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sTUDI PUBBLICATI DAL R.

ISTITUTO ITALIANO
PER LA STORIA ANTICA

FASCICOLO QUARTO

SILVIO ACCAME

IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA


---

DALLA GUERRA A CAICA


f
AD AUGUSTO
-

A NG E L O SI G N O R E LL I
EDIToRE – ROMA – 1946
Nella stessa serie:

già pubblicati:

ACCAME SILVIO - La Lega Ateniese del Secolo IV a. C.


PASSERINI ALFREDO - Le Coorti Pretorie.
MAZZARINO SANTO - Stilicone e Teodosio.

in corso di pubblicazione:
MANNI EUGENIO - Per la storia dei Municipii fino alle
guerre sociali.
BARBIERI GUIDO - L'albo senatorio dai Severi a Diocleziano.
560376
D e 2 5O
-A
,

PROPRIETA LETTERARIA RISERVATA


DEL R. ISTITUTO ITALIANO PER LA STORIA ANTICA

A R T I G R A FI c H E AL D o C H I o C A – T I V O LI – l 9 4 5
P R E FAZIO N E

Dopo le accurate e penetranti ricerche di alcuni studiosi le


scarse notizie epigrafiche e letterarie intorno al dominio romano in
Grecia dalla guerra acaica ad Augusto, vagliate e discusse a sazietà,
non potevano presentare uno speciale interesse a meno che lo scavo
non avesse procurato un nuovo documento o i progressi della critica
non avessero notevolmente migliorato la lettura di documenti già
editi. Ma appunto l'indagine su un documento, che, già edito, non
aveva attirato l'attenzione degli studiosi, ha risolto, per quel che mi
sembra, in modo definitivo nelle sue linee generali il problema.
u, Importava ora su codeste linee generali ben tracciate riprendere in
o esame tutto il materiale già noto e quello scoperto di recente, anche
se di lieve entità, e interpretarlo alla nuova luce cercando di precisare,
nella misura del possibile, i particolari. Pei particolari le notizie
scarse e frammentarie hanno lasciato largo campo alle ipotesi.
Tuttavia il tema, intenzionalmente ristretto, perché la riforma di
Augusto nel 27 inizia per la Grecia un'era nuova, e limitato a chia
rire il carattere e le variazioni degli ordinamenti dati alla Grecia
dai Romani, presentando uno sviluppo in sé completo, ha offerto
la possibilità di collocare quelle variazioni al posto che ad esse com
pete. Nello studio di questo sviluppo ho cercato di tenermi lontano
dalla tendenza allo schematismo giuridico, la quale rischia, a mio
avviso, di compromettere l'intelligenza più profonda del divenire,
che è la concreta realtà della storia.
La compiutezza avrebbe richiesto di riprendere in esame anche
la situazione della provincia di Macedonia, a cui una parte della
Grecia fu per lungo tempo annessa, ma, essendo io incaricato del
l'articolo Macedonia pel Dizionario De Ruggiero, ho preferito
escludere un doppione altrimenti inevitabile.
Le due parti, di cui consta il presente lavoro, sono intimamente
VI PREFAZIONE

collegate, e la prima si basa di necessità sul materiale raccolto nella


seconda. La quale peraltro non ha la pretesa di essere completa
per le notizie riguardanti le relazioni di Roma con la Grecia, sib
bene solo di sfruttare con una certa cura, studiandolo geneticamente,
tutto quanto potesse chiarire in qualche modo il problema dell'ordi
namento dato dai Romani alla Grecia. Essa, che analizza e discute
i particolari delle singole regioni, si è scissa strutturalmente, anche
se ne costituisce la più precisa documentazione, dalla prima perché
questa, riferendosi alle condizioni generali della Grecia, fosse in sé
più organica e lineare. Inoltre nella seconda parte il materiale rin
venuto di recente e la nuova esegesi su quello già noto hanno indotto
qualche volta, specie per Atene, a indagare minutamente le modifiche
costituzionali che sono in stretta dipendenza dal diverso atteggia
mento di Roma e possono ora essere delineate con maggiore sicurezza
e lucidità. Invece nella prima parte per l'ordinamento complessivo
dato dai Romani alla Grecia, onde intenderlo e precisarlo nella
sua concretezza, si rendeva indispensabile allargare lo studio alle
varie teorie dominanti sia sul diritto amministrativo sia sul diritto
internazionale romano e in primo luogo tentar d'inserire la condizione
della Grecia nel quadro più ampio delle organizzazioni provinciali.
- Quell'indagine e questo tentativo, mirando unicamente a sif
fatto fine immediato, si sono tenuti nei limiti imposti dall'economia
del lavoro. Nondimeno spero che il materiale qui raccolto e le osser
vazioni varie cui ha dato luogo con le analogie che forniscono non
saranno senza qualche utilità a chi voglia approfondire la ricerca
intorno alla struttura amministrativa delle altre province dell'im
pero romano.

S. A.
S O MIM A RIO

PARTE I.
PAG.

I. L'ordinamento della Grecia dopo il 146


Lettera di un governatore di Macedonia, p. 2. – Tecniti
dionisiaci dell'Istmo e di Atene, p. 4. – Regioni della Grecia
annesse alla Macedonia, p. 7. – Ere macedonica, achea,
aziaca, p. 11. – Regioni della Grecia indipendenti dalla
Macedonia, p. 14.

II. Lo scioglimento delle leghe e il tributo . 16

Leghe disciolte, p. 16. – Leghe conservate, p. 17. – Tributo,


p. 18. – Concetto di libertà, p. 20. – Ager publicus in Grecia,
p. 22. – Decima e stipendium, p. 24. – Portoria, p. 26. –
Scriptura, p. 27.

III. Civitates stipendiariae 28

Territorio di Corinto, p. 28. – Due categorie di città stipen


diarie, p. 29. – Dominium in solo provinciali, p. 30. – Vec
tigal, p. 31. – Provincia d'Africa, p. 32. – di Macedonia,
p. 33. – Libertà delle città stipendiarie, p. 33. – Signifi
cato delle due categorie di città stipendiarie, p. 34. –
Loro condizione, p. 35. – Giustizia civile, p. 36. – Giustizia
criminale, p. 40. – Cittadini romani, p. 41. – Immunità di
cittadini rispetto alla loro patria, p. 42. – Città greche
della prima e della seconda categoria, p. 44.
IV. Civitates immunes ac liberae 46

Città sine foedere immunes ac liberae e foederatae, p. 46. –


Città amicae del popolo romano, p. 48. – Amicitia, p. 48.
– Deditio, p. 49. – Carattere del dominio romano in Oriente,
p. 51. – Stato naturale di amicitia, p. 54. – Dichiarazioni di
amicitia, p. 55. – Trattato di amicitia, p.55. – Condizio
ne delle città amicae, p. 56.
VIII - SOMMARIO

V. Civitates sine foedere immunes ac liberae . . . . 58


Loro condizione rispetto a Roma, p. 58. – Distinzione fra
città libere entro e fuori della provincia, p. 58. – Città libe
re entro la provincia, p. 58. – Thermessus Maior, p. 59. –
Condizione delle città libere di Sicilia, d'Africa e di Grecia,
p. 60. – Dazi portuali e terrestri, p. 61. – Dipendenza di
queste città dal governatore, p. 63. – Giustizia ammini
strativa, civile e criminale, p. 63. – Cittadini romani, p. 64.
– Concessione di amicitia a singoli cittadini, p. 65. – Città
greche amiche del popolo romano entro la provincia, p. 68.
– Città greche amiche del popolo romano fuori della pro
vincia, p. 68. – Loro condizione, p. 69. – Città della lega
tessalica, p. 71. – di altre leghe, p. 71. – Metana, p. 73.
– Sparta, p. 73. – Lega dei Lacedemoni, p. 74.

VI. Civitates foederata e . . . . . . . . . . . 75


Civitates foederatae di Sicilia, p. 75. – di Grecia, p. 75. –
Giurisdizione civile e criminale sui Romani, p. 75. – Città
federate e il governatore, p. 77. – Distinzione fra foedera
propriamente bilaterali e impropriamente bilaterali (senato
ri), p. 79.- Foedus fra i Romani e i Giudei del 161 av. Cr., p.
79. – Foedus di Astipalea, p. 80. – di Cibira, p. 86. – Man
canza di giuramenti, p. 87. – Foedus di Tirreo, p. 89. – Se
natoconsulto di Mitilene del 45 av. Cr. p. 90. – di Strato
nicea, p. 92. – dei Plarasei e Afrodisiei, p. 92. – Foedera con
le città greche, p. 94. – Foedus di Callatis, p. 95. – Foedera
di Cnido e di Mitilene, p. 95. – Foedus iniquum degli Etoli,
p. 99. – Foedera aequa e iniqua, p. 99. – Condizione delle
città federate, p. 100. – Città greche federate, p. 101.

VII. La Grecia da Silla ad Augusto . . . . . . 104


Ordinamento di Silla, p. 102. – Da Silla a L. Calpurnio
Pisone, p. 103. – Provincia di Cesare, p. 105. – I triumvi
ri, p. 107. – Cesare Ottaviano, p. 109.

VIII. Roma e la monetazione greca dopo il 146 . . . . 111


Monetazione d'argento di Patrasso e di Messene, p. l 11. –
Epigrafe di Messene, p. ll 1. – Dramma pesante di Esichio,
p. 113. – Monetazione della Tessaglia e di città greche,
p. 1 15. – 'Apriptov croguxx.xóv, p. 117. – XSouuxxuxà t&Xxvvo
di Delfi, p. 118. – Deliberazione monetale del consiglio
anfizionico, p. 120. – Riduzione del vittoriato romano e
la monetazione greca, p. 121. – Fine della coniazione
greca in Grecia, p. 128.
SOMMARIO IX

PARTE II.
PAG.

I X. Peloponneso 124

l. Sparta e la Laconia, p. 124. – 2. Messenia, p. 134. – 3.


Arcadia, p. 141. – 4. Elide, p. 144. – 5. Acaia, p. 147. – 6.
Sicione, p. 156. – 7. Argolide, p. 158. – 8. Corinto, p. 161.

X. Grecia centrale . . . . . . . . . . . 163


1. Atene e l'Attica, p. 163. – 2. Megaride, p. 187 . – 3.
Eubea, p. 189. – 4. Beozia, p. 193. – 5. Focide, p. 20 1. – 6.
Locride dell'est e dell'ovest, p. 206. – 7. Doride, p. 209. – 8.
Etea, p. 210. – 9. Etolia, p. 211. – 10. Acarnania, p. 214.

XI. Grecia settentrionale . . . . . . . . . 217

l. Tessaglia, p. 217. – 2. Demetriade e la lega dei Ma


gneti, p. 225. – 3. Eniania, p. 227. – 4. An filochia, p. 228.
– 5. Dolopia, p. 228. – 6. Atamania, p. 229. – 7. Per
rebia, p. 229. – 8. Epiro, p. 230.

XII. Isole . . . . . . . . . . . . 232


1. dell'Ionio, p. 232. – 2. dell'Egeo, p. 234.
IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA
DALLA GUERRA ACAICA AD AUGUSTO
PARTE I.

I.

L'ORDINAMENTO DELLA GRECIA


DOPO IL 146

Sull'ordinamento dato dai Romani alla Grecia nel 145 av.


Cr., dopoché sottomisero gli Achei nell'anno precedente, ten
gono il campo fino ad oggi due tesi opposte, di cui l'una pare
formulata per la prima volta nel secolo XVI dall'insigne erudito
italiano Carlo Sigonio (1), l'altra fu espressa dal filologo tedesco
K. F. Hermann nel congresso filologico di Basilea del 1847 (2).
In base alla prima ipotesi, ridotta la Grecia nel 145 a provincia
romana, ne sarebbe stato affidato il governo al pretore di Mace
donia, in base alla seconda la maggior parte della Grecia avrebbe
mantenuto la libertà e solo con Augusto si potrebbe parlare di
una provincia di Acaia. Di solito si preferì la prima ipotesi fino a
quando G. Colin (3) tentò di ritornare all'altra dello Hermann. Ma
la tesi del Sigonio accolta da J. Marquardt (4) e da A. W. Zumpt (5)
trovò un nuovo sostenitore in G. Cardinali, che la rafforzò vali
damente con uno studio particolare (6), e fra gli altri in P. V.

(1) De antiquo iure populi Romani II, cap. 9, p. 63-72.


(2) Die Eroberung von Korinth und ihre Folgen für Griechenland, in
« Verhandl. der Philologen versamml. zu Basel , 1847, p. 32 segg.; v. anche
K. F. HERMANN, Ges. Abhandl. und Beitr. zur klass. Litt. und Alterthumsk.,
Göttingen 1849, p. 356 segg.
(3) Rome et la Grèce de 200 â 146 a. J. C., Paris 1905, p. 657 segg.
(4) Nel manuale BECKER-MARQUARDT, Röm. Altert., III, Leipzig 1851,
p. 121 segg.
(5) Comm. Epigr. II, Berolini 1854, p. 133 segg. de Macedoniae Romano
rum provinciae praesidibus qui fuerunt usque ad imperatorem T. Vespasianum.
(6) Sulla condizione tributaria della Grecia dopo la conquista Romana, in
« Studi storici per l'antichità classica», III, Pisa 1910, p. 31 segg.
2 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

M. Benecke (1). Contemporaneamente, allo Hermann e al Colin


risalgono G. Niccolini (2), T. Frank (3) e, in un certo senso,
J. A. O. Larsen (4). V. Costanzi, che, se si prescinde dal Larsen,
per l'ultimo trattò in maniera ampia tale problema (5), attenua
la tesi tradizionale del Sigonio, ma in realtà si mantiene ad essa
fedele con l'ammettere che «negli effetti la Grecia ebbe il reggi
mento provinciale, pur evitandosi forse la formale riduzione a
condizione di provincia » (6).
Anche qui, come in altri casi, la verata quaestio viene risolta
dal documento, ed esso, già pubblicato in IG. VII 2413/4 in modo
tuttavia inservibile pel nostro compito (7), con la nuova edizione
di G. Klaffenbach (8) acquistò la sua importanza, che peraltro,
non avvertita a questo proposito dal Klaffenbach, sfuggì di con
seguenza al Costanzi e al Larsen. Siffatta importanza è oggi tanto
maggiore quanto maggiore è la sicurezza con cui si può datare,
l'epigrafe. La quale, trovata in Tebe, riporta i frammenti di due
lettere di un magistrato romano, di cui l'una è diretta al sodalizio
dionisiaco è: 'Io 9uoi xxi Neuézg che aveva allora la sua sede
in Tebe, l'altra al sodalizio dei tecniti dionisiaci dell'Ionia e
dell'Ellesponto.

[Maxeòovtzl ri: Pouziov èrzogeix. «zi ig èrzegoolavl


(1) The Cambridge Ancient History VIII, Cambridge 1930, p. 395.
V. anche F. B. MARsII, A History of the Roman World from 146 to 30 b. C.,
London 1935, p. 1. -

(2) Le relazioni fra Roma e la Lega Achea in « Studi storici per l'antichità
classica », II, Pisa, 1909, p. 344 segg. La Grecia provincia, ibid., III, Pisa 1910,
p. 423 segg.
(3) A History of Rome, New York 1924, p. 163 seg. Roman Imperialism,
New York 1929, p. 228.
(4) In T. FRANK, An economic Survey of Ancient Rome, IV, Baltimore
1938, p. 309 seg.
(5) La condizione giuridica della Grecia dopo la distruzione di Corinto nel
146 a. Cr., in « Riv. di Filol. », XLV (1917), p. 402 segg.
(6) P. 422. - - -

(7) Codesta epigrafe è ricordata dal CARDINALI, art. cit., p. 34 n. 2, ma


messa da parte perché allora, prima dell'edizione del KLAFFENBACH, il luogo
era troppo frammentario.
(8) Symbolae ad historian collegiorum artificum Bacchiorum, Diss. In.,
Berlin 1914, p. 24 segg.
L'ORDINAMENTO DELLA GRECIA DOPO IL 146 3

Itig EXX&òog] ooyxopò buiv évexev toi Atovºaoo xx[i]


[tòv &XXcov 9e]òv xxi voti è ttt mòebuxtog oi tposati ſorte]
5 [ògºg tovrátolatv &) ettoopy ſtooc eiva xxi &vettato 9
Igeoroc xxi 3 rehleic zzi 3vſelalolºgo: r4ag elogoogle
xxì xòtoùg xxi Ylovoixxg xxi téxvx éoc &v etc ) [xixv]
[àvòptxìv è ſvolta xx9 dog to pesco. Neive.
l&hrx9i tºyſ.
10 Aeoxtoc Mógutocl, atpatmòc Stxtoc Pouxilov, tòtl
provó röv tepì] tòv Atóvoooy texyttſòv töv ét 'Iol
Ivixg xxi EXAmatólytoo xxi tòv teoſì tòv xx9 Treuól
Ivo Atóvuoov . . . . . . . . . . . . . . . . . . . - - - -

Come si vede, il Klaffenbach, seguendo P. Foucart (1),


G. Colin (2), F. Poland (3), pensa che il governatore della Mace
donia cui vanno attribuite queste due lettere sia L. Mummio
e Ae), toc Möugtoc supplisce nella linea 10 come atootſyòc tortog
Pouxtov. A giudizio di M. Holleaux il Klaffenbach sembra
« avoir demontré qu'il est bien, en effet, l'auteur» (4), e tale iden
tificazione di solito viene accolta (5), ma essa non poggia su al
cuna base, tanto più che L. Mummio nelle fonti (6) non compare
mai governatore della Macedonia, e però la sua carica non è se
non un'illazione arbitraria dei moderni. Inoltre l'epigrafe ove s'in
contra per l'ultima volta la designazione di otpot Yòg to tog,

(1) « Rev. Philol. », 1899, p. 257.


(2) « Bull. de Corr. Hell. », 1906, p. 279, n. 1.
(3) Gesch. des griech. Vereinswes., Leipzig 1909, p. 137.
(4) M. HolLEAUX, X.tpxzo fog 5tzrog, Paris 1918, p. 5 n. 2. Su questa
epigrafe v. anche A. WILHELM in « Jahresh. des Oesterr. Arch. Institutes in
Wien », XVII (1914), p. 70 seg. R. HERzoG in « Sitzber. Preuss. Akad.», 1935,
p. 974. M. SEGRE in « Riv. di Filol. », N. S. XVI (1938), p. 259. -

(5) Fa eccezione, a quanto mi consta, G. DAUX, Delphes au IIe et au


Ier siècle, Paris 1936, p. 358 n. 1, il quale esprime un senso d'incertezza.
(6) Prova dell'attribuzione a L. Mummio della provincia di Macedonia
non si può considerare l'espressione dell'epigrafe riguardante l'arbitrato dei
Milesi su controversie fra i Messeni e i Lacedemoni di circa il 140 (Syllº. 683,
1.49 seg.): 6re Aeoxto: Móggio: 5rxroc ? 3v96rxtoc [è» èzzi ro: ti èzzo/]ziz e' vero,
perché qui la parola èrxpyeta non ha alcun significato giuridico e solo indica
la zona dove a L. Mummio fu affidato il comando nella guerra acaica.
V. anche CoDIN, op. cit., p. 658. CARDINALI, art. cit., p. 34 n. 2.
4 1L DOMINIO ROMANO IN GRECIA

e cioè l'epigrafe cretese con l'arbitrato dei Magneti fra gli Itani
e gli Ierapitni (1), spetta al 112 o al 111 av. Cr. (2) e non al 139
come si credeva ; si tratta dunque di un governatore della Mace
donia che va ricercato fra gli anni 146/5 e 112/1 av. Cr. La ricerca
è facilitata dal trovarsi il nostro documento in stretta relazione,
e meraviglia che ciò non sia stato messo nel dovuto risalto, con
quegli altri documenti giunti in buon numero intorno alla que
stione fra i tecniti di Atene e gli istmici (3).
In un primo tempo siffatta questione è portata dinanzi al
senato romano che regola con un suo senatoconsulto i rapporti
fra l'associazione ateniese e quella dell'Istmo, fissando come luogo
di riunione per la comune assemblea Tebe e Argo. In un secondo
tempo nel primo semestre dell'anno attico 118/7 i tecniti ate
niesi presentano accuse contro l'associazione dell'Istmo al
governatore di Macedonia Cn. Cornelio Sisenna e non ricorrono
ora direttamente al senato romano nella speranza di procedere
per la via più breve. Difatti dietro l'ordine del proconsole l'asso
ciazione dell'Istmo invia a Pella quattro delegati. Costoro si
accordano coi tecniti di Atene, accettando l'ammenda di 10 ta
lenti e sconfessano in qualche modo i loro mandatari. I quali
peraltro non riconoscono le deliberazioni dei loro rappresentanti ;
e si determina una scissione per cui una parte dell'associazione
dell'Istmo si raccoglie in assemblea plenaria in Sicione, un'altra
parte rimane a Tebe appoggiata dai tecniti ateniesi. Questi tec
niti di Tebe, inviati ambasciatori a Roma, ne ottengono un nuovo
senatoconsulto che non fa se non confermare il precedente onde
risultano irregolari le assemblee di Sicione. Quindi nel 112 av. Cr.
i tecniti dell'Istmo e gli Ateniesi si appellano di nuovo a Roma,
e la deliberazione del senato è favorevole ai tecniti d'Atene.
Questo senatoconsulto con le querele degli Ateniesi e dei tecniti
dell'Istmo ci è pervenuto intero (4), e proprio esso illumina il
preciso momento storico in cui va collocata la nostra epigrafe.

(1) Syll.º 685 l. 11.


(2) M. GUARDUCCI, Inscr. Creticae, III Tituli Cretae Orientalis, IV, 9-10,
(3) Su tale questione vedi le lucide pagine di G. DAUx. Delphes, p. 356 segg.
(4) Syll.º 705. S. RIccoBoNo, Fontes iuris Romani Anteiustiniani, p. I,
Legesº, Florentiae 1941, p. 248 n. 34.
L'ORDINAMENTO DELLA GRECIA DOPO IL 146 5

Il senato dopo aver condannato per illegali le adunanze


tenute in Sicione dai tecniti dell'Istmo con le loro deliberazioni
riconferma quanto fu stabilito fra i tecniti d'Atene e i tecniti
dell'Istmo alla presenza di Cn. Cornelio Sisenna e con ciò rico
nosce legali soltanto le adunanze in Tebe di quella parte dei
tecniti istmici la quale, mantenutasi fedele agli accordi dei quat
tro delegati inviati in Pella, era appoggiata dagli Ateniesi e con
tro cui ora dinanzi al senato si scagliano i confratelli istmici (di
Sicione) che avevano invece rinnegato quegli stessi accordi. Per
tanto in Roma assieme agli Ateniesi si trovavano rappresentanti
dei tecniti istmici di Tebe, o, se non vi si trovavano, è fuori dub
bio che erano consenzienti con gli Ateniesi. Da ultimo il senato
delibera : tepì èè xp muátov è quootov ? xovòv tepì dov A6Yoog è tot
foxvro, to; pòg Máxpxoy Aeigtov Starov pooéA9oav, ootic te èt
Yvòt éttxpivºt o tog xx9òc (3v) xòtöt éx töv è quoatov tpo ſuó tov
riore&c te iòix(c) pxivorzi. Gli Ateniesi e con essi i tecniti istmici
di Tebe dovevano rivolgersi al console Marco Livio Druso che
fu governatore di Macedonia nel 112-110. Ora oltre alle querele
che i tecniti istmici di Sicione presentano in Roma, essi, dopo
aver sostenuto la legittimità della loro condotta non solo riguardo
agli Ateniesi, ma anche riguardo ai Romani, chiedono al senato
come convalida di tale legittimità di (1.48) Govvmpioxt tà éx tx
Xxtöv Seòouévo tigtx xxì pi) vºpoto (1). L'identica domanda è
stata fatta evidentemente dai tecniti istmici di Tebe, da soli o
assieme ai confratelli di Sicione ormai rappacificati (2), al gover
natore di Macedonia nella stessa occasione in cui gli Ateniesi per
ordine del senato si rivolsero al governatore o in altra occasione
in stretto nesso a ogni modo con simili faccende.
Stando così le cose, le nostre lettere, trovate in Tebe, sono
da attribuirsi con quasi assoluta certezza al governatore M. Livio
Druso, e il nome di Maxpxog Aeºtog va supplito nella linea 10
al posto di quello di Aebztog Möuulog congetturato erronea
mente dal Klaffenbach. Esse spettano agli anni 112-111 poichè,
com'è noto (3), la designazione atpot myòg to toc non basta

(1) Cfr. L. Ro BERT in « Bull. de Corr. Hell. », LIX (1935), p. 196 segg.
(2) PoLAND in PAULY-WIssowA, « Real Encycl. », V A, col. 2507.
(3) HoLLEAUX, X.7po i goc 3rto roz, p. 1, n. 2.
6 LL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

a indicare il consolato, potendosi del pari riferire al proconsolato.


La prima, se si ammette, e sembra più probabile, che i tecniti
istmici di Tebe con o senza i confratelli di Sicione si sieno rivolti
al governatore di Macedonia assieme agli Ateniesi, sarebbe il
finale della lettera con cui quel governatore risponde alla que
stione intorno ai denari pubblici o comuni a lui posta dagli Ate
niesi e le sue deliberazioni dovevano contenersi nella parte man
cante in alto. Invece nella parte a noi pervenuta egli concede ai
membri del sodalizio bacchico e alle loro mogli e ai figli minorenni
alcuni privilegi, e cioè la liberazione da prestazioni, dal dovere
di acquartieramento, l'immunità dal tributo regolare e da ogni
tributo straordinario (1); zx9òc rapezo) eite. È dunque il so
dalizio dionisiaco che si rivolse al governatore di Macedonia
per ottenere i noti privilegi, e con ciò si conferma la interpreta
zione data più sopra (2).
Nella prima lettera compare la frase [Mzzeòovizil ri: 'Poggiov
éto pxetxt xxi ,c ètápxova ſv tic “E)) Soc], e i supplementi sono
fuori discussione. Da codesta frase si deduce necessariamente
che il governatore della provincia di Macedonia ha sotto di sé
anche quella parte di Grecia « su cui comandano i Romani »,
mentre il resto della Grecia è libero. La parte della Grecia sotto
messa nel 146 dai Romani diventa ora un'appendice della pro
vincia di Macedonia ; così alla provincia di Macedonia appar
tiene, prima di essere collegata, certo nel 15 av. Cr., con la pro

(1) Sui privilegi accordati ai tecniti i testi sono raccolti da R. HERzoG


in « Sitzber. Preuss. Akad. », 1935, p. 974 seg. a cui va aggiunto quello che,
accennato dallo stesso Herzog (p. 974 n. 1), è ora pubblicato da M. SEGRE in
« Riv. di Filol.», N. S. XVI (1938), p. 253 segg. Allo studio del Segre, (p. 260
seg.) rimando per la distinzione precisa sul significato delle diverse espressioni
greche e soprattutto per la differenza fra 3) e zoop nato e 3 veta popix, tenendo
peraltro presente che, almeno nel nostro testo, l'ºzá) e posta accanto al
l'3vetapopto riang zia pop5z può solo indicare, in contrasto con quest'ultima
riferentesi all'immunità da ogni contribuzione straordinaria, l'immunità dal
regolare tributo. Cfr. sotto p. 19.
(2) Si noti anche l'espressione to re Atovoot exi zoic &)) otz 9eoia del
l'epigrafe Syll.º 705 là dove si riferiscono le querele dei tecniti istmici di Sicione
(1.45 segg.) identica con quella della nostra epigrafe vexey voi Atovºooo xod
tòv XX) tov 9eöv,
L'ORDINAMENTO DELLA GRECIA DOPO IL 146 7

vincia di Mesia, la regione litoranea del Ponto (1), quella dove


fu esiliato Ovidio (2). E la nostra frase riacquistata dal docu
mento mutilo può in un certo senso chiarire e precisare l'espres
sione di un'epigrafe d'Olimpia (3) in onore di Q. Cecilio Metello
Macedonico, console nel 143 av. Cr., ad opera di un Macedone
di Tessalonica: &petig évexey xxì eòvoto gig èXoov StxteNet eig te xòtòv
xxì tv txtpiòx xxi tobg Xottobg Mxxsòóvog xxì tobg &XXoog "EXAmvag.
Occorre ora stabilire quali sieno le regioni della Grecia an
nesse alla Macedonia e quali invece indipendenti da essa (4).
Appunto pel dato epigrafico va esclusa la notizia, su cui tanto si
discusse, di Pausania (5), che subito dopo il 146 i Romani invia
rono un governatore in Grecia come usavano al suo tempo. Evi
dentemente qui lo scrittore proietta nel passato le condizioni
della Grecia a lui contemporanee, e siffatto errore ci dà la possi
bilità di valutare le altre notizie da lui riferite intorno alla situa
zione della Grecia, come si tenterà in seguito. Risulta tuttavia
chiaro dal luogo di Pausania (6) che Mummio si comportò seve
ramente con quelle città della Grecia che avevano partecipato
alla guerra achea contro Roma e in esse i dieci legati romani
costituirono un regime timocratico. Cicerone poi in modo espli
cito indica che passò sotto il dominio romano solo quella parte
della Grecia che combatté nella guerra achea : quid de L. Mummio,
qui urbem pulcherrimam atque ornatissimam Corinthum, plenis

(1) OvID., Trist. II 197: Hactenus Eurini pars est Romana sinistri,
199 seg.: haec est Ausonio sub iure novissima virque haeret in imperii margine
terra fuit. Cfr. A. STEIN, Die Legaten von Moesien, Diss. Pannonicae Ser. I,
fasc. 11, Budapest 1940, p. 17; v. anche LARSEN, op. cit., p. 427, n. 11.
(2) Anche il territorio dell'etnarca della Giudea, Archelao, viene ag
giunto alla provincia di Siria come rpo 9 i ric X gtx: secondo l'espres
sione di Flavio Giuseppe (ant. XVIII 1,2); cfr. GRoAG, in PAULY-WIssowA
« Real-Encycl.», IV A, col. 838.
(3) Inschr. von Olympia 325.
(4) Per questo, come del resto per qualsiasi altra conclusione intorno allo
scioglimento delle leghe, ai tributi ecc. si rese necessario il minuto esame delle
fonti letterarie ed epigrafiche quale nei punti essenziali è riferito dalla seconda
parte di questo lavoro e che va tenuto sempre dinanzi per valutare la fonda
tezza delle asserzioni del presente capitolo.
(5) VII, 16, 10.
(6) VII, 16, 9.
8 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

simam rerum omnium, sustulit urbesque Achaiae Boeotiaeque


multas sub imperium populi Romani dicionem que subiunait ? (1).
Delle città sottomesse da Roma quelle della Beozia e dell'Acaia
intesa in senso ampio, e cioè della lega achea, formavano il com
plesso maggiore, e su di esse gravò soprattutto il peso della guerra.
Se Cicerone tace, ad esempio, di Calcide e dei Locresi dell'est
che pure combatterono contro Roma, gli è perché volle ricordare
gli attori principali della lotta, sottintendendo evidentemente
gli altri. Del resto non si capirebbe il motivo che avrebbe indotto
la commissione romana a modificare la situazione delle città e
delle regioni greche che si mantennero estranee al conflitto, con
servandosi con ciò fedeli a Roma ; e questo viene testimoniato
dagli stessi documenti epigrafici, per quanto scarsi.
Contro Roma dunque combatterono con gli Achei tutto il
Peloponneso, all'infuori della Laconia, la Megaride, la Locride
dell'est, la Focide, la Beozia, Calcide ; e proprio tale parte della
Grecia venne annessa alla Macedonia (2). Difatti per la Beozia
abbiamo ora la documentazione nell'epigrafe scoperta a Tebe
che è, si disse, una lettera di un governatore della Macedonia
indirizzata al sodalizio è3 'Io 9uoi xxì Neuéxg, la cui sede allora
si trovava in codesta città ; nella lettera si parla della Macedonia
provincia dei Romani e di quella parte della Grecia dove essi
comandano, nella quale è compresa tutta quanta la Beozia.

(1) In Verrem actio secunda, I, 21, 55. A questa parte della Grecia che ha
combattuto contro Roma si riferiscono le espressioni di Pol Y B. XXXVIII,
3, ll (BitTNER-Wo BsT): eig zxz tó).zt: rôte zzpzòé2 xvzo 542òoog zzi te, éze;
è9exo...., di I Macc. 8, 10 : xxi poevöusoazv xòzoò: zxi zxzzxp3 a zy ziz Yig
xòròv vai zx9eixov rx è xopoux: x xòrdov zxi zxzeòoo) coszvzo xòroò: éco: ri: fuéozz
txörg, di Dio D. XXXIII 26, 2: xxi zò a vo) o ziiv è? eo9epixv xxi ziiv rapprotav
3ro02) 6vrea, di STRAB. VIII 584: xòri, 8è (Kógv9oc) xxzéaxxrzo brò Aeozio,
Mougiou, zxi z3).7.x ué/pt Mzzeòovtz: brò 'Pouxio.c è révoyzo, di TAC. ann. XIV
21 : et possessa Achaia Asiague ludos curatius editos, quantunque di fatto
alcune di queste espressioni possano indicare la generalizzazione a tutta la
Grecia di quelle condizioni proprie soltanto di una parte della Grecia o la
proiezione nel 146/5 di uno stato esistente al tempo dello scrittore. Esse a ogni
modo oggi vanno interpretate alla luce della nuova epigrafe di Tebe stu
diata nel testo.
(2) Cfr. anche A. H. M. JoNEs, Civitates liberae et immunes, in « Anato
lian Studies presented to W. H. Buckler », Manchester 1939, p. 108.
L'ORDINAMENTO DELLA GRECIA DOPO IL 146 9

Siffatta lettera dimostra che il sodalizio dionisiaco si rivolse


al governatore di Macedonia per ottenere i noti privilegi perché
ad esso il senato romano aveva indirizzato gli Ateniesi come alla
autorità maggiore nel bacino dell'Egeo, tanto più che la sede di
tale sodalizio era Tebe, ossia una città dipendente dalla Mace
donia. Nei dissidi fra i tecniti dell'Istmo e gli Ateniesi, questi
ultimi trattano soprattutto col senato romano, e la maniera di
versa con cui il governatore di Macedonia si comporta riguardo
ai tecniti ateniesi e a quelli dell'Istmo (si noti in primo luogo il
comando risoluto del governatore ai tecniti dell'Istmo di mandare
a Pella ambasciatori entro un numero limitato di giorni), oltreché
dalla causa intrinseca, deriva dal trovarsi dietro i tecniti ate
niesi la città libera di Atene, dietro quelli dell'Istmo un territorio
sottoposto ai Romani e dipendente dalla giurisdizione del gover
natore di Macedonia. Questa giurisdizione del governatore di
Macedonia sulla Beozia, la quale secondo la nostra epigrafe,
rettamente interpretata, acconsentiva ai Romani già allora,
come certo più tardi dopo la guerra mitridatica (1), di intromet
tersi nell'interno di alcune città in più stretta dipendenza da loro
e di rendere immune da contribuzioni verso la propria patria
qualche cittadino, viene confermata per Cheronea anche da Plu
tarco quando (2) riferisce una controversia all'incirca dell'87
av. Cr., e cioè prima della sistemazione sillana, che portò ad
un'accusa contro Cheronea da parte di un cittadino romano
dinanzi a quel governatore: i Sè xptato iv èti voti otpot Troi tig
Maxeòovix, obto Y3p eig EX) 4òx Pouxio: atpxt yoùg Stertégtovto.
Nell'Acaia propriamente detta il governatore di Macedonia
interviene in persona secondo la lettera ai Dimei scritta nel
115 av. Cr. (3), in cui ricorda la costituzione data agli Achei dai
Romani e che egli insieme col suo consiglio esaminò in Patrasso
gli articoli delle leggi proposte dai cittadini ribelli contro di essa.
Il governatore agisce in questo caso con piena autorità e condanna
a morte e fa deportare il maggiore responsabile della insurre
zione Soso e il damiurgo Formisco, figlio di Echestene, e a Timo

(1) P. 42 segg.
(2) Cim. 2.
(3) Syll.º 684.
10 - IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

teo, figlio di Nicia, essendo meno colpevole, comanda di recarsi


in Roma. Qui la semplice designazione di vºto toc Pouxtov
pel proconsole di Macedonia in un documento ufficiale già di
per sé indica che egli non era soltanto proconsole di Macedonia (1);
ora la precisa designazioni di esso si ha nella nota epigrafe di
Tebe: tig Moxeòovtoz (èzo xeixg) xxì g ét&pxooov 'Pouxiot rig EXX&òog.
Anche Patrasso prima di Silla dipendeva da Roma (2). I
Locresi dell'est subito dopo il 146 furono divisi in Epicnemidi
e Ypocnemidi (3), e la lega focese venne disciolta giusta alcune
testimonianze epigrafiche (4), di guisa che l'intervento romano
nell'interna costituzione di quei popoli è fuori dubbio. La dipen
denza della Focide dal governatore di Macedonia trova conferma
in un nuovo frammento che va collegato con la controversia sui
confini fra Delfi e il territorio dei dAoyoveig xxì 'Auſpoooeic ri
solta dagli Ateniesi ; in questo frammento compare il gover
natore di Macedonia (5).
Una legge intorno ai pirati del 101/0 av. Cr. trovata in
Delfi (6) parla solo dei governatori di Macedonia e di Asia e, non
essendo possibile che la Grecia fosse del tutto estranea a codesta
campagna contro i pirati, bisogna concludere che essa, almeno
in parte, sottostava al governatore di Macedonia. Per gli anni
dopo Silla il senatoconsulto intorno ad Asclepiade di Clazomene,
a Polistrato di Caristo e a Menisco di Mileto (7), spettante al 78
av. Cr., con le frasi (l. 23 seg.) : &pxoytec huérepot, ottive; &v tote
'Aatov, E50otxv usa 96av i tpoo6òoog 'Aatº Eò3otx étutt86ov e (l.29
seg.) : pyowtec ottiveg 'Aatov Moxeòovtov éto pxeto.g Stoxxtéxoootv di

(1) CostANzI, art. cit., p. 416.


(2) P. 153.
(3) P. 206 seg.
(4) P. 203. W. KoLBE, Das griech. Bundesburgerrecht der hellenistischen
Zeit, in «Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgesch. », R.A. XLIX
(1929), p. 138 segg., specie p. 142.
(5) P. 204 seg.
(6) Vedi l'ultima edizione in RIcco BoNo, Fontesº, p. 121 n. 9 con ricca
bibliografia.
(7) RIcco BoNo, Fontesº, p. 255, n. 35. Su questo senatoconsulto interes
sante pel nostro problema cfr. da ultimo l'ampio studio di L. GALLET, Essai
sur le sénatus-consulte « de Asclepiade sociisque», in « Rev. hist. de droit franç.
et étranger », 4e Série, 16e Année, 1937, pp. 242 segg., 387 segg.
L'ORDINAMENTO DELLA GRECIA DOPO IL 146 11

mostra da un lato che non vi era allora un'imposizione di vec


tigal a tutta la Grecia, poiché il senatoconsulto si riporta al
l'Asia in generale e nomina semplicemente l'Eubea e, dunque,
solo una parte della Grecia è sottoposta al governatore di Ma
cedonia, dall'altro che non esiste un governatore particolare per
la Grecia (1).
Inoltre in città dell'Arcadia (2), dell'Argolide (3), della Mes
senia (4) e a Page nella Megaride (5) compare la datazione secondo
l'era achea che è ben diversa dalla macedonica. Infatti dopo
vicende alterne per cui l'era macedonica e la achea furono identi
ficate con inizio ora nel 148 ora nel 146 (6), esse vennero definiti
vamente distinte in base a un'iscrizione dell'Asclepieo di Epi
dauro (7) la quale, datata per ragioni storiche incontrovertibili (8)
nel 72/1 av. Cr., ricorda il 74o anno di un'era, quella achea (9),
iniziantesi, come si vedrà, nel 145/4.
Un'epigrafe di Tessalonica, che per la IV potestas tribunicia
dell'imperatore Claudio spetta al periodo fra il 25 gennaio 44

(1) Nulla si può ricavare dalla frase del senatoconsulto intorno agli
Stratonicesi riportato nella lettera che nell'81 av. Cr. Silla invia a quel popolo
(Or. Gr. inscr. sel. n. 441 l. 7): o vz: i ro e 3 ei 'Aaiz, rhy e E).738a
è[rapy:iz: 3.7]zz-ézoo , perché il supplemento non è sicuro, e si accenna ai
magistrati che hanno potere in Grecia senza però voler dire necessariamente
che la Grecia è una provincia a sé, ma parlando di Grecia in quanto in Grecia
(e non in Macedonia) erano, come in Asia, oppida o loca attribuiti agli Strato
nicesi.
(2) A Megalopoli IG. V 2, n. 439, 441, 443, 445 ; Feneo IG. V 1 n. 30
(erratamente W. D. DINsMooR, The archons of Athens in the hellenistic Age,
Cambridge Mass. 1931, p. 236 la dice di Sparta); Orcomeno IG. V 2, n. 354 ;
Mantinea IG. V 2, n. 265, 266.
(3) In Argo IG. IV 558 (v. p. 160); Epidauro IG. IV2 63, 66.
(4) In Andania IG. V, 1, n. 1390 = Syll.º, 736 ; Corone IG. V, 1, n. 1392.
(5) IG VII 190. A. WILHELM in « Oesterr. Jahresh. » X (1907), p. 17 segg.
(6) Le varie ipotesi alternantisi sono passate in rassegna nel modo più
completo da W. B. DINs MooR, The archons of Athens in the hellenistic Age,
Cambridge Mass. 1931, p. 234 segg. al quale rimando per l'ampia bibliografia
in proposito, del resto tutta superata dopo le recenti scoperte.
(7) IG. IV2 66.
(8) P. FoUCART, Les campagnes de M. Antonius Creticus, in « Journal
des Savants », 1906, p. 577 seg.
(9) A. WILHELM, Beiträge, p. 112-114.

560376
12 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

ed il 24 gennaio 45 d. Cr., riferisce pure l'indicazione di due ere


onde quell'anno corrisponde al 76º di un'era e al 1920 dell'altra (1);
l'anno 192 riporta al 148/7 av. Cr., ossia all'inizio dell'era mace
donica, il 76° al 32/1 av. Cr., ossia all'inizio dell'era aziaca. An
che qui fra l'era macedonica e l'aziaca intercorre uno spazio
di 116 anni come negli altri casi ; ciò che fu messo in evidenza
in base alle numerose testimonianze epigrafiche (2), e questo
inizio dell'era aziaca col 32/1 av. Cr. trova rincalzo, a quanto
pare, in Amiso (3). Per contro in base alle monete di Antiochia
il primo anno dell'era aziaca è il 31/0 (4); il che ha conferma ora
in un'epigrafe di Corinto secondo cui il 33° anno dell'era aziaca
corrisponde al 3 d. Cr. (5). A torto fu osservato (6) che per l'in
tervallo costante di 116 anni fra le due ere aziaca e macedonica,
l'era macedonica giusta le monete di Antiochia e l'epigrafe di
Corinto dev'essere calcolata non dal 148/7, ma dal 147/6, perché
questi sono documenti di regioni dove non veniva usata l'era
i

(1) M. N. ToD, The Macedonian Era, in «The Annual of the British School
at Athens » No. XXIII (1918-1919), p. 209 segg. Invano alcuni critici si sono
sforzati di modificare la data di codesta iscrizione la quale corrisponde perfet
tamente ad altre datate nello stesso modo o in modo simile onde l'imperatore
Claudio risulta consul designatus per la quarta volta mentre riveste la tribu
nicia potestas per la quarta volta CIL. V 3326, 5050 (MoMMsEN, Röm. Staats
recht, Iº, p. 587). Ma su tutte le questioni attinenti tale epigrafe vedi l'arti
colo citato del Top.
(2) ToD, art. cit., p. 207.
(3) W. M. RAMSAY, The historical Geography of Asia Minor, London 1890,
p. 44l seg. ; WADDINGTON-BA BELON-REINACH, Recueil général des monnaies
grecques d'Asie Mineure, I, Paris 1904, p. 44. Propriamente per Amiso l'era
aziaca viene supposta dal RAMSAY. Invero, in un'epigrafe pubblicata in «Bull.
Corr. Hell. » XVIII (1894), p. 217, la datazione di Amiso comincia dall'anno
della libertà (tic è) e 99ecio c), ma codesta liberazione di Amiso ha avuto
luogo con ogni probabilità ad opera di Cesare Ottaviano dopo la battaglia
d'Azio (STRA B. 547) di guisa che è molto probabile che da Azio si iniziasse
la nuova era ; v. anche HEAD, Hist. num.º, Oxford 1911, p. 497.
(4) V. KoLBE, Studien zur att. Chronologie der Kaiserzeit, in «Ath. Mitt. »
XXXXVI (1921), p. 115 seg.
(5) B. D. MERITT, Corinth, vol. VIII, p. 1 Greek Inscriptions, Cambridge
Mass. 1931, p. 16 n. 14; G. KLAFFENBACH in « Deutsche Literaturzeitung»,
1932, col. 1693.
(6) KLAFFENBACH, l. cit.
L'oRDINAMENTO DELLA GRECIA DoPo IL 146 13

macedonica, né seguito il calendario macedonico, almeno nella


forma propria della Macedonia. Abbiamo dunque due computi
diversi per l'era aziaca, l'uno che ne colloca l'inizio nel 32/1,
l'altro che lo colloca nel 31/0. Si tratta, io credo sicuro, di corri
spondenze diverse fra i diversi calendari; vale a dire, poiché la
battaglia d'Azio avvenne il 2 settembre del 31 av. Cr., essa cadeva
nell'anno 32/1 pei paesi, come la Macedonia, l'Etolia, Sparta,
dove l'anno cominciava con l'equinozio di autunno, nel 31/0 per
le regioni, come Atene, Delfi, l'Elide, Epidauro, Argo, dove l'anno
cominciava col solstizio d'estate (1). Così esistevano due data
zioni dell'era seleucidica della quale il primo anno è quello che
segue immediatamente alla riconquista di Babilonia da parte
di Seleuco nell'estate 312, ossia il 1° Dios 312/1 in base al calen
dario macedonico, il 1o Nisannu 311/0 in base al babilonese (2).
Di solito si iniziava l'era achea col 146 ma, l'epigrafe del
l'Asclepieo di Epidauro venendo datata nell'anno attico 72/1,
il 74º anno riporta al 145 e non al 146, e più precisamente, poiché
l'anno d'Epidauro, al pari di quello ateniese, cominciava dalla
nuova luna subito innanzi o dopo il solstizio d'estate, all'anno
che va dal 21 luglio 145 al 9 luglio 144 (3). Codesta era achea
aveva peraltro assai minore importanza della macedonica e del
l'aziaca appunto perché non indicava come la macedonica la
creazione di una nuova provincia, né come l'aziaca una grande
vittoria, ma ricordava soltanto l'anno in cui parte della Grecia fu
annessa alla provincia di Macedonia giusta la nota formula. Per
questo, mentre nelle datazioni imperiali l'era macedonica è posta
accanto all'aziaca con l'intervallo costante, si disse, di 116 anni,
l'era achea compare da sola nel II e nel I secolo av. Cr. e poi viene
rimpiazzata dall'era aziaca (4). Dunque se la poca importanza
dell'era achea rispetto alla macedonica e all'aziaca dimostra che

(1) Per la corrispondenza dei mesi macedonici con quelli ateniesi e in


generale per la corrispondenza fra la datazione macedonica e l'ateniese v. la
testimonianza epigrafica in Syll.º 704 Iº e Kº.
(2) K. J. BELOCH, Griech. Gesch., IV”, 2, Berlin 1927, p. 50 seg. ;
F. M. ABEL, L'ère des Séleucides in « Revue biblique », XLVII (1938), p. 198 seg.
(3) DINsMooR, op. cit., pp. 236, 416.
(4) DINsMooR, op. cit., p. 257.
14 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

allora nel 145/4 la Grecia non fu eretta a provincia indipendente


da quella macedonica, il suo stesso impiego nelle regioni compro
messe con Roma per la guerra achea (1) dimostra che unicamente
le regioni compromesse con Roma furono associate alla Macedonia.
Inoltre creando un'era achea nettamente diversa dalla macedo
nica si è voluto mantenere, nel collegare parte della Grecia con la
provincia di Macedonia, una certa distinzione di quella da questa
come suggerisce la medesima frase dell'epigrafe tebana : [Moxe
Sovio il tit | Pouxtov èto pxeix xxi ha è tipyooa [v tic 'EXX&òogl.
Accanto a simili indizi delle fonti letterarie ed epigrafiche
sulla dipendenza di parte della Grecia dal governatore della
Macedonia, di tutti quei popoli che combatterono contro Roma,
altri indizi confermano l'indipendenza dallo stesso governatore
delle restanti regioni, le quali o si mantennero neutrali o assun
sero un atteggiamento benevolo di fronte all'azione romana.
Così Atene e l'Attica intera. Ma qui non bisogna lasciarsi indurre
in errore da qualche parvenza. I Romani nel 145 dettero un ordi
namento alla Grecia, come meglio si vedrà, escludendo da esso
le città libere loro amiche già per lo innanzi ; tuttavia codeste
città allora o poco dopo, senza un intervento diretto dei Romani,
hanno adeguato le proprie istituzioni al mutato ambiente storico.
Allo stesso modo nell'Europa contemporanea il sorgere di regimi
autoritari in diverse regioni, anche se in alcuni casi sfruttò forze
esterne, non fu determinato da esse e in sostanza si ripetè da
forze endogene delle singole nazioni, forze che si scatenarono
per motivi analoghi. Atene, seguendo la tendenza timocratica
data dai Romani al loro ordinamento, trasforma a poco a poco
la propria costituzione e già nel 145/4 riorganizza il sistema uffi
ciale dei segretari della bule con l'iniziare da questo anno un nuovo
ciclo, cambia il sistema di rotazione delle tribù nel sacerdozio
di Serapide di Delo (2) e coglie l'occasione per rimaneggiare il
proprio calendario (3). Sparta nel 145 ebbe riconosciuta la li

(1) Va escluso che qui si tratti di semplice caso sia perché le iscrizioni
datate dall'era achea sono relativamente numerose (17) sia perché l'epigrafia
di Atene, ad esempio, è assai ricca. Su Argo v. p. 158 segg.
(2) P. 164.
(3) DINsMooR, op. cit., p. 414 segg.
L'ORDINAMENTO DELLA GRECIA DOPO IL 146 15

bertà e l'amicizia con Roma che già possedeva, e libere sono le città
della lega dei Lacedemoni costituita allora le quali peraltro eb
bero un ordinamento interno a base timocratica (1).
Nella Grecia continentale la Tessaglia dopo il 146 mantenne
la situazione di prima e le città della lega tessalica erano liberae
et amicae di Roma, vale a dire lo statuto di Flaminino perdurava
immutato (2); tuttavia col 146/5, almeno nell'Acaia Ftiotide,
si passa dai tre arconti ai tre tagi e in Lamia da cinque tagi a
tre (3). Indipendenti rispetto alla Macedonia sono la lega dei
Magneti, quella dei Perrebi e l'altra degli Eniani (4); del 94 av.
Cr. è il trattato di alleanza fra Roma e Tirreo dell'Acarnania
giuntoci mutilo (5) e le città della lega acarnana al pari di quelle
della lega tessalica sono liberae et amicae di Roma (6). Pertanto,
anche se non di tutti i popoli, che si astennero dalla guerra achea,
i testi riescono egualmente probanti, bisogna tener per fermo che
con tutti quei popoli Roma assunse un identico atteggiamento ;
e la divisione della Grecia dopo il 146 in due parti, l'una collegata
con la provincia di Macedonia, l'altra indipendente da essa, ol
treché nell'esame delle scarse notizie letterarie ed epigrafiche,
trova ora la testimonianza più valida, e questo è quanto qui conta,
nell'esplicita dichiarazione di un documento.

(1) P. 127 seg.


(2) P. 222. V. anche J. S. REID, The Municipalities of the Roman Empire,
Cambridge 1913, p. 397 seg.
(3) P. 218 seg.
(4) P. 225 seg., 227 seg. e 229 seg.
(5) IG. IX, 1 n. 483 = Syll.º 732.
(6) P. 215.
II.

LO SCIOGLIMENTO DELLE LEGHE


E IL TRIBUTO

Divisa la Grecia in due parti, i Romani provvidero a organiz


zarne le città mercè quel sistema che si era venuto costituendo
da quando dopo la prima guerra punica si creò la prima provincia,
la Sicilia. Ma codesto sistema si adeguava del continuo alle diverse
situazioni, e la condizione provinciale della Sicilia risulta, ad
esempio, diversa da quella della Spagna o dell'Africa di guisa
che per l'ordinamento provinciale della Grecia, pur tenendo sem
pre presente il sistema generale, si deve soprattutto considerare
quel che si può dedurre dalle notizie delle fonti frammentarie
e spesso malsicure.
Anche qui in primo luogo va limitata la notizia di Pausania (1)
secondo cui tutte le leghe furono sciolte in Grecia e poco dopo
ricostituite ; qui Pausania generalizza alla Grecia intera i prov
vedimenti presi dai Romani solo pei popoli che parteciparono
alla guerra achea. Di fatto tre decreti di Anticira (2) nella Focide,
la quale combatté contro Roma, sono datati in base all'arconte
cittadino, e, ciò che più importa, in uno di questi decreti la città
di Anticira dona a un cittadino di Ambriso, altra polis della Focide,
l'iooto) tteix e la è retrata. Ora, a quanto pare, i cittadini
appartenenti alla lega focese, creata indipendente dalla pace
del 189, appunto in virtù di questa loro appartenenza godevano
il diritto di é ottoata in tutto il territorio della lega ; dunque
l' è permata concessa da una città della lega a un cittadino di
un'altra polis pure della lega non avrebbe significato. Ed è forza

(1) VII 16, 9-10.


(2) IG. IX, 1, n. 1-3.
LO SCIOGLIMENTO DELLE LEGHE E IL TRIBUTO 17

concludere che la nostra epigrafe spetta a un periodo in cui il


koinòn non esisteva, cioè cade subito dopo il 146 quando secondo
la testimonianza di Pausania la lega focese, come quelle dei
paesi implicati nel conflitto con Roma, fu momentaneamente
abolita (1); tale lega ritorna in documenti della seconda metà
del II sec. av. Cr. (2). Così il covòv töv Aoxpóv töv hotov,
che al pari del focese ha aderito agli Achei nella lotta contro Roma,
non si ritrova più dopo il 146; compaiono invece i Locresi Epicne
midi e i Locresi Y pocnemidi onde si ha qui la prova che quel
koinòn fu disciolto e al suo posto vennero poi creati due raggrup
pamenti minori, degli Epicnemidi e degli Ypocnemidi.
La lega achea, che era la maggior responsabile del nuovo
conflitto, una volta soppressa, non fu più ricostituita nell'am
piezza precedente; essa si ridusse agli Achei propriamente detti,
e in tale senso ha una testimonianza epigrafica poco prima del 71
av. Cr. (3). Per contro la lega dei Tessali, che si astenne dal com
battere Roma, viene nominata in un documento da datarsi fra
il 146/5 e il 142 av. Cr. (4); essa dunque esiste negli anni immedia
tamente posteriori all'ordinamento romano. Ma a codesti anni
non si può riferire la espressione di Pausania (5) per cui è reat oè
to)Xoic Catepov i Romani ricostituirono le leghe disciolte, e
con ciò si convalida quanto si dedusse per altra via, che Pausania
è qui impreciso e che le leghe non compromesse nel conflitto con
Roma rimasero immutate.
Sempre per lo stesso motivo di estendere alla Grecia intera
le condizioni imposte dai Romani a singole regioni Pausania
afferma : coi p6pog te è tºy9 , ti “EXX&ò, xxì oi tà xp huxto éxovreg
èxo) ovto èv ti tepopix xt3 a 9xt e che poco dopo i Romani concessero
tò év ti tepopix xt3 o 9x. Il divieto di possedere oltre i confini
della propria patria corrisponde a quello ordinato dai Romani

(1) W. KoLBE, Das griech. Bundesbürgerrecht des hellenist. Zeit, in


«Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgesch. ». R. A. XLIX (1929),
p. 138 segg., specie p. 142.
(2) P. 20 l seg.
(3) P. 147 seg.
(4) P. 221.
(5) VII, 16, 10.
18 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

ai cittadini dei quattro distretti macedoni e ai cittadini delle


leghe dei Tessali e dei Perrebi ; costoro infatti per disposizione
di Flaminino non potevano aver beni immobili nell'interno
delle rispettive leghe se non nelle proprie comunità (1). La
grave risonanza di questo provvedimento sul commercio greco
risulta chiara quando si pensi che entro alle singole leghe i
cittadini potevano possedere in città diverse, e ciò spiega l'in
dignazione con cui i Corinzi nel 147 ricevettero la proposta che
la loro città doveva essere separata dal koinòn acheo (2); e la
lista rinvenuta ad Epidauro dei caduti nella battaglia del
l'Istmo (3), col registrarne circa due terzi come provenienti da
altre città della lega e residenti allora in Epidauro e circa un terzo
come cittadini di Epidauro (4), dà un'idea degli scambi commer
ciali di quel secolo.
Come lo scioglimento delle leghe si limitò solo a quelle che
combatterono Roma, così solo alle città di queste si limitò il
tributo. Sul tributo prima di Silla in verità non si hanno notizie
esplicite, ma vari indizi costringono ad ammetterlo. Prima di
tutto il senatoconsulto intorno al santuario di Anfiarao di Oropo
spettante al 73 av. Cr. (5), il quale, riferendo parte della lea loca
tionis, ricorda le immunità concesse a templi (l. 35 segg.) di
stinte da quelle elargite da Silla nell'86 e ad esse precedenti. Tali
immunità anteriori all'86 av. Cr. vengono così indicate nella
lea locationis : èxtóg te toſtov ) ei tt SóYux au ocxhtoo xòtoxpó top
2òtoxpó topég te huérepo xxtxxoric 9eöv &9xv&tov iepòv regevòv te
po) xxig évexev xxorti ea 9xt èòoxxv xxté),ttov. Da ciò risulta chiaro
che doveva esistere qualche tributo prima dell'86 av. Cr., quel
tributo che fu imposto subito dopo il 146 av. Cr. Inoltre
l'indagine sulle notizie intorno alla città di Patrasso porta ad
ammettere che Patrasso doveva pagare tributo prima del mo
mento in cui Silla la liberò da esso (6); e la presenza del tributo

(1) KoLBE, art. cit., p. 150 segg.


(2) LARSEN, op. cit., p. 308.
(3) IG. IV2 1 n. 28.
(4) CoLIN, Rome et la Grèce, p. 622 n. 2. LARSEN, op. cit., p. 308 seg.
(5) RIccoBoNo, Fontesº, p. 260, n. 36.
(6) P. 155.
ILO SCIOGLIMENTO DELLE LEGHE E IL TRIBUTO 19

si può cogliere anche nella nota epigrafe di Tebe, che è una let
tera di un governatore di Macedonia al sodalizio è: 'Io ºuoi
xxi Neuéxg. Con questa lettera il governatore concede ai mem
bri di quel sodalizio, si vide, alle loro mogli e ai figli minorenni
di essere tovt&txa tv &) entoup) froog e 3vettato 9 geotoog xxi &te) eig xxì
3 veto pòpoug tāo ſg eio pop3.c. In vero si spiegò 3te) eig come se si
trattasse di un'immunitº da ordinarie prestazioni militari ter
restri e navali (1), ma si ignora se tali prestazioni ordinarie
esistessero per la Grecia ; del resto si richiederebbe un'espres
sione più chiara e precisa (2). Il senso ovvio di dite) eig, posto
accanto all'immunità da ogni tributo straordinario, a quella da
liturgie e dal dovere di acquartieramento (3), immunità tutte
che possono ben riguardare non solo uomini, ma donne e bambini,
si riporta al tributo regolare.
Qui tale tributo è propriamente la tassa regolare che ogni
cittadino pagava alla sua città, ma se questa tassa regolare non
fosse in relazione col tributo da versarsi a Roma, l'intervento del
governatore riuscirebbe poco spiegabile. Si tratterebbe infatti
di una questione del tutto interna, che il governatore avrebbe
lasciato sbrigare ad ogni polis come meglio le piacesse. Invece
l'intervento del governatore ben si comprende qualora si ammetta
l'esistenza dello stipendium perché questo era riscosso, si vedrà,
globalmente da ogni singola polis e ad esso ogni polis provvedeva
col ricavo delle tasse sui cittadini; cioè i partecipanti al sodalizio
bacchico sono esenti da ogni contribuzione sia verso le loro città
sia verso i Romani. Del pari il dovere di acquartieramento,

(1) PoLAND in PAULY-WIssowA, « Real-Encycl. », V A, col. 2491.


(2) V. ad esempio l'iscrizione di Rhosos in «Syria» XV (1934), p. 34,
1.20 segg. e più propriamente il decreto anfizionico in favore degli artisti ate
niesi Syll.º 399, l. 11 seg.: si[v]x èè zo); texvita: 3 re) sig atparetzc te e xxi
vzuti[x3.]g, xxi eloqopäz r&azz, un'epigrafe di Sinope Syll.º 1017, l. 13: éoto.
8è zo[ì a rozze] zz &te) ha ado[ux]r rò éxoro5, e un documento inedito di
Coo ricordato da M. SEGRE in « Riv. di Filol. », N. S.XVI (1938), p. 260 n. 3:
3 rexig #oto atparetxg repopto, irrorpo pixc, rov papyiac, xopxytåv, Axuto 8xpyixc
xxi &XXxv Xettoug t5v txo 5v.
(3) E. KUHN, Die stadt. und birg. Verfassung des Röm. Reichs, I, Leipzig 1864,
p. 61; cfr. inoltre HEs YCH. s. v. èrtato 9ggix. Per l'obbligo di acquartieramento
v. anche l'epigrafe di Dionysopolis di circa il 48 av. Cr. Syll.º 762, 1, 16,
20 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

di prestazioni di mano d'opera ecc. veniva richiesto dai Romani


non tanto personalmente ai singoli cittadini quanto global
mente alle poleis, e queste poi s'incaricavano di requisire le deter
minate case, i determinati campi o di mobilitare la determinata
mano d'opera, onde tutti i privilegi che il governatore concede
ai tecniti rispetto alle città su cui egli comanda, ossia rispetto
a quelle della provincia di Macedonia e della parte della Grecia
collegata con la Macedonia, sono privilegi rispetto all'autorità
romana e all'autorità locale. Si noti che proprio durante il sec. II
av. Cr. i tecniti dionisiaci si diffondono per la Grecia, e in un'epi
grafe di Tebe si ha l'indicazione to covòv tòv tepì toi Atovºooo
texyrtòv töv eic 'Io 9 uòv xxi Neuéxv xxi IIteptov (1). Inoltre quando
Strabone (2) ricorda che dopo il 146 gli Spartani è ttgrº,ù maxy
Stxpepóvvoc xxi éuevxy è) e 39epo, tºv rôv pi) ocòv Aeroportòv &xxo
ouvre) obvtec obòév afferma implicitamente che allora altre città
non furono esenti da tributo. Purtroppo siffatto luogo di Stra
bone deve andar sottoposto a critica (3), ma a ogni modo
importa, fra gli altri indizi di maggior valore, anche questo
intorno all'esistenza allora del tributo.
Né contro l'esistenza del tributo si possono addurre le sva.
riate dichiarazioni di libertà (4) elargita ai Greci dai Romani,
perché lo stesso Livio riguardo alle condizioni fatte ai Macedoni
nel 167 riferisce (5): omnium primum liberos esse iubere Mace
domes, habentis urbes easdem agrosque, utentes legibus suis, annuos
creantis magistratus ; tributum dimidium eius, quod pependissent
regibus, pendere populo Romano. E così pure per la Sicilia, le cui
condizioni sono ben note, Livio (6) e Plutarco (7) parlano di

(1) IG. VII 2486. PolAND, Gesch. des griech. Vereinsur. p. 134 nota, e
in PAULY-WIssowA, « Real-Encycl. », V A, col. 2503 segg.
(2) VIII 366.
(3) Sul concetto di libertas H. KLoEsEL, Libertas, In. Diss. Breslau, 1935,
specie p. 6 segg., 86 segg.
(4) P. 25 e n. 4.
(5) XLV 29, 4.
(6) XXV 28, 3: cum haud ferme discreparet quin quae ubique regum fuissent
Romanorum essent, Siculis cetera cum libertate ac legibus suis servarentur.
Cfr. XXIV 33, 6. XXV, 23, 4. 31, 5. 40, 1.
(7) Marcell. 23, 10 : thv è? eo9eptxv, ?). 3 réòoxev xòroiz xxi rob; vóuoog xxi
zov z: qux roov 3, teotóvrx 3é3xtx expéaxev i GorzXmroz.
LO SCIOGLIMENTO DELLE LEGHE E IL TRIBUTO 21

libertà. Questa sta qui, come per le città della Macedonia, soprat
tutto in contrapposto all'anteriore dominio del re, ma tale signi
ficato poi si generalizza e si estende a poleis, quali le greche dopo
il 146, che propriamente i Romani non liberarono da alcun mo
narca. Del resto già nell'epoca classica i due concetti di éXeo9epto.
e di xòtovouto, se si completavano reciprocamente per indicare
la piena sovranità, riferendosi l' éXeo9epix alla sovranità nel di
ritto internazionale, l' obtovouto alla sovranità nel diritto
costituzionale (1), a poco a poco durante il IV secolo si av
vicinarono e si fusero (2) di guisa che più tardi l'ottovouto.
espresse anche la piena sovranità (3); rimase a ogni modo fonda
mento dell'eleutheria la libertà da tributo. Ma la diversa tem
perie storica delle grandi monarchie ellenistiche e poi del dominio
romano in Oriente ha accelerato quel processo di fusione, già in
atto, fra il concetto di eleutheria e quello di autonomia, e il primo
si identificò in concreto col secondo di modo che in massima di
rado si poté parlare per singole poleis di libertà effettiva nel
diritto internazionale, dipendendo esse più o meno larvatamente
dalla politica dello Stato maggiore più vicino ; e lo stesso con
cetto di autonomia di fatto fu limitato: così dopo la pace che
chiuse la guerra antiochena (188 av. Cr.) le città greche di cui
non fu riaffermata la libertà, erano autonome rispetto al potere
centrale degli Attalidi (4), ma trovavano limitazioni alla loro auto
nomia nelle influenze della sovranità centrale del re. E dissol
vendosi il genuino concetto di eleutheria e di autonomia, si scalzò
anche quello che era il fondamento primo della libertà pel sen
timento greco dell'età classica, e liberi poterono considerarsi
dai Romani coloro che, conservando le loro città, i loro campi
e le loro leggi e creando annui magistrati, pagavano un tributo,
come testimoniano i luoghi di Livio (5).

(1) BR. KEIL, Griech. Staatsalterthimer, in GERCKE-NoRDEN, Einleitung


in die Altertum suiss. IIIº, Leipzig 1914, p. 318.
(2) H. ScHAEFER, Staatsform und Politik, Leipzig 1932, p. 174.
(3) S. ACCAME, La lega ateniese del sec. IV av. Cr., Roma 1941, p. 4 seg.
(4) G. CARDINALI, Il regno di Pergamo, in G. BELocH, Studi di Storia
antica, Fasc. V, Roma 1906, p. 229 segg.
(5) Su ciò v. A. N. SHERwIN-WHITE, The Roman Citizenship, Oxford
1939, p. 153 segg.; A. H. M. JoNEs, The Greek City from Alexander to Justinian,

3.
22 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

Inoltre lo stesso Pausania quando riporta che per la resi


stenza opposta dagli Elatei a Tassilo, luogotenente del re del
Ponto, nell'86 i Romani Seºdoxxatv ottoig (gli abitanti di Ela
tea) èXeo9époug 5vtoz &te)i véueo 9xt thy xdopo v (1) dimostra con
l'aver aggiunto 3 re)i, ad èXeo9époog come la sola parola èXeo9epto
si prestasse ad equivoco, e cioè potesse indicare la libertà
tanto nel senso classico pei Greci di autonomia senza paga
mento di tributo quanto nel senso più recente, del pari legit
timo, di autonomia col pagamento di tributo (2). Codesta notizia
riguardante Elatea, città della Focide, si assunse da alcuni a
prova dell'esistenza allora del tributo pei Focesi (3), ma rimane
sempre possibile, e fu sottolineato (4), l'interpretazione contraria,
che i Romani soltanto nella guerra mitridatica per punire le
città le quali avevano aderito, più o meno apertamente, a Mitri
date le sottomisero a tributo, mentre al tributo non sottomisero
allora Elatea. Dunque in buon metodo tale notizia presa da sola
non prova l'esistenza di alcun tributo ; essa va interpretata alla
luce dei risultati ottenuti per altra via e con ciò inquadrata sto
ricamente.
Roma, distrutta Corinto, ne dichiarò il territorio ager pu
blicus populi Romani. Nella Grecia solo il territorio di Corinto
divenne allora demanio, e ciò risulta dal noto luogo di Cicerone
in Verrem actio secunda I 21, 55, messo accanto all'altro pure
di Cicerone de lege agraria I 2,5 : agros in Macedonia regios qui

Oxford 1940, p. 115 e dello stesso sopratutto Civitates liberae et immunes in


the East, in « Anatolian Studies presented to W. H. Buckler », Manchester
1939, p. 103 segg. Durante l'impero in Africa la libertas non comportava l'esen
zione da imposte. Cfr. S. GsELL, Hist. anc. de l'Afrique du Nord, VII, Paris 1928,
p. 40. Per città libere obbligate all'imposta, almeno dal principio dell'Impero,
MoMMsEN, Röm. Staatsrecht, III, I, p. 683 seg. W. HENzE, De civitatibus liberis,
Berlin 1892, p. 2 segg. enumera i sensi diversi della parola libertas.
(l) X 34, 2, 4.
(2) Poco dopo (X 34, 4) ripetendo la notizia Pausania parla soltanto di
è) eo9eptx, ma qui il significato preciso della parola non può più suscitare
dubbio, essendo stato chiarito in precedenza. Pel concetto di libertà v. anche
PAUs. IV 35, 3: Moºoyzio: Sè 2xa) eb: gèv Toxixvò: èòozºv 5vrza è zòrovouta
toXttebeo º x.
(3) V. ad esempio CostANzI, art. cit., p. 415 seg.
(4) CARDINALI, art. cit., p. 45 seg.
LO SCIOGLIMENTO DELLE LEGHE E IL TRIBUTO 23

partim T. Flaminini, partim L. Pauli qui Persen vicit virtute


parti sunt, deinde agrum optimum et fructuosissimum Corinthium
qui L. Mummi imperio ac felicitate ad vectigalia populi Romani
adiunctus est (1). In vero secondo questo luogo, se si deve prendere
alla lettera, oltre al corinzio altri territori nella Grecia propria
mente detta erano del popolo romano, perché Flaminino, non
avendo conquistato, la Macedonia, anzi avendola lasciata indi
pendente, poté confiscare solo quegli agri che possedeva il re non
in Macedonia, ma in territori vicini soggetti a lui come in Tes
saglia e in Perrebia. Che il luogo di Cicerone vada interpretato
alla lettera e non genericamente, quasi che le vittorie di Flami
nino avessero contribuito alla conquista della Macedonia la quale
da ultimo rese codesta regione proprietà romana (2), viene pro
vato da un'epistola di Flaminino a Cyretiae, città perrebica,
del 196/4 av. Cr. con cui il generale restituisce agli antichi pa
droni i territori e le case che dopo la vittoria appartenevano al
tesoro dei Romani (3); e si ricordi che Flaminino passò un in
verno ad Elatea in parte per amministrare la giustizia (4), cioè
soprattutto per giudicare casi controversi di proprietà, come si
deduce dalla stessa epistola (5). Egli dunque in Tesssaglia e in
Perrebia ha restituito alle città e ai privati i loro beni, ma ha
ritenuto come proprietà romana quelli del re di Macedonia (6).

(1) Si veda anche ZoN. IX, 31.


(2) In tale senso interpreta LARSEN, op. cit., p. 312.
(3) Syll.º, 593, l. 8 segg. Si veda anche la lettera di M'. Acilio Glabrione
a Delfi ; questa lettera si riferisce ai territori e alle case che erano stati dati al
dio e alla città, confiscati dunque da Glabrione nella sua avanzata su Nau
patto (191): P. RousseL, Delphes et l'Amphictionie après la guerre d'Aitolie,
in « Bull. de Corr. Hell. » LVI (1932), p. 1 segg.; DAUx, Delphes, p. 225 segg.
(4) LIv. XXXIV 48, 2. -

(5) Syll.º 593, l. 13 segg. : 5oo svto uì, xexoutouivo: etolv röv è ttg2) A&vtov
xòroig, è3v u5c Stò4 oc , zzi pxtvovrxi eò ſvouovx AéYovrec, ato/o ouévoy è uov
èx zºov 5t'è lo 5, eſpxug: nov è º azov, pivo Sizzto civx 3rrozzºtato a 92 xòtoic.
(6) Per tale tesi la lex agraria del 111 (RIcco BoNo, Fontesº, p. 102 n. 8),
che a 1.96 segg. parla dell'agro corinzio, non porta alcun argomento sia perché il
comparire soltanto come agro pubblico quello corinzio non escluderebbe che
in Grecia fosse altro agro pubblico sia perché il testo di essa è nel punto che ci
interessa estremamente mutilo. Cfr. G. H. STEVENsoN, Roman Provincial
Administration till the Age of the Antonines, Gs ford 1939, p. 140 seg.
24 IL DOMINIO ROMANO IN GRIECIA

D'altronde in Grecia non era al momento della conquista


alcun territorio nelle condizioni simili a quelle del territorio regio
di Macedonia e delle regioni con essa collegate. Le leghe, per
quanto si sa, non possedevano agro ; questo era proprietà delle
singole poleis e ad esse rimase in situazione giuridica diversa in
base a un procedimento che si cercherà di chiarire. Oltre al ter
ritorio corinzio confiscato da Mummio e a quelli tessalici e per
rebici precedentemente in proprietà del re di Macedonia confi
scati da Flaminino, i quali divennero agor vectigalis (1), nel 146/5
i Romani confiscarono anche i beni di Dieo e dei suoi collabora
tori nel Peloponneso (2); tuttavia questi beni vennero subito
messi all'asta da un questore.
Ma se prima di Silla xòtoxpó top xòroxpó topég te huérepot,
secondo l'espressione della lea locationis, hanno concesso immunità
a templi, vuol dire che queste immunità non si riferivano a tri
buti percepiti sul suolo pubblico appaltato in Roma dai censori,
che non esisteva, salvo quello, si disse, di Corinto e di qualche
parte della Tessaglia e della Perrebia, ma a tributi di altro genere.
Di fatto riesce difficile stabilire in che cosa questi consistessero.
È noto che già la lega achea aveva una sia pocº con carattere
di contribuzione ordinaria e non straordinaria pagata dai singoli
cittadini e riscossa ad opera delle singole città, le quali con ogni
verisimiglianza in modo del tutto indipendente distribuivano
fra i propri cittadini la somma globale della tassa da esse dovuta
alla lega (3). Può darsi che i Romani, come in Sicilia impiegarono
il regime tributario precedente basato sulla decima, che secondo
la ler Hieronica, quella di Ierone II, le città pagavano al re, e
anche l'estesero ai due terzi circa della Sicilia soggetti per la parte
maggiore al dominio cartaginese (4), e come in Macedonia e poi

(1) Sull'ager vectigalis v. di recente F. LAN FRANcini, Studi sull'ager veeti


galis. I : La classicità dell'actio in rem vectigalem, Faenza 1938. II : Il problema
della usucapibilità degli agri vectigales, in «Ann. Fac. Giur. dell'Univ. di Ca
merino », XIII (1939). III: La trasmissibilità a titolo singolare del ius in agro
vectigali, Trieste 1940.
(2) PoLIB. XXX 4 (Büttner-Wobst).
(3) HERMANN-Swo BonA, Lehrbuch der griech. Staatsaltertimer, III,
Tübingen 1913, p. 413.
(4) J. CARcoPINo, La loi de Hieron et les Romains, Paris 1919; su cui
LO SCIOGLIMENTO DELLE LEGHE E IL TRIBUTO - 25

in Asia Minore percepirono i tributi versati prima ai rispettivi re,


così in Grecia, sciolta l'antica lega achea, a questa si sostituis
sero nella riscossione del regolare tributo. Ma se il tributo non
era propriamente una decima all'uso della Sicilia e dell'Asia in
relazione col prodotto del suolo e variabile con esso, sì piuttosto
uno stipendium, e cioè un'aliquota fissa, come in Macedonia,
in Spagna, in Africa, doveva tuttavia tener conto del prodotto
del suolo ed essere assai mite ; i Romani ridussero a metà il tri
buto pagato dai Macedoni al loro re e a metà la quota che gli
affittuari delle miniere di rame e di ferro sborsavano allo stesso
re (1). Questo spiega perché la Grecia non fu infestata dai pubbli
cani come la provincia d'Asia. La decima variabile secondo la
valutazione del raccolto si prestava a soprusi e a lauti guadagni ;
e se la Sicilia, pur sottoposta a decima, non fu assalita dai pub
blicani, gli è che fino al 75, e anche dopo per le decime del grano,
la locatio censoria si faceva nell'isola ad opera dei governatori
e solo i Siciliani e i cittadini romani colà residenti potevano assu
mere quelle decime (2) le quali con ciò erano sottratte all'acca
parramento da parte delle grandi compagnie dei cavalieri. La
locatio censoria della decima d'Asia ad opera appunto dei censori
ti teneva in Roma (3) e ad essa concorrevano le compagnie che
sfruttavano poi la provincia ; del pari in Roma si teneva la
locatio censoria dello stipendium della Grecia, ma questo per la sua
stessa natura, e cioè per essere fisso, non attraeva i pubblicani
presentando pochi vantaggi in confronto con la decima.
Inoltre con la relativa libertà lasciata alle città stipendiarie
e con le numerose proteste di libertà da parte dei Romani e degli
stessi Greci, conservateci nelle fonti (4), non si accorderebbe un
prelevamento diretto dei tributi da parte di emissari romani.
Vale a dire l'obbligo di uno Stato di pagare denaro a un altro
a titolo permanente può concepirsi in due modi: o è un versa

v. A. FERRABINo, Le imposte dirette dei Romani in Sicilia, in «Atene e Roma »


N. S. II (1921), p. 194 segg.
(1) LIv. XLV 29, 4 segg.
(2) CARCoPINo, op. cit., p. 102 segg.
(3) V. CHAPoT, La province Rom. procons. d'Asie, Paris 1904, p. 326 segg.
(4) Oltre a Syll.º 684 cfr. ad esempio ZoN. IX, 31 ; APP. Mithr. 58.
26 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

mento di una somma stabilita una volta per sempre fatto sul
proprio tesoro dalla città soggetta a quello della città dominante
o la prima trasferisce alla seconda il suo diritto di percepire l'im
posta. Ma questa rinuncia al diritto di percepire l'imposta sui
propri cittadini una polis della penisola greca l'avrebbe consi
derata come la morte della libertà, ed è da ritenersi sicuro che in
Grecia ciascuna città stipendiaria pagava all'autorità romana
globalmente la somma stabilita del tributo, continuando ad esi
gere essa le tasse dai propri cittadini, dai meteci e anche dai
Romani (1). Di fatto il noto senatoconsulto intorno ad Ascle
piade clazomenio, Polistrato caristio, Menisco milesio del 78
av. Cr. (2) indica che alcune amministrazioni municipali pote
vano essere debitrici collettivamente verso lo Stato romano (3).
Codeste somme, se riguardano il pagamento di tributi speciali
imposti, oltre a quelli ordinari, ad esempio da Silla, richiedenti
un lungo periodo per essere ammortizzati, si riferiscono soprat
tutto al pagamento del tributo normale e con ciò confermano
che il tributo normale era riscosso direttamente dalle città e
versato da ognuna di esse globalmente allo Stato romano. Dunque
in Grecia rispetto alle città stipendiarie l'azione dei pubblicani
consiste solo nel far imprestiti a quelle che per un motivo o per
l'altro si trovavano in gravi ristrettezze finanziarie e non pote
vano pagare il tributo. Nella medesima Sicilia decumana anche
le città decumane hanno il diritto di prelevare esse stesse la de
cima dei loro rispettivi territori per mezzo di funzionari designati
a questo scopo; così secondo le Verrine Thermae (4), Herbita (5),
Agyrium (6) pongono ciascuna all'incanto la decima frumen
taria del proprio territorio (7).
In Grecia vi erano per le città marittime i portoria i
quali, all'infuori delle citta federate e salvo qualche ecce

(1) Si veda, nonostante che si tratti di una città immune dal regolare
tributo, Messene, p. 137. -

(2) RIcco BoNo, Fontesº, p. 255 segg. n. 35.


(3) L. 23: si tv3 /2 fux7x xi zó).zt: xòrdo, 8 ſuoatº à pet) coorv.
(4) CIC., Verr. III 42, 99.
(5) Verr. III 35, 77.
(6) Verr. III, 30, 72.
(7) J. CARcoPINo, La loi de Hieron, p. 84 seg.
LO SCIOGLIMENTO DELLE LEGHE E IL TRIBUTO 27

zione per le città immuni (1), si riscotevano, come a Tessa


lonica in Macedonia e come in Sicilia, in Spagna, in Africa
e in Asia, a profitto dell'erario romano. Per contro nella Gre
cia Roma non doveva percepire alcun diritto di pascolo, la
scriptura, perchè, sempre prescindendo da quei territori in
Tessaglia e in Perrebia che erano proprietà del re di Mace
donia e del territorio corinzio, non esisteva ager publicus.
Questo apparteneva alle singole città le quali si incaricavano
di percepire il tributo della scriptura.

(1) P. 62
III.

CIVITATES STIPENDIARIAE

Non tutte le città della Grecia vennero trattate egualmente


da Roma sia perché non tutte, già si osservò, parteciparono alla
guerra achea sia perché, fra quelle stesse che collaborarono al
conflitto, per alcune possono aver agito considerazioni speciali
non sempre bene discernibili. Del resto il luogo citato di Cice
rone (1) col riferire che L. Mummio urbes Achaiae, Boeotiaeque
multas sub imperium populi Romani dicionem que subiunait, se
dimostra che molte città dell'Acaia e della Beozia, ossia delle
regioni in lotta con Roma, dovettero sottostare al dominio ro
mano, dimostra altresì che non tutte le città dovettero sotto
starvi ; e questo trova conferma, per quanto poco sicura, in un
contesto di Seneca purtroppo di colorito retorico: ut quae (scil.
patria) Achaeis Rhodiis et plerisque urbibus claris ius integrum
libertatemdue cum immunitate reddiderat (2).
Solo il territorio di Corinto, si vide, fu ridotto ad ager pu
blicus populi Romani e dato in appalto, per la parte non conse
gnata a Sicione, a pubblicani in Roma dal censore. Pur distrutta,
Corinto non venne, per quel che sembra, del tutto abbandonata,
come indica fra l'altro l'essere stati conservati il tempio elleni
stico di Asclepio e molti edifici religiosi e profani (3); essa non
conservò nulla dell'aspetto di città perchè le case date alle fiamme
non erano più abitabili. Tuttavia alcuni sacerdoti addetti ai
culti certo vi rimasero e insieme pescatori e pastori e quanti cer

(1) In Verr. actio secunda, I 21, 55.


(2) De benefic. V 16. CARDINALI, Sulla condizione tributaria della Grecia,
p. 40.
(3) F. J. DE WAELE in PAULY-WIssowA, « Real-Encycl. », S. VI, col. 182
e 196. P. ] 61.
CIVITATES STIPENDIARIAE 29

cavano di sfruttare quell'agro fertile, di guisa che o subito o poco


dopo il 146 si formò nel territorio qualche centro di vita, anche
se molto limitato. Ma la condizione di Corinto, pur così ridotta, è
ben dissimile da quella di Leontini in Sicilia, la quale, privata del
suo territorio che fu ager publicus, stentò una vita misera di pesca
e di commercio attraverso il fiume Terias allora navigabile fino
in città, in quanto Leontini continuò ad avere le proprie istitu
zioni comunali; ed è non meno dissimile dalla condizione di Capua
che, anche ridotta giuridicamente a locus condendis frugibus,
cioè priva di ogni autonomia comunale, rimase però sempre il
centro di una abbastanza densa plebe agricola la quale ne occu
pava e coltivava, sia pure in modo precario, il fertile territorio (1).
Le altre poleis delle regioni che combatterono Roma diven
nero per la maggior parte stipendiariae, ossia paganti uno sti
pendium, quel tributo fisso stabilito nella ler provinciae. Queste
città stipendiariae, come in Sicilia, dovevano suddividersi in
due categorie: la prima formata dalle città a cui i Romani con
fiscarono il territorio, ma lo restituirono in possesso, pur ritenen
done essi la proprietà, la quale forse si estrinsecava nel pagamento
da parte dei possessori di un canone più nominale che effettivo,
ager dunque propriamente publicus ben diverso peraltro da quello
di Corinto, la seconda costituita dalle città a cui i Romani non
confiscarono il territorio, ma che dovevano come le precedenti
pagare uno stipendium. Per la prima categoria è decisiva riguardo
alle città siciliane la frase di Cicerone (2): cum esset publicus
populi Romani factus, tamen illis est redditus (scil. ager), e per la
Grecia la nota lettera di Flaminino alla città perrebica di Cyretiae
del 196/4 av. Cr. (3) in cui compaiono le deliberazioni del generale
sui beni di quella città che dopo la sua vittoria erano diventati
proprietà romana (4): box o tore 3rto) eitovtz verhaetz é reto zzi

(1) P. 161 seg.


(2) Verr. III 6, 13.
(3) Syll.º 593.
(4) L. 8 segg. Si veda anche il decreto del pretore della Spagna ulte
riore L. Emilio Paolo spettante al 19 gennaio del 189 av. Cr. (RIccoBoNo,
Fontesº, p. 305, n. 51): L. Aimilius L. f. impeirator decreivit, utei quei Hasten
sium servei in turri Lascutana habitarent, leiberei essent, agrum oppidumque,
30 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

oixtz: rov zzº prova v etc rò è nudotov rò Pouxtov, 4azz Stºogev ti


ºuetépx tóxel; caratteristico è anche il senatoconsulto intorno ai
Tisbei del 170 av. Cr. con la sentenza riguardante il terreno,
le case e i beni (1): Trepi xdopog, oixtòv xxì tov ortopyóvtov xòtoic,
o, toté ti xòtów Yé ſovev, 6rcog tà éxotöv xòtoic yev égi. "Eòo ev (2).
Intorno alla seconda categoria e al carattere giuridico di tale
territorio si è discusso a lungo ; la situazione di esso sarebbe iden
tica, oltreché a quella della maggior parte delle città siciliane,
all'altra dei territori sardi non confiscati, ma sottoposti a de
cima (3). Dalla tesi del Mommsen (4), per cui quei territori
sarebbero sottoposti solo alla tassa, e non a un cambiamento
nei rapporti di proprietà, si giunse alla tesi contraria del Kling
miiller (5), per cui la deditio creava la proprietà del popolo ro
mano. Il Rostovtzeff (6) considera la pratica giuridica romana
ispirata a modelli ellenistici esistenti nei paesi occupati di guisa
che il dominium in solo provinciali si baserebbe sulla concezione
egizio-ellenistica, che sta a fondamento di quella legge ieronica
cui si attennero i Romani nella organizzazione della provincia
di Sicilia ad opera di M. Valerio Levino nel 210 av. Cr., organiz
zazione ripetuta poi e rinnovata in massima dalla lea Rupilia
del 131 av. Cr. e in tale forma a noi ben conosciuta mediante le
Verrine di Cicerone (7). La tesi del Mommsen contrasta col prin

quod ea tempestate posedisent item possidere habereque iousit, dum poplus


senatusque Romanus vellet. -

(1) RIccoBoNo, Fontesº, p. 242 n. 31, l. 25 segg. -

(2) V. anche il senatoconsulto di Coronea, dello stesso anno che quello


di Tisbe, in L. RobERT, Etudes epigraphiques et philologiques, Paris 1938,
p. 287 segg. -

(3) CIC. pro Balbo 18, 41.


(4) Röm. Staatsrecht, III, 1, Leipzig 1887, p. 730 seg.
(5) Die Idee des Staatseigentums am rom. Provinzialboden, in « Philologus »
LXIX (1910), p. 71 segg.
(6) Studien zur Gesch. des Röm. Kolonates, in «Archiv fur Papyrusfor
schung », Beiheft I, 1910, p. 237 segg. Social and Economic History of the Roman
Empire, Oxford 1926, p. 16 (trad. it. p. 15).
(7) CIC. Verr. II 13, 32, 34; 14, 37; 15, 38; 16, 39. 40 ; 17, 42; III 40,
92. Ps. AscoN. p. 189 (Stangl). VAL. MAx. VI 9,8 Cfr. V. M. SCRAMUzzA, Roman
Sicily, in T. FRANR, An economic Survey of ancient Rome, III, Baltimore
1937, p. 246 segg. s .
CIVITATES STIPENDIARIAE 3i

cipio che il suolo peregrino non si può avere in proprietà, ma solo


habere et possidere (1) e con l'uso della decuma contraddittorio
al concetto della piena proprietà ; la tesi del Klingmüller non
avverte la profonda differenza delle antiche costumanze romane
espresse, ad esempio, in Italia con Capua – il cui territorio pel
senatoconsulto del 211 av. Cr. reso ager publicus in parte fu la
sciato in possesso ai proprietari precedenti dietro il pagamento
di un vectigal certum, ossia di uno stipendium, in parte fu ven
duto o affittato a speculatori (2) – dalla nuova situazione delle
città decumane di Sicilia alle quali il territorio non è mai stato
confiscato (3).
Si tratta dunque di un incontro fra sistemi ellenistici o punici
preesistenti e la pratica romana, e da questo incontro si sviluppò
più tardi la teoria giuridica dell'affinità fra ager publicus e do
minium in solo provinciali per cui, io credo, la proprietà in solo
provinciali fu considerata come una semplice possessio qual'era
la occupatio dell'ager publicus. In pratica Cicerone, pur distin
guendo nettamente le varie categorie di regimi agrari e con ciò
dimostrando che allora chiara era la differenza, almeno sotto
l'aspetto giuridico, fra i territori confiscati e poi restituiti e i
territori non mai confiscati su cui tuttavia si percepiva un tri
buto come sugli altri, di queste categorie non considera se non
due, quella degli agri liberi e immuni e quella degli agri sotto
posti a vectigal o a decuma, e per Cicerone i proventi delle terre
di diretta proprietà e delle terre di dominio provinciale si pote
vano chiamare egualmente vectigalia, praedia populi Romani.
Vectigal era tanto la decuma quanto lo stipendium (4) e, se in

(1) V. il decreto di L. Emilio Paolo del 189 a v. C.: MoMMsEN, Röm. Staats
recht III 1, p. 687 n. 4. - -

(2) LIv., XXVI 16, 6, 33-34. M. ZoELLER, Das Senatus Consultum iber
Capua im Jahre 211 v. Chr., Diss. Mülhausen 1875. U. KAHRsTEDT, Gesch. der
Karthager, Berlin 1913, p. 273 segg.; G. DE SANCTIS, Storia dei Romani, III
2, Torino 1917, p. 342 segg.; M. A. LEvI, Una pagina di storia agraria romana
in « Atene e Roma », N. S. III (1922), p. 239 segg.
(3) Su tutto ciò M. A. LEvI, La Sicilia ed il « dominium in solo provinciali »,
in « Athenaeum », N. S. VII, 1929, p. 514 segg., specie p. 520.
(4) La distinzione che si vuol fare tra vectigal e stipendium come se vectigal
indicasse una tassa variabile e stipendium una fissa, e però la denominazione
32 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

Sicilia sia le città decumane, quelle cioè che, pur non avendo
avuto il territorio confiscato, pagavano la decuma, sia le cen
sorie, vale a dire le altre con territorio confiscato, restituito o
no, sono tenute a versare la decima in relazione col prodotto
del suolo, in Grecia invece dopo il 146 e prima di Silla tutte le
città censorie le quali, prescindendo da Corinto distrutta come
centro urbano, ebbero il territorio restituito e quelle col terri
torio mai confiscato, ma costrette al tributo, pagano uno sti
pendium che, anch'esso in relazione col prodotto del suolo, è
stabilito una volta per sempre nella ler provinciae e non varia
come la decima. Perciò in Grecia non esisteva l'appalto della
decima dei cereali che si faceva in Sicilia ad opera dei governa
tori. Per la Grecia in Roma, come per le città censorie di Sicilia,
i censori affittavano con una locazione effettiva gli agri pubblici,
quali il corinzio e quelli della Tessaglia e della Perrebia, con una
locazione fittizia e formale i territori che, confiscati, erano stati
restituiti alle loro città. -

Si applicò alla Grecia con le dovute modifiche lo schema pro


vinciale della Sicilia. Questo schema sembra che non sia stato
adoperato per la provincia d'Africa costituita proprio allora. In
essa infatti si crede (1) che non esistano città le quali, pur non
avendo il territorio confiscato dai Romani, debbano pagare un
tributo ; vi sarebbero soltanto sette città libere e immuni, an
tiche colonie fenicie o cartaginesi, rimaste o divenute amiche del
popolo romano durante la terza guerra punica ; i restanti centri
sottoposti a tributo sarebbero o altre colonie marittime fenicie
e puniche fedeli a Cartagine o villaggi e borghi libici. Ma siffatti
villaggi e borghi libici dipendevano già prima da Cartagine di
fronte a cui gli autoctoni non avevano, pare sicuro, che il godi
mento delle terre lasciate loro da coltivare, e qui Roma, non

di città vectigales distinte dalle stipendiariae (v. ad esempio P. DE FRANCISCI,


Storia del diritto romano, II lº, Milano 1938, p. 55 segg.), non sembra aver fon
damento nei testi dove tributum, stipendium, vectigal vengono impiegati quasi
indifferentemente l'uno per l'altro. Cfr. CH. LECRIvAIN in DAREMBERG-SAGLIo,
Dict. des ant. gr. et rom. V, p. 431; R. CAGNAT, ibid., p. 665.
(1) S. GSELL, op. cit., VII, p. 38 segg. T. R. S. BRoUGHToN, The Romaniza
tion of Africa proconsularis, Baltimore 1929, p. 77 segg.
CIVITATES STIPENDIARIAE 33

trattandosi d'una vita comunale molto elevata, sottentrò sem


plicemente a Cartagine; le colonie marittime fenicie e puniche
non dichiarate libere certo resistettero con la forza ai Romani o,
anche senza impiegare la forza, si mantennero fino all'ultimo
tenacemente ostili, e il loro territorio fu confiscato, tanto più che
tali città non presentavano agli occhi dei Romani nessuna di
quelle tradizioni religiose e politiche caratteristiche delle poleis
greche. Invece in Macedonia già prima, dopo la sconfitta di Per
seo del 168, i Romani confiscano solo i territori appartenenti al
re oltre alle miniere e li conservano poi come ager publicus, alle
altre città senza aver confiscato il territorio impongono il tri
buto ; allora doveva apparire omnibus gentibus... arma populi
Romani non liberis serritutem sed contra servientibus libertatem
adferre... e si quando bellum cum populo regibus fuisse suis, e ritum
eius victoriam Romanis adlaturum sibi libertatem (1).
Di fatto tutte codeste città di Grecia dopo il 146, pur sotto
poste a tributo, conservavano i loro campi e le loro leggi e crea
vano annui magistrati, e però possono chiamarsi e sono libere
giusta il concetto di libertà che allora vigeva quale si dedusse
in base a considerazioni storiche e in maniera precipua al noto
luogo di Livio in relazione con la libertà lasciata dai Romani ai
Macedoni nel 167 (2). Importante a questo riguardo è la lettera
che Q. Fabio Massimo Eburno, governatore della Macedonia,
scrive alla città achea di Dime nel 115 av. C. (3). I severi prov
vedimenti presi dal governatore rispetto ad alcuni cittadini pro
motori del movimento socialista scoppiato in città vengono giu
stificati con un'argomentazione che rivela nel modo più chiaro
l'atteggiamento ufficiale dei Romani d'allora verso la Grecia:
« poiché gli autori di questi atti mi sembrano aver creato il peg
giore stato di cose e turbamento per tutti i Greci, trattandosi
di fatti propri a condurvi non solo a irreconciliabili odi intestini
e alla bancarotta, ma anche in opposizione con la libertà concessa
in comune ai Greci e con la nostra volontà, io... comandai... ».

(1) LIv. XLV 17 seg. V. anche XLV 29.


(2) LIv. XLV 29, 4.
(3) Syll.º 684. P. 149 seg.
34 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

Qui la parola èXeo9epto sulle labbra di un magistrato romano


ha un senso pregnante perché, se da un lato essa si riferisce alla
libertà vera e propria lasciata dai Romani nel 145, come meglio
si dirà in seguito, a molte poleis della Grecia, dall'altro si rife
risce egualmente a quella libertà di governarsi secondo la poli
teia stabilita una volta per sempre, e cioè nel 145 o nel 196 e
ribadita nel 145 dai Romani, come conferma la stessa notizia
che Polibio fu incaricato di visitare le singole città per decidere
i punti dubbi fino a quando i cittadini avviºetxv èyoa ti toAtteix
xaì toig vöuotc. è Sì, xxi uet& tvx xpóvov è tot goe (ò IIo),03tog) Ttpòg NöYov
toùg &vº portoug atépix viv Seòouévov to)ttetov coi umòèv &tópmuo ufte
xot iòtov ufte xxtà xovòv èx tòv vógov Yevéa 9a tepì umòevóg. (1).
Qui si indicano evidentemente quelle città cui fu lasciata la
libertà di governarsi secondo la costituzione data dai Romani,
le quali conservarono anche le loro istituzioni quando queste
non fossero in contrasto con la politeia dei Romani, vale a
dire avevano una vera e propria autonomia di cui godettero
pure le città in condizioni peggiori quali Tebe (2). Gli è che
Roma nelle regioni occidentali, come la Spagna e la Gallia, trova
in generale deboli gruppi cittadini a un minor grado di civiltà
e per questo essa crea ivi città proprie, nelle regioni orientali
invece, come la Grecia e l'Asia Minore, s'incontra con una vita
cittadina molto sviluppata dalle avite tradizioni locali, e la
lascia sussistere servendosene nella sua organizzazione a pro
vincia (3). Così, poichè il governatore di Macedonia per ammi

(1) Poly B. XXXIX 16 (B.-W.). A questo riguardo Pausania (VIII


30,9) esagera quando riferisce che tutte le città dei Greci facenti parte della
lega achea ottennero dai Romani che Polibio stabilisse loro le costituzioni e
determinasse le leggi ; lo stesso Polibio racconta di essere stato solo incaricato
dalla commissione romana, la quale aveva fissato la costituzione delle città gre
che, di visitare le varie città e di decidere intorno alle controversie fino al mo
mento in cui quelle si fossero abituate alla nuova costituzione e alle nuove leggi.
(2) Pei magistrati di Dime rimasti anche dopo il 146/5 v. p. 15 l.
(3) V. CHAPot, op. cit., p. 103 seg. A. HEUss, Die Rom. Ostpolitik und
die Begriindung der Röm. Weltherrschaft, in «Neue Jahrbücher für Antike
und deutsche Bildung », 1938, p. 337 segg. Sulla provincia d'Asia cfr. A. H.
M. JoNEs, The cities of the eastern Roman provinces, Oxford 1937, p. 59 segg.;
T. R. S. BRoUGHToN, Roman Asia Minor, in T. FRANK, An economic Survey
of Ancient Rome, IV, Baltimore 1938, p. 507 segg.
CIVITATES STIPENDIARIAE 35

nistrare la parte della Grecia a lui sottomessa aveva bisogno


di magistrati locali, questi furono nominalmente gli antichi,
anche se nelle patrie istituzioni penetrò per imposizione o per
imitazione lo spirito nuovo. Ma di qui sorge la difficoltà a stabi
lire dettagliatamente le relazioni precise di Roma con le singole
poleis, relazioni rimaste persino nei due primi secoli d. Cr. ben
lontane dal carattere uniforme assunto in seguito (1).
In realtà la differenza giuridica fra le due categorie di città
stipendiarie contava poco perché, se nel territorio provinciale
sotto il dominio eminente del popolo romano non si può parlare
di applicazione del diritto quiritario, di fatto i coltivatori preca
risti delle poleis il cui agro confiscato è stato loro restituito in
possesso, mentre i Romani ne tenevano sempre la proprietà, si
tramandavano di padre in figlio quel possesso e lo vendevano
e, a maggior ragione, i coltivatori dei territori delle altre città
alle quali l'agro non era mai stato confiscato compievano tali
trasmissioni per atto tra vivi o mortis causa proprio come in diritto
quiritario. In Africa la legge agraria del 111 stabilisce che, se
terreni concessi a stipendiari fossero loro tolti per divenire pro
prietà di cittadini romani, a quegli stipendiari si deve assegnare
una parte corrispondente di agro pubblico e le nuove conces
sioni devono essere iscritte nel catasto (2).
Codeste città stipendiarie, specie quelle in condizioni mi
gliori, le più numerose, all'infuori del tributo conservavano la
loro situazione precedente, limitata peraltro dalla nuova tem
perie storica. Oltre al diritto di portare le armi spettante ai cit
tadini, implicando l'organizzazione in città necessariamente
l'esistenza di una forza armata, e a quello del capo locale o di un
rappresentante nominato da lui di chiamare sotto le armi gli
abitanti e di esercitar su di essi i poteri del tribuno militare
romano (3), vi era la facoltà di mandare al senato o ai governa
tori legati che, se non godevano i privilegi internazionali degli
ambasciatori e se potevano anche non essere ricevuti, secondo

(1) L. Mitters, Reichsrecht und Volksrecht, Leipzig 1891, p. 85 seg.


90 seg.
(2) Ricco BoNo, Fontesº, p. 117 , 1.77 segg. V. per Cicerone p. 29 e 31 seg.
(3) MoMMsEN, Röm. Staatsrecht, III 1, p. 738.
36 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

sembra dimostrare, almeno nell'età dopo Silla, l'ambasceria


degli Oropi a cui presiede un cittadino col personale ius lega
tionis quale socius del popolo romano, di fatto agivano normal
mente come gli ambasciatori con tutte le garanzie giuridiche.
Forse le città stipendiarie associate alla Macedonia, per inviare
rappresentanti a Roma, avevano in diritto l'obbligo di chiedere
il permesso al governatore. Di fronte a Roma esse erano tenute
al dovere di acquartieramento, di prestazioni di mano d'opera
e di altri gravami, quando ciò venisse richiesto dalla competente
autorità romana, come attestano le concessioni rispetto a tali
obblighi accordate dal governatore di Macedonia ai tecniti istmici
e l'acquartieramento invernale di una coorte romana in Cheronea
durante l'88/7 (1). Potevano rinnovare la parentela e l'amicizia,
così fra gli Elei e i Messeni (2), ma non certo stringere una sim -
machia, potevano mandare dietro l'invito di altre città loro cit
tadini quali arbitri e chiederne per sé, come indica il caso di De
metriade, Cleitor e Patrasso (3), riconoscere l'asilia di un santua
rio, così quello dell'Ecate di Stratonicea (4), e inoltre concedere
l'âté) etx e l'àao).tx in pace e in guerra, come Daulide a un
cittadino di Stratonicea di Caria (5). Le città stipendiarie erano
anche unite in koinà i quali peraltro non avevano alcuna impor
tanza politica ; e fra loro esse godevano il diritto di connubium
e quello di commercium giusta quanto riferisce lo stesso Pau
sania (6). -

Al pari della Sicilia in Grecia i poteri locali delle singole città


stipendiarie funzionavano per la giurisdizione amministrativa
e per la giustizia criminale e civile. Nella giustizia civile, se si
trattava di controversie fra cittadini della stessa città, funzio
navano i poteri di questa stessa città con ampia libertà di azione
ma, se si trattava di controversie fra greci di città diverse, il

(1) Plut. Ci m. 1.
(2) P. 139 e 146.
(3) P. 141, 155 e 226.
(4) DITTENBERGER, Orientis Graeci inscr. sel. 441.
(5) P. 205.
(6) VII 16, 9.
CIVITATES STIPENDIARIAE 3 ,

governatore ordinava il sorteggio fra i giudici (1) greci. Il prin


cipio di far giudicare le parti da giudici connazionali era diffuso
nel mondo provinciale romano (2), il che tuttavia non impediva
ai Greci di ricorrere, secondo il loro desiderio, a tribunali romani.
Tale principio è ribadito da Augusto nei suoi cinque editti ai
Cirenei scoperti di recente (3), dei quali ora c'interessa soprat
tutto il quarto ; dove accanto al principio generale che giudici
greci debbono giudicare sudditi greci, a meno che questi non
preferiscano la giurisdizione di cittadini romani, Augusto af
ferma che fra i giudici greci nessuno sia dato dalla città di cui
è l'attore o il convenuto.
Qui Augusto non fa che richiamare in vita, come meglio si
vedrà, una condizione preesistente in Cirenaica, anteriore cioè
a quel lento intervento romano nelle faccende dei Greci che ha
portato alle proteste da parte di essi presso l'imperatore testimo
niate nei nuovi documenti. Simile condizione della Cirenaica
certo si riprodusse nelle altre provincie. Inoltre dalle notizie
di Cicerone intorno all'editto per la Cilicia (4) risulta, come fu
notato (5), che tale editto provinciale contemplava solo dispo
sizioni sulla bonorum possessio e sulla bonorum venditio e pel resto
erano competenti i poteri delle singole città (6). Vale a dire

(1) CIC., Verr. II 13, 32: Siculi hoc iure sunt ut, quod civis cum cive agat,
domi certet suis legibus, quod Siculus cum Siculo non eiusdem civitatis, ut de eo
praetor iudices ea P. Rupili decreto, quod is de decem legatorum sententia statuit,
quam illi legem Rupiliam vocant, sortiatur.
(2) Per la Cilicia Cic. ad fam. III 8,4. ad Att. VI 1, 15. Per la Sicilia oltre
al passo citato CIC. Verr. II 13, 32 vedi II 16, 39. 24, 59. 37, 90. Per la Siria
CIC. ad Att. VI 1, 15 segg. ad fam. VI 2,4. Per l'Asia e la Bitinia CIL. X
5393. DIo CHRYsosT. XXXV 15. PLIN. ep. ad Traian. 58, 1.
(3) G. OLIVERIO, La stele di Augusto rinvenuta nell'Agorà di Cirene, in
« Notiziario Arch. Min. Colonie », fasc. IV, 1927, p. 15 segg. ; G. I. LUzzATTo,
Epigrafia giuridica greca e romana, Milano 1942, p. 239 segg. con ampia biblio
grafia. P. RoMANELLI, La Cirenaica Romana (96 a. C. - 642 d. C.), Verbania
1943 , p. 81 segg.
(4) Ad Att. VI 1, 16.
(5) O. KARLowA, Röm. Rechtsgesch. I Leipzig 1885, p. 328 segg.
(6) CIC. l. c.: diari me de eo genere mea decreta ad edicta urbana accomoda
turum. ....Graeci vero e cultant, quod peregrinis iudicibus utuntur. Nugatoribus
quidem, inquies. Quid refert ? Tamen se xòrovogixv adeptos putant..... V. anche


38 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

l'editto provinciale si limitava ad adattare ai Romani le dispo


sizioni dell'editto urbano e nelle loro relazioni coi peregrini quelle
dell'editto peregrino; per rapporti invece fra peregrini esso rin,
viava alla giurisdizione delle autorità cittadine e con ciò impli
citamente la riconosceva (1).
Se un Romano accusava un Greco o un Greco un Romano,
è da ritenere che, come in Sicilia, il governatore, trattandosi di
cittadini romani implicati nella controversia, non ordinasse il
sorteggio fra i giudici, ma desse lui il giudice il quale era rispet
tivamente greco nel primo caso, romano nel secondo in omaggio
alla norma pro reo. Del pari il governatore anche in Grecia do
veva dare come arbitro una terza città quando un privato era
in litigio con una città o una città con un privato e fosse stato
respinto il giudizio delle due città interessate (2). Era dunque
ammessa fra le città stipendiarie la procedura abituale dell'arbi
trato di una città estranea al dibattito, ma in Grecia può darsi
che senza l'intervento diretto del governatore due città o due
cittadini di città diverse ricorressero all'arbitrato di una terza
città o di un cittadino di una terza città ; in alcuni casi infatti
l'intervento romano non compare. Eccezionalmente il dissenso
era portato dinanzi al senato romano il quale poi sceglieva al
pari del governatore arbitra un'altra città (3). Codesto procedi
mento di arbitrato è tanto più importante in quanto i Romani
non lo hanno mai adoperato prima di mettersi in relazione col
mondo ellenico (4); esso era stato assunto dai principi mace

A BBoTT-JoHNsoN, Mun. Adm. in the Rom. Empire, Princeton 1926, p. 50 segg.;


W.-W. BUCKLAND, L'«edictum provinciale » in « Rev. hist. de droit fr. et étr. »,
4.S., 13.A., 1934, p. 81 segg.
(1) LUzzAtto, op. cit., p. 269.
(2) CIC., Verr. II 13, 32: quod privatus a populo petit aut populus a privato,
senatus er aliqua civitate qui iudicet datur, cum alternae civitates reiectae sunt,
quod civis Romanus a Siculo petit, Siculus iuder, quod Siculus a civi Romano,
civis Romanus datur.
(3) Si vedano ad esempio il dissidio tra Spartani e Messeni, del quale ar
bitri furono i Milesi (Syll.º 683), e quello degli Adramiteni riferito agli Andri
(IG. XII 5 n. 722 S. p. 127).
(4) E. DE RUGGIERO, L'arbitrato pubblico in relazione col privato presso
i Romani, Roma 1893, p. 61.
CIVITATES STIPENDIARIAE 39

doni ed ellenistici come mezzo per troncare le controversie sorte


fra Siati ellenici sotto il loro dominio o predominio (1). In tutti
gli altri casi, e cioè i litigi che possono sorgere fra un Romano e
un peregrino non appartenente alla provincia, fra un provin
ciale e un peregrino non appartenente alla provincia, fra un cit
tadino romano e una città della provincia, il governatore è
probabile che scegliesse e proponesse, non tirasse a sorte, giurati
sulla lista costituita per selezione dai membri del conventus civium
Romanorum (2). E che nel caso di un'accusa da parte di un Ro
mano contro una città si ricorresse in Grecia al governatore di
Macedonia viene testimoniato da Plutarco (3) quando ricorda la
controversia di un Romano con Cheronea all'incirca dell'87 av. Cr.
Pertanto sia che il governatore ordinasse il sorteggio fra
giudici greci sia che desse lui il giudice o greco o romano secondo
i casi sia che scegliesse e proponesse giudici romani, egli non
decide mai da solo le contestazioni, ma è unicamente padrone
di far sorteggiare o imporre o proporre il giudice o i giudici che le
decidessero. Anche qui nella procedura civile pei processi in cui
entra il governatore la « dicotomia » caratteristica del diritto
romano si afferma in pieno, e alla prima parte della procedura,
cioè la procedura in iure che si chiude con la iudicis datio e con
la formula redatta dal governatore, la quale servirà di norma al
giudice, tiene dietro la seconda parte della procedura, quella in
iudicio con cui si termina la contesa. Ma se il governatore non
interveniva direttamente nel giudizio, egli lo vincolava in iure
mercé la redazione della formula di sua spettanza.

(1) A. RAEDER, L'arbitrage international chez les Hellènes, Kristiania


1912, p. 203. V. anche M. N. ToD., International Arbitration amongst the Greeks,
Oxford 1913, p. 181 segg. e A. PAssERINI, Nuove e vecchie tracce dell'interdetto
«uti possidetis » negli arbitrati pubblici internazionali del II secolo a. C., in
« Athenaeum », N. S. XV (1937), p. 26 segg.
(2) CIC. l. c. : ceterarum rerum selecti iudices ea conventu civium Romanorum
proponi solent. CARcoPINo, op. cit., p. 151 seg. Pei conventus civium Romanorum
di Grecia v. KoRNEMANN in PAULY-WIssowA, « Real-Encycl.» IV, col. 1184.
Sui Romani in Grecia e nelle isole CH. E. GooD FELLow, Roman Citizenship,
submitted to the Faculty of Bryn Mawr College for the Degree of Doctor of
Philosophy 1935, p. 52 seg.
(3) P. 200.
40 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

Nella giustizia criminale più che nella civile si faceva sentire


l'autorità del governatore, pur lasciando alle singole città sti
pendiarie i giudizi intorno ai loro concittadini (1). Da principio
sulla formazione dei collegi giudicanti e sulla scelta dei singoli
giudici entro le rispettive poleis il governatore esercitava solo
una sorveglianza di legittimità, e di fatto, quando non sorges
sero reclami, si procedeva normalmente, come pel passato, nel
l'interno di ogni polis a stabilire gli organi giudicanti quasi non
avvertendo la sorveglianza più o meno lontana del governatore.
Ma questi a poco a poco s'introdusse più risolutamente nell'am
ministrazione della giustizia sia civile sia criminale, e in quella
criminale soprattutto per la coercitio e l'imperium magistratuale
la sua intromissione fu più decisa riflettendosi poi necessaria
mente sulla civile.
Tale intromissione del magistrato nei giudizi provinciali,
che si può ora cogliere abbastanza chiara mercé la scoperta dei
ricordati editti di Augusto ai Cirenei, non studiata nella sua
genesi per la mancanza di documenti, indusse già il Mommsen (2)
e sulle sue orme il Wlassak (3) a ritenere che il principio di far
giudicare il cittadino romano da giudici romani e il siculo da
siculi, secondo quanto riferisce intorno alla provincia siciliana
Cicerone in relazione con la lec Rupilia, si limitasse solo ai giu
dizi civili, mentre pei giudizi penali nelle provincie la coercitio
del magistrato gli avrebbe acconsentito un procedimento ea tra
ordinem nel'a forma della cognitio da lui svolta direttamente.
Peraltro in base all'ordinamento delle 9xvxtpópot 8txx cire
naiche il magistrato provinciale non giudica direttamente,
sibbene sceglie soltanto dei giudici, e anche prima di Augusto
il magistrato sceglie i giudici, non giudica (4); Augusto per ridurre

(1) Crc. Verr. II 37, 90 : cum secum sui cives agant de litteris publicis cor
ruptis, eiusque rei legibus Thermitanorum actio sit. La bule di Catina delibera
sul saccheggio del tempio Catinensium legibus, CIc. Verr. IV 45, 100.
(2) MoMMSEN, Strafrecht, Leipzig 1899, p. 239 segg. Röm. Staatsrecht, III,
1, p. 748 seg.
(3) M. WLAssAK, Römische Prozessgesetze, II, Leipzig 1891, p. 106 segg.
(4) A. v. PREMERSTEIN, Die fiinf neugefundenen Edikte des Augustus
aus Kyrene, in «Zeitschrift für Savigny-Stiftung», R. A. XLVIII (1928)
CIVITATES STIPENDIARIAE 41

l'intromissione romana stabilisce che i collegi giudicanti in que


stioni capitali fra Greci non sieno più esclusivamente romani,
ma in egual numero greci e romani. Pare fuori dubbio che qui
Augusto abbia fuso due istituzioni preesistenti, quella dei collegi
giudicanti romani e quella dei collegi giudicanti greci e che questi
ultimi, continuatori dapprima dell'autorità locale in materia
giudiziaria, anche penale, vennero a poco a poco messi da parte
ad opera dei collegi romani, complice o promotore il magistrato
al governo della provincia. E se nelle 9 xvoto pòpo Sixx non in
terviene direttamente il magistrato romano, tanto meno esso
sarà intervenuto direttamente nella pronuncia di altri giudizi (1).
Come per la Cirenaica è da presumere che i giudizi capitali fra
Greci furono lasciati a Greci nel momento della riduzione a pro
vincia, così per la penisola greca. Anche in questo si serbava
alle città stipendiarie l'antica condizione, e anche per questo
si poteva riguardo ad esse parlare di libertà. Ma quando accu
satore e accusato appartenevano a due città, non diversamente
dal diritto civile, a maggior ragione nel penale il governatore
doveva ordinare il sorteggio fra i giudici greci, e del pari l'inter
vento del governatore si rendeva necessario se si trattava di
processi di diritto penale fra Romani e Greci e peregrini non ap
partenenti alla provincia, intervento che si esplicava o nel dare
o nello scegliere e proporre i giudici o il giudice.
I cittadini romani non dipendevano dai tribunali delle città
stipendiarie ; essi per le cause penali non sottostavano neppure,
si crede, all'imperium del magistrato provinciale, ma erano defe
riti alle quaestiones publicae di Roma, invece per le cause di minor
conto sottostavano all'imperium o alla coercitio del magistrato,
Tuttavia, se di solito il governatore non giudica direttamente,
vi sono casi eccezionali in cui di persona giudica e manda a morte
o deferisce ai competenti poteri di Roma ; così quando nel
115 av. Cr. i sinedri della città achea di Dime si rivolgono al go
vernatore della Macedonia per l'insurrezione scoppiata in città,
egli, ritenendo l'azione dei congiurati diretta contro l'ordine costi

p. 442 segg. J. STRoUx-L. WENGER, Die Augustus - Inschrift auf dem Markt
platz von Kyrene, in « Abhandl. Bayer Akad. » XXXIV, 1928 p. 86 segg
(1) LUzzAtto, op. cit., p. 259 seg. 277 seg.
42 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

tuzionale stabilito da Roma, e cioè contro Roma, manda a morte


i due maggiori responsabili e rimette al pretore peregrino nella
capitale un altro complice (1). Ma se nel caso di Dime il gover
natore della Macedonia era stato chiamato in causa dal partito
allora al potere in quella città, più tardi nel 78 av. Cr. Roma s'in
troduce risolutamente nella vita di una città stipendiaria,
Caristo in Eubea (2). Qui un senato consulto accorda a Polistrato,
ai figli e ai posteri e alla moglie, come nelle rispettive città asia
tiche, a due altri e ai figli e ai posteri e alle mogli, per ricompensa
dei benefizi resi ai Romani, il diritto di servirsi a propria scelta
dei tribunali di Caristo o dei tribunali provinciali romani o di
quelli di una città libera e amica di Roma. Inoltre il senatocon
sulto concede a lui e ai figli e ai posteri, come agli altri e ai loro
figli e ai loro posteri nelle rispettive città, vari privilegi di or
dine giuridico e fiscale proprio in Caristo di guisa che l'intromis
sione romana nell'interno di una città stipendiaria è qui piena
e assoluta.
L'immunità di cui il governo centrale dona cittadini singoli
in relazione con lo stipendio da pagarsi a Roma gravava sulle
poleis poiché queste dovevano versare allo Stato romano anche
quella parte del tributo che non pagava più il cittadino esente.
Ciò viene asserito inequivocabilmente dallo stesso senatocon
sulto là dove stabilisce (3): ei tivx xpiuxto xi tó) etc ottòv 8muootx
ò peſAoav, uf, tt eig to 5to tà xp fuoto Sotivo è pet).ootv &pxovtec huérepot
of tvsg &v tote 'Aatov E53otxv uta9òov ? tpoo6òoog 'Aatx Eò3ota
èttttº 6a tv, po govtzt uſ ti obto Sotivxt à petAootv. Le autorità romane
sorveglieranno da allora che quei cittadini benemeriti di Roma non
sieno costretti a contribuire per versamenti dovuti dalle rispet
tive città globalmente. Codesti versamenti, se riguardano, si
osservò, il pagamento di tributi speciali imposti, oltre a quelli
ordinari, ad esempio, da Silla, richiedenti un certo periodo per
essere ammortizzati, si riferiscono soprattutto al pagamento del
tributo normale e, tacendo il senatoconsulto di una riduzione
nella somma globale corrispondente alla mancata contribuzione

(1) Syll.º 684.


(2) RIccoBoNo, Fontesº, p. 255 n. 35.
(3) L. 23 seg.
CIVITATES STIPENDIARIAE 43

del cittadino privilegiato da Roma, è chiaro che questa non in


fluiva in alcun modo sull'ammontare della somma complessiva
dovuta dalla città, e cioè la città era costretta a versare a Roma
lo stesso tributo stabilito prima che venissero concessi a un suo
cittadino i noti privilegi. In vero da un luogo di Cicerone (1) in
cui, parlando dei decreti di Silla, l'oratore annota: unum hoc
aliquot senatus consultis reprehensum, decretumque est ut, quibus
ille de capite dempsisset, ii pecunias in aerarium referrent. Statuit
senatus hoc ne illi quidem esse licitum cui concesserat omnia, a
populo factarum quaesitarumque rerum summas imminuere unito
a quello di Svetonio (2): Liviae pro quodam tributario Gallo roganti
civitatem megavit immunitatem obtulit adfirmans facilius se pas
surum fisco detrahi aliquid quam civitatis Romanae vulgari ho
norem si è dedotto (3) che le immunità personali diminuivano gli
introiti del tesoro di Roma e di conseguenza le città interessate
non avevano a coprire la somma ; ma il luogo di Cicerone ri
guardante Silla, contrapponendo i decreti di questo a quelli simili
di Verre, si riporta molto probabilmente a provvedimenti sil
lani in relazione con città decumane, e nulla può dire per città
stipendiarie, il luogo di Svetonio, di periodo più tardo, tratta
forse qualche caso speciale di un principotto ed è del tutto par
ticolare. Nella Grecia lo stipendium, diversamente dalla decuma,
era fissato per sempre e, se la valutazione annua della decima si
prestava in maniera agevole a un computo che non comprendesse
i beni del cittadino onorato da Roma, non altrettanto facile riu
sciva tale computo, pel modo stesso della riscossione, nello sti
pendium (4). Del resto, almeno nei primi tempi dopo il 146, e
forse anche in seguito, lo stipendium imposto alle città greche

(1) Verr. III 35, 81 seg.


(2) Aug. 40.
(3) MoMMsEN, Röm. Staatsrecht, III 1, p. 751 n. 1.
(4) Per l'Asia decumana si ricordi che si è parlato di una riorganizzazione
operata da Silla intesa a mettere da parte l'intervento dei pubblicani (J. CAR
coPINo, La Rép. Rom. de 133 è 44 av. J. C.in GLotz, Hist. anc. , p. III, Hist.
Rom., II, 1, Paris 1935, p. 427). Del resto l'accenno del senatoconsulto a somme
globali dovute da città potrebbe per l'Asia riferirsi soltanto al pagamento di
tributi speciali.
44 II, DOMINIO ROMANO IN GRECIA

dovette essere, già si disse, assai moderato e i privilegi accordati


da Roma poco frequenti.
La condizione testimoniata dal senatoconsulto in onore del
cittadino di Caristo e di due cittadini di poleis asiatiche non è
nuova sorta dopo la guerra mitridatica di Silla. Già prima durante
la seconda metà del II sec. av. Cr. il governatore di Macedonia
s'inserisce qualche volta risolutamente nelle città da lui dipen
denti, come indica la nota epigrafe di Tebe con cui il governatore
concede ai membri del sodalizio dionisiaco è8 'Io 9 uoi xxì Neuéxg
vari privilegi fiscali di fronte alle città di Macedonia e di quella
parte della Grecia sulla quale comandano i Romani. Del pari
assai più tardi Ottaviano premia Seleuco di Rhosos in Siria con
privilegi fiscali valevoli dovunque egli stabilisca il suo domici
lio (1), e prima di Ottaviano Cesare aveva accordato ad An
tipatro della Giudea toAttetov èv “Pouſ xxi &té) exv txytxxoS (2).
Peraltro nel II sec. av. Cr. la concessione ad opera del governa
tore di Macedonia ai tecniti istmici non riguarda, come di solito
nei secoli seguenti, cittadini resisi benemeriti di Roma, ma tecniti
che a Roma non hanno prestato alcun servizio speciale e che
chiedono all'autorità romana la riconferma di una situazione di
privilegio da loro già posseduta più o meno ampiamente in Grecia.
In questo caso l'intervento del governatore nell'interno delle
città, ben diverso da quello comune più tardi, indica, per così
dire, lo stadio iniziale del ben conosciuto processo intrinseco
all'imperialismo romano, come ad ogni imperialismo, che conduce
a poco a poco a limitare gravemente o annullare del tutto le li
bertà dei singoli Stati in favore dello Stato dominante. -

Appunto perché la differenza giuridica fra le due categorie


di città stipendiarie in realtà contava poco, riesce molto difficile
per la Grecia una sicura distribuzione di codeste città nelle due
categorie. Certo alla prima, la peggiore, delle poleis col territorio
confiscato e poi restituito dai Romani appartenevano Tebe in
Beozia e Calcide in Eubea. Tebe, se non fu distrutta al pari di
Corinto come pretende la perioca 52 di Livio, ebbe smantellata

(1) P. 63.
(2) Ios. ant. Iud. XIV 137.
CIVITATES STIPENDIARIAE 45

una parte delle mura (1); al tempo di Silla metà del territorio le
fu tolta e data ai santuari di Olimpia, Epidauro, Delfi. Calcide,
sempre in base alla stessa perioca di Livio, sarebbe stata egual
mente distrutta ; invece essa ebbe, a quanto pare, abbattuta
soltanto una parte delle mura (2). Oltre a Tebe e Calcide, può
darsi che ad altre città sia stato confiscato il territorio e poi
restituito, specie in Acaia ; ma non si coglie nelle scarse notizie
epigrafiche e letterarie alcun indizio, ed è necessario per ora aste
nersi da ogni ulteriore precisazione. -

Le rimanenti città delle regioni che combatterono contro


Roma, prescindendo da qualcuna, appartengono alla seconda
categoria, quella delle poleis cui il territorio non fu mai confiscato,
ma che come Tebe e Calcide dovevano pagare uno stipendium.
A tale condizione dunque sarebbero state ridotte per la maggior
parte le città dell'Acaia, dell'Elide, ad eccezione forse di Elide
città, della Messenia all'infuori di Messene, dell'Arcadia salvo
Megalopoli, dell'Argolide, esclusa, pare, Epidauro, della Focide,
Beozia, Locride orientale, forse nella Megaride Megara, certo
Page ed Egostena (3). Si ricordi che gli Elei e i Messeni dopo la
sconfitta di Critolao, quando Dieo rimase solo comandante, ten
gono in patria le loro milizie con la giustificazione di difendere
le coste da un possibile sbarco nemico (4), e Megara capitola di
fronte a Metello sfuggendo all'assedio e all'occupazione con la
forza (5).

(1) P. 194 seg.


(2) P. 190.
(3) Per codeste notizie si vedano i paragrafi corrispondenti nella IIa parte
di questo lavoro. Sulle città, probabilmente libere e amiche della Beozia e
della Focide v. p. 68.
(4) PoLYB. XXXVIII 16, 3 (B.-W.).
(5) PAUs. VII 15, 7 segg. PoLYB. XXXVIII 15, 3.
IV.

CIVITATES IMMUNES AC LIBERAE

Se fra le città delle regioni greche implicate nel conflitto


con Roma alcune non solo conservarono il loro territorio, ma
furono esenti dal pagare il tributo, cioè immunes ac liberae, tali
furono a maggior diritto tutte le città delle regioni che si asten
nero rigorosamente da quella guerra. Codeste città si suddivi
dono in sine foedere immunes ac liberae e in foederatese (1) secondo
che la loro immunità e libertà è riconosciuta semplicemente da
una lea o da un senatoconsulto ovvero è basata su di un trattato,
il foedus. Di solito dietro le tracce del Mommsen (2) si pensa che
nel primo caso la condizione di libertà e immunità può essere sop
pressa con una nuova lea o un nuovo senatoconsulto a benepla
cito di Roma, nel secondo caso giuridicamente quella condizione
è inalterabile, a meno che non intervenga un accordo fra le due
parti.
Ma siffatta distinzione giuridica col suo rigido schematismo
va in concreto sottoposta a limitazioni perché, se è vero che nel
primo caso l'immunità e la libertà potevano essere soppresse
con una nuova ler o un nuovo senatoconsulto, è del pari vero che
il senato o il popolo romano concedendo l'immunità e la libertà
si tenevano moralmente impegnati a conservarle (3) e, quando
ciò non era nei loro intendimenti, inserivano entro il testo del
senatoconsulto o della legge una clausola che esprimesse nel modo
più chiaro la precarietà di quelle concessioni. Così in concreto
sia le città sine foedere immunes ac liberae sia le foederatae, salvo
per le prime la presenza nel senatoconsulto o nella legge della

(1) CIC., Verr. III 6, 13.


(2) Röm. Staatsrecht, III 1, p. 655 segg.
(3) V anche JoNEs, The Greek City, p. 117.
CIVITATES IMMUNES AC LIBERAE 47

clausola limitativa, si trovavano rispetto a Roma in una simile


condizione di sicurezza circa la loro immunità e libertà. Tale
clausola esprimente la temporaneità, ossia la precarietà, di quelle
concessioni ci è conservata, ad esempio, nel senatoconsulto in
torno ai Tisbei del 170 av. Cr. (1), dove viene distintamente
stabilito il periodo dei prossimi dieci anni pei quali soltanto il
senato intende valevoli i privilegi accordati, e in un luogo di
Appiano che risale a fonte epigrafica (2). Qui, avendo gli abitanti
di Segeda, città dei Celtiberi Belli, violato alcuni articoli del
trattato concluso nel 179 da Tiberio Sempronio Gracco (3), i
Celtiberi Belli nel 154 di fronte alla minaccia di guerra romana fra
l'altro osservano: tov èè pópov xxi tic evo tag 5t'xòtòv è pooxv
Pouxtov & peio 9x uetà Tp3xyov, e Appiano commenta: voi tò 5vt.
ſhaav & pe uévo, Stòoat 8', 3oo), t3g totáa)e Sopexa 3ei tpoottºelox
xopixg èoreo 9x, uéypt 3v xòti xxi to Shuo Soxi. A proposito di questo
luogo A. Heuss annota (4) che il senato e il popolo romano lasciano
sussistere il pagamento del tributo de iure e lo sopprimono solo
de facto poiché non lo riscuotono per un certo periodo ; si tratte
rebbe dunque di una semplice moratoria. Ma tale distinzione sot
tile cade per la sua stessa complicatezza, e il testo di Appiano,
interpretato, come va, semplicemente, conserva un esempio
lucido di libertà precaria. Inoltre con un suo decreto (5) L. Emilio
Paolo, che amministra la Spagna ulteriore dal 191 al 189, comanda
che gli schiavi degli Astensi abitanti la torre Lascutana sieno
liberi e comanda pure che essi posseggano l'agro e l'oppidum
da loro tenuto ea tempestate dum populus senatusque Romanus
rellet. Di contro a siffatte concessioni precarie come esempio di
concessioni definitive, le quali cioè il senato s'impegna a mante
nere sempre, si può addurre fra i molti quello della lettera di
Flaminino agli abitanti di Cyretiae di Perrebia (6): 8o p

(1) Ricco BoNo, Fontesº, p. 242 n. 31, l. 20 segg.


(2) Iber. 44.
(3) App. Iber. 43.
(4) Die vòlkerrechtlichen Grundlagen der rom. Aussen politik in Republik.
Zeit in « Klio», Beiheft XXI, Leipzig 1933, p. 103.
(5) RICCo BoNo, Fontesº, p. 305 n. 51 : per la data v. anche K. GoETzERIEI,
Annalen der rôm. Provinzen beider Spanien, Diss. Erlangen 1907, p. 73.
(6) Syll.º 593 l. 9 segg. Su tutto ciò HEUss, op. cit., p. 103 segg.
48 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

tote &to) eirovto. xthaeto è freto xxì oixtoc tov xx9 p.ooo čov etc tò Sm
uóatov tò 'Pouxtov, txox: Stòouev ti bustépx tóxel.
Tutte queste città immunes ac liberae sia senza foedus sia
con foedus sono amicae del popolo romano (1). In vero l'amicitia
come elemento di diritto internazionale si è prestata a lunghe
dispute e venne anche identificata erratamente col trattato di
amicizia, mentre già il testo di Pomponio (2) distingue in modo
netto l'una dall'altro: si cum gente aliqua neque amicitiam neque
hospitium neque foedus amicitiae causa factum habemus, hi hostes
quidem non sunt (3). Purtroppo le regole concernenti il diritto
internazionale e i rapporti di Roma con i popoli stranieri per
mangono tuttora oscure, nonostante pregevoli ricerche recenti (4).
Agli autori antichi bisogna ricorrere con estrema prudenza perché
lo sviluppo della conquista ha confuso in una sola nozione, quella
del dominio romano, le svariate istituzioni del diritto interna
zionale, e gli scrittori latini impiegano costantemente l'una per
l'altra espressioni che nel passato designarono stadi diversi (5).
Ben presto Roma pei rapporti con lo straniero sempre più
intensi dovette fissare in quale misura più o meno grande avrebbe
ammesso al godimento del suo diritto i popoli di stirpi differenti
che essa faceva passare dallo stato d'indipendenza a quello di
sottomissione. Il concetto dell'amicitia populi Romani, che a

(1) Contro la divisione mommseniana degli alleati romani in amici, amici


et soci e socii i quali ultimi non sarebbero amici, v. in senso peraltro diverso dal
nostro L. E. MATTHAEI, On the classification of Roman Allies, in «Class. Quar
terly » I (1907), p. 181 e più propriamente HEUss, op. cit., p. 26 n. 1.
(2) D. XLIX 15, 5, 2.
(3) L. E. MATTHAEI, art. cit., p. 182 segg.; ma soprattutto A. HEUss,
Amicitia, Diss. Fac. Phil., Leipzig 1932. Die völkerrecht. Grundl., p. 4 segg.,
12 seg.
(4) Ad esempio E. TAUBLER, Imperium Romanum, Berlin 1913. C. PHIL
LIPsoN, The international law and custom of ancient Greece and Rome, 2 vol.,
London 1911. HEUss, Die völkerrechtl. Grundl. Leipzig 1933. A. N. SHERwIN
WHITE, The Roman Citizenship, Oxford 1939, p. 126 segg. che si rifà soprat
tutto al lavoro di H. HoRN, Foederati, In. Diss. Frankfurt am M. 1930.
(5) Cfr. l'eccellente studio di L. GALLET, Essai sur le sénatus-consulte « de
Asclepiade sociisque », in «Revue histor. de droit français et étranger» 4e Ser.,
16e Ann., 1937, pp. 241 segg., 387 segg., specie 265 segg. molto ben informato
intorno alla bibliografia in proposito antica e recente.
CIVITATES IMMUNES AC LIBERAE 49

noi qui interessa, ha dato luogo a teorie basate su due concezioni,


la giuridica e la politica. La prima formulata da Voigt (1) consi
dera i trattati di amicizia come degli atti per cui le parti si assi
curano reciprocamente la comunanza del commercio e la prote
zione del diritto ; essa è a fondamento dello studio del Mommsen,
Das römische Gastrecht und die rò mische Clientel (2) e viene ripresa -

nel Röm. Staatsrecht (3). Il Mommsen vede nell'amicitia uno svolgi


mento posteriore dell'hospitium publicum e identifica addirit
tura l'hospitium con l'amicitia, la quale diventa la base dell'or
dine internazionale romano (4). Ma qui l'autore, come fu messo
in rilievo, col limitarsi a considerare la situazione degli stranieri
dal punto di vista dell'amministrazione e del diritto romani,
trascura l'aspetto politico dei trattati e le diversità delle loro
clausole. Già P. Willelms (5), reagendo contro le tesi sistematiche
del Mommsen, ha insistito sulle differenze fra l'amicitia e l'hospi
tium e per merito soprattutto di E. Täubler (6), che critica Voigt
e Mommsen, si è formata l'altra concezione, la politica. Tiubler
infatti studia singolarmente i vari trattati a noi pervenuti e
distingue i trattati di deditio, quelli conclusi per un tempo limi
tato, specie le convenzioni di armistizio, e quelli perpetui ; fra
questi ultimi distingue ancora tre tipi, e cioè trattati d'amicizia
(Antioco di Siria), d'alleanza e di clientela (Gades e gli Etoli).
In nessuno il Tiubler trova traccia di concessioni di diritti ; non
vi è dunque alcuna comunanza di relazioni giuridiche creata dal
trattato, ma la convenzione di amicizia è un atto di natura es
senzialmente politica (7). Sia l'una che l'altra tesi, criticate di re
cente, vanno abbandonate soprattutto per l'errore iniziale che

(1) Das ius naturale, aequum et bonum und ius gentium der Römer II,
Leipzig 1838, pp. 102 segg., specie 208-220. -

(2) In « Römische Forschungen » Iº, Berlin 1864, p. 319 segg.


(3) III, Leipzig 1887, p. 591 segg.
(4) Per un esame dettagliato della tesi del Mommsen e dei suoi seguaci,
v. GALLET, art. cit., p. 271 segg.
(5) Le droit public Romainº, Louvain 1888, p. 346 n. 10.
(6) Imperium Romanum, I, Berlin 1913.
(7) La tesi del TAU BLER è seguita da S. BRAssLo FF, Der Rom. Staat und
seine internationale Beziehungen, Wien 1928. V. inoltre per la critica ad alcune
teorie di MoMMsEN e TAU BLER, HoRN, op. cit.
50 IL 1)OMINIO ROMANO IN GRECIA

esse commettono di identificare l'amicitia e il trattato di amicizia,


mentre il testo di Pomponio (1), si è visto, li diversifica in modo
netto ; e ben a ragione si osservò che l'amicitia non promana
forzatamente da un trattato, poiché essa si presenta come uno
stato permanente delle relazioni di Roma con certi popoli, stato
che può esistere al di fuori di ogni foedus ; inoltre l'amicitia può
sorgere anche dai trattati di deditio (2).
Ma qui, nonostante la verità di codesta tesi fondamentale,
che resta merito precipuo di A. Heuss, attorno al concetto di
amicitia e in modo particolare attorno al decreto di liberazione
« Freilassungsdekret » si è astrattizzato e sottilizzato in maniera
così esasperante da perdere ogni contatto con la concreta realtà.
Si è sostenuto (3) che il decreto di liberazione riguarda esclusiva
mente l'abolizione del dominio romano nato con la deditio, e
che tutte le altre misure di regolamento positivo sono in diritto
indipendenti da quell'abolizione e si confondono con essa solo
temporalmente in quanto il costituirsi dei rapporti interni in
una città prima dedita e ora liberata e il ritiro delle milizie romane
avvengono quasi insieme. Così la dichiarazione di libertà di
Flaminino per le città greche nel 196 (4): “H a o Antog i “Pogatov
xxi Titog Kotvtto; otpot Yòg to tog.... & ptāo èXeo9époug, 3 ppoopftooc,
3 popoNorſtoog, vòuotc Xpcouévoog toic tarptotg: senatus Romanus
et Titus Quintius Flamininus imperator liberos, immunes, suis
legibus esse iubet (5) non è identica alla liberazione reale che
si ebbe dopo connessa col regolamento delle singole relazioni.

(1) D. XLIX 15, 5, 2.


(2) Un po' diversa dalla tesi dello HEUss, ma sullo stesso indirizzo contro
la teoria del MoMMSEN, è l'articolo, contemporaneo al lavoro dello HEUss,
di J. STRoUx, Die Constitutio Antoniniana, in « Philologus », LXXXVIII
(1933), p. 272 segg. Per lo Stroux fra la deditio e la condizione provinciale
doveva intercedere un atto costitutivo che determinava appunto codesta
condizione; siffatto atto era, in mancanza di trattati, la redactio in formam pro
vinciae. Su ciò v. A. PAssERINI nella rec. all'opera dello HEUss in «Athenaeum »,
N. S. XI (1933), p. 399 segg. Sull'amicitia e la deditio cfr. anche J. A. LARSEN,
Was Greece free between 196 and 146 B. C. ? in « Class. Philology », XXX
(1935), p. 195 segg. -

(3) HEUss, op. cit.


(4) PoLYB. XVIII 46, 5 (B.-W.).
(5) Liv. XXXIII 32, 5.
CIVITATES IMMUNES AC LIBERAE 51

Essa non è un atto costitutivo di nuovo diritto perché annulla


il presupposto per la possibilità di un nuovo ordinamento, cioè
il dominio romano come indica l'espressione 3 ptévot, e senza
l'effettiva liberazione riuscirebbe vuota e priva di senso; onde
il suo carattere in contrasto con una costituzione è semplicemente
dichiarativo. Su codesto carattere dichiarativo si insiste per sotto
lineare l'affermazione precedente che in simili dichiarazioni di
libertà non e da vedersi un decreto, che crei una nuova condizione
di diritto, ma solo un riconoscimento di una condizione di diritto
esistente, la quale è quella dell'amicitia. In tal modo lo stato di ami
citia fra popoli sarebbe naturale, nettamente contrario allo stato di
guerra presupposto invece come naturale dalle ricerche anteriori.
La distinzione fra il momento dichiarativo, quello del de
creto di liberazione, e il momento dell'attuazione positiva, ossia
del reale compimento di siffatto decreto, essendo intrinseca a
qualsiasi atto della vita pratica per cui fra il dichiarare di dar
ad altri una cosa e il darla effettivamente intercede di solito un
periodo di tempo, anche se brevissimo, nel suo stesso generico
schematismo complica e non chiarisce il problema. Il quale è
tanto più importante, visto in concreto, quanto più esso si rivela
essenziale per comprendere nel loro carattere le relazioni di
Roma con le altre città e in specie con quelle del mondo greco.
E solo l'astrattezza ha condotto a cogliere complicazioni giuri
diche là dove i fatti si spiegano da sé nella loro lucida genesi. Per
esempio nel 193 av. Cr. Menippo ambasciatore del re Antioco III
in Roma è incaricato anche dalla città di Teo a parlare in favore
di essa ; i Romani rispondono benevolmente e stabiliscono
elvat tv tò).tv xxì tv x6pxv ispxy xx9òg xxì vòv éotiv xxi &ooNov xxì
& popo).6rrov 3rò voi Shuo to5 Pouxtov (1). Codesta frase do
vrebbe indicare senz'altro secondo lo Heuss (2) una città sotto
il dominio romano, e, poiché Teo tale non era e, dunque,
mancava il presupposto giuridico per l'effettivo compimento
di una siffatta dichiarazione, questa dimostrerebbe sempre più
chiaramente il proprio carattere non costitutivo di nuovo di
ritto. In verità la frase riferita non indica alcun dominio di

(1) Syll.º 601.


(2) Op. cit., p. 97.
52 - IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

Roma su Teo ; essa esprime soltanto l'impegno per il futuro da


parte di Roma di rispettare la completa immunità e libertà di
Teo. Ciò corrisponde a quanto si conosce da Livio (1) e da Ap
piano (2) che Antioco si lamentava dell'inframettenza romana
in Asia ; lo stesso Menippo, suo ambasciatore, esterna in Roma la
meraviglia del re 6ti (oi “Pouxiot) xe) ebooat tov év 'Iovia tòXeov
3 ptotzoºz xxi p6poog taiw & piévx (3), e i Romani rivendicano
il diritto di Asiae civitatium amicitias et tueri, quas habeant, et
novas complecti (4). Pertanto inquadrata storicamente è fuori
dubbio che la dichiarazione romana riguardante Teo ha senso del
tutto politico e da essa non si può dedurre alcun concetto giuri
dico, ma solo che allora il predominio romano in Asia si andava
accentuando (5). Del pari ai Galati, che non si erano dediti a
Roma, Roma nel 166 av. Cr. concede l'autonomia (6). Anche qui il
provvedimento è eminentemente politico; infatti nel 166 i Galati
insorti erano stati sconfitti in Frigia da Eumene II e da Attalo (7),
e in quegli anni stessi Roma verso Eumene II nutriva una sorda
ostilità, onde la dichiarazione d'indipendenza agli ambasciatori
galati giunti in Roma, tutta a danno del regno pergameno, si
inserisce in questa temperie storica e come la precedente prova
solo l'effettiva padronanza di Roma in Oriente. Esplicita a tale
riguardo è l'osservazione di Giustino (8) circa l'indipendenza
riconosciuta da Roma ai Giudei al tempo di Antioco VII: amicitia
Romanorum petita primi omnium (i Giudei) ee orientalibus liber
tatem acceperunt, facile tunc Romanis de alieno largientibus.
Di carattere diverso sono le espressioni contenute nella let
tera degli Scipioni ad Eraclea del Latmo (9). Qui allo Heuss (10)

(1) XXXIII 40. XXXIV 57 seg.


(2) Sur. 3, 6.
(3) APP. Sur. 6.
(4) LIv. XXXIV 58.
(5) V. anche D. MAGIE, Rome and City-States of Asia Minor, in « Anat.
Studies presented to W. H. Buckler », Manchester 1939, p. 169.
(6) PoLYB. XXX 28 (B.-W.).
(7) BüCHNER in PAULY-WIssowA, « Real-Encycl. », VII, col. 527 seg.
(8) XXXVI 3, 9.
(9) Syllº 618.
(10) Op. cit., p. 97 segg.
CIVITATES IMMUNES AC LIBERAE 53

è sfuggito l'articolo del De Sanctis (1) che per primo ha rico


nosciuto in questo documento una lettera dei fratelli Lucio e Publio
Cornelio Scipione e l'ha datata con sicurezza nell'inverno 190/189,
riconoscimento accolto e avvalorato dall'Holleaux in contrasto con
la tesi dello stesso Holleaux sostenuta in precedenza (2). Ad
Eraclea, che si era sottomessa, gli Scipioni con tale lettera con
cedono la libertà come l'avevano conceduta alle altre poleis
deditae; la sua immunità viene poi necessariamente riconfermata
dalla pace di Apamea del 188 che dà un assetto definitivo alle
cose d'Asia (3). Così ai Focesi dopo la battaglia di Mionneso
del 190 il pretore L. Emilio Regillo, avendoli soggiogati, resti
tuisce la città e i campi e le loro leggi (4), e codesto provvedi
mento viene come il precedente riconfermato nella riorganiz
zazione definitiva dell'Asia dalla pace di Apamea (5).
Dunque gli esempi addotti dall'Heuss (6) inquadrati nel loro
preciso ambiente storico, lungi dal fornire elementi nuovi di
diritto, testimoniano solo quel predominio e quell'effettivo do
minio di Roma nell'Oriente il quale avrà poco dopo in un docu
mento, da collocarsi fra il 159 e il 156 av. Cr., una chiara con
ferma per bocca di un re dei maggiori Stati d'allora, Attalo II
di Pergamo. Nella lettera che scrive ad Attis, sacerdote del tem
pio di Cibele in Pessinunte, quel sovrano dichiara che nulla si
può intraprendere senza il beneplacito romano perché nel caso
di successo sarebbero sorti da parte dei Romani invidia e detra
zione e sospetto come era già avvenuto al fratello di lui Eumene II,
nel caso di fallimento senza l'appoggio romano si sarebbe andati
incontro a rovina sicura (7). Tale predominio ed effettivo domi

(1) G. DE SANCTIs, Una lettera degli Scipioni, in «Atti Accad. Scienze


Torino », vol. LVII (1921-22), p. 242 segg.
(2) M. HoLLEAUX, La lettera degli Scipioni agli abitanti di Colofone a mare,
in « Riv. di Filol. », N. S. II (1924), p. 29 segg.
(3) PoLyB. XXI 46,2. Liv. XXXVIII 39, 7.
(4) LIv., XXXVII, 32, 13.
(5) PoLYB. XXI 46, 7. LIv. XXXVIII 39, 12.
(6) La notizia di VAL. MAx. VII 2, 6 riguardante Massinissa a cui il popolo
romano avrebbe ridato la libertà nella sua imprecisione indica solo che Massi
nissa fu riconosciuto come re indipendente.
(7) C. BRAD FoRD WELLEs, Royal Correspondence in the hellenistic Period,
New Haven 1934, p. 245 n. 61.

5.
54 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

nio spiega la frenesia che nel II sec. e poi nel I s'impossessò di


parecchi re spingendoli a lasciare per testamento il loro regno
ai Romani ; così Tolemeo VII Evergete II, Attalo III di Pergamo,
Tolemeo Apione di Cirene, Nicomede IV Filopatore di Bitinia,
Archelao di Cappadocia, Tolemeo Alessandro II d'Egitto. Tutti
questi sovrani si sentivano in un certo senso investiti da Roma e
a Roma potente affidavano dopo la loro morte le sorti del proprio
regno (1); Nicomede IV Filopatore di Bitinia giusta Plutarco (2)
teneva addirittura la testa rasa e si proclamava liberto dei
Romani.
L'amicizia come stato naturale sorge dalle semplici e sva
riate relazioni di Roma con altri popoli ; la parola greca pixto
spesso durante il II e più nel I sec. av. Cr. pel frasario ampolloso
dell'epoca si accompagna nei documenti con la parola auguxxix
senza che l'espressione più complessa di pixto xxì auguxxio.
indichi con ciò un'alleanza (3). Ma la parola Gougoyto non
perse anche in quei secoli il proprio significato originale onde vi
è sempre nei singoli casi la grave difficoltà del valore da attri
buire al termine auguxxio o all'aggettivo corrispondente (4).
Certo non era alleata di Roma la città cretese di Ierapitna i cui

(1) Tale teoria è formulata da G. DE SANCTIS nel vol. IV 2 della sua


Storia dei Romani in corso di pubblicazione. -

(2) De fort. Aler. II 3.


(3) Per l'aggettivo socius adoperato abusivamente riguardo a sudditi
non autonomi secondo la terminologia del MoMMsEN v. le ben note osserva
zioni dello stesso MoMMsEN in Rom. Staatsrecht III 1, p. 660. 724 segg.; pel
medesimo aggettivo adoperato del pari abusivamente nell'Asia ellenistica
v. E. BICKERMANN, in « Hermes » LXVII (1932), p. 59 n. 1. – Inoltre il senato
consulto votato nel 4 av. Cr. per organizzare i processi de repetundis contro i
governatori provinciali, secondo la dichiarazione premessa da Augusto, è diretto
alla difesa dei buuxxol, ma questi abugayo sono, come è detto chiaramente
all'inizio del senatoconsulto, gli rozzzzóuevot, cioè sudditi. Cfr. G. OLI
vERIo in « Notiz. Arch. Min. Colonie » IV (1927), p. 21. -

(4) HoRN, op. cit., p. ll seg. BICKERMANN in « Gnomon » VII (1931),


p. 54. HEUss, op. cit., p. 26 n. 1. SHERwIN-WHITE, The Roman Citizenship,
p. 160. Più cauto dello Horn e dello Heuss, A. PAssERINI esprime dubbi sul
valore convenzionale del titolo socius (« Athenaeum », N. S. XIII, 1935,.
p. 321 segg.), ma mi pare che nel caso di Ierapitna non vi può essere incertezza
sulla mancanza allora di un foedus con Roma. V. n. seg.
CIVITATES IMMUNES AC LIBERAE 55

ambasciatori in Roma dicono di rinnovare l'amicizia e la sim


machia (1), né per essa vi era stata una legge o un senatoconsulto
che proclamasse tale amicizia e simmachia ; d'altra parte abbiamo
testi di trattati di alleanza dove il termine auguxxix è adoperato
al modo classico (2).
Oltre a questo stato naturale di amicizia ne sussiste un altro
che lo afferma e lo consolida senza alterarlo con precisi impegni
sia quando Roma dà esplicitamente a una città il titolo di amica
sia quando l'amicizia è sottintesa nell'atto in cui la dichiara o
la riconosce immune e libera; e poco importa se la città in prece
denza non era immune e libera rispetto a Roma o era tale. Nel
primo caso la proclamazione di libertà, seguita naturalmente
dal suo reale compimento, modifica in modo effettivo lo stato
della città, nel secondo caso, come per Teo, il riconoscimento
della libertà e immunità preesistenti non lo modifica e, impe:
gnando solo Roma ad attenersi a quel suo deliberato nel futuro,
acquista un carattere del tutto politico. Può tuttavia in questi
casi aggiungersi anche una formale dichiarazione, ossia Roma
non solo dichiara o riconosce immune e libera una città, ma in
sieme sua amica (e alleata) senza che si costituisca di fatto una
nuova situazione diversa da quella dello stato naturale di ami
cizia. Così per ragioni di convenienza politica o di cortesia uffi
ciale spesso le città amiche e alleate, quando inviano ambascerie
a Roma, chiedono fra l'altro di rinnovare l'amicizia e l'alleanza
con una formula che ritorna identica o quasi nei documenti, e
Roma rinnova l'amicizia e l'alleanza, cioè sanziona lo stato na
turale di amicizia e non crea una nuova condizione (3).
Accanto a siffatta amicizia vi è anche, non bisogna dimenti
care, giusta il testo di Pomponio (4), il trattato di amicizia, a
torto negato da alcuni studiosi, che ha l'unico fine di concretare
e precisare rapporti già esistenti e per questo crea vincoli più
stretti fra Roma e la città amica. Esso diversifica dal trattato

(1) M. GUARDUCCI, Inscr. Creticae, III, IV, 10.


(2) V. oltre.
(3) Sull'amicizia concessa ai singoli cittadini specie dopo la guerra so
ciale, v. p. 65 seg.
(4) D. XLIX 15, 5, 2.
56 IL DOMINIO ROMANO IN GRIECIA

di alleanza, la vera e propria simmachia, perché non ha come


quello scopo militare e però le città col trattato di amicizia non
vanno considerate come foederatae nel senso più stretto della
parola. Ma il distinguere in Grecia fra le città semplicemente
amiche e quelle dotate di un foedus amicitiae per la mancanza di
notizie dettagliate riesce impossibile, ed è bene non forzare i
testi pretendendo da essi più di quanto possono dare.
Dunque le città veramente libere sono amiche di Roma; esse
liberae et amicae rispetto alle altre solo libere hanno sovrattutto
il privilegio della immunità, prescindendo qui dalle pi).txxì
Xettoop ſixt, le contribuzioni di amicizia (1). Può darsi che, pro
prio l'esautorarsi del significato della parola è Aeo9epto, la
quale si accordava anche col pagamento del tributo, abbia in
dotto a insistere per le città immuni sul concetto di pixto con o
senza auguxytx quasi per distanziarle dalle città così dette
libere, ma sottoposte al tributo. Tuttavia la distinzione fra città
libere e amiche e quelle semplicemente libere non va presa in
maniera rigorosamente schematica ; nel II e più nel I sec. av. Cr.
i termini giuridici andavano confondendosi e perdevano quella
rigidezza propria del diritto romano antico. Nondimeno essa
appare evidente nell'organizzazione della provincia d'Africa
dove accanto alle sette città libere e amiche del popolo romano
ed esenti da tributo, popoli liberi, quei eorum in ameicitiam populi
Romanei bello Poenicio prorsumo manserunt, vi erano, sembra
sicuro, solo quelle città e borghi con l'obbligo del tributo (2).
La stessa distinzione risulta a chiare note dal senato consulto
intorno ad Asclepiade clazomenio, a Polistrato caristio e a
Menisco milesio del 78 av. Cr. (3). In questo senatoconsulto
quando si concede (4) ai tre personaggi nominati di servirsi a
propria scelta dei tribunali o patri o provinciali romani o di una
città libera fra le poleis che sono rimaste (ueuevapcotòv) ètà téXoog
èv ti pi).tx to5 è fuoo rob Pouxiov, di fronte alle città libere e

(1) Cfr. p. 73 seg.


(2) Ler agraria del 111 av. Cr., l. 75 segg. RIcco BoNo, Fontesº, p. 117 seg.
GsELL, Hist. anc. de l'Afrique du Nord, VII, p. 78 segg.
(3) RIcco BoNo, Fontesº, p. 255 n. 35.
(4) L. 19 segg.
CIVITATES IMMUNES AC LIBERAE 57

amiche si pongono le città cosiddette libere, ma non amiche, vale


a dire le stipendiarie. Strabone poi (1) distingue come divisioni
generali dell'impero romano le éto pxtot, e cioè le provincie
con le loro città stipendiarie, le èXe39epot t6)etc, xi uèv è3 &pxic
xxtà pt).tov tpooeA9obox, tàc S'i)eo9épooxy xòto xotà riuſy, ossia
le città liberae et amicae con foedus e senza foedus, infine i Sováoto,
pò) opyot, iepeig. Strabone dunque non conosce la categoria
di civitates semplicemente liberae diversa dalle stipendiariae e
dalle liberae et amicae, categoria che dovrebbe ammettere chi
erratamente non volesse considerare liberae et amicae tutte le
città non stipendiarie. Può darsi che dopo la guerra sociale di
nanzi all'assimilazione del mondo extra-italico, Roma, cercando
d'introdurre un nuovo sistema atto a dare ad alcuni soggetti
una situazione giuridica speciale senza tuttavia elevarli alla
dignità di cittadini, abbia sfruttato la nozione dell'amicizia, la
quale, basata sull'idea di una certa comunanza di diritti, rive
lava tracce dell'hospitium primitivo e delle pratiche di ordine
internazionale combinate con gli usi ellenici anteriori (2). Ma se
solo nel I sec. av. Cr. Roma estende e approfondisce il concetto
di amicitia, esso nella sua opposizione a quella cosiddetta libertà,
che di fatto era semplice autonomia, e come completamento di
questa, è più antico ed esisteva nel II sec. av. Cr.

(1) XVII 3, 24, p. 839.


(2) GALLET, art. cit., p. 283.
V.

CIVITATES SINE FOEDERE IMMUNES


AC LIBERAE

Le città sine foedere immunes ac liberae amiche del popolo


romano e le stipendiarie giuridicamente erano di fronte a Roma
in condizioni analoghe, vale a dire il loro stato di amicizia o di
stipendium veniva stabilito unilateralmente da Roma con una
lea o un senatoconsulto, ma si è visto come per le città amiche
vada limitata codesta unilateralità. Per la Grecia le vicende di
verse delle varie regioni nei loro rapporti politico-militari con
Roma durante la fine del sec. III e la prima metà del II av. Cr.
costringe a distinguere le città libere e amiche delle regioni an
nesse nel 145 alla Macedonia, che riottennero la libertà dopo la
loro deditio a Roma proprio nel momento di siffatta annessione,
dalle città libere e amiche che, già tali in precedenza, essendosi
conservate lontane dalla guerra achea, non dovettero compiere
alcun atto di deditio. Solo delle prime s'intende ora parlare.
Esse al pari delle stipendiarie erano comprese nella provin
cia (1), e per questo potevano adottare la datazione che s'inizia
col 145, come ad esempio Epidauro, posto che sia tale ; ma mentre
sulle stipendiarie in teoria il governatore in base alla lea o al
senatoconsulto aveva una sovrana giurisdizione, anche se in
pratica di rado la esercitava, lasciando di solito quell'ampia
libertà che si è tentato di chiarire, sulle città amiche la giurisdi
zione del governatore era vincolata dalla ler o dal senatoconsulto,
e di conseguenza poteva esplicarsi, e si esplicava, ancora meno
che nelle città stipendiarie, come dimostra a chi ben guardi la

(1) GSELL, op. cit., VII, p. 45.


CIVITATES SINE FOEDERE IMMUNES AC LIBERAE 59

ler Antonia intorno a Thermessus maior di Pisidia del 70 av.


Cr. (1). Mediante codesto plebiscito gli abitanti di Termesso diven
gono leiberei amicei socieique populi Romani e a qualsiasi magistrato
si vieta (2) di introdurre in Termesso o nel suo agro milizie per
svernarvi o di agire perché altri ve le introduca a meno che il
senato in precedenza non abbia redatto in proposito un senatocon
sulto; si vieta inoltre di imporre ai Termessi contribuzioni mag
giori di quelle stabilite dalla lea: Porcia. Qui evidentemente si
comprende il frumentum in cellam o aestimatum, ossia le grana
glie che in Asia, come in Sicilia, in Spagna e altrove (3), il gover
natore aveva facoltà di requisire a pagamento per sé e pel suo
seguito (4). Inoltre in una lettera ai Chii di un proconsole dell'età
augustea si ricorda un senatoconsulto dell'80 av. Cr. che conce
deva a quella città pel suo atteggiamento contrario a Mitridate
di governarsi con le proprie leggi, i propri usi e i propri tribunali,
caratteristiche codeste dell'amicizia romana (5). Qui si elargisce
ai Chii un'assoluta indipendenza rispetto al governatore, e per

(1) RIccoBoNo, Fontesº, p. 135 segg. Qui codesta legge è ancora datata
nel 71 av. Cr., ma al 70 viene riportata in modo incontrovertibile da G. NIc
colINI, I fasti dei tribuni della plebe, Milano 1934, p. 245 segg. V. anche
A. PAssERINI in «Athenaeum », N. S. XIV (1936), p. 47.
(2) Tav. II l. 6 segg.
(3) Cic. Verr. III 83, 192: ideo valet ista ratio aestimationis in Asia, valet
in Hispania, valet in iis provinciis in quibus unum pretium frumento esse non
solet. Cfr. in Pison. 35, 86. -

(4) F. BozzA nel suo articolo, peraltro assai buono, Gaio II 7 e la pro
prietà provinciale in «Athenaeum », XX (1942), p. 66 segg., specie p. 74 segg.
anterpreta erratamente, a mio giudizio, la lea: Antonia de Thermessibus soste
nendo che la città di Thermessus maior «non è sottoposta al governatore, non
è tenuta ad accogliere una guarnigione romana » (p. 75). In vero codesta città
è sottoposta al governatore per quelle requisizioni a lui concesse dalla lex Porcia
ed è tenuta ad accogliere una guarnigione romana quando ciò abbia stabilito
nominatim il senato con un suo senatoconsulto. Da tale interpretazione scende
necessariamente l'altra affermazione della Bozza, del pari errata, che la civitas
ai cui cittadini è concessa la condizione di liberi amici sociique populi Romani
« è fuori della organizzazione provinciale nella quale è territorialmente in
clusa » (p. 75). Cfr. JoNEs, The Greek City, p. 119.
(5) Syll.º 785, 1. 16 segg.: 3, éozov 6re zi, Pouzio» pºix rgoni).9ov, va re
otò unº dovevo torto oav 3oyóvrov ? 3vrxpxóvrov, oi te rap'zòzoic &vre: Pouxio.
toic Xetov orzzoboov vógotc.
60 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

questo si sente il bisogno di precisare il contenuto della libertà


di cui si fa dono, e Chio potrebbe anche essere città federata (1).
Ma ciò stesso testimonia che di solito non era così, e l'amicizia
romana non implicava la vera e propria uscita della città dalla
provincia come per la città federata.
Di sovente le assisi del governatore si tenevano nelle città
amiche e in Sicilia, oltreché in alcune città decumane, in quella
immunis ac libera di Palermo (2); in Asia Alabanda, civitas
libera, è capoluogo di un conventus iuridicus (3), in Spagna Gades
e in Africa Utica, Adrumeto, Tapso appaiono come sede di un
conventus. Nel 106/5 Utica è la residenza del governatore secondo
Sallustio (4), e tale è nell'82 giusta diverse testimonianze (5), nel
49 poi in Utica P. Attio Varo prende possesso del governo della
provincia (6), e nel 44 un governatore, partendo dall'Africa, vi
lascia due legati (7). -

In Africa in base alla lea agraria del 111 (8) vengono netta
mente distinti i territori delle città libere e amiche da quelli
stipendiari, e nello stesso territorio delle città libere e amiche ven
gono distinte le parti dell'agro pubblico che esse ricevettero in be
nefizio dai decemviri nel 146 al momento della costituzione della
provincia e che il popolo romano poteva riprendere quando
volesse (9) da quelle parti che sono proprie delle città. Simil
mente in Sicilia l'immunità di cui godevano le cinque città libere
di Centuripe, Alesa, Alicie, Panormo e Segesta non è estesa alla
totalità del loro territorio ; i campi del territorio della città col
tivati ad opera de' suoi concittadini sono esenti dalla decima,

(l) V. p. 64 e 75 seg.
(2) CIC., Verr. II 26, 63. V 7, 16.
(3) PLIN. V 29, 109. CHAPoT, La prov. Rom. d'Asie, p. 128 seg.
(4) Bell. Iug. 104, 1.
(5) CIC. in Verr. actio secunda, I 27, 70. VAL. MAx. I X 10, 2. PAUL. Or. adv.
pagan. V, 20, 3. Ps. AscoN. p. 143 (Stangl).
(6) CIC. pro Ligario 1, 3.
(7) CIC. Philipp. III 10, 26. Si veda inoltre la statua innalzata in Utica
circa il 60 a un questore da stipendiari di tre pagi della provincia, CAGNAT
MERLIN, Inscr. 422.
(8) RICCoBoNo, Fontesº, p. 103 segg. n. 8, specie p. 117 seg. 1.75 segg.
(9) GSELL, op. cit., VII, pp. 43 seg., 79.
CIVITATES SINE FOEDERE IMMUNES AC LIBERAE 61

ma i campi su cui lavorano coltivatori stranieri alla città sono


sottomessi alla decima, e alla decima sono assoggettati persino
i Romani della più elevata condizione (1). Nulla di tutto questo
per le città libere e amiche di Grecia. Poiché in Grecia non vi era
agro pubblico all'infuori del corinzio e di quello tessalico e perre
bico appartenente prima al re di Macedonia, nessuna città libera
e amica poteva trovarsi nelle condizioni, ad esempio, di Utica.
In Grecia poi, diversamente dalla decima siciliana, lo stipendium
era fisso pagato globalmente dalla città stipendiaria ai Romani,
ed essa, non Roma, si preoccupava di riscuotere da suoi cittadini
le tasse in relazione, s'intende, con la ricchezza di ognuno.
Ma oltre allo stipendium in Grecia, come altrove, si riscuote
vano, già si osservò, i dazi portuali. I portoria delle città liberae
et amicae al pari di quelli delle città stipendiarie comunemente
erano a vantaggio dell'erario romano ; così ad esempio in Sicilia
si avevano sei sedi principali di portoria e fra esse una era la città
libera di Panormo (2), e la stessa città di Alesa immunis ac libera
viene nominata pel suo portorium (3). In Africa poi le città marit
time liberae et amicae, che costituivano come le porte della pro
vincia, dovevano avere necessariamente delle dogane a vantaggio
di Roma per evitare la facilità di frodi cui avrebbe dato luogo

(1) CARcoPINo, op. cit., p. 212 seg.


(2) CIC. Verr. III 71, 167: cum esset magister scripturae et ser publico
rum. II 75, 185: his erportationibus quae recitatae sunt scribit HS LX socios
perdidisse er vicensima portori Syracusis... cogitate nunc... quid er ceteris locis
ecportatum putetis, quid Agrigento, quid Lilybaeo, quid Panhormo, quid Thermis,
quid Halaesa, quid Catina, quid er ceteris oppidis, quid vero Messana. La stessa
maniera di enumerazione con Messana staccata dai luoghi precedenti indica
che per Cicerone il portorium di Messana federata diversamente dai dazi degli
altri porti veniva riscosso a vantaggio della città e non di Roma. I sei distretti
daziari ricordati da Cicerone nel passo riportato Verr. III 71, 167 non contra
stano con siffatta menzione di Cicerone che ne comprende otto oltre ad altri
minori, perché da questi otto menzionati vanno sottratti quello di Messana,
città federata, e quello forse di Halaesa per la sua scarsa importanza. Pertanto
l'interpretazione di V. M. SCRAMUzzA, Roman Sicily, in T. FRANK, An economic
Survey of ancient Rome, III, Baltimore 1937, p. 341 che una compagnia avesse
solo sei distretti daziari e un'altra gli altri non è necessaria.
(3) V. nota precedente.
62 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

la situazione di portofranco (1). In vero in base al plebiscito per


Thermessus maior si parlò (2) del diritto di dogana che avevano
le città libere. Ma qui conviene ben distinguere. La situazione
di Termesso, come indicano le minute determinazioni conservate
dal plebiscito, è speciale per quella città (3); essa non può pren
dersi quale esempio della condizione caratteristica in tutte le
città libere e amiche. Anzi l'accuratezza con cui il plebiscito si
sforza di precisare i particolari è la prova più chiara che questi
potevano variare. Bisogna dunque distinguere fra le città libere
dichiarate tali dalla lea provinciae (4), quella stessa che stabi
lisce le città stipendiarie, le quali città libere in massima, salvo
qualche eccezione, avevano condizioni identiche, e le città pro
clamate libere da una lea speciale o da uno speciale senatocon
sulto, le quali avevano condizioni diverse fra loro secondo la
temperie storica in cui quella libertà e quell'amicizia venivano
concesse (5). Così a Thermessus maior si lascia la riscossione dei
dazi terrestri e marittimi nei suoi confini, ma da codesti dazi
debbono essere esenti gli appaltatori romani delle imposte, e in
generale gli oggetti spediti dai magistrati romani, non però nel
proprio interesse personale (6). Può darsi che alle città libere e
amiche di solito rimanesse la riscossione dei dazi che esse ave
vano in precedenza sulle merci che entravano nel loro territorio
e vi si fermavano, mentre l'erario romano subentrò soltanto per
le imposte sulle merci transitanti attraverso quel territorio; ma

(1) GSELL, op. cit., VII, p. 45.


(2) MoMMSEN, Röm. Staatsrecht, III, 1, p. 691.
(3) Un esempio simile per Ambracia in L1v. XXXVIII 44 : v. anche
A BBoTT-JoHNsoN, Mun. Adm. in the Roman Empire, Princeton 1926, p. 45.
(4) J. MAcDoNALD CoBBAN, Semate and Provinces 78-49 B. C., Cam
bridge 1935, p. 161 segg. t

(5) In tale categoria rientra la condizione di Tisbe quale appare dai


senatoconsulti del 170 av. Cr. Ricco BoNo, Fontesº, p. 242 segg. n. 31.
(6) ('ICERoNE (Verr. II 75, 185) rappresenta le spedizioni di Verre senza
pagare la dogana in porti di città libere quali Panormo, Halaesa, come una
spogliazione per gli appaltatori dei loro diritti (Verr. II, 70, 171 segg.); qui
si tratta, e fu già visto (MoMMsEN, Rom. Staatsrecht, III, I, p. 691 n. 3), del
l'abuso che fa Verre nel suo proprio interesse personale dell'esenzione di dogana
attribuita alle sue funzioni (Verr. II 72, 176. 74, 182). - -
CIVITATES SINE FOEDERE IMMUNES AC LIBERAE 63

di tale possibilità non si ha finora, a quanto sappia, alcuna testi


monianza sicura (1).
Queste città libere e amiche della Grecia erano di fronte al
governatore della Macedonia in una condizione di maggiore libertà
rispetto alle stipendiarie (2). Tuttavia, se più tardi l'autorità
romana esenta dalle liturgie verso le comunità locali cittadini
addirittura di città federate, come Ottaviano (3), in Rhosos di
Siria, quel Seleuco con la sua moglie, i suoi figli e i discendenti, già
prima essa dovette arrogarsi il diritto di concedere tali privilegi
nelle città libere e amiche, dando luogo al lento livellamento delle
varie categorie di città sotto il dominio di Roma. Allora nel
II sec. av. Cr. e in gran parte del I le libere e amiche oltre alla
immunità dallo stipendium, che al contrario delle città stipendiarie
avevano, e oltre alle facoltà comuni anche alle stipendiarie (4),
godevano il diritto di mandare al senato e ai governatori legati
con tutte le garanzie internazionali, come testimonia per conces
sioni personali di amicitia il noto senatoconsulto intorno ad
Asclepiade, Polistrato e Menisco, ed è probabile, appunto per la
loro maggiore indipendenza rispetto al governatore, che esse,
diversamente dalle stipendiarie, non avessero l'obbligo mandando
ambasciatori a Roma di chiedere preventivamente il permesso
al governatore della Macedonia. Mentre poi le città stipendiarie
erano tenute al dovere di acquartieramento, di prestazioni di
mano d'opera e di altri gravami secondo il beneplacito del go
vernatore di Macedonia, le città libere e amiche, se si vuol gene
ralizzare, come par qui necessario, la prescrizione della legge per
Thermessus maior, erano tenute a questi gravami solo in virtù
di uno specifico senatoconsulto in proposito, erano sottratte
cioè al beneplacito del governatore.
Riguardo alla giustizia amministrativa il governatore non
doveva intervenire in alcun modo nelle città libere giusta il rim

(1) Qualcosa di simile pare che sottintenda pel portorio dell'Illirico A. Dopo,
Publicum portorium Illyrici, Budapest 1940, p. 189 segg.
(2) V. anche G. II. STEvENsoN, Rom. provincial Administration till the
Age of the Antonines, Oxford 1939, p. 82 segg.
(3) P. RoUssEL, Un Syrien au service de Rome et d'Octave in « Syria »,
XV (1934), p. 33 segg.
(4) V. p. 35 segg.
64 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

provero che Cicerone (1) lancia contro il governatore di Macedo


nia di essersi fatto attribuire per legge, a titolo straordinario, il
diritto di chiamare dinanzi a sé intorno a questioni pecuniarie
i populi liberi in violazione della lea: repetundarum di Cesare.
Riguardo alla giustizia civile e criminale anche qui la concessione
fatta ai Chii da un senato consulto dell'80 av. Cr. riportato in
una lettera di un proconsole dell'età augustea, già considerata,
che i Romani residenti in Chio fossero sottoposti alle leggi locali
può indurre, venendo generalizzata, in errore. Siffatta conces
sione è particolare per Chio la quale può anche trovarsi in una
condizione superiore a quella delle città semplicemente libere
e amiche ed essere addirittura foederata secondo un foedus, per
così dire, unilaterale perché redatto e presentato, come si vedrà,
dal senato senza che in Roma il popolo si impegnasse con giu
ramento.
Sia nella giurisdizione civile sia nella criminale si è discordi
circa i tribunali da cui sarebbero stati giudicati i cittadini romani
che abitavano nelle città libere e amiche, sempre prescindendo
dalle città federate il cui foedus poteva contenere clausole parti
colari a questo proposito. Per alcuni (2) i Romani non erano sot
tomessi alla giurisdizione dei magistrati locali, per altri (3) essi,
almeno teoricamente, sottostavano ai tribunali municipali. Già
il Mommsen (4) osservava che la mancanza di sufficienti testi
monianze impedisce di studiare il problema da presso onde biso
gnerebbe accontentarsi delle linee generali. Ma anche qui le linee
generali dipendono dalla valutazione che si dà intorno alla per
sonalità dei diritti, se cioè questa sulle tracce del Mitteis (5)
vada considerata come un rigido principio giuridico per cui ogni
Romano in qualunque parte si trovi può essere giudicato solo
secondo leggi romane oppure, dietro l'esempio dello Schön

(1) De prov. cons. 4, 7 ; cfr. in Pison. 16, 37.


(2) V. ad esempio GSELL, op. cit., VII, p. 45 seg.
(3) V. ad esempio CHAPot, op. cit., p. 190 seg.
(4) Röm. Staatsrecht, III, 1, p. 703.
(5) Reichsrecht und Volksrecht in stlichen Provinzen des Römischen Kaiser
reiches, Leipzig 1891, e di recente EG. WEIss, Grundziigen der romischen Rechts
gesch., Reichenberg 1936, p. 105 n. 1.
CIVITATES SINE FOEDERE IMMUNEs Ac LIBERAE 65

bauer (1), vada considerata come un principio di opportunità


politica adeguantesi alle diverse situazioni di fatto. La tesi dello
Schönbauer più storicistica spezza l'astratto schematismo giu
ridico e coglie più da vicino la realtà concreta ; eppure con le
dovute limitazioni si può affermare che in massima i cittadini
romani nelle città libere e amiche, sempre prescindendo da clau
sole speciali o del foedus o di una lea o di un senatoconsulto,
erano soggetti a leggi e tribunali romani.
Difatti il senatoconsulto del 78 av. Cr., con cui i Romani
premiano tre navarchi dichiarandoli amici del popolo romano,
concede a questi navarchi la facoltà di ricorrere sia come attori
sia come convenuti ai propri tribunali patri o ai giudici romani
o ai tribunali di una città libera e amica di Roma. Tale larga
concessione attiva e passiva contrasta il noto principio actor
sequitur forum rei, ma qui la scelta della giurisdizione di compe
tenza degli interessati dipende, e fu messo nel dovuto risalto,
dalla condizione del tutto particolare degli stessi navarchi. I
quali per usufruire veramente dell'amicitia romana e risarcirsi
dei danni che potevano aver subiti ad opera dei concittadini
durante la loro assenza dalla patria, impegnati nel servizio mili
tare a favore dei Romani, dovevano godere la più ampia libertà
di scelta per la giurisdizione sia passiva che attiva ; qui poi si
tratta di cittadini di poleis costrette a pagare lo stipendium o la
decima e non libere e immuni. Ad ogni modo è fuori dubbio che
la prima facoltà, quella di adire i tribunali patri, implica l'esi
stenza di una norma più o meno consuetudinaria onde gli amici
del popolo romano si staccavano, per così dire, dalla loro comu
nità d'origine e diventando quasi cittadini romani soggiacevano

(1) Reichsrecht gegen Volksrecht ? Studien uber die Bedeutung der Consti
tutio Antoniniana fir die rom. Rechtsentwicklung, in «Zeitschrift der Savigny
Stiftung» R. A. LI (1931), p. 277 segg. Reichsrecht, Volksrecht und Provinzial
recht. Studien iber die Bedeutung der Constitutio Antoniniana fiir die rom.
Rechtsentwicklung, ibid. LVII (1939), p. 309 segg. Rechtshist. Urkundenstudien.
Die Inschrift von Rhosos und die Constitutio Antoniniana, in «Arch. für Papy
rusforschung», 1939. La tesi è accolta con favore fra gli altri da A. WILHELM,
Die Constitutio Antoniniana in «American Journal of Arch. », XXXVIII
(1934), p. 178 seg. e da L. WENGER, in «Archiv für Papyrusf. », XII (1937),
p. 156.
66 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

alle leggi romane; nel I sec. av. Cr. l'amicitia donata personal
mente avvia, si vide, alla cittadinanza romana elargita in seguito.
Ma è evidente che gli amici del popolo romano, come più tardi
i nuovi cittadini romani, non potevano sottostare soltanto alle
leggi romane perché in tal caso l'amicitia o la cittadinanza sarebbe
riuscita loro di danno e non di vantaggio, e perciò il suis legibus
uti era una formula tralaticia che s'inseriva nei documenti di
concessione di amicitia e poi di cittadinanza ; così essa compare
(èv oixco totg iòtotg vóuotg) fra i privilegi accordati da Otta
viano al navarco Seleuco di Teodoto secondo la nota epigrafe
di Rhosos (1).
Codesta epigrafe ha per noi grande importanza perchè Seleuco
appartiene non a una città stipendiaria o decumana come i tre
navarchi, ma a una foederata o almeno libera et amica, la frase
ptAog abugayóg re (2) non avendo sempre il significato pro
priamente giuridico per l'abuso allora di simili espressioni. Al
pari dei navarchi premiati nel senatoconsulto del 78 av. Cr.,
Seleuco può adire ai tribunali patri o ricorrere a città libere o a
magistrati romani, ma solo come convenuto, e cioè qui si rispetta
la regola actor sequitur forum rei. Tale doveva essere la norma
costante. E se in BGU. II 628 (3) con cui si concedono la citta
dinanza romana e altri privilegi ai veterani delle campagne dei
triumviri e ai loro discendenti e poi, regolarmente, nei diplomi
militari non compare la nota concessione di servirsi delle proprie
leggi locali, gli è che di solito questi veterani beneficiati non tor
navano alle loro patrie, da cui per lungo tempo si erano tenuti
lontani, ma fissavano la loro residenza dove siffatto privilegio
non avrebbe avuto alcun senso (4).
Dunque gli amici del popolo romano e i nuovi cittadini romani
potevano adire i propri tribunali o quelli romani o quelli di una
città libera, cioè essi venivano sottratti in un certo senso alla
giurisdizione della città d'origine. E allora a maggior ragione i
cittadini romani erano fuori normalmente della giurisdizione

(1) RIcco BoNo, Fontesº, p. 312, l. 55.


(2) L. 77.
(3) RIcco BoNo, Fontesº, p. 315 n. 36.,
(4) V. contra LUzzAtto, op. cit., p. 310 segg.
CIVITATES SINE FOEDERE IMMUNES AC LIBERAE 67,

delle città libere dove risiedevano dipendendo solo dalla autorità


romana. Può darsi che i Romani avessero la facoltà di ricorrere
ai tribunali locali non diversamente da quelli dotati dell'amicizia
o della cittadinanza ; così Cicerone (1) dice a un Romano resi
dente in Apollonide, città libera : otium te delectat, lites, turbae,
praetor odio est; Graecorum libertate gaudes. Pertanto sia nelle
città stipendiarie sia nelle città liberae et amicae i Romani erano
egualmente sottratti alla giurisdizione locale e dipendevano da
quella romana; ma mentre alle città libere e amiche essi, se vole
vano, potevano ricorrere nelle loro controversie, non potevano
invece ricorrere alle città stipendiarie. Questo si deduce in modo
inequivocabile dalla clausola che nel senato consulto del 78 av.
Cr. (2) e nell'epigrafe di Rhosos (3) limita alle città libere i tribu
nali dove possono ricorrere i privilegiati oltre i propri e quelli
romani ; e se nel senatoconsulto del 78 le città libere vengono
definite come quelle che rimasero sempre nell'amicizia del popolo
romano, mentre codesta determinazione manca nell'epigrafe di
Rhosos, ciò non fa differenza perché tutte le città immunes ac
liberae sia senza foedus sia con foedus sono amica e del popolo
romano, e ogni distinzione fra esse è errata.
Riguardo ai dissensi fra città diverse o fra cittadini di città
diverse, come per le stipendiarie, era ammessa per le libere e
amiche la procedura abituale di arbitrato di una città estranea
al dibattito, e a maggior ragione, in base alla loro libertà più
ampia rispetto al governatore che quella delle stipendiarie, senza
l'intervento diretto del governatore due città libere e amiche o
due loro cittadini ricorrevano all'arbitrato di una terza città o
di un cittadino di una terza città. Ma pel resto, e cioè per tutti
i litigi in cui fossero implicati i Romani, interveniva il governa
tore non diversamente che nelle città stipendiarie mercé un proce
dimento studiato altrove (4).
La scarsezza delle notizie letterarie ed epigrafiche rende
estremamente difficile stabilire la precisa condizione giuridica

(1) Pro Flacco 29, 71.


(2) L. 20.
(3) L. 55.
(4) P. 38 seg.
68 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

delle varie città greche non soggette allo stipendium. Tuttavia


pare sicuro che fin dall'origine della provincia nel Peloponneso
Sicione fu libera e amica del popolo romano, dovendo la sua
condizione privilegiata in confronto con la maggior parte delle
poleis della lega achea, è da credere, al rispetto nutrito dai Ro
mani verso la memoria del suo grande cittadino Arato. Al pari
di Sicione, la patria di Polibio, Megalopoli, per l'intervento ap
punto di Polibio ottenne probabilmente l'immunità e altre città
del Peloponneso, prescindendo certo da Sparta, se non dalla
lega dei Lacedemoni, in situazione del tutto privilegiata, vennero
dichiarate libere e amiche per motivi vari ormai non più discer
nibili. Fra queste vanno poste verisimilmente Messene e forse
Elide ed Epidauro (1).
La libertà e l'amicizia fu concessa, dopo la dedizione com
plessiva, io credo, delle città beote, a Tespie o per essersi astenuta
dalla guerra achea o per la importanza delle sue feste Erotidea
e delle Musea, che si celebravano, queste ultime, poco lontano
da essa, come forse anche a Tanagra, a Platea e, sembra indubbio,
a Lebadea. Nella Focide probabilmente Abe per la venerazione
che vi aveva Apollo fu dichiarata libera e amica (2). Può darsi
che a qualche città stipendiaria sia stata elargita in seguito, du
rante la seconda metà del II e il I sec. av. Cr., la libertà e l'ami
cizia per qualche segnalato servizio reso a Roma, così l'amicizia
fu accordata personalmente a Polistrato di Caristo secondo il
noto senatoconsulto del 78 av. Cr., ma la mancanza di ogni docu
mento impedisce di precisare meglio.
Libere e amiche si mantennero le città delle regioni che non
presero parte alla guerra achea ; esse non fecero che conservare
la libertà e l'amicizia da loro posseduta in precedenza e per questo
dovettero rimanere al di fuori della provincia. Giuridicamente il
governatore della Macedonia non vi esercita alcuna autorità ;
e se, come provano i propositi attribuiti da Livio (3) ai Romani
nell'ordinamento della Macedonia dopo Pidna di escludere i

(1) Anche per queste affermazioni occorre tener presenti i rispettivi para
grafi della parte IIa di questo lavoro.
(2) P. 204.
(3) XLV 17 seg.
CIVITATES SINE FOEDERE IMMUNES AC LIBERAE 69

pubblicani, i Romani in Macedonia non assunsero allora la riscos


sione delle dogane (1), tanto più questa nel 196 e nel 167 fu lasciata
alle città greche; e dopo il 146 tale riscossione, mentre passò allo
Stato romano sia nelle città stipendiarie sia in quelle libere ma
comprese nella provincia, nelle città libere e fuori della provincia
rimase come prima a profitto degli erari locali. È troppo evidente
che siffatta distinzione fra città libere e amiche comprese e non
comprese nella provincia, la quale sul principio presentava un
reale vantaggio delle seconde rispetto alle prime, a mano a mano
andò attenuandosi soprattutto per l'intervento sempre più deciso
dell'autorità romana e finì con lo scomparire. Tuttavia non si
può dire se codesto livellamento delle une con le altre fosse già
compiuto quando Silla modificò in parte la situazione della Grecia,
specie se la riscossione delle dogane fu attribuita allo Stato
romano soltanto da Silla oppure da qualche provvedimento a lui
anteriore. In teoria le città libere e amiche di Roma al di fuori
della provincia avevano naturalmente il diritto di concludere
alleanze con terze potenze senza chiedere il preventivo consenso
romano, e una prova ne possono essere le relazioni diplomatiche
fra gli Spartani e i Giudei subito dopo il 145 av. Cr., ammesso
che Sparta fosse allora semplicemente una città libera e amica
al di fuori della provincia, e non federata (2), ma di fatto già
nel 192 av. Cr. i Calcidesi rispondono agli Etoli che tentano d'in
durli dalla parte di Antioco di non stringere alcuna alleanza nisi
er auctoritate Romanorum (3); e in concreto le città libere fuori
o dentro la provincia nella politica estera dipendevano da Roma.
Fra queste città libere e amiche fuori della provincia vanno
considerate in primo luogo le tessaliche. Che la loro condizione
dopo il 146 fosse identica a quella precedente viene provato dal
senatoconsulto intorno ai Nartaci e Melitei spettante agli anni
146/5-139 (4), e cioè posteriore all'organizzazione romana. Secondo

(1) G. DE SANCTIS, St. dei Rom. IV I, Torino 1923, p. 338.


(2) A. MoMIGLIANo, Prime linee di storia della tradizione maccabaica,
Roma 1930, p. 141 segg. M. S. GINsBURG, Sparta and Judaea, in «Class. Philol. »,
XXIX (1934), p. 177 segg.
(3) LIv. XXXV 46, 13.
(4) Syll.º 674. V. p. 220.

6
70 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

siffatto senatoconsulto allora in Tessaglia vigevano le leggi di


T. Quinzio Flaminino (1) confermate poi da un senatoconsulto ;
inoltre gli ambasciatori di Nartacio e Melitea sono considerati
in Roma come provenienti da popoli amici e soci dei Romani e
dinanzi al senato rinnovano l'amicizia e l'alleanza. La controver
sia per cui le due città ricorrono a Roma riguarda un territorio
di confine, e gli ambasciatori di entrambe le parti pretendono che
le proprie patrie possedessero quel territorio al momento della
loro entrata nell'amicizia del popolo romano (2). Nessuna delle
due parti accenna ad essere entrata prima nell'amicizia romana ;
ciò che, se poteva essere utile alla causa dell'uno dei due conten
denti, avrebbe a ogni modo delimitato più chiaramente i termini
del conflitto. Da siffatto argumentum ea silentio, che qui in verità
non è punto tale, sembra doversi dedurre necessariamente che
entrambe le città divennero amiche del popolo romano nello
stesso momento, e cioè con un unico atto da parte di Roma.
Questo non può essere che la dichiarazione di libertà pei Greci,
dietro un senatoconsulto, di Flaminino (3) seguita dal pratico
compimento di quella dichiarazione, compimento che fu poi
confermato nei particolari, secondo asserisce, si è visto, la stessa
nostra epigrafe, con un altro senatoconsulto (4). Appunto in virtù
di quella dichiarazione di libertà e della sua concreta realiz
zazione Nartacio e Melitea, come tutte le altre città tessaliche,
furono libere e amiche del popolo romano (5); ora Nartacio e
Melitea ricorrendo a Roma pel noto dissenso desiderano rinno
vare l'amicizia e l'alleanza giusta una formula di cortesia diplo
matica che s'incontra ad esempio nell'epigrafe intorno alle contro
versie fra Magnesia e Priene (6), nel senatoconsulto su altre con
troversie fra Priene e Samo (7), nell'epigrafe cretese di Iera

(1) L. 50 segg.
(2) L. 21 seg., 47 seg.
(3) PoLYB. XVIII 44.46. LIv. XXXIII, 32 seg.
(4) LIv. XXXIV, 57, 1.
(5) Sulla controversia fra le città tessaliche di Larisa e di Pteleon presen
tata al senato romano, v. IG. IX 2 n. 520 e RAEDER, L'arbitr. intern., p. 103.
210. ToD, Intern. Arbitr., p. 23 n. 33.
(6) Syll.º 679, 1. 42 segg.
(7) Syllº 688.
CIVITATES SINE FOEDERE IMMUNES AC LIBERAE 71

pitna (1), nel senatoconsulto per Stratonicea (2). Non è dunque


necessario nelle relazioni di Roma con la lega tessalica in generale,
e tanto meno con le singole città, presupporre un trattato di
amicizia (3). Dalla terza guerra macedonica la Tessaglia, mante
nutasi in massima fedele ai Romani, non solo non uscì diminuita,
ma con l'ingrandimento di quella parte della Ftiotide rimasta a
Filippo e Perseo (4); per la guerra achea, cui non partecipò, la
lega tessalica non subì modifiche, salvo forse che ad essa aderi
rono ora più strettamente la Malide e l'Acaia Ftiotide (5) con
maggiore o minore interesse di Roma, la quale ormai a simili
leghe del tutto esautorate non dava più alcuna importanza ef
fettiva.
Oltre alle città della Tessaglia, libere e amiche di Roma
dovevano essere quelle delle leghe, create dopo Pidna, dei Dolopi,
degli Eniani, dei Doriesi, dei Locresi dell'ovest, della lega dei
Magneti ricostituita allora (6), dei Perrebi allora forse rinnovata,
degli Atamani che pare preesistesse all'ordinamento del 167,
degli Epiroti tepì dovixov (7) che non sembra venisse di
sciolta dopo Pidna, e le città degli Anfilochi eretti anch'essi a
Stato indipendente col 167. Nella lega degli Eubeesi ricostituita
da Flaminino (8) sul fondamento della simpolitia delle tre città
di Oreo, Eretria e Caristo, alle quali più tardi fu aggiunta Cal
cide (9), nel 145, all'infuori di Calcide ridotta a stipendiaria, le
altre città conservarono la loro libertà e amicizia con Roma. Nel
l'Ionio libere e amiche al di fuori della provincia rimasero Cor
cira, Leucade, le città di Cefallenia e Zacinto ; tuttavia queste
durante il II e I sec. av. Cr. erano di fatto un protettorato dei

(1) M. GUARDUCCI, Inscr. Creticae III, IV 10.


(2) DITTEN BERGER, Orientis Graeci inscr. sel. 441.
(3) MoMMsEN, Rom. Staatsrecht III. 1, p. 655 n. 3. Contro TAUBLER,
Imper. Rom. I, p. 122, IIEUss, op. cit., p. 110 seg.
(4) DE SANCTIS, Storia dei Rom. IV 1, p. 343.
(5) V. p. 220 seg. -

(6) G. KIP, Thessal. Studien, Diss. Halle 1910, p. 86 segg.; HERMANN


Swo BodA, Griesch. Staatsalt. III, Tübingen 1913, p. 429 segg.
(7) LARSEN, op. cit., p. 302.
(8) HERMANN-Swo BoDA, op. cit., p. 442 n. 5. IG. XII 9, p. 172.
(9) LIv. XXXIII 34, 10. XXXIV 51, 1-2.
72 IL DOMINIO ROMANO IN GRIECIA

Romani per la loro importanza strategica e commerciale. E libere


e amiche di Roma perdurarono le città della lega degli Acarnani.
Invero gli Acarnani, come gli Epiroti, gli Achei e i Beoti,
non furono compresi nella dichiarazione di libertà fatta da Fla
minino nel 196 alle Istmie perchè essi erano alleati interamente
autonomi di Filippo, datisi gli Acarnani per forza a Roma (1),
mentre quella dichiarazione nomina esplicitamente i popoli,
i cui territori erano stati presi a Filippo durante la guerra o per
effetto della pace. Peraltro il senatoconsulto portato in Grecia
dai dieci commissari intorno alla pace con Filippo stabiliva la
libertà per tutti i Greci d'Asia e d'Europa (2) e però anche degli
Acarnani arresisi a Roma: dunque la condizione di libertà e
amicizia per costoro sorge implicitamente da siffatto senatocon
sulto, e allora all'autorità romana non restava che tradurre in
atto l'ordine contenuto in quello, e cioè ritirare dalle città del
l'Acarnania le milizie romane. Ogni proclamazione in proposito
alle Istmie, non riguardando in alcun modo il re di Macedonia,
non avrebbe avuto senso. Si ignora se tale situazione giuridica
rispetto a Roma sia stata modificata dopo la guerra con Antioco,
durante la quale sul principio l'Acarnania assunse una politica
oscillante (3), ma alla conclusione della pace ebbe dai Romani
restituita Eniade (4); tuttavia pare molto probabile che allora,
come più tardi dopo la guerra di Perseo quando pel contegno
ostile fu tolta all'Acarnania l'isola di Leucade (5), la condizione
della lega e delle singole città nei confronti di Roma sia rimasta
la stessa, vale a dire di libertà e amicizia, del tutto simile a quella
della lega e delle città della Tessaglia. Nel 94 av. Cr. Tirreo, la
capitale della lega, stringe un'alleanza con Roma (6) e diventa
civitas foederata. Su di questo trattato si tornerà subito dopo ;
qui importa notare che, se si è modificata in seguito a codesto
foedus la condizione giuridica della città di Tirreo rispetto a Roma,

(1) LIv. XXXIII 16 seg. ZoN. IX, 16.


(2) PoLYB. XVIII 44.
(3) LIv. XXXVI 11 segg. XLII 38, 3.
(4) PoLY B. XXI 32, 14; LIV., XXXVIII 11, 9 ; DIoNYs. HAL. ant. Rom. I
51, 2 ; HERMANN-Swo BoDA, op. cit., p. 303.
(5) LIV. XLV 31, 12.
(6) Syllº 732.
CIVITATES SINE FOEDERE IMMUNES AC LIBERAE 73

non si modificò quella delle altre città acarnane e in generale della


lega, poiché da quanto si può cogliere nel testo, giunto a noi molto
frammentario, sembra che la simmachia venisse conclusa sol
tanto fra Roma e Tirreo. Allora la lega acarnana, al pari di tutte
le leghe, politicamente era esautorata di guisa che la sua capitale
può stringere un'alleanza in nome proprio come se la lega non
esistesse.
Nel 145 libera e amica di Roma dovette diventare Metana
in Argolide quando il re Tolemeo Filometore che la possedeva
cadde nella battaglia vittoriosa presso Antiochia sull'Oronte con
tro Alessandro Bala (1). Inoltre allora fu riconosciuta l'indipen
denza della lega degli Etei con Eraclea a capitale ; anche qui
si tratta, pare, di libertà e amicizia preesistente all'annessione di
parte della Grecia alla Macedonia e non annullata da alcun atto
di deditio. Del pari Sparta nel 145 ebbe riconosciuta una libertà
e un'amicizia che già possedeva e perciò anch'essa, diversamente
dalle città alle quali la libertà perduta per deditio fu concessa
allora da Roma, è fuori della provincia. S'ignora se con Sparta
venne poi concluso un foedus di alleanza vero e proprio in consi
derazione degli antichi rapporti e della sua importanza storica,
per cui l'amicizia e la benevolenza di Roma verso di essa saranno
sottolineate in vari luoghi di Cicerone (2) e di Strabone (3).
È noto invece che dopo la loro sconfitta gli Achei per volontà dei
Romani dovevano pagare a Sparta una multa di 200 talenti,
poi condonata (4), e che gli Spartani allora è tufº ſoov Stxpepóvtog
xxi èuevov èXe39epot, t)ìv töv pt), tycov &)) o auvte) obvteg obòév (5).
Codeste contribuzioni di amicizia per Sparta, città libera
e fuori della provincia, non si sa con precisione in che cosa consi
stessero ; può darsi che fossero state concretate in un foedus
amicitiae. Esse certo esistevano nettamente stabilite o da una le r
o da un senato consulto per le città cui Roma accordò la libertà
nel 145 e che perciò si trovavano entro la provincia ; perché è

(1) P. 159.
(2) Pro Flacco 26, 63. Tuscul. II 34, 46. V 27, 77. Ad famil. XIII, 28 b.
(3) IX 414.
(4) PAUs. VII 16, 10.
(5) STRAB. VIII 366. P. 124 seg. e 129 seg.
74 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

troppo chiaro che queste, se non pagavano alcun tributo fisso,


come le stipendiarie, era, o tuttavia tenute all'obbligo di ricevere
il governatore o un rappresentante di Roma e di spesarlo insieme
col suo seguito, dell'acquartieramento di soldati, salvo conces
sioni speciali da parte di Roma, come pei tecniti dionisiaci di
Tebe (1), e anche, ma non è per nulla sicuro, della partecipazione
alla guerra. Simili pºco i Netoop tot incombevano sugli abitanti
di Gizio, città della lega dei Lacedemoni, secondo un de
creto appunto di Gizio spettante al 71 av. Cr. (2) con cui ven
gono onorati i fratelli Numerio e Marco Cloazi i quali mercé il
proprio intervento presso le autorità romane hanno più volte
alleviato quei cittadini delle contribuzioni loro richieste. Allora
Gizio era, e risulta dallo stesso decreto, civitas libera e amica
di Roma ; e identica doveva essere la condizione delle altre città
appartenenti alla lega dei Lacedemoni. -

La lega dei Lacedemoni fu costituita nel 145; prima della


guerra achea le città, di cui essa poi fu formata, non erano pro
priamente incorporate nella confederazione achea quali membri
non indipendenti, ma sottostavano piuttosto a un protettorato
da parte di quella confederazione. Non si conosce il loro atteggia
mento durante la guerra achea ; peraltro l'odio verso Sparta che
caratterizza la politica di queste città farebbe pensare che esse
abbiano collaborato con gli Achei contro Roma e vadano com
putate fra le città libere entro la provincia. Di fatto lo stesso
decreto di Gizio del 71, che nel complesso rispecchia una situa
zione anteriore a Silla, e cioè una libertas e un'amicitia preesi
stente alla guerra mitridatica, dimostra una diretta intromissione
in quel comune dell'autorità romana, specie del governatore di
Macedonia, e lascerebbe supporre che allora Gizio, come le altre
poleis della lega dei Lacedemoni, fossero considerate entro la pro
vincia. Ma allora nel 71 av. Cr. deve ritenersi compiuto il processo
per cui la condizione delle città fuori e quella delle città dentro
la provincia, se si distinguevano giuridicamente e concretamente
sul principio, a poco a poco si amalgamarono annullando fra loro
ogni differenza.

(1) P. 6 e 19 seg.
(2) Syllº 748.
VI.

CIVITATES FOEDERATAE

In Grecia, come in Sicilia Messana, Tauromenio, Noto, le


città foederate, ossia liberae et amicae ma legate con Roma da
un'alleanza militare vera e propria, avevano la loro condizione
stabilita dalle clausole del trattato che possono variare nei di
versi casi. Così il foedus di Messana conteneva l'obbligo di dare
ogni anno a Roma una nave per la sua flotta, mentre quello di
Tauromenio non contemplava un simile gravame (1); per contro
il foedus di Noto richiedeva, a quel che sembra, l'equipaggia
mento e il mantenimento di un certo numero di marinai. Si con
getturò persino che Noto in virtù del suo trattato fosse sottomessa
alla decima o più precisamente che, come nelle cinque città libe
rae della Sicilia, nel territorio di Noto i coltivatori stranieri a
questa città dovessero pagare la decima, mentre ad essa non
sottostavano per una clausola di quel trattato i Netini (2).
Prescindendo da tale situazione del tutto particolare di
Noto, si può con sicurezza affermare che nel II e I sec. av. Cr.
in Grecia le città foederatae erano tutte liberae et immunes. Esse
avevano i vantaggi delle città liberae et amicae e al pari delle
città libere fuori della provincia si sottraevano all'autorità del
governatore. La giurisdizione civile e criminale sui cittadini
romani veniva regolata dalle clausole del trattato, e clausola di
un trattato potrebbe essere quella ricordata nell'epistola di un
proconsole ai Chii dell'età augustea (3) con cui nell'80 av. Cr.
il senato stabilisce che i Romani residenti in Chio sieno sotto
posti alle leggi locali (v. sotto). Inoltre mediante alcune clausole

(1) CIC. Verr. V, 19, 50.


(2) CARcoPINo, La loi de Hiéron et les Romains, p. 214 segg.
(3) Syll.º 785.
76 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

del trattato potevano venir regolate la protezione presso le au


torità romana dei diritti privati dei cittadini appartenenti a
quegli Stati coi quali Roma stringeva il foedus e insieme la con
servazione dei privilegi concessi in precedenza e individualmente
come fanno supporre le vestigia minime della col. E nel trattato
di Mitilene del 25 av. Cr. (1), su cui si tornerà in seguito.
Forse da principio alle città libere fuori della provincia e
alle federate, salvo per queste articoli particolari del foedus, in
virtù della loro assoluta sovranità spettava generalmente la
giurisdizione civile e criminale sui cittadini romani residenti nel
loro territorio (2), ma, come la condizione delle città libere e
amiche fuori della provincia si andò livellando a quella delle
città libere e amiche entro la provincia, e però le prime persero
il diritto di giudicare cittadini romani e poterono soltanto, al
pari delle seconde, venir scelte quale suo tribunale da un citta
dino romano, così a mano a mano pel dominio preponderante
di Roma la giurisdizione civile e criminale, riguardo ai cittadini
romani e agli italici, fu ritirata al maggior numero delle città
federate in tutto o in parte. Durante l'impero si tolse l'autonomia
a qualcuna di codeste città non solo, sembra, per aver esercitato
malamente simile giurisdizione, ma per averla esercitata ; al
Rodi si rimproverò di aver messo in croce cittadini romani (3),
ai Ciziceni di averli messi ai ferri (4). Tuttavia la reciprocità dei
diritti fra Roma e la città federata si mantenne, pare sicuro,
almeno nel I sec. av. Cr. in alcuni trattati ; una clausola sintoma
tica è quella già riferita per Chio. -

Appunto perché la concreta situazione delle singole città


federate dipende dalle clausole precise del foedus, mancando
queste, si è nell'impossibilità di delinearla più particolarmente.
In linea generale si può dire che in diritto, se per loro parte le
città federate dovevano stare soltanto alle clausole del trattato,

(1) V. ARANGIo-RUIz, Senatusconsulta Silaniana de Mytilenensibus in


« Riv. di Filol. » N. S. XX (1942), p. 130.
(2) V. anche J. S. REID, The Municip. of the Rom. Emp., p. 481.
(3) CAss. DIo LX 24.
(4) CAss. DIO LVII 27. TAC. ann. IV 37. SUET. Tib. 37. Cfr. MoMMSEN,
Rom. Staatsrecht, III 1, p. 702 seg.
CIVITATES FOEDERATAE 77

per sua parte il senato o il popolo romano non poteva imporre


prestazioni maggiori di quelle contemplate dal foedus. Di fatto
la libertà delle civitates foederatae veniva intaccata dai Romani
specie per esigenze belliche. Peraltro non par lecito affermare (1)
che in danno dei diritti goduti dalle civitates foederatae i governa
tori di provincia trascuravano di deporre i fasci quando vi en
travano, basandosi sulla notizia di Tacito (2) secondo cui Ger
manico rispettò in tale punto i privilegi di Atene, città federata
con Roma (3). È certo che, se il gesto di rispetto di Germanico
non presentasse nulla di eccezionale, non vi sarebbe stata alcuna
ragione da parte dello storico di fargli un merito per aver osser
vato un diritto sempre riconosciuto ; ma allora Germanico era
investito del maius imperium per l'Oriente, e cioè egli aveva nelle
singole provincie di fronte ai governatori lo stesso potere del
l'imperatore in tutto l'impero (4). Onde il suo atteggiamento
rispettoso dinanzi al diritto di una civitas foederata è messo in
relazione non con l'inosservanza del medesimo diritto ad opera
dei governatori, sì con l'inosservanza da parte di personaggi
romani investiti di un identico ampio potere. E dal luogo di
Tacito si può solo dedurre che i Romani con imperium superiore
a quello dei governatori, non i governatori delle provincie, entra
vano nelle città federate senza deporre i fasci. -

Inoltre si è pensato (5) che, se in Atene negli anni della guerra


contro Mitridate esisteva già una tribuna dei pretori romani da
vanti al portico d'Attalo (6), quivi i magistrati romani pote
vano esercitare lo ius contionem habendi con grave detrimento
della sovranità di quello Stato. Ma Pepareto dopo la seconda
guerra macedonica verso il 196 av. Cr. concede a un Ateniese e
ai suoi discendenti tpóooòov tpòg tv 3oo) v xxi tòv Sigov cpcototg uerà
tà iep3 xxi 'Pouxtooz (7), e del pari nel II sec. av. Cr. la lega
degli Eubeesi elargisce lo stesso privilegio a un certo Ergotimo

(1) P. GRAINDoR, Athènes sous Auguste, Le Caire 1927, p. 131.


(2) Ann. II 53.
(3) V. anche SUET. Cal. 3.
(4) KRoLL in PAULY-WIssowA « Rea. Encycl. » X, col. 450 seg.
(5) GRAINDoR, l. cit.
(6) ATHEN. V, p. 212 E.
(7) Syll.º 587.
78 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

figlio di Aristotele e a' suoi discendenti tpdorotg ue9'iep3 xxi tà


Pouxtov (1); è dunque fuori dubbio che sia Pepareto sia la lega
degli Eubeesi avevano accordato in precedenza i medesimi onori
ai Romani. E non diversamente si comportò Atene le cui rela
zioni con Roma furono nel II sec. av. Cr. assai buone. Qui la
tribuna costruita pei pretori romani non indica una diminuzione
della sovranità dello Stato, ma solo l'esistenza pei Romani dello
ius contionem habendi loro concesso dagli stessi Ateniesi. Codesta
tribuna stabile non ha nulla da vedere con quella provvisoria
eretta da Pompeo in Messina, un vero e proprio tribunal, da cui
egli rendeva giustizia su questioni interessanti Romani e pere
grini ; certo in questo caso Pompeo lede i diritti di una città fede
rata qual'è Messina e di fronte alle lagnanze dei Messinesi ap
pellantisi all'antica legge romana, che vieta simili soprusi giuri
sdizionali in danno della libertà cittadina, risponde adducendo
la dura necessità di guerra (2). Pertanto si deve ritenere che in
massima durante il I sec. av. Cr., nonostante l'esautorarsi del
concetto di foedus, i diritti delle città federate fossero ancora
rispettati in quel che era compatibile con le esigenze belliche,
e almeno Atene allora conservasse nella giurisdizione civile e
criminale di diritto e di fatto la propria piena indipendenza (3)
anche se qualche volta la sua sovranità e la sua libertà, specie
durante le guerre civili, venne vulnerata.
La diversa situazione concreta delle città greche federate
con Roma sfuggendo a un'analisi minuta per la mancanza di
notizie, non resta se non studiare i foedera quali ci sono perve

(1) IG. XII, 9, n. 898. V. anche per Epidauro IG. IV º 66, l. 63 seg.: A.
WILHELM in « Oesterr. Jahresh. » VIII (1905), p. 281 seg.
(2) PLUT. Pomp. 10. La frase di CIc. de prov. cons. 3, 6 : omitto iurisdic
tionem in libera civitate contra leges senatusque consulta riferendosi a Bisanzio
riguarda una città che allora (57-56) era libera, ma, per quel che pare, non
federata pagando anche tributo (MoMMsEN, Röm. Staatsrecht III, p. 68, n. 4),
ed è espressivo l'accenno da parte di Cicerone nel luogo cit. alla sola libertas
e non al foedus. Per Messina v. anche HoRN, op. cit., p. 40 seg.
(3) L. MITTEIS, Reichsrecht und Volksrecht in den istlichen Provinzens
des rom. Kaiserreiches, Leipzig 1935, p. 86; B. KEIL, Beiträge zur Gesch. des
Areopags, in « Berichte iber die Verhandl. der Sächs. Akad. der Wiss. zu
Leipzig », Phil.-Hist. Kl. LXXI (1919), 8 H., p. 59.
CIVITATES FOEDERATAE 79

nuti e tentar di chiarire la precisa condizione giuridica che in


virtù di un dato foedus sorgeva fra una città determinata e Roma.
Qui bisogna prima di tutto distinguere i foedera veramente bila
terali, giurati cioè sia dal popolo romano sia dal popolo della
città con cui si stringe il trattato, e quelli impropriamente bila
terali in quanto il popolo romano non giura impegnandosi solo
il senato mediante un senato consulto. L'esistenza di codesti
trattati presentati dal senato agli ambasciatori della città con
cui si voleva concludere l'alleanza venne dimostrata esaurien
temente da E. Täubler fondandosi sul foedus del 161 av. Cr. fra
i Romani e i Giudei di I Macc. 8, 17 (1). L'autenticità di tale
foedus, messa in dubbio da Willrich (2), accolta dal Meyer (3)
e in genere da tutti gli studiosi (4), è da ritenersi ora fuori discus
sione, nonostante la difficoltà che il testo greco dei Maccabei offre
per raggiunger gli elementi dell'originale senatoconsulto passato
attraverso varie traduzioni. Sulla base dunque di codesto senato
consulto bisogna oggi ammettere contro la tesi del Mommsen (5),
secondo cui soltanto negli anni dopo Silla, quando il senato si
introdusse nei diritti della cittadinanza, la semplice sanzione del
senato per la conclusione dei trattati venne considerata valevole
in detrimento dell'antico principio riservante unicamente alla
cittadinanza tale sanzione, che già nella prima metà del II sec.
av. Cr. il senato non solo presentava giusta il costume avito al
popolo il trattato, ma deliberava egli stesso in ultima istanza (6).

(l) Imper. Rom. I, p. 239 segg.


(2) Urkunden falschung in der hellenistisch-jiidischen Litteratur, Göttingen
1924, p. 44 segg.
(3) Ursprung und Anfange des Christentums II, Stuttgart 1925, p. 246, n. 4.
(4) V. fra gli altri A. MoMIGLIANo, Prime linee di storia della tradizione
maccabaica, Roma 1930, p. 159 segg. H. HoRN, Foederati, p. 81 seg.
(5) Röm. Staatsrecht, III 2, p. 1171 sulle tracce di J. RUBINo, Untersu
chungen iiber romische Verfassung und Geschichte, I, Cassel 1839, p. 262 nota.
(6) V. anche P. FREzzA, Le forme federative e la struttura dei rapporti in
ternazionali nell'antico diritto romano in «Studia et Documenta Historiae et
Iuris », fasc. I, 1939, p. 161 segg. Sull'atteggiamento del senato rispetto alle
province, v. G. H. STEvENsoN, Roman Provincial Administration till the Age
of the Antonines, Oxford 1939, p. 57 segg. e J. MACDoNALD CoBBAN, Senate and
Provinces 78-49 B. C., Cambridge 1935. -
80 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

E si può aggiungere che, anche se si impugna, ma è troppo arri


schiato, la storicità di questo documento, esso dimostra sempre,
poiché la composizione del libro dei Maccabei spetta, com'è
noto, alla fine del II sec. av. Cr. e all'inizio del I, l'uso romano
d'allora di concludere trattati per mezzo di semplici senato
consulti.
Il foedus coi Giudei del 161 av. Cr. è propriamente un senato
consulto le cui sententiae servono, per così dire, da articoli del
trattato (1), ma altri foedera del senato sono in forma diversa, e
cioè il testo dell'alleanza non si trova incorporato entro il senato
consulto, sibbene lo segue e costituisce un tutto per sé stante.
Di siffatti trattati preceduti da un senato consulto si ha un esem
pio epigrafico fra l'altro per la città di Astipalea nell'anno 105
av. Cr. (2). Invero su questo foedus si è rivolta di recente la cri
tica con l'intento di scindere le due parti di cui esso consta, quella
del senatoconsulto e quella del trattato (3), e però di considerare
la loro disposizione come non corrispondente all'originale romano,
e addirittura si è affermato che, quando in una città alleata tro
viamo senatoconsulto e testo uniti assieme, non si deve mai am
mettere lo stesso per la pubblicazione romana. Peraltro codesta
conclusione non poggia su alcuna salda base. Infatti in un'epi
grafe di una città nelle vicinanze di Pergamo, forse Elea (4), è
esplicitamente riferito (5) che nel tempio di Giove sul Campi
doglio era stata collocata una tavola di bronzo in cui si trovavano
incisi e il senatoconsulto intorno all'alleanza e il trattato, e si

(1) A. HEUss, Abschluss und Beurkundung antiker Staatsvertrage, in


« Klio » N. F. IX (1924), p. 47 n. 2 lo considera un senato consulto intorno a
un trattato da concludersi coi Giudei. Egli insiste sulla differenza fra la con
clusione del trattato per mezzo dello scambio orale di giuramenti e la delibe
razione di un corpo statale circa il trattato stesso. Una simile distinzione può
farsi, ma ha un valore più formale che reale, e non giustifica a ogni modo la
tesi dello HEUss. Qui il senatoconsulto è lo stesso trattato ; questo per entrare
in vigore deve avere l'approvazione dell'altra parte che è qui, come di regola,
una pura formalità.
(2) IG. XII 3 n. 173. IGRR. IV 1028.
(3) HoRN, op. cit., p. 76 segg. V. anche HEUss, art. cit., p. 247.
(4) E. FABRICIUs in «Athen. Mitth. » XXXVIII (1913), p. 37. Syll.º 694.
(5) L. 23 segg.
civITATEs FoEDERATAE 81.

ordina ora di far scolpire quel contenuto in due tavolette di bronzo


in modo da poterlo esporre in Elea sia nel tempio di Demetrio
sia nel buleuterio accanto alla statua della Democrazia. Qui non
è alcun accenno a giuramenti da parte del popolo romano; dunque
si tratta di un foedus concluso solo dal senato, come del resto
indica chiaramente la stessa espressione dell'epigrafe (1). Inoltre
qui si ha la prova che assieme al senatoconsulto e dopo di questo
nella stessa tavoletta era inciso il testo del foedus, e che senato
consulto e trattato furono riprodotti identici nelle tavolette di
bronzo da esporre in Elea.
L'altra epigrafe su cui sembra poggiare la conclusione da
noi respinta è di Epidauro (2) e spetta al 112 /1 av. Cr. Essa ri
guarda gli onori di un cittadino il quale fra l'altro era stato man
dato ambasciatore in Roma per ottenere un'alleanza ; e il foedus
venne concluso, coſì roi 86 ruxtog too Yevouévou xxi to pocòo9évtog eig
tò routeiov xxi tag auguxxfog &vote8etoog èv rivox xxxxéco èv rap
KateroAtº, robrov 8è ºvvi papa Roàéòoxe eig rò Saudotov. Da questa
frase si volle dedurre (3) che nel Campidoglio fu messo solo il testo
del trattato, mentre nell'aerarium Saturni (tò to uſeiov) fu messo
solo il senato consulto, onde qui ci sarebbe la prova che il senato
consulto e il testo del foedus andavano separati. Ora tale dedu
zione supera le premesse perché dall'epigrafe di Epidauro si può
ricavare unicamente l'esistenza in Roma di due documenti, l'uno
nell'erario dove si custodivano i senatoconsulti, l'altro sul Cam
pidoglio quo continebantur paeme ab ea ordio urbis senatus consulta,
plebiscita de societate et foedere ac privilegio cuicumque concessis
secondo Svetonio (4), non si può ricavare in alcun modo che nel
Campidoglio fosse posto solo il testo del trattato e nell'erario
s o l o il senato consulto. Se l'espressione dell'epigrafe accenna
al senato consulto parlando dell'erario, gli è perché qui esso
venne collocato come nella sede adatta ai senatoconsulti, e vice
versa l'accenno al Campidoglio in relazione all'alleanza si riporta
del pari alla sede più adatta per i documenti di diritto interna

(I) to5 te ſe govòzo: 86 ruxtoc brò zig a o yofiro, repl ti: a oggaytag.
(2) IG. IV2 63.
(3) HoRN, op. cit., p. 77; HEUss, art. cit., p. 243 n. 3.
(4) Vesp. 8.
82 II, DOMINIO ROMANO IN GRECIA

zionale ; e nulla vieta di postulare che sia nell'erario sia nel Cam
pidoglio furono posti due esemplari integri, contenenti cioè en
trambi senatoconsulto e testo del foedus. Io credo quindi che di
solito il senato consulto e il testo del trattato erano incisi assieme
sulla stessa tavoletta e tali venivano riprodotti sovente, all'in
fuori di qualche caso eccezionale spiegabile con qualche parti
colare ragione, nelle copie dei paesi alleati. Appunto riproduzione
precisa dell'autentico originale romano va considerato il docu
mento di Astipalea su cui si è appuntata, già si disse, la critica
recente.
Un'analisi interna di codesto documento attesta l'originalità
di esso. La parte superiore del senatoconsulto manca. La parte
a noi conservata s'inizia con l'espressione usuale con cui un popolo
intende di rinnovare l'eirene, la philia e la symmachia con Roma,
viene poi l'ordine al console Publio Rutilio di far affiggere sul
Campidoglio A4) oux auguxxixg ſta tºgl, di dar onore all'am
basciatore di Astipalea e di consegnargli lo [3.vttº papov] affinché
sia esposto in Astipalea in un luogo pubblico molto frequentato.
Veramente la frase del senatoconsulto è per questo riguardo
quanto mai compendiosa e, in base ai supplementi che si possono
ritenere sicuri, essa non parla di consegna dell'antigraphon, ma
della concessione fatta all'ambasciatore di 3v29eival l'an
tigraphon nel luogo più frequentato di Astipalea ; peraltro tale
espressione compendiosa implica la consegna all'ambasciatore
della copia su tavoletta di bronzo com'era uso (1), e ben legitti
mamente nel prescritto del testo del trattato, che segue subito
dopo nell'epigrafe, si può supplire, come si è supplito, in modo
che ne risulti l'ordine impartito dal console : torna tig auguxxix;
8oºivot tº Shuqº ſtop 'Aato txXxtécov 7tivoxx] xxtà 86 (ux avyxxftoo (2),
tanto più che la differenza di parola &vri (po pov e tivoxx non fa dif
ficoltà, essendo la tavoletta di bronzo una copia dell'originale
romano. Al prescritto tiene dietro il trattato il quale si conclude
con l'ordine di erigere 3vd,9 mux èu uè, Pouciov èv tº Kxteto).to
vxò toi Atóg, èv Sè 'Aato txxxtéov èv tò iepſ, tig 'A9 Tv3, xxì toi
'Aax), ſtuoi vai tpòg to 3ouſo... xxi rig 'Poung. Proprio in questo

(1) TAU BLER, op. cit., p. 371.


(2) TAUBLER, op. cit., p. 364 seg.
CIVITATES FOEDERATAE 83

ripetersi nel trattato di una disposizione che già compare nel


senatoconsulto si è visto (1) il segno palese d'indipendenza del
senatoconsulto dal trattato nel senso che l'originale romano
non poteva consistere come il nostro documento di senatocon
sulto e di trattato, l'uno di seguito all'altro. Ma, se ben si
osserva, i due ordini riguardanti la pubblicazione e del se
nato consulto e del trattato rispondono a due momenti diversi.
Nel primo è il senato romano che ingiunge al console di far
affiggere il testo dell'alleanza sul Campidoglio e concede al
l'ambasciatore di Astipalea e per mezzo suo al popolo di
Astipalea l'onore di apporne una copia nel posto più frequen
tato, nel secondo sono le due parti interessate che, a conclusione
del loro trattato, stabiliscono secondo l'uso con precisione il
luogo dove incidere il testo ; per questo la frase del trattato spe
cifica il luogo in Astipalea, mentre non lo specifica il senatocon
sulto, essendo una questione di esclusiva competenza delle auto
rità astipaleesi (2). Dunque il comparire in entrambi i testi in
modo diverso l'ordine della pubblicazione può considerarsi un
indice dell'intimo nesso fra loro dei medesimi due testi, e con ciò
confermare quanto già si è osservato per altre ragioni.
Piuttosto si ignora se l'epigrafe di Astipalea fosse iscritta
su d'una pietra o su d'una tavoletta di bronzo, conoscendola noi
soltanto dalle schede di Villoison. Se, come potrebbe anche sup
porsi, essa era incisa su d'una pietra, non va identificata col
tivo º di bronzo, che di solito veniva consegnato in Roma agli
ambasciatori, e che qui è esplicitamente ricordato, giusta un in
dubbio supplemento, nell'intestazione del testo di alleanza. E
allora, poiché la frase: èv Èè 'Aatotoxxtéov èv tºp iepop tig 'A9 vºg
xxi tot 'AaxxortoU xxì tpòg to gou (p.... xxì tic “Popung si riferisce
evidentemente a un unico esemplare e solo precisa il luogo nel

(1) HoRN, op. cit., p. 80.


(2) Per questo v. la lettera di Silla al senato e al popolo di Coo con cui
Silla comunica di aver concesso ad Alessandro di Laodicea, ambasciatore da
parte degli artisti dionisiaci, la pubblicazione in quella città nel luogo più in
vista dei privilegi da lui elargiti ed esprime la sua volontà che in Coo si designi
un [tóroc èrto] uórxtoc ove pubblicare il documento ; M. SEGRE, Due lettere
di Silla in « Riv. di Filol. », N. S., XVI (1938), p. 253 segg.
84 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

senatoconsulto indicato come quello ſo, vt) eiato txpxoltetxootv


ſtòv toAttòvl, bisognerebbe congetturare che la tavoletta di
bronzo venne collocata nell'archivio secondo l'uso, e per questo
non se ne fece parola nel testo, mentre una copia di essa, la nostra,
giusta la concessione del senato fu posta nel luogo più frequen
tato, quello stabilito dagli Astipaleesi.
Un altro argomento per separare il senatoconsulto dal trat
tato si vide nella presenza del prescritto al testo di alleanza,
mentre esso avrebbe dovuto precedere il senatoconsulto ed essere
redatto in modo diverso da quello del trattato di Astipalea (1).
In questo dopo l'indicazione dei consoli, del praetor urbanus
e del praetor peregrinus, compare la datazione secondo Astipalea :
ſdog èè 'Aatoto Axteigl...... 3 goootv étì ſopixelrotpoo rob......; quindi in
base ai supplementi del Taubler (2), i quali debbono ritenersi
sicuri, già si disse, pel senso se non proprio per le precise parole,
l'annotazione che il console ha ordinato di affiggere il testo sul
Campidoglio e di consegnare al popolo degli Astipaleesi la tavo
letta di bronzo giusta il senatoconsulto. Chi ben guardi deve rico
noscere che un simile prescritto non poteva precedere in questi
termini il testo di alleanza ; esso rivela senza dubbio un'inser
zione eseguita in Astipalea. Vale a dire l'annotazione riguardante
il compimento ad opera del console degli ordini a lui impartiti
dal senato doveva trovarsi alla fine del testo del trattato come
aggiunta introdotta in Roma dal console o da altri per lui; con
questa si attestava che il console aveva di fatto eseguito le dispo
sizioni senatorie. Gli Astipaleesi inserirono tale aggiunta prima
del trattato nello stesso prescritto perché interessava mettere in
mostra il preciso compimento da parte romana delle delibera
zioni, il quale in un certo senso giustificava e promoveva l'ere
zione da parte loro di un identico anathema. Si può anche conget
turare che la nota aggiuntiva in Roma venisse apposta nell'esterno
del dittico da consegnarsi agli Astipaleesi, il cui interno conte
neva il senatoconsulto e il testo del trattato, e che poi in Asti
palea fu trasferita subito dopo il prescritto del testo di alleanza.

(1) HoRN, op. cit., p. 79.


(2) Op. cit., p. 363 segg.
CIVITATES FOEDERATAE 85

Ma se in codesto prescritto si avverte un'aggiunta, tuttavia


esso non può considerarsi per intero un rifacimento ad opera
degli Astipaleesi. Al testo del trattato non poteva mancare l'indi
cazione dell'anno in cui fu concluso e, essendo il foedus un atto
bilaterale, oltre alla data romana compariva quella corrispon
dente della città che stringeva alleanza con Roma ; o, a ogni
modo, appunto perché il prescritto del trattato di Astipalea
contiene due maniere di datazione, la romana e la astipaleese,
va considerato connesso col testo e, come questo, originale della
cancelleria romana. Per contro il senatoconsulto, essendo un
atto esclusivamente romano, aveva la datazione solo romana, e
con ciò si spiega l'esistenza di due prescritti, quello del senato
consulto e quello del trattato.
Del resto l'intimo collegamento del senatoconsulto col trat
tato risulta a chiare note dal testo dello stesso senato consulto
ove si ordina, già si vide, al console di far incidere sul Campi
doglio il X&Xxoux auguxxixz [tx)tºg] ; evidentemente il conte
nuto dell'alleanza doveva seguire subito il senato consulto, altri
menti la frase riferita avrebbe un significato troppo vago e incerto.
Codesta frase si riporta a quanto vien detto nella sententia prece
dente, di rinnovare l'eirene, la philia e la symmachia col popolo
degli Astipaleesi, la quale symmachia non è altro che quella at
testata dal foedus di cui ci è pervenuto integro il testo subito
dopo il senato consulto. Anche qui si tentò di togliere ogni valore
alla espressione considerandola una solita formula di cortesia
internazionale (1). Tale ipotesi peraltro è suggerita palesemente
dall'intento di scindere il senatoconsulto e il foedus e non deve
essere accolta in nessun modo quando si legga senza preconcetti
l'intera epigrafe. Essa tuttavia coglie un aspetto della verità
perché quella frase non significa propriamente che si rinnova
un foedus anteriore, ma che si rinnova lo stato preesistente di
eirene, philia e symmachia, il quale può esistere, si disse, al di
fuori di ogni foedus rinsaldandolo ora per la prima volta mediante
la conclusione di un trattato di alleanza. Può darsi che lo stato
di amicizia già prima avesse un riconoscimento esplicito in un

(l) HoRN, op. cit., p. 76.


so IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

senatoconsulto, può darsi che sieno stati concessi ad Astipalea


p) vs)porta la cui vera caratteristica sfugge ad ogni analisi.
Resta nondimeno provata l'inconsistenza dell'ipotesi del Täubler,
già per sè troppo complicata, che si rinnovasse un foedus concluso
prima da un generale romano (1). Pertanto pare ormai sicuro che
l'epigrafe di Astipalea riproduca l'originale romano, all'infuori
della piccola inserzione nel prescritto del trattato richiesta da
ragioni contingenti quali si è cercato di chiarire, originale romano
conservato sul Campidoglio e forse, se si generalizza la notizia
dell'epigrafe di Epidauro (2), anche nell'erario di Saturno, ove
si depositavano i senatoconsulti.
Oltre a questo documento che testimonia un foedus non
giurato dal popolo romano, ma solo offerto dal senato agli amba
sciatori delle città cui premeva di legarsi in alleanza con Roma,
un'altra iscrizione riferisce un testo di trattato fra Roma e la
città di Cibira (3), che va ritenuto dopo le acute osservazioni
del Täubler (4), invano impugnate dallo Horn (5), del tutto simile
a quello di Astipalea, e cioè un foedus del senato romano senza
l'intervento del popolo. Tale alleanza sul fondamento di Poli
bio (6) spetta a poco dopo il 188 av. Cr. (7); essa ci è conservata
per la massima parte, ma manca il lato superiore dell'epigrafe
che conteneva senza dubbio il senatoconsulto votato per la con
clusione di questo foedus. Infatti la parte a noi pervenuta si con
clude con le solite disposizioni riguardanti la pubblicazione del
documento ; questo deve venir inciso su due tavolette di bronzo
da deporsi in Roma nel tempio di Giove Capitolino, in Cibira
ètì tig 3%.aeog tig Poung, iv è piaoyto xppariv. Evidentemente qui
si accenna a una deliberazione presa dagli abitanti di Cibira, e

(1) Op. cit., p. 124 seg.


(2) IG. IV2 63.
(3) DITTENBERGER, Orientis Graeci inscr. sel. 762.
(4) Op. cit., p. 368 seg.
(5) Op. cit., p. 80.
(6) XXI, 34 (B-W).
(7) B. NIEsE, Gesch. der griech. und makedon. Staaten, III, Gotha 1903.
p. 61, n. 3. Contra DITTENBERGER, Or. Gr. inscr. sel., 762 n. 1, ma vedi TAUBLER,
op. cit., p. 454 seg. HoRN, op. cit., p. 70. D. M. MAGIE, Rome and City-States
of Asia Minor, in « Anat. Studies », p. 178. -
CIVITATES FOEDERATAE 87

resa nota al senato romano mediante l'ambasceria inviata in


Roma per stringere l'alleanza, ossia le autorità di Cibira col decre
tare una statua di oro a Roma intendevano crearsi una temperie
favorevole presso il senato onde concludere più facilmente il
foedus che loro premeva. Il senato rispondendo col suo senato
consulto all'offerta e alla richiesta degli ambasciatori accoglieva
l'una e l'altra e stabiliva di stringere il trattato ; forse esso, come
nel caso di Astipalea, ordinava al console di far incidere il testo
su d'una tavoletta di bronzo a Cibira, ma non si può dire se ac
cennava, come nel caso di Astipalea, alla concessione di esporre
una copia nel luogo più frequentato di Cibira. A ogni modo per
codeste precise disposizioni, le quali sfuggono a un esame minuto
perché si prestano a troppo svariate ipotesi, non va senz'altro
preso come canone il senato consulto di Astipalea (1); fra questo
e quello riguardante Cibira sussiste la differenza che Astipalea
non aveva votato alcuna statua in onore di Roma, mentre Cibira
l'aveva votata e però il senatoconsulto per Cibira doveva neces
sariamente parlare della statua d'oro. Dunque l'accenno rimasto
alla fine del trattato postula la presenza del senato consulto prima
del testo del trattato stesso nella parte mancante; si ha quindi
un foedus che, come il suo compagno di Astipalea, non è giurato
dal popolo romano (2).
La mancanza di giuramenti si deduce anche dal silenzio in
torno ad essi il quale è tanto più espressivo in quanto il senato
consulto di Astipalea ordina al console di far incidere il testo
del trattato sul Campidoglio, e il prescritto del foedus conserva

(1) Cfr. HoRN, op. cit., p. 80.


(2) Per l'epigrafe di Cibira si presenta la difficoltà che, mentre il testo
parla di tavoletta di bronzo da apporsi sulla base della statua d'oro di Roma, la
iscrizione a noi pervenuta è incisa su di una pietra che faceva parte di un'anta.
Il DITTENBERGER non si spiega ciò, pensa soltanto alla possibilità che i Cibi
rati abbiano mutato idea. Io credo che la tavoletta di bronzo da applicarsi
alla base della statua non sia altro che la copia consegnata dai Romani agli
ambasciatori di Cibira, la quale appunto per la disposizione contenuta nel
foedus invece che nel solito archivio di Stato doveva affiggersi alla base della
statua ; per contro l'epigrafe a noi pervenuta è la copia iscritta sulle pareti di
quel tempio che serviva alla pubblicazione dei documenti di stato. Vedi
TAUBLER, op. cit., p. 371.
88 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

un'aggiunta, inserita, si è visto, in Astipalea riguardante il com


pimento ad opera del console di quell'ordine; dunque sia per
Roma sia per Astipalea l'atto conclusivo era con ciò perfetto
senza che vi sieno stati giuramenti da parte del popolo romano.
Inoltre che il foedus non abbia avuto la approvazione del popolo
può trovar conferma nello stesso ordine impartito dal senato
al console di incidere il testo sul Campidoglio poiché tale ordine
sarebbe inutile, se il foedus dovesse venir presentato al popolo (1).
Nulla invece si può ricavare dal silenzio intorno agli 6pxto che
mantengono costantemente i testi di Cibira, di Astipalea come
poi quello di Metimna (2), quando riportano solo avvºixx in
relazione col presente trattato e Govºixx xxi boxto in relazione
con trattati che legavano o Roma o quelle città a terze po
tenze (3). Codesta distinzione in un documento ufficiale, pre
scindendo dal preciso significato di avvò pc, o come disposizione
particolare o come foedus complessivo, non può indicare altro
che nell'un caso l'alleanza non è giurata dal popolo, nell'altro
invece è giurata. Ma qui, poiché auvº pcm si riferisce al contenuto
del testo presente, il quale nel momento della redazione non era
giurato, quell'espressione non poteva essere unita all'orkion che
ancora mancava. Tuttavia, come nel caso particolare di Asti
palea non vi è stato nessun giuramento da parte del popolo

(1) TAUBLER, op. cit., p. 367. 369. Contro tale tesi le sottili distinzioni di
HEUss in « Klio », N. F., IX (1934), p. 36 segg., fra « Staatsrecht » e « Völker
recht » per gli atti che accompagnano la conclusione di un trattato non mi
paiono portare alcun elemento positivo. Nella costruzione che il PASSERINI fa
dell'ultima formula intorno all'incisione del trattato reltesto a noi giunto
estremamente frammentario di Callatis in «Atheneum », N. S. XIII (1935),
p. 70 seg.: [hoc foedus in tabulam ahenam utei scriberetur ae [figeretur altera
Romae in Capitolio loco optumo in fano Concorſoliae, altera Callati...] riesce un po'
strano quel loco optumo che non compare mai in testi simili in relazione con
Roma. Cosi nel senatoconsulto di Astipalea IG. XII 3 n. 173 l. 12 seg.: èv
t]óro è quoato [zzi èrtpxvo: ?] sgozztgivo riguarda non Roma, ma Astipalea;
del pari nel senatoconsulto de Bachanalibus RIcco BoNo, Fontes, p. 240 n.
30, l. 27 l'espressione ubei facilumed gnoscier potisit si riporta non a Roma,
ma ai luoghi a cui è indirizzato quel senatoconsulto ; v. anche « Riv. di
Filol. », N. S. XVI (1938), p. 253.
(2) IG. XII 2, n. 510 = Syll.º 693 = IG. XII S. p. 31 n. 50.
(3) Come vorrebbe il TAU BLER, op. cit., p. 369.
CIVITATES FOEDERATAE 89

romano, sembra molto probabile che nessun giuramento vi sia


stato né per l'alleanza di Cibira, né per quella di Metimna del
129 av. Cr. (1), anche se la frammentarietà dei testi non permette
una precisazione maggiore. Per contro foedera approvati solo dal
senato erano senza dubbio quelli di Elea (2) e di Epidauro (3)
dei quali peraltro non ci sono conservati i testi ; nelle epigrafi
pervenute si parla della pubblicazione in Roma e nella città al
leata del documento e non si fa alcun accenno ai giuramenti i
quali, come nel caso di Astipalea, non avrebbero potuto mancare.
Parimente foedus del solo senato era quello della città acarnana
di Tirreo (4) come risulta dall'evidenza con cui è ricordata la
pubblicazione del testo e dal silenzio intorno ai giuramenti.
Invero di codesto trattato rimane solo il prescritto e l'inizio
del testo. Esso appartiene al 94 av. Cr. Qui l'acuta critica dello
Horn (5) contro il Taubler (6) ha chiaramente dimostrato che il
prescritto non è originale, ma un rabberciamento eseguito in
Tirreo. Difatti esso s'inizia con l'espressione auguxxfo totì
'Pouxtoog la quale dimostra a priori di non essere stata scritta in
Roma ; seguono i nomi dei consoli romani, del praetor urbanus
e del praetor peregrinus, quindi la frase tivo 3 auguxxixg 3veté9 o
xxtà atroc) htoo Só ſuo e i nomi degli ambasciatori tirrei, da
ultimo il principio del testo di alleanza col solito formulario.
Come si vede, manca ogni indicazione della città con cui Roma
stringe il trattato, il che è spiegabile solamente se tale prescritto
fu redatto in Tirreo ; inoltre i Romani non potevano avere alcun

(1) Cfr. ora il decreto degli iuniores rinvenuto di recente in Metimna


IG. XII, S. p. 31 n. 116 dove si rammenta in maniera esplicita l'aiuto dato
dai Metimnei ai Romani.
(2) Syll.º 694. Qui veramente si riferisce (l. 19 segg.): ère vo); 5 Sigo: è
Pouxtov tiv repoxipzov zoo huerépou Shuoo zzi &TroSeguzvog th' e votav Trpooòéòextx.
zòv 8igov huóv pó: re pi).txv xxi a guxxixv, ma ciò non significa affatto che il
popolo romano si sia impegnato con giuramento, mentre subito dopo nello
stesso decreto si parla solo del senatoconsulto intorno all'alleanza e solo della
oov 9h cm.
(3) IG. IV2 63 ; v. anche 64.
(4) IG. IX 1 n. 483 = Syllº 732.
(5) Op. cit., p. 78 seg.
(6) Op. cit., p. 364 seg.
90 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

interesse a mettere così in primo piano i nomi degli ambasciatori


di Tirreo, mentre tale interesse sussisteva nelle autorità di Tirreo
che volevano, come pare sicuro, onorare quei personaggi per
l'esito felice della loro missione (1). La frase circa la tavoletta
con inciso il testo del foedus collocata secondo il decreto del senato
sul Campidoglio riguardava non Roma, sibbene Tirreo perché
la precisa esecuzione del console legittimava, per così dire, il
trattato ; essa è qui richiesta dall'essere il documento che ci sta
dinanzi non il tivo º di bronzo consegnato in Roma agli amba
sciatori tirrei, ma una copia di quello modificato nel prescritto
per ragioni contingenti. E il comparire codesta frase proprio
nel prescritto inserita in modo da rompere il regolare formulario,
se da un lato dimostra l'importanza che essa aveva per Tirreo,
dall'altro conferma luminosamente quanto si osservò intorno
al prescritto del testo di alleanza fra Roma e Astipalea. Siffatta
frase sulla precisa esecuzione dell'ordine senatorio ad opera del
console era aggiunta alla fine della tavoletta riportante il senato
consulto e il trattato oppure era apposta nella parte esterna del
dittico ; e come ad Astipalea fu introdotta fra il prescritto e il
testo di alleanza senza alterare il formulario del prescritto, qui
per motivi identici fu introdotta nello stesso posto, ma alte
rando il formulario in vista del fine immediato di mettere in
mostra l'azione degli ambasciatori.
La solita frase di rinnovare l'amicizia e l'alleanza s'incontra
in un senato consulto del 45 av. Cr. intorno a Mitilene (2) inciso
sul monumento di Potamone (3). Qui ambasciatori mitilenei
vengono in Roma per rinnovare l'amicizia e l'alleanza, per sacrifi
care sul Campidoglio e per far iscrivere in una tavola di bronzo
sul Campidoglio 3...abtoia (sc. Mitilenei) tpótepov 5tò rig avyx) htoo
pix&vº porto a o xexop quévx hy, e il senato concede sia il rin
novamento dell'amicizia e dell'alleanza sia il permesso di
sacrificare sul Campidoglio sia quello di far iscrivere in una ta

(1) V. i decreti di Epidauro IG. IV º 63 e 64 e il cosiddetto monumento


di Potamone di Mitilene IG. XII 2 n. 35.
(2) Syll.º 764. A BBoTT-JoHNsoN, Mun. Adm. in the Rom. Emp., p. 298
n. 25.
(3) IG. XII 2 n. 35.
CIVITATES FOEDERATAF 9

vola di bronzo i pi) &vº porto ottenuti in precedenza. Prima di


questo senatoconsulto è una lettera di Giulio Cesare malamente
conservata di cui tuttavia si possono ricostruire con abbastanza
sicurezza le linee finali... pi) (23 Só [uxtoc too buiv au ze/op quévo,
S.]zzéroup Trooz ouxz zò 3 Ivri o z pov] : dunque il S6 ux pi) fog non
e se non il senato consulto che segue. Per esso si potrebbe
pensare alla solita formula di cortesia senza alcun concreto signifi
cato. Ma i pi) vº) porta cui si riferisce il senato consulto e che
stanno a cuore ai Mitilenei che cosa sono ? Il Tiubler ha ammesso
un foedus senatorio (1), questo fu negato dallo Horn (2). Peraltro
l'argomento principale addotto dallo Horn contro il Taubler che,
se si trattasse di un foedus, non si capirebbe l'interesse dei Miti
lenei per l'affissione di un tivx4 in Roma, la quale avrebbe do
vuto essere eseguita prima che in Mitilene, non regge ; tale af
fissione fu certo eseguita in Roma prima che in Mitilene, ma la
tavoletta può essere andata distrutta o smarrita ; si ricordi la
nota testimonianza di Cicerone (3): legum custodiam nullam
habemus. Tuttavia io credo che non si debba parlare di un foedus,
poichè il S6 uz p).txz in questo caso è il rinnovamento di un'ami
cizia e di un'alleanza basata non su di un trattato, ma su di un
semplice riconoscimento ad opera del senato ; uno di quei rico
noscimenti non seguiti da alcun testo di alleanza, si elargiti nel
momento stesso in cui si concedeva la libertà e l'autonomia.
Pertanto la frase all'inizio del senato consulto di rinnovare l'ami
cizia e l'alleanza e l'altra circa il rinnovo di esse da parte del
senato possono ben considerarsi formule di cortesia, quando però
si tenga presente che nel caso di Mitilene vi fu realmente un
senatoconsulto che oltre alla libertà e all'autonomia elargiva
anche l'amicizia e l'alleanza. Mitilene, avendo partecipato alla
guerra a fianco di Mitridate e capitolato, dopo una ferrea resi
stenza, nell'80 di fronte a M. Minucio Termo (1), fu privata della
sua autonomia e del suo territorio ; essa riacquistò l'una e l'altro
poco prima del o durante il 62 per merito del proprio cittadino

(1) Op. cit., p. 122, 158.


(2) Op. cit., p. 73.
(3) De leg. III 20, 46.
(4) I, Iv. perioeh. 89.
92 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

Teofane apprezzato e amato da Pompeo (1). Allora ottenne forse


anche un territorio sulla terraferma antistante dietro proposta
dello stesso Pompeo (2), e allora o poco dopo si redasse un senato
consulto che confermava le concessioni fatte a Mitilene da Pom
peo, e si considerava quella città amica e alleata di Roma.
Così nell'81 L. Cornelio Silla comunica per mezzo di lettera
alle autorità, al consiglio e al popolo di Stratonicea un senato
consulto che conferma le concessioni fatte da Silla agli Strato
nicesi e rinnova l'amicizia e l'alleanza nello stesso tempo che
acconsente agli Stratonicesi di impiegar quelle stesse leggi di cui
essi si servivano in precedenza (3). Evidentemente qui non si
tratta di una vera alleanza ; il senato non fa che convalidare i
provvedimenti di Silla e riconoscere esplicitamente lo stato di
amicizia esistente fra Roma e Stratonicea.
Del pari più tardi negli anni 39-35 av. Cr. il triumviro
M. Antonio scrive una lettera alle autorità, al consiglio e al popolo
dei Plarasei e Afrodisiei (4) e invia per loro richiesta le copie
to) Yeyovötog oueiv ètty piuxtog xxì èóYuxtoz xxì 6pxtoo xxì vógoo (5).
Il senatoconsulto che tiene dietro alla lettera (6) e ci è
giunto in gran parte conferma agli Afrodisiei la libertà e l'im
munità caratteristica di ogni città optimo iure optimaque lege,
la quale dal popolo romano ha ottenuto la libertà e l'immunità

(1) STRAB. XIII 617. XI 503; PLUT. Pomp. 42; VELI. II 18; PLIN. n. h.
V 139; MARQUARDT, Röm. Staatsverw. Iº p. 347.
(2) Di Pompeo ci è pervenuto un documento scoperto dopo il 1932, pur
troppo estremamente mutilo, in relazione appunto con tali concessioni alla
città IG. XII S. p. 208 n. 11 ; v. anche ibid., p. 12 n. 11. Qui a 1. 37 va cor
retto xx9òc [p]zt.... in zx9òz T. io [cl, lettura abbastanza agevole sulla
fotografia della pietra pubblicata in «'Agyzto) o zòv Ae)ttov », IX (1924
1925), p. 47; anche qui dunque si parlava delle concessioni fatte alla città
da Cn. Pompeo.
(3) DITTENBERGER, Or. Gr. inscr. sel. 441 senatoconsulto di Lagina.
CHAPoT, La prov. rom. d'Asie, p. 107. ; TAUBLER, op. cit., p. 158 seg., 457 seg.
ABBoTT-JoHNsoN, Mun. Adm. in the Rom. Emp., p. 272 n. 17. HoRN, op. cit.,
p. 72. HEUss, op. cit., p. 26. -

(4) I Plarasei e gli Afrodisiei erano congiunti assieme in una sola citta
dinanza ; v. DITTENBERGER, Or. Gr. inscr. sel. 453 n. 5.
(5) Or. Gr. inscr. sel. 453 l. 23 segg. – RIccoBoNo, Fontesº, p. 269 n. 38.
(6) Or. Gr. inscr. sel. 455.
CIVITATES FOEDERATAE 93

ed è diventata amica e socia (ptAm xxì a guxxog) (1) di Roma.


Codesto senatoconsulto menziona un ètixprux dei triumviri (2)
che non è se non quello cui allude la lettera di M. Antonio e che
viene appunto convalidato dal senato consulto. In verità subito
dopo la lettera di M. Antonio e prima del senatoconsulto compare
l'indicazione Yp3 uploto Kotoo pog (3); per questo si è voluto iden
tificare l'étixptux col decreto di Cesare, che sarebbe espresso
dal contenuto della sua lettera il quale non ci è giunto. Così si
tratterebbe di una pubblicazione ad opera di M. Antonio er actis
Caesaris (4). -

Ma che tale interpretazione non regga ha già visto il Täu


bler (5); il silenzio intorno agli acta Caesaris nella lettera di
M. Antonio e poi nel senato consulto è dirimente. La lettera di
Cesare dunque non riguarda un atto pubblicato dopo la sua morte,
sibbene un atto da lui compiuto durante il suo soggiorno in Asia,
e viene ora presentata ai triumviri dagli Afrodisiei per ottenerne
la conferma e insieme avvalorare la legittimità delle loro richieste.
Ma l'8pxtov e il vigog di cui parla, si è visto, l'epistola di M. An
tonio che cosa sono ? A me pare fuori dubbio che essi si riferiscano
alla lev Titia de IIIviris reipublicae constituendae, e cioè al plebi
scito del tribuno P. Tizio proposto il 27 novembre 43 e votato
subito dopo contro le prescrizioni della legge Cecilia e Didia senza
l'osservanza del trinundinum (6). Mediante siffatta legge giurata
si convalidò la nuova magistratura straordinaria dei IIIviri
reipublicae constituendae con potestà consolare per cinque anni (7);
ed è chiaro quanto codesta legge, che impegnava veramente il
popolo romano per i deliberati dei triumviri, importasse agli

(1) L. 6 segg.
(2) L. 4.
(3) Or. Gr. inscr. sel. 454.
(4) V. ad esempio il commento del DITTENBERGER in Or. Gr. inscr. sel.
n. 453-455.
(5) Op. cit., p. 178.
(6) CAss. DIo XLVI 55, XLVII 2, 19. LIv. ep. 120. APP. b. civ. IV
7. Mon. Ancyr. lat. I 9. SUET. Aug., 27. GELL. XIV 7,5.
(7) Non si sa se questa legge fu rinnovata nel 37 per un altro quinquennio.
RoToNDI, Leges pub. pop. Rom., Milano 1912, p. 438. -
94 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

Afrodisiei. Inoltre secondo Dione Cassio (1) nel 39 av. Cr. tutti
gli atti dei triumviri dovevano avere la conferma del senato ;
onde si spiega perché fu richiesto il senatoconsulto riportato
dalla nostra epigrafe il quale, mentre convalida le concessioni
fatte dai triumviri agli Afrodisiei, convalida insieme in prece
denza ciò che i triumviri accorderanno nel futuro a quelli (2),
vale a dire riconferma l'ampio potere del triumvirato. E sotto
tale aspetto il senatoconsulto in favore degli Afrodisiei non pre
senta alcuna peculiarità; esso, come quelli da noi già considerati,
non è seguito né da una legge né da un giuramento (3).
Pertanto occorre concludere che una categoria di trattati
risulta costituita di quelli il cui testo, approvato dal senato e
consegnato agli ambasciatori delle varie città, non viene giurato
dal popolo romano. Normalmente con le città della Grecia, al
l'infuori, si vedrà, di qualcuna, si usava, io credo, tale specie di
foedera. Questi impegnano per mezzo del senato il popolo ro
mano (4), ma in concreto esprimono il sempre maggiore dominio
che Roma andava acquistando di fronte a quelle città onde per
esse si ritenne sufficiente il solo impegno del senato. Come fu
giustamente messo in luce (5), i due contraenti eguali de iure non
sono più sullo stesso piano de facto, significando la volontà del
più forte un favore pel più debole di guisa che al regolare uso
internazionale dei trattati in questi casi se ne sostituì uno che
per la sua struttura appartiene propriamente al campo dei de

(1) XLVIII 34, 1.


(2) L. 5: Trpoazuéct so goouzoto55 v a ove/copro xv a o yogia ootv.
(3) V. contra TAUBLER, op. cit., p. 179, il quale ammette una legge vera
e propria che avrebbe seguito il senato consulto, ma di ciò non dà alcuna spie
gazione. Sui rapporti di amicizia e di alleanza fra Roma e la Giudea nel 47
e nel 44, la analisi dei quali peraltro troppo si allontanerebbe dal presente la
voro, tanto più che essi stanno in relazione col potere illimitato di Cesare
(CAss. D1o XLII 20. XLVII 2), oltre a TAU BLER, op. cit., p. 159 segg. vedi
HEUss, op. cit., p. 26 e soprattutto A. MoMIGLIANo, Ricerche sull'organizzazione
della Giudea sotto il dominio Romano (63 a. C. - 70 d. C.), in «Ann. R. Scuola
Norm. Sup. di Pisa », ser. II, vol. III (1934), p. 192 segg. con ampia biblio
grafia.
(4) La tesi del TAUBLER, op. cit., p. 115 segg. sul carattere precario del
trattato per senatoconsulto non è accettabile.
(5) HEUss in « Klio » N. F. IX (1934), p. 246.
CIVITATES FOEDERATAE 95

creti unilaterali. Tale uso peraltro dovette sorgere e svilupparsi


in relazione con città di minore importanza, e accanto a esso si
mantenne sempre durante il nostro periodo, pei casi o le città di
maggiore importanza, quello tradizionale con impegni solenni
da parte del popolo romano.
Invero codesta tesi sembrerebbe infirmata da un foedus
pubblicato di recente (1) con la città di Callatis sul mar Nero,
che spetta al 71 av. Cr. ; ivi secondo un'acuta ricostruzione (2)
nella clausola circa i possibili mutamenti alle condizioni del trat
tato (3) comparirebbe una lea societatis. Tuttavia, se il supple
mento è giusto e non va piuttosto sostituito, come si è pensato,
semplicemente con societas, le indica in tale contesto soltanto
il complesso di articoli del foedus e non implica affatto che esso
sia approvato dal popolo ; così ler locationis significa un complesso
di norme di appalto.
Analogamente due altri trattati con Cnido del 29 o 28 av.
Cr. (4) e con Mitilene del 25 av. Cr. (5) paiono opporsi alla tesi
qui difesa, essendo seguiti da giuramenti. L'interpretazione del
preciso valore giuridico dei due trattati è poco sicura per la fram
mentarietà dei documenti e per l'incerto ambientamento storico.
Nondimeno si può asserire circa il trattato di Mitilene, meglio

(1) TH. SAUcruc-sAveANU in « Dacia » III-IV, 1927-1932, p. 456 segg.


S. LAMBRINo in «Comptes Rendus de l'Acad. des Inscript. et Belles Lettres »,
1933, p. 278 segg.
(2) A. PAssERINI, Il testo del foedus di Roma con Callatis in «Athenaeum »,
N. S. XIII (1935), p. 57 segg., specie p. 68. --

(3) Riguardo a questa clausola il PAssERINI (p. 59) pensa contro il TAU BLER
(p. 61) che si riferisca non alle sole condizioni speciali, ma al trattato che fon
dava la condizione di alleanza. Io credo che tale clausola sia stata posta nei
trattati giurati perché senza di essa, e cioè senza la riserva di poter modificare
il foedus, previo l'accordo fra le due parti, queste rimanevano dal giuramento
fatto alla divinità vincolate per sempre a quel determinato foedus ; e però la
sua origine è indipendente dal maggiore o minore numero di articoli nel trat
tato. Essa poi, divenuta tralaticia, passò anche in quei trattati dove mancava
il giuramento.
(4) Dopo la prima pubblicazione di J. MATsA in «'A9 º 3 º XI (1899),
p. 283 segg. il testo fu migliorato e ampiamente commentato dal TAUBLER,
op. cit., p. 450 segg.
(5) IG. XII 2 n. 35 col. d.
96 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

conosciuto, che prima della redazione di esso, anzi in vista ap


punto di quella redazione, i Mitilenei inviarono un'ambasceria
a Roma presieduta forse da Potamone, la quale si recò pure in
Tarragona ove si trovava in quel torno di tempo Augusto (1).
Su codesta ambasceria e il giuramento che da suoi componenti
doveva accogliere in Roma il console Silano si è discusso in base
a epigrafi purtroppo mutile che fanno parte del monumento di
Potamone (2). Il Mommsen (3) pensava che Silano avesse convo
cato una prima volta il senato a fine di maggio o ai primi di giugno
per ottenere l'autorizzazione a interpellare Augusto che si tro
vava in Tarragona e, ricevuta la risposta, lo avesse riconvocato
il 29 giugno per l'autorizzazione a promulgare il trattato. Ma fu
osservato ben a ragione che i resti delle line 5-8 e 17-21 non ac
cennano a nessuna autorizzazione a spedir lettere impartita nel
primo senatoconsulto, ed è meglio congetturare, giusta i supple
menti proposti di recente (4), che agli ambasciatori di Mitilene
giunti in Roma o a qualche Romano loro concesso come guida
sia stata affidata da Silano una lettera per Augusto in cui gli si
chiedeva consiglio sul da farsi, e che da Augusto insieme con gli
stessi ambasciatori sia pervenuto in risposta il suggerimento di
incaricare Silano delle pratiche riguardanti il trattato richiesto
dai Mitilenei. Il primo senatoconsulto redatto su relatio di Silano,
in realtà su proposta del principe, ha affidato a Silano l'inca
rico di preparare il trattato ; e Silano, discusse e stipulate le
diverse clausole con gli ambasciatori di Mitilene, un mese dopo
ha riconvocato il senato per comunicargli quanto aveva fatto
e chiedere insieme l'autorizzazione a pubblicare il trattato.
Mitilene allora non era propriamente federata di Roma ; per
questo il trattato del 25 non è un rinnovamento di un foedus pre

(1) IG. XII 2 n. 44.


(2) IG. XII 2 n. 35 p. 20.
(3) In «Sitzungsber. der Berl. Akad. » 1895, p. 897. Röm. Staatsrecht,
II, p. 954 seg.
(4) V. ARANGIo-RUIz, Senatusconsulta Silaniana de Mytilenensibus in
« Riv. di Filol. » N. S. XX (1942), p. 125 segg. dal quale peraltro mi allontano
in qualche punto per lo stretto nesso che secondo me sussiste fra l'ambasceria
ad Augusto in Tarragona e i senatoconsulti e soprattutto per l'azione decisiva
del princeps nella conclusione del trattato.
CIVITATES FOEDERATAE 97

cedente (1). Io credo che Mitilene sia stata indotta a stringere un


trattato con Roma dall'atteggiamento benevolo di Augusto ;
così tra il 27 e l'11 av. Cr. vengono decretati dai Mitilenei onori
all'imperatore (2).
Con tale alleanza difensiva Roma riconosce insieme il breve
dominio che Mitilene si era formato su Lesbo e forse nella stessa
terraferma antistante, se non proprio in qualche altra isola dell'ar
cipelago ; si mira poi a conservare i possessi reciproci e a mante
nere lo statu quo. Che allora Roma rispetto a Mitilene, cui Pompeo
aveva concesso la libertà, si sia impegnata con un foedus vera
mente giurato dal popolo porca caesa ac vetere fetialium praefa
tione adhibita (3) pare escluso. Infatti non si può pensare che qui
si abbia un trattato del senato giurato dal popolo perché, se il
console ha l'incarico, come dimostrano le iscrizioni innanzi al
testo del foedus, da Augusto e dal senato di concludere il trattato
e di farlo giurare e un mese dopo egli riconvoca il senato per
comunicargli quanto aveva compiuto e chiedere insieme l'auto
rizzazione a pubblicare il trattato, non vi è alcun luogo per la
convalida del senato consulto ad opera del popolo. Il presupposto
del giuramento era l'accettazione del trattato da parte del popolo ;
qui invece al posto del popolo è il principe o, più precisamente,
un incaricato del principe assente (4). Già ad Augusto giusta la
lea detta de imperio Vespasiani (5) era lecito di stringere foedus

(1) HoRN, op. cit., p. 73.


(2) IG. XII 2 n. 58 = S. p. 13. 60 = IGR R. IV 41; cfr. 51 = S. p. 13.
Agrippa nel 23 mandato da Augusto in Siria (CAss. Dio LIII 32) per gover
nare in sua vece le province transmarine (IosePH. ant. XV 10, 2) si ferma in
Mitilene che elegge a sua residenza (CAss. DIo l. c.; SUET. Aug. 66; Tib. 10;
VELL. II 93; TAC. ann. XIV 53. 55; PLIN. n. h. VII 149); in Mitilene egli
è onorato (IG. XII 2 n. 164 g. 166 c. 168-172) e fra il 21 e il 12 av. Cr. è
onorata la moglie di Agrippa Giulia, figlia di Augusto (204, cfr. 482. 537).
Augusto ritorna più volte in un catalogo di eponimi di Mitilene (S. p. 15 n. 19);
nel 12 d. Cr. egli esclude Lesbo con Coo, Rodi e Samo da quelle isole in vicinanza
della terraferma che secondo la sua deliberazione non potevano più servire
d'asilo per gli esiliati (CAss. DIo LVI 27).
(3) SUET. Claud. 25, 5. Sul foedus e i feziali v. anche PHILLIPsoN, The in
tern. Law and Custom, I, p. 390 segg.
(4) TAUBLER, op. cit., p. 183.
(5) RIcco BoNo, Fontesº, p. 154 n. 15.
98 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

cum quibus volet, e pertanto il giuramento testimoniato dalle


epigrafi di Mitilene risponde a una nuova situazione storica sorta
al momento dell'affermarsi della personalità del principe quando
egli rappresenta i diritti del popolo sovrano (1). -

Non diversamente, io credo, va considerato il foedus con


Cnido del 29 o 28 av. Cr. (2). Anche qui non è il popolo romano
che si impegna col classico giuramente feziale, ma pel popolo
due Romani incaricati, pare sicuro, come nel caso di Mitilene,
da Cesare Ottaviano e dal senato. La parte decisiva avuta da
Cesare Ottaviano nella conclusione del foedus trova ancora con
ferma nei nomi dei tre personaggi, che accompagnarono l'amba
sceria dei Cnidi per appoggiare le sue richieste, un figlio e due
nipoti del retore Artemidoro, quello che secondo Plutarco (3)
mise in guardia Cesare contro i congiurati ; il figlio poi Teopompo
fu un assai importante amico di Augusto (4). Onde la relazione
in cui si è posta l'epigrafe con la permanenza di Cesare Ottaviano
in Asia Minore nell'inverno 30/29 sembra fuori dubbio ; e anche
in questo caso non si può parlare di un foedus propriamente
senatorio quale ci è noto dagli esempi ormai presi in esame.
Siffatto trattato al pari di quello mitileneo secondo il Tau
bler (5) avrebbe la clausola che riconosce l'autorità e la maestà
del popolo romano ; dunque sia l'uno che l'altro sarebbero foe
dera iniqua (6). Ma qui il supplemento dell'Arangio-Ruiz nel
foedus di Mitilene proprio là dove il Taubler (7) vorrebbe vedere
la nota clausola intorno al riconoscimento dell'impero di Roma
è così convincente che non può non ritenersi sicuro : 5 ſòiulola bl
Mori) vatov 3pxhly zzi è to pºtetov iv uéxpº viv éoxevl po).zooéro obrog
&v ti xploiteitz &ptato è scato 3 ptoto te vògol (8). Con ciò cade
anche l'altra clausola del trattato di Cnido ricostruita sulla

(1) MoMMSEN, Röm. Staatsrecht, IIº 2, Leipzig 1887, p. 955,. III 1, p. 345.
(2) TAUBLER, op. cit., p. 450 segg.
(3) Caes. 65; cfr. APPIAN. b. c. II l 16.
(4) STRA B. XIV 2, 15, p. 656.
(5) Op. cit., p. 451. Tale tesi è accolta anche, erratamente, da SHERwIN
WHITE, The Roman Citizenship, p. 159.
(6) CIc. pro Balbo 16, 35. Dig. XLIX 15, 7, 1.
(7) Op. cit., p. 64 segg.
(8) Art. cit., p. 130.
CIVITATES FOEDERATAE 99

simile di Mitilene (1), e più in generale va messo da parte


il cosidetto «Mischtypus » che il Taubler aveva creato dietro
l'esempio di Mitilene per una categoria di foedera.
Tanto il trattato di Cnido quanto quello di Mitilene non
sono iniqui ; essi quindi si distaccano nettamente dal foedus con
gli Etoli del 189 av. Cr. i quali riconoscono imperium maiesta
temque populi Romani (2). Codesto trattato si pensò che fosse
contrassegnato dall'assoluta unilateralità degli impegni nel senso
che Roma compare solo come impegnante e l'Etolia come impe
gnata (3). Peraltro anche in esso un impegno implicito da parte
dei Romani si può vedere nell'obbligo di rispettare la situazione
sorta da quel trattato, cioè di non togliere arbitrariamente nel
futuro i territori lasciati ora agli Etoli. Ed è probabile che qui
Polibio riporti soltanto i precisi impegni degli Etoli, i quali soli
interessano propriamente il suo racconto, e sottintenda gli altri
dei Romani. A ogni modo il foedus iniquum con gli Etoli si dif
ferenzia dai foedera acqua stretti fra Roma e alcune città greche
sia perché questi non contengono, almeno in base agli esempi
noti (4), la clausola di riconoscimento esplicito dell'imperio
romano sia perché non sono approvati dal popolo con giuramento
feziale come è stato approvato il foedus degli Etoli (5).
Dunque accanto ai foedera impropriamente bilaterali,
cosiddetti senatori, nei quali il popolo romano non giura e per
essi s'impegna solo il senato mediante un senato consulto, esistono,
già si osservò, i foedera veramente bilaterali giurati sia dal popolo
romano sia dal popolo della città con cui si stringe il trattato.
Questi foedera veramente bilaterali si dividono in iniqua come
l'etolico e in acqua. I focdera acqua sono simili ai senatori in quanto
non contengono la clausola del riconoscimento dell'autorità e
maestà del popolo romano, ma sono diversi da essi perché seguiti

(1) TAU BLER, op. cit., p. 45 l.


(2) PoLY B. XXI 32 – LIv. XXXVI I I I I V. anche il trattato con Gades
del 78 av. Cr. Crc. pro Balbo 15, 35.
(3) TAU BLER, op. cit., p. 63.
(4) V. anche SH ERwIN-WIIITE, op. cit., p. 159.
(5) Poi Y B XXI 32, I : Só zy-o: è - , coveòpio zxi zo) è uo, a ove -
vn piazvzor, èzuccot) o 73 a 3 - 3 - Stx7 9azz 6. 9. 14: 3 boz x.
100 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

dal giuramento feziale ; tale doveva essere, ad esempio, il trat


tato con Rodi del 164 av. Cr.(1). In verità solo codeste alleanze
fra potenze con parità di diritti, impegnantisi entrambe a fondo
mediante giuramenti, sono veri e propri trattati secondo il signi
ficato classico del termine, mentre gli altri o per l'esplicito rico
noscimento della maestà e autorità di una parte o per la mancanza
di impegni giurati dal popolo corrispondono a quella nuova situa
zione concreta che si è venuta formando mercé il predominio
sempre più effettivo di Roma nel vicino Oriente, il quale poi si
mutò in reale dominio. E si capisce perché nei trattati senatori
mancasse, per quanto pare, costantemente la clausola del ricono
scimento esplicito dell'imperio romano. Essi, se nelle relazioni
interne rivelano il continuo aumento dei poteri del senato, in
quelle esterne dimostrano quale valore Roma attribuisse alla
propria forza già nel II sec. av. Cr. onde di fronte ai foedera ri
chiesti dalle città greche, che non avessero un passato di parti
colare importanza, non veniva più chiamato il popolo a impe
gnarsi con giuramento.
Siffatti trattati lasciano alle città con cui Roma li conclu
deva una certa libertà d'azione nella politica estera come risulta
dal rispetto esplicitamente dichiarato per gli impegni contratti
in precedenza con terze potenze, e libertà eguale o maggiore
doveva essere lasciata dai foedera aequa giurati ; così la guerra
di Rodi coi Cretesi indica che il foedus fra Roma e Rodi non esclu
deva una politica autonoma. Ma simile libertà d'azione era in
concreto limitata dal predominio sempre maggiore o dall'effet
tivo dominio che Roma acquistava in Oriente, e Rodi partecipò
costantemente con Roma nelle lotte contro Mitridate (2). Al con
trario i foedera iniqua, obbligando lo Stato contraente a rispet
tare l'autorità e la maestà del popolo romano e ad avere come
nemici quelli e quelli soli che avesse per nemici Roma, lo limi
tavano per diritto nella libertà in politica estera e sanzionavano
giuridicamente il primato di Roma. Gli impegni che sorgevano
dal foedus, anche se aequum, spiegano la riluttanza dei Rodi a

(1) CHAPoT, La prov. Rom. proc. d'Asie, p. 207, segg. HoRN, op. cit., p. 62.
(2) HoRN, op. cit., p. 62 seg. -
CIVITATES FOEDERATAE 101

stringere un trattato con Roma. Polibio, sottolineando l'abilità


dei Rodi che avevano saputo partecipare per lungo tempo ai
successi militari dei Romani senza concludere un'alleanza, os
serva che essi non volevano tpoxxto Xauſº&vetv a pag obtobg 6pxotg
xxì ouv9 pcat, (1); solo da ultimo finirono col comprenderne i
vantaggi e col sollecitarli. E si può dire che non sempre la si
tuazione concreta delle città federate era migliore di quella delle
città libere e amiche, specie fuori della provincia, tanto più che
col volgere degli anni sulle une e sulle altre si affermò sempre
più deciso, livellandole, il dominio di Roma.
Purtroppo le scarse notizie intorno alle condizioni delle
città greche dopo il 146 impediscono di precisare maggiormente.
Alcune città fra quante non parteciparono alla guerra achea
allora potevano essere e rimanere collegate con Roma da un foe
dus senatorio simile a quello di Astipalea concluso per la prima
volta nel 105 av. Cr., altre in seguito strinsero alleanza con Roma
nello stesso modo della città acarnana di Tirreo nel 94 av. Cr.
e prima, nel 112/1, di Epidauro. Quali esse sieno non si può con
getturare, mancandoci ogni documento in proposito. È certo
invece che gli Etoli continuarono ad essere alleati con Roma dal
foedus iniquum del 189 av. Cr. (2), mentre Atene rimase nelle
condizioni stabilite dal foedus aequum concluso, sembra indubbio,
durante o subito dopo la seconda guerra macedonica (3).

(1) PoLYB. XXX 5,8 (B.-W.).


(2) Contro, erratamente, HoRN, Foederati, p. 30 seg. e SHERwIN-WHITE,
The Rom. Citizenship, p. 158. Cfr. sotto p. 21 l n. 7.
(3) Atene federata con Roma in TAC. amm. II 53. Contro la tesi del
TAUBLER, op. cit., p. 228 che Atene dopo il 146 fosse ridotta nella condizione
di autonomia provinciale come gli altri Stati greci, già per sé poco verisimile,
è ora decisivo l'ordinamento imposto da Roma alla Grecia quale testimoniano
i nuovi dati epigrafici diverso da quello che congetturava il TAUBLER. Del
resto contro tale tesi ha felicemente combattuto lo HoRN, op. cit., p. 65 segg.
L'argomento di HEUss, op. cit., p. 34 per respingere un foedus durante o subito
dopo la seconda guerra macedonica, che non si vede che cosa potessero gua
dagnare allora le due parti contraenti poiché Atene come potenza sia positi
vamente, sia negativamente non aveva alcun significato e un foedus per Roma
era «sinnlos », è del tutto soggettivo e non considera, oltre l'aspetto morale
dell'alleanza col centro dell'antica Grecia, quello materiale rappresentato
dall'eccellente posizione strategica delle sue basi.
VII.

LA GRECIA DA SILLA AD AUGUSTO

Con Silla la situazione della Grecia non subì un radicale


mutamento. In base all'espressione vaga adoperata nel senato
consulto del 78 av. Cr. intorno ad Asclepiade clazomenio, a Poli
strato caristio e a Menisco milesio (1): pxovreg huétepo ottiveg,
si è congetturato (2), poiché l'affitto delle locazioni per l'ager
publicus e per la decima d'Asia era fatto dai censori e, dunque,
i censori avrebbero dovuto essere nominati, che le locazioni cen
sorie fossero allora cadute in disuso. In realtà è noto che la riforma
costituzionale di Silla abolì di fatto la censura, la quale già prima
aveva perduto ogni importanza, e che solo nel 70 furono di nuovo
eletti censori la cui autorità peraltro era minima (3). Pertanto
nel 78 quando fu votato il nostro senatoconsulto i censori non
potevano figurare perché non esistevano. -

A quanto sembra, dopo la guerra mitridatica Silla collegò


la Tessaglia alla provincia di Macedonia e le impose il tributo,
senza tuttavia alterarne l'interna costituzione (4), ma la maggior
parte della città della lega magnetica conservò forse la libertà
e l'immunità rimanendo sempre, almeno giuridicamente, al di
fuori della provincia. Tebe che, insorta contro i Romani, si dà
senza resistenza a Silla (5), viene privata di metà del proprio
territorio, ma il tributo, che essa deve a Roma, rimane, pare
sicuro, immutato con aggravio dei cittadini. Tespie e Lebadea

(1) RIccoBoNo, Fontesº, p. 255, n. 35.


(2) L. GALLET, Essai sur le sénatus-consulte « de Asclepiade soci isque »,
p. 393.
(3) DE RUGGIERo, « Diz. epigr. » II, p. 157 seg.
(4) P. 225.
(5) APP. Mithr. 30; PAUs. IX 7, 4.
LA GRECIA DA SILLA AD AUGUSTO 103

continuano a essere libere come forse Tanagra e Platea. Per contro


la intera Eubea fu sottoposta a tributo e associata alla Macedonia,
e può darsi che sia stato aumentato il tributo di Calcide ; a ogni
modo 10.000 plettri di terreno euboico sono da Silla regalati ad
Archelao (1). Analogamente sottoposta a tributo e annessa alla
Macedonia è Oropo in Attica per la sua alleanza con Mitridate,
ma Atene conserva l'immunità come la conserva Sicione che ha
appoggiato la causa di Roma. Tuttavia Silla introduce, a quel
che sembra, in Delo, lasciandola agli Ateniesi, il portorium a
profitto di Roma, mentre par che tolga ad essi Salamina (2). Per
necessità belliche Silla fa depredare i santuari di Epidauro, d'Olim
pia e di Delfi (3), ai quali ciò nonostante assegna poi in compenso
metà del territorio tebano (4). Gli Etoli fedeli permasero alleati
di Roma, e nella condizione precedente perdurarono Sparta,
pure essa fedele, e la lega dei Lacedemoni, anche se sul principio
questa dovette favorire Mitridate. Durante l'83 fra le milizie
sillane che tornavano in Italia contro i mariani erano dei Pelo
ponnesiaci (5); forse Messene per l'aiuto dato a Silla ottenne
un miglioramento nella sua condizione ; sembra certo invece che
Patrasso divenne allora civitas foederata (6). Elatea nella Focide
avendo opposto resistenza nell'86 a Tassilo, luogotenente del re
del Ponto, ebbe l'immunità (7), ma il resto della Focide conti
nuò a pagare il tributo. Per le altre regioni della Grecia non si
sa nulla; nondimeno è lecito supporre che esse rimasero nella
situazione precedente, prescindendo dalla possibilità di un au
mento dei tributi per le città stipendiarie che abbiano combat
tuto contro Silla e dalla riduzione a stipendiarie di quelle immuni
che abbiano del pari aderito a Mitridate.
Negli anni seguenti le contribuzioni straordinarie cui sono
costrette le città greche diventano più frequenti e più gravi,

(1) PLUT. Sulla 23.


(2) Atene riavrà Salamina sotto Augusto come dono del suo ricco cit
tadino C. Giulio Nicanore che l'aveva comperata. P. 185.
(3) PLUT. Sulla 12; PAUs. IX 7, 5.
(4) APP. Mithr. 54; PLUT. Sulla 19; PAUs. IX 7, 5.
(5) APP. b. c. I, 79.
(6) P. 153.
7) PAUs. X 34, 2 e 4.
104 - IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

specie per la lotta che Roma sostiene contro i pirati ; esse si inde
bitano con ricchi romani, e da ciò la libertà delle città amiche
è profondamente intaccata. Per questo nel 61 o nel 60 un senato
consulto difende quelle città libere indebitate di fronte alle pre
tese dei cittadini romani (1) e ancora nel 59 una clausola nella
legge di Cesare de repetundis (2) protegge le stesse città. E per
sino nell'anno seguente il 58 la lea: Gabinia-Calpurnia (3) ottiene
per Delo e le isole vicine l'esenzione dai vectigalia (4). Ma ormai
proprio in quest'anno ad opera del tribuno Publio Clodio, che
all'interno salvaguardava la libertà di associazione mediante una
legge con cui per la prima volta si toglie la disciplina del feno
meno associativo al potere esecutivo e si abbattono le preroga
tive di ordine legislativo assunte a grado a grado dal senato (5),
tutta quanta la Grecia è sottoposta al governatore di Macedonia,
e però da allora si può dire che cominci il vero ordinamento pro
vinciale ; solo più tardi e con soluzioni diverse si stabilirà se la
Grecia vada unita o no alla Macedonia.
Di fatto nel 58 il 20 marzo (6) si votò una legge con cui si
assegnavano la Macedonia a L. Calpurnio Pisone Cesonino e la
Siria ad A. Gabinio, consoli in carica, e cioè due province diverse
da quelle già conferite loro dal senato prima che essi entrassero
in carica secondo le prescrizioni della legge Sempronia (7). Tale
provvedimento irregolare s'inserisce nel complesso di leggi pro
poste o sostenute da Clodio durante il suo tribunato. In verità
allora a Pisone non si assegnò soltanto la Macedonia, ma omnis
erat tibi (Pisoni) Achaia, Thessalia, Athenae, cuncta Graecia
addicta (8). Codesta condizione provinciale della Grecia, anche
se la legge del 58 essendo eccezionale e, per quel che sembra,

(1) CIC. ad Att. I l9, 9.


(2) CIC. de domo 9, 23, in Pison. 16, 37.
(3) Inscr. de Delos IV 151 l.
(4) P. 183 seg. -

(5) F. M. DE RoBERTIs, Il diritto associativo. Dai collegi della Repubblica


alle corporazioni del Basso Impero, Bari 1938, p. 98.
(6) CIC. pro Sest. 24, 53. -

(7) Su ciò v. E. CIACERI, Cicerone e i suoi tempi, II, Milano 1930, p. 52.
(8) In Pison. 16, 37. Cfr. de domo 23, 60 : cum alteri totam Achaiam, Thes
saliam, Boeotiam, Graeciam, Macedoniam omnemgue barbariam, bona civium
LA GRECIA DA SILLA AD AUGUSTO 105

ad personam decadde col ritorno di Pisone in Roma nel 55, in


effetto non fu mutata, e quando Cicerone, nell'agosto dello stesso
anno (1), critica aspramente quella legge : nam lege Caesaris iustis
sima atque optima populi liberi plane et vere erant liberi, lege autem
ea, quam nemo legem praeter te et collegam tuum putavit, omnis
erat tibi Achaia, Thessalia, Athenae, cuncta Graecia addicta ;
habebas earercitum tantum quantum tibi non senatus aut populus
Romanus dederat, sed quantum tua libido conscripserat (2), gli è
non perché fosse mutata la condizione concreta della Grecia col
ritiro di Pisone, sì perché quella legge aveva concesso a Pisone
troppo denaro della Repubblica e troppo ampi poteri. Inoltre
nelle parole di Cicerone può aver influito il suo filellenismo.
Verso la metà del settembre 47 (3) di ritorno dall'Oriente
Cesare fa scalo ad Atene e gli Ateniesi, che gli si erano opposti
recisamente, ne ottengono ora l'amnistia in virtù della fama dei
loro antenati (4), e al dire di Appiano (5) Cesare dopo Farsalo,
oltre all'aver perdonato agli Ateniesi, lascia liberi i Tessali che
hanno combattuto con lui (6). Dunque intorno al 47 av. Cr. tutta
la Grecia era provincia. Da allora Patrasso non è più civitas foe
derata. In realtà qui Cesare erige l'Acaia a provincia per sè stante
staccandola dalla Macedonia ; liberi rimangono i Tessali e gli
Ateniesi. La libertà consiste, sembra, pei Tessali nella esenzione
da tributo, per gli Ateniesi nell'essere civitas foederata. Alle altre
città che ancora non lo pagassero fu imposto, pare sicuro, il tri
buto regolare. Che Sparta nel 46 fosse in qualche modo sottomessa
al governatore di Grecia risulta chiaro dalla lettera di Cicerone (7)
a Servio Sulpicio Rufo, governatore appunto della Grecia, in cui

Romanorum condonasses. V. anche J. HATzEELD in « Bull. de Corr. Hell. »


XXXIII (1909), p. 522 segg:
(1) DRUMANN-GRoEBE, Gesch. Roms, VI, Leipzig 1929, p. 7.
(2) In Pison. 16, 37.
(3) W. JUDEICH, Caesar im Orient. Kritische Uebersicht der Ereignisse
vom 9. August 48 bis October 47, Leipzig 1885, p. 148.
(4) CAss. DIo XLII 14, 1-2. APP. b. c. II 88, 368. C'Ic. ad Att. XI
21, 2; v. anche Syll.º 759.
(5) B. c. II 88, 368.
(6) V. anche PLUT. Caes. 48.
(7) Ad fam. XIII 28 b.
106 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

l'oratore raccomanda a lui la città. Da altre lettere di Cicerone


allo stesso Ser. Sulpicio Rufo del 46 si deduce che nella provincia
di Grecia erano compresi l'Epiro (1), Sicione (2), Tespie (3),
l'Elide (4).
La provincia di Grecia costituita da Cesare ebbe un proprio
governatore ; e ciò attesta incontrovertibilmente Cicerone quando
riferisce (5) che nel 46 Cesare Brutum Galliae praefecit, Sulpicium
Graeciae (6). Ser. Sulpicio Rufo come proconsole fu governatore
d'Acaia o di Grecia nel 46 e nel 45 fino oltre la metà dell'anno (7).
A lui successe M. Acilio (Canino ?) (8), che era legato propre
tore (9). Seguì quindi un periodo tumultuoso dopo l'uccisione
di Cesare, per ordine del quale, forse subito dopo la morte, si
fondò la colonia romana di Corinto. Ma al principio del 43 su
proposta di Cicerone fu votato un senato consulto in base al quale
M. Giunio Bruto, l'uccisore di Cesare, come proconsole teneva
e difendeva le province di Macedonia, dell'Illirico e della Grecia ;
l'esercito formato da lui e tutto quanto gli era necessario sotto

(1) Ad fam. XIII 18,2.


(2) Ad fam. XIII 21.
(3) Ad fam. XIII 22.
(4) Ad fam. XIII, 26. La lettera XIII 25 con cui Cicerone raccomanda
al governatore un cittadino di Larisa nulla ci può dire intorno alla condizione
di quella città.
(5) Ad fam. VI 6, 10.
(6) V. anche ad fam. IV 4,2 : te . . . . scribis hoc Achaicum negotium non
recusavisse. XIII 17-29. MoMMsEN, Hist. Schriften, I, Berlin 1906, p. 173.
W. STERNKoPF, Verteilung der Provinzen vor d. Mutin. Krieg, in « Hermes »,
XLVII (1912), p. 329 seg.
(7) E. GROAG, Die röm. Reichsbeamten von Achaia bis auf Diokletian.
Wien 1939, c. 5 seg. Contro A. VV. ZUMPT, Commentationum Epigraphicarum
ad antiq. Rom. pertinentium, rol. alterum, Berolini 1854, p. 226 segg. e GEYER
in PAULY-WissowA « Real-Encycl. », XIV, col. 765 i quali pensano che Ser.
Sulpicio Rufo fosse governatore di Macedonia nel 46-45; v. STERNKoPF, art.
cit., in « Hermes », XLVII (1912), p. 329 che considera ignoto il governatore
di Macedonia pel 46, mentre pel 45 dà come governatore, pur dubitativamente,
sulle tracce di L. LANGE, Röm. Alterth. IIIº, Berlin 1876, p. 458 C. Cassio
Longino.
(8) CIC. ad fam. VII 30, 3. 31, l seg. ; v. STERNKoPF, art. cit., p. 329
seg. ; 336.
(9) GROAG, op. cit., c. 6 seg.
LA GRECIA DA SILLA AD AUGUSTO 107

stava al suo comando e Q. Ortensio Ortalo, figlio dell'oratore,


che già in precedenza rivestiva la carica di governatore di Mace
donia, doveva continuare nel suo ufficio (1). Pertanto il procon
solato di Bruto non era quello normale, sibbene egli aveva prov
visoriamente l'imperium maius sulle tre province come l'aveva
C. Cassio Longino sulla Siria, l'Asia, la Bitinia, il Ponto (2). Igno
riamo se Bruto in Grecia tenesse un luogotenente a lui sottoposto
al pari di Q. Ortensio in Macedonia. -

Con la battaglia di Filippi (ottobre-novembre 42), in cui i


cesaricidi sono sconfitti, la Macedonia (3) e la Grecia passano a
M. Antonio. In Atene, a Megara e altrove M. Antonio si dimostra
ben disposto e liberale verso i Greci e amico delle scienze (4).
Ma può darsi che proprio in questo momento anche la Tessaglia,
cui Cesare aveva concesso l'immunità, sia stata costretta a pagare
il regolare tributo ; a Filippi cavalieri tessali combatterono dalla
parte di Bruto (5).
Ad Atene M. Antonio dona le isole di Egina, Ico, Ceo, Sciato,
Pepareto e la città di Eretria, a Rodi Nasso, Andro, Teno e forse
Amorgo (6); agli Spartani in compenso del loro aiuto i triumviri
restituiscono l'agro Denteliate conteso coi Messeni (7). Per luogo
tenente dell'Acaia e della Macedonia (8) M. Antonio nomina

(1) CIC. Phil. X 11,25 seg. V. anche ibid. 6, 14: tenet igitur res publica
Macedoniam, tenet Illyricum, tuetur Graeciam. Qui Cicerone filellenista fa una
differenza di ordine ideale più che reale nella posizione del popolo romano di
fronte alla Macedonia e all'Illirico e di fronte alla Grecia. Errata l'interpreta
zione dello ZUMPT, op. cit., p. 229 seg. V. inoltre C1c. Phil. XIII 15, 30. ad
Brut. II, 4,2 ; CAss. DIo XLVI 40, 3. XLVII 22, 1 ; APP. b. c. II 258. IV
248. 317.
(2) Crc. Phil. XI 12, 30 ; M. GELzER in PAULY-WIssowA « Real-Encycl. »,
X, col. 1002.
(3) Che la Macedonia rimanesse a M. Antonio si deduce anche dalla notizia
di APPIANo, b. c. V 50. 52 secondo cui la moglie di Antonio, Fulvia, caduta
Perugia in mano di Ottaviano, fugge in Atene con cinque navi fatte venire
dalla Macedonia.
(4) PLUT. Ant. 23. Cfr. APP. V 7.
(5) APP. b. c. IV 88.
(6) APP. b. c. V 7. DIo CAss. LIV 7, 2; v. p. 185. 235. 237.
(7) P. 133.
(8) ZUMPt, op. cit., p. 251. H. GAEBLER in «Zeitschrift für Numismatik »,
108 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

L. Marcio Censorino (1), che Cicerone descrive come uno dei peg
giori fra gli amici di lui (2). In verità Plutarco riferisce che
Antonio Aeoxtov Kovaopivov étì tig “EXX&òog xxto. Attòv eig
'Aostov Sté0 m (3), ma dagli atti trionfali (4) risulta che Censo
rino trionfò ea Macedonia il 1° gennaio 39, lo stesso giorno in
cui entrò in carica nel consolato insieme con C. Calvisio Sabino (5).
Pare dunque fuori dubbio che con M. Antonio le due province di
Grecia e di Macedonia si unirono di nuovo sotto un unico gover
natore. Le provincie ad oriente di Scodra, città dell'Illirico, ven
nero assegnate ad Antonio nella pace di Brindisi del 40 (6).
Ma la Grecia fu di nuovo separata dalla Macedonia col trattato
di Miseno dell'anno seguente, il 39, perché essa da Antonio, che
conservava la Macedonia, passò a Sesto Pompeo (7). Ormai la
Grecia soffriva delle guerre civili soprattutto per le vessazioni
compiute sulle città da chi voleva lasciare il minor bottino al
successore; così Antonio è ti th.eiotov èvexpóvtoev in Grecia,
t&g te étºugtag &ux & tottut) 3g xxì tòg tóNetg xxxöv, tv'6ti &o 9evé
-

XXIII (1902), p. 184. GEYER in PAULY-WissowA « Real-Encycl. » XIV


col. 765. MUNzER, ibid. XIV col. 1554; G. KoLBE, IG. VI, p. Xv ; I. KIRCHNER,
IIº 4, 113. Solo luogotenente di Acaia è considerato da DRUMANN-GRoEBE,
Gesch. Roms, Iº, Berlin 1899, p. 283 i quali peraltro si fondano unicamente sulla
notizia di PLUT. Ant. 62. 68.
(1) PLUT. Ant. 24.
(2) Phil. XI 5, 11. Phil. XIII 2,1.
(3) Ant. 24.
(4) CIL. Iº, p. 77.
(5) Fasti Biondiani CIL. Iº p. 65. CIL. XI 7602. SC. de Panamar.
VIERECK, Sermo Graecus, Gottingae 1888, p. 41 n. 20 l. 2, 12; CAss. DIo
XLVIII 34.
(6) CAss. D1o XLVIII 28. APP. b. c. V 56 segg. LIv. Per. 177.
PLUT. Ant. 30 seg. HoR. Sat. I 5, 29, cum scholiis. VELL. II 76. R. SYME,
Pollio, Saloninus and Salonae, in «Class. Quarterly » XXXI (1937), p. 42.
(7) VELL. II 77, 2; CAss. DIo XLVIII 36, 5. 39, l. 46, 1. ZoN. X 22.
In APP. b. c. V 72. 77 invece di Achaia meno propriamente si parla di Pelo
ponnesus. Il motivo addotto da L. GANTER, Die Provinzialverwaltung der
Triumvirn, In. Diss. Strassburg 1892, p. 6 n. 9 per preferire Appiano, che
Pompeo è praefectus classis et orae maritimae e domina come tale su isole, ed
un'isola è il Peloponneso, evidentemente non regge. Tuttavia il GRoAG, op.
cit., col. 7 segue codesta tesi.
LA GRECIA DA SILLA AD AUGUSTO 109

oraro tº 24ºro tzpaòo9òo (1). Mediante il trattato di Taranto del


37 Ottaviano e Antonio si misero d'accordo per abolire il trattato
di Miseno e, dunque, la Grecia fu tolta a Sesto Pompeo, il quale
peraltro non se ne era mai impadronito. Con la sconfitta di Sesto
Pompeo ad opera di Agrippa, generale di Ottaviano, il 3 set
tembre 36 e l'occupazione della Sicilia da parte di Lepido (2)
la Grecia rimane definitivamente ad Antonio; più tardi questi
sverna a Patrasso, raccoglie marinai da tutta la Grecia (3),
preparando la guerra contro Ottaviano che si conclude ad Azio
nel 31 (4), e M. Agrippa occupa Patrasso e Corinto (5). Si
ignora se col trattato di Taranto del 37 la Grecia fu di nuovo
ricongiunta alla Macedonia (6).
È certo invece che essa si trovava unita alla Macedonia dopo
Azio. Infatti M. Licinio Crasso, il console del 30 av. Cr., nell'anno
seguente, il 29, come proconsole (7) viene inviato in Macedonia e
in Grecia (8) a capo di rilevanti forze per difendere quella provin
cia dai Bastarni, Mesi, Daci (9) e nel 27 in Roma trionfa ea Thrae
cia et Geteis (10); egli col titolo di proconsul e imperator (3v96txtog
xxi xòtoxp&top) è onorato dagli Ateniesi (11). Cesare Ottaviano
subito dopo Azio si dimostra assai poco benevolo verso le città
greche che avevano parteggiato per Antonio (12), fonda Nico
poli, trasferendovi degli Etoli e gli abitanti di Leucade, incor

(1) CAss. Dro XLVIII 39, 1; v. anche 46, 1.


(2) CAss. Dro XLVIII 36 segg. APP. b. c. V 72 seg. LIv. Per 127; PLUT.
Ant. 32; VELL. PAT. II 77.
(3) ORos. VI 19. PLUT. Ant. 62. 68.
(4) CAss. DIo L. 9. PEUT. Ant. 60.
(5) CAss. DIo L 13.
(6) Sul rovòv dei Beoti, Eubeesi, Focesi, Locresi e Dori all'incirca di questi
anni, ma di nessun significato per la nostra indagine v. Syll.º, 767 e HERMANN
SwoBoDA, Lehrbuch der griech. Staatsaltertimer, III, Tübingen 1913, p. 294.
(7) Fasti Capit. CIL Iº, p. 50.
(8) CAss. DIo LI 23, 2. ZoNAR. X 32.
(9) LIv. per 134. 135. FLoR. II 26. CAss. DIo LI 23 2.
(10) CIL. Iº p. 50; cfr. p. 77.
(11) IG. IIº 4118 su cui v. GRoAG in PAULY-WIssowA «Real-Encycl. »
XIII col. 283.
(12) CAss. DIo LI 2: ex: guev to),etc xomuºvov re èarp&ge. xxi ti: Xori- è
too, toxita; è raig è Agaiata è ovaix; txpzipéo et usti).9e: v. anche PAUs. IV 31, 2.
110 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

porandovi l'intero territorio dell'isola (1) e a Nicopoli concede


poi, pare sicuro, un foedus (2), fa dipendere le città dei Locresi
dell'ovest, ad eccezione di Anfissa, dalla colonia romana di Pa
trasso (3). Nel 27 quando ordina l'impero egli divide di nuovo
la Grecia dalla Macedonia e crea due province senatorie, quella
di Acaia e quella di Macedonia (4), con proconsoli annui di rango
pretorio che avevano sede in Corinto (5). La provincia di Grecia
comprendeva tutta la Grecia con la Tessaglia, l'Etolia, l'Acar
nania e la maggior parte dell'Epiro, mentre la restante parte
dell'Epiro con gli antichi possessi attorno ad Apollonia e a Dir
rachio spettava alla Macedonia, il cui governatore aveva così
sotto la propria sorveglianza l'intera via Egnazia (6).

(1) PAUs. X 38, 4. CAss. DIo LI 1, 3. STRAB. VII 7, 6 p. 325. X 2, 2


p. 450. ANTII. PAL. IX 553.
(2) PLINIo (n. h. IV 5) definisce Nicopoli libera, ma SERvIo (comm. in
Verg. Aen. III 501) parla di un foedus, e non vi è ragione di rifiutare la noti
zia di Servio ; v. le monete in Brit. Mus. Cat. Thessaly, p. 102 segg.Cfr.LARsEN,
op. cit., p. 446.
(3) PAUs. X 38,9. V. p. 209.
(4) CAss. Dro LIII 12. STRAB., XVII 840. SUET. Aug. 47.
(5) Act. apost. 18, 1-12.
(6) Su tutto ciò BRAND Is in PAULY-WIssowA, « Real-Encycl. » I col.
193 seg. e LARSEN, op. cit., p. 438. Veramente STRABoNE (XVII, 840) riferisce:
'Ayatov uéxor (-)ettz) e xxi Aizo) &ov zzi 'Azzovivov zxi ztvov 'Hrepottocòv è9vòv
6a x ti Mxxeòovix tpoacopato. Ma qui il testo è evidentemente corrotto nonostante
l'opinione contraria di MoMMSEN, Le province Romane da Cesare a Diocle
ziano, trad. it. E. DE RUGGIERo, Roma 1887, p. 236 n. 3. Infatti l'Epiro è
incorporato nell'Acaia secondo CAss. DIo LIII 12, 4, Nicopoli appartiene
all'Acaia (Tac. ann. II 53, 1), e all'Acaia appartengono del pari l'Etolia in base
a Tolemeo (III 14, 2.13) e la Tessaglia al tempo di Adriano come indica l'epi
grafe DEssAU 1067 secondo cui il legato P. Pactumeius Clemens fu assegnato
a speciali incarichi in Atene, Platea, Tespie e in Tessaglia. Pertanto non resta
che dare al pué/pº del testo straboniano il significato inclusivo e non esclusivo
e modificare, come fu fatto, l'espressione az zi, Mxzzòovia regocoptato in Sax uì,
zt). oppure congetturare caduta dopo 'Ax3 pv6 vov una frase come zai 'Hreipolo
è3o Sé. Per l'appartenenza di Butroto alla provincia di Macedonia si veda
l'iscrizione onoraria ad un governatore della Macedonia datata nel II-III sec.
d. Cr. in L. M. UGoLINI, Albania antica, vol. III. L'acropoli di Butrinto, Roma
1942, p. 209.
VIII.

ROMA E LA MONETAZIONE GRECA


DOPO II, 146

Dopo il 146 si ritiene di solito che in Grecia, all'infuori di


Atene, non si coniasse più moneta d'argento (1). Ma l'epigrafe
magistralmente commentata da A. Wilhelm (2) e datata con
precisione alla fine del II sec. av. Cr. mostra in modo luminoso
che allora Messene coniava moneta d'argento (3). A dopo il 146
sono da porsi, pare probabile, quelle monete di argento di Patrasso
il cui ductus epigrafico difficilmente potrebbe risalire alla prima
metà del II sec. av. Cr. (4). Patrasso ebbe forse un foedus per
opera di Silla (5), onde le sue monete potrebbero spettare
solo al periodo dopo Silla e prima di Cesare. Purtroppo il ductus
epigrafico non è un argomento sicuro e, per quanto il corsivo
divenga comune più tardi, lo troviamo anche in monete di
Sparta (6), di Elide (7), di Egio (8) col monogramma della lega

(1) V. ad esempio il Cat. of Greek Coins e B. V. HEAD, Hist. num.º, Ox


ford 1911.
(2) In « Jahresh. des Osterr. arch. Institutes» XVII (1914) p. I segg.
(3) LARSEN, op. cit., p. 329.
(4) Vi compaiono il c e l'o corsivi. Lo stile molto tardo di queste monete
fu avvertito da P. GARDNER, Cat. of Greek Coins. Peloponnesus, p. xxx1, il
quale tuttavia per ragioni esteriori, su cui v. testo, le data a prima del 146.
Cfr. anche HEAD, Hist. num.º, p. 414; per altri esempi di queste monete tarde
di Patrasso A. LöBBECKE, Ein Fund achdischer Bundesmiinzen, in « Zeitschrift
für Numismatik » XXVI (1908), p. 297 n. 105. 106. M. THoMPsoN, A Hoard
of greek federal Silver, in « Hesperia » VIII (1939), p. 135.
(5) P. 155.
(6) « Hesperia », 1939, p. 140 n. 560-562.
(7) Ibid. p. 141, n. 638-640.
(8) Ibid. p. 136, n. 277-279.
112 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

achea. Così per ora non si vede a quale indizio ricorrere per sta
bilire con precisione se alcune monete di argento a noi pervenute
delle varie città vadano datate negli anni dopo il 146. Resta tut
tavia fuori dubbio che dopo il 146 Messene coniava pezzi d'ar
gento. Ma Messene poteva essere civitas libera e non stipendiaria
di guisa che essa non proverebbe nulla per la coniazione delle
città stipendiarie. In base all'epigrafe di Messene si può solo
affermare che nel riordinamento del 145 i Romani, se soppres
sero la coniazione delle monete della lega achea disciogliendo
questa lega, lasciarono continuare, almeno nelle città libere, quella
in argento loro propria; si crede infatti che accanto alla moneta
della lega per singole città esistesse una moneta particolare (1).
Codeste monete di Patrasso e di Messene, le quali ultime,
in parte almeno, debbono spettare a dopo il 146, seguono la valuta
della lega achea col peso che oscilla fra gr. 2,073 e 2,592 (2),
e sarebbe lecito pensare che le monete dopo il 146 sieno costante
mente calanti rispetto al massimo di gr. 2,592 giusta una dimi
nuzione che già si avverte nelle monete della lega (3). Allora oltre
a tale valuta vi erano quella della dramma ateniese, il cui peso
di gr. 4,30 è spesso più calante, inferiore addirittura a gr. 4 (4),
e il denaro romano di gr. 3,90. Ordinariamente la dramma ate
niese corrisponde al denaro romano (5), poiché il peso minore
del denaro romano in confronto con la dramma ateniese viene
compensato dall'importanza sempre maggiore che Roma andava
acquistando nel mondo greco. Peraltro al denaro romano non

(1) P. GARDNER, Cat. Peloponnesus, p. XXVII segg. HEAD, op. cit., p. 411.
M. THoMPsoN, art. cit., in « Hesperia » VIII (1939), p. 116 segg.
(2) HEAD, op. cit., p. 417. La difficoltà presentata dal GARDNER, Cat.
Peloponnesus, p. XXXI, XLIV, per una datazione posteriore al 146, che allora
il peso delle monete avrebbe dovuto venir regolato su quello del denaro ro
mano o della dramma ateniese, non esiste perché le monete di Patrasso spet
tanti con ogni probabilità a dopo il 146 e quelle di Messene, di cui alcune sono
posteriori al 146, hanno la valuta achea.
(3) LöBBECKE, art. cit., in «Zeitschrift für Numismatik» 1908, p. 274
segg. LARSEN, op. cit., p. 329.
(4) LARSEN, op. cit., p. 327.
(5) A. SEGRÈ, Metrologia e circolazione monetaria degli antichi, Bologna
1928, p. 389.
ROMA E LA MONETAZIONE GRECA DOPO IL 146 113

può corrispondere una moneta di valuta achea troppo inferiore


in peso. Eppure proprio dall'epigrafe di Messene già citata ri
sulta che allora sulla fine del II sec. av. Cr. la dramma di Messene
equivaleva a un denaro romano. Questa dramma non è dunque
la monetina d'argento a noi pervenuta di valuta achea, sibbene
corrisponde senza dubbio al doppio di essa ; cioè la moneta
d'argento di valuta achea riproduce all'incirca il peso di un trio
bolo attico, ossia di mezza dramma attica. Essa è normalmente
superiore un poco alla mezza dramma attica, ma se la dramma
attica vale un denaro romano, non fa ostacolo che una moneta
di una città assai meno importante di Atene, di peso un po' supe
riore, valga lo stesso un denaro.
Al contrario l'epigrafe di Messene presenta una difficoltà.
Dal conto risulta che allora si adoperava la valuta monetale
eginetica con 35 stateri per mina, mentre si sa che i Messeni da
tempo avevano adottato la valuta monetale attica al posto di
quella eginetica precedentemente in uso (1). Ora io credo che,
corrispondendo il peso del pezzo monetale messenico basato su
quello acheo a poco meno di un diobolo eginetico e a poco più
di un triobolo attico, esso è stato considerato come un triobolo
attico in modo che lo statere sarebbe equivalso ormai non più
al didrammo eginetico, ma al didrammo attico, tuttavia si è
continuato a computare, come prima, 35 stateri per una mina,
sebbene in realtà tale equazione a rigore valesse soltanto per gli
stateri eginetici e non per i didrammi attici dei quali una mina
comune contava cinquanta.
Inoltre l'epigrafe di Messene interessa perché costringe a
mettere da parte la interpretazione comune dei luoghi di Esichio
Xettò g xxì toyetag. Zö Neoxog èv Nöuotg tàg Spoxuág Xettàg uèv tog
è coſé Aoug toxeto.g èè txg théov èXoboxg, e toyeta Spoxui tò 8tòpoxuov.
'Ayxtot. Di solito si ritiene che qui si parli di dramme pesanti egi
netiche e, fondendo assieme i due luoghi, a un didrammo acheo si
fa corrispondere una dramma eginetica (2). Tale equipollenza, se

(1) HEAD, op. cit., p. 431 seg.


(2) A. BoECKH, Metrologische Untersuchungen, Berlin 1838, p. 81.
FR. HUTsch, Griech. und. rom. Metrologieº, Berlin 1882, p. 192 n. 2. A. SEGRÈ,
op. cit., p. 218 n. 2. HEAD, op. cit., p. 395.
114 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

è mai esistita, dovrebbe riferirsi a epoca tarda per un assottiglia


mento del peso della dramma eginetica. Peraltro la dramma mes
senica di valuta achea, corrispondendo sulla fine del II sec. av.
Cr. al denaro romano, doveva essere superiore, non inferiore,
in peso allo stesso denaro di gr. 3,90; dunque qui non si può trat .
tare di un'equipollenza fra il didrammo acheo e la dramma pe .
sante eginetica. Nel primo luogo non si è badato a sufficienza
al nome di Zaleuco, il legislatore di Locri Epizefiri, pel quale la
dramma eginetica non presentava alcun interesse (1). Si sa come
a Zaleuco si sieno attribuiti provvedimenti legislativi posteriori
sia di Locri Epizefiri sia d'altre città, ed è fuori dubbio che con
Troxeix èpo Auf, nel primo luogo si indica una moneta corrente
nella Magna Grecia in contrasto con la dramma attica pure in
uso. Quale sia questa moneta corrente è difficile dire con preci
sione ; può darsi che in tal modo si chiami lo statere di circa
gr. 7,83 adoperato dalle colonie achee (2). Ora, se si vogliono col
legare strettamente assieme i due luoghi, si deve riferire il se
condo come il primo agli Achei della Magna Grecia e non a quelli
del Peloponneso, e il senso sarebbe che gli Achei equiparano alla
loro dramma pesante di circa gr. 7,83 il didrammo attico di
circa gr. 8,70. Nella differenza si potrebbe vedere l'indice di un
provvedimento atto a salvaguardare di fronte alla dramma at
tica la moneta locale, un aggio cioè protettivo. Ma forse l'inter
pretazione data da A. Meineke (3) del secondo luogo, un poco
modificata, soddisfa maggiormente. Il Meineke altera 'Axxtoi
riferito dai codici in 'Axxiog e pensa che Achaeus in un dramma
satirico indicasse il didrammo con Spoxuì toyeix. In verità co
desta alterazione del testo è arbitraria e par meglio, distaccando
nettamente questo luogo dal precedente, interpretare che gli
Achei, quelli del Peloponneso, chiamavano con dramma pesante
il didrammo ateniese, tanto più che subito dopo in Esichio com
pare il lemma del pari in dativo toyetſ xetpi ti taxup3. Infatti

(1) V. peraltro TH. MoMMSEN, Gesch. des Röm. Miinzuc., Berlin 1860,
p. 112 n. 61.
(2) W. GIESECKE, Italia Numismatica. Eine Gesch. der italisch. Geldsystems
bis zur Kaiserzeit, Leipzig 1928, p. 31 segg.
(3) Zu Hesychius, in « Philologus » XIII (1858), p. 550.
ROMA E LA MONETAZIONE GRECA DOPO IL 146 115

la dramma achea, si è visto, in base all'epigrafe di Messene, è


superiore alla dramma attica, e pertanto gli Achei in relazione
con la propria dramma potevano indicare come pesante il di
drammo attico. Tuttavia, prescindendo dalla precisa interpreta
zione dei luoghi di Esichio, la quale rimane incerta, si può oggi
dire con sicurezza che essi non riguardano in alcun modo la
dramma pesante eginetica e però da soli non permettono di con
getturare per tale dramma una diminuzione di peso.
Se Roma ha lasciato la coniazione in argento alle città dichia
rate libere nel 145 comprese nella provincia come Messene, a
maggior ragione non ha soppresso quella delle città libere che
tali erano in precedenza e si trovavano fuori della provincia. Così
Corcira continua a battere moneta d'argento sino a Cesare
(48 av. Cr.) (1) sul vittoriato romano la cui valuta corrisponde
press'a poco a quella achea. Il vittoriato fu emesso da Roma, come
è noto, sopra una valuta illirica in rapporto semplice con la valuta
monetale romana. Allora nel III sec. av. Cr. sulle sponde occiden
tali dell'Adriatico e dello Ionio oltre alla moneta della lega achea
basata su un nominale d'argento del peso, già si disse, di gr. 2,073
2,592 erano valute locali greco-barbare esemplate sulla emi
dramma eginetica del peso di gr. 3,1 o sulla dramma corinzia
di gr. 2,915 che peraltro ora era alquanto ridotta, e in specie sulle
monete di Apollonia e di Dirrachio di gr. 3,40 circa. Per questo
la nuova moneta d'argento avente l'effigie della vittoria, il vit
toriato, fu coniato col peso di gr. 3,41 ; in tal modo esso corri
spondeva alla dramma locale e in parte poteva anche soppian
tarla (2). -

Il vittoriato allora equivaleva a 3/4 di denaro. Quando


questo fu ridotto da un 1/72 di libbra a 1/84 (gr. 3,90) mercé la
legge proposta, pare sicuro, da C. Flaminio, il console del 217
av. Cr., anche il vittoriato, conservando sempre il rapporto di
3/4 col denaro, si ridusse a gr. 2,92, e però fu un po' inferiore

(1) HEAD, op. cit., p. 327 seg. G. DE SANCTIs, St. dei Rom. III, p. 301
n. 97.
(2) S. L. CESANo, Victoriati nummi, in « Riv. ital. di Numism. » 1912,
p. 299 segg.; ID. in « Bull. Comm. Arch. Com. » LXVI (1938), sez. « Bull.
del Museo dell'Imp. rom. » p. 15.
116 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

alla dramma illirica di gr. 3,4; la coniazione ne fu sospesa dopo


i primi decenni del sec. II venendo ripresa solo intorno al 100
av. Cr., ma allora il vittoriato non fu che un quinario di gr. 1,95.
Pertanto non si deve sopravvalutare l'importanza del vitto
riato per le coniazioni greche. Così si ammette comunemente
sulle tracce di P. Gardner (1) che la Tessaglia dopo il 196 si ba
sasse per la sua monetazione sul vittoriato (2). Ma, poiché tutte
le monete d'argento della Tessaglia dal primo periodo della loro
coniazione fino a quello iniziato col 196 seguivano la valuta mo
netale eginetica (3), è sicuro che allora la Tessaglia continuò sif
fatta valuta monetale la cui emidramma di gr. 3, 1 corrispondeva
all'incirca al vittoriato di gr. 2, 92, sostenuto questo dal sempre
crescente predominio politico-militare dei Romani.
La Tessaglia col 145 conservò la propria monetazione. Di
essa abbiamo certa testimonianza solo per l'età di Cesare (4);
qui la valuta è di circa gr. 6 (gr. 5,57-6,22) e di circa gr. 3 (gr. 2,65
3,05) (5) corrispondendo alla dramma eginetica e alla emidramma
o, se si vuole, a un doppio vittoriato e a un vittoriato. In Tes
saglia accanto alla valuta basata su quella eginetica compaiono
monete d'argento in relazione con la dramma e la emidramma
attica ; queste furono coniate, io credo, per necessità di pagà
menti con l'estero, specie con Atene e i paesi usanti la sua valuta
in quanto i pezzi d'argento correnti in Tessaglia mal corrispon
devano a quelli attici, e ciò dava adito a inconvenienti manifesti.

(1) Cat. Thessaly to Aetolia, p. XXI.


(2) V. ad esempio HEAD, op. cit., p. 311. BR. KEIL, Zur Victoriatus rechnung
auf griech. Inschriften, in «Zeitschrift für Numismatik » XXXII (1920), p. 47
segg. LARSEN, op. cit., p. 329 seg.
(3) Cat. Thessaly, p. l segg.
(4) Cat. Thess., p. 1 segg. Modifiche alla datazione degli strateghi tessa
lici furono apportate da A. S. ARVANIToPoULLos in « Rev. de Phil. » N. S.
XXXV (1911), p. 285 segg., ma contro di lui per gli strateghi che interessano
il nostro compito, Italo figlio di Filisco e Tolemeo figlio di Temistogene, v.
G. DAUX - P. DE LA CostE - MESSELIÈRE in « Bull. de Corr. Hell. » XLVIII
(1924), p. 373 seg. Questi due strateghi contro l'ARvANIToPoULLos, che
li fa risalire al periodo fra il 178 e il 146 av. Cr., sono riportati agli anni
47/6 e 46/5, anche se dubitativamente, e cioè al periodo già indicato da G.
KRoAG, De foederis Thessalorum praetoribus, Diss. Hal., 1911.
(5) Cat. Peloponnesus, p. XVII.
ROMA E LA MONETAZIONE GRECA DOPO IL 146 117

Per la Tessaglia rimane incerto se la monetazione in argento fu


sospesa con Silla e ripresa poi con Cesare o se continuò inin
terrotta.
Con Corcira e la Tessaglia batte moneta anche dopo il 146/5,
è da credere, Leucade sulla valuta corinzia un po' ridotta e su
quella attica ; ci sono pervenuti stateri del peso di gr. 7,77-8,29 (1)
e didrammi attici (2). Le città dell'Eubea, all'infuori di Calcide,
continuarono del pari a battere moneta su valuta attica ed egi
netica (3). Per le altre regioni e città della Grecia s'ignora quando
sia terminata la loro coniazione in argento. Dunque dopo il 146
in Grecia oltre alle monete di valuta macedone-attica(4) conti
nuarono a venir coniate quelle di valuta achea e quelle basate
sul vittoriato romano in stretto rapporto con la valuta achea.
Intanto si diffondeva sempre più l'uso del denaro romano. Ma
le monete coniate in precedenza non furono subito tutte assor
bite e durarono ancora per lungo tempo.
Difatti in un'epigrafe di Tespie (5) spettante alla seconda
metà del sec. III av. Cr. e in un'altra di Tebe (6) della seconda
metà del sec. II av. Cr. compare l'apºptov auguxxuxóv. Nono
stante la congettura di G. Colin (7) che con questo nome si desi
gni il denaro della lega etolica, di cui la Beozia ha fatto parte
dal 245 al 235 circa, è fuori dubbio che esso nelle nostre epigrafi
indica l'à proptov Botóttov, cioè il denaro della lega beotica. L'in
terpretazione di B. V. Head (8) intorno all'epigrafe di Tebe porta
con sicurezza all'identità dell'ºpyūptov avutuxxuxóv col Botóttov

(1) Cat. Thessaly, p. XVII.


(2) HEAD, op. cit., p. 330.
(3) HEAD, op. cit., p. 364 . Per la valuta attica v. ibid. p. 357 (per Caristo);
pel resto Cat. Central Greece, p. 100 segg. A. SEGRÈ, op. cit., p. 391 seg.
(4) Sulla monetazione in argento di Atene di recente J. P. SHEAR in
« Hesperia » II (1933), p. 256. V (1936), p. 125. M. THOMPsoN, Some Athenian
« Cleruchy » Moneys, in « Hesperia » X (1941), p. 199 segg.
(5) IG. VII 1743.
(6) IG. VII 2426.
(7) In « Bull. Corr. Hell. » XXVII (1903), p. 141 n. 1.
(8) On the chronological sequence of the coins of Boeotia, London 1881,
p. 90 segg. -

9
118 IL DOMINIO ROMANO IN GR I CIA

elencati entrambi nel resoconto dell'epigrafe (1) e viene confer


mata dall'esistenza di monete con la scritta Bototòv fra il 244
e il 146 (2). Del pari l'apºptov auguxyuxóv compare in una
epigrafe di Orcomeno d'Arcadia (3) da datarsi secondo l'era
achea nel 76/5 av. Cr. (4). Qui non si tratta della stessa moneta
della Beozia e, come in Beozia nella seconda metà del sec. II
av. Cr. era ancora in commercio l'antica moneta della lega beo
tica, così nell'Arcadia, che aveva fatto parte della lega achea
sino allo scioglimento di essa nel 146, è ancora in uso nel I sec.
av. Cr. la moneta achea.
In un'epigrafe di Delfi del dicembre 117 av. Cr., dove gli
Anfizioni per invito di un senatoconsulto romano giudicano e
sentenziano intorno al denaro che manca dal tesoro di Apollo (5),
sono nominati dei crougay.txà tó Axvto. Il Colin (6) molto dubi
tativamente identifica questa moneta con quella etolica e ricorda
a tale proposito l'apriptov auguxxuxóv delle due iscrizioni
beotiche ; ora si disse che simile &p/0ptov è quello beotico. Ma
codesta moneta beotica non può qui venir presa in considera
zione tanto più che proprio i Beoti definiscono l'ammanco del
tesoro delfico nella somma di 3p uptoo atepex td) ovto tevtipcovto,
mentre tutti gli altri, all'infuori degli Eubeesi che adoperano
l'espressione tº Axwto &ttocà teytixovtx e dei Delfi che non
precisano la qualità dei talenti, si riferiscono a couploxixà toxxvto.
Gli atepe; t3xxvto s'identificano, come fu visto (7), con gli
&ttuxá e questi sono superiori in valore ai auguxxux&. Ma che
cosa sono questi auguxxxà tó) avto ? Esclusa la moneta etolica,
va esclusa del pari quella achea cui pensa C. Wescher (8) sia
perché ignoriamo se esistesse tale talento sia perché non sembra

(1) V. anche E. BABELON, Traité des monnaies grecques et romaines, I


1, Paris 1901, col. 386 seg.
(2) HEAD, Chronol. seq., p. 84 segg. Hist. num.º, p. 353. K. M. EDwARDs,
Corinth. VI Coins, Cambridge Mass. 1933, p. 45 n. 266.
(3) IG. V 2 n. 345 l. 21.
(4) DINSMooR, Archons of Athens, p. 237.
(5) Syll.º 826 D.
(6) In « Bull. de Corr. Hell. » XXVII (1903), p. 139 seg.
(7) CoLIN, art. cit., p. 138 seg.
(8) Etude sur le monument bilingue de Delphes, Paris 1868, p. 111 segg.
ROMA E LA MONETAZIONE GRECA DOPO IL 146 119

che la moneta achea avesse allora tanta importanza da imporsi


a tutta la Grecia.
In alcuni stateri d'argento di Bisanzio, Efeso, Samo, Cnido,
Iaso, Rodi compaiono le iniziali ouv da completarsi in avv(uxxuxóv).
Si crede che si tratti di una simmachia vera e propria, e questa
viene collocata o subito dopo la battaglia di Cnido (394) (1) o
subito dopo la pace di Antalcida (386) (2) ritenendosi impossibile
un movimento antispartano così organizzato immediatamente
dopo Cnido. Tuttavia anche codesta datazione suscitò dei dub
bi (3); poiché è assai strano che il gran re sopportasse, se non
proprio favorisse, un'alleanza vera fra le città da lui dipendenti,
sovrattutto dopo l'esperienza del sec. V, né giova ricordare che
Artaserse II era un re debole e, per l'aggiunta di uno statere di
Lampsaco più tardo, porre le monete fra il 387 e il 330 av. Cr. (4).
Appunto la difficoltà d'inquadrare storicamente allora tale sim
machia costringe a congetturare che essa non sia mai esistita
e che vada riguardata soltanto come un'alleanza monetale a
scopo di commercio. In vero ci è pervenuta una convenzione
monetale concertata dai Mitilenei e dai Focesi spettante al pe
riodo fra il 405 e il 394 (5) per la emissione in anni alternati e a
turno da zecche di entrambe le città di moneta d'elettro, specie
hectae ; i due popoli avrebbero così goduto di una circolazione
comune nei rispettivi territori e nelle zone della propria attività
commerciale (6). Dunque il termine arougzyszóv si riferisce anche
alla moneta di Stati stretti fra loro da un'alleanza priva di qual
siasi carattere politico o militare ; e i ti).ovtx auguxxuxá ricordati
nella epigrafe delfica possono essere talenti stabiliti dagli Anfi
zioni per ottenere una certa uniformità nelle valute dei diversi

(1) W. H. WADDINGtoN in « Revue numismatique » 1863, p. 223 segg.


K. REGLING in «Zeitscrift für Num. » XXV (1906), p. 207 segg. HEAD,
Hist. num.º, p. LXXXIII.
(2) K. J. BELocH, Griech. Gesch., III lº, Berlin 1922, p. 95 n. 3. E D.
MEYER, Gesch. des Alterth. V, Stuttgart 1902, pp. 308. 310.
(3) A. BALDw IN in «Zeitschr. für Num. » XXXII (1915), p. l I seg.
(4) BALDWIN, art. cit., p. 12 segg.
(5) IG. XII 2, n. 1 S. p. 63; HICKs-HILL. A manual of Greek hist. Inscr.,
Oxford 1901, p. 180 n. 94.
(6) HEAD, Hist. num.º. p. LxxxIII. 558. 589.
120 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

popoli componenti lo stesso sinedrio anfizionico in vantaggio di


una buona amministrazione dei fondi sacri (1).
Ancora alla fine del II sec. av. Cr. il consiglio anfizionico
si preoccupa di questioni monetali e accorda al tetradrammo
attico di essere commutato con quattro dramme d'argento di
qualsiasi regione fra quelle che partecipano, s'intende, al consiglio
anfizionico (òéxeo 9xi tóvtxg tobg "EX), vog tò &trixòv tétoxxuov èv
èpoxuxig &p ſoptoo této pat) (2). Si è visto che il peso della
dramma di Messene, a esempio, come poi di quella di Patrasso,
era superiore al peso della dramma attica, e, se essa veniva equi
parata col danaro romano, non è a dire che fosse equiparata con
la dramma attica ; anzi la diversità di peso doveva dar luogo
comunemente a un aggio più o meno fluttuante. Ora Atene riesce
a ottenere per mezzo del consiglio anfizionico che si evitino ten
tativi di speculazione a danno della propria moneta e nello stesso
tempo ad affermare la prevalenza del suo tetradrammo che in
sieme con lo statere di Filippo e di Alessandro era in quel secolo
la moneta più diffusa. Per contro la dramma, ad esempio, tes
salica di valuta ateniese, che doveva corrispondere in valore
reale e commerciale alla vera dramma attica, a questa viene qui
legalmente equiparata o, con più precisione, il tetradrammo attico
viene equiparato a quattro dramme tessaliche ; equipollenza
che si ritroverà più tardi in una tavoletta bronzea di Tessaglia
(v. oltre).
In tal modo il provvedimento anfizionico da un lato non fa
che sanzionare una pratica corrente come lo scambio senza ag
gio fra il tetradrammo attico e quattro dramme tessaliche di
valuta attica, dall'altro crea una nuova equivalenza fra il tetra
drammo attico e quattro dramme di peso superiore a quello at
tico, come le peloponnesiache, la quale, se esisteva in pratica,
dava luogo a un aggio a danno della moneta ateniese. Esso non

(1) Syll.º 250 l. 9. 251 l. 29. Il DITTENBERGER, Syllº 826, p. 523


n. 16 ha torto nel dare troppo valore all'osservazione dello HILLER che gli Anfi
zioni non erano a guxzot. In quanto all'ipotesi dello HILLER che si tratti di
moneta del più recente xotvöv dei Beoti, Eubeesi, Locresi, Focesi, Dori,
di cui v. Syll.º 767 e 770 n. 4, essa non ha alcun fondamento perché l'esistenza
di tale corvév appare in età assai tarda, e cioè attorno al 33 a v. Cr.
(2) Syll.º 729. -
ROMA E LA MONETAZIONE GRECA DOPO IL 146 121

è direttamente antiromano, e tale non poteva essere in base alle


relazioni di Delfi con Roma dopo il 146, agisce tuttavia indiret
tamente anche contro i possibili tentativi di speculazione da parte
dei commercianti romani, oltreché dei greci (1). Del tutto anti
romano fu considerato codesto provvedimento da Br. Keil (2),
il quale si sforza di collegarlo con la ler Clodia di circa il 104
av. Cr. che ridusse il vittoriato al valore di un mezzo denaro,
cioè di un quinario ; ma tale teoria, già combattuta sotto l'aspetto
cronologico (3), va messa da parte in modo definitivo soprattutto
perché non è provato che la riduzione del vittoriato a mezzo de
naro abbia avuto risonanza sulla monetazione greca.
Infatti l'argomento di Br. Keil (4) si basa in primo luogo
sull'interpretazione di un'epigrafe di bronzo proveniente con
ogni verisimiglianza dalla Tessaglia e pubblicata da W. Rensch (5).
Fraintesa dal Rensch, fu studiata dallo stesso Keil in « Hermes »
XLIV (1909), p. 157 e di nuovo da lui ripresa in esame nell'ar
ticolo citato. L'epigrafe è la seguente:
re -
A KA
- I B
/N

Di sicuro non vi è che il segno del denaro nella terza linea ;


evidentemente contro il l ensch occorre accogliere la tesi del
Keil che nelle lettere sopra al segno del denaro si indichino altre
monete. Qui il Keil interpreta te come la iniziale di re(txottuóptov)
(1) Per l'interpretazione di questa epigrafe v. soprattutto TH. REINACH
in «Mémoires de l'Institut nationale de France, Acad. des Inscr. et Belles
Lettres » XXXVIII, 2e partie, 191 1, p. 350 segg. G. DAUX, Delphes au II°
et au Ier siècle, p. 387 segg., ma mi pare che la loro interpretazione secondo
la quale il provvedimento anfizionico non servirebbe che a regolarizzare e
legalizzare una pratica già corrente, non avendo allora il tetra drammo attico
più alcun concorrente nella Grecia propria, vada modificata nel senso da me
espresso dopo le conclusioni a cui si è costretti in base all'epigrafe di Messene.
(2) Zur Victoriatusrechung aui griech. Inschriften, in Zeitschrift für
Numism. » XXXII (1914-1920), p. 46 segg.
(3) DAUX, op. cit., p. 387 seg.
(4) Art. cit., p. 51 segg.
(5) De manumissionum titulis apud Thessalos, Diss. Hal. XVIII 2 (1908),
p. 130.
122 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

e , come segno del doppio statere; avremmo così :


te(toptmuóptov) 1/4 = 6 oboli
7 (ototip) 1 24 »
(ò v&ptov) 1/2 12 »

A priori siffatta distribuzione con nel mezzo l'unità base, sopra


la quarta parte di essa, sotto la metà è da escludere, tanto più
che non si vede che cosa possa significare una simile tavoletta
anche considerata, secondo vuole il Keil, un'insegna; e assai
incerto riesce che l'x indichi qui un doppio statere come unità
fondamentale. Per me non v'è dubbio che questa tavoletta riporti
un'equivalenza e precisamente teſtoxòpxux) 6 = 8pxxuxi 24 =
= den. 12, vale a dire 6 tetradrammi attico-macedonici corri
spondono a 24 dramme tessaliche di valuta attica e a 12 denari ;
s'intende così in maniera chiara la distribuzione tetradrammi
dramme-denari e ben si spiega la lettera o come segno della
dramma (1). Certo l'equipollenza di un denaro a due dramme è
assai sfavorevole per la moneta greca. Ma qui si tratta, io credo,
di un'equivalenza non si sa bene di quale età, ad ogni modo per
nulla ufficiale, fissata forse da un cambiavalute, da un affa
rista che fa il proprio interesse. Con tale interpretazione, che
sembra sicura, cade l'argomento del Keil pel denaro di 12 oboli
e però pel vittoriato ridotto a mezzo denaro di sei oboli.
L'altro argomento, che sarebbe una convalida del prece
dente, viene visto nella espressione dell'epigrafe tessalica del
l'epoca augustea IG. IX 2 n. 415 : Sexxtévte ototipog xxtà
tòv vógov, 3 Yivetx, xxt3 tò Stóp 9oux Serv ptx eizoat Soo hutou. Se
15 stateri corrispondono a denari 221/2, uno statere corrisponde
a 1 denaro e 2 e cioè, poiché in base ad altre epigrafi il vittoriato
comprende 6 oboli, un denaro comprende 8 oboli. Le monete
d'argento tessaliche che ci sono pervenute pesano circa 6 gr.,
e questo peso è, si può dire, quello di 1 denaro e 1/2. L'espressione
xatà tò Stöp8 coux sarebbe pel Keil la prova che prima esi
steva una relazione di valore diversa fra lo statere e il denaro e
con ciò confermerebbe le relazioni di valore da lui colte nella

(1) Pel segno A sulle dramme ateniesi più recenti v. E. PERNICE, Griech.
Gewichte, Berlin 1894, p. 164 n. 594. 595.
ROMA E LA MONETAZIONE GRECA DOPO IL 146 123

tavoletta tessalica riproducenti il vittoriato-quinario. In realtà


dall'epigrafe riferita si può ricavare solo che la legge (6 vògog)
stabilisce la tassa di registro pei liberti, che poi è intervenuta
la pubblica autorità per fissare il rapporto di valore fra la dramma
corrente e il denaro non sappiamo se in generale o in particolare
pel caso di questa tassa di registro. Prima poteva sussistere di
fatto la stessa equipollenza oppure il rapporto di valore essere
oscillante.
Certo la questione monetaria su cui si pronunciano gli Anfi
zioni non interessa solamente, come nel IV sec., la buona gestione
dei fondi sacri, per la quale soprattutto si stabilì il talento aug
uxxx6v, ma riguarda lo scambio corrente fra gli Stati della Grecia
propria ; e questo può significare che l'Anfizionia era in princi
pio autorizzata a intervenire nel dominio monetario, anche se
il decreto di Polione, quello che legalizza la situazione corrente
del tetradramma attico e ne impedisce la speculazione a suo
danno, sia il solo testo di tale genere a noi conservato (1). Il
tetradrammo attico allora diviene moneta internazionale, e
pure qui si manifesta la tendenza, avvertita altrove (2), nella
politica ateniese di quegli anni ad affermare un nazionalismo,
necessariamente antiromano anche se in sordina, ispirato al
predominio di Atene sulla Grecia propria.
In seguito sia per la nota legge di Gresham secondo cui la
moneta cattiva scaccia la buona dal mercato sia per la man
canza dei lingotti o della moneta straniera d'argento, diminuito
il commercio locale, può darsi che le città alle quali era lasciato
il diritto di coniare in argento smettessero, indipendentemente
da Roma, di coniare (3); ma potrebbe anche darsi che
in un momento preciso, ormai non più definibile, l'autorità
romana abbia troncato essa stessa quel lento processo e abbia
riserbato a sè la coniazione in argento lasciando a quelle città
solo la spicciola monetazione in bronzo.

(1) DAUX, op. cit., p. 390 seg.


(2) P. 167.
(3) Per Atene sull'impoverimento delle miniere del Laurio e il declino
della sua coniazione in argento v. M. L. KAMBANIs in « Bull. Corr. Hell. »
LX (1936), p. 117.
PARTE II.

IX.

PELOPONNESO

1. SPARTA E LA LACONIA. – Dopo la vittoria di Roma e


de' suoi alleati su Nabide nel 195 gli Achei guadagnano le città
costiere della Laconia ; da allora queste città sono dipendenti
dalla lega achea (1), ma di esse si ignora la precisa condizione
giuridica. Sia la mancanza di loro monete con l'iscrizione
'Axatöw sia le espressioni di Livio (2) paiono presupporre un
protettorato piuttosto che una simpolitia (3). E difficile sarebbe
congetturare che proprio allora si costituisse quel covòv cóv
Axxeòxtuovtov che viene testimoniato epigraficamente (v. oltre)
perché il luogo di Strabone VIII 366 a ové0m Sè coſì roba 'EXeo
9epo) &xovog Ax3eiv vivo riv to).ttetog riporta agli avvenimenti dopo
il 146 e non dopo il 195. Questo luogo di Strabone, che di recente
ha attratto l'attenzione degli studiosi (4), è di capitale impor
tanza per la data della costituzione del covòv töv Axxeòo govtov;

(1) Liv. XXXV 13,2. XXXVIII 31,2.


(2) XXXV 13,2 : Achaeis omnium maritimorum Laconum tuendorum a
T. Quinctio cura mandata erat. XXXVIII 31,2 : cum in fidem Achaeorum tute
lamque T. Quinctius et Romani Laconicae orae castella et vicos tradidissent.
(3) H. Svo BodA, Studien zu den griechischen Binden, in « Klio » XII
(1912), p. 21 pensa che quelle città fossero incorporate nella confederazione
come membri non indipendenti, ma v. contra G. NIccoLINI, La confederazione
Achea, Pavia 1914, p. 131 n. 1.
(4) A. GITTI, I perieci di Sparta e le origini del corvò, tov Axxzòxtplovtov
in « Rendiconti della R. Accad. Naz. dei Lincei , Serie VI, vol. XVII (1939),
p. 193 segg. La condizione delle città della Laconia e l'opera di Augusto in « Atti
del V Congresso Naz. di Studi Rom. » 1939, p. 4 segg. (dell'estratto). -
PELOPONNEso 125

occorre dunque riferirlo per intero : xxtx).99évtov Sè toytov


(scil. i re dei Macedoni) otò 'Pouxtov, un pò uév tvx tpooéxpoooxy
toia teutouévoz Tcò Pouxtov atxt goiz topo vvo)uevo tote zxi to) teo
öuevo uoxi) pòg &vxxx36vvez Öè ap3 g èttufº qaoy Stxpepóvtoz xxi
èueryxv èXe39epot, thºv tov pi).txòv Aetoop toov 3)) o auvte) o vtec obòév.
veoati è Epox)ig xòto)g ètipo e S63xz &to/pfaxa 9xt ti Kxtoxpo:
(Augusto) pi).to Trépo to, uerotoo toòz tiv èttatoatzy xòtòv, ètzboxto
ò , 39) i taxécog, èzeivoo (Augusto) uèv txox/opfax.vtoz eiz tò /pedov,
to5 8'oio 5 (Tiberio) tv pt).txv 3 teatpoguévoo ti v totx)tºv t3oov.
a ové3 ſi èè xxi to): EXeo9epox3xovxz Ax9eiv rivo, ti v to).tteixz, èrtetòì,
Pouxiota Ttpooé9evro tocoto oi teptozoi topzyvoouévºg tig Stxprog, oi
te 3)) o zodì oi Ei),oteg.
Strabone nel primo periodo sunteggia rapidamente le rela
zioni degli Spartani con Roma, ma l'accenno alla eleutheria e
alle liturgie amichevoli non può riferirsi che agli avvenimenti
dopo il 146. Allora gli Achei per volontà dei Romani dovevano
pagare a Sparta una multa di 200 talenti (1), e senza dubbio
allora Sparta fu riconosciuta libera e amica (2) di Roma (3) e
fu esente da tributo (4). Quindi col periodo successivo Strabone
passa a un avvenimento recente (veoati), ossia alla tirannide
in Sparta di Euricle favorito da Augusto (Kzia zgoz). Che qui
Strabone commetta qualche imprecisione viene ora posto in luce
dalle importanti epigrafi di Gizio pubblicate da S. B. Kougeas (5),
su cui è tornato E. Kornemann (6). Queste epigrafi rivelano che
nel 15 d. Cr. Euricle era morto (7), e suo figlio Lacone quale suc
cessore godeva onori a Gizio (8); dunque la tirannia degli Euri

(l) PAUs. VII I 6, 10.


(2) P. 73.
(3) V. anche PLIN. n. h. I V 16 : ager Laconicus libera e gentis,
(4) Sulle relazioni di Roma con Sparta, Messene ed Elide prima del 146
J. A. O LA RsEN, Vas Greece free between 196 and 116 b. C.?, in « Class. Phil.
XXX (1935), p. 210 segg.
(5) 'EX), v.23 I (1928), p. 7 segg.
(6) Neue Dokumente cum laltonischen R aiserkult in « Abhandl. der Schles.
Gesellschaft für va terländ. ('ultur » I. Heft, Breslau 1929. V. anche R. H ER zoo,
in «Zeitschrift der Savigny-Stiftung » R. A. L (1930), p. 628 segg.
(7) N. 3 l. 19.
(8) N. 3 l. 20.
126 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

clidi fu messa da parte per opera di Tiberio, ma non la tirannia


del padre Euricle, come si interpretava in base al passo di Stra
bone, sì quella del figlio Lacone (1). -

Chiusa la parentesi su avvenimenti contemporanei all'autore,


Strabone si riallaccia al periodo precedente intorno alle condi
zioni di Sparta dopo il 146 e accenna a un certo nuovo ordina
mento politico avuto allora dagli Eleuterolaconi ; con tale frase
egli si riferisce alla creazione del covòv. In verità le epigrafi
preaugustee (2) e le monete (3) ricordano un covòv töv Axxeòxt
uovtov ; le altre epigrafi, dalla prima metà del sec. I d. Cr. in
poi (4), menzionano un cotvòv tòv 'EXeo9epo) xxcovov. Eviden
temente Strabone ha adoperato il nome usuale nel suo tempo
di Eleuterolaconi per la designazione anteriore dei Lacedemoni,
incorrendo in una imprecisione come quella avvertita nel periodo
che sta innanzi. E poiché egli aveva detto che dal 146 gli Sparta
ni èttuſº moov Stxpepóvtog xxi èusivov èXe)8epot e non pagavano
alcun tributo, cerca ora di spiegare la ragione per cui la nuova
lega venne creata nel 145 all'infuori di Sparta e narra che i pe.
rieci, tiranneggiati da Sparta, per primi passarono ai Romani
e così gli altri e anche gli iloti. Qui è accenno a sollevazioni e a
defezioni avvenute subito dopo il 195 (5), ma siffatto accenno
introdotto con l'intento che già si è chiarito non può infirmare la
cronologia quale risulta dal racconto complessivo di Strabone (6).
E la notizia di Pausania (7) che Augusto liberò gli Eleuterolaconi
dalla schiavitù dei Lacedemoni di Sparta sorge per una confu
sione dello scrittore simile a quella intorno allo scioglimento

(1) KoRNEMANN, op. cit., p. 15.


(2) IG. V I, 11 11. 1226. 1227. Sull'epigrafe 1 1 1 1 e sulla sua datazione
cfr. RAEDER, L'arbitrage intern. chez les Hellènes, p. 138 seg. 211. Swo BodA,
Studien zu den griech. Binden, p. 34 n. 1. Alla data 195-146 a. Cr. proposta
da E. SoNNE e V. BERARD si attiene erratamente Tod, Intern. Arbitration
amongst the Greeks, p. 8 n. 4.
(3) HEAD, Hist. num., 2a ed., p. 435.
(4) IG. V I, 1161, 1167, 1177, 1243.
(5) GITTI, I perieci di Sparta ecc., p. 194 seg.
(6) V. contra GITTI negli articoli cit.
(7) III 21, 7.
PEI,OPONNESO - 127

di tutte le leghe in Grecia dopo il 146 (1) e all'altra (2) della presa
di Estiea e Anticira ad opera di Villio ('Oti) tog), mentre Estiea
fu occupata da L. Apustio inviato da Sulpicio Galba, il predeces
sore di Villio, come legato al comando di una squadra nel mare
Egeo (3) e Anticira fu sottomessa da T. Quinzio Flaminino, il
successore di Villio (4). Augusto ha solo riorganizzato la lega dei
Lacedemoni che allora si chiamò degli Eleuterolaconi (5) in con
trasto con Sparta ciritas libera et amica, se non proprio foederata.
Questa lega dei Lacedemoni istituita dopo il 146, di cui a
capo era uno stratego eletto annualmente (6) e un touixc custo
diva la cassa (7), aveva come tempio comune il santuario di
Posidone sul promontorio Tenaro e con ogni probabilità anche
quello di Apollo Iperteleate ad occidente di Epidauro Limera (8).
Essa fu creata dai Romani che col dividere l'antico Stato la cede
mone fra Sparta e la nuova lega miravano a sfruttarne le gelosie
reciproche e a rinsaldare il proprio dominio ; onde in tal senso
si può intendere l'espressione esagerata di Plutarco che i Lace
demoni eig Soo) eixv ustéatqazy xxi Otò 'Pouxtoz xx9&tep oi 3)).o.
"EX), ſvez è vovto (9).
Comunemente si ammette che la notizia di Pausania (10)

(l) VII l 6, 9.
(2) VII 7. 9.
(3) LIv. XXXI 46.
(4) LIv. XXXII l 8.
(5) ( . GILBERT, Griech. Staatsalterthumer Iº, Leipzig 1893, p. 30 seg.
C. G. BRAN o Is in PAUL Y - VV Issow A « Real-Encycl. » V, col. 2353. VV. KoI. BE
in IG. V I p. X v1 a. 21 : Buso LT-Swo BonA, Gr. Staatsk unde, p. 734 seg.
KoRN E MANN, op. cit. , p. 13. L. PARETI in « Enciclopedia Italiana » NIII.
p. 780. U. KAIII: st Erot, Griech. Staatsrecht, I Sparta und seine Summachie,
Göttingen 1922, p. 7 pensa che il 2 ov - o Azzzòx govic v comprendesse
gli Eleuterolaconi e Sparta. ma. fu già notato (Bo1.T E in PA ( L ) - VV IssowA,
«Real-Encycl. » III A, col. 1324), questo contrasta con IG. V I, 1226 dove il
zovò - ſov Arezzò lovico, nomina prosseno un lacedemone, cioè un cittadino
di Sparta.
(6) Lista degli strateghi conosciuti in IG. V I, indices IV 3. p. 343.
(7) IG. V I, 1226, 1227.
(8) IG. V I, 1226. 1227. 931 segg. 975, p. 187. 96 l. 964-966 : v. Koi. BE.
p. XIV a. 146.
(9) Inst. Lac. 42.
(10) III 21, 7.
128 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

secondo cui le città degli Eleuterolaconi erano ventiquattro si


riferisca ai tempi di Augusto, mentre ai tempi di Pausania
(sec. II d. Cr.) ne rimanevano soltanto diciotto, venendo le altre
sei incorporate nello Stato spartano (1). Di fatto se si considera
che proprio Augusto durante la sua visita nel 21 av. Cr. ha sot
toposto a una revisione il territorio di Sparta (2), allargandolo
con la città Cardamile situata sul golfo messenico e forse quella
di Turia (3), a meno che questa non fosse stata consegnata a Sparta
poco prima (4), ampliando l'agro Denteliate già posseduto da
Sparta in modo che essa ebbe anche di lì uno sbocco al mare (5),
e concedendo allora, per quel che sembra, Citera in dono a Euri
cle (6), è molto probabile che proprio Augusto abbia ridotto il
numero delle città degli Eleuterolaconi, anche se ad essi per
esempio ha attribuito la città messenia di Fare (7); pertanto il
numero ventiquattro si riferirebbe all'origine del covòv e
quello di diciotto al tempo di Augusto (8). E si noti che persino
nella città di Talame rimasta nella lega degli Eleuterolaconi (9)
Augusto dette agli Spartani il privilegio del culto di Pasifae (10).
Queste diciotto città appartenenti alla lega degli Eleuterolaconi
nel tempo di Augusto sono : Gizio, Teutrone, Las, Pirrico, Ceno
poli del Tenaro, Etilo, Leuttra, Talame, Alagonia, Gerenia, Asopo,
Acrie, Boiai, Zarax, Epidauro Limera, Prasie, Gerontre, Mario ;
fra esse alcune si trovano sul mare, altre invece più nell'interno.
Quali fossero le sei città incorporate nello Stato spartano non si

(1) V. ad esempio BUsoLT-Swo BoloA, Griech.Staaskunde, p. 735. L. PA


RETI, art. cit., in « Enciclopedia Italiana » XII, p. 780.
(2) CAss. DIo LIV 7, 1.
(3) PAUs. III 26, 7; IV 31, 2.
(4) P. 140 seg.
(5) Per tutte queste notizie v. EHREN BERG in PAULY-WIssowA «Real
Encycl. » III A, col. 1447.
(6) CAss. DIo LIV 7. STRAB. VIII 363.
(7) PAUs. IV 30, 2. W. KoLBE, Die Grenzen Messeniens in «Athen.
Mitt. » XXIX (1904), p. 376 seg.
(8) KAHRsTEDT, Griech. Staatsrecht, p. 6 n. 6. G. DE SANCTIS, Storia
dei Romani IV I, p. 110 n. 224.
(9) PAUs. III 21, 7.
(10) Cfr. l'accurata discussione di F. BöLTE in PAULY-WIssowA « Real
Encycl. » V A, col. 1189 segg.
PELOPONNESO 129

può dire con sicurezza ; certo fra queste Ippola (1), forse Co
tirta (2), Elo (3) e Citera.
La costituzione delle singole città era e si mantenne fino
alla fine del III sec. d. Cr. nel complesso uniforme ed esemplata
su quella spartana ; così compaiono efori in Cardamile, Cotirta,
Epidauro Limera, Gerenia, Gerontre, Gizio, Tenaro, Talame,
Pirrico, e ad Asopo, Gizio e Tenaro accanto agli efori si trova
anche un toutog eponimo. Inoltre s'incontra un ºttus) ſtig a
Tenaro, un ºropovóuoc a Gizio e a Tenaro, un rozguxteig a
Gerontre e un ſouvroixoxog a Gizio (4). Una 3ooxſ, viene testi
moniata epigraficamente a Gizio (5), a Tenaro (6), e pure a
Gizio (7) compaiono uefó) o 3 téXXxt, mentre un'èxxxgato è atte
stata da un frammento di origine dubbia (8). Certo dopo il 146
al pari delle altre città di Grecia quelle della Laconia ebbero un
ordinamento interno a base timocratica (9). -

Strabone (10) riferisce, si è visto, che gli Spartani dopo il 146


furono liberi th, iv töv pi).txöv Xettoopytòv XXXo auvte) obvtez obòév.
Queste pi).txxi Aettoopſ tot non si sa propriamente per Sparta
città libera e amica al di fuori della provincia in che cosa allora
consistessero (11); esse di solito riguardano in primo luogo l'ob
bligo di ricevere il governatore o un rappresentante di Roma

(1) IG. V 1, 1336. E. S. ForsTER in «Annual of the British School at


Athens » X (1903-1904), p. 175 segg.
(2) IG. V 1, p. 182.
(3) BöLTE in PAULY-WIssowA « Real-Encycl. » VIII, col. 202.
(4) Su tutto questo si veda la precisa trattazione di W. SCHöN FELDER,
Die stadtischen und Bundesbeamten des griech. Festlandes vom 4. Jahrhundert
vor Chr. Geb. bis in die rom, Kaiserzeit, In. Diss. Weida in Thür. 1917, p. 114
segg.
(5) IG. V 1, 1147 1. 9. 1168. 1177 l. 14.
(6) IG. V 1, 1244. 1245. 1246. 1247.
(7) IG. V lI, 1144, l. 21 (poco anteriore a Silla). 1146 = Syll.º 748 l. 41
(71 av. Cr.). -

(8) IG. V 1, 1345. -

(9) V. contra erroneamente BUsoLT-Swo BoloA, Griech. Staatskunde,


p. 734. -

(10) VIII 366.


(11) P. 73 seg.
130 II, DOMINIO ROMANO IN GRECIA

e di spesarlo insieme col suo seguito (1); inoltre l'obbligo del


l'acquartieramento di soldati romani e qualche volta forse la
partecipazione alla guerra. Così gli Spartani ancora nella guerra
partica (162-166 d. Cr.) forniscono ai Romani truppe ausi
liarie (2).
Intorno al 140 av. Cr. va posto il giudizio che i Milesi pro
nunciano circa l'appartenenza dell'agro Denteliate agli Spartani
o ai Messeni secondo il senatoconsulto (3); ché i Lacedemoni
avevano impugnato presso il senato romano la sentenza sulla
stessa controversia pronunciata poco prima da L. Mummio.
Questa volta il senato incarica, si è detto, i Milesi dell'arbitrato
che è in favore dei Messeni ai quali appunto rivendica l'agro Den
teliate (4); e può darsi che proprio in quegli anni Sparta otte
nesse quasi per compenso la Belminatide che essa possedeva nel
II sec. d. Cr. giusta la testimonianza di Pausania (5). Sparta
si mantiene fedele a Roma anche nella guerra mitridatica e si
oppone ad Archelao, generale di Mitridate, ma è vinta (6); tut
tavia pare che essa abbia conservato una certa indipendenza
rispetto alla politica di Mitridate poiché Appiano (7) parla di
'Axoto? xxi A&xoveg i quali, dopo aver aderito ad Archelao,
stringono un'alleanza con lui, e qui va inteso con ogni proba
bilità il covòv tòv Axxeòxtgovtov che fu sempre unito agli
Achei nell'odio contro Sparta. A ogni modo al pari di Sparta la

(1) MoMMsEN, Röm. Staatsrecht III I, Leipzig 1887, p. 685 seg. A queste
pi) azi e zoo2 ix può riferirsi l'epigrafe IG. V 1 n. 11 da cui risulta che
allora Sparta era gravata da forti contribuzioni come Gizio IG. V 1, 1146
nel 71 av. Cr. ; v. anche le sia popzi nominate nel decreto pure di Gizio
in onore del medico Damiada poco anteriore al precedente IG. V 1, 1145,
1. 29. Il KoLBE, mentre nella didascalia alla nostra epigrafe di Sparta n. 11,
p. 5, la riferisce giustamente al tempo di M. Antonio Cretico, 72 av. Cr. (v. anche
IG. IV º 66), nelle fonti della storia di Sparta p. xv, l. 145 la riporta errata
mente al tempo del triumviro M. Antonio, 39 av. Cr.
(2) IG. V 1, 116, 816, 817.
(3) Syll.º 683 1. 35: xzz2 zò èóYuz zig a zxi-oo.
(4) Su questo arbitrato RAEDER, L'arbitrage intern., p. 60 segg. 206 seg.
ToD, Intern. Arbitration, p. 7.
(5) III 21, 3. VIII 35, 4.
(6) MEMN. frg. 32 FGH. III p. 542.
(7) Mithr. 29.
PELOPONNESO 131

lega dei Lacedemoni perdurò dopo la guerra nella condizione


precedente secondo quel che si deduce dal decreto di Gizio(1).
Codesto decreto spettante al 71 av. Cr., la cui importanza
per la costituzione del cov6v dei Lacedemoni venne a torto
trascurata, attesta che il covòv tòv Axxeòxtucovicov si trovava
rispetto a Roma allora e, dunque, anche prima, dal 145, nelle
condizioni di libertà e amicizia e doveva a Roma le pt).txoſì
Xettoo Yixt ; di fatto simili prestazioni non erano imposte alla
lega in generale, ma a ciascuna delle città che la formavano (2)
e che erano liberae et amicae, per quel che pare, entro la pro
vincia (3). Con tale decreto gli abitanti di Gizio onorano i fra
telli Numerio e Marco Cloazi romani perché essi hanno più volte
alleviato la città delle note pixxxì Xettoopytxt mediante il loro
benevolo intervento presso i Romani e ricevuto a proprie spese
ripetutamente governatori e generali romani e imprestato de
naro alla città in momenti gravi ; ma per un secondo imprestito
di 3965 dramme, come riferisce lo stesso documento (l.9 segg.),
sorsero difficoltà, e i Cloazi e i cittadini si rivolsero a un certo
Marcilio (1.12) che il Foucart identificò a ragione con L. Mar
cilio (4) nominato poco dopo nella medesima epigrafe (1.16).
Non si sa con precisione chi sia questo L. Marcilio ; certamente
esso non è, come si pretese (5), legato di M. Antonio Cretico
perché M. Antonio Cretico giusta la nostra epigrafe (1.32 seg.)

(1) IG. V 1, 1146 = Syll.º 748.


(2) FoucART-LE BAs, Voyage archéologique II, Inscriptions grecques et
latines n. 242 a, p. 120.
(3) P. 73 seg.
(4) V. anche SGDI. 4568. A torto il SAUPPE in «Nachr. Gött. Ges. »
1865, p. 461. 1867, p. 156 dice Marcilio magistrato eponimo dei Gizi, e il
DITTENBERGER Syll.º 330 = Syll.º 748, seguito dal Kol BE IG. XV 1, p. 343,
lo fa magistrato eponimo del votviv dei Lacedemoni. Si noti che nell'elenco
degli strateghi di codesto zorvóv, che da Augusto sarà il corvòv degli Eleutero
laconi, dato dal Kol BE a p. 343 bisogna far precedere e non seguire Aouxguevò:
(Axu3 puzvoc pel FoucART e DITTENBERGER) a pºco vo: (dp) fivo: pel FoucART e
DITTENBERGER) come indica lo stesso decreto IG. V 1, 1146; cfr. FoU
CART-LE BAs, op. cit., p. 112. Inoltre tale elenco è basato sul presupposto
che tutti gli strateghi nominati nella nostra epigrafe si succedano l'uno al
l'altro anno per anno, ma questo non è sicuro.
(5) MUNzER in PAULY-W1ssowA «Real-Encycl. » XIV, col. 1534.
132 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

giunge in Grecia nell'anno in cui stratego della lega dei Lacede


moni è Tuoxp&tmg, ossia nel 72 av. Cr., mentre L. Marcilio,
sempre secondo la nostra epigrafe (1.15 segg.), viene ospitato
dai fratelli Cloazi in un anno anteriore sotto la strategia di
Biada (1). Egli è posto accanto a P. Autronio Peto che fu que
store nello stesso anno di Cicerone (2), il 75 av. Cr. ; entrambi
in questo luogo dell'epigrafe non hanno alcuna designazione.
Altrove, sempre nella nostra epigrafe (1.23), P. Autronio come
legato viene ospitato dai fratelli Cloazi ; ma questo ricevimento
di P. Autronio da parte dei Cloazi non si può identificare con
quello che l'epigrafe ricorda precedentemente. Pertanto si pre
sentano due ipotesi: o P. Autronio e L. Marcilio quando furono
ricevuti assieme dai Cloazi erano legati del senato romano o
erano questori del governatore di Macedonia (3). A ogni modo
essi avevano l'autorità di richiedere agli abitanti di Gizio milizie
e altre contribuzioni ; e la gravità di tali pi).txxi Aettoop tot in
anni di guerra incessanti risulta dal medesimo decreto il quale,
se serve a testimoniare che nel 71, ossia dopo le guerre mitri
datiche, le città del votvòv tòv Axxeòxtucovicov si trovavano ri
spetto a Roma, già si accennò, nelle condizioni precedenti di
libertà e di amicizia, con l'assenza dello stratego della lega in
un dissenso così grave fra gli abitanti di Gizio, città della lega,
e i romani Cloazi riconferma la nessuna importanza politica
dello stesso zorvóv. Questo zorv6v tuttavia poteva o doveva
intervenire nelle controversie sorte fra città della lega come indica
sul principio del I sec. av. Cr. l'epigrafe di Gerontre ; gli abitanti
di Gerontre pregano gli inviati della lega euboica che, richiesti
quali arbitri, avevano compiuto il loro incarico con soddisfa
zione dei Gerontrei, di difendere la propria causa dinanzi all'as
semblea della lega dei Lacedemoni (4). -

L'amicizia e la benevolenza di Roma verso Sparta vengono

(1) Per Biada v. anche G. KLAFFENBACH, Zu einer Inschrift aus Gythium,


in « Hermes » LXXI (1936), p. 118 segg.
(2) Pro Sulla 6, 18. -

(3) Per la possibilità che la Macedonia come la Sicilia avesse due questori v.
MoMMsEN, Röm. Staatsrecht, II lº, p. 533 con n. 2. -

(4) IG. VII 1 n. 11 11. RAEDER, op. cit., p. 138.


PELOPONNESO 133

sottolineate in vari luoghi di Cicerone (1) e di Strabone (2). La


famiglia dei Claudi prende Sparta sotto la sua tutela (3). Nel 48
la città appoggia Pompeo come quasi tutti i Greci (4) e i Lace
demoni combattono a Farsalo (5). Ma ogni opposizione a Cesare
cessa nel Peloponneso con la presa sanguinosa di Megara (6).
Nulla è noto delle relazioni di Cesare con Sparta ; peraltro dalla
lettera di Cicerone a Servio Rufo, governatore della Grecia (7),
risulta chiaramente che essa nel 46 faceva parte della provincia
istituita da Cesare certo per aver aiutato Pompeo. S'ignora se
da allora la città pagasse tributo regolare o continuasse ad essere
immunis. -

Sparta aiuta i triumviri contro i cesaricidi e duemila lace


demoni cadono nella prima battaglia di Filippi (8). Cassio fa
depredare le coste del Peloponneso (9), ma a Sparta fu risparmiato
il saccheggio, che Bruto aveva promesso ai soldati, dalla sconfitta
di quello (10), e i triumviri ricompensano gli Spartani restituendo
loro l'agro Denteliate pel quale vi era controversia coi Messeni (11).
Nel 39 Antonio sottopone a gravi tributi il Peloponneso che era
già stato assegnato a Sesto Pompeo (12). Sia per questo sia per le
relazioni coi Claudi sia pel vecchio contrasto coi Messeni e gli
Arcadi, che parteggiarono per Antonio (13), Sparta appoggia Ot

(1) Pro Flacco 26, 63. Tuscul. II 34, 46. V 77. ad fam. XIII 28 b.
(2) IX 414. Anche da Sparta i Romani portarono opere d'arte in Italia;
PLIN. n. hist. XXXV 173.
(3) SUET. Tib. 6,2. Cfr. CAss. DIo LIV 7,2. Sulla condizione dei perieci
e sugli iloti STRAB. VIII 365 seg.
(4) APPIAN. bell. civ. II 49, 75. LUCAN. III 170 segg.
(5) APPIAN. bell. civ. II 70. Sulla notizia brò roi: iStot: 72oo6uevo:
(scil. A&xovsz) v. EHRENBERG in PAULY-WIssowA « Real-Encycl. » III A,
col. 1446. CAES, bell. civ. III 4, 3. LUCAN. III 369.
(6) CAss. DIO XLII 14.
(7) Ad fam. XIII 28 b.
(8) PLUT. Brut. 41.
(9) APPIAN. bell. civ. IV 74.
(10) PLUT. Brut. 46. APPIAN. bell. civ. IV 118.
(ll) TAC. ann. IV 43.
(12) APPIAN. bell. civ. V 72. 77. 80. CAss. DIo XLVIII 39, l. 46, l.
(13) PAUs. IV 31, 1. VIII 8, 12.

10.
134 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

taviano (1), ed Euricle a capo di Spartani combatte ad Azio (2).


Augusto affidò agli Spartani la direzione dei giuochi istituiti
nel 28 a ricordo della battaglia d'Azio (3). Sparta anche dopo
la creazione della provincia di Acaia rimase libera (4).

2. MESSENIA. – Dopo la sconfitta di Critolao i Messeni


insieme con gli Elei, temendo uno sbarco dei Romani sulle loro
coste, raccolgono in patria le proprie forze (5). Caduta la potenza
achea, Messene, che faceva parte della lega achea al pari di altre
città della Messenia indipendenti da essa (6), come queste riot
tiene la propria libertà di fronte alla lega achea per opera dei
Romani. -

In vero si parlò di un koinon dei Messeni (7) simile a quello


ricordato in un'epigrafe di Magnesia al Meandro di circa il 207/6
av. Cr. (8), ma di tale koinon non abbiamo la benché minima
traccia. E nemmeno è lecito pensare che codeste città sieno pas
sate sotto la dominazione di Messene, perché alcune di esse, così
Calame (9), Turia (10), Corone (11), Colonide (12) compaiono coi
loro magistrati e agiscono in piena indipendenza di fronte a Mes
sene. Di Fare si può stabilire l'indipendenza sempre di fronte a

(1) Si ricordi che Lacare, padre di Euricle, fu ucciso per pirateria da


Antonio (PLUT. Ant. 67, 3).
(2) PLUT. Ant. 67.
(3) STRAB. VII 325
(4) EHRENBERG in PAULY-WIssowA « Real-Encycl » III A, col. 1447.
(5) PoLYB. XXXVIII 16, 3 (B.-W.).
(6) M. N. VALMIN, Etudes topographiques sur la Messénie Ancienne,
Lund 1930, p. 28.
(7) Vedi sulle tracce di G. Fr. HERTzBERG, Die Gesch. Griechenlands unter
der Herrschaft der Römer. I, Halle 1866 p. 296, n. 5: U. KonLER, Messenische
Grenzfehden in «Athen. Mitth. », VII (1882), p. 214. B. NIEsE, Gesch. der griech.
Staaten III, p. 355. M. N. VALMIN, op. cit., p. 29 e più chiaramente F. Bolt E
in PAULY-WIssowA « Real-Encycl. » VI A, col. 637. Contra Kol BE IG. V 1,
p. 277.
(8) O. KERN, Inschr. von Magnesia, 43.
(9) IG. V 1, 1370.
(10) 1379.
(11) 1392.
(12) 1402.
PELOPONNESO 1 35

Messene dopo il 146 per un lungo periodo col racconto di Polie


no (1), che risale a buona fonte (2), secondo cui Nicone, pirata, da
Fare danneggiava il territorio dei Messeni e, fatto prigioniero dal
loro stratego Agemaco, fu condotto in città dove dinanzi all'ecclesia
promise to pocò6aev xòtoigtx depig, se lo lasciassero salvo, quindi
consegnò con tradimento Fare ai Messeni (3). Questo Nicone
si identifica molto probabilmente con quel Nico nobilissimus
pirata o archipirata del quale parla Cicerone (4), che, preso da
P. Servilio Vatia Isaurico (5) nel 78 av. Cr., riuscì a fuggire e
fu di nuovo catturato. Andania apparteneva, per quel che pare (6),
a Megalopoli, come risulta dalla grande epigrafe intorno a suoi mi
steri (7) del 91/0 av. Cr. (8). Ai Messeni è attribuito da L. Mummio
l'agro Denteliate (9) che viene loro riconfermato poco dopo in
un arbitrato dei Milesi a ciò incaricati dal senato romano contro
le pretese degli Spartani (10). E controversie territoriali fra Mes
sene e città limitrofe sono testimoniate in frammenti epigrafici
della fine del sec. II av. Cr. ; così con Sparta (11), con Figalia (12)
e con un altro Stato di cui manca il nome (13).
Sull'atteggiamento benevolo dei Romani rispetto a Messene
deve aver influito il ricordo delle precedenti relazioni amichevoli
con la città e dei ripetuti contrasti fra essa e la lega achea. Per
questo è probabile che Messene diversamente da tutte le altre

(1) II, 35
(2) J. MELBER, Ueber die Quellen und den Wert der Strategemensammlung
Polyans in « Jahrb. f. Philol. » Supp. XIV (1884) p. 564.
(3) Questo episodio essendogli sfuggito, lo HERTzBERG ha congetturato
(n. 2) che ad esempio Fere passasse sotto il dominio di Messene proprio nel 146.
(4) Verr. V 30, 79.
(5) Sulla spedizione contro i pirati di P. Servilio Vatia Isaurico v.
E. ZIEBARTH, Beiträge zur Gesch. des Seeraubs und Seehandels im alten Grie
chenland, Hamburg 1929, p. 34 seg.
(6) VALMIN, op. cit., p. 28.
(7) Syll.º 735/6.
(8) DINsMooR, Archons of Athens, p. 236.
(9) TAC. Annales, IV 43.
(10) Syll.º 683.
(11) IG. V 1, 1405.
(12) 1430.
(13) 1429,
136 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

città della Messenia rese, pare sicuro, stipendiarie fosse dichia


rata libera e immunis. Ciò sembra trovar conferma nell'aver
essa continuato a coniare moneta in argento (1). Nell'epigrafe
sui misteri di Andania s'incontra (2) la datazione in base al
l'anno 145 quando alla Grecia fu dato il noto ordinamento e la
stessa datazione si ritrova in un'epigrafe di Corone (3). La fedeltà
di Corone alla lega achea risulta dall'essere stata il porto degli
Achei, 'Axxtòv Aufiy giusta l'espressione di Pausania (4), e in
contrasto con Messene (5), onde è fuori dubbio che essa fu
ridotta a stipendiaria.
- Speciale importanza ha l'epigrafe intorno alla betogo) og
eio pop& IG. V 1 n. 1432 dopo l'ampia trattazione che ne ha
fatto A. Wilhelm (6). Tale epigrafe, datata di solito nel I sec.
d. Cr., si riporta ora con argomenti incontrovertibili agli anni
fra il 130 e l'80 av. Cr. e più propriamente alla fine del II sec.
av. Cr. In essa (1.36) viene menzionato un Mégutog 6 v9ò totog
che molto probabilmente è da identificare con C. Memmio can
didato al consolato del 99 e perciò pretore al più tardi nel 102.
forse nel 104 (7). Questo C. Memmio avrebbe avuto la provin
cia di Macedonia e della parte della Grecia su cui comandano i
Romani pel 103, e a quel periodo dovrebbe risalire l'epigrafe.
Essa contiene due decreti onorari per Aristocle segretario dei
sinedri di Messene, l'uno promanante dal sinedrio, l'altro dal
sinedrio e dal popolo. Prescindendo dalla precisa relazione cro
nologica fra loro di questi due decreti, su cui discute a lungo il
Wilhelm (8), a noi interessa in primo luogo la presenza in Messene
del pretore Vibio, che sembra sia stato aggiunto al proconsole
Memmio nell'amministrazione della provincia (9) o forse piut

(1) P. lll seg.


(2) Syllº 736 1. 11.
(3) IG. V 1, 1392.
(4) IV 34, 6.
(5) GARDNER-PooLE, Cat. Peloponnesus, p. XLIV.
(6) Urkunden aus Messene in « Jahreshefte des Oesterr. Arch. Insti
tutes» XVII (1914), p. 1 segg.
(7) MüNZER in Pauly-Wissowa « Real-Encycl. » XV col. 604 segg.
(8) Art. cit., p. 10 segg.
(9) WILHELM, art. cit., p. 95 segg.
PELOPONNESO 137

tosto, io credo, mandato in Oriente con un incarico speciale,


quello per esempio di combattere un nucleo di pirati; dinanzi a
questo pretore nel teatro Aristocle fa il resoconto ai cittadini
delle somme ancora dovute per la batoſo) og eio pop3, e poi
il pretore concede ad Aristocle di portare un anello d'oro quale
ricompensa dei servigi resi a Roma.
Codesta barcº8o) og eiopop3 è una tassa di 8 oboli per
mina imposta dalle autorità di Messene ai Messeni, ai meteci, ai
Romani, ai tecniti e ad altri come risulta dal resoconto delle somme
pervenutoci in una seconda epigrafe (1), tassa che si era resa
necessaria per soddisfare alle numerose e gravi richieste (2) degli
stessi Romani. Qui si tratta, fu messo in luce (3), di un tributo
straordinario forse in relazione con le guerre piratiche, e da esso
non si può dedurre che Messene fosse stipendiaria. Il resoconto
della etapop& IG. V 1 n. 1433 riferisce che allora dei Messeni
avevano da compiere il servizio militare (1.36) e degli schiavi
erano impiegati come rematori (1.39); evidentemente qui Mes
sene prende parte alle operazioni belliche dei Romani. Si ignora
se codesto contingente di forze sia un contributo straordinario
ordinato allora dai Romani o sia volontario da parte dei Messeni.
Che esso rappresenti un regolare contributo annuo in uomini
richiesto dalla costituzione del 146/5 non pare probabile, perché
i Romani d'ordinario non imponevano, almeno fino ad Augusto,
alle città più o meno soggette l'obbligo di fornire a titolo regolare
soldati o ausiliari (4).
In Messene come altrove sono rimasti sia la Boo) , che la
èxxXmoto sia i magistrati ; un indice del mutamento in senso
oligarchico voluto dai Romani si può avvertire nell'importanza
sempre crescente del segretario dei sinedri.
In vero questo Ypxuuxte)g tòv ouvéòpov compare come epo
nimo dopo il sacerdote di Atena in un'iscrizione di Turia

(1) IG. V 1, 1433. WILHELM, art. cit., p. 48 segg.


(2) L. 30 Ye evouévxv è ritrºv reci to)) (ov xxi usyxXcov ; cfr. 1. 3 rx
è ttto Y[uxto..].
(3) WILHELM, art. cit., p. 96 seg. MüNzER in PAULY-WIssowA, « Real
Encycl. » XV, col. 604.
(4) MoMMsEN, Röm. Staatsrecht III 1, p. 738 segg.
138 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

pubblicata di recente la quale spetta senza dubbio alla prima


metà del II sec. av. Cr. (1). La sua importanza dunque è ante
riore al 146 e forse si ripete da quella che aveva il segretario della
lega achea (2). Ma solo dopo il 146 esso s'incontra eponimo in
Corone nel 57 av. Cr. (3), con ogni probabilità in Colonide sulla
fine del II sec. av. Cr. (4), in Abia nel 119-138 d. Cr. (5), in Asine
nel 193-195 d. Cr. (6), e sempre da solo in epigrafi di Megalopoli
d'Arcadia che vengono datate dal 145 (7). Tuttavia ancora nella
lettera ai Dimei di Q. Fabio Massimo (8) del 115 av. Cr. il Ypo puote&
del sinedrio è ricordato dopo il 9eoxóNog proprio come in quella
di Turia anteriore al 146 dopo il sacerdote di Atena. In Argo
invece nel 92 av. Cr. in un'iscrizione di carattere religioso prove
niente dal santuario di Apollo Piteo (9) egli è messo quale epo
nimo prima del sacerdote ; qui è il solo rappresentante politico
accanto al sacerdote del tempio (10), e se in Argolide a Micene
già nel III sec. av. Cr. il Ypo guxte0g senza alcuna designa
zione, che peraltro va identificato con quello dei sinedri (11),
insieme col tamias ha l'incarico d'informare i demiurgi su que
stioni finanziarie (12), e però esercita evidentemente la cura del
l'amministrazione finanziaria, egli la esercita d'accordo col
tamias.
Ritornando alle città della Messenia codesto (po ugate)g tòov
ovvéòpov nell'epigrafe di Andania è nominato per primo e
ha l'incarico di far giurare i sacerdoti, di punire chi non volesse

(1) N. S. VALMIN, Inscriptions de la Messénie in Arsberättelse », 1928/9,


Lund, p. 108 segg.; M. A. LEvI in « Riv. di Filol. » N. S. IX (1931), p. 93 segg.
V. sotto p. 142.
(2) Bt solt-Swo BonA, Griech. Staatskunde, p. 1574.
(3) IG. V 1, 1392 datata dal 145.
(4) 1402.
(5) 1352.
(6) 1412.
(7) IG. V 2, 439-443 A. Cfr. anche per Mantinea n. 313 del II sec. d. Cr.,
in Orcomeno 345 l. l 3.
(8) Syll.º 684.
(9) Syll.º 735.
(10) SCHöN FELDER, mem. cit., p. 99.
(11) SCHöN FELDER, mem. cit., p. 100.
(12) IG. IV 498.
PELOPONNESO 139

prestar giuramento e di sostituirlo con uno preso dalla stessa


tribù ; nel decreto in onore di Aristocle dà notizia di questioni
finanziarie al consiglio che aveva la cura della finanza dello
Stato, dal quale appunto e dagli ºpyovreg egli veniva eletto.
Nella stessa Turia il pougoteòg tòv ouvéòpov in base a una
epigrafe del II-I sec. av. Cr. compie la redazione dei decreti,
apre la discussione nella bule (1) di cui è il presidente (2) e sa
d'aver tanta importanza che si sente persino tentato di sottrarsi
alla dipendenza dei sinedri, agendo senza il loro consiglio (3).
Intorno al 140 un'ambasceria della città di Messene chiede
agli Elei di rinnovare la parentela e l'amicizia e di poter incidere
in Olimpia il giudizio pronunciato in loro favore dai Milesi circa
l'agro Denteliate preteso dagli Spartani (4). Qui i Messeni agi
scono indipendentemente dal governatore di Macedonia, e ciò
prova in un certo senso la loro libertà.
L. Licinio Murena, legato di Silla, è onorato dalla città di
Messene col titolo di tutep&top e di ebepyétmg subito dopo la
cosiddetta seconda guerra mitridatica da lui condotta nel
l'83-81 (5). Può darsi che Murena sia ricorso a Messene come a
IRodi (6) e ad altre città dell'Asia per ottenere aiuti. Questo in
dica le buone relazioni di Messene con Murena e forse permette
di congetturare che Messene ha appoggiato Silla nell'83 durante
il suo ritorno in Italia contro i Mariani. Si sa infatti che fra le
truppe Silla aveva ausiliari peloponnesiaci (7). -

Nel 48 come quasi tutti i Greci (8) Messene deve aver favo
rito Pompeo e fece parte come le altre città greche dipendenti
da Roma della provincia d'Acaia istituita da Cesare. In base al

(l) xvocòóto 8.x3o0) tov.


(2) IG. V 1, 1379 1.19,23. W. VIschER, Kleine Schriften II, Leipzig 1878,
p. 52 seg.
(3) L. RoEERT, Notes d'épigraphie hellénistique. XXIX Inscription de
Messénie in « Bull. de Corr. Hell. » LII (1928), p. 429.
(4) Syll.º 683.
(5) MiiNzER in PAULY-WIssowA, « Real-Encycl. » XIII col. 445.
(6) IG. XII 1,48 = Syllº 745.
(7) APP. b. c. I 79.
(8) APP. b. c. II 49; 75. LUCAN. III 170 segg.
140 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

silenzio di Appiano (1), non pare che forze peloponnesiache ab


biano combattuto in favore dei cesaricidi. Ma nel 42 Antonio e
Ottaviano, essendo in difficoltà di vettovagliamento, mandano
in Acaia un distaccamento di soldati a raccogliere quanto vi
trovassero e a portarlo loro al più presto (2) ; un'epigrafe di Ca
lame, città nelle vicinanze di Fare sul golfo messenico, ricorda
con ogni verisimiglianza questo pericolo grandissimo da parte
dei Romani (3). Ormai la Grecia serviva da terra di sfruttamento.
Certo a ogni modo i Messeni non presero parte attiva pei trium
viri se poco dopo sono da essi privati dell'agro Denteliate resti
tuito agli Spartani per ricompensarli dell'aiuto dato nella prima
battaglia di Filippi (4).
Durante la guerra fra Antonio e Ottaviano i Messeni, come
altri Greci, appoggiarono Antonio per l'antico contrasto coi Lace
demoni che presero le parti di Ottaviano il quale di conseguenza
si comportò ora più ora meno severamente coi Messeni e con
quanti seguirono il suo rivale (5). Nella primavera del 31 Agrippa
s'impadronì della città messenica di Metone con un colpo di mano
e vi uccise il re mauretano Bogos che parteggiava per Antonio (6).
Forse allora Augusto tolse la libertà intesa nel senso ormai chia
rito a Metone (7), quella libertà che, più o meno ampia, le fu poi
ridata da Traiano giusta la frase di Pausania (8); allora la città
alta di Turia fu distrutta per castigo, pare, del favore prestato
ad Antonio (9), e allora o più probabilmente poco dopo, nel 21

(1) B. c. IV 75.
(2) APP. b. c. IV 122.
(3) IG. V 1, 1370, l. 15 segg. : r(o geria roo xvòovo ti: té) ecog huòv éure
aobo oc..... xxi expoxervoogévov hueiv xxi tòv 'Pouxtov..... xxi topz) 236vre: otto o tè
to popºév.
(4) TAC. ann. IV 43. E. KJELBERG, C. Iulius Eurykles in « Klio » XVII
(1921), p. 46.
(5) PAUs. IV 31, 1-2.
(6) STRAB. VIII 4, 3, p. 359. CAss. DIo L 11, 3. PoRPH. de abst. I 25.
(7) KoLBE, IG. V I, p. 275. Contra K. SEELIGER, Messenien und der
achaische Bund, « Jahresbericht des Gymnasiums in Zittau iiber das Schuljahr
1896-1897 », Zittau 1897, p. 31.
(8) IV 35, 3.
(9) PAUs. IV 31,2. VALMIN, art. cit., p. 118.
PELOPONNESO 141

av. Cr., essa venne consegnata da Augusto a Sparta (1), mentre


per volere di Augusto agli Eleuterolaconi passò la città messenia
di Fare (2).
3. ARCADIA. – Gli Arcadi, che facevano parte della lega
achea , collaborarono con gli Achei nella guerra contro Roma (3).
Terminata la guerra, non sappiamo quale sorte sia toccata agli
Arcadi, peraltro sembra sicuro che anche le loro città fossero
associate alla provincia di Macedonia. Questo trova conferma
nell'aver adottato le città dell'Arcadia, per esempio Megalopoli,
Feneo, Orcomeno, Mantinea, di cui ci è conservata testimonianza,
l'era achea (4). La libertà a ogni modo, intesa nel significato già
chiarito, viene in un certo senso attestata per la città di Cleitor la
quale insieme con Patrasso in via dietro preghiera dei Demetriei,
intorno al 130 av. Cr., arbitri a Demetriade per risolvere alcune
controversie (5) senza che vi intervenga l'autorità romana (6).
Interessante sotto tale riguardo è quanto si può dedurre
circa la costituzione di Orcomeno dopo il 146 da due epigrafi.
L'una contiene tre decreti di manomissione e spetta al 76/5 av.
Cr. (7), l'altra, scoperta di recente, è un decreto di prossenia
concesso da Orcomeno a Cleosseno, figlio di Nicola, spartano (8)
e cade sicuramente dopo il 146 av. Cr. (9). Nella prima la data
zione è fatta mediante il paguxtebg tòv ouvéòpov e deliberano
gli ſpyovteg e i a veòpo, mentre la pubblicazione del decreto
spetta ai Sag topyot e come testimoni compaiono un 8xutopyög,
un membro della Yepobaix, il Ypo uuxte)g töv auvéòpov e due
privati. Nella seconda gli ºpyovreg e i Gove)pot presentano la
proposta al popolo, e della pubblicazione del decreto s'incarica

(1) PAUs. IV 31, 1. V. p 128.


(2) P. 128.
(3) PAUs. VII 15, 5-6.
(4) P. ll con n. 2.
(5) IG. V 2, 367. V. p. 36, 155 e 226.
(6) V. la dedica di Mummio in Tegea IG. V 2, 77.
(7) IG. V 2, 345. DINsMooR, Archons of Athens, p. 237.
(8) A. M. WooDwARD-L. RoBERT in «The Annual of British School at
A thens », XXIX (1927-28), p. 57 segg.
(9) M. GUARDUCCI, Nota di epigrafia spartana in « Riv. di Filol. » N, S.
X (1932), p. 84 segg.
142 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

il Ypxuguxte)g tòv avvéòpov. Come si vede, sono conservati gli


organi costituzionali anteriori al 146 (1), ma il potere si è con
centrato in mano al consiglio e ai magistrati con danno del
l'ecclesia giusta l'indirizzo in senso oligarchico e timocratico
impresso dai Romani al loro ordinamento.
Difatti solo dopo il 146 in Arcadia e altrove compaiono gli
&p/ovreg assieme ai a veòpot (2); questi ultimi tuttavia col
loro segretario s'incontrano in un'epigrafe di Turia anteriore
al 146 (3). In vero sulla data di codesta epigrafe si formularono
alcuni dubbi e si pensò anche alla possibilità di un suo sposta
mento a dopo il 146 (4). Peraltro è noto che nel 146/5 o poco dopo
L. Mummio attribuì ai Messeni l'agro Denteliate, il quale è loro
riconfermato attorno al 140 dai Milesi contro le pretese degli
Spartani (5). Il territorio di Messene doveva comunicare con
quello della Denteliatide attraverso le propaggini occidentali
del Taigeto e la pianura al nord di Turia; per questo il territorio
di Turia non si trovava dopo il 146 in contatto con quello di
Megalopoli, e l'epigrafe che tra ta appunto cºntroversie fra Turia
e Megalopoli va collocata prima del 146. All'ordinamento del 145
dunque non può riferirsi la cambiata designazione di 3o0) eutai
in oroveòpot. Codesto cambiamento fu introdotto a poco a poco
per imitazione degli altri popoli dove esistevano i govéòptx, e
cioè gli Etoli, gli Acarnani, gli Epiroti, i Tessali, i Magneti, e non,
come si ritiene di solito (6), per effetto dell'organizzazione della
lega achea (7), dalla quale, se mai, può ripetersi soltanto l'im

(1) SCHöN FELDER, op. cit., p. 106 segg. E. MEYER in PAULY-WIssowA,


« Real-Encycl. » XVIII, col. 901 segg.
(2) Syll.º 683 1.30 (Elide). IG. V 1, 1432 1.23 (Messene). V2, 266 1.41 seg.
(Mantinea). 345 ll.3 e 14 seg. (Orcomeno). IV 65 1.14. 66 1.47 (Epidauro). Syll.º
735. 1.20 seg. (Argo). Per le città della Beozia v. H. Swo BodA, Studien zur
Verfassung Boiotiens, in « Klio » X (1910), p. 331 segg. M. HollEAUX, Décret
de Chéromée, in «Rev. des Etudes grecques » XXXII (1919), p. 320 segg.
(3) Si prescinde qui dall'epigrafe IG. V 2, 433 1.3 (tò Sè oovéòpov)
datata al principio del II sec. av. Cr. solo in base al ductus epigrafico.
(4) M. GUARDUCCI in « Riv. di Filol. » N. S. X (1932), p. 85, n. 2.
(5) Syll.º 683.
(6) H. Swo BodA, Studien zu den gr. Bunden in « Klio » XII (1912), p.47
segg.; v. K. LATTE in «Gnomon » VII (1931), p. 127. -

(7) M. GUARDUCCI, art. oit.


PELOPONNESO 143

portanza del pop-uote0g (1), perché gli Achei designavano uffi


cialmente il consiglio della loro lega con a vobog o a 5 o Antog e
non con ouvéòptov (2). -

La relativa libertà delle città arcadiche trova inoltre con


ferma nella riconoscenza da esse dimostrata a Polibio con l'eri
gere statue in suo onore (3); Polibio ottenne dai Romani che si
rispettassero le statue di Filopemene (4) e partecipò pure atti
vamente all'organizzazione politica della Grecia (5). Può darsi
che egli sia riuscito a indurre i Romani a concedere l'immunità
almeno alla sua città natale, Megalopoli, mentre è probabile che
le altre città, tutte o quasi, sieno state sottoposte a un tributo
regolare, anche se lieve. -

Nel 145, se non prima, sembra che il territorio di Lusi ve


nisse assegnato a Cleitor (6) e gli Spartani avessero la Belmina
tide (7), mentre rimane incerto se in quel torno di tempo Caryae
fosse staccata da Tegea e data a Sparta (8) e se da allora Gortys
e Methydrion diventassero coux di Megalopoli (9). Fra il 146
e il 31 av. Cr. la città di Feneo batte moneta di bronzo (10) e così
pure Tegea (11), Psophis (12) e Thelpusa (13).
Silla fra le sue truppe aveva, già si disse, ausiliari peloponne

(l) V. p. 137 seg.


(2) Pol.AND in PAULY-WIssowA «Real-Encycl. » IV A col. 1415 segg.
(3) Poly B. XXXIX 3. PAUs. VIII 30,8 (Megalopoli). VIII 48, 8 (Tegea).
VIII 44, 5 (Pallanzio). VIII 37, 1 (Licosura). IG. V 2, 304 (Mantinea). 370
(Cleitor, v. HILLER voN GAERTRINGEN in PAULY-WissowA « Real-Encycl. »
XV, col. 138).
(4) PoI. YB. XXXIX 3. Cfr. anche PLUT. Philop. 21.
(5) P. 34 con n. 2
(6) HILLER voN GAERTRINGEN, IG V 2, p. 94.
(7) PAUs. VIII 35; cfr. III 21,3.
(8) Cosi vorrebbe G. I. SCHwED LER, De rebus Tegeaticis. Diss. In. Lipsiae
1887, p. 271 seg., ma cfr. voN GEIsAU in PAULY-WIssowA, « Real-Encycl. »
X, col. 2246.
(9) PAus. VIII 12, 2. 27, 7. 28, I. HILLER voN GAERTRINGEN, IG. V 2,
pp. 125, 129.
(10) Cat. of Greek coins. Peloponnesus, p. 196 n. 25.
(ll) HEAD, Hist. num.º, p. 455.
(12) HEAD, op. cit., p. 453.
(13) HEAD, op. cit., p. 456.
144 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

siaci (1) e forse a ristrettezze finanziarie per la richiesta di tri


buti da parte di Silla o di qualche altro generale romano alludono
le epigrafi estremamente mutile di Tegea (2) e di Figalia (3).
Nella prima di queste è cenno di ripetute étito ſoci (1.16) e anche
di una rivoluzione generale (4) scoppiata, sembra, in seguito
all'aggravio delle contribuzioni pretese, ma nulla di più preciso
si può affermare per la frammentarietà del testo. Nella guerra
fra Cesare e Pompeo anche gli Arcadi dovettero favorire Pompeo,
quindi fecero parte della provincia creata da Cesare. Nella bat
taglia d'Azio solo i Mantinei combatterono per Augusto, tutti
gli altri Arcadi invece furono con Antonio (5); per questo i
Mantinei eressero un tempio ad Afrodite Symmachia (6), men
tre Augusto nell'intento di castigare i Tegeati asportò in Roma
nel suo foro l'antica statua di Atena Alea e prese anche dal tempio
i denti del cignale calidonio (7).

4. ELIDE. – Dopo la sconfitta di Critolao quando Dieo


rimase solo comandante, gli Elei coi Messeni, che non si distin
sero mai per troppo entusiasmo verso la lega achea, di cui face
vano parte, tengono in patria le loro forze adducendo come giu
stificazione che essi dovevano difendere le proprie coste da un
assalto dei Romani (8). Partita la commissione dei dieci legati
romani dall'Acaia, Mummio abbellì il tempio di Olimpia e quello
di Delfi (9), appese come 3v69 qux sul fregio del tempio di Olimpia
ventuno scudi d'oro (10), dedicò con le spoglie achee altri doni (11),
di guisa che la città degli Elei innalzò a lui una statua onoraria
&petig évexey xxì eòepyeotag, fa éxcow State) ei eig te xòtìv xxì robg

(1) APP. b. c. I 79.


(2) IG. V 2, 20.
(3) IG. V 2, 420.
(4) L. 15.
(5) PAUs. VIII 8, 12.
(6) PAUs. VIII 9, 6.
(7) PAUs. VIII 46.
(8) PoLYB. XXXVIII 16, 3 (B.-W.).
(9) PoLYB. XXXIX 6, 1.
(10) PAUs. V 10, 5.
(11) PAUs. V 24, 4, 8. Inschr. von Olympia 278-282.
fºELOPONNESO 145

3xxoug "EX) vog (1). Tuttavia tale espressione non va pressata


troppo perché una frase identica ritorna in un'altra epigrafe
di Olimpia (2) in onore di Q. Cecilio Metello Macedonico, console
nel 143 av. Cr., da parte di un macedone di Tessalonica, e la
Macedonia allora era provincia e sottostava a tributo. La città
degli Elei onora anche Polibio pei servigi resi da lui alla Grecia (3)
e assai più tardi onorerà un discendente di L. Mummio (4). Essa
dedica una statua forse a C. Mario il vincitore dei Cimbri e dei
Teutoni nel 101 av. Cr. (5) e verso la metà del sec. I av. Cr. onora
C. Servilio Vatia (6). -

Diversamente dagli Anfizioni delfici i quali, pur con una certa


dipendenza dai Romani, come attestano i documenti (7), conser
varono la libertà e immunità, non avendo aderito in alcun modo
alla guerra achea, può darsi che gli Elei venissero aggregati alla
provincia di Macedonia poiché avevano preso parte a quella
guerra. Ma essi come i Messeni simpatizzarono sempre poco con
la lega achea e, si vide, dopo la sconfitta di Critolao ritirarono
le loro milizie, onde potrebbe pure darsi che almeno la città di
Elide col suo santuario famoso fosse proclamata libera e immune
anche sotto la sorveglianza, s'intende, più o meno diretta dei
Romani (8). Forse allora la Trifilia, che apparteneva agli Achei,
venne assegnata agli Elei (9).
Se gli altri Elei, all'infuori di Elide, pagassero un regolare
tributo non si può dire con sicurezza. Tuttavia è probabile che
essi fossero stipendiari pur conservando la loro costituzione e i

(1) Inschr. von Olympia 319.


(2) 325.
(3) 302. PolyB. XXXIX 5, 2 segg.
(4) 321.
(5) 326.
(6) 329.
(7) DAUX, Delphes, p. 355 segg.
(8) HEAD, Hist. num.º, p. 425.
(9) NIESE, Gesch. der griech. und mak. Staaten, III, Gotha 1903, p. 355.
Di Hypana, città della Trifilia, dice Strabone VIII 344: sig HAv covoxio 9mi
e una statua del dio Satrapes proveniente dal santuario di Posidone samio in
Trifilia (F. BöLTE in PAULY-WIssowA « Real-Encycl. » VII A, col. 193) fu
vista in Elide da Pausania (VI 25, 6). - - -
i 46 IL DoMINIo RoMANo IN GRECIA

loro magistrati, quando quella e questi non apparissero in con


trasto con la politeia stabilita dai Romani. Ma anche qui come
altrove subentrò un mutamento in senso timocratico e l'impor
tanza dell'ecclesia fu diminuita in confronto con quella della
bule e dei magistrati. Agli ſpyovreg e ai a veòpo di Elide s'in
dirizza una lettera dei Milesi riguardante il giudizio pronunziato
dai Milesi intorno a questioni territoriali fra i Messeni e i Lace
demoni di circa il 140 av. Cr. (1) e soltanto i sinedri (éòo e tolg
auvéòpotz) compaiono nel decreto che precede quella lettera
nella stessa epigrafe, mediante il quale gli Elei permettono ai
Messeni di esporre in Olimpia il testo del giudizio dei Milesi in
loro favore (2). Questo decreto prova inoltre la libertà che fu
lasciata agli Elei sia sul santuario di Olimpia sia nelle relazion
con gli altri Stati. I Messeni chiedono di rinnovare la parentela
e l'amicizia (au ſyévetx xxì pt).tx) e gli Elei rinnovano l'una e
l'altra, mentre accolgono la domanda dei Messeni senza che vi
intervenga il governatore romano.
Dopo il 145 per tutto il periodo repubblicano i giuochi
olimpici vanno decadendo e assumono un significato più locale;
così in una lista di vincitori nel 72 av. Cr. (3) gli agoni ippici
sono corsi solo, pare, dagli Elei (4). Si vede che i Romani in
quel periodo, diversamente dall'età imperiale, anche tenendo
alla sorveglianza su questo santuario, non se ne interessarono
molto, e Silla nell'80 per abbellire il proprio trionfo giunse
persino a trasportare, si può dire, le Olimpiadi in Roma e a
lasciar svolgere in Olimpia soltanto la corsa dello stadio (5).
E già prima durante la guerra mitridatica egli per mancanza
di denaro aveva depredato il santuario di Olimpia come quello
di Epidauro e di Delfi, assegnando poi loro la metà del terri
torio di Tebe (6).

(1) Syll.º 683.


(2) Swo BodA in PAULY-WIssowA, « Real-Encycl. » V, col. 2430 segg.
(3) PHLEGoN fr. 12 in MiLLER FHG. III, p. 606.
(4) E. N. GARDINER, Olympia. Its History and Remains, Oxford 1925,
p. 152 segg.
(5) APP. b. c. I 99.
(6) APP. Mithrid. 54. PLUT. Sulla 12. PAUs. IX 7,5 segg. DIoD. XXXVIII.
XXXIX 7.
PELOPONNESO 147

Nelle lotte fra Cesare e Pompeo gli Elei al pari della


maggior parte dei Greci appoggiarono Pompeo e combatterono
per lui alla battaglia di Farsalo (1); per questo l'Elide fu
compresa nella provincia creata da Cesare. E che il governatore
della provincia di Grecia intervenisse in Elide è testimoniato
nella lettera di Cicerone a Ser. Sulpicio del 46 (2). Il legato
di Cesare Q. Fufio Caleno, al quale dopo la disfatta di Pompeo
fu abbandonata tutta la Grecia, viene onorato insieme con suo
figlio dal popolo degli Elei che lo chiama a otìp xxi ebepyérg (3),
e allo stesso Cesare Gothp xxi eòeprévog è dedicato un monu
mento onorario da un certo Licinio (4). In favore di Bruto e
Cassio non pare che abbia combattuto alcuna forza pelopon
nesiaca, se si presta fede al silenzio in proposito di Appiano (5).
In età imperiale gli Elei, i Delfi, i Corinzi e gli Argivi sono
immunes perché debbono organizzare rispettivamente i giuochi
olimpici, delfici, istmici e nemei. Ciò risulta in modo inequivo
cabile da una lettera attribuita all'imperatore Giuliano, che peral
tro ora taluno (6) riporta al I sec. d. Cr. (7). Lo scrittore parla di
&té) ex i Trixx 5oº elox (8), ma qui la frase si riferisce con ogni
probabilità all'istituzione della provincia per opera di Augusto
e non riguarda il periodo precedente durante il quale, si è visto,
i giuochi olimpici erano in decadenza.

5. ACAIA. – Dopo la guerra acaica, secondo Pausania (9),


gli Achei dovevano pagare ai Lacedemoni 200 talenti che poi
vennero condonati e la lega achea fu disciolta, ma poco dopo
ricostituita. Essa ha una testimonianza epigrafica la prima volta

(1) APP. b. c. II 70. 75.


(2) Ad famil. XIII 26.
(3) Inschr. von Olympia 330.
(4) 365.
(5) B. c. IV 75.
(6) BR. KEIL, «Nachrichten von der Gesellsch. der Wiss. zu Göttingen »
Phil.-hist. Klasse 1913, p. 1 segg.
(7) Epist. n. 198 ed. Bidez ; v. introduzione alla lettera, p. 219 segg.
(8) 408 c.
(9) VII, 16, 9-10.
148 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

in una iscrizione d'Olimpia (1) con la quale il covòv röv 'Axxtóv


onora Quinto Ancario figlio di Quinto produestore. Quinto Ancario
figlio di Quinto non va identificato con Quinto Ancario ucciso
per ordine di Mario nell'87 av. Cr. (2), ma con quello, forse figlio
del precedente, che fu proconsole di Macedonia nel 55-52 (3) e
che è ricordato nella nota epigrafe di Gizio (4). E poiché questa
spetta al 71 av. Cr., poco prima del 71 si deve porre la produe
stura di Quinto Ancario pel contesto stesso dell'iscrizione che
elenca le liturgie richieste alla città di Gizio da Quinto Ancario
e da altri e alleviate dai fratelli Cloazi a cui per l'appunto si
decretano gli onori. Evidentemente Q. Ancario agì in qualità
di proguestore del proconsole di Macedonia. Ed è probabile che
il koinon degli Achei giusta la nostra epigrafe di Olimpia onori
Q. Ancario tèv xotöv tótpcovo xxì eòepréto per la moderazione
con cui ha riscosso le liturgie da essi dovute ai Romani. Ma code
ste liturgie non comportano di per sé che il koinon degli Achei
fosse stipendiario di Roma; il koinon dei Lacedemoni si trovava
rispetto a Roma nelle condizioni di libertas et amicitia e come
Sparta doveva le pi).txxi Xetto optxt (5). Ad ogni modo que
sta lega degli Achei non è l'antica, quella anteriore al 146.
Nel 145 per esempio pare sicuro che la città achea di Tritea, stac
cata dall'Acaia, fosse incorporata con l'Arcadia (6); ed è con
gettura erronea quella che nella lega degli Achei formata dopo
il 146 fossero inclusi anche gli Argivi, gli Elei e gli Arcadi (7).
L'argomento che si vuol trovare per gli Arcadi nelle manomis

(1) Inschr. von Olympia, n. 328.


(2) PLUT. Mar. 43. APP. b. c. I 73. FLoR. II 9, 16. Vedi DITTENBERGER
PURGoLD, Die Insehr. von Olympia, Berlin 1896, p. 451 n. 328.
(3) CIC. in Pison. 36, 89. ad fam. XIII 40. Cfr. KLEBs in PAULY-WIssowA
« Real-Encycl. » I col. 2102. V. la statua eretta in suo onore dal Koinon degli
Anfizioni in Delfi : H. PoMTow in « Klio », XV (1917), p. 70.
(4) Syll.º 748, 1. 26.
(5) P. 73 seg. e 129.
(6) H. BRUNN, Gesch. der griech. Künstler Iº, Stuttgart 1889, p. 375
seg. J. G. FRAzER, Pausanias's Description of Greece IV, London 1898, p. 40.
Per l'intricata questione di Pausania VI 12,8 sulla statua del pugile Agesarco
di Tritea con un'epigrafe metrica che indica Tritea come arcadica cfr. E. MEY ri:
in PAULY-WIssowA « Real-Encycl. » VII A, col. 240 segg.
(7) HILLER voN GAERTRINGEN IG. V 2, p. xxxI,
1PELOPONNESO 149

sioni di Orcomeno (1) risulta privo di ogni valore sia perché il


Ypxupareòg tov ouvéòpov e i do utopyot non hanno nulla a ve
dere con la lega achea sia perché il Goutuoyuxòv &pyöptov ricor
dato nell'epigrafe non è altro che la moneta dell'antica lega achea
la quale continuò a circolare anche dopo lo scioglimento di
essa (2). Il koinon degli Achei venne ridotto agli Achei propria
mente detti e in tal senso va intesa la denominazione di 'Axatoi
contenuta nella lettera di Q. Fabio Massimo ai Dimei (3).
Siffatta lettera è di capitale importanza per comprendere le
condizioni della città achea di Dime e in generale di tutti gli
Achei dopo il 146. La data ne è controversa perché controversa
è la identificazione di Q. Fabio Massimo figlio di Quinto: il
Boeckh (4) lo identificava con Q. Fabio Massimo Emiliano con
sole nel 145, pur concedendo che si potesse trattare del fratello
di lui Q. Fabio Massimo Serviliano console nel 142 o di Q. Fabio
Massimo Allobrogico, figlio dell'Emiliano, console nel 121 e in
fine di Q. Fabio Massimo Eburno, figlio del Serviliano, console
nel 116. Con Q. Fabio Massimo Emiliano lo identificava del pari
il Münzer (5), specie perché riteneva che Q. Fabio presidente di
un'ambasceria romana in Creta, giusta l'epigrafe intorno all'ar
bitrato dei Magneti fra gli Itani e gli Ierapitni (6) datata nel 139
av. Cr., fosse l'Emiliano, e congetturava che durante lo stesso
viaggio egli avesse scritto la nostra lettera ai Dimei (7). Peral
tro codesta identificazione va ora messa da parte venendo da
tata con sicurezza l'epigrafe su cui si basava il Münzer nel 112/1
av. Cr. (8). Né di gran peso sono gli argomenti di T. W. Beasley
che vede nel nostro Q. Fabio Massimo Serviliano (9), e nemmeno
può prendersi in seria considerazione il console del 121 Q. Fabio

(1) IG. V 2, 345 e p. XXXI l. 100 segg.


(2) P. 118.
(3) Syll.º 684.
(4) CIG. 1543.
(5) In PAULY-WIssowA « Real-Encycl. » VI, col. 1794.
(6) Syll.º 685.
(7) V. anche ABBoTT-JoHNsoN, Mun. Adm. in the Rom. Emp., p. 261 n. 9.
(8) M. GUARDUCCI, Inscr. Cret. III, IV 9.
(9) « Classical Review , 1900, p. 162 seg.

11,
150 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

Massimo Allobrogico (1) per le stesse ragioni che costrinsero


A. W. Zumpt (2) a considerare Q. Fabio Massimo Eburno con
sole e proconsole in Macedonia nel 116-114 (3), vale a dire per
ché l'Allobrogico quando fu console ebbe come provincia la
Gallia transalpina, combatté contro gli Allobrogi donde prese
il cognome e ottenne il trionfo in Roma l'anno seguente. Dunque
Q. Fabio Massimo Eburno è con ogni probabilità quello che
scrive la lettera ai Dimei e, venendo nel prescritto designato
dv90 totog “Pouxtov, egli la scrive nell'anno del suo proconso
lato, cioè nel 115 av. Cr. (4).
Nel 115 scoppia in Dime un movimento socialista; i rivo
luzionari redigono nuove leggi contrarie a quelle proclamate da
Roma nel 145 e suscitano incendi che distruggono gli archivi
e i registri pubblici, cioè in primo luogo i libri dei crediti e del
censo. Il partito timocratico di Dime, che come in tutte le città
della Grecia i Romani avevano messo al potere dopo il 146, si
rivolge al proconsole di Macedonia quando peraltro aveva già
stroncato il tentativo rivoluzionario e dominava la situazione.
Il proconsole nella sua lettera ricorda come Cillanio e i sinedri
della città di Dime gli abbiano fatto conoscere i turbamenti scop
piati in città con le varie distruzioni e che di esse il principale
istigatore era Soso, figlio di Tauromene, quello stesso che scrisse
toùg vógoog Otevavttoog ti &rtoòo8eto ſi toig 'Axxtoig 07tò “Pouxtov to).tteto.
(l.9 seg.), leggi delle quali egli esaminò i vari articoli sin
golarmente in Patrasso insieme col suo consiglio. Qui, come
si è già osservato, con 'Axatoi si devono intendere gli Achei

(l) CoLIN, Rome et la Grèce, p. 654.


(2) Commentationum epigraphicarum ad antiquitates Romanas pertinen
tium vol. II Berolini 1854, p. 167 segg.
(3) Tale tesi è accolta anche da GE YER in PAULY-WIssowA « Real
Encycl. » XIV, col. 764.
(4) Cfr. M. HollEAUX in « Hermes » XLIX (1914), p. 583 n. 4. G. N Ic
coLINI, La confederazione Achea, Padova 1914, p. 318. In verità M. GUARDUCCI,
Inscr. Creticae, III, IV 9 p. 92 pensa anche a Q. Fabio Labeone di cui peraltro
si sa solo che fu ufficiale monetario fra il 124 e il 114 e che forse si può identifi
care con Quinto Fabio Labeone figlio di Quinto ; ma in tal caso egli come pro
pretore con imperio proconsolare governò la provincia Hispania citerior
(MUNzER in PAULY-WIssowA «Real-Encycl. » VI, col. 1775 n. 92).
PELOPONNESO 151

propriamente detti (si noti il contrasto con [toig "ENXmotv tāo]tv


di 1.13, supplemento indubbio), e la frase del proconsole, se
chiarisce l'ordinamento dato all'Acaia dai Romani nel 145,
attesta soprattutto la sorveglianza che su di essa fu affidata allo
stesso proconsole di Macedonia. Il quale interviene ora nelle
cose di Dime, anche se chiamato in tale caso dal partito al potere,
con quella normale autorità che si ripete dal complesso di attri
buzioni a lui spettanti come a proconsole di Macedonia. Ora
egli condanna a morte e fa deportare il maggior responsabile
della insurrezione Soso e Formisco, figlio di Echestene, il damiurgo
che ha partecipato all'incendio degli archivi e dei registri pub
blici, e ordina a Timoteo, figlio di Nicia, che era stato nomografo
con Soso, come meno colpevole di recarsi in Roma.
Dime anche dopo il 146/5, pur essendo associata alla Mace
donia, conservò i propri magistrati ; così magistrato eponimo
nel 115 è il 9eox6).og come nel 219 av. Cr. (1), e nello stesso anno
sono testimoniati il potuto relig della bule (2) e i damiurgi (3);
dunque Dime, come risulta dalla stessa epigrafe, gode dell'au
tonomia, e cioè della libertà di governarsi secondo le proprie leggi
e le proprie istituzioni quando queste non fossero in contrasto
con la politeia stabilita dai Romani. Ma essa non gode l'immunità.
Se dall'epigrafe di Olimpia in cui il koinon degli Achei onora
Q. Ancario non si può a rigore dedurre che quel koinon fosse sti
pendiario, tuttavia è da presumere che le città della lega achea,
essendo associate alla provincia di Macedonia, come testimonia
l'iscrizione di Dime, pagassero un regolare tributo. La stessa
epigrafe di Dime indica poi che la lega achea riformata dopo il 146
era destituita di ogni importanza politica ; difatti in una que
stione così grave, come il noto tentativo rivoluzionario, la città
si rivolge al legato di Macedonia direttamente senza alcun in
tervento da parte della lega.

(1) Syll.º 529; v. anche Syll.º 530.


(2) Syll.º 529. 530. Nella lettera di Q. Fabio Massimo Syllº. 684 vera
mente compare il rpoguxte)g toº ooveòptoo; ma è noto che la gooxi, in
epoca ellenistica e romana fu spesso designata come orovéòptov; v. KAHRSTEDT
in PAULY-WIssowA » « Real-Encycl. » IV A col. 1345 seg.
(3) SCHöN FELDER, Die stadt. und Bundesb., p. 93 segg. e in Syll.º 684 l. 21.
152 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

Nel 100 av. Cr. L. Apuleio Saturnino, tribuno della plebe,


Siciliam, Achaiam, Macedoniam novis colonis destinavit (1);
l'espressione Achaia va presa nel senso di Graecia, e indica sol
tanto che allora in Grecia si trovava dell'ager populi Romani,
quello di Corinto. Nella guerra mitridatica gli Achei e i Laconi
secondo Appiano (2), dopo aver aderito ad Archelao, stringono
un'alleanza con lui ; tuttavia né gli uni né gli altri devono essersi
impegnati a fondo in favore di Mitridate perché i Laconi, e qui
va intesa la lega dei Lacedemoni, rimasero dopo la guerra rispetto
a Roma nella condizione precedente (3).
Nel 67 Dime, che era priva d'uomini, fu ripopolata da Pom
peo con pirati (4). Ma ciò non dimostra, secondo quanto si pre
tese (5), che la Grecia fosse trattata sempre più come provincia
perché simile potere a Pompeo derivava dalla lea Gabinia la
quale gli conferì oltre il comando su tutti i mari, dal Bosforo
e dalla Siria fino alle colonne d'Ercole, anche quello su tutte le
coste sino a 400 stadi (75 Km.) entro terra (6). Plinio (7) defini
sce Dime colonia, mentre Pausania (8) la considera annessa da
Augusto al territorio di Patrasso ; ma questa annessione, di cui
Strabone non parla, non poté attuarsi secondo le monete prima
del regno di Tiberio (9). Una moneta di bronzo porta l'iscrizione
c(olonia) I(ulia) D(ume) e la testa di Cesare, altre presentano
l'iscrizione colonia) I(ulia) A(ugusta) D(ume) e la testa di Augusto

(1) Auctor de viris ill. 73, 5.


(2) Mithr. 29.
(3) P. 130 seg. V. anche J. A. O. LARSEN, Roman Greece, in T. FRANK,
An economic Survey of ancient Rome, IV, Baltimore 1938, p. 424.
(4) STRAB. VIII 388. XIV 665. APPIAN. Mithr. 96. PLUt. Pomp. 28.
C1c. ad Att. XVI 1, 3. SERv. ad Verg. Georg. IV 127. -

(5) HERTzBERG, Gesch. Griechenlands I, p. 412 n. 66.


(6) PLUT. Pomp. 25. APP. Mithr. 94. VELL. II 31,2. CAss. Dio XXXVI
23,4.36-37, 1-2. ZoNAR. X 3. DRUMANN-GRoEBE, Gesch. Roms IV° p. 415.
P. GRoEBE, Zum Seerauberkriege des Pompeius Magnus (67 v. Chr.) in « Klio »
X (1910), p. 374 segg.
(7) IV 5, 13.
(8) VII 17, 5. -

(9) F. IMHooF-BLUMER, Monnaies grecques, Paris 1883, p. 162. KoRNE


MANN in PAULY-WIssowA « Real-Encycl. » IV col. 530.
PELOPONNESO 153

sola o accanto a quella di Tiberio (1); dunque questa colonia di


Dime fu fondata fra il 44 e il 27 av. Cr. (2). -

Qualcosa di più preciso si può stabilire sulla condizione di


Patrasso durante il II e il I sec. av. Cr. in base a una lettera di
Cicerone (3) in cui raccomanda al proconsole Servio Sulpicio il
figlio di Lisone che C. Menio Gemello suo cliente, condannato
e ritiratosi in esilio in quella città, ove finì col divenire Patrensis
civis, aveva adottato Patrensium legibus, ut eius ipsius heredi
tatis ius causamque tueare. La lettera di Cicerone spetta al 46
av. Cr. e prima del 46 va posta la condanna di Gemello, forse
nel 52/1, se è giusta l'identificazione di lui col viator tribunicius
Gemellus la cui immoralità nel 52 sollevò grande scandalo (4).
Allora Patrasso doveva essere civitas foederata (5). Ma nel 115,
giusta la lettera di Q. Fabio Massimo ai Dimei, Patrasso, dove
il legato di Macedonia si raduna col suo consiglio, al pari di Dime
e delle altre città degli Achei, aveva il territorio associato alla
provincia di Macedonia e, anche se godeva dell'autonomia nel
senso chiarito sopra, era stipendiaria. Quando divenne civitas
foederata ?
Secondo Appiano (6) sul principio dell'anno 83 Silla, avendo
cinque legioni italiche, 6000 cavalieri, più ausiliari peloponnesiaci
e tessali, un totale di 40.000 uomini ad effettivi completi, con
1200 navi passa dal Pireo a Patrasso e di lì a Brindisi. Secondo
(1) IMHoo F-BLUMER, op. cit., p. 165 seg. MoMMSEN, Röm. Gesch. Vº p. 328.
(2) KoRNEMANN in PAULY-WIssowA « Real-Encycl. » IV col. 530.
(3) Ad. fam. XIII 19,2. Sulla storia di Patrasso J. HERBILLON, Les cultes
de Patras avec une prosopographie Patréenne, Baltimore 1929, specie p. 16 segg.
a cui tuttavia sfugge l'importanza di questa notizia di Cicerone.
(4) VAL. MAx. IX I, 8. MiNzER in PAULr-WIssowA « Real-Encycl. »
XIV col. 253.
(5) Sul diritto d'esilio delle città federate v. MoMMSEN, Röm. Gesch. III
I, p. 48 segg. il quale peraltro a torto osserva (p. 49 n. 2) : « Auffallend ist
als Exilstadt das nicht autonome Smyrna (CICERo pro Balbo XI 28): der
Aufenthalt daselbst ist vielleicht nur tolerirt worden » perchè o allora P. Ru
tilio Rufo, cui si riferisce la notizia di Cicerone addotta dal Mommsen, non
era più un vero esiliato come farebbe supporre l'esortazione a lui da parte
di Silla di rientrare in patria o Smirne non aveva allora perduto quella
libertà che essa non godeva più nel 59 av. Cr. (CIC. pro Flac. 29, 71). V. CHA
PoT, La province Rom. procons. d'Asie, p. 120.
(6) B. c. I 79.
154 - IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

Plutarco (1) invece Silla con le sue forze muove attravcrso la


Tessaglia e la Macedonia in direzione di Durazzo donde con
1200 navi passa in Italia. Come fu messo nel dovuto risalto (2),
le due notizie vanno fuse nel senso che, mentre Silla per la via
Egnazia si dirigeva su Durazzo, la sua flotta forte di 1200 navi
tra onerarie e da guerra aveva circumnavigato, partendo dal
Pireo, il Peloponneso, toccava Patrasso, quindi puntava su Du
razzo per trasportare e scortare l'esercito. Evidentemente qui
Appiano ha sunteggiato in maniera rapida la sua fonte, trala
sciando il passaggio di Silla col suo esercito attraverso la Tessa
glia e la Macedonia ; e tale modo di lavorare di Appiano trova
conferma, e lo spiega, nel luogo subito successivo che propria
mente interessa la nostra indagine. Continua infatti Appiano (3):
Szko uévov 8'ocòtòv &uxxei töv Bpevteotov, toioòe uèv 5otepov éòoxev
&té) etov, iv xxì viv éxoootv, ºtòg S'&vxothoxa tòv atpxtòv Yev ég tò
repóao. Codesto luogo si è prestato alle più diverse interpre
tazioni perché non risulta chiaro di quale 3 ré)eto, immunitas,
si intenda parlare. Brindisi dopo la guerra sociale era divenuta
municipium e i cittadini furono iscritti nella tribus Maecia ; essa
allora non poteva pagare alcun tributo. Le diverse interpreta
zioni furono tutte passate in rassegna e messe da parte da
B. W. Henderson (4), il quale formula una nuova ipotesi, che
cioè qui l'immunitas sia in relazione ai portoria, vale a dire Silla
avrebbe creato un portofranco. Ma egli avverte la difficoltà di
simile ipotesi, tanto più che l'immunitas vigeva al tempo di Ap
piano, mentre si sa che i portoria aboliti per l'Italia con la ler
Caecilia del 60 av. Cr. (5) furono in seguito reintegrati; e la ipo
tesi del Henderson costringe a pensare, com'egli pensa, che un
imperatore, forse Traiano, abbia riconosciuto a Brindisi il pri
vilegio concesso da Silla. Peraltro con ciò si sforza il significato

(1) Syll. 27.


(2) E. LINDEN, De bello civili Sullano, Diss. Friburgi Brisiga vorum 1896,
p. 33. E. Pozzi, Studi sulla guerra civile Sillana in «Atti della R. Accad. di
Torino » XLIX (1913-14), p. 195.
(3) APPIAN. b. c. I 79.
(4) « Class. Review o XI (1897), p. 251 segg.
(5) CIC. ad Att. II 16. Ad Quintum fratrem I 1, 11, 33. CAss. DIo
XXXVII 51.
PELOPONNESO - 155

della frase di Appiano e lo si sforza per un'ipotesi quanto mai


complicata. Piuttosto, se si considera la rapidità con cui Appiano
ha sunteggiato la fonte, si può congetturare, più semplicemente,
che qui si sia saltata nel racconto una notizia, come poco prima
si saltò quella riguardante il passaggio di Silla attraverso la Tes
saglia e la Macedonia, poiché la fonte, bene informata anche in
torno ai dettagli, doveva accennare alla sorte delle 1200 navi
che avevano trasportato in Brindisi l'esercito ; forse la fonte
ricordava come esse furono rimandate a Patrasso, che era il porto
principale del Peloponneso, donde Silla aveva avuto parecchi con
tingenti, e ricordava inoltre che Silla in compenso degli aiuti e
dell'appoggio a lui offerti da Patrasso ha conceduto a quella città
l'immunitas dall'annuale vectigal, immunitas che, soppressa
quando Patrasso divenne parte della provincia di Acaia sotto
Cesare (v. oltre), fu restituita da Augusto ed esisteva ancora al
tempo di Appiano nel II sec. d. Cr. Pertanto il toioèe del testo
di Appiano si riferirebbe non agli abitanti di Brindisi, il che non
ha senso, qualunque sia il modo con cui si tenti di spiegarlo, ma
a quelli di Patrasso. E se è giusta tale congettura, essa prove
rebbe quanto si affermava altrove, che cioè dopo il 146 le città
dell'Acaia furono sì libere ossia autonome, e di questo si ha una con
ferma nell'invio di arbitri a Demetriade da parte di Patrasso intorno
al 130 av. Cr. senza che vi intervenga l'autorità romana (1),
ma furono anche stipendiarie. In seguito lo stesso Silla strinse,
è da ritenere probabile, un foedus con Patrasso, e a questo periodo
anteriore a circa il 47 av. Cr. e posteriore, s'intende, al foedus con
Roma spetta il diritto per Patrasso di battere moneta in argento,
diritto che di solito veniva considerato un privilegio eccezionale
appunto perché la storia di Patrasso era in tutto uniformata
a quella delle altre città achee (2).
Patrasso non fu più civitas foederata quando Cesare staccò
dalla Macedonia la provincia d'Acaia dopo il 48, avendo essa
accolto i partigiani di Pompeo e Q. Fufio Caleno, legato di Cesare,
avendola dovuta occupare, anche se senza combattere (3). Nel

(1) IG. V 2 n. 367. V. p. 36, 141 e 226.


(2) HEAD, Hist. num.º, p. 414. V. p. lll.
(3) 'Auxxet, CAss. DIo XLII 14, 5. 13, 3.
156 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

suo ritorno in patria Cesare passa per Patrasso (1); nell'autunno


del 32 Antonio vi pone i suoi quartieri d'inverno (2) e nel 31 la
città viene occupata dalle truppe di Ottaviano (3). Nel 16 av. Cr.
Augusto fonda in Patrasso la colonia Augusta Aroe Patrae (4).
La comunità greca continuò ad esistere, e questi Patrensi soli
fra gli Achei ebbero la libertà (5); vi furono così accanto agli Achaei
Patrenses i Romani Patrenses (6), e la colonia Patrae possedette
vasto territorio, al quale appartennero Rhypae (7), poi, si è
visto, Dime, quindi i Locri Ozoli ad eccezione degli Anfissei (8).

6. SICIONE. – I Romani si comportano verso Sicione, città


appartenente alla lega achea, con riguardo già quando nel 156
il senato romano incarica i Sicioni di fissare la pena da infliggere
agli Ateniesi in una controversia con Oropo (9). Così, abbattuta
Corinto nel 146, i Sicioni ottengono dai Romani una larga parte
del territorio di quella città come aiuto per le spese dei giuochi
istmici che essi da allora dovevano presiedere in luogo dei Co
rinzi (10); forse tale senso di riguardo nei Romani sorge dal rispetto
che essi avevano per la memoria della grande figura del citta
dino di Sicione, Arato, il difensore della libertà achea. Nel 146/5
a testimonianza di Polibio (11) non vennero distrutte nelle varie
città le statue di Filopemene amato ancora dalla folla, ma fu
lo stesso Polibio (12) che indusse i Romani a conservare tutte le
statue di Filopemene, anche se non loro amico, e chiese, sfruttando

(1) CIC. ad Att. XI 21, 2.


(2) CAss. DIo L 9. ZoNAR. X 28 fin. PLUT. Anton. 60.
(3) CAss. DIO L 13,5. ZoNAR. X 29. VELL. II 84.
(4) EUSEB. chron. PLIN. n. h. IV 11. STRAB. VIII 387.
(5) PAUs. VII 18, 5.
(6) KoRNEMANN in PAULY-WIssowA «Real-Encycl. » IV col. 549.
GooD FELLow, Roman Citizenship, p. 86.
(7) PAUs. VII 18,5.
(8) PAUs. X 38, 9. Su tutto ciò v. HERTzBERG, Gesch. Griechenlands I,
p. 496.
(9) PAUs. VII 11, 4-5. PLUT. Cato Maior, 22.
(10) PAUs. II 2,2. STRAB. VIII p. 381. EUsT. ad. Il. II 570, p. 290, 41.
(11) XXXIX 3, 1 (B.-W.).
(12) XXXIX 3, 3 segg.
PELOPONNESO 157

il momento, le statue di Acheo, Arato e Filopemene, che erano


già state trasferite dal Peloponneso nell'Acarnania.
Secondo il noto senatoconsulto del 112 av. Cr. (1) una parte
dell'associazione bacchica dell'Istmo si ritira in Sicione; peraltro
le deliberazioni di questa vengono definite irregolari dal senato
romano. Importanti notizie intorno a Sicione ci dà occasional
mente Cicerone (2). Circa l'80 av. Cr. Verre pretende denaro da
un magistrato sicionio e, non avendolo ottenuto, in un luogo an
gusto dove aveva fatto accendere del fuoco con legno verde e
umido hominem ingenuum, domi nobilem, populi Romani socium
atque amicum, fumo ea cruciatum semivivum reliquit. Da qui po
trebbe dedursi, se si vuol dare all'espressione socius et amicus
il significato giuridico di foederatus, che tuttavia essa non ha sem
pre (3), come allora Sicione fosse civitas foederata ; ma nell'espres
sione populi Romani socium atque amicum deve aver influito
l'intento polemico dell'oratore di dar maggior risalto all'opera
di Verre. -

Se Sicione non era civitas foederata, essa era senza dubbio


libera et amica; e questo risulta da altri luoghi dello stesso Cice
rone. In alcune lettere ad Attico del 60-59 (4) egli parla di un
negotium che Attico aveva coi Sicioni ; il negotium è un impre
stito fatto ai Sicioni da Attico. Ora Attico insiste presso Cicerone
per ottenere dal senato mercé il suo patrocinio una lettera che
costringa in qualche modo i Sicioni a pagare; Cicerone rispon
dendo parla invece di un senatoconsulto intorno a questioni non
riguardanti Attico, al quale è aggiunta sine causa una clausola
de populis liberis (5), e proprio questa interessa le relazioni di
Attico coi Sicioni (6). Dunque allora nel 60, quando venne scritta
la lettera ad Attico, Sicione era civitas libera et immunis. E tale

(1) Syll.º 705. P. 4 seg.


(2) Verr. actio secunda, I 17, 44-45.
(3) W. HENzE, De civitatibus liberis quae fuerunt in provinciis populi
Romani, Diss. Berolini 1892, p. 6 e sopra p. 54 n. 3 e 212.
(4) I 13, l. 19,9. 20,4. II 1,10. 13,2.
(5) Ad Atticum I 19,9.
(6) Su tutto ciò v. DRUMANN-GRoE BE, Gesch. Roms, V, Leipzig 1919,
p. 66 seg. A. H. BYRNE, Titus Pomponius Atticus, Diss., Bryn Mawr, Pennsyl
vania 1920, p. 5 segg. CH. H. SKALET, Ancient Sicyon, Baltimore 1928, p. 91.
158 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

essa fu con ogni probabilità dal 146/5. Allora Sicione aveva avuto
un segno di riguardo dai Romani sia nella direzione dei giuochi
istmici sia nella parte assegnatale del territorio confiscato ai
Corinzi, e doveva organizzare i giuochi stessi e provvedervi ; per
questo si renderebbe inesplicabile un vectigal suppletivo. Forse
rivalità fra Sicione e Corinto e l'opera benevola di Polibio hanno
valso ai Sicioni una sistemazione migliore che quella di altre
città della lega achea. Non si può dire se Sicione anche dopo il 145
fece parte della lega achea ricostituita su una base assai più
ristretta. - -

Di recente è venuta alla luce una dedica che Silla fa in Sicione


a Marte: L(ucius) Cornelius L(ucii) f(ilius) Sulla imper(ator)
Martei (1); in base ad essa Sicione appoggiò Silla, il quale del
resto secondo Appiano (2) sul principio dell'anno 83 aveva fra
i suoi soldati ausiliari peloponnesiaci.
Col pagamento ad Attico del suo credito si può mettere in
relazione la difficoltà finanziaria in cui si trovavano i Sicioni nel 58
quando sotto la edilità di Scauro tutti i loro quadri, venduti per
saldare il debito pubblico, furono trasportati in Roma (3). Nel 46
la città è incorporata nella provincia di Grecia (4) istituita poco
prima da Cesare.

7. ARGoLIDE. – Da Argo Dieo organizza l'ultima dispe


rata resistenza contro i Romani (5): sconfitti gli Achei definiti
vamente, tutta l'Argolide al pari dell'Acaia, dell'Elide, della
Messenia e dell'Arcadia, le cui città avevano partecipato alla
lega achea, viene associata alla Macedonia ; e quasi tutta, per
quel che sembra, come tributaria (6). Da una notizia di Stra

(1) « Bull. de Corr. Hell. » LXII (1938), p. 459.


(2) B. c. I 79.
(3) PLIN. n. h. XXXV 127. BYRNE, Titus Pomponius Atticus, p. 8.
SKALET, Ancient Sicyon, p. 91.
(4) CIC. ad fam. XIII 21.
(5) PoLY B. XXXVIII 15,3 (B-W.).
(6) Vedi IG. IV 757=SGDI. III 3364 (E. MEYER in PAULY-WIssowA
« Real-Encycl. » VII A col. 645) e il monumento pubblico degli Epidauri
e alleati caduti nella battaglia dell'Istmo IG. IV° 28.
PEI OPONNESO - 159

bone (1) secondo cui Tenea, coum del territorio corinzio, es


sendosi a tempo distaccata da Corinto, si sottomise ai Romani e,
nonostante la distruzione di quella città, continuò ad esistere,
si è voluto dedurre che Tenea non si compromise nella guerra
contro i Romani (2) ed ebbe un trattamento di riguardo (3).
In vero non sappiamo quando Tenea si rivolse ai Romani, e può
darsi che essa, come gli Elei e i Messeni, dopo la battaglia di
Scarfea si sia rifiutata di continuare a combattere, e può anche
darsi, tenuto conto della difficoltà per un piccolo centro rurale
di svolgere una politica indipendente, che i Teneati facessero
valere la loro discendenza troiana (4). Resta a ogni modo sicuro
che Tenea secondo Strabone ebbe un trattamento migliore di
Corinto e cioè non fu distrutta, ma non per questo ebbe una con
dizione speciale rispetto alle altre città dell'Argolide. Invece
si ignora in quale situazione si trovasse Metana dopoché nel 145 (5)
il re Tolemeo Filometore che la possedeva cadde nella battaglia
vittoriosa presso Antiochia sull'Oronte contro Alessandro Bala ;
certo i Tolemei perdettero allora Itano cretese (6) e l'isola di
Tera (7) e Metana nell'Argolide. Forse Metana allora divenne
civitas libera et amica al di fuori della provincia.
La frase di una lettera attribuita all'imperatore Giuliano
l'Apostata (8) secondo cui Argo Pogatota èè 5otepov oùy & Nobox
u&XXov ? xxtà gougoyixv tipcooore, ſtep, oluxt, ueteixe xxi xòtì) xx9&tep
ai Xottaì tig è) so9epixz xxì töv &XAov è exicov, 6tóox végouat txic
tepì tv 'ENA&òo tó) zav oi xpxto5vtez &et (9), è imprecisa e vaga
e nulla può dire intorno alle condizioni di Argo dopo il 146.
Ma che Argo fosse annessa alla provincia di Macedonia ha

(1) VIII 6, 22 p. 380.


(2) NiccoLINI, La Grecia provincia, p. 424.
(3) HERTzBERG, op. cit. I, p. 283.
(4) E. CURTIUs, Peloponnesos II, Gotha 1852, p. 550.
(5) W. OTTo, Zur Gesch. der Zeit des 6. Ptolemders in « Abhandl. der
Bayer. Akad. der Wiss. » Phil. -hist. Abt., N. F. II (1934), p. 128.
(6) Syll.º 685 1.43 = Inscr. Cret. III, IV 9.
(7) W. Otto, op. cit., p. 133.
(8) P. 147.
(9) P. 223 1.5 segg. ed. Bidez = ep. 35 ed. Hertlein, 408.
ſGO IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

una conferma nell'iscrizione IG. IV 558 del 114/3 av. Cr. (1)
datata dal 32° anno dell'era achea; e pure Epidauro, al pari delle
altre città dell'Argolide, fu compresa nella provincia come indica
un'epigrafe rinvenuta nell'Asclepieo posteriore di due anni alla
precedente e cioè del 112/1 (2) datata anch'essa dall'era achea.
Può darsi che Epidauro, diversamente dalle altre città dell'Argo
lide, sia stata dichiarata immunis, come Delfi e probabilmente
Elide, pel suo rinomato santuario. In verità codesta epigrafe
riguarda gli onori a un cittadino il quale fra l'altro era stato
mandato ambasciatore in Roma tèp pt).txg xxi auguxxixg (3)
e con la sua premura era riuscito a concludere il foedus. Poiché
qui non è accenno ad alcun rinnovo di alleanza si deve intendere
che simile amicizia e alleanza si concludesse allora per la prima
volta. Ma anche allora la condizione di Epidauro non dovette
cambiar molto; la nuova alleanza è un'alleanza sui generis, elar
gita dal senato romano ed esprime solo un atto di benevolenza
da parte dei Romani verso Epidauro. La quale proprio in questa
epigrafe continua ad impiegare l'antica datazione dall'era achea
come l'adopererà più tardi nel 72/1 (4). Le istituzioni nelle singole
città rimangono immutate all'infuori dell'importanza del pag.
uoteòg tòv avvéòpov accresciuta dopo il 146 (5) e dell'indirizzo
aristocratico-timocratico dato dai Romani (6). Accanto agli 3pxovrec
e ai Gove)pot permane l'éxxxmoto (7). -

Circa l'86 av. Cr. Silla per necessità di guerra contro Mitri
date fa depredare il santuario di Epidauro come quelli di Olim
pia e di Delfi (8), ma poi cede a questi santuari in compenso delle
depredazioni metà del territorio tebano (9). Nel 72/1 M. Antonio
Cretico pone in Epidauro un presidio che vi rimane solo un anno

(1) DINsMooR, Archons of Athens, p. 236.


(2) IG. IV2 63. -

(3) V. anche IG. IV° 64.


(4) IG. IV° 66. DINs MooR, Archons of Athens, p. 237.
(5) P. 137 seg.
(6) P. 14 seg.
(7) IG. IV2 65. 63.
(8) PLUT. Sull. 12. PAUs. IX 7, 5.
(9) APP. Mithrid. 54. PLUt. Sull. 19. PAUs. IX 7, 5. P. 146 e 205.
PELOPONNESO 161

a spese della città (1); alcune statue vi furono rapite o da Silla


o dai pirati (2). Nel I sec. av. Cr. si forma in Argo una colonia
di mercanti italici i quali nel 67 av. Cr. onorano Q. Marcio Rege
e Q. Cecilio Metello Cretico (3).

8. CoRINTO. – Nel 146 Corinto, che era divenuta il centro


della lega achea, è saccheggiata dai soldati di L. Mummio, la
popolazione maschile uccisa, le donne e i fanciulli venduti
schiavi (4). Quindi per decreto del senato (5) la città è data alle
fiamme e distrutta, le opere d'arte in parte rovinate, in parte
vendute, in parte trasferite a Roma (6). Tuttavia le più recenti
scoperte provano che con ogni probabilità molti edifici pubblici
religiosi e profani non vennero abbattuti dai soldati di Mummio,
e per esempio il tempio ellenistico di Asclepio si conservò anche
dopo il 146 av. Cr. (7); furono dunque rase al suolo soltanto le
case in modo che la città non fosse più abitabile e smantellate
le fortificazioni perché non potesse più venir difesa (8). Del
territorio corinzio una parte diventò ager publicus, un'altra parte
si attribuì alla vicina Sicione, che assunse anche la cura dei giuo
chi istmici al posto di Corinto (9). Da allora questo ager optimus
et fructuosissimus secondo Cicerone fu sottoposto al vectigal (10),
e cioè esso veniva ad ogni lustro locato per una somma globale
a compagnie di pubblicani che poi ne concedevano a privati
lo sfruttamento contro il pagamento di vectigalia. A tale condi
zione in Grecia fu nel 145 ridotto soltanto il territorio di Corinto

(1) IG. IV2 66.


(2) IG. IV° 589. 598. 623. Cfr. LIv. XLV 28,3.
(3) IG. IV 604. CIL. Iº 746 = DEssAU 867. MUNzER in PAULY-WIssowA
« Real-Encycl. » XIV col. 1584 seg. ; v. anche IG. IV 605.
(4) PAUs. VII 16,4 segg. ZoNAR. IX 31,5. de vir. ill. 60.
(5) NIESE, Gesch. der griech. Staaten III, p. 351 seg.
(6) PoLYB. XXXIX 2. STRAB. VIII 381. PLIN. n. h. XXXV 24. PAUs.
VII 16,8. Liv. per 52. FLoR. I 32, 5. IUsTIN. XXXIV 1-2. ORos. V 3.
(7) F. J. DE WAELE in PAULY-WIssowA « Real-Encycl. » S. VI col. 182
e 196.
(8) Cfr. ora J. M. HARRIs, Coins found at Corinth, in « Hesperia » X
(1941), p. 158, e sopra p. 28 seg.
(9) ZoNAR. IX 31, 8. CIC. de lege agr. I 5. STRAB. VIII 381. PAUs. II 2, 2.
(10) V. anche la legge agraria del 111 CIL. Iº 585, XCVI-CI (p. 464).
162 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

perché esso solo viene elencato da Cicerone fra gli agri pubblici
allora in proprietà del popolo romano nelle varie provincie (1).
Come ha già visto il Mommsen (2), i Romani si comportarono
severamente verso Corinto per uno scopo commerciale, quello
di rendere Delo il maggior emporio dell'Egeo (3).
Al 102 av. Cr. circa risale un'epigrafe coi versi latini di un
poeta sconosciuto che probabilmente ha servito sotto il nonno
del triumviro Marco Antonio, l'oratore Marco Antonio, durante
la sua campagna come praetor pro consule contro i pirati nel 102 (4).
Questi versi celebrano il trasporto della flotta attraverso l'istmo
ad opera del legato propretore Hirrus ; dunque la via dell'istmo
venne battuta anche nel periodo della distruzione di Corinto.
Per ordine di Cesare, ma forse subito dopo la morte di lui,
nel 44 Corinto fu fondata di nuovo come colonia romana soprat
tutto con liberti e non dei migliori elementi sotto il nome di Laus
Iulia Corinthus (5). Allora Corinto riebbe la cura dei giuochi
istmici (6); essa era già una città importante pochi anni dopo
durante le guerre civili (7), e prima della battaglia d'Azio Agrippa
la occupò insieme con Leucade e Patre (8). Nel nuovo ordinamento
della provincia promosso da Augusto Corinto per la sua posi
zione fu scelta a sede del magistrato provinciale, il propretore
dell'Acaia (9). -

(1) De lege agraria I 2, 5. II 19, 50-51. P. 22 seg.


(2) Röm. Gesch. V p. 235.
(3) Sull'importanza commerciale assunta da altre città greche, oltreché
da Delo, dopo la distruzione di Corinto v. F. M. HEICHELHEIM, Wirtschaftsgesch.
des Altertums, I, Leiden 1938, p. 492.
(4) A. BRowN WEST, Corinth, vol. VIII, p. 1 l. Latin Inscriptions, Cam
bridge Mass. 1931, p. 1 segg. -

(5) DIoD. XXXII 27. STRA B. VIII 381. XVII 833. PLUT. Caes. 57.
CAss. Dio XLIII 50. PAUs. II, 1,2. APP. Pun. 136. CRINAGoRA p. 87 n. 32
ed. Rubensohn. LENSCHAU in PAULY-WIssowA « Real - Encycl. » S. IV
col. 1033 seg. -

(6) PAUs. II 2, 2.
(7) PLUT. Ant. 67.
(8) VEI.L. II 84. CAss. DIo L 13. 14. 30.
(9) Act. apost. 18, 1-12.
X.

GRECIA CENTRALE

1. ATENE E L'ATTICA. – Durante la guerra achea Atene


da antica alleata di Roma si mantenne rigorosamente neutrale
e per questo essa non sofferse le conseguenze di quella sconfitta,
continuando ad essere una civitas libera et foederata (1). Così
Strabone (2) osserva che i Romani conservarono agli Ateniesi
retti a democrazia l'autonomia e la libertà. L'espressione di
Appiano (3): zxi vóuoog è9 pcev (ò XS0XAxg) &txotv Yxoti tòv tpóo 9ev
aòtoig itò Pouxtov opto 9évrov, su cui si basa la congettura
di una riforma costituzionale in Atene operata dai Romani (4),
non è, a mio avviso, intesa rettamente. Il contesto di Appiano
riguarda l'atteggiamento di Silla dopo la sua vittoria su Atene,
la quale aveva parteggiato per Mitridate ; ricorda che Silla mandò
a morte il tiranno Aristione, i suoi seguaci e quanti avevano agito
in modo contrario agli ordini dei Romani dopo l'occupazione
della Grecia, che perdonò agli altri, e a tutti, giusta la frase ripor
tata, pose leggi quasi identiche a quelle stabilite prima dai Ro
mani. È chiaro che con txay Appiano non può riferirsi ai soli
Ateniesi, ma a tutti i Greci, indotto a ciò dalla espressione pre
cedente top'3 tpótepov &Nobo g tig EXX&òog itò “Pouxtov [ottoig]
ètetétoxto. Qui lo scrittore è incorso in una esattezza come poco

(1) Sul foedus concluso da Atene con Roma H. HoRN, Foederati, In.
Diss. Frankfurt a. M. 1930, p. 65 segg. Contro erratamente A. HEUss, Die
völkerrechtl. Grundlagen der rôm. Aussenpolitik in republ. Zeit, Leipzig 1933,
p. 34. V. sopra p. 101 e n.3.
(2) IX 398.
(3) Mithr. 39.
(4) V. da ultimo DINs Moor, Archons of Athens, p. 234.
164 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

prima, contaminando le proprie fonti, attribuisce ad Aristione


le esperienze di Atenione (1).
I decreti di Atene subito dopo il 145 non rivelano alcuna
modifica, se si prescinde dall'ovrºſpo pe)g che compare accanto
al Ypxugate)g proprio nel 145/4 (2) e poi solo nel II sec. d. Cr. (3).
Tuttavia anche in Atene la tendenza timocratica impressa dai
Romani al loro ordinamento ebbe risonanza trasformandone
a poco a poco la costituzione, come si vedrà. Inoltre nel 145 in
Atene si compiono alcune riforme, le quali, pur se di aspetto este
riore, denotano l'importanza che pel mondo greco quella città
dava al passaggio di parte di esso sotto il dominio romano, nono
stante che allora tale passaggio non la toccasse direttamente.
Proprio nel 145/4 Atene riorganizzò il sistema ufficiale dei segre
tari della bule, iniziando con questo anno un nuovo ciclo (4) e
insieme cambiò il sistema di rotazione delle tribù nel sacerdozio
di Serapide di Delo, i cui cicli coincidono ora con quelli dei segre
tari (5), e sempre nel 145 fece una revisione del suo calendario (6).
Per controversie sorte fra i tecniti dionisiaci ateniesi e quelli
dell'Istmo si ricorre al senato romano, e nel primo semestre del
l'anno attico 118/7 i tecniti ateniesi presentano accuse contro
l'associazione dell'Istmo al governatore di Macedonia (7). Ap
punto perché a questo è indirizzato il documento si ha duplice
datazione, dall'arconte ateniese e dal governatore di Macedonia,
con l'aggiunta è roug dog Moxeòóveg Yoootv..., ossia l'era mace

(1) FERGUsoN, Hell. Athens, p. 447 n. 1.


(2) S. Dow, Prytaneis. A Study of the inscriptions honoring the Athenian
Councillors, in « Hesperia » Suppl. I, Athens 1937, p. 153 n. 85. 86.
(3) IG. IIº 1774. 1775 ecc.
(4) DINSMOOR, Archons of Athens, p. 233. Le osservazioni contro la teoria
del DINsMooR fatte dal FERGUsoN, Athenian Tribal Cycles in the Hellenistic
Age, Cambridge 1932, p. 145 segg. non hanno peso. Il FERGUsoN è costretto
ad ammettere che in un brevissimo periodo prima del 145/4, e cioè dal 157/6,
le file dei segretari venissero sorteggiate, ma codesta sua congettura è del
tutto gratuita, ed egli stesso osserva (p. 146): «Why the Athenians should
have decided to adopt in 157/6 B. C. the practice of allotting the secretariat
to the phylae in turn we do not know w.
(5) DINSMOOR, op. cit., p. 234.
(6) DINsMooR, op. cit., p. 415. Cfr. sopra p. 14.
(7) V. p. 4.
GRECIA CENTRALE 165

donica (1). Anche qui si ravvisa una nuova conferma della man
canza in Atene dell'era achea, giustificata dall'essere la città al
di fuori della parte della Grecia annessa alla provincia di Mace
donia. -

Durante questo periodo Atene possedeva le cave del Sunio


dove verso il 130 av. Cr. scoppiò una insurrezione di schiavi che
fu domata dal generale ateniese Eraclito (2). E che Atene dopo
il 146 abbia conosciuto una nuova prosperità e si sia sforzata
a risuscitare gli usi antichi, è provato dall'aver ripreso proprio
allora la tradizione d'inviare a Delfi le Pitaidi interrotta, per
quel che pare, alla fine del IV o nel III sec. av. Cr. (3). E gli stessi
documenti delfici attestano che le relazioni di Roma e Atene
migliorano nella seconda metà del sec. II ; così nel 134 il consiglio
anfizionico rinnova i privilegi dei tecniti ateniesi con la riserva
dell'approvazione romana, ma circa il 125 esso si profonde in
espressioni entusiastiche verso i medesimi tecniti non facendo
più menzione di Roma, perché ora ben conosce il sentimento di
questa rispetto ad Atene; e i Delfi si mostrano più calorosi nella
Pitaide del 97 che in quella del 127, e nel 97 s'invoca espressa
mente il favore di cui godono i tecniti ateniesi presso i Romani (4).
Simili legami di mano in mano più stretti fra Roma e Atene,
di cui fanno fede anche le dediche in onore di Sesto Pompeo,
il padre di Cn. Pompeo Strabone console nell'89 (5), e del figlio
di lui (6), accentuano l'imitazione degli ordinamenti costituzio
nali romani da parte degli Ateniesi. Verso la fine del II sec. di
nanzi alla bule e non più dinanzi ai tribunali eliastici (èv ti è co
orpio) il cosmeta dà il resoconto ufficiale della propria attivi

(1) Syll.º 704 Iº e Kº. Sulla precisa datazione di questi due frammenti,
errata nella Sylloge, v. DINsMooR, Archons, p. 274 seg. DAUX, Delphes, p. 362
segg. Senza dubbio qui l'anno iniziale dell'era macedonica è il 148/7.
(2) ORos. V 9. DIoD. XXXIV 2. FERGUsoN, Hell. Ath., p. 379. RoUssEL,
Délos, p. 18 seg. V. anche l'altra insurrezione del 104-100 in PosidoNIo presso
ATHEN. VI 104 p. 272 E-F = FGrHist. 87 frg. 35. FERGUsoN, op. cit., p. 427
seg.
(3) DAUx, Delphes, p. 531 seg. 540.
(4) DAUX, op. cit., p. 567.
(5) IG. IIº 4100.
(6) IG. IIº 4101.

12.
166 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

tà (1). Certo da ciò non si può dedurre che la modifica della legge,
per la scarsezza delle nostre fonti dimostrabile unicamente in rela
zione con questo magistrato, si debba presupporre pure in rela
zione con altri (2). A ogni modo, anche se limitata, siffatta nuova
prerogativa della bule intacca nel profondo il regime democra
tico; ma il popolo in un decreto in onore dei pritani del 104/3
viene ricordato nel testo in maniera del tutto inusata, quasiché
volesse dar spicco alla sua approvazione (3), e l'assemblea popo
lare ancora nel 95/4 (4) è competente, come negli anni precedenti,
a tributare onori per gli efebi e pei loro ufficiali. Non si tratta
qui di un colpo di stato provocato dall'esterno, sibbene, già si
accennò, di una lenta evoluzione interna, la quale, se in un certo
senso può essere indirettamente favorita dai Romani, in realtà
si sviluppa da sé per forza endogena. -

Argeios, arconte nel 98/7, permane in carica contro la co


stituzione anche nell'anno successivo il 97/6, ma in questi anni
non si può dire che per gli arconti si sostituisca al sorteggio l'ele
zione (5), perché essa preesisteva introdotta forse con Demetrio
Falereo (6). E proprio nel 97 si ha, connesso con l'invio della
Pitaide, un fatto nuovo, cioè la designazione per voto d'un capo
della Pitaide stessa nella persona di Sarapione, figlio di Sara
pione, che ricopre per due anni successivi le funzioni di primo
stratego e cumula nel 97/6 quattro agonotesie (7). Questo Sara
pione è uno degli artefici di quel graduale mutamento che cul
minerà il 91 0-89/8 nell'arcontato consecutivo per tre anni di

(1) Codesto cambiamento dev'essere avvenuto fra il 106/5 av. Cr.


(IG. II° 1011, 1.42) e il 101/0 (IG. IIº 1028); su ciò FERGUsoN, Athen. Tribal
Cycles, p. 147 segg. Cfr. anche U. KAHRSTEDT, Untersuch. zur Magistratur
in Athen, Stuttgart 1936, p. 177.
(2) FERGUsoN, op. cit., p. 150.
(3) Dow, Prytanies, p. 162 n. 96.
(4) IG. IIº 1029.
(5) FERGUsoN, Hell. Ath., p. 248 seg. BUsoLT-SwoBoDA, Gr. Staatsk.
II, p. 935. GRAINDoR, Athènes sous Auguste, Le Caire 1927, p. 113.
(6) KAHRsTEDT, Unters., p. 50 segg. A p. 52 per errore di stampa com
pare Erykleides invece d'Eurykleides e per una svista, del resto di nessuna
importanza, Eurykleides è considerato pure il padre di Eurykleides, mentre
si chiamava Muztov.
(7) DAUX, Delphes, p. 556.
GRECIA CENTRALE 167

Medeios. Egli con lo sforzarsi di ravvicinare Atene a Delfi (1)


rappresenta la tendenza del partito oligarchico ligio alle antiche
tradizioni e intento a richiamare in onore la religione delfica e
deliaca. Sotto la benevolenza romana Atene procura d'instaurare
una supremazia spirituale e politica che, ripetendo la sua origine
dalle avite tradizioni ideali, ha conati di un certo nazionalismo ;
così allora gli ufficiali degli efebi devono essere unicamente ate
niesi e non più anche stranieri (2), e l'efebia acquista una grande
importanza, come risulta dai decreti in onore degli efebi più
numerosi ora che i decreti pei pritani appunto perché l'interesse
del pubblico si spostava concentrandosi su quella istituzione
educativa (3).
Nell'88/7 la lista degli arconti a noi giunta (4) segna ºvopyto.
Con siffatto termine, come fu giustamente avvertito in base alla
testimonianza di Aristotele (5), si designa la mancanza dell'ar
conte eponimo ; e proprio dell'88/7 ci è pervenuta, sembra sicuro,
la lista degli otto arconti senza l'eponimo (6). In quest'anno
erano in carica regolarmente gli otto arconti, e l'assenza dell'epo
nimo può essere dovuta alla mancanza di un candidato ricco e
volenteroso che si sobbarcasse, oltre all'onore, all'onere dell'ar
contato. Così in Ionia quando non si trovava una persona che
accogliesse la importante, ma dispendiosa carica della stefano
foria, che dava il nome all'anno, l'eponimia è conferita al dio
più venerato della città, e la cassa del suo tempio serve alle
spese (7); in Atene codesto uso non esiste e durante l'impero
si ricorre alle divxpxtot (8). Ma l'assenza dell'eponimo può anche
essere dovuta alla momentanea condizione politica ; in quel
l'anno era tiranno d'Atene Aristione e forse egli stesso o qualche

(1) DAUX, op. cit., p. 578.


(2) Dow in « Hesperia » IV (1935), p. 81.
(3) Dow, Prytanies, p. 25.
(4) IG. IIº 1713.
(5) A9. Tro). XIII l: v. Syll.º 733 n. 4.
(6) IG. IIº 1714. Dow in « Hesperia » III (1934), p. 144 segg.
(7) V. CHAPoT in DAREMBERG-SAGLIo, Dict. des Ant. gr. et rom. IV 2,
p. 1509.
(8) P. GRAINDoR, Chronologie des archontes athémiens sous l'empire,
Bruxelles 1921, p. ll segg.
168 IL DOMINIO ROMANO IN GR) CIA

sua creatura tenne l'eponimato e, poiché la lista fu redatta o


prima o dopo la vittoria romana dell'86 (1), qualora essa vada
datata dopo, non può scindersi dal nuovo ambiente storico che
certo ha indotto a considerare privo d'arconte eponimo l'anno
in cui tale ufficio era occupato da un nemico di Roma. Rimane
dunque sempre la possibilità che a designare come vapytx
l'anno 88/7 abbiano contribuito i Romani rifiutandosi di rico
noscere un arconte del partito favorevole a Mitridate (2).
Pel giudizio intorno alle relazioni di Roma con Atene poco
prima della guerra mitridatica ha grave importanza un luogo
del discorso di Atenione riportato da Posidonio presso Ateneo (3).
Nella seconda metà dell'anno 89/8 (4) Atenione, filosofo peripa
tetico, di ritorno dall'ambasceria, cui era stato eletto dagli Ate
niesi, presso Mitridate, è accolto trionfalmente in città e rivolge
agli Ateniesi un'orazione magnificando le imprese di Mitridate
e provocandoli contro Roma. Fra l'altro egli incita : uì &véxeo 9o.
tig &vxpxtog, iv , 'Pouxtov ai f), tog èttaye9ivx tertotºpcev éog « Gv »
ocòtì, Soxtuxaſ tepì to; tog huxg toAttebeo 9x e ricorda i templi
chiusi, i ginnasi in squallida decadenza, il teatro privo di
assemblee, i tribunali senza voce, la Pnice tolta al popolo.
L'anarchia richiamata da Atenione non va confusa con l'ovo pxto
nell'epigrafe degli arconti IG. IIº 1713 dell'anno 88/7 succes
sivo a quello in cui Atenione tenne il suo discorso. Essa si riporta

(1) Le ragione addotta dal Dow in « Hesperia » III (1934), p. 146 per
collocare la lista prima della vittoria romana dell'86 che, se essa fosse stata
redatta dopo, probabilmente non sarebbe stato ricordato nessun arconte,
non regge ; si poteva infatti considerare mancante l'arconte eponimo dell'88/7
o perché esso solo era allora il vero nemico dichiarato di Roma e il primo
responsabile dell'atteggiamento antiromano di Atene o perché nel redigere la
lista il tralasciare soltanto l'arconte eponimo, che era il più importante, si
gnificava già di per sé la netta disapprovazione del governo di quel periodo.
(2) Cosi pensa FERGUsoN, Hell. Athens, p. 440 n. 1, p. 444 n. 1 ; contro
invece Dow, art. cit. -

(3) V 51 p. 213 D = FGrHist. II A, p. 246. Che Atenione e Aristione non


vadano nettamente distinti come due tiranni mi pare fuori dubbio in base
alla critica più recente, nonostante l'opinione contraria di BLOCH-CARcoPINO
in G. GLotz, Hist. anc. III 2, l Paris 1929, p. 417 n. 106 e di H. A. ORMERoD
in «Cambridge Ancient History » IX (1932), p. 244.
(4) FERGUsoN, Archons, p. 283.
GRECIA CENTRALE 169

al periodo di predominio oligarchico durante il quale il potere


fu in mano di una cricca di maggiorenti ; e Medeios proprio allora
era pel terzo anno arconte. Dalla frase riferita risulta che gli
Ateniesi inviarono varie missioni al senato romano, missioni che
rappresentavano gli interessi di diversi partiti contrastanti fra
loro. Il senato romano, implicato allora nella guerra sociale e
preoccupato del delinearsi della nuova lotta con Mitridate, non
vuole impegnarsi in controversie riguardanti la politica interna
di Atene e per questo soprassiede nelle deliberazioni. Tale con
dotta cauta del senato romano viene qui sfruttata da Atenione
per aizzare gli Ateniesi. In verità, mentre il partito oligarchico
conservatore, che teneva il potere, era spalleggiato indiretta
mente da Roma, contro Roma stavano le classi più basse oberate
di debiti. La situazione finanziaria di Atene in quel torno di
tempo andava aggravandosi ; così la Pitaide del 97 è meno
numerosa che quella del 105 appunto perché le risorse del tesoro
non erano più così abbondanti, e nella lista delle 3 topyat di
Delo le sottoscrizioni si fanno più rare a partire dal 100/99 (1).
Su codeste classi piene di debiti punta la politica di Mitridate,
e di esse si fa paladino Atenione. L'incertezza delle condizioni
politiche nell'89 trova inoltre conferma nel mancato invio della
Pitaide (2).
Atenione, nominato atpot Yòg étì tà 6t) o, tramutatosi in
tiranno, è scacciato poco dopo circa l'estate del medesimo
anno 88 (3), e a lui succede quale tiranno Aristione favorito dallo
stesso Mitridate (4). Il nome di 'Aptottov compare con quello
del re Mitridate in monete dell'87/6 (5). Il primo marzo dell'86

(1) DAUX, Delphes, p. 561.


(2) DAUX, op. cit., p. 562.
(3) PosID. in ATHEN. 213 f. 214 a-e. Prosop. Att. 239. WILAMowITz,
Athenion und Aristion in « Sitzungsber. der Berl. Akad. » 1923, p. 39 segg.
F. JAcoBY, FGrHist. II C, p. 184 segg. IG. IIº 1713.
(4) Prosop. Att. 1737 e le opere citate nella nota precedente. Cfr. anche
STRAB. IX 398.
(5) M. THoMPsoN in « Hesperia » X (1941), pp. 215 seg., 230 segg.
Sulla coppia 'Aptatiov-Dixoy datata di solito nell'88/7 ha sollevato dubbi
M. L. KAMBANIS, Sur le classement chronologique des monnaies d'Athènes,
in « Bull. Corr. Hell. » LVIII (1934), p. 127 segg. e con argomenti, che paiono
l 70 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

Atene, assediata l'anno precedente dai Romani, cadde in mano


di Silla; termina così la tirannia di Aristione durata poco meno
di due anni. Nell'elenco degli arconti, a noi pervenuto, ancora
per l'anno 87/6 viene menzionato di) v8 ng; si pensò (1) che
questo di A&v9 g fosse eletto allora per riempire la rimanente
parte dell'anno 87/6. Ma non vedo ragione per respingere l'altra
ipotesi che esso fosse arconte regolarmente dall'inizio dell'anno
attico 87/6 e che si sia salvato avendo abbandonato a tempo
Aristione e seguito i Romani. Anzi codesta ipotesi corrisponde
meglio a quanto si può dedurre dalla strana comparsa di un ano
nimo Iepop&vtſg come arconte eponimo nell'anno successivo,
l'86/5. Che con “Iepop&vtſg non si indichi un nome proprio pa
re sicuro (2). Si sa che sotto l'impero l'ierofante e i principali
dignitari d'Eleusi non venivano più designati col loro nome, ma
col titolo della loro carica (3); qui nell'86/5 la presenza dell'iero
fante quale arconte sta certo in relazione col momento storico,
e cioè con la caduta di Atene in mano di Silla (4), la cui simpatia
pei misteri eleusini è del resto confermata dalla sua iniziazione
avvenuta un poco dopo nel settembre dell'84 (5). Pertanto se
nell'anno 86/5 immediatamente posteriore alla caduta di Atene,
che spetta al marzo dell'anno attico antecedente, compare un
ierofante, ossia un arconte sui generis, ciò dipende dalla situa
zione in Atene sempre confusa ; e la mancanza dell'arconte rego
lare non si spiega se già prima nell'intervallo di tre mesi circa,
dalla caduta di Atene al termine dell'anno attico, si considera
eletto un arconte, mentre si spiega assai bene ammettendo che
l'arconte sia quello regolare rimasto in carica anche dopo il
Ima TZO.

L'interferenza decisa di Silla nelle cose interne di Atene,

decisivi, l'ha collocata alla fine del sec. II av. Cr. Già prima di lui peraltro
nello stesso senso si era espresso J. Svo RoNos; v. su ciò lo stesso KAM BANIS
in «Bull. Corr. Hell. » LIX (1935), p. 120 n. 1.
(1) DINsMooR, Archons, p. 283.
(2) Cfr. D INs MooR, l. c., con la bibliografia corrispondente.
(3) P. FoucART, Les mystères d'Eleusis, Paris 1914, p. 173.
(4) J. SUNDwALL in « Klio » IX (1909), p. 365.
(5) PLUT. Sulla 26. G. GIANNELLI, I Romani ad Eleusi, in «Atti Accad.
di Torino », L (1914-15), p. 131 seg.
GRECIA CENTRALE - 171

soprattutto nella costituzione, spicca chiara (1). Ma anche nei


possedimenti ateniesi all'estero Silla portò un mutamento radi
cale. Proprio allora Atene perde Salamina (2) e, pur conservando
l'amministrazione di Delo, non ne riscuote alcun tributo perché
i portoria forse allora introdotti da Silla devono essere pagati
a Roma (3). Secondo Appiano (4) Silla, già si disse, fissò leggi per
tutti i Greci (5) simili a quelle date loro in precedenza dai Romani.
Qui Appiano non si richiama a una costituzione stabilita dai
Romani per Atene nel 146/5, la quale non esiste, ma confondendo
la parte della Grecia a cui essi imposero la costituzione e l'al
tra che lasciarono nelle condizioni di prima, perché loro amica,
vuole riferirsi allo stato di cose che si era venuto determinando
in Atene verso la fine del II sec. e l'inizio del I e che aveva rag
giunto l'acme nell'arcontato per tre anni consecutivi di Medeios.
Bisogna dunque intendere secondo Appiano che Silla ha rimesso
in vita la costituzione di Atene anteriore alla tirannide di Ate
nione e Aristione con qualche modifica (3 0/oti). In Atene s'isti
tuirono anche le feste in onore di Silla (v. sotto), e il popolo fece
una dedica per lui (6). -

Fra le modifiche, cui accenna Appiano, compariva certo il


rinnovo della proibizione di occupare ripetutamente l'arcontato,
la quale era stata posta da parte, si è visto, ad opera di Argeios
e Medeios ; e può darsi che Appiano vi comprendesse anche,
avendo una poco chiara idea circa l'interno evolversi della costi
tuzione ateniese dal 145 al 90 av. Cr., l'incremento maggiore di
poteri da lui assegnato alla bule a danno dell'ecclesia, incremento
che in realtà si era già attuato prima lentamente culminando
nell'arcontato di Medeios.
Di siffatti nuovi poteri attribuiti alla bule è un indice l'iscri

(1) Riguardo alla coniazione ateniese interrotta, a quanto pare, momen


taneamente per l'occupazione della città da parte della milizia romana e riat
tivata nell'83 da Silla v. M. L. KAMBANIS, Classement chron. des monnaies
d'Athènes, in « Bull. Corr. Hell. » LXII (1938), p. 60 segg.
(2) GRAINDoR, Athènes sous Auguste, Le Caire 1927, p. 9 seg.
(3) V. p. 26 seg.
(4) Mithr. 39.
(5) V. p. 163 seg.
(6) IG. II? 4103.
1 72 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

zione IG. IIº 1039 (1). In essa gli onori al cosmeta e agli efebi
non sono decretati come nel II sec. e all'inizio del I sec. av. Cr.
dalla bule e dal popolo, ma solamente dalla bule, e le proclama
zioni delle corone non spettano più agli strateghi e al to utog
tòv atpxttotocòv, ma allo stratego (certo èti tà 6t).o) e al
l'araldo dell'Areopago ; inoltre il nome dello stratego étì tà
öt) o compare insieme con quello dell'arconte nel prescritto,
ed è lo stesso stratego ètì tà 6t) o che propone di lodare il
cosmeta e gli efebi ; e non sono più ricordati i sette magistrati
degli efebi che s'incontravano nelle iscrizioni precedenti. La no
stra epigrafe può essere datata con sicurezza poiché accenna al
sacrificio nelle 20)) eix (l.57), le feste istituite in Atene in onore
di Silla che durarono solo fino alla morte di lui nel 78; essa spetta
agli anni intorno all'80 av. Cr. (2). A chi ben guardi si delinea
netto il nuovo potere, sia della bule sia dell'Areopago, e insieme
la diminuita importanza dell'ecclesia, e soprattutto spicca l'au
torità dello stratego èti tà &t) o il quale è nominato addirit
tura dopo l'arconte. Ciò non vuol dire che sempre nei prescritti
accanto all'arconte eponimo si mettesse lo stratego èti tà 6tho ;
il solo arconte eponimo si trova in un decreto ateniese del 75/4
scoperto a Lemno (3) e in IG. IIº 1047 del 49/8. Tuttavia del
l'autorità di tale stratego si ha testimonianza pel 51 av. Cr. in
una lettera di Cicerone ad Attico (4): sed, cum Patro mecum
egisset, ut peterem a vestro Ariopago, touvnuxtouóv tollerent,
quem Polycharmo praetore fecerant etc., mentre dell'autorità
dell'Areopago fa fede ancora nel 45/4 Cicerone quando osserva
nel de natura deorum II 29, 74 : ut, si quis dicat, Atheniensium
rempublicam consilio regi, desit illud Areopagi, sic quum dicimus
providentia mundum administrari, deesse arbitror deorum.
Caratteristico dunque di codesta riforma è il trasferimento

(1) Accanto a codesta epigrafe non si può porre la IG. IIº 1030 sia perchè
a l. 39 l'epigrafe è frammentaria sia perché in essa compare il [taputo g töv
otpattcott pc(ov (l. 43 seg.) che non compare nell'altra in simile contesto.
(2) DINsMooR, Archons of Athens, p. 291.
(3) Da me pubblicato in « Annuario della R. Scuola Archeol. di Atene »
Vol. III-IV N. S., 1941-42., p. 84 segg. -

(4) V 11,6.
GRECIA CENTRALE 173

di incarichi prima dei generali e del toutag töv atpattootocòv


allo stratego è ti tà &txo e all'araldo dell'Areopago, e il con
seguente innalzamento di siffatto paio di ufficiali a capi ese
cutivi dello Stato ; inoltre aumentano l'importanza legislativa
della bule e il potere amministrativo dell'Areopago (1). Nei due
ufficiali ora a capo dello Stato si può ravvisare un riflesso del
consolato, e nell'Areopago un'imitazione del senato romano (2).
L'Areopago non vota uno psefisma come la bule dei seicento,
sibbene un memorandum, touvnuottosuóg (3), il quale peraltro
sembra fosse imperativo al pari del decreto del senato di
Roma. E proprio ora nei decreti in onore dei pritani non più
il popolo loda i pritani, e la bule gli ufficiali della bule e della
pritania, particolarmente il tesoriere dei pritani, ma solo la bule
onora il tesoriere dei pritani mentre il preambolo col nome del
proponente è omesso perché non si sente la necessità di una data
esatta e dei nomi di persone e assemblee responsabili, avendo il
popolo perduto la propria posizione ; codesti decreti postsillani
pei pritani formano il naturale preludio al periodo quando i
pritani lodano se stessi (4).
Ma se l'ecclesia diminuisce d'autorità rispetto alla bule e
all'Areopago, essa nondimeno collabora ancora con la bule nella

(1) FERGUsoN in « Klio » 1909, p. 325 segg. Il FERGUsoN, l. cit., n. 2


richiama le iscrizioni IG. II 490 e « Bull. Corr. Hell. » IV (1885), p. 543 ; ma
la prima epigrafe secondo lo IIILLER in IG. IIº 1054 non può essere più recente
del 100 av. Cr. e la seconda IG. XII 8, 26, cui il FERGUSON si riporta anche in
Hell. Athens, p. 455 n. 5 , mentre da S. REINACH veniva posta (« Bull. Corr.
IIell. » l. c.) nel II o I sec. av. Cr., è ora collocata da C. FREDRICH con mag
gior ragione in base ai caratteri epigrafici all'inizio del I sec. d. Cr. Le nuove
incombenze della bule oltreché dalla nota iscrizione IG. IIº 1039 risultano da
IG. IIº 1046 del 52/1, in cui la bule sola si occupa del restauro del sacello di
Esculapio, specie se si mette a confronto questa epigrafe con la simile del 165/4
av. Cr. IG. IIº 950, ove essa collabora strettamente con l'ecclesia ; e l'impor
tanza del consiglio dei seicento rispetto a quello dell'ecclesia spicca ora chiara
nel decreto ateniese rinvenuto a Lemno (v. n. 3 di p. 172). I nuovi poteri del
l'Areopago sono invece testimoniati da Cicerone nei due luoghi citati (cfr.
FERGUsoN in « Klio » 1909, p. 325 seg.).
(2) FERGUsoN, Hell. Athens., p. 455 segg.
(3) Crc. ad Att. V 11 ; ad famil. XIII 1, 5. Syll.º 796 B. « Hesperia » III
(1934), p. 72 n. 68. IG. IIº 4091.
(4) Dow, Prytanies, pp. 6.25 seg.
174 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

formulazione di decreti secondo un dogma del 49/8 (1) il quale,


pur essendo frammentario, conserva parte della formula [éòogev rit
300Xil cod to Shluo e a l.10 si può supplire con sicurezza
èxxxmoto xopix]; inoltre nel 75/4 il touixg töv otpottotocòv de
ve render conto al popolo intorno ai denari sacri da lui
impiegati per l'iscrizione e l'erezione di una stele onoraria (2).
E come continua ad esistere il toutag töv atpottotixöv (3) e
ad essere incaricato anche dell'erezione di stele non diversa
mente dagli anni prima della riforma sillana, così continuano
ad esistere gli strateghi che vengono nominati nella stessa epi
grafe IG. IIº 1039 (1.51), in cui compare per la prima volta il
posto importante occupato ora dallo stratego ètì tà 5t) o ; il
che mise in risalto giustamente il Ferguson (4) contro negazioni
precedenti. -

Già per l'espressione di Cicerone riportata del de natura


deorum scritto nel 45/4, poiché non si può pensare che l'oratore
qui si riferisca non alla situazione presente, ma a quella di alcuni
anni innanzi, se si considerano le strette relazioni di Atene e
Roma e l'interesse che Cicerone ha sempre dimostrato alle cose
di Grecia, cade la tesi (5) che Cesare nel 48 dopo la battaglia
di Farsalo modificò da aristocratica in democratica la costitu
zione di Atene la quale aveva preso le parti di Pompeo. Sappiamo
infatti solo che Cesare dopo Farsalo perdonò agli Ateniesi per la
fama dei loro avi (6), e per questo una riforma costituzionale
di Atene in senso democratico durante quell'anno riuscirebbe
difficilmente comprensibile. Inoltre due epigrafi in onore del
cosmeta e degli efebi IG. IIº 1041, 1042, datata la seconda con
sicurezza nel 40/39 in base all'arconte Nicandro quando il cosmeta
e gli efebi erano in attività di servizio, e il cui testo si riferisce

(1) IG. IIº 1047.


(2) V. «Ann. R. Scuola Arch. di Atene » 1941-42, p. 84 segg.
(3) IG. IIº 1053 1. 10. 1756.
(4) « Klio » 1909, p. 327.
(5) V. il commento all'epigrafe IG. IIº 1039 basato sullo studio di
VV. KoLBE, Die attischen Archonten von 393/2-31/0 v. Chr. in «Abhandl. der
esell. der Wiss. zu Göttingen », Ph. - Hist. Klasse, N. F. X, 4 (1908), p. 148 seg.
Cfr. inoltre GRAINDOR, Athènes sous Auguste, p. 95.
(6) APP. b. c. II 88. -
GRECIA CENTRALE 175

all'anno precedente il 41/0 (1), presentano un carattere diverso


da quello dell'epigrafe esaminata sopra dell'80 circa. Vi compare
insieme con la bule l'ecclesia come nei decreti del II e degli inizi
del I sec. av. Cr., e come in questi non più lo stratego e l'araldo
dell'Areopago, ma gli strateghi e i touto, tov otpottotocòv sono
incaricati della proclamazione della corona ; vi si incontrano di
nuovo i maestri degli efebi, anche se in numero di quattro mi
nore di quello canonico di sette. Pertanto codeste epigrafi testi
moniano con certezza un mutamento nella costituzione in senso
democratico. La data indubbia di una di esse, il 41 /0, esclude la
congettura del Ferguson che considerava periodo democratico
quello all'incirca fra il 70 e il 53 av. Cr., limiti cronologici dei
quali egli stesso avvertiva l'arbitrarietà (2). E non rimane che
datare il passaggio dal regime oligarchico al democratico negli
anni fra il 45/4 (testimonianza di Cicerone) e il 40/39 (IG.
IIº 1042).
Nel 44 circa il settembre M. Giunio Bruto, l'uccisore di
Cesare, giunge in Atene dove s'incontra con Cassio. La città pre
para grandi accoglienze e innalza le statue di Bruto e Cassio
presso quelle dei tirannicidi Armodio e Aristogitone (3). Proprio
allora la bule dell'Areopago, la bule dei seicento e il popolo di
Atene onorano M. Claudio Marcello, figlio di Marco, console del
51 av. Cr. e strenuo avversario di Cesare, ucciso al Pireo nel 45
mentre era di ritorno da Mitilene, e con lui onorano sua mo
glie (4), e proprio allora è da porre, io credo, il mutamento
costituzionale giusta gli ideali che animavano Bruto e Cassio
nella lotta contro Cesare, la restaurazione della democrazia
repubblicana. Per questo l'arconte dell'altra epigrafe efebica
di carattere democratico IG. IIº 1041 Polycharmos non può
collocarsi nel 45/4 come propone dubitativamente il Dinsmoor
(5), ma o nel 44/3 o, con maggiore probabilità, nel 43/2, e il

(1) DINsMooR, Archons, p. 284 seg.


(2) Researches in Athenian and Delian Documents. III in « Klio » IX
(1909), p. 323 segg.
(3) CAss. DIo XLVII 20, 4. M. GELzER in PAULY-WIssowA « Real
Encycl. » X, col. 999.
(4) IG. IIº 4111.
(5) Archons of Athens, p. 292.
176 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

decreto essendo votato sotto l'arconte successivo spetta al 43/2


o al 42/1. -

Bisogna tuttavia non considerare in astratto codesto muta


mento, come il precedente di Silla e quelli posteriori, quasiché
rappresentassero dei veri capovolgimenti costituzionali in un
senso o nell'altro. Si è già visto che nell'ordinamento oligarchico
di Silla permangono i magistrati anteriori e l'ecclesia collabora
anche con la bule nella redazione di decreti, così ora col nuovo
indirizzo democratico non è a credere che la bule perdesse tutti
i suoi diritti. Si tratta solo di trasferimento di alcuni poteri da
un organo all'altro secondo la tendenza oligarchica o democra
tica predominante in quel dato momento ; ma la tendenza demo
cratica nelle condizioni vigenti allora in Grecia non avrebbe
potuto mai estrinsecarsi a pieno sulla scia della tradizione locale,
trovandosi dietro a ogni città della Grecia Roma. E questo spiega
perché M. Antonio non abbia trasformato subito dopo Farsalo
la costituzione ateniese, come si vedrà.
Di solito (1) si considera insieme con le due epigrafi efe
biche studiate (2) una terza del tutto simile (3) che ha per ar
conte Apolexis. Peraltro codesto arconte viene ora (4) assegnato
all'anno 20/19 e, dunque, il decreto che è dell'anno successivo
va collocato nel 19/8. In vero un indizio, che differenzia tale
decreto dai due precedenti, si ha nell'esservi elencati più di quat
tro maestri degli efebi (1.40), i quali invece compaiono con nu
mero fisso, si osservò, negli altri due decreti: indizio non di mag
giore arcaicità come fu sostenuto (5), ma di recenzionità, riflet
tendo la temperie spirituale sorta dalle riforme di Augusto.
Un'epigrafe (6) contenente quattro decreti, il primo per le
cerimonie sacre fatte dal cosmeta e dagli efebi (1.1-16), il secondo
per gli onori del cosmeta (l. 16-40), il terzo per gli onori degli
efebi e dei maestri (1.40-60), il quarto per gli onori di un efebo

(1) FERGUsoN, art. cit. IG. IIº 1040. KAHRsTEDT, Unters., p. 195.
(2) IG. IIº, 1041. 1042.
(3) IG. IIº 1040.
(4) DINsMooR, Archons of Athens, p. 286.293.
(5) Cfr. la didascalia di IG. IIº 1039.
(6) IG. IIº 1043. Il KAHRsTEDT, op. cit., p. 195 mi pare non avverta la
peculiarità di questa epigrafe.
i RECIA CENTRALE - 177

che ha sovvenzionato l'incisione e l'esposizione dei vari de


creti e degli elenchi degli efebi (l. 60-74), ritrae una nuova co
stituzione di atteggiamento oligarchico simile a quella di Silla
che si protrasse fino alla riforma di Bruto e Cassio. Difatti la
bule agisce di nuovo da sola senza la partecipazione dell'eccle
sia e di nuovo lo stratego e l'araldo dell'Areopago, e non più
gli strateghi e i toutot tòv atpottotixõov, s'incaricano della
proclamazione della corona. Quando avvenne questo muta
mento ? L'arconte Menandro sotto cui il cosmeta e gli efebi
erano in attività di servizio spetta al 38/7 (1), mentre all'anno
seguente 37/6 deve risalire l'arconte Callicratide sotto cui si
votano i decreti. Dunque fra il 40/39 (decreto efebico di carat
tere democratico IG. IIº 1042) e il 38/7 (decreti efebici di carat
tere oligarchico IG. II º 1043) va posto codesto mutamento. -

Dopo la battaglia di Farsalo M. Antonio si comporta be


nevolmente con Atene sì che viene designato pt) o 8 votog (2),
dona ad Atene le isole di Egina, Ico, Ceo, Sciato, Pepareto (3)
e la città di Eretria in Eubea (4) e lascia inalterata la costitu
zione democratica istituita pochi anni innanzi all'arrivo in Atene
dei Cesaricidi. Gli Ateniesi peraltro, se tennero fede al loro ordi
namento democratico meglio rispondente alle proprie avite tra
dizioni, fecero abradere, prima che Antonio entrasse in città,
per quel che pare, dall'epigrafe onoraria il nome di M. Claudio
Marcello, lo strenuo avversario di Cesare, mentre lasciarono
intatto nella stessa epigrafe, quello della moglie di lui Calvisia
Flaccilla per le buone relazioni dei Calvisi Sabini con Cesare (5);
e certo distrussero allora le statue di Bruto e Cassio.

(1) D INsMooR, op. cit., p. 284 segg.


(2) PLUT. Ant. 23.
(3) APP. V 7.
(4) CAss. DIo LIV 7,2.
(5) Questa tesi è sostenuta da Oscar BRoNEER in «Am. Journal of Arch. »
XXXVI (1932), p. 393 segg. Sussistono peraltro contro di essa alcune diffi
coltà. Nella linea seconda dell'epigrafe fra il 2 e il è rimasti nonostante la
abrasione, lo spazio è, come avverte lo stesso BRONEER, maggiore di quello
richiesto dalle tre lettere Axo di K[xx)]òſtojv ; inoltre manca nella ricostitu
zione accolta il prenome di Claudio Marcello. Dopo il X nella fotografia
(tav. XIII) par di cogliere un segno che difficilmente potrebbe essere parte
178 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

Concluso il trattato del Miseno nel 39 in cui l'Acaia è pro


messa a Sesto Pompeo, il quale però non l'ottiene di fatto mai,
durante l'autunno M. Antonio con la moglie Ottavia ritorna
dall'Italia in Atene per passarvi l'inverno. Del loro soggiorno
in questa città abbiamo un espressivo racconto in Appiano
b. civ. V 76, 322 e segg. (1) per cui M. Antonio durante l'inverno
si vestì e si comportò nei conviti e nei giuochi atticamente,
Afyovrog èè toi xetuſovog dootep étépo Yevouévo, i re èo 9ìg x59tg xxi
gerà tig èa 9ito: i 5 tg èvm)) aaeto, xxi tMiºog fiv &upì tàg 90px;
ocòtixx amuetov te xxì i feuòvo.v xxi èopo pópov xxì pó300 tavto ueotà
xxì xxtxtNhgeog; si dà anche a vessare le città della Grecia
perché esse passassero depauperate a Sesto (2) e, quando gli
Ateniesi gli offrono come sposa Atena, accoglie l'offerta esigendo
in dote 1000 talenti (3). E se nella primavera del 38, secondo
Appiano, Antonio cambia l'atteggiamento benevolo verso Atene
dimostrato in svariate contingenze, proprio allora, io credo, egli
muta la costituzione della città da democratica in oligarchica ;
può darsi che non abbia agito direttamente, certo a ogni modo
indirettamente mercé persone fidate conscie che la nuova ri
forma riusciva gradita a chi stava per ripetere le angherie di
un Silla. Perciò si può ritenere sicuro che il mutamento costitu
zionale, da considerarsi con le limitazioni avvertite sopra, è av
venuto durante l'anno attico 39/8.
Dalla terza epigrafe efebica IG. IIº 1040 di carattere demo
cratico, e cioè simile a quello che rivelano le altre due epigrafi
efebiche a noi note (4), databile, si è visto, nel 19/8, risulta un
nuovo mutamento della costituzione ateniese da oligarchica
in democratica. Questo mutamento viene anche testimoniato
dal decreto in onore di C. Giulio Nicanore IG. IIº 1069 e 1071
che nomina un Xiego otòg Koioxp il quale non può essere se non
Augusto ; in esso si fa menzione dell'éxxxmoto e a l.4 (1071) si

della lettera 7. Tuttavia, anche con tale difficoltà, la spiegazione del BRONEER
resta per ora la migliore.
(1) V. anche PLUT. Ant. 33. 60. VELL. II 82.
(2) CAss. DIo. XLVIII 39.
(3) SENECA suas. I 6. ATHEN. IV 148 B. C.
(4) IG. II° 1041. 1042.
GRECIA CENTRALE 179

supplisce con sicurezza tplôtepov è ptooto. Qui sembra che


l'assemblea popolare abbia ratificato una decisione dell'Areo
pago e della bule o almeno seguito il loro esempio votando an
ch'essa degli onori per Giulio Nicanore. Inoltre la maggior parte
delle dediche a noi pervenute del tempo di Augusto sono in nome
del Siuog (1) e non dell'Areopago e del consiglio o dell'Areopago,
del consiglio e del popolo come saranno in seguito (2).
Subito dopo Azio Ottaviano andò in Atene per farsi iniziare
ai misteri d'Eleusi ma, rifiutando di soggiornarvi, dimorò in
Egina ove trascorse una parte dell'inverno (3); tuttavia il suo
risentimento verso Atene che aveva favorito Antonio non durò
a lungo se personaggi del suo seguito immediato, come M. Artorio
Asclepiade (4), poterono poco dopo Azio dar prova di grande
benevolenza verso quella città e se in Delo il popolo degli Ate
niesi e gli abitanti dell'isola elevarono una statua ad Ottaviano
certo prima del 27 av. Cr. (5). Poco dopo Azio dunque è proba
bile che Ottaviano richiamasse in vita la costituzione democra
tica per distanziarsi sempre più da Antonio e insieme dar prova
di liberalità in ciò che del resto non ledeva in alcun modo il potere
romano di fronte a quella che era l'erede spirituale di tutta la
Grecia e costituiva sempre un simbolo cui non pochi Romani
volgevano lo sguardo con simpatia e fra essi il nuovo principe.
Stando così le cose, la notizia di Cassio Dione (6), secondo la quale
Augusto dopo Azio tolse alle assemblee del popolo i loro poteri,
è errata, almeno per Atene. In vero Cassio Dione parla generica
mente delle poleis della Grecia, e forse in maniera imprecisa at
tribuisce ad Ottaviano quello che fu il resultato d'una lenta evo
luzione costituzionale attuatasi in tempi diversi nelle varie città
della Grecia, e che era compiuta quando egli scriveva. Sotto l'im

(1) IG. IIº 3173. 3175. 3179. 3227. 3244-3246. 3248-3251. 3253-3256.
3430. 3432. 3433. 3440-3443 ecc.
(2) GRAINDOR, Athènes sous Auguste, p. 10 I segg. di cui il cap. V p. 95 segg.
è fondamentale per le istituzioni politiche di Atene in quegli anni.
(3) GRAINDOR, op. cit., p. 17 segg.
(4) Si veda l'iscrizione in suo onore in IG. IIº 4116 e la dedica che egli la
in Delo, Inscr. de Délos IV 1589.
(5) Inscr. de Délos IV 1588.
(6) LI 2, l.
180 - IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

pero i semplici cittadini hanno perduto di fatto il diritto di pre


sentare e difendere proposte di leggi o di decreti dinanzi all'ec
clesia, diritto che passò ai magistrati (1). Tale mutamento in
Beozia forse risale all'organizzazione romana dopo il 146 (2),
per contro in Atene esso ha un accenno, sporadico, all'epoca di
Silla (3), e ci è noto con sicurezza in un decreto del 116/7 d. Cr. (4),
in un altro del 209/10 (5), in un terzo di circa il 220 (6). Come la
riforma delle costituzioni nelle città dell'Asia Minore non si attuò
di colpo, ma a poco a poco in luoghi diversi e in tempi diversi,
poiché i Romani cercarono di trasformare e sopprimere le isti
tuzioni ellenistiche gradatamente senza un regolamento improv
viso e generale (7), così avvenne nelle città della Grecia; e non
vi è alcuna ragione per attribuire ad Augusto, almeno negli anni
subito dopo Azio, la diminuzione di diritti dell'ecclesia.
Del pari Cassio Dione è impreciso quando insieme con gli
avvenimenti del 21 av. Cr. ricorda il castigo inflitto da Augusto
agli Ateniesi, togliendo loro Egina ed Eretria e vietando di ven
dere il diritto di cittadinanza (8). Siffatti provvedimenti di Ot
taviano sono certo più antichi e risalgono al periodo subito dopo
Azio ; qui Dione Cassio modifica la cronologia spinto dal desi
derio di contrapporre alla severità dell'imperatore verso gli Ate
niesi le ricompense accordate agli Spartani proprio nel 21 (9).
Tuttavia si è pensato (10) che in questo stesso periodo la
bule godesse diritti che prima non possedeva poiché essa decreta
onori a Romani secondo quattro testi (11), i quali sarebbero tanto

(1) H. Swo BoloA, Die griech. Volksbeschlüsse, Leipzig 1890, p. 178 segg.
SCHULTEss in PAULY-WIssowA « Real-Encycl. » VII col. 1494, III S. col. 793.
(2) P. 196. -

(3) IG. IIº 1039.


(4) IG. II? 1072.
(5) IG. IIº 1077.
(6) IG. II? 1078.
(7) SCHULTEss in PAULY-WIssowA « Real-Encycl. » VII col. 1493.
(8) LIV 7. V. anche il commento dello H ILLER voN GAERTRINGEN a
IG. IIº 1043 e in questo lavoro p. 239 n. 1.
(9) V. GARDTHAUSEN, Augustus und seine Zeit II, Leipzig 1896, p. 466.
GRAIN DoR, Ath. sous Auguste, p. 18. -

(10) GRAINDoR , op. cit., p. 77.


(11) IG. IIº 4139. 4141-4143.
GRECIA CENTRALE 181

più importanti quanto più apparirebbero isolati di fronte agli


altri con cui la bule decreta onori a quei suoi membri o funzio
nari o a quei personaggi che hanno già ricevuto ricompense od
onori dai poteri competenti come l'assemblea, e codesti diritti
della bule sarebbero tramontati presto non trovandosene più
traccia sotto l'impero (1). Ma codesto accrescimento di poteri
del consiglio negli anni durante i quali l'ecclesia acquistò alcuni
diritti perduti con M. Antonio, accrescimento che non si avverte
più sotto l'impero, è estremamente dubbio. In verità del mede
simo M. Lollio, in cui onore la bule faceva una di quelle dediche (2)
ritenute straordinarie, esiste ora una seconda dedica da parte,
per quel che pare, del popolo ateniese (3). In questo caso è evi
dente che il consiglio onora solo chi era già stato onorato dal
popolo giusta l'uso costante; e però la nostra epigrafe e con essa
le altre, se vanno tutte datate, il che non è sicuro, durante lo
stesso periodo, rientrano nella regolare costituzione ateniese.
Ma se la bule non ha avuto accresciuti i poteri, anzi se ne perse
alcuni, ne conservò tuttavia altri onde o sotto Augusto o poco
dopo essa da sola, senza la partecipazione del popolo, vota rego
larmente un decreto per gli onori a un tesoriere dei pritani di
una tribù e degli xetotto che le si erano rivolti (4).
Quali fossero i poteri dell'Areopago sotto Augusto ci è ignoto.
Si è già visto che l'assemblea popolare sembra ratificare una deli
berazione dell'Areopago e della bule intorno agli onori di Nica
nore o almeno seguire il loro esempio nel votare per proprio conto
quegli onori. Invece verso la metà del I sec. d. Cr. nell'onorare
Lampria il decreto del senato e del popolo precede quello del
l'Areopago, ed è l'otogvogxtto uóg dell'Areopago che ha dato la
sua forma definitiva alla deliberazione del popolo (5). Ma sotto
Augusto l'Areopago, come già prima (6) e più dopo, può decre

(1) GRAINDOR, op. cit., p. 77 seg.


(2) IG. IIº 4139.
(3) IG. IIº 4140.
(4) IG. IIº 1070. H. FRANcoTTE, Mélanges de droit public grec, Liège 1910
p. 116.
(5) IG. IV° 82-84 = Syll.º 796. GRAINDoR, op. cit., p. 105.
(6) V. per esempio IG. IIº 4104. 4111. 4113.

13.
182 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

tare onori a stranieri (1) o ad Ateniesi, magistrati (2) o semplici


particolari (3), sia da solo (4) sia col consiglio e il popolo (5) o
semplicemente col popolo (6); esso continua ad esercitare il diritto
di sorveglianza sui costumi (7) e forse interviene nelle controver
sie per terreni o territori (8). Dunque anche la riforma in senso
democratico di Augusto conferma quanto si era osservato sulle
riforme precedenti e cioè che non si tratta di un capovolgimento
della costituzione, ma soltanto del trasferimento di alcuni poteri
da un organo all'altro, in questo caso dalla bule all'ecclesia. Così
sotto Augusto perdurò ed ebbe importanza lo atpot Yòg è tì tà
6tho (9) come sotto M. Antonio, anche se non più egli e l'araldo
dell'Areopago, ma gli strateghi e i topixt tov atpottotocóv sono
incaricati della proclamazione della corona.
Dunque dopo il 146 Atene conservò come prima la propria
indipendenza e la propria immunità, né Silla alterò codesto stato
di cose giusta quanto si deduce da Appiano. Delle buone relazioni
fra Atene e Roma durante il I sec. fanno testimonianza le nume
rose epigrafi in onore di personaggi romani (10). E la frase di Cice
rone in Pison. 16, 37, quando egli si scaglia contro la legge del 58
per mezzo della quale si assegnò a L. Calpurnio Pisone Cesonino
non solo la Macedonia, ma tutta la Grecia: omnis erat tibi (scil.
Pisoni) Achaia, Thessalia, Athenae, cuncta Graecia addicta, par
rivelare che allora le città della Tessaglia e Atene erano in condi
zioni migliori della restante parte della Grecia.
Dopo Farsalo Cesare dà la libertà, si vide, ai Tessali e per
dona agli Ateniesi in virtù della fama dei loro antenati. Che cosa
significhi di fatto codesta libertà concessa ai Tessali è incerto;

(1) IG. IIº 3431. 4124. 4128.


(2) IG. II° 3500. 3501.
(3) IG. II° 3906.
(4) IG. IIº 3431. 3906. 4124. 4128.
(5) IG. IIº 3500. 3501. 4111. 4126.
(6) IG. IIº 4171. 3446 (in onore del popolo delfico).
(7) IG. II? 3906.
(8) GRAINDOR, op. cit., p. 105 segg.
(9) V. per esempio IG. IIº 3173. 3175. Sulle attribuzioni dei vari magi
strati GRAINDoR, op. cit., p. 109 segg.
(10) IG. IIº 4104-4109.
GRECIA CENTRALE 183

forse Cesare ha condonato il tributo loro imposto da Silla (1).


È certo invece che Atene anche dopo Silla rimase civitas foede
rata ; nelle epigrafi efebiche a noi note si parla sempre di pi) ot
xoſì a guxxo (2); essa dunque non pagò mai tributo. Peraltro
allora il concetto di foedus veniva esautorandosi e la sovranità
e la libertà, di cui godeva Atene per diritto, era di fatto vulnerata
di mano in mano più profondamente. Con le guerre civili la
civitas foederata, pur non pagando tributo, segue la sorte del
restante della Grecia ; e Atene, dove soggiorna a lungo M. Antonio
cui apparteneva ora la provincia, fa addirittura una dedica in
onore di L. Marcio Censorino, luogotenente di quello per l'Acaia
e la Macedonia (3).
Accanto ai mutamenti politico-costituzionali di Atene in
stretta relazione con le vicende di Roma interessa seguire gli
ampliamenti o le diminuzioni del suo territorio. Atene possedeva
sotto Augusto il territorio di Aliarto in Beozia attribuitole dai
Romani dopo la distruzione della città in seguito alla guerra
contro Perseo (4); possedeva inoltre Delo (5), Imbro, Lemno,
Sciro avute nel 166 nello stesso momento di Aliarto (6). Quando
Atene è assediata da Silla (87/6) Imbro batte, pare, moneta pro
pria (7); nel 58 av. Cr. Delo mercé la legge Gabinia-Calpurnia (8)
ottiene l'esenzione da imposte al pari delle isole vicine, specie
Renea, ma non è staccata da Atene sotto la cui amministrazione
continua a rimanere (9) come sotto Atene essa era stata lasciata
da Silla dopo la sua vittoria su Mitridate (10). In che cosa consi

(1) P. 224 seg.


(2) V. anche TAC. ann. II 53 : foederi sociae et vetustae urbis.
(3) IG. IIº 4113. -

(4) LIv. XLII 63. PoLYB. XXX 20,9. STRAB. IX p. 41 1. IG. VII 2850.
Sulle questioni attinenti ad Aliarto GRAINDOR, Athènes sous Auguste, p. 2 seg.
(5) Su Delo e Atene cfr. anche W. H. LAIDLAw, A History of Delos,
Oxford 1933, p. 132 segg. -

(6) Polve. XXX 20. VITRUv. VII 7,2. V. p. 239 con n. 7.


(7) P. 240 con n. 4.
(8) Inser de Délos IV n. 1511.
(9) STRAB. X 486. Nelle dediche posteriori al 58 gli abitanti dell'isola
agiscono quasi sempre col concorso del popolo ateniese, Atene vi continua
a inviare un epimeleta. P. RoUssEL, Délos colonie athémienne, Paris 1916, p. 115.
(10) RoUssEL, op. cit., p. 329.
184 -IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

stano i vectigalia di cui fa parola la lea Gabinia-Calpurnia s'ignora ;


difficilmente sono i tributi fondiari (1) se si considera la piccolezza
e l'infertilità dell'isola, piuttosto vanno identificati coi portoria.
È vero che Delo dal 167/6 è portofranco (2), e con questa condi
zione privilegiata si spiega il rapido fiorire del suo commercio
a danno specialmente di Rodi, ma dopo la guerra mitridatica
l'isola non ritorna più all'antica prosperità, e se in ciò ha influito
la concorrenza dei porti italiani, in particolare di Pozzuoli, e lo
stabilirsi di relazioni dirette fra l'Oriente e l'Italia, una delle
cause precipue dev'essere l'introduzione del portorium ad opera
forse di Silla, portorium la cui locatio ancora nel 58 avveniva in
Delo secondo quanto si può dedurre dal testo mutilo della nostra
legge, mentre un senatoconsulto del 75 aveva autorizzato la
locatio a Roma delle decime di Sicilia. In tal modo Silla, se la
sciava ad Atene Delo, in realtà per mezzo dell'esazione dei vecti
galia se ne serviva a profitto di Roma. La nostra legge promul
gata dai due consoli del 58, l'uno dei quali L. Calpurnio Pisone
ebbe assegnato per gli anni seguenti il governo della Macedonia
e di tutta la Grecia (3), messa in relazione coi provvedimenti
presi per azione di Clodio, che smantellavano quanto rimaneva
del passato, specie con l'ampio potere dato allora per la prima
volta al governatore della Macedonia, rivela il tentativo da parte
di Roma, nel momento stesso in cui si intaccava profondamente
la libertà della Grecia, di creare una temperie favorevole mediante
l'elargizione della immunità a quello che era sempre uno dei
centri religiosi più importanti, Delo. Difatti il senato e il popolo

(1) V. contra E. CU Q, L'inscription bilingue de Délos de l'an 58 av. J.-C.,


in « Bull. Corr. Hell. » XLVI (1922), p. 207 segg. Del resto su questa epigrafe
oltre all'articolo del CU Q, p. 198 segg., cfr. ABBoTT-JoHNsoN, Municipal Admi
nistration in the Roman Empire, Princeton 1926, p. 284 segg. Il supplemento
proposto dal CU Q a 1.23 custodia publicei fr(umenti), accolto da ABBott
JoHNsoN, va messo da parte dopo la lettura migliore di Inscr. de Délos, IV
n. 15 ll : custodia publica fe..... e con ciò va messa da parte quella tassa per la
custodia del grano pubblico che il CUQ aveva creduto di poter stabilire (p. 208),
che peraltro era del tutto sconosciuta in altri documenti. Le ultime righe del
testo latino sono troppo frammentarie per tentare una interpretazione sicura.
(2) RoUssEL, op. cit., p. 14.
(3) V. p. 104 seg.
GRECIA CENTRALE 185

procurano di mettere in risalto dinanzi agli occhi degli abitanti


dell'isola i vantaggi che essi trarranno dai loro rapporti con
Roma, cioè la restaurazione dei loro templi, l'appoggio del gover
natore di Macedonia per ricuperare i beni loro tolti.
Pertanto nel periodo dopo la guerra mitridatica e prima del 58
Delo avrebbe pagato i portoria a Roma, pur dipendendo da Atene;
parimente Lemno dipendeva da Atene, ma i vectigalia dell'isola
Atheniensibus senatus populusque Romanus concessit fruenda (1).
S'ignora a quando si riferisca questa notizia. Essa ad ogni modo
in relazione con un'isola in possesso di Atene significa che di
solito i vectigalia non venivano pagati alla città sovrana, in questo
caso Atene, sì a Roma, e conferma quel che si dedusse dalla lea
Gabinia-Calpurnia (2). -

M. Antonio cedette ad Atene subito dopo la vittoria di Filippi


del 42 Egina, Ico, Ceo, Sciato, Pepareto ed Eretria. Ma Egina ed
Eretria le furono tolte da Augusto. Con Silla, a quanto sembra,
gli Ateniesi perdono l'isola di Salamina e la riottengono solo
sotto Augusto come dono del loro ricco cittadino C. Giulio Nica
nore che l'aveva comprata (3). Atene possedeva tutta l'Attica
e anche Oropo.
Oropo secondo alcuni (4) sarebbe stata data agli Ateniesi
da M. Antonio; peraltro Appiano (5) non enumera Oropo fra
i territori concessi dal triumviro, e in una lista efebica (6) datata
in base all'arconte Callicratide, forse del 37/6 (7), fra gli stranieri
è recensito un oropio. Pausania (8) e con ogni probabilità Stra

(1) VITR. VII 7.


(2) Di solito (CU Q, ABBOTT-JoHNsoN) per dimostrare che la località attri
buita qualche volta dipende dalla città sovrana e da Roma si ricordano gli
esempi dei Lici sottoposti a Roma e a Rodi (LIv. XLI 6) e dei Cauni sottoposti
del pari a Roma e a Rodi (DIo CHRYs. or. 31, 125. CIC. ad fam. XIII, 56). Ma
codesti esempi non sono del tutto sicuri, perché le espressioni dei testi o sono
poco chiare o nascondono qualche imprecisione dello scrittore.
(3) GRAINDOR, op. cit., p. 9 seg.
(4) U. KoEHLER in «Ath. Mitth. » IV (1879), p. 260. F. DURRBACH,
De Oropo et Amphiarai sacro, Parisiis 1890, p. 75.
(5) B. c. V 7.
(6) IG. IIº 1043 col. III, 1. 117.
(7) DINsMooR, Archons of Ath., p. 284 seg.
(8) I 24, l. VII 11, 4.
186 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

bone (1) considerano Oropo ateniese ; è verisimile dunque che


essa passasse ad Atene sotto Augusto (2). Il senatoconsulto circa
il dissidio sorto fra gli Oropi e i pubblicani, spettante al 73 av.
Cr. (3), attesta (1.43 segg.) che Silla concesse al tempio di Anfiarao
un territorio di 1000 piedi attorno ad esso, il quale diveniva perciò
sacro e immunis ; inoltre assegnò pei ludi e i sacrifici in onore di
quel dio tutti i redditi della città, del territorio e dei porti degli
Oropi, redditi che avrebbero dovuto competere allo Stato romano.
Da codeste tasse vengono esclusi i campi di Ermodoro, figlio di
Olimpico, sacerdote di Anfiarao perché rimasto Stà téXoog èv ti
pixta del popolo romano e però, com'è noto, libero da ogni
balzello. Questo stesso prova che altri Oropi non erano sempre
rimasti in buone relazioni coi Romani, vale a dire che si distac
carono da essi, evidentemente durante la guerra mitridatica.
Tali provvedimenti di Silla risalgono all'86 av. Cr. e furono
confermati con un senato consulto nell'80 (l.52 segg.). Dunque
nell'86 av. Cr. Oropo divenne città stipendiaria in castigo della
sua alleanza con Mitridate, e la deliberazione di Silla che rientra
nel quadro più ampio delle deliberazioni da lui prese a profitto
di templi come asserisce il nostro stesso senatoconsulto (l.48 segg.):
èxtóg re rootov 3 Aextoz Kooyº) tog X)).zz xòroxp&top &tò aoygoo).too
Yvourg 9eöv 39xvitov iepóv teuevòv te po).xxig évezev xoptt ea 9x.
èòoxev (e qui va compreso anche il tempio di Trofonio in Le
badea), è ben spiegabile in base alla Setatòxtuovix caratteristica di
quel condottiero. Tale senatoconsulto riportando parte della lea
locationis ricorda le immunità concesse a templi (l.35 segg.) di
stinte da quelle elargite da Silla ; ma prima dell'86 il santuario
di Anfiarao doveva essere immunis come immunis era la città di
Oropo.
Pochi anni innanzi al 146 Oropo fu in contrasto grave con
Atene, che voleva tenerla soggetta ; essa si rivolse da prima ai
Romani i quali peraltro si astennero dall'intervenire direttamente

(1) IX, p. 399.


(2) GRAINIooR, op. cit., p. 2. Incerto fra M. Antonio e Augusto rimane
J. ScHMIDT in PAULY-WIssowA «Real-Encycl. » XVIII col. 1174.
(3) RIcco BoNo, Fontes iuris Romani anteiustinianiº, Florentiae 1941,
p. 260 segg.
e
GRECIA CENTRALE 187

nella contesa e condonarono anche parte della multa imposta


agli Ateniesi dai Sicioni cui avevano rimesso l'arbitrato fra Ate
niesi e Oropi (1). In seguito per nuovi dissensi Oropo non ricorre
più ai Romani, ma agli Achei, e ci è conservato un decreto del
popolo degli Oropi (2) ove si onora un acheo per la cui opera so
prattutto gli Oropi poterono ritornare coi figli e le mogli nella
loro patria e tenerla libera (3). Nella guerra achea scoppiata poco
dopo Atene rimase neutrale; di Oropo non si hanno notizie, ma
sul dissenso con Atene e le buone relazioni con gli Achei deve aver
vinto il malanimo verso i Beoti da cui gli Oropi vedevano sempre
minacciata la loro indipendenza ed Oropo come Atene restò neu
trale. Finita la guerra, al pari di Atene e delle città che non ave
vano combattuto contro Roma, mantenne la condizione prece
dente di libertà e immunità. In caso contrario non si capirebbe
il provvedimento di Silla, quale è conservato dal noto senato
consulto, inteso a punire Oropo. I redditi infatti saranno da al
lora impiegati, si è visto, pei ludi e i sacrifici che gli Oropi fanno
al dio Anfiarao e indirettamente tornano a vantaggio della
città di Oropo, mentre ciò non sarebbe se fossero pagati a Roma ;
inoltre essi verranno spesi per quei sacrifici che gli Oropi faranno
Stèp tig vixg xxì tig in euovtog to5 Shuco toj Pogatov. Ora in
alcune epigrafi dell'Anfiarao compaiono to; 'Auſpuó pax xxi Pouxix (4);
codeste epigrafi spettano agli anni dopo Silla e confermano nel
modo più chiaro il contenuto del provvedimento sillano.

2. MEGARIDE. – Di fronte a Metello Megara capitolò e


sfuggì così all'assedio e all'occupazione con la forza (5); appunto
per questo viene trattata equamente da Metello a cui la città
innalza una statua come al suo ebepyérg (6). Si ignora quale

(1) Sull'arbitrato di Sicione fra Atene e Oropo v. RAEDER, L'arbitrage


intern., p. 101 seg. 208 seg.
(2) IG. VII 411 = Syll.º 675.
(3) PAUs. VII 11, 4-12,3 il cui contenuto va corretto con l'epigrafe
Syll.º 675. Cfr. ToEPFFER in PAULY-WIssowA « Real-Encycl. » I col. 184.
CoLIN, Rome et la Grèce, p. 504 segg.
(4) IG. VII 416. 419. 420.
(5) PAUs. VII 15,7 segg. PoLYB. XXXVIII 15,3 (B.-W.).
(6) Per qualche accenno alla organizzazione di Megara nel periodo che
188 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

organizzazione essa abbia avuto in seguito (1). Prima del 146


Megara era nella lega achea, e può darsi che abbia seguito la sorte
delle altre città della lega a meno che la sua volontaria capito
lazione non abbia contribuito a un trattamento migliore da parte
dei Romani. In un decreto megarese spettante con ogni proba
bilità alla fine del sec. II av. Cr. in onore d'un personaggio, forse
della stessa Megara, che ha partecipato ad ambascerie presso
il senato romano e presso M. Calidio (2), il senato romano e
M. Calidio attestano intorno ai meriti di quel personaggio rispetto
alla città di Megara (3).
Silla adoperò la città come base d'appoggio per l'assedio di
Atene (4). Nella lotta fra Cesare e Pompeo essa, aderendo a
Pompeo, si oppone energicamente al legato di Cesare Q. Fufio
Caleno anche dopo la caduta di Atene (5). Vinta fu ridotta in
gravi condizioni se Servio Sulpicio la indica a Cicerone nel 45
d. Cr. prostrata et diruta (6); tuttavia conservò ancora dei mo
numenti come testimonia l'aneddoto riferito da Plutarco (7)
secondo cui Antonio nel 42/1 av. Cr., invitato dai Megaresi desi
derosi, in antagonismo con Atene, di fargli vedere la sede del
loro comune, uscì nell'espressione : « Piccolo, ma pericolante ».
Strabone la dice ancora esistente al suo tempo (8); il che indica
quanto insignificante fosse allora la città (9). Plinio designa

ci interessa v. K. IIANELL, Megarische Studien, In.-Diss., Lund 1934, pag.


144 segg.
(1) IG. VII 3490.
(2) Su M. Calidio cfr. Mt NzER in PAULY-WIssowA « Real-Encycl. »
III col. 1353 n. 3.
(3) IG. VII 18.
(4) APPIAN. Mithr. 30.
(5) CAss. DIo XLII 14. PLUT. Caes. 43, l. La tenacia con cui la città
si oppose a Caleno è testimoniata dal racconto di PLUTARco (Brut. 8, 6 seg.)
secondo cui i Megaresi liberarono anche i leoni, che Cassio si era preparati
in Megara per la sua edilità, perché fossero d'impedimento ai soldati di Caleno;
invece i leoni sbranarono gli stessi Megaresi inermi.
(6) Ad fam. IV 5, 4.
(7) Ant. 23, 3.
(8) IX 1, 8 p. 393.
(9) Su Megara si veda il buon articolo di E. MEYER in PAULY-WIssowA
« Real-Encycl. » XV col. 152 segg.
GRECIA CENTRALE 189

Megara come colonia e considera i Pagaei e gli Aegosthenenses


contributi Megarensibus. Si ignora quando Megara sia diventata
colonia romana e quando i Pagei e gli Egostenensi furono attri
buiti ai Megaresi, ma si può pensare appunto in base alla menzione
pliniana che la colonia fosse dedotta da Cesare o da Augusto e
che Page ed Egostena le fossero attribuite quando si fondò la
colonia.
Page ed Egostena erano indipendenti da Megara durante
il periodo in cui appartennero alla lega achea (1); l'indipendenza
di Page da Megara trova conferma pel I sec. av. Cr., negli anni
fra il 65/4 e il 57/6, in un suo decreto onorario il quale ricorda
inoltre i benefici fatti da un suo cittadino ai concittadini, ai
t&potxo e ai Romani topo coivteg (l. 16) o torpettòxuo vteg (l. 27) (2),
e, quantunque manchi un'esplicita testimonianza, è da tenere
che anche Egostena conservò l'indipendenza rispetto a Megara.
Come indica la datazione del decreto di Page dall'era achea,
allora Page, al pari di Egostena e di Megara, faceva parte della
provincia di Macedonia, ed è probabile che ne facesse parte an
che prima, dal 146/5.

3. EUBEA. – Alla guerra acaica non sembra che l'intera


Eubea abbia partecipato contro Roma, ma nulla si può dedurre
dalla multa che Q. Cecilio Metello impone ai Tebani in favore
degli Eubeesi di cui quelli avevano depredato il paese (3), perché
essa spetta a prima dello scoppio della guerra quando Metello

(1) R. WEIL, Das Minzuesen des Achaischen Bundes in «Zeitschrift


für Numismatik » IX (1882), pp. 205 n. 2, 225. H. Swo BodA, Studien zu den
griech. Binden in « Klio » XII (1912), p. 35 seg. V. anche il commento di
DITTENBERGER a IG. VII 188. HEAD, Hist. num.º, p. 417.
(2) IG. VII 190. Questa epigrafe va datata nel periodo fra il 65 4 e il 57 6
secondo la migliore edizione di essa data da A. WILHELM, Inschrift aus Pagai
in « Oesterr. Jahresh. » X (1907), p. 17 segg. A 1. 10 infatti dell'edizione del
Wilhelm si legge lo xxi bròo pcootò è ſet, dunque si tratta al massimo del
l'89° e al minimo dell'81° anno dell'era achea che s'inizia col 145. Non pare
che si possa riferire a Page quello che CHAPoT, La prov. Rom. proc. d'Asie,
p. 96 segg., osserva riguardo alla xour in Asia Minore come dipendente da
una città. Sulla zoan in Grecia e in Asia Minore cfr. Swo BodA in PAULY-WIs
sowA « Real-Encycl. » IV S. col. 955 segg., specie col. 964.
(3) PAUs. VII 14,7.
190 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

si sforza diplomaticamente d'isolare i Tebani; tant'è vero che i


Focesi, ai quali del pari i Tebani dovevano pagare una multa
per ordine di Metello, parteciparono alla guerra anche contro
Roma. Nel luogo corrotto di Polibio XXXVIII 3,8 il Niese (1)
vuol leggere il nome degli Eubeesi, ma la perioca liviana (52)
parla solo di Calcidesi e della distruzione di Calcide, e lo stesso
Polibio (2) ricorda l'uccisione di cavalieri calcidesi. Come per
Tebe, così per Calcide l'espressione della perioca liviana: Thebae
quoque et Chalcis, quae aurilio fuerant, dirutae non è propria nel
senso che Calcide con ogni probabilità ebbe distrutta unicamente
una parte delle mura. D'altronde la notizia di Pausania (3), che
Mummio costrinse i Beoti a pagare 100 talenti agli Eracleoti e agli
Eubeesi, se da un lato conferma che per Pausania e per la sua
fonte non tutti gli Eubeesi avevano allora partecipato alla guerra
contro Roma, dall'altro si rivela imprecisa appunto perché al
meno i Calcidesi combatterono contro Roma; e potrebbe darsi
che si trattasse qui di un duplicato della multa imposta da Metello
ai Tebani in favore degli Eubeesi (4). - -

Anche per siffatta ragione, e cioè per la partecipazione effi


cace alla guerra contro Roma forse soltanto di Calcide, non è
probabile che la lega degli Eubeesi fosse allora disciolta (5), nono
stante la ben nota notizia di Pausania (6). Di essa ci sono per
venuti due decreti onorari spettanti al sec. II av. C. (7); la lega
è poi ricordata in un'epigrafe del I sec. av. Cr. (8) e in un'altra
del I sec. d. Cr. (9) in unione coi Beoti, Focesi, Locresi e Dori.
Ma indirettamente essa viene testimoniata dopo il 146 da altre
epigrafi di Calcide datate secondo l'hyeudov che forse è il magi

(1) Gesch. der griech. und maked. Staaten, III, Gotha 1903, p. 345.
(2) XXXIX 6, 5 (B.-W.).
(3) VII 16, 10.
(4) P. 194.
(5) HERMANN-Swo BodA, Griech. Staatsalt., p. 442.
(6) VII 16, 9-10.
(7) IG. XII 9 n. 898. 899.
(8) IG. III 1 n. 568 1.2. V. anche RAEDER, L'arbitrage intern., p. 138. 21l.
Cfr. sopra p. 7 l.
(9) IG. VII 2711.
GRECIA CENTRALE 191

strato supremo della lega (1). E in un certo senso potrebbe tro


vare conferma in un documento riguardante il voto anfizionico
degli Ioni d'Eubea da collocarsi senza dubbio fra il 120 e il 108
av. Cr. (2). Secondo questo documento un primo giudizio intorno
al voto anfizionico era stato reso a Hypata da un tribunale com
posto di 31 membri sorteggiati; poco dopo Eretria e Caristo im
pugnano dinanzi agli Anfizioni la regolarità di tale giudizio. Gli
Anfizioni scrivono allora ai magistrati di Hypata, e un secondo
tribunale in Hypata, eletto questa volta 3ptotivòov (3), ricon
ferma il giudizio precedente dando di nuovo ragione ai Calcidesi.
Qui si parla degli Eubeesi, ma resta sempre la possibilità che simile
denominazione sia sotto l'aspetto religioso e non politico. Festa
della lega erano le “Pouxix ricordate la prima volta nell'epigrafe
già citata (4), quindi in un'iscrizione di Megara (5) anteriore a
Silla e in un'altra di Alicarnasso (6) del sec. I av. Cr. -

È dunque lecito ritenere che soltanto Calcide col suo ter


ritorio fu associata nel 145 alla provincia di Macedonia e divenne
al pari di Tebe una città soggetta a tributo, civitas stipendiaria,
ma non per questo il suo territorio fu ager publicus (7). Essa,
pur essendo sotto la sorveglianza del governatore di Macedonia,
conservò la sua libertà, ossia la sua autonomia, e ciò spiega come
potesse rimanere sempre nella lega euboica giusta le citate epi

(1) IG. XII 9 n. 901 (della fine del sec. II a v. Cr. A. WILHELM in « Bull.
Corr. Hell. » XVI 1892, p. 96; sull'identità di questo i suo, col magistrato
supremo della lega esprime qualche dubbio E. ZIEBARTH IG. XII 9, p. 172,
l. 100 e p. 211 s. v. Yeucov). 952 (della fine del sec. II av. Cr.). 916 (del sec. I
av. Cr.).
(2) H. PoMTow, Neue delphische Inschriften, in « Klio » XV (1918),
p. 15 segg. E. BouRGUET, Fouilles de Delphes, III 1, p. 396 segg., n. 578;
per la datazione e l'interpretazione da me accolta, v. DAUX, in « Bull. Corr.
Hell. » LVII (1913), p. 94 seg. op. cit., p. 341 segg. IG. XII Suppl. p. 207.
(3) L. 7 e l. 19.
(4) IG. XII 9, n. 899 b.
(5) IG. VII 48.
(6) Syll.º 1064.
(7) V. contra L. GALLET, Essai sur le sénatus-consulte « de Asclepiade
sociisque» in « Rev. hist. de droit français et étranger», 4 Sér., 16 Ann., 1937,
p. 388 seg. il quale qui segue la vecchia teoria dello HERTzBERG.
192 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

grafi di Calcide datate secondo l'irregov che forse è il magistrato


supremo della lega. E che la condizione dell'Eubea non fosse
grave, o almeno migliore che quella della Beozia, parrebbe do
versi dedurre anche dalla notizia di Appiano (1), secondo cui,
mentre tutta la Beozia, all'infuori di Tespie, si alleò con Archelao,
Metrofane, inviato da Mitridate VI, dovette devastare l'Eubea
che non voleva aderire alla causa di Mitridate ; ma qui forse
può aver agito anche l'avversione dell'Eubea contro Atene, la
quale si dichiarò subito in favore di quel re. Nulla ci dice intorno
alle precise relazioni dell'Eubea con Roma la già nota contro
versia sul voto anfizionico risolta da un tribunale arbitrale in
Hypata, trattandosi qui di una controversia di carattere reli
gioso, e per Calcide, come per le città dei Locresi Epicnemidi
sotto la giurisdizione del governatore di Macedonia, di cui ci è
pervenuto il giudizio ateniese in un dissenso del tutto simile (2),
si potrebbe formulare l'ipotesi, del resto non necessaria, che si
debba sottintendere il beneplacito dell'autorità romana.
Nell'87 l'intera Eubea si schiera contro Silla (3) ; Calcide
per la sua posizione strategica divenne il quartiere degli asia
tici (4). Silla risottomette la Eubea (5) e regala ad Archelao,
comandante di Mitridate, 10.000 plettri di terreno euboico (6).
Il resto dell'Eubea, e non più soltanto Calcide come prima
della guerra mitridatica, fu collegato con la provincia di Mace
donia. Ciò prova il senatoconsulto in onore di Asclepiade clazo
menio, Polistrato caristio, Menisco milesio (7). M. Antonio dona
Eretria agli Ateniesi, ma Augusto la ritoglie loro insieme con
Egina nel 21 av. Cr. (8). Mela (9) dice opulentissimae Carystos
et Chalcis.

(1) Mithrid. 29.


(2) P. 207.
(3) APP. Mithrid. 31, 34. MEMNoN FHG. III 542. PLUT. Sulla 23.
(4) PLUT. Sulla 19,20 ; cfr. 1 l.
(5) MEMNoN FGH. III 542.
(6) PLUT. 23.
(7) RIccoBoNo, Fontesº, p. 255 n. 35.
(8) CAss. Dro LIV 7. V. p. 185.
(9) II 108.
GRECIA CENTRALE 193

4. BEozIA. – Dopo Pidna la lega beotica non viene di


sciolta (1), ma essa è ridotta a una parvenza sotto la tutela ro
mana. Che la lega beotica abbia perduto ogni importanza poli
tica si deduce dall'arbitrato di Larisa intorno a controversie di
confine fra Acrefie e città viciniori quale risulta da un decreto
d'Acrefie in onore appunto dei giudici arbitri di Larisa (2); in
esso non compare alcuna allusione alla lega né ai Romani. E se il
silenzio sui Romani non permette, sembra, nonostante l'incertezza
che abbiamo intorno alla libertà lasciata dai Romani alle sin
gole città negli arbitrati, di datare l'epigrafe dopo il 146 per le
condizioni in cui da allora si trovò la Beozia (v. oltre) (3), sì prima,
la redazione del decreto in lingua volgare, e non in dialetto beota,
costringe a non risalire molto indietro nel sec. II, e forse la data
più probabile si aggira attorno al 150 av. Cr. (4).

(1) B. NIESE, Gesch. der griech. und mak. Staaten III, Gotha 1903, p. 314
n. 5 lascia incerto se la lega beotica fu allora disciolta, ma v. HERMANN-Swo
BoDA, Staatsalt., p. 289 n. 1 l. DE SANCTIS, St. d. Rom. IV 1, p. 345. C. BARRATT,
The Chronology of the eponymous Archons of Beotia, in « Journ. of Hell. Stu
dies » LII (1932), p. 97. HEAD, Hist. num.º, p. 353.
(2) IG. VII 4130. 4131.
(3) Il che avverti anche il primo editore M. HoLLEAUX in «Bull. Corr.
Hell. », XIV (1890), p. 44, nonostante che preferisca di porla dopo il 146.
(4) Cfr. anche Tod, Intern. Arbitration amongst the Greeks, p. 15 seg.,
n. 18, 19 ; inoltre il decreto di Acrefie in onore di giudici provenienti da Megara
databile come il precedente verso il 150 av. Cr. (P. PERDRIzET in « Bull. Corr.
Hell. » XXIV, 1900, p. 73 segg. ToD., op. cit., p. 16 n. 20), e il nuovo decreto
pure di Acrefie in onore di giudici provenienti da Cleitor (M. FEYEL, Nouvelles
inscriptions d'Akraiphia, in « Bull. Corr. Hell. » LX, 1936, p. ll segg.). Il
FEYEL ripubblica anche il decreto di Acrefie citato in onore di giudici di Megara
e riesamina nel complesso tutte le questioni attinenti ai due decreti e a quelli
pei giudici di Larisa giungendo alla conclusione di porre «par exemple » verso
il 140 i decreti in onore dei giudici di Cleitor e di Megara, vero il 120 la rior
ganizzazione delle Ptoia e più tardi ancora i decreti intorno ai giudici di Larisa.
Peraltro codesta cronologia, già incerta per lo stesso autore, non sembra
potersi accogliere perché par presupporre dopo il 146 una situazione della
Beozia diversa da quella che essa ebbe in realtà secondo le fonti, mentre tali
documenti si scaglionano assai bene nel periodo fra il 168 e il 146. E la con
gettura, che si presenterebbe come ovvia, che Acrefie, al pari di Tespie, Tana
gra, Platea, Lebadea (v. oltre), fosse civitas libera, forse in omaggio al suo san
tuario dello Ptoion, se non si può escludere, manca tuttavia di fondamento
sicuro. In base poi allo stesso decreto in onore dei giudici di Larisa Acrefie,
194 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

I Beoti accanto agli Achei partecipano nel 146 alla guerra


contro Roma (1), e secondo Pausania (2) essi sarebbero stati
obbligati da Mummio a pagare una multa di 100 talenti agli Era
cleoti e agli Eubeesi condonata poi dagli stessi Romani. Peraltro
tale frase di Pausania è imprecisa perché gli Eracleoti dell'Eta
si mantennero in buoni rapporti coi Romani (3), ma gli Eubeesi,
o almeno i Calcidesi, furono compromessi nella guerra achea. E
se la multa che i Tebani dovrebbero pagare agli Eracleoti riesce
giustificata per la loro partecipazione all'assedio della stessa
Eraclea e alla battaglia di Scarfea (4), quella da pagare agli
Eubeesi, compresi i Calcidesi, suscita qualche sospetto. L'errore
commesso da Pausania, se si tratta proprio di errore, potrebbe
spiegarsi di leggieri considerando che già prima (5) i Tebani erano
stati condannati da Metello a pagare una multa ai Focesi, un'al
tra agli Eubeesi, èò fooxy Yà o xxi Eò3oéoy thy xdopov ; codesta
multa inferta da Metello potrebbe in Pausania essere proiettata
nelle condizioni posteriori imposte da Mummio.
Secondo la perioca 52 di Livio Tebe sarebbe stata distrutta
come Corinto, ma qui lo stesso verbo diruere adoperato dall'epi
tomatore sia per Corinto sia per Tebe va chiarito col luogo di
Cicerone (6) dove l'oratore per Corinto impiega il verbo sustulit
(scil. Mummius), mentre per le città dell'Acaia e della Beozia
specifica : sub imperium populi Romani dicionem que subiunait (7).
D'altra parte il ritrovamento di una casa bruciata in questo
tempo (8) non è sufficiente a provare la distruzione della città,

presa l'iniziativa di un accomodamento, redige una memoria che comunica


alle città beote interessate, e tutte o quasi queste città aderiscono a tale me
moria ; ciò senza che compaia, come parrebbe necessario, se l'epigrafe spet
tasse a dopo il 146, un accenno ai Romani da cui molte di queste città, se non
tutte, dipendevano. - - -

(1) PoLYB. XXXVIII 3,8. PAUs. VII 14, 6.


(2) VII 16, 10.
(3) P. 210 seg.
(4) PAUs. VII 15, 9.
(5) PAUs. VII 14, 7.
(6) Verr. II, 1, 21, 55.
(7) NIccoLINI, La Grecia provincia, p. 426 n. 3. -

(8) A. KERAMoPoULLos in «Iozzzzà tic èv 'A9 vxtc 'Apx. Ero peixe »


1930, p. 69 segg. « Arch. Anz.» 1931, p. 239. -
GRECIA CENTRALE 195

tanto più che Tebe nella periegesi dello Pseudo-Scimno (1), com
posta fra il 130 e il 115 av. Cr. (2), viene ricordata come la più
grande città della Beozia, e nella guerra mitridatica era ancora
tò uéYo &oto (3). Inoltre Mummio proprio in Tebe offerse dediche
agli dei (4). Si può dunque ritenere che soltanto una parte delle
mura di Tebe fu distrutta (5) e che la città divenne stipendiaria.
Secondo Pausania (6) la lega beotica sarebbe stata disciolta
e poco dopo ricostituita ; in realtà noi la troviamo testimoniata
esplicitamente in epigrafi assai tarde dal I sec. d. Cr. al III (7),
prescindendo dal ricordo dei Beoti nelle liste anfizioniche del 134 (?)
e di circa il 125 (8) il quale sembra non significare nulla per
l'aspetto politico. Né dice qualcosa di più l'epigrafe pei vincitori
nelle feste Basileia pubblicata in «'Apx. AeAttov » 1923, p. 239
segg. (9), perché la data di essa è incerta e potrebbe anche risa
lire a prima della battaglia di Pidna (10). Peraltro la semplice
indicazione di Botóttog ripetuta più volte s'incontra in un'epi
grafe di vincitori, la quale spetta all'inizio del I sec. av. Cr. (11),
e questa indicazione non si saprebbe spiegare senza ammettere
l'esistenza allora della lega beotica. Inoltre noi avremmo della
lega beotica una testimonianza se consideriamo col Dittenber

(1) Ps.-ScyMN. 501 = C. MiLLER, Geographi Minores I, p. 216.


(2) Fr. GIsINGER in PAULY-WIssowA « Real-Encycl. » III A. col. 672 segg.
(3) APP. Mithr. 30. U. v. WILAMowitz-MoELLENDoRFF, Pindaros, Berlin
1922, p. 27 n. 3.
(4) IG. VII 2478. 2478 a. KERAMoPoULLos « 'Apx. Aexttov » XIII (1930-31),
p. 105 segg. DE SANCTIS in « Riv. di Filol. » N. S. X (1932), p. 424 seg.
M. GUARDUCCI in « Rendiconti della Pont. Accad. Rom. d'Arch. » s. III,
v. XIII, 1937, p. 56 seg.
(5) V. anche LARSEN, op. cit., p. 306.
(6) VII 16, 10. -

(7) IG. VII 2711 1.44. 50 segg. 70 ecc. 3426. IG. IX 1 n. 147. 218, è9vo;
IG. VII 27 ll l. 13, 18 ecc. 2712 1.38. 43 ecc. -

(8) DAUX, Delphes, p. 652. 654 seg.


(9) = SEG. III (1927) 367.
(10) L'epigrafe simile pubblicata in « Bull. Corr. Hell. » XXV (1901),
p. 365 segg. (v. anche ibid. XXX, 1906, p. 469 segg. «'Apx. Ae)tiov » 1923,
p. 256), da collocarsi fra il 121 e il 116 av. Cr. e forse anche dopo l'80 av. Cr.
non ha alcun accenno né alla lega dei Beoti né, più genericamente, ai Beoti.
(11) IG. VII 1762; v. anche 3079.
196 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

ger (1), come va considerato, l'arconte che compare in Acrefie


secondo un'iscrizione (2) quale magistrato eponimo dei Beoti;
e appunto da questa iscrizione risulta che la capitale della lega
non era più allora, come prima, Onchesto (3). Ma pure qui si
potrebbe pensare, come si pensò (4), che dopo la distruzione di
Aliarto da parte dei Romani nella guerra contro Perseo (5) e
l'attribuzione del suo territorio ad Atene che lo conservava anche
sotto Augusto (6), Onchesto abbia cessato di essere la sede
della lega e da allora Acrefie si sia sforzata di sostituirsi ad On
chesto, e che il suo unico tentativo, quello documentato dalla
nostra epigrafe, sia poi fallito per l'opposizione degli altri Beoti
o degli stessi Romani. Del resto si ignora quando con precisione
sia avvenuta codesta modifica (7). E del pari incerto rimane il
momento in cui all'ecclesia dei Beoti si sostituì il sinedrio che
compare nell'epigrafe IG. VII 2712 l. 48 segg. Questo sinedrio
è ora costituito da rappresentanti delle città, i cosiddetti voortotoi,
il cui nome indica fra l'altro come la lega avesse preso un carat
tere religioso, abbandonando quindi ogni attività politica (8).
Gli organi costituzionali nelle singole città sono rimasti (9);
forse fu tolto allora ai cittadini, ma ciò non è documentato (10),
il diritto di presentare proposte nel consiglio e nell'adunanza, il
quale sarebbe passato agli xpyoyteg (11).

(1) V. anche BARRATT, art. cit., p. 97.


(2) IG. VII 2871.
(3) BUsoLT-Swo BoDA, Griech. Staatskunde, p. 1436 n. 1.
(4) N. B. PAPPADAKIs in «'Apx. AeXttov » VIII (1923), p. 254 seg.
(5) M. HoLLEAUx, Etudes d'épigraphie et d'histoire grecques, I, Paris 1938,
p. 187 segg. -

(6) P. 183.
(7) Per la raccolta delle epigrafi con ip/ov èv 'O xºotò E. KIRSTEN in
PAULY-WIssowA « Real-Encycl. » XVIII col. 415.
(8) HERMANN-Swo BonA, Staatsalt., p. 291 seg. Poco giova l'epigrafe
pubblicata di recente da N. B. PAPPADAKIs, art. cit., p. 239 segg., perché la
data di essa rimane incerta e potrebbe collocarsi sia prima sia dopo il 146 av. Cr.
(9) SCHöNFELDER, op. cit., p. 47 seg. -

(10) H. Swo BoDA, Studien zur Verfassung Boiotiens in « Klio » X (1910),


p. 327 segg.; SHULTHEss in PAULY-WIssowA « Real-Encycl. » S. III col. 793.
(11) Negli anni fra il 146 e il 27 av. Cr. Tebe conia moneta di rame col
tipo dello scudo beota ; V. B. HEAD, On the chronological Sequence of the coins
GRECIA CENTRALE 197

Che dopo il 146 Tebe e con essa quasi intera la Beozia dipen
dessero dal governatore di Macedonia è attestato dalla nota let
tera di un proconsole di quella provincia in relazione coi tecniti
dell'Istmo (1); e la frase di Pausania (2) che i Tebani
èYvoattuóx modºv te xòtixx xxì ètp&tovto x58 tg ég thv Pouxtov pixtov
significa solo che Tebe prima della partecipazione alla guerra mitri
datica era in pace con Roma. Tebe si ribella a Roma nella guerra
mitridatica, ma poi si dà senza resistenza a Silla (3). Silla tolse
ai Tebani il possesso di metà del loro territorio affidandolo ai
santuari di Delfi, Olimpia ed Epidauro. Da allora Tebe decadde (4).
In seguito riottenne il suo territorio per grazia dei Romani se
condo Pausania (5). Nel 48, come quasi tutti i Greci, i Beoti
stettero dalla parte di Pompeo (6) e combatterono a Farsalo (7);
Cesare fece occupare Tebe dal legato Caleno (8). Nel 45 Ser.
Sulpicio Rufo, che era proconsole della nuova provincia d'Acaia
costituita poco prima ad opera di Cesare (9), da Atene si reca
in Beozia per assolvere reliquam iuris dictionem (10).
Tespie (11) patì spogliazioni da Mummio (12); diversamente
da Tebe era secondo Plinio (13) un liberum oppidum, e ciò pel
tempo di Adriano viene confermato epigraficamente (14). Es
sa forse fu anche immunis (15). Ignoriamo con precisione l'at

of Boeotia, London 1881, p. 94, tav. VI 12. Hist. num.º, p. 354. M. O. B. CAsPARI
in « Journ. of Hell. Studies » XXXVII (1917), p. 173.
(1) P. 2 seg.
(2) IX 7,4.
(3) APP. Mithr. 30.
(4) STRAB. IX 2,5 p. 403.
(5) IX 7,6.
(6) APP. b. c. II 49,75. LUCAN. III 170 segg.
(7) APP. b. c. II 70. CAEs. b. c. III 4,2.
(8) CAEs. b. c. III 56, 4.
(9) CIC. ad fam. VI 6, 10. IV 4, 2. V. inoltre p. 105 seg.
(10) CIc. ad fam. IV 12,1.
(11) Tespie batte moneta di rame dopo il 146 : HEAD, Hist. num.º, p. 355.
Su Tespie cfr. anche STRAB. IX 2,5, p. 403.
(12) CIC. Verr. IV 2,4. PLIN. n. h. XXXVI 22.
(13) N. h. IV 25.
(14) CIL. VIII 7059. 7060. PAPPADAKIs, art. cit., p. 242 seg.
(15) V. contra a torto A. PLAssART in « Bull. Corr. Hell. » L (1926),

14.
198 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

teggiamento di Tespie nella guerra acaica, ma occorre ricordare


che in quella città si festeggiavano le Erotidea, di cui ci perman
gono testimonianze epigrafiche dal II sec. av. Cr. al I d. Cr., e
poco lontano ai piedi dell'Elicona le Musee. Dai prescritti delle
liste dei vincitori nelle feste Musee si è voluto dedurre una prova
dello scioglimento della lega beotica (1); difatti in alcuni di
essi (2) accanto all'arconte di Tespie compare l'arconte eponimo
beota, mentre in molti altri l'arconte di Tespie è solo. In realtà
nel prescritto di una lista (3), se l'arconte tespiese è solo, vi è
ricordato tuttavia un Teopompo figlio di Socrate acheo di Sicione;
dunque allora esisteva la lega achea, e per questo l'epigrafe con
troversa va posta alcuni anni innanzi al 146. Risulta quindi evi
dente che la mancanza dell'arconte eponimo beota non costi
tuisce in alcun modo un argomento per dedurre da esso lo scio
glimento della lega beotica. Tespie, sola fra le città della Beozia,
non aderì a Mitridate, e invano Archelao l'assediò (4). Anche
questa fedeltà di Tespie è un indice della sua precedente libertà
e immunità rispetto a Roma, e le buone relazioni di Tespie con
Roma vengono testimoniate dalle basi di statue onorarie per
Silla e per altri Romani decretate appunto dal popolo dei Te
spiesi (5). Pare dunque fuori dubbio che i Romani ebbero per
Tespie un riguardo particolare.
Non diversamente da Tespie pure Tanagra (6) viene definita
da Plinio (7) liber populus ; e che Platea fosse del pari civitas libera
e immunis si può forse dedurre, almeno pel tempo di Adriano,
da un'iscrizione africana (8).

p. 438 n. 3. La mancanza dell'aggettivo immune in Plinio non giustifica la


congettura che Tespie come Tanagra fosse soltanto libera e non immune.
(1) FIEHN in PAULY-WIssowA « Real-Encycl. » VI A, col. 45 seg.
(2) V. per esempio in « Bull. Corr. Hell. » XIX (1895), p. 333.
(3) In «Bull. Corr. Hell. » XIX (1895), p. 336.
(4) APP. Mithr. 29.
(5) A. PLAssART, Inscriptions de Thespies in «Bull. Corr. Hell. » L (1926), p.
326 segg. Su Tespie e la provincia di Grecia istituita da Cesare v. sopra p. 106.
(6) Su Tanagra v. anche STRAB. IX 2, 5, p. 403 e il decreto in onore del
popolo di Megara IG. VII 20 con la nuova correzione di L. Rob ERT in « Bull.
Corr. Hell. » LIII (1929), p. 152 segg., del quale peraltro è incerta la data.
(7) N. h. IV 26.
(8) CIL. VIII 7059.
GRECIA CENTRALE 199

Di Lebadea sappiamo soltanto che il suo santuario di Tro


fonio fu molto venerato, come indica la partecipazione di due
Romani ai giuochi che vi si celebravano durante le feste Basileia
nell'epigrafe già nota spettante al II sec. av. Cr. (1), e di un altro
Romano agli stessi giuochi secondo un'epigrafe un po' più recente
da collocarsi fra il 121 e il 116 av. Cr., e forse anche dopo l'80
av. Cr. (2); e caratteristica per le relazioni di Roma con Lebadea
è la notizia riferita da Giulio Ossequente (3) che sotto il consolato
di L. Crasso e Q. Scevola (96 av. Cr.) un tale Eutichida, entrato
in Lebadea nel tempio di Giove Trofonio, ne portò fuori una ta
vola di bronzo in qua scripta erant quae ad res Romanas perti
nerent. Dopo la vittoria di Pidna (168 av. Cr.) L. Emilio Paolo
nel suo viaggio per la Grecia sacrifica in Lebadea a Giove e a
Ercinna (4); e si noti che nel 186 av. Cr. la città di Lebadea fu
saccheggiata e l'oracolo fu depredato dinanzi agli occhi di Silla
impotente a impedire tanta rovina (5); inoltre per testimonianza
di Plutarco (6) al suo tempo l'oracolo di Lebadea era il solo
della Beozia, e la città si riteneva allora secondo Pausania (7)
una delle più ricche della Grecia. Pare dunque sicura la protezione
dei Romani per Lebadea e il suo oracolo, tanto più se si consi
dera il benevolo atteggiamento dei Lebadei verso i Romani (8).
58ebbene la condotta di Lebadea nella guerra acaica ci sia ignota,
è probabile che essa non abbia partecipato attivamente contro
i Romani. Pertanto non vi è alcuna ragione di considerare Lebadea
città stipendiaria (9); e se Tespie, Tanagra e forse Platea erano
civitates liberae et immunes, tale era anche Lebadea.

(1) In «'Apx. Az)ttov » 1923, p. 239 segg. – SEG. III (1927) 367.
(2) In « Bull. Corr. Hell. » XXV (1901), p. 365 segg. XXX (1906),
p. 469 segg. «'Apx. Aextio » 1923, p. 256.
(3) Prodigiorum libri 110.
(4) LIv. XLV 27,8.
(5) PLUT. Sulla 16.
(6) De def. orac. 5.
(7) IX 39,2.
(8) PoLY B. XXVII 1. LIv. XLII 44. Lebadea dopo il 146 batte moneta
di bronzo HEAD, On the chronol. Sequence of the coins of Boeotia, p. 93 tav. VI.
Hist. num.º, p. 346. -

(9) HERMANN-Swo Bon, A, Staatsalt., p. 290.


200 IL DOMINIO ROMANO IN GRIECIA

Intorno ad Orcomeno si sa soltanto che Silla prese da quella


città un Dioniso, opera di Mirone, e lo dedicò alle Muse nel bosco
sacro che esse avevano sull'Elicona (1). Gli Orcomeni eccitano
un cittadino romano a presentare dinanzi al governatore di Mace
donia un'accusa contro la città di Cheronea come colpevole degli
omicidi perpetrati ad opera di Damon sulle persone di cittadini
romani. Simile controversia avvenne con ogni probabilità nel
l'87 av. Cr. quando Lucullo, la cui testimonianza in proposito
invocano i Cheronei, si trovava nelle vicinanze al servizio di Silla
come questore (2). I Cheronei, essendo stati salvati da Lucullo,
innalzano una statua di lui nell'agora (3). Nel 48 av. Cr. Orco
meno apre le porte a Q. Fufio Caleno, legato di Cesare (4).
In Cheronea i Romani eressero due monumenti in ricordo
della vittoria su Mitridate (5) conseguita nelle adiacenze della
città. In questa battaglia i Cheronei combattono nell'esercito
romano (6), e in Cheronea prende il quartiere di inverno una
coorte romana (7) durante l'88/7, e nell'inverno successivo 87/6 il
contingente di soldati al comando del capo trace Amatocos, in
viato in aiuto di Silla dal re degli Odrisi Sadalas alleato del popolo
romano (8). Tali notizie corrispondono perfettamente a quanto
si è dedotto dalla nota epigrafe trovata in Tebe (9). In base al
decreto di Cheronea pubblicato dall'Holleaux (10) quella città
onora Amatocos perché egli ha impedito o represso gli eccessi
della soldatesca durante l'acquartieramento dell'87/6.

(1) PAUs. IX 30, 1.


(2) LARSEN, op. cit., p. 307.
(3) PLUT. Cim. 2.
(4) CAEs. b. c. III 56,4. Dopo il 146 Orcomeno batte moneta di bronzo,
HEAD, On the chron. Seq., p. 94 tav. VI. Hist. num.º, p. 347.
(5) PAUs. IX 40,7. Sulla battaglia di Cheronea e sugli avvenimenti
concomitanti v. N.G.L. HAMMOND, The two battles of Chaeronea (338 B. C.
and 86 B. C.) in « Klio » N. F. XIII (1938), p. 188 segg.
(6) PLUT. Sulla 16-19.
(7) PLUT. Cim. 1.
(8) M. HoLLEAUX, Décret de Chéronée relatif à la première guerre de
Mithradates, in « Rev. des Études gr. », XXXII (1919), p. 320 segg.
(9) P. 19.
(10) V. n. 8 e DAUX, Delphes, p. 401, 489 n. 1.
GRECIA CENTRALE 201

Dopo la vittoria su Archelao comandante di Mitridate, Silla


distrugge la città beotica di Anthedon e quelle propriamente
locresi, ma da molti anni divenute beotiche, di Larymna e Ha
lae (1); gli Alei superstiti poco dopo ritornano nella loro città.
Importante riesce in primo luogo la notizia, anche se più tarda,
di Cicerone (2): Nostri quidem publicani, cum essent agri in
Boeotia deorum immortalium excepti lege censoria, negabant im
mortalis esse ullos, qui aliquando homines fuissent. Allora, e cioè
nel 73 av. Cr., anno della disputa fra i pubblicani ed Oropo, cui
si riporta Cicerone (3), la maggior parte del territorio beota
era soggetto a tributo. Inoltre, poiché Cicerone riferisce che
nella lea censoria erano eccettuati i terreni appartenenti agli
dei dal pagare tributo, sembra qui confermato che i Romani
dichiararono immuni le città di Tespie e Lebadea sede di templi
famosi.

5. FoCIDE. – La lega dei Focesi costituita indipendente


dalla pace del 189 partecipò alla guerra contro Roma nel 146 (4),
e in Elatea vennero accolti mille Arcadi che dovevano recare aiuto
a Critolao (5). Dopo la caduta di Corinto secondo Pausania (6) il
loro koinon è sciolto, ma poco dopo ricostituito. Epigraficamente
troviamo attestato il koinon dei Focesi l'ultima volta prima
del 146 con data precisa in un documento delfico del 158/7 (7),
quindi in tre documenti pure delfici spettanti al 6° sacerdozio,
e cioè agli anni 153/2-144/3 (8); ma dopo il 146 il koinon compare
al più presto in un'iscrizione delfica del 10º sacerdozio, e cioè
degli anni 124-116 (9), se si prescinde dalle liste delfiche del 134 (?)
e di circa il 125. In vero due basi rinvenute in Delfi portano le
dediche ad Apollo della lega dei Focesi in onore di due legati

(1) PLUT. Sulla 26.


(2) De natura deorum III 19, 49.
(3) Syllº 747.
(4) PoLY B. XXXVIII 3, 8 (B.-W.).
(5) PAUs. VII 15, 5. NIESE, op. cit., III, p. 347, n. 5.
(6) VII 16, 9 seg.
(7) SGDI. 1718.
(8) SGDI. 1712. 2285. I700.
(9) SGDI. 2314. Per queste datazioni v. DAUx, Delphes, p. 641.
202 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

romani benemeriti appunto della lega. Si è pensato (1), fondandosi


soprattutto sul criterio epigrafico, che le due iscrizioni spettas
sero agli anni fra il 140 e il 110 av. Cr., e propriamente che la più
antica si riferisse ai servizi resi alla Focide dal legato romano
quando poco dopo il 146/5 fu ricostituito il koinon focese (2).
Inoltre la lega dei Focesi s'incontra giusta un probabile supple
mento in un testo d'arbitrato molto lacunoso spettante alla se
conda metà del sec. II av. Cr. (3). Il koinon dei Focesi dun
que, a prescindere dalle testimonianze meno sicure, esiste nella
seconda metà del sec. II av. Cr. e perdura fino al III sec. d.
Cr. (4). - -

In realtà si avvertono delle differenze fra la lega focese, ad


esempio, del III sec. av. Cr. e quella del sec. II creata nel 189;
peraltro non si può dire in base ai dati epigrafici se la lega sorta
nel 189 abbia subito modifiche dopo il 146. È fuori dubbio che
sul finire del sec. III al posto dei focarchi subentrano gli stra
teghi (5) coi quali l'adunanza della lega si raccoglieva ancora in
Elatea (6). Ma tale città in seguito venne sostituita da Dau
lide (7), il regime democratico fu modificato nel timocratico
e invece dell'assemblea della lega vi fu un sinedrio, ossia un con
siglio formato dai rappresentanti delle singole città (8). Forse
simili modifiche costituzionali si sono introdotte, come nella
lega tessalica, al momento della costituzione con la pace del 189;
allora i Romani, indignati contro Elatea per aver essa opposto

(1) H. PoMTow, Die Römerstatuten in Delphi, in « Klio » XVII (1921),


p. 159 segg. Le epigrafi sono anche in SEG. I 149. 151. -

(2) Nulla ci dice pel nostro assunto la dedica degli Iampolitani in onore
di Q. Cecilio Metello Macedonico SEG. III 414 simile a quelle di Olimpia
(Inschr. von Olympia n. 325) e di Hypata (IG. IX 2 n. 37).
(3) DAUX, Notes épigraphiques, in « Bull. Corr. Hell. » LIX (1935),
p. 96 seg.
(4) IG. IX l n. 218.
(5) SCHöN FELDER, Die stadtischen und Bundesbeamten, p. 55 segg.
Buson.T-Swo Boro , Griech. Staatskunde, p. 1453.
(6) IG. IX l n. 98 l. 13. Per la datazione v. SCHöN FELIbER, mem. cit., p. 56.
(7) PAUs. X 5, 1. G. KAzARow, De foederis Phocensium institutis, Diss.
In., Lipsiae 1899, p. 12. -

(8) PAUs. X 4, l. 5, 1. 33, 1. W. VIschER, Kleine Schriften I, Leipzig


1877, p. 329 n. 2. KAzARow, op. cit., p. 12.
GRECIA CENTRALE 203

resistenza nel 198 al console T. Quinzio Flaminino (1) e offerto


rifugio ancora nel 191 ad Antioco il Grande sconfitto (2), hanno
tolto, è da credere, a quella città l'onore di essere la sede ove si
radunava la lega. Ma potrebbe anche darsi che alcune delle mo
difiche avvertite si sieno introdotte dopo il 146. Certo è a ogni
modo che la lega focese dopo il 146 fu sciolta e poi ricostituita (3).
Ai Focesi venne imposto il tributo. Infatti per la resistenza
degli Elateesi di fronte a Tassilo, luogotenente del re del Ponto,
nell'86 i Romani concessero a quelli di conservare il proprio ter
ritorio essendo liberi e immuni (4). In vero codesta notizia po
trebbe anche significare che nella guerra mitridatica i Romani,
per punire le città le quali avevano aderito più o meno aperta
mente a Mitridate, le sottoposero a tributo, mentre a questo non
sottoposero Elatea (5). Tuttavia oggi alla luce dei nuovi risul
tati conseguiti per altro mezzo è lecito affermare con sufficiente
sicurezza (6) che la Focide come le regioni implicate nella guerra
contro Roma del 146 divenne tributaria ; e ciò permette ora di
interpretare rettamente la notizia di Pausania intorno a Elatea (7).
Vicenda ben diversa da quella della lega e delle città focesi
ebbero il collegio anfizionico e la città di Delfi, le cui sorti sono
intimamente collegate con le sorti del dio. Il consiglio anfizionico
non aveva partecipato alla guerra contro Roma, e per questo
non venne colpito dall'ordinamento romano del 145 né diretta
mente né indirettamente; poiché, se alcune leghe furono allora
disciolte come organizzazioni politiche, esse dovettero continuare
a delegare in quanto è9vn i loro rappresentanti al consiglio anfi

(1) LIv. XXXII 24.


(2) APP. Syr. XX. Per questi avvenimenti v. P. PARIs, Elatée, Bibl.
des Ecoles Franç. d'Athènes et de Rome, f. LX, Paris 1892, p. 17 segg.
(3) P. 10, 17 e 20 I seg.
(4) PAUs. X 34, 2, 4.
(5) Vedi CARDINALI, Sulla cond tribut. della Grecia dopo la conquista
rom. p. 45 seg. Contro CostANzI, La cond. giurid. della Grecia dopo la distruz. di
Corinto nel 146 a. Ch., p. 413 seg., il quale erra nel ritenere che il citato luogo
di Pausania (X 34,2,4) indichi in modo incontrovertibile come prima d'allora
Elatea fosse sottoposta a tributo.
(6) P. 22.
(7) X 34, 2, 4.
204 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

zionico e ad avervi il seggio (1). Allora la città di Delfi e il san


tuario, liberati dai Romani nel 191 (2), conservarono codesta
loro libertà; ma dopo il 146 assai più di prima si faceva sen
tire la protezione romana la quale in realtà ne limitava l'indipen
denza ; e la devozione di Delfi verso Roma ha una esplicita con
ferma fra l'altro nei documenti riguardanti i tecniti dionisiaci (3).
Secondo Pausania (4) i Romani pel culto d'Apollo, che si
venerava in Abe, concedono agli abitanti di questa città xò rovógoug
o pag elvot. Non si sa con precisione che cosa indichi codesta
frase nella sua indeterminatezza cronologica ; forse quando i
Romani imposero il tributo ai Focesi per la prima volta, e cioé
nel 145, lasciarono autonoma la città di Abe, vale a dire, poichè
autonome propriamente rimasero tutte le città sia stipendiarie
sia immuni, esente da tributo.
La simpolitia delle città di Stiris e di Medeon quale risulta
da un'epigrafe, se secondo il Pomtow (5) spettasse al 135, sem
brerebbe contrastare la tesi dell'esistenza allora del tributo per
le città della Focide perché il tributo in qualche maniera dovrebbe
comparire in questo documento che riguarda la fusione in una
sola delle due poleis, le quali appunto in esso esaminano le conse
guenze derivanti da tale fusione. Ma gli argomenti addotti dal
Pomtow non portano alcun elemento positivo per la datazione
del 135, ed ora si può dire soltanto che l'epigrafe, già collocata
così variamente nel III e II sec. av. Cr., è anteriore al 145.
Verso la metà del II sec. av. Cr. va posta la delimitazione
di confini fra Delfi da un lato e il territorio dei dAuyoveig xxì
'Auſpoooeig dall'altro (6); questa delimitazione fu eseguita dagli
Ateniesi. Ad essa il Daux (7) riferisce un altro frammento (8)

(1) Per lo scioglimento del consiglio si pronuncia STRABoNE IX, p. 420, 7;


ma su ciò v. DAUX, Delphes, p. 355 n. 4, a cui mi rifaccio in generale per la
storia di Delfi nel II-I sec. av. Cr.
(2) Syll.º 607-615: cfr. DE SANCTIs, St. dei Rom., IV 1, p. 233, n. 209.
(3) P. 2 segg. -

(4) X 35, 2.
(5) Syll.º 647.
(6) Fouilles de Delphes III 2 n. 136.
(7) Delphes, p. 480.
(8) Fouilles de Delphes III 2 n. 142.
. GRECIA CENTRALE 205

in cui compare il governatore di Macedonia che, dunque, in un


modo o nell'altro sarebbe intervenuto in siffatta questione.
Nell'86 la città di Daulide fa incidere in Delfi e a Stratonicea di
Caria un decreto in onore dello stratonicense Hermias che s'in
tromise in suo favore presso le autorità romane (1). La città era
minacciata da gravi pericoli essendo vicina al territorio dove si
svolsero le operazioni che portarono alla battaglia di Cheronea ;
essa temeva di Silla e delle rapine dei soldati romani (2). Daulide
nomina Hermias prosseno e cittadino, lui e i suoi discendenti,
concede l'à ré)eto e la 3ao).tx in pace e in guerra (3). Tuttavia,
nonostante l'atteggiamento benevolo dei Romani, un indice
della decadenza di Delfi si può vedere nei buleuti divenuti an
nuali da semestrali intorno al 100 av. Cr. e poi ridotti da quattro
a tre col sacerdozio 16º verso la metà del I sec. av. Cr. e più tardi
ancora dopo il sacerdozio 18º a due (4). Silla durante l'assedio di
Atene ricorre al tesoro delfico come a quello di Epidauro e di
Olimpia, ma dopo la vittoria di Cheronea concede a questi santuari
metà del territorio tebano (5). Il proconsole Q. Ancario nel 55 av.
Cr. ha in Delfi una statua consacrata dal koinon degli Anfizioni (6).
Un decreto di Delfi ricorda Q. Fufio Caleno che da parte di Cesare
occupa la città nel maggio 48 (7) e all'occasione del passaggio
delle milizie di Cesare gli Anfizioni promulgano tutta una serie
di decisioni onorifiche per gli iſo)gevo e il loro seguito (8).
Poi, combattute le battaglie di Filippi, quando Antonio acca
rezza i Greci e merita il soprannome di pt)é) Amv e pixx9 votog (9),
sembrerebbe che egli e il senato romano avessero velleità di solle
citudine riguardo al tempio di Delfi (10). Augusto ravvivò e in

(1) Fouilles de Delphes III 4 p. 101 n. 69.


(2) DAUX, Delphes, p. 402 segg.
(3) Sul significato di 3 retuevo dato ai Romani v. DAUx, Delphes, p. 604.
(4) DAUx, Delphes, p. 429.
(5) PLUT. Sulla 12, 4 segg. 19, 12. APP. Mithrid. 54. PAUs. IX, 7, 5-6.
(6) PoMTow in « Klio » V (1917), p. 70.
(7) CAEs. b. c. III 56.
(8) DAUX, Delphes, p. 409.
(9) PLUT. Ant. 23.
(10) DAUX, Delphes, p. 409 seg. Sui Romani e gli Italiani che nel II e
206 - IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

sieme modificò il consiglio anfizionico assegnando sei voti rispet


tivamente agli abitanti di Nicopoli da lui fondata in ricordo della
vittoria d'Azio, ai Macedoni e ai Tessali, due voti rispettiva
mente ai Beoti, Focesi, Delfi, Locresi, Ioni e Dori, in tutto trenta
voti (1); dedicò inoltre le sue armi nel tempio (2).
6. LoCRIDE DELL'EST E DELL'ovEST. – Un xovòv tòv Aoxpòv
tòov hotov è testimoniato dalla iscrizione per le onorificenze
di Cassandro, il figlio di Menesteo (167-146) (3); esso fu istituito
subito dopo Pidna (4). Nel 147 i Locresi dell'est insieme coi Focesi
e i Beoti e i Calcidesi si uniscono alla lega achea contro Roma (5),
ma vengono sconfitti nel 146 dai Romani presso la loro città di
Scarfea (6). Come gli altri soggiacciono al castigo dei Romani (7),
e secondo Pausania (8) la loro lega fu disciolta, ma poco dopo
ricostituita. In vero nelle liste anfizioniche del 134 (?) e di circa
il 125 (quella della primavera) compaiono i Locresi Ypocnemidi,
mentre in un documento delfico riguardante le città di Thronion
e di Scarphea e il voto nell'Anfizionia, che spetta alla fine del
sec. II av. Cr. (9), vengono nominati i Locresi Epicnemidi. Si è
dunque prodotta nel covòv tòv Aoxpòv riv hotov una scis
sione che ha dato origine a due diversi raggruppamenti, e cioè

I sec. av. Cr. hanno ricevuto la prossenia a Delfi e sulle offerte dei Romani
DAUX, Delphes, p. 588 seg. 595 segg. L. Ro BERT, Etudes épigr. et philol., Paris
1938, p. 7 segg. -

(1) PAUs. X, 8. HILLER voN GAERTRINGEN in PAULY-WIssowA « Real


Encycl. » IV col. 2578.
(2) SYNCELL. chron. I p. 307 Dind.
(3) Syll.º 653. DAUx, Delphes, p. 328.
(4) DE SANCTIS, St. d. Rom. IV 1, p. 345.
(5) PoLYB. XXXVIII 3,8 (B.-W.).
(6) PAUs. VII 15,3 segg. NIESE, op. cit., III, p. 347.
(7) PoLYB. XXXVIII 3,8. NIEsE, op. cit., III, p. 351.
(8) VII 16,9 seg.
(9) Sull'interpretazione di questo documento e in generale sulla questione
dei Locresi Epicnemidi e Ypocnemidi v. l'acuta trattazione di DAUX, Delphes,
p. 335 segg. con la bibliografia in proposito. Il DAUX (p. 339) con verisimi
glianza riporta a poco dopo il 166 tò brò “Pouxtov xetuevov Ypotróv invocato
da Scarfea, e però questo in tal caso nulla ci dice intorno alle condizioni
posteriori al 146.
GRECIA CENTRALE 207

ai Locresi Epicnemidi e ai Locresi Ypocnemidi detti anche


'Ortobvtto xxi Aoxpoì uetà 'Ortoovtſov. Questi ultimi compaiono in
epigrafi della seconda metà del sec. II av. Cr. in Locride (1), a
Thermos (2), a Delfi (3). Tale scissione nella lega dei Locresi
Orientali difficilmente si può disgiungere dagli avvenimenti
del 146, e «se è superfluo costruire delle ipotesi là dove nessun
documento fornisce almeno un addentellato » (4), qui l'adden
tellato si può trovare nel complesso di riforme che in qualche
modo dovettero seguire la caduta di Corinto. - “

I Locresi orientali, già si disse, parteciparono alla guerra


contro Roma, e lo scioglimento della lega e la sua ricostituzione
in due raggruppamenti minori trovano in questo la loro più ampia
spiegazione. Ed è probabile che come la Beozia così la Locride
dell'est sia sotto la giurisdizione del governatore di Macedonia,
poiché il ricorso ad Atene per questioni riguardanti il voto nel
l'Anfizionia delfica di Thronion e Scarphea, due poleis dei Locresi
Epicnemidi (5), in realtà è di carattere esclusivamente reli
gioso, e più che un vero e proprio ricorso ad Atene va considerato
come un ricorso alla lega anfizionica la quale sceglie Atene ad
arbitra della questione; non diversamente poco dopo l'Anfizionia
incarica Hypata di risolvere una simile controversia fra città
euboiche (6). E sarebbe anche lecito sottintendere, ma non è
una ipotesi necessaria, il beneplacito del governatore di Mace
donia. Del resto può darsi che in base alla costituzione del 146
alle città dei Locresi Epicnemidi fosse acconsentito l'arbitrato
d'una terza potenza al di fuori del loro raggruppamento proprio
come per la lega tessalica e la lega degli Eniani. E nulla dicono
in contrario i numerosi decreti di prossenia concessi dagli 'Ortobvtto:
xxi Aoxpoì oi uetà 'Ortoovttov (7), i quali a prima vista sem

(1) IG. IX 1 n. 269-276.


(2) IG. IX lº n. 72.
(3) Syll.º 597 A. Cfr. G. KLAFFENBACH, Zur Gesch. von Ost-Lokris, in
« Klio » XX (1926) p. 87 seg.
(4) DAUX, Delphes, p. 339 n. 2. -

(5) Fouilles de Delphes III 4 n. 38-41. DAUx, Delphes, p. 335 segg.


(6) P. 192.
(7) IG. IX 1 n. 269-276. - -
208 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

brerebbero attestare la completa libertà di quelli rispetto a Roma


specie per l'é permotg Yog xxì oixtag (1) assicurata agli onorati,
perché tali decreti possono anche conciliarsi con un'effettiva
soggezione a Roma.
Per contro i Locresi dell'ovest, ossia i Moxpo? 'Eotépto, stretti
in koinon dopo Pidna (2) come i Locresi dell'est, diversamente
da essi nel 145 (3) non ebbero alcun mutamento nella loro costi
tuzione, non avendo partecipato, pare sicuro, alla guerra contro
Roma. Infatti il loro koinon compare in sette epigrafi delfiche
datate, oltreché dall'agonoteta locrese, dall'arconte delfico ; i
quattro arconti delfici, cui si riportano queste epigrafi, spettano
tutti al 6o sacerdozio che comprende gli anni fra il 153/2 e il
144/3 (4). Inoltre tale koinon risulta da due altre iscrizioni delfi
che (5) rispettivamente del 142/1 o 141/0 e del 134/3 (6).
Riguardo ai tributi i Locresi dell'ovest, e cioè gli Esperi o
Ozoli, sono detti immunes da Plinio (7), e l'aggettivo immunis
si ripete per Anfissa (8). Ma tale immunità, cui accenna Plinio,
si riferisce, come per Farsalo, molto probabilmente all'età augu
stea e nulla dice intorno al periodo precedente; tuttavia, pre
scindendo dalla notizia di Pausania su cui si è discorso altrove (9),
si può affermare con sufficiente sicurezza che allora ai Locresi

(1) IG. IX I n. 272.


(2) Anfissa peraltro, la città principale dei Locresi Esperi, non partecipa
alla loro lega ; su ciò DAUx, Delphes, p. 634.
(3) V. contra erratamente E. NACHMANsoN, Freilassungsurkunden aus
Lokris, in «Ath. Mitt. » XXXII (1907), p. 55 segg. combattuto già da
H. SwoBoDA, Staatsaltertümer in HERMANN, Lehrbuch I 3°, p. 368 n. 4 e da
W. A. OLD FATHER, Studies in the history of Locris, in «Am. Journ. of Arch. »
XXVI (1922), p. 446 seg. Cfr. anche DAUx in « Bull. Corr. Hell. » LVI (1932),
p. 320.
(4) SGDI. 2019. 2028 (arconte Apxixs). Fouilles de Delphes III 1
n. 565 (arconte Aegovòxc). SGDI. 1937. Fouilles de Delphes III 3 n. 49.
« Bull. Corr. Hell. » LVI (1932), p. 320 n. 1 (arconte G)exaoxxis). Fouilles de
Delphes III 3 n. 20 (arconte Eòxxig). -

(5) SGDI. 2140. Fouilles de Delphes, III 2 n. 214.


(6) Per queste datazioni v. DAUX, Delphes, p. 632 seg.
(7) N. h. IV 7.
(8) N. h. IV 8.
(9) VII 16, 9. P. 17 seg.
GRECIA CENTRALE 209

dell'ovest non si impose alcun tributo, mentre questo s'impose


ai Locresi dell'est (1). -

Silla nell'86 distrusse nella Locride dell'est le città da molti


anni divenute beotiche di Halae e di Larymna affinché nessun
porto rimanesse a Mitridate nella Grecia centrale e all'incirca
nello stesso tempo fondò Larymna alta (2). Secondo Cicerone (3)
Naupatto e i Locresi, forse soltanto quelli dell'ovest, hanno sof
ferto molto da L. Pisone (Locri ea usti). Nella guerra fra Cesare
e Pompeo la Locride occidentale si mise dalla parte di Pompeo
come indica il contributo dato alla battaglia di Farsalo da An
fissa (4). Peraltro nel 49 av. Cr. il legato di Cesare Calvisio scac
cia da Naupatto la guarnigione di Pompeo (5), e i Locresi del
l'ovest e gli Etoli aiutano Cn. Domizio Calvino, legato di Cesare
che combatte in Tessaglia e in Macedonia (6). Nel 30 dopo la
battaglia di Azio Cesare Ottaviano fondando Nicopoli trasportò
nella nuova colonia quei di Calidone e d'altre città etoliche, ma
la maggior parte di essi si ritirò ad Anfissa (7), e con l'eccezione
di Anfissa le altre città dei Locresi dell'ovest dipendono ora per
dono di Augusto dalla colonia romana di Patrasso (8). Solo
Anfissa fu libera e immune (9).

7. DORIDE. – La lega dei Doriesi è testimoniata dall'iscri


zione per le onorificenze di Cassandro, figlio di Menesteo (167
146) (10). Il magistrato eponimo dei Doriesi, il Soptopyéov, com
pare in due epigrafi delfiche rispettivamente del 161/0 e 159/8
e in due altre pure delfiche spettanti al 6° sacerdozio, e cioè agli
anni 153/2-144/3 (11). Esso ricompare in un'epigrafe di circa il 29

(1) V. anche OLD FATHER in PAULY-WIssowA « Real-Encycl.» XIII col. 1233.


(2) PLUT. Sulla 26. OLD FATHER, History and topography of Locris in «Am.
Journ. of Arch. » XX (1916), p. 49 seg., 54.
(3) In Pis. 37, 91. 40, 96.
(4) LUCAN. III 172.
(5) CAEs, b. c. III 34,2.35, 1.
(6) CAss. DIo XLI 51,3.
(7) PAUs. X 38,4.
(8) PAUs. X 38, 9; v. inoltre STRABo X 460. Sopra p. 110.
(9) PLIN. n. h. IV 8. PAUs. X 38, 4.
(10) Syll.º 653.
(11) Per tutte queste epigrafi DAUX, Delphes, p. 644 seg.
210 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

av. Cr. (1) ove si nomina espressamente il koinon dei Doriesi.


Peraltro in tre epigrafi del 140/39 (forse), del 139/8 e di un anno
immediatamente posteriore al 139/8 (2) non si menziona il
òoptxpxécov, sì soltanto l'arconte della città di Erineos. In
realtà nelle due iscrizioni più antiche del 161/0 e 159/8 la data
zione, oltre dall'arconte delfico, è determinata dal Sopto pxéoy
senza l'aggiunta dell'arconte eponimo della città, invece l'ar.
conte compare assieme al Soptxpyéov nelle due epigrafi succes
sive spettanti agli anni 153/2-144/3, mentre in quelle ancora
posteriori del 140/39 (forse), del 139/8 e di un anno subito dopo
il 139/8, s'incontra soltanto l'arconte senza l'aggiunta del Soptap
xéov. L'assenza del Scoptopyéov significa non già lo scioglimento
della lega dei Doriesi in quegli anni, ma soltanto un processo di
semplificazione nelle date pel quale si ritiene bastevole l'arconte
eponimo della città. E può darsi che il risalto in cui è messo l'ar.
conte di Erineos o accostandolo al Scoptopyéov o nominandolo
da solo dipenda dall'essere di Erineos colui che fa la mano
missione (3); così un cittadino di Boion della Doride data
soltanto dall'arconte della sua città un atto delfico di affranca
mento (4). I Doriesi della Metropoli s'incontrano anche nelle
liste anfizioniche (5).

8. ETEA. – Il covvòv tov Ottoctéoov è testimoniato dalla


iscrizione per le onorificenze di Cassandro, figlio di Menesteo
(167-146) (6); e dopo il 160 gli Etei o a ogni modo Eraclea hanno
appartenuto alla lega achea, da cui Eraclea fu distaccata per
volere dei Romani nel 147 e per questo venne assalita da Cri
tolao (7). In seguito la lega degli Etei, di cui Eraclea era la capi
tale, non fu incorporata, a quanto sembra, in altre leghe, e iero

(1) Syll.º 770.


(2) DAUX, Delphes, p. 645.
(3) Cosi è espressamente attestato in Fouilles de Delphes III 3 n. 37.
SGDI 2286. 2172. -

(4) H. PoMTow in « Hermes » XLI (1906), p. 363 seg. Fouilles de Delphes


III 1 n. 320. -

(5) DAUX, Delphes, p. 334.


(6) Syll.º 653. -

(7) PAUs. VII 14, 1.15, 2, 9. Niese, op. cit., III, p. 342.
GRECIA CENTRALE 211

mnemoni degli Etei, e non più degli Eracleoti come nella lista
del 178, compaiono in Delfi negli anni 134 (?) e 125 circa (1).
La sua indipendenza dunque, che, come pare probabile, preesi
steva, fu riconosciuta nel 145. Con Augusto, sembra, gli Etei
vennero uniti alla Tessaglia (2).

9. ETOLIA. – La lega etolica, pure ridotta nel 167 alla


estensione che aveva sulla fine del sec. IV, con in più Strato e
una parte del territorio carpito agli Acarnani (3), e privata del
seggio nel consiglio anfizionico (4), continua ad esistere come in
dicano l'iscrizione delle onoranze per Cassandro, figlio di Mene
steo (167-146) (5) e la lista degli strateghi della lega quale si è
potuta costruire in base ai documenti (6). Essa non fu sciolta
neppure dopo il 146, chè gli Etoli non parteciparono in alcun
modo alla guerra achea (7), e conosciamo con sicurezza lo stra
tego degli Etoli nel 143/2, Satiro figlio di Andronico Agrinieo,
nominato assieme all'arconte di Delfi Damostene figlio d'Ar
cone (8), oltre a vari altri strateghi di datazione più o meno certa,
posteriore a ogni modo al 146 (9). Il corvòv töv AltoA&v com

(1) DAUX, Delphes, p. 651 segg. -

(2) Eraclea tessalica in IG. IX 2 n. 103. STRA Bo IX 429. KIP, op. cit.,
p. 4 l.
(3) C. SALVETTI, Ricerche storiche intorno alla lega etolica, in G. BELOCH,
Studi di Storia Antica. f. II, Roma 1893, p. 132 segg.
(4) DAUX, Delphes, p. 328. -

(5) Syll.º 653. -

(6) G. KLAFFENBACH IG. IX lº p. LII. DAUx, Delphes, p. 629 seg. Sugli


agonoteti II ERMANN-Swo BoDA, Staatsalt., p. 368; oltre all'agonoteta noto
da «Ath. Mitt. » XXXII (1907), p. 29 n. 21 ve n'è ora un altro in « Sitzungs
ber. der preuss. Akad der Wiss. » 1935, p. 696. Cfr. anche E. ZIEBARTH
in «Gnomon » 1938, p. 478. - -

(7) PoLY B. XXXVIII 13,9 sul quale v. NIESE, op. cit. III, p. 356 n. 5.
HERMANN-Swo BoIoA, Staatsaltert., p. 370 n. 4. BUsoLT-Swo BoDA, Griech.
Staatskunde, p. 1519 n. 2. KLAFFENBACH, IG. IX lº p. XLvi. E si ricordi che
dopo l'adunanza di Corinto dove gli Achei dichiararono guerra contro Roma
Gabinio, uno dei legati di Metello, andò dagli Etoli in Naupatto (PolyB.
XXXVIII ll, 9). Per lo scioglimento della lega etolica si pronuncia di recente
HoRN, Foederati, p. 30 seg. senza peraltro addurre alcun argomento positivo.
(8) SGDI. 2136. DAUx, Delphes, p. 630.
(9) KLAFFENBACH IG. IX lº p. LII.
212 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

pare in un'epigrafe del 142/1 (1) e intorno all'84 av. Cr. onora
Ladame calidonio (2). In un decreto di prossenia del 143/2 gli
Etoli concedono ad alcuni Lacedemoni (3) 3 té), mov xxi Yag xxi
oixtag éYxtmotv xxi toNatixv xxì &ouxtov xxì &op& Amxy xxì toAſuoo xxi
sipó vog xxì xxtò 96 Axooxy xxì tò AAx ttuto xxì pt) &v9porta, 5oo xxi
totg &XXotg tpogévotg tòv Aito) dov 5tápxet. Qui sembrerebbe a
prima vista che gli Etoli agissero in piena libertà, tuttavia
tali decreti possono anche conciliarsi con una più o meno
effettiva sudditanza a Roma perché la è permalg Y3g xxì oixtag
concessa a uno straniero è compatibile col dominium in solo pro
vinciali per cui, se non si ha la vera proprietà ea iure Quiritium
sul territorio, se ne ha nondimeno il possesso.
Silla sbarcato a Demetriade nell'87 raccolse subito denari
e alleati dall'Etolia (4); dunque l'Etolia si mantenne fedele
a Roma. Nel 57 o 56 l'Etolia fu vessata gravemente da L. Cal
purnio Pisone, governatore di Macedonia (5). Ma proprio il
luogo di Cicerone (6) che ricorda le vessazioni di L. Calpurnio
Pisone ci parrebbe testimoniare che allora l Etolia era alleata
di Roma. Infatti esso suona così: Aetoliam, quae procul a bar
baris disiuncta est gentibus in sinu pacis posita medio fere Graeciae
gremio continetur, o Poena et Furia sociorum ' decedens miseram
perdidisti. L'esclamazione di Cicerone: o Poena et Furia sociorum
nel contesto in cui si trova ha significato soltanto se si ammette
che gli Etoli erano soci di Roma ; peraltro la parola soci può es
sere adoperata nel senso proprio di populi foederati e populi liberi,
e però di soggetti politicamente autonomi rispetto a Roma, e
in quello improprio di soggetti non autonomi (7). Tuttavia è
fuori dubbio che dopo il 146 l'Etolia conservò la situazione sorta
dal trattato iniquo con Roma del 189 e la conservò pure dopo
Silla.

(1) IG. IX lº n. 35.


(2) IG. IX. 1º n. 139 – Syll.º 744. Melancoma figlio di Filodamo Atzo) &
viene onorato in Cizio (Cipro) fra il 145 e il 116, OGIS. 134.
(3) IG. IX 1º n. 137 b, 1.33 segg.; cfr. IG. IX 1º n. 34 c. d.
(4) APP. Mithr. 30 ; cfr. IG. IX lº n. 139.
(5) CIC. in Pis. 91 ; v. anche 96.
(6) In Pis. 91. -

(7) MoMMsEN, Röm. Staatsrecht, III 1, p. 559 segg. V. p. 54 con n. 3.


GRECIA CENTRALE 213

Durante il governo di L. Calpurnio Pisone a detta di Cice


rone (1) sarebbero andate perdute in mano di nemici Arsinoe,
Strato, Naupatto, città etoliche (2). Tale luogo di Cicerone non
va trascurato come si fa di solito, ma merita un esame più at
tento. Cicerone dunque, dopo aver ricordato l'occupazione di
Arsinoe, Strato, Naupatto da parte di nemici, si chiede quali
fossero questi nemici e risponde: nempe iis quos tu Ambraciae
sedens primo tuo adventu ea oppidis Agrianum atque Dolopum
demigrare et aras et focos relinquere coegisti. Agrianum è conget
tura del Turnebo (3), mentre tutti i codici riportano aggrina
rum ; ma gli Agriani sono un popolo tracio e qui nel contesto
non hanno alcun senso. Evidentemente si tratta d'una corru
zione del nome Agraeorum (4); con ciò abbiamo qui indicati i
popoli a sud-ovest della Tessaglia e con più precisione gli Agrei
nella parte settentrionale dell'Etolia confinanti a nord coi Dolopi
e a nord-ovest con gli Anfilochi (5). G. F. Hertzberg (6) inter
preta il passo ciceroniano nel senso che la rapacità di L. Calpurnio
Pisone costrinse gli Agrei impoveriti ad abbandonare nella loro
necessità disperata le proprie case e a rovesciarsi depredando
sulle città etoliche allora fiorenti. In verità tale interpretazione
non corrisponde al momento tenuto presente da Cicerone, quello
del primo arrivo del governatore (primo tuo adventu); appunto
in base a siffatta espressione bisogna riconoscere che la rapacità
del governatore non aveva ancora il tempo di manifestarsi in
modo da spingere gli Agrei, disperati della loro povertà, ad ab
bandonare le proprie sedi. Piuttosto qui si tratta d'un ordine
del governatore dato a quei popoli primo adventu, per motivi
che a noi sfuggono, di emigrare dalle sedi avite, e quelli allora
per rappresaglia occuparono le città etoliche. Tuttavia se il go

(1) In Pison. 37, 91.


(2) Per questo poco dopo (ibid. 96) CICERoNE esagerando dice Aetolia
amissa.
(3) Accolta anche dall'edizione di A. KLotz.
(4) KLAFFENBACH IG. IX lº, p. XLVI.
(5) Per la posizione geografica degli Agrei v. SALVETTI, op. cit., p. 95 seg.
(6) Op. cit., p. 430. L'interpretazione di DRUMANN-GRoEBE, Gesch. Roms,
IIº, Leipzig 1902, p. 55 è errata perché considera i popoli qui indicati da Cice
rone indistintamente come barbari che invasero la Macedonia e poi l'Etolia.

15.
214 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

vernatore di Macedonia aveva, come sembra, l'autorità d'im


porre agli Agrei il comando di emigrare, vuol dire che gli Agrei
si trovavano sotto la sua giurisdizione, e cioè che quei territori
erano incorporati nella provincia di Macedonia. Ma con questo
per sé non si potrebbe affermare che allora tutta l'Etolia fosse
incorporata alla provincia di Macedonia perché l' 'A ſpato faceva
parte della è ti totog Aito).to e potrebbe darsi che i Romani
si fossero limitati al solo assoggettamento di quella tribù (1).
Nel 49 i pompeiani raccolgono soldati in Etolia e occupano
con presidi Calidone e Naupatto donde nell'anno seguente il 48
vengono scacciati ad opera di C. Calvisio Sabino, inviato di
Cesare, a cui legati d'Etolia avevano assicurato che le loro città
sarebbero passate dalla sua parte; difatti Calvisio s'impadro
nisce di tutta l'Etolia (2). Così gli Etoli e i Locresi dell'ovest
aiutano Cn. Domizio Calvino, legato di Cesare, che combatte
in Tessaglia e in Macedonia (3) e tutti quelli che erano stati
coscritti da Pompeo in Epiro o in Etolia passano a Cesare (4),
nel cui esercito a Farsalo combattono gli Etoli (5). Nel 30 Otta
viano fondando Nicopoli fra gli altri Greci costringe anche degli
Etoli a partecipare al sinecismo e in primo luogo Calidone (6),
ma la maggior parte del popolo si ritirò ad Anfissa (7) sicché al
tempo di Strabone Calidone e Pleurone erano umili città (8).
Con Augusto nel 27 l'Etolia è attribuita alla provincia d'Acaia (9).

10. ACARNANIA – Dopo il 167 la lega degli Acarnani,


pur privata della capitale Leucade (10), continua a esistere (11).

(1) Ma v. l'interpretazione della legge con cui si assegnano a L. Calpurnio


Pisone la Macedonia e la Grecia : p. 104 seg.
(2) CAEs. b. c. III 34,2. 35, 1.
(3) CAss. DIo XLI 51, 3.
(4) CAEs. b. c. III 61.
(5) APP. b. c. II 70. -

(6) PAUs. X 38, 4. VII 18,8. IG. IX lº n. 92.


(7) PAUs. X 38, 4.
(8) STRA B. X p. 450.
(9) P. 110.
(10) LIv. XLV 31, 12.
(11) IG. V 1 n. 29 = Syll.º 669. IG. IX I n. 513-517.
GRECIA CENTRALE 215

A Leucade succede come capitale Tirreo (1), e così ridotta la


lega permane anche dopo il 146 (2). Infatti, se si prescinde dalla
notizia di Pausania (3) su cui si è discusso altrove (4), non risulta
che la lega degli Acarnani fosse disciolta nel 145 appunto perché
non partecipò in alcun modo alla guerra achea (5). Rispetto a
Roma essa rimase nelle condizioni precedenti e le sue città con
tinuarono a essere libere e amiche di Roma. Tra le forze che il
propretore L. Licinio Lucullo nel 103 condusse contro gli schiavi
siciliani insorti compaiono 800 Bitini, Tessali e Acarnani (6).
Del 94 av. Cr. è il trattato di alleanza tra i Tirrei e i Romani (7)
le cui condizioni peraltro non ci sono pervenute ; da allora Tirreo
diventa una civitas foederata (8). Tirreo era allora la capitale
della lega ; ma se anche non si vede bene in quale relazione co
desto trattato stesse col koinon, soprattutto per la mancanza
delle condizioni che esso doveva contenere in quella parte della
pietra a noi non giunta, non si può senz'altro considerare non
esistente la lega. Solo si può dire che, stringendo Roma alleanza
con Tirreo e non col koinon degli Acarnani, questo allora era
politicamente esautorato.
L'Acarnania, come molte regioni della Grecia, è soggetta
alle vessazioni del proconsole L. Calpurnio Pisone Cesonino,
governatore della Macedonia nel 57-55 (9). Nel 48 i legati di
Cesare L. Cassio Longino e C. Calvisio Sabino sottomettono

(1) HERMANN-Swo BoloA, Griech. Staatsalt., p. 304. F. IMHoo F-BLU MER,


Die Minzen Akarnaniens, Wien 1878, p. 174 segg. HEAD, Hist. num.º, p. 332.
(2) NIEsE, Gesch. der griech. und maked. Staaten, III, p. 356. HERMANN
SwoBodA, op. cit., p. 303 n. 13. BUsoLT-Swo BodA, Griech. Staatskunde,
p. 1468. Contra erratamente JU DEICH in PAULY-WIssowA, « Real-Encycl. »
I col. 1155.
(3) VII 16.
(4) P. 16.
(5) Secondo Poli BIo (XXXIX 3, 10) le opere d'arte che dopo la distru
zione di Corinto vennero trasportate in Roma passarono dal Peloponneso in
Acarnania.
(6) DIoD. XXXVI 8, 1. -

(7) Syllº 732.


(8) P. 89 seg.
(9) CIC. in Pis. 40, 96.
216 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

l'Acarnania (1), ma poco dopo, ritiratesi le milizie di Cassio e di


Calvisio, Corfù e l'Acarnania vengono costrette a fornire foraggio
pei cavalieri di Pompeo (2). A Farsalo gli Acarnani combat
tono armati alla leggera tra le file di Cesare assieme ai Dolopi
e agli Etoli (3). Nel 30 per la fondazione di Nicopoli Ottaviano
forma un sinecismo degli abitanti dei luoghi vicini e in partico
lare dell'Acarnania (4). La parte rimanente dell'Acarnania, e
cioè quella che non appartenne a Nicopoli, da Augusto sotto
posta all'amministrazione provinciale è collegata con la pro
vincia di Acaia (5). -

(l) CA Fs. b. c. III 55, l .


(2) CAFs. b. c. III 58, 4.
(3) A P. b. c. II 70 .
(4) STRA P. X 2,2 p. 450. Anth. Pal. IX 553. PA Us. V 23,3.
v5) P. I l 0.
Xl.

GRECIA SETTENTRIONALE

1. TEssAGLIA. – Per le condizioni della Tessaglia dopo


il 146 è di capitale importanza il senatoconsulto sui Nartaci e i
Melitei che di solito viene datato erroneamente fra il 150 e il 147
av. Cr. (1) sia perché col 146 si riteneva disciolta la lega tessalica
sia perché nel senatoconsulto compare pretore C. Ostilio, figlio
di Aulo Mancino, che era console nel 137 in base ai fasti capi
tolini (2). Ma se il primo motivo è privo di valore, non meno è
privo di valore il secondo. Infatti giusta la lea: Villia annalis
bastava che intercedesse fra l'esercizio di due magistrature un
solo biennio, e però la pretura di Ostilio può cadere poco prima
del 139 av. Cr. (3). Nella terza linea di questa epigrafe si sup
plisce comunemente èv Èè Napºxxio . 39/6vtlov, ma ora il
ritrovamento dell'epigrafe di Filia riguardante Melitea e Nartacio
in stretta relazione cronologica con la nostra (4), su cui si tornerà
in seguito, e l'acuta revisione delle prime linee di essa da parte
di G. Klaffenbach (5) permettono di supplire nella nostra epi

(1) IG. IX 2,89 e Syll.º 674. Nelle IG. IX 2 appare manifesta un'incon
gruenza, e cioè, mentre in base alla tavola degli strateghi tessali di p. XxIv
Tessalo e Leonte sono in carica attorno al 140 a v. Cr., l'epigrafe 89, che ri
corda appunto questi due strateghi ed è datata dal secondo di essi, viene posta
fra il 150 e il 147 a v. Cr. V. anche C. PHILLIPsoN, The intern. Lau and Custom
of anc. Greece and Rome, II, London 1911, p. 158. RAEDER, L'arbitrage in
term., p. 204. ToD, Intern. Arbitration, p. 23, n. 34. A BBoTT-JoHNsoN, Mun.
administr. in the Rom. Emp., p. 258 n. 8.
(2) CIL. Iº p. 26. -

(3) G. KRooG, De foederis Thessalorum praetoribus, Diss. Inaug., Halis


Saxonum 1908, p. 20.
(4) N. GIANNOPULos in «'Ap/xto).orzì, 'Epruzpig » 1927/8, p. 119 segg.
(5) «'Apx. E pruepic », 1927/8, p. 205 seg.
218 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

grafe con sicurezza to Yeo6vtlov al posto di dipyövr]ov secondo


quello che suggerisce la nuova iscrizione (1). In un'epi
grafe SGDI. 2138 di affrancamento ad opera di un meliteo, tor
vata a Delfi, accanto all'arconte delfico Eucle sono menzionati
lo stratego dei Tessali Omero e gli arconti di Melitea. H. Pom
tow (2) poneva l'arconte delfico Eucle intorno al 145/4, data che
viene accolta da G. Kroog (3) e da F. Stählin (4), onde pel
Pomtow allora, nel 145/4, escluso l'errore del lapicida, in Melitea
erano arconti. Per questo l'iscrizione di Filia e l'altra IG. IX
2,89 (5) in base a cui in Nartacio compaiono tagi e non arconti,
debbono essere posteriori al 145/4. In realtà simile data non è
esatta, perché non sussiste alcun argomento per porre l'arconte
delfico Eucle nel 145/4; solo è lecito dire che esso appartiene al
sesto sacerdozio delfico, il quale comprende gli anni fra il 153/2
e il 144/3 (6), e a tale periodo risale l'epigrafe SGDI. 2138.
Ma il passaggio dall'arcontato alla tagia può venire precisato
meglio. Nelle tre tetradi tessaliche della Tessaliotide, Pelasgio
tide, Estieotide e presso i Perrebi magistrati supremi furono
sempre i tagi, se si prescinde dal periodo della dominazione mace
donica in cui i Perrebi ebbero quattro tro) topyot con a capo
un xpyttto).txpxog (7). Invece nell'Acaia Ftiotide, presso gli
Eniani e nella Malide agli arconti succedono durante il sec. II
av. Cr. i tagi (8). In vero per l'Acaia Ftiotide Alo compare con

(1) FR. STAHLIN, Zur Thessalischen Strategenliste in «Philologus »


LXXXVIII (1933), p. 130 seg. LXXXIX (1934), p. 465 seg. ID. in PAULY
WIssowA « Real-Encycl. » XVI, col. 1764.
(2) In PAULY-WIssowA « Real-Encycl. » IV, col. 2641.
(3) Mem. cit., p. 21.
(4) Art. cit. in «Gnomon » LXXXVIII (1933), p. 132.
(5) Syll.º 674.
(6) G. DAUX, Delphes, pp. 125 segg., 646.
(7) W. SchöN FELDER, Die stadt. und Bundesbeamten, p. 15 seg.
(8) Arconti, nell'Acaia Ftiotide : Halos IG. I X 2, 107, Melitea IG. IX 2,
p. XI = Syll.º 546 a ; SGDI. 2138 (v. testo); Thaumaci IG. IX 2, 216.217. 218;
Thebae IG. IX 2, 132 (non datata), una città IG. IX 2, 223 (HERMANN
Swo BodA, Staatsalt., p. 245, n. 12). - fra gli Eniani: Hypata IG. IX 2,7 b (prima
metà del sec. II av. Cr. ; II. G. LoLLING in «Athen. Mitth. », IV, 1879, p. 212),
9 (della stessa età della precedente; a torto A. FICK in SGDI. 1435 la pone nella
seconda metà del sec. II av. Cr. ; v. WILHELM in « Oesterr. Jahresh. » VIII,
GRECIA SETTENTRIONALE 219

tre arconti nel 184/3 (1) e con tagi nel 145 circa (2), Melitea
con arconti nell'epigrafe delfica nota da collocarsi fra il 153/2
e il 144/3 (di essa non abbiamo epigrafi menzionanti tagi), Tau
maci con tre arconti intorno al 160 av. Cr. (3) e con tre tagi in
iscrizioni peraltro del sec. I av. Cr. (4). È dunque fuori dubbio
che nell'Acaia Ftiotide il passaggio dall'arcontato alla tagia,
vale a dire da tre arconti a tre tagi, si effettuò attorno al 146/5
quando i Romani diedero un nuovo ordinamento alla Grecia (5).
Non altrettanto sicura è la data di questo passaggio per gli
Eniani fra i quali Hypata presenta quattro arconti nella prima
metà del sec. II av. Cr. (6) e i tagi in un'epigrafe di epoca impe
riale (7), e può darsi che gli Eniani accogliessero i tagi solo nel
momento in cui sotto Augusto entrarono a far parte della lega
tessalica (8). Nella Malide Lamia ha tre arconti nel 184/3 (9) e
cinque tagi nel 160/59 (10) e tre tagi solo intorno al 130 (11), mentre
di Nartacio conosciamo unicamente tre tagi in un'epigrafe già
nota anteriore al 142 e di nuovo i tagi in un'altra epigrafe, pure

1905, p. 287), 10.-nella Malide: Lamia IG. IX 2, 61-65, 67, 68. – Tagi, nell'Acaia
Ftiotide: Halos IG. IX 2, add. p. x n. 1 (PoMTow in « Klio » XVIII, 1923
p. 263. STAHLIN in PAULY-WIssowA «Real-Encycl. » V A, col. 1591), 108
(non datata); Thaumaci IG. IX 2,219 (KIP, Thess. Studien, p. 62 seg. ;
« Bull. Corr. Hell. » XLVIII, 1924, p. 371), 220 ; SEG. III 468. - fra gli Eniani:
Hypata IG. IX 2, 34. - nella Malide : Lamia IG. IX 2, 66 b, 69 (a 1.2 è supplito
erratamente 39/6vrov invece di re e vo v; v. anche SGDI. 1447); Syllº
668; Nartacium IG. IX 2,89 a (v. testo); «'Apxxvo). 'Eq ruspt: », 1927/8.
pp. 119 segg., 205 seg.
(1) IG. IX 2, 107. -
(2) IG. IX 2, add. p. X n. 1.
(3) IG. IX 2, 218.
(4) IG. IX 2, 219. SEG. III 468. V. n. 8 alla pagina precedente.
(5) PAUs. VII, 16,9.
(6) IG. IX 2, 7b. 9. V. n. 8 alla pagina precedente.
(7) IG. IX 2, 34.
(8) Secondo l'opinione di SCHÖN FELDER, mem. cit., p. 19 che segue in que
sto HERMANN-SwoBoDA, Staatsalt., p. 439.
(9) IG. IX 2,65. Veramente in questa epigrafe non è del tutto chiaro per
la frammentarietà di essa il numero preciso degli arconti, il quale peraltro è
con sicurezza di tre in diverse iscrizioni poco anteriori, cosi IG. IX 2, 61-63.
(10) Syll.º 668. DAUX, op. cit., p. 679 segg.
(ll) IG. IX 2,69.
220 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

nota, posteriore di tre anni (1). Pertanto pare certo che in Lamia
furono due modifiche, l'una, la prima, da collocarsi subito dopo
la battaglia di Pidna (168), il passaggio dai tre arconti ai cinque
tagi secondo il numero, oltreché il nome, dei tagi tessalici, l'altra,
la seconda, nel 146/5, la riduzione a tre dei cinque tagi confor
memente al numero dei tagi nelle città dell'Acaia Ftiotide. Pur
troppo in Nartacio non possiamo con altrettanta certezza affer
mare un identico processo. Per Nartacio si presentano tre proba
bilità : o i suoi arconti furono come quelli di Lamia sostituiti
subito dopo la battaglia di Pidna da cinque tagi i quali poi nel 145
vennero ridotti a tre, o gli arconti rimasero, come nell'Acaia
Ftiotide, fino al 145 quando subentrarono i tre tagi, o essi furono
sostituiti da tre tagi subito dopo Pidna e Nartacio precederebbe
in questo caso la riforma attuatasi soltanto nel 145 per l'Acaia
Ftiotide e per la stessa Lamia. Ma non è chi non veda come sif
fatta ipotesi sia la meno verisimile in confronto con le altre due,
e, dunque, vada messa da parte. Così, dovendosi collocare il pas
saggio ai tre tagi attorno al 146/5, le due epigrafi di Nartacio,
collegate fra loro intimamente, in una delle quali, quella di Filia,
compaiono tre tagi, spettano a dopo il 146/5 e con più precisione
agli anni fra il 146/5 e il 142 l'epigrafe di Filia, a quelli fra il 146/5
e il 139 l'altra conosciuta di solito come senatoconsulto intorno
ai Nartaci e ai Melitei (2). Del pari l'iscrizione delfica SGDI. 2138,
dove s'incontrano a Melitea arconti, va datata fra il 153/2 e il
146/5.
Le modifiche studiate nelle magistrature di Lamia, di Nar
tacio e delle città ftiotiche indicano una sempre maggiore ade
sione della Malide e dell'Acaia Ftiotide alla lega tessalica, alla
quale entrambe le regioni erano già state assegnate negli anni
precedenti, e cioè un sempre maggiore incremento della lega tes

(1) Il giudizio cui si riferisce l'epigrafe di Filia « 'Apxxto). 'Ep auspic »


1927 8 pp. 119 segg. 205 seg., da parte dei giudici di Colofone, Samo e Magnesia
intorno a questioni di confine fra Melitea e Nartacio, s'identifica con quello
ricordato da IG. IX 2,89 b, 1.20 segg. – Syll.º 674 1.55 segg. e anteriore di
tre anni a tale iscrizione. Poiché questa è anteriore, si disse, al 139, l'epigrafe
di Filia è anteriore al 142.
(2) Syll.º 674. Sulla data di questo senatoconsulto posteriore al 146
cfr. anche DAUx in « Bull. Corr. Hell. » LVII (1933), p. 97.
GRECIA SETTENTRIONALE 221

salica onde si può già dedurre da codesto indizio, per quanto


lieve, che allora dopo la guerra achea la Tessaglia fu trattata
con riguardo dai Romani : il che viene confermato con altre con
siderazioni. Inoltre perché l'epigrafe di Filia spetta agli anni
immediatamente posteriori al 146/5, acquista particolare impor
tanza per la nostra ricerca come l'acquista l'altra nota quale
senatoconsulto intorno ai Nartaci e Melitei. -

Questa iscrizione, senatoconsulto intorno ai Nartaci e Melitei,


IG. IX 2,89 b, l.19 segg. ricorda un giudizio pronunciato tre anni
prima sulla stessa questione da un collegio di sei persone e cioè
due cittadini di Samo, due di Colofone e due di Magnesia al
Meandro. Tale giudizio corrisponde a quello contenuto nell'al
tra epigrafe di Filia (1) scoperta di recente. Qui i giudici di Samo,
Colofone e Magnesia sono inviati dalle rispettive città tpòg tò
xotvòv töv (9eooo) (ov (1.4). Abbiamo dunque la conferma che
negli anni fra il 146/5 e il 142, cui spetta l'epigrafe, esisteva la
lega. La controversia, come risulta dai documenti, riguardava
l'appartenenza ai Melitei o ai Nartaci d'un terreno pubblico e
d'un territorio disabitato. I Melitei si appellano a vari giudizi
pronunciati in loro favore in anni diversi da un certo Medeios,
da una città di Tessaglia e dal macedone Pyllos, giudizi tutti
anteriori, per quel che pare, all'entrata di Melitea nella lega tes
salica. Per contro i Melitei si richiamano alle leggi stabilite in
Tessaglia da Tito Quinzio Flaminino e dai dieci legati e approvate
poi da un senatoconsulto e al giudizio pronunciato da Sami,
Colofoni, Magneti, di cui già si è discorso, che precede di tre anni
il nuovo senatoconsulto riferito nella nostra epigrafe IG. IX 2,89.
Tale senatoconsulto conclude una serie abbastanza lunga di ar
bitrati intorno alla medesima controversia e riconferma ora la
deliberazione dei dieci legati, dando così ragione ai Nartaci.
Gli ambasciatori di queste due città in Roma sono conside
rati come provenienti da popoli amici e soci dei Romani, ed essi
dinanzi al senato rinnovano l'amicizia e la societas delle loro patrie
rispettive con Roma ; il senato rispondendo rinnova del pari
l'amicizia e la societas (2). Eppure simili espressioni suonano più

(1) «'Apxxto). 'Ep ſuepic » 1927/8, p. 123, sopra p. 217.


(2) Per queste espressioni v. sopra p. 54 con n. 3 e 2) 2.
222 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

che altro come frase (1); e le città si possono riguardare libere e


amiche fuori della provincia (2).
Poco prima, sempre però dopo il 146, c'era già stato in pro
posito, si disse, il giudizio dei Sami, Colofoni e Magneti; dunque
la lega tessalica, di cui facevano parte le due città di Melitea e
Nartacio, e alla quale i giudici rimettono il loro arbitrato, era
perfettamente libera di rivolgersi a chi volesse per controversie
riguardanti membri della lega. A Roma non ricorre il corvòv
tessalico, ma, a quanto pare, se si considera che nel senatocon
sulto il discorso dei Melitei è riportato prima di quello dei Nartaci,
vi ricorre Melitea. Da ciò si deduce che nel primo caso le due città
avevano interpellato per la loro divergenza la lega tessalica,
e questa aveva rimesso la questione all'arbitrato delle città del
l'Asia Minore. In vero codesto arbitrato, rinvenuto, si osservò,
nella epigrafe di Filia, si richiama a una deliberazione precedente
pronunciata sotto lo stratego Krateraios per la città di Melitea
intimamente connesso con la lega come risulta dai sovve)pot
nominati a l.11 ; ed è molto verisimile che il covòv si sia occu
pato già una volta, poco prima o poco dopo il 146, della stessa
questione, ed ora si rimetta all'arbitrato di altri. A ogni modo
risulta chiara la relativa indipendenza delle città della lega di
fronte al koinon onde le città, se possono nelle loro controversie
ricorrere alla lega, possono anche rivolgersi direttamente a Roma
senza l'intervento di quella. Lo statuto dato ai Tessali da Flami
nino è ancora in vigore (3); esso sopravvisse alle riforme del 145
e si vede che trattava pure le questioni controverse fra città della
lega e la possibilità di risolverle per mezzo di arbitrati. Anche
nella lega achea Sparta, come è noto, si rivolse a Roma. Allora
il koinon acheo si sforzò di reagire impedendo o limitando l'intro
missione di Roma nelle relazioni interne fra città della lega, ora
dopo l'esperienza del koinon acheo si era imparato ad adattarsi
all'intervento romano ; per questo la lega tessalica non protesta

(1) DAUx in « Bull. Corr. Hell. » LVII (1933), p. 97.


(2) P. 38.
(3) zxtò vóuoog rooz (9esoso) ſov otc vóuota éco: zxvòv Zpdovrot, oi); vóuoo; Ttto,
Kotyxtto; 5r to; xrò ri: rov 8éxx rosa 3eozów Yv6 un: è Sozzy, xxi extà 86 fux
ao xxhtoo.
GRECIA SETTENTRIONALE 223

di fronte al ricorso di una sua città a Roma, ricorso che mira


di fatto a ottenere l'annullamento di un arbitrato accolto dalla
stessa lega. D'altra parte l'appello di Melitea al senato romano e
non al governatore della Macedonia può in un certo senso con
fermare l'indipendenza della Tessaglia da quel governatore.
Le epigrafi di Nartacio IG. IX 2,90 e 91, più recenti che
quella di Filia, e il senatoconsulto sui Nartaci e i Melitei spettano
alla seconda metà del II sec. av. Cr. Esse contengono due liste
di nomi, la prima delle quali rivela che si tratta di cittadini ono
rati di prossenia da altre città. Fra i 92 nomi elencati più o meno
frammentariamente in queste epigrafi e nelle due studiate, 60
sono di famiglie che vi compaiono con più di due membri e
in più di una epigrafe, e solo 32 rimangono isolati. Un complesso
dunque piuttosto limitato di famiglie ricche come a Larisa e a
Demetriade (1) domina la cosa pubblica, si ha cioè un governo
plutocratico giusta la politica di Roma (2) messa in risalto da
Pausania (3) nel riordinamento del 146/5.
Un altro decreto sempre intorno a questioni di confine fra
Tebe Ftie e Alo, città appartenenti alla lega tessalica, si conserva
in una pietra rinvenuta in Delfi (4) e risale agli anni immediata
mente posteriori al 146/5 sia per la comparsa in Alo dei tagi
sia per la menzione (l. 23) di IIoNoa&ov IIoAtto meliteo che è
testimone in un atto di manomissione delfica (5) da datarsi, si
è detto, fra il 153/2 e il 146/5 (6). Tale epigrafe riguardante Tebe
Ftie e Alo si compone di due parti: la prima riporta l'accordo
dei delegati delle due città per rimettere la loro controversia
a un arbitro, la seconda riferisce la decisione di questo. All'ar
bitro M&xov 'OupxXtovog di Larisa devolvono direttamente
i delegati delle due città il giudizio sulla loro contesa senza che

(1) «Athen. Mitth. » 1929, p. 203.


(2) Per tutto questo STAHLIN in PAULy-WissowA « Real-Encycl. » XVI
col. 1762 seg.
(3) VII 16,9.
(4) IG. IX 2 add. X 205.
(5) SGDI. 2138.
(6) Forse IIo) oo oov non s'identifica con l'arconte di Melitea nominato
nella stessa epigrafe SGDI. 2138; v. PoMTow in « Klio » XVIII (1923), p. 260
seg. e 263.
224 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

vi intervenga la lega tessalica ; pertanto lo statuto di Flaminino,


tuttora, si è visto, in vita, come lasciava libertà alle città della
lega di rivolgersi a Roma indipendentemente dalla lega, anzi in
contrasto con essa, così doveva permettere loro di ricorrere a
un arbitrato sia di città o di cittadini fuori della lega sia anche
di cittadini appartenenti alla lega. Alo e Tebe Ftie sono rispetto
a Roma nella identica condizione di Melitea e Nartacio. Inoltre
una città della lega poteva liberamente accogliere la domanda
di un'altra città e inviare a questa dei propri cittadini come ar
bitri in qualche controversia ; così nella seconda metà del se
colo II la città perrebica di Falanna onora cittadini di Metropoli
tessalica (1), nel 109/8 av. Cr. Atene onora il popolo di Larisa
e quei Larisei che hanno giudicato una sua controversia con Si
cione (2), insistendo sul desiderio di rinnovare l'amicizia fra le
due poleis che agiscono in piena libertà. E a sua volta Larisa
onora giudici venuti da Milasa a sua richiesta (3), mentre in pre
cedenza, e cioè verso il 130 av. Cr., addirittura la lega tessalica
onora dei milasei per essere stati arbitri in questioni riguardanti
l'intero koinon (4). -

La Tessaglia ottenne da Cesare di essere libera dopo la bat


taglia di Farsalo perché aveva partecipato per lui, ad eccezione
di Larisa, nella lotta contro Pompeo (5); dunque essa in un mo
mento precedente fu ridotta in condizione diversa da quella che
le fu lasciata nel 145 av. Cr. (6). Di fatto Cicerone accusa L. Cal

(1) V. p. 230.
(2) Y. BEQUIGNoN, Etudes Thessaliennes in «Bull. Corr. Hell. » LIX
(1935), p. 64 segg. -

(3) Y. BE Q1 1G o N, l. cit., pp. 67 e 69.


(4) IG. I X 2,507. Nulla invece si può ricavare per la sua frammentarietà
dalla lettera di Publio Sestilio trovata in Tessaglia e pubblicata da N. GIAN
NoPot Los in «'Ap/ E vog piz » 1934-35, p. 149 n. 2 su cui v. anche L. Ro BERT
Etudes epigraphiques et philologiques, Paris 1938, p. 287 n. 1.
(5) PLUT., Caes. 48. APPIA N. b. c. II 88. Posteriore al 48 av. Cr. sarebbe
un decreto o di Larisa o di Crannone in onore di giudici di Caristo « Bull.
Corr. Hell. » LI X (1935), p. 71 segg. Il ricordo del soggiorno di Pompeo in
Tessaglia si potrebbe vedere nel nome di uno schiavo Tv. IIourélog "Ap8opog
che compare in un'iscrizione : A. DAIN, Inscr. gr. du Musée du Louvre, Paris
1933, p. 27 segg.
(6) V. contra erratamente, sulla traccia del NIEBUHR, HERMANN-Swo BODA,
GRECIA SETTENTRIONALE 225

purnio Pisone Cesonino (1) di aver vessato la Tessaglia e nello


stesso discorso, quando l'oratore si scaglia contro la legge del 58
con cui si assegnò a Pisone non solo la Macedonia, ma tutta la
Grecia: omnis erat tibi (scil. Pisoni) Achaia, Thessalia, Athenae,
cuncta Graecia addicta, par di poter dedurre che allora la Tessaglia
si trovava in una situazione migliore del restante della Grecia.
Quale fosse codesta situazione non si può dire con sicurezza ;
forse i Tessali, che erano rimasti liberi e immuni nel 145, non
avendo collaborato alla guerra achea contro Roma, e che nel 103
parteciparono all'impresa di L. Licinio Lucullo in Sicilia per l'in
surrezione degli schiavi (2), da Silla, se furono lasciati liberi, ven
nero tuttavia costretti a pagare tributi, e da quei tributi Cesare
li esentò. Silla sbarcato a Demetriade nell'87 raccolse denari
ed alleati dalla Tessaglia (3), e però questa regione, o almeno
parte di essa, si mantenne dapprima fedele a Roma. Ma nell'anno
successivo 86 quando il grande esercito di Mitridate scese in
Grecia e poi ad Orcomeno ingaggiò battaglia con Silla, può darsi
che la Tessaglia abbia aderito al re pontico, e per questo Silla
dopo la vittoria impose ad essa il tributo (4).
A Filippi (42 av. Cr.) nella battaglia fra Ottaviano e Bruto,
dalla parte di questo combatterono cavalieri tessali (5).
2. DEMETRIADE E LA LEGA DEI MAGNETI. – La lega dei
Magneti rinnovata dopo Pidna trova testimonianza in iscrizioni
-- -- -- -

Staatsalt., p. 239. Che questo momento debba ricercarsi secondo il LARSEN.


op. cit., p. 432, nel periodo immediatamente anteriore alla battaglia di Farsalo
quando dalla Tessaglia Pompeo prese rifornimenti (CAEs. b. c. III 5,1), pare
poco probabile sia perché già prima la Tessaglia era stata sottomessa a
L. Calpurnio Pisone Cesonino, il quale senza dubbio ha approfittato di quella
fertile regione, sia perché nell'imminenza della lotta Pompeo aveva tutto
l'interesse a trattar bene i Tessali o almeno a non peggiorare le loro condizioni,
anche se ad essi doveva ricorrere per aiuti.
(1) In L. Pisonem oratio 40, 96.
(2) DIoD. XXXVII 8, 1.
(3) APPIAN. Mithrid. 30; cfr. IG. IXº 1, 1, n. 139.
(4) La notizia di PLINIo nat. hist. IV 29: Pharsali campi cum civitate
libera, rispecchia un momento più tardo, e cioè forse la condizione dell'epoca
augustea. -

(5) AI PIAN. b. c. IV 88. Sul tributo della Tessaglia v. p. 107.


226 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

del 140 circa av. Cr. (1), e però essa non venne disciolta nel 145 (2).
Demetriade era la città più importante della lega, e a' suoi citta
duni spettava la direzione politica della lega stessa. L'ordinamento
nella città e nel territorio era democratico, ma di fatto il comando
si trovava in mano di una piccola cerchia di famiglie ricche della
capitale (3). -

Intorno al 130 av. Cr. (4) ai Magneti giungono dietro pre


ghiera dei Demetriei arbitri dalle città peloponnesiache di Cleitor
e di Patrasso per risolvere alcune controversie sorte fra le città (5).
Dunque la lega era libera di ricorrere all'arbitrato di un terzo
proprio come la lega tessalica ; e al pari di questa essa doveva
essere in uno stato d'indipendenza rispetto a Roma. Nei dissensi
successivi delle città entro la lega che portarono alla divisione
verso il 135 (6) secondo una lista delfica fra i « Magneti di Deme
triade » e i «Magneti di Tessaglia », e cioè fra i Magneti del sud
e quelli del nord, Roma non interviene mai, e tale assenza sem
bra in un certo senso convalidare la libertà della lega dei Magneti.
Le milizie di Mitridate non riuscirono a indurre Demetriade
e Magnesia dalla parte del re pontico (7); e potrebbe darsi che
per questa loro fedeltà, se tale rimase anche nell'86 quando un
forte esercito di Mitridate giunse in Grecia, gran parte delle città
della lega, se non proprio tutte, conservassero la loro libertà
e immunità anche dopo la vittoria di Silla. Cesare sceglie Deme

(1) Fr. STAHLIN, Inschr. von Magnesia und Demetrias, in «Athen. Mitth. »
LIV (1929), p. 210 segg. data intorno al 140 le iscrizioni IG. IX 2 n. 412 e 1100 a
che sono decreti della lega dei Magneti. Su Demetriade arresasi dopo Pidna
ai Romani (DIoD. XXXI 86) e il rinnovamento della lega dei Magneti v.
HILLER voN GAERTRINGEN in PAULY-WIssowA « Real-Encycl. » VI A, col. 133.
(2) FR. STAHLIN - E. MEYER - A. HEIDNER, Pagasai und Demetrias, Berlin
1934, p. 201.
(3) STAHLIN-MEYER-HEIDNER, op. cit., p. 202.
(4) IG. V 2 n. 367. STAHLIN, art. cit., in «Ath. Mitth. » 1929, p. 216 seg.
Su di esso v. anche W. KoLBE in « Journ. of Hell. Studies » L (1930), p. 24 segg.
Erratamente lo HILLER voN GAERTRINGEN, seguendo una tesi più antica,
riporta tale epigrafe a poco dopo il 167 a v. Cr. in PAULY-WIssowA « Real
Encycl. » VI A col. 133.
(5) V. anche IG. IX 2 n. 1100 a. l. 14.
(6) DAUx, Delphes, p. 345 segg.
(7) APP. Mithr. 29.
GRECIA SETTENTRIONALE 227

triade come scalo pel materiale bellico e come porto della flotta
nella guerra partica (1). Pompeo viene onorato dalla città quale
eòepyérg fra il 66 e il 62 av. Cr. (2); Cesare vi ha una statua
onoraria, la cui base in precedenza era servita per una statua
del propretore C. Caelius C. f. Rufus (3). -

3. ENIANIA. – La lega degli Eniani è testimoniata dalla


iscrizione delle onoranze per Cassandro, figlio di Menesteo, che
spetta agli anni fra il 167 e il 146 (4). Creata dopo la battaglia
di Pidna (5), essa secondo un'epigrafe (6) da porsi fra il 148
e il 146 onora Q. Cecilio Metello Macedonico, intorno al 130 dà
la prossenia e la cittadinanza a un corcireo (7) e nell'87 av. Cr.
onora L. Licinio Lucullo (8). Inoltre il koinon degli Eniani trova
conferma in un'epigrafe delfica del 101/100-60/59 av. Cr. (9) e
gli Eniani s'incontrano nelle liste delfiche del 134 (?) (10) e di circa
il 125 (11). Una Aivtaviz & p” Ytá tag compare in un'epigrafe se
polcrale datata ora nel I sec. d. Cr. (12), la quale peraltro è meglio
riferire a prima della riforma di Augusto quando gli Eniani
furono uniti con la Tessaglia (13). Importante è soprattutto un
decreto della lega degli Eniani appartenente alla seconda metà

(1) PLUT. Brut. 25, 2. APP. h. c. III, 63.


(2) IG. IX 2 n. 1134.
(3) «'Epru. 'Apx. » 1916, p. 121. « Ae),ttov » 1936, parart. 5 l. «'Ep u.
'Apx. » 1929, p. 142.
(4) Syll.º 653. Su questa epigrafe DAUX, Delphes, p. 328.
(5) DE SANCTIS, St. d. Rom IV 1, p. 343.
(6) IG. IX 2 n. 37.
(7) IG. IX 2 n. 5 b.
(8) IG. IX 2 n. 38 = Sull.º 743. Per la data dell'87 av. Cr. PoMTow, Die
Römerstatuten in Delphi, in « Klio » XVII (1921), p. 164, il quale alla lega degli
Eniani riporta un'altra dedica forse in onore dello stesso personaggio trovata
a Delfi. Su questa v. SEG. I, 153 e DAUx, Delphes, p. 596 n. 8.
(9) Fouilles de Delphes III 4 n. 56. 57. Per l'arconte delfico Herys, da
cui è datata l'epigrafe, v. DAUx, Delphes, p. 174, 206.
(10) DAUx, Delphes, p. 627, 652.
(11) DAUX, Delphes, p. 345 segg., 653 seg.
(12) IG. IIº, 7973. Per la testimonianza di Strabone IX p. 427 e la sua
interpretazione KIP, Thess. Studien, p. 30 seg. -

(13) PAus. X 8,3. ProL. III 13,45. STAHLIN, Das Hellen. Thessalien,
p. 220. Per gli arconti e i tagi di Hypata v. p. 219.
228 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

del sec. II av. Cr. che conferisce la prossenia, il diritto di citta


dinanza e altri privilegi a giudici stranieri (1). Secondo i nuovi
felici supplementi di L. Robert (2), questi giudici stranieri sa
rebbero venuti per giudicare controversie sorte fra gli abitanti,
non solo d'Hypata, ma di tutto il territorio della confederazione.
Qui la lega degli Eniani agisce in piena indipendenza rispetto a
Roma ; e ciò potrebbe far supporre per essa una condizione simile
a quella della lega tessalica. Alla seconda metà del sec. II av. Cr.
appartiene ancora il giudizio reso a Hypata intorno a questioni
riguardanti Eretria e Caristo (3); dunque una città della lega
degli Eniani poteva venir scelta da altre città all'infuori della
lega come arbitra di controversie. Codesto koinon degli Eniani
conservò senza dubbio dopo il 146/5 la propria libertà e indi
pendenza, non avendo partecipato in alcun modo alla lotta contro
Roma della lega achea.

4. ANFILOCHIA. – Dopo la battaglia di Pidna, nel 167


gli Anfilochi furono staccati dall'Etolia e formarono uno Stato
indipendente (4), che compare ancora al tempo di Cesare (5).
Cicerone (6) parla di Amphilochia vendita ad opera del proconsole
L. Calpurnio Pisone (57/6). Forse la città di Argo anfilochia (7)
onora un romano verso la metà del sec. I av. Cr.

5. DoloPIA. – I Dolopi furono costituiti in koinon dopo


la vittoria romana su Perseo (8). In verità s'incontrano soltanto
nelle liste delfiche del 134 (!) (9) e di circa il 125 (10). Con la nota

(1) IG. IX 2 n. 8.
(2) « Bull. Corr. Hell. » XLIX (1925), p. 221 segg.
(3) Fouilles de Delphes III 1 n. 578, p. 396 segg. DAUx, Delphes,
p. 341 segg.
(4) DIoD. XXXI 8, 6. SYNC. chron. p. 268 a Par. (= pag. 509 Dind.).
(5) CAEs. b. c. III 56.
(6) In Pis. 40, 96.
(7) Positow in «Klio» XVII (1921), p. 164 n. 149. DAUx, Delphes,
p. 596 n. 9. -

(8) DE SANCTIS, St. d. Rom. IV 1, p. 343.


(9) DAUx, Delphes, p. 627. 652.
(10) DAUx, Delphes, p. 345 segg. 653 seg. Su controversie di confine fra
GRECIA SETTENTRIONALE 229

legge del 58 essi sono sotto la giurisdizione del governatore di


Macedonia e allora il loro territorio è incorporato alla provincia
di Macedonia (1). Tuttavia rimane incerto se proprio allora sia
avvenuto per la prima volta tale incorporamento o se risalga
agli anni dopo la guerra mitridatica ; certo è invece che nel 145
la loro lega sopravvisse non avendo partecipato alla lotta contro
Roma (2). Secondo Appiano (3) i Dolopi aiutano Cesare nel
suo conflitto con Pompeo durante il 48. Al tempo di Augusto
non esiste più alcun è9vog dei Dolopi (4).

6. ATAMANIA. – La lega degli Atamani compare nella


iscrizione delle onorificenze tributate a Cassandro, figlio di Mene
steo (167-146 av. Cr.) (5). Gli Atamani sono nominati in una
lettera ai Corcirei d'un pretore romano del 160 circa av. Cr. per
controversie di confine con gli Ambracioti (6). La lega degli
Atamani onora anche Q. Braetius Sura, legato di C. Sentius
Saturninus, pretore di Macedonia dall'89 all'87 secondo un'epi
grafe da collocarsi attorno all'87 av. Cr. (7). Dunque questa lega,
che forse preesisteva al riordinamento della Grecia dopo Pidna (8),
permane ancora nell'età di Silla, e solo al tempo di Strabone (9)
gli Atamani hanno perduto ogni importanza.

7. PERREBIA. – Ottenuta la libertà da T. Quinzio Flami


nino nel 196 (10), i Perrebi, che battono moneta d'argento (11),

le città di 'Ayyetzt e Kttuév, A. S. ARVANIToPoULLos, Inscriptions inedites


de Thessalie, in « Rev. de Philol. » N. S. XXXV (1911), p. 289 segg.
(1) P. 213.
(2) B. NIESE, Gesch. der Griech. und Maked. Staaten III, p. 356.
(3) B. c. II 70.
(4) PAUs. X 8, 3. STAHLIN, Das hell. Thess., p. 146.
(5) Syll º 653. DAUX, Delphes, p. 328.
(6) M. HoLLEAUX, Fragment de sénatus-consulte trouvé a Corfou, in « Bull.
Corr. Hell. » XLVIII (1924), p. 381 segg.
(7) G. FoUGÈREs in « Bull. Corr. Hell. » XIII (1889), p. 388 segg.
(8) DE SANCTIS, St. d. Rom. IV 1, p. 343.
(9) IX 5, 17.
(10) PoLYB. XVIII 46, 5. LIv. XXXIII 32, 5.
(11) HEAD, Hist. num.º, p. 304. -

- -,
230 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

compaiono come koinon con uno stratego a capo nel 178 av. Cr. (1).
Essi hanno delle Stxx &tò aug 06Xcov coi Tessali (2); passano
quindi a Perseo, ma ritornano presto sotto il dominio romano (3).
Forse dopo Pidna nella riorganizzazione della Grecia la lega dei
Perrebi fu rinnovata. Ma, se non abbiamo notizie sulla lega dei
Perrebi, un decreto (4) della città perrebica di Falanna spettante
alla seconda metà del sec. II av. Cr. di prossenia per giudici ri
chiesti alla città tessalica di Metropoli (5) e da essa ottenuti
ci permette di stabilire che, come nella lega tessalica, così in
quella dei Perrebi una città poteva rivolgersi a un'altra città
per qualche giudizio indipendentemente dalla lega e, ciò che più
importa, indipendentemente da Roma. Al pari della tessalica la
lega perrebica doveva trovarsi in condizione di libertà rispetto
a Roma (6). Sulla fine del sec. II o agli inizi del sec. I av. Cr.
la città perrebica di Gonni dà la prossenia e altri benefici a due
Romani (7).
Intorno al periodo successivo resta solo la notizia di Cice
rone (8) Perraebia vendita ; Augusto toglie ai Perrebi il seggio
nell'anfizionia delfica e li unisce ai Tessali (9).

8. EPIRO. – La lega degli Epiroti tepì dovixmy è testimo


niata dall'iscrizione delle onoranze per Cassandro figlio di Me
nesteo (167-146) (10) e da Polibio nel 157 (11). Di essa in seguito

(1) IG. IX 1, n. 689 = Syll.º 638. Si veda anche la lettera di Flaminino


ai Cyreti in Syll.º 593.
(2) « 'Eptiuepic 'Apxx).orzi » 1910, p. 334 segg.
(3) LIv. XLII 67,7.
(4) A. M. WooDwARD in « Journ. of Hell. Studies » XXXIII (1913),
p. 332 segg.; A. S. ARVANIToPoULLos in «'Eg guspi: 'Agy. » 1916, p. 21 segg.
(5) F. STATILIN in PALLY-WIssowA « Real. Encycl. » XV col. 1496.
(6) V. anche i numerosi decreti della città perrebica di Gonni in onore
di giudici provenienti da città tessaliche in «'Ep ſuepc 'Apx. » 1911, p. 129
segg.; ibid. 1914, p. 172 segg.
(7) «'Ep auspi: 'Ap/. » 1912, p. 64 segg.; v. anche l'altro Romano ono
rato di p. 67 seg.
(8) In Pison., 40, 96.
(9) HERMANN-SvvoBoDA, Staatsalt. p. 240 e n. 8.
(10) Syll.º 653.
(11) XXXII 14, 1 ; cfr. XXXII 6, 2 (B.-W.).
GRECIA SETTENTRIONALE 231

non si ha più notizia (1), ma tale silenzio delle fonti non giustifica
l'affermazione di E. Polaschek (2) che, disciolta la lega dopo
il 146, l'Epiro sia stato collegato all'Acaia. La città di Ambracia,
dichiarata libera dai Romani nel 187 con un decreto del senato (3),
dove peraltro durante la guerra contro Perseo fu una guarni
gione romana (4), compare nel 57 o nel 56 sede temporanea del
governatore di Macedonia (5); è probabile dunque che quella
città allora fosse incorporata nella provincia di Macedonia; più
tardi per la fondazione di Nicopoli essa dovette fornire un con
tingente di abitanti (6). Butroto viene ricordata solo durante le
guerre civili (7); forse con Cesare (8) o, più probabilmente, dopo
Azio (9) ricevette una colonia romana (10) e come tale è nomi
nata da monete del tempo di Augusto e di Tiberio (11) e nel
II-III sec. d. C. da un'epigrafe scoperta di recente (12). La mag
gior parte dell'Epiro fu da Augusto nel 27 annessa alla provin
cia d'Acaia, la restante parte, fra cui Butroto, alla provincia di
Macedonia (13).

(1) NIESE, Gesch. der Griech. und Maked. Staaten, III, p. 336. Sull'Epiro
e la provincia di Grecia costituita da Cesare v. sopra p. 106.
(2) « Real-Encycl. » XX col. 1397. Cfr. anche HERMANN-Swo BoDA,
Staatsalter., p. 316.
(3) LIv. XXXVIII 44, 4.
(4) LIV. XLII 67, 9 seg. Su Ambracia v. anche HollEAUX, art. cit., in
« Bull. Corr. Hell. » XLVIII (1924), p. 381 segg.
(5) CIC. in Pis. 37, 91 ; v. anche 96: Ambracia direpta.
(6) PAUs. V 23, 3. Anth. Pal. IX 553.
(7) CAEs b. c. III 16, 1. PLUT. Brut. 26. Sul pericolo corso da Butroto
per non aver pagato una somma impostale da Cesare e sull'intervento di Attico
e di Cicerone v. CIC. ad Att. II 6. IV 8. XIV 10. ll. 12. 17. 20. XV 2. 4. 14.
XVI 2. 16. ad fam. XVI 7. Tutti i testi sono raccolti in L. M. UGoLINI, Al
bania Antica. Vol. III. L'Acropoli di Butrinto, Roma 1942, p. 248 segg.
(8) CARcoPINo, La Rép. Rom. de 133 d 44 av. J. C., in GLotz, Hist. anc.,
p. III. Hist. Rom. II 2, Paris 1936, p. 986.
(9) OBERHUMMER in PAULY-WIssowA « Real Encycl. » III col. 1084.
(10) STRAB. VII 324. PLIN. n. h. IV 4. ProL. III 13, 3.
(11) HEAD, Hist. num.º, p. 320.
(12) UGoLINI, op. cit., p. 209.
(13) P. 110, n. 6.
XII.

ISOLE

1. DELL'IONIo. – Dopo la prima guerra illirica (229-228


av. Cr.) Corcira riebbe la libertà per concessione del senato
senza un vero e proprio foedus (1). Peraltro secondo Polibio (2)
gli Etoli nella pace del 188 furono costretti a consegnare prigio
nieri e disertori to, p (ovrt tº év Kepx 0px, ma questo non era
un prefetto romano posto stabilmente in quell'isola (3), sibbene
un comandante di un presidio o di una squadra che i Romani (4)
vi avevano insediato temporaneamente, mentre combattevano
poco lontani nella penisola greca (5). Libera Corcira rimase anche
in seguito (6), e la sua libertà è testimoniata ancora da Strabone (7)
e da Plinio (8). Durante le guerre civili quell'isola tenne dalla
parte di Pompeo (9), e forse per questo Cesare dopo Farsalo la
incorporò nella provincia dell'Acaia da lui creata.
La città di Leucade nell'isola omonima col 167, dopo la vit
toria romana su Perseo, è staccata dall'Acarnania, della cui lega
fino allora costituiva la capitale (10), ed è eretta in Stato auto

(1) PoLY B. VII 9, 13. APP. Ill. 8.


(2) XXI 32,6. -

(3) MoMMSEN, Röm. Gesch. Iº, p. 552.


(4) ZIPPEL, Die röm. Herrschaft in Illyrien, Leipzig 1887, p. 98 a torto
sostiene la traduzione errata di Liv. XXXVIII 11, 5: Corcyraeorum magi
stratibus.
(5) DE SANCTIS, St. d. Rom. III, p. 301 n. 97.
(6) V. i decreti del II sec. IG. IX 1 n. 685-687. Cfr. HoLLEAUx, art. cit.,
in « Bull. Corr. Hell. » XLVIII (1924), p. 381 segg. -

(7) VII fr. 8.


(8) N. h. IV 52.
(9) CAEs. b. c. III 3, l. 7, 1. APP. b. c. II 71. 83. 87. V. anche IG. IX 1
n. 722.
(10) BUsoLT-SwoBoDA, Griech. Staatskunde, p. 1467 seg.
ISOLE 283

nomo e libero (1). Tale essa rimane sino alla fine della Repub
blica (2). Non si sa con precisione quando sia terminata l'auto
nomia di Leucade. Nel 31 la rada della città per la battaglia
d'Azio accoglie parte della squadra di Antonio, e M. Vipsanio
Agrippa con un abile colpo di mano, forzando il porto, se ne im
padronisce e insieme occupa la città (3). Nell'anno seguente
il 30 Leucade deve dare per la fondazione di Nicopoli i suoi abi
tanti (4) e l'intero territorio dell'isola viene incorporato in quello
di Nicopoli (5). Tuttavia in età imperiale l'esistenza di Leucade
è testimoniata da una moneta di bronzo di Commodo (6), e
questo sembra provare che essa tornò ad avere la sua autonomia
comunale.
Le quattro città di Cefallenia Crani, Pale, Pronni e Same,
che, essendo divenuta l'isola centro di pirateria durante la guerra
etolica, alle ingiunzioni dei Romani si erano sottomesse e ave
vano consegnato ostaggi, all'infuori di Same distrutta per la sua
insurrezione e per la tenace resistenza opposta a M. Fulvio Nobi
liore (7), furono dichiarate libere. Pale poco dopo dedica una
corona a Cassandro, figlio di Menesteo (8), e la sua libertà è ancora
attestata, in età peraltro tarda, da una epigrafe (9); Plinio poi
definisce Cefallenia libera (10). Nel 40 av. Cr. L. Domizio Enobarbo
consegna delle milizie al triumviro M. Antonio presso Pale (11).

(1) LIv. XLV 31, 12.


(2) E. OBERHUMMER, Akarnanien, Ambrakia, Amphilochien, Leukas im
Altertum, München 1887, p. 191 seg. Interessanti sono le lettere che Cicerone
di ritorno dalla Cilicia scrive in Leucade a Tirone ammalato in Patrasso (ad
fam. XVI 4.5). Vedi DRUMANN-GRoEBE, Gesch. Romsº VI, Leipzig 1929,
p. 156; inoltre l'epigrafe sepolcrale bilingue (del II-I sec. av. Cr. ?) CIL. III
574, p. 112. 989.
(3) CAss. DIo L 13, 5. 30, 1. ZoN. X 29. VELL. PAT. II 84, 2. FLoR. II
21 [IV 11, 4.]
(4) DIO LI 1,3. STRA B. X, 2, 2 p. 450. Anth. Pal. IX 553.
(5) Cfr. STRAB. VII 7, 6 p. 325. OBERHUMMER, op. cit., p. 207 seg.
(6) MIoNNET, Descr. de médailles II, p. 84 n. 43.
(7) Liv. XXXVIII 28 segg. Cfr. PoLYB. XXI 32 b. V. anche Syll.º 611,
l. ll segg.
(8) Syll.º 653.
(9) IG. IIº 3301.
(10) N. h. IV 54.
(11) APP. b. c. V 55 (234).
234 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

L'isola di Zacinto, che Flaminino ottenne dagli Achei nel


191 (1), anch'essa fu libera ; durante la guerra mitridatica nel
l'86 Archelao tenta un attacco contro l'isola, ma ne è discac
ciato (2). -

Tutte codeste isole ionie di Corcira, Leucade, Cefallenia


e Zacinto, prescindendo da Itaca, che dovette seguire le sorti
della vicina Cefallenia, pur conservando la libertà, di fatto du
rante il II e il I sec. av. Cr. erano un protettorato dei Romani
i quali avevano un interesse immediato su quelle isole che co
stituivano le basi naturali per navi di commercio o da battaglia
dirette da l'occidente verso l'oriente (3).
2. DELL'EGEo. – La condizione delle isole dell'Egeo dal
146/5 al 27 av. Cr., e si prescinde qui dalle maggiori fra esse
come Rodi, Creta, la cui storia è nota, e dalle altre che per la
vicinanza con le coste dell'Asia, quali Lesbo, Chio, Samo, o ven
nero conglobate nella provincia d'Asia e, dunque, non interessano
la nostra ricerca o conservarono la loro libertà al di fuori della
provincia, è assai oscura e poca luce riceve dai nuovi ritrova
menti epigrafici.
Di Astipalea ci è rimasto un foedus con Roma del 105
av. Cr. (4) in cui si parla di rinnovare la eiphvm, la pi).tx e la
ovuuxxix, ma ciò non significa che questa città già prima fosse
foederata di Roma (5). Essa allora era certamente libera et amica;
Plinio (6) poi la definisce ancora libera civitas. Tera, ritiratosi
nel 145 av. Cr. il presidio tolemaico (7), è parte nel 149/50 d. Cr.
della provincia d'Asia (8); e così nel II-III sec. d. Cr. Me

(1) DE SANCTIS, St. d. Rom. IV 1, p. 171.


(2) APP, Mithr. 45.
(3) Per la condizione di libertà in cui dovevano trovarsi quelle isole cfr.
I,ARSEN, Was Greece free between 196 and 146 B. C. ? in « Class. Phil. » XXX
(1935), p. 198 segg. Rom. Greece, in T. FRANK, An Econ. Survey of Anc. Rome
IV, Baltimore 1938, p. 447.
(4) IG. XII 3, 173.
(5) P. 85.
(6) N. h. IV 71.
(7) V. p. 159.
(8) IG. XII 3,325 = Syll.º 852. Su P. Mummio Sisenna proconsole
d'Asia e non d'Acaia GROAG in PAULY-WIssovvA » Real-Encycl. » XVI col. 529.
ISOLE 235

lo (1) e sotto Settimio Severo Siro (2). Il consiglio e il popolo di


Nasso nel III o IV sec. d. Cr. fanno una dedica a un proconsole
Cassiano (3), il quale peraltro non si sa con precisione se sia proconsole
d'Asia (4). Subito dopo le battaglie di Filippi del 42 av. Cr. Nasso
insieme con Andro, Teno e, per quel che pare, Amorgo (5), viene
data da Antonio ai Rodi in compenso della loro fedeltà, ma i
Rodi pel loro pesante governo tengono quelle isole un breve pe
riodo (6) forse sino a poco dopo la battaglia di Azio (7).
Andro con la morte di Attalo III Filometore, al cui regno
essa apparteneva, passa nel 133 pel testamento di lui in eredità
ai Romani e dai Romani è conglobata nella provincia d'Asia.
Di ciò si ha testimonianza in un'epigrafe (8) che tratta delle
onorificenze da parte degli Adramiteni al giudice andrio Timo
crito e al suo segretario Ificrate pel giudizio da lui pronunciato
presso di loro : qui si ricordano gli divxteu pºévto xott hoto itò
Tvo too Aù ptòtoo Tvotoo bob &vttotpotifyoo (1.6), e questo propre
tore s'identifica con quello che governò l'Asia nel 108 av.
Cr. (9). Certo simili prºpiz indicati dal propretore non riguar
dano propriamente la giurisdizione in Andro, ma è molto pro
babile che si sia ricorso al giudizio di chi apparteneva a una città
della stessa provincia Adramito. Del resto il popolo di Andro
fa una dedica al proconsole P. Vinicio chiamato patrono e bene
fattore, e P. Vinicio, console nel 2 d. Cr., è senza dubbio procon
sole d'Asia (10). Da un'epigrafe del II sec. av. Cr., e però poco

(1) IG. XII 2,1117.


(2) IG. XII 5,658.
(3) IG. XII 5,58.
(4) GRoAG in Prosop. Imp. Rom. IIº, p. 111 n. 468.
(5) Del dominio di Rodi in Nasso non è più documento l'iscrizione IG.
XII 5, 38 perché essa a ragione viene ora attribuita ad Amorgo da L. Rob ERT
in «Rev. Et. gr. » 1929, p. 23 segg. 1933, p. 439 n. 1 ; appunto per questo si
può congetturare che anche Amorgo sia stata data ai Rodi; v. IG. XII S.
p. 102 n. 38.
(6) APP. b. c. V 7. SENECA de benef. V 16,6.
(7) TH. SAUcIUc, Andros. Sonderschrift des Oesterr. Arch. Instit. in
Wien, B. VIII (1914), p. 90. -

(8) IG. XII 5, 722; v. S. p. 127.


(9) V. il commento nelle IG. XII 5,722 e SAUCIUC, Andros, pp. 89 e 150.
(10) Prosop. Imp. Rom. III p. 436 seg. n. 446.
236 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

dopo il passaggio dell'isola ai Romani, si conosce che i Romani


avevano dato la 8muoxpzrix agli Andri (1). Lo stato estrema
mente frammentario non ne lascia comprendere il senso ; tuttavia
può darsi che essa si riferisca a un ordinamento introdotto dai
Romani dopo che l'isola venne in loro potere, e potrebbe anche
darsi, nulla impedendo di abbassare l'epigrafe nel I sec. av. Cr.,
che essa si riferisse all'ordinamento creato dai Romani dopo che
l'isola, al pari di Citno (v. sotto) e di altre Cicladi, fu liberata
dal dominio di Archelao ; e come a Citno ad opera dei Romani si
ristabilì allora il governo di prima, per merito qui sopratutto
d'un cittadino ateniese, così in Andro. A ogni modo tale costitu
zione democratica perdurò nei secoli seguenti, e la bule e l'ec
clesia sono i più importanti fattori nell'amministrazione della
città ancora sotto Antonino Pio (2). In un'altra epigrafe di re
cente pubblicazione (3) spettante al I sec. av. Cr. Txto; Oòxphtog
pubblicano è accusato di èTtt 3opeiv ; pare dunque sicuro che
Andro dovesse pagare vectigalia, ma non si può dire in che cosa
questi consistessero.
L'appartenenza di Teno alla provincia d'Asia è testimo
niata dall'iscrizione bilingue IG. XII 5, 917 secondo cui P. Ser
vilius P. f. Isauricus procos. restituit. Questo P. Servilio Isaurico
è proconsole d'Asia dal 46 al 44 av. Cr. (4), mentre nulla di preciso
si può ricavare dalla dedica del popolo di Teno in onore di
L. Quinzio Rufo (5), ignorando noi se esso sia proconsole di Asia.
Teno nel I sec. av. C. sofferse molto per le guerre con Mitridate
e coi pirati (6) e cadde anche in ristrettezze finanziarie (7).

(1) IG. XII S. p. 129 n. 270 : [3rtoòo9etang ri:| Scuoxpxtix: brò “Pogxiov.
(2) IG. XII 5, 724.
(3) IG. XII S. p. 128 n. 261.
(4) MUNzER in PAULY-WIssowA « Real-Encycl. » II A col. 1799 seg.
(5) IG. XII 5 n. 924.
(6) IG. XII 5 n. 898 = S. p. 139 n. 315.
(7) IG. XII 5 n. 860. Sul luogo di APPIAN. b. c. V 7 v. il commento
del VIERECK. Anche GRAIN DoR, Athènes sous Auguste, p. 5 accetta l'interpreta
zione del BURsIAN, in «Jenaer Literaturzeit. » 1876, p. 181 riguardo al ueta
della frase 'A9 vxtotg S'è: obtòv è).9o5a guerà Tivov Ai tvav éòoxe xxi...., che
cioè la preposizione ue: & venga qui adoperata secondo l'uso omerico e poe
tico in senso finale. Peraltro difficilmente codesto uso può essere stato
seguito da Appiano, ed è meglio congetturare che uetà Tivov sia una mo
ISOLE 237

Ancora più oscure sono le vicende di Amorgo, che Tolemeo con


sidera, ma ciò non ha molto significato, come appartenente al
l'Asia (1). -

In un'epigrafe del Pireo del 79 av. Cr. circa (2) si legge:


ò 8iuog & Kuºvtov [eig buóvotav] xxì [éXeo9epilav [3rtobextxothoov[t]o tò
toÀiteoux, vale a dire il popolo di Citno onora un ateniese
il quale si adoperò affinchè Citno ottenesse la sua libertà
dopoché essa, al pari di altre Cicladi, era stata resa schiava da
Archelao (3). Il cittadino ateniese interpose i suoi buoni uffici,
io credo, presso i Romani; da ciò non si può dedurre che Citno
fosse allora sotto Atene. Essa batte moneta di bronzo nel II e
I sec. av. Cr. (4) ed è, per quel che pare, libera.
Di Ceo sappiamo solo che insieme con Egina, Ico, Sciato e
Pepareto fu data da Antonio agli Ateniesi dopo Filippi (5) e sotto
gli Ateniesi rimase fino a Settimio Severo. Egina, che apparte
neva al regno di Pergamo, con la morte del re Attalo passata ai
Romani, venne incorporata nella provincia d'Asia. Questo te
stimonia l'epigrafe IG. IV n. 2 con cui la città d'Egina onora un
certo Diodoro, figlio di Eraclida, nominato agoranomo nel ses
santaquattresimo anno di un'era che è, pare, quella iniziantesi
col 133, ossia con la creazione della provincia d'Asia, e corri
sponde al 69 av. Cr. Vi si parla dell'ultima guerra combattuta
dagli Egineti contro i pirati che avevano saccheggiato anche
il loro territorio (l.9 segg.); codeste devastazioni si identificano
con quelle compiute dai pirati, è da credere, fra l'80 e il 70 av. Cr.
sia nel santuario di Asclepio in Epidauro sia nei templi di Posi

difica di uetà Tivolo determinata dagli accusativi seguenti e che Teno, tolta
ai Rodi, sia stata concessa ad Atene; Appiano poi avrebbe qui fuso insieme
avvenimenti di anni diversi. Ma siffatta congettura, pure se migliore, a mio
giudizio, delle altre, è anch'essa estremamente incerta.
(1) PtoL. V 2 ; alla provincia d'Asia l'attribuisce W. RUPPEL, Zur Ver
fassung und Anordnung der amorginischen Städte in « Klio » XXI (1927),
p. 316.
(2) IG. II° 3218.
(3) PLUT. Sulla 11. A. WILHELM, Att. Urkunden III in « Sitzungsber.
der Akad. der Wiss. in Wien » Ph. - hist. Kl. 202 B., 1925, p. 21 segg.
(4) HEAD, Hist. num.º, p. 485.
(5) APP. b. c. V 7. PLUT. Anton. 23. V. HERTzBERG, Die Gesch. Griechen
lands unter der Herrschaft der Römer I, p. 474, n. 13.
238 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

done all'istmo, al Tenaro e a Calauria (1). Inoltre il nostro decreto


richiama molto da vicino l'altro di Epidauro in onore pure di
un agoranomo Evante del 71 av. Cr. (2) ove si ricorda la guar
nigione lasciata da M. Antonio Cretico per un anno in Epidauro
appunto perché, io penso, il tempio di Asclepio era stato depre
dato dai pirati di recente. E allo stesso anno risale il decreto di
Gizio (3) che allude a parecchie pi).txxi Aettoopytxt (4) ri
-chieste dai Romani. Nel 69 poi l'isola di Delo sofferse il saccheg
gio per parte del pirata Atenodoro (5), e dunque la datazione
dell'epigrafe di Egina nel 69 av. Cr. corrisponde perfettamente
alla temperie storica ivi rappresentata. Se invece il computo
del sessantaquattresimo anno si volesse iniziare con l'era achea,
e cioè col 145, il decreto dovrebbe collocarsi nell'82/1 av. Cr.
forse troppo presto, a nostro giudizio, tenuto conto delle con
dizioni da esso presupposte (6). Del popolo di Egina abbiamo
inoltre una dedica in onore di Gaio Norbano Flacco (7), ma non
si può stabilire se sia stata fatta quando Norbano combatteva
contro Bruto e Cassio e, vinta la seconda battaglia di Filippi,
assunse il comando nel campo di Cesare al posto del triumviro
ammalato (8) o dopo Azio quando egli fu proconsole d'Asia (9).
Egina allora, nel 69, si trovava in una cattiva situazione finan
ziaria è[tà tàv] eiaſploſp]3v, ossia pel tributo che doveva pa
gare ai Romani, ed anche codesta indigenza ben s'inquadra
nel periodo durante e dopo la spedizione di M. Antonio Cretico,
quale risulta dal noto decreto di Epidauro (10). Egina fu tolta

(1) PLUT. Pomp. 24. ZIE BARTH, Beitr. zur Gesch. des Seeraubs, p. 34 segg.
G. WELTER, Troizen und Kalaureia, Berlin 1941. p. 224.
(2) IG. IV2 66.
(3) Syll.º 748.
(4) V. p. 74 e 131 seg..
(5) JACoBY FGr.Hist. II B p. 1164. P. Roussel, Délos colonie athémienne,
Paris 1916, p. 330 segg. - - - -

(6) V. contra DINs MooR, Archons of Athens, p. 237 n. 1, il quale peraltro


non porta alcun argomento positivo.
(7) IG. IV 1 n. 14. -

(8) APP. b. c. IV 548. -

(9) Su C. Norbano Flacco GROAG in PAULY-WIssowA « Real-Encycl. »


XVII col. 1270 seg. - - - -

(10) Su Egina cfr. anche G. WELTER, Aigina, Berlin 1938.


ISOLE - 239

agli Ateniesi da Augusto insieme con Eretria nel 21 av.


Cr. (1).
Le isole di Sciato, Pepareto ed Ico col 197/6 rimangono li
bere, come indica per Pepareto un decreto (2), e tali rimangono
anche dopo Pidna mantenendosi indipendenti dal governatore di
Macedonia (3). Peraltro in base allo stesso decreto (l.27 seg.),
i Romani godevano di una condizione privilegiata in confronto
con gli altri popoli, ed è presumibile che potessero disporre di
quelle importanti basi navali a loro beneplacito ; così nel 169
una squadra romana sverna a Sciato (4), e sempre per l'interesse
strategico Mitridate nell'89/8 s'impadronisce di Sciato (5). Anto
nio cede quelle isole dopo la vittoria di Filippi agli Ateniesi, e
ad essi appartengono ancora al tempo di Adriano (6). Degli Ate
niesi sono egualmente le isole di Lemno, Imbro, Sciro, Delo, otte
nute peraltro queste già nel 166 dopo la vittoria romana su
Perseo (7) e ateniesi rimangono fino a Settimio Severo. Degli
stretti legami fra Atene e Lemno dopo il 166 fanno testimo

(1) CAss. DIo LIV 7, 2: 'A9 vºtov èè rhy tz Ai tvxy xxi riv 'Eperpixv,
èxxprobvto Y32 xòrza, doc rivé: prov, 3 gei) sto (scil. Augusto) 5r Fòv 'Avrovtov
èoto)òxoxv. GRAINDoR, Athènes sous Auguste, p. 5 seg., basandosi sulla frase
dog tvéz poco v non dà peso a codesta testimonianza di Cassio Dione. Peraltro
essa è esplicita riguardo all'azione di Augusto che ha tolto Egina ed Eretria
agli Ateniesi ; la sola incertezza delle fonti usate da Cassio Dione è intorno
ai diritti che Atene esercitava su Egina ed Eretria e sul motivo reale dell'atto
di Augusto, non sull'atto stesso. La donazione agli Ateniesi di Eretria ad
opera di M. Antonio non viene ricordata da Appiano, ma nulla si può dedurre
da questo argumentum ex silentio, come dalla condizione di Egina e di Eretria
sotto l'impero non si può dedurre quella del I sec. av. Cr., ignorando noi del
tutto le vicende di queste città.
(2) Syll.º 587.
(3) V. anche W. PEEK in «Ath. Mitt. » LIX (1934) p. 70 segg., dove
peraltro a pag. 72, quando s'indica il periodo della libertà di Pepareto fra
il 197 e il 142, è da correggere evidentemente quest'ultima data in 42.
(4) Liv. XLIV 13. -

(5) APP. Mithr. 29.


(6) IG. XII 8 n. 645.
(7) PoLYB. XXX 20. VITRUv. VII 7,2. V. C. FREDRICH IG. XII 8, p. 4.
M. THoMPsoN, Some Athenian « cleruchy » money, in « Hesperia » X (1941),
p. 204 seg. Per Lemno v. anche F. L. W. SEALY, Lemnos in «Ann. of Brit.
School at Athens » XXIII (1918/9), p. 151.
240 IL DOMINIO ROMANO IN GRECIA

nianza due decreti dei cleruchi di Efestia e di quelli di Mirine (1)


e un decreto scoperto di recente nel Cabirio di Lemno spettante
al 75/4 av. Cr. (2). I vectigalia di Lemno per concessione del senato
e del popolo romano venivano riscossi dagli Ateniesi e a loro
vantaggio (3); e questo significa che i vectigalia delle altre isole,
se c'erano, erano pagati ai Romani. Imbro quando Atene fu as
sediata da Silla (87/6) batté moneta propria secondo una con
gettura abbastanza fondata (4).
Di Giaro si conosce solo da Strabone (5) che nel 29 av. Cr.,
mentre Ottaviano si trovava a Corinto, un ambasciatore da parte
de' suoi abitanti si reca da lui per chiedere una diminuzione del
tributo di 150 dramme annue. Ma a quale provincia apparte
neva Giaro ? Se Andro, Teno ed Egina erano incorporate nella
provincia di Asia, da questa dipendeva anche, sembra sicuro, Giaro.
Siro in base al decreto IG. XII 5 n. 653 con cui la bule e il
popolo onorano un cittadino di Sifno e che va collocato all'in
circa nei tempi di Pompeo, pare libera. Libera è invece senza
dubbio Samotracia dopoché riacquistò la sua libertà nel 166,
ché Plinio (6) parla di insula Samothrace libera; essa aveva diritto
di esilio (7). Del pari Taso, scosso il dominio macedonico ad
opera dei Romani nel 196 (8), si mantenne libera per lungo tempo,
e Plinio (9) la ricorda come libera. Dunque essa, pur essendo ser
vita di base a Bruto e Cassio (10) e avendo accolto il cadavere di
Cassio (11) e molti amici di lui (12), occupata da Antonio (13), non

(1) IG. IIº 1223. 1224. Per Delo LAIDLAw, A History of Delos, p. 258 segg.
(2) «Annuario della R. Scuola Archeolog. di Atene 5, vol. III-IV N. S.,
1941-42, p. 84 segg.
(3) VITR. VII 7.
(4) F. IMHooF-BLUMER, Münzen der Kleruchen auf Imbros, in «Athen.
Mitt. » VII (1882), p. 146 segg. Monnaies grecques, Paris 1883, p. 48 seg.
HEAD, Hist. num.º, p. 261.
(5) X 485.
(6) N. h. IV 73.
(7) LIv. XLV 5,2,
(8) PoLyB. XVIII 44,4. 48,2. LIv. XXXIII 30.
(9) IV 73.
(10) APP. b. c. IV 106. 107, 109.
(11) PLUT. Brut. 44.
(12) APP. b. c. IV 136.
(13) APP. b. c. IV 136.
ISOLE 241

fu privata della libertà da Ottaviano ; e forse anche per questo


il popolo onora la figlia di Augusto Giulia Stà tpo (6vov
eòeprétig (1). È evidente pertanto che Taso rimase al di fuori
della provincia di Macedonia; nel II-I sec. av. Cr. batte moneta
anche di argento (2) che ha grande diffusione.
In conclusione le notizie, per quanto scarse, intorno alle
isole dell'Egeo dopo il 146 e prima della riorganizzazione di Otta
viano nel 27 ci permettono di considerare Egina ed Andro con
globate nella provincia d'Asia, almeno fino a poco dopo la bat
taglia di Filippi dell'avanzato autunno 42 av. Cr. ; ma queste
due isole erano in una condizione del tutto speciale, perché ap
partennero sino al 133 al regno di Pergamo e passarono ai Romani
col testamento di Attalo III Filometore. Peraltro è del pari sicuro
che prima del 44 av. Cr. l'isola di Teno, la quale non faceva parte
del regno di Pergamo ed è assai vicina ad Atene, fu collegata alla
provincia d'Asia, e tale rimase sino a dopo Filippi. Astipalea
poi stringe nel 105 un'alleanza con Roma e conserva la sua li
bertà anche nel secolo seguente, come libere sono le isole di
Sciato, Pepareto, Ico e forse Ceo, solo tuttavia fino a poco dopo
Filippi, Samotracia, Taso, e probabilmente Siro, mentre Lemno,
Imbro, Sciro, Delo cadono in possesso di Atene. Di alcune altre
isole, quali Tera, Melo, sappiamo che in età imperiale erano
parte della provincia d'Asia, e così pure di Giaro, per quanto
sembra, nel 29 av. Cr. È lecito dunque congetturare che nessuna
delle isole dell'Egeo fu annessa alla provincia di Macedonia ;
di esse alcune vennero incluse nella provincia d'Asia, ma si
ignora il momento preciso, e si ricordi che Archelao sottomise
le isole Cicladi (3), altre rimasero libere, ed altre infine furono
date ad Atene. Subito dopo Filippi per opera di Antonio ad Atene
sono consegnate anche le isole di Sciato, Pepareto, Ico, Ceo ed
Egina, ai Rodi invece quelle di Nasso, Andro, Teno e forse Amorgo.
Nel 27 av. Cr. i Rodi avevano già perduto questi recenti acquisti,
mentre gli Ateniesi li conservavano ancora.

(1) IG. XII 8 n. 381.


(2) HEAD, Hist. num.º, p. 265 seg.
(3) PLUT. Sulla l 1.
FINITO DI STAMPARE IN TIVOLI

NELLE ARTI GRAFICHE ALDO CHICCA ,,


IL 12 DICEMBRE 1945

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