Sei sulla pagina 1di 118

MAGDALENA CALANDD

RUNE
Oracoli di presente, passato e futuro


»


V

» *
A » «

» » *•

,
'

XENIA
'

E D I Z I O N I l.
I libri dell’altra scienza

RUNE NORDICHE
MAGDALENA CALAND

RUNE
Oracoli di passato, presente, futuro

-
Grafica di copertina: Camelot

Titolo originale: Voorspellen met Runen


© Uitgeverij Schors, Amsterdam, Olanda 1997

Traduzione di Cristina Coronelli

Proprietà letteraria riservata


Xenia Edizioni
Via Carducci 31-20123 Milano

Stampato in maggio 2000 per Xenia Edizioni


da A.L.E. S.r.l. dì S. Vittore Olona (Mi)
Released by fagiolo
Questo libro è stampato su carta ecologica senza cloro
tipo Biomaster prodotta dalla Cartiera di Toscolano

-
INTRODUZIONE

Secondo gli storici, i primissimi abitanti dell’Europa Settentrionale proverrebbero dagli altipiani
dell’Iran. Questo spiegherebbe l’influenza palesemente massiccia esercitata dalle condizioni
climatiche e dalla struttura dei territori dove si sono insediati in seguito alla trasmigrazione etnica
sulle loro convinzioni religiose e sul mutamento del loro stile di vita.
Il paesaggio suggestivo quanto selvaggio che caratterizzava l’Europa Settentrionale, il sole di
mezzanotte, la magica eppure algida aurora boreale e l’oceano con i flutti che s’infrangono
impetuosi sulle alte scogliere e sui ghiacciai del Circolo Polare Artico devono essersi impressi
nell’animo di quella gente, esattamente come i germogli che sbocciano in modo repentino e
misterioso nel corso di una brevissima estate, il sole che non tramonta mai, il mare azzurro e i
geyser. Non c’è da stupirsi se gli islandesi conservano vividi ricordi legati alle credenze dei primi
abitanti dell’isola. Basta percorrere con lo sguardo il paesaggio umido e freddo per immedesimarsi
nella visione degli antichi abitanti, convinti che il mondo fosse stato plasmato da una miscela unica
e irripetibile di fuoco e ghiaccio.
La mitologia nordica è accattivante e al tempo stesso tragica. Il filo conduttore va ricercato
nell’imperituro ciclo in cui l’estate breve e ritemprante cede il passo all’inverno interminabile
punteggiato da un clima rigidissimo, da tormente di neve, dalla grandine e dal ghiaccio.
Sicuramente nessuno si meraviglia del fatto che le sue divinità mitologiche evocassero asperità e
una spiccata crudeltà. Le tradizioni legate a queste figure non sono affatto idilliache e incantevoli
come quelle degli abitanti dell’assolato meridione, dove i rami degli alberi sono ricolmi di frutti
maturi e la gente può lasciarsi accarezzare dai raggi del sole in qualunque momento.
Si evince che i nostri antenati giudicavano il freddo e il ghiacciò alla stregua di spiriti maligni, da
cui ci si doveva proteggere il più possibile, giacché durante la caccia o la pesca gli uomini erano
esposti a numerosi pericoli e alle insidie climatiche, e soffrivano a causa dei lunghi inverni gelidi,
cupi e senza sole.
Interpellati sulle modalità con cui è avvenuta la creazione del mondo, gli Scaldi o poeti
norvegesi, i cui cantici vengono inanellati nell’Edda e nelle saghe, solevano rispondere che non
esisteva né terra, né mare, né aria e ovunque dominavano le tenebre, laddove le persone si erano
fatte un vago concetto circa la possibile presenza di entità potenti e invisibili, che governavano
l’aspro clima e dettavano legge.
Le divinità se le figuravano come creature superiori tali da guadagnarsi il loro ammirato stupore,
poiché sembravano dar prova di maggiore abilità nel fronteggiare le crudelissime forze della natura
onde garantirsi la sopravvivenza.
Uno degli aspetti più pregnanti della mitologia norvegese era da ricercare nella convinzione del
popolo secondo cui le divinità sarebbero appartenute a una stirpe mortale. Gli Asi (divinità) erano
nati e pertanto se ne deduceva che i loro giorni sarebbero giunti al termine. Essendo stati generati
da un miscuglio di elementi divini e demoniaci — incarnando quindi delle entità incomplete —,
celavano, esattamente come gli uomini, il seme del decadimento, ed erano destinati a perire di
morte naturale, pei poi raggiungere l’immortalità dell’anima.
Chi si addentra nello studio dei miti e delle saghe dovrà fare i conti con il rischio di confondersi
le idee. Questo significa che ciò che risultava valido in una particolare epoca, non sarebbe più stato
in grado di soddisfare le aspettative della coscienza in espansione di un popolo vissuto in un’epoca
successiva. Si tratta di un aspetto che affiora con la massima chiarezza nella descrizione dei tratti

-
salienti delle numerose divinità, le cui qualità hanno subito nel corso del tempo una serie di
mutamenti spesso profondi.

-
I
Riti e tradizioni delle popolazioni nordiche

Già durante l’età della pietra abbiamo assistito all’incontro fra due diverse culture: a volte questi
incontri si sono manifestali con un certo vigore e a tratti hanno dato origine a una serie di
«contaminazioni». La prima cultura era di stampo rurale, snella mente vincolata a un luogo ben
preciso e che seppelliva i suoi figli vissuti costantemente entro i suoi confini. Le radici della
seconda cultura affondavano nelle regioni iperboree, che all’epoca probabilmente non erano
ancora completamente rivestite dal Circolo Polare Artico. Questa civiltà nomade costituita da
pastori e cacciatori, armati di una scure a doppio taglio, era dedita a un culto del sole e non aveva
fissa dimora. La sua gente era estroversa, cremava i suoi morti e si appellava alla sua origine e
connotazione divina. Essa riconosceva il potere delle rune.
All’inizio gli adepti di questa civiltà credevano che il cielo ruotasse su quattro pilastri, sorretti da
quattro nani: Austri (Est), Westri (Ovest), Nordr (Nord) e Sudri (Sud). La corrispondenza
etimologica con i nomi dei punti cardinali che ben conosciamo si commenta da sé.
Il sole (Sol) e la luna (Mani) erano i primogeniti degli dei, il cui influsso cangiante si palesava
nel compimento del ciclo della Terra. La notte (Nott) e il giorno (Dagr) rendevano visibile questo
mutamento. Il giorno scaturisce dal grembo della notte. Seguendo questo filo conduttore, si può
comprendere a rigor di logica come mai l’inizio dell’anno venisse fatto cadere in primavera.
Particolarmente gioiosi e suggestivi erano i festeggiamenti durante l’equinozio di primavera e
d’autunno. La nostra Pasqua allude tuttora alle caratteristiche della sua simbologia: il mondo — che
presenta la forma di un uovo — è associato alla frantumazione e allo scaturire di qualcosa di
nuovo, rappresentato dall’apparizione della dea Ostsara (il cui nome è evocato dal termine tedesco
«Ostern» e dall’inglese «Eastern» = Pasqua). Il suo nome significa: «colei che viene dall’Est».
L’inizio della stagione della semina e l’uscita in mare delle barche dei pescatori veniva salutato
nelle foreste e in altri luoghi sacri con una serie di danze, riti e cerimonie.
In autunno si celebrava la festa del raccolto: durante le processioni si era soliti esibire un carro
del sole trainato da puledri bianchi. Sulla sommità del carro splendeva una lastra dorata, il simbolo
del sole, che attestava la gratitudine nei confronti di questo astro. Popoli come i Normanni e i
Vichinghi, che dimoravano in prossimità del mare, prendevano commiato dal sole, il quale nei cupi
mesi invernali si manteneva pressoché invisibile, applicando su una nave la lastra dorata.
Oltre alle feste diurne, le popolazioni nordiche celebravano anche due feste notturne, che
avevano inizio durante i solstizi. Il 21 giugno, in coincidenza con il solstizio d’estate, intere
comunità si radunavano in un luogo situato sulla sommità di un monte, dove si procedeva alla
rappresentazione del tramonto dando fuoco ad arbusti collocati all’interno di ruote; queste ultime
venivano quindi fatte rotolare lungo il declivio del monte in questione. Verso mezzanotte si
bruciavano le ghirlande di foglie fissate su lunghi bastoni che simboleggiavano l’albero della vita.
Prima che sorgesse il sole, due uomini salutavano la «nascita del sole» al suono di lur — strumenti
a fiato di bronzo lunghi e ricurvi —, alle cui estremità erano collocate delle lastre dorate.
Il solstizio d’inverno di dicembre cadeva nel cuore della dodicesima notte dedicata al padre
degli dei. In questa occasione, si creavano dei ceppi a forma di piramide che venivano disseminati
in vari luoghi, e sulla cui sommità veniva fissata una ruota a rappresentazione del sole. All’interno

-
della piramide ardeva un grande fuoco simboleggiante la vita, che rimaneva acceso anche se
avviluppato dalle tenebre. A mezzanotte il fuoco veniva spento, per accenderne uno nuovo sulla
sommità della piramide: il nuovo anno è nato, la vita si manifesta in tutta la sua luce e in tutta la
sua possenza, ora è visibile agli occhi di ciascun individuo. Nel frattempo le donne addobbavano un
abete di stelle fatte di giunchi intrecciati.
La tradizione di questi riti, pur se con modalità alquanto diverse, si è mantenuta intatta fino al
Medioevo, mentre in alcune località si è perpetrata più a lungo, anche se in modo frammentato. Gli
Scaldi e i Bardi, poeti e menestrelli che si spostavano di corte in corte, ospiti di duchi e castellani
dell’Europa settentrionale, cantavano i miti e le saghe dell’antichità, oltre alle profezie delle Nome.
Essi cantavano «l’ultima battaglia del mondo», il crepuscolo degli dei, la saggezza del padre
supremo, le rune nonché i miti e le saghe sugli dei e sui ghiacciai. Dobbiamo essere grati
soprattutto a questi cantori, che hanno illustrato buona parte dei racconti nel ciclo poetico
dell’ Edda, se una cospicua quantità delle storie è stata tramandata alle generazioni successive, fino
ai giorni nostri.

-
II
L’origine delle rune

Ma che cosa sono realmente le rune? «Simboli incisi sulle pietre», sostengono i più, poiché le
associano mentalmente alle antiche civiltà nordiche, ai Normanni, ai Vichinghi nonché a misteriosi
riti magici non meglio definiti. Chi desidera approfondire ulteriormente la conoscenza e l’impiego
delle rune, dovrebbe cercare di immedesimarsi con la dimensione mentale che ne ha favorito la
creazione.
Sono stati ritrovati alcuni esemplari di rune risalenti anche alle epoche più remote, ricavati
dall’argilla, dal metallo, dal legno (i reperti riguardanti quest’ultimo materiale sono naturalmente
pochissimi) e dall’osso. Solo molto più tardi, nel corso della storia, sarebbero state incise sulla
pietra. Si sono avute tracce della presenza di rune su quasi tutto il territorio europeo e non solo:
dalle Colonne d’Ercole (Gibilterra) fino alle coste dell’India, esse rappresentano altrettanti retaggi
di tempi lontanissimi e ormai irrimediabilmente conclusi.
A dispetto degli innumerevoli tentativi di leggere e interpretale le rune come se si trattasse di
caratteri ortografici, non è affatto semplice sviscerarne il significato nascosto, giacché non lo si può
trasporre nella dimensione mentale dei giorni nostri. In origine, ogni runa rappresentava un intero
universo concettuale e racchiudeva molteplici informazioni. I sacerdoti dovevano essere a
conoscenza dell’accezione magica delle rune, tramandata di padre in figlio durante i riti iniziatici.
Con simili presupposti, è probabile che non fosse un’impresa ardua spezzare questa fragile catena
di tradizioni, laddove occorreva semplicemente limitarsi a impedire, a chi ne veniva escluso, di
ricevere una simile eredità. La storia documenta l’esistenza dell’editto di Lippe, emanato da Carlo
Magno nel 783: «In seguito alla soppressione dei riti pagani, è vietato procedere alla celebrazione
degli stessi. Chiunque sia sospettato di preferire la cremazione alla sepoltura dei defunti, di
partecipare a riti o a feste pagane, di arrecare oltraggio o molestia ai rappresentanti della Chiesa
cristiana, pagherà con la sua testa...».
Al presente editto ha fatto seguito la decapitazione di 4.500 primogeniti appartenenti ai più nobili
casati sassoni, un’esecuzione di massa consumatasi in prossimità delle pareti esterne dei monti che
si trovano sul versante sud-occidentale della Selva di Teutoburgo. Come attestano le
documentazioni storiche dell’epoca, la carneficina ebbe luogo in un solo giorno.
I primi caratteri simbolici atti a riprodurre i pensieri sono stati battezzati «rune», dal termine
gotico runa, che significa «segreto». Ognuno di questi simboli costituiva un serbatoio di
conoscenza intuitiva, e a chi dimostrava grande competenza nell’interpretazione dei loro contenuti
veniva riconosciuto un grande potere.
Le rune non si limitavano a essere un veicolo atto a svelare le dinamiche del destino, poiché fin
dall’inizio ricoprivano un ruolo tanto profetico quanto ritualistico, che consentiva di invocare le
divinità o altre entità superiori affinché migliorassero il corso dell’umana esistenza.
Correva l’anno 98, quando Cornelio Tacito, storico romano, scrisse nell’opera Germania,
riferendosi ai riti delle popolazioni nordiche, che le divinazioni compiute avvalendosi del loro
oracolo erano decisamente più evolute rispetto a quelle di tutti gli altri popoli.
loro metodo era semplicissimo; essi tagliavano uno o più rami giovani e rigogliosi,
preferibilmente di un albero da frutta, per poi suddividerli in 24 frammenti di grandezza più o meno
uguale, sui quali incidevano diversi caratteri. Con grande disinvoltura li lanciavano sopra un

-
fazzoletto utilizzato a tale scopo. Dopo che il sacerdote della stirpe o, qualora il rito fosse celebrato
all’interno del nucleo familiare, il capofamiglia aveva invocalo le divinità, quest’ultimo — ad occhi
chiusi — sceglieva tre di quei bastoncini lasciandosi guidare dall’intuito, e infine li avrebbe
interpretati in base ai simboli incisi.
All’epoca di Tacito, le rune erano già diffuse presso le popolazioni nomadi, i mercanti, i
Normanni, i soldati, i Vichinghi, i prigionieri e gli schiavi di buona parte del continente europeo;
poiché la comunicazione era divenuta un fattore indispensabile, la creazione di un alfabeto comune
non era solo auspicabile ma addirittura imprescindibile.
Questo giustifica l’iniziale impiego delle rune, un alfabeto denominato Futhark, prendendo
spunto dalle sillabe dei primi sei caratteri:

Col tempo si sono sviluppati tre sistemi runici, che affondano le radici nell’antichità:

1. il Futhark più antico (24 rune)


2. il Fulhorc anglofrisone (29-33 rune)
3. il Futhark più giovane (16 rune)

Questo libro utilizza il Futhark più antico, che è composto da 24 rune. Le 24 rune vengono
suddivise in tre gruppi utilizzati tutti insieme e contrassegnati da otto caratteri. I tre gruppi,
designati come Aett = Otto, portano il nome della prima runa di ciascun gruppo:

-
-
A prescindere dal significato di ogni singola runa che compone questo gruppo, occorre
soffermarsi su alcune indicazioni fornite dal gruppo in quanto entità globale, e finalizzate al
compimento di uno stile di vita all’insegna della stabilità. Il filo conduttore di questo primo gruppo,
che comincia con Fehu (bestiame, prosperità) per concludersi con Wunjo (gioia) è: trovare i
presupposti per un’esistenza stabile e prospera.
Il fatto di possedere del bestiame e il benessere che ne derivava costituivano le premesse più
importanti ai fini di una «bella vita».
La forza fisica e l’impeto istintivo che consente ai proprietari di proteggersi dagli intrusi erano
esaltati come mirabili virtù, poiché in un contesto di pericolo esse sarebbero state in grado non solo
di difendere ma anche di custodire i beni posseduti. I a tutela della stabilità era peraltro ravvisabile
nella capacità di prevedere gli avvenimenti negativi dell’ambiente circostante e di prendere dei
provvedimenti atti a scongiurare i conflitti che ne sarebbero scaturiti.
Le discussioni e gli scambi di vedute erano un lusso che ci si poteva permettere in un ambito
protetto; tuttavia, per salvaguardare la risolutezza, era indispensabile che non degenerassero mai in
conversazioni interminabili, foriere di nessun progetto e di nessuna azione concreta.
Il neologismo forza creatrice definisce in modo esauriente questo gruppo.

-
Il filo conduttore di questo secondo Aett, che ha inizio con la runa Hagalaz (grandine) per
concludersi con Sowild (sole), è legato al concetto del tempo, della dipendenza dall’imprevedibilità
dei fenomeni atmosferici, dalle stagioni, dalle grandinate e dalle bufere di neve, dal gelo, dal caldo,
dalla siccità e dalle altre inevitabili manifestazioni avverse. Il punto focale di queste otto rune
andava ricercato nella speranza che le condizioni climatiche stagionali esercitassero un influsso
benefico sul raccolto, proteggendo altresì le navi e la navigazione.
Hagalaz (grandine), unitamente al seme del gigante di ghiaccio Ymir, era definita la più chiara di
tutte le specie di cereali: essa discendeva vorticosamente dal cielo, agitata da mugghiami bufere,
per dissolversi nel volgere di qualche tempo in acque feconde che avrebbero ammantato i terreni
incolti.
Queste otto rune inducono il soggetto dinamico del primo gruppo a confrontarsi con
l’incontrollabile volubilità, c h e potrebbe insorgere a seconda delle circostanze. S’instaura un
crescente bisogno di consapevolezza.
La speranza nutrita nei confronti di un positivo evolvere dell’annata illustra sapientemente il filo
conduttore di questo Aett.
Il terzo e ultimo gruppo, che ha inizio con Tiwaz (stella) per concludersi con Othial (latifondi),
rispecchia, in virtù del suo contenuto di stampo perlopiù arcano e magico, l’esigenza di elaborare
una serie di criteri differenziati atti a costruire una società destinata a diventare sempre più
complessa.
In questo gruppo, i mutamenti e i progressi, di cui è foriera l’evoluzione umana, vengono scrutati
da.vicino e, laddove occorre, trasformati. Questa trasformazione non si limita ad offrire una
panoramica circa i progressi di matrice positiva compiuti dal genere umano, ma si sofferma
parimenti sugli aspetti negativi, che in ultima analisi dovrebbero condurre a Ragnarök
(avvizzimento, decadimento e rinascita).
Se le otto rune del gruppo Fehu danno risalto agli dei e a tutte le altre entità e se le otto rune del
gruppo Hagalaz descrivono le forze antagoniste, importanti ai fini dell’evoluzione, le otto rune del
gruppo Tiwaz forniscono una visione d’insieme che fa ben sperare sulla crescita spirituale
dell’uomo. Per quanto attiene al gruppo Tiwaz, oltre al neologismo crescita spirituale, il termine
trasformazione risulta particolarmente indicato.

-
-
III
Il significato delle 24 rune e delle figure
mitologiche a cui corrispondono
In questa sezione del libro viene approfondito il significato delle 24 rune, evidenziando, nei
limiti del possibile, le corrispondenze mitologiche che vi fanno riscontro. Elencheremo le rune in
sequenza, basandoci sulle forme e sui nomi ad esse attribuiti nonché sulle loro modalità d’impiego
nell’antico Futhark.

Runa Figure mitologiche

1. Fehu Thor/Donar
2. Uruz Audumla
3. Thurisaz Loki
4. Ansuz Odino/Wotan
5. Raido Sole e Luna
6. Kenaz Freyr (Frey)
7. Gebo Freyja
8. Wunjo Balder
9. Hagalaz Niflheim
10. Naudiz Dee del destino (Nome)
11. Isa Jòtunheim - Utgard
12. Jera Freyr (Frey)
13. Eihwaz Yggdrasil
14. Perth Vidarr
15. Algiz Heimdall
16. Sowild Sol (Sunna)
17. Tiwaz Tyr (Tiw, Ziu, Tiwaz)
18. Berkana Frigg (Berchta)
19. Ehwaz Svadilfari e Sleipnir
20. Mannaz Heimdall
21. Laguz Njórd
22. Inguz Freyr (Fry, Ing)
23. Dagaz Ragnaròk
24. Othial Ragnaròk

-
1. FEHU - Bestiame, Prosperità

Sillaba: f

Il significato tradizionale della runa Fehu è correlato al possesso di un patrimonio zootecnico


perlopiù notevole. Nelle società per nulla complicate che caratterizzavano l’Europa Settentrionale
all’epoca della diffusione delle rune, possedere del bestiame era sinonimo di ricchezza, la quale a
sua volta era associata al potere. Il potere di una dinastia era commisurato al mimerò dei suoi
armenti. Nell’inclemenza del clima nordico, il bestiame non si limitava a garantire il sostentamento
ma costituiva anche una merce di scambio appannaggio di un commercio redditizio. Sotto l’egida
dei capi delle dinastie, incaricati della spartizione piuttosto equa del patrimonio, gli abitanti del
villaggio potevano sentirsi al sicuro; indubbiamente la prosperità di cui beneficiavano i pochi
privilegiati era a tratti fonte d’invidia e livore.
Così si esprime il ciclo poetico dell’Edda a tale proposito:
...La ricchezza scatena dissapori
fra i propri simili.
Il lupo si cela
Nella selva...
La runa Fehu è strettamente legata ai contesti per i quali si soleva invocare la protezione di
Thor/Donar.

Significato divinatorio:

L’energia della runa Fehu dimora nel possesso dei beni mobili. Se in fase divinatoria questa runa
esce al diritto e se, alla luce dei fattori contingenti, può presentare una connotazione positiva,
significa che denaro o beni di possesso si profilano all’orizzonte. Potrebbe trattarsi di un aumento
di stipendio o di una vincita al gioco, oppure di un regalo che il consultante è prossimo a ricevere.
Se invece la runa è rovesciata, lo si potrebbe interpretare come un monito che impone di non
indulgere a capricci o a spese avventate per non mettere a repentaglio la sicurezza del futuro.
Significato della runa al diritto:
Prosperità, possesso di beni, diritto di proprietà, oggetti preziosi, risolutezza e intraprendenza,
impulsività.
Significato della runa al rovescio:
Passività, noia, dipendenza, sudditanza, asservimento, povertà, debiti.
Corrispondenze:
Tarocchi: Vili arcano maggiore - La Giustizia

-
Astrologia: Sole in Ariete/Luna in seconda casa
I Ching: 1° esagramma, Ch’ien - Il Creativo

-
THOR/DONAR

In una vasta parte della Scandinavia e dell’Islanda, Thor/Donar era ritenuto assai più importante
di Odino/Wotan, ossia della divinità principale. Con ogni probabilità, i forti e indipendenti abitanti
di quelle terre apprezzavano l’estrema bellicosità di Thor rivelata principalmente nei confronti dei
giganti, e nutrivano simpatia per i suoi difetti.
Non si può escludere che il primo Thor avesse delle qualità più nobili rispetto al suo successore,
la cui voce tonante, udibile anche a notevoli distanze, gli era valso il soprannome «la ruggente testa
calda» (Hlorridi). La letteratura norvegese al pari di quella islandese si sofferma sulla sua forza
invincibile, sul suo comportamento da sempliciotto ai limiti della cialtroneria, sulla sua lentezza nel
coordinare i pensieri e sulla sua disarmante sincerità che lo ha reso un beniamino delle folle.
Nondimeno il primo Thor — al contrario del personaggio che abbiamo tratteggiato poc’anzi —
era il temibile dio della Tempesta e del Tuono al pari di Odino. Le credenze popolari volevano che
quando infuriava un temporale si udissero le ruote possenti del carro di Thor, intento a solcare le
nubi. I fulmini che dardeggiavano nel cielo erano Mjölnir (lo sfracellato re), il rovente martello di
Thor che si ritraeva nella sua mano come un boomerang, dopo essere stato brandito e percosso in
preda all’ira.
Con lo stesso martello, egli benediceva anche i matrimoni e i contratti aventi valore giuridico.
Quando fu innalzato il rogo destinato ad accogliere Balder, Thor lo benedisse con il suo martello.
Egli presiedeva a tutte le adunanze popolari e alle questioni giuridiche del Midgard, operava
guarigioni e suscitava i sogni. Fu anche dio del Vento e del Tempo atmosferico e successivamente
anche dio dell’Agricoltura e della Navigazione.
Soprattutto nell’antica Norvegia, egli era assai più venerato di Odino/Wotan, il quale era
considerato perlopiù un sacerdote, laddove invece Thor/Donar veniva sostanzialmente idolatrato
alla stregua di un padre spirituale. Ovunque sorgevano templi a lui dedicati. S’invocava il suo
consiglio e il suo aiuto nell’ambito di tutte le transazioni commerciali. Inoltre era considerato il
protettore del lavoro sereno e pacifico, per non parlare dei suoi interventi (all’insegna dei consigli e
dell’azione) in difesa delle proprietà degli abitanti del Midgard contro l’assalto dei giganti e di altre
forze demoniache.
All’inizio, è probabile che la caduta dei meteoriti abbia ispirato la leggenda di Mjölnir, il
martello di pietra che faceva parte degli attrezzi di Thor; successivamente si è voluto credere che i
nani Brok e Sindri abbiano costruito questo possente martello appositamente per lui. Si trattava
peraltro di un’arma che ben tratteggiava l’invincibile forza di questa divinità. La lancia trafigge, la
scure taglia, mentre il martello si abbassa fragorosamente e frantuma.
La moglie di Thor si chiamava Sif (colei che rallegra e consola). La figlia Thrudr, il cui nome
deriva da Thrudheim (campo di forza), domicilio di Thor, era una mitica incarnazione del dio,
esattamente come i due figli Magni (forza) e Modi (impetuosità). Si dice che Thor abbia generato
Magni con la gigantessa Jarnsaxa (ferro). Il marito di Jarnsaxa, Hrungnir, sfidò Thor a duello e lo
fece cadere posandogli il piede magico e possente sul petto. Nessuno era sufficientemente forte da
spostare il piede del gigante. Tuttavia Magni, il figlio di Thor che all’epoca del fatto non aveva più
di tre giorni di vita, con un gesto noncurante tolse il piede senza la benché minima fatica.

-
2. URUZ - Uro, Forza

Sillaba: u

La forza che pervade questa runa è indomabile, allo stato puro e incredibilmente vitale. Essa
simboleggia l’irrefrenabile impulso di mettersi in mostra. Uruz (uro) era il nome di un bue
selvaggio che viveva nelle foreste dell’Europa Settentrionale e che si sarebbe estinto solo nel XVII
secolo. L’altezza delle spalle si aggirava intorno ai due metri; questo animale aveva un folto
mantello a pelo lungo nonché lunghe e terribili corna ricurve con le quali afferrava chiunque gli
sbarrava il cammino. Non si lasciava addomesticare, anche se catturato giovanissimo. Gli si dava
volentieri la caccia, poiché era un ambito trofeo soprattutto per i più giovani clic in tal modo si
sarebbero assicurati un posto d’onore all’interno della famiglia: colui che possedeva il maggior
numero di (orna di uro era un eroe. Durante i festeggiamenti, queste corna venivano utilizzate a
mo’ di bicchieri. La runa Uruz può infondere la speranza e il coraggio di afferrare il toro per le
corna.
Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita a tale proposito:
L’uro, animale impetuoso e aggressivo con lunghe corna appuntite che si
aggira per lande desolate e coraggioso combatte, senza paura è un animale
bellicoso.
La runa ispirata a questa figura è strettamente correlata alla mucca Audumla, allegoria
dell’abbondanza.

Significato divinatorio:

La runa Uruz rispecchia la forza, la resistenza, la virilità e la salute di ferro. Rappresenta anche le
sfide. Anticamente, i giovani dell’estremo Nord si dovevano limitare ad abbattere i selvaggi uri e a
dar prova del coraggio degno di un eroe prima di poter accedere di diritto a un ruolo all’interno
della società.
La runa simboleggia forza di volontà, coraggio nonché una fase esistenziale in cui è d’obbligo
prendere una serie di decisioni. Se la runa appare al rovescio, è indice di vigliaccheria: qualcuno
elude le difficoltà e le sfide.
Significato della runa al diritto:
Salute di ferro, forza fisica, dinamismo, volontà d’acciaio, pacifismo, coraggio, fiducia in sé stessi.
Significato della runa al rovescio:
Avidità di piaceri, brutalità, durezza, insensibilità, sentimentalismo, indolenza, occasioni perdute,
salute cagionevole, delusioni.

-
Corrispondenze:
Tarocchi: II arcano maggiore - La Papessa
Astrologia: Sole in Toro/Luna in ottava casa
I Ching: 7° esagramma, Shih - L’Esercito

-
LA MUCCA AUDUMLA

Narrano i miti e le leggende che in principio esisteva un baratro, l’immenso Nulla


(Ginnungagap), entro cui scorreva l’acqua, non crescevano alberi e non sbocciavano fiori.
Nell’estremo Nord, al limitare del mondo, al di là di questo baratro, vi era un luogo ammantato di
fumo e nebbia, detto Niflheim, mentre a Sud si estendeva uno sfavillante paese del Fuoco, noto
come Muspellsheim.
Dodici fiumi dalle gelide acque pressoché simili a lastre di ghiaccio nascevano a Niflheim per
poi confluire in altrettante correnti, la cui sorgente aveva sede nel paese del Fuoco; tuttavia queste
acque erano intrise di un potente veleno che le congelava nel volgere di breve tempo. Non appena
le gelide acque del Nord si mescolarono a questa massa pressoché immobile, il baratro di
Ginnungagap si riempì di cristalli di ghiaccio e brina. L’aria calda, proveniente dal paese del Fuoco
di Muspellsheim, sciolse il ghiaccio e dalla miscela composta dalle due correnti nacque il
gigantesco Ymir, il mugghiante uro. Scrivono i bardi poetici dell’Edda che quell’evento segnò
l’inizio caotico della vita.
L’unione fra l’ardente mare fiammeggiante di Muspellsheim con la freddissima nebbia, la
grandine e le bufere di neve del fumoso mondo di Niflheim generò all’alba dei tempi anche
Audumla, la mucca dell’abbondanza. Dalla sua mammella scorrevano quattro canali del latte, che
costituivano il nutrimento del gigantesco uro Ymir, che comunque nacque senza essere stato
concepito.
Ognuna di queste entità produsse — senza concepirla — una discendenza. Ymir la creò con il
suo sudore, Audumla leccò il ghiaccio dalle rocce, vivificandolo, e Buri (il genitore) fu svegliato
alla vita.
Börr, il figlio di Buri, prese in moglie la gigantesca figlia Bestia. Da questa unione nacquero
Odino, Vili e Vé, che si rivoltarono seduta stante contro il furioso gigante di ghiaccio Ymir,
riuscendo a sconfiggerlo. Scagliarono l’enorme corpo nel baratro di Ginnungagap, che si riempì
fino all’orlo del suo sangue. Scoppiò un diluvio universale in cui tutti annegarono ad eccezione di
due giganti. Bestia e Bòrr riuscirono a mettersi in salvo e s’insediarono a Est, per la precisione a
Jòtunheim, dove diedero origine a una nuova stirpe di giganti.
Successivamente, Odino, Vili e Vé ripescarono il corpo del gigante sconfìtto dalle vorticose
acque del baratro e con esso plasmarono il mondo degli uomini, che chiamarono Midgard
(domicilio intermedio). Con le ossa di Ymir furono create le montagne, il suo sangue riempì i mari,
la sua carne divenne terraferma e le sue sopracciglia si mutarono in alberi. Il suo cranio venne
utilizzato come firmamento, dove le tre divinità collocarono le luminose scintille prelevate dal
fiammeggiante mare di Muspellsheim. Crearono dei carri di trionfo in onore del sole e della luna e
li guidarono sulla retta via. Fu così che l’ordine fu stabilito nel mondo.

-
2. THURISAZ - Mostro, Caos, Spina

Sillaba: th/d

La forza espressa dalla runa Thurisaz provoca il caos che si rivolta contro la società in cui regna
l’ordine. Questa runa libera tutte le caratteristiche negative dei giganti del ghiaccio. Per designare la
loro connaturata crudeltà, nei paesi scandinavi si era soliti chiamarli «adescatori di donne».
La runa in questione rappresenta una forza dirompente, che occorre riconoscere tempestivamente
e tenere a bada poiché altrimenti si rivolterebbe — quasi all’istante — contro colui che l’ha
innescata.
Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita a tale proposito:
La spina è acuminata e dolorosa, perniciosa se la si afferra,
ma insopportabilmente atroce per il combattente su cui costantemente muoversi deve.
Questa runa è stata attribuita a Loki, poiché con le sue azioni subdole egli ha cagionato turbamento
e dissapori.

Significato divinatorio:

La runa Thurisaz esprime i piccoli risentimenti che occorre elaborare quotidianamente. Di per sé,
come le spine, sono solo fastidiosi, ma a tratti, complice la mancanza di obiettività o
d’introspezione, potrebbero assumere proporzioni gigantesche non commisurate alla causa
scatenante. Sarebbe opportuno discutere dei problemi con gli amici, aspettando pazientemente il
vostro turno. Non giungete a conclusioni affrettate; la prudenza non è mai troppa.
Significato della runa al diritto:
Forza che è fonte di caos; raggiri; disturbo, ostacolo, limitazione.
Significato della runa al rovescio:
Inganno, perversione, corruzione, seduzione (soprattutto da parte di una donna).
Corrispondenze:
Tarocchi: IV arcano maggiore - L’Imperatore
Astrologia: Sole in Capricorno/Luna in quarta casa
I Ching: 7° esagramma, Shih - L’Esercito

-
LO KI

Loki era originariamente un demone e quindi — come Odino/Wotan — un’entità ctonia


(sotterranea). Da alcune fonti si apprende che Loki e Odino sarebbero addirittura fratelli, mentre
secondo altre testimonianze queste due divinità, com’era consuetudine nei paesi nordici, avrebbero
sottoscritto un patto di sangue.
Il primo Loki era il dio del focolare; successivamente sarebbe divenuto il dio dell’astuzia e
dell’inganno esecrato ovunque.
Thor, che incarnava l’instancabile zelo norvegese, era l’energico, rozzo e a tratti ingenuo
avversario di Loki, il quale per contro simboleggiava l’opportunismo e l’inventiva che si fa beffe
della verità. Queste due divinità erano legate da un rapporto cameratesco. Thor era
fondamentalmente leale, mentre Loki era un intrigante nato. A lungo andare, la sua natura subdola
lo ha allontanato dalla retta via, inducendolo a sviluppare un animo estremamente perfido ed
egoista. Egli costituisce la metafora del Male sotto forma d’inganno e tradimento.
Gli dei hanno tardato a riconoscere questa versione occulta del Male, persuasi com’erano che
Loki appartenesse a loro. Loki viaggiava con loro e prendeva parte ai loro svaghi. Gli consentivano
peraltro di presenziare alle loro adunate, dove ebbero la sventura di seguire i suoi consigli a
detrimento dell’onore e dell’innocenza che li caratterizzava.
Loki dimorò perlopiù nella società di Thor. Loki accompagnò anche Thor alla rocca
dell’Utgarda-Loki di Jötunhein, per solitane al gigante Geirod il martello magico di Thor, che lui
stesso gli aveva procurato con l’astuzia. Fu lui a rubare la collana di Freyja e a tagliare i capelli
d’oro di Sif, la sposa di Thor; consegnò inoltre Idun, dea della primavera, e le mele dell’eterna
giovinezza nelle mani del gigante Thiazzi. Si conoscono pochissimi casi in cui ha elargito un
benefico consiglio agli dei, fornendo loro un aiuto concreto; ancor più raramente è avvenuto che
egli li traesse d’impaccio da una situazione difficile che lui stesso aveva cagionato.
Il ruolo ambiguo rivestito da Loki per quanto attiene alla morte di Balder (vedi più avanti)
convinse gli dei a combattere il Male con estrema decisione.
Per ragioni di sicurezza, Loki si tramutò in un salmone e si nascose fra le acque di una cascata.
Thor fini col ripescarlo gettando la sua rete. Loki fu incatenato in una caverna situata nei meandri di
una roccia (cfr. Prometeo nella mitologia greca), dove abitava un serpente che instillò il suo veleno
sul volto di Loki. Poiché il veleno gli causava un dolore insopportabile, sua moglie Sigyn (consorte
di Loki nella società degli Asi) lo mise dentro una coppa. Tuttavia, bastava socchiudere il coperchio
della coppa perché nuove gocce di veleno investissero il volto di Loki, il quale, torcendosi dal
dolore, faceva tremare la terra.
Nel crepuscolo degli dei e con l’esplosione dell’ultima battaglia del mondo (Ragnarök), Loki
spezzò quasi senza fatica le sue fradice e consunte catene e divenne il comandante dell’esercito dei
giganti.

-
3. ANSUZ - uno degli Asi, Bocca

Sillaba: a

La runa Ansuz non si limitava a essere la runa della parola, del canto e di altre espressioni
poetiche, bensì anche la runa delle formule magiche destinate a essere tramandate alla generazione
successiva. Poiché per le popolazioni nordiche questa runa costituiva parimenti l’espressione della
loro fede nella guida divina, Ansuz fungeva anche da contraltare al caos. I legittimi aspetti della
natura erano un esempio per le norme di comportamento che avrebbero plasmato una società dove
l’ordine avrebbe potuto regnare maggiormente.
Narra la mitologia che un giorno Odino, il suo amico Hönir e Loki trovarono due alberi sulla
spiaggia. Con quegli alberi i tre dei modellarono un uomo, che chiamarono Ask (frassino) e una
donna, che chiamarono Embla (rampicante). Odino donò loro il soffio vitale e l’intelletto, Hönir gli
organi di senso e Loki il sangue e il volto. Da Ask e Embla discende il genere umano.
Il poema epico islandese della Völuspa dedicato alle rune recita a tale proposito:
Nessun anelito vi pervadeva, né sangue o percezione,
Nessuna parola profferita, né vita tingeva le vostre labbra;
Odino vi infuse il soffio vitale, Hönir vi fece dono degli organi di senso,
Il sangue e il volto ve li diede Loki.
La runa Ansuz, spesso designata come runa divina, era dedicata a Odino, la divinità più
importante che dimorava nell’olimpo nordico.

Significato divinatorio:

Se durante la divinazione la runa Ansuz riveste un ruolo di primo piano, significa che il
consultante è una persona razionale, per esempio un giornalista, oppure una persona che ama il
dialogo e lo scambio di opinioni o anche un soggetto alla ricerca di qualcosa. Il consultante
conoscerà sempre nuova gente che lo aiuterà ad evolvere. Siate preparati a eventuali tranelli e
scansateli silenziosamente. Sappiate che per coltivare i vostri talenti occorrono tempi lunghissimi.
Significato della runa al diritto:
Oratore o autore impetuoso e carismatico, intuizioni rivelazioni, relazioni e contatti sorprendenti,
spiritualità in qualche modo elastica.
Significato della runa al rovescio:
Persona che induce alla chiacchiera boriosa, intrigante, ingannatore, calunniatore,
sensazionalismo.

-
Corrispondenze:
Tarocchi: I arcano maggiore - Il Bagatto
Astrologia: Sole in Gemelli/Luna in dodicesima casa
I Ching: 59° esagramma, Huan- La Dissoluzione (La Dispersione)
ODINO/WOTAN

Odino, Wuotan o Wotan era la divinità suprema dell’olimpo nordico, ed essendo il più anziano
degli dei occupava di diritto il trono più alto. Hlidskialf, così si chiamava, non si limitava a essere
un trono eminente bensì anche un luogo da cui si dominavano tutti i mondi con lo sguardo. Di
conseguenza egli era sempre ben informato riguardo a quanto accadeva fra i giganti, gli elfi, i nani
e gli uomini.
Odino era spesso avvolto in una tunica di color grigio-blu, simbolo del cielo solcato dalle nuvole
che egli impersonificava. Un cappello a tesa larga rivolta all’ingiù celava le sue orbite vuote. Nella
mano reggeva solitamente la lancia Gungnir rivestita di rune, che non falliva mai il suo obiettivo.
Intorno al dito o al braccio portava l’anello magico Draupnir che — in quanto simbolo della
fertilità — si ottuplicava ogni nove giorni.
Asgard, il domicilio degli Asi, dove regnava perennemente la primavera, riluceva e sfavillava di
oro e pietre preziose. Asgard era circondato da ampi corsi d’acqua, che brulicavano di spade
affilatissime, mentre i galli sorvegliavano le porte. Bifröst (arcobaleno) era il nome del ponte che
collegava Asgard a Midgard, il mondo degli uomini, su cui Heimdall montava la guardia.
Oltre al sontuoso palazzo di Gladsheim, ove si ergevano dodici troni su cui sedevano gli dei in
occasione dei loro raduni, ad Asgard Odino possedeva un secondo palazzo, detto Walhalla, che
rappresentava il salone in cui venivano condotti i soldati valorosi periti sul campo di battaglia. Le
sue porte erano così larghe da consentire l’accesso contemporaneo a 800 soldati schierali uno
accanto all’altro. Il salone era adornato da colonne dorate su cui erano incise le rune; il loro fulgore
era tale da illuminare tutto l’ambiente. Il tetto era costituito da lastre argentee sapientemente
lavorate, mentre i tavoli erano ricoperti di sontuosi oggetti e doni realizzati con cura da Odino per i
suoi ospiti. Gli spiriti degli eroi caduti — gli Einheriar — venivano rifocillati con un pasto
abbondante, e le Valchirie riempivano le corna di scintillante idromele.
Nell’antichità, le popolazioni dell’Europa Settentrionale consideravano la guerra come la più
nobile delle occupazioni e il coraggio come la suprema virtù; Odino veniva adorato soprattutto
come dio della guerra e della vittoria. Vigeva la convinzione secondo cui, in occasione di un
conflitto armato, egli inviasse le Valchirie, le sue fanciulle della guerra, per scegliere la metà dei
soldati caduti (l’altra metà spettava a Freyja), dar loro il bacio della morte e condurli in sella a baldi
destrieri al di là del fragile ponte iridato di Bifröst, fino al Walhalla. Una volta lì, gli eroi sarebbero
stati accolti con tutti gli onori e condotti dinanzi al trono di Odino, che avrebbe offerto loro un
corno ricolmo di spumeggiante idromele come ricompensa per il loro coraggio.
A Odino si deve la scoperta delle rune nel corso di un rito sulla rinascita. Dopo essersi ferito con
la punta della sua spada, si appese per un piede a un ramo dell’albero della vita Yggdrasil (cfr. XII
lama dei Tarocchi – L’Appeso).
Rimase appeso a testa in giù per nove giorni, senza bere né mangiare, a un ramo posto al di sopra
della fonte della saggezza, sorvegliata da suo zio Mimir. Allo stremo delle forze, scoprì le rune sul
fondo della sorgente. Ormai completamente esausto, emise un grido e si protese verso il basso
finché riuscì ad afferrare quei caratteri magici e a premerli contro il petto. Con l’ausilio del loro
potere magico, il dio cadde privo di sensi dall’albero… pur tenendo le rune saldamente strette fra le
mani. Questi simboli magici furono il contributo di Odino allo sviluppo della civiltà.
Facendogli bere un sorso d’acqua attinto alla fonte della saggezza, Mimir lo risvegliò alla vita.
Tuttavia Mimir pretese che Odino sacrificasse il suo occhio destro in nome del sapere primordiale
che il dio aveva trangugiato con quel sorso d’acqua. Secondo alcune testimonianze, da allora
Mimir, zio materno di Odino, si dissetava ogni giorno alla fonte a cui Odino sacrificò il suo occhio.
Nondimeno, anche all’apice della gloria, Odino continuò a essere volubile e imprevedibile, e
altrettanto dicasi per la sua benevolenza. Egli era capacissimo di portare qualcuno in palmo di
mano salvo poi gettarlo via come una scarpa vecchia, senza alcuna ragione plausibile. Comunque
non era solo volubile ma anche e soprattutto assai lascivo. Nessuna dea, gigantessa o donna mortale
era al sicuro dai suoi approcci focosi; di conseguenza egli aveva un numero imprecisato di figli e
figlie.
In quanto divinità suprema, Odino era giocoforza l’amante della Madre Terra, e poiché gli
abitanti dell’Europa Settentrionale conoscevano tre aspetti della terra, per ognuna di queste forme
gli assegnarono una moglie.
La prima fu Jörd, la terra aspra, che gli diede il bellicoso figlio Thor/Donar, dio del tuono. La
seconda nonché la più importante fu Frigg, la terra fertile, che gli diede Balder, l’amato dio della
primavera, e il prode Hermodr. La terza moglie fu Rinda, personificazione della terra dura e gelata,
che cedette con grande riluttanza agli approcci di Odino e diede alla luce Vali, simbolo della
vegetazione.
Secondo alcune fonti, Odino avrebbe sposato anche Saga a cui faceva visita giornalmente nel suo
palazzo di cristallo Sökkvabekk, situato fra il verde rigoglioso e un placido e gorgogliante laghetto.
Sorseggiando una coppa di fresco idromele, ascoltava i suoi canti che narravano le gesta di dei ed
eroi, delle sue grandi imprese e dei gloriosi eventi del passato.
Nei miti e nelle saghe scandinave, molte altre donne oltre a Frigg, Jörd e Rinda ebbero un
ruolo importante nell’esistenza di Odino; fra queste citeremo Grid, la madre di Vidarr;
Gunnlöd, la madre di Bragi; e le nove figlie della dea del mare Agir, le ondine, che insieme
diedero vita a Heimdall.
4. RAIDO – Ruota, Viaggi, Comunicazione

Sillaba: r

Il significato profondo di questa runa risiede nella capacità di muoversi nella consapevolezza dei
propri limiti connaturati, individuando la presenza di eventuali barriere. Questa runa rappresenta
parimenti la forza di una persona e le decisioni da prendere; inoltre essa impone la disciplina
affinché si crei ordine nell’ambito del proprio stile di vita commisurandolo agli intenti del singolo
individuo.
Il divorare con la runa Raido implica la volontà di scegliere il proprio cammino esistenziale e di
ascoltare la voce interiore; in altre parole, non bisogna lasciarsi influenzare da nessuno e
raggiungere la meta prefissata senza andare per le lunghe.
Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita a tale proposito:
(Cavalcare) è preludio di grande diletto per il soldato che entrerà nel
Walhalla, ma quanta energia costerà a colui che un lungo cammino in
groppa a un poderoso destriero percorrere dovrà.

Significato divinatorio:

Colui che riesce a vedere oltre il suo naso dovrà essere pronto a intraprendere viaggi, tanto nella
dimensione mentale quanto in quella spirituale, in cerca di nuovi orizzonti e nuove conoscenze: è
questo il messaggio contenuto nella runa Raido.
Colui che rimane seduto davanti alla stufa di casa sua, nell’attesa che un guru gli suoni alla
porta per vendergli scampoli di saggezza prefabbricata, non farà molta strada. Tuttavia ciò non
significa che si debba preparare lo zaino seduta stante e partire alla volta di Katmandu o del Tibet.
Il viaggio che bisogna intraprendere è un’esplorazione dell’ignoto nonché la ricerca dei valori che
meglio si attagliano al consultante; di conseguenza il viaggio conduce alla scoperta di sé stessi.
Questo richiede lealtà, fatica o sacrificio. Il risultato ripaga ampiamente delle avversità sopportate,
poiché coincide con l’autoaffermazione e la consapevolezza di ciò che si può fare, e di ciò che si
vuole.
Fidatevi del vostro istinto quando desiderate unirvi a un gruppo, poiché dovrete avere la
percezione che bastino poche parole per comprendere i vostri sforzi.
Significato della runa al diritto:
Ricerca, crescita spirituale, disponibilità a mettere ordine, capacità di creare ordine, viaggi
(anche interiori), indipendenza, nuovi orizzonti, giustizia.
Significato della runa al rovescio:
Inquietudine, turbamento, disillusione, trasferimento, regressione, atteggiamento sconclusionato,
ristagno.
Corrispondenze:
Tarocchi: V arcano maggiore - Il Papa
Astrologia: Sole in Sagittario/Luna in terza casa
I Ching: 45° esagramma, Ts’ui -La Raccolta
IL SOLE E LA LUNA

Alsvidr (velocista) era uno dei cavalli della carrozza — l’altro cavallo si chiamava Arvakr
(mattiniero) — che trainavano il carro della dea del sole Sunna o Sol, a bordo del quale essa
solcava quotidianamente il cielo. Sunna si celava allo sguardo degli uomini, avviluppandosi fra i
raggi dello Svalin, il suo dorato scudo solare.
Era considerata la sorella della luna (Mani). L’Edda più giovane le attribuisce Mundilfari (colui
che fa oscillare o ruotare l’asse) come padre e Glenr (fulgore) come consorte.
Due giovani lupi inseguivano senza tregua il carro di Sunna e Mani allestito da Odino, Vili e Vé.
Questi lupi erano discendenti del lupo di Fenri. Jarnsaxa, un’anziana gigantessa dedita al
cannibalismo, li condusse a Utgard così che, una volta adulti e robusti, avrebbero potuto divorare il
sole e la luna.
Quasi tutte le popolazioni rurali credevano che questi corpi celesti corressero il rischio, in
occasione delle eclissi di sole e di luna, di essere divorati da demoni raccapriccianti con le
sembianze di draghi o serpenti. Per questo motivo, nel corso di quelle manifestazioni della natura,
si cercava di fare il più possibile rumore e di mettere in fuga i mostri urlando o percotendo delle
botti di ferro.
Nell’universo delle saghe nordiche, ognuno di questi demoni aveva un nome: Managarmr (il lupo
lunare) dava la caccia alla luna, mentre prima o poi un giovane discendente del lupo Fenri avrebbe
divorato il sole. Inoltre, altri due lupi, Sköll (testa calda) e I Iati (odio) stavano alle calcagna di
quest’ultimo astro.
6. KENAZ - Fiaccola, Luce

Sillaba: k

Anticamente il fuoco simboleggiava l’illuminazione spirituale nonché il repentino discernimento.


Prima dell’avvento del Cristianesimo, in primavera si era soliti accendere dei grandi falò sulle
montagne per invocare il ritorno del sole, poiché per numerose popolazioni pagane esso
simboleggiava la forza vitale.
A proposito di qualcuno che all’improvviso approda alla consapevolezza e dà una svolta alla sua
vita prefiggendosi nuove mete, si dice spesso che si è aperto alla luce dello spirito. Il significato
della runa Kenaz trova riscontro in questa affermazione sol lo vari aspetti. Kenaz non è solo
sinonimo di consapevolezza di sé, di sapere interiore e della fiducia nel fatto che, solcando mia
terra sconosciuta, la luce splenderà lungo il cammino e verrà indicata la direzione da seguire. Il
significato di Kenaz va cercato anche nell’obbligo di armarsi per contrastare le influenze avverse e
di acquisire competenze (tecniche) da trasmettere alle generazioni che verranno. Questa runa era
dedicata a Freyr, dio del sole, che governava la terra degli elfi di luce.
Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita a tale proposito:
Una fiaccola dispensa luce a tutti,
la fiamma abbacinante s’irradia;
eppure arde luminosa e inestinguibile per colui
che confida nel fuoco interiore.

Significato divinatorio:

Se durante la divinazione, la posizione della runa Kenaz appare particolarmente rilevante,


significa che si profilano grandi cambiamenti in cui si potranno risolvere molti vecchi problemi e
instaurare nuovi rapporti. Si aprono nuove prospettive e sorge il desiderio di esprimersi attraverso
l’arte e la creatività. La runa al rovescio prelude invece alla perdita di beni preziosi o alla fine di
una lunga relazione ormai logora.
Significato della runa al diritto:
Rivelazione, presa di coscienza improvvisa, ispirazione, luce sul cammino, discernimento,
talento artistico.
Significato della runa al rovescio:
False speranze, perdita di prestigio, illusioni perdute, atteggiamento inconcludente, vulnerabilità,
spirito inerme, debolezza.
Corrispondenze:

Tarocchi: VII arcano maggiore - Il Carro


Astrologia: Marte congiunto a Venere
I Ching: 4° esagramma, Mêng- La Stoltezza giovanile
FREYR O FREY

Secondo fonti islandesi, una guerra sarebbe esplosa fra gli Asi e i Vani perché questi ultimi
avevano ricacciato ad Asgard la strega del malaugurio Gulveig (minerale aurifero). Logorati dal
conflitto, sottoscrissero un armistizio che prevedeva uno scambio di ostaggi appartenenti alla
discendenza divina: per i Vani, il dio Njörd e i suoi figli Freyr e Freyja, mentre per gli Asi l’agile
Hönir dai lunghi piedi oltre a Mimir, il custode della fonte della saggezza. Da quel momento i Vani
ebbero accesso alla società degli dei di Asgard.
Freyr, un dio della fertilità, era lo sposo di Erdr (Madre Terra). In Svezia era adorato con il nome
di Fricco, mentre in Norvegia e in Islanda era noto come Freyr. Freyr e suo padre Njörd erano
invocati nella speranza di ottenere un abbondante raccolto; in occasione dei pasti sacrificali veniva
sempre elevato in loro onore un corno colmo di dolce idromele, implorando un anno di pace e
prosperità.
Poiché il padre di Njörd era anche un dio della tempesta, i marinai lo pregavano affinché il vento
fosse favorevole e le loro imbarcazioni fossero protette.
Dopo Odino e Thor, il ruolo più importante nell’ambito delle saghe norvegesi è rivestito da
Freyr. In origine era un dio fallico della natura, che mandava il sole e la pioggia. In seguito si
sviluppò in un dio del sole e della fertilità, la cui dimora era fissata nel palazzo di Uppsaldir (il più
alto dei cieli), e a Ljossälsfheim, la lei i a degli elfi di luce, ricevuta in dono dagli dei dopo che gli
erano spuntati i primi denti (d’oro).
Egli cavalcava un cinghiale d’oro, che si rinnovava costantemente ed era considerato come un
sole; anche il dio era circondalo da un alone di luce bianca.
All’inizio dell’inverno (Yulefest), veniva sacrificato in suo onore il più bel cinghiale del branco,
e al tempo stesso veniva formulato un voto a cui si sarebbe tenuto fede nell’anno che stava per
cominciare.
Freyr possedeva inoltre una spada magica e invincibile, in grado di combattere da sola, nonché la
veloce nave Skidbladnir (legno alato), costruitagli dai nani Brok e Sindri. Non appena venivano
issate le vele, essa si dirigeva da sola verso la meta prescelta; quando non gli occorreva più, la
ripiegava e la riponeva nella sua borsa.
Tutti i cavalli bianchi (simboli della fertilità?) erano dedicati a Freyr, che in numerose località
veniva adorato anche in questa forma.
Durante l’ultima battaglia del mondo di Ragnarök, quella che annunciava il crepuscolo degli dei,
Freyr fu sconfitto dalla spada Fiammeggiante del tenebroso Surtr, uno dei figli del mondo infuocato
di Muspellsheim. Aveva lasciato in pegno la sua magica spada al gigante Gymir, quando ne sposò
la figlia Erdr. Per questo motivo, durante quella battaglia fatale, potè utilizzare come arma di difesa
solo un frammento di corna di cervo, raccolto in fretta e furia da terra.
7. GEBO - Dono, Ospitalità, Matrimonio, Sacrificio

Sillaba: g

La runa Gebo simboleggia un regalo che dona perenne letizia. La forza di questa runa fa sì che
due persone, quasi sempre un uomo e una donna, inizino una relazione senza costrizioni che
permetta loro di sentirsi più forti e di esprimere creatività.
A tale proposito, recita una strofa dell’Havamal:
Quando incontri qualcuno che ti ispira fiducia,
e desideri che si affezioni a te,
scambia con lui doni e pensieri
e bussa incessantemente alla sua porta.
Questa runa è stata associata a Freyja, a cui è dedicato il venerdì.

Significato divinatorio:

Se durante la divinazione la runa Gebo esce in un punto importante, significa che nell’immediato
futuro il consultante riceverà un dono che potrebbe essere foriero di gioia eterna. Può essere un
matrimonio, una solida relazione, una maggiore profondità di sentimenti o il miglioramento delle
condizioni economiche attraverso una società.
Occorre comunque sacrificare qualcosa in nome di tutto ciò; anche nello stile di vita subentrano
dei cambiamenti. L’esito finale sarà comunque all’insegna della positività e dell’armonia.
Significato della runa al diritto:
Un regalo, dare e ricevere, spirito di sacrificio, ospitalità, nobiltà d’animo, società, ricompensa,
testamento o eredità.
Significato della runa al rovescio:
Dipendenza, avidità, privazioni, oneri da sopportare, uccello del malaugurio, solitudine.
Corrispondenze:
Tarocchi: VI arcano maggiore - Gli Innamorati
Astrologia: Sole in Pesci/Luna in sesta casa
I Ching: 64° esagramma, Wei Chi - Prima del compimento
F R E VJ A

Freyja, figlia di Njörd, dio del mare e della tempesta, apparteneva, esattamente come suo fratello
Freyr, alla stirpe divina dei Vani. Poiché in fondo presentava molte analogie con la dea Frigg,
moglie di Odino, entrambe erano considerate dee dell’amore.
dome il fratello, Freyja cavalcava un cinghiale e anch’essa veniva invocata affinché favorisse la
fertilità. Viaggiava a bordo di un carro trainato da gatti a cui elargiva a piene mani fiori e frutti. Era
inoltre una profonda conoscitrice delle arti magiche, e trasmise a Odino buona parte del suo sapere.
Freyja era la regina delle Valchirie, fanciulle della guerra, che suggellavano con il bacio della
morte il triste fato dei soldati periti sul campo di battaglia. Metà dei caduti venivano issati sui loro
baldi destrieri e condotti all’interno di Sessrymnir (la sala dalle mille sedie) nel palazzo di Freyja,
detto Folksvang. Lì, Freyja curava le loro ferite e offriva un corno colmo di spumeggiante
idromele, il nettare degli dei, ispiratore di eloquenza, canti e danze. L’altra metà dei caduti veniva
accompagnata nel Wallialla, dove Odino e il suo esercito ombra, l’Einheriar, erano pronti ad
accogliere gli eroi riservando loro la medesima ospitalità.
Anche questa dea poteva assumere un aspetto diverso e non di rado si trasformava in un falco; e
proprio assumendo questa Ibi ma fece sì che l’ipocrita Loki liberasse Idun, la dea della primavera
(vedi più avanti).
Poiché nell’aspetto originale Freyja era una dea della fertilità, si era soliti pregarla quando si era
alla ricerca di un buon marito o di una buona moglie o quando ci si voleva assicurare una
discendenza numerosa e sana.
Come la maggior parte delle dee della fertilità presenti nell’universo mitologico, anche Freyja era
un’adultera. Nell’Europa del Nord, Freyja veniva spesso confusa con Frigg, non solo per una certa
assonanza che caratterizzava i loro nomi, ma per il ruolo pressoché analogo ricoperto da queste due
divinità.
Narra una leggenda ad essa ispirata, che un giorno Freyja si recò da Svartälfheimr, il fabbro dei
nani neri che viveva sottoterra, e sul suo bancone scorse una collana associata alla bellezza e
all’onniscienza. Mai prima d’ora aveva visto qualcosa di simile. La dea, che nutriva una passione
per i gioielli, desiderava ardentemente di entrare in possesso di questo monile. I nani erano disposti
ad esaudire il suo desiderio, a patto che trascorresse una notte con ognuno di loro. Freyja acconsentì
senza neppure un attimo di esitazione.
Quando Odino lo seppe, s’infuriò al punto da incaricare il perfido Loki di rubare durante la notte
la collana detta Brisingamen, da cui la dea non si separava mai. A tale scopo, Loki si trasformò in
una pulce e disturbò il sonno di Freya: quest’ultima cominciò ad agitarsi nel letto finché il gancio
della collana si aprì, permettendo così a Loki di sfilare indisturbato il gioiello che Odino voleva.
Ma il prode dio Heimdall, custode del ponte iridato, vide e udì tutto. Dopo un’aspra battaglia fra
le onde tempestose in prossimità della scogliera, riuscì a sottrarre a Loki il gioiello prediletto della
dea, restituendolo a una felicissima Freyja.
8. Wunjo - Gioia, Desideri esauditi

Sillaba: w/v

Poiché la runa Wunjo ha un potere di persuasione al di sopra delle parti, essa consente di
armonizzare dei punti di vista diametralmente opposti, esaudendo i desideri e ripristinando
l’equilibrio. Questa runa ristabilisce la pace e restituisce l’armonia; favorisce inoltre l’instaurarsi di
nuove relazioni (d’affari), che non sono solo ed esclusivamente sinonimo di fortuna e gioia
perenne, ma che possono parimenti preludere a una situazione economica positiva.
La gioia genera nuova energia che fino a poco prima era bloccata. Ravvivati da un’inconsueta
chiarezza, ci si rende conto di dover desistere da alcuni progetti e obiettivi, se non s’intende
compromettere l’armonica connessione fra l’ego e il sé.
Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita a tale proposito:
Letizia è concessa a colui che ha poche angustie,
a colui che ha ricevuto in dono una ferrea salute,
e a colui che è benedetto da una casa in cui regna la pace.
Questa runa è perlopiù associata all’amatissimo dio Balder.
Narra il poema epico danese che la sua nave con a bordo le sue spoglie mortali venne fatta
affondare nel mar Baltico.

Significato divinatorio:

Questa runa è apportatrice di buone notizie, è sinonimo di fortuna e letizia dopo un periodo
avverso nonché di convalescenza e fiducia in sé stessi. Costituisce la ricompensa per i sacrifici
fatti, e le prospettive per il futuro appaiono rosee. Wunjo simboleggia l’anello di congiunzione fra
le opinioni più diverse che si fondono armoniosamente, culminando nell’amicizia e nella buona
volontà. Questa runa designa anche il senso della famiglia e il patriottismo.
Significato della runa al diritto:
Gioia, desideri esauditi, tolleranza, cameratismo, simpatia, armonia, fortuna perenne.
Significato della runa al rovescio:
Struggimento, sfiducia, ostacoli insormontabili, allontanamento, disarmonia.
Corrispondenze:
Tarocchi: XI arcano maggiore - La Forza
Astrologia: Giove in Bilancia/Venere in Leone
I Ching: 26° esagramma, 7a Ch’u - La Forza domatrice del grande
BALDER

Dall’unione di Odino con Frigg nacquero due gemelli, diversissimi sotto il profilo fisico e
caratteriale. Hödr, il dio delle tenebre, era malinconico, introverso e cieco. Suo fratello Balder era
invece considerato il dio della luce, della purezza e dell’innocenza. Era bello e noto in virtù del suo
aspetto radioso; chiunque lo vedeva non poteva fare a meno di amarlo, e nessun dio poteva
eguagliare la sua bontà. Il giovane dio della luce conosceva bene i segreti delle rune poiché erano
tatuate sulla sua lingua; egli conosceva inoltre i poteri nascosti delle erbe. La gentilezza e il fascino
che emanavano da Balder erano invisi solo a Loki. Giacché questo dio ipocrita detestava il giovane
e bellissimo Balder, non perdeva l’occasione di escogitare malefici piani atti a distruggerlo.
Una notte, Balder sognò il suo declino. I sogni turbarono la sua serenità e l’indomani li raccontò
agli altri dei. Frigg, che come Odino possedeva poteri magici, per amore di suo figlio strappò alle
entità e alle forze della natura la promessa che mai essi avrebbero arrecato alcun male a Balder.
Da quel momento Balder parve essere divenuto invulnerabile. Per averne conferma, gli altri dei
fecero il gesto di colpirlo con le loro armi, ma non vi furono dardi, pugni o calci che potessero
ferirlo.
Questo miracolo mandò a monte i malefici progetti di Loki, il (piale, travestitosi da vecchia, fece
visita a Frigg per sondare il terreno. Durante la conversazione, egli ebbe modo di scoprire che tutte
le entità e le forze della natura avevano formulato la promessa di non arrecare alcun male a Balder,
a eccezione di un ramo di vischio, cresciuto su una quercia a ovest del Walhalla. Loki recise
frettolosamente il ramo, lo appuntì e lo diede al fratello di Balder, Hödr, il dio cieco della notte, che
con l’aiuto di Loki lo puntò contro il dio della luce. Il ramo di vischio raggiunse l’obiettivo
trafiggendo il cuore dell’adorato Balder, che stramazzò al suolo privo di vita.
Gli dei, profondamente addolorati e in preda allo sgomento, non riuscivano comunque a spiegarsi
ciò che era accaduto. Essi inviarono il figlio di Odino, Hermodr, in sella a Sleipnir, il cavallo a otto
zampe dello stesso Odino, nel regno delle ombre di Niflheim, per implorare il ritorno di Balder.
Dopo molteplici peripezie e peregrinazioni, raggiunse la porta del regno delle ombre, dove la dea
Hel gli fece strada e raccolse uno straziante appello affinché fosse concesso il ritorno di Balder dal
regno dei morti.
Pur essendo spaventosamente brutta, Hel non era una dea cattiva e volle esaudire la preghiera di
Hermodr legata alla restituzione di Balder alla vita, ponendo come condizione che tutti gli esseri
viventi del mondo piangessero per lui.
Poiché tutti amavano Balder, il suo ritorno nel mondo degli dei sembrava ormai cosa fatta.
Nondimeno Loki era risoluto a suggellare il suo tradimento; si trasformò nella gigantessa Thokk
(carbon fossile) e rifiutò di versare una sola lacrima per la morte del giovane e bellissimo dio.
Balder fu condannato a restare nell’Averno, fino all’ultima battaglia del mondo di Ragnarök, che
coincise con il crepuscolo degli dei, per far quindi ritorno, più radioso e puro che mai, in un mondo
rinato.
9. HAGALAZ - Grandine, bufere di neve, semi, uovo

Sillaba: h

La runa Hagalaz simboleggia le forze distruttive della natura, che colpiscono inaspettatamente e
possono sovvertire il ritmo dell’esistenza. Per esempio, può capitare che una persona intenta a
seguire una trasmissione televisiva senza avvedersi di nulla venga sorpresa di punto in bianco da
un fulmine o da una tempesta che finisce per scoperchiarle la casa, quando addirittura essa non
prende fuoco. Una forza come questa manda a monte i progetti ambiziosi (specie quelli elaborati a
lungo), poiché le circostanze, che sfuggono al controllo dell’individuo, ne ritardano o ne
ostacolano la realizzazione. Queste circostanze potrebbero anche essere un ostacolo esterno al
manifestarsi di un evento, indurre situazioni conflittuali o causare l’alienazione di alcune pulsioni
interiori. Questa runa mette peraltro in guardia sul pericolo incombente di scegliere la strada più
facile, che culminerebbe in un ristagno del processo di crescita personale. La runa Hagalaz
racchiude quindi il complesso principio secondo cui siamo esposti a situazioni difficili e
pericolose, in cui tuttavia si celano i semi di una fruttuosa crescita.
Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita a tale proposito:
Grandine, il più luminoso dei cereali, che raffiche di vento sospingono in
avanti, cade dalla sommità del cielo per sciogliersi in feconde acque.
La runa Hagalaz veniva chiamata «il seme del gigante di ghiaccio Ymir».

Significato divinatorio:

Questa runa rappresenta una forza incontrollabile e distruttiva, che colpisce all’improvviso e
sconvolge seduta stante i progetti a lungo coltivati. Bisogna essere subito messi in guardia dalla
reazione logica di imboccare la strada più facile. Del resto, rinunciando alle ambizioni poco
convincenti e avventate, limitando così i danni che ne conseguirebbero, si possono impedire molte
sofferenze.
Significato della runa al diritto:

Avvenimenti che ostacolano la realizzazione di progetti avventati, influssi distruttivi inaspettati.


Significato della runa al rovescio:

Afflizioni, rinunce, rinvii e incombenze, dolore, perdita, sofferenza, crisi, sciagure.


Corrispondenze:

Tarocchi: XXI arcano maggiore - Il Mondo


Astrologia: Sole in Acquario/Luna in quinta casa/Pianeta Urano
I Ching: 51° esagramma, Chén- L’Eccitante (Lo Scuotimento, il Tuono)
NIFLHEIM

Su Niflheim, il mondo degli spiriti awolto dal fumo e dalla nebbia, dove si aggiravano strani
mostri dall’aspetto raccapricciante, regnava la dea Hel. Secondo la tradizione delle saghe
norvegesi, il regno delle ombre di Niflheim era situato nell’estremo Nord, sul margine più esterno
del mondo; il gelido fiume Gjöll lo separava dal regno degli uomini.
In quel luogo inospitale e silenzioso, mai illuminato dal sole, sedeva Hella o Hel, la figlia di
Loki, immersa in malinconici pensieri, intenta a ispezionare la schiera dei suoi spiriti prediletti.
Il suo aspetto era ripugnante, mentre, seduta a capo chino sul trono, fissava sconsolata il
pavimento. Metà del suo volto era solcato da rughe profonde, e l’altra metà era invisibile, perché
era avvolta da ombre nere come la pece. Il tetto dell’opprimente palazzo sommerso di Hel era fatto
di serpenti che stillavano il loro veleno sul pavimento; le pareti erano costituite da cristalli di
ghiaccio.
Tuttavia la dea Hel non agiva con perfidia. Il suo regno delle ombre era un luogo dove regnava
l’ozio, il silenzio, l’immobilità. Una volta messo piede laggiù, era impossibile abbandonarlo senza
l’aiuto di qualcuno. Non era tanto un luogo di castigo quanto un luogo di ristagno e di decadimento
di ogni possibilità.
10. NAUDIZ - Destino, tempo, determinazione

Sillaba: n

La runa Naudiz simboleggia il principio dell’universo che oppone resistenza. Come per la runa
Hagalaz, tutto sfugge al controllo del singolo individuo essendo il risultato ineluttabile della legge
di causa ed effetto. In questo caso si assiste alla trasposizione nella realtà concreta del principio
fondamentale che governa l’azione e la reazione. Questa runa legata al destino, che affonda le sue
radici nel buio e nel freddo, manifesta giocoforza il bisogno di luce e calore, i quali tuttavia
possono emanare solo dalla propria interiorità.
Anche Naudiz è apportatrice di un monito: «Non chinare il capo e non rinunciare per nessun
motivo alla speranza!»
Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita a tale proposito:
Il destino stringe in una morsa il petto e il cuore, ciò nonostante aiuto e salvezza non verranno
meno per colui che vi opporrà resistenza prima che sia troppo tardi. La runa Naudiz è associata a
Skuld (futuro), la più giovane delle tre dee del destino.

Significato divinatorio:

Questa runa rappresenta la maturazione delle idee e dei propositi, della nascita, dell’attesa e del
destino, che dà i suoi frutti purché si abbia pazienza. La runa Naudiz è la metafora di colui che
regge un fardello scomodo e pesante. Essa evoca anche un senso di sopportazione — quantunque
si sappia che è sbagliato — e dona la forza per accettare di buon grado la sofferenza rendendola
produttiva nei limiti del possibile, pur se la speranza che giungano tempi migliori è ridotta al
lumicino.
Significato della runa al diritto:
Sopportazione, resistenza; capacità di cogliere le opportunità che offrono una via d’uscita;
fermezza.
Significato della runa al rovescio:
Preoccupazioni, carestia, ansia, povertà, sfinimento, paura, resistenza altalenante alle avversità e
alle iniquità.
Corrispondenze:
Tarocchi: XV arcano maggiore - Il Diavolo
Astrologia: Luna in Scorpione/Sole in seconda casa
I Ching: 36° esagramma, Ming/- L’Ottenebramento della luce
LE DEE DEL DESTINO O NORNE

In origine fu Orlog — una forza impersonale a cui era impossibile sfuggire e che era impossibile
rinnegare — a governare le sorti del mondo.
La battaglia fra gli Asi e i Vani divampò dopo che questi ultimi ebbero inviato ad Asgard la
strega del malaugurio Gulveig (minerale aurifero), la quale colmava il cuore degli dei e degli
uomini di insaziabile cupidigia, affinché seminasse lo scompiglio fra gli Asi. Per tre volte essi
gettarono Gulveig nel fuoco, da cui puntualmente riemergeva più bella e seducente. Fu così che
Odino, in preda alla collera, scagliò la sua lancia Gungnir, che non falliva mai l’obiettivo, in
direzione di Vanaheim. Quel gesto segnò l’inizio della guerra fra gli Asi e i Vani.
A quel punto apparvero tre misteriose sorelle avvolte in un velo nero, che subentrarono al ruolo
di Orlog, pur se con una connotazione più sfumata. Esse spiegarono la legge di causa ed effetto —
incarnata da Orlog — chiarendo il concetto secondo cui dalle azioni passate e presenti scaturisce
ineluttabilmente il destino di domani.
Sknld, la più giovane delle tre Nome, volgeva lo sguardo verso il futuro. Era colei che tesseva i
fili dell’umana esistenza fin dal momento della nascita. Quando si celebrava un matrimonio,
Verdandi, che scrutava intensamente il presente, univa i due fili della vita, mentre Urdr, la più
anziana delle tre sorelle, paragonabile a una vecchia strega, guardava nel passato fantasticando su
eredi e antenati. Quando moriva un comune mortale, essa recideva i fili della vita e ne affidava lo
spirito alla dea Hel nel regno delle ombre di Niflheim.
Le dee del destino dimoravano con i loro filatoi nella fonte della saggezza, presso le radici di
Yggdrasil, l’albero della vita. Esse non vegliavano solo sulla salute dell’albero, bensì anche sulla
sorte degli dei.
Si prendevano cura di Yggdrasil, l’albero protettore degli dei, innaffiandolo quotidianamente con
acqua attinta alla fonte della saggezza, affinché non avvizzisse ma si conservasse verde, fresco e
forte, a dispetto delle continue devastazioni perpetrate dal perfido serpente Nidhöggr a danno delle
sue radici.
Tuttavia, neppure gli dei potevano sottrarsi alla forza del destino; narra il poema della Völuspa
che l’avvento delle dee del destino ha coinciso con la fine del periodo d’oro, dell’indistruttibilità e
dell’innocenza degli Asi. Parrebbe perfino che le circostanze che hanno culminato nel Ragnarök
siano dipese dalla decisione delle Nome.
11. ISA - Ghiaccio, isolamento, ristagno

Sillaba: i/ei

La runa Isa rappresenta il principio del restringimento e del ripiegamento su di sé. Essa attira a sé
tutto ciò che si trova nelle sue vicinanze, per avvolgerlo nel silenzio, nelle tenebre e nel freddo. Di
per sé questa forza costituisce un elemento distruttivo, nondimeno laddove mette un freno a un
dinamismo impetuoso e a briglie sciolte, essa assolve al suo ruolo indispensabile. In virtù delle sue
caratteristiche volte a smorzare gli ardori, questa runa getta un ponte fra i principi conflittuali.
Il poema epico islandese dedicato alle rune recita a tale proposito:
Il ghiaccio stabilisce la portata dei fiumi e il tetto dei flutti; è un grande
pericolo per il comune mortale.
La runa esprime la contrapposizione tra il fuoco che divampa a Muspellsheim e il freddo
pungente del regno dei giganti di ghiaccio.

Significato divinatorio:

Può trarre in inganno a dispetto della sua natura silenziosa e impercettibile. Può paralizzare
anche le onde impetuose sotto la sua superficie ed erigere statici monumenti con l’acqua delle
cascate e delle sorgenti, a riprova della sua forza. Il ghiaccio, in maniera subdola e sottile,
impedisce l’azione. Sarebbe prudente congelare le faccende che coinvolgono il consultante fino al
«disgelo», che rimuove l’isolamento, quando tutto si rimetterà in moto con rinnovato entusiasmo.
Significato della runa al diritto:
Concentrazione, ristagno, staticità, autocontrollo, blocco di situazioni indesiderate, forza di
volontà.
Significato della runa al rovescio:
Atteggiamento subdolo, inattendibilità, egoismo, raffreddamento di un rapporto, noia, isolamento.
Corrispondenze:
Tarocchi: IX arcano maggiore - L’Eremita
Astrologia: Sole in Cancro/Luna in decima casa
I Ching: 41° esagramma, Sun - La Diminuzione
J ÔT U N H E I M - U T G A R D

Narrano le saghe norvegesi che Jôtunheim, l’arido e freddo regno dei giganti di ghiaccio che
possedevano poteri magici, si trovava sul versante più orientale al limitare del mondo. Il gelido
fiume Gjöll lo separava da Midgard.
In questo regno sommerso, detto Utgard, dimorava l’invincibile e famelico lupo Fenrir; lì il
serpente Jôrmungandr attendeva l’occasione propizia per schiacciare la Terra, mentre il perfido
serpente Nidhòggr addentava senza tregua le radici dell’albero della vita Yggdrasil e l’anziana
gigantessa di ghiaccio Jarnaxa si occupava del lupo del sole e del lupo della luna, incaricati di
divorare questi due corpi celesti non appena fossero diventati adulti.
Su questo regno arido e freddo, mai rischiarato dal sole, governava Utgarda-Loki, la cui moglie
Angrboda (messaggera del male) partorì il famelico lupo Fenrir e altri mostri demoniaci. Alla sua
discendenza apparteneva anche la bruttissima dea Hel.
Gli abitanti di Jôtunheim, prigionieri del gelido ristagno che caratterizzava questo regno dove
raramente cambiava qualcosa, sostituivano alla viva operosità che caratterizzava gli altri mondi,
aggressività e invidia. Nelle scaramucce con gli dei, a causa della loro grettezza mentale e della
goffaggine dei movimenti, finivano immancabilmente per avere la peggio. In particolare, essi
avevano l’obbligo di onorare Thor come loro maestro.
12. JERA- Anno, raccolto, mutamenti ciclici

Sillaba: j/y

La runa Jera rappresenta l’aspetto ciclico, destinato a riproporsi perennemente, delle


manifestazioni naturali fra cui possiamo annoverare l’avvicendarsi delle stagioni, delle maree, del
giorno e della notte, ecc. Se per esempio viene auspicato un buon raccolto, sarebbe opportuno
predisporsi in tal senso all’inizio dell’anno, seminando o piantando con cura e dedizione. Il duro
lavoro nei campi svolto all’inizio dell’anno, se tutto procederà senza intoppi, sarà ricompensato in
autunno.
Questa runa pone l’accento sulla necessità di portare a termine con la massima cautela i progetti
perennemente ricorrenti e a lunga scadenza, dove nulla garantisce il coronamento di tutti gli sforzi
tesi al successo. A dispetto di questo fattore improntato alla precarietà, la runa Jera esercita un
influsso notevolmente positivo.
Tanto il poema epico norvegese quanto quello islandese, ambedue dedicati alle rune, recitano a
tale proposito: (Un buon raccolto) è produttivo per gli uomini, una buona estate, un maturo terreno
arato, se Frodhi (Freyr) vorrà essere benevolo.
La runa Jera era dedicata a Freyr, dio della fertilità avvolto da una luce radiosa, invocato affinché
portasse una tenue pioggia e un buon raccolto.

Significato divinatorio:

Jera è la runa dell’esito felice, del buon raccolto dopo un anno d’intenso lavoro. Ciò che si semina
verrà raccolto. Questa runa simboleggia anche il ciclico moto perpetuo dell’umana esistenza.
Se esce Jera, può significare che all’orizzonte si profila un periodo d’intensa fatica oppure che è il
momento di gioire per una gravidanza a lungo desiderata. E comunque d’obbligo un avvertimento:
non forzate gli eventi, poiché c’è un tempo per ogni cosa.
Significato della runa al diritto:
Gioia, buoni risultati, prosperità, realizzazione di ansiose aspettative e di progetti accarezzati da
lungo tempo.
Significato della runa al rovescio:
Delusioni improvvise, cambiamenti continui, mutamento delle circostanze, insicurezza,
negligenza.
Corrispondenze:
Tarocchi: III arcano maggiore - L’Imperatrice
Astrologia: Sole in Toro/Luna in seconda casa
I Ching: 11° esagramma, T’aì - La Pace
FREYR O FREY

Gli abitanti di Vanaheim erano dei e dee della fertilità nonché della crescita organica. La loro
esistenza era scandita da un andamento ciclico delle cose, culminante in una società armoniosa e
ben strutturata. Nulla sembrava turbare l’equilibrio e le giuste proporzioni. Le stagioni si
avvicendavano perennemente, al pari del giorno e della notte, delle maree, della semina e del
raccolto e di tutti gli altri fenomeni di matrice ciclica anche quelli personali. Lo sviluppo silenzioso
e la maturazione erano indicativi di questo dominio equilibrato, poiché non esistevano precarietà di
sorta. Ovunque regnavano letizia e benessere.
Da fonti islandesi si evince che antagonismi e battaglie abbiano opposto gli Asi ai Vani. Essendo
comunque stanchi di tutte quelle scaramucce, strinsero un’alleanza perenne, e la stirpe degli dei
attuò uno scambio di ostaggi: i Vani cedettero Njörd, dio del mare e della tempesta, e i suoi due
figli Freyr e Freya, mentre gli Asi cedettero l’agile Hönir dai lunghi piedi e il saggio Mimir,
custode della fonte della saggezza.
Nel corso di questi negoziati dai toni non sempre pacati, Mimir fu decapitato a tradimento. La
sua testa fu consegnata agli Asi, e Odino lo risvegliò alla vita presso la fonte della saggezza di Urd,
in cui erano racchiuse le rune magiche. Da quel momento, Odino e la testa di Mimir congiurarono
gli eventi che in futuro avrebbero atteso gli dei. Perciò gli Asi accolsero nel loro ambiente Njòrd,
Freya e Freyr.
Sebbene in origine Freyr fosse un simbolo fallico e certamente non un dio, nei loro canti gli Scaldi
norvegesi e islandesi ne fornirono una personificazione tale che gli valse un’infinità di
caratteristiche umane. In Svezia era adorato con il nome di Fricco, mentre in Norvegia e in Islanda
era noto come Freyr. Colui che desiderava prosperità, un buon raccolto o voleva intraprendere un
viaggio tranquillo invocava l’aiuto di suo padre Njörd, dio del mare e della tempesta, nonché quello
di Freyr. Per questo motivo, durante i sacrifici in corrispondenza dello Yule veniva offerto loro, in
linea di massima, un corno colmo di dolce idromele, affinché contribuissero all’avvento di un anno
di pace e prosperità; inoltre si facevano voti solenni a cui si sarebbe tenuto fede nell’anno che stava
per cominciare.
Il suo palazzo Uppsaldir (il più alto dei cieli) era avvolto, come lo stesso dio, dalla luce del sole.
Egli era molto amato dagli dei. Quando da bambino, durante la seconda dentizione gli spuntarono
denti d’oro, gli dei gli donarono Ljossälfsheim, la terra degli elfi di luce.
Egli cavalcava un cinghiale d’oro di nome Gullinbursti (setole d’oro), costruitogli dal nano
Sindri, che si rinnovava costantemente e le cui setole d’oro illuminavano le notti più cupe, dando
l’impressione di essere in pieno giorno. Un tale fenomeno induceva a credere di essere in presenza
del sole, tanto più che il dio era comunque avvolto da una luce radiosa.
13. EIHWAZ - L’albero della vita (tasso), resistenza

Sillaba: e

L’albero della vita è sempre verde, un elemento della natura che rimane pressoché immutato nel
corso dei lunghi e rigidi mesi invernali. Perciò l’albero costituisce un simbolo di speranza riposta
nel fatto che il mondo non si estinguerà del tutto grazie al susseguirsi delle stagioni.
Il poema epico anglofrisone utilizza a più riprese una serie di allegorie che illustrano il significato
simbolico dell’albero della vita: si tratta di un albero solido e inflessibile, che in un certo qual modo
richiama l’asprezza della stagione invernale. La sua robustezza simboleggia parimenti la sua grande
forza. In virtù della durezza del suo legno resinoso non è stato battezzato solo «il custode del fuoco
(interiore)», bensì è stato ravvisato anche come il sole dentro casa, che consentiva di sopravvivere
ai lunghi inverni rigidi.
Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita a tale proposito:
Il tasso è un albero possente; le sue robuste radici lo ancorano
saldamente alla terra. Che gioia accendere un fuoco con i suoi rami.

Significato divinatorio:

La runa Eihwaz simboleggia la sintesi fra le inclinazioni caratteriali antitetiche, come ad


esempio nel caso degli eccessi di collera che si fondono con la meditazione spirituale, dei bassi
istinti che si uniscono alla sensibilità, della brutalità che diviene tutt’uno con l’inerzia, ecc. Questo
genera non solo forza e vitalità, ma anche una volontà più forte, una maggiore fiducia in sé stessi,
nonché resistenza e autoaffermazione.
Questa runa rappresenta una sorta di «sorvegliante dell’ingresso» che, rientrando nel novero dei
soccorritori, assicura protezione in caso di grande pericolo.
Quando vi confrontate con le problematiche del passato, non fatevi carico di quegli oneri di cui
non siete pienamente convinti. Siate fedeli a voi stessi!
La runa Eihwaz allude alle possibilità che si dischiudono nel momento in cui viene intrapreso
un nuovo cammino. Non di rado preannuncia un periodo di attesa. Mantenete un atteggiamento
risoluto e scrutate sempre in direzione del futuro.
Significato della runa al diritto:
Forza di volontà, fiducia in sé stessi, fedeltà, casa propria, amministrazione di lasciti, agenti
immobiliari.
Significato della runa al rovescio:
Incostanza, autocommiserazione, corruzione, vecchie problematiche che si ripetono, problemi
risolti a metà.
Corrispondenze:
Tarocchi: XII arcano maggiore - L’Appeso
Astrologia: Sole in Scorpione/Luna in seconda casa
I Ching: 16° esagramma, Yu- Il Fervore
YGGDRASIL

Yggdrasil, l’albero protettore degli dei, è fuoriuscito dai meandri della terra. I suoi rami
sempreverdi si protendevano fino al cielo e ombreggiavano tutti i nove mondi. Ai suoi piedi, in
prossimità della fonte della saggezza, le tre Nome, ossia le dee del destino Urdr, Verdandi e Skuld,
tessevano i loro fili del passato, del presente e del futuro. Esse non si limitavano a innaffiare
l’albero sacro — le cui foglie carnose risultavano perennemente minacciate — con l’acqua attinta
alla fonte della saggezza di Urdr, bensì vegliavano anche sulla sorte degli dei. Giallar, il corno di
Heimdall, con cui avrebbe dovuto annunciare Ragnarök quando fosse giunta l’ora, giaceva al
sicuro fra le radici di Yggdrasil.
Sleipnir, il cavallo a otto zampe di Odino, e la capra Heidrun, che produceva incessantemente
l’idromele, vale a dire il nettare degli dei, si cibavano dei suoi rami; quattro cervi ne rosicchiavano
i germogli, mentre il perfido serpente Nidhöggr e innumerevoli vermi addentavano senza posa le
sue radici. Eppure l’albero della vita non avrebbe potuto inaridirsi prima che scoppiasse Ragnarök
—l’ultima battaglia del mondo — nonché prima che giungesse la fine della vita, del tempo e dei
mondi.
Nel frattempo l’aquila, che montava la guardia su un ramo posto all’interno della corona
dell’albero, intonava a squarciagola un canto sulla creazione e sulla distruzione del mondo. Sopra
il capo dell’aquila volteggiava Verdrfölnir, il falco dallo sguardo acuto e profondo che riferiva agli
Asi tutto ciò che accadeva nel mondo. Lo scoiattolo Ratatoskr ascoltava il resoconto del falco e
subito dopo scendeva precipitosamente dalla cima, percorrendo il fusto, fino alle radici del
possente albero, dove aggiornava Nidhöggr sulle ultime notizie. Successivamente ritornava in
fretta e furia alla sua postazione sulla sommità dell’albero, per meditare su tutto quanto aveva
udito.
Una delle massicce radici di Yggdrasil si protendeva fino a Niflheim, il regno delle ombre
situato nel mondo degli spiriti, mentre le altre due radici raggiungevano rispettivamente
Jôtunheim, il dominio dei giganti di ghiaccio, e Midgard, il domicilio degli uomini. Le sue cime
possenti toccavano il cielo, e le stelle erano appese come mele dorate alla sua corona. Ogni giorno
la dea Idun coglieva queste mele per offrirle agli dei. Narra la leggenda che il miele del benessere
gocciolava dai suoi rami e colmava i fiumi.
In analogia con il corpo umano — la cui colonna vertebrale racchiude il canale della forza, da
cui, al pari dei rami, si diramano tutti i nervi importanti fino a raggiungere gli organi ai quali
infondono vitalità — la cosmologia delle popolazioni nordiche soleva rappresentare un albero della
vita universale, che comprendeva tutti i nove mondi interconnessi fra loro.
Questi nove mondi, che si celavano sotto il suo fogliame, erano: Asgard, Ljossälfsheim,
Midgard, Svartälfsheim, Helheim, Vanaheim, Jôtunheim, Muspellsheim e Niflheim.
Nove patrie io conosco,
e nove possenti rami
crescono sul solido albero, che affonda le radici nella terra profonda...
...così narrava la profetessa Saga, che cantava la creazione, le gesta epiche degli dei e la
distruzione del mondo. Essa dipingeva i nove mondi, come se fossero cresciuti sui rami dell’albero
della vita. Poiché tuttavia non sono mai stati descritti singolarmente, è possibile distinguerli solo in
virtù di alcuni segni di riconoscimento generici.
14. PERTH - Segreti, ilarità

Sillaba: p

Perth, la più allegra dì tutte le rune, una fonte di letizia e diletto, può essere sinonimo di leggere
facezie. Ad ogni modo sarebbe opportuno evitare di parlare troppo, specie con toni
particolarmente entusiasti, o di spiattellare segreti prima di aver esplorato o recepito anche le
tendenze nascoste. Solo quando si è intimamente sicuri del fatto che le cose debbano essere prese
sul serio oppure no, molti scogli potranno essere superati con tatto e ironia.
Sotto il profilo organico, questa runa può sottendere ingordigia, ubriachezza ed eccessiva
voluttuosità.
Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita a tale proposito:
Perth è apportatrice di gioia e giocosità
agli intrepidi
quando i soldati contenti
si ritrovano insieme intorno a una birra.

Significato divinatorio:

Questa runa incarna più di ogni altra la gioia e l’esuberanza. Se nel corso della divinazione si
pone eccessivamente l’accento su Perth, ciò potrebbe ravvisare un’eccessiva dissolutezza sotto tutti
i punti di vista. Pensiamo ad esempio al vino che, se bevuto in quantità normali mette allegria, ma
se bevuto in quantità eccessive può annebbiare la mente.
Sebbene i soggetti che presentano molte caratteristiche di Perth garantiscano indubbiamente una
compagnia allegra e scanzonata, questo non significa che si possa sempre fare affidamento su di
loro. Non fatevi cogliere di sorpresa, complice l’atmosfera distesa e noncurante, da belle parole e
allettanti proposte. Non divulgate segreti e altre questioni familiari, onde non correre rischi di sorta.
Significato della runa al diritto:
Umorismo, ilarità, privilegi inaspettati, un regalo anonimo, possibilità nascoste.
Significato della runa al rovescio:
Eccessi, sprechi, millanteria, seduzione, ubriachezza, ingordigia, moventi nascosti.
Corrispondenze:
Tarocchi: X arcano maggiore - La Ruota della Fortuna
Astrologia: Mercurio in Leone/Saturno in settima casa
I Ching: 48° esagramma, CMng- Il Pozzo
VIDARR

Dalla relazione di Odino con la bella gigantessa Grid nacque Vidarr, forte quanto taciturno. Egli
era la personificazione delle imperiture forze della natura e viveva a Landvidi, un palazzo nascosto
nel cuore dell’impenetrabile foresta vergine, dove regnava il silenzio assoluto.
Vidarr viene raffigurato con indosso l’armatura, che rimanda una figura snella, proporzionata che
calza un’enorme scarpa di ferro. Questa particolare calzatura si deve alla visione magica e
previdente di sua madre Grid, poiché essa sapeva che in occasione della caduta del mondo Vidarr
avrebbe dovuto fronteggiare l’indomabile lupo Fenrir per vendicare la morte del padre; perciò essa
gli aveva fornito una scarpa di ferro a guisa di protezione in prospettiva della lotta con il mostro
famelico. La scarpa era così grossa e rigida da resistere agli attacchi sferrati dai denti aguzzi del
lupo Fenrir.
Quando un giorno Vidarr si presentò ad un ameno e informale raduno degli dei, questi ultimi lo
salutarono calorosamente poiché sapevano che la sua straordinaria forza sarebbe stata utile nelle
situazioni di pericolo. Dopo che gli ebbero offerto un corno colmo di spumeggiante idromele,
Odino invitò il figlio a seguirlo lino alla fonte della saggezza di Urd, dove, come di consueto, le
Norne erano intente a tessere i loro fili.
Odino le interrogò riguardo al suo futuro e a quello di Vidarr; le tre veggenti pronunciarono
questa frase:
Iniziato in gioventù.
In tessuto oltre.
Ciò che era negli intenti sarà fatto.
E insieme: gioioso trionfo.
Pur se pronunciate in maniera sibillina, le loro frasi erano punteggiate da alcuni chiari indizi: il
tempo passa e tutto si trasforma; se mai Odino fosse caduto nell’ultima battaglia del mondo, suo
figlio lo avrebbe vendicato. Dopo la vittoria sui suoi nemici, Vidarr avrebbe governato un mondo
nuovo.
Mentre le Norne parlavano, un tremito percorse le foglie dell’albero della vita, che si mossero
come sotto l’impulso di un gelido vento. L’aquila appollaiata sui rami più alti sbatté nervosamente
le ali, e perfino il serpente Nidhöggr smise per un attimo di rosicchiare le radici dell’albero. Vidarr
non profferì parola e fece ritorno al suo palazzo, immerso in solitarie congetture. Quando infine
sedette sul suo trono, rifletté a lungo sulla continuità, sul futuro e sull’eternità.
Accadde ciò che le Nome avevano predetto. Dopo aver sconfitto Odino durante la battaglia di
Ragnarök (il crepuscolo degli dei) nel corso di una sanguinosa lotta, il lupo Fenrir diresse la sua
rabbia contro il figlio. Ma Vidarr schiacciò la mascella del mostro con la sua scarpa di ferro, ne
agguantò la parte superiore e spezzò la belva in due senza la benché minima fatica.
15. ALGIZ - Svolta, difesa, protezione

Sillaba: z

Questa runa annuncia una situazione che presuppone tanto una difesa quanto una protezione. Se
durante la divinazione con le rune, la posizione di Algiz è più che mai rilevante, occorre
interpretarla alla stregua di un avvertimento, espresso sostanzialmente in questi termini: «Fai in
modo di andartene se non vuoi che li aizzi contro il cane»! Algiz funziona come uno schermo
protettivo con cui si difende colui che l’ha estratta.
L’influenza di questa runa si recepisce a livello fisico, emotivo e anche spirituale. Essa protegge
inoltre dalle aggressioni degli uomini, degli animali e degli spiriti. Nelle situazioni di pericolo, la si
può utilizzare anche per proteggere altre persone.
Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita a tale proposito:
(Segge) si sente a suo agio nella palude, cresce nell’acqua; con i suoi steli
coriacei e appuntiti può stupire colui che coglierla vuole, finché il sangue
scorre...

Significato divinatorio:

Il significato di questa runa è: «Non fare un passo avanti o sparo». Il consultante si ritroverà
puntualmente nella situazione in cui qualcuno gli farà delle proposte allettanti, cercando di farlo
deviare dal cammino che ha scelto di percorrere. Costui lotterà comunque contro i mulini a vento
poiché se nel corso della divinazione questa runa avrà un ruolo saliente, se ne dedurrà che il
consultante è in grado di fiutare il pericolo incombente. Egli possiede uno speciale organo di senso
che gli permette di bloccare e neutralizzare simili proposte. Colui che estrae questa runa può
contare sulla protezione di un potente angelo custode.
Significato della runa al diritto:
Difensore, protettore, custode, tutore, guida, soppressore di influssi nefasti, nuove amicizie.
Significato della runa al rovescio:
Minacce, tabù, pericolo, soggetto repellente, disertore, codardo, adulatore, seduttore.
Corrispondenze:
Tarocchi: XVIII arcano maggiore - La Luna
Astrologia: Luna in Cancro/Sole in ottava casa
I Ching: 29° esagramma, K’an - L’Abissale (l’Acqua)
HEIMDALL

Heimdall era un dio della luce generato da nove gigantesse che vivevano ai confini del mondo, e
da Odino il quale un giorno, passeggiando lungo la spiaggia, vide nove bellissime gigantesse (le
ondine, figlie del dio del mare Agir e della sua demoniaca consorte Ran), profondamente assopite
sulla candida sabbia. Narra il poema epico del l’Edda che l’incanto che egli provò posando lo
sguardo su quelle meravigliose creature fu tale da far sì che tutte e nove fossero fecondate.
Giunto il momento del parto collettivo, le nove madri diedero alla luce un figlio che chiamarono
Heimdall (splendore del mondo). Esse lo nutrirono con l’acqua del mare, il calore del sole e la
forza della terra. Pare che questa singolare dieta sia stata corroborante al punto da permettere al
giovane dio di crescere in tutto il suo vigore nel volgere di un lasso di tempo sorprendentemente
breve e di precipitarsi ad Asgard da suo padre.
Heimdall era un dio caritatevole e, sotto il profilo caratteriale, aveva molti aspetti che lo
accomunavano a Balder e a Freyr. Una volta approdato ad Asgard, gli dei gli affidarono un incarico
in ve ste di custode di Bifröst, il ponte iridato fatto di fuoco, terra e acqua, di cui avevano ultimato
la costruzione e di cui andavano particolarmente fieri.
Heimdall, il cui domicilio era situato a Himinbjörg (salone del cielo), era un dio giovane e
possente che, con la sua bianca armatura e il suo sorriso radioso — possedeva scintillanti denti
d’oro — aveva un aspetto molto attraente. Al pari di un uccello, gli bastavano poche ore di sonno,
per non parlare della sua vista che nell’oscurità gli permetteva di vedere fino a molti chilometri di
distanza; inoltre egli sentiva crescere in lontananza l’erba e il mantello lanuginoso delle pecore.
Fra gli oggetti che accompagnavano Heimdall, occorre ricordare Giallar, una tromba di zinco o
di ottone che, ogniqualvolta vi ci soffiava dentro, produceva un suono che riecheggiava negli angoli
più remoti dell’universo. Essa si celava fra le radici di Yggdrasil in attesa del giorno in cui
Heimdall l’avrebbe usata per annunciare l’imminente inizio di Ragnarök, l’ultima battaglia fra
divinità e giganti, preludio non solo del crepuscolo degli dei ma anche della fine del mondo.
L’acerrimo nemico di Heimdall era il subdolo Loki, che si faceva perennemente beffe dello
spirito caritatevole da cui era pervaso questo dio paziente. Nel corso dell’ultima battaglia del
mondo, Heimdall avrebbe dovuto sconfiggere il suo ipocrita avversario; invece fu lui a cadere.
Heimdall simboleggiava i tratti salienti della pazienza, della tolleranza, dell’attenzione e della
riservatezza, in assenza delle quali nessun regno, celeste o terreno, potrebbe durare a lungo.
16. SOWILD - Sole, forza vitale, nucleo o essenza, chakra del cuore
Sillaba: s

Questa runa rappresenta i raggi che il sole invia sulla terra, si tratta cioè di una forza dinamica,
mobile e attiva. Sowild costituisce uno dei simboli del cerchio del sole. La forma evoca una saetta,
e come la saetta anche questa runa può colpire all’improvviso per spazzare via le forme
eccessivamente vecchie; nondimeno essa è parimenti indicativa di nuovi valori. La XVI lama degli
Arcani Maggiori dei Tarocchi (la Torre) evidenzia come basii un fulmine per disintegrare possenti
torri di pietra. In linea di massima, Sowild guida il consultante verso la meta che ha già scelto e che
sta seguendo per sua natura. Sowild lampeggia in lontananza come una boa luminosa infondendo
coraggio e Fiducia a colui che cerca.
Il poema epico islandese recita a proposito di questa runa del sole:
Il sole è lo scudo delle nuvole;
con il suo caldo, radioso bagliore
è colui che distrugge il ghiaccio.

Significato divinatorio:

Se nel corso della divinazione esce la runa del sole, viene evidenziata una notevole vitalità o un
irrefrenabile spirito di intraprendenza che pervade il consultante. Questa è la runa della fioritura
che ci esorta ad attingere a piene mani ai nostri talenti, anche se ci appaiono inconciliabili. Vi si
cela anche un monito contro la presunzione e l’esaurirsi delle riserve energetiche.
In contrapposizione con la forza difensiva di Algiz (runa 15), la forza solare di Sowild è di
matrice aggressiva. I tentativi di fare un uso improprio di questa energia culmineranno nel buio e
nella disperazione.
Significato della runa al diritto:
Intraprendenza, equilibrio, forza di volontà, motivazione, tenacia, prontezza di riflessi, ardimento.
Significato della runa al rovescio:
Ipereccitabilità, spirito vendicativo, distruttività, invidia.

Corrispondenze:
Tarocchi: XIX arcano maggiore - Il Sole
Astrologia: Sole in Leone/Luna in quinta casa
I Ching: 64° esagramma, Wei Chi - Prima del compimento
SOL/SUNNA

Per illuminare il mondo appena creato, Odino, Vili e Vé misero nel cielo delle scintille sfavillanti
prelevate da Muspellsheim, il paese del fuoco.
Le scintille più piccole erano le stelle, mentre le più luminose erano gli astri, il sole e la luna, che
gli dei collocarono in sontuosi carri d’oro.
I cavalli Arvakr (mattiniero) e Alsvidr (maratoneta) trainavano il carro del sole; lo scudo Svalin
(refrigeratore) li proteggeva dai raggi solari diretti. Il carro della luna si era comunque assicurato
anch’esso un baldo destriero, Alsvin (possente); non aveva bisogno di scudi per proteggersi dai
tenui raggi della luna.
Ma a chi sarebbe toccato il compito di dirigere i cavalli, indicando loro la buona strada?
La scelta degli dei cadde su due gentili rampolli del gigante Mundilfari, il quale era molto fiero
dei suoi figli a cui aveva imposto i nomi dei due corpi celesti. Sol, la fanciulla del sole, e suo
fratello Glaur (brace) assolvevano quotidianamente al dovere loro imposto, guidando i destrieri
attraverso il cielo verso i periodi di tempo predeterminati.
Per questo motivo gli dei chiamarono Nott (notte), figlia del gigante Norvi, per affidarle il carro
di colore scuro, trainato dal cavallo nero Hrimfraxi (criniera di ghiaccio), dalla cui criniera
ondeggiante cadevano sulla terra la rugiada e la brina.
La dea della notte si sposò tre volte. Dall’unione con il primo marito Nagilfari nacque un figlio
di nome Aud; dal secondo matrimonio nacque la figlia Jörd, mentre dal terzo marito, il dio
Dellinger (alba), ebbe un figlio bello come il sole, cui dette il nome di Dag.
Quando gli dei videro quell’essere sublime, costruirono un carro anche per lui, trainato da
Skinfraxi (criniera scintillante), un luminoso cavallo bianco la cui criniera emanava dei raggi di
luce che infondevano splendore, calore intenso e gioia a ogni essere vivente.
Poiché tuttavia il male incalza perennemente il bene nella speranza di annientarlo, gli antichi
abitanti dei paesi nordici immaginavano che i due corpi celesti rappresentati dal sole e dalla luna
fossero inseguiti senza sosta dai feroci lupi Sköll (resistenza) e Hati (odio), i quali perseguivano
solamente un obiettivo: impadronirsi dei carri e divorare quelle entità luminose, affinché il mondo
intero ripiombasse per sempre nelle tenebre primordiali.
17. TIWAZ - risoluto e coraggioso, la Stella Polare

Sillaba: t

Questa runa costituisce la metafora di un principio di continuità: ordine e regole, giustizia e


spirito di sacrificio a favore di una società ben strutturata. Tiwaz è la runa del confronto e del
conflitto nell’ambito di situazioni che richiedono coraggio. Anche la lotta all’illegalità e i
procedimenti legali appartengono al suo raggio d’azione. Sotto l’influsso di Tiwaz, si può
formulare un giudizio equo, sulla base di un’analisi obiettiva e precisa dei fatti.
Il sentiero che conduce al successo potrebbe esigere dei sacrifici; nondimeno, scegliendo di agire
con competenza, fiducia, lealtà e con uno spirito analitico e metodico, i risultati non si faranno
attendere a lungo.
Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita a tale proposito:
(Tiwaz) è una stella,
che mai abbandona la sua rotta,
fra le nebbie della notte,
mai si appanna il suo fulgore...
una boa luminosa per colui che cerca.

Significato divinatorio:

Tiwaz incita ad assumere un atteggiamento combattivo per quanto attiene alla giustizia sociale,
all’assistenza, alla legge, ai contratti, all’ordine e alle regole. Fermezza e perseveranza possono
essere foriere di vittorie in questi settori, le quali faranno sì che il consultante divenga un accanito
sostenitore degli interessi dei più deboli.
Qualora invece egli scelga di trarre vantaggi puramente personali dai risultati prodotti da tanti
sforzi, le conseguenze potrebbero essere ravvisabili in procedimenti legali, rottura di relazioni,
prolungati periodi di solitudine e perfino in risse.
Significato della runa al diritto:
Guida, protezione, punti di riferimento, consigli e sostegno in circostanze avverse, apertura.
Significato della runa al rovescio:
Finalità sbagliate, cattivi consigli, successo illusorio, ingenuità, sentimentalismo.
Corrispondenze:
Tarocchi: Vili arcano maggiore - La Giustizia
Astrologia: Sole in Bilancia/Luna in prima casa
I Ghing: 21° esagramma, ShihHo- Il Morso che spezza
TYR , TIW, ZIU O TIWAZ

In origine Tyr era il dio della verità. Egli soprintendeva all’amministrazione della giustizia,
controllando che le promesse e gli impegni venissero onorati. Presso alcuni ceppi nordici era noto
come Ziu, mentre gli anglofrisoni lo chiamavano Tiw e i germani Tyr.
I soldati frisi, arruolati nella milizia romana, lo adoravano come «Things». Per loro, egli era il
dio della rappresentanza popolare e della giurisdizione. Il termine danese-norvegese «Thing» o
«Ting» e il termine olandese «Geding» significano tuttora giurisdizione o dibattimento.
Nella Germania Nord-occidentale, i dibattimenti si svolgevano all’interno di una foresta sacra nel
nome di Tyr, in onore del quale venivano innalzati sacrifici con grande solennità e rispetto. A
nessun imputato era concesso di accedere a questa foresta senza manette; chi cadeva non poteva
rialzarsi ma doveva raggiungere strisciando la lancia di Tyr, situata per terra all’ingresso del
tribunale. Questa lancia simboleggiava l’equità della sentenza. Nel nome di Tyr, un gruppo
composto dagli anziani apriva le udienze di «Things», verificando peraltro che tutto procedesse
all’insegna del giusto. Tyr non aveva solo una buona reputazione grazie alla sua rettitudine, ma gli
furono anche attribuiti coraggio e lealtà. S’invocava il suo nome anche nell’ambito di controversie
su questioni di vita o di morte.
Ecco un aneddoto indicativo del carattere di Tyr: un giorno gli dei stabilirono d’incatenare le
caviglie del famelico nonché divoratore di carogne mostro Fenrir (lupo Fenrir), che si trovava nel
regno dei morti di Utgard, nell’estrema regione orientale.
A tale scopo, essi incaricarono i nani di fabbricare una fune che nessun essere vivente sarebbe
mai riuscito a sciogliere o a spezzare. I nani ricavarono quella fune dai baffi di un gatto, dalla
peluria di una donna, dal respiro di un pesce e dalla saliva di un uccello. Dopodiché, gli dei
cercarono di convincere Fenrir a collaudare l’indistruttibilità di questa fune con la sua forza
possente.
L’erculeo e feroce animale, sospettando che questa proposta celasse un tranello, accettò a
condizione che uno degli dei mettesse la mano nelle sue fauci spalancate. Poiché gli dei erano
persuasi del fatto che il lupo sarebbe divenuto preda di una furia delirante non appena si fosse
accorto dello scherzo che gli era stato giocato, una volta trovatosi stretto da una fune indistruttibile,
nessuno di loro si offrì di mettere una mano dentro le sue fauci. Alla fine, si fece avanti Tyr che
mise tranquillamente la mano destra nella bocca del mostro. Non appena Fenrir si rese conto di non
poter distruggere la fune neppure con tutta la sua possente forza e udì le risate canzonatorie degli
dei, staccò la mano di Tyr con il morso. Da allora, Tyr fu soprannominato «colui che ha una sola
mano».
Nel caso di accordi o impegni da mantenere in modo coerente, è lui il dio che si era soliti
invocare. Egli aveva un ruolo di notevole importanza nell’ambito della società dell’epoca che si
trovava in una fase di espansione. Al gruppo dei legislatori anziani, a «Thing», era dedicato il
martedì.
18. BERKANA - Crescita, gravidanza, sicurezza, la betulla

Sillaba: b

Si tratta perlopiù di una runa femminile, che soleva essere associata all’influsso materno della dea
Berchta: una delle forme assunte da Frigg, la silenziosa moglie di Odino. Berchta era la protettrice
delle madri e dei figli, pur non avendo discendenti. Il suo domicilio si trovava nell’Ade, dove si
prendeva cura di rigogliosi giardini, dedicandosi con abnegazione anche alle anime dei bambini
deceduti in tenera età.
Tanto Berchta quanto Frigg, al pari della runa Berkana, si possono a tratti rinchiudere in un
silenzio carico di segreti e promesse.
Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita a tale proposito:
La betulla non dà frutti;
sui suoi rami nessun seme si sviluppa rigoglioso,
tuttavia spuntano sui suoi poderosi rami
innumerevoli foglie delicate fino a raggiungere la sua corona
che si protende verso il cielo.

Significato divinatorio:

Berkana, la runa dell’energia femminile e della fecondità, può annunciare una nascita o un
matrimonio; tuttavia essa può essere anche indicativa di un nuovo modo di pensare, dell’inizio di
un’impresa o della fusione di due diverse mentalità tese al raggiungimento di un obiettivo comune.
Questa forza che dà la vita consiglia soprattutto al ricercatore spirituale di non escludere la
sessualità dalla sua esistenza, poiché il sentiero che conduce all’illuminazione non passa
necessariamente attraverso l’ascetismo.
Le interferenze familiari riguardo alla realizzazione di progetti a lungo accarezzati dissimulano
un certo squilibrio.
Significato della runa al diritto:
Accadimento, processo di crescita, riservatezza, nascita, casa propria, protezione, amore.
Significato della runa al rovescio:
Desiderio di scatenare passioni irrefrenabili, lussuria, passione non corrisposta, sterilità, ristagno.
Corrispondenze:
Tarocchi: III arcano maggiore - L’Imperatrice
Astrologia: Sole in Vergine/Luna in dodicesima casa
I Ching: 48° esagramma, Ching- Il Pozzo
FRIGG, BERCHTA, HOLLE

Alcuni studiosi di mitologia ritengono che Frigg, Fricka o Freyja fosse una delle figlie di Jörd e
di Odino, il quale un giorno sarebbe diventato suo marito. Essa era la dea delle nuvole, la regina
degli dei e la protettrice delle unioni. Frigg era una donna snella e dall’incedere solenne che,
coerente con la sua natura mutevole, si avvolgeva in lunghe tuniche di colore bianco o nero.
Un’alta cintura d’argento, a cui era appeso un elegante mazzo di chiavi, le fasciava la vita sottile.
Pur essendo a conoscenza di ciò che avrebbe riservato il futuro, non fece mai parola con nessuno
delle sue veggenze.
A dispetto delle sue frequenti apparizioni in compagnia del consorte, Frigg amava trattenersi fra
le mura del suo palazzo Fensalir (regione delle paludi) dove, seduta davanti al suo filatoio, tesseva
con grande solerzia fili d’oro oppure intrecciava lunghe reti di nuvole colorate. Il suo filatoio era
sormontato da pietre preziose che durante la notte rilucevano nel cielo quasi fossero una
costellazione. Nel Nord questa costellazione era conosciuta come il filatoio di Frigg, a differenza
degli abitanti del Sud che designavano queste scintille luminescenti con l’appellativo di «cintura di
Orione».
Questa dea leggiadra invitava gli spiriti delle coppie che nel corso della vita terrena erano state
felici a trattenersi presso il suo palazzo Fensalir ammantato dalla luce della luna, affinché, anche
dopo la morte, avessero modo di tenersi compagnia senza essere mai più costretti a separarsi. Frigg
era peraltro considerala la dea delle unioni e dell’amore materno.
Nelle sembianze di Berchta (la donna bianca), essa prendeva volentieri sotto la sua protezione le
anime dei bambini non nati e quelle dei bambini morti in tenerissima età. Proteggeva l’agricoltura e
lo sviluppo del mondo vegetale, di cui si prendeva cura in modo coscienzioso insieme a una torma
di bambini e driadi (ninfee boscherecce). Le ninfee si potevano scorgere all’estremità della coda
delle mucche, poiché sporgevano da sotto i loro candidi mantelli. Fintanto che la dea veniva
pregata rispettosamente, essa non avrebbe abbandonato il luogo preposto alla sua adorazione. Narra
comunque la leggenda che abbandonò il paese portando con sé il suo aratro, l’erpice e tutto il suo
seguito di aiutanti, per continuare altrove la sua opera di sostegno.
Poiché Berchta, nella sua veste di filatrice, era conosciuta quanto Frigg, era considerata la
protettrice di questo lavoro manuale tipicamente femminile. Era diffusa la credenza secondo cui,
nelle dodici notti precedenti e successive al solstizio d’inverno, essa viaggiasse in lungo e in largo
per accertarsi della qualità dei fili tessuti dalle donne. Alle fanciulle che avevano svolto un lavoro
accurato donava un filo d’oro, tessuto da lei stessa.
In alcune regioni dove la dea era conosciuta come Holle, si credeva che avesse portato il lino agli
uomini, insegnando loro a utilizzarlo. La sua apparizione preannunciava ricchi doni e grande
fortuna.
Inoltre si credeva che di notte, quando la tempesta di neve ululava nelle foreste, essa solcasse
l’aria a briglia sciolta in sella a un cavallo bianco, insieme a Odino e al suo esercito di anime. A
farle compagnia in questa caccia sfrenata erano anime sotto forma di cani e gatti.
19. EHWAZ - Cavallo, movimento, progresso

Sillaba: e

In virtù del suo enorme potenziale fisico, da lui concesso in prestito al suo cavaliere, il cavallo
era considerato un animale sacro. Nella sequenza del Futhark, Ehwaz assume un significato più
profondo all’interno di quest’ultimo gruppo composto dalle otto rune della trasformazione. Il
«cavallo» simboleggia il mezzo di locomozione che conduce il soggetto in un mondo a lui
sconosciuto, senza fargli mancare il suo sostegno una volta approdati laggiù. È indispensabile
allenare e curare il corpo e lo spirito affinché in seguito il loro lavoro si riveli ottimale.
Nel poema epico anglofrisone si dice che un buon cavallo faccia del suo padrone un principe:
(Il cavallo) procura gioia a principi e gentiluomini;
un cavallo da combattimento, che fiero si regge
sui suoi zoccoli,
incita al dialogo nobili ed eroi;
un buon cavallo infonde coraggio a chi è inquieto.

Significato divinatorio:

Questa runa consiglia, alla luce di una serie di sicurezze acquisite, di lavorare per il futuro con
fervore e con la massima fiducia. Siate dinamici; l’immobilità è sinonimo di regressione. Prestate il
più possibile attenzione alle circostanze che mutano, cercate dei compagni che condividano il
vostro modo di pensare. Come il cavaliere che stringe un’alleanza con il suo cavallo, insieme voi
dovrete superare tutti gli ostacoli che impediscono la crescita di quanto avete intrapreso. Badate a
non attaccarvi al carro di qualcuno, poiché siete chiamati a ricoprire il ruolo di colui che trasporta i
pesi.
Significato della runa al diritto:
Lealtà, fiducia, società, trasloco, cambiamento di posizione o un nuovo compagno, rapidi
progressi.
Significato della runa al rovescio:
Inquietudine, ostacoli, avventatezza, problemi di trasporto, partecipazione non ponderata a
imprese rischiose.
Corrispondenze:
Tarocchi: I arcano maggiore - Il Bagatto
Astrologia: Sole in Gemelli/Luna in nona casa
I Ching: 31° esagramma, Hsien - La Stimolazione (la Domanda di matrimonio)
SVADILFARI E SLEIPNIR

Svadilfari era il nome del cavallo dello sconosciuto architetto che era disposto a erigere entro i
tre inverni successivi un muro che cingesse Asgard, esigendo a titolo di ricompensa Freyja, il sole e
la luna. Gli Asi acconsentirono su consiglio di Loki, ponendo tuttavia come unica condizione che il
lavoro venisse ultimato entro l’inverno stesso. L’architetto non ebbe nulla da eccepire, purché al
suo cavallo fosse concesso di aiutarlo nell’esecuzione dell’incarico. L’accordo fu infine suggellato
da un giuramento.
Egli si mise all’opera il primo giorno d’inverno. Gli Asi stabilirono che il cavallo dovesse
trasportare incredibili quantità di roccia e pietre, galoppando di gran carriera fino ai punti dove il
suo proprietario doveva utilizzarle. Il muro cresceva a vista d’occhio: esso era solido e possente
come un iceberg nonché liscio e scintillante come acciaio levigato. Verso la fine dell’inverno era
quasi ultimato. Solo il portone non era stato ancora costruito, nondimeno l’architetto se ne sarebbe
occupato senza fatica nei tre giorni che gli rimanevano a disposizione.
Gli Asi convocarono un’assemblea dove espressero tutta la loro ansia poiché, quando l’architetto,
a titolo di ricompensa per il lavoro svolto, si fosse accaparrato Freyja, il sole e la luna, non solo
Asgard sarebbe stata privata di tutta la bellezza affondando nella povertà, ma il mondo sarebbe
stato per sempre avvolto dalle tenebre.
Cercarono disperatamente una via d’uscita, senza comunque scorgere una possibile soluzione, e
cominciarono a meditare sulle circostanze e sulle modalità che li avevano spinti a cacciarsi in un
simile guaio. Tutti sapevano chi fosse l’istigatore del male: chi altri poteva essere se non il subdolo
e perfido Loki. Essi gli rivolsero la terribile minaccia di mandare all’aria l’accordo stipulato con
l’architetto. Loki giurò sul suo onore che avrebbe fatto in modo d’impedire all’architetto di
terminare la costruzione del muro entro il termine concordato, così che gli avrebbero potuto negare
la ricompensa pattuita.
Loki si trasformò seduta stante in una giumenta. L’indomani, mentre l’architetto e il suo cavallo
Svadilfari si stavano dirigendo verso le montagne per raccogliere pietre e legna per il muro, una
giumenta andò loro incontro nitrendo voluttuosamente. Svadilfari si precipitò immediatamente
verso di lei, strappando le briglie e spezzando in due il carro, e lanciandosi in uno sfrenato
inseguimento attraverso campi, monti e valli, mentre l’architetto arrancava dietro di loro.
L’inseguimento si protrasse per tutto il giorno e per tutta la notte, e quando finalmente l’architetto
riuscì a catturare il cavallo, erano entrambi stremati al punto che non furono in grado di ultimare il
muro neppure il giorno successivo.
Quando scese la sera, l’anonimo architetto osservò il muro che ormai non sarebbe riuscito a
completare entro il termine stabilito e andò su tutte le furie. Accusò gli dei di avergli negato la
ricompensa pattuita con l’astuzia e con l’inganno. Smanioso di vendicarsi ad ogni costo, radunò
pietre e ceppi enormi con cui disintegrare Asgard e i suoi abitanti. Fu solo in quel momento che gli
dei si resero conto del fatto che l’architetto era un gigante della montagna, e invocarono a
squarciagola l’aiuto di Thor. Quest’ultimo, appena tornato da un viaggio, atterrò in mezzo alla folla
degli dei con una saetta accecante e impetuosa che scosse la terra in un profondo tremito, colpì
l’iroso architetto sulla testa con il suo martello, e gli fracassò il cranio duro come una pietra.
In seguito, Loki sarebbe divenuto padre di un puledro a otto zampe, e con i denti ricoperti di
rune. Questo puledro era Sleipnir, l’adorato cavallo di Odino, con cui sfrecciava alla velocità del
vento attraverso l’aria, il fuoco e le onde del mare.
20. MANNAZ - L’uomo, unità, evoluzione spirituale

Sillaba: m

Le popolazioni dell’Europa Settentrionale attribuivano particolare importanza ai legami di


sangue e all’unità del parentado. Ogni individuo apparteneva a un clan, al quale giurava lealtà per
tutta la vita. Quantunque si incoraggiasse entro certi limiti lo sviluppo di una propria individualità,
era implicito che nessuno dovesse agire solo nel suo personale interesse, poiché tutti i componenti
del clan venivano coinvolti nei risultati delle azioni compiute da un singolo individuo. L’unica
eccezione a questa regola era rappresentata dal patriarca della famiglia al quale, nelle vesti di
intermediario fra il clan e i suoi dei, veniva permesso d’impartire direttive coerenti con le sue
vedute.
Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita a tale proposito:
(L’uomo), che si erge nel cuore della vita,
è fedele ai suoi familiari,
anche se saranno costretti a separarsi,
poiché gli dei nella loro saggezza hanno deciso
di affidare la sua peritura carne alla terra.

Significato divinatorio:

Questa runa pone l’accento sul significato del vostro status sociale nonché sull’importanza che
esso riveste per voi e per i vostri simili. Mannaz non simboleggia solo la ricerca di una propria
armonia bensì evidenzia anche il bisogno imprescindibile di collaborare con gli altri. La runa
sottintende inoltre il sostegno ricevuto dai propri coetanei. Si possono trovare argomentazioni
valide o superare dure prove.
A prescindere dalla portata dei vostri meriti e dalla validità dei risultati ottenuti, mantenetevi
sempre tolleranti e modesti.
Significato della runa al diritto:
Intelligenza, buon senso, lealtà, spirito di adattamento, atteggiamento conciliante, spirito
caritatevole, competenza.
Significato della runa al rovescio:
Astuzia, malizia, calcolo, manipolazione, atteggiamento borioso con la famiglia e il parentado.
Corrispondenze:
Tarocchi: X arcano maggiore - La Ruota della Fortuna
Astrologia: Sole in Acquario/Luna in quarta casa
I Ching: 8° esagramma, Pi - La Solidarietà
HEIMDALL

Molti sono i nomi con cui era adorato Heimdall. Talvolta prendeva addirittura il posto di Odino
oppure veniva paragonato a lui. Questo figlio di Odino e di nove gigantesse era comunque noto
perlopiù come il custode del ponte iridato Bifröst. Con il nome di Riger, era considerato l’antenato
divino dei vari ceppi da cui si è costituita la società degli uomini. Narra il poema epico dell’Edda:
Un giorno, camminando lungo la spiaggia di Midgard, Heimdall giunse davanti a una capanna
fatiscente, dove incontrò Ai ed Edda (bisnonno e bisnonna), una coppia di poveri vecchietti che lo
invitarono a dividere il loro pasto frugale. Heimdall, che si faceva chiamare Riger, accettò di cuore
l’invito e fu loro ospite per tre giorni. Trascorse le notti disteso nel letto fra i due coniugi,
insegnando loro molte cose. Dopodiché riprese il suo cammino.
Nove mesi più tardi, Edda diede alla luce un bimbo di carnagione scurissima, goffo e robusto che
chiamò Tari. Ben presto Tari mostrò di essere dotato di un’enorme forza fisica nonché di avere la
stoffa per il lavoro duro. In seguito sposò Thyr, una florida fanciulla con mani rese ruvide dal
lavoro e con dei piedi massicci che, al pari del consorte, faticavano dall’alba fino a tarda sera. La
coppia ebbe molti figli, i cui discendenti sarebbero stati tutti i braccianti dei paesi nordici.
Dopo aver lasciato la misera capanna riprendendo a girovagare in lungo e in largo, Riger
raggiunse una prospera fattoria. Non appena mise piede in quella luminosa dimora, fu accolto da
Afi e Amma (nonno e nonna), i quali, dando prova di grande ospitalità, lo invitarono a dividere il
loro pasto semplice ma succulento. Riger accettò volentieri l’invito e soggiornò per tre giorni nella
casa di quelle persone. Trascorse le notti disteso nel letto fra i due coniugi, insegnando loro molte
cose. Dopodiché riprese il suo cammino.
Nove mesi più tardi, Amma partorì un robusto maschietto dagli occhi azzurri che chiamò Cari.
Una volta cresciuto, si scoprì che Cari era un agricoltore nato. Sposò Snör, una robusta massaia,
che portava appeso alla cintura della sua gonna confezionata con pelle di capra un grosso mazzo di
chiavi. La coppia generò moki figli, che divennero i capostipiti della stirpe rurale nordica.
Nel frattempo Riger aveva raggiunto un imponente castello situato su un colle. Lì fu ricevuto da
Fadir e Madir (padre e madre), che indossavano abiti sfarzosi, e che gli riservarono una calorosa
accoglienza. Vennero serviti i vini e i cibi più pregiati. Anche in questo caso, Riger si trattenne per
tre notti presso la coppia, insegnando loro molte cose prima di incamminarsi verso il suo castello
Himinbjörg, per riprendere l’incarico di custode del ponte iridato.
Nove mesi più tardi, Madir diede alla luce un bimbo esile, con una debole struttura ossea,
scintillanti occhi azzurri e capelli biondi. Lo chiamò Jarl. Presto, il giovane mostrò una
predilezione per la caccia e per le più disparate tecniche di combattimento. Riger lo riconobbe
come suo figlio e gli insegnò non solo a interpretare le rune, bensì anche ad amministrare la sua
eredità. Jarl sposò Erna, una bella ed esile fanciulla che gli diede molti figli, tutti destinati a
governare il loro popolo. Come sta scritto nel Rigsmäl, Konur, il figlio più giovane, divenne il
primo re di Danimarca.
21. LAGUZ - Acqua, mare, palude
Sillaba: l

La runa Laguz simboleggia l’acqua, nella fattispecie il mare, ma anche i fiumi, le paludi, le fonti
e le cascate. L’acqua è un simbolo complesso. Come forza positiva è sinonimo di fertilità sotto
forma di pioggia fruttifera e di laghetti scroscianti, mentre nella sua accezione negativa essa è
indice di alta marea, inondazioni, grandine, neve e ghiaccio... al pari delle manifestazioni che
turbano il mondo. L’acqua simboleggia anche la paura che suscita l’ignoto, un luogo dove i marinai
muovevano, senza saperlo, ciò che si trovava sotto la superficie.
Nella sfera personale, l’acqua corrisponde all’ineluttabilità delle pulsioni inconsce. Miti e
leggende narrano che splendide sirene, ondine e ninfe di mare stringevano i comuni mortali in un
abbraccio fatale, per poi imprigionarli nel loro regno posto sotto la superficie dell’acqua, dove li
avrebbe attesi un’umida sepoltura. Non ci si può comunque sottrarre all’acqua, neppure nella sua
forma meno spaventosa, poiché la fertilità e la sessualità sono indissolubilmente legate alla vita.
Laguz è una runa misteriosa, paragonabile al proverbiale influsso della luna: emozioni, passione,
sbalzi d’umore, sensibilità, sogni, esaltazione, sessualità.
Con la runa Laguz, s’invocava l’aiuto del dio del mare Njörd e della sua consorte Nerthus, dea
della terra. Nerthus veniva adorata in un tempio edificato a Seeland, isolotto danese circondato
dalle acque di un lago.
Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita a tale proposito:
Un mare tempestoso perennemente appare dinanzi agli occhi
di colui
che naviga a bordo di una rullante imbarcazione;
le alte onde incutono terrore;
il cavallo marino non obbedisce alle sue redini.

Significato divinatorio:
Una tipica qualità della runa Laguz va ricercata nella sua profonda e partecipe solidarietà con
tutto ciò che avviene intorno a lei. Poiché la sua forza è tendenzialmente di natura emotiva, essa è
subordinata alle pulsioni esterne. Perciò il consultante assume un atteggiamento guardingo; si
strugge, interroga, assorbe, indossa una maschera, è imprevedibile e lunatico. Benché il suo
giudizio sia puramente soggettivo, non di rado egli dimostra un chiaro intuito in certi contesti, che
lo induce a spingersi a occhi chiusi verso il nocciolo della situazione. Poiché in un simile frangente
il ruolo della logica è pressoché irrilevante, l’esternazione delle deduzioni finali è valida quanto
impossibile.

Significato della runa al diritto:


Sensibilità, emotività, ispirazione, fantasticherie, atteggiamento sognante, attaccamento,
sentimento, entusiasmo.
Significato della runa al rovescio:
Fraintendimenti, atteggiamento sconcertante, vaga percezione di sé, irrealtà, delusioni, ricatto
emotivo, tradimento, atteggiamento soffocante.

Corrispondenze:
Tarocchi: XVIII arcano maggiore - La Luna
Astrologia: Luna in Cancro/Sole in Pesci
I Ching: 61° esagramma, ChungFu - La Verità interiore
NJÖRD

Al termine della terribile guerra divampata sanguinosamente fra gli Asi e i Vani, vi fu uno
scambio di ostaggi. Hönir, fratello di Odino, si trasferì a Vanaheim, mentre Njörd s’insediò ad
Asgard con i due figli Frey e Freyja.
Si soleva invocare Njörd affinché placasse le tempeste che infuriavano in prossimità del mare; a
tale scopo gli fu messo a disposizione il palazzo Noatun che si ergeva sulla costa: in tal modo, le
sue benefiche intercessioni si sarebbero potute estendere anche al commercio e alla pesca.
Lo si invocava parimenti affinché, come impersonifìcazione dei mesi estivi, egli carpisse i raggi
del sole di primavera per estinguere i fuochi dell’inverno. Lo si pregava anche affinché contribuisse
a favorire un buon raccolto. Ci si dedicava intensamente all’agricoltura durante i tre corti mesi
estivi, specie sui fiordi e nelle baie. Come recitava un proverbio: il benessere arride a colui che
costruisce su Njörd.
Quando fu esiliato ad Asgard, Njòrd fu costretto a lasciare la moglie a Vanaheim. Gli fu
assegnato uno dei dodici troni posti nell’immenso salone delle riunioni, affinché presenziasse a tutti
gli incontri e alle sedute consiliari degli Asi. Durante uno di questi incontri, si disquisì a lungo circa
una delle peggiori malefatte di Loki in cui anch’essi, fino ad un certo grado, erano rimasti coinvolti.
Cos’era accaduto?
Il gigante Thiazzi (testa calda) si era trasformato in un’aquila e, per ripagarlo del suo
comportamento astuto, afferrò Loki con i suoi possenti artigli mentre si stava librando nell’aria. In
cambio della sua libertà e della sua incolumità, pose come condizione che gli consegnasse Idun, la
dea della primavera nonché custode delle mele dell’eterna giovinezza, che gli dei regolarmente
mangiavano.
A Loki non rimase altra scelta che tendere un tranello a Idun, lungo la strada del ritorno. Egli le
disse di poterle mostrare delle mele assai più speciali delle sue. Forte di un simile pretesto, la
rinchiuse insieme alle sue mele in un luogo abbandonato, da dove Thiazzi la prelevò conducendola
nella sua fredda e solitaria fortezza di nome Thrymheim, presso cui dimorava con la figlia Skadi.
Notando che mancavano le mele, gli Asi scoprirono subito che Idun era stata rapita e,
formulando terribili minacce, costrinsero Loki a revocare la sua vile azione.
Tramutatosi nel falco di Freyja, Loki volò fino al domicilio di Thiazzi, trasformò Idun in una
noce e la riportò ad Asgard tenendola stretta nel suo becco. Thiazzi, che a sua volta si era
nuovamente trasformato in un’aquila, li inseguì. Tuttavia, in prossimità di Asgard, cadde in un falò
acceso appositamente per annientarlo nell’ardente mare di fiamme, e, mortalmente ferito, precipitò
negli abissi.
Non trascorse molto tempo dal ritorno di Idun da Thrymheim e dalla morte di Thiazzi, quando gli
dei riuniti al gran completo furono colti di sorpresa dalla visita di Skadi, la collerica figlia del
gigante di ghiaccio. Essa si era spinta lì affinché gli dei riparassero alla morte di suo padre.
Skadi, la dea dell’inverno, era molto bella. Indossava un corto costume da caccia e un’armatura
d’argento; portava una spada scintillante, frecce appuntite, calzoni bianchi di pelle e scarponi da
neve. Gli dei convennero che la sua collera era legittima. Le indicarono il firmamento, in cui
avevano aggiunto gli occhi di suo padre che erano divenuti stelle scintillanti, per tributargli gli
onori che si era guadagnato. Ma Skadi non era per nulla soddisfatta. Sentendosi colpevoli, gli dei
finirono col dirle che avrebbe potuto scegliersi uno di loro come suo sposo; tuttavia le sarebbe stato
consentito di vedere solo i piedi nudi dei candidati fra cui scegliere, poiché le furono bendati gli
occhi. Il suo sguardo cadde su un paio di piedi ben fatti, che lei attribuì a Balder, e la scelta fu
presto fatta. Dopo che le fu tolta la benda, non nascose la sua delusione nell’accorgersi di aver
scelto Njördr. Comunque ciò non impedì alla coppia di trascorrere alcune piacevoli settimane ad
Asgard.
In seguito, Njördr condusse la moglie nel suo palazzo di nome Noatun, ma il monotono rumore
del mare, le stridule grida dei gabbiani e le urla delle foche innervosirono a tal punto Skadi da
indurla a supplicare il marito di riportarla a Thrymheim. Njörd, che si sarebbe sacrificato volentieri
per far piacere alla consorte, accolse la sua preghiera e concordarono di trascorrere nove mesi su
dodici nella dimora di Thrymheim, e i restanti tre mesi presso Noatun, il palazzo del marito.
Tuttavia, a mano a mano che si avvicinavano alle montagne rivestite da fitte foreste dove sorgeva il
castello, il sibilo del vento fra gli abeti, il rombo delle valanghe, lo scricchiolio del ghiaccio e
l’ululato dei lupi parvero insopportabili a Njörd come il monotono rumore del mare risultava inviso
alla moglie.
Njörd e Skadi, che incarnavano l’estate e l’inverno, sopportarono questi spostamenti per qualche
tempo. Skadi trascorreva a Noatun, ossia al mare, i tre corti mesi estivi, e Njörd soggiornava per i
nove lunghi mesi invernali nel gelido Thrymheim. Alla fine presero la decisione di separarsi,
poiché i loro gusti sarebbero stati perennemente inconciliabili. Entrambi fecero ritorno alle
rispettive dimore per riprendere i loro consueti ritmi di vita.
Dopo qualche tempo, Skadi si risposò con Ullr, il dio dell’inverno, della caccia e del tiro con
l’arco, che quasi sempre si spostava pattinando sul ghiaccio. Ebbero un figlio di nome Säming, che
un giorno sarebbe divenuto il primo re di Norvegia.

Odino e il suo cavallo a otto zampe Sleipnir


22. INGUZ - Compimento, nuovo inizio, ampliamento

Sillaba: ng

Ing era un dio dei danesi. Nei suoi libri, Tacito accenna a una stirpe nordica, quella degli
Ingaevanes, che viveva sxd Mar Baltico. Freyr, dio della fertilità, era noto anche con l’appellativo
di Ing. Poiché Freyr era il figlio di Nertus (Madre Terra) e al pari di sua madre viaggiava a bordo di
un carro, se ne può dedurre che Ing fosse un dio della fertilità legato alla casa e al focolare (terra),
colui che si prendeva cura della famiglia. E probabile che proprio per quel motivo fosse ritenuto
l’aspetto sano e produttivo della vita sessuale.
Se la runa Laguz simboleggia la forza e l’influsso dell’acqua (emozioni), Inguz esprime la forza
e gli influssi complementari. I ,a runa Inguz è strettamente legata alla luna — alla parte sensibile
della psiche umana —, perché incarna il desiderio di essere desiderati, il bisogno di condividere se
stessi vicendevolmente, nonché la ricerca dell’armonia nell’ambito dei rapporti interpersonali.
Un aspetto connesso al divenire o alla crescita consiste nel preparare il terreno a una buona fine:
lì risiede la motivazione principale di Inguz. Quando esce questa runa, significa che il consultante
possiede l’energia per portare a compimento o padroneggiare una situazione che prelude a un
nuovo inizio.
Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita alludendo a Inguz:
(Ing) fu il primo danese dell’est che videro gli uomini,
finché egli riprese la via dell’est (ossia del «ritorno») attraverso il golfo, la sua carrozza lo seguì,
di lui i soldati dicono che sia un eroe.

Significato divinatorio:
Se in fase divinatoria esce Inguz, significa che il consultante ha raggiunto una condizione di
equilibrio interiore. Sta bene con se stesso, emana sicurezza e ha la sensazione di occupare il posto
che gli spetta nel mondo. Le rune circostanti hanno il compito di svelare se si tratta di uno stato
d’animo permanente o transitorio, poiché in genere pochissime persone riescono a mantenere
ininterrottamente questo equilibrio interiore durante le piccole, grandi difficoltà della vita
quotidiana. Tuttavia, oltre al fatto di prendersi a cuore il benessere della casa e della famiglia, la
runa Inguz preannuncia anche l’inizio di nuove attività e aspettative.
Significato della runa al diritto:
Equilibrio, vitalità, buon senso, calore umano, produttività, cambiamento dei propri valori, nuovo
inizio.
Significato della rima al rovescio:
Lavoro accanito, lavoro duro, carriera instabile, inquietudine, disagio, dubbi, pessimismo.
Corrispondenze:
Tarocchi: IV arcano maggiore - L’Imperatore
Astrologia: Luna nera
I Ching: 24° esagramma, Fu - Il Ritorno (la Svolta)
FREYR (FREY O ING)

Uno dei poemi più belli racchiusi nel ciclo epico dell’Edda narra che un giorno Freyr salì al
trono di Odino, Hlidskialf (questo è il nome del trono), e dalla sua sommità percorse con lo sguardo
l’ampia distesa del mondo. Scrutando il gelido paesaggio nordico, vide in un batter d’occhio una
splendida fanciulla che stava entrando nella casa del gigante di ghiaccio Gynir; un attimo dopo,
quella creatura leggiadra — si chiamava Erdr ed era considerata la personificazione della luce del
Nord — si era già dileguata nell’abitazione paterna. Freyr s’innamorò dell’incantevole fanciullate il
suo cuore si colmò del desiderio di prenderla in moglie.
Innamorato nonché in preda alla tristezza e alla malinconia, fece ritorno a casa immerso nei suoi
pensieri. Egli era divenuto così distratto, che suo padre Njördr incaricò il fido servitore Skirnir di
risalire alla causa di questo comportamento fattosi repentinamente cupo. Dopo lunghi
tentennamenti, Freyr confessò il suo amore per Erdr e la sua disperazione dovuta al fatto che
l’oggetto del suo amore non solo era la figlia del gigante di ghiaccio Gymir e di Angur-Boda, ma
anche una r:irente del gigante di ghiaccio Thiazzi, ucciso dagli Asi. Temeva che lei non lo avrebbe
mai accolto amichevolmente.
Skirnir lo consolò offrendosi di presentare una proposta di matrimonio alla fanciulla, a
condizione di prendere con sé Blodughofi, l’impavido cavallo di Freyr che poteva sfrecciare
attraverso il fuoco e l’acqua. Inoltre, come pegno volle la scintillante spada di Freyr. Quest’ultimo
era più che disposto a sottoscrivere simili condizioni.
Riflettendo sull’eventualità di non essersi ancora guadagnato l’amore della bella Erdr, Freyr
sprofondò di nuovo nella tristezza che, a causa dell’innamoramento, lo proiettò nella sua seconda
natura. Perciò non si accorse che Skirnir si aggirava poco lontano aspettando l’occasione propizia
per creare l’immagine riflessa di Freyr con l’acqua della superficie del laghetto e per travasarla in
un corno. Con questo ritratto, undici mele d’oro e Draupnir, l’anello magico, Skirnir cavalcò fino a
Jôtunheim, per assolvere al suo incarico.
Con l’aiuto del cavallo Blodughofi, irruppe attraverso il muro di fiamme che circondava la casa
di Gymir, e subito dopo incontrò la magnifica Erdr. Il ritratto di Freyr non riuscì a toccare il suo
cuore, i doni che le porse Skirnir furono rifiutati con alterigia, e la minaccia di essere decapitata
con la spada magica, non le fece la benché minima impressione. Il servitore intagliò delle rune in
un ramo a scopo divinatorio e le annunciò che, se non avesse accettato la proposta, sarebbe stata
condannata a rimanere per sempre zitella oppure a sposare un orribile gigante di ghiaccio con tre
teste. La descrizione delle sgradevoli prospettive che l’attendevano nel caso avesse ribadito il suo
rifiuto la spaventò al punto da indurla ad acconsentire di buon grado a diventare la moglie di Freyr.
Skirnir si riprecipitò a Ljossälfsheim, il paese degli elfi di luce, dove regnava Freyr, e gli
comunicò la lieta novella. L’umore di Freyr migliorò; tuttavia quando Skirnir gli disse che avrebbe
dovuto pazientare nove notti prima di poter vedere la sua sposa, il dio ripiombò nella tristezza,
affermando che tutto quel tempo gli sembrava insopportabile. Malgrado la disperazione
dell’innamorato, l’attesa si esaurì e Freyr corse rinfrancato nella verde terra di Buri, dove ad
attenderlo c’era Erdr che indossava l’abito da sposa. Essa sbocciò nel ruolo di moglie, regnando
con orgoglio al fianco di Freyr.
23. DAGAZ - Luce del giorno, speranza, fiducia, apertura

Sillaba: d

Questa runa annuncia l’alba di un nuovo giorno. Lo si considerava un avvenimento lieto nei paesi
dell’estremo Nord, specie nei lunghi inverni freddi e bui. Poiché si adorava il sole in quanto
simbolo della vita, non si veniva mai meno al rito quotidiano di salutarlo al suo sorgere mattutino.
L’aurora e il crepuscolo sono momenti magici, in cui la luce e le tenebre rivelano la stessa l’orza
cangiante. La runa Dagaz sintetizza, plasma e fa scaturite un nuovo significato da presunti
contrasti.
Dagaz simboleggia anche la stagione in cui la forza del sole è al suo massimo. Perciò l’influsso di
questa runa è associato parimenti al solstizio d’estate di metà giugno.
Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita a tale proposito:
(Il giorno) è l’amato messaggio degli dei;
l’eminente luce dell’imperatore
dona al povero e al ricco
letizia e speranza
ed è utile a tutti.
Significato divinatorio:

Il termine aurora illustra adeguatamente il significato di questa runa. La runa Dagaz è il ponte che
conduce a tempi migliori. Le rune che durante la consultazione escono al diritto, possono fornire
dei suggerimenti riguardo alla direzione che occorre imboccare per approdare a questi tempi
migliori. Dagaz può chiarire anche l’influsso esercitato dalle rune, sotto forma di pietre o
bastoncini, uscite a faccia in giù. Essa può inoltre placare gli influssi circoscritti o gli strali lanciati
da un ambiente ostile. Talvolta annuncia lunghi periodi di notevole impegno e di grande benessere.
Regnano la speranza e la fiducia che all’alba i periodi bui ce li saremo lasciati alle spalle!
Significato della runa al diritto:
Discernimento, dinamismo, una fase esistenziale all’insegna dell’intraprendenza, ottimismo,
benessere.
Significato della runa al rovescio:
Sbandamento e ambiguità; dubbi fra la luce e le tenebre; il bene e il male, progresso e ristagno.
Corrispondenze:
Tarocchi: XVII arcano maggiore - Le Stelle
Astrologia: Sole in Sagittario/Luna in undicesima casa
I Ching: 49° esagramma, Ko- Il Sovvertimento (la Muta)
24. OTHIAL- Eredità, terreni, tradizioni

Sillaba: o

Questa runa viene associata al concetto di proprietà, poiché Othial è la runa del profitto e del
guadagno. Non si può comunque escludere che questi profitti derivino da un’eredità che vi
costringa a rinunciare a qualcosa. Potrebbe essere molto difficile, quando ciò a cui dovete
rinunciare costituisce una parte del vostro passato, del vostro bagaglio culturale o di ciò che finora
avete orgogliosamente posseduto per diritto di nascita. Altrettanto dicasi se, per quanto attiene al
vostro status sociale o all’immagine che avete di voi stessi, ad un certo punto la decisione che
dovrete per forza prendere vi donerà la libertà di essere ciò che siete, come realmente siete.
Il poema epico anglofrisone dedicato alle rune recita a proposito di questa runa:
(Il possesso) costa caro,
per colui dal cui godimento può ricavare il giusto
commisurandolo all’utilità;
quasi sempre in casa sua regnerà il benessere.

Significato divinatorio:

Questa runa simboleggia i beni di famiglia, come immobili e terreni, di cui si entra in possesso
attraverso l’eredità. Se tuttavia la runa è rovesciata, può essere indice di perdite, litigi e controversie
legali o perfino di cambiamenti apportati alle volontà testamentarie. Inoltre, il consultante dovrà
fare i conti con una verifica fiscale relativa ai suoi redditi.
Significato della runa al diritto:
Eredità, disposizioni testamentarie, patria e luogo di nascita, status sociale, cambiamento ed
espansione.
Significato della runa al rovescio:
Controversie legate all’eredità, procedimenti legali intentati per rivendicare il diritto di possesso
su terreni e beni di famiglia, perdita di proprietà, sprechi.
Corrispondenze:
Tarocchi: XXI arcano maggiore - Il Mondo
Astrologia: Sole in Acquario/Luna in Toro
I Ching: 64° esagramma, Wei Chi - Prima del compimento
RAGNARÖK - IL CREPUSCOLO DEGLI DEI

Ragnarök è il crepuscolo o il tramonto degli dei. È la lotta ingaggiata dagli dei contro le forze
demoniache. Uno degli aspetti più sorprendenti che caratterizza la mitologia norvegese risiede nella
credenza degli uomini alla mortalità dei loro dei. L’origine degli Asi è stata gloriosa e degna di
ammirazione; nondimeno, essendo scaturiti da un miscuglio di elementi divini e demoniaci, essi
recavano in loro il seme della transitorietà. La loro imperfezione ne avrebbe decretato la fine.
Nelle mitologie nordiche si consuma un dramma che lentamente culminerà nella gloria e poi nel
declino degli dei. Esse narrano come gli Asi abbiano accolto Loki, l’incarnazione del male, nel loro
regno; come abbiano seguito i suoi ipocriti consigli, sopportando di ritrovarsi puntualmente in
situazioni avverse, da cui ne sarebbero usciti solo al prezzo del loro onore e della loro innocenza.
Infine egli divenne cosi potente da non esitare a impossessarsi del loro bene più prezioso, la
purezza e l’innocenza, di cui Balder, il figlio di Odino, costituiva la personificazione.
Dopo la morte di Balder, nuvole grevi si addensarono sul mondo delle divinità scandinave; i
segnali che annunciavano l’approssimarsi dell’ultima battaglia del mondo divennero sempre più
inequivocabili. Il sole e la luna furono divorati dai lupi che li inseguivano da sempre e nel cuore
dell’estate il mondo fu avvolto dalle tenebre. Grandinate e bufere di neve imperversavano sibilando
da tutte le direzioni dei venti su ciò che poco prima erano verdi distese erbose.
Poiché tutto il bene sembrava essersi dileguato dal mondo, gli dei sentirono che le antiche
profezie stavano per compiersi e che i segnali che preannunciavano l’avvento del Ragnarök, il
crepuscolo degli dei, erano già nettamente riconoscibili. Un atroce vento (Fimbulvetr) prese a
soffiare senza tregua, imperversando per più di tre stagioni e finendo per congelare ogni essere
vivente. Fra gli uomini regnava disordine e discordia, dal mare s’innalzavano minacciose onde alte
come case, Yggdrasil tremava perché il mostro Nidhöggr era riuscito ad azzannare le sue tre radici.
Le tre dee del destino sedevano tutte imbacuccate accanto alla fonte della saggezza, in mezzo ai
loro fili lacerati, rinchiuse in un misterioso silenzio. Per l’ultima volta, Odino afferrò il capo di
Mimir per chiedergli consiglio, prima di montare in sella a Sleipnir, dirigendosi alle vaste pianure
di Vigridr, teatro dell’ultima battaglia del mondo. Il gallo rosso Fialar, che sorvolava il Walhalla,
diede l’allarme, prontamente imitato da Gullin- Kambi, il gallo di Midgard, mentre anche l’uccello
rosso cupo di Hel annunciò a Niflheim l’imminente pericolo.
Nell’udire le urla penetranti dei galli, Heimdall, senza esitare un solo istante, si portò alle labbra
la tromba Giallar e suonò l’allarme tanto atteso, che riecheggiò in tutto il mondo.
Il lupo Fenrir sciolse senza fatica i lacci che lo imprigionavano e si apprestò a raggiungere
l’esercito dei giganti di ghiaccio. Onde impetuose e dense di schiuma sballottavano Nagilfar, la
nave del destino di Ran, costruita con le unghie degli uomini annegati. La nave galleggiava a
malapena, quando Loki, che nel frattempo si era liberato senza nessuno sforzo dalle catene a cui era
imprigionato, salpò con i giganti di ghiaccio armati fino ai denti e con i loro cavalli; fu così che
Nagilfar fece rotta verso le vaste pianure di Vigridr, solcando le tumultuose acque. All’improvviso
il cupo Surtr fendette l’aria, e attraverso il varco scintillante che si era aperto sfrecciò a cavallo con
la sua spada fiammeggiante, seguito dai suoi violenti compagni di Muspellsheim.
Quando i giganti di ghiaccio si radunarono sul ponte iridato Bifröst per prendere d’assalto
Asgard, il ponte, che oscillava pericolosamente, cominciò a scricchiolare sotto il peso degli zoccoli
dei cavalli, finendo per cedere.
Durante quest’ultima battaglia del mondo furono regolati molti conti rimasti in sospeso. Thor
sconfisse Jörmungandr, l’invincibile drago di Midgard; tuttavia, gli fu fatale aver respirato
l’enorme quantità di veleno esalato dal mostro sul campo di battaglia e anche il dio trovò la morte.
Heimdall sconfisse l’acerrimo nemico Loki, ma durante la battaglia fu mortalmente ferito.
Odino ingaggiò una sanguinosa lotta contro il lupo Fenrir, il quale ebbe comunque la meglio.
Vidarr, il figlio taciturno, con la sua scarpa di ferro vendicò la morte del padre, secondo quanto
prescritto dal codice d’onore degli dei. Spezzò in due l’orribile belva, dopo aver messo la sua
scarpa di ferro dentro le fauci spalancate, e gli strappò la mascella superiore con tutte le sue forze.
Freyr, il dio della luce, fu ucciso dall’arma del cupo Surtr, che con la sua spada infuocata
disintegrò e ridusse in cenere i palazzi degli dei. In questa battaglia, le uniche armi di difesa di
Freyr furono le corna di un cervo trovate per terra, poiché aveva lasciato in pegno la sua spada che
combatteva da sola al gigante Gymir, quando cercò di conquistare i favori di sua figlia Erdr.
La vita se ne andò tra le fiamme e il fumo; mari e fiumi debordarono, finendo per sommergere la
terra. La fine del mondo si stava avvicinando.
Eppure la speranza non si era ancora spenta. Nel mondo degli uomini erano sopravvissuti due
esseri, Lif (vita) e Lifthrasir (desiderio di vita), che sarebbero divenuti i capostipiti di un nuovo
genere umano.
Quelli che sopravvissero all’atroce vento (Fimbulvetr), dentro le cavità e le fessure del tronco di
Yggdrasil, riemersero alla luce del giorno e ripopolarono la Terra. Nel mondo rinato sarebbero
riapparsi anche i figli degli antichi dei, Balder e Hödr, Vidarr e Vali, Modi e Magni, che
s’insediarono nei palazzi ricostruiti, dove un tempo lo scettro era nelle mani di Odino e dei suoi.
I loro convegni si sarebbero tenuti a Idavöllr, che un tempo era stato Un campo da gioco degli
Asi, dove i convenuti avrebbero rievocato le epiche vicende di cui furono protagonisti i loro padri.
Il termine Ragnarök si traduce spesso come «crepuscolo degli dei»; si tratta comunque di
un’interpretazione errata. Ragna Rök sono due vocaboli islandesi che significano «destino
ineluttabile». Nel dodicesimo secolo, gli Scaldi norvegesi vi aggiunsero alcune sillabe, e si ebbe
così la trasformazione in Ragnarökkr, una parola che venne tradotta ambiguamente come
«crepuscolo degli dei». Ragnarök è una visione profetica del tramonto dell’universo e, per quanto
attiene all’atmosfera e ai particolari, presenta molte analogie con l’Apocalisse del Nuovo
Testamento.
IV
Come creare da soli le proprie rune

Le rune, siano esse in forma di pietre, bastoncini o carte, da utilizzare a scopo divinatorio, si
possono acquistare nei negozi specializzati. Tuttavia alcune persone si sentono particolarmente
legate alle pietre o ai bastoncini runici che hanno fabbricato da sole tenendo conto delle loro
preferenze. In linea di massima occorrono solo 24 pezzetti di carta o cartone, su cui tracciare i segni
grafici delle rune. Nondimeno, la maggior parte dei consultanti, in virtù del tipo di legame a cui
abbiamo appena accennato, desiderano utilizzare sempre lo stesso set di bastoncini o di pietre.
I bastoncini o le pietre runiche si possono confezionare utilizzando legno, osso, pietre o altro
materiale resistente. Il consultante impiega rune di ogni forma e dimensione.
All’atto pratico, le rune migliori si sono dimostrate quelle di piccole dimensioni, piatte, rotonde o
quadrate, realizzate in ceramica, legno oppure osso e con un diametro di circa 1,5 cm (a tale scopo
si possono ad esempio utilizzare sassolini, gettoni o fagioli).
Molto validi potrebbero dimostrarsi pezzetti di legno stretti e sottili, aventi forma quadrata o
rettangolare, con una lunghezza che oscilla fra 1,5 e 2 cm (va benissimo anche il lato posteriore di
pietre ruvide), oppure dei pezzetti di cartone o cartoncino con una grandezza pari a circa 1 x 2 cm.
Benché il materiale più comunemente utilizzato per le «pietre» runiche sia il legno di un albero
da frutta, vanno benissimo anche carte minuscole, sulle quali, per questioni di spazio, più che il
nome delle rune vengono evidenziati il numero e la sillaba di ogni singola runa.
A prescindere dalla forma o dal materiale prescelto, la runa intagliata, marchiata a fuoco o
disegnata dovrà essere colorata. Secondo la tradizione, si è soliti optare per il rosso o il blu; ma sarà
adatto qualsiasi altro colore, scelto lasciandosi guidare dall’intuito o dalle sensazioni.
Sarebbe opportuno evitare di scegliere il bianco come colore che fa da sfondo ai bastoncini, alle
pietre o alle carte, poiché il colore tradizionale del tappeto su cui vengono lanciate le rune è proprio
di questo colore.
Ma anche in questo caso vale il seguente principio: non fatevi influenzare dalle tradizioni,
quando si tratta di scegliere il vostro personale abbinamento cromatico.
Riponete le rune in un sacchettino (di pelle) che sia sufficientemente proporzionato alla vostra
mano: ciò vi consentirà di estrarre a occhi chiusi una o più rune. Per i bastoncini e per le carte
runiche, il contenitore più adatto sarà naturalmente un astuccio.
A seconda della grandezza dei bastoncini o delle pietre runiche utilizzate, le dimensioni del
tappeto saranno mediamente pari a 30 x 30 cm.
Sul tappeto vengono tracciati tre cerchi concentrici: il più piccolo ha un diametro di circa 5 cm,
quello intermedio di 10 cm, e quello più grande di 20 cm circa. Il cerchio piccolo in posizione
centrale simboleggia la predisposizione, quello intermedio le circostanze, mentre il cerchio esterno
rappresenta i desideri, le ambizioni e talvolta i risultati.
IL TAPPETINO DELLE RUNE È SUDDIVISO IN TRE CERCHI:
Cerchio A: rappresenta la predisposizione
Cerchio B: rappresenta le circostanze
Cerchio C: rappresenta i desideri e le aspirazioni (ambizioni)
L’anello esterno (c) è suddiviso in quattro sezioni:
1. Regno delle realizzazioni pratiche: atteggiamento pratico/realista, materialismo
2. Regno dell’intuito: impulsività; azioni improntate al massimo entusiasmo e alla
passione sfrenata che non di rado svaniscono in un attimo
3. Regno delle emozioni: rappresenta le reazioni e gli atteggiamenti emotivi
4. Regno dell’intelletto: atteggiamento razionale e aperto, riflessione
V
Metodi di lettura delle rune

La runa di Freyja

Se si desidera valutare velocemente una situazione nelle sue accezioni generiche, il metodo più
semplice consiste nell’estrarre una sola runa. Quest’unica runa rappresenta tanto il problema e le
attuali circostanze quanto la soluzione. Estrarre la runa di Freyja equivale ad acquisire prontezza di
spirito per quelle situazioni che impongono di prendere una decisione immediata, anche se il
consultante non dispone di dati precisi sull’argomento in questione.
Esempio: un mio allievo, che occupava un posto di responsabilità all’interno di un’azienda su cui
incombeva la minaccia di uno sciopero del personale, durante l’intervallo per il pranzo si è trovato
dinanzi all’obbligo di scegliere fra la possibilità di licenziare il personale al completo, chiudere
l’azienda e cercar fortuna altrove o fra la possibilità di mettersi a capo dell’azienda, dirigendola
sotto la sua piena responsabilità. Dopo essersi appartalo con le sue rune, ne ha estratta una ed è
ritornato nel giro di un minuto «nel ruolo di giovane amministratore dell’azienda», per dirla con le
sue parole. Quella da lui estratta era Dagaz, la runa dell’apertura di un varco, di un nuovo inizio e
delle possibilità promettenti.
L’oracolo delle tre rune

Se vi trovate in una situazione complessa, formulate mentalmente la domanda in modo chiaro.


Scegliete una runa per volta e disponetele a faccia in giù, una accanto all’altra, da destra a sinistra,
rispettando la sequenza in cui le avete scelte. Ecco come appariranno davanti a voi:

Leggendo da destra a sinistra, noterete quindi che la prima runa indica la situazione così com’è, la
seconda runa (intermedia) indica il tipo di atteggiamento richiesto; e la terza runa (sinistra)
chiarisce come evolverà la situazione.
Naturalmente si possono attribuire anche altri significati alle rune. Per esempio:
Una mia allieva mi aveva pregato di leggerle le rune perché voleva qualche chiarimento circa il
suo lungo fidanzamento. Queste sono le rune che ha scelto:

Se ne deduce che ha sacrificato la sua indipendenza in nome della lunga relazione con il
compagno e che vorrebbe sposarlo. Sebbene all’inizio nutrisse qualche dubbio sul matrimonio, ora
è contenta di aver fatto il primo passo. A proposito, nel frattempo è rimasta incinta.

L’oracolo delle nove rune

Rispetto ai tarocchi, ai Ching e ad altre forme di divinazione, l’impiego delle rune presenta
qualche vantaggio, poiché il lancio e l’interpretazione delle stesse non solo è semplicissimo ma
anche sostanzialmente rapido.
L’esperto stende le sue 24 rune sull’apposito tappeto ben teso su un piano d’appoggio e le
mescola a faccia in giù, come avviene ad esempio con le tessere dello Scrabbk o del domino. 11
consultante sceglie 9 delle 24 rune e, mentre si concentra sulla domanda, le mescola in silenzio
tenendole nell’incavo delle sue mani. Dopodiché le lancia, né troppo forte né troppo debolmente,
nei tre cerchi concentrici del tappeto.
Perché nove rune? Bella domanda. Alcuni esperti rispettano la tradizione che prevede la scelta di
dodici rune, quando addirittura non le utilizzano tutte e 24; altri invece determinano la quantità di
rune da estrarre avvalendosi di un sistema numerologico. Non esistono regole fisse, poiché all’atto
pratico si è visto che:
1. le nove pietre o i nove bastoncini si adattano anche alle mani più piccole;
2. si possono mescolare facilmente nell’incavo delle mani;
3. contengono abbastanza informazioni da consentire una lettura minuziosa e profonda.
Alla base dell’impiego di nove rune, si pone anche un motivo convincente di matrice
tradizionale: narra la leggenda che Odino si sia appeso a testa in giù a un ramo dell’albero della vita
Yggdrasil, sopra la fonte della saggezza, perché voleva imparare a scrutare nel futuro. Tutto ciò gli
è costato nove lunghi giorni e nove lunghe notti trascorsi in quella scomoda posizione, senza
mangiare né bere, fino alla scoperta della saggezza delle rune. Se colui che legge le rune desidera
apprendere questa saggezza, dovrà sceglierne nove in segno di rispetto nei confronti di questo
gesto: una per ogni giorno in cui Odino è rimasto appeso sopra alla fonte della saggezza.
Quanto all’uso della numerologia, praticata da molte persone che leggono le rune, bisognerebbe
rifletterci bene, perché si tratta di un metodo di divinazione che, sotto il profilo cronologico, è assai
lontano dalle radici culturali delle rune. Perciò, grazie a questo metodo (scelta del numero delle
pietre), molti esperti possono aggiungere un tocco personale alla loro interpretazione.
Ai fini di una maggior completezza, indicherò qui di seguito il rapporto fra numeri e lettere:
Il suddetto schema funziona così: l’esperto cerca i numeri che corrispondono a ciascuna lettera
del nome del consultante, e aggiunge i valori che sono stati determinati, senza dimenticare la data
di nascita. Il risultato ottenuto sommando queste cifre darà un numero che non può essere di due
cifre:
Esempio:
Supponiamo che l’esperto desideri determinare la quantità di rune da utilizzare per Frans Silleman,
che è nato il 1° febbraio 1960.

Frans Silleman, mentre è intento a mescolare lentamente le nove rune, si concentra sulla
domanda che desidera formulare, prima di lanciarle una dopo l’altra sul tappeto.
Fatto questo, l’esperto controlla la posizione delle rune: ci sono delle rune a faccia in giù, delle
rune cadute sulla superficie laterale, delle rune che si toccano e si sovrappongono? Una forma
strana è comunque riconoscibile?
Per esempio, sono cadute più rune nel regno dell’intelletto o delle emozioni, oppure vi è una
maggior concentrazione di rune nel regno delle realizzazioni pratiche o dell’intuito? Sembra più
difficile di quanto effettivamente sia; in fondo si tratta solo di osservarle in modo preciso.
In genere, quasi tutte le rune cadono formando un gruppo molto compatto. Queste rune
costituiscono il gruppo principale e rivestono un’importanza maggiore, poiché evidenziano le
problematiche più scottanti e onerose oppure gli interessi del consultante. Basandosi sulla forma
che prende corpo nel punto in cui sono cadute le rune, l’esperto «legge» la struttura delineatasi
attraverso il lancio. Egli riconosce il gruppo principale, il gruppo o i gruppi secondari e/o le singole
rune.
La sequenza in cui bisogna leggere un gruppo o le singole rune si può quasi sempre determinare
partendo dalla runa più vicina al consultante e terminando con quella che si trova più lontana da
quest’ultimo. Il gruppo che contiene la maggior parte delle rune è il gruppo principale. La
direzione in cui sono state lanciate le rune fornisce l’indicazione corrispondente.
Nel corso di un medesimo lancio si possono formare dei gruppi secondari, che contengono solo
due o tre rune. Esse sono perlopiù indicative di fattori di cui il consultante è consapevole solo in
parte.
Capita che una singola runa cada sul tappeto completamente staccata dalle altre. Oltre al
significato assunto dalla runa e dalla posizione in cui si trova, essa rimanda a un avvenimento ben
distinto, che tuttavia riveste una notevole importanza per il consultante, poiché ha lasciato un segno
profondo dentro di lui.
Le rune a faccia in giù rivelano che il consultante non è (ancora) per nulla consapevole del
significato di una situazione simboleggiata dalla runa.
Durante il lancio, può succedere che una runa cada sulla superficie laterale. La spiegazione più
semplice va ricercata nella non totale certezza del risultato che rende irrilevante il significato della
runa. Se una runa presente sulla superficie laterale si trova all’interno di un gruppo formato da altre
rune, a seconda del contenuto di questo gruppo essa ne può sottolineare la forza come pure
annullarla. Perciò è estremamente importante esaminare attentamente la posizione di questa runa
sul tappeto.
Un ultimo aspetto non meno importante consiste nel fatto che non tutte le rune cadono in modo
ineccepibile in uno dei sei settori. Alcune atterrano per metà nell’uno e per metà nell’altro settore,
oppure un angolo lambisce il confine di un settore. In questi casi, la runa esprime una duplice
tendenza e la sua posizione deve essere esaminata con la massima precisione affinché la lettura si
armonizzi con le altre rune.
Se la runa Berkana, che influisce peraltro sulla vita familiare, cade per metà nel cerchio
della Predisposizione e per metà in quello delle Circostanze, potrebbe indicare per
esempio che il consultante potrebbe trarre beneficio dall’accrescimento della famiglia.
Se la runa Naudiz, che simboleggia peraltro un monito sulla direzione presa dal proprio
percorso esistenziale, si trova quasi del tutto nel settore delle emozioni dell’anello dei
desideri e delle ambizioni, a eccezione di un angolo che si trova nell’anello delle
circostanze, può voler dire che probabilmente i progetti del consultante sono
irrealizzabili, poiché non sono ancora giunti a maturazione.
Esempio di lettura delle rune
Una mia allieva desiderava creare una struttura per ragazze mentalmente ritardate; tuttavia i
mezzi di cui disponeva erano alquanto limitati. Le trattative riguardo alle sovvenzioni e alle licenze
richiedevano un enorme dispendio di tempo, energia e pazienza. La sua nuova iniziativa avrebbe
richiesto anche molto tempo e attenzione. Queste sono le rune che ha lanciato:

La sequenza in cui sono state lanciate le rune:


a
1 runa: Fehu, runa numero 1
2a runa: Uruz, runa numero 2
3a runa: Hagalaz, runa numero 9
4a runa: Kenaz, runa numero 6
5a runa: Sowild, runa numero 16
6a runa: Tiwaz, runa numero 17
a
7 runa: Wunjo, runa numero 8
8a runa: Ansuz, runa numero 4
9a runa: Gebo, runa numero 7

(Le rune che durante il lancio sono cadute sul tappeto a faccia in giù sono evidenziate in grigio)
Il gruppo principale è composto dalle rune 1 - 6

Posizione 1: Fehu (runa numero 1 — accumulo di ricchezze) si trova a faccia in giù nel
settore delle realizzazioni pratiche dentro l’anello dei desideri e delle ambizioni. Ciò
evidenzia il desiderio d’intraprendere qualcosa di concreto, che tuttavia non si traduce
necessariamente in risultati visibili. Posizione 2: Uruz (runa numero 2 — la forza,
superamento di ostacoli e avversità) si trova sia nel settore delle realizzazioni pratiche dentro
l’anello dei desideri e delle ambizioni, sia nell’anello delle circostanze. Questo significa che,
pur se ci vorrà molto tempo prima che la sua attività dia qualche risultato, non bisogna
arrendersi e continuare a lavorare sodo.
Posizione 3: Hagalaz (runa numero 9, che simboleggia le influenze avverse incontrollabili) si
trova nell’anello delle circostanze. Questo significa che l’impegno nel suo ambiente sarà
avversato da una serie di sgradevoli imprevisti.
Posizione 4: Kenaz (runa numero 6 — ripristino della forza di volontà e della fiducia in se
stessi) si trova in parte nell’anello delle circostanze e per metà nel cerchio della
predisposizione. Ciò rafforza la convinzione che il successo le arriderà grazie esclusivamente
al suo impegno nonché alla piena fiducia nella bontà delle attività intraprese; questo
atteggiamento scaturisce da una predisposizione interiore.
Posizione 5: Sowild, (runa numero 16 — vitalità e contatti sociali favorevoli) si trova nel
cerchio della predisposizione. Questo significa che il suo atteggiamento aperto, brioso e
piacevole la rende simpatica a tutti. Deve comunque guardarsi dall’inganno. Posizione 6:
Tiwaz (runa numero 17 — opposizione alle avversità e trionfo della giustizia) si trova quasi
del tutto nell’anello delle circostanze, a eccezione di una punta che si trova nel cerchio della
predisposizione. Questo fa sì che essa difenda con coraggio e tenacia i suoi punti di vista,
eliminando in modo convincente ogni ostacolo dal suo cammino.

Il significato di questo gruppo principale:

Se desidera riscuotere successo con le sue attività, dovrà costantemente meditare sui suoi
progetti. Per questo motivo, è indispensabile che il suo atteggiamento sia improntato alla massima
serietà, evitando di essere troppo dispersiva. Dovrà anche fare i conti con numerosi ostacoli e
delusioni inaspettate. Tuttavia, grazie al suo spirito pratico, alla perseveranza e all’entusiasmo,
riuscirà a superare gran parte delle situazioni avverse.
Le singole rune:

7. Wunjo (runa numero 8 — gioia e realizzazione dei desideri) si trova per metà nel regno
dell’intelletto e per metà nel regno delle realizzazioni pratiche, dentro l’anello dei desideri e
delle ambizioni. Questo significa che nell’ambito della realizzazione dei suoi progetti viene
fatto buon uso dell’intelligenza, senza perdere di vista la realtà.
8. Ansuz (runa numero 4, superamento di un esame e acquisizione di conoscenze) è a faccia
in giù, oltretutto quasi completamente nel settore dell’intuito all’interno dell’anello dei
desideri e delle ambizioni, a eccezione di un angolo che si trova nell’anello delle circostanze.
Questo significa che, senza esserne consapevole, si lascia sostanzialmente guidare dall’intuito
quando si tratta di prendere decisioni importanti. Ciò costituisce un fattore di rischio.
9.Gebo (runa numero 7, regali, ospitalità, società e spirito di sacrificio nonché ricerca
dell’armonia nelle relazioni interpersonali). Questa runa si trova in parte nel settore pratico e
intuitivo dell’anello dei desideri e delle ambizioni e in parte nell’anello delle circostanze. In
questo caso si direbbe che la struttura oggetto di strenue lotte potrebbe avere un esito
maggiormente positivo qualora optasse per una direzione collettiva o per una società.
Riassunto di questa divinazione con le rune

Poiché nell’immediato futuro la consultante non raccoglierà grandi consensi, si vedrà costretta a
superare anche troppe avversità. Ciò che intraprenderà richiederà molta determinazione, fermezza e
duro lavoro. Spesso sorgeranno ostacoli, perplessità e preoccupazioni che riuscirà a sconfiggere con
abilità e intelligenza. Tuttavia, molte delle sue problematiche contingenti troverebbero una
soluzione se stipulasse un accordo di collaborazione o una società riguardante la sua nuova
iniziativa.
APPENDICE
Breve profilo delle rune
La sequenza delle ultime due rune (23 e 24) è intercambiabile.
I nove mondi

Di seguito troverete una rappresentazione schematica dei nove mondi dell’albero della vita, che
sono strettamente correlali fra loro. Come avrete modo di osservare, cinque di questi mondi creano
un asse cosmico verticale il cui fulcro è Midgard. L’asse viene incrociato da quattro punti di forza
molto dinamici. Questi quattro assi ruotano intorno all’asse centrale, irradiando il loro flusso ai
restanti mondi. Benché ognuno di questi mondi possedesse una propria identità, un proprio ruolo e
una propria realtà, essi agivano congiuntamente dando vita all’universo delle popolazioni nordiche.
I cinque mondi, che formano l’asse verticale dello schema, si chiamano — dall’alto verso il
basso —: Asgard, Ljossälfsheim, Midgard, Svartölfheim e Helheim; Vanaheim, Jôtunheim,
Muspellsheim e Niflheim compongono invece i settori dei quattro campi di forza.
Gli dei collocarono la terra al centro dell’universo e la chiamarono Midgard (mondo intermedio).
Essa divenne il domicilio degli uomini. Fecero in modo che fosse circondata dal mare,
proteggendola dall’alta marea e dalle invasioni dei giganti con un muro di cinta.
I giganti vivevano tutti nell’Est, sulla costa di Jôtunheim, che a sua volta fu chiamata Utgard. A
ovest di Midgard e sopra la stessa si trovava Vanaheim, il domicilio dei saggi e luminosi Vani, u n a
stirpe divina che, al termine di un’aspra battaglia con gli Asi, strinse un’alleanza permanente con
questi ultimi.
Svartälfheim, il domicilio degli elfi neri, si trovava sotto terra, probabilmente nelle vallate oscure
che conducevano al fiume che separava il regno dei morti dal regno dei vivi. Helheim, così si
chiamava il regno dei morti, era strettamente legato a Niflheim, il mondo avvolto dal fumo e dalle
nebbie del Nord.
A sud si trovava Muspellsheim, il mondo del fuoco, su cui regnava Surtr con la sua spada
infuocata e in cui vivevano i figli di Muspell. Sopra Midgard, si estendeva Ljossälfsheim, la terra
dei gentili elfi di luce posta nell’etere assolato.
Ad altitudini ancora più elevate di Ljossälfsheim, gli Asi fondarono il potente regno di Asgard,
dove la primavera regnava incontrastata, mentre l’oro e le pietre preziose scintillavano in tutto il
loro fulgore. Il largo fiume Ifìng separava Asgard dalla regione dei giganti (Jötuns), pur se non
garantiva una sufficiente protezione dalle loro continue invasioni; i giganti non si limitavano a
essere aggressivi, ma erano anche dei buoni stregoni, che con i loro incantesimi riuscivano
benissimo a danneggiare gli altri, inguaiandoli a dovere.
I domicili degli dei

Ad Asgard, posto sulla sommità di Yggdrasil, gli dei edificarono castelli e palazzi che rilucevano
come stelle. Questo significa che esistevano dodici di questi palazzi, la qual cosa, stando alla loro
descrizione, contraddiceva le leggende.
Molto più in alto di Asgard si stagliava Hildskialf (porta girevole), il trono di Odino che
contemplava lo sguardo del padre supremo, scrutando i mondi nonché le azioni degli uomini, degli
elfi e dei giganti.
Bilskirnir (saetta scintillante), il domicilio di Thor, contava 540 piani e si ergeva sopra il suo
possedimento rurale di nome Thrudvang (campo di forza).
Ydalir (valle del tasso), presso cui viveva Ullr, l’arciere che sfrecciava sui pattini da ghiaccio.
Valaskialf, l’argenteo domicilio del luminoso figlio di Odino, Vali, che a poche ore dalla nascita
si trasformò in un giovane possente che sconfisse il cieco Hödr, sovrano delle tenebre. Questo gesto
gli permise di vendicare l’assassinio del dio del sole Haider, perpetrato da Hödr. In segno di
ringraziamento, gli dei gli fecero dono di un palazzo sormontato da uno sfavillante tetto d’argento.
Il palazzo di cristallo Sökkvabekk (fluire del tempo) era il domicilio di Saga, dea della storia; il
ciclo epico AcWEdda narra che gelidi e placidi torrenti si snodavano attraverso il verde
possedimento rurale; Odino e Saga sedevano sul loro trono nel silenzio dei saloni del palazzo,
bevendo giorno dopo giorno da calici d’oro. Saga viveva in questo palazzo e cantava,
accompagnata dal mormorio dell’acqua, le valorose gesta di dei ed eroi, finché le fiamme della
spada di Surtr non disintegrarono i nove palazzi e tutti gli altri domicili divini. Allora essa si alzò
per tenere compagnia ai superstiti, che erano sfuggiti al fuoco e alla spada, volò con loro dagli
abitanti della Scandinavia e cantò, in una lingua a loro sconosciuta, le gloriose e coraggiose gesta di
dei ed eroi. Per fortuna i suoi canti non andarono persi; alcuni furono trascritti nell’Edda e sono un
tesoro poetico che non potrà mai più scomparire nel nulla.
Il quinto palazzo si chiamava Gladsheim (casa luminosa); possedeva 500 porte e apparteneva al
padre degli dei; ospitava il Walhalla, il domicilio dei valorosi soldati cadmi. Lo scintillante edificio
era circondato dalla selva Glasir dalle foglie d’oro.
Il palazzo Thrymheim (casa del tuono) in cui viveva Skadi, la figlia del gigante Thiazzi rimasto
ucciso, si immaginò in un primo tempo che si trovasse a Jôtunheim; tuttavia, i canti tramandati lo
hanno collocato ad Asgard.
Nel palazzo Breidablick (vasti orizzonti), dove viveva il glorioso Haider, era impossibile pensare
o agire in nome del male.
I Heimdall, il custode degli dei e del ponte iridato che conduceva ad Asgard, risiedeva a
Himinbjörg (sala del cielo), dove gli ilei sorseggiavano il dolce idromele.
Folkvangr (attendente del popolo), il nono castello, apparteneva alla potente dea Freyja, che vi
conduceva metà degli eroi i .ululi sul campo di battaglia e curava le loro ferite.
A Glitnir (casa scintillante) viveva Forseti (presidente). Secondo fonti islandesi, egli era un figlio
di Balder e Nanna. Era il più venerato di tutti i giudici. Pronunciava sentenze in ogni sorta di
processo, fungeva da giudice di pace e contribuiva ad appianare i conflitti.
Noatun (cantiere navale) era il castello dell’adoratissimo Njörd, uno dei Vani che fu accolto dagli
Asi. Era il protettore della navigazione perlopiù idolatrato come dio della tempesta.
Saga decretò come dodicesimo domicilio celeste anche il palazzo Landvidi (vasta pianura), dove
viveva Vidarr, il taciturno figlio di Odino, non lontano dalla gigantessa Grid. Vidarr calzava
costantemente al piede destro una scarpa di ferro. Egli avrebbe vendicato la morte del padre
durante l’ultima battaglia del inondo (Ragnarök), ingaggiando una lotta con il feroce lupo Fenrir, e
schiacciandolo con la scarpa di ferro.
Per quanto attiene al significato dei palazzi celesti appena menzionati, se ne può dedurre che
corrispondessero alle costellazioni dei segni zodiacali. Ciò è reso ancor più verosimile dal fatto che
nessuno di questi palazzi fu assegnato al pur meritevole dio Tyr; non compare neppure Wingolf, il
domicilio delle dee, e manca all’appello perfino Fensalir (regione delle paludi), il palazzo della
consorte di Odino, ossia dell’amatissima dea Frigg.
Ullr, per esempio, che viveva a Ydalir, non era solo il dio del tiro con l’arco, bensì anche un
accanito pattinatore; lo si incontrava perlopiù sull’argenteo terreno ghiacciato. Egli regnava come
protettore della caccia, quando d’inverno il sole si trovava nel segno del Sagittario.
Freyr era il suo figlioccio, e quando gli spuntarono i primi denti (d’oro) gli dei gli donarono il
regno di Ljossälfsheim, il domicilio degli elfi di luce posto sopra Midgard; il palazzo di Freyr ad
Asgard non viene comunque menzionato da nessuna parte.
Il dio della luce rinacque durante il solstizio d’inverno. Lo Yulefest si celebrava con letizia in
onore delle giornate sempre più lunghe e dell’arrivo della luce, servendo cibi e bevande.
Successivamente veniva sacrificato un cinghiale, l’animale cavalcato da Freyr, che si rinnovava
senza sosta, mentre le corna traboccanti di bevande facevano il giro degli ospiti.
Con il palazzo Valis, sormontato da uno scintillante tetto d’argento, si alludeva alla costellazione
dell’Acquario, o alla stagione in cui monti e vallate si ammantano di neve e ghiaccio, avvolti da
una luce ancora tenue in un freddo bagliore argenteo.
Comunque sia, l’idea che i domicili degli dei corrispondessero alle costellazioni dei segni
zodiacali, parrebbe una teoria illuminante.
Glossario dei nomi e dei termini mitologici

Nota preliminare: Per semplificare la ricerca dei contenuti e delle corrispondenze, si farà
riferimento ad alcune voci già menzionate nel presente glossario e in altri punti del libro.
Ägir - il dio del mare che, essendo stato accolto dagli Asi (stirpe divina), ha acquisito una certa
importanza. Sua moglie Ran (saccheggio) era una creatura demoniaca che divorava i cadaveri degli
annegati. Le sue nove figlie incarnavano le onde del mare che, durante le più terribili burrasche, si
avvinghiavano ai marinai.
Albero della vita Yggdrasil - Dal suolo scaturì il grande frassino del mondo, l’albero protettore
degli dei, che con i suoi possenti rami separava il cielo dalla terra e il cui tronco rappresentava
l’asse dell’universo. Secondo alcune leggende, il fogliame di Yggdrasil avrebbe celato nientemeno
che nove mondi.
Nessun uomo riusciva a scrutare oltre la sua altezza. Le sue radici erano più profonde e solide di
quelle delle montagne, mentre la sua cima sempreverde si protendeva fino alle stelle. Delle sue tre
radici, una si estendeva fino a Niflheim — il regno delle ombre di Hel, popolato dal mondo degli
spiriti — nutrendosi con l’acqua della sorgente Hvergelmir, da cui nascevano le dodici correnti
ghiacciate che confluivano a Ginnungagap, nel grande nulla.
La seconda radice si estendeva fino alla sorgente di Mimir a Midgard, mentre la terza attingeva
l’acqua dalla fonte della saggezza di Urd ad Asgard. Urd era la più anziana delle tre Nome o dee
del destino, creature misteriose che guidavano la sorte di tutti gli esseri viventi. Essa dimorava ai
piedi di Yggdrasil, l’albero della vita sempreverde, dove ogni giorno si radunavano gli Asi per i
loro convegni.
Yggdrasil era minacciato da tutte le parti. Quattro cervi divoravano i suoi verdi germogli, il
cavallo di Odino, i cui denti erano sormontati da rune, pascolava ai suoi piedi, e il nano Heidrun,
che produceva senza sosta l’idromele, ossia il nettare degli dei, banchettava con le sue foglie. Il più
accanito era comunque il perfido serpente Nidhòggr, un gigantesco mostro che addentava in
continuazione le radici di Yggdrasil. Solamente le cure amorevoli delle dee del destino impedivano
il deperimento dell’albero. Per preservarne l’aspetto florido, ogni giorno lo innaffiavano con
l’acqua della fonte della saggezza di Urd. Vedi Yggdrasil, Ragnaròk.
Alsvidr (maratoneta) - era uno dei cavalli che trainavano il carro della dea del sole Sunna o Sol
nel suo quotidiano viaggio attraverso il cielo, l’altro si chiamava Arvakr (mattiniero). I carri di
Sunna e Mani erano perennemente inseguiti da due giovani lupi, discendenti del lupo Fenrir.
Jarnsaxa, un’anziana gigantessa dedita al cannibalismo, li allevò a Utgard affinché, una volta
divenuti grandi e grossi, fossero in grado di divorare il sole e la luna. Vedi Ragnarök, Fenrir,
Utgard.
Andhrimnir - il cuoco che a Einheriar (esercito delle anime di Odino), nel paradiso dei soldati di
Odino/Wotan chiamato Walhalla, ogni sera cucinava la carne del cinghiale Saehrimnir, che si
rinnovava costantemente. Vedi Odino, Freyr.
Angrboda (messaggera del male) - moglie di Utgarda-Loki e madre dei demoni divoratori di
cadaveri, come il lupo Fenrir, il perfido serpente Nidhöggr nonché i lupi del sole e della luna. Vedi
Loki, Jòtunheim/Utgard.
Arvakr - uno dei cavalli che trainava il carro della dea del sole Sunna attraverso il firmamento.
Asi - con questo nome le popolazioni nordiche erano solite designare l’olimpo delle loro divinità.
Buona parte dei ceppi venerava in genere tre dei: Odino (Wotan), Thor (Donar) e Tyr (Saxnot). In
seguito, Freyr sarebbe praticamente subentrato a quest’ultimo.
Oltre a queste divinità maschili, venivano adorate anche le dee Freyja e Frigg, considerate
entrambe dee dell’amore. Vedi Odino, Thor, Thyr, Freyja, Frigg.
Asgard - il regno degli dei, dove la primavera regnava incontrastata e dove l’oro e le pietre
preziose scintillavano in tutto il loro fulgore. Era circondato da grandi Fiumi con spade
affilatissiine, mentre le porte di accesso erano sorvegliate da integerrimi galli. Bifröst (ponte
iridato) era il nome del ponte che collegava Asgard a Midgard, il mondo degli uomini, sorvegliato
da Heimdall.
Questo universo pressoché sigillato e sfaccettato simboleggiava il regno dello spirito nei suoi
molteplici aspetti, dalla forma più elevata della coscienza fino alla personalità magica. Era anche la
sede del Walhalla, dove Odino governava sul regno degli eroi caduti. Vedi Heimdall, Walhalla,
Odino, Freyja, Valkyrijur (Valchirie).
Ask e Embla - il primo uomo e la prima donna furono creati da Odino, Hònir e Lodur (Loki), i
quali utilizzarono due alberi caduti. Narrano altre leggende che il primo uomo e la prima donna,
assopiti nel castello del tempo in attesa di nascere, furono creati con le sopracciglia del gigante Buri
(genitore). Odino vi insufflò la vita, Hönir diede loro l’anima e l’intelletto, mentre Lodur (Loki)
fece loro dono del sangue e dei colori. Secondo altre fonti, furono Odino e i suoi figli Vili e Vé ad
occuparsene. L’uomo fu chiamato Ask (frassino) e la donna Embla (rampicante). Si presume che da
loro discenda il genere umano. Vedi Odino, Loki.
Audumla - la mucca Audumla era l’allegoria dell’abbondanza. Si nutriva con la brina che
leccava dalle rocce del baratro Ginnungagap fino al grande Nulla; tali rocce si trovavano così ad
essere vivificate. Esse contenevano la vita che generò il gigante Buri (genitore), da cui avrebbe
avuto origine la stirpe dei giganti di ghiaccio (Hrimthurses).
Come Ymir, l’uro gigantesco, anche questo gigante ha creato una discendenza senza
concepimento.
Balder - era uno dei figli di Odino e di Frigg. Il suo carattere poteva essere sostanzialmente
paragonato a quello del dio greco Apollo. Nessuna divinità era in grado di eguagliare la sua
saggezza o la sua bontà; chiunque lo udiva o lo vedeva non poteva fare a meno di amarlo. Loki
istigò suo fratello Hòdr, il dio cieco della notte, a ucciderlo a tradimento. Balder viveva con la
moglie Nanna nel castello Breidablick. Vedi Balder, Loki.
Berchta - dea imparentata con Freyja/Frigg. Era rappresentata come filatrice e con i piedi piatti,
disturbo che colpiva per l’appunto le filatrici. Puniva le fanciulle indolenti imbrogliando le loro
matasse di fili e imbrattandole di pece, oppure scaraventando i loro filatoi fuori dalla finestra. Era
nota anche come Dama Bianca. Vedi Frigg, Berchta, Holle.
Bergelmir - figlio dell’uro gigantesco Ymir. Bergelmir e sua moglie scamparono al diluvio
universale scandinavo trovando rifugio in una barca. Il diluvio universale fu provocato dagli dei
che avevano ucciso l’impetuoso gigante Ymir, gettando il suo enorme corpo nelle acque schiumose
di Ginnungagap. Vedi Audumla.
Bestia - Nuora dell’uro gigante Ymir e moglie del gigante Börr. Bestia e Börr furono gli unici
superstiti del diluvio universale; furono i capostipiti di una nuova stirpe di giganti insediatasi a
Jôtunheim, nell’est. Vedi Audumla.
Bifröst (ponte iridato) - il ponte che separava il cielo dalla terra, o il punto di raccordo fra
Asgard e Midgard, su cui vegliava Heimdall con la sua vista acuta e l’udito finissimo. Thor non era
autorizzato ad attraversarlo, poiché i suoi possenti passi lo avrebbero lesionato; per questo motivo
egli doveva guadare il fiume, al contrario degli Asi che ogni giorno attraversavano il ponte per
recarsi al tribunale situato in prossimità della fonte della saggezza di Urd. Vedi Asgard, Heimdall,
Ragnarök.
Bilskirnir - il palazzo di 540 piani, in cui dimorava il dio Thor/Donar, quando non era impegnato
nelle sue incessanti battaglie contro i giganti aggressivi. Vedi Donar/Thor.
Bolthorn (spina del male) - Nonno di Odino nonché padre di Bestia e Mimir. Fu il capostipite
dei giganti della montagna.
Börr o Buri (il genitore) - Figlio dell’uro gigante Ymir. Vedi Audumla, Bestia.
Bragi - il poeta Bragi era uno dei figli di Odino e della gigantessa Gunnlöd. Si tratta dello Scaldo
Bragi con l’arpa d’oro, che visse alla metà del nono secolo d.C. Gli Einheriar (vedi) lo adoravano
come dio della poesia; egli era inoltre il consigliere di Odino nonché uno degli Scaldi che si
esibivano alla sua corte.
Altre fonti lo vogliono sposo di Idun o Iduna, la dea della primavera che custodiva le mele
dell’eterna giovinezza degli dei. Vedi Idun, Odino, Loki.
Breidablick (vasti orizzonti) - il palazzo del dio del sole Balder, nei cui saloni era impossibile
pensare o agire in nome del male. Vedi Balder.
Brisingamen - la collana di Freyja confezionata dai nani Brok e Sindri, figli del vecchio re dei
nani Iwaldur. Vedi Nani, Loki, Heimdall, Freyja.
Brok - uno dei nani che nella loro fucina sotterranea forgiava gli oggetti sorprendentemente
magici degli dei. Vedi Nani, Loki, Freyr, Donar/Thor.
Buri (genitore) - il gigante Buri fu il primo discendente di Ymir, l’impetuoso e caotico uro
gigante. Vedi Audumla.
Caccia sfrenata - Quando la bufera sibilava fra i rami degli alberi, si pensava che Odino e
l’Einheriar, il suo esercito di anime, andassero a caccia solcando l’aria. Era convinzione che fosse
pericoloso rimanere all’aperto poiché le persone avrebbero potuto essere catturate facilmente
durante la caccia sfrenata. I feroci cacciatori e Holle guidavano l’esercito delle anime, mentre i loro
accoliti li seguivano con le sembianze di lupi, gatti o di altri esseri. Vedi Einheriar, Odino, Holle.
Crepuscolo degli dei - la caduta degli dei. Vedi Ragnarök.

Donar/Thor - nella sua forma primordiale, il dio del tuono Thor/Donar non era affatto inferiore
al primo Odino/Wotan. In origine, sull’intero territorio scandinavo, Thor era venerato almeno
quanto lui. Col tempo, il suo aspetto sarebbe divenuto alquanto rozzo; i suoi lineamenti erano
grossolani, le sue maniere non si potevano certo definire raffinate; la sua chioma selvaggia e gli
occhi, dove balenava lo spirito bellicoso, erano di colore rosso. Utilizzava il martello magico
Mjölnir (sfracellatore) che gli ritornava in mano come un boomerang; in un primo tempo non si può
escludere che siano state le cadute di meteoriti a ispirare l’idea di questo possente martello;
successivamente si preferì credere che fosse stato forgiato dai nani Brok e Sindri. Quest’arma
tratteggiava peraltro benissimo la forza quasi invincibile del dio. La spada trafigge, la scure taglia, e
il martello sfracella. Loki, amico-nemico degli Asi nonché loro attendente e persecutore, teneva
spesso compagnia a Thor. Quest’ultimo, che gli era amico, era uno dei pochi dei che riusciva a
esercitare una certa influenza sulla subdola furbizia di Loki; perciò lo convinceva spesso a
rimediare alle situazioni difficili che aveva innescato, o a renderle nulle.
Il carro di Thor, con cui egli intraprendeva le spedizioni belliche contro i giganti, era trainato da
due arieti, Tanngnjostr e Tanngrisnir (colui che rompe i denti e colui che li digrigna). Oltre al
martello, Thor possedeva un guanto di ferro, che rendeva il suo pugno più che mai forte e
corazzato. La cintura Megingjörd, che faceva comunque parte dei suoi effetti personali, accentuava
la sua forza inesauribile.
Thor non si distingueva solo in virtù della sua forza straordinaria, ma anche per il suo smodato
appetito e per lo sguardo infuocato che nessuno riusciva a sostenere. Un giorno Thor volle rientrare
in possesso, con un espediente, del suo martello che il vile e perfido Loki aveva consegnato al
gigante Thrymr. Dopo aver assunto le sembianze della dea Freyja, si trasferì alla rocca di
Thrymheim (luogo dei giganti), per unirsi in matrimonio con Thrymr. Loki, che aveva escogitato
questo piano, avrebbe dovuto stare al suo fianco durante la cerimonia, nei panni di una damigella.
Durante il banchetto che si svolse prima dello sposalizio, Thor mangiò due buoi, otto salmoni
nonché tutte le pietanze preparate appositamente per le donne; onde «innaffiare» tutto questo ben di
Dio, si scolò tre barili di idromele. Il gigante si stupì non poco dello smisurato appetito, a cui
tuttavia l’astuta «damigella» Loki pose subito rimedio con una spiegazione bell’e pronta: «Tanta
era la sua nostalgia per Thrymheim, che durante il viaggio, ossia per otto giorni e otto notti, Freyja
non ha toccato cibo». Commosso, Thrymir volle abbracciare la sposa, ma quando le sollevò il velo
e nei suoi occhi incontrò lo sguardo infuocalo di Thor, indietreggiò di alcuni passi in preda al
terrore. Ancora una volta, la damigella fornì una saggia risposta: «Freyja non ha dormito per otto
giorni e otto notti per il desiderio, e nei suoi occhi divampa la bramosia». Thrymir abbassò quindi il
martello di Thor per suggellare l’unione. Tuttavia, poiché il martello era a portata di mano della
sposa fasulla, Thor glielo strappò, sopraffacendo Thrymr e l’intera stirpe dei giganti.
Sul possedimento rurale di Thrudvang (campo di forza), Thor dimorava nel palazzo Bilskirnir
(saetta scintillante), che contava 540 piani ed era il punto di partenza delle sue spedizioni di guerra
contro i giganti.
Si può paragonare Thor a Giove, poiché entrambe le divinità lucevano riecheggiare sordi tuoni, e
turbinare crepitanti saette. Sostanzialmente, per quanto attiene al carattere, bisogna ammettere che
il dio romano Marte presenta maggiori affinità con lui. Erano entrambi dei della guerra che a stento
reprimevano la loro bellicosità già alle prime avvisaglie e che permetteva loro di battere
l’avversario. Il giovedì (da «Donartag» = giorno di Donar) era dedicato a Thor/Donar.
Nell’Iliade, Zeus rivela ad Ares, nome greco di Marte, che tutti gli dei dell’Olimpo lo esecrano
più di ogni altro, giacché non conosce maggior diletto della lite e del combattimento. Odino, dopo
essere assurto al ruolo di divinità principale, avrebbe potuto formulare lo stesso rimprovero a Thor.
Vedi Loki, Hrungnir, Thrymr.
Draupnir - Dall’anello d’oro di Odino/Wotan, forgiato dai nani, ogni nove notti gocciolavano
otto identici anelli. Vedi Odino, Nani, Balder.
Edda - significa bisnonna. Questo è il nome che l’arcivescovo di Skalholt, Brynjolf Sveinsson,
diede al codice di pergamena da lui ritrovato in Islanda nel 1643 e che a suo parere era redatto nella
forma poetica delle più antiche saghe dei Normanni. Secondo le stime effettuate, il ritrovamento
dello scritto risale circa ai primi anni del XIV secolo; lo stile riflette comunque l’epoca del
massimo splendore della poesia norvegese degli Scaldi, epoca compresa fra il X e l’XI secolo,
mentre il contenuto risale a epoche ben più remote. Già allora si attribuì al letterato Saemund
Sigfusson non solo la raccolta di buona parte dei canti frammentari, bensì anche la stesura dei
racconti in prosa.
Questo Saemund, profondo conoscitore dell’antichità norvegese, pare sia vissuto in Islanda fra il
1054 e il 1133. La maggior parte delle saghe non sono peraltro originarie dell’Islanda, giacché il
loro contenuto è perlopiù indogermanico.
La prima metà dell’Edda racchiude i canti degli dei, che sono evocazioni romanzate di canti
autentici, antichi e d’ispirazione mitologica, o poemi di Scaldi in una nuova veste lirica con
frammenti mitologici, da cui sono tratti gli antichi miti o i canti, oltre a singoli versi. Nei canti
dell’Edda sono «tati mantenuti i miti appartenenti alle divinità indogermaniche: i Germani se ne
sono impossessati dopo la scissione dai popoli europei delle tribù primitive, da cui si sarebbero
sviluppati alcuni isolati ceppi scandinavi del popolo principale.
Non tutti i canti degli dei, normalmente associati all’Edda, erano già presenti nel Codice Regio
di Sveinsson, di proprietà della Regia Biblioteca di Copenhagen. Due nuovi canti derivano invece
da due diversi codici dell’Edda più recente di Snorri Sturluson (1178-1242). Ciò significa che in
questa raccolta vengono narrate sia le saghe dei miti più antichi sia altri miti in prosa altrettanto
antichi, pur se non menzionati nell’Edda di Saemund. Oltre ai canti degli dei, compaiono anche i
canti epici, ossia le saghe dei Walsungen e dei Nibelunghi.
Einheriar (alcuni signori) - L’esercito, capeggiato da Odino, delle anime degli eroi caduti sul
campo di battaglia. Dimorava nel Walhalla, dove veniva rifocillato con l’idromele, prodotto
incessantemente dalla capra Heidrun, e con le carni del cinghiale selvatico Saehrimnir che si
rinnovava senza posa. Durante il crepuscolo degli dei (Ragnarök), si schierò con gli dei per
combattere contro i giganti. Vedi Odino, Valchirie.
Elfi - erano entità con cui gli abitanti dei paesi nordici, in pratica, popolavano la natura. Secondo
fonti anglofrisoni, esistevano elfi di terra, d’acqua, di mare e d’aria nonché elfi bianchi e neri. Nella
tradizione folkloristica inglese sono perlopiù diffusi in qualità di elfi di luce: spiritelli astuti,
molesti eppure servizievoli (cfr. Puck nel Sogno di una notte di mezza estate e Ariel ne La tempesta
di Shakespeare). Gli elfi di luce erano raffigurati come piccole e graziose fanciulle che si cullavano
al sole del mattino su intricate distese di fiori e piante o che danzavano e cantavano nella nebbia al
sorgere della luna. Potevano tuttavia creare i temporali con la forza dell’incantesimo e seminare la
malattia fra gli uomini. Il solare domicilio degli elfi di luce, che si trovava nel mondo ultraterreno,
fu ricevuto in dono da Freyr per festeggiare la sua seconda dentizione.
Elivagar - Dalla sorgente Hvergelmir di Niflheim scaturivano dodici correnti, le Elivagar. Esse
contenevano un liquido velenoso e gelido, che si congelava rapidamente.
Elli - La vecchiaia, che un giorno, nelle fattezze di un’anziana signora, combatté contro
Thor/Donar. Il dio oppose resistenza con tutte le sue forze a quel mostruoso essere, ma alla fine si
vide costretto a riconoscere che gli era superiore. Gli dei non potevano addirittura competere con la
forza del tempo e dell’età.
Embla - la prima creatura femminile creata dagli dei con il tronco di un albero e svegliata alla
vita. Vedi Audumla, Odino, Ask.
Erdr, Gerdr o Erda - Dea della terra. Amante di Freyr. Vedi Jörd, Freyr.
Fenrir o lupo Fenrir - il famelico lupo nemico degli dei, che viveva nel regno dei morti di
Utgard. Nell’ultima battaglia del mondo divorò Odino e il sole, dopodiché fu sconfitto da Vidarr,
figlio di Odino. Vedi Loki, Ragnarök, Tyr, Vidarr.
Fensalir (regione delle paludi) - il sontuoso palazzo avvolto nella luce lunare della dea Frigg,
consorte di Odino. Vedi Frigg, Berchta, Holle.
Fimbulvetr - il rigido inverno che si protrasse per tre stagioni e che congelò tutti gli esseri
viventi. Annunciò l’avvento di Ragnarök, il crepuscolo degli dei. Vedi Ragnarök.
Fiörgyn - la madre di Thor. Una delle dee della terra nonché identica a Jörd e Erda, dea della
terra.
Folksvang - il palazzo di Freyja, dea della fertilità, in cui si trovava il grande salone dei
ricevimenti Sessrymnir con oltre mille sedie per gli Einheriar. Al termine di un banchetto
conviviale, Freyja insegnò le regole delle arti magiche a metà delle anime dei soldati caduti sul
campo di battaglia.
Folletti - vedi Omini della terra.

Forseti (presidente) - secondo fonti islandesi, questo dio della verità, della pace e della
riconciliazione era uno dei figli di Balder e Nanna. Fu il migliore di tutti i giudici. Tutti i processi
avevano luogo nel suo castello Glitnir (scintillio). I Frisoni del Nord lo adoravano con il nome di
Fosete. L’isola Helgoland, ribattezzata Fosetesland in suo onore, era il centro delle preghiere a lui
rivolte; laggiù, presso una sorgente sacra, gli venivano dedicati dei sacrifici umani. Grazie ai loro
contatti con i Frisoni, anche i Germani del Nord ebbero modo di conoscere questa divinità,
adattandone il nome alla loro lingua. Solo più tardi si sarebbe rivelato come figlio di Balder e
Nanna.
Freki - uno dei due lupi che accompagnavano sempre Odino. Vedi Odino.
Freyja (imperatrice) - questo è il significato del nome con cui la mitologia nordica designava
questa fiera divinità. Insieme a Frigg, la sposa silenziosa di Odino, Freyja, dea dell’amore e della
fertilità nonché originaria di Vanaheim, viene menzionata spessissimo. Al termine delle
scaramucce fra gli Asi e i Vani e una volta sancita la pace, Freyja, suo padre Njörd e suo fratello
Freyr furono presi in ostaggio ad Asgard.
Freyja sposò il misterioso Odur, che se ne andava in giro per il mondo suscitandole grandi ansie,
e che non era quasi mai a casa.
Come Odino, essa praticava le arti magiche; inoltre, prendeva sotto la sua protezione le anime dei
caduti, curava le loro ferite e le riceveva nel salone Sessrymnir del suo palazzo Folksvang, dove
veniva organizzato un banchetto. Le Valchirie, che vegliavano su Ireyja e Odino, colmavano
d’idromele le coppe dei caduti, cantando e danzando per loro.
Al pari di suo fratello Freyr, Freyja cavalcava un cinghiale selvatico, mentre il suo carro era
trainato da gatti. Si era soliti pregarla quando si desiderava trovare un buon marito o una buona
moglie, e se ci si voleva assicurare una discendenza sana.
Come quasi tutte le dee della fertilità della mitologia, anche freyja indulgeva spesso all’adulterio.
Durante un allegro banchetto, a cui il geloso Loki non era invitato, gli rivelò sgarbatamente in
presenza degli ospiti di avere un animo infedele, perché di sicuro era andata a letto più volte con
tutti gli dei, non solo con lui!
Si associava Freyja a Venere, la dea dell’amore della mitologia latina. Vedi Freyja, Heimdall,
Loki.
Freyr o Frey - In origine, Frey era un dio della fertilità che porgeva ascolto ai Vani. La crescita
tranquilla fino alla maturità costituiva un tratto saliente del paese dei saggi Vani, dove i dubbi non
erano di casa. Letizia e prosperità regnavano incontrastate, quantunque le fonti islandesi abbiano
riferito di una guerra scoppiata fra gli Asi e i Vani. Quando tuttavia ne ebbero abbastanza delle
scaramucce, strinsero un’alleanza perenne ed effettuarono uno scambio di ostaggi: i Vani si
privarono del dio Njörd e dei suoi figli Freyr e Freya, mentre gli Asi cedettero il veloce Hönir dai
lunghi piedi nonché Mimir, il custode della Ibnte della saggezza.
Nel corso di questi negoziati non sempre sereni, Mimir fu decapitato a tradimento. La testa di
Mimir fu inviata agli Asi, e ( Mino lo richiamò alla vita presso la fonte della saggezza, che
conteneva le rune magiche. Da allora, Odino e la testa di Mimir discussero sul futuro che avrebbe
atteso gli dei. Perciò gli Asi accolsero benevolmente Njörd e i suoi figli Freyja e Freyr.
Fra gli oggetti posseduti da Freyr c’era un’invincibile spada magica che combatteva da sola e la
nave luminosa Skidbladnir (legno alato), che faceva rotta autonomamente verso la sua meta, una
volta issate le vele; quando non ne aveva bisogno, egli poteva ripiegarla e riporla nella sua bisaccia.
Non si sa molto del suo aspetto esteriore, se non che era circondato da una luce radiosa e che era un
dio nobile e valoroso.
In Svezia veniva adorato come Fricco, in Norvegia e in Islanda come Freyr. Chi desiderava
ottenere benessere o un buon raccolto, invocava l’aiuto di suo padre Njörd, dio del mare e della
tempesta, oltre che quello di Freyr. Durante i pasti sacrificali, gli veniva offerto un corno colmo di
dolce idromele, auspicando un anno di pace e prosperità. Poiché Njörd veniva adorato anche come
dio della tempesta, i marinai lo invocavano affinché assicurasse loro un vento favorevole e la
protezione delle loro navi.
Nelle saghe norvegesi, Freyr riveste il ruolo più importante dopo Odino, Thor e Loki. Benché in
origine fosse un simbolo fallico della fertilità, nel corso del tempo si trasformò in un dio del sole,
che regnava sulla pioggia, sul vento e sul buon raccolto.
Ogni autunno abbandonava la sua amata (G)Erdr, lasciandola in preda alle lacrime e alla
disperazione, per ricongiungersi a lei nella primavera successiva, quando con il suo carro si trovava
poco lontano.
In occasione del solstizio d’inverno (Yule), si soleva sacrificare a Freyr il più bel cinghiale
selvatico, formulando voti e buoni propositi che ci s’impegnava a tener fede nell’anno che stava per
cominciare.
Durante l’ultima battaglia del mondo che annunciava il crepuscolo degli dei, Ragnaök, Freyr fu
ucciso dalla spada infuocata del cupo Surtr, uno degli impetuosi figli del mondo di fuoco
Muspellsheim. Freyr si era visto costretto a difendersi con un frammento di corna di cervo caduto
da un muro, poiché aveva lasciato in pegno al gigante Gymir la sua invincibile spada magica,
quando volle conquistarsi i favori di sua figlia (G)Erdr. Vedi Ragnarök, Surtr, Muspellsheim.
Frigg o Fricka - In quasi tutti i paesi, questa dea era considerata la sposa di Odino. Fryja veniva
spesso scambiata con Frigg, non solo per via dell’assonanza fra i due nomi, ma anche per il ruolo
pressoché analogo rivestito dalle due dee.
Nondimeno, Frigg era la dea suprema e conosceva il destino di tutti gli esseri viventi, compreso
quello del figlio Balder, ma non ne fece parola con nessuno. Frigg amava soggiornare nel suo
palazzo Fensalir (regione delle paludi) avvolto dalla luce della luna dove, seduta accanto al filatoio,
si dilettava a tessere le nuvole.
Il suo carattere e quello di Freyja affondano le radici nel medesimo principio: erano le compagne
femminili delle divinità maschili. Tuttavia nei miti dell’Edda, Frigg era più che altro una dea
celeste, attorniata da ancelle. Di queste ancelle, la più importante era sua sorella Fulla
(abbondanza), che era a conoscenza di tutti i suoi segreti. Vedi Balder, Loki, Frigg/Berchta/ Holle.
Futhark - È il nome dell’alfabeto runico, composto dalle sillabe delle prime sei rune. Noi
conosciamo il Futhark più antico, che contava 24 rune, a differenza del Futhark anglofrisone che
ne contava da 29 a 33, e del Futhark più recente che ne contava 16.
Garmr - il feroce cane infernale con quattro occhi e il petto insanguinato, che sorvegliava
l’ingresso del regno dei morti Niflheim (cfr. il cerbero della mitologia greca).
Geirrödr - uno dei figli gemelli di re Hrauding, che attentò alla vita di suo fratello Agnar. Egli
aveva imprigionato Odino, spacciatosi per un vagabondo, e assistette per otto giorni e otto notti
alle torture che gli aveva inflitto. Odino era legato fra due alti falò, le cui fiamme non lo potevano
raggiungere direttamente. All’inizio del nono giorno, Odino intonò a squarciagola una profezia, al
termine della quale un sovrano sarebbe stato ucciso dalla sua stessa spada. Non appena svanì l’eco
delle ultime parole, si sciolsero le catene che bloccavano Odino, le fiamme divennero tremolanti, il
fuoco si spense e il dio si stagliò radioso in mezzo alla sala. Geirrödr, che aveva appena udito
l’infausta profezia, sfoderò subito la sua spada per trafiggere colui che l’aveva sfacciatamente
intonata. Ma non appena vide la sua improvvisa metamorfosi, indietreggiò terrorizzato, inciampò e
cadde sulla punta affilata della sua spada che, come aveva previsto Odino, gli trapassò il cuore.
Gerda, Gerdr o Erdr - era la splendida figlia del gigante di ghiaccio Gynir. Freyr l’aveva
notata quando un giorno, senza l’autorizzazione di Odino, si arrampicò sul suo alto trono
Hlidskialf. Egli volle prenderla in moglie ad ogni costo. Mandò il suo fedele servitore Skirnir a
casa di Gyrnir, per formulare a nome suo una proposta di matrimonio all’amata. Vedi Freyr, Jörd.

Geri - uno dei due vigili lupi che accompagnavano sempre Odino. Vedi Odino.
Giganti - noti anche come ioti, troll o tursi (forza), erano creature con un enorme corpo, un
appetito non comune e una grande forza; talvolta possedevano diverse teste e diverse braccia.
Erano in possesso di tutti i poteri magici e non di rado assumevano l’aspetto di animali, come ad
esempio nel caso di Grendel, Midgardsormer o Jörmungandr. Li si considerava perlopiù nemici
degli uomini e degli dei.
Gli Ioti (divoratori) discendevano dal gigante Börr; lui e sua moglie Bestia furono gli unici
sopravvissuti del diluvio universale, causato dal sangue di Ymir. Gli Ioti vivevano nell’est, a
Jötunheim o a Utgard, conosciuto anche come il regno dei morti. Oltre ai giganti della montagna,
abilissimi architetti e costruttori, fra i giganti troviamo anche alcuni Tursi di Hrym, giganti
oltremodo enormi, giganti della brina o giganti del ghiaccio a cui furono insegnate le arti magiche.
Anche tra le manifestazioni della natura come il vento, la tempesta, la grandine e i temporali,
incontriamo regolarmente le entità demoniache sotto forma di giganti. Vedi Audumla, Jötunheim,
Ragnarök.
Giganti della montagna - la stirpe dei giganti della montagna (che nell’estremo Nord venivano
chiamati anche «troll») si è sviluppata parallelamente a quella dei giganti di ghiaccio. Erano
abilissimi architetti e costruttori che restaurarono la rocca degli Asi, gravemente lesionata durante
la guerra fra gli Asi e i Vani. Bolthorn fu il capostipite dei giganti della montagna. Vedi Svadilfari.
Ginnungagap - il baratro del grande nulla, che esisteva da quando fu creato il mondo. Vedi
Audumla, Odino.
Gladsheim - luogo di letizia, uno dei palazzi di Odino.

Gleipnir - l’indistruttibile fune che i nani confezionarono con i baffi di un gatto, la peluria di una
donna, le radici di un monte, i nervi di un orso, il respiro di un pesce e la saliva di un uccello, per
legare Fenrir, il lupo che divorava tutto. Vedi Tyr, Fenrir.

Grendel - un mostro che si nutriva di cadaveri al seguito della demone divoratrice di carogne
Ran (saccheggio), tratteggiata dall’antica mitologia norvegese; questa imperatrice del mare dedita
al cannibalismo di uomini, con la sua rete cercava di catturare i marinai annegati. A lei apparteneva
Nagilfar, la nave della morte costruita con le unghie degli uomini morti.
Nella battaglia di Ragnarök, essa fu inviata a combattere contro gli dei; Loki teneva con
disinvoltura il timone fra le onde schiumose; con lui a bordo c’erano tutti i giganti di ghiaccio
armati lino ai denti. Vedi Ran, Ragnaròk, Utgard, Agir.
Gridr - Madre di Vidarr, dio taciturno con la scarpa di ferro. Vedi Vidarr, Ragnaròk, Odino.
Gullfaxi (luna d’oro) - il cavallo di Hrungnir, il gigante che sfidò Thor/Donar a ingaggiare una
lotta con lui, perché Thor aveva generato un figlio di nome Magni con sua moglie, la gigari tessa
Jarnsaxa. Vedi Thor/Donar.
Gullinborsti (setole d’oro) - il cinghiale selvatico avvolto da r aggi di luce che si rinnovava in
continuazione ed era cavalcato da Freyr. Vedi Freyr, Walhalla.
Gulltoppr - Il cavallo di Heimdall. Vedi Heimdall.

Gulveig (minerale aurifero) - la strega incredibilmente bella eppure malefica, che fu mandata
ad Asgard dai Vani per gettare lo scompiglio fra gli Asi. Questi ultimi la scaraventarono per tre
volte nel fuoco, da cui comunque riemerse sempre più bella e seducente, poiché la bellezza era un
dono fattole dalla natura. Le conseguenze della sua visita sono ravvisabili nella guerra fra gli Asi e i
Vani. Vedi Odino.
Gungnir - la lancia di Odino, che non falliva mai l’obiettivo, forgiata e rivestita di rune magiche
dai nani Sindri e Brok. Vedi Odino.
Gunnlöd - la corpulenta figlia del gigante Sutting sorvegliava i tre barili di idromele che
favorivano l’ispirazione poetica. Chiunque avesse bevuto un sorso di questo idromele, sarebbe
diventato un famoso cantore o poeta. Quando Odino si mise sulle tracce di questa prodigiosa
bevanda, al termine di lunghe peregrinazioni finalmente scoprì la caverna dove veniva conservato
ermeticamente chiuso. Riuscì a introdursi nella caverna, il cui ingresso era molto angusto,
trasformandosi in un serpente. Trascorse tre giorni e tre notti nella grotta stalagmitica di Gunnlöd e
fu autorizzato a bere un sorso di idromele da ciascun barile per placare la sua sete.
Abusando dell’ospitalità di Gunnlöd, Odino si scolò tutti e tre i barili; dopodiché indossò le sue
ali d’aquila e si librò nell’aria, volando veloce come il vento fino ad Asgard. Benché Odino si fosse
impossessato del dono della poesia, lo utilizzò raramente. Fa eccezione Bragi, il figlio generato con
Gunnlòd, che ebbe il privilegio di diventare il dio della poesia e della musica, incantando il mondo
con la sua arpa d’oro e i suoi canti.
Hati e Sköll - Odio e Testa calda, i due giovani lupi che inseguivano il sole e provocavano il
maltempo e le eclissi solari, poiché non erano ancora abbastanza grossi e robusti da divorarlo in un
solo boccone. Ancora oggi, gli svedesi definiscono questi fenomeni naturali «Solulv» (lupo del
sole), mentre gli islandesi li chiamano «Ulfkreppa» (attenti al lupo). Sulla luna incombeva la stessa
sorte, poiché era inseguita da Managarmr, il cane della luna. Vedi Sunna.
Heidrun - la capra che forniva ininterrottamente agli dei l’idromele, la loro bevanda preferita.
Essa brucava il verde fogliame di Yggdrasil. Vedi Odino, Freyja e Freyr.
Heimdall - fu partorito da nove madri, le nove ondine, figlie del dio del mare Agir e di sua
moglie. Durante una delle sue passeggiate sulla spiaggia, Odino le vide distese e assopite nella
sabbia. Narra il ciclo poetico dell’Edda, che tale fu l’incanto provato quando il suo sguardo si posò
su quelle bellissime creature, che tutte e nove furono fecondate.
Il giovane dio crebbe con sorprendente rapidità per poi precipitarsi ad Asgard da suo padre. Gli
Asi lo ingaggiarono come custode del ponte iridato Bifröst; viveva nella sua rocca Himinbjörg,
situata in prossimità del ponte. Possedeva una vista e un udito finissimi e aveva fama di essere un
saggio.
Poiché aveva denti d’oro, era soprannominato Gullintanni (colui che possiede denti d’oro); il suo
cavallo, dalla criniera d’oro, fu chiamato Gulltrop (macchia d’oro). Vedi Heimdall, Freyja, Loki,
Ragnarök.
Hel - la figlia di Loki e della gigantessa Angrboda. Era la dea della morte. Regnava sulle anime
dei morti provenienti dai nove mondi, e che confluivano nel suo palazzo di ghiaccio situato sotto
terra. Lì, per esempio, Odino potè svegliare la trapassata Volva dal suo sonno eterno, giacché egli
desiderava interpellare la profetessa deceduta riguardo alla resurrezione di suo figlio Balder.
Questo regno silenzioso e fumoso, dove non splendeva mai il sole, era separato dal regno degli
uomini grazie al gelido fiume Gjöll. Vi regnava la dea Hella o Hel. Vedi Niflheim.
Helheim - nel castello della terra ardeva il fuoco della trasformazione. A ovest di Helheim, i
morti potevano sorseggiare una bevanda dell’oblio che li avrebbe liberati dal ricordo della vita
appena trascorsa, mentre a est (dove Balder si trattenne per qualche tempo), si sarebbe custodita la
forza del sole. Quel luogo racchiudeva la conoscenza degli antenati. Vedi Balder, Niflheim.
Hermodr - il prode figlio di Odino, che in sella a Sleipnir, il cavallo a otto zampe del padre, si
recò nel regno dei morti di Hel, perorando la causa del rilascio di Balder dall’averno. Vedi Balder,
Odino, Hel.
Hlidskialf (porta girevole) - il magnifico trono da cui Odino, il padre supremo, scrutava i
mondi, osservando quello che succedeva tra gli uomini, gli elfi e i giganti. Vedi Odino, Frigg.
Hlorridi - Poiché Thor/Donar aveva una voce potente, veniva chiamato anche Hlorridi (la
ruggente testa calda). Vedi Thor/ Donar.
Hödr - il figlio cieco di Odino e di Frigg che — per un vile scherzo di Loki — uccise suo fratello
Balder con un ramo di vischio. Vedi Balder, Loki.

Holda, Holde, Holle o Hulla - una compagnia femminile durante la caccia sfrenata di Odino e
del suo esercito di anime. Quando di notte imperversava la tempesta, anche Holle andava a caccia,
solcando l’aria con la sua schiera di spiriti. Tuttavia la si scambiava anche per Berchta, Harke e
Frigg. Il coleottero del sole di Holda (cfr. lo scarabeo degli Egizi) trasportava le anime dei bambini
dalle nuvole alla terra. Un gallo faceva la guardia davanti alla porta della casa di Holle. Vedi Caccia
sfrenata, Frigg, Berchta.
Hönir o Lödurr - il figlio di Odino tenuto in ostaggio a Vanaheim, che spesso accompagnava
Odino e Loki nelle loro scorribande. Vedi Ask e Embla.
Hrimfaxi (plenilunio) - il nero destriero cavalcato dalla notte; il giorno viaggiava invece in sella
al cavallo bianco Skinfaxi (luna fittizia o luna scintillante). Vedi Sunna, Mani.
Hringhorni - la nave su cui fu innalzato il rogo per lo sconfìtto Balder. Fu trascinato sulla
terraferma a bordo di una carrucola in modo che lo si potesse adornare con fiori e oggetti preziosi;
tuttavia, senza l’aiuto della gigantessa Hyrockin di Jötunheim, che spostava le montagne con le
mani, sarebbe stato impossibile gettarlo in acqua. Essa teneva un gigantesco lupo al guinzaglio,
costituito da un orribile serpente che la condusse dove la nave sarebbe salpata per l’ultimo viaggio
di Balder. Benché la nave fosse sovraccarica, Hyrockin la sospinse con alterigia nel Mar Baltico,
chiamato così in onore dell’amato dio Balder. Vedi Balder.
Hrungnir - il gigante che appoggiò il suo enorme piede intriso di una magica forza sul petto di
Thor/Donar, poiché quest’ultimo aveva generato un figlio con Jarnsaxa, la moglie di Hrungnir.
Nessuno tranne Magni, il promettente figlio di Thor, sarebbe stato in grado di togliere il piede dal
suo petto. Vedi Donar/Thor, Magni.
Hrym - Il comandante dei giganti, giunti a cavallo dall’Est armati fino ai denti, per offrire il loro
contributo alla caduta degli dei nel corso della battaglia di Ragnarök. Vedi Ragnarök.

Hugin e Munin (pensiero e memoria) - due corvi che accompagnavano Odino nei suoi viaggi e
lo rendevano edotto sui segreti e sugli intrighi orditi nel mondo. Vedi Odino.

Hevergelmir (pentolone che bolle) - una sorgente custodita da lei e da cui nascevano le dodici
correnti Elivagar che scorrevano attraverso tutti i mondi. In questa sorgente vivevano numerosi
serpenti velenosi, e il perfido serpente Nidhöggr rosicchiava incessantemente una delle tre radici di
Yggdrasil. Vedi Audumla, Yggdrasil.
Hymir (l’assonnato) - un gigante, padre di Tyr, che viveva al limitare del cielo. Egli possedeva
un pentolone profondo un miglio e largo altrettanto. Thor se ne impadronì per fare la birra, poiché
il dio del mare Agir aveva invitato gli Asi a un banchetto nelle sue grotte di corallo sul fondo del
mare, affinché dimenticassero la tristezza per la morte di Balder e per il tradimento di Loki. Vedi
Thor.
Idavöllr - la regione di Asgard in cui gli Asi organizzavano riunioni e attività ludiche. Essi vi
costruirono templi e luoghi sacri, conducendo una vita spensierata fino alla visita di Gullveig che
portò nel mondo il primo conflitto (la guerra fra gli Asi e i Vani), e alla venuta delle Nome o dee
del destino, che annunciò la fine del periodo d’oro e della spensieratezza. Vedi Gullveig, Norne,
Freyr.
Idromele degli Scaldi - noto anche come Odrerir (idromele dei poeti). I nani lo ricavavano dal
miele e lo mescolavano con il sangue dell’onnisciente Kwasir. Gunnlöd, la figlia di Suttung,
sorvegliava i tre barili di idromele che erano custoditi in una grotta stalagmitica nelle viscere della
terra. Odino riuscì ad impossessarsene giocando d’astuzia. Vedi Odino, Gunnlöd.
Idun o Iduna - dea islandese-norvegese, personificazione della primavera nonché custode delle
mele dell’eterna giovinezza (cfr. le Esperidi della mitologia greca). Viveva ad Asgard con suo
marito, il poeta Bragi. Ogni giorno, gli Asi si recavano da lei a prendere le mele deposte sul suo
magico vassoio di cristallo, che tuttavia, pur essendo elargite in abbondanza, non si esaurivano mai.
È evidente che il possesso di queste mele suscitava l’invidia degli altri. Loki, che aveva giocato
un tiro mancino al gigante Thiazzi, fu costretto a pagare un riscatto in cambio della libertà. Dovette
cedere alla richiesta del gigante, il quale volle per sua soddisfazione le mele dell’eterna giovinezza
di Idun. Loki cercò di sottrarre le mele con l’inganno, portando via Idun da Asgard, con il pretesto
di aver visto altrove delle mele molto più belle. Tuttavia, non appena Idun e le sue mele furono
lontani da Asgard, il perfido Loki l’abbandonò al suo destino. Prima che potesse rifugiarsi nel suo
palazzo celeste, Thiazzi, trasformatosi in un’aquila, l’agguantò con i suoi artigli e la condusse a
Thrymheim, il suo castello freddo e solitario dove egli viveva con la figlia Skadi. Vedi Loki,
Thiazzi, Skadi.

Ivaldi - il re dei nani, padre di Brok e Sindri. Vedi Nani, Loki, Freyja.

Jarnsaxa (ferro) - la moglie del gigante Hrungnir, che con Donar generò il figlio Magni (forza).
Vedi Thor/Donar.

Jörd - dea della terra, spesso considerata la madre di Thor/ Donar. Secondo altre fonti, Hlodyn e
Fjörgyn erano le madri di Thor. Vedi Thor/Donar, Freyr.

Jörmungandr o Midgardsormer - l’invincibile serpente che cinse la terra in attesa del momento
propizio per schiacciare Midgard.
Jötunheim - il regno dei giganti dove, secondo quanto riferiscono alcune fonti, si trovava anche
Utgard, il regno dei morti. In contrapposizione con l’esistenza tranquilla di Vanaheim, gli abitanti
di Jötunheim rivaleggiavano pressoché forzatamente con altri paesi. A causa del loro spirito
competitivo, gli abitanti di questo territorio opponevano resistenza a tutto ciò che incrociava il loro
cammino. Conoscevano la magia e ricercavano perennemente la lotta, mentre la loro società
rimaneva invece pressoché statica.
Si direbbe che gli abitanti di Jötunheim si accanissero unicamente per contribuire
all’inquietudine. Jötunheim era un luogo dominato dalla forza distruttrice, che non di rado precorre
lo sviluppo di nuove idee. Vedi Thiazzi, Geirödr, Utgard.
Kvasir - Dopo che fu sancita la pace fra gli Asi e i Vani, i due popoli sputarono in un barile per
suggellare l’armistizio. Da questa saliva crearono il saggio Kvasir (predicatore). Ma i nani Fjalarr e
Galarr lo uccisero a tradimento; con il suo sangue, che mescolarono al miele, fecero tre barili di
idromele, che stimolava l’estro poetico.
Suttungr, il figlio del gigante Gillingr, che i nani fecero ubriacare, ricevette in dono da loro i tre
barili di idromele dei poeti, giacché si sentivano in colpa per come si erano comportati. Suttungr
depose i barili in una grotta stalagmitica in fondo alle montagne, che era sorvegliata da sua figlia
Gunnlöd. Vedi Odino, Bragi, Gunnlöd.
Ljossälfsheim - il regno degli elfi di luce. Questo mondo circondato da alte montagne e da
profonde vallate si trovava in un’immensa distesa di candida luce solare. Era il luogo che
simboleggiava la chiarezza dello spirito. Lì si sviluppavano i ragionamenti e s’imbastivano progetti.
Su questo dominio regnava l ‘reyr, il dio del sole avvolto dalla luce radiosa. Vedi Freyr, Elfi.
Loki - era una delle divinità più importanti all’interno dell’olimpo scandinavo. In origine viene
raffigurato come un cadavere demoniaco, un’entità ctonia (sotterranea), esattamente come
Odino/Wotan. Fu associato in quanto tale anche a entità simili. I .a maggior parte delle fonti
indicano Angrboda (messaggera del male) come sua moglie. Altre fonti sostengono che questa
divinità non era imparentata con la triade del creato Odino, I Hönir e Loki (vedi Ask e Embla), ma
all’inizio apparteneva alla stirpe dell’uro gigante (Ymir), che era molto più antica rispetto a quella
di Odino. Alcune leggende vogliono che fosse figlio del gigante Farbauti (colui che crea il fuoco),
mentre sua madre sarebbe stata la gigantessa Laufeja (isola boscosa). Col tempo, egli avrebbe
acquisito un ruolo di maggior rilievo, pur rimanendo un’insolita entità doppia, per metà dio e per
metà demone. Talvolta veniva incontro alle esigenze di altre divinità, e di quando in quando
elargiva loro consigli se gli tornava comodo o se ciò gli avrebbe procurato qualche vantaggio. Da
demone rozzo finì per trasformarsi in un dio insidioso che si beava alla prospettiva di ingannare il
prossimo o di mettergli i bastoni fra le ruote.
Un giorno tagliò i capelli d’oro della moglie di Thor, Sif, mentre stava dormendo. Thor pretese,
pronunciando terribili minacce, che egli rimediasse a quel gesto. Dopo alcune riflessioni, Loki si
recò dai nani Brok e Sindri — figli di Ivaldi, re dei nani — che si distinguevano in virtù del loro
grande ingegno. Egli li convinse non solo a confezionare una nuova capigliatura per Sif, ma anche
a forgiare Gungnir, la lancia di Odino, e a costruire Skidbladnir, la nave di Freyr.
Dopodiché con altri due nani scommise la sua testa che non sarebbero stati in grado di riprodurre
due oggetti belli come Brok e Sindri. Una volta decisa la scommessa, Loki si trasformò in una
vespa invadente, tentando di distogliere i nani dal loro lavoro; essi comunque riuscirono a
terminare l’anello d’oro Draupnir per Odino, il cinghiale selvatico con le setole d’oro per Freyr e il
martello Mjöllnir per Thor.
Quando gli Asi furono chiamati a decretare il migliore fra gli oggetti confezionati dai nani, la
loro scelta cadde su Mjöllnir, il martello di Thor. Secondo i termini della scommessa, Loki avrebbe
dovuto essere decapitato, ma riuscì a sottrarsi. Fuggì calzando scarpe che gli fecero solcare l’aria
sorvolando il mare; in seguito sostenne di aver scommesso la sua testa ma certamente non il suo
collo.
Anche con il gigante Thiazzi (testa calda), dotato di poteri magici, Loki entrò più volte in
conflitto. Un giorno Thiazzi, che si era trasformato in un’aquila, lo afferrò e lo trascinò ad alta
quota per punirlo a causa della sua prepotenza. Fu disposto a concedergli la libertà solo a
condizione che Loki gli portasse la dea Idun insieme alle sue mele dell’eterna giovinezza. Con il
pretesto che altrove vi fossero mele assai migliori, Loki la rinchiuse con le sue mele in un luogo
sperduto dove l’aveva condotta per confrontare i due tipi di mele, per poi lasciarla sola. Thiazzi
scese in picchiata dalle nuvole, la ghermì con i suoi artigli per condurla a Thrymheim, il castello
freddo e solitario dove viveva con sua figlia Skaldi. Essendo rimasti senza le mele dell’eterna
giovinezza, gli Asi non tardarono ad accorgersi del rapimento di Idun e costrinsero Loki,
formulando terribili minacce, a porre rimedio al suo perfido gesto. Dopo aver assunto le sembianze
del falco di Freyja, Loki volò fino al domicilio di Thiazzi, trasformò Idun in una noce e la
ricondusse ad Asgard tenendola nel becco. Thiazzi, che si era trasformato in un’aquila, li inseguì.
Tuttavia, giunto nei pressi di Asgard, precipitò nel tempestoso mare di fiamme dove divampava un
falò allestito appositamente a questo scopo dietro le mura di Asgard e, ormai ferito a morte,
sprofondò negli abissi.
Egli ebbe un ruolo di primo piano anche in numerose vicende legate a Thor/Donar, di cui era
tanto alleato quanto rivale. Per esempio contribuì a liberare il martello del dio dalle grinfie del
gigante Thrymir, quantunque il furto fosse stato tramato da lui stesso. Accompagnò Thor nel suo
viaggio nell’est inclemente, per punire il terribile gigante Utgarda dopo essersi a sua volta insinuato
nel suo corpo. Loki accompagnò Thor sul campo di battaglia che lo avrebbe opposto al gigante
Geirrör, da lui sfidato, aiutandolo con una serie di astuti trucchi. Thor era l’unico ad essere tenuto
abbastanza in pugno da Loki.
Nel novero delle discutibili avventure di Loki, oltre alla morte di Balder, rientra anche il furto di
Brisingamen, la preziosa collana di Freyja. Dopo averla nascosta sotto uno scoglio, la sorvegliò
assumendo le sembianze di una foca. Heimdall, che aveva assistito al furto, si trasformò a sua volta
in una foca e, al termine di un aspro combattimento, strappò a Loki il prezioso gioiello.
Ebbe un ruolo ambiguo anche per quanto attiene alla morte di Balder (vedi). Dovendosi
sottrarre alle ire degli dei, si trasformò in un salmone e si nascose fra le acque di una cascata, dove
fu ripescato da Thor con una rete. A causa del suo esecrabile gesto, gli Asi superstiti lo
incatenarono a una roccia all’interno di una caverna situata in profondità, dove viveva un serpente
che stillava gocce del suo veleno sul volto di Loki. Poiché il veleno gli procurava un dolore
insopportabile, sua moglie Sigyn (la consorte di Loki nella società degli Asi) mise il serpente in un
recipiente chiudendolo bene. Tuttavia, non appena il recipiente si apriva, il veleno gocciolava sul
volto di Loki che si contorceva per il dolore al punto da far tremare la terra.
Rimase incatenato fino al crepuscolo degli dei; allo scoppio dell’ultima battaglia del mondo
(Ragnarök), Loki si liberò quasi senza fatica dalle catene ormai consunte e capeggiò l’esercito dei
giganti.
In uno stadio successivo della mitologia, Loki, come Lucifero, divenne un traditore nonché il
simbolo del male. Il motivo può essere eventualmente ricercato nella progressiva diffusione del
Cristianesimo, anche se forse si è trattato di un epilogo inevitabile.
Egli amava l’inganno che gli procurava grande diletto. Le sue azioni erano malvagie, poiché fare
del male lo rallegrava parecchio. Riguardo a ciò che nella credenza popolare si attribuiva al
diavolo, occorre dire che gli abitanti dell’estremo Nord associavano questa figura perlopiù a Loki.
Il patto di sangue fra Odino e Loki è una sorta di alleanza con il diavolo, un’alleanza che più
tardi, nel Medioevo, incontreremo più spesso, per esempio con il patto che Faust stringe con il
diavolo. Vedi Loki, Balder, Thor/Donar, Freyja, Heimdall, Idun, Sif, Nani, Svadilfari, Ragnarök.

Magni - il figlio di Thor/Donar e della gigantessa Jarnsaxa. Magni aveva solo tre giorni di vita
quando, con un gesto noncurante, tolse il pesantissimo piede di Hrungnir che il gigante aveva
appoggiato sul petto di suo padre, il quale aveva ingaggiato un combattimento con lui. Magni era
l’unico a essere abbastanza forte da spezzare l’incantesimo e togliere il piede. Vedi Thor/Donar,
Hrungnir.
Managarmr - il lupo lunare, un giovane lupo che inseguiva la luna che un giorno, una volta
cresciuto, avrebbe divorato. Vedi Sol/Sunna, Jötunheim/Utgard.
Mani - la luna. Vedi Alsvidr, Sol/Sunna.

Megingjörd - la cintura della forza di Thor/Donar che, quando la indossava, accentuava


ulteriormente il suo enorme vigore. Vedi Thor/Donar.
Midgard - il regno degli uomini. Era il mondo in cui lo spirito e la materia si sono uniti per
avviare una proficua collaborazione culminata nello sviluppo dell’ego e dove la realtà si trovava al
centro dell’interesse. Il Dio Thor/Donar osservava con indulgenza ciò che succedeva in quel
mondo. Vedi Thor/Donar.
Midgardsormer - il verme di Midgard o il serpente di Midgard, noto anche come Jörmungandr.
I grandi mari e gli oceani che lambivano il mondo ispirarono ai Germani la credenza secondo cui
un enorme mostro con le fattezze di un serpente stringesse la terra in una morsa. Quando le
spumeggianti onde del mare s’infrangevano sulle coste, gli uomini immaginavano che il perfido
mostro Jörmungandr, gonfio di collera, stesse cominciando a schiacciare la terra.
Quando il serpente Midgardsormer strisciò sulla terraferma per fornire il suo contributo
nell’ultima battaglia del mondo contro gli dei, fece un tale rumore e scatenò così tante onde da
strappare le gomene di Nagilfar, la nave di Ran, costruita con le unghie dei marinai annegati. Loki
s’impossessò della nave, che solcava il mare senza una rotta precisa; raccolse i giganti armati fino
ai denti e i loro cavalli, per dirigersi verso la vasta pianura Vigridr dove avrebbe avuto luogo
Ragnarök. Vedi Ragnarök.
Mimir (ricordo) - il saggio Mimir, che montava la guardia davanti alla fonte della saggezza,
beveva ogni giorno un sorso dell’acqua di sorgente che gli permetteva di scrutare meglio nel futuro.
Mimir, che era lo zio materno di Odino, fece bere a quest’ultimo — estenuato da un rito sulla
rinascita che lo aveva costretto a rimanere appeso per nove giorni e nove notti a un ramo di
Yggdrasil — un sorso d’acqua della fonte a condizione che il dio sacrificasse un occhio.
Odino accettò questa condizione, ravvisandovi l’ineluttabilità del destino. Narrano alcune
leggende che da allora Mimir bevve l’acqua cristallina della fonte in memoria del sacrificio di
Odino.
Durante un armistizio sopraggiunto in occasione della guerra fra i Vani e gli Asi, il saggio
Mimir, che accompagnava Hönir, il figlio di Odino, a Vanaheim dove ci sarebbe stato uno scambio
di ostaggi, fu decapitato a tradimento. La sua testa fu inviata a Odino e, grazie alle rune magiche e
agli esorcismi, fu richiamata in vita e le fu assegnato un posto in prossimità della fonte della
saggezza.
La testa poteva leggere molto in là nel futuro, quando Odino le parlava attraverso le sue rune
magiche. Poco prima dell’ultima battaglia del mondo (Ragnarök), Odino e la testa di Mimir
discussero ancora a lungo sugli eventi futuri nonché su altri misteriosi fenomeni, senza tralasciare
la caduta e la resurrezione del mondo degli dei. Vedi Odino, Nome, Ragnarök.
Mjölnir (sfracellatore) - il martello di Thor/Donar forgiato dai nani, che non falliva mai
l’obiettivo e ritornava nella sua mano come un boomerang, quando il dio lo scagliava in preda
all’ira. Vedi Thor/Donar.
Modi - il figlio minore di Thor/Donar e di sua moglie Sif. Vedi Thor/Donar, Ragnarök.
Mundilfari - il padre del sole (Sol) e della luna (Mani). Vedi Alsvidr.
Munin - uno dei due corvi che accompagnavano Odino nei suoi viaggi. Vedi Odino.
Muspellsheim - A sud si trovava il mondo del fuoco di Muspellsheim, un mondo di scintille
luminose e di fiamme ardenti che simboleggiava la fonte di tutte le energie; esso era espansivo,
imprevedibile e intenso. Il sud costituiva la metafora di un’energia proiettata verso l’esterno, e
avvolgeva come per incanto l’inerme regno di Niflheim. Lo scambio intercorso fra questi due
luoghi faceva sì che a Midgard, posto nel flusso energetico che li delimitava, ci fosse vita.
A Muspellsheim la vita, così come la intendiamo noi, era bella quanto impossibile. Si narra che i
giganti di fuoco abbiano popolato le propaggini esterne di questo mondo incandescente, la cui
frontiera di Surtr era sorvegliata dal gigante di fuoco con la spada infuocata. Vedi Audumla,
Ragnarök.
Nagilfar - la nave della morte Nagilfar, costruita con le unghie dei naufraghi di sesso maschile,
apparteneva alla dea Ran, l’imperatrice del mare che catturava gli uomini. Durante il crepuscolo
degli dei, fece rotta contro di loro. Vedi Ragnarök, Ran.
Nani - Con i vermi dello scheletro putrefatto dell’uro gigante Ymir, gli dei crearono i nani, adatti
a vivere e a lavorare nelle viscere della terra. Essi divennero degli artigiani particolarmente abili.
Poiché gli dei li «fabbricarono» utilizzando frammenti di vario tipo, essi non potevano riprodursi.
Se uno di loro moriva, due cosiddetti principi dei nani specializzati in questo «settore»
provvedevano a costruirne uno nuovo con terra e pietre.
Al pari di Odino, possedevano una tunica e un berretto o un cappuccio che li rendevano
invisibili. Nani, folletti, gnomi, troll, ecc. erano soprattutto in grado di forgiare degli oggetti
incredibilmente belli. Tutte le armi e gli effetti personali degli dei, come la lancia di Odino e il suo
anello d’oro Draupnir, il martello di Thor, il cinghiale d’oro di Freyr e la sua nave pieghevole, per
non parlare della collana di Freyja, erano opera dei nani Brok e Sindri.
Spesso, durante la notte, i nani aiutavano gli uomini a pulire le loro case, mentre altre volte si
trasformavano in spiriti molesti. L’eco (nel norvegese antico «Dvergmali» = voce dei nani,
linguaggio dei nani) è comunque associato a loro. In questo magico mondo di forze soprannaturali
trovavano spazio anche le rune. Vedi Omini della terra.
Nanna - la moglie di Balder, che alla sua morte lo seguì nell’averno. Vedi Balder, Loki.
Narfi (padre della notte) - uno dei figli di Loki e di Sigyn. Vedi Loki.
Nehalennia - divinità ctonia nonché dea della navigazione. Varie raffigurazioni di questa dea
sono state ritrovate sulle isole situate nell’estuario del Reno: la rappresentavano con una cornucopia
fra le braccia, ricolma di frutta, spighe e fiori, mentre ai suoi piedi era accucciato un cane lupo da
guardia. Sono stati ritrovati altri dipinti che la ritraggono con un piede sulla ruota di prora di una
nave e con un braccio proteso sul remo. Anche sull’isola di Walcheren (Olanda) sono stati ritrovati
dipinti e oggetti a lei dedicati.
Nerthus - l’incarnazione della Madre Terra, una dea molto dignitosa. In una foresta sacra
dell’isola danese di Seeland le fu dedicato un tempio. Lì si trovava il suo carro adornato da il velo
bianco. Era chiamata anche la «dea bianca». Quando si spostava a bordo del suo carro velato
trainato da mucche bianche, costeggiando i campi a lei dedicati, si organizzavano ovunque feste
gioiose, tutte le spade restavano inguainate e ogni lotta era considerata irriverente nei confronti di
questa dea.
Dopo i festeggiamenti, la dea velata e quindi invisibile rientrava nel suo tempio. I servitori che
avevano partecipato alle celebrazioni venivano sacrificati alla dea con un rito che imponeva di
gettarli in un lago. Anche il carro della dea veniva scaraventato nel lago; con questi gesti
s’invocava la pioggia abbondante che avrebbe garantito la fertilità della terra. La festa in onore di
Nerthus aveva luogo all’inizio dell’anno.
Nidhöggr - il perfido serpente Nidhöggr addentava incessantemente le radici dell’albero della
vita Yggdrasil. Vedi Albero della vita, Yggdrasil.
Niflheim - il mondo delle nebbie e delle ombre. La sorgente delle acque si trovava a Niflheim:
acque freddissime pressoché simili al ghiaccio. Era un luogo che possedeva forze magnetiche in
grado di risucchiare tutto e di ridurre tutto ciò che avevano aspirato in dimensioni minuscole. Si
trattava di un mondo in cui il presente, come lo intendiamo noi, era bello quanto impossibile, una
sorta di buco nero. Vedi Audumla, Hel.
Njörd - durante i negoziati di pace avviati dopo la guerra fra gli Asi e i Vani, Njörd nonché i suoi
figli Freyja e Freyr furono presi in ostaggio ed esiliati ad Asgard, dove gli dei li accolsero
benevolmente.
Njörd era conosciuto come il dio che regnava sul mare e sulla tempesta. Viveva con la seconda
moglie Skadi (malanno, castigo) nel suo grande castello Noatum (cantiere navale), che si ergeva
sulla costa. Lei era la figlia di Thiazzi, il gigante rimasto ucciso in tragiche circostanze, e
trascorreva tre mesi dell’anno a Noatum, mentre lui trascorreva i restanti nove mesi a Thrymheim
(casa del tuono), la gelida rocca di proprietà della consorte. Skadi impegnava il tempo dedicandosi
alla caccia, alle gare di sci e di pattinaggio nonché ad altri sport invernali (lei incarnava l’inverno
rigido e lui il clima più mite). Un errore ha causato questa unione: un giorno, la futura moglie di
Njörd si era recata dagli Asi in preda all’ira, affinché le fosse «risarcita» la morte di suo padre. Gli
dei le offrirono di scegliersi uno di loro come marito; tuttavia durante la scelta le fu concesso solo
di osservare i piedi degli Asi chiamati in causa. Dopo un’attenta riflessione, la sua scelta cadde su
colui che aveva i piedi più piccoli, nella convinzione che appartenessero al bellissimo Balder. Si
rivelò comunque un errore poiché i piedi più piccoli erano di Njörd. Vedi Loki, Idun.

Nome o dee del destino - dopo la visita ad Asgard della strega del malaugurio Gulveig (minerale
aurifero), culminata nella guerra fra gli Asi e i Vani, comparvero accanto alle radici di Yggdrasil tre
misteriose sorelle avvolte in un velo nero, che sedute ai loro filatoi tessevano la sorte di ogni
individuo e il karma delle famiglie.
Lo sguardo di Skuld, la più giovane delle tre Nome, era orientato verso il futuro. Era la filatrice
che, quando nasceva un essere umano, ne tesseva i fili della vita. Quando si celebrava un
matrimonio, Verdandi, che scrutava intensamente nel presente, annodava i due fili della vita,
mentre Urdr, la più anziana delle tre sorelle, che somigliava a una vecchia strega, guardava nel
passato fantasticando su eredi e antenati. Alla morte di qualcuno, essa recideva i fili della vita e
affidava lo spirito del defunto alla dea Hel che governava sul regno delle .ombre di Niflheim. Solo
gli eroi caduti venivano condotti nel Walhalla per combattere al fianco di Odino contro le forze del
male, nell’ultima battaglia del mondo. Vedi Albero della vita, Yggdrasil.
Odino o Wotan - in origine era un’entità ctonia nonché dio della tempesta, che nel cuore della
notte, quando i venti ululavano, andava a caccia solcando il cielo con al seguito l’inquietante
Einheriar, l’esercito delle anime dei soldati caduti.
Il vocabolo tedesco «Wut» (rabbia) deriva dal suo nome. La rabbia si riflette nel rude potere delle
forze della natura. Quando di notte imperversava la tempesta, nel mugghiarne sibilo del vento, la
gente riconosceva distintamente il rombo degli zoccoli di Sleipnir, il cavallo a otto zampe di Odino,
e dei cavalli della schiera di anime che lo seguiva.
In un secondo tempo, quando nel pensiero umano gli dei assunsero un aspetto più diversificato,
Odino non fu più considerato il sovrano dei fenomeni naturali bensì il sovrano delle forze della
natura. Se ne dedusse che egli dominasse i fenomeni naturali con le sue arti magiche; egli poteva
istigarli o placarli a suo piacimento.
Pur non essendo particolarmente venerato come soldato valoroso, grazie ai suoi poteri magici
riportò numerose vittorie, tali da incutere il panico fra le schiere nemiche, anche grazie alla sua
lancia Gungnir, che non falliva mai l’obiettivo giacché i nani Brok e Sindri l’avevano rivestita di
rune. Egli era peraltro conosciuto in virtù della sua capacità di guarire gli ammalati e i feriti nonché
di risvegliare i caduti alla vita.
Spesso si aggirava nei panni di un vagabondo stanco e malinconico, avvolto in una tunica
grigio-blu e con un cappello a tesa larga calcato sulla fronte, per nascondere le sue orbite vuote. Per
la precisione, si era visto costretto a sacrificare l’occhio destro onde poter avere il privilegio di bere
un sorso di acqua vitale dalla fonte della saggezza su cui vegliava Mimir; questo sorso d’acqua gli
aveva donato dei poteri soprannaturali. Odino era conosciuto ovunque anche come «colui che ha un
solo occhio».
Odino era perennemente scortato da due lupi, Ceri (famelico) e Freki (vorace); inoltre i suoi due
corvi volavano davanti a lui per raccogliere le novità in ogni angolo del mondo. Il primo si
chiamava Hugin (pensiero) e il secondo Munin (memoria). Per questo motivo, egli non era
all’oscuro di nulla e scrutava in tutti i progetti segreti.
In una fase successiva dell’evoluzione umana, Odino fu considerato un saggio legislatore che
guidava le azioni e la staticità degli dei e degli esseri umani. Essendo dotato di notevole eloquenza
nonché di un grande talento poetico, tutti erano estimatori della sua arte (vedi Gunnlöd).
Nella mitologia norvegese che risale all’epoca dei Vichinghi, dominava il concetto legato a un
paradiso dei soldati, il Walhalla, e a un palazzo destinato agli eroi caduti, l’Einheriar. Il tetto era
rivestito di oro, e il portale occidentale era sorvegliato da un lupo, sopra il cui capo volava
un’aquila. Alle pareti erano appesi scudi e lance, sulle panche erano disseminate armature e
corazze. Centinaia di porte si aprivano su innumerevoli stanze.
Il palazzo era reso inaccessibile al mondo esterno dal portone Valgrind (portone della morte) ed
era circondato dal fiume Valglaumir. Nel salone, Yggdrasil dispiegava le sue foglie sempreverdi e
ai suoi piedi pascolava la capra Heidrun, che produceva senza sosta l’idromele per gli abitanti del
Walhalla. Ogni sera il cuoco Andhrimnir (cuoco dell’aria) preparava per l’Einheriar, cuocendola
nel pentolone Eldhrimnir (pentolone incandescente), la carne del cinghiale selvatico Saehrimnir
(carne tenera), che si rinnovava in continuazione.
Lì Odino sedeva sul suo trono dorato, i lupi Geri e Freki erano accoccolati ai suoi piedi, mentre i
corvi Hugin e Munin rano appollaiati sulle sue spalle. Ogni mattina Odino e il suo Einheriar
uscivano a divertirsi sull’immenso campo da gioco Idavöllr dove simulavano dei combattimenti. Di
sera, prendevano parte a un allegro baccanale, dove le Valchirie riempivano le loro corna che
fungevano da boccali. Le Valchirie erano soldatesse virginee inviate da Odino sui campi di
battaglia per dare il bacio della morte a quegli eroi caduti che lui aveva scelto di ammettere
nell’Einheriar e per accompagnarli al Walhalla. In veste di cacciatore, Odino rivolgeva Gungnir, la
sua lancia rivestita di rune che non falliva mai l’obiettivo, su colui che voleva sconfiggere. I suoi
adoratori gli offrivano i corpi dei nemici vinti. Ciò attesta l’origine demoniaca di Odino rendendo
molto più accettabile il patto di sangue siglato in epoche remote con Loki, poiché lo stesso Odino,
al pari di Loki, talvolta indulgeva alla furbizia e all’inganno.
Anche la mancanza di un occhio, che fa parte delle sue caratteristiche maggiormente datate, è
connessa alle sue tenebrose origini: i demoni dediti al cannibalismo (cfr. il ciclope Polifemo della
mitologia greca) erano spesso dipinti con un solo occhio. Altre divinità erano peraltro menomate:
Tyr aveva una mano sola e il cranio di Thor era lesionato. In virtù dei suoi poteri magici e della sua
saggezza, Odino/Wotan può essere associato a Mercurio. In origine gli fu dedicato il mercoledì (in
inglese «Wednesday» = giorno di Wotan). Lo si potrebbe paragonare anche a Giove, poiché Giove
come Odino fu legislatore e progenitore.
Essendo comunque un’entità complessa, Odino si potrebbe benissimo associare anche a Marte, in
quanto dio del «Wode» (rabbia) nonché imperatore dei campi di battaglia. Secondo il canto della
Völuspa, la prima battaglia divampò sotto le nuvole del mondo anche per il suo intervento.
Un giorno i Vani mandarono Gulveig (metallo aurifero), una strega del malaugurio, ad Asgard,
affinché seminasse lo scompiglio fra gli Asi. Essi la gettarono per tre volte nel fuoco, da cui
puntualmente emergeva più bella e seducente, instillando nel cuore degli dei e degli uomini invidia,
discordia e cupidigia. Fu allora che il collerico Odino scagliò la sua possente lancia in direzione di
Vanaheim, dando inizio alla guerra fra gli Asi e i Vani.
Una volta suggellata la pace, tre misteriose sorelle velate ripresero il loro posto con i rispettivi
filatoi accanto alle radici di Yggdrasil: erano le dee del destino o Norne. L’età del candore infantile
era tramontata; neppure gli dei poterono sfuggire al fato. Vedi Gunnlöd, Freyja, Frigg, Saga, Ullr,
Vidarr, Rindr, Loki, Balder, Norne.
Odur - era il consorte di Freyja. Non essendo quasi mai a casa, Freyja pianse molte lacrime per
lui. Infine si vide costretta a cercarlo in giro per il mondo. Odur era un’allegoria del sole estivo, che
risvegliava l’amore.
Omini della terra, folletti, nani - secondo le credenze popolari, è probabile che fossero gli
spiriti dei trapassati che di notte, mentre tutti dormivano, aiutavano gli uomini, per esempio
facendosi carico di pesanti incombenze; a volte, invece, si manifestavano in qualità di spiriti
molesti. Quasi sempre, come Odino, indossavano una tunica e una cappa magica che li rendevano
invisibili; potevano inoltre assumere forme diverse o trasformarsi in animali. Cavalcavano topi,
strisciavano nelle abitazioni e nelle stalle e sembravano nutrire una grande predilezione per i cavalli
bianchi. Di quando in quando, rapivano i bambini, il che potrebbe ricondurre alla loro originaria
identità di ladri di anime. Molti omini della terra avevano zampe al posto dei piedi, erano schivi e
uscivano perlopiù di notte e in piccoli gruppi.
Detestavano il suono delle campane. A volte gli omini della terra rapivano le donne incinte, per
garantire la sopravvivenza della loro specie, poiché secondo le credenze popolari tutti gli omini
della terra erano dei vecchietti raggrinziti che per evitare l’estinzione della loro specie avevano
bisogno di una discendenza dall’esterno.
Altre fonti li consideravano un popolo primitivo che custodiva la natura archetipica e repressa
dell’uomo. Vedi Nani.
Orlog - l’incarnazione dell’ineluttabile destino del mondo, la cui valenza non era individuale
bensì collettiva. Il destino, intessuto dalle Norne o dee del destino, si costruiva su basi soggettive o
familiari, pur essendo quanto meno altrettanto inevitabile.
Ragnarök - è il crepuscolo degli dei, la caduta di questi ultimi, l’ultima battaglia del mondo. Si
tratta dell’ultima azione bellicadegli dei contro le forze demoniache. Nel corso di questa battaglia,
l’intera esistenza sarebbe stata divorata dalle fiamme e dal fumo, mentre i mari e i fiumi sarebbero
debordati sommergendo la terra con le inondazioni. Gli uomini sarebbero rimasti congelati nelle
grandinate e nelle bufere di neve, finendo per essere avvolti dalle tenebre. La fine del mondo si
avvicinava. Eppure la speranza non sarebbe venuta meno.
Benché il termine Ragnarök si traduca quasi sempre come «crepuscolo degli dei», bisogna
sottolineare che si tratta di un’interpretazione errata. Ragna Rök è un neologismo islandese e
significa «destino ineluttabile». Nel dodicesimo secolo, gli Scaldi norvegesi vi aggiunsero alcune
sillabe, trasformandolo in Ragnarökkr, una parola che ha ispirato la scintillante traduzione di
«crepuscolo degli dei». Ragnarök è una visione profetica del declino dell’universo e, per quanto
attiene all’atmosfera e ai dettagli, presenta molte analogie con l’Apocalisse del Nuovo Testamento.
Ran - La demone Ran era l’imperatrice che rapiva gli uomini e governava sul regno dei morti
negli abissi marini. Al seguito di questa demone divoratrice di cadaveri vi era anche il mostro
Grendel, che più tardi sarebbe stato sconfitto da Beowulf. Chiunque avesse fatto naufragio in mare
e fosse annegato, sarebbe stato catturato dalla rete di Ran e divorato. Quando imperversava la
burrasca, le sue nove figlie, le ondine, offrivano il loro abbraccio ai marinai. All’avvento del
crepuscolo degli dei, Nagilfar, la nave della morte di Ran costruita con le unghie degli uomini
annegati, fece rotta contro di loro. Vedi Ragnarök.
Ratatoskr - l’aquila Vedrföllnir viveva nella corona dell’albero Yggdrasil e scrutava
attentamente i nove mondi. Percorreva con lo sguardo la regione alla ricerca di eventuali assediami,
diramando i suoi comunicati allo scoiattolo Ratatoskr (colui che semina il terrore), che correva su e
giù per il massiccio tronco dell’albero della vita, riferendo a sua volta le novità al perfido serpente
Nidhöggr, che rosicchiava le radici di Yggdrasil. Vedi Albero della vita Yggdrasil.
Rindr o Rinda - la profetessa Vaia, morta già da secoli, fu svegliata dal sonno eterno da Odino
nel regno dei morti di Niflheim, con l’aiuto di rune magiche e di alcuni incantesimi, poiché egli
voleva conoscere ulteriori dettagli sulla morte del figlio Balder. Essa predisse al dio che la morte di
Balder sarebbe stata vendicata da un suo discendente, e precisamente da uno dei figli della
principessa Rindr. Quando venne meno anche l’ultima speranza di un ritorno di Balder ad Asgard,
Odino si recò da re Billing, il padre di Rindr. Spacciandosi per un valoroso soldato, offrì al sovrano
i suoi servigi. Tali furono le gesta eroiche da lui compiute, che re Billing lo nominò generale e gli
offrì la mano di sua figlia Rindr. Quest’ultima, tuttavia, lo respinse con alterigia.
A quel punto egli si trasformò in un ricco orefice, ma anche in quel caso ottenne un secco rifiuto.
Allora partecipò alla festa organizzata alla corte del duca, in veste di prode cavaliere. Ma quando
dopo un ballo cercò di abbracciare Rindr, la bella e fiera fanciulla gli assestò un calcio che lo fece
barcollare e poi cadere.
Infine si trasformò in un’anziana e fedele ancella, a cui la sua padrona si era molto affezionata.
Sempre nelle vesti di ancella, la fece ammalare gravemente, complici alcune formule magiche.
Dopodiché si spacciò per un guaritore in grado di lenire la sua sofferenza. Le restituì la salute nel
volgere di pochi giorni, conquistandosi così il cuore colmo di gratitudine di Rindr.
Dall’unione nacque un figlio di nome Vali, che nel volgere di qualche ora divenne un uomo
giovane e forte; a Nu egli era un protettore al pari del dio dell’inverno Ullr, che prediligeva
pattinare sul ghiaccio o andare a caccia.
Ma finché non portò a termine il suo compito, non ebbe un attimo di pace. Vali, sporco e
spettinato, fece il suo ingresso nel Walhalla e colpì con le sue frecce il cieco Hödr, dio delle
tenebre, che aveva ucciso suo fratello Balder su istigazione di Loki.
Così fu vendicata la morte dell’amatissimo dio, e fortunatamente gli Asi fecero costruire il
palazzo Valaskjalf per Vali, il cui tetto era fatto d’argento scintillante. Vedi Balder, Ullr, Njörd,
Skadi.
Rune - i segni grafici carichi di misteri che Odino, stremato dopo aver concluso il rito della
rinascita, raccolse sul fondo della fonte della saggezza. Vedi Balder, Ullr, Njörd, Skadi.
Saga - la dea della storia era una delle figlie di Odino. Essa viveva nel suo palazzo di cristallo
Sökkvabekk (flusso del tempo), chenon abbandonava quasi mai. Secondo quanto ci viene narrato
dal ciclo epico dell’Edda, placidi torrenti dalle acque limpide si aprivano un varco attraverso il
verde terreno assolato, dove gli uccelli cinguettavano e una leggera brezza muoveva appena le
foglie degli alberi. Odino, che ogni giorno faceva visita a sua figlia mettendola al corrente delle sue
imprese, sedeva accanto a Saga sul suo alto trono, scrutando silenziosamente il mondo e
sorseggiando l’idromele fresco e spumeggiante versato in calici d’oro.
In questo palazzo, Saga cantava il presente, il passato e il futuro del mondo nonché le grandi
gesta di dei ed eroi. I torrenti gorgoglianti e il canto degli uccelli l’accompagnavano finché, durante
il crepuscolo degli dei, il fuoco della spada infuocata di Surtr disintegrò i dodici palazzi degli Asi e
tutti gli altri domicili.
Fu allora che essa si alzò per tenere compagnia ai superstiti, scampati al fuoco e alla spada; volò
con loro dagli abitanti della Scandinavia per i quali cantò, in una lingua che non conoscevano, le
gesta epiche e valorose di dei ed eroi.
Fortunatamente i suoi canti non sono scomparsi senza lasciare traccia; alcuni sarebbero stati
successivamente trascritti nell’Edda per diventare un tesoro poetico che non potrà più andare perso.
Vedi Edda.
Saehrimnir - il cinghiale selvatico che si rinnovava in continuazione e che ogni giorno forniva
carne fresca all’Einheriar. Vedi Odino, Walhalla.
Sessrymnir - quando Odino e Freyja ebbero un diverbio sui poteri magici, stabilirono che lei gli
avrebbe trasmesso le sue arti magiche, a condizione che le fosse affidata la metà delle anime dei
caduti, per condurle nella sala Sessrymnir del suo palazzo Folksvang. In quella sala che conteneva
più di mille sedie, sarebbe stato organizzato un allegro banchetto. Vedi Freyja.
Sif - la moglie di Thor/Donar, a cui Loki tagliò i lunghi capelli d’oro. Vedi: Thor/Donar, Loki,
Nani.
Sigyn - La moglie di Loki ad Asgard. Essa raccoglieva in un recipiente il veleno che il serpente
faceva gocciolare sul volto di Loki nella caverna dove il dio era stato incatenato a una roccia. Gli
dei inflissero questo castigo a Loki, per il suo ruolo estrema mente ambiguo nell’episodio della
morte di Balder. Vedi Loki, Balder.
Sindri - uno dei figli di Ivaldi, re dei nani, che insieme a suo fratello Brok forgiava gli oggetti
sorprendentemente favolosi degli dei. Vedi Freyja, Loki, Freyr, Thor/Donar, Nani.
Skadi - la figlia di Thiazzi, il gigante di ghiaccio rimasto ucciso. Skadi (malanno, castigo) era la
moglie di Njörd, dio del mare. Essa impegnava il tempo con la caccia, il pattinaggio sul ghiaccio e
lo sci. Scelse Njörd come marito per errore e non riuscì mai ad acclimatarsi nel palazzo Noatun che
sorgeva in riva al mare, così come Njörd non superò mai il disagio che provava nella di lei rocca di
Thrymheim sperduta fra le alte montagne. Dopo qualche tempo, la coppia decise di separarsi e
Skadi si risposò con Ullr, arciere nonché dio dell’inverno, che adorava pattinare. Vedi Njörd, Loki,
Thiazzi, Idun.
Skidbladnir (legno alato) -I nani Brok e Sindri costruirono per il dio Freyr Skidbladnir, la
veloce nave avvolta dalla luce, che faceva rotta da sola verso la destinazione prescelta. Quando
Freyr non ne aveva bisogno, la piegava e la riponeva nella sua bisaccia. Vedi Nani, Freyr, Loki.
Skuld - la più giovane delle tre Nome (dee del destino), che ogni giorno innaffiava le radici
dell’albero della vita Yggdrasil con l’acqua della fonte della saggezza. Così facendo, le sue foglie
non sarebbero avvizzite, giacché il perfido serpente Nidhöggr rosicchiava costantemente le sue
radici. Vedi Nome, Albero della vita, Yggdrasil.
Sleipnir - Il velocissimo cavallo a otto zampe di Odino, che conduceva il dio Nu a destinazione,
accompagnandolo ovunque sfrecciando attraverso l’aria e l’acqua. Sui suoi denti erano incise delle
misteriose rune. Vedi Svadilfari, Hermrodr, Balder, Odino.
Sökkvabekk (flusso del tempo) - questo era il nome del palazzo di cristallo della profetessa
Saga, dove la dea della storia cantava le epiche gesta degli eroi. Molti di questi canti non sono
andati persi e sono presenti nel ciclo dell’Edda. Vedi Saga.

Sol, Sunna o Summa - la dea del sole, che come Mani, la dea della luna, era inseguita dai
mostri. Fra quasi tutte le popolazioni rurali vigeva la convinzione che durante le eclissi di sole e le
eclissi di luna questi corpi celesti rischiavano di essere divorati da spaventosi demoni con le
fattezze di draghi o serpenti. Per questo motivo, nel corso di tali manifestazioni della natura, si
cercava di fare il più possibile rumore, scacciando i mostri urlando a squarciagola o percuotendo
barili di ferro.
Nelle saghe scandinave, ognuno di questi demoni ha un nome ben preciso: Managarmr (il lupo
lunare) inseguiva la luna, a differenza di un giovane discendente del lupo Fenrir, che un giorno
avrebbe divorato il sole. Il sole era inoltre inseguito da altri due lupi, Sköll, (testa calda) e Hati
(odio). Vedi Alsvidr.
Surtr - il cupo gigante di fuoco di Muspellsheim, che all’avvento di Ragnarök capeggiò la sua
armata impetuosa e invase Asgard. Con la sua spada infuocata, ridusse in cenere tutti i domicili e i
palazzi degli dei. Il ponte Bifröst (arcobaleno) rovinò sotto i passi pesanti dell’armata del gigante di
fuoco. Vedi Ragnarök.
Svadilfari - questo è il nome del cavallo del gigante della montagna che su richiesta degli dei
avrebbe dovuto erigere nel volgere di tre inverni un muro alto fino al cielo che cingesse Asgard.
Tuttavia, non sarebbe trascorso molto tempo prima che gli Asi sperimentassero sulla loro pelle la
facilità con cui Gulveig, la strega del malaugurio, poteva invadere il loro regno. Come se non
bastasse, notarono che a Muspellsheim e a Jötunheim si era radunato un numero impressionante di
giganti del fuoco e del ghiaccio, i quali si accingevano a invadere la luminosa Asgard; oltretutto
avevano fatto irruzione a Midgard in parecchie occasioni.
Lo sconosciuto architetto, che si era offerto di assolvere a questo incarico, pretese a titolo di
ricompensa la mano della bella Freyja nonché il sole e la luna, in quanto straordinarie sorgenti
luminose per le sue attività.
Gli Asi tergiversarono dinanzi alle condizioni dettate ma quel briccone di Loki li spinse ad
acconsentire alle richieste dell’architetto purché ultimasse il lavoro in un solo inverno. L’architetto
non ebbe nulla da eccepire riguardo alla scadenza fissata, scommettendo di farcela a costruire il
muro entro i termini concordati, a condizione che il suo cavallo fosse autorizzato ad aiutarlo nello
svolgimento dell’incarico.
Di nuovo gli Asi tergiversarono dinanzi alle condizioni dettate, ma Loki li convinse ad accettare
poiché quello stupido animale non avrebbe influito in alcun modo sul prosieguo del lavoro.
1’accordo fu sancito, e tutte le parti in causa giurarono solennemente di attenersi in maniera
scrupolosa alle condizioni stipulate.
Il primo giorno d’inverno, l’architetto diede inizio ai lavori. Gli Asi constatarono con orrore che
il cavallo galoppava trascinando incredibili quantità di roccia e pietre nei punti in cui il suo padrone
ne aveva bisogno. Il muro cresceva a vista d’occhio: era solido e possente come un iceberg, nonché
levigato e scintillante come l’acciaio. Verso la fine dell’inverno era pressoché finito. L’unico
elemento da fabbricare era il portone d’ingresso, che tuttavia l’architetto non avrebbe avuto
difficoltà a realizzare nei tre giorni di cui ancora disponeva.
Gli Asi si radunarono in preda all’ansia, poiché qualora l’architetto si fosse preso Freyja, il sole e
la luna come ricompensa per il lavoro svolto, non solo si sarebbe impossessato di tutta la bellezza
di Asgard lasciandola in miseria, ma anche il mondo sarebbe rimasto per sempre avvolto dalle
tenebre.
Pur cercando disperatamente una via d’uscita, non riuscirono a intravedere nessuna soluzione e
ripensarono a come si erano cacciati in questo guaio. Sapevano tutti chi fosse l’istigatore del male;
e chi altri poteva essere se non il vile e subodolo Loki? Essi gli intimarono, minacciandolo
pesantemente, d’infrangere l’accordo stipulato con l’architetto. Loki promise che avrebbe impedito
a quest’ultimo di terminare il muro entro i termini prestabiliti, in modo da potergli negare la
ricompensa pattuita.
L’indomani, Loki si trasformò in una giumenta. Mentre l’architetto e il suo cavallo Svadilfari si
stavano dirigendo verso le montagne nell’intento di raccogliere pietre e legna per il muro, la
giumenta andò loro incontro, galoppando in modo seducente. Svadilfari si lanciò immediatamente
al suo inseguimento, strappando le briglie e spezzando in due il carro. La inseguì per campi, monti
e valli, mentre l’architetto arrancava dietro a loro. L’inseguimento si protrasse per tutto il giorno e
per tutta la notte, e quando finalmente l’architetto riuscì a catturare il cavallo, erano entrambi così
esausti che non riuscirono a terminare il muro neppure il giorno dopo.
La sera, lo sconosciuto architetto osservò il muro che ormai non sarebbe più stato in grado di
finire per tempo, e andò su tutte le furie. Accusò gli dei di avergli negato la ricompensa con
l’astuzia e con l’inganno. Smanioso di vendicarsi con tutte le sue forze, radunò un numero
imprecisato di rocce e ceppi enormi per schiacciare Asgard e i suoi abitanti. Solo allora gli dei
compresero che l’architetto era un gigante della montagna e implorarono a squarciagola l’aiuto di
Thor. Quest’ultimo, appena rientrato da un viaggio, atterrò con un fulmine accecante che fece
tremare la terra, in mezzo agli dei riuniti al gran completo, e colpì la testa dell’iroso gigante con il
suo martello, fracassandogli il cranio duro come roccia.
Qualche tempo dopo, la giumenta (Loki) che aveva adescato Svadilfari partorì un puledro a otto
zampe e con i denti sormontati da rune. Questo puledro era Sleipnir, l’amatissimo cavallo di Odino,
che sfrecciava veloce come il vento con il suo padrone attraverso l’aria, il fuoco e le onde del mare.
Vedi Odino, Thor/Donar, Loki.
Svartälfsheim - il regno degli elfi neri. Gli elfi neri erano dei nani che nelle loro officine
sotterranee forgiavano gli oggetti più belli e sorprendenti. I nani simboleggiavano l’aspetto creativo
della società. Vedi Freyr, Freyja, Loki, Thor/Donar.
Tanngnjostr e Tanngrisnir (colui che rompe i denti e colui che li digrigna) - gli arieti che
trainavano il carro di Thor/Donar. Vedi Thor/Donar.
Terra - il miracolo della terra che si rinnova ogni anno ha stimolato la fantasia di quasi tutte le
popolazioni dell’antichità. Essa era considerata la madre della vita, che ogni primavera permetteva
alla natura di rifiorire in innumerevoli forme. Non sono pochi i riti e i festeggiamenti celebrati in
suo onore che sono stati tramandati per lungo tempo, a riprova della venerazione manifestata nei
confronti della fertilità della terra. Il rituale di mangiare le uova, o di seppellirle sotto terra quando
ha inizio la stagione della semina, dovrebbe infondere forza vitale agli uomini e alla terra (cfr.
acquisto e consumo delle uova di Pasqua). La fertilità della terra ha avuto modo di essere trasferita
anche sull’uomo e sugli animali. All’inizio dell’anno, durante gli equinozi si soleva percuotere le
fanciulle e le donne con rami freschi, possibilmente sulle parti scoperte del corpo: questo rito
magico era finalizzato a trasferire in loro la fertilità della terra. Ad ogni modo, simili rituali
venivano compiuti in occasione di un matrimonio (cfr. la festa di Luperco celebrata dagli antichi
Romani). Bestiame, alberi da frutta, campi di granoturco e campi di lino venivano sottoposti al
medesimo rituale. Una sferzata con la cosiddetta bacchetta della vita infondeva vigore e teneva alla
larga i demoni della malattia.
La credenza secondo cui gli esseri umani nascessero dal grembo della terra, per farvi ritorno alla
loro morte e per rinascere un giorno o l’altro, era assai diffusa, almeno secondo colui che ha
raccolto i testi dell’Edda.

Thiazzi - il gigante di ghiaccio che, aprofittando di una scorrettezza del subdolo Loki, fece in
modo che la dea Idun e le mele d’oro dell’eterna giovinezza fossero rapite e condotte nella sua
fredda e solitaria rocca di Thrymheim (luogo ghiacciato) dove viveva con la figlia Skadi. Vedi
Loki, Idun.
Thor - vedi Donar.

Tyr, Things, Tiw, Tiwaz o Ziu - poiché Odino e Thor presero quasi subito il posto di Tyr, si sa
pochissimo riguardo al suo aspetto. In origine era un dio della guerra che in seguito si sarebbe
trasformato nel dio supremo della giurisprudenza; egli stipulava accordi e controllava che gli
impegni assunti fossero mantenuti. Tyr era il custode dei dodici lupi e quando Odino lo usurpò del
suo potere, dopo che egli ebbe sacrificato la mano destra al temibile lupo Fenrir, mantenne
comunque la carica di supremo dio del diritto. Alcuni ceppi nordici lo chiamavano Ziu, gli
anglofrisoni Tiw e i germani Tyr.
Il suo nome deriva dal sanscrito Dyaus e dal greco Zeus.
Se ne dedusse quindi che Tiwaz, questo è il nome che probabilmente ha avuto in epoca
preistorica, fosse un dio della luce e del cielo destinato a perdere sempre più potere nel corso del
tempo, e a cui sarebbero subentrati altri dei (Odino)
Ullr - il dio dell’inverno era il figlio di Sif dai capelli d’oro e il figliastro di Thor/Donar. Suo
padre, il cui nome non compare nelle saghe, dev’essere stato uno dei più temibili giganti di
ghiaccio; questo spiegherebbe forse la predilezione di Ullr per la neve e il ghiaccio, specie per
quanto attiene al pattinaggio sul ghiaccio argenteo. Era inoltre un eccezionale arciere e un
appassionato cacciatore che le mugghiami bufere che imperversavano nelle selve oscure o sulle
pianure ammantate di neve non riuscivano a scoraggiare, poiché egli si avvolgeva in pesanti
pellicce per proteggersi dal gelo.
Questo dio dell’inverno, della caccia e del tiro con l’arco era solitamente ritratto sui pattini per il
ghiaccio, con una faretra colma di frecce e un grande arco. Giacché il legno del tasso era il più
indicato per le sue frecce, egli piantò la sua tenda a Ydalir, la valle dei tassi, dove il clima era
perennemente freddo e umido.
Il dio dell’inverno Ullr, detto anche Oller, era considerato la divinità più importante dopo Odino,
di cui prendeva tacitamente il posto durante le sue assenze invernali. In quei periodi diveniva il
sovrano assoluto, tenendo in pugno Asgarcl e Midgard, e secondo alcune fonti anche Frigg, la
moglie di Odino. Poiché Ullr era tirchio, Frigg, che non si privava mai di nulla, salutava il ritorno
di Odino con immensa letizia; quest’ultimo costringeva l’intruso a cercare nuovamente rifugio
nell’estremo Nord.
In Scandinavia si dice che tempo dopo Ullr avrebbe sposato la gigantessa di ghiaccio Skadi
(malanno), l’incarnazione femminile del freddo invernale, che nel frattempo aveva divorziato da
Njörd. Tale era la comunanza di interessi fra Ullr e Skadi, che i due coniugi vissero in totale
armonia. Vedi Skadi, Njörd, Loki, Idun.
Urdbrun - la fonte della saggezza, che si trovava ai piedi dell’albero della vita Yggdrasil ed era
custodita dalle tre Nome Urdr, Verdani e Skuld. Vedi Nome, Yggdrasil.
Urdr - la più anziana delle tre Nome, il passato. Vedi Nome.

Utgard o Utgarda-Loki - nell’averno, Utgard o Jötunheim accoglieva demoni come Jötnar


(divoratore di cadaveri), il perfido serpente Nidhöggr, il lupo Fenrir e un’anziana gigantessa che
allevava i lupi che avrebbero dovuto divorare il sole e la luna. Laggiù regnavano Utgard-Loki, il
demone nemico degli dei, e sua moglie Angrboda (messaggera del male). Vedi Rindr, Odino.
Vaia - la profetessa morta da secoli che, su esortazione di Odino, aveva previsto che la morte di
Balder sarebbe stata vendicata da un suo discendente generato da Rindr, la figlia di re Billing. Vedi
Rindr, Odino.
Valaskjalf - il palazzo edificato dagli dei per Vali, il figlio di Rindr e di Odino, perché aveva
vendicato la morte di Balder, assassinato da Hödr, il dio cieco delle tenebre. Vedi Balder, Loki,
Rindr.
Valchirie - nove virginee fanciulle immortali e bellicose, che Odino o Freyja inviavano sui
campi di battaglia. Esse partecipavano ai combattimenti proteggendo i loro beniamini. Scoccavano
il bacio della morte ai caduti, accompagnandone una metà nel Walhalla. L’altra metà dei caduti
sarebbe stata da loro condotta da Freyja, nella sala Sessrymnir che contava mille sedie, dove li
attendeva un sontuoso banchetto. Vedi Einheriar, Odino, Freyja, Walhalla.
Vali - il figlio di Rindr e di Odino. Nel volgere di poche ore si sviluppò in un giovane possente;
egli era inoltre un provetto tiratore come il dio dell’inverno Ullr. Fece il suo ingresso nel Walhalla
tutto spettinato e sporco, e colpì Hödr con le sue frecce; con questo gesto pareggiò i conti per la
morte di Balder. Il palazzo donatogli dagli dei in segno di gratitudine si notava anche in lontananza
per via del suo scintillante tetto d’argento. Vedi Rindr, Balder, Loki.
Valkyrjur/Valchirie - erano una sorta di ancelle belligeranti che Odino o Freyja mandavano a
combattere sui campi di battaglia. Avevano molti elementi in comune con le ninfe, le sirene e altre
creature simili. Il loro compito sul campo di battaglia consisteva nel suggellare la sorte degli eroi
caduti con il bacio della morte, e quindi di condurre i loro spiriti nel Walhalla dove sarebbero stati
arruolati nell’Einheriar, l’esercito delle anime di Odino.
Questo esercito si dissetava con il frizzante idromele prodotto senza sosta dalla capra Heidrun.
Ogni sera il cuoco Andhrimnir lessava nel pentolone Eldhrirnnir la carne succulenta del cinghiale
selvatico Saehrimnir, che si rinnovava perennemente. All’avvento del crepuscolo degli dei, il
Ragnarök, l’esercito delle anime combatté al fianco degli dei contro i giganti. Vedi Odino, Freyja.
Vanaheim - il regno dei saggi Vani. Gli abitanti di Vanaheim erano dei e dee della fertilità e
dello sviluppo organico. Il loro mondo era improntato a una ciclica regolarità, che culminò in una
società ben strutturata. Si assisteva a un perenne avvicendamento delle stagioni, della notte e del
giorno, delle maree, della semina e del raccolto nonché di tutte le altre manifestazioni cicliche —
anche a livello personale — che fosse lecito immaginare. La crescita serena era tipica di questo
regno equilibrato che non conosceva il dubbio. Letizia e prosperità regnavano ovunque.
Vanir (Vani) - gli abitanti di Vanaheim che, nel corso di un armistizio durante la guerra contro
gli Asi, effettuarono uno. scambio di ostaggi e sancirono un’alleanza permanente. Vedi Gullveig,
Njörd, Freyr, Freyja, Hönir.
Vé - Un fratello di Odino. Con i suoi fratelli Vili (volontà) e Vé (santità), Odino creò il mondo
dall’enorme corpo di Ymir, l’uro gigante sconfitto. Vedi Odino.
Vedrfòlnir - il falco dallo sguardo acuto e penetrante che dimorava nella corona di Yggdrasil
scrutando il mondo, affinché potesse segnalare per tempo l’approssimarsi delle sciagure. Vedi
Albero della Vita Yggdrasil, Nome.
Vidarr - il taciturno figlio di Odino e della gigantessa Gricl. Vidarr era un giovane forte, snello e
con una figura gradevole che indossava un’armatura, una spada nonché una scarpa di ferro.
Secondo alcune fonti, per questa particolare calzatura bisognava ringraziare lo sguardo magico e
previdente della madre Grid: sapendo che nell’ultima battaglia del mondo, egli avrebbe dovuto
fronteggiare il feroce lupo Fenrir, gli diede la scarpa di ferro per proteggersi. La scarpa era in grado
di resistere ai denti aguzzi del mostro rapace contro cui Vidarr avrebbe dovuto combattere per
vendicare la morte di suo padre (Odino). Vedi Ragnarök.
Vili - Narra il ciclo epico dell’Edda, che Odino, Vili e Vé crearono la terra, il sole e la luna con
frammenti di scheletro dell’uro gigante Ymir, plasmando il mondo in modo proporzionato. Vedi
Audumla.
Walhalla - il salone in cui Odino accoglieva gli spiriti dei soldati caduti (Einheriar),
accompagnati lì dalle Valchirie dopo il «bacio della morte» affinché si preparassero all’ultima
battaglia del mondo. Vedi. Odino, Valkyrjur (Valchirie).
Wotan - vedi Odino.

Yggdrasil - Yggdrasil era l’albero protettore degli dei, ai cui piedi tre dee del destino velate
tessevano i fili del fato. Secondo alcune fonti, nove mondi si celavano nel suo fogliame. Vedi
Albero della vita Yggdrasil.
INDICE

Introduzione

Cap. I - Riti e tradizioni delle popolazioni nordiche


Cap. II - L’origine delle rune
Cap. III - Il significato delle 24 rune e delle figure mitologiche a cui corrispondono
Cap. IV - Come creare da soli le proprie rune
Cap. V - Metodi di lettura delle rune
Appendice
Breve profilo delle 24 rune
I nove mondi
I domicili degli dei
Glossario dei nomi e dei termini mitologici
Le ventiquattro rune delle popolazioni
nordiche - dei Germani , dei Celti e dei
Vichinghi - non si limitavano ad essere
soltanto lettere dell’ alfabeto, ma svolgeva-
no anche un ruolo magico, rituale e pro-
fetico per invocare le divinità e altre forze
soprannaturali , affinch é queste ultime for-
nissero un responso ad interrogativi con -
creti e, pi ù in generale , spianassero la stra -
da al consultante.
Questo libro insegna i metodi di lettura
dell’antico Futark ( la runa di Frevja ; l'ora-
colo delle tre rune ; l ’ oracolo delle nove
rune ) e come creare da sé le proprie ru-
ne , anche se il libro ne contiene un set .
Analogamente all ’ uso dei tarocchi , la cui
utilità é subordinata alla profonda cono-
scenza della simbologia delle carte , la divi -
nazione con le rune sarà efficace solo se
colui che si avvale di questo metodo cono-
sce la corrispondenza mitologica di ogni
singola runa , corrispondenza che viene
spiegata dall ’ autrice in una esaustiva ap-
pendice.

MAGID ALENA CALAN D, scrittrice ,


si occupa professionalmente
di esoterismo e magia ,
ed è molto nota in
Olanda , dove
vive.

73 9
"

28
,

10
XENI
E D I Z I O N I
www.leggenditaly.com

Potrebbero piacerti anche