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La vita

Agostino nasce in Numidia, l'attuale


Algeria, da un padre patrizio pagano
e dalla madre, Monica, attualmente
santa.
Studia retorica a Cartagine. Agostino
ha una vita abbastanza dissoluta
all'inizio, essendo capo di diverse
bande giovanili e diventando padre a
19 anni.
A 19 anni legge l'"Ortensius" di
Cicerone, uno studio di retorica molto
importante che non ci è pervenuto.
Grazie a questo testo, Agostino si
avvicina alla filosofia aderendo al
Manicheismo.
L'altro impulso che Agostino riceve è
quello dei circoli neoplatonici.
Diventa poi insegnate di retorica a
Cartagine, per poi trasferirsi a Roma,
e diventando infine insegnante di
retorica a Milano.
A Milano conosce Ambrogio, che lo
portò a convertirsi al Cristianesimo
nel 386 e a ricevere il battesimo
l'anno dopo dallo stesso Ambrogio.
Dopo esser diventato sacerdote,
Agostino torna in Africa dove viene
proclamato vescovo a Ippona,
morendo nel 430.
L'opera
L'opera di Agostino è molto vasta, ed
è tutta impiantata sulla teoria del
"sacro furto", che sostiene in una sua
opera, il "De doctrina Christiana".
Le sue opere principali sono le
"Confessiones" e il "De civitate Dei".
All'interno sia delle "Confessiones"
sia del "De civitate Dei", Agostino
parla della sua concezione del
tempo.
Confessiones
Le “Confessiones” sono un’opera
classica composta da 13 libri.
"Confessiones" da un lato significa
"confessione della propria fede" ma
dall’altro 'testimonianza della propria
fede", nel senso di “lode, esaltazione
di Dio”.
Come genere l’opera è composita
perché da un lato sono un diario
autobiografico (nei primi 9 libri) in cui
Agostino racconta il suo percorso
esistenziale, il suo itinerario
spirituale; in questa parte Agostino si
dimostra un autore fortemente
capace di introspezione, per il quale il
Cristianesimo ha una connotazione
filosofica di
autocoscienza di sé. In secondo
luogo vogliono essere anche una
celebrazione di Dio (negli ultimi 4
libri) che è l’interlocutore dell’opera, a
cui Agostino si rivolge per esaminare
se stesso, la propria vita e la propria
fede; dunque non è solo un racconto
autobiografico ma è la storia di un
uomo che ha trovato la fede. L’XI
libro (che è proprio a metà tra la
parte più autobiografica e quella della
celebrazione di Dio) è quello più
filosofico che contiene molte delle
teorie sulla categoria del tempo.
L’opera è straordinariamente
originale dal punto di vista letterario,
perché nessuno aveva mai scritto
un’opera in 1° persona parlando di
sé, per cui è l’opera che darà
ispirazione a tutte le opere
autobiografiche. Non è un’opera
dogmatica, accademica, ma è
un’opera fortemente esistenziale.
Lo stile
Dal punto di vista stilistico Agostino
scrive in uno stile che si adatta molto
a quello dell’analisi interiore, utilizza
frasi brevi, molto pregnanti, e utilizza
tutte le modalità dell’interlocuzione
con
Dio e con il lettore riprendendole da
Seneca e dalle lettere a Lucilio. Si
tratta della prima autobiografia nel
senso moderno del termine (ha toni
introspettivi) perché presenta tutti gli
elementi del dialogo interiore,
dell’indagine introspettiva, del gusto
per la letteratura dei ricordi che avrà
molta fortuna (ad es: Petrarca, Lutero
e Calvino, Pascal). Anche Agostino
segue una lingua sostanzialmente
ciceroniana, improntata sul latino
classico, ma anche sul latino
cristiano e popolare.
De civitate Dei
Questa opera di 22 libri è stata
pensata da Agostino durante
l’assedio di Alarico, il capo dei
Visigoti, a Roma nel 410, anno in cui
Alarico aveva assalito Roma, l’aveva
saccheggiata e l’aveva incendiata.
Questo episodio era stato percepito
dagli intellettuali romani come l’inizio
della decadenza dell’impero. Tutti gli
intellettuali pagani accusavano il
Cristianesimo di aver indebolito
l’impero, per questo Agostino si
rivolge all’aristocrazia romana in
questa opera, cioè a un ceto alto,
legato alle tradizioni di Roma,
per difendere il Cristianesimo
dall’accusa di aver indebolito l’impero
ma soprattutto per proporre una
nuova concezione della storia. È
proprio per difendere i cristiani da
queste accuse che Agostino concepì
il disegno della città di Dio. Secondo
gli antichi la storia era ciclica, tornava
sempre a se stessa, l’unico modo per
gli antichi di migliorarsi era ritornare
al passato, ritornare al mos maiorum,
per cui gli autori pagani cercavano
nell’antico passato glorioso di Roma
per reagire alla crisi di Roma e alla
debolezza di Roma di fronte ai
barbari. Agostino demitizza
completamente questa visione:
secondo Agostino la storia non è più
circolare, è lineare e non esiste un
passato buono e un presente
negativo, perché anche nel passato
l’uomo ha operato il male, anche nel
passato ci sono state ingiustizie,
massacri, guerre civili; quindi
secondo Agostino chi fa la storia è
l’uomo guidato da Dio. Gli uomini
naturalmente tendono al male, e
anche i romani non erano uomini
particolari, erano come tutti gli altri
uomini, per cui secondo Agostino
l’impero romano non è qualcosa di
assoluto, di universale, ma come
tutte le istituzioni umane è in qualche
modo destinato a finire.
La storia di Roma non coincide con la
storia del mondo, dunque Agostino
introduce una concezione più
universale della storia. La storia non
deve essere storia delle nazioni ma
storia dell’umanità. È un’idea opposta
a quella che era invece alla base
della storiografia romana da sempre.
Queste teorie sono espresse nella
prima parte dell’opera, che è la parte
che si può definire destruens, nel
senso che demolisce alcune
convenzioni che erano non solo dei
pagani ma anche dei cristiani. Nella
seconda parte dell’opera introduce la
teoria della contrapposizione tra la
città dell’uomo e la città di Dio:
secondo Agostino nessuna città, e
per città si intende civiltà, è perfetta,
perché le istituzioni sono opera
dell’uomo, dunque sono imperfette;
sia Roma sia qualsiasi grande civiltà,
è imperfetta perché opera dell’uomo,
e nemmeno la Chiesa per Agostino è
perfetta, perché è umana,
L’unica città ideale perfetta è la città
di Dio.
La città degli uomini sarà quanto più
perfetta
quanto più assomiglierà alla città di
Dio che ne costituisce il modello, per
cui la città umana deve essere
costruita sul modello di quella di Dio.
La città di Dio è il paradiso e si
diffonde tra gli uomini solo nella
misura in cui gli uomini amano Dio e
il prossimo. Secondo Agostino gli
uomini dovrebbero sentirsi cittadini
del cielo e sulla Terra dovrebbero
considerarsi dei pellegrini in viaggio
verso la loro patria che è nei cieli.
La concezione del tempo
Per Agostino il tempo è una categoria
totalmente umana: Dio non ragiona
secondo la categoria del tempo,
perché Dio vive e agisce nell'eternità.
Il tempo è ascrivibile solo alla
creatura, solo all'uomo, riprendendo
alcune concezioni di Seneca del "De
brevitate vitae".
Il tempo non è quantitativo ma è
qualitativo.
È una categoria dello spirito, e cerca
di definire cos'è il Passato, il
Presente e il Futuro:
Ÿ Il Passato è la memoria, perché non
esiste e quindi non è più;
Ÿ Il Presente è l'intuizione, è l’attimo
dopo il passato ma che diventa già
passato nel
momento in cui trascorre; se così non
fosse sarebbe eternità;
Ÿ Il Futuro è l'aspettativa, l'attesa, non
esiste in quanto non è ancora.
L’uomo ha attribuito alle cose il suo
modo di essere temporale, che
invece caratterizza solo lui. Dio è
fuori dal tempo, il quale esiste solo in
relazione alla limitatezza dell’uomo,
perché invece il tempo di Dio è quello
dell’eternità. Nell’analisi del tempo
Agostino introduce la nuova
dimensione psicologica, assente
negli altri filosofi che lo avevano
preceduto che si erano concentrati
solo sull’aspetto naturale del tempo
inteso come ciclo delle stagioni e del
cosmo. Questa scoperta interrompe
un'intera tradizione di pensiero e ne
fonda una nuova, tuttora presente,
dove l’unico tempo esistente è quello
pensato, quello esperito dalla
coscienza dell’individuo. Agostino
dunque arriva a delle conclusioni
straordinariamente moderne che
sembrano proprio anticipare alcune
concezioni della filosofia
novecentesca perché anticipano
l’idea di un tempo fluido, in cui
passato, presente e futuro sono
compresenti alla coscienza e allo
spirito dell’uomo. Dunque è una
concezione del tempo moderna e
attuale, che verrà ripresa dalla
filosofia novecentesca e che verrà
poi utilizzata in tutte le tecniche
narrative prima nei romanzi, poi nei
film, poi nelle serie, cioè come
flashback, analessi, prolessi,
spostamento, commistione di tempi,
una concezione di tempo non
oggettivo ma soggettivo, sul modello
di quello senecano.
Il tempo di Agostino non è il tempo
meccanico dell’orologio, è il tempo
della coscienza, dell’io. È il tempo dei
romanzi di Svevo, quello della
Coscienza di Zeno: Svevo
ovviamente aggiunge la malattia, la
psicoanalisi, Freud, ovvero temi e
riferimenti figli della sua epoca delle
incertezze a cui Agostino
chiaramente non poteva accedere,
ma di cui rimane comunque un
anticipatore.

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