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ELISA CAMILLI CLASSE 5AL

● Provare a trovare dei collegamenti per quanto riguarda la concezione di tempo in Platone, Agostino, Kant,
Bergson e Nietzsche, e la noia in Pascal, Kierkegaard, Schopenhauer.

La filosofia, a partire da Eraclito e Parmenide, ha cercato di definire i concetti di spazio e tempo, utilizzando le
conoscenze scientifiche e fisiche, ma anche psicologiche e religiose. Il tempo è un concetto talmente complesso
che anche oggi, è oggetto di studio e riflessione. Ci viviamo immersi, lo misuriamo con strumenti di crescente
complessità, ma la percezione del tempo non sembra solo essere una grandezza fisica: essa dipende infatti
anche dalla dalla mente. Partendo dalla concezione del tempo come un flusso, un divenire si possono analizzare
diversi filosofi che hanno cercato di spiegare la temporalità.

Platone descrive il tempo nel Timeo come un’immagine mobile dell’eternità. Il filosofo intende la suddivisione in
giorno e notte, mesi ed anni, che non esisteva prima della formazione del cielo, voluta per conferire un ordine al
corso degli eventi naturali, in relazione a quelli umani. Gli astri misurano il tempo e ciascuna anima è abbinata a
ciascun astro. Essi sono ritenuti divini, infatti nel loro movimento circolare e regolare, è insito il Bene supremo.
I ritmi scanditi dal tempo imitano il perenne “è” nel presente, in cui vi sono il passato “era” e il futuro “sarà”. Il
tempo è un’immagine mobile, della totalità delle idee, un mutamento dell’anima (oggi sono triste, domani felice
per esempio).
Secondo Agostino, il tempo è determinato dalla coscienza, infatti lo definisce extensio animi. Egli intende spiegare
che passato, presente e futuro, non esistono di per sé, ma solo in relazione all’anima, la quale comprende il
proprio presente, ricorda il passato e attende il futuro. Agostino non condivide la teoria dei platonici che
individuano la causa creatrice come non anteriore all’effetto del tempo, ma solamente ontologicamente superiore
ad esso. Il filosofo infatti, sostiene che la concezione di “creatura coeterna” sia contraddittoria, poiché prevede
l’eternità concepita come assenza di tempo.
Il fondamento del suo teorema, che riduce il tempo al presente della coscienza, è stato annunciato dallo stesso
Agostino, in quanto egli afferma che i tempi non sono passato, presente e futuro ma presente del passato,
presente del presente, presente del futuro. Dio sarebbe l’autore del tempo stesso, infatti prima della creazione il
tempo non esisteva e l’eternità si pone quindi al di sopra di esso. In Dio nulla è passato, nulla è futuro poiché il
suo essere è immutabile e l’immutabilità si configura come presente eterno. Il tempo implica un mutamento e
rimane estraneo all'immutabilità di Dio (essenza del tempo). Quindi è necessario discernere eternità, realtà
permanente e tempo, il quale presuppone cambiamento. Nell’anima, il tempo trova la propria realtà, in quando
nella distensione della vita dell’uomo, mediante la memoria, l’attenzione e l’attesa, conserva nella coscienza il
passato e si orienta verso il futuro.
Un altro filosofo che tratta dello spazio e del tempo è Kant. Egli individua lo spazio come forma del senso esterno,
la rappresentazione a priori necessaria, alla base di ogni intuizione esterna e della disposizione degli eventi, uno
accanto all’altro. Il tempo è quindi, la forma di senso interno, la rappresentazione a priori, a sostegno degli stati
interni dell’uomo e la loro disposizione in un ordine. Il tempo appare anche, come forma del senso esterno, ossia
come forma universale dell’esperienza. Secondo il filosofo tedesco, spazio e tempo, nonostante siano soggettivi
rispetto alle cose in se stesse, mostrano una validità oggettiva poiché sono una realtà empirica. Ogni cosa
appartiene al tempo, infatti tutti i fenomeni cadono in esso. Bergson, appartenente allo spiritualismo, per trattare il
tema del tempo, si rifà non solo alla visione positivistica, ma anche kantiana, che riconduce il tempo allo spazio.
Egli però analizza la temporalità per mezzo di un’analisi psicologica, indagando la psiche, in cui misura anche il
tempo esteriore e spazializzato: senza la coscienza non ci sarebbe alcun tempo. Il filosofo francese, fa una
distinzione tra il tempo della scienza e quello della vita. Il primo risulta essere spazializzato, quantitativo, astratto,
esteriore e soprattutto reversibile. Quello della vita è invece qualitativo, concreto, interiore e formato da momenti
irripetibili che si susseguono e si fondono tra loro. Il tempo interiore si identifica con i vissuti della coscienza ed il
flusso si trasforma continuamente in qualcosa di nuovo ed imprevedibile. Per indicare il tempo della vita, utilizza il
termine “durata”, una corrente in cui la vita della coscienza è avvolta, un continuo divenire. In “Materia e
Memoria”, Bergson spiega che essa è la memoria, ossia la coscienza stessa che registra gli avvenimenti, che si
trasforma in ricordo, attivato dalla percezione. Quest’ultima sarebbe quindi il punto di incontro tra dimensione
spirituale e materiale. Nel discorso “La visione e l’enigma” appartenente alla terza parte di “così parlò Zarathustra”
viene descritta da Nietzsche la circolarità del tempo, formulando la teoria dell’eterno ritorno. Egli sostiene un
eterno ritorno dell’uguale, ossia che tutte le vicende si ripetono infinite volte, allo stesso modo. Tale
consapevolezza, si concretizza nella volontà di vivere ogni istante della propria esistenza in modo pieno e
soddisfacente. La sua concezione di tempo, si scontra con quella tradizionale dell’Occidente. Nella società
cristiana occidentale, il tempo è infatti lineare, così come lo vedono tendenzialmente anche le scienze.
Riprendendo quindi il pensiero di Agostino, possiamo notare come Nietzsche si contrappone al suo pensiero.
Nietzsche infatti introduce una dimensione psicologica nella riflessione sul tempo: quest’ultimo non è più qualcosa
di oggettivo, da cui nessuno può sfuggire, ma è la dimensione spirituale dell’anima nel suo tentativo di
purificazione per raggiungere la salvezza eterna. Agostino associa il tempo alla «distensione dell’anima»: passato
e futuro esistono e hanno senso solo nel presente della coscienza come ricordo del passato e attesa del futuro.
Per Nietzsche, l’uomo dovrebbe diventare Übermensch e per farlo, è necessario che dica “sì” alla vita, che accetti
il tempo che scorre e ritorna sempre uguale.

Alcuni filosofi riflettono anche sul concetto di noia, sempre collegata al tempo e tema molto discusso anche al
giorno d’oggi. L’esperienza della noia presenta infatti un collegamento fondamentale con l’esperienza che
facciamo del tempo.

Pascal sostiene che il "divertissement" sia l’atteggiamento comune verso le questioni esistenziali, intendendo con
questo termine, "l’oblio e lo stordimento di sé". Il divertimento è una fuga da se stessi e si interroga da cosa fugge
l’uomo, trovando come risposta, la propria infelicità e dalle angosce riguardanti la morte. L’uomo non sopporta di
rimanere senza passioni, perciò affiorano nell’anima sentimenti negativi, che sfociano nella noia. Attraverso di
essa, vengono rivelati l’insufficienza e la miseria umana. L’uomo non cerca quindi le cose e non vive nel presente,
ma nell’attesa del futuro. Si ricerca solamente la confusione in modo da distrarre la nostra mente dalla miseria
esistenziale. Non si deve però essere ciechi di fronte alla condizione umana, ma semplicemente accettarla con
convinzione. Pascal vede l’essere umano come essere misero ma anche grandioso. Da qui Kierkegaard sviluppa
il proprio pensiero, infatti l’essere umano sarebbe in equilibrio tra angoscia e disperazione e la consapevolezza
rispetto alla propria vita. Egli nell’opera Aut Aut, individua gli stadi esistenziali tra cui vi è lo stadio estetico.
Quest’ultimo spiega, mediante la figura di Johannes (dal Diario del Seduttore), come l’esteta sia alla costante
ricerca di piacere. La vita di ricerca di piaceri appaganti porta alla noia e alla disperazione, poiché vorrebbe
un'alternativa esistenziale diversa. Proprio come secondo Pascal, vi è una noia dunque esistenziale che si nota
dalla ripetitività, dalla vuotezza e dalla pochezza del divertissement, la noia ci porta ad oltrepassare lo stesso
divertissement. La noia ricopre un ruolo centrale all’interno della vita estetica, della vita del Don Juan Tenorio di
Zorilla, nella vita di Andrea Sperelli di D’annunzio oppure di Dorian Grey di Wilde. Secondo Kierkegaard, la noia è
positiva, essendo quasi catartica. Dall’uomo verrà alla fine scelta la “vita del marito”, che indica una volontà di
progetto ed una costruzione di una visione a lungo termine.
La noia invece per Arthur Schopenhauer, descritta ne “Il mondo come volontà e rappresentazione”, rappresenta
uno degli estremi del pendolo della nostra vita. Quest’ultima viene vista come dolore, in quanto è prigioniera tra il
desiderio e la noia, passando in maniera effimera per il piacere.
L’essere umano desidera, ottiene poco e ciò che riesce ad ottenere risulta immediatamente non sufficiente, deve
essere perciò valicato ma in quel momento affiora la noia. Desidero, ottengo un piacere-desiderio e poi mi annoio
e desidero nuovamente. Dunque chi desidera arriverà alla noia, chi desidera è condannato ad essere poi
prigioniero di essa: i desideri rappresentano perciò il grande male della vita.

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