Sommario
1. Vicende divine
In (quei) giorni lontani, nei giorni in cui il cielo dalla sua terra fu separato,
in (quelle) notti lontane, nelle notti in cui il cielo dalla sua terra fu separato,
[in (quegli) anni lontani], negli anni in cui i destini furono [stabiliti],
quando gli Anunna furono generati,
5 quando le dee furono prese in matrimonio,
quando le dee furono assegnate in cielo e terra,
quando le dee [...] divennero gravide e generarono,
quando gli dèi [...] le razioni di cibo [...] ai banchetti legarono.
Gli dèi maggiori presiedevano al lavoro, gli dèi minori sopportavano la fatica.
10 Gli dèi (minori) scavavano canali, ammonticchiando la terra di riporto nel Harali 1 ,
gli dèi mugugnavano (e) si lamentavano della loro vita.
A quel tempo, il saggio, il creatore dei numerosi dèi esistenti,
Enki, nell’abisso profondo, nelle acque sotterranee, il luogo il cui interno nessun
dio può descrivere,
nel suo letto era steso e dormiva.
15 Gli dèi si lamentavano e dicevano: «È a causa sua se ci lamentiamo!».
A colui che era disteso a dormire e riposava nel suo letto,
Namma, la madre, prima tra quelle che avevano generato tutti gli dèi numerosi,
riferì a suo figlio la lamentela degli dèi:
«Tu stai davvero steso a riposare
20 [… e non] ti alzi!
Gli dèi, tue creature, sono sottomessi al lavoro e continuano ad accumulare (terra).
Figlio mio, alzati dal tuo letto per cercare la saggezza (derivante) dalla tua perspicacia
e creare un sostituto per gli dèi affinché essi possano essere sollevati dalla loro fatica».
Al discorso di sua madre Namma Enki si alzò dal suo letto
25 e in Hal-an-kug, il luogo dove prende consiglio, si batteva il fianco (con stizza).
Il sapiente, esaminando [...] che crea con sapienza, (creatore) della forma di ogni
cosa che esiste, fece apparire SIG-EN e SIG-HI,
Enki vi stese (sopra) il suo braccio e rifletteva.
Enki, colui che plasma la forma per proprio conto, dopo aver riflettuto,
disse a sua madre Namma:
1
Uno dei nomi degli Inferi.
2 Lorenzo Verderame, Letterature dell’antica Mesopotamia – t1.1
30 «Madre mia, la creatura che tu avevi pensato, veramente esisterà! Imponi (su di lui)
il cesto di lavoro degli dèi!
Dopo che tu avrai impastato il cuore dell’argilla (presa) dalla parte superiore dell’a-
bisso (abzu),
SIG-EN e SIG-HI ... l’argilla. Dopo che tu avrai fatto esistere la forma,
Ninmah possa operare come tua aiutante e
Ninimma, Šuzi’ana, Ninmada, Ninbarag,
35 Ninmug, ŠAR.ŠAR.GABA, Ninguna,
possano assisterti mentre partorisci!
Madre mia, dopo che proprio tu avrai stabilito il destino (dell’uomo), Ninmah gli
imponga il cesto del lavoro!».
[…] fece, l’umanità […]
[…] l’umanità […]
40 […] ... […]
[…] il tuo creare ... il banchetto ... latte
[…] ... luce sollevò ... l’umanità […]
[…] ... nel giardino sparse, purificò la nascita.
Enki ... il lavoro ... portare, era gioioso.
45 Per sua madre Namma e per Ninmah preparò un banchetto.
Tutte le principesche SIG-EN e SIG-HI destino (?) mangiarono canne di prima
qualità e pane.
An, Enlil e il Signore Nudimmud (Enki) cucinarono dei capri magnifici.
Gli dèi maggiori lodarono (Enki, dicendo):
«Signore dall’ampio intendimento, chi è (così) saggio?
50 Grande signore Enki, riguardo a ciò che tu hai fatto, chi è alla (tua) altezza?
Come un padre che ha generato, per stabilire i ME, tu proprio sei il ME!».
Enki e Ninmah bevevano birra ed erano ebbri.
Ninmah si rivolse allora a Enki:
«La forma fisica per l’umanità può essere buona o cattiva
55 ed è dal mio umore che dipende un destino favorevole o meno!».
Enki rispose a Ninmah:
«In realtà io posso riequilibrare il destino che scegli in cuor tuo!».
(Allora) Ninmah prese nella sua mano l’argilla dalla parte superiore dell’abzu.
Per primo fece un uomo che non riusciva a piegare le mani aperte;
60 Enki dopo aver guardato l’uomo che non riusciva a piegare le mani aperte
decretò il suo destino: sarebbe stato al capo del re.
Per secondo (Ninmah) fece un uomo cieco (lit. che rimandava la luce);
Enki dopo aver guardato il cieco,
decretò il suo destino: fu assegnato all’arte del canto,
65 [...] – capo dello strumento ušumgal, sarebbe stato al cospetto del re.
Per terzo (Ninmah) [fece] un uomo con i piedi paralizzati (che non poteva) cammi-
nare;
Enki dopo aver guardato l’uomo con i piedi paralizzati (che non poteva) camminare,
lavoro […] artigiano dell’argento, la sua aura ....
(Var. in un manoscritto:
per terzo (Ninmah) [fece un uomo], nato idiota;
Enki dopo aver guardato l’uomo, nato idiota,
3 Lorenzo Verderame, Letterature dell’antica Mesopotamia – t1.1
2
Termine da tradurre forse come “cortigiano” o “eunuco”.
3
Ovvero hanno ricevuto una mansione mediante cui possono guadagnarsi da vivere.
4
Il nome dell’essere è generalmente inteso come “il mio giorno è lontano”.
4 Lorenzo Verderame, Letterature dell’antica Mesopotamia – t1.1
Versione sumerica
Dal grande cielo alla Vasta Terra 5 rivolse la sua attenzione (lit.: orecchio),
la dea dal grande cielo alla Vasta Terra rivolse la sua attenzione,
Inanna dal grande cielo alla Vasta Terra rivolse la sua attenzione.
La mia signora abbandonò il cielo, abbandonò la terra, scese negli Inferi,
5 Inanna abbandonò il cielo, abbandonò la terra, scese negli Inferi.
Abbandonò la carica dell’en, abbandonò la carica del lagar, scese negli Inferi,
abbandonò in Uruk l’Eanna, scese negli Inferi,
abbandonò in Badtibira l’Emuškalama, scese negli Inferi,
abbandonò in Zabalam il Giguna, scese negli Inferi,
10 abbandonò in Adab l’Ešarra, scese negli Inferi,
abbandonò in Nippur il Baraĝdurĝara, scese negli Inferi,
abbandonò in Kiš il Hursaĝkalama, scese negli Inferi,
abbandonò in Agade l’E’ulmaš, scese negli Inferi,
(un manoscritto aggiunge:
abbandonò in Umma l’Ibgal, scese negli Inferi,
abbandonò in Ur l’Edilmuna, scese negli Inferi,
abbandonò in Kisiga l’Amašekug, scese negli Inferi,
abbandonò in Ĝirsu l’E’ešdamkug, scese negli Inferi,
abbandonò in Isin l’Ešegmešedu, scese negli Inferi,
abbandonò in Akšak l’Anzagar, scese negli Inferi,
abbandonò in Šuruppag il Niĝinĝarkug, scese negli Inferi,
abbandonò in Kazallu l’Ešahula, scese negli Inferi.)
Si legò i sette ME al fianco,
15 raccolse i ME e li strinse nella sua mano,
con i ME in suo possesso si avviò.
Si pose in testa il turbante, corona della steppa,
pose sulla fronte il hili (parrucca?),
circondò il collo con (una collana di) piccole perle di lapislazzuli,
20 perle ovali doppie sistemò sul suo petto,
il pala, la veste della sua signorilità, indossò sulle spalle,
truccò gli occhi con il belletto «che venga, venga un uomo!»,
appuntò la fibula tuditum «vieni, vieni uomo!»,
intorno alle mani mise bracciali d’oro,
25 tenne in mano la barra e la corda per misurare di lapislazzuli.
Inanna si avviò verso gli Inferi,
e il suo ministro, Nin-šubur, le andava dietro,
la santa Inanna parlò al suo ministro Nin-šubur:
«Vieni, mio giusto ministro dell’Eanna,
5
Epiteto degli Inferi.
6 Lorenzo Verderame, Letterature dell’antica Mesopotamia – t1.2
6
Uno dei nomi degli Inferi.
8 Lorenzo Verderame, Letterature dell’antica Mesopotamia – t1.2
160 si prese dalle sue spalle il pala, la veste della sua signorilità,
«Che significa ciò?»
«Zitta, Inanna! Un ME degli Inferi è stato compiuto.
Inanna, non contestare le leggi degli Inferi!».
Mentre si piegava (per passare) le presero le vesti che si toglieva.
165 Sua sorella si alzò dal suo trono,
e al suo posto si sedette lei sul trono.
Gli Anunna, i sette giudici, emisero di fronte a lei una sentenza,
la fissarono – era uno sguardo di morte,
le parlarono – era una parola di malattia del corpo,
170 le gridarono contro – era un grido di grande odio,
la donna malata fu trasformata in un cadavere
e il cadavere fu appeso a un gancio.
Dopo che trascorsero tre giorni e tre notti,
il suo ministro Nin-šubur,
(Un manoscritto aggiunge:
il suo ministro dalle parole buone,
il suo cavaliere dalle salde parole,)
175 rivolse la sua attenzione agli ordini della sua signora
(var.: alle sue istruzioni non fu negligente ed eseguì gli ordini che le aveva dato,)
pianse per lei sui monticoli,
suonò il tamburo šem nell’assemblea,
fece il giro dei templi degli dèi per lei,
graffiò i suoi occhi, graffiò il suo naso,
180 in privato graffiò le sue natiche,
come colui che non ha nulla si vestì di una sola veste.
Nell’Ekur, il tempio di Enlil, pose il suo piede da solo,
entrato nell’Ekur, il tempio di Enlil,
davanti a Enlil versò le sue lacrime:
185 « Padre Enlil, non … che negli Inferi … tua figlia,
non lasciare che il tuo prezioso metallo si mischi alla polvere degli Inferi,
non lasciare che il tuo prezioso lapislazzuli sia sbozzato con le pietre dello scalpellino,
non lasciare che il tuo bosso sia tagliato con il legno del carpentiere,
non lasciare che negli Inferi, la giovane, Inanna …».
190 Il padre Enlil, infuriato, rispose a Nin-šubur:
«Mia figlia ha desiderato il grande cielo, ha desiderato la grande terra,
Inanna ha desiderato il grande cielo, ha desiderato la grande terra,
i ME degli Inferi sono ME che non si possono desiderare, se si desiderano allo stes-
so modo si resta (imprigionati) agli Inferi,
chi, raggiunto quel luogo, può sperare (forse) di risalire!».
195 Il padre Enlil non l’aiutò, si recò a Ur,
nell’Emudkura in Ur,
entrato nell’Ekišnugal di Nanna,
davanti a Nanna versò le sue lacrime:
«Padre Nanna, non … che negli Inferi … tua figlia,
200 non lasciare che il tuo prezioso metallo si mischi alla polvere degli Inferi,
non lasciare che il tuo prezioso lapislazzuli sia sbozzato con le pietre dello scalpellino,
10 Lorenzo Verderame, Letterature dell’antica Mesopotamia – t1.2
non lasciare che il tuo bosso sia tagliato con il legno del carpentiere,
non lasciare che negli Inferi, la giovane, Inanna …”.
Il padre Nanna, infuriato, rispose a Nin-šubur:
205 «Mia figlia ha desiderato il grande cielo, ha desiderato la grande terra,
Inanna ha desiderato il grande cielo, ha desiderato la grande terra,
i ME degli Inferi sono ME che non si possono desiderare, se si desiderano allo stes-
so modo si resta (imprigionati) agli Inferi,
chi, raggiunto quel luogo, può sperare (forse) di risalire!».
Il padre Nanna non l’aiutò, si recò a Eridu,
210 entrato a Eridu il tempio di Enki,
davanti a Enki versò le sue lacrime:
«Padre Enki, non … che negli Inferi … tua figlia,
non lasciare che il tuo prezioso metallo si mischi alla polvere degli Inferi,
non lasciare che il tuo prezioso lapislazzuli sia sbozzato con le pietre dello scalpellino,
215 non lasciare che il tuo bosso sia tagliato con il legno del carpentiere,
non lasciare che negli Inferi, la giovane, Inanna …».
Il padre Enki rispose a Nin-šubur:
«Cos’ha fatto mia figlia? Io sono preoccupato!
Cos’ha fatto Inanna? Io sono preoccupato!
220 Cos’ha fatto la signora di tutti i paesi? Io sono preoccupato!
Cos’ha fatto la nugig celeste? Io sono preoccupato!»
(un manoscritto aggiunge: Il padre Enki l’aiutò,)
prese dello sporco da (sotto) la sua unghia e creò il kurĝara,
prese dello sporco da (sotto) la sua unghia per la seconda volta e creò il galatur,
al kurĝara diede la pianta (cibo) della vita,
225 al galatur diede l’acqua di vita.
Il padre Enki parlò al galatur e al kurĝara:
(var.: «Uno di voi verserà su di lei l’acqua di vita, l’altro la pianta di vita»)
«Andate e avviatevi verso gli Inferi,
volate attraverso la porta come una mosca,
ruotate la ralla come un demone (vento),
230 la madre che genera, che per i figli
sta distesa, Ereškigal,
dalla sua santa spalla il lino (o: una veste di lino) non la copre,
il suo petto non è lungo come la fiasca,
il suo dito è su di lei come un’ascia,
235 i suoi capelli come porri sulla sua testa si raccolgono.
Al suo dire “Oh, il mio interno”,
voi direte “Tu sei stanca, mia signora. Ah, il tuo interno!”.
Al suo dire “Oh, il mio esterno”
voi direte “Tu sei stanca, mia signora. Ah, il tuo esterno!”.
240 “Chi siete voi?
parlate dal mio interno al tuo interno, dal mio esterno al tuo esterno,
siate voi divinità, che io parli con voi,
siate voi uomini, che io assegni un buon destino”,
fatele allora fare un giuramento per il cielo e un giuramento per la terra.
245 […]
11 Lorenzo Verderame, Letterature dell’antica Mesopotamia – t1.2
Versione accadica
Alla terra del non ritorno
Ištar, la figlia di Sîn, rivolse la sua attenzione (lit. “pose il suo orecchio”).
Rivolse la sua attenzione la figlia di Sîn
alla casa oscura, residenza di Irkalla,
5 alla casa da cui colui che entra non esce,
alla strada il cui sentiero non ha ritorno,
alla casa in cui colui che entra è privato della luce,
dove polvere è il loro sostentamento, fango il loro cibo,
non vedono luce, vivono nell’oscurità,
10 vestiti di una veste di piume come uccelli,
mentre la polvere si accumula su porte e paletti.
Ištar, raggiunta la porta del paese senza ritorno,
al portiere della porta rivolse la parola:
«Portiere apri su la tua porta!
15 Apri la tua porta, perché io voglio entrare!
Se tu non aprirai la porta e non potrò entrare,
allora colpirò la porta e romperò il paletto,
colpirò i montanti e abbatterò le ante (delle porte),
farò risalire i morti e divoreranno i vivi,
20 i morti saranno più numerosi dei vivi!».
Il portiere aprì la sua bocca e disse,
parlò alla grande Ištar:
«Resta lì, mia signora, non lasciare la porta,
vado ad annunciarti (lit.: ripetere il tuo nome) alla regina Ereškigal».
25 Il portiere entrò e disse [a Ereškigal]:
«Qui c’è tua sorella Ištar,
colei che tiene la corda keppû dei grandi (dèi)».
Ereškigal, udite queste (parole),
come il taglio del tamarisco il suo volto impallidì,
30 come il bordo di un bacile kunninu le sue labbra divennero scure.
«Cosa vuole da me? Cosa la fa gioire (lit.: illumina il fegato) per me?
Questo “Io con gli Anunnāku voglio bere acqua,
come cibo voglio mangiare fango, come birra berrò acqua sporca!
Che pianga sui giovani che lasciano le mogli,
35 che pianga per le giovani che dal grembo dei loro mariti sono strappate,
e che pianga per i bambini in fasce mandati via prima del loro tempo” (deve aver
pensato).
Va’ portiere, aprile la tua porta
e trattala secondo l’antica usanza».
Andò il portiere e le aprì la sua porta:
40 «Entra, mia signora! Kutha gioisca per te!
Il palazzo della “terra senza ritorno” sia lieto in tua presenza!».
Mentre la faceva entrare per la prima porta le sfilò e prese la grande corona dalla
sua testa.
«Perché, o portiere, hai preso la grande corona dalla mia testa?».
16 Lorenzo Verderame, Letterature dell’antica Mesopotamia – t1.2
«Entra, mia signora! Così è l’usanza (voluta) dalla “Signora della terra” (Ereškigal)».
45 Mentre la faceva entrare per la seconda porta le sfilò e prese gli orecchini dalle sue
orecchie.
«Perché, o portiere, hai preso gli orecchini dalle mie orecchie?».
«Entra, mia signora! Così è l’usanza (voluta) dalla “Signora della terra” (Ereškigal)».
Mentre la faceva entrare per la terza porta le sfilò e prese le gemme dal suo collo.
«Perché, o portiere, hai preso le gemme dal mio collo?».
50 «Entra, mia signora! Così è l’usanza (voluta) dalla “Signora della terra” (Ereškigal)».
Mentre la faceva entrare per la quarta porta le sfilò e prese lo spillone tudittu dal
suo petto.
«Perché, o portiere, hai preso lo spillone tudittu dal mio petto?».
«Entra, mia signora! Così è l’usanza (voluta) dalla “Signora della terra” (Ereškigal)».
Mentre la faceva entrare per la quinta porta le sfilò e prese la cinta con le pietre del-
la nascita dai suoi fianchi.
55 «Perché, o portiere, hai preso la cinta con le pietre della nascita dai suoi fianchi?».
«Entra, mia signora! Così è l’usanza (voluta) dalla “Signora della terra” (Ereškigal)».
Mentre la faceva entrare per la sesta porta le sfilò e prese i bracciali dalle sue mani
e dai suoi piedi.
«Perché, o portiere, hai preso i bracciali dalle mie mani e dai miei piedi?».
«Entra, mia signora! Così è l’usanza (voluta) dalla “Signora della terra” (Ereškigal)».
60 Mentre la faceva entrare per la settima porta le sfilò e prese la veste elegante del
suo corpo.
«Perché, o portiere, hai preso la veste elegante dal mio corpo?».
«Entra, mia signora! Così è l’usanza (voluta) dalla “Signora della terra” (Ereškigal)».
Appena Ištar fu scesa lì nel “paese del non ritorno”,
Ereškigal la vide e si infuriò al suo cospetto.
65 Ištar senza pensare si gettò su di lei,
(allora) Ereškigal aprì la sua bocca e disse,
a Namtar, suo assistente, rivolse la parola:
«Va’, Namtar! Il mio [...]
Rilascia su di lei sessanta malattie [...] Ištar [...]
70 la malattia degli occhi sui suoi occhi,
la malattia delle braccia sulle sue braccia,
la malattia dei piedi sui suoi piedi,
la malattia dell’interiore sul suo interiore,
la malattia del capo [sul suo capo],
75 su lei tutte insieme […]».
Dopo che Ištar, mia signora […].
Il bue non poteva montare la vacca, [l’asino non ingravidava l’asina]
il giovane non ingravidava la giovane nella piazza,
il giovane si coricava [per proprio conto],
80 la giovane si coricava [dal proprio lato].
Papsukkal, assistente dei grandi dèi, incurvò il suo naso (in segno di dolore) e la sua
faccia era […],
vestì l’abito del cordoglio e lasciò i suoi capelli sciolti,
stanco si recò a piangere presso Sîn, suo padre.
Davanti a Ea, il re, scesero le sue lacrime:
17 Lorenzo Verderame, Letterature dell’antica Mesopotamia – t1.2
t1.3 Atra-hasīs
§2.4.1
I
Quando gli dèi erano (come) uomini,
sopportavano il lavoro e portavano il cesto (da lavoro),
il cesto degli dèi era grande,
pesante era il lavoro e molta la fatica.
5 I sette grandi Anunnāku
avevano imposto il lavoro agli dèi minori (Igigi).
An, loro padre, era il (loro) re,
loro consigliere era l’eroe Enlil,
il loro portatore di trono era Ninurta,
10 e loro gendarme era [En]nugi.
Presero lo šūtum (un vaso?) per le anse (lit. guance),
gli dèi avevano tirato la (loro) sorte e si fecero le divisioni:
An salì al suo cielo;
[Enlil] prese la Terra con i suoi sudditi;
15 [il chiavistello], lo sbarramento delle acque salate
[affi]darono a Enki, il principe.
[Quelli (della cerchia) di A]n salirono al cielo,
[quelli di Enki sce]sero nell’abisso (apsû).
[Qu]elli del cielo [stavano lontani]
20 [e facevano sopporta]re [il lavoro] agli dèi minori (Igigi),
[gli dèi] scavavano [canali],
[aprivano i corsi d’acqua] – la vita del paese,
[gli Igigi] scavavano [canali],
[aprivano i corsi d’acqua], la vita del paese.
…
[…] per oltre quarant’anni
[gli dèi] sopportarono la fatica notte e giorno.
[A un certo punto] si sedettero e cominciarono a lanciare invettive
19 Lorenzo Verderame, Letterature dell’antica Mesopotamia – t1.3
La creazione dell’uomo
I
(Gli dèi sono riuniti in consiglio)
Chiamarono e domandarono alla dea,
la levatrice degli dèi, la saggia Mami 7:
«Tu sarai la levatrice, la creatrice dell’umanità,
195 crea il primo uomo che sopporti il giogo (del lavoro),
sopporti il giogo, il lavoro di Enlil,
che l’uomo porti il cesto di lavoro degli dèi!».
Nintu aprì la bocca
e disse ai grandi dèi:
200 «Io non posso procedere all’opera,
l’incarico spetta a Enki!
Lui solo può purificare tutto,
quando lui mi darà l’argilla, io procederò».
Enki aprì la bocca
205 e disse ai grandi dèi:
7
Mami e, più sotto, Nintu sono diversi nomi che vengono attribuiti alla dea madre in contesto accadico.
20 Lorenzo Verderame, Letterature dell’antica Mesopotamia – t1.3
8
Abbreviato normalmente a Bēlet-ilī.
21 Lorenzo Verderame, Letterature dell’antica Mesopotamia – t1.4
Versione da el Amarna
2. Gesta dei re
Introduzione
Città, toro splendente ammantato di orgoglio e terrore,
Kullab […]
petto di tempesta, luogo dove sono stabiliti i destini,
Uruk, grande montagna nel mezzo di […],
5 [dove] il pasto serale nel grande refettorio di An […].
In quei giorni, quando furono [determinati] i destini
a Uruk, Kullab, Eanna […]
i grandi dèi (lit. principi) [fecero] primeggiare (lit. sollevare il capo).
L’abbondanza e la piena di carpe,
10 la pioggia che fa germogliare l’orzo …
fu resa più grande in Uruk e Kullab.
(Prima ancora) che ci fosse il paese di Dilmun
l’Eanna di Uruk/Kullab era stato fondato
e il sacro chiostro di Inanna
15 in Kullab di mattoni (costruita) brillava come argento nella pietra (della miniera),
[…] non sollevava […], non c’era lo scambio,
[…] non sollevava […], non c’era il commercio.
[Oro], argento, rame, stagno, blocchi di lapislazzuli,
[tutte le pietre del monte] dalla montagna (KUR) non scendevano.
20-25 (Frammentario: descrizione del santuario di Inanna in Uruk, probabilmente spo-
glio, e di quello ad Aratta decorato con pietre e legni preziosi)
[…] lapislazzuli senza difetti,
il suo interno era rigoglioso come un albero mes carico di frutti.
Il signore di Aratta a Inanna
pose sul capo un diadema d’oro,
30 ma a lei egli non piacque come il signore di Kullab:
Aratta (infatti) un santuario come l’Eanna, il ĝipar, il luogo sacro,
per la pura Inanna, come Kullab costruita di mattoni, non aveva costruito.
In quel giorno il signore eletto nel cuore di Inanna,
eletto nel cuore di Inanna dalla montagna splendente,
35 Enmerkar, figlio di Utu,
a sua sorella, la signora che sprigiona desiderio,
28 Lorenzo Verderame, Letterature dell’antica Mesopotamia – t2.1
Versione A
Il signore rivolse la sua attenzione al KUR che fa vivere,
il signore Gilgameš rivolse la sua attenzione al KUR che fa vivere,
al suo servo Enkidu disse:
«Enkidu, poiché nessun uomo è riuscito a far oltrepassare la vita oltre il termine
della sua vita,
5 voglio recarmi al KUR, voglio là porre il mio nome,
nel luogo dov’è stato posto un nome, io voglio porre il mio nome,
nel luogo dove non è stato posto un nome, io voglio porre il nome degli dèi!».
Il suo servo Enkidu gli rispose:
«Mio re, se un giorno al KUR (var.: a tagliare nel KUR dei cedri) ti recherai, che
Utu sappia da/di noi
10 Utu, il giovane, Utu sappia da/di noi!
L’ordine del KUR appartiene a Utu.
L’ordine del tagliare nel KUR i cedri appartiene al giovane Utu, che Utu sappia da/
di noi».
Gilgameš predispose (var.: prese) un capro bianco,
tenne al petto un capro marrone come offerta (var.: un capro marrone, un capro
bianco [...] un capro ...)
15 nella sua mano c’era il puro bastone regale (posto) davanti al naso
a Utu del cielo disse:
«Utu, io mi reco al KUR, sii il mio sostegno!
Io mi reco al KUR per tagliare i cedri, sii il mio sostegno!».
Utu gli rispose dal cielo:
20 «O uomo, tu sei già di per sé “nobile cittadino”, cosa sei tu per il KUR?»
«Utu io ti voglio parlare, (presta) ascolto alle mie parole!
Io ti saluto, che tu possa ascoltarmi!
Nella mia città, la gente muore e l’animo è afflitto,
la gente scompare, il mio animo (var.: l’animo cattivo) soffre,
25 io mi sono sporto dalle mura:
ho visto i cadaveri galleggiare sull’acqua,
e io pure in questo modo sarò (un giorno), proprio così sarà (anche per me)!
31 Lorenzo Verderame, Letterature dell’antica Mesopotamia – t2.2
la sua fronte, un canneto che divora cui nessuno può avvicinarsi (var.: sfuggire),
(var.: sputo velenoso?, un leone che divora gli uomini non lascia scorrere il sangue;
var.: [...], leone che divora un cadavere non lascia scorrere il sangue, [...] mangia [...] il re [...])
mio re, mentre tu navighi verso il KUR, io invece voglio proprio navigare verso la Città!
105 (Se) io dirò a tua madre che tu vivi, lei sicuramente riderà,
(se) poi dirò che tu sei morto, le sue lacrime (var.: lacrime di dolore) piangerà!».
(var.: [...] gli rispose)
«Guarda, Enkidu. Due uomini non muoiono, un fascio di canne non affonda,
una veste (con filo) ritorto tre volte nessuno la può tagliare,
nessuno può trattenere l’acqua con un muro,
110 in una casa di canne il fuoco non può essere spento.
Tu aiutami, che io ti aiuto, (così) chi potrà farci qualcosa?
Quando affondò, quando affondò,
nel giorno in cui la nave di Magan affondò
(quando) la barca magur e magilum affondarono,
115 solo la balla di canne della nave che salva la vita si salvò (var.: non affondò)!
Orsù, andiamo verso di lui per osservarlo bene!
Se noi andiamo verso di lui,
ci sarà il terrore, ci sarà il terrore! Torna indietro!
Ci sarà conoscenza, ci sarà conoscenza! Torna indietro!
120 Orsù, qualsiasi cosa sia nel tuo animo, andiamo verso di lui!»
Prima che un uomo avesse raggiunto 60 leghe,
Huwawa prese possesso della sua casa dei cedri,
(quando) volse lo sguardo verso di lui – era un occhio che uccide.
Egli (Huwawa) scosse la testa, era un gesto (lit. testa) pieno di rimprovero,
(var.: quando parlò, non ebbe bisogno di dilungarsi)
125 «Tu puoi essere un uomo (nel tuo pieno vigore), (ma) non tornerai nella città dalla
madre che ti ha generato».
(Gilgameš) sprigiona terrore dai suoi muscoli e dai suoi piedi, sprigiona terrore al
suo avvicinarsi,
il suo piede sul luogo non riesce a volgere,
il piede ... la sua grande unghia ...,
il suo fianco ...
130 (Gilgameš rivolgendosi a Huwawa) «Oh, vigoroso, scettro distante,
“nobile cittadino”, gioia degli dèi,
toro furioso che sta nella battaglia,
tua madre sa molto bene come generare un figlio,
la tua nutrice sa molto bene come allattare al seno (o: sin da piccolo) un bambino,
135 la paura non ti si avvicini, stendi la tua mano al suolo!».
Mise la sua mano al suolo e disse:
«Per la vita della madre che mi ha generato, Ninsun, e mio padre, il sacro Lugalbanda,
il luogo dove tu vivi nel KUR nessuno conosce, che sia noto il luogo dove tu vivi nel
KUR!
Invero ho fatto venire per te Enmebaragesi, mia sorella maggiore, nel KUR perché
sia una sposa!».
140 Per la seconda volta disse:
34 Lorenzo Verderame, Letterature dell’antica Mesopotamia – t2.2
«Per la vita della madre che mi ha generato, Ninsun, e mio padre, il sacro Lugalbanda,
il luogo dove tu vivi nel KUR nessuno conosce, che sia noto il luogo dove tu vivi nel
KUR!
Invero ho fatto venire per te MAtur, mia sorella minore, nel KUR perché sia una
lukur!
Consegnami i tuoi terrori, vuole entrare nel tuo corpo!»
145 (Huwawa) gli consegnò la sua prima aura terrificante,
i cittadini che erano venuti (con lui)
tagliarono i suoi rami e li legarono
e li stesero ai piedi della montagna.
(var.: diversi manoscritti hanno descrizioni più ampie di questa sezione)
Quando (Huwawa) terminò (di dare) la settima aura terrificante, (Gilgameš) si av-
vicinò al suo fianco,
150 come un serpente … gli si avvicinò alle spalle,
e come (facendo) per baciarlo (invece) lo colpì alla guancia con il suo pugno.
Huwawa mostrò i denti e aggrottò la fronte.
(var.: questo passo ha numerose varianti)
(Allora) Gilgameš trattenne la mano,
(Huwawa disse:) «A Utu voglio rivolgere la parola!
155 O Utu, non ho conosciuto una madre che mi ha generato, né un padre che mi ha fat-
to crescere,
nella montagna sono stato generato e tu mi hai cresciuto.
Gilgameš ha giurato in nome del cielo, della terra e del KUR».
(var.: Huwawa afferra la mano (di Gilgameš) e si prostra (davanti a lui))
In quel momento Gilgameš, il nobile cittadino, ne ebbe compassione.
160 Al suo servo Enkidu disse:
«Enkidu, un uccello catturato deve tornare al suo nido,
un uomo fatto prigioniero deve tornare al grembo di sua madre!».
Enkidu (var. il suo servo Enkidu) rispose a Gilgameš:
«Suvvia, tu il cui scettro governa ovunque,
165 nobile, gioia degli dèi,
un toro furioso che sta (in mezzo) alla pugna,
o giovane signore Gilgameš, celebrato in Uruk,
tua madre sapeva bene come generare un figlio,
la tua nutrice sapeva bene come allattare un neonato,
170 una persona eccezionale, ma privo di ragione (var. giudizio),
il destino (Namtar) lo divora, senza che lui conosca il destino!
“Un uccello catturato che torna al suo nido,
un uomo fatto prigioniero che torna al grembo di sua madre,”
ma sarai tu che non tornerai alla città dalla madre che ti ha generato (se risparmie-
rai Huwawa)!»
(var.: un manoscritto aggiunge:
Un guerriero prigioniero liberato, una sacerdotessa entu prigioniera che
[torna] al chiostro, un sacerdote gudu che torna alla sua parrucca, da tempi
remoti […] alle sue parole [presta] attenzione […])
175 Huwawa gridò contro Enkidu:
«Enkidu mi stai rivolgendo parole cariche di odio!
35 Lorenzo Verderame, Letterature dell’antica Mesopotamia – t2.3
Tu sei un prezzolato, che affitta il suo grande cuore, un voltafaccia, mi stai rivolgen-
do parole cariche di odio (var.: perché mi stai rivolgendo parole cariche di odio?)»
Come ebbe detto ciò
Enkidu furioso e irato gli tagliò la testa (lit. il collo)
180 e la mise (var.: gettò) in un sacco.
(var.: Gilgameš e Enkidu gli tagliarono la testa e la misero in un sacco).
Entrarono al cospetto di Enlil,
si prostrarono (lit. strusciarono il naso a terra) davanti a Enlil,
posarono il sacco e ne tirarono fuori la testa (di Huwawa)
che piazzarono di fronte a Enlil.
185 Enlil spalancò gli occhi (al vedere) la testa di Huwawa
e parlò rabbiosamente a Gilgameš:
(var.: un manoscritto ha in luogo delle linee 181-186:
portarono (il sacco) davanti a Enlil e Ninlil. Enlil avvicinandosi si mostrò
alla finestra (lit. apertura) e Ninlil si mostrò […]. Quando Enlil e Ninlil si ri-
tirarono(?))
«Perché hai agito in questo modo?
Perché hai fatto […]? (var.: era stato (forse) ordinato che il suo nome fosse cancella-
to dalla (faccia della) terra?)
Sarebbe dovuto stare di fronte a voi,
190 mangiare il vostro cibo,
bere la vostra acqua,
essere onorato [come voi]».
(var.: Enlil dal suo scranno riassegnò i terrori/auree (melam) del cielo)
diede la prima aura terrificante ai campi,
diede la seconda aura terrificante ai canali,
195 diede la terza aura terrificante al canneto,
diede la quarta aura terrificante al leone,
diede la quinta aura terrificante al palazzo (var.: al crimine(?)),
diede la sesta aura terrificante alla foresta (var.: alla montagna),
diede la settima aura terrificante a Nungal.
200 […] il suo avvicinarsi terrifico […] (var.: le restanti aura terrificante Gilgameš […])
Potente Gilgameš, il celebrato! (var.: lode a Gilgameš, lode a Enkidu).
-----------------
Lode a Nisaba.
1
Gesto di gioia o di stizza.
2
Lago di Van o di Urmia.
39 Lorenzo Verderame, Letterature dell’antica Mesopotamia – t2.4
Prologo
I 1-26 Quando An, l’eccelso, re degli Anunnāki, ed Enlil, signore del cielo e della terra,
colui che stabilisce i destini del paese, tra gli Igigi assegnarono a Marduk, figlio primogenito
di Ea, lo status di Enlil su tutte le genti e lo resero grande (elevarono) e stabilirono per Ba-
bilonia un nome eccelso e tra le regioni (del mondo) la resero la più grande, per lui hanno
istituito dentro di essa una regalità duratura, le cui fondamenta sono saldamente stabilite
come il cielo e la terra.
I 27-49 Allora, An ed Enlil chiamarono per nome me Hammu-rāpi, il principe, il pio,
che riverisce gli dèi, per rendere manifesta nel paese la giustizia, per annientare il malvagio
e il criminale, perché il forte non opprima il debole, per sorgere sopra i Sumeri come Šamaš
e per illuminare il paese, per migliorare il benessere del paese.
I 50 - II 47 Io sono Hammu-rāpi, il pastore, il chiamato di Enlil, colui che accumula ab-
bondanza e ricchezza, colui che rende perfetta qualsiasi cosa per Nippur - Dur-an-ki (o: Nip-
pur, legame del cielo e della terra), il pio che rifornisce l’Ekur; re capace, che ha restaurato la
città di Eridu, colui che rende perfetto il rito purificatorio dell’Eabzu; aizzatore delle quattro
parti (del mondo), che fa grande il nome di Babilonia, che rende lieto il cuore di Marduk, suo
signore, che trascorre i suoi giorni nell’Esagila, progenie reale; colui che Sîn ha creato, che ha
reso prospera la città di Ur, pio, che prega devotamente, portatore d’abbondanza all’Ekišnugal,
re sagace; che ascolta Šamaš, forte, colui che ha reso salde le fondamenta di Sippar, che ha co-
perto di vegetazione il tempio sopraelevato di Aja, che esalta l’Ebabbar, che è come la base
del cielo, prode che ha risparmiato Larsa, che ha rinnovato l’Ebabbar per Šamaš, suo soste-
nitore; signore che fa vivere Uruk, che ha procurato acqua di abbondanza alla sua gente, che
ha sollevato il capo dell’Eanna, che ha ammonticchiato abbondanza per An e Ištar;
II 48 - III 46 protezione del paese, che ha raccolto la gente dispersa di Isin, che ha arric-
42 Lorenzo Verderame, Letterature dell’antica Mesopotamia – t2.5
chito di abbondanza il tempio dell’Egalmah; dragone tra i re, fratello amato di Zababa, che
ha gettato le fondamenta di Kiš, che ha avvolto completamente di un’aura terrificante l’E-
meteursag; che esegue correttamente i grandi riti di Ištar, responsabile del tempio di Hur-
sagkalama; rete per i nemici, cui Erra, suo compagno, fa realizzare ciò che desidera, che ha
ampliato Kutha, che ha ampliato ogni cosa per il Meslam; toro impennato, che spazza via gli
avversari, prediletto di Tutu, che ha fatto gioire Borsippa, ossequioso, che non si oppone
all’Ezida; dio tra i re, dotato di grande saggezza che ha ampliato l’area coltivabile di Dilbat;
colui che ha ammonticchiato i covoni di orzo per Uraš, il potente; signore, simbolo appro-
priato dello scettro e della corona che ha reso perfetta la saggia Mama; che rende saldi i pia-
ni di Keš; che provvede in abbondanza dei puri pasti per Nintu; giudizioso, perfetto, che sta-
bilisce pascoli e abbeveraggi per Lagaš e Girsu, apportatore di offerte di cibo enormi all’E-
ninnu;
III 47 - IV 31 che afferra saldamente il nemico, favorito dal (dio) grandemente compe-
tente, che compie perfettamente le istruzioni di Zabalam, colui che fa gioire il cuore di Ištar;
principe puro le cui preghiere a mano alzata Adad conosce, che pacifica il cuore di Adad, il
valoroso, che in Karkar ha posto saldamente le insegne appropriate nell’Eugalgal; re che dà
la vita a Adab, che sistema il tempio Emah; preminente tra i re; battaglia che non può essere
fronteggiata; lui ha donato la vita a Maškan-šapir, colui che ha fornito acqua in abbondanza
al Meslam; saggio, che provvede, è lui quello che ha raggiunto tutto ciò che desiderava; colui
che protegge la gente di Malgium nella disgrazia e le ha reinsediate numerose; per Enki e
Damgalnuna, che hanno reso grande la sua regalità, ha stabilito in eterno pure offerte di ci-
bo; preminente tra i re, colui che assoggetta gli insediamenti (lungo il corso) dell’Eufrate, al
segnale di Dagān, suo creatore; è lui quello che ha mostrato misericordia alla gente di Mari
e Tuttul;
IV 32 - V 13 principe, pio, che fa risplendere il volto di Tišpak; che ha predisposto pasti
eccelsi per Ninazu; salvatore delle sue genti nelle difficoltà, che ha reso stabile le loro fonda-
menta; all’interno di Babilonia in pace; pastore di genti, le cui azioni sono gradite a Ištar,
che ha introdotto Ištar nell’Eulmaš all’interno di Agade (città dai molti) viali; colui che ha
reso manifesta la giustizia e ha guidato rettamente il popolo, colui che ha ristabilito lo spiri-
to tutelare benigno ad Assur; colui che questiona con i ribelli, il re che in Ninive nell’Eme-
smes ha reso manifesti i me di Inanna pio, che prega costantemente i grandi dèi, discenden-
te di Sumulael, erede potente di Sîn-muballiṭ, seme eterno della regalità, re forte, Sole di
Babilonia, colui che porta la luce al paese di Sumer e di Agade re che rende obbedienti le
quattro parti (del mondo), io sono il favorito di Ištar –
V 14-26 Quando Marduk alla guida delle genti del paese mi diede l’ordine per far accetta-
re i (giusti) usi, io ho stabilito verità e giustizia per acclamazione del paese e ho migliorato le
condizioni di vita del popolo. A quel tempo: «Se un uomo accusa va un altro uomo ...».
Lorenzo Verderame, Letterature dell’antica Mesopotamia – t3.1
Enlil, il suo ordine è tra tutti il più eccelso, la sua parola (var.: comando) è sacra,
non può essere cambiato ciò che è pronunciato dalla sua bocca, immutabile il desti-
no (che egli stabilisce).
Al suo sollevare gli occhi mormora (persino) la montagna (o: il paese straniero, gli Inferi),
il sorgere della sua luce penetra il centro della montagna (o: il paese straniero, gli
Inferi).
5 Padre Enlil, al suo prender posto comodamente sui podi santi ed eccelsi
– Nunamnir, la cui signoria e principato sono perfetti –
gli stessi dèi della terra si inchinano,
tutti gli dèi Anunna entrano (var.: stanno) al suo cospetto
e obbediscono (lit. stanno) fedelmente al suo comando.
10 Il signore, il più grande in cielo e terra, che ben conosce la legge,
in Duranki (Nippur) ha posto la sua residenza, lui di grande intelletto,
e ha costruito magnificamente il Ki’ur, il luogo vasto.
In Nippur – l’eccelso asse tra cielo e terra – ha posto la sua residenza:
città la cui parte anteriore risplende di bagliore e di terrore,
15 la parte esterna nessun dio (seppur) coraggioso osa affrontare,
il cui centro è la bocca (lama?) di un pugnale affilato, è bocca di distruzione,
trappola per il paese nemico, fossa, rete tesa (contro il nemico).
La sua voce forte la tempesta non la sovrasta,
in un contenzioso non permette che siano pronunciate parole inique,
20 intenzione malvagia, lingua menzognera,
parola mutevole, cosa cambiata e non conveniente,
oppressione, frode, lamento,
occhio torvo, malevolenza, calunnia,
arroganza, non mantener la parola, egoismo, vanità –
25 città in cui tali cose proibite non entrano!
Nippur, i cui quartieri (lit.: braccia) sono come un’ampia rete,
al cui interno l’aquila hurin stende i suoi artigli
(e) il cattivo e il malvagio non sfuggono alla sua presa.
Città dotata di rettitudine,
30 che ha fatto di giustizia e ordine un possesso eterno.
In abiti ben lindi (la gente) sta ai moli,
il fratello minore rispetta il maggiore, ci si comporta umanamente,
44 Lorenzo Verderame, Letterature dell’antica Mesopotamia – t3.1
(Dumuzi)
«[Mentre camminavo], mentre [cammina]vo,
mentre camminavo verso casa,
[la mia] Inanna mi vide».
(Ĝeštinanna)
«Oh fratello, cosa ha detto di te e cosa ha detto ancora di te?
5 Colei che è innamorata, fascino e cose dolci,
la mia santa Inanna, ti ha dato in dono!».
(Inanna)
«Appena il mio sguardo si posò su quel posto,
il mio amato mi raggiunse,
godette di me e lui solo gioì dentro di me.
10 Egli mi portò dentro casa sua,
e mi distese su di un letto dolce come miele.
Il mio dolce tesoro, mentre era steso vicino al mio cuore,
momento dopo momento, coprendomi di baci, momento dopo momento,
il mio fratello dai begli occhi, continuò per cinquanta volte,
15 come una persona priva di qualsiasi forza stetti lì ferma per lui,
mi tremavano le gambe e stavo in un silenzioso intontimento lì per lui.
Con mio fratello, mettendo le mie mani sui suoi fianchi,
con il mio prezioso tesoro, passai l’intera giornata lì con lui.».
48 Lorenzo Verderame, Letterature dell’antica Mesopotamia – t3.3
(Dumuzi)
«Lasciami andare, sorella mia, lasciami andare!
20 Per favore, sorella mia, lasciami andare al palazzo!»
(Ĝeštinanna)
«Ai miei occhi materni tu sei come un bambino,
possa BaU (Inanna) conoscerti come un uomo. Ti lascerò andare».
Bal-bal-e di Inanna.
35 sono al sicuro (lit. portano la loro vita) come in una città costruita.
Affinché il mio nome fosse stabilito per giorni futuri e non cadesse in oblio,
affinché fosse fatta (var.: diffusa) la mia lode nel paese
e la mia gloria fosse proclamata nei paesi stranieri,
io sono un corridore, la mia forza si è levata e per provare la mia velocità
40 da Nippur a Ur
in cuor mio ho deciso di fare il viaggio di ritorno come se fosse di una sola doppia-
miglia.
Io sono un leone, il cui vigore mascolino non viene mai meno, dotato di forza,
ho coperto i miei fianchi con un gonnellino,
come una colomba che prende il volo terrorizzata da un serpente nirDU ho mosso
le mie membra,
45 come l’uccello Anzû che volge il suo sguardo alla montagna ho ‘aperto il mio ginocchio’,
mentre si susseguivano gli insediamenti che ho fondato nel paese,
il popolo delle “teste nere” (Sumeri) numeroso come pecore stava in ammirazione.
Come le capre di montagna che rapidamente zampettano (per tornare) ai loro rifugi,
quando Utu diffuse la sua luce sulle case,
50 sono entrato nell’Ekišnuĝal,
il tempio di Su’en, il recinto che grandemente produce crema, ho rifornito in abbon-
danza,
ho ucciso buoi e scannato pecore,
ho fatto risuonare i tamburi šem e ala,
ho fatto suonare dolcemente i tamburi tigi (var.: […] l’arpa […]).
55 Io sono Šulgi, colui che rende ogni cosa abbondante, ho presentato offerte di cibo,
come un leone ho sprigionato terrore dalla tavola reale.
Nell’Egalmah di Ninegalla
ho … il ginocchio e mi sono lavato in acqua corrente,
ho piegato il ginocchio e ho mangiato il cibo.
60 Mi sono levato (in volo) poi come un falchetto, come un falco,
per tornare baldamente a Nippur.
In quel giorno mugghiava il temporale e infuriava la tempesta,
il furioso vento del nord e il fischiante vento del sud urlavano l’uno contro l’altro,
balenavano lampi, i sette venti in cielo si rincorrevano (lit.: divoravano) l’un l’altro,
65 la rumorosa bufera spazzava la terra,
Iškur nell’immensità del cielo fece vibrare il suo grido,
la pioggia del cielo e l’acqua della terra si mescolavano (var.: l’acqua della terra
competeva con la pioggia del cielo),
piccole pietre e grandi pietre (grandine)
percuotevano rumorosamente la mia schiena.
70 Io sono il re cui non s’avvicina la paura, a cui non si accappona la pelle,
come un giovane leone ho cominciato a correre,
come un onagro nella steppa i miei piedi galoppavano,
con cuore gaio mi sono messo a correre,
correvo come un asinello solitario.
75 Quando Utu volgeva il volto alla sua casa (tramonto),
avevo già percorso una distanza di 15 doppie-miglia,
il mio saĝursaĝ strabuzzò gli occhi (var.: … numerosi … ho pregato nel tempio di
50 Lorenzo Verderame, Letterature dell’antica Mesopotamia – t3.4
Enlil e Ninlil).
Ho celebrato le feste ešeš contemporaneamente in un sol giorno a Nippur e Ur,
con il mio fratello e amico, il giovane Utu,
80 ho bevuto birra nel palazzo di An (o: del cielo) posto in terra,
il mio cantore mi ha celebrato con canzoni (accompagnate) da sette tamburi tigi,
la mia sposa, la pura Inanna, la signora, fascino in cielo e in terra,
ha preso posto per bere e mangiare.
Non dico questo per vantarmi.
85 Laddove pongo lo sguardo, lì vado,
ciò che il mio cuore desidera, ottengo,
(var.: un manoscritto aggiunge:
le parole che ho fatto scrivere per la vita di mio padre, Lugalbanda, e di
Nanna, re del cielo e della terra, […] un re di Sumer come me non c’è mai
stato (prima) per il popolo)
An ha fissato sul mio capo una giusta ed eccelsa corona d’oro (var.: argento),
nell’Ekur di lapislazzuli ho preso lo scettro,
su un podio splendente, un trono dalle salde fondamenta, ho sollevato il capo al cielo,
90 ho consolidato la mia regalità,
ho soggiogato il paese straniero, rafforzato il mio paese,
dovunque (lit. quattro parti del mondo) gente che gode della (mia) protezione possa
proclamare il mio nome,
cantare una pura canzone,
celebrare la mia maestà, (dicendo):
95 «Il re dotato di eccelsi poteri –
cui Su’en dall’Ekišnuĝal
ha concesso fierezza, forza e una vita felice,
cui Nunamnir ha dato un potere eccelso,
Šulgi, che distrugge i paesi stranieri, che consolida il (suo) paese,
100 sacerdote purificatore del cielo e della terra, che non ha rivali,
Šulgi, che è accudito dall’autorevole figlio di An!».
Lode a Nisaba.
§4.8.2
r.
Voglio lodare il tuo nome, o Marduk, potentissimo tra gli dèi, l’ispettore dei canali
del cielo e della terra […],
che è stato ben generato e solo è elevato […],
tu porti il potere di An, Enlil e Ninšiku, la signoria e la regalità […],
tu possiedi l’intera conoscenza e la totale potenza […].
5 Saldo governatore, eccelso monarca, onnipotente, superiore […].
Hanno dato fama alla tua signoria, hanno preparato la battaglia […] An!
Tu sei esaltato in cielo, sei re in terra, abile consigliere degli dèi […],
colui che ha reso sicuri tutti i luoghi abitati, colui che tiene il disco del firmamento
e della [terra].
Tu sei elevato tra gli dèi, fece perfette le tue forme Nudimmud (Ea) […]
10 i grandi dèi ti hanno fatto tenere nel palmo (della tua mano) la tavola dei destini e
di elevare [e abbassare ti diedero il potere],
baciarono i tuoi piedi e pronunciarono per te la benedizione «Solo lui [è il re]!».
Enlil fece grandi i decreti per te […]
Il grande […] degli dèi, splendore, luminosità, bagliore, […]
[…] che vaga in mezzo ai cieli […].
15 […] sei tu che hai colpito il cranio di Anzû, che hai sconfitto […]
[…], Cane pazzo, Bisonte, l’Uomo-pesce […]
[…] li hai divisi […].
Erede di Nudimmud, […] i tuoi occhi, […] teme […],
l’arco, le frecce […], la spada, armi […],
20 tu hai sconfitto l’immensa Tiamat e […] Qingu, suo sposo.
Possa Babilonia esultare per te e possa gioire per te l’Esagila [nel cui interno un
verdetto sicuro]
e di giustizia tu emetti, prendi le decisioni, […] fai scaturire [acqua dal sottosuolo],
fai piovere abbondantemente e [provochi] una piena copiosa.
La grandezza di Bēl, ispettore dei canali, è davvero grande ed è di gran lunga più
potente di quella [degli dèi, suoi progenitori].
25 Egli distacca per le forme, superiore è la sua statura, magnifica la veste della sua si-
gnoria […].
Chiama gli Igigi e gli Anunnāki, essi si inchinano al suo cospetto e gli dèi suoi pro-
genitori riposano in tranquillità ai suoi piedi.
53 Lorenzo Verderame, Letterature dell’antica Mesopotamia – t3.5
A Nabû
r.
Scongiuro. Principe, primogenito, figlio di Marduk,
condottiero esperto, generato da Papnunanki (Zarpānītu),
Nabû, che porti la tavola dei destini degli dèi, sovrintendente dell’Esagila,
signore dell’Ezida, protezione di Borsippa,
5 amato da Nudimmud (Ea), che concede la vita,
preminente dell’Eanna, protettore della vita (lit. respiro).
Protezione dei luoghi abitati, salvatore delle genti, signore dei santuari,
il tuo nome è sulla bocca della gente, nume tutelare che fa del bene,
figlio del grande principe Marduk, nella tua veritiera parola,
10 nel tuo comando autorevole, nella parola della tua grande divinità,
io, NN, figlio di NN, malato, afflitto, tuo servo,
che dalla mano di uno spirito, una fattura, una maledizione è stato afferrato e con-
tinua a essere perseguitato,
possa guarire e stare bene e ottenere ciò che desidero!
Fa che sia posta verità nella mia bocca,
15 fa che ci siano propositi buoni nel mio cuore,
che il cortigiano e l’attendente dicano cose buone di me,
che il mio dio stia alla mia destra,
che la mia dea stia alla mia sinistra,
un buono nume (šēdu) e un buon spirito protettore (lamassu) siano [lega]ti a me!
20 Concedimi (successo nel) [parlare, ascoltare] e accogliere,
il desiderio che io espri[mo di gra]zia esaudisci.
O figlio del grande principe Marduk, [quando ti rechi all’Ezida],
fa che io mi sazi di [camminare sempre] devotamente davanti a te (o: [rimirare] de-
votamente il tuo volto),
Šazu (Marduk) sia lie[to per te, l’Ezida(?)] gioisca,
25 ti benedicano gli dèi del cosmo,
An, En[lil, Ea rendano grande] la tua signoria,
i grandi dèi [allieti]no [il tuo cuore],
Tašmētu, [tua amata sposa ti dica: “Riposati!”]
nell’Ezida.
-------------
30 Orazione [(preghiera) a mano alzata di Nabû].
-------------
Rituale: prendi due sila di farina [macinati da un uomo],
mescola la (pianta odorosa) kanaktu assieme alla farina […],
versa birra kurunnu e mescola. Recita lo scongiuro [“Saggio, …”],
disporrai l’offerta di cibo e (la preghiera) sarà accettata.
-------------
35 Scongiuro. Saggio, preminente, sapiente, esperto,
60 Lorenzo Verderame, Letterature dell’antica Mesopotamia – t3.7
A Sîn
(K. 155)
Scongiuro. Sîn, luminoso, splendente [nella vasta volta celeste],
Sîn, che ti rinnovi continuamente, che rischiari [le tenebre],
che porti la luce a genti [innumerevoli],
al popolo delle “teste nere” (Sumeri) è elargito il [tuo splen]dore,
5 splendente è il tuo sorgere nel puro cielo,
meravigliosa è la tua torcia, come Girra (fuoco) il tuo ros[seggiare],
la tua luce riempie la vasta terra,
le genti sono estasiate e lottano per ammirarti […].
61 Lorenzo Verderame, Letterature dell’antica Mesopotamia – t3.8
15 la mia lunga esperienza (ragione?) mi ha voltato le spalle (lit. ha cambiato (la dire-
zione) del piede),
non ho chi badi a me,
ne ho abbastanza, è troppo per me,
sto troppo patendo!
Se piace alla mia signora,
20 il demone Asag che sta nel mio corpo (lit. carni) sia rimosso,
così che possa rimettere il piede sul terreno della vita
e io sarò per sempre la tua servitrice,
nel tuo tempio sarò nel cortile e starò sempre al tuo cospetto!
Dopo che sarò guarita, o mia signora, «Colei che guarisce gli storpi»
invocherò quale tuo nome!
II
III
IV
45
presso la “Porta della Libertà dalla Colpa” il mio pegno (verso il dio) è stato sciolto,
presso la “Porta della Lode” la mia bocca ha invocato,
presso la “Porta del Sospiro” le (mie) angosce sono state cancellate,
presso la “Porta dell’Acqua Pura” sono stato asperso con acqua di purificazione,
presso la “Porta del Benessere” io sono stato visto con Marduk,
50
presso la “Porta dell’Esuberanza” io ho baciato il piede di Zarpānītu,
davanti a loro io ho pregato continuamente con la supplica e l’invocazione,
davanti a loro ho bruciato incenso profumato,
ho destinato un’offerta, regali, numerosi doni,
ho macellato tori ingrassati, ho abbattuto pecore,
55
io continuamente verso (per le libagioni) birra kurunnu molto dolce (e) vino puro;
spirito protettore (lamassu) e nume tutelare (šēdu) che sono divinità tutelari delle
mura dell’Esagila
con libagioni li ho fatti gioire (lit. ho illuminato i loro fegati),
ho reso gioiosi i loro ventri con abbondanti pasti;
lo stipite, le serrature, il chiavistello, le porte,
60 io purifico con l’olio (di sesamo), il burro, e abbondante grano;
all’Ezida, le ordinanze cultuali, i riti del tempio
62-64 [...]
65 [...] grano rosso [...]
io l’ho consacrato con olio dolce di cipresso [...]
il banchetto del cittadino di Babilonia [...].
io ho costruito la casa di colui che stava per seppellirmi (Marduk), nel banchetto [...]
e i cittadini di Babilonia hanno visto come Marduk (mi) ha fatto rivivere.
70 Le bocche di tutti loro hanno glorificato la sua grandezza (dicendo):
«Chi mai avrebbe detto che egli avrebbe visto (di nuovo la luce del) sole?
Chi si sarebbe immaginato che egli avrebbe passeggiato (di nuovo) per strada?
Chi se non Marduk lo avrebbe salvato dalla sua morte?
Eccetto Eru’a, quale dea gli avrebbe ridonato la sua vita?
75 Marduk è abile a resuscitare dalla tomba,
Zarpānītu sa salvare dalla disgrazia,
dovunque si estende la terra, i cieli sono vasti,
il sole splende, il fuoco è acceso,
l’acqua scorre, i venti soffiano,
80 coloro che Aruru ha plasmato da pezzi di argilla
– (ovvero) gli esseri viventi che camminano –
quanta sia estesa la moltitudine (dei viventi), lodate Marduk!».
Poiché io ho risposto a tutte le cose di coloro le cui bocche hanno pronunciato,
[...] possa governare su tutto il popolo,
85 [...] pastore di tutto il mondo inabitato,
[...] inondazioni dalle acque sotterranee,
[...] il santuario degli dei
[...] l’estensione dei cieli e della terra
[...]
90 ...
(Dieci linee rotte)
[...] il suo giorno,
74 Lorenzo Verderame, Letterature dell’antica Mesopotamia – t4.2
Frammento A
Engar-dug, …, lo scemo, …, figlio cresciuto nel …,
un calafatore, un farneticante, coperto di una pelle, che fa cadere … da un muro!
Engar-dug, stonato tra i cantori, un uomo che non capisce nulla,
vanitoso, cane che lecca continuamente …, uomo che …!
5 (Uno che dice) “Apri la (porta di) casa, voglio litigare con te!”. Dalle sembianze di
scimmia,
77 Lorenzo Verderame, Letterature dell’antica Mesopotamia – t4.3
canaglia, un testimone senza vergogna (a mentire), uno che non accetta il verdetto,
luogo insidioso che non conosce uomo retto, che sminuisce il capo della truppa,
uno che non … una festività, un maiale lordo di fango, un tagliagole,
lingua …, uno che ama l’ostilità, sputo […]
10 che aizza discordia, che viene fuori …, abuso …,
un guerriero stante che (tuttavia) trattiene la sua mano, …
Engar-dug, spago aggrovigliato (o: culo legato), lingua …, intelligenza […],
uno che non ha […], coda che cade nella sua bocca, una cosa che per se stessa non […],
storpio che non fa passare la gente nelle piazze!
15 Riverente, leggero è lo scopo nel suo ragionamento, …,
a cui il prete lamentatore e l’incantatore di serpenti …, nome disgraziato tra i cantori,
cane, senza voce nella lira, (e invece) emette un grido di guerra,
… il suo collo la testa … rete che si stende …
comanda, […] un gruppo di persone […]
20 […] non è buono
[…] trasforma sempre in male
[…]
Frammento B
5. Altro