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AGOSTINO

LA VITA
Aurelio Agostino nacque il 13 novembre 354 a Tagaste, il padre Patrizio era un piccolo proprietario
agricolo pagano, mentre la madre Monica era una fervente cristiana. Solo grazie al ricco Romaniano
Agostino poté proseguire gli studi di retorica a Cartagine e tornare poi in patria per insegnare grammatica.
La madre tuttavia non lo volle in casa perché aveva aderito al manicheismo e conviveva con una ragazza
da cui aveva avuto un figlio, Adeòdato.
Il manicheismo era un movimento religioso fondato dal persiano Mani, che presentava la realtà come lotta
tra i principi del bene e del male. Agostino sperava di trovare una spiegazione alle domande che lo
assillavano da quando aveva letto il dialogo ciceroniano Hortensius per il quale era rimasto scosso ed
aveva iniziato ad occuparsi non solo di retorica ma anche di filosofia.
Agostino tornò poi a Cartagine per insegnare retorica iniziando una brillante carriera professionale: dopo
Cartagine, Roma (nel 383) e ben presto (384) Milano, sede della corte imperiale. Nonostante i grandi
successi di questo periodo, Agostino non era felice. Nel VI libro delle Confessiones racconta che, mentre
passava per una viuzza di Milano, vide un mendicante che, pieno di vino, era allegro e in vena di
scherzare, e provó un senso di invidia, perché quel pezzente aveva già quella la felicità che a lui mancava.
Agostino era caduto, già durante il soggiorno romano, nella crisi del dubbio, sperimentando l'ansia
dolorosa di chi ha perduto la speranza di potere raggiungere la verità, avvicinandosi così allo scetticismo
della Nuova Accademia. A Milano giunse a compimento il processo graduale di accostamento al
cristianesimo, favorito dall'ascolto delle prediche di Ambrogio e dall'incontro con la filosofia
neoplatonica. Egli credette di trovare in Plotino (principale esponente del neoplatonismo) la dottrina del
verbo; inoltre, il neoplatonismo lo aiutò a raggiungere la concezione dell'incorporeo e ad intendere il male
non come sostanza ma come privazione di bene. Importanti per la conversione al cristianesimo furono i
colloqui con Simpliciano che gli parlò della conversione di Mario Vittorino, conosciuto a Roma.
Importante fu la meditazione della Scrittura e degli scritti di San Paolo. Nel 386, Agostino decise di
rinunciare alla brillante carriera: diede le dimissioni e si ritirò ad una vita cenobitica a Cassiciacum. Tornato
a Milano, la vigilia di Pasqua del 387, fu battezzato.
Nel 387 morì a Ostia la madre Monica. Nel settembre del 388 egli era a Tagaste, dove vendette i propri
beni. Nel 391 andò a Ippona per persuadere un conoscente a dedicarsi alla vita monastica e, acclamato
dalla folla, dovette accettare l’incarico di prete. Fu poi nominato vescovo coadiutore e, dopo la morte di
Valerio, avvenuta nel 396, fu il titolare della cattedra episcopale di Ippona sino alla morte nel 430.

SCRITTI ANTERIORI ALLE CONFESSIONES


I primi scritti di Agostino risalgono al periodo di ritiro e meditazione a Cassiciācum prima del battesimo.
- Nel Contra Academicos vi è una polemica contro lo scetticismo della Nuova Accademia.
- Nel De beata vita espone le considerazioni che gli amici svolgevano sulla felicità, aspirazione suprema
dell'uomo, realizzabile solo da chi ha trovato Dio;
- Nel De ordine l'autore indaga, sempre in forma dialogica, la razionalità dell'universo;
- Nei Soliloquia, in dialogo con la Ragione stessa esprime la condizione spirituale dei mesi di meditazione;
- il De musica, sull'armonia ritmica, la teoria degli intervalli, riflesso dell'ordine universale;
- il De libero arbitrio, opera complessa, in cui il tema della libertà è collegato con quello della natura e
dell'origine del male e con quello della giustizia e della bontà di Dio, in polemica antimanichea;
- il De magistro, un dialogo realmente avvenuto con il figlio che sarebbe morto poco dopo. Agostino vi
svolge la tesi che l'unico Maestro è Cristo, il Magister interior, che insegna dentro di noi; gli altri maestri
stimolano la riflessione esortando alla ricerca personale.
CONFESSIONES
Le Confessiones, in 13 libri, furono composte negli anni 397-398. Il titolo è equivoco: il termine
“Confessioni” può sembrare autobiografico ma per Agostino ha un valore religioso, egli infatti “confessa”
la sua fede in Dio, che è l’unico degno di lode da parte dell'uomo peccatore. Le Confessioni dunque non
sono un'autobiografia intesa come racconto ordinato e completo delle vicende dell'autore, ma sono
autobiografia nel senso testimoniano l'inquieta ricerca della verità e della felicità che ha agitato la
vita di Agostino fino alla conversione al cristianesimo. L'opera è quindi una confessio: il riconoscimento
della grandezza di Dio e testimonianza della fede di Agostino e della propria condizione di peccatore.
L’elemento drammatico svanisce negli ultimi 4 libri delle Confessioni e il lettore prova quindi un senso di
delusione a causa dall'incomprensione del carattere dell'opera. L’opera è una meditazione sulla presenza
misteriosa di Dio che Agostino ha sperimentato nelle sue vicende personali (libri I-IX), che ognuno può
vedere in se stesso (X libro) o nel mondo che lo circonda (libri XI-XIII). Anche i primi 9 libri non riportano le
vicende personali dell’autore, che tuttavia sono evidenziate dalla concretizzazione di Dio in esse.
STILE
Lo stile delle Confessioni è caratterizzato da una singolare commistione di linguaggio biblico (presente
sotto forma di citazioni o riecheggiamenti più o meno diretti) e lingua letteraria. Ne risultano pagine ricche
di figure retoriche (spiccano anafore e epifore), le enumerazioni e gli ossimori, attraverso cui lo scrittore
tenta di esprimere la complessità contraddittoria e deludente della sua esperienza di vita senza Dio.
L'autore si interessa maggiormente alle situazioni spirituali che accompagnano gli eventi piuttosto che ad
essi stessi e utilizza quindi uno stile fitto di esclamazioni e interrogazioni, che manifestano l'ansia di
giungere all'espressione dei sentimenti.
Il ritmo è spezzato a causa dall'alternanza dei tempi che esprime la mutevolezza delle commozioni che
avvolgono la meditazione agostiniana sulla misteriosa presenza di Dio nel cuore dell'uomo. L'uso della
paratassi e dell'antitesi dà all'opera un ritmo vivace immediatamente riconoscibile, le immagini inoltre, di
ispirazione biblica, colpiscono per la loro bizzarria.
L’INCONTRO CON AMBROGIO (Confessiones V, 13)
Il V libro delle Confessiones si concentra sul periodo dall'estate del 382 alla fine del 384.
Lasciata Cartagine per raggiungere Roma in compagnia della madre Monica e con l'intenzione di portare al
culmine una carriera già ben avviata nell'ambito della retorica e della giurisprudenza, Agostino assiste ai
giochi tra la comunità pagana, quella manichea e quella cristiana e ne viene coinvolto grazie all'azione di
Simmaco, che punta su di lui per controbilanciare l'influenza del vescovo di Milano, Ambrogio.
Come afferma Agostino, la volontà della Provvidenza scompiglia però i piani dei pagani: Agostino resta
affascinato dalla personalità di Ambrogio e completa la propria conversione al Cristianesimo, facendosi
battezzare di lì a poco dallo stesso Ambrogio.
ll passo riepiloga questi avvenimenti, nei quali l'autore vede con convinzione l'azione misteriosa della
volontà divina. Per dare il massimo rilievo all'incontro con Ambrogio, Agostino utilizza espressioni e
immagini che rinviano al passo del Vangelo di Luca, noto come la "parabola del figliol prodigo", raffigurando
se stesso come colui che torna idealmente a casa, accolto amorevolmente dal padre dopo una lunga
peregrinatio spirituale, più ancora che geografica.

RIFLESSIONE SUL TEMPO


Agostino parte da presupposti ideologici affrontando nell'XI libro delle Confessiones la questione del
tempo sotto il profilo teologico e dimostrando che il tempo è stato creato da Dio con il mondo e che
dunque non ha senso parlare di un "prima" della creazione. Egli parte dalla constatazione che “il tempo ci
sfugge se cerchiamo di definirlo razionalmente in quanto è inafferrabile”. Lo sono il presente, per il suo
carattere transitorio, il futuro, che non è ancora, e il passato, che non è più. Tuttavia noi abbiamo la
percezione dei 3 tempi quindi essi sono e sono presenti, altrimenti non potremmo né misurare il trascorrere
del tempo presente né conservare il ricordo del passato né immaginare il futuro. Agostino non nega
dunque l'esistenza del tempo, ma ne dimostra la soggettività.
Riprendendo un'intuizione che era già di Aristotele (cioè che il passare del tempo potesse essere misurato
solo dall'intelletto), egli nega l'esistenza oggettiva di passato-presente-futuro per affermare che essi si
concretizzano soltanto nella dimensione soggettiva dell'animo umano, nel quale il presente può essere
sé stesso e contemporaneamente rievocazione del passato e anticipazione del futuro. Agostino misura
dunque il tempo sulla base delle impressioni provate intimamente, non degli eventi che le hanno
generate: è una dilatazione dell'anima (distentio animi) a comprendere l'attesa di ciò che non è ancora,
l'attenzione per il presente (trasformazione della cosa attesa in cosa ricordata) e il ricordo del passato.
Dunque il passato vive nella memoria, il presente nell'intuizione e il futuro nelle aspettative, ma tutte e tre
queste forme vivono nell'anima dell'uomo. Il tempo risulta perció essere un’estensione dell'anima tra
«memoria», «intuizione» e «attesa», in dimensioni che non hanno consistenza e sono presenti
simultaneamente solo nell'intelletto.
L'atteggiamento di Agostino è quindi di ricerca. Egli inizia la sua riflessione sulla definizione aristotelica
di tempo come misura del movimento, dalla quale discende il problema di come misurare il tempo
passato, che non esiste più, e il futuro, che non c'è ancora, e lo stesso presente, che è solo un punctum
inafferrabile, che scorre incessantemente e diviene subito passato; ma se è un punto, tende a non esistere.
Secondo Agostino l'uomo è creatura, finita, piccola, e il punto di riferimento assoluto è Dio, eterno,
immutabile. Egli sostiene che prima della creazione del tempo Dio semplicemente era e non esisteva altro.
Per avvicinarsi a Dio quindi l'anima deve rivolgersi alla direzione opposta rispetto alla dispersione del
tempo, del mondo, della finitezza, e coltivare al contrario la concentrazione.

DE DOCTRINA CHRISTIANA
Il De doctrina Christiana è dedicato ai problemi esegetici, in 4 libri. I primi tre furono composti nel 396,
mentre nel 426 completò il terzo libro e ne aggiunse un quarto con la concezione di attività letteraria. Il
titolo indica la "dottrina" e nel contempo la "cultura', l’"educazione" e l’"insegnamento" come vengono intesi
da Agostino. Lo scopo dell'opera è di preparare alla lettura e al commento della Scrittura: l'autore esorta
allo studio delle lingue greca ed ebraica e a formarsi una buona cultura generale.
Nel libro IV vi è una difesa appassionata della retorica, usata per affermare e difendere la verità. La
letteratura è infatti per Agostino uno strumento di lotta con il quale i cristiani devono rinunciare
all'eleganza per avere come obiettivo la chiarezza del testo, senza cadere tuttavia nella sciatteria.

POLEMICA ANTIERETICALE
Agostino nella sua produzione compie un’ampia lotta contro le eresie.
Gli scritti del decennio 387-396 polemizzano contro il manicheismo.
Successivamente si impegnò a fondo contro i donatisti: lo scisma donatistico era sorto nel 311, finita la
persecuzione, quando il vescovo di Cartagine fu accusato di aver consegnato i libri sacri ai persecutori
obbedendo all'imperatore. Si ebbe così lo scisma tra i suoi vescovi e preti e quelli della Chiesa ufficiale.
Comprendendo la gravità della situazione Agostino vi dedicò molti scritti partecipando anche alla collatio
nel 411, conferenza nella quale venne considerato un movimento illegale.
Negli ultimi vent'anni della sua vita Agostino combatté infine l'eresia di Pelagio, monaco britannico che
richiamò i cristiani alle loro responsabilità: l'uomo è libero e deve scegliere e concretizzare il bene. La
negazione quindi del peccato originale venne criticata da Agostino che pubblicò una serie di scritti.

DE TRINITATE
Il De trinitate è la principale opera teologica di Agostino, in 15 libri e composta tra il 395 e il 419.
Essa é importante nella storia della teologia sia per stabilire le analogie e diversità della Trinità cristiana
rispetto alla triade neoplatonica, sia per individuare i rapporti di Agostino con gli autori, greci e latini.
L'opera è però importante anche nella letteratura per la capacità agostiniana di intuire la presenza di quelle
unità triadiche che fanno dell'uomo la creatura più alta della Trinità creatrice.

DE CIVITATE DEI
In 22 libri, il De civitate Dei venne scritto dopo il 410, quando i Visigoti entrarono a Roma saccheggiandola.
Le polemiche anticristiane diventarono più forti negli ambienti Pagani che ritenevano il cristianesimo
responsabile per la decadenza dello Stato Romano.
L'opera si può dividere in due sezioni: i primi 10 libri e gli altri 12.
- I libri I-X sono apologetici: i primi cinque confutano chi ritiene che il culto degli dei sia utile per la
prosperità della vita terrena; gli altri cinque, chi pensa che esso sia utile per la vita ultraterrena.
- Gli ultimi 12 sono invece la parte costruttiva, i primi 4 espongono la nascita delle due città,
quella di Dio e quella terrena, gli altri 4 il loro sviluppo, e gli ultimi 4 i loro termini finali.
L’idea centrale è che gli uomini di ogni epoca storica, società o cultura si dividono in 2 diversi tipi di
civitates: quella di Dio (chi ha come massima aspirazione l’obbedire alla volontà di Dio) o quella terrena
(chi pone ogni sua egoistica speranza nella vita terrena). Le due città tuttavia non sono gruppi
organizzati poiché la separazione è all'interno di ogni gruppo. In particolare Agostino diffida per lo Stato
che realizza in terra la Civitas Dei e che potrebbe servirsi della religione per regnare. Le due città superano
inoltre ogni barriera politica, razziale o linguistica e Agostino insiste infatti sull’universalismo della Civitas
Dei. Agostino si ispira alla Bibbia nella quale si parla di “Città di Dio” contrapposta a quella degli empi.
Agostino è profondamente convinto del suo pensiero: il Cristiano deve porre sempre Dio al primo posto
poiché le opere dell'uomo sulla terra sono provvisorie. Il valore supremo quindi è l'amore per Dio, che si
realizza nell'amore verso ogni uomo, non bisogna però rinunciare alla giustizia, senza la quale non vi è che
sopraffazione. Per questo quindi Agostino rifiuta l'ideologia nazionalistica Romana e la svaluta la virtus.
Secondo Agostino quindi è destinato a cadere tutto ciò che non mira ai valori eterni.
Il XIII libro è dedicato al tema della morte, che viene vista come un male conseguente al Peccato che però
porta a Dio se accettata come obbedienza alla volontà divino.
STILE
Il De civitate Dei è rivolto ad un pubblico colto: il periodare è complesso e ricco di subordinate, viene
ricercata la concinnitas (cioè l’espressione simmetricamente armoniosa) e sono molto usate le figure
retoriche. Vi sono anche riferimenti e allusioni a molti scrittori profani come Apuleio o Cicerone.
L'andamento è più lento, con meno giochi di parole e parallelismi, lo stile è più sorvegliato e il vocabolario è
più scelto più accuratamente.

EPISTOLARIO
Le 217 lettere di Agostino affrontano i più svariati argomenti e rispecchiano la sua instancabile attività.
Agostino manifesta la sua umanità soprattutto nel confidare agli amici la pena che prova nel dover
dedicare del tempo a occupazioni che lo allontanano dalla preghiera.

SERMONES
Agostino predicò regolarmente a Ippona e talvolta a Cartagine da quando fu nominato prete fino alla
morte. I 500 Sermones ci permettono di cogliere il modo in cui parlava e tutti quei fatti linguistici che
rientrano nel discorso improvvisato. Egli sapeva creare un'atmosfera di cordialità e amicizia, adattandosi
alla cultura linguistica di chi lo ascoltava.

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