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MATERIALE INTEGRATIVO AGOSTINO – 5G°

L’opera di Agostino (riferimenti approfonditi alle pp. 586-587) è molto vasta ed è tutta improntata alla teoria del sacro
furto e che sostiene nella sua opera “De doctrina cristiana”. Le sue due opere principali sono le “Confessiones” e “De
civitate dei”.

LE CONFESSIONES (pp. 587-589):


Le “Confessiones” sono un’opera classica composta da 13 libri, Confessiones da un lato significa confessione della
propria fede ma dall’altro testimonianza della propria fede, nel senso di “lode, esaltazione di Dio”.
Come genere l’opera è composita perché da un lato sono un diario autobiografico (primi 9 libri) in cui Agostino racconta
il suo percorso esistenziale, il suo itinerario spirituale; in questa parte Agostino si dimostra un autore fortemente capace
di introspezione, per il quale il cristianesimo ha una connotazione filosofica di autocoscienza di sé. In secondo luogo
vogliono essere anche una celebrazione di Dio (ultimi 4 libri) che è l’interlocutore dell’opera, a cui Agostino si rivolge
per esaminare se stesso, la propria vita e la propria fede; dunque non è solo un racconto autobiografico ma è la storia
di un uomo che ha trovato al fede. L’XI libro (che è proprio a metà tra la parte più autobiografica e quella della
celebrazione di Dio) è quello più filosofico che contiene molte delle teorie sulla categoria del tempo.
L’opera è straordinariamente originale dal punto di vista letterario, perché nessuno aveva mai scritto un’opera in prima
persona parlando di sé, per cui è l’opera che darà ispirazione a tutte le opere autobiografiche. Non è un’opera
dogmatica, accademica, ma è un’opera fortemente esistenziale.
Dal punto di vista stilistico Agostino scrive in uno stile che si adatta molto a quello dell’analisi interiore, utilizza frasi
brevi, molto pregnanti, e utilizza tutte le modalità dell’interlocuzione con Dio e con il lettore riprendendole da Seneca
e dalle lettere a Lucilio. Si tratta delle prima autobiografia nel senso moderno del termine (ha toni introspettivi) perché
presente tutti gli elementi del dialogo interiore, dell’indagine introspettiva, del gusto per la letteratura dei ricordi che
avrà molta fortuna (es: Petrarca, Lutero e Calvino, Pascal).
Anche egli segue una lingua sostanzialmente ciceroniana, improntata sul latino classico, ma anche sul latino cristiano
e popolare.

DE CIVITATE DEI (pp. 590-591):


Questa opera (22 libri) è stata pensata da Agostino durante l’assedio di Alarico, il capo dei visigoti, a Roma nel 410,
anno in cui Alarico aveva assalito Roma, l’aveva saccheggiata e l’aveva incendiata. Questo episodio era stato percepito
dagli intellettuali romani come l’inizio della decadenza dell’impero. Tutti gli intellettuali pagani accusavano il
cristianesimo di aver indebolito l’impero, per questo Agostino si rivolge all’aristocrazia romana in questa opera, cioè a
un ceto alto, legato alle tradizioni di Roma, per difendere il cristianesimo dall’accusa di aver indebolito l’impero ma
soprattutto per proporre una nuova concezione della storia. È proprio per difendere i cristiani da queste accuse che
Agostino concepì il disegno della città di Dio.
Secondo gli antichi la storia era ciclica, tornava sempre a se stessa, l’unico modo per gli antichi di migliorarsi era ritornare
al passato, ritornare al mos maiorum, per cui gli autori pagani cercavano nell’antico passato glorioso di Roma per reagire
alla crisi di Roma e alla debolezza di Roma di fronte ai barbari. Agostino demitizza completamente questa visione,
secondo Agostino la storia non è più circolare, è lineare e non esiste un passato buono e un presente negativo, anche
nel passato l’uomo ha operato il male, anche nel passato ci sono state ingiustizie, massacri, guerre civili, secondo
Agostino chi fa la storia è l’uomo guidato da Dio. Gli uomini naturalmente tendono al male, e anche i romani non erano
uomini particolari, erano come tutti gli altri uomini, per cui secondo Agostino l’impero romano non è qualcosa di
assoluto, di universale, ma come tutte le istituzioni umane è in qualche modo destinato a finire, la storia di Roma non
coincide con la storia del mondo, dunque Agostino introduce una concezione più universale della storia. La storia non
deve essere storia delle nazioni ma storia dell’umanità. È un’idea opposta a quella che era invece alla base della
storiografia romana da sempre.
Queste teorie sono espresse nella prima parte dell’opera, che è la parte che si può definire destruens, nel senso che
demolisce alcune convenzioni che erano non solo dei pagani ma anche dei cristiani.
Nella seconda parte dell’opera introduce la teoria della contrapposizione tra la città dell’uomo e la città di Dio, secondo
Agostino nessuna città, e per città si intende civiltà, è perfetta, perché le istituzioni sono opera dell’uomo, dunque sono
imperfette, lo è Roma ma lo è qualsiasi grande civiltà, imperfetta perché opera dell’uomo, nemmeno la chiesa per

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Agostino è perfetta, perché è umana, l’unica città ideale perfetta è la città di Dio. La città degli uomini sarà quanto più
perfetta quanto più assomiglierà alla città di Dio che ne costituisce il modello, per cui la città umana deve essere
costruita sul modello di quella di Dio. La città di Dio è il paradiso e si diffonde tra gli uomini solo nella misura in cui gli
uomini amano Dio e il prossimo. Secondo Agostino gli uomini dovrebbero sentirsi cittadini del cielo e sulla Terra
dovrebbero considerarsi dei pellegrini in viaggio verso la loro patria che è nei cieli.

LA CATEGORIA DEL TEMPO IN AGOSTINO (pp. 604-605 – leggere e studiare il testo in traduzione):
All’interno del De Civitate Dei, come anche nelle Confessiones, Agostino introduce riflessioni molto attuali sulla
concezione del tempo, concezioni che verranno poi riprese da tutti i filosofi agostiniani fino poi ad arrivare alle
concezioni del tempo di Bergson. Per Agostino il tempo è una categoria totalmente umana e relativa, Dio non ha la
categoria del tempo, perché ha come categoria quella dell’eternità, per cui la categoria del tempo è ascrivibile
solamente alla creatura, all’uomo. Riprende alcune osservazioni che Seneca aveva espresso nel De brevitate vitae: il
tempo non è quantitativo ma qualitativo, il tempo è il significato che noi imprimiamo alla vita. Agostino ritiene che il
tempo sia una categoria dello spirito, nel nostro spirito il passato, il presente e il futuro sono una categoria non della
realtà ma del nostro spirito. Il tempo è una dimensione dell’anima, del soggetto. Il tempo non esiste oggettivamente
perché si divide in tre parti:
- passato → non esiste in quanto non è più → è la memoria.
- presente → è l’attimo dopo il passato ma che diventa già passato nel momento in cui trascorre; se così non
fosse sarebbe eternità → è la percezione, l’intuizione.
- futuro → non esiste in quanto non è ancora → è l’aspettativa, l’attesa.
L’uomo ha attribuito alle cose il suo modo di essere temporale, che invece caratterizza solo lui soltanto. Dio è fuori dal
tempo, che esiste solo in relazione alla limitatezza dell’uomo. Perché invece il tempo di Dio è quello dell’eternità.
Nell’analisi del tempo Agostino introduce la nuova dimensione psicologica, assente negli altri filosofi che lo avevano
preceduto che si erano concentrati solo sull’aspetto naturale del tempo inteso come ciclo delle stagioni e del cosmo.
Questa scoperta interrompe una intera tradizione di pensiero e ne fonda una nuova, tuttora presente, dove l’unico
tempo esistente è quello pensato, quello esperito dalla coscienza dell’individuo.
Agostino dunque arriva a delle conclusioni straordinariamente moderne che sembrano proprio anticipare alcune
concezioni della filosofia novecentesca perché anticipano l’idea di un tempo fluido, in cui passato, presente e futuro
sono compresenti alla coscienza e allo spirito dell’uomo. Dunque è una concezione del tempo, moderna, attuale, che
verrà ripresa dalla filosofia novecentesca e che verrà poi utilizzata in tutte le tecniche narrative prima dei romanzi, poi
dei film, poi delle serie, cioè flashback, analessi, prolessi, spostamento, commissione di tempi, una concezione di tempo
non oggettivo ma soggettivo, sul modello di quello senecano, il tempo di Agostino non è il tempo meccanico
dell’orologio, è il tempo della coscienza, dell’io. È il tempo dei romanzi di Svevo, quello della Coscienza di Zeno: Svevo
ovviamente aggiunge la malattia, la psicoanalisi, Freud, ovvero temi e riferimenti figli della sua epoca delle incertezze a
cui Agostino chiaramente non poteva accedere, ma di cui rimane comunque un anticipatore.

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