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Giancarlo Galeazzi
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ue sono le principali valutazioni del mi porta a individuare nel cambiamento e nella
tempo: considerarlo nella dimensio- coscienza le due condizioni che permettono di
ne “ostile”, cioè “distruttiva” (tempus parlare del tempo, legandolo così al mondo
fugit) ovvero vederlo nella dimensione “ospi- che diviene e all’uomo che ne è consapevole.
tale”, cioè “costruttiva” (il tempo è vita). Una Fin qui Agostino, il cui schema però non
tale ambivalenza del tempo rientra nella poli-
semia del termine, rintracciabile fin dal pun-
può essere semplicemente ripetuto, perché
tanto le tre componenti quanto la loro rela- PP
to di vista etimologico (dove si distingue tra zione vanno rilette alla luce della riflessione
aion, chronos, kairos) o nelle diverse accezioni contemporanea, e lo stesso linguaggio con i
che del tempo si sono date (come tempo sacro suoi neologismi indica chiaramente un altro
e tempo profano, tempo neutro e tempo debito, orizzonte; termini come quelli coniati da Paul
tempo anonimo e tempo autentico, tempo na- Ricoeur, cioè “passeità” e “futurità”, stanno a
turale e tempo storico, tempo delle cose e tempo indicare nuove dimensioni temporali. Per non
della persona, ecc.) o in alcuni ricorrenti mo- dire poi del rapporto fra le tre dimensioni tem-
di di dire a prima vista contraddittori (come porali e del privilegiamento di una dimensio-
tempo tiranno e tempo galantuomo, tempo che ne sull’altra, per cui si modifica il senso del
vola e tempo che non passa mai, ecc.). Questi tempo a seconda che venga privilegiato il pas-
ed altri significati del tempo vanno tenuti pre- sato (come nella premodernità) o il futuro (co-
senti affrontando la questione del tempo, per me nella modernità) o il presente (come nella
evitarne la semplificazione, che si ha quando lo postmodernità). Non solo: porta a una diffe-
si identifica con il semplice divenire e come rente configurazione del tempo anche la con-
sua misura, e per superare un duplice rischio: notazione della velocità (come accelerazione
quello della sua banalizzazione o quello del- ovvero come lentezza) su cui hanno richiama-
la sua enfatizzazione. Avendo cura di evitare to l’attenzione Zygmunt Bauman con le vite di
tutto ciò, qui si vuole richiamare l’importanza corsa, Paul Virillo con la dromologia, e Pierre
del tempo in riferimento alla questione antro- Sansot col buon uso della lentezza. Influiscono
pologica, che oggi è al centro di un rinnovato anche le operazioni relative alle tre dimensio-
dibattito, e che viene considerata nodale per il ni temporali: memoria, attenzione, attesa; al
nostro tempo. riguardo si pensi, all’idea di memoria in Berg-
Dal punto di vista antropologico, la tradizio- son, secondo il quale la memoria “non consiste
nale articolazione del tempo in passato, presente affatto in una regressione dal presente al passato,
e futuro si può ancora ripetere, ma attribuendo ma al contrario in un progresso dal passato al
nuovi significati a queste tre dimensioni e alle presente”, oppure si pensi all’idea di passato che
loro relazioni. Nell’ottica di sant’Agostino si Paul Ricoeur colloca in una più vasta dialettica
rilevava la inconsistenza ontologica delle tre delle tre dimensioni temporali, costruita allo
dimensioni, considerandole reali sulla base di scopo di mantenere passato, presente e futuro
un soggetto che – capace di ricordare, essere allo stesso livello di originarietà, e di denunciare
attento e aspettare – rende presente il passato, il al tempo stesso l’impossibilità di una loro tota-
presente e il futuro; l’agostiniana distentio ani- lizzazione; per Ricœur è inadeguata la scelta di
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G. Galeazzi — Il tempo come antropologia del dono
mente produce acquisizioni. In terzo luogo, si due estremizzazioni: di una bellezza solo idea-
può avere una concezione della verità che non le, o di una bellezza solo materiale. Invece, una
sia estranea al tempo, ma nemmeno da esso idea della temporalità della bellezza permette di
determinata: è l’idea di verità che ne rivendica coglierla nella molteplicità dei suoi gradi.
l’assolutezza ma non l’assolutismo acronico, e Pertanto, si potrebbe (con riferimento a
ne rivendica la relatività ma non il relativismo Mancini) affermare che c’è una temporalità
cronolatrico e logofobico (per usare espressio- della verità, della felicità e della bellezza, per
ni del lessico maritainiano); una tale idea di cui esse possono stare nel cuore della finitezza
verità la configura come ricerca piuttosto che senza esserne dissolte, senza esserne distrutte,
come possesso, una ricerca che, per quanto senza esserne relativizzate. Dunque, in tutti e
non abbia fine, ha però senso. tre i casi, solo una concezione positiva del tempo
Anche riguardo alla felicità si scontrano permette di non rinunciare al vero, al bene e al
concezioni diverse con riferimento alla tempo- bello nella loro trascendentalità, e insieme, di
ralità. Infatti, si può parlare di felicità terrena,
in alternativa alla quale si pone la felicità ultra-
coglierli nel tempo, riconoscendo che l’uomo
è capace di vero, di bene e di bello nel tempo PP
terrena. Mentre questa è effimera, l’altra invece e attraverso il tempo.
è duratura, per cui la felicità della vita eterna 5. Sempre nell’ottica di evidenziare come
è considerata da alcuni come la vera felicità o il tempo sia aspetto essenziale della questio-
addirittura l’unica felicità; altri invece riten- ne antropologica, possiamo riguardare il tema
gono che la felicità vada colta in questa vita della temporalità in rapporto ai valori, facendo
assaporandola nei suoi diversi momenti, e non riferimento alle considerazioni sviluppate da
lasciandosi sfuggire i momenti più propizi; in Laura Paoletti e da Roberto Mancini in due
questa ottica, può essere letto il “carpe diem” libri dedicati proprio al tempo in rapporto a
di oraziana memoria. Inoltre, chi valorizza la libertà e responsabilità. Riguardo alla libertà,
felicità eterna, la può diversamente intende- la Paoletti afferma che l’avere tempo può tra-
re in rapporto alla concezione di eternità: c’è dursi nel “disporre del tempo” o, anche, nel
chi la considera come assenza di temporalità, “prendere tempo” e nel “perdere tempo”, ma
cioè in una dimensione atemporale o sovra- sempre l’uomo, in modo cosciente o inco-
temporale, e chi invece la considera come una sciente, appare come “animale che indugia”.
infinita temporalità, cioè in una dimensione Quindi una specifica temporalità (come coe-
temporale senza fine (così avevano sostenuto sistenza di un livello assiologico e di un livello
rispettivamente Platone e Aristotele). Una ul- fattuale) caratterizza il suo modo d’essere, e «il
teriore posizione è quella di chi perviene a una problema di adeguare ciò che si fa e ciò che
temporalità della felicità che permette di supe- si è a ciò che si vuole, o si vorrebbe essere è
rare vecchi e nuovi dualismi, per cui senza dis- appunto quello che ci fa indugiare, perché la
solvere la differenza fra felicità terrena e felicità sua soluzione non è mai immediata, neppure
ultraterrena, le si può mettere in collegamen- nel caso di decisioni avventate o abitudinarie».
to, e sotto questo profilo il cristianesimo dà Questa concezione del “tempo come indugio”
indicazioni preziose, in particolare nell’ottica caratterizza il tempo antropologico e lo differen-
delle beatitudini. zia dal tempo fisico, perché il «concetto stesso di
Anche per la bellezza, è da dire che forti so- indugio o di attesa implica un trascendimento
no le tentazioni dualistiche, per cui la bellezza del tempo e, insieme, un’accettazione inevita-
in senso pieno è posta fuori del tempo, oppu- bile della temporalità», ed è tale temporalità
re, in riferimento a questa vita, è negata perché a essere essenziale alla persona umana, carat-
nel tempo de gustibus est disputandum. Pure in terizzata quindi in radice dalla decisionalità e
questo caso una temporalità bene intesa aiu- dalla conseguente responsabilità.
ta a comprendere la bellezza, senza cedere alle
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G. Galeazzi — Il tempo come antropologia del dono
ProspettivA
·persona·
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Dal canto suo, Mancini sostiene che «il tempo come dono reclama che ci sia affidato
tempo non è un mero contenitore», ma è du- dalla libertà stessa, che è insieme la fonte e la
rata e in quanto tale si dà per noi come espe- destinataria del dono». Ne consegue in questa
rienza di libertà, nel senso che la nostra libertà ottica, che “il tempo non è nemico, ma è com-
deve orientarlo, riempirlo di significato; di- pagno”. Non dobbiamo considerare nemico il
versamente il tempo è stato sprecato (come tempo, ma «dobbiamo invece ammettere che
quando si dice che una cosa lascia il tempo il tempo ci è dato per vivere e che dunque esso
che trova). Ma per dare senso al tempo occorre è prezioso per l’esistenza, ne è una condizione
che la persona non sia scissa o frammentata, positiva fondamentale». Allora l’imperativo –
perché in questo caso l’atto della libertà non come evidenzia Mancini – è quello di trovare
può costituirsi. Diversamente l’essere umano il senso della propria esistenza: così il tempo è
porta la responsabilità nel cuore di questo dive- l’occasione per nascere e rinascere continua-
nire della vita. E la forma matura della libertà mente, per esprimere riconoscenza ed esercitare
è la gratuità; in questa ottica il tempo viene riconoscimento. Il paradosso è allora questo: se
“scoperto come dono” come “realtà ospitale”; sottraiamo tempo alle persone e alle cose, non
pertanto “il tempo non è nemico” bensì “un le salviamo ma le destiniamo al disfacimento;
fondamento dell’esistenza”. Ma, «se il tempo se invece diamo tempo alle persone e alle co-
è durata, vuol dire che tutto ciò che vale e che se, le sottraiamo dallo scorrere inconcludente e
ha senso non è dissolto e può essere presente. insignificante o anche impegnato e gratifican-
Se il tempo è dono che ci è dato singolarmente te. Quindi distruttivo non è il tempo, bensì
e socialmente, allora siamo responsabili anche ciò che lo rende anonimo, banale, privo del
di tenere aperto il futuro agli altri». senso della gratuità e della gratitudine. Quan-
Dunque, tempo e libertà non si contrap- do manca il senso della temporalità come ospi-
pongono e – sostiene Mancini – «il tempo non talità, il tempo appare il nemico che porta al
è la misura dell’esistenza: la misura vivente è il nulla, e l’esserci finisce per configurarsi come
bene, il tempo vissuto bene, cioè per il bene. Il “essere–per–la–morte”, mentre va concepito
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come “essere–per–il–futuro” o “essere–attraver- con Mancini si può affermare che “il tempo è
so–la morte”, perché l’amore è più forte della dato come durata da chi è libero, il quale allora
morte. E l’amore autentico si traduce nel “dare scopre davvero di avere tempo».
tempo”: frutto di amore, è chiamato a genera- In terzo luogo, sul piano prassiologico il tem-
re amore. po si configura in termini economici: il detto
6. Dopo quanto accennato, potremmo dire popolare “il tempo è denaro” sintetizza questa
che la condizione umana può essere connotata impostazione, che ha la sua verità, ma che,
sulla base della categoria di tempo da quat- se assolutizzata, finisce per essere fuorvian-
tro peculiarità: la finitezza, la decisionalità, te. Certamente la produttività, il guadagno e
la produttività e la donatività, che si possono la gratificazione sono elementi da tenere in
rispettivamente tradurre nelle espressioni: “es- considerazione, ma un tempo che privilegias-
sere tempo”, “avere tempo”, “impiegare tempo” e se questi aspetti non sarebbe (almeno per la
“donare tempo”. persona umana) un tempo arricchente ben-
Più precisamente possiamo affermare che
l’antropologia, conseguente alla considera-
sì impoverente: l’animale produttivo non va
staccato dall’animale esistenziale e dall’anima- PP
zione del tempo, appare connotata in primo le indugiante. Quindi, se l’uomo è tempo e
luogo sul piano ontologico dalla temporalità, nel dispone del tempo, il tempo non può essere
senso della finitezza o creaturalità esistenziali, identificato con il denaro, e nemmeno privile-
per il fatto che l’uomo è fatto di tempo, cioè giarlo; può certamente riconoscerlo come una
è tempo: da Agostino a Heidegger la categoria componente dell’umano. Ne consegue che lo
della temporalità è evidenziata come costitu- spendere il tempo è da collocare nell’orizzonte
tiva dell’essere umano, dunque “animale tem- dell’essere tempo e dell’avere tempo, per cui si
porale” per antonomasia. In breve, potremmo rende evidente che la preziosità del tempo non
dire con Borges che «il tempo è la sostanza di è solo né soprattutto in termini economici.
cui sono fatto. Il tempo è un fiume che mi tra- In quarto luogo, il tempo si caratterizza sul
scina, ma io sono il fiume; è una tigre che mi piano etico, cioè quello della gratuità, per cui
sbrana, ma io sono la tigre; è un fuoco che mi potremmo dire che “il tempo è dono”, ed è do-
divora, ma io sono il fuoco». In questo senso si no in un duplice senso: e perché ci è donato, e
può attribuire all’uomo di essere tempo. perché possiamo donarlo. È tenendo collegati
In secondo luogo, sul piano vitale l’uomo questi due aspetti che è possibile fuoriuscire
risulta caratterizzato dal fatto che dispone del dalla semplice logica del “do ut des” per far
tempo o, per dirla con Sylvie Germain, deve posto ad una logica all’insegna del “quia da-
“portare il peso del tempo” ; qualunque sia il tum est, do”, per dire che il donare non chiede
suo conoscere, agire e fare, l’uomo si configura ringraziamenti, ma è esso stesso un ringra-
come “animale decidente”, nel senso che non ziamento: dalla gratitudine alla gratuità: può
può sottrarsi dal prendere decisioni, e dunque essere così sintetizzato il percorso, cui hanno
dal disporre del tempo; la decisione è essen- richiamato alcuni filosofi contemporanei, in
ziale ed è resa possibile dal fatto che la vita particolare Levinas e Ricoeur. Si tratta allora
dell’uomo è temporale: temporale sempre, e di mettere insieme giustizia e carità: è, questo,
in ogni suo momento è rivelativa della realtà, il binomio fecondo di umanità: la salvaguarda
quando è colta come “durata”. Al riguardo la e, insieme, la potenzia, consentendo all’ani-
Paoletti definisce l’uomo come “animale che male donante di attuare la propria vocazione e
indugia”, nel senso che «l’intervallo di tempo responsabilità di donare il tempo.
apparentemente inutilizzato, che passa tra il Dunque, l’uomo può essere definito come
presentarsi del problema e l’azione di rispon- animale esistenziale, decidente, produttivo e do-
dervi è, in ogni caso, essenziale per aprire nante: quattro aspetti, tutti conseguenti alla di-
all’uomo quella dimensione di libertà, per cui mensione temporale dell’uomo, per cui ci pare
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G. Galeazzi — Il tempo come antropologia del dono
legittimo affermare che una nuova concezione l’uomo nella sua destinazione (immanente e/o
antropologica – di cui si avverte la necessità in trascendente) a vivere il tempo non lasciandosi
modo crescente –può provenire proprio dalla misurare dal tempo, ma misurando il tempo
ProspettivA capacità di ripensare l’uomo nell’ottica della sulla base della ricerca del vero, del buono e del
·persona·
92 (2015/2), 39-14 sua temporalità, e dal ripensare tale tempora- bello non astrattamente considerati bensì tem-
lità in termini rinnovati, in grado di metterne poralmente vissuti. Ed è con la consapevolezza
in luce la portata umanistica. del tempo come dono ricevuto e dono da dare
7, Per concludere, vorremmo sostenere che che la vita vissuta ha senso.
la riflessione sul tempo contribuisce a ripensare
l’antropologia, ponendola di fronte al bivio tra Bibliografia essenziale
il tempo come durata, dono, decisione e il tem- Agostino, Confessioni, Torino 1992, libro XI.
po come distruzione, dissolvimento, dispersione. Bauman Z., Vite di corsa, Bologna 2009.
Infatti, i temi della verità, della felicità e della Bergson H., Durata reale e flusso della coscienza, Mi-