Metatar-
sus adductus: Devolepment of a non-surgical treatment pathway” (2013)
[16], di Williams et al., che utilizza il sistema PICO per la stesura
dell’articolo ed include 13 studi, tratta la riabilitazione non chirurgica del
metatarso addotto. Infine La revisione descrittiva “Paediatric Metatarsus
Adductus And Skewfoot Deformity” (2010) [17], non segue i criteri scientifi-
ci della PRISMA check-list, ma tratta in maniera descrittiva diagnosi e trat-
tamento del metatarso addotto.

21.3. Discussione

Sulla base dei risultati ottenuti sono state elaborate delle raccomandazioni
che verranno di seguito riportate in base alla patologia presa in esame.

21.3.1. Piede piatto


Il piede piatto (in latino pes planus) è una conformazione del piede caratte-
rizzata dall’abbassamento della volta plantare mediale e dall’accentuazione
del valgismo del retro-piede [3]. Può essere suddiviso in due categorie prin-
cipali: lasso e rigido. Il piede piatto lasso è fisiologico in età pediatrica. Nei
bambini fino a 4 anni di età è una condizione del tutto normale (alla nascita
sono presenti dei cuscinetti di grasso nella regione dove si formerà l’arco
plantare mediale), tenderà poi a correggersi nella prima decade di vita. Da
alcuni studi epidemiologici si è visto che fino a due anni di età la prevalenza
del piede piatto è del 97%, valore che tende a ridursi progressivamente con
la crescita fino a un 4% all’età di dieci anni. Se persiste dopo i dieci anni di
età, diviene una condizione patologica. Fattori predisponenti sono rappre-
sentati da: lassità articolare e obesità [6]. Il piede piatto lasso è caratterizzato
dalla presenza di un normale arco plantare quando il piede non è a contatto
con il suolo e dalla sua scomparsa quando il soggetto è in stazione eretta. In
quello rigido, al contrario, l’arco plantare non è presente in entrambe le po-
sizioni4 e vi è assenza di mobilità del retro- e meso-piede. Il piede piatto ri-
gido può essere una condizione congenita o essere secondario ad altre pato-
logie come: l’astragalo verticale congenito (piede a dondolo), la sinostosi tar-
21. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle patologie del piede nel bambino 983

sale, la paralisi spastica dei peronieri senza sinostosi tarsale, le deformità ia-
trogene e post-traumatiche [3].

21.3.1.1. Raccomandazioni diagnostiche di grado moderato-debole


La diagnosi del piede piatto nel bambino si basa, prima di tutto, su un cor-
retto e approfondito esame obiettivo. Questo deve essere effettuato in statica
ed in dinamica, sia a piedi nudi che con le calzature, analizzando nello spe-
cifico l’andatura [5]. Durante l’esame statico, innanzitutto, verrà eseguita
l’ispezione del piede: sarà documentata l’altezza della volta mediale longi-
tudinale, così come l’eventuale prominenza dell’osso navicolare sull’arco
mediale e la presenza di retro-piede valgo. Il valgismo del retro-piede può
essere stimato determinando l’angolo che si forma tra il retro-piede e l’asse
della gamba. Un segno tipico, legato al valgismo, è il too many toes sign: nor-
malmente, osservando posteriormente il piede di un paziente, riusciamo a
vedere solo il quinto e metà del quarto dito. Nei pazienti con piede piatto,
saranno invece visibili “più dita”. Successivamente è importante eseguire un
esame dell’articolarità della caviglia, valutando: flessione plantare e dorsale,
inversione ed eversione. Possono essere eseguiti anche alcuni test, la cui po-
sitività può indirizzare il medico verso la diagnosi di piede piatto. Ricor-
diamo: il test del tiptoeing, che si ottiene chiedendo al paziente di mettersi in
punta di piedi, deve mostrare l’accentuazione dell’arco mediale della volta
plantare e la varizzazione del retro-piede. Un risultato simile si può ottenere
con il test di dorsi-flessione dell’alluce a paziente supino. La positività a
questi test ci consente di distinguere una forma lassa (reversibile) da un pie-
de piatto rigido che consentiranno al medico di elaborare il piano terapeuti-
co più corretto. Altri reperti da non trascurare sono rappresentati dalla pre-
senza di aree edematose od arrossate e di callosità che sono indice di un non
corretto appoggio della pianta del piede. Non deve essere trascurata
l’ispezione di altre regioni, infatti, condizioni come obesità, tibia vara, ginoc-
chio valgo, torsione tibiale, torsione femorale, ipotonia e lassità legamentosa
sono spesso associate al piede piatto. L’esame dinamico viene eseguito valu-
tando l’andatura. Al bambino deve essere chiesto di procedere con un passo
regolare, poi su punte e talloni, tenendo conto delle capacità ad eseguire tali
azioni legate all’età e allo sviluppo neuropsicomotorio e delle piccole varia-
zioni che l’andatura può assumere relative al fatto che il bambino possa sen-
tirsi osservato. In questo caso l’analisi del consumo della suola delle calzatu-
re può confermare se quanto il bambino sta mostrando durante la valuta-
zione clinica corrisponde al suo modo abituale di camminare. L’incapacità
manifesta di posizionarsi sulle punte o sui talloni e di mantenere tale posi-
zione può essere indicativa di patologia neurologica (vedi Introduzione).
984 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Nel caso in cui l’esame clinico non sia dirimente (riscontro dei segni clinici
sopracitati), può essere indicata la radiografia del piede sotto carico eseguita
in due proiezioni (antero-posteriore e latero- laterale). Dalla radiografia in
proiezione laterale, si evidenzia principalmente l’angolo di Meary (angolo
talo-metatarsale), il quale indica il grado di appiattimento della volta planta-
re. In letteratura, tuttavia, non vi sono studi che definiscono adeguatamente
le misurazioni radiologiche o cut-off clinici univoci [21].
Infine, l’età in cui tale patologia si manifesta è fondamentale per la scelta del
successivo percorso riabilitativo.

21.3.1.2. Raccomandazioni riabilitative di grado moderato-debole


Come spiegato in precedenza, esistono due grandi tipologie di piede piatto:
rigido e lasso. Mentre quello rigido risulta di competenza ortopedica, in
quanto, come ampiamente illustrato in letteratura, l’unico trattamento riso-
lutivo è rappresentato dalla chirurgia, quello che richiede l’attenzione del
fisiatra è, invece, il tipo lasso. Per quanto riguarda quest’ultimo, come ripor-
tato nella linea guida, non sempre è indicato il trattamento [3]. La decisione
si basa sull’esistenza o meno di una sintomatologia clinica e sull’esito
dell’esame obiettivo. Non esistono evidenze a favore del trattamento del
piede asintomatico il quale deve essere solo monitorato periodicamente [19].
In presenza di dolore, invece, le linee guida ACOFAS e le review (Pediatric
Pes Planus: A State-of-the-Art-Review [6]; The efficacy of Nonsurgical Inter-
ventions of Pediatric Flexible Flat Foot: A Critical Review [7]; Non-surgical
interventions for paediatric pes planus [18]; The effectiveness of non-
surgical intervention (Foot Orthoses) for paediatric flexible pes planus: A
systematic review: Update [9]) raccomandano le seguenti opzioni: fisiotera-
pia, plantari e in alcuni casi intervento chirurgico. Generalmente il primo
step prevede la modifica dello stile di vita, con lo scopo di evitare le attività
che possono incrementare la sintomatologia. In secondo luogo è consigliato
l’utilizzo del plantare. A proposito di quest’ultimo, la revisione Cochrane ha
messo in evidenza che i plantari fatti su misura non hanno efficacia superio-
re a quelli con misure standard. Pertanto non vi è motivo di consigliare i
primi, che risultano, oltretutto, più costosi [22]. A questa indicazione si as-
sociano, secondo la linea guida ACOFAS, esercizi di stretching che devono
essere eseguiti sotto supervisione del fisiatra o del fisioterapista, non specifi-
cando però in alcun modo su quali muscoli agire. Non vi è tuttavia alcuna
indicazione formale sulla tipologia degli esercizi da eseguire. In casi di
maggior gravità, può essere indicato l’utilizzo di FANS. Inoltre, non deve
essere trascurato il trattamento delle comorbidità, ove sia possibile la loro
modifica, che possono sostenere la permanenza di questa condizione. Tra
21. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle patologie del piede nel bambino 985

queste ricordiamo l’obesità, che oltre che negli adulti inizia ad avere
un’incidenza sempre maggiore anche nei bambini e negli adolescenti. Da un
recente studio che aveva lo scopo di valutare l’incidenza del piede piatto in
un campione di bambini che frequentavano le scuole primaria e secondaria,
è emerso che questa risultava maggiore nei bambini in sovrappeso [23]. Nel
caso in cui gli interventi conservativi non dovessero avere successo, allora,
può essere considerata l’opzione chirurgica. Esistono diversi procedimenti,
che non descriveremo dettagliatamente, ma ai quali faremo semplicemente
accenno per completezza dello studio, in quanto intento di quest’ultimo è
porre attenzione ai provvedimenti riabilitativi. Essi possono essere riassunti
in quattro gruppi: a) interventi di ricostruzione dei tessuti molli:
l’allungamento del tendine d’Achille è il più utilizzato, viene di solito prati-
cato per migliorare il range articolare della caviglia b) osteotomie: consento-
no ripristinare il corretto allineamento osseo c) artrorisi: consistono
nell’inserimento di impianti di metallo, silicone, osso di banca o materiale
biodegradabile all’interno della articolazione astragalo-calcaneale al fine di
impedire la pronazione e lo scivolamento dell’astragalo sul calcagno d) ar-
trodesi: prevedono la fusione dell’articolazione che se da un lato annulla la
sua articolarità, dall’altro consente di mantenere il corretto allineamento os-
seo [3].

21.3.1.3. Good Practice Point


Le linee guida e gli studi di revisione considerati in questo capitolo non
danno indicazioni esaustive su alcuni approcci diagnostici e terapeutici che
sono di comune uso nella pratica clinica. Sebbene la diagnosi del piede piat-
to sia prevalentemente clinica, può risultare utile effettuare un esame podo-
scopico. Esso, oltre a confermare la diagnosi, permette di classificarne il gra-
do e, in corso di trattamento ortesico, l’evoluzione. Questo strumento con-
sente di valutare come si distribuisce il carico sul piede attraverso lo studio
della sua impronta. Particolare attenzione deve essere prestata a una regione
definita “istmo”: è la parte più stretta dell’impronta che unisce il retro-piede
all’avam-piede e che corrisponde alla volta plantare. Deve misurare tra un
terzo e la metà della larghezza dell’avam-piede. Risulta di dimensioni mag-
giori nel piede piatto a causa dell’abbassamento dell’arco plantare. Possiamo
distinguere quattro gradi:
1. Primo grado: quando l’istmo si estende medialmente.
2. Secondo grado: come il precedente, ma maggiormente accentuato.
3. Terzo grado: la volta plantare scompare e il contatto con il piano è
completo.
986 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

4. Quarto grado: come il precedente, l’impronta plantare del retro-


piede tende ad attenuarsi per l’eccessiva pronazione del piede [24].
Per quanto riguarda il trattamento del piede piatto doloroso, è indicato l’uso
del plantare; il quale non svolge un’azione propriamente correttiva, ma con-
formativa in relazione alla crescita del piede, con lo scopo di ridurre la sin-
tomatologia dolorosa. I tipi di plantari prescritti sono molteplici e differenti
in base alla tipologia di piede piatto e, soprattutto, alle preferenze dello spe-
cialista. Il plantare deve possedere un sostegno della volta mediale, al fine di
ridurre la pronazione del piede e riallineare l’articolazione talo-calcaneale
[25].

21.3.2. Piede cavo


Il piede cavo, al contrario del piede piatto, è un innalzamento dell’arco plan-
tare del piede. Sono presenti: varismo del retro-piede, flessione plantare del
primo osso metatarsale, adduzione dell’avam-piede e dita ad artiglio. Il pie-
de cavo Interessa il 10-15% della popolazione spesso bilateralmente.
L’eziologia e i meccanismi alla base della patologia sono complessi e non
sempre completamente noti. La teoria più accreditata identifica uno squili-
brio fra muscoli estrinseci e intrinseci, per indebolimento di questi ultimi. A
volte, può essere solo una particolare conformazione del piede, ma, più fre-
quentemente, il piede cavo è associato ad altre patologie tra le quali ricor-
diamo: la malattia di Charcot-Marie-Tooth, la distrofia muscolare, i disrafi-
smi spinali, la siringomielia, la paralisi cerebrale infantile, l’atassia di Frie-
drich, la neuropatia diabetica e gli esiti di sindromi compartimentali post-
traumatiche della gamba e del piede. Il termine piede cavo include al suo
interno uno spettro di varianti. Tra di esse le più importanti sono rappresen-
tate: dal piede cavo varo, il più comune, che può essere associato alla malattia
di Charcot-Marie-Tooth (50% dei casi di piede cavo), o essere anche idiopa-
tico se l’eziologia è sconosciuta. È caratterizzato da varismo del calcagno,
flessione plantare del primo metatarso e dita ad artiglio; segue il piede cal-
caneo-cavo, secondario, invece, alla poliomielite, in cui troviamo il calcagno
in dorsiflessione e l’avam-piede in flessione plantare e quello “puro” in cui il
calcagno è in flessione dorsale o varo e l’avam-piede è in flessione plantare
rispetto al retro-piede [24].

21.3.2.1. Raccomandazioni diagnostiche di grado moderato-debole


Come per il piede piatto, la diagnosi del piede cavo si basa, in prima battuta,
sull’esame clinico. A una prima valutazione, il piede si presenta caratterizza-
to da un innalzamento dell’arco longitudinale mediale e con un atteggia-
mento in supinazione. Segue poi la valutazione dinamica che si esegue os-
21. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle patologie del piede nel bambino 987

servando l’andatura prima normale e successivamente su punte e talloni.


Quest’ultima risulterà difficoltosa nei pazienti con questa patologia.
All’esame clinico potranno, poi, essere associate ulteriori indagini strumen-
tali al fine di approfondire la diagnosi. Negli individui affetti da CMT è im-
portante tenere conto di alcuni reperti anamnestici, quali la limitazione ad
alcune attività: in particolare la difficoltà nella deambulazione (varia dal
17% nella prima infanzia, al 57% durante l’adolescenza) [10]. Alcuni studi
hanno, infatti, indagato la deambulazione funzionale nei bambini con CMT
(Burns et al., 2009; Ferrarin et al., 2012; Ounpuu et al., 2013) mettendo in
evidenza la difficoltà in questi soggetti a svolgere normali attività (correre,
saltare, ecc.), la ridotta resistenza durante la marcia e le frequenti cadute.

21.3.2.2. Raccomandazioni riabilitative di grado moderato-debole


Come per il piede piatto, anche per il piede cavo possiamo distinguere due
tipi di approcci: conservativo e chirurgico. Tuttavia, non esistono chiare evi-
denze a favore di uno di essi [11]. Il trattamento conservativo raccomandato
si basa principalmente sull’utilizzo di ortesi e di calzature ammortizzate che
hanno lo scopo di ridistribuire correttamente il carico sulla pianta del piede
[25]. Una recente revisione Cochrane ha dimostrato che le ortesi plantari su
misura (prodotte su calco della pianta del piede del paziente) sono significa-
tivamente più efficaci nel trattamento del piede cavo associato a dolore ri-
spetto a quelle standard [11]. Altri trattamenti sono rappresentati da esercizi
di stretching e di rinforzo dei muscoli colpiti da ipotrofia (se questa è rever-
sibile), appianamento delle callosità plantari, esercizi di propriocezione,
esercizi finalizzati al miglioramento dell’equilibrio e, soprattutto nella forma
associata alla malattia di Charcot-Marie-Tooth, il ricorso alla tossina botuli-
nica [26]. Riguardo a quest’ultima, tuttavia, gli autori della Cochrane del
2010, hanno messo in luce l’assenza di evidenze di miglioramento
sull’allineamento, la flessibilità e il ribilanciamento muscolare del piede in
seguito al trattamento. In alternativa all’intervento conservativo, o nel caso
in cui esso fallisse, o lo richiedesse la severità del caso è possibile ricorrere
all’approccio chirurgico. Le tecniche utilizzate sono rappresentate da: a) trat-
tamento dei tessuti molli (resezione dell’aponeurosi plantare, allungamento
del tendine d’Achille e trasferimento dei tendini specie del tibiale posteriore)
b) osteotomie (che interessano principalmente le ossa metatarsali e il calca-
gno) c) triplice artrodesi sulle articolazioni sotto-astragalica, astragalo-
navicolare e calcaneo-cuboidea.
988 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

21.3.2.3. Good Practice Point


Come per il piede piatto, anche per il piede cavo, nella pratica clinica si ri-
corre al plantare. È importante sottolineare che esso non previene
l’evoluzione della patologia, ma consente di ridurne la sintomatologia. Sono
indicati plantari sia su misura che prefabbricati con lo scopo di ridurre la
supinazione del piede e ridistribuire il carico in maniera più adeguata me-
diante cuscinetti localizzati a livello della regione metatarsale [27].

21.3.3. Piede torto congenito


Il piede torto congenito è la deformità più conosciuta nel bambino. Si instau-
ra già dal terzo mese di vita uterina e ha un’incidenza di 1-2 casi su mille na-
ti [12]. Esistono diverse forme di piede torto. La più frequente è rappresenta-
ta dal piede equino cavo varo addotto supinato.
L’eziologia, ad oggi, è ancora sconosciuta. Sembrerebbero concorrere alla
genesi della malattia sia fattori genetici che ambientali. Sono stati identifica-
ti, infatti, alcuni geni che sarebbero responsabili della retrazione muscolare
della loggia postero-mediale della gamba, la quale sarebbe in grado di alte-
rare la struttura degli abbozzi cartilaginei delle ossa che si stanno ancora
formando. È stata vista, inoltre, una forte associazione tra l’insorgenza della
deformità e l’abitudine tabagica in gravidanza [27]. Il piede assume una con-
formazione anomala che ricorda una mazza da golf (in inglese: clubfoot):
l’azione del tricipite della sura sul calcagno e indirettamente sull’astragalo
porta il piede in flessione plantare (equinismo), il tibiale posteriore traziona
invece medialmente e plantarmente lo scafoide, sul quale si inserisce, e con
esso anche cuboide e cuneiformi e tutto lo scheletro dell’avam-piede (supi-
nazione, cavismo e adduzione), esercitando la sua azione anche indiretta-
mente sul calcagno, che si varizza sotto l’astragalo (varismo). Successiva-
mente, la crescita delle strutture capsulo-legamentose articolari stabilizza in
maniera errata i rapporti già anomali tra le strutture ossee, rendendo ancor
più rigido e meno modificabile lo scheletro del piede. Se la viziosa confor-
mazione di queste strutture non viene modificata tempestivamente, possono
instaurarsi deformità ossee secondarie che ne renderanno difficoltosa la cor-
rezione [20].
La classificazione del grado di severità della deformazione comprende quat-
tro forme: primo grado benigno, “soft”, prontamente riducibile senza una
significativa resistenza; secondo grado: piede torto moderato, riducibile con
un certo grado di resistenza; terzo grado: piede torto severo, riducibile con-
tro forte resistenza; quarto grado: piede torto molto severo, non riducibile
[28].
21. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle patologie del piede nel bambino 989

21.3.3.1. Raccomandazioni diagnostiche di grado forte


Per quanto riguarda il piede torto congenito, il gold standard diagnostico
prenatale è rappresentato dall’ultrasonografia transaddominale effettuata
tra la 18esima e 24esima settimana di gravidanza (la tempistica migliore è
tra la 20esima e la 24esima settimana, come si evince da una recente revisio-
ne sistematica della letteratura di Faldini et al.) [4]. In particolare la finestra
sonografica che si deve ricercare è quando la gamba e la pianta del piede del
feto non appaiono perpendicolari tra loro; in questo caso, se è presente la
malformazione, si può porre diagnosi di piede torto. Si possono identificare
tre tipi di piede torto secondo l'età gestazionale: un piede torto precoce, se
diagnosticato dalla 12esima alla 17esima settimana di gestazione, un piede
tardivo se diagnosticato tra la 18esima e 24esima settimana, ed un piede tor-
to molto tardivo se diagnosticato dopo la 25esima settimana di gestazione
[29].
Una corretta diagnosi prenatale può così permettere di delineare anticipa-
tamente il percorso riabilitativo e terapeutico da mettere in pratica. Limite di
tale metodica è, però, la dipendenza dalla capacità discriminativa del singo-
lo operatore.

21.3.3.2. Raccomandazioni riabilitative di grado debole


Storicamente, il primo trattamento riabilitativo conservativo concepito per il
piede torto congenito fu introdotto da Ippocrate attorno al 400 a.C. [30-31].
Nel 1939, Kite introdusse un suo metodo di trattamento, oggi conosciuto
come metodo Kite appunto, in cui venivamo effettuati esercizi manipolativi
e gessi seriati; il successo di questo metodo fu scarso [32-34]. Successivamen-
te, nel 1963, Ponseti sviluppò un suo metodo di trattamento, conosciuto oggi
come metodo Ponseti, il quale comprendeva esercizi manipolativi, gessi se-
riati, tenotomia del tendine achilleo ed utilizzo successivo di ortesi, da in-
traprendersi entro le cinque settimane dalla nascita del bambino e da prose-
guire fino alla completa correzione delle quattro deformità del piede torto
[35]. Nello specifico, la tenotomia del tendine achilleo ha lo scopo di correg-
gere la deformità in equinismo, mentre le ortesi hanno quello di mantenere
tale correzione [36-37] ed ottenere un piede plantigrado, funzionale e privo
di dolore [14, 38].
Particolare importanza riveste quindi l’utilizzo delle ortesi FAB (Foot Abduc-
tion Braces) che mantengono il piede in abduzione. Il protocollo originale,
formulato da Ponseti stesso, prevede un utilizzo di tali ortesi dai due ai tre
mesi per 24h/die per poi passare ad un utilizzo notturno fino all’età di 3-4
anni [35].
990 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Le linee guida olandesi sono le prime stilate e ad oggi le uniche che si occu-
pano della riabilitazione del piede torto congenito già entro i sei mesi di vita
[20]. L’analisi sistematica dell'attuale letteratura scientifica effettuata dagli
autori olandesi, ha mostrato benefici simili fra trattamento chirurgico (poste-
ro-medial release) e conservativo (Metodo Ponseti, il quale prevede
l’applicazione settimanale di gessi seriati, dai 5 ai 6, che hanno lo scopo di
correggere progressivamente la deformità); tuttavia a causa della mancanza
di studi comparativi di alta qualità, il grado delle evidenze è risultato debole
(grado C, DEBOLE). Nonostante ciò, il gruppo di esperti olandesi ha deciso
di raccomandare con forza il metodo Ponseti standard per il trattamento
conservativo del piede torto idiopatico primitivo, per via del maggior ri-
schio intrinseco di complicanze nel trattamento chirurgico. Tali linee guida
evidenziano come, dagli anni Novanta in poi, la popolarità del trattamento
del piede torto congenito con il metodo Ponseti sia aumentata in tutto il
mondo e, ad oggi, questo approccio sia considerato il trattamento di prima
scelta nella maggior parte dei casi, in quanto non cruento.
Dall’analisi di tali linee guida si delineano i seguenti orientamenti riabilitati-
vi (tabella 21.2.):

- Trattare il piede torto primario con il metodo Ponseti standard (rac-


comandazione di grado C, DEBOLE);
- Utilizzare il Plaster of Paris per il gesso (raccomandazione di grado C,
DEBOLE);
- Utilizzare un tutore FAB per abduzione del piede (raccomandazione
di grado C, DEBOLE) durante il follow - up;
- Effettuare un solo intervento chirurgico per il trattamento primario
del piede torto idiopatico come descritto nel metodo Ponseti standard
(raccomandazione di grado C, DEBOLE).

Tali linee guida sottolineano l'importanza della compliance del bambino al


tutore e di altri fattori correlati al paziente per un risultato efficace, come ad
esempio: informare adeguatamente i genitori dei bambini con un piede torto
congenito grave del rischio di un numero maggiore di serial casting e di
possibili recidive motivare fortemente i genitori all’utilizzo del tutore in ab-
duzione FAB (tipo Dennis- Browne) fino all'età di 4 anni, al fine di minimiz-
zare la possibilità di recidive.
Vengono fornite delle tempistiche anche se non specifiche: durante il tratta-
mento primario coi serial casting, il bambino deve essere visto dallo specia-
lista a cadenza settimanale; dopo il trattamento col gesso fino all'utilizzo del
tutore in abduzione FAB le visite specialistiche di controllo devono essere a
21. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle patologie del piede nel bambino 991

cadenza regolare trimestrale o semestrale; durante il primo anno di cura il


trattamento fisioterapico viene sconsigliato.
L’importanza dell’utilizzo dei tutori FAB per mantenere il corretto allinea-
mento del piede ed il tempo del loro utilizzo sono descritti in una recente
revisione della letteratura di Ganesan B. et al. (2017) [14], l’indicazione di
questi autori varia dall’originale metodo di Ponseti, in quanto è previsto un
utilizzo dai due ai sei mesi per 23h/die, mantenuto in seguito solo durante il
riposo notturno per i successivi due-cinque anni [39-40].
I bambini che non ricevono trattamento entro i due anni di vita vengono
presi in considerazione in una revisione sistematica ancor più recente di
Digge V. et al. (2018) [15]: tali pazienti vengono considerati come neglected
CTEV (Congenital Talipes Equinovarus) [41]. In tale analisi il metodo Ponseti
risulta comunque soddisfacente, se applicato dopo un’iniziale intervento
chirurgico di release dei tessuti molli [42-44].
Infine non vengono approfonditi nello specifico trattamenti riabilitativi pe-
culiari per tale patologia.

21.3.3.2.1. Terapie non raccomandate


Dall’analisi delle linee guida olandesi emergono inoltre alcuni metodi e trat-
tamenti che non risultano essere più raccomandati. In particolare:
- Non devono essere utilizzati calchi in gesso secondo il metodo Kite;
- Non devono essere utilizzati calchi in gesso sintetico;
- Non devono essere utilizzati plantari durante il follow-up.

Raccomandazioni Riabilitative per il Piede Torto Congenito


Intervento [Outcome] Fonte GdR
Tipo di trattamento
Metodo Ponseti standard mediante manipolazioni e C
Basselar AT et al. [20].
gessi di “Plaster of Paris”
Eventuale IC
Tenotomia ed allungamento Tendine Achilleo Basselar AT et al. [20]. C
Trattamento ortesico
Tutori FAB: 23h/die per i primi 2-6 mesi, poi da man- Basselar AT et al. [20] e C
tenere durante il riposo notturno Ganesan B et al. [14].
Tab. 21.2. Raccomandazioni riabilitative nei pazienti affetti da piede torto congenito, emerse
dalla revisione della letteratura sull’argomento. Legenda: GdR: Grado delle Raccomandazioni;
FAB: Foot Abduction Braces.

21.3.3.3. Good Practice Point


Benché la nostra ricerca abbia riscontrato alcune importanti carenze riguar-
do indicazioni specifiche per quanto concerne l’approccio riabilitativo e fi-
992 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

sioterapico specifico nei pazienti con piede torto, possono essere reperite in-
dicazioni generali in letteratura e molteplici pareri espressi da esperti [45].
Il trattamento del piede torto può prevedere quattro fasi: trattamento corret-
tivo, intervento chirurgico, trattamento conservativo post-chirurgico ed
eventualmente trattamento correttivo delle recidive e delle deformità secon-
darie. Nel piede torto di primo grado è sufficiente un trattamento di tipo
correttivo; nel piede torto moderato sono consigliati: trattamento correttivo,
intervento chirurgico e trattamento conservativo post – chirurgico; nel piede
torto severo vengono indicati tutti i trattamenti sopracitati.
Il trattamento correttivo, secondo Ponseti, si avvale di manipolazioni a livel-
lo del piede. In particolare il pollice di una mano deve stabilizzare l'astraga-
lo dal lato laterale, mentre l'altra mano trascina e supina l'avam-piede; que-
sta manovra riduce la sublussazione mediale del navicolare. Inoltre, la ma-
nipolazione del tallone in direzione caudale è un trattamento adatto per ri-
durre la deformità in equino. Il trattamento correttivo dovrebbe iniziare
tempestivamente dopo la nascita ed andrebbe effettuato in ambiente ambu-
latoriale da un terapista esperto. Anche i genitori / caregivers dovrebbero es-
sere coinvolti nell’esecuzione delle misure correttive sotto la guida del fisio-
terapista. Dopo le manipolazioni correttive, la posizione deve essere conser-
vata tramite l’utilizzo di casting seriali da cambiare a cadenza settimanale
per i primi due mesi (i gessi vengono posizionati dopo la seconda settimana
di vita con una lunghezza del gambaletto che comprende tutta la gamba, fino
alla coscia, in cui il ginocchio viene mantenuto semiflesso per contrastare più
efficacemente le componenti torsionali).
Dopo tale trattamento correttivo il bambino viene rivalutato controllando la
posizione dell'avam-piede, la sublussazione del navicolare e l’atteggiamento
in equino. Se il trattamento correttivo non è riuscito a ripristinare una situa-
zione normale, si pone indicazione al trattamento chirurgico.
Il trattamento chirurgico si basa sull’allungamento del tendine d’Achille e si
effettua ad una età compresa tra due e quattro mesi. In seguito all’intervento
viene posizionato il gesso per tre settimane. Occasionalmente può rendersi
necessaria una riduzione peritalare per le forme estremamente gravi di pie-
de torto (quarto grado), la quale comporta un allungamento del tendine di
Achille, un ampio rilascio posteriore (divisione delle capsule articolari po-
steriori superiori ed inferiori della caviglia e dei legamenti talo-calcaneari
laterale e mediale). Se concomita la sublussazione mediale del navicolare, è
necessario anche un release mediale, con divisione dei legamenti tra l'astra-
galo, il navicolare e le ossa cuneiformi mediali, con conseguente riduzione
del navicolare ed allungamento del tendine del muscolo tibiale posteriore.
21. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle patologie del piede nel bambino 993

Il trattamento conservativo post-chirurgico che si realizza tramite le ortesi


FAB, permette al bambino di calciare e muovere le gambe mentre continua a
produrre il suo effetto correttivo. Tale tutore deve essere indossato giorno e
notte fino a quando il bambino inizia a camminare, e da allora in poi solo di
notte.
Il trattamento delle recidive risulta essere prevalentemente chirurgico a se-
conda della deformità riportata.

21.3.4. Metatarso addotto


Il metatarso addotto è una deformità dell’articolazione tarso-metatarsale. A
differenza delle altre patologie congenite del piede del bambino, interessa
solo l’avam-piede, il quale si presenta addotto e ruotato internamente. È
presente in un neonato su 1000 [46]; con una maggiore incidenza in caso di
storia familiare positiva, incidenza che può arrivare al 12% ed essere anche
più elevata nei gemelli. I bambini colpiti sono più spesso di sesso femminile;
il coinvolgimento è solitamente bilaterale; quando unilaterale, l'anomalia si
trova più frequentemente sul lato sinistro [47]. Dal punto di vista eziologico
sono riportate tre possibili cause. In primo luogo, il metatarso addotto sem-
brerebbe associato all’aumento pressorio intrauterino. Il piede non trove-
rebbe spazio sufficiente per il suo corretto sviluppo. A supporto di ciò si è
vista una maggiore incidenza nelle gravidanze gemellari. Seguono poi
anormalità delle strutture ossee articolari e delle inserzioni muscolari. Tut-
tavia, non è chiaro se queste alterazioni siano la causa della malformazione o
una conseguenza dell’alterata postura del piede [48]. Esistono diversi gradi
di metatarso addotto. Essi possono essere identificati attraverso la classifica-
zione di Bleck: immaginando una bisettrice che divide il piede in due metà,
si valuta quanto l’avam-piede si distanzia dalla linea rispetto al retro-piede.
Si potranno quindi distinguere: un grado zero (la linea si trova tra il secondo
e terzo dito), lieve (attraverso il terzo dito) moderato (tra terzo e quarto dito)
e grave (tra quarto e quinto dito) [49].

21.3.4.1. Raccomandazioni diagnostiche non formulabili


Il metatarso addotto è tra le più comuni alterazioni del piede osservate nel
bambino. In letteratura c'è notevole confusione riguardo la terminologia
usata per descrivere la deformità del metatarso addotto e per porre diagno-
si, così come per descrivere prognosi e trattamento [17]. Né clinicamente né
radiograficamente, si può enunciare una diagnosi accurata della patologia
sottostante al dismorfismo del metatarso addotto pediatrico. La principale
caratteristica di questa deformità è la deviazione mediale dell'avam-piede in
relazione al retro-piede, che porta il piede ad avere un margine mediale con-
994 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

cavo ed un margine laterale convesso con prominenza del quinto metatarsa-


le prossimale [47-50]. Una piega della pelle su margine mediale del piede è
spesso presente nei bambini più grandi. In una recente revisione Miron M.C.
et al. dimostrano come ad una valutazione ultrasonografica si riscontra la
dislocazione laterale del primo cuneiforme sul navicolare come caratteristica
distintiva [50].

21.4.1.2. Raccomandazioni Riabilitative di grado moderato-debole


Dalla revisione della letteratura effettuata [16] emergono diversi tipi di trat-
tamento riabilitativo, distinti in base alla diagnosi eseguita durante l’esame
clinico, sebbene con limitato grado di evidenza.

Per il metatarso addotto flessibile:


- Nessun trattamento (raccomandazione di grado B, MODERATA): il
metatarso addotto flessibile si risolve spontaneamente, occorre
quindi rassicurare i genitori [51];
- Mobilizzazione (raccomandazione di grado D, DEBOLE): i genitori
vengono istruiti ad abdurre l'avam-piede mantenendo ferma la por-
zione del retro-piede [52];
- Monitorare le posture durante la posizione seduta ed il sonno (rac-
comandazione di grado D, DEBOLE): alcune posture possono favo-
rire la formazione di metatarso addotto [53];
- Calzature (raccomandazione di grado D, DEBOLE): favoriscono il
riallineamento tra avam-piede e retro-piede [54];
- Casting (nessun grado applicato, RACCOMANDAZIONE NON
FORMULABILE): dopo gli otto mesi di età può essere considerato
come opzione di trattamento [17].
Per il metatarso addotto semi – flessibile:
- Monitorare le posture durante la posizione seduta ed il sonno (rac-
comandazione di grado D, DEBOLE) [53];
- Ortesi o docce posizionali (raccomandazione di grado D, DEBOLE):
mantengono il piede in posizione corretta [52];
- Serial casting (raccomandazione di grado C, DEBOLE): da applicare
sotto il ginocchio, ogni 1-2 settimane, per un periodo di 6-12 setti-
mane per mantenere il piede in posizione corretta [54-55].
Per metatarso addotto rigido: qualora fallisca il trattamento conservativo si
può ricorrere alla correzione chirurgica, entro i due anni d’età quanto sia
presente una severa deformità e vi sono possibili cause neuromuscolari [56].
Gli interventi che si possono eseguire sono diversi a seconda della presenta-
zione del metatarso addotto rigido. Non sono riportati trattamenti riabilita-
tivi post-chirurgici (tabella 21.3).
21. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle patologie del piede nel bambino 995

Raccomandazioni Riabilitative per il Metatarso Addotto

Intervento [Outcome] Fonte GdR


Metatarso Addotto Flessibile
Nessun trattamento. Williams C.M. et al. [16]. B
Mobilizzazioni: abdurre l'avam-piede mantenendo D
Williams C.M. et al. [16].
ferma la porzione del retro-piede.

Monitoraggio posture anomale durante il riposo Williams C.M. et al. [16] e D


notturno e la posizione seduta. Iglesias L. et al. [53].

Utilizzo calzature che favorisco l’allineamento tra D


Williams C.M. et al. [16].
avam-piede e retro-piede.

Metatarso Addotto Semi- Flessibile


Monitoraggio posture anomale durante il riposo Williams C.M. et al. [16]. e D
notturno e la posizione seduta. Iglesias L. et al. [53].
Ortesi o Docce posizionali. Williams C.M. et al. [16]. D
Serial Castings sotto il ginocchio da cambiare ogni C
Williams C.M. et al. [16].
1-2 settimane per 6-12 settimane.
Metatarso Addotto Rigido
Correzione chirurgica (entro i 2 anni se presente C
Williams C.M. et al. [16].
severa deformità fisica).
Tab. 21.3. Raccomandazioni riabilitative nei pazienti affetti da metatarso addotto, emerse dalla
revisione della letteratura sull’argomento. Legenda: GdR: Grado delle Raccomandazioni.

21.4.1.3. Good Practice Point


Sebbene dall’analisi della letteratura effettuata siano emerse alcune indica-
zioni peculiari per quanto concerne l’approccio riabilitativo nei pazienti con
metatarso addotto, possono essere considerati anche i molteplici pareri di
esperti [45].
Il trattamento specifico per il metatarso addotto si rende necessario nella mi-
noranza dei casi. Una misura preventiva contro un’ulteriore progressione del-
la deformità è l’utilizzo di anelli di schiuma. Tali anelli vanno posizionati alla
caviglia ed hanno un diametro maggiore rispetto a quello del piede; la loro
funzione è quella di impedire posture anomale, e quindi l’adduzione
dell’avam-piede, mentre il bambino riposa in posizione prona con arti inferio-
ri intraruotati.
Il trattamento effettivo è indicato nel metatarso addotto semi-flessibile,
quando la posizione anomale del piede non viene annullata stimolando il
bordo laterale del piede o tramite l'applicazione di una leggera pressione
mediale. Il trattamento prevede ortesi posizionali, con docce sotto il ginoc-
chio o sopra il ginocchio, a ginocchio flesso; queste ultime sono più indicate
in quanto impediscono anche la torsione mediale della tibia. Vengono utiliz-
zati dei softcast, che non necessitano di essere modellati con precisione, come
996 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

per un caso di piede torto, e possono essere rimossi dai genitori senza diffi-
coltà. Generalmente si cerca di concludere il trattamento con le docce sopra
il ginocchio posizionali prima che il bambino inizi a camminare. Per i bam-
bini più grandi sono sufficienti tuttavia le docce posizionali sotto il ginoc-
chio: il tacco dev'essere sagomato con cura e deve correggere la posizione
dell'avam-piede in relazione al retro-piede. Per questo trattamento corretti-
vo si usa il tradizionale calco in gesso in quanto il softcast non risulta essere
facilmente sagomabile e quindi contenitivo. Possono essere inoltre utilizzate
calzature correttive in qui l’angolo del famice della scarpa sia 180°, cioè che
la suola sia allineata con il tacco.
Per il metatarso addotto rigido, se il mesopiede si presenta in supinazione
pronunciata, si pone l’indicazione chirurgica.

CONCLUSIONI

Dai risultati della nostra ricerca è emerso che gli studi in nostro possesso ri-
sultano esigui e non sottoposti a revisione. Sono presenti solo due linee gui-
da (piede piatto e piede torto congenito) e di queste solo una rispetta il si-
stema GRADE (piede torto congenito). Infine, non esiste alcuna linea guida
per il piede cavo e per il metatarso addotto. La linea guida riguardante il
piede piatto, sebbene descriva i possibili trattamenti da effettuare (ortesi,
esercizi di stretching, FANS, ecc.), non specifica le modalità e i tempi. Le re-
visioni che sono state consultate per una migliore definizione dell’uso dei
plantari, non risultano tra loro concordi sull’efficacia o meno di questi pre-
sidi e non ne specificano le caratteristiche.
Per tale motivo, risulta necessario condurre altri studi al fine di implementa-
re le conoscenze sul trattamento di queste patologie, così da definirne i tem-
pi e le modalità, e sulla base di questi procedere alla stesura di “buone prati-
che cliniche riabilitative”, riconosciute dalla comunità scientifica, che con-
sentano di guidare le figure professionali nell’ambito della riabilitazione alla
corretta gestione del paziente.
21. Bp e Lg riabilitative nel trattamento delle patologie del piede nel bambino 997

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Prof. Valter Santilli

Linee guida, buone pratiche


ed evidenze scientifiche
in Medicina Fisica e Riabilitativa

Capitolo 22

Buone pratiche e linee guida riabilitative


nel trattamento di plagiocefalia posizionale
e torcicollo miogeno congenito

Coautori

Andrea Torquati MD, Salvatore Simone Vullo MD


Prof. Adriano Ferrari MD, PhD, Massimiliano Murgia MD
22. Buone
22. Buone pratiche
praticheeelinee
lineeguida
guidariabilitative
riabilitative nel
nel trattamento di plagiocefalia posizionalee
trattamento di plagiocefalia posizionale
e torcicollo miogeno congenito
torcicollo miogeno congenito
Coautori
Coautori
Andrea Torquati 1 MD, Salvatore Simone Vullo 1 MD
Andrea Torquati1 MD,2 Salvatore Simone Vullo1 MD, 3
Prof. Adriano Ferrari  MD, PhD, Massimiliano Murgia  MD
Prof. Adriano Ferrari2 MD, PhD, Massimiliano Murgia3 MD
1
Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
1 Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
2
Professore Ordinario MED34, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
2 Professore Ordinario MED34, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
3
Dirigente Medico di I Livello, Medicina Fisica e Riabilitativa, Policlinico Universitario
3 Dirigente Medico di I Livello, Medicina Fisica e Riabilitativa, Policlinico Universitario
“Umberto I”, Roma
“Umberto I”, Roma

ABSTRACT

Introduzione: Plagiocefalia posizionale e torcicollo miogeno sono manifesta-


zioni relativamente comuni nel periodo peri- e post-natale e non esenti da
conseguenze spesso prevenibili tramite diagnosi ed intervento precoci;
Obiettivi: Definire lo stato dell’arte in termini di raccomandazioni scientifiche
nell’inquadramento diagnostico e terapeutico delle due patologie;
Materiali e metodi: Sono stati selezionati testi che coinvolgessero medici spe-
cialisti ed altre figure sanitarie, limitatamente agli anni di pubblicazione 2008 -
2018. La ricerca è stata eseguita all’interno dei principali motori di ricerca tra-
mite key words specifiche per queste patologie e riferibili ai principali tratta-
menti riabilitativi;
Risultati: Dalla ricerca condotta sono emersi tre testi di linee guida, uno solo
dei quali redatto secondo la metodica AGREE II. Ad integrazione della di-
scussione sono stati inoltre inclusi sei testi di revisione della letteratura;
Discussione: Dai testi esaminati è stato possibile reperire raccomandazioni di
grado forte solo in merito ad alcuni aspetti diagnostici ed a prevenzione e
nursing nei bambini con PP, mentre sia la fisioterapia che il trattamento orte-
sico vengono indicati sia nella PP che nel TMC, ma con grado di raccomanda-
zione moderato e scarse specifiche di impiego;
Conclusione: Al netto di alcune raccomandazioni espresse nelle linee guida
esaminate, permangono evidenti lacune sull’approccio da scegliere in entrambe
le condizioni, evidenziando la persistente necessità di formulare precise dispo-
sizioni di buona pratica medica.
1004 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

INTRODUZIONE

Con il termine plagiocefalia posizionale (PP) si definisce genericamente una


deformità asimmetrica del cranio che può verificarsi anteriormente o poste-
riormente [1]. Un tempo l'appiattimento anteriore, dato dal prolungato posi-
zionamento prono, era il più comune e il 10% dei bambini presentava plagio-
cefalia anteriore [2-3]. Oggi, al contrario, la maggior parte dei casi di plagioce-
falia si verifica a livello occipitale e vede spesso un’origine "posizionale", deri-
vante da forze esterne applicate al cranio in epoca prenatale o dalla postura
assunta nel primo periodo postnatale. Le plagiocefalie posizionali possono au-
to-correggersi nel corso dei primi anni di vita, ma non sempre questo si verifi-
ca: malformazioni estetiche, da lievi a severe, persistono nel 10% dei pazienti
non sottoposti a trattamento [4]. Il torcicollo muscolare congenito (TMC) è in-
vece una condizione muscolo-scheletrica comune nel bambino. Descritta come
deformità posturale del collo evidente alla nascita o poco dopo, essa, tipica-
mente, è caratterizzata da un'inclinazione della testa verso un lato o da una
flessione laterale del collo, con il capo ruotato verso il lato opposto a causa di
un accorciamento unilaterale del muscolo sternocleidomastoideo (SCM) [5].
Obiettivo del lavoro è stato raccogliere, secondo la metodologia PRISMA [6]
fatta eccezione per le valutazioni statistiche, non applicabili alla varietà dei te-
sti considerati, le linee guida, le meta-analisi e le revisioni della letteratura re-
cente riguardanti il trattamento riabilitativo della plagiocefalia posizionale e
del torcicollo miogeno congenito, con l’intento di analizzare le evidenze e far
emergere eventuali criticità, concordanze o discordanze a riguardo.

22.1. Materiali e metodi

Sono state incluse linee guida che comprendessero tra gli autori il maggior
numero di figure professionali quali fisiatri, pediatri, ostetrici e ginecologi e
specialisti in neuropsichiatria infantile, fisioterapisti, logopedisti, associa-
zioni di pazienti e genitori. L’indagine, limitata agli anni di pubblicazione 2008
- 2018, è stata eseguita all’interno dei principali motori di ricerca e portali di let-
teratura scientifica internazionali secondo i seguenti parametri: Medli-
ne/Pubmed/PEDro (Physiotherapy Evidence Database), Cochrane Library, Google
Scholar: “plagiocephaly” OR “congenital muscular torticollis” AND “guideli-
nes” OR “reccomendations” [< 10 years]; “plagiocephaly” OR “congenital mu-
scular torticollis” [title] [review] [< 10 years]; “plagiocephaly” OR “congenital
muscular torticollis”, in associazione a termini riguardanti la fisioterapia, il trat-
tamento ortesico e la riabilitazione in genere, quali “rehabilitaiton”, “physical-
22. Bp e Lg riabilitative nel trattamento di plagiocefalia posizionale 1005

therapy”, “exercise”, “manipulation”, “manual therapy”, “helmet”, “pillow”,


“orthoses”, “positioning”. La metodologia è sintetizzata in figura 22.1.

Ricerca Bibliografica: Pubmed/PEDro, Cochrane Library


Solo articoli in lingua inglese o italiana

Risultati della ricerca combinati (n = 1033) Esclusi (n = 908)


Craniosinostosi (n = 56)
Non contenenti indicazioni terapeutiche
o diagnostiche (n = 213)
Screening degli articoli in base al titolo e Duplicati (n = 361)
all’abstract Full-text non accessibile (n = 7)
Non systematic review, meta-analisi o
linee guida (n = 271)

Inclusi (n = 125)

Esclusi (n = 106)
Revisione degli articoli e applicazione dei crite- Presenza di letteratura più recente (n =
ri di inclusione/esclusione 34)
Non systematic review, meta-analisi o
linee guida (n = 82)

Inclusi (n = 9)

Linee Guida (n = 3) Review, systematic review, meta-analisi (n = 6)

Fig. 22.1. Diagramma di flusso di selezione degli studi (come da PRISMA Statement [6]).

22.2. Risultati

La nostra ricerca ha fatto emergere un’ampia produzione scientifica, benché


il numero effettivo di linee guida di interesse riabilitativo risulti ridotto. So-
no stati selezionati tre testi di raccomandazione, riportati in tabella 22.1A.

Tabella 22.1A. Linee guida


LINEE GUIDA NAZIONE FONTE MD MP GRADE
CNS Systematic review and evidence based
America
guidelines for the management of patients with Pubmed Sì Sì No
(AANS)
positional plagiocephaly (2016) [7].
Physical Therapy Management of Congenital
America
Muscular Torticollis: An evidence-based clinical Pubmed Sì [P] Sì Sì
(APTA)
practice Guideline (2013) [5].
Developing guidelines for child health care nurses
to prevent nonsynostotic plagiocephaly: searching Svezia Pubmed No No No
for the evidence (2011) [8].
Tab. 22.1A. Caratteristiche delle linee guida considerate; Legenda: [P]: include associazione dei
pazienti/genitori; CNS: College of Neurological Surgeons (America); AANS: American Acade-
my of Neurologic Surgeons; APTA: American Physical Therapy Association. MD: Multidisci-
plinarietà; MP: Multiprofessionalità; GRADE: Utilizzo del metodo GRADE per la validazione
delle evidenze (AGREE II) [9].
1006 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Il primo testo, “Systematic review and evidence based guidelines for the
management of patients with positional plagiocephaly”, prodotto
dall’American Academy of Neurologic Surgeons (AANS) nel 2016, riguarda
il trattamento della plagiocefalia posizionale (PP) [7]. La stesura del docu-
mento ha coinvolto principalmente medici specialisti in pediatria e neuro-
chirurgia, includendo nel gruppo di studio anche specialisti neurologici, chi-
rurghi plastici, tecnici ortopedici e fisioterapisti. Non viene fatto riferimento
al coinvolgimento di rappresentanti o associazioni dei pazienti. Il testo, ben-
ché porti la definizione di “linee guida”, si articola in effetti in quattro revi-
sioni sistematiche di lavori prodotti sino al 2014 e riguardanti i principali
aspetti della patologia: la diagnosi, la prevenzione, la fisioterapia e il tratta-
mento ortesico. Tutti questi argomenti sono svolti facendo riferimento ad un
sistema di rating delle evidenze sviluppato dall’American Academy of Neu-
rological Surgeons, quindi non rispondente ai criteri AGREE [9]. Questo si-
stema si fonda su tre livelli di forza delle raccomandazioni sintetizzabili co-
me segue: Livello I) forte raccomandazione derivante da almeno una revi-
sione sistematica o meta-analisi o due RCT di buon livello secondo i criteri
stabiliti dal gruppo di studio; Livello II) moderata raccomandazione deri-
vante da uno o più studi in singolo cieco con bassa numerosità campionaria,
che rispettano i criteri di sensibilità, specificità, valore predittivo positivo
(VPP) e significatività previsti dal gruppo di studio; Livello III) possibile
raccomandazione derivante da un solo studio con buon livello di evidenza o
due con moderato livello di evidenza secondo il gruppo di studio. Muovendo
da questi presupposti, il documento arriva a formulare undici raccomanda-
zioni, tre delle quali di livello I, riportate in seguito nella discussione. Il grup-
po di studio non riferisce conflitti di interesse nello svolgimento del lavoro.
Il secondo testo, “Physical Therapy Management of Congenital Muscular Tor-
ticollis: An evidence-based clinical practice Guideline”, redatto dall’ American
Physical Therapy Association nel 2013 [5], riguarda esclusivamente
l’approccio fisioterapico al torcicollo miogeno. Il documento è stato prodotto e
revisionato secondo la metodica AGREE II [10] e utilizza dunque il metodo
GRADE di valutazione delle raccomandazioni. Sono stati coinvolti nella stesu-
ra come autori e/o revisori fisioterapisti, medici specialisti in pediatria e medi-
ci di medicina generale, oltre a rappresentanti dei genitori. La linea guida
esprime un ampio numero di raccomandazioni con variabili livelli di eviden-
za, riportati in seguito nella discussione, limitatamente alla diagnosi ed alle
indicazioni fisioterapiche. Il gruppo di studio non riferisce conflitti di interesse
nello svolgimento del lavoro.
Il terzo testo, “Developing guidelines for child health care nurses to prevent
nonsynostotic plagiocephaly: searching for the evidence” (2011), consiste in una
22. Bp e Lg riabilitative nel trattamento di plagiocefalia posizionale 1007

raccolta di raccomandazioni per la gestione infermieristica o domiciliare quoti-


diana dei pazienti con PP [8]. Non si tratta di un testo multidisciplinare né mul-
tiprofessionale, avendo tra gli autori esclusivamente infermieri professionisti, né
sfrutta la metodica GRADE di rating delle raccomandazioni. Il testo fornisce un
ampio numero di raccomandazioni sulla gestione quotidiana del paziente con
PP, esprimendo la forza delle stesse secondo un modello di rating prodotto da
un gruppo di studio svedese nel 2006 (Willman et al. [11]). Alla luce delle critici-
tà esposte, le raccomandazioni espresse non sono state prese in considerazione
laddove fossero presenti indicazioni differenti in testi di maggior qualità secon-
do il nostro gruppo di studio.
Sono stati inoltre inclusi nella trattazione sei testi di revisione sistematica, ripor-
tati in tabella 22.1B., quattro dei quali redatti nel rispetto della metodologia PRI-
SMA [6].

Tabella 22.1B. Review (PRISMA check-list)


REVIEW PRISMA
Non-surgical management of posterior positional plagiocephaly Orthot-

ics versus repositioning (Paquereau, 2012) [12].
Conservative interventions for positional plagiocephaly: a systematic

review (Bialocerkowski, 2005) [13].
Prevalence, risk factors, and natural history of positional plagiocephaly:

a systematic review (Bialocerkowski 2008) [14].
Correlates of tummy time in infants aged 0–12 months old: A systematic

review (Hewitt, 2008) [15].
Imaging of congenital torticollis in infants: a retrospective study of an
No
institutional protocol (Boyko, 2017) [16].
Conservative management of TMC: an evidence-based algorithm and
No
treatment parameter recommendations (Christensen, 2013) [17].
Tab. 22.1B. Caratteristiche delle revisioni della letteratura considerate. PRISMASpecificata
fonte non valida., Legenda: Sì: rispetta la metodologia PRISMA; No: non segue il metodo PRI-
SMA.

22.3. Discussione

Nei seguenti paragrafi esamineremo sinteticamente le raccomandazioni


emerse dalla nostra ricerca per quanto riguarda la diagnosi di Plagiocefalia
Posizionale (PP) e di Torcicollo Miogeno Congenito (TMC), ma soprattutto
entreremo in merito al trattamento conservativo e riabilitativo di queste due
condizioni, spesso sottovalutato. La prevalenza della plagiocefalia posiziona-
le a 4 mesi è stata recentemente stimata al 19,7%, ma altri autori ne hanno
suggerito una prevalenza fino al 48% [18-19]. Questi numeri fanno della PP un
problema comunemente affrontato dalle famiglie e dai medici, soprattutto a
partire dal 1992. Da quell’anno infatti, a seguito della campagna Back to Sleep
volta a ridurre l'incidenza della SIDS nei neonati mediante la raccomandazio-
1008 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

ne al decubito supino prolungato, si è notato un marcato aumento di preva-


lenza per la plagiocefalia posizionale [20]. L'incidenza del TMC varia invece
dallo 0,3 al 2% dei neonati, ma alcuni studi arrivano a stimarla fino al 16%. Si
calcola inoltre che circa il 60% dei neonati con torcicollo muscolare congenito,
ai 2 mesi, presenti appiattimento occipitale [21], suggerendo una connessione
tra le due condizioni.

22.3.1. Raccomandazioni diagnostiche


Nei seguenti paragrafi saranno riportate le indicazioni della letteratura in-
ternazionale per quanto concerne la valutazione obiettiva delle due condi-
zioni e le più comuni classificazioni utilizzate.

22.3.1.1. Plagiocefalia: diagnosi e classificazione

22.3.1.1.1. Raccomandazioni di grado forte


Non è stato possibile, secondo il nostro gruppo di studio, reperire racco-
mandazioni di grado forte per quanto riguarda diagnosi e classificazione
delle plagiocefalie posizionali, verosimilmente a causa della limitata produ-
zione in letteratura a riguardo.

22.3.1.1.2. Raccomandazioni di grado moderato-debole


Tutte le raccomandazioni riguardanti diagnosi e classificazione delle plagio-
cefalie posizionali risultano essere di grado moderato o debole se si fa rife-
rimento all’unico testo di linee guida reperito. Sono di seguito riportati i
contenuti dei testi esaminati. La diagnosi di plagiocefalia posizionale è nella
maggior parte dei casi possibile attraverso un esame clinico (RACCOMAN-
DAZIONE: DEBOLE) associato ad un’approfondita anamnesi, come con-
fermato dalle linee guida dell’AANS [7] (tabella 22.2.).
22. Bp e Lg riabilitative nel trattamento di plagiocefalia posizionale 1009

Tabella 22.2. Raccomandazioni Diagnostiche (Plagiocefalia).

Raccomandazione QdE
Per la diagnosi di plagiocefalia è raccomandata la valutazione clinica
mentre l’imaging è raramente necessario, salvo condizioni di dubbio Livello III
clinico.
Nei casi in cui la clinica non sia dirimente, è raccomandato l’uso di esa-
Livello II
mi di II livello come RX cranio e ecografia delle sutura craniche.
Nei casi in cui la clinica non sia dirimente, può essere raccomandato
Livello III
l’uso di esami di superficie / stereofotogrammetria del cranio.
Solo nei bambini in cui gli esami di II livello non siano dirimenti, è rac-
Livello III
comandato l’impiego di un TC cranio per la diagnosi definitiva.
Tab. 22.2. Raccomandazioni diagnostiche secondo l’AANS [7]; Legenda: QdE: Qualità delle Evi-
denze; Livello II: Raccomandazione derivante da uno o più studi in singolo cieco con bassa nume-
rosità campionaria, che rispettano i criteri di sensibilità, specificità, VPP e significatività previsti;
Livello III: Raccomandazione derivante da opinione degli esperti o studi che non rispettano i crite-
ri di sensibilità, specificità, VPP e significatività previsti.

L’anamnesi dovrà indagare la presenza di fattori di rischio e di altre defor-


mazioni coesistenti che possano orientare verso una differente diagnosi
(RACCOMANDAZIONE: MODERATA) [22]. L’esame obiettivo compren-
derà l’osservazione della postura e dei movimenti attivi del capo e del collo,
ponendo attenzione ad eventuali asimmetrie di lato. La regione cranio-
facciale va esaminata da tutti i lati. L’osservazione condotta nella prospetti-
va dall’alto permetterà di valutare la posizione delle orecchie e delle guance
e riscontrare la forma a parallelogrammo del capo, tipica delle plagiocefalie
posizionali (figura 22.1.). Oltre all’appiattimento monolaterale occipitale può
esservi una protrusione della bozza frontale, una prominenza della guancia
e la dislocazione anteriore dell’orecchio, sempre omolaterale [23]. Un esame
obiettivo del collo può evidenziare la presenza di un TMC associato, qualora
si presenti una limitazione della rotazione del capo dal lato del muscolo
sternocleidomastoideo coinvolto (RACCOMANDAZIONE: DEBOLE) [24].

Fig. 22.2. A sinistra la classica forma del cranio a parallelogramma delle plagiocefalie posizio-
nali, a destra la forma trapezoidale delle craniosinostosi.
1010 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

22.3.1.1.2. Good Practice Point


Studi di affidabilità hanno confermato la validità della Classificazione di
Argenta [25] (figura 22.2.) nell’inquadramento clinico della plagiocefalia
posizionale, anche alla luce della sua semplicità di utilizzo (GPP) [26].

Fig. 22.3. Classificazione di Argenta in 5 tipi di plagiocefalia posizionale [25].

22.3.1.2. Torcicollo miogeno congenito: diagnosi e classificazione

22.3.1.2.1. Raccomandazioni di grado forte


Per quanto riguarda diagnosi e classificazione del TMC, l’unica raccoman-
dazione di grado elevato riscontrabile è la seguente: il rischio di TMC deve
essere valutato nei primi due giorni mediante mobilizzazioni passive del
collo, osservazione clinica e ricerca di asimmetrie del capo (RACCOMAN-
DAZIONE: FORTE), come da linea guida APTA (GRADE A) [5].

22.3.1.2.2. Raccomandazioni di grado moderato/debole


Eccezion fatta per la valutazione peri-natale di TMC, tutte le raccomandazioni
identificate nel testo di riferimento considerato risultano di grado modera-
to/debole secondo sistema GRADE [9]. Sono di seguito riportati i principali
contenuti dei testi esaminati. Come detto, la diagnosi di torcicollo miogeno
congenito (TMC) è in prima battuta clinica: secondo le linee guida
dell’American Physical Therapy Association (APTA) il sospetto di TMC è
identificabile nei primi due giorni di vita da parte del personale sanitario
come dei familiari. Da questo punto in poi il percorso diagnostico si avvarrà
di valutazioni specialistiche e, nei casi in cui sia richiesto, di un’indagine
ecografica [5]. Le raccomandazioni delle linee guida APTA sono numerose e
dettagliate e riportate in Tabella 22.3A (RACCOMANDAZIONI: MODERA-
TE/DEBOLI). Poiché queste risultano incentrate sulla clinica e in prima
22. Bp e Lg riabilitative nel trattamento di plagiocefalia posizionale 1011

istanza rivolte ai terapisti, un’integrazione è stata fatta estraendo dalla revi-


sione di Boyko N et al. [16] le raccomandazioni relative all’imaging (RAC-
COMANDAZIONI: DEBOLI).

22.3.1.2.2. Good Practice Point


Comunemente nella pratica clinica si distinguono: un TMC posturale, più lie-
ve, che si presenta come una preferenza posturale del bambino senza restri-
zioni muscolari o limitazioni dei range of motion (ROM); un TMC muscolare
che si presenta con rigidità dello SCM e limitazione passiva dei ROM; un
TMC con massa solida a livello dello SCM, la forma più grave, che presenta
un ispessimento fibrotico dello SCM e limitazioni passive dei ROM. Queste
diverse condizioni, in combinazione con l'età della diagnosi iniziale, hanno
prognosi differenti: in genere i bambini identificati precocemente con TMC
posturale hanno periodi di trattamento più brevi, mentre i casi identificati più
tardi, dopo 3-6 mesi di età, o le forme di TMC con massa fibrotica sullo SCM,
richiedono periodi più lunghi di trattamento conservativo e possono necessi-
tare di interventi invasivi [21]. Le linee guida APTA contengono una specifica
classificazione divisa in sette gradi di severità (GPP), riportata in tabella 22.3B.

Tabella 22.3. Raccomandazioni Diagnostiche (Torcicollo miogeno congenito).


Qualità delle Forza della
Raccomandazione
Evidenze Raccomandazione
APTA Guidelines: Physical Therapy Management of Congenital Muscular Torticollis [5].
Il rischio di TMC deve essere valutato nei primi due
giorni mediante mobilizzazioni passive del collo, Livello I Grado A
osservazione clinica, ricerca di asimmetrie del capo.
Bambini che presentino ridotti ROM cervicali, mas-
se dello SCM, asimmetrie facciali o plagiocefalia, Livello II Grado B
devono essere segnalati subito al medico.
Il medico deve indagare: età corretta, età di insor-
genza, gravidanza e parto, preferenze di lato, fami-
Livello II Grado B
liarità, comorbidità, anomalie nello sviluppo psico-
motorio.
Il medico deve approfondire l’eventuale presenza di
sintomi visivi, neurologici, gastrointestinali ed Livello II Grado B
eventuali anomalie a livello del rachide o degli arti.
Identificare red flags quali: anomalie del tono, mas-
se extra-muscolari, deficit oculomotori o scarsi pro- Livello II Grado B
gressi dopo 4-6 settimane di trattamento.
Nell’esame clinico per sospetto di TMC indagare:
La postura e la tolleranza del bambino alle posizioni Livello II Grado B
seduta, supina, prona ed eretta.
I range of motion cervicali, sia attivi che passivi, di
Livello II Grado B
rotazione e latero-flessione, da entrambi i lati.
1012 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

I ROM attivi e passivi degli arti superiori ed inferio-


ri e l’eventuale presenza di segni di asimmetria del Livello II Grado B
rachide.
Dolore o insofferenza del bambino in condizione di
Livello IV Grado D
riposo o durante mobilizzazioni attive e passive.
La gravità del TMC può essere classificata secondo
una scala a 7 gradi di severità crescente (riportata in Livello V BP
tabella 22.3B.).
Boyko N. et al. (2017): Imaging of congenital torticollis in infants [16].
L’esame clinico è sufficiente nella diagnosi di TMC:
Livello III Grado C
RX, TC e RM non sono necessari.

Nei casi in cui vi siano sintomi neurologici, possono


Livello III Grado C
essere necessarie indagini di imaging.

Tab. 22.3A Raccomandazioni diagnostiche. Legenda: SCM: muscolo sternocleidomastoideo; QdE:


Livello I: review o meta-analisi, RCT, studi di coorte di alta qualità (Critical appraisal score > 50%);
II: review o meta-analisi, RCT, studi di coorte di qualità minore (Critical appraisal score < 50%); III:
studi retrospettivi o case-control; IV: case-studies o case-series; V: opinione degli esperti. FdR:
Grado A: forte, almeno uno studio di livello I che supporta la raccomandazione; B: moderata, al-
meno uno studio di livello II che supporta la raccomandazione; C: debole, un solo studio di livello
II con CAS <25% che supporta la raccomandazione o studi di livello III-IV; D: teorica; BP: Indica-
zione di buona pratica; R evidenze discordanti o ricerche ancora in corso.

Tabella 22.3B. Classificazione del TMC in 7 gradi di severità.


Grado 1 Early Mild: presentazione a 0-6 mesi, rotazione cervicale <15°.
Grado 2 Early Moderate: presentazione a 0-6 mesi, rotazione cervicale 15-30°.
Grado 3 Early Severe: presentazione a 0-6 mesi, rotazione cervicale >30°.
Grado 4 Late Mild: presentazione a 7-9 mesi, rotazione cervicale <15°.
Grado 5 Late Moderate: presentazione a 10-12 mesi, rotazione cervicale <15°.
Grado 6 Late Severe: presentazione a 7-12 mesi, rotazione cervicale >15°.
Grado 7 Late Extreme: dopo 7 mesi con massa SCM o dopo 12 mesi con rot. cervicale >30°.
Tab. 22.3B Classificazione TMC da Linee Guida APTA [5]. SCM = sternocleidomastoideo

22.3.2. Raccomandazioni Riabilitative


Nei seguenti paragrafi verranno approfondite le principali raccomandazioni
riabilitative per la gestione dei pazienti affetti da torcicollo miogeno conge-
nito e/o plagiocefalia posizionale, sia dal punto di vista fisioterapico e di te-
rapia manuale, sia per quanto riguarda, nei secondi, l’utilizzo di appropriate
ortesi. Nel trattamento della plagiocefalia posizionale va inoltre chiarito che
un ruolo fondamentale è svolto dalla riduzione dei fattori di rischio, che nel
caso di un paziente già affetto da plagiocefalia si traduce in una prevenzione
dell’aggravamento delle deformità.
22. Bp e Lg riabilitative nel trattamento di plagiocefalia posizionale 1013

22.3.2.1. Plagiocefalia Posizionale: fattori di rischio e prevenzione

22.3.2.1.1. Raccomandazioni di grado forte


Il ruolo della prevenzione risulta ormai acclarato nella PP tanto che la mag-
gior parte delle evidenze in tal senso conduce a raccomandazioni di grado
elevato, di seguito sintetizzate. Sebbene l’eziopatogenesi della plagiocefalia
posizionale (PP) non sia ancora del tutto chiarita, sono stati identificati nu-
merosi fattori di rischio, tra cui, come detto, lo stesso torcicollo miogeno,
benché entrambe le condizioni siano spesso sottostimate [27]. Un’accurata
revisione sistematica di Bialocerkowski et al. [14] del 2008 ha indagato un
totale di 64 fattori di rischio identificandone i principali. Le maggiori evi-
denze sottolineano il ruolo di fattori ostetrici, scarsamente o per nulla modi-
ficabili, ma anche di problematiche legate al bambino, in primis il torcicollo
miogeno, suscettibile invece di trattamento. La revisione include tra le con-
dizioni che possono favorire lo sviluppo di PP tutte le limitazioni alla mobi-
lità attiva o passiva del collo dell’infante, ma anche una marcata prevalenza
di lato durante il sonno. Ulteriori fattori di rischio identificati sono: primo-
genitura, prematurità, sesso maschile, l’impiego di forcipe o ventosa durante
il parto e altri elementi riferibili alla mobilità. Tra questi un posizione supina
prolungata (oltre 20 ore), poco tempo trascorso in posizione prona (meno di
3 ore) o in posizione seduta o eretta (meno di un’ora). Si è parlato in tal sen-
so del controverso effetto sulle condotte dei genitori della campagna ameri-
cana Back to Sleep [27] (RACCOMANDAZIONE: FORTE).
La prevenzione in molti di questi casi si esplica nell’educazione al nursing
del bambino e, ove necessario, alla modificazione della sua quotidianità
(RACCOMANDAZIONE: FORTE). In tal senso Lennartsson F. ha prodotto
nel 2011 un testo di raccomandazioni all’assistenza parentale e infermieristi-
ca [8] le cui principali indicazioni sono riportate al termine del paragrafo in
tabella 22.4A.
Nel testo e nelle successive norme si fa particolare riferimento al ruolo del
cosiddetto Tummy Time, la pratica di far giocare attivamente il bambino in
posizione prona [28], i cui benefici sono stati indagati da una revisione si-
stematica di Hewitt L. et al. del 2017 [15].
Le linee guida dell’AANS riservano un capitolo (The role of repositioning) al
ruolo della prevenzione, nello specifico riferendosi all’educazione dei care-
giver al corretto riposizionamento attivo in culla [29] o all’uso di cuscini
adatti allo scopo [30].
In entrambi i casi i metodi risultano efficaci e raccomandati (RACCOMAN-
DAZIONE: FORTE), benché inferiori alla fisioterapia (Livello di Evidenza I -
RACCOMANDAZIONE: FORTE) e al trattamento ortesico (Livello di Evi-
1014 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

denza II - RACCOMANDAZIONE: FORTE) nel ridurre la gravità e


l’evolutività della PP [7].

22.3.2.2. Fisioterapia e terapia manuale

22.3.2.2.1. Raccomandazioni di grado forte


Non è stato possibile identificare delle raccomandazioni di grado forte per
quanto riguarda l’impatto della fisioterapia su PP e TMC, verosimilmente
alla luce della scarsa qualità assoluta e della mancata standardizzazione del-
la letteratura scientifica a riguardo.

22.3.2.2.2. Raccomandazioni di grado moderato-debole


Come detto, l’approccio riabilitativo non può avvalersi di studi scientifici di
elevata qualità, anche alla luce della difficile standardizzazione in pazienti
pediatrici, disomogenei e soggetti a trattamenti fortemente operatore-
dipendenti. Viene tuttavia sottolineato in letteratura come, sia per la plagio-
cefalia che per il TMC, tanto più precoce inizia l'intervento fisioterapico, tan-
to maggiore è il risultato raggiunto e minore è la durata del trattamento, con
una conseguente riduzione dei costi sanitari [31-32] (RACCOMANDAZIO-
NE: MODERATA). Recenti lavori hanno dimostrato lo sviluppo di progressi-
ve deformità vertebrali cervicali nei pazienti con TMC non trattato precoce-
mente [33]. I neonati con capacità di esplorazione limitata o asimmetrica,
come nel caso del TMC e della plagiocefalia posizionale [34-35], hanno inol-
tre dimostrato ritardi nello sviluppo motorio e cognitivo. Pertanto, i fisiote-
rapisti di area pediatrica dovrebbero intervenire non tanto sulla struttura
corporea, quanto sul raggiungimento di un ROM passivo cervicale completo
e di un posizionamento simmetrico del cranio (RACCOMANDAZIONE:
MODERATA), oltre a stimolare attività che promuovano la partecipazione
corretta per l'età e favoriscano lo sviluppo e l'apprendimento in tutti i campi
[36] (RACCOMANDAZIONE: MODERATA).
Il piano terapeutico-riabilitativo per il bambino con TMC e/o plagiocefalia
posizionale dovrebbe includere secondo le linee guida AANS [7] le compo-
nenti riportate in fondo al paragrafo in tabella 22.4B. (RACCOMANDA-
ZIONI: MODERATE).
La durata del ciclo fisioterapico di stretching manuale, forma più comune di
trattamento nel TMC, varia a seconda della severità, da 2-3 mesi nelle forme
più lievi fino a 5-6 mesi nelle forme più gravi [37] (RACCOMANDAZIONE:
DEBOLE); inoltre, in caso di intervento chirurgico per TMC, potrebbero es-
sere necessari ulteriori 6 mesi [38] di trattamento riabilitativo (RACCO-
22. Bp e Lg riabilitative nel trattamento di plagiocefalia posizionale 1015

MANDAZIONE: DEBOLE). Non vi sono indicazioni che associno tra di loro


il tipo di tecnica da utilizzare, la durata del trattamento, la frequenza giorna-
liera o il numero di ripetizioni all’interno di ciascuna sessione. L'adesione
del genitore/caregiver al piano terapeutico è essenziale per ottenere preco-
cemente livelli di trattamento efficaci [5] (RACCOMANDAZIONE: DEBO-
LE).
Nei bambini con plagiocefalia si è evidenziata una scarsa risposta al tratta-
mento quando questo viene iniziato in ritardo (dopo il terzo mese d’età) o
quando la deformazione iniziale del cranio, che deve essere sempre tenuta
in considerazione durante la stesura del programma riabilitativo, risulti es-
sere significativa [7] (RACCOMANDAZIONE: DEBOLE).

22.3.2.3. Plagiocefalia posizionale: trattamento ortesico

22.3.2.3.1. Raccomandazioni di grado forte


Non è stato possibile identificare delle raccomandazioni di grado forte per
quanto riguarda il trattamento ortesico della PP.

22.3.2.3.2. Raccomandazioni di grado moderato-debole


Le linee guida AANS offrono modeste indicazioni per quanto riguarda il
trattamento ortesico, limitandosi alle esigenze di prescrizione senza soffer-
marsi su tipo di ortesi e modalità di impiego.
Il primo caschetto per il trattamento della plagiocefalia fu introdotto nel
1979 da Clarren et al. che lo proponevano come una struttura rigida e sim-
metrica all’interno della quale doveva svilupparsi il cranio [39]. Già nel 1986
Pomatto et al. idearono le prime ortesi dinamiche, adattabili allo sviluppo
del cranio del paziente [40]. Queste, applicando una debole pressione co-
stante alle prominenze craniche anteriori e posteriori, favorirebbero
l’espansione delle regioni appiattite adiacenti ad esse: l’azione del caschetto
non modella attivamente il cranio né comprime la struttura ossea, se eserci-
tasse un’effettiva pressione causerebbe lesioni cutanee [23]. Il caschetto an-
drebbe impiegato nella fascia d’età compresa fra 4 e 12 mesi, quando la pla-
sticità delle ossa del cranio è massima, ogni giorno per ventidue o anche
ventitré ore su ventiquattro, con evidenti limiti di compliance da parte del
neonato [41] (RACCOMANDAZIONE: DEBOLE).
Non c’è ad oggi consenso internazionale sull’impiego del caschetto e man-
cano studi di buona qualità che dimostrino l’efficacia di questo presidio or-
topedico. Le linee guida dell’AANS si esprimono tuttavia favorevolmente
1016 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

sul suo impiego in casi selezionati, pur non rilevando un’alta qualità di evi-
denze al riguardo.
Il caschetto viene raccomandato nei pazienti con PP moderata o severa per-
sistente dopo un ciclo di trattamento conservativo (tecniche di riposiziona-
mento e/o fisioterapia) o nelle forme con presentazione tardiva [7] (RAC-
COMANDAZIONE: MODERATA). Una revisione sistematica di Paquerau
del 2013 [12] registra una maggiore efficacia del trattamento ortesico nel
prevenire l’aggravamento della PP.se messo a confronto con le tecniche di
riposizionamento

Tabella 22.4A. Raccomandazioni per la prevenzione della PP e del suo aggravamento.


Qualità delle
Raccomandazione
Evidenze
Mantenere il decubito supino notturno come prevenzione per la SIDS. Livello I
Utilizzare cuscini ampi e soffici per scaricare la pressione sull’occipite*. Livello III
Alternare il lato di rotazione del capo del bambino durante il sonno. Livello I
Posizionare il bambino prono durante la veglia, con supervisione. Livello I
Favorire la posizione prona rispetto alla supina durante la veglia. Livello I
Evitare le condizioni che possano favorire una preferenza di lato. Livello I
Favorire posizioni che incoraggino a correggere una preferenza di lato. Livello I
Tab. 22.4A. Raccomandazioni per la prevenzione della plagiocefalia posizionale e del suo aggra-
vamento (da Lennartsson F [8]). Legenda: PP: Plagiocefalia Posizionale; SIDS: sindrome della mor-
te improvvisa infantile; Livello I: almeno una revisione sistematica o meta-analisi o due RCT. Li-
vello III: un solo studio con buon livello di evidenza o due con moderato livello di evidenza. *Il
testo raccomanda l’uso di cuscini che arrivino sino alla schiena del neonato e solo nei primi mesi
in cui il bambino non ha ancora acquisito la capacità di rotolare sul fianco.

Tabella 22.4B. Raccomandazioni per il trattamento fisioterapico della PP e del TMC.


Qualità delle
Raccomandazione
Evidenze
Trattamento passivo ROM cervicali. Livello II
Trattamento attivo ROM cervicali e del tronco. Livello II
Stimolazione di movimenti simmetrici. Livello II
Adattamenti ambientali. Livello II
Educazione dei genitori/caregiver. Livello II
Tab. 22.4B. Raccomandazioni per il trattamento fisioterapico. Legenda: PP: plagiocefalia posizio-
nale, TMC: Torcicollo miogeno congenito; Livello II: Evidenza derivante da uno o più studi di
coorte non randomizzati o case-control di buona qualità o uno o più RCT di minore qualità
(AANS).
22. Bp e Lg riabilitative nel trattamento di plagiocefalia posizionale 1017

Tabella 22.4C. Raccomandazioni per il trattamento ortesico della PP e del suo aggravamento
Qualità delle
Raccomandazione
Evidenze
Il trattamento ortesico (caschetto) è raccomandato nei pazienti con Pla-
giocefalia moderata o severa persistente, come seconda opzione dopo un Livello II
ciclo di trattamento conservativo (posizionamento e/o fisioterapia).
Il trattamento ortesico (caschetto) è raccomandato nei pazienti con Pla-
giocefalia moderata o severa persistente a presentazione tardiva (dopo i Livello II
6 mesi di età corretta, Wilbrand et al. [42]).
Tab. 22.4C Raccomandazioni per il trattamento ortesico della plagiocefalia posizionale e del suo
aggravamento (AANS) [7]; Legenda: Livello II: Evidenza derivante da uno o più studi di coorte
non randomizzati o case-control di buona qualità o uno o più RCT di minore qualità (AANS).

CONCLUSIONI

Il trattamento della plagiocefalia posizionale e del torcicollo miogeno con-


genito è conservativo nella stragrande maggioranza dei casi, come confer-
mato dalla letteratura internazionale [5-7]. Per questo motivo, il ruolo del
medico specialista in riabilitazione può risultare fondamentale
nell’indirizzare la famiglia nella gestione di tali condizioni. Dall’analisi delle
linee guida sull’argomento emerge un’indicazione all’approccio fisioterapi-
co alla plagiocefalia posizionale, sostenuto da una corretta educazione dei
genitori al riposizionamento del bambino in culla sotto la loro supervisione
ed alla stimolazione della mobilità cervicale e globale. Rimangono tuttavia
non formulabili indicazioni specifiche sul tipo di approccio da proporre. Il
trattamento ortesico trova spazio come terapia di seconda linea nelle forme
persistenti severe o a presentazione tardiva, con raccomandazione tuttavia
moderata. Il trattamento del torcicollo miogeno congenito risulta essenzial-
mente fisioterapico nella stragrande maggioranza dei casi. In entrambi i casi
Permangono tuttavia lacune su quale sia l’approccio specifico da scegliere in
accordo con il terapista, , e non vi sono studi in grado di definire le tecniche
più efficaci. Se da un lato ciò depone a favore dell’autodeterminazione del
terapista, sotto l’aspetto medico-legale non sussistono garanzie
sull’applicabilità di un metodo rispetto ad un altro, suggerendo la necessità
di ulteriori approfondimenti al fine di elaborare disposizioni di buona prati-
ca medica.
1018 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

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Prof. Valter Santilli

Linee guida, buone pratiche


ed evidenze scientifiche
in Medicina Fisica e Riabilitativa

Capitolo 23

Buone pratiche e linee guida riabilitative


nel trattamento delle patologie muscolo-scheletriche
mediante medicina termale

Coautori

Carmine Attanasi MD, Jole Rabasco MD, Marinella Del Giudice MD


Francesco Agostini MD, Marco Vitale MD
23. Buone pratiche e linee guida riabilitative
23. Buone pratichedelle
nel trattamento e linee guida riabilitative nel
patologie
muscolo-scheletriche
trattamento mediantemuscolo-
delle patologie medicina termale
scheletriche mediante medicina termale
Coautori
Carmine Attanasi 1 MD, Jole Rabasco 2 MD, Marinella Del Giudice 2 MD
Coautori
Francesco Agostini 21 MD, Marco Vitale 3, 4 MD
Carmine Attanasi MD, Jole Rabasco MD2, Marinella Del Giudice2 MD,
Francesco Agostini2 MD, Marco Vitale3,4 MD
1
Specialista in Medicina Fisica e Riabilitativa, Roma
2
Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
1 Specialista in Medicina Fisica e Riabilitativa, Roma
3
Dipartimento di Medicina e Chirurgia (DiMeC), Università di Parma
2 Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Sapienza Università di Roma
4
Fondazione per la Ricerca Scientifica Termale (FoRST), Roma
3 Dipartimento di Medicina e Chirurgia (DiMeC), Università di Parma

4 Fondazione per la Ricerca Scientifica Termale (FoRST), Roma

ABSTRACT

Background: La terapia termale rappresenta un insieme eterogeneo di


trattamenti e metodi derivati da risorse naturali. Essa è spesso considerata
nell’approccio comune a molte patologie muscolo-scheletriche, ma anche
dermatologiche, respiratorie, vascolari.
Oggetto: L’obiettivo di questo lavoro è quello di effettuare un’analisi critica
sistematica delle più recenti evidenze estrapolate dalla letteratura scientifica,
per offrire allo specialista la possibilità di integrare con questo ulteriore
strumento il percorso delle buone pratiche cliniche nell’ambito della
riabilitazione.
Materiali e metodi: La ricerca bibliografica è stata condotta su Medline,
PEDro, Cochrane Database e Google Scholar. Data l’assenza di linee guida
specifiche, sono stati presi in considerazione le review, le meta-analisi e gli
RCTs mettendo in risalto le differenze tra gli studi e gli eventuali limiti e
punti critici. Visto il non grande numero di lavori scientifici, sono stati presi
in considerazione anche studi non appartenenti alle categorie sopracitate.
Sono stati inclusi solo studi pubblicati in lingua inglese e lavori
sull’applicazione del trattamento termale in patologie di tipo neuro-
muscoloscheletrico. Nello specifico sono state considerate pubblicazioni sul
trattamento di patologie quali artrosi, fibromialgia, artrite reumatoide,
spondilite anchilosante, low back pain e selezionati studi in cui era previsto
l’utilizzo di acque termali minerali e fanghi o peloidi.
1024 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Risultati: Sono stati selezionati 75 studi di cui: 16 review sistematiche, 2


Cochrane review, 4 meta-analisi, 21 RCT, 26 studi di diversa tipologia, 1
Consensus Delphi e inoltre 6 studi su raccomandazioni di linee guida delle
patologie in oggetto.
Conclusioni: Molti studi presenti in letteratura, oltre che il diffuso impiego
nella pratica clinica, suggeriscono l’efficacia della crenobalneoterapia in
alcune patologie muscolo-scheletriche, spesso invalidanti, con il riscontro di
un significativo miglioramento clinico sia in termini di dolore e limitazione
funzionale, sia in senso più ampio di disabilità, stato affettivo e qualità della
vita. Anche alcune linee guida formulate da organi nazionali ed
internazionali sul trattamento di specifiche patologie, come la SIR e l’OARSI,
riconoscono il valore della medicina termale ad integrazione, ma non in
sostituzione, della terapia convenzionale (farmacologica e non). Tuttavia, le
attuali evidenze non sono ancora sufficienti per poter formulare
raccomandazioni specifiche e definitive sul loro impiego nel panorama della
prevenzione, della terapia e della riabilitazione, essendo a tutt’oggi
necessario impostare studi clinici randomizzati con maggiore numerosità
campionaria e conseguenti metodologie di analisi statistica.

INTRODUZIONE

La medicina termale utilizza metodi derivanti da risorse naturali a scopo


preventivo, terapeutico e riabilitativo. Essa si basa sull’uso di acque
minerali, gas e fanghi per bagni, come terapia idropinica e inalazioni, che
consistono nella crenobalneoterapia, l’idroterapia e la climatoterapia.
È importante specificare la distinzione, spesso trascurata, tra la
crenobalneoterapia e l’idrochinesiterapia. La prima rappresenta una forma
di idroterapia che si realizza mediante l’immersione in acque minerali
termali e si distingue dall’idrochinesiterapia, che consiste nell’esecuzione di
esercizi in acqua, dapprima come movimenti segmentali, poi associati o
alternati con esercizi globali e funzionali, come lo stretching muscolare,
isotonico o isometrico, camminate e nuoto [1]. Gli effetti fisici
dell’immersione in acqua, prodotti ad esempio dalla pressione idrostatica,
sono legati alla riduzione della gravità, alla stimolazione del sistema tattile e
propriocettivo, alla riduzione della stimolazione dei recettori dolorifici e
barocettivi e all’effetto di compressione centripeta sul sistema vascolare.
Questa particolare condizione di ridotta pressione articolare consente di
diminuire l’attrito durante i movimenti così come la fatica muscolare,
mentre sono facilitati gli esercizi a carico degli arti e gli esercizi di cammino,
23. Medicina termale nelle patologie muscolo-scheletriche 1025

gli esercizi per la coordinazione e si implementa il drenaggio dei fluidi


grazie alla compressione centripeta sul sistema linfo-vascolare [2].
Nell’ambito della crenobalneoterapia, si è soliti prendere in considerazione tra
i trattamenti più diffusi, la balneoterapia e la peloidoterapia [3].
La prima utilizza acque minerali termali, la cui peculiarità dipende dalla
composizione di cationi (Na, K, Ca, Mg) ed anioni (SO4, Cl, HCO3) [4] che
può essere estremamente variabile, e che determina una prima distinzione di
tipo qualitativo in acque salse, solfuree e bicarbonate. Altro fattore da
considerare è la temperatura, in base a cui si distinguono acque ipotermali (<
35°C), isotermali (35-36°C) ed ipertermali (> 36°C) [3].
Nella peloidoterapia, invece, si utilizza una miscela di acque minerali e
materiale organico o inorganico derivante da processi biologici e/o geologici
[4, 5], come i fanghi vulcanici, le argille, i fanghi di ambienti marini e lacustri
[3], tramite bagni o impacchi locali [6].
Per quanto concerne gli effetti biologici specifici di queste terapie, le
proprietà delle acque termali dipendono largamente dalla composizione in
sali minerali; ad esempio, le acque salso-bromo-iodiche hanno proprietà
antinfiammatorie e immunomodulatorie e determinano il rilascio di beta
endorfine ed una riduzione dei livelli di PG-E2, LT-B4, IL-1 e TNF-A [7-9]. È
stato inoltre dimostrato che cicli ripetuti di peloidoterapia possono
modulare l’espressione di micro-RNA (miR-155, miR181a, miR146a e
miR223) specificamente iper-espressi nell’osteoartrosi e ridurre i livelli
sierici di adipocitochine come l’adiponectina e la resistina [10, 11]. Il calore
dell’acqua ha effetto analgesico, stimolando i termocettori cutanei, riduce
indirettamente il tono muscolare, con conseguente azione decontratturante,
e migliora il range di movimento passivo e attivo [12]. Esso determina
l’aumento della densità dei condrociti, del collagene e dei proteoglicani che,
oltre alla già citata riduzione dei livelli sierici di citochine infiammatorie,
riduce la rigidità muscolare ed aumenta l’elasticità dei tessuti legamentosi
ricchi di collagene [13]. Inoltre il calore assorbito dai fanghi si conserva per
un lungo intervallo di tempo e viene rilasciato lentamente, producendo un
effetto termico prolungato [14].
La crenobalneoterapia è tradizionalmente utilizzata come trattamento per
patologie muscoloscheletriche in molti Paesi del mondo ricchi di centri
termali [3, 15]. In questo insieme eterogeneo di patologie rientrano sia
malattie ad insorgenza acuta sia malattie croniche come lombalgia,
spondilite anchilosante, fibromialgia, osteoartrosi, osteoporosi e artrite
reumatoide, che condividono una sintomatologia dolorosa a carico delle
articolazioni, limitazione anatomo-funzionale e talvolta presentano un
coinvolgimento a carattere sistemico, con conseguente peggioramento della
1026 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

qualità della vita ed aumentato rischio di morbilità e mortalità. Nel


ventennio 1990-2010 questo insieme di patologie è risultato essere tra i più
invalidanti in termini di anni di vita persi a causa della disabilità (Disability
Adjusted Life Year-DALYs) e di anni di vita vissuti con disabilità (Years of Life
lived with Disability-YLDs), destinato a diventare un problema sanitario
sempre più rilevante [16, 17].
Tra tutte quelle già citate, le patologie osteo-articolari e muscolari di origine
degenerativa, reumatica, post-traumatica e post-chirurgica possono trarre
giovamento da queste tipologie di approccio terapeutico e riabilitativo non
farmacologico [18], anche in associazione ai benefici prodotti dalla
fisiokinesiterapia e dall’idroterapia [19]. La crenobalneoterapia rappresenta,
infatti, una soluzione molto utilizzata per le patologie muscolo-scheletriche
croniche anche considerando le problematiche legate all’ uso spesso
protratto di farmaci necessari per la terapia, i quali presentano diversi effetti
collaterali, a cui si affiancano spesso la mancanza di valide strategie
terapeutiche o il loro fallimento in alcune circostanze [20] e le implicazioni
anche psicologiche della malattia e dei trattamenti stessi [21].
L’osteoartrosi rappresenta la più frequente tra le patologie muscolo-
scheletriche, con una prevalenza complessivamente crescente negli ultimi
decenni, specialmente in relazione all’aumento della durata della vita e della
prevalenza di fattori di rischio associati come l’obesità [22]. In relazione alla
sua patogenesi multifattoriale, legata ad una combinazione di fattori
predisponenti genetici o congeniti [23], biomeccanici locali e metabolici [24],
la gestione dell’osteoartrosi implica un approccio terapeutico multi-
disciplinare. Le attuali indicazioni per il trattamento non chirurgico
dell’osteoartrosi includono terapie farmacologiche, per uso sistemico o
topico, e non farmacologiche tra cui esercizi funzionali, dieta e cambiamento
dello stile di vita [25, 26].
Recentemente sono state prodotte evidenze in letteratura che testimoniano
l’efficacia della balneoterapia come ausilio terapeutico nell’osteoartrosi in
termini di riduzione del dolore e della rigidità, di miglioramento della
funzionalità articolare e del grado di escursione articolare [26, 27] oltre che
in termini di riduzione dei costi per la spesa sanitaria [28-30].
In particolare, da una revisione Cochrane 2007, sono emerse evidenze Silver
Level per quanto riguarda gli effetti benefici della balneoterapia. Tuttavia i
risultati degli studi condotti sono ancora poco sufficienti a formulare
raccomandazioni forti, essendo a tutt’oggi necessario impostare studi clinici
randomizzati con maggiore numerosità campionaria e conseguenti
metodologie di analisi statistica [18, 29].
23. Medicina termale nelle patologie muscolo-scheletriche 1027

Per la prima volta nel 2013, nelle linee guida OARSI, la balneoterapia viene
raccomandata nel trattamento dell’osteoartrosi poli-distrettuale con
comorbidità, in associazione ad interventi biomeccanici, iniezioni intra-
articolari di corticosteroidi, assunzione orale di FANS ed antidepressivi [26].
Le linee guida EULAR, invece, non raccomandano la crenobalneoterapia nella
gestione terapeutica delle patologie muscoloscheletriche [31, 32].
Negli ultimi anni, sono state realizzate varie review sistematiche e molti studi
randomizzati controllati che hanno mostrato l’efficacia della
crenobalneoterapia nelle malattie reumatologiche e in generale nel dolore
muscolo-scheletrico [19, 33, 34]. Nel 2017 in Italia è stata realizzata anche una
Consensus Conference, secondo metodo Delphi, sull'appropriatezza e
l'efficacia della terapia termale nel trattamento delle malattie muscolo-
scheletriche [24]. In particolare, sono stati condotti vari studi randomizzati
controllati sull’efficacia della crenobalneoterapia nell’artrosi in forma
generalizzata [34] o dei distretti in cui risulta più frequente quali il ginocchio
[5, 27, 28, 35, 36], l’anca [37], la spalla [38] e la mano [6, 20]; nel low back
pain [39, 40]; in altre malattie reumatologiche come la fibromialgia, la
spondilite anchilosante, l’artrite reumatoide [19] ed infine nel periodo post-
chirurgico dopo interventi ortopedici a carico di vari distretti, tra cui anca,
ginocchio e spalla [21].
Tuttavia, i meccanismi che determinano gli effetti benefici delle acque e dei
fanghi termali, sulla base di fattori meccanici, termici e biochimici, non sono
stati ancora completamente chiariti [8] ed in generale le principali linee
guida internazionali mostrano ancora scetticismo riguardo a questo
approccio terapeutico [29], anche in termini di rapporto costo-beneficio [41].
Gli studi disponibili risultano infatti metodologicamente insufficienti e con
numerosità campionaria molto ridotta sia per poter formulare delle
raccomandazioni forti che per trovare delle linee di indirizzo
sull'appropriatezza e l'efficacia della terapia termale nel trattamento delle
patologie muscolo-scheletriche.

23.1. Materiali e metodi

La ricerca è stata effettuata attraverso il motore di ricerca PubMed


utilizzando le parole chiave “rehabilitation AND mud OR spa therapy OR
balneotherapy OR crenobalneotherapy” e selezionando i lavori pubblicati
negli ultimi 5 anni (2013-2018).
Data l’assenza di linee guida specifiche, sono stati presi in considerazione le
review, le meta-analisi e gli RCTs (Randomized Control Trials) mettendo in
risalto le differenze tra gli studi e gli eventuali limiti e punti critici. Dato il
1028 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

non grande numero di lavori scientifici, sono stati presi in considerazione


anche studi non appartenenti alle categorie sopracitate. Sono stati inclusi
solo gli studi pubblicati in lingua inglese e lavori sull’applicazione del
trattamento termale in patologie di tipo neuro-muscolo-scheletrico. Nello
specifico sono state prese in considerazione pubblicazioni sul trattamento di
patologie quali artrosi, fibromialgia, artrite reumatoide, spondilite
anchilosante, low back pain e selezionati studi in cui era previsto l’utilizzo
di acque termali minerali e fanghi o peloidi.
Pertanto, con l’utilizzo di questi criteri di ricerca, sono stati selezionati 75
studi di cui: 16 review sistematiche, 2 Cochrane review, 4 meta-analisi, 21
RCT, 26 studi di diversa tipologia (osservazionali, editoriali, etc.), 1
Consensus Delphi e inoltre 6 studi su raccomandazioni di linee guida delle
patologie in oggetto.

23.2. Risultati

Sono stati esaminati gli studi presenti in letteratura, selezionati secondo i


criteri di ricerca stabiliti. I risultati ottenuti sono stati raggruppati per
semplicità in sezioni riguardanti la patologia presa in esame e / o il distretto
corporeo interessato. Inoltre sono state individuate le diverse tipologie di
trattamento termale al fine di rendere più chiara la definizione delle
raccomandazioni di pertinenza.

23.2.1. Artrosi

23.2.1.1. Osteoartrosi di ginocchio


Nelle ultime linee guida della Osteoarthritis Research Society International
(OARSI) sul management non-chirurgico della gonartrosi, pubblicate nel
2014, la balneoterapia viene considerata un trattamento appropriato nel sub-
fenotipo con osteoartrosi multi-articolare e comorbidità associate mentre la
raccomandazione è considerata incerta nei pazienti con comorbidità severe o
in pazienti con gonartrosi senza comorbidità [26].
In una review del 2013, Davids et al. hanno riportato i risultati di 25 studi
effettuati nel 2012 su pazienti con artrosi per valutare l’efficacia di differenti
tipologie di trattamento riabilitativo. Tra i lavori analizzati, soltanto due
RCT valutavano l’efficacia della terapia termale, intesa come balneoterapia,
in pazienti con artrosi del ginocchio e della mano. In entrambi gli studi si
evidenziava una riduzione del dolore dopo il trattamento sebbene si
trattasse di benefici solo a breve termine [42].
23. Medicina termale nelle patologie muscolo-scheletriche 1029

Tenti et al., in una review del 2014, hanno analizzato i risultati di 12 RCT
condotti per verificare l’efficacia e la tollerabilità della balneoterapia e della
peloidoterapia nei pazienti con artrosi del ginocchio. I dati provenienti dagli
studi hanno dimostrato che esistono effetti benefici della spa therapy sul
dolore, sulla funzionalità e sulla qualità di vita fino a 6-9 mesi dopo il
trattamento. Gli autori quindi hanno concluso che il trattamento termale non
sostituisce quello convenzionale ma può essere associato o essere una
alternativa al trattamento farmacologico nei pazienti con scarsa compliance
ai farmaci data anche la scarsità dei suoi effetti collaterali [15].
In una review sistematica del 2016, Forestier et al. hanno analizzato le
migliori evidenze sugli effetti clinici della crenobalneoterapia nella gestione
terapeutica della gonartrosi. I trattamenti utilizzati (crenobalneoterapia,
peloidoterapia, docce calde, esercizi in acqua sotto supervisione) sembrano
avere benefici in termini di funzionalità e riduzione del dolore sebbene
esistano risultati contrastanti per quanto riguarda gli effetti sulla qualità
della vita e sul consumo di farmaci. I benefici si protraggono fino a 3-6 mesi
e in alcuni casi fino a 9 mesi dalla fine del trattamento [36].
Comer et al. nel 2017 hanno pubblicato una review sistematica sul dolore
articolare di tipo non infiammatorio. Su 3824 lavori, soltanto 4 rispettavano i
criteri di selezione. Di questi, solo uno studio prendeva in esame la spa
therapy come intervento terapeutico riabilitativo con evidenza classificata
come debole. Lo studio preso in esame riportava una riduzione
statisticamente significativa del dolore e un miglioramento della
funzionalità (misurata attraverso il WOMAC score) subito dopo la fine del
trattamento ma non nel follow-up a 8 mesi. Inoltre a 3 settimane si mostrava
una riduzione del Oswestry Disability Index. Per quanto riguarda la qualità
della vita, valutata attraverso diversi indici, si verificava un miglioramento
solo a breve termine (3 settimane) e non a 8 settimane, dove i dati
risultavano statisticamente non significativi [43].
In una review sistematica del 2018, Antonelli et al. hanno valutato gli effetti
della balneoterapia e della spa therapy sulla qualità di vita nei pazienti con
gonartrosi. Diciassette studi rispettavano i criteri di inclusione. Tra questi, 14
trial mostravano miglioramenti significativi in almeno un item delle varie
scale somministrate per la valutazione della qualità della vita, dopo il
trattamento termale, rispetto al gruppo di controllo che aveva eseguito un
trattamento standard (trattamento fisico + farmacologico). Per quanto
riguarda il consumo di farmaci (FANS e / o analgesici) 8 studi, su 10
analizzati, riportavano una significativa riduzione, nel gruppo trattato rispetto
al gruppo di controllo, dell’utilizzo della terapia analgesica al bisogno [35].
1030 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Xiang et al., nel 2016 hanno pubblicato una meta-analisi con l’obiettivo di
valutare gli effetti della peloidoterapia nei pazienti con artrosi del ginocchio.
Sono stati analizzati 10 RCT per un totale di 1010 pazienti arruolati tra il
2002 e il 2013. Al follow-up a 4 mesi, non vi erano differenze statisticamente
significative, tra il gruppo trattato e il gruppo di controllo, in termini di
miglioramento della funzionalità articolare. Gli autori sottolineavano però la
scarsa qualità delle pubblicazioni analizzate e l’alta eterogeneità [44].
Matsumoto et al. hanno condotto nel 2017 una meta-analisi per valutare,
sempre in pazienti con gonartrosi, gli effetti benefici della balneoterapia
sulla riduzione del dolore, della rigidità e sul miglioramento della
funzionalità articolare. Sono stati selezionati 8 clinical trial, pubblicati tra il
2004 e il 2016, per un totale di 359 casi e 375 controlli. La meta-analisi ha
evidenziato miglioramenti nel WOMAC score nel follow-up che era
compreso, a seconda degli studi, tra i 2 e i 12 mesi. Anche gli autori di
questo studio sottolineavano l’eterogeneità dei lavori selezionati e la
conseguente scarsa qualità e affidabilità dei risultati [45].

23.2.1.2. Osteoartrosi dell’anca


Per quanto riguarda l’artrosi dell’anca, non sono presenti linee guida,
review o meta-analisi specifiche che rispettano i nostri criteri di selezione.
Esiste un RCT, singolo cieco, pubblicato nel 2016 da Kovacs et al. che ha
valutato i benefici della balneoterapia con acque sulfuree, associata
all’esercizio fisico, nei pazienti con coxartrosi. Il gruppo (n = 21) è stato
confrontato con un gruppo di controllo (n = 20) a cui era stato prescritto solo
l’esercizio fisico. Le valutazioni sono state eseguite prima del trattamento,
alla fine e a 12 settimane. È stato calcolato il WOMAC index per la
valutazione del dolore, della rigidità e della funzionalità articolare e
somministrato il questionario EQ-5D per valutare la qualità della vita. Nei
risultati, il gruppo trattato con esercizio fisico associato a balneoterapia
rispetto al gruppo di controllo ha dimostrato una differenza significativa in
termini di riduzione della rigidità articolare alla fine del trattamento mentre
a 12 settimane sono emersi anche una significativa riduzione del dolore e un
miglioramento della funzionalità. Anche i parametri che valutavano la
qualità della vita mostravano un significativo miglioramento a 12 settimane.
Il numero di pazienti arruolati è abbastanza ridotto pertanto la validità dei
risultati è piuttosto debole [37] (tab. 23.1.).
23. Medicina termale nelle patologie muscolo-scheletriche 1031

23.2.1.3. Osteoartrosi della mano


Nel 2015 il gruppo italiano di Fortunati et al. ha condotto una revisione
sistematica sugli studi riguardanti l’osteoartrosi della mano selezionando,
tra 327 referenze, 3 RCT di cui 2 riguardanti gli effetti della balneoterapia e 1
sulla peloidoterapia.
Nei primi due, i parametri considerati, pur misurati con sistemi di
valutazione diversi, erano il dolore, la forza della prensione e del
pinzamento, il numero di articolazioni dolenti e/o tumefatte, la durata della
rigidità articolare mattutina, la qualità della vita. I cicli di terapia
prevedevano 15 sedute di bagni termali, della durata di 20 minuti ciascuna,
nell’arco di 3 settimane.
I parametri venivano quindi valutati al tempo zero, subito dopo la fine del
ciclo di trattamento balneoterapico e dopo 13 e 24 settimane rispettivamente.
I gruppi di controllo erano sottoposti, rispettivamente, a magnetoterapia e a
bagni in acque non minerali. L’efficacia della balneoterapia nei pazienti
sottoposti al ciclo di trattamento balneoterapico rispetto ai gruppi di
controllo è stata confermata dal miglioramento dei parametri valutati, sia
soggettivi che oggettivi. Tuttavia, per le carenze metodologiche degli studi,
sono emerse evidenze di grado debole [20].
Tra i parametri valutati nell’RCT, condotto da Fioravanti et al. sugli effetti
della peloidoterapia, oltre a dolore, durata della rigidità mattutina e qualità
della vita, è stato considerato anche il consumo di farmaci. I pazienti trattati
sono stati sottoposti ad un ciclo di 12 sedute di impacchi locali nell’arco di 2
settimane, della durata di 20 minuti ciascuna, seguite da 15 minuti di bagni
termali. Tutti i parametri sono risultati migliorati rispetto al gruppo di
controllo dal tempo zero fino all’ultimo follow-up, condotto a 48 settimane.
Le evidenze ottenute sono risultate comunque di grado debole per le
limitazioni legate alla metodologia e alla scarsa numerosità campionaria [46,
47].
Secondo le linee guida della Società Italiana di Reumatologia (SIR),
pubblicate nel 2013, la balneoterapia termale sembrerebbe ridurre il dolore e
migliorare la forza di presa nei pazienti affetti da osteoartrosi della mano
(livello Ib - trial randomizzato controllato). Per quanto riguarda l’efficacia
dell’applicazione locale di calore e di altre terapie fisiche (per esempio la
laserterapia, la magnetoterapia o gli ultrasuoni), tale raccomandazione è
basata sull’opinione degli esperti (livello IV - opinione di gruppo di esperti).
Gli studi inclusi nella revisione sistematica a sostegno di tale
raccomandazione sono 7 RCT, tutti effettuati su pazienti affetti da
osteoartrosi della mano, di una durata variabile da 3 a 13 settimane, che
analizzano l’efficacia di diversi tipi di intervento. Di questi, 4 RCT sono stati
1032 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

estratti da una revisione sistematica del 2011 sugli effetti degli interventi
riabilitativi su dolore, funzionalità articolare e stato fisico globale in pazienti
con osteoartrosi della mano [48].
In tabella 23.1. vengono riassunte le raccomandazioni e i relativi livelli di
evidenza della terapia termale nell’Osteoartrosi, raggruppate per distretto
anatomico.

Tabella 23.1. Osteoartrosi.

TIPOLOGI RACCOMANDAZIONE e
ANNO REFERENCES TRATTAMENTO
A STUDIO LIVELLO DI EVIDENZA

OSTEOARTROSI DI GINOCCHIO
Appropriata: OA +
comorbidità.
Incerta: OA + comorbidità
Linee guida 2014 OARSI Balneoterapia
severe.
Incerta: OA, NO
comorbidità.
Review 2013 Davids et al. Balneoterapia *
Balneoterapia
Review 2014 Tenti et al. *
Peloidoterapia
Crenobalneoterapia,
Peloidoterapia
Review 2016 Forestier et al. *
Docce calde
Esercizi in acqua
Review 2017 Comer et al. Spa therapy Evidenza di grado debole
Spa therapy
Review 2018 Antonelli et al. *
Balneoterapia
Meta-analisi 2016 Xiang et al. Peloidoterapia *
Meta-analisi 2017 Matsumoto et al. Balneoterapia *

OSTEOARTROSI DELL’ANCA

RCT 2016 Kovàcs et al. Balneoterapia *

OSTEOARTROSI DELLA MANO

SIR (Società
Linee guida 2013 Italiana Balneoterapia Ib
Reumatologia)

Balneoterapia (2 RCT) Evidenza di grado debole


Review 2015 Fortunati et al.
Peloidoterapia (1 RCT) Evidenza di grado debole
Tab. 23.1. *Raccomandazione non formulabile: evidenze inconclusive o in contrasto tra loro,
OA: osteoartrosi.
23. Medicina termale nelle patologie muscolo-scheletriche 1033

23.2.2. Dolore cronico di spalla


Nel 2013 è stato pubblicato da Tefner et al. un RCT single blind, in cui sono
stati arruolati 46 pazienti con dolore cronico di spalla. I soggetti sono stati
suddivisi in due gruppi; il gruppo di controllo è stato sottoposto a
trattamento fisioterapico in associazione a stimolazione nervosa elettrica
transcutanea (TENS) mentre il gruppo dei casi è stato sottoposto allo stesso
trattamento con associata balneoterapia. È stata eseguita una valutazione
pre-trattamento e un follow up a 4, 7 e 13 settimane per valutare il dolore, la
qualità della vita e il ROM attivo e passivo. Il gruppo sottoposto a terapia
termale presentava un miglioramento significativo della funzionalità a 4
settimane dopo il trattamento e una riduzione significativa del dolore a 4, 7
e 13 settimane. Il numero dei pazienti analizzati risulta però troppo esiguo
per poter trarre conclusioni valide (tabella 24.2.) [38]
In tabella 24.2. vengono riassunte le raccomandazioni e i relativi livelli di
evidenza della balneoterapia nel dolore cronico di spalla.

Tabella 23.2. Dolore cronico di spalla.


TIPOLOGI RACCOMANDAZIONE e
ANNO REFERENCE TRATTAMENTO
A STUDIO LIVELLO DI EVIDENZA
RCT 2013 Tefner et al. Balneoterapia *

Tab 23.2. *Raccomandazione non formulabile: evidenze inconclusive o in contrasto tra loro.

23.2.3. Low back pain


La review del 2014 di Karagulle ha esaminato gli effetti della balneoterapia
sul low back pain considerando le evidenze più recenti a partire da 8 RCT
selezionati, di cui solo 3 erano valutati di buona qualità secondo la specifica
scala di valutazione utilizzata (Jadad score ≥ 3). L’unico studio con punteggio
massimo (Jadad score 5) era quello condotto su 71 pazienti dal gruppo
ungherese di Kulish et al., in cui il gruppo di trattamento era sottoposto a un
ciclo di almeno 17 sedute della durata di 20 minuti di balneoterapia nell’arco
di 3 settimane. Risultato comune a tutti gli studi era un significativo
miglioramento del profilo clinico in termini di dolore, mobilità della
colonna, grado di disabilità, qualità della vita e uso di analgesici. Tuttavia la
durata, la frequenza e il numero di sedute, la tipologia e la durata della
terapia e la durata del follow-up (massimo 6 mesi, in alcuni casi non
valutato) erano molto differenti da uno studio all’altro; in relazione a ciò e
alle altre carenze metodologiche, le evidenze riscontrate risultavano
comunque insufficienti [49] (tab. 23.3.)

In tabella 23.3. vengono riassunte le raccomandazioni e i relativi livelli di


evidenza della balneoterapia nel Low-back pain.
1034 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Tabella 23.3. Low-back pain.


TIPOLOGI RACCOMANDAZIONE e
ANNO REFERENCE TRATTAMENTO
A STUDIO LIVELLO DI EVIDENZA
Review 2014 Karagulle et al. Balneoterapia (8 RCT) Evidenza insufficiente

Tab. 23.3. Low back pain.

23.2.4. Fibromialgia
Molti degli studi presenti in letteratura, che trattano gli effetti della
balneoterapia nella fibromialgia hanno misurato l’efficacia terapeutica in
termini di miglioramento del dolore e del grado di funzionalità articolare
utilizzando questi come outcomes primari. Tuttavia la natura complessa di
questa patologia, che si esprime in diverse forme sintomatologiche, anche
talvolta di natura psichica, come astenia, insonnia, ansia e / o depressione,
deficit funzionali, disordini cognitivi, ha richiamato l’attenzione nelle recenti
raccomandazioni presenti, sul fatto che non esista un singolo trattamento
ideale ma che l’approccio terapeutico debba essere necessariamente
multidisciplinare e individualizzato, sia farmacologico che non farmacologico
[50]. Tra gli studi più recenti, in particolare due revisioni sistematiche del
2014 delineano il profilo di efficacia della balneoterapia sui 6 sintomi
maggiori della fibromialgia [51, 52]. Naumann et al. hanno realizzato una
review con meta-analisi selezionando 5 RCT per un totale di 177 pazienti
trattati con cicli di crenobalneoterapia (sia bagni termali sia impacchi di
fanghi) in base al metodo PRISMA [53]. I risultati emersi hanno dimostrato
una riduzione significativa del dolore (in particolare di grado medio) e un
miglioramento della qualità della vita, con evidenza di grado moderato;
sugli altri sintomi non si riscontravano effetti significativi [51]. La revisione
sistematica condotta da Perrot et al., invece, ha preso in esame nella meta-
analisi 67 RCT condotti sugli effetti di tutti i trattamenti non farmacologici
sui vari aspetti clinici della fibromialgia. L'efficacia della balneoterapia si
osservava in termini di una riduzione significativa del dolore e di un
miglioramento di grado medio dei sintomi affettivi (ansia e depressione),
invece, discordanti si sono dimostrati i risultati relativi al miglioramento del
deficit funzionale, mentre non si sono dimostrati effetti benefici su insonnia,
astenia e disturbi cognitivi [52].
In tabella 23.4. vengono riassunte le raccomandazioni e i relativi livelli di
evidenza della balneoterapia nel trattamento della fibromialgia .
23. Medicina termale nelle patologie muscolo-scheletriche 1035

Tabella 23.4. Fibromialgia.


TIPOLOGI RACCOMANDAZIONE e
ANNO REFERENCES TRATTAMENTO
A STUDIO LIVELLO DI EVIDENZA
Review +
2014 Naumann et al. Balneoterapia (5RT) Evidenza moderata (*)
Meta-analisi

Review +
2014 Perrot et al. Balneoterapia Evidenza moderata (**)
Meta-analisi

Tab. 23.4. Legenda: (*) Solo per gli outcomes dolore e qualità della vita (miglioramento di grado
medio). Evidenza insufficiente per gli altri parametri valutati. (**) Solo per gli outcomes dolore
(miglioramento di grado elevato) e sintomi ansioso-depressivi (miglioramento di grado medio).
Evidenza insufficiente per gli altri parametri valutati.

23.2.5. Artriti infiammatorie


Le artriti infiammatorie, che sono caratterizzate dalla cronicità e/o dalle
riacutizzazioni dell'infiammazione e del dolore articolare, rappresentano
una delle maggiori cause di disabilità e di perdita di autonomia. L'obiettivo
nella gestione terapeutica di questo insieme di patologie, di cui nel nostro
studio consideriamo principalmente l'artrite reumatoide e la spondilite
anchilosante sulla base dei dati epidemiologici, è quindi quello di
controllare il dolore e il grado di attività della malattia, ridurre la
progressione del danno articolare, migliorare l'aspetto funzionale, lo stato di
salute globale e la qualità della vita del paziente.
Tra i vari organi internazionali, il Professional Practice Committee della
Sezione PRM (Medicina Fisica e Riabilitativa) della UEMS (Union of
European Medical Specialists) ha realizzato un piano d'azione sistematico
per disegnare un campo di competenza specifico per l’ambito della
riabilitazione, analizzando i principali studi sull’impiego della balneoterapia
nell’artrite reumatoide e / o nella spondilite anchilosante. Nel 2013 il gruppo
di Kucukdeveci et al. hanno quindi selezionato 27 RCT, di cui 6 riguardanti
solo l’AR, 2 sulla SpA e 19 su entrambe. I risultati di questa review
sistematica mostravano un’evidenza di grado moderato-debole in
riferimento agli effetti benefici della balneoterapia sul dolore e sulla
limitazione funzionale nelle patologie reumatologiche considerate [54].
In tabella 24.5. vengono riassunte le raccomandazioni e i relativi livelli di
evidenza della balneoterapia nel trattamento delle artriti infiammatorie .

Tabella 23.5. Artriti infiammatorie.


TIPOLOGI RACCOMANDAZIONE e
ANNO REFERENCE TRATTAMENTO
A STUDIO LIVELLO DI EVIDENZA
Balneoterapia
Kucukdeveci (6 RCT su AR,
Review 2013 Evidenza moderata - debole
et al. 2 RCT su SpA,
19 RCT su entrambe).
Tab. 23.5. Artriti infiammatorie.
1036 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Tra i vari studi considerati, si distingue per rilevanza la review Cochrane del
2015 focalizzata sulla gestione dell'artrite reumatoide [55], a sua volta
ripresa nello stesso anno in un ampio studio di Verhagen et al. In
quest'ultimo, in base alla valutazione di qualità degli studi secondo il
sistema GRADE, erano stati selezionati 9 studi su 1093 trovati in letteratura.
Il piano di studio sugli effetti della balneoterapia veniva differenziato in 3
macro-aree di confronto, in particolare tra crenoterapia e placebo, tra
crenoterapia e altre terapie non farmacologiche e tra crenoterapia da sola e
associata ad altre terapie; in conclusione, non si evidenziavano differenze
significative tra i gruppi di terapia a confronto in nessuno dei 3 filoni di
studio (Tab. 24.6.) [56].
In tabella 23.6. vengono riassunte le raccomandazioni e i relativi livelli di
evidenza della balneoterapia nel trattamento dell’ artrite reumatoide.

Tabella 23.6. Artrite reumatoide.


RACCOMANDAZION
TIPOLOGI
ANNO REFERENCE TRATTAMENTO E e LIVELLO DI
A STUDIO
EVIDENZA
Balneoterapia vs placebo.
Balneoterapia vs altre terapie
Review Verhagen et
2015 non farmacologiche. Evidenza debole
(Cochrane) al.
Balneoterapia solo vs balneo +
altre terapie.
Tab. 23.6. Artrite reumatoide.

Sulla spondilite anchilosante, rispetto agli studi minori si considera la


review del 2014 condotta da Reimold et al., in cui vengono selezionati 3
RCT. Due di questi analizzavano gli effetti della balneoterapia su piccoli
gruppi di pazienti (28-40) a confronto con gruppi di controllo, riscontrando
un miglioramento nei primi in qualità della vita ed attività di malattia alla
fine dei cicli, risultati però non mantenuti al termine del follow-up (max 40
settimane). Il terzo RCT considerato, utilizzava cicli di balneoterapia
associata a peloidoterapia, con riscontro di miglioramenti significativi per il
dolore e la limitazione funzionale, ma con un grado insufficiente di
evidenza in relazione alle carenze metodologiche dello studio (tabella 23.7.)
[57]. Infine, sempre sul medesimo argomento, è da menzionare lo studio
italiano condotto da Ciprian et al., nel quale sono stati randomizzati 30
pazienti affetti da spondilite anchilosante ed in terapia con anti-TNF da
almeno 3 mesi; questi ultimi sono stati suddivisi in due gruppi: un gruppo
di 15 pazienti sottoposti a balneoterapia e esercizi in acqua termale e un
gruppo di 15 pazienti sottoposti a trattamento di controllo. I risultati hanno
dimostrato un miglioramento del dolore e della rigidità lombare così come
23. Medicina termale nelle patologie muscolo-scheletriche 1037

si sono osservati benefici effetti sulla mobilità spinale e sulla qualità della
vita dei pazienti [58].
In tabella 23.7. vengono riassunte le raccomandazioni e i relativi livelli di
evidenza della balneoterapia e peloidoterapia nel trattamento della
spondilite anchilosante.

Tabella 23.7. Spondilite anchilosante.

TIPOLOGI RACCOMANDAZIONE e
ANNO REFERENCE TRATTAMENTO
A STUDIO LIVELLO DI EVIDENZA

2 RCT su balneoterapia
Review 2014 Reimold et al. Evidenze insufficienti
1 RCT su balneo + peloido
Tabella 23.7. Spondilite anchilosante.

Nello studio inoltre di Cozzi F. et al. 36 pazienti con artrite psoriasica,


trattati negli ultimi 6 mesi con inibitori del TNF, sono stati randomizzati
rispettivamente in due gruppi: uno sottoposto a peloidoterapia e
balneoterapia (e anti TNF) e un gruppo sottoposto solo a terapia
farmacologica. I risultati hanno dimostrato un significativo miglioramento
rispetto al gruppo di controllo nei pazienti sottoposti a terapia combinata
(balneo + peloidoterapia) con anti-TNF in termini di sintomatologia algica
polidistrettuale e nei punteggi delle scale di valutazione utilizzate; inoltre, è
stata osservata una riduzione dell’infiammazione sinoviale all’ecografia con
mezzo di contrasto [59].
Anche per altre patologie muscoloscheletriche a carattere infiammatorio è
consigliato un approccio complementare con la crenobalneoterapia, ma ad
oggi gli studi risultano ancora pochi e con metodologie differenti che non ne
permettono una facile comparazione.

23.2.6. Tunnel carpale


Nel tunnel carpale, ad esempio, si ritrova in letteratura un RCT recente
condotto dal gruppo turco di Okmen su una popolazione di 63 pazienti di
cui 35 sottoposti a cicli di peloidoterapia (10 sedute nell’arco di 2 settimane),
con riscontro di un miglioramento in tutti i parametri considerati, tra cui il
dolore, il grado di forza nella prensione ed i potenziali misurati tramite
EMG, rispetto al gruppo di controllo, sia alla fine del trattamento sia dopo
un follow-up di 6 settimane (tabella 23.8.) [60].
In tabella 23.8. vengono riassunte le raccomandazioni e i relativi livelli di
evidenza della peloidoterapia nella sindrome del tunnel carpale.
1038 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Tabella 23.8. Tunnel carpale.


TIPOLOGI RACCOMANDAZIONE e
ANNO REFERENCE TRATTAMENTO
A STUDIO LIVELLO DI EVIDENZA
RCT 2017 Okmen et al. Peloidoterapia (*)
Tabella 23.8. Tunnel carpale.

23.2.7. Epicondilite
Un altro caso di comune riscontro nella pratica clinica è l’epicondilite, su cui lo
stesso gruppo di Okmen et al. nel 2017 hanno condotto un altro RCT,
strutturato in maniera analoga a quello appena citato per dimensioni del
campione e per tipologia e durata dei trattamenti con impacchi locali di
fanghi, a confronto con il gruppo di controllo sottoposto a terapia con il solo
bendaggio tradizionale. I risultati mostravano un miglioramento dei
parametri valutati, tra cui il dolore, la funzionalità, il normale svolgimento
delle attività quotidiane e la qualità della vita, in entrambi i gruppi al termine
della seconda settimana di trattamento. Una differenza statisticamente
significativa a favore del gruppo sottoposto a peloidoterapia emergeva invece
al follow up di 6 settimane [61].
In tabella 23.9. vengono riassunte le raccomandazioni e i relativi livelli di
evidenza della peloidoterapia nel trattamento dell’epicondilite.

Tabella 23.9. Epicondilite.


TIPOLOGIA RACCOMANDAZIONE e
ANNO REFERENCES TRATTAMENTO
STUDIO LIVELLO DI EVIDENZA
RCT 2017 Okmen et al Peloidoterapia (*)
Tabella 23.9. Epicondilite.

23.3. Consensus Conference “Appropriatezza ed efficacia del


trattamento termale nelle patologie muscolo-scheletriche”

Nel 2017 è stata pubblicata, in Italia, una Consensus con lo scopo di


identificare gli aspetti principali relativi all’appropriatezza ed efficacia del
trattamento termale nelle patologie muscolo-scheletriche. Pertanto è stato
creato un board di 8 esperti italiani sul termalismo divisi tra medici
universitari, ospedalieri, territoriali, degli istituti di ricerca, delle associazioni
di pazienti ed ottenuta una Consensus statement utilizzando il metodo
Delphi. Tale tavolo di lavoro è stato promosso dalla Fondazione per la Ricerca
Scientifica Termale (FoRST). Questi esperti, dopo aver analizzato la letteratura
scientifica sulle cure termali, hanno formulato due questionari consecutivi
(Q1-Q2) che sono stati somministrati in forma anonima a 59 medici; tra questi
hanno risposto 43 tra esperti in medicina termale, fisiatri, reumatologi, altri
23. Medicina termale nelle patologie muscolo-scheletriche 1039

specialisti e medici generici con più di 10 anni di esperienza nel trattamento


delle patologie muscoloscheletriche. È stato considerato un livello di consenso
buono (per il quale si potevano formulare le raccomandazioni) se l’accordo o
il disaccordo raggiungeva o superava il 75%. L’analisi finale dei risultati è
stata elaborata dalla Consensus Board, la quale ha pronunciato le seguenti
raccomandazioni riassunte in tabella 23.10.

Livello di consenso tra gli


CONSENSUS DELPHI 2017 Paoloni M. et al.
esperti
Le cure termali sono utili nei pazienti con
84%
COXARTROSI
Le cure termali sono utili nei pazienti con
88%
GONARTROSI
Raccomandazioni
Le cure termali sono utili nei pazienti con
generiche alle cure 75%
ARTROSI DI SPALLA
termali.
Le cure termali sono utili nei pazienti con
81%
ARTROSI DI CAVIGLIA
Le cure termali sono utili nei pazienti con
75%
PATOLOGIE DA OVERUSE DEL GINOCCHIO
Le cure termali sono utili nella
RIABILITAZIONE DOPO CHIRURGIA DELLA 82%
SPALLA
Le cure termali sono utili nella
RIABILITAZIONE DOPO CHIRURGIA DEL 81%
GINOCCHIO
Raccomandazioni Le cure termali sono utili nella
alle cure termali RIABILITAZIONE DOPO CHIRURGIA DELLA 79%
dopo chirurgia*. ANCA
Le cure termali sono utili nella
RIABILITAZIONE DOPO CHIRURGIA DELLA 77%
CAVIGLIA
Le cure termali sono utili nella
RIABILITAZIONE DOPO CHIRURGIA DELLA 76%
COLONNA (Q2)
L’idrochinesiterapia in acqua termale è utile nel
trattamento dell’OSTEOARTROSI 93%

L’idrochinesiterapia in acqua termale è utile nel


trattamento delle PATOLOGIE REUMATICHE
CON COINVOLGIMENTO ARTICOLARE 89%
L’idrochinesiterapia in acqua termale è utile
nella RIABILITAZIONE DOPO INTERVENTO
Raccomandazioni ORTOPEDICO * 86%
all’idrochinesitera L’idrochinesiterapia in acqua termale è nel
pia in acqua trattamento delle PATOLOGIE PERI-
termale. ARTICOLARI DEGENERATIVE e/o DA
OVERUSE (TENDINOPATIE, BORSITI) 79%

L’idrochinesiterapia in acqua termale è utile


nella RIABILITAZIONE DI TRAUMI IN FASE
SUB-ACUTA/CRONICA 79%
L’idrochinesiterapia in acqua termale è utile nel
trattamento delle PATOLOGIE REUMATICHE
76%
CON COINVOLGIMENTO EXTRA-
ARTICOLARE (Q2)
1040 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

La fango-balneoterapia è utile nel trattamento


delle PATOLOGIE REUMATICHE CON
COINVOLGIMENTO ARTICOLARE 79%
Raccomandazioni
La balneoterapia è utile nel trattamento
alla Peloidoterapia
dell’OSTEOARTROSI 84%
e alla
La balneoterapia è utile nella RIABILITAZIONE 76%
Balneoterapia.
DOPO CHIRURGIA ORTOPEDICA (Q2) *
La peloidoterapia è utile nel trattamento 76%
dell’OSTEOARTROSI
L’ALTO PROFILO DI SICUREZZA è un fattore
importante nella scelta delle cure termali 96%
I RISULTATI A LUNGO TERMINE sono 84%
importanti nella scelta delle cure termali
LA POSSIBILE INTEGRAZIONE CON
TRATTAMENTI FARMACOLOGICI E NON 81%
Raccomandazioni
FARMACOLOGICI è un fattore importante nella
alla Scelta delle
scelta delle cure termali
Cure Termali.
LE EVIDENZE SCIENTIFICHE sono importanti 77%
nella scelta delle cure termali
I COSTI LIMITANO L’USO delle cure termali 83%
LA SCARSA CONOSCENZA DA PARTE DEI 79%
MEDICI determina la mancanza di utilizzo delle
cure termali
Le cure termali sono utili nel trattamento della 93%
Raccomandazioni ARTRITE REUMATOIDE ACUTA
al NON USO delle Le cure termali sono utili nel trattamento della
cure termali. ARTROPATIE DA DEPOSITO DI CRISTALLI 84%
IN FASE ACUTA
Tab. 23.10. Raccomandazioni alle cure termali. *Previa guarigione della ferita chirurgica.

Riassumendo, quindi, secondo i risultati emersi dalla Consensus italiana la


terapia termale è considerata una valida opzione nel trattamento dei
pazienti con osteoartrosi di anca, ginocchio, spalla, caviglia e rachide.
Inoltre, sono raccomandate sia le cure termali che l’idrochinesiterapia in
acqua termale sempre negli stessi distretti, sia nel trattamento riabilitativo
post chirurgico e post-traumatico, che nella cura delle patologie
infiammatorie articolari. Le cure termali non risultano raccomandate nelle
fasi acute della Artrite Reumatoide e delle Artropatie da cristalli. La
Peloidoterapia e la Balneoterapia sono indicate come utili nel trattamento
dell’Osteoartrosi e nelle patologie reumatiche a coinvolgimento articolare e
dopo terapia chirurgica. La scelta del trattamento, inoltre, secondo gli
esperti è prevalentemente dettata dall’alto profilo di sicurezza, permettendo
un ottimo controllo dei sintomi a lungo termine e una riduzione dell’utilizzo
di FANS ed analgesici da parte dei pazienti [24].
23. Medicina termale nelle patologie muscolo-scheletriche 1041

23.4. Tavolo Tecnico Termalismo - Documento di


programmazione e sviluppo 2016-2018 del Ministero della
Salute

Nell’ambito del Tavolo Tecnico sul Termalismo del Ministero della Salute
relativo al Documento di programmazione e sviluppo 2016-2018 [62], il
gruppo di lavoro N 3, costituito da esperti del Ministero della Salute,
dell’Università Sapienza di Roma, dell’INPS, dell’INAIL, di FEDERTERME,
e della FoRST (Fondazione ricerca scientifica termale), ha predisposto
modelli di integrazione tra trattamenti termali, cure primarie e terapia
riabilitativa, in particolare per ciò che concerne la riabilitazione post-
intervento chirurgico. Le conclusioni di tale tavolo tecnico sono state
interessanti e nello specifico sono state fatte alcune prime ipotesi di categorie
di pazienti eleggibili per essere riabilitati in ambiente termale. In particolare,
sono stati individuati i pazienti che non necessiterebbero di una rilevante
copertura assistenziale come quella ospedaliera. Nello specifico, si è
immaginato che potrebbero trovare indicazione coloro che avrebbero
necessità di riabilitazione post-interventi chirurgici a carico del rachide o in
seguito a fratture degli arti. Inoltre a questi si potrebbero aggiungere
pazienti con patologie degenerative articolari, come l’osteoartrosi, oppure
portatori di malattie reumatologiche come la spondilite anchilosante,
l’artrite psoriasica e l’artrite reumatoide, non in fase di acuzie. Un ulteriore
aspetto rilevante nel processo di recupero, è sicuramente determinato dal
peculiare contesto ecologico nel quale tutte le terme sono normalmente
inserite. Le proposte ed provvedimenti necessari del gruppo di lavoro erano
di implementare un circuito integrato dipartimentale per la riabilitazione
con inserimento delle strutture termali - che dovranno essere in regola con i
processi autorizzativi e / o di accreditamento previsti per la riabilitazione -
con contestuale supervisione e collegamento integrato tra strutture
accreditate per il codice 56 (ovvero per attività di riabilitazione in degenza
ospedaliera rivolte ad assistiti, nel recupero funzionale di menomazioni e
disabilità indifferibili e recuperabili che necessitano di interventi valutativi e
terapeutici intensivi/estensivi non erogabili in ambito extra-ospedaliero) del
SSN e circuito termale; prevedere nella elaborazione del futuro Piano
Sanitario Nazionale, nonché nei piani sanitari regionali e nei LEA,
l’integrazione del circuito termale all’interno del circuito della riabilitazione.
A tale proposito si sottolinea come la regione Lombardia ha recepito il
documento elaborando il PDL N. 367 intitolato “Promozione e
valorizzazione del termalismo lombardo”, testo approvato nella seduta del
23 novembre 2017 [63]. In particolare il PDL cita all’articolo 1: “La Regione
1042 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Lombardia valorizza le risorse termali e le cure idro-fango-termali come


mezzo curativo di riconosciuta efficacia terapeutica per il benessere
psicofisico della persona e favorisce l’integrazione del circuito termale
all’interno dei percorsi di cura e di riabilitazione anche in raccordo con il
sistema socio sanitario regionale e il sistema sanitario nazionale”. Ed inoltre
all’articolo 6 comma 2: “… la Giunta regionale, promuove nell’ambito delle
risorse disponibili sperimentazioni per l’integrazione tra trattamenti termali,
cure primarie e terapia riabilitativa, in particolare per ciò che concerne la
riabilitazione post intervento chirurgico e le patologie invalidanti”.

23.5. Discussione

Le linee guida e gli studi esaminati, pur riconoscendo gli effetti benefici e i
meccanismi di azione della terapia termale rispetto al placebo / altri
trattamenti nella gestione dell'OA (ginocchio, anca e spalla), della lombalgia
cronica, della fibromialgia, dell’artrite reumatoide e della spondilite
anchilosante, presentano lacune comuni relative, spesso, al disegno degli
studi e alla ridotta dimensione campionaria della popolazione osservata; tali
limiti non consentono di trarre raccomandazioni basate su evidenze forti e
determinano, inoltre, un rischio di bias metodologico piuttosto elevato. Il
limite maggiore è rappresentato dall’elevata eterogeneità degli studi in
termini di caratteristiche cliniche e demografiche dei soggetti arruolati (età,
sesso, comorbidità), dei gruppi di studio messi a confronto, spesso con
numero di pazienti ridotto, di tipologia di trattamento eseguito e durata
dello stesso e di utilizzo di diverse scale di valutazione degli outcomes. Un
altro limite degli studi presenti, oltre alla ridotta presenza di linee guida che
raccomandino le terapie termali, è sicuramente rappresentato dagli
outcomes utilizzati per valutare i risultati degli studi che rendono difficile il
confronto e la possibilità di pesare gli effetti del termalismo rispetto alle
altre terapie. Inoltre, deve essere tenuto in considerazione la natura delle
patologie trattate che presentano come nel caso delle malattie reumatiche
aspetti legati alla limitazione funzionale o al disagio psicologico da malattia
o ancora alle autonomie personali e alla qualità di vita di questi pazienti. A
tal proposito molti degli studi presenti che hanno valutato l’impatto delle
terapie termali nei soggetti reumatologici non presentano raccomandazioni
formulate da gruppi di studio multiprofessionali e multidisciplinari.
Gli autori delle pubblicazioni, pertanto, concordano sulla necessità di
progettare studi metodologicamente rigorosi per confermare l’utilità degli
interventi relativi alle terapie termali, oggi considerati marginali perché la
loro efficacia non è mai stata valutata in maniera scientificamente robusta.
23. Medicina termale nelle patologie muscolo-scheletriche 1043

RCT di alta qualità metodologica e ulteriori studi sui meccanismi di azione


sono necessari per dimostrare gli effetti della terapia termale nella cura dei
pazienti con malattie muscolo-scheletriche.
L’unica evidenza recente nel panorama italiano a supporto delle cure
termali è rappresentata dalla Consensus Delphi del 2017 [24]; su di essa,
pertanto, si basano le attuali raccomandazioni in materia data l’assenza di
linee guida derivate da RCT, meta-analisi o review sistematiche.
Negli anni a venire lo sforzo di produzione di evidenze scientifiche e
raccomandazioni in tale ambito potrebbe aumentare l’offerta riabilitativa
all’interno del circuito termale consentendo a un numero maggiore di
pazienti affetti da malattie osteo-muscolo-scheletriche di essere
adeguatamente trattate nel tempo. Di conseguenza, si potrebbe sicuramente
avere un impatto positivo nel panorama riabilitativo in termini di
appropriatezza dei percorsi di cura nell’ambito della rete riabilitativa per
esempio nella gestione di patologie croniche, a basso impatto di carico
assistenziale o laddove l’assenza di comorbidità consente una low-intensity
care del paziente.
La natura sanitaria ma de-ospedalizzata tipica dell’ambiente termale
potrebbe essere percepita molto meglio dal paziente, favorendone il
recupero, la socializzazione ed il reinserimento.
Le proprietà peculiari delle acque termali potrebbero, così come già
testimoniato dagli studi riportati, amplificare l’effetto della riabilitazione, se
condotta nel medesimo contesto. Pensiamo ad esempio alla rieducazione
motoria in acqua (idrochinesiterapia), che potrebbe essere ancora più
efficace se eseguita in una vasca riabilitativa con acqua termale sfruttando le
caratteristiche sia fisiche che chimico-farmacologiche dell’acqua termale
stessa. È ipotizzabile quindi in prima battuta un effetto sinergico delle due
modalità terapeutiche: riabilitazione e cure termali.
Nel nostro contesto italiano, ad oggi, l’assistenza termale è erogata dal SSN
nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza (LEA), tuttavia ciò avviene in
modo probabilmente limitato e incompleto. Infatti, gli assistiti possono
usufruire al massimo di un ciclo di cure ogni anno, con l’eccezione dei
soggetti portatori di invalidità che possono fruire di un ulteriore ciclo
correlato all’invalidità riconosciuta. Nell’ambito delle patologie
dell’apparato muscoloscheletrico sono incluse le malattie reumatiche:
osteoartrosi e altre forme degenerative; reumatismi extra articolari. Tuttavia
potrebbero essere riabilitate in ambiente termale numerose altre categorie di
pazienti affetti da patologie e disabilità a carico del sistema neuro-
muscoloscheletrico attualmente non incluse nei LEA [64].
1044 LG, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa

Un altro aspetto da considerare è rappresentato dall’impatto socio-


economico delle patologie che necessitano di cure riabilitative. Dai dati
forniti da Federterme risulta che nel 2014 i ricoveri per riabilitazione in
regime ordinario, per quanto concerne le malattie del sistema muscolo
scheletrico, hanno comportato complessivamente 2.894.684 giornate di
degenza per un costo totale pari a oltre 700 milioni di euro. Questa cifra, già
di per sé molto rilevante, lo diventa ancora di più se consideriamo anche i
ricoveri per le patologie del sistema nervoso; infatti, per tali ricoveri, nel
2014 la cifra complessiva spesa ammonta a oltre 390 milioni di euro.
Sommando quindi la spesa relativa ai ricoveri per riabilitazione di entrambi
i gruppi, si supera abbondantemente il miliardo di euro di spesa annuale;
spesa che incrementa ulteriormente nel momento in cui si prendono in
considerazione anche i ricoveri in regime di day hospital [65].
Per realizzare questa integrazione tra circuiti termali e riabilitazione sarebbe
necessario precisare tramite evidenze scientifiche le condizioni clinico
funzionali che possono beneficiare di questa particolare offerta, utili a
definire criteri espliciti di accesso per contribuire alla definizione di
indicatori di esito degli interventi, basati sulle migliori conoscenze ed
evidenze, e in un’ottica multidimensionale, che quindi tenga conto dei
risultati in termini funzionali specifici.
23. Medicina termale nelle patologie muscolo-scheletriche 1045

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[62] Documento di Programmazione e Sviluppo 2016-2018, Tavolo Tecnico Termalismo,
Ministero della Salute.
23. Medicina termale nelle patologie muscolo-scheletriche 1049

[63] IV Commissione Consiliare “Attività Produttive E Occupazione”, PDL N. 367,


“Promozione e valorizzazione del termalismo lombardo”, testo approvato nella seduta
del 23 novembre 2017.
[64] Decreto Ministeriale, Ministero della Sanità, 15 dicembre 1994, Modificazioni
all'elenco delle patologie che possono trovare reale beneficio dalle cure termali e proroga della
sua validità, G.U. 9 marzo 1995, n. 57.
[65] Quirino N., Executive Wellness Management, VIII Edizione, Federterme, Ott-Dic 2014.
Finito di stampare nel mese di novembre 2018

Centro Stampa Università


Università degli Studi di Roma La Sapienza
Piazzale Aldo Moro 5 – 00185 Roma
foto Donatello Brogioni
Valter Santilli
Medico-Fisiatra
Professore Ordinario in Medicina
Fisica e Riabilitativa
Sapienza Università di Roma
“Perfezionare la propria attività professionale seguendo le Linee guida vuol
dire avere il coraggio di confrontarsi con l’esperienza dei colleghi, a volte
lontanissimi dal nostro luogo di lavoro, ma impegnati nelle medesime sfide
per il bene dei pazienti. La raccomandazione più forte che possiamo cogliere
in questo testo non riguarda un’evidenza scientifica né quindi il cambia-
mento di un comportamento clinico, ma piuttosto la capacità di modificare
la nostra mentalità per rimodellarla alla luce delle nuove evidenze scientifiche,
abbandonando con coraggio ciò che è superato e inefficace.” VS

I contenuti del presente volume sono da considerarsi atti del congresso ROME REHABILITATION 2018
Roma, 23-24 Novembre 2018

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